RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 30 SETTEMBRE 2020

https://www.maurizioblondet.it/razzisti-ai-parioli/

RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI

30 SETTEMBRE 2020

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Giornata invernale –

e sul cavallo un’ombra 

gelata

RICCO’ e GALAZZI (ed), Il muschio e la rugiada. Antologia della poesia giapponese, Rizzoli, 1996, pag. 105

 

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La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.

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SOMMARIO

Depressione economica continua, shock economy e terrorismi
Sviluppo locale possibile ostenibile
Razzisti ai Parioli.
Decreto ingiuntivo europeo
Magaldi: Pompeo a Roma avvisa i ‘cinesi’ Conte e Bergoglio
Ops: anche Biden ha “evitato” le tasse
Questo è un comizio della Cgil: ci sono soltanto migranti (VIDEO)
Test rapidi a scuola
LA MALATTIA DEGLI ULIVI ERA TUTTA UNA TRUFFA!
Comunicato AMPAS del 21/4
Guerra nel Caucaso per sovraestendere le forze russe?
Le pericolose ambizioni turco-pakistano-cinesi
Goffredo Parise, le trasformazioni italiane osservate da un “irregolare”
Tamponi ai bambini per ordine di Speranza. Com’è buono.
L’età del conflitto
Con il Mes arriveranno la Troika e l’austerità
La verità sul prestito “sanitario” del M.E.S
Fisco, dal 15 ottobre ripartono i pignoramenti dei conti correnti
Federconsumatori: no alla norma che accelera le procedure di pignoramento.
“Il recovery sarà funzionale ai processi di ristrutturazione capitalista”.
Quota 100: la prima vittima del Recovery Fund
Polizze dormienti, l’Ivass scova nuovo tesoretto di 492 milioni
Il reato di procurato allarme
Migranti, ma quale riforma di Dublino: così la Ue ci ha fregato ancora
La crisi Covid farà esplodere la precarietà e il lavoro varrà sempre di meno
Pensioni: livelli allarmanti per costi previdenza, ora al 17% del Pil
L’economia ferma e il dubbio sui decessi in Italia

 

 

EDITORIALE

Depressione economica continua, shock economy e terrorismi

Manlio Lo Presti – 29 09 2020

Fonte:  https://andreacecchi.substack.com/p/-tutto-collegato?utm_campaign=post&utm_medium=web&utm_source=facebook

Ecco perché le economie europee sono depresse. È l’ordine della catena di comando finanziario dato in questo decennio all’asse infernale anglo-franco-tedesco per far saltare l’Europa, anche con 200.000.000 di disoccupati!

Il covid1984 è la motivazione ufficiale per aggravare la depressione europea e mondiale.

E’ spiegato in maniera eccellente in questo articolo di cui riporto l’indirizzo internet e che consiglio di leggere con pazienza ed attenzione.

Il covid1984 è una scusa sanitaria per piegare la popolazione con il terrore mediatico bombardato 76 ore al giorno per tv, web, giornali di terra di mare di aria …

La causa del collasso economico, quasi ventennale, è il sistema del “margin call” (1) e delle sue strettissime e numerose interrelazioni con il meccanismo cumulativo dei derivati (2) che da tempo sono una bomba ad orologeria. Un problema titanico che i vertici delle strutture finanziarie che controllano le banche esecutrici stanno cercando di nascondere. Una bomba che le dimensioni a crescita esponenziale stanno rendendo incontrollabile.

Come ben descritto dall’articolo citato, l’unico mezzo di immediata applicazione è perseguire ossessivamente il blocco delle economie per non muovere i tassi di interesse. A causa di un meccanismo complesso che qui non spiegheremo, i tassi salgono mentre il valore quotato dei derivati scende. Se scende il valore dei derivati salta la roulette mondiale. Il deprezzamento dei derivati, che sono nei bilanci di tutte le più grandi banche d’affari, provoca uno sconquasso nei bilanci dei Fondi sovrani e nei Fondi pensione che ne hanno comprati in gran quantità sia per politiche di window-dressing, sia per il conseguimento di alti ricavi in breve tempo.

La crisi pilotata sarà sempre più violenta perché saranno le popolazioni dovranno essere forzatamente abituate ad accettare crescenti restrizioni economiche.

Ecco il motivo della diffusione martellante delle ideologie pauperistiche, oggi portate avanti da una nota compagine politica antiparlamentare propugnante una pseudodemocrazia diretta con mezzi digitali. Abbiamo quindi la resistenza ossessiva no-tav, no Alitalia, no Ilva, no Autostrade, no cantieristica per grandi opere infrastrutturali. Al pauperismo si accompagna il messaggio ideologico della economia “sostenibile”, “verde”, ecc. Teniamo in debito conto che la tendenza al mantenimento di zone ecologiche senza il controllo umano ha provocato la diffusione di incendi in misura nettamente superiore a quelli dolosi. Infine, il pauperismo deve essere attenuato da un reddito universale di cittadinanza per il quale la popolazione riceve sostegno economico non in banconote ma in accredito elettronico su carte di credito ad hoc che dovrà essere speso per beni di prima necessità. Si tratta di monetica non accumulabile in forma di risparmio. Si tratta di una specie di emissione massiva di AM-LIRE ELETTRONICHE!

Le eventuali ribellioni di piazza saranno represse nella ex-italia dagli oltre 490 capibastone mafiosi scarcerati da poco dal solerte ministro di giustizia M5stelle.

Nessuno si è domandato il perché di questo atto così generoso di scarcerazione? Presto detto: i 490 mafiosi eccellenti costituiscono una efficacissima forza di repressione terroristica che – su ordine dei servizi segreti che ufficialmente ne rimangono puliti- sarà utilizzata per la repressione delle probabili rivolte popolari che insorgeranno quando arriverà più violenta e pianificata depressione economica con milioni di licenziamenti ed espulsioni dai cicli produttivi ultra-robotizzati.

Attenzione ad utilizzare metropolitane, treni, aerei, discoteche, centri commerciali, ecc. ecc. ecc. Saranno bersagli di possibili attentati.

AL VIA LA NUOVA STAGIONE DELLE BOMBE 2.0

Altro strumento di interpretazione di fatti imminenti appena accennati è la vicenda della c.d. SHOCK ECONOMY messa in piedi dai Chicago Boys e attuata in Sudamerica e in Europa da oltre un decennio con operazioni a scacchiera. Una operazione rinforzata da tentativi di parcellizzare i Paesi UE più grossi con una serie pilotata di secessioni territoriali (caso Spagna con i Baschi, UK con gli scozzesi, la devastazione dei Balcani ancora in corso, ecc. ecc. ecc.) …  La ampiezza di applicazione dello strumento di shock economy in Europa e in Italia in particolare è ancora da capire bene fino in fondo. Saperlo potrebbe aiutare ad evitare ulteriori disastri.

Ne riparleremo …

 

 

Sitografia

 

 

INVITO EVENTO

Sviluppo locale possibile ostenibile

L’Associazione Dignity – No Profit People Onlus promuove, fin dalla sua costituzione, lo sviluppo locale attraverso la valorizzazione delle risorse locali, sostenendo processi basati su sostenibilità, innovazione, partecipazione, trasparenza e circolarità.

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Ogni progetto si rivolge in modo particolare agli adolescenti e ai giovani, ricercando costantemente la collaborazione con organizzazioni e istituzioni locali e internazionali al fine di promuovere il miglioramento delle condizioni socioeconomiche e ambientali in contesti problematici, la dignità della persona, lo spirito associativo e cooperativo, il diritto di ogni individuo a raggiungere una piena realizzazione nel proprio paese d’origine.

Attualmente siamo impegnati in Mozambico, nella provincia di Tete, in collaborazione con la nostra omologa Associação Dignity Moçambique (ADM), con il progetto “Caminhamos Juntos” per la realizzazione di  Aldeia Dignity (il Villaggio della Dignità) , un processo aperto e un modello comunitario per la promozione di istruzione e formazione professionale, arte e artigianato, salute e sport, agricoltura e allevamento.
Il progetto ha ricevuto l’approvazione della comunità locale, della direzione distrettuale di Marara e di quella provinciale di Tete, della Diocesi di Tete e della CEM. Nel mese di agosto 2019 è stato presentato anche alle autorità centrali del governo del Mozambico, a Maputo: Ministério do Género, Criança e Acção Social, Ministério da Juventude e Desporto, Ministério da Saúde, Ministério dos Negócios Estrangeiros e Cooperação.

Attualmente, grazie all’erogazione dei fondi CEI 8xmille – Sictm stiamo costruendo, in Aldeia Dignity, una scuola materna comunitaria autosostenibile, e realizzando allo stesso tempo infrastrutture fondamentali quali l’acqua potabile e l’energia elettrica per tutto il territorio di Matambo. L’ Associação Dignity Moçambique, costituita da professionisti e formatori locali, permette che i lavori procedano a ritmo costante, in perfetta sintonia con il progetto, anche in questo periodo in cui sono impossibili i viaggi in Mozambico.

Sempre con scopo sociale, anche quest’anno, si svolgerà il DHC – Dignity Home Contest. Un appuntamento, giunto alla sua terza edizione, che invita fotografi amatoriali e professionisti a confrontarsi su differenti temi. Il tema del DHC 2020 è: “Fuoco & Aria”. Le donazioni raccolte permetteranno di realizzare uno o più forni comunitari in terra cruda per la cottura degli alimenti nel villaggio di Matambo.

L’esposizione delle foto si terrà il 2 Ottobre presso l’esclusiva sala polivalente del Museo Crocetti, Roma – via Cassia 492, dalle 11:00 alle 21:00, in collaborazione con l’associazione MArte – Cultura per promuovere l’arte. Alle 19:00 il pubblico e i fotografi riceveranno la notizia delle preferenze espresse dalla giuria.

La giuria è composta da: Roberta Di Casimirro (regista e presidente Associazione MArte), Stefano Coletta (direttore Rai1), Marco Tabarini (settore tecnico-processi S.A. Segretariato Regionale MiBACT), Gilberto Maltinti (presidente della Casa della Fotografia di Roma), Giulio D’Ercole (direttore Rome Photo Fun Tours, fotografo professionista), Roberto Orsi (Direttore Osservatorio Socialis, docente ERS Lab LUISS), Marco Palumbo (rappresentante del voto dei visitatori della mostra).

Le ideatrici e promotrici del Contest, per l’associazione Dignity – No Profit People Onlus sono: Monica Cannizzaro (grafica & comunicazione) e Emanuela Bonavolta (architetto & educatore). La giuria selezionerà le dodici foto che verranno pubblicate nel calendario Dignity 2021, contribuendo ad una ulteriore raccolta fondi a favore dell’obiettivo di promozione sociale proposto.

Durante l’esposizione sarà possibile partecipare alla raccolta fondi, acquisendo una o più foto esposte, secondo le modalità espresse dal Regolamento.

Caminhamos juntos – Camminiamo insieme

Associazione Dignity – No profit people onlus

www.dignitypeople.eu

@dignitynoprofitpeople

Per info/contatti: dignitypeople@gmail.com – cell. 339 3437771

 

IN EVIDENZA

Razzisti ai Parioli.

Ovviamente ai Parioli c’è la massima densità di Ricchi d Stato – che prendono gli stipendioni delle vostre tasse.
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/razzisti-ai-parioli/

 

 

 

Decreto ingiuntivo europeo

Il recupero crediti in Europa

In un mercato europeo sempre più connesso, in cui ogni anno si moltiplicano gli scambi tra imprese site in differenti stati membri, è evidente la necessità di potenziare le procedure di recupero crediti transnazionali.

Solo attraverso una tutela del credito adeguata sarà infatti possibile unificare e liberalizzare veramente il mercato europeo.

Il decreto ingiuntivo europeo è uno dei pochi esempi di armonizzazione previsti in Europa nel campo del recupero crediti transnazionale.

Come richiedere il decreto ingiuntivo europeo

La procedura monitoria europea è regolata dal regolamento europeo n. 1896/2006.

Requisiti per attivare la procedura sono due: il credito deve essere liquido ed esigibile e almeno uno dei debitori deve risiedere in un paese differente da quello in cui ha sede il Giudice che emette il decreto ingiuntivo.

Per la riciesta non è necessario scrivere un ricorso, ma è sufficiente compilare l’apposito modulo di richiesta.

A differenza che nel ricorso per decreto ingiuntivo regolato dal codice di procedura civile, l’indicazione delle prove documentatali poste a fondamento del credito è meramente facoltativa.

Il ricorrente difatti deve solo fornire le proprie generalità e descrivere le circostanza che hanno generato il sorgere del credito.

Per la richiesta del decreto europeo bisogna pagare le tasse del giudizio previste dallo stato in cui si avvia la procedura.

Pertanto in Italia sarà necessario pagare il contributo unificato e le varie marche da bollo previste dalla procedura.

Una volta emessa il creditore deve procedere alla notifica dell’atto.

Con la notifica il debitore viene avvisato che l’ingiunzione è stata emessa sulla base delle semplici informazioni fornite dal ricorrente e che l’ingiunto ha diritto di proporre opposizione.

Il debitore viene altresì informato che in caso di mancata opposizione l’ingiunzione di pagamento acquisterà efficacia esecutiva.

L’opposizione

Il debitore può proporre opposizione entro 30 giorni dalla notifica del decreto davanti all’autorità giudiziaria che ha emesso il decreto.

Se il debitore non propone opposizione il provvedimento acquista efficacia esecutiva.

Per richiedere l’esecutorietà è necessario compilare l’apposito modulo standard G.

L’esecuzione

Limite evidente all’efficacia del’azione di recupero crediti effettuata con decreto ingiuntivo europeo è la mancata armonizzazione delle procedure di pignoramento tra stati membri.

Circa le criticità generate dalla mancata armonizzazione delle procedure esecutive si legga l’appello formulato dalla nostra società di recupero crediti in vista delle elezioni europee del 2019.

Alla luce di tale mancata armonizzazione il creditore dovrà adoperare la procedura esecutiva del singolo stato membro in cui ha sede il debitore.

Pertanto in Italia sarà necessaria la notifica dell’atto di precetto e successivamente intraprendere una procedura di pignoramento (pignoramento immobiliarepignoramento presso terzipignoramento autoveicoli ecc.).

Appare evidente che tale situazione normativa rende le procedure di gestione del credito transnazionali estremante complesse per le aziende.

FONTE: https://www.recuperocreditifacile.com/decreto-ingiuntivo-europeo/

Magaldi: Pompeo a Roma avvisa i ‘cinesi’ Conte e Bergoglio

«Benvenuto a Mike Pompeo, al “fratello” Mike Pompeo, segretario di Stato americano, che sta venendo in Italia anche a spiegare – al Vaticano e agli ambienti politici – che deve finire, la vicinanza al partito “cinese”, trasversale e sovranazionale, che in Italia si è allargato un po’ troppo». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente del network massonico progressista, usa parole più che esplicite per accogliere nel nostro paese il “ministro degli esteri” statunitense, atteso a Roma nei prossimi giorni. A Pompeo, Magaldi rivolge un benvenuto «sincero e affettuoso», nonché «fraterno», a rimarcare la comune identità massonica. Con questa visita, il braccio destro di Trump «segnerà una soluzione di continuità con tante cose sbagliate, che riguardano anche la politica vaticana verso la Cina ma soprattutto l’infiltrazione del partito “cinese” (orientale e occidentale), che purtroppo ha forti addentellati in diverse, cosiddette democrazie occidentali». Magaldi lo definisce «un partito trasversale che vuole proporci un nuovo paradigma politico-sociale, ed è un partito che va sconfitto: Mike Pompeo – sottolinea Magaldi – verrà a dirlo chiaro e tondo, a tutti i principali rappresentanti della classe dirigente italiana».

Autore del saggio “Massoni” (Chiarelettere, 2014) che svela il ruolo occulto delle superlogge mondiali nella sovragestione del potere, Magaldi ha ammesso che, nel 2016, le Ur-Lodges progressiste appoggiarono Trump, contribuendo al suo successo. Mike Pompeo«Uno dei grandi meriti della vittoria di Trump, anzitutto alle primarie repubblicane – dice oggi Magaldi – fu quello di aver impedito che Jeb Bush arrivasse alla nomination: già di questo, il mondo dovrebbe essere grato, a Trump». Nel suo saggio, Magaldi accusa i Bush di aver promosso – attraverso la superloggia “Hathor Pentalpha” – la strategia della tensione basata sul terrorismo internazionale avviata con gli attentati dell’11 Settembre contro le Torri Gemelle. «Una filiera dell’orrore che si è prolungata con l’Isis, che ha potuto seminare il terrore in Medio Oriente durante la presidenza Obama». Magaldi ricorda che lo fu lo stratega Zbigniew Brzezinski – “l’inventore” di Obama – a reclutare in Afghanistan un certo Osama Bin Laden, allora in funzione anti-sovietica. «Iniziato alla superloggia “Three Eyes”, poi Bin Laden passò coi Bush nella “Hathor”, tra lo sconcerto e la delusione dello stesso Brzezinski.

Grandi giochi del passato, che probabilmente aiutano a leggere meglio quelli di oggi, che vedono in primissimo piano l’Oms “cinese” e personaggi come Bill Gates. I supermassoni della “Three Eyes” (come appunto Brzezinski e soprattutto Kissinger, patron della Trilaterale) diedero sostanza all’ideologia del neoliberismo, come motore dell’attuale globalizzazione finanziaria, scommettendo sulla Cina come possibile modello alternativo per un Occidente meno democratico e meno libero, in un futuro non lontano. A quanto pare, quel futuro è arrivato: solo che, sal 2001 in poi, è stato accelerato dal terrorismo internazionale promosso dalla “Hathor”, superloggia che ha reclutato – accanto ai Bush – politici di rango come Tony Blair, Nicolas Sarkozy e il turco Erdogan. «Il loro obiettivo – riassume Magaldi – era una progressione anche violenta del programma neoliberista, fondata sul ricorso alla guerra, alla strategia della tensione, allo svuotamento della democrazia, all’imposizione dell’austerity europea incarnata da personaggi come la “sorella” Angela Merkel». Nel frattempo, questa élite ha permesso alla Cina di crescere a dismisura, grazie a regole truccate: niente democrazia e zero libertà, nessun sindacato, niente norme anti-Bergoglio e Conteinquinamento. Risultato: la Cina è diventata la nuova manifattura del mondo, a basso costo, mettendo in crisi il lavoro – come da copione – in tutto l’Occidente.

Poi, nel 2016, il programma ha subito un imprevisto di portata storica: l’inattesa vittoria, del tutto “accidentale”, di Donald Trump. Letteralmente: un alieno, rispetto al potere neoliberista. Che infatti ha saputo risollevare l’economia anche in modo “rooseveltiano”, cioè aumentando il deficit, per raggiungere la piena occupazione, restituendo fiducia e sicurezza ai lavoratori statunitensi precarizzati da decenni di delocalizzazioni selvagge. Sulle imminenti presidenziali di novembre, Magaldi è ottimista: «Io credo che gli americani sceglieranno ancora Trump. Non bisogna temere la vittoria di Biden: la sua sarebbe una presidenza debole, affidata a un uomo che non ha grandi capacità, ma attorno a Biden ci sarebbe comunque un collegio di amministratori che, in termini di geopolitica, proseguirebbe sulla scia tracciata da Trump». Vale a dire: mantenere l’impegno ad arginare l’espansione dell’influenza cinese in Occidente, almeno fin tanto che la Cina non accetterà di Trump e Obamacompetere alla pari, adottando un regime democratico. «Io credo che Trump meriti una riconferma – sostiene Magaldi – perché ha fatto cose buone, con tutti i limiti del personaggio. E credo che gli americani andranno in questa direzione».

Severo, invece, il giudizio di Magaldi su Giuseppe Conte, uomo vicinissimo al Vaticano. L’ex “avvocato del popolo” si è rivelato una sorta di docile strumento del partito “cinese”: lo si è visto nel modo in cui Palazzo Chigi e il Comitato Tecnico-Scientifico hanno imposto all’Italia un lockdown ultra-repressivo, modello Wuhan, ben sapendo che avrebbe fatto precipitare l’economia. Analoghe critiche a Bergoglio: imperdonabile, per Magaldi, la decisione di Papa Francesco di concedere al governo di Pechino il potere di designare i vescovi cattolici in Cina. Uno squillante avvertimento all’establishment italiano e vaticano – Conte e Bergoglio in primis – verrà ora direttamente da Pompeo, impegnato (con Trump) a preservare l’Italia dall’insidiosa influenza del “partito cinese”, cioè il gruppo di potere – largamente atlantico – che oggi avversa Trump negli Stati Uniti, e che negli anni ‘70, soprattutto attraverso un massone reazionario come Kissinger, sdoganò la Cina per farne un modello economico – di successo, ma non democratico – da proporre poi anche in Europa e in America. Magaldi (e lo stesso Pompeo) individuano l’ombra del partito “cinese” persino nell’attuale gestione “psico-terroristica” del coronavirus, emergenza gonfiata dai media e utilizzata per comprimere la libertà e rendere permanente la riduzione dei diritti sociali e civili.

Dopo la visita di Pompeo – destinata a lasciare il segno – Magaldi annuncia che il Movimento Roosevelt presenterà il suo “ultimatum” al governo Conte: un pacchetto di proposte per alleviare immediatamente le sofferenze economiche provocate dal lockdown. «Sarà anche calendarizzato l’esordio della Milizia Rooseveltiana», formazione che scenderà in piazza nel caso in cui l’esecutivo non dovesse rispondere, in modo adeguato, alle sollecitazioni “rooseveltiane”. «Finora, l’ultimatum a Conte non è stato ancora presentato, a causa della fluidità della situazione, molto complicata ma anche molto feconda», spiega Magaldi, riferendosi alla tornata elettorale del 20-21 settembre. La visita romana di Pompeo, ribadisce Magaldi, contribuirà a rimescolare ulteriormente le carte, in uno scenario dominato dal caos: governo fragilissimo e in fibrillazione per le elezioni Magaldiregionali e il referendum, mentre il paese – fermato da Conte per quasi tre mesi – paga un prezzo altissimo, in termini di perdita economica, senza che l’esecutivo abbia saputo indicare una via d’uscita credibile.

Il grande problema – l’emergenza sanitaria globale, declinata in modo catastrofico in Italia grazie a Conte – viene letto, da Magaldi, in termini geopolitici: e se è stato proprio il partito “cinese” a trasformare un virus in tragedia globale, esponendo l’Italia a pericoli gravissimi per la tenuta del suo sistema socio-economico, la risposta può venire oggi da Mike Pompeo (e domani da Mario Draghi, che ha proposto un Piano-B già a marzo, sul “Financial Times”: emissione illimitata di denaro, che non si trasformi in debito). Dando per probabile la riconferma di Trump, all’orizzonte il progressista Magaldi individua «quel Robert Francis Kennedy Junior, che col suo discorso a Berlino ci ha scaldato il cuore, ricordando che ogni vera soluzione, per l’umanità, non può prescindere dalla libera partecipazione democratica». Per Magaldi, il figlio di Bob Kennedy «rappresenta una speranza di un “upgrade” significativo, nei prossimi anni, anche nella conduzione della grande democrazia americana».

FONTE: https://www.libreidee.org/2020/09/magaldi-pompeo-a-roma-avvisa-i-cinesi-conte-e-bergoglio/

 

 

Ops: anche Biden ha “evitato” le tasse

 

Settembre 28, 2020 posted by Guido da Landriano

Ieri il New York Times è andato all’assalto di Trump perchè, per molti anni, non avrebbe pagato tasse utilizzando gli sgravi concessi ai cittadini americani per investimenti e spese. Però il pagamento delle tasse non piace particolarmente neanche ai democratici…

Joe e Jill Biden hanno approfittato della scappatoia fiscale sugli stipendi collegata alla cosiddetta “S corporation”, “Società S”, una forma elusiva che l’amministrazione Obama-Biden ha tentato senza successo di chiudere.

Secondo il rapporto, i Biden hanno instradato i proventi delle vendite di libri e dei discorsi attraverso le “società S” – evitando la tassa sul lavoro autonomo del 3,8% che avrebbero pagato se fossero stati risarciti direttamente ed evitando fino a $ 500.000 di tasse.

“Non c’è motivo per cui questi siano in un S corp, nessuno, tranne che per risparmiare sulle tasse sul lavoro autonomo”, disse all’epoca il contabile Tony Nitti al WSJ.

E come ha scritto il mese scorso Chris Jacobs del Journal, “Secondo l’Urban Institute, una coppia composta da un reddito alto e un lavoratore medio, che va in pensione quest’anno, avrà pagato un totale di 209.000 dollari in tasse Medicare durante la loro vita lavorativa”.

“I Biden in due anni la famiglia Biden ha evitato di pagare quasi il doppio di tassa madicare rispetto a qualsiasi altra coppia benestante “.

Ricordiamo che i Biden non sono degli operai, ma incassano circa 15 milioni di dollari all’anno sotto forma di diritti d’autore sui loro libri e di compensi per partecipazioni a convegni, tutti lautamente pagati….

Però il cattivo capitalista evasore è Trump…

FONTE: https://scenarieconomici.it/ops-anche-biden-ha-evitato-le-tasse/

 

 

 

 

ATTUALITÁ SOCIETÀ COSTUME

Questo è un comizio della Cgil: ci sono soltanto migranti (VIDEO)

FONTE: https://stopcensura.org/questo-e-un-comizio-della-cgil-ci-sono-soltanto-immigrati-video/

 

 

 

Test rapidi a scuola

Ecco la circolare del ministero della Salute. Tutte le info utili [PDF]

30 09 2020

Dopo il via libera del Comitato Tecnico Scientifico, ecco la circolare del Ministero della Salute in merito all’uso test rapidi a scuola.

TESTO QUI: https://www.orizzontescuola.it/wp-content/uploads/2020/09/Circolare_Salute.pdf

Sarà possibile utilizzare anche nelle scuole i test antigenici rapidi attualmente in uso in porti e aeroporti.  Il Ministero della Salute specifica che “l’utilizzo di tali test antigenici rapidi è in grado di assicurare una diagnosi accelerata di casi di Covid-19, consentendo una tempestiva diagnosi differenziale nei casi sospetti tra sindrome influenzale e malattia da Sars-CoV2”.

Alla vigilia dell’arrivo dell’influenza stagionale e “in vista di un probabile ampliamento dell’esigenza di prevenire, attraverso l’effettuazione di test, l’incremento dei contagi”, il ministero ritiene che l’utilizzo dei test antigenici rapidi possa accelerare, anche nelle scuole, la diagnosi dei casi sospetti di Covid-19.

Infatti è “del tutto lecito assumere – spiega il ministero – che la frequenza di episodi febbrili nella popolazione scolastica nel periodo autunnale e invernale sia particolarmente elevata, e che sia necessario ricorrere spesso alla pratica del tampone per escludere in tempi rapidi la possibilità che si tratti di Covid-19, nonché per individuare prontamente i casi, isolarli e rintracciare i contatti, facilitando la decisione di applicare o meno misure quarantenarie in tempi brevi e con un risparmio notevole di risorse, evitando un eccessivo sovraccarico dei laboratori di riferimento”.

Di fronte a un caso sospetto e davanti al rischio di un possibile contagio del personale scolastico o degli alunni si può quindi ricorrere anche al test antigenico rapido.

Nella circolare viene spiegato che “le modalità di raccolta del campione per i test antigenici rapidi sono del tutto analoghe a quelle dei test molecolari (tampone naso-faringeo), i tempi di risposta sono molto brevi (circa 15 minuti), ma la sensibilità e specificità di questi test sembrano essere inferiori a quelle del test molecolare”.

Questo “comporta la possibilità di risultati falso-negativi in presenza di bassa carica virale oltre alla necessità di confermare i risultati positivi mediante un tampone molecolare”. Tuttavia “ulteriori validazioni eseguite su campioni “freschi” (appena prelevati) hanno invece mostrato elevata sensibilità e specificità”.

Pur considerando la possibilità di risultati falso-positivi (per questo i risultati positivi al test antigenico vengono confermati con il test molecolare) e di falso-negativi (la sensibilità del test non è certo pari al 100% e, inoltre, bisogna considerare il “periodo finestra” fra il momento dell’esposizione a rischio e la comparsa della positività), “grazie all’uso di tali test rapidi è stato intercettato comunque un rilevante numero di contagiati, probabilmente con alte cariche virali, che non sarebbero stati individuati in altro modo”. 

FONTE: https://www.orizzontescuola.it/test-rapidi-a-scuola-ecco-la-circolare-del-ministero-della-salute-tutte-le-info-utili-pdf/

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

LA MALATTIA DEGLI ULIVI ERA TUTTA UNA TRUFFA!

6 GENNAIO 2017                             RILETTURA
Svolta nell’inchiesta della Procura di Lecce sulla diffusione del batterio Xylella fastidiosa. Sono dieci i nomi che sono stati iscritti sul registro degli indagati. Tra loro, oltre a funzionari della Regione Puglia, ricercatori del Cnr e dello Iam e componenti del Servizio Fitosanitario centrale, c’è anche Giuseppe Silletti, comandante regionale del Corpo Forestale, nelle vesti di commissario straordinario per l’emergenza fitosanitaria. Rispondono dei reati di diffusione colposa di una malattia delle piante, inquinamento ambientale colposo, falsità materiale e ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, getto pericoloso di cose, distruzione o deturpamento di bellezze naturali.
I nomi sono riportati nel decreto con cui le pm Elsa Valeria Mignone e Roberta Licci dispongono il sequestro preventivo d’urgenza di tutte le piante di ulivo interessate dalle operazioni di rimozione immediata come previsto dal Piano Silletti e individuate nell’ordinanza del commissario del 10 dicembre scorso. Sotto chiave sono finiti anche tutti gli ulivi interessati dalla richiesta di rimozione volontaria “sulla base del verbale dell’Ispettore fitosanitario, in cui si rileva la presenza di sintomi ascrivibili a Xylella fastidiosa”, in esecuzione alle previsioni della nota di Silletti del 3 novembre scorso. Inoltre, sono sequestrate tutte le piante di olivo già destinatarie dei provvedimenti di ingiunzione e prescrizione di estirpazione di piante infette emessi dall’Osservatorio fitosanitario regionale. Su quei terreni, ad ogni modo, si consente qualunque intervento colturale che non sia il taglio degli alberi al colletto del tronco o la loro eradicazione.
Il decreto è stato notificato a Silletti nel pomeriggio del 18 dicembre dagli agenti del Nucleo ispettivo del Corpo Forestale dello Stato.
Gli altri indagati sono l’ex e l’attuale dirigente dell’Osservatorio fitosanitario regionale, Antonio Guario e Silvio Schito; Giuseppe D’Onghia, dirigente del Servizio Agricoltura Area politiche per lo sviluppo rurale della Regione Puglia; Giuseppe Blasi, capo dipartimento delle Politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale del Servizio fitosanitario centrale; Vito Nicola Savino, docente dell’Università di Bari e direttore del Centro di ricerca Basile Caramia di Locorotondo; Franco Nigro, docente di Patologia vegetale presso Università di Bari; Donato Boscia, responsabile della sede operativa dell’Istituto per la protezione sostenibile delle Piante del Cnr; Maria Saponari, ricercatrice presso lo stesso istituto del Cnr; Franco Valentini, ricercatore presso lo Iam di Valenzano.
Nelle 58 pagine di decreto, viene ripercorsa l’intera vicenda, a partire dalla prima segnalazione dei sintomi di disseccamento degli ulivi, già dal 2004-2006 e poi nel 2008. All’inizio, però, si attribuirono le cause solo alla lebbra dell’olivo, per la quale, tra il 2010 e il 2012, sono stati anche avviati campi sperimentali “per testare prodotti non autorizzati” per combattere la malattia e per il diserbo degli oliveti con fitofarmaci Monsanto. Nelle varie tappe anche i primi convegni italiani su Xylella, come quello nell’ottobre 2010 presso lo Iam di Bari.
Infine, le analisi, fatte svolgere dalla Procura su ulivi di San Marzano (Ta) e Giovinazzo (Ba), con gli stessi sintomi delle piante salentine. Hanno dato esito negativo. E per gli inquirenti questa è la prova per cui “la sintomatologia del grave disseccamento degli alberi di ulivo non è necessariamente associata alla presenza del batterio, così come d’altronde non è , ancora allo stato, dimostrato che sia il batterio, e solo il batterio, la causa del disseccamento”.
FONTE: http://www.informazionelibera.eu/?p=1462

Comunicato AMPAS del 21/4

Con serenità, ma anche con determinazione, i medici del gruppo della medicina di segnale (735 iscritti all’AMPAS, la nostra associazione, di cui tanti impegnati in prima linea), preoccupati per le possibili derive autoritarie in atto, desiderano fare chiarezza circa la possibilità che siano lesi dei diritti costituzionalmente garantiti per i cittadini.

1. Lesione libertà costituzionalmente garantite

In questo periodo sono stati gravemente lesi alcuni diritti costituzionali (la libertà di movimento, il diritto allo studio, la possibilità di lavorare, la possibilità di accedere alle cure per tutti i malati non-Coronavirus) e si profila all’orizzonte una grave lesione al nostro diritto alla scelta di cura. Tutto questo in assenza di una vera discussione parlamentare, e a colpi di decreti d’urgenza. Ci siamo svegliati in un incubo senza più poter uscire di casa se non firmando autocertificazioni sulla cui costituzionalità diversi giuristi hanno espresso perplessità, inseguiti da elicotteri, droni e mezzi delle forze dell’ordine con uno spiegamento di forze mai visto neppure nei momenti eversivi più gravi della storia del nostro paese.
Ora sta entrando in vigore un’app per il tracciamento degli spostamenti degli individui, in patente violazione del nostro diritto alla privacy, e che già qualcuno pensa di utilizzare per scopi extrasanitari.
Ma tra le lesioni più gravi ai nostri diritti costituzionali spicca quella legata al diritto di scelta di cura, ben definito sia nella costituzione che nel documento europeo di Oviedo. Noi medici siamo colpevoli di non aver adeguatamente contrastato, due anni fa, una legge che toglieva al pediatra di fatto ogni dignità e autonomia decisionale.
Ricordiamoci che una lesione di diritti non giustificata è sempre la premessa ad altre possibili lesioni.

2. Conflitti di interesse

Gli attori “scientifici” della redazione e della promozione della citata legge Lorenzin non sembrano essere molto diversi dai “consulenti” dell’emergenza di oggi.
Ci chiediamo se le informazioni provenienti dalle figure che operano come consulenti del Ministero della Salute siano diffuse con la comunicazione dei conflitti di interesse che essi possano avere con aziende del settore. Non sarebbe etico né lecito avere consiglieri che collaborano con grandi aziende farmaceutiche.
Sempre in tema di conflitto di interessi: è stato il Parlamento a stabilire i componenti della Task force costituita recentemente per affrontare la cosiddetta fase2? Sono presenti possibili conflitti di interesse? Tali soggetti pare abbiano chiesto l’immunità dalle conseguenze delle loro azioni. Ma non dovrebbero essere figure istituzionali a prendere “decisioni” sul futuro del nostro paese? Una cosa è la consulenza, altro è decidere “in nome e per conto”. Con quale autorità?

3. Libertà di espressione e contraddittorio

Il giornalismo dovrebbe essere confronto di idee, discussione, valutazione di punti di vista diversi. Ci chiediamo quanto sia garantita la libertà di espressione anche di professionisti che non la pensano come noi. Vediamo invece giornalisti che festeggiano la “cattura” di un povero runner sulla spiaggia da parte di un massiccio spiegamento di forze, e la sistematica cancellazione di ogni accenno a diversi sistemi di cura rispetto alla “narrazione ufficiale” del salvifico vaccino, si tratti di vitamina C o di eparina, in totale assenza di contraddittorio.
In questo quadro intossicato, le reti e i giornali maggiori mandano in onda continuamente uno spot, offensivo per l’intelligenza comune, in cui si ribadisce a chiare lettere che la loro è l’unica informazione seria e affidabile: il resto solo fake. Viene così creata l’atmosfera grazie alla quale si interviene su qualunque filmato, profilo social, sito internet che non si reputi in linea con la narrazione ufficiale. Nessuna dittatura può sopravvivere se non ha il supporto di una informazione asservita.

4. Vaccino: soluzione a tutti i mali?

Tutti aspettano come una liberazione il nuovo vaccino (che giornalisti e virologi a senso unico continuano a vantare come l’unica possibile soluzione), dimenticando alcuni fatti. Il primo è che il vaccino viene sviluppato sulla base delle proiezioni teoriche sui virus in circolo l’anno precedente, e dunque è una “scommessa” (è esperienza comune ad ogni inverno che molte persone vaccinate si ammalino comunque). Il secondo è la continua forte variabilità di un virus a RNA come il Coronavirus, di cui pare esistano già diverse varianti. Ciononostante, in dispregio anche del rischio di interferenza virale (per cui il vaccino per un virus diverso può esacerbare la risposta ad un altro virus) la regione Lazio propone l’obbligatorietà per tutti i sanitari e tutti gli over65 di effettuare vaccinazione antinfluenzale ordinaria, violando ancora una volta (se l’obbligo fosse reale) il diritto costituzionale alla scelta di cura. E i difensori della costituzione, muti. Facile immaginare cosa succederà non appena sarà reso disponibile, con iter accelerati e prove di sicurezza minimali, il nuovo vaccino salvavita. Da medici vogliamo ribadire l’importanza del rispetto della libertà di scelta di cura così come costituzionalmente definita.

5. Bambini e movimento fisico

Una nota è necessaria per capire la gravità della situazione anche per quanto concerne movimento fisico e chiusura in casa dei nostri bambini. La stessa OMS si è pronunciata nel merito raccomandando l’uscita all’aria aperta e il movimento fisico come indispensabili presidi di salute e di sostegno immunitario. Quasi tutti gli altri paesi europei hanno consentito l’uscita in solitaria per fare sport e la passeggiata con i bambini. Noi no. Con una regola di incredibile durezza, venata di un inaccettabile paternalismo (“se li lasciamo liberi poi non sono capaci di stare distanti”) abbiamo creato disagi psicologici e fisici (obesità e sedentarietà) e costretto a salti mortali i pochi obbligati al lavoro (sanitari, agricoltori, trasportatori, negozi alimentari).
Non possiamo inoltre non rimarcare la totale disattenzione di questi draconiani provvedimenti nei confronti delle famiglie con figli disabili (e in particolare autistici) per i quali il momento quotidiano di uscita all’aria aperta rappresenta un indispensabile supporto alla propria difficile condizione. I più fragili, come sempre, pagano il pedaggio più duro.
Tutto ciò non bastasse è stata scatenata la guerra del sospetto e della delazione tra gli invidiosi delle libertà altrui.
Come lucidamente scrive Noam Chomsky, mettere i propri sudditi uno contro l’altro è uno splendido sistema per qualunque dittatura per distrarre il popolo da quello che veramente il potere sta perpetrando a suo danno.
L’intervento di squadre di polizia con quad ed elicotteri ad inseguire vecchietti isolati sui sentieri non fa che rafforzare l’idea di poter essere tutti sceriffi, a dimostrazione della perfetta riuscita di induzione della psicosi da parte del potere.

6. Danni economici del lockdown: un disastro epocale

Alcuni comparti, come quello del turismo, della ristorazione o automobilistico hanno avuto riduzioni di fatturato vicine al 100%. Questo significherà, come dicono le prime stime, una decina di milioni di disoccupati. Che smetteranno di pagare i mutui in corso. Smetteranno di acquistare beni di consumo. Perderanno le loro attività o le loro aziende costruite in decenni di sacrifici. Noi medici sappiamo cosa significhi questo a livello sanitario: migliaia e migliaia di nuovi decessi. Persone che si ammaleranno, si suicideranno (le prime avvisaglie sono già visibili), ritireranno i propri risparmi in banca. Serve ripartire subito, tutti, senza tentennamenti. Per ridurre i danni, che comunque, anche si ripartisse oggi, saranno epocali. Se domani si dovesse scoprire che qualcuno ha surrettiziamente prolungato il lockdown italiano (ad oggi il più duro d’Europa) per mantenere alto il panico e trovare un ambiente più pronto all’obbligo vaccinale, ci auguriamo solo che la giustizia possa fare il suo corso con la massima durezza. La gente perde il lavoro e muore di fame, e lorsignori pontificano.

7. Le cure

Anche qui l’argomento è imbarazzante. È comprensibile che un virus nuovo possa spiazzare anche i migliori medici per qualche tempo. Ma via via che le informazioni si accumulano occorrerebbe ascoltare coloro che sul campo hanno potuto meglio capire. Un gruppo Facebook di cui molti di noi fanno parte, nato spontaneamente come autoaiuto, e che conta circa 100.000 iscritti, ha elaborato delle raccomandazioni di cura efficaci poi inviate al ministero.
Oggi che pare chiaro e assodato che il decesso avvenga a causa di una forte coagulazione intravascolare molte vite possono essere salvate con l’uso della semplice eparina. Ma non basta: servono anche attenzioni specifiche a seconda del timing della malattia: ai primi sintomi, ai primi aggravamenti, o in fase procoagulativa. In particolare a noi medici di segnale risulta difficile comprendere l’uso massivo di paracetamolo o di altri antipiretici una volta acclarato che la febbre è un potente antivirale per l’organismo. È in preparazione un documento interassociativo anche su questo delicato argomento che merita più ampia trattazione.
Ove qualcuno, tuttavia, si permetta di ritardare l’adozione di sistemi di cura efficaci, per motivi meno che chiari (e alcuni interventi televisivi volti a screditare l’eparina sembrano andare in quella direzione) si aspetti reazioni forti da chi ha rischiato la propria vita in prima linea.
La magistratura sta ora indagando sui gravi errori commessi in alcune regioni nella gestione delle residenze per anziani, veri e propri focolai d’infezione con purtroppo un numero elevatissimo di decessi, stante la fragilità e la polimorbilità degli ospiti, quasi sempre in trattamento con statine, antipertensivi, analgesici, antidiabetici. Al di là delle responsabilità regionali, che la magistratura valuterà, preme fare dei numeri: dei 22000 decessi totali nazionali ben 7000 (il 30%!) sono di degenti in RSA. Un dato sconvolgente, ma che deve farci riflettere sull’incremento importante dei decessi in alcune province.
Gli errori fatti, in buona o cattiva fede, sono costati la vita a più di 100 medici e ad un alto numero di altri operatori sanitari che sono stati mandati allo sbaraglio senza un piano preciso e senza i necessari dispositivi di protezione. A loro va la nostra più profonda gratitudine.

8. Test sierologici ritardati o non autorizzati

Uno dei modi per capire quante persone hanno già incontrato il virus (smettiamo di chiamarli “contagiati”, perché talvolta hanno avuto solo lievi sintomi influenzali e prodotto splendidi anticorpi) è quello di effettuare un test sierologico, che è di costo contenuto e che evidenzia malattia in corso (IgM+) o malattia superata e presenza di anticorpi memoria (IgG+). Chi sia IgG+ potrebbe già serenamente ricominciare a muoversi senza particolari cautele né per sé né per gli altri. Sensibilità e specificità di questi test sono altissime a differenza di quelle dei tamponi. Perché tanta ostilità da parte di governo e istituzioni sanitarie tanto da vietarne l’uso “fino ad approvazione di un test affidabile”? I casi di Ortisei (45% di positivi) e di Vò Euganeo (75%) ci dicono che probabilmente il virus si è già diffuso molto più di quanto pensiamo e che le misure in essere potrebbero non essere poi così necessarie, almeno in alcune zone d’Italia.

9. Qualche numero

Vi prego risparmiateci il teatrino delle 18. Quei numeri non sono affidabili e fanno parte di una consumata regia. A fianco di Borrelli sfilano talvolta alcune figure i cui potenziali conflitti d’interesse non vengono mai dichiarati.
Il numero dei “contagiati” è privo di senso, visto che dipende dal numero di tamponi effettuato. E la stragrande maggioranza della popolazione potrebbe già avere incontrato il virus senza saperlo. Stime della Oxford University parlano di 11 milioni di potenziali positivi già ora. Se questo dato fosse vero la letalità di Sars-Cov2 sarebbe veramente irrisoria: lo 0,05%, anche prendendo per veri i dati di mortalità. Ma anche su questi permane il terribile dubbio sui decessi PER e CON Coronavirus. Diverse testimonianze mettono in forte dubbio il dato, visto che ogni giorno in Italia ci lasciano circa 1900 persone (dati ISTAT) e non si fa fatica ad estrarne 400, tra questi, che siano anche positivi al virus. Tuttavia è dato chiaro a chi lavori in prima linea che la grave coagulazione intravascolare indotta dall’incontro tra il virus e un terreno per lui fertile (età media decessi 78 anni, media 3,3 patologie presenti) possa portare rapidamente alla morte individui fragili che tuttavia avrebbero volentieri vissuto qualche anno ancora. In Inghilterra hanno rilevato che che il 73% dei pazienti ricoverati in Terapia Intensiva per CoronaVirus è sovrappeso o obeso. Come dice il dr. Lustig: “Il virus non distingue chi infetta ma distingue benissimo chi uccide”.
Questi pazienti fragili comunque avrebbero preferito morire tra le braccia dei loro cari piuttosto che da soli in questo modo terribile.
In altri paesi hanno usato modalità di calcolo diverse. Non potremmo chiedere dati più precisi e affidabili evitando di diffondere panico e preoccupazione?

10. Altri Paesi europei e non: lockdown molto diversi

Altri paesi sia in Europa che nel mondo stanno adottando lockdown parziali molto meno rigidi di quello italiano, tanto che il lockdown completo viene ormai tristemente chiamato “all’italiana”. Eppure abbiamo il problema da prima di tutti gli altri e ci stanno facendo credere che lo chiuderemo buoni ultimi. Per colpa dei runner e dei bimbi a passeggio, ovviamente. Peccato che in molti paesi europei la passeggiata di adulti e bambini, la gita al mare, l’accesso alle seconde case sia quasi ovunque consentito, a patto di mantenere il distanziamento sociale. Ma non eravamo nell’Europa unita? Perché questa crudeltà nella sola Italia? Siamo ancora il paese cavia? Richiediamo con forza di allinearci al più presto alle direttive in essere nella maggior parte dei paesi europei.

11. Sostegno al sistema immunitario: i sani proteggono

Un punto chiave, che è sfuggito totalmente ai nostri governanti e ai nostri media è che i sani (quell’85% delle persone che ha incontrato il virus e nemmeno se ne é accorto, o ha subito lievi sintomi, costruendo presto gli anticorpi necessari) conducono uno stile di vita più sano che ne ha irrobustito e forgiato il sistema immunitario. Mangiare sano, fare sport quotidiano, condurre una vita meno stressante (magari abitando fuori città), assumere vitamine e integratori naturali, fare a meno di farmaci inutili, rinunciare a fumare, a drogarsi o a bere senza controllo, rappresenta un impegno che si vorrebbe vedere in qualche modo valorizzato come comportamento virtuoso quantomeno in relazione al risparmio che consente al sistema sanitario nazionale e, in questo caso, alla protezione dalla diffusione del virus e alla non occupazione di un posto letto, lasciato così libero per un altro.
Invece se accendiamo la TV vediamo solo pubblicità di farmaci e di dolciumi. E tra i pochissimi negozi aperti, in pieno lockdown, lo stato ha pensato bene di lasciare le tabaccherie. Fuma, riempiti di dolci, stai sedentario e ingozzati di farmaci: questo il messaggio che lo stato ci ha dato in questo periodo. Tanto, presto, arriverà il vaccino.

12. Le richieste

Consapevoli del fatto che il futuro sarà nuovo e diverso solo se capiremo che la nostra biologia non ci consente di vivere in città superaffollate, inquinate, fumando, drogandoci e mangiando solo cibi industriali e raffinati in completa sedentarietà, vogliamo sperare che il “dopo emergenza” possa essere migliore del “prima”. Ma questo potrà avvenire solo se avverranno molte delle cose che siamo qui a richiedere, alcune immediate, altre a breve.
Richiediamo dunque con forza, a nome dell’associazione AMPAS e dei 735 medici che ne fanno oggi parte (nonché dei numerosi simpatizzanti non medici):
  • L’immediato ripristino della legalità istituzionale e costituzionale, richiamando il parlamento alle sue funzioni democratiche e al dibattito che necessariamente deve scaturirne.
  • L’immediata cancellazione di task force e di consulenti esterni i cui conflitti di interesse potrebbero essere letti, nel momento in cui si affidino loro responsabilità non previste istituzionalmente, come un aggiramento delle regole democratiche.
  • L’immediato ripristino del diritto al lavoro per milioni di italiani, che se non possono avere il proprio stipendio saranno presto alla fame con conseguenze prevedibili di ordine pubblico (nel rispetto delle nuove regole di distanziamento fino a che sarà necessario)
  • L’immediato ripristino del diritto allo studio per milioni di bambini, ragazzi, studenti universitari che sono stati da un giorno all’altro privati di uno dei loro diritti fondamentali (nel rispetto delle nuove regole, fino a che sarà necessario)
  • La protezione del diritto alla scelta di cura, già violato da precedenti leggi, per impedire l’obbligatorietà di ogni possibile nuovo trattamento sanitario. Ogni nuovo provvedimento emesso in emergenza dovrà obbligatoriamente prevedere una data di fine del provvedimento, al fine di non “tentare” alcuni a rendere le restrizioni alle libertà una regola.
  • Il blocco di qualunque “app” o altro dispositivo informatico volto al controllo dei movimenti delle persone in palese violazione della nostra privacy.
  • L’immediata riapertura della possibilità per adulti e bambini di uscire all’aperto a praticare sport, passeggio, vita sociale, seppur nel rispetto delle regole necessarie.
  • Il ripristino immediato di una par condicio televisiva o mediatica, con ospitalità nelle trasmissioni di esponenti, ovviamente qualificati, di diversi punti di vista, con allontanamento immediato (o retrocessione a mansioni diverse) di conduttori che non abbiano saputo tener fede al loro dovere di giornalisti.
  • Dichiarazione dei propri conflitti di interesse da parte di qualunque professionista sanitario che esprima un parere televisivo o partecipi a un dibattito. L’omissione deve essere punita con un allontanamento mediatico proporzionato. Lo spettatore deve sapere se chi sta parlando riceve milioni di euro da un’azienda, o meno.
  • Il divieto di chiudere o cancellare siti o profili social in assenza di gravi violazioni di legge. Eventuali cancellazioni dovranno comunque essere tempestivamente notificate e giustificate. La rimozione di idee ed opinioni solo perché diverse dal mainstream ufficiale non è degna di un paese civile.
  • Il divieto per le forze dell’ordine di interpretare a propria discrezione le regole di ordine pubblico fissate dai decreti. Qualunque abuso, anche minimo, dovrà essere perseguito.
  • Il divieto di radiazione di medici per la sola espressione di idee diverse da quelle della medicina ordinaria. Da sempre il dialogo e il confronto tra idee diverse ha arricchito la scienza, che cambia e si evolve. Non sopravvalutiamo le nostre attuali misere conoscenze.
  • L’attivazione tempestiva di nuovi protocolli di cura in tutti gli ospedali Covid19 che, oltre a garantire la salute del personale sanitario, prevedano l’utilizzo di vitamine, minerali, ozonoterapia e tutte le cure naturali e di basso costo efficaci e documentate, accompagnando via via con farmaci più a rischio di effetti collaterali solo in caso di aggravamento, e attivando solo per la fase di crisi o pre-crisi l’utilizzo dei farmaci immunosoppressori e dell’eparina.
  • La disponibilità immediata e per tutta la popolazione di test sierologici IgM e IgG che possano consentire da subito sia di monitorare lo stato di diffusione del virus nelle diverse aree, sia dare la possibilità a chi sia IgG+ di riprendere la propria vita senza alcuna limitazione.
  • In una ipotesi di graduale diffusione dell’immunità virale, particolare attenzione dovrà essere riservata alla popolazione fragile: anziani, obesi, ipertesi, diabetici, infartuati (le categorie più colpite). Nel rispetto del diritto di scelta di cura nessun obbligo potrà essere dato se non temporaneamente, ma solo forti raccomandazioni e informazioni dettagliate sui rischi di infezione. Un individuo fragile deve poter scegliere se rischiare di morire abbracciando il suo nipotino, o restare vivo recluso in casa senza vedere nessuno.
  • Una forte campagna informativa sui rischi legati ad un cattivo stile di vita e su come tale stile aumenti il rischio di essere infettati. O vogliamo essere costretti a tenere le mascherine tutta la vita e a non poterci più abbracciare per consentire a qualcuno di fumare e di gonfiarsi di farmaci e di merendine zuccherate, disdegnando qualsiasi tipo di movimento fisico? Ciascuno resterà libero di farsi del male ma almeno lo stato non potrà dirsi complice.
  • Il divieto, almeno in questo periodo, di pubblicizzare sulle reti televisive e sui giornali farmaci e prodotti dolciari ingrassanti, al pari di come già in atto con il fumo.
  • Un aiuto immediato alle tante famiglie in crisi che a causa di questo lockdown totale hanno smesso di lavorare e di produrre reddito, con modalità molto semplici (ad esempio ticket a valore per acquisti di derrate alimentari). L’aiuto migliore per le aziende, invece dell’elemosina, sarà una tempestiva riapertura.
Medici migliori, in un paese migliore
AMPAS

FONTE: https://www.medicinadisegnale.it/?p=1052

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Guerra nel Caucaso per sovraestendere le forze russe?

E’ stato un F-16 dell’Aviazione Militare turca ad abbattere  il  Su-25 dell’Aeronautica armena nello spazio aereo armeno?  Lo sostiene il governo armeno, ma sia Turchia sia Azerbaijan lo negano, e Mosca non conferma, palesemente in  imbarazzo.

Come nota infatti Aviapro, “se la Turchia interviene  direttamente  davvero nel conflitto  tra Armenia e Azerbaigian, allora  rischiano di intervenire anche  Russia e Iran,   con conseguenze  irreparabili per l’intera regione.” Interessante, l’Iran  fa sapere  di essere neutrale nel conflitto ed offre la sua mediazione, come del resto Mosca.

D’altra parte però,  la Russia  è il fornitore  militare di entrambi:   all’Azerbaigian vende  il 51%  dell’armamento che l’aggressore adesso usa contro l’Armenia;  il  43%  Baku  lo acquista da Israele; dalla Turchia solo il 2,8% (dati  SIPRI).

Per cogliere come sia complesso il groviglio di interessi strategici  in contrasto, bisogna guardare la  posizione dei due piccoli stati belligeranti sulla  carta geopolitica: hanno  la Turchia a ovest, l’Iran a sud, la Russia a nord,  “ed  e enormi quantità di riserve di idrocarburi del Caspio a est,  con condutture  che transitano attraverso il Caucaso, molto vicino a dove si stanno svolgendo i combattimenti “, dice il giornalista di  Al Jazeera Robin Forestier-Walker.

Ma è  ancora  più complesso di così:  La Turchia ha investito molto in Azerbaigian e Georgia e cerca di terminare un gasdotto che gli dia accesso diretto alle risorse nel Mar Caspio che aggirando sia  l’Iran che la Russia.  Cosa che Russia, Iran e Qatar non  vogliono.

Il punto è che l’Armenia ha subito gravissime perdite,  sempre secondo Aviapro: “a seguito di attacchi di droni su larga scala e attacchi di razzi, il 3 ° reggimento di fucili a motore Martuni è stato completamente distrutto e, tra l’altro, l’Armenia subisce perdite significative in armi antiaeree. difesa, così come nei veicoli blindati”, e avrebbe quindi un interesse a trascinare  al suo fianco l’alleato russo.

Ed  è un fatto che domenica, in una telefonata con il presidente azerbaigiano Ilham Aliyev, Erdogan ha provocato,  dicendo che la sua solidarietà con Baku “continuerà sempre più”. “Ci sono state esercitazioni militari ad agosto tra l’Azerbaigian e la Turchia, e c’è qualche sospetto non ingiustificato che parte dell’hardware militare che la Turchia ha portato potrebbe essere ancora in Azerbaigian e potrebbe essere utilizzato contro le posizioni armene”, secondo Al JAzeera .  La quale attribuisce  il riaccendersi del conflitto al “disimpegno degli Stati Uniti nell’area”, in cui erano attivissimi dopo l’11 settembre durante la “lunga guerra al terrorismo” che comprendeva anche (come spiegò Dick Cheney) la presa di controllo sui giacimenti del Caspio  (“E’  la Bosnia ma con il petrolio“, esclamò), mare chiuso difficile sottrarre a Russia e Iran,  se non con trame, guerre  per islamisti  di Al Qaeda interposti, destabilizzazioni dell’area a cui Washington si è adoperato con zelo per 20 anni.

Dick Cheney col ditatore azero Aliev
Dick Cheney col dittatore azero Aliev, 2008.

Adesso la superpotenza, perse le energie, si è ritirata e per questo lì riscoppia il conflitto azero-armeno?

Invece i servizi siriani  hanno un’altra idea:  la guerra  che  è scoppiata in Nagorno-Karabakh   fa parte delle raccomandazioni   strategiche   stilate  nel 2019 dalla RAND Corporation (il principale think tank del complesso militare-industriale) per far sì che la Russia estenda eccessivamente le sue forze:

Misura 3, promuovere il regime change in Bielorussia. Misura 4: sfruttare le tensioni  nel  Caucaso del Sud-.

E di fatto,   Mosca ha mandato  in  queste ore in Armenia tre MiG-29 UB che in caso  di escalation, dovranno abbattere i droni delle forze azere, non prendendo parte ai combattimenti reali.  Gli aerei hanno dovuto fare questo giro, sull’Iran, perché la Georgia ha chiuso lo spazio aereo  “a domanda degli Stati Uniti”.

https://twitter.com/Partisangirl/status/1310542426554023942

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/guerra-nel-caucaso-per-sovraestendere-le-forze-russe/

 

 

Le pericolose ambizioni turco-pakistano-cinesi

Quando due anni fa Imran Khan divenne primo ministro del Pakistan suscitò subito molte aspettative. L’auspicio era che l’ex capitano della nazionale di cricket, in virtù delle sue storiche amicizie con i giocatori indiani, inaugurasse una stagione di pace e di dialogo col vicino, dando al suo governo un’impronta moderata e tollerante.

Al contrario, Imran Kahn ha portato al parossismo la retorica anti-indiana e ha provocato in tutti i modi Nuova Delhi sulla questione del Kashmir, dando vita a una campagna mediatica durissima, paragonando la regione contesa alla Palestina e provando a coinvolgere su questa linea tutti i paesi arabi e islamici.

Perseverando in questa direzione, il 5 agosto scorso, in occasione del primo anniversario dell’abrogazione dell’articolo 370 della Costituzione indiana – che ha consentito al governo Modi di riorganizzare lo stato di Jammu e Kashmir – il ministro degli Esteri pakistano si è appellato all’Arabia Saudita, in qualità di paladino dell’Islam, affinchè portasse il dossier Kashmir in discussione a una riunione speciale dell’Organizzazione degli Stati Islamici (OIC). Il principe Mohamed bin Salman ha rigettato la richiesta in quanto i sauditi hanno avviato con l’India una stagione di importanti investimenti.

Il rifiuto ha particolarmente irritato Khan, ma l’apparato d’intelligence militare pakistano, consapevole della centralità saudita, ha provato subito a ricucire i rapporti, organizzando la visita a Riad del Capo delle Forze Armate, Jawed Bajwa, e del Capo dei servizi segreti (ISI), il generale Gaiz Hamid. La mossa non ha dato i risultati sperati e si è conclusa con un nulla di fatto, al punto che a entrambi è stato negato l’incontro con il principe. Un esito che sta suscitando preoccupazione ad Islamabad nei circoli militari.

Khan, da parte sua, non sembra condividere lo sconcerto degli alti gradi dell’Esercito e dell’Intelligence, dando l’impressione, al contrario, di andare alla ricerca dello scontro. I comportamenti assunti da quando è alla guida del governo, lo collocano in effetti a pieno titolo nel solco di quella tradizione di leader pakistani che hanno sempre sognato per il loro paese non solo un ruolo centrale nell’ambito del mondo musulmano, ma anche a livello globale. Sulla base di una simile impostazione, nel 1979 il Pakistan cominciò ad addestrare Mujaheddin da impiegare in Afghanistan, sotto la direzione di Stati Uniti ed Arabia Saudita, con l’obiettivo di assumere un ruolo chiave nella Guerra Fredda. Ancora oggi, la maggior parte dei gruppi terroristici di matrice islamista, dai Taleban all’Isis, passando per al Qaeda, affondano le loro origini in quella stagione e traggono ispirazione da quel progetto.

Nella visione di Khan, lo scenario internazionale attuale offre al Pakistan notevoli opportunità. Il programmato ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan potrebbe consentire a Islamabad di tornare a svolgere in quel paese il ruolo di grande burattinaio. Inoltre il completamento del China-Pakistan Economic Corridor e della autostrada Gilgit Baltistan possono rendere il Pakistan crocevia della Belt and Road, piattaforma logistica di collegamento terrestre tra Cina e Iran, Turchia e Medio Oriente.

Proprio i recenti scontri tra India e Cina in Ladakh, hanno reso Pechino e Islamabad più vicini che mai, al punto da arrivare ad aprire un fronte comune contro Nuova Delhi in Kashmir: ci sono prove dei contatti tra militari cinesi e gruppi terroristici filo-pakistani attivi nella regione.

Ma la strategia geopolitica di Khan non si limita a rafforzare i legami di alleanza con la Cina. Ad Occidente egli ha individuato nel presidente turco Erdogan il suo punto di riferimento. Il silenzio di Riad sulla questione Kashmir, l’accordo di pace tra Israele ed Emirati Arabi, gli investimenti messi in campo dai paesi del Golfo in India, hanno contribuito ad avvicinare i due leader, anche in virtù dell’ambizione di Ankara di contendere ai sauditi la leadership sul mondo sunnita. D’altronde, il ritorno del muezzin a Hagia Sophia, la nuova telenovela storica Ertugrul che racconta la vita di Osman, fondatore della dinastia Ottomana, e tante altre iniziative propagandistiche, dimostrano che, per Erdogan, il mondo è tornato al tempo delle crociate.

Eppure il neo-sultano è suadente e sa cambiare registro a seconda delle circostanze e nonostante il suo espansionismo avvenga soprattutto a spese dell’Italia, sono molte le cortesie all’indirizzo di Roma: è grazie alla Turchia se l’ambasciata italiana a Tripoli è stata messa in sicurezza, per non parlare dell’aiuto prestato nella liberazione della cooperante Silvia Romano.

Ma l’ambiguità di Erdogan si esprime in tutta evidenza soprattutto sulla questione migratoria: argine, a seconda dei momenti, della rotta balcanica, egli gioca un ruolo fondamentale anche nel regolare i flussi provenienti dalla Libia, non solo grazie al suo rapporto con Sarraj, ma soprattutto attraverso le milizie legate ad Ankara. E per chi volesse dar credito alle voci che circolano sulle piste del deserto del Sahara, ci sarebbe sempre lui dietro al recente colpo di stato in Mali: in passato, infatti, società turche sono state accusate di armare gruppi estremisti in Mali, Niger e Nigeria e di lucrare sui traffici di migranti, e non solo. Il Mali è anche un paese ricco di oro e di uranio. Quell’oro e quell’uranio di cui tanto abbisogna l’altro alleato-competitor del sultano, l’Iran.

Ma cosa c’entra la Turchia con la rivalità tra India e Pakistan? Secondo l’Hindustan Times, un importante quotidiano indiano, c’entra eccome e il 7 agosto scorso, citando fonti dell’intelligence indiana, ha accusato i turchi di addestrare ed appoggiare gruppi terroristi attivi nel paese. In particolare, secondo i servizi segreti di Nuova Delhi, Ankara, in collaborazione con Islamabad, finanzierebbe l’espatrio e l’addestramento di giovani estremisti indiani da utilizzare in attività terroristiche, attraverso Ong islamiste indiano-turche sponsorizzate dalla famiglia Erdogan.

In un simile scenario le circostante rendono possibili le ambizioni di Imran Khan, che ritiene, a questo punto, scarsamente funzionali ai suoi disegni le buone relazioni coi sauditi, impegnati ad investire nello sviluppo delle infrastrutture indiane. La “strana alleanza” che parte dalla Cina e coinvolge paesi sia Sunniti che Sciiti, realizza una Via (della Seta) in grado di arrivare fino alle porte dell’Europa.

Recentemente lo spessore strategico dell’inedita alleanza Cina-Pakistan-Iran-Turchia-Qatar è stato enfatizzato dai media pakistani, che ne hanno enfatizzato la portata anche sotto il profilo logistico-militare, sempre in relazione alle vie della seta terrestri: truppe ed armi potrebbero giungere dallo Yan Tze sino alle sponde dell’Egeo.

L’accordo tra Israele ed Emirati Arabi ha solo facilitato lo sganciamento di Khan dai paesi del Golfo Persico che, peraltro, già dall’estate avevano deciso di investire miliardi nelle telecomunicazioni, nelle raffinerie e nelle infrastrutture indiane, dando vita, di fatto, a un blocco alternativo al precedente, composto da USA, India, Israele, Emirati Arabi e, sebbene senza enfasi, Arabia Saudita.

Forse siamo all’inizio di un nuovo “Grande Gioco”, simile a quello che contrappose Gran Bretagna e Russia alla fine dell’Ottocento: l’ambito premio dei contendenti resta l’Asia meridionale. All’epoca finì male, ma l’ipotesi di rendere il Pakistan la regina della scacchiera esalta Imran Khan che corre il rischio, però, di pagare un prezzo troppo alto, a tutto vantaggio di Erdogan e Xi Jinping.

FONTE: https://loccidentale.it/le-pericolose-ambizioni-turco-pakistano-cinesi/

 

 

 

CULTURA

Goffredo Parise, le trasformazioni italiane osservate da un “irregolare”

giovedì 16 aprile 15:44 – di Massimo Pedroni

 

“I ragazzi non  conoscono più niente,  non  conoscono la qualità delle cose necessarie alla vita, perché i loro padri l’hanno voluta disprezzare nell’euforia del benessere” Questa è una frase estrapolata dall’articolo dal titolo “Il rimedio è la povertà” comparso il 30 giugno 1974 sul Corriere della Sera. La firma dell’ articolo, è dello scrittore, poeta e sceneggiatore Goffredo Parise. La motivazione più accreditata, alla stesura dell’approfondimento, risiede nell’intendimento dell’estensore, di andare in “soccorso” dell’amico Pier Paolo Pasolini.L’autore  di “Ragazzi di vita”, da tempo aveva inquadrato nel suo mirino di critica e denuncia lo snaturamento strutturale che l’affermarsi “della società dei consumi” stava provocando.  Ciò gli aveva  creato più di un ostilità. Parise, era più piccolo di alcuni anni di Pasolini,  era nato a Vicenza l’8 dicembre del 1929. Apparteneva quindi,  alla generazione che più direttamente si troverà coinvolta,  nella trasformazione   impetuosa, dell’Italia da Paese Agricolo a Paese industriale.  Tutto l’articolo, cui si fa riferimento,  è permeato da spunti di antica saggezza.  Quella di saper conoscere le cose, saper dare loro il giusto valore, individuarne l’effettiva necessità. Insomma, senza che sia esplicitato chiaramente, nell’articolo fa capolino l’antica saggezza contadina. Elemento, che in una fase, gli anni “70, di complessiva contrapposizione ideologica, politica e sindacale, restava negletto e residuale.  Lo scrittore vicentino era un impolitico. Il contenuto di quello che scriveva era frutto del suo  acuto senso di osservazione della realtà. Scevro  da condizionamenti ideologici, quindi il più aderente possibile a una sempre auspicabile realtà oggettiva. Pochissima polvere si è andata a depositare su quel “pezzo”.Le drammatiche vicissitudini che hanno colpito noi e il mondo intero, lo rendono attuale. Non si può dare tutto per scontato. La salute, la libertà personale di movimento, il benessere. Certezze che si davano per acquisite,  spazzate via in un sol colpo, da una Guerra  improvvisa con la quale non si era preparati a misurarsi. La quale sta provocando una serie impressionante di lutti e dolori. Riportare oggi  all’attenzione l’articolo di Parise,  è un invito alla riflessione  Etica e Morale, categorie di pensiero alle quali, la pandemia ci ha severamente riportati. Sotto tutti i punti di vista. Non pensiamo che in discussione sia il “consumo in sé”, che è, e rimane indispensabile strumento di sviluppo, ma la responsabilità meno casuale e maggiormente motivata confronto ad esso.  Le problematiche a noi contemporanee, ci impongono di cercare e trovare un equilibrio tra priorità dell’investimento pubblico e  di quello privato.  Tematica articolata e complessa, le cui risposte da dare sono in evoluzione. Certo è, che la pandemia ha evidenziato limiti e contraddizioni della “globalizzazione”.Goffredo Parise fu un reporter autorevole del  Corriere della Sera. Testata per la quale fece servizi dalla Cina, Stati Uniti, Vietnam. Quello che riuscì a fare dal Laos fu un vero e proprio scoop, la sua corrispondenza fu un esclusiva mondiale. “Lungo la pista di Ho Chi Min”, unico punto di  passaggio di materiale logistico per  i Vietcong, con i quali riuscì a fare accettare la sua presenza fra loro.  Importante, per la sua capacità di interpretare il futuro,  una corrispondenza da Parigi nella quale preconizzava a proposito dell’integrazione della comunità musulmana: “ i ferri vanno arroventandosi e Parigi cova in seno i futuri ribelli”.  In tempi non sospetti  il reporter aveva colto un punto nevralgico, che si estenderà a gran parte dell’Europa.Negli anni “50 cominciò a pubblicare dei suoi romanzi. “Il ragazzo morto e la cometa” fu il suo libro d’esordio. Nel 1953 pubblica il romanzo “La grande vacanza” opera che riceve una lusinghiera recensione di Eugenio Montale sul Corriere della Sera”. Avendo ottenuto lavoro, presso la casa editrice Garzanti, si trasferisce da Venezia a Milano. Città dove ebbe l’opportunità di conoscere Leo Longanesi. Quest’ultimo, deus ex machina  di tante vicende culturali di quel periodo, lo esortò a non abbandonare la narrativa. Parise, seguì l’incoraggiamento. Nel 1954 pubblicò “Il prete bello”. Con questo lavoro lo scrittore vicentino,  ottenne attenzione e plausi rilevanti in Italia e all’estero. Il libro infatti ebbe decine di traduzioni in altre lingue.  Aveva solo venticinque anni, quando la sua vita andò a incrociarsi con la notorietà.Questa esperienza, fu il trampolino di lancio per consolidare amicizie con personaggi di primo piano della cultura nazionale quali Guido Piovene, Eugenio Montale, Carlo Emilio Gadda. Svolse anche, come fecero scrittori di quel periodo,  attività di sceneggiatore per il cinema. Collaborò in questa veste con registi quali Luciano Salce, Mauro Bolognini, Tonino Cervi. La consacrazione letteraria avvenne nel 1982. Vinse il Premio Strega con Sillabario. Un racconto in prosa poetica, che prendendo ogni singola lettera dell’alfabeto, la sviluppa secondo il sentimento del quale può essere iniziale. Cominciando con la lettera A incontreremo Amore, Amicizia etc.  In “Sillabario”, sono raccolti brevi racconti, sui sentimenti essenziali, che saranno pubblicati in quegli anni dal Corriere della sera. “ Gli uomini d’oggi, secondo me hanno più bisogno di sentimenti  che di ideologie”,da questo principio trova spunto questo suo lavoro al quale fu assegnato il prestigioso e ambito riconoscimento.  Principio, che soprattutto in quelle temperie politiche e  culturali, fa di questo autore un ”irregolare” a pieno  titolo. Decise di ritirarsi, nella sua casa di Salgaredo, nel trevigiano. Vicino alle rive del Piave . Ci abbandonerà il 31 agosto 1986. Il progetto di “Sillabario” doveva riguardare tutte le lettere dell’alfabeto dalla A alla Z. L’autore arrivato alla lettera S di solitudine non ce la fece a proseguire. “La poesia mi ha abbandonato. E a questa lettera ho dovuto fermarmi. La poesia va e viene vive e muore quando vuole lei, non quando vogliamo noi e non ha discendenti”. L’onestà intellettuale di Goffredo Parise riluce in questa dichiarazione. Pensiamo che questa era  la linea del  Piave della sua creatività. Chissà quanti avrebbero avuto la sua stessa limpida fermezza.

FONTE: https://www.secoloditalia.it/2020/04/goffredo-parise-le-trasformazioni-italiane-osservate-da-un-irregolare/

 

 

 

DIRITTI UMANI

Tamponi ai bambini per ordine di Speranza. Com’è buono.

Esiste un’ampia letteratura sui traumi psicologici anche a lungo termine provocati da procedure invasive nei bambini prescolari Il tampone è una procedura invasiva per la quale non esiste tecnica locale efficace a ridurre la paura ed il dolore nel bambino

“il diametro della narice di un lattante è più piccolo di quello della punta del tampone standard e che quindi per inserirlo nella cavità nasale la narice deve essere forzata. Le lesioni rappresentano poi dei loci minoris resistentiae per altre infezioni delle vie respiratorie.”

Lettera a quotidianosanità.it del Prof. Dr. Filippo Festini Professore Associato di Scienze Infermieristiche Generali, Cliniche e Pediatriche MED/45 Dipartimento di Scienze della Salute Università degli Studi di Firenze Ospedale Pediatrico Meyer

I pediatri sono obbligati – obbligati per decreto – da Ministero Sanità o fare i tamponi ai bambini. Va dato atto a Zaia di aver chiesto al governo “che torni ai medici e pediatri di la facoltà di decidere se mandare al tampone un piccolo paziente oppure no, perché solo loro sanno distinguere situazione da situazione, sanno se che quello tutti gli anni ha la bronchitina di stagione o la rinite allergica… tamponi per un naso che cola?”. Sarà poco, ma è l’unico politico ad aver preso atto della stortura. Dal minuto 26.26

https://www.larena.it/home/veneto/zaia-in-diretta-su-contagi-e-normative-1.8265126

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/tamponi-ai-bambini-per-ordien-di-speranza/

L’età del conflitto

Gian Maria De Francesco – 18 SETTEMBRE 2020

«Un decennio di politiche tese a valorizzare le diversità, a creare nelle imprese e nella società un ambiente favorevole alla espressione delle individualità, ha prodotto gli anticorpi culturali che sono oggi all’origine di un sentimento crescente di fastidio, se non di odio per il diverso», spiega Domenico Fucigna, presidente di Tea Trends Explorers, laboratorio di ricerche predittive sulle tendenze del mercato, ed esperto di innovazione di prodotto. «Questo sentimento è un portato, tra l’altro, della consapevolezza che l’attuale situazione economica occidentale, e forse anche planetaria, non consente più di modificare il proprio status sociale nativo», aggiunge.

Questa nuova consapevolezza, prosegue Fucigna, «dà luogo a una forma di turbolenza sociale di fondo e alimenta la possibilità che questa si trasformi in aggressività». Nell’interpretazione di Emanuele Severino, osserva, «viviamo un periodo in cui gli interessi delle persone, (della moltitudine), gli interessi della politica e gli interessi delleconomia sono in conflitto e viaggiano su binari destinati a scontrarsi»

«Le condizioni sociali sono definitivamente stabilite e il sistema è di fatto organizzato in caste chiuse”», conclude l’esperto sottolineando che «i conflitti sociali possono essere letti quindi come conflitti tra caste e destinati ad evolvere, in una prossima prospettiva, in lotta tra “élite” e “dropout”».

FONTE: https://blog.ilgiornale.it/wallandstreet/2020/09/18/leta-del-conflitto/

 

 

 

ECONOMIA

Con il Mes arriveranno la Troika e l’austerità: l’Italia lo prende, 17 Paesi Ue lo rifiutano

Una volta tanto si deve dar ragione a Renzi, quando ancora in aperta campagne elettorale per le Regionali andava dicendo: “Lo sanno tutti che il veto dei 5Stelle al Mes è solo perché adesso ci sono le elezioni, passate le elezioni diranno Sì al Mes”. E in effetti è proprio così che sta andando, e di giorno in giorno il fronte favorevole al Mes si ingrandisce, anche e soprattutto nelle fila del M5S. Intanto il governatore Visco fa sapere che “dal punto di vista economico il Mes dà solo vantaggi” e che “la Troika non c’è, non esiste”. Ma il problema è l’opposto. La Troika esiste eccome, ed è evidente che accedere al Meccanismo significa spalancare le porte alla Troika per la discesa in Italia, dandole la possibilità di mettere le mani nelle tasche degli italiani con austerità e misure correttive che verranno messe in campo con la scusa di ripagare proprio i soldi presi a prestito con il Mes. Non è poi tanto difficile da capire.

Un altro dubbio sorge poi spontaneo. Il prestito del Sure è stato molto richiesto in Europa, a differenza del Mes che invece vorrebbero solo i nostri campioni al governo. Perché? Come spiega Giuseppe Liturri su La Verità, “il prestito del Mes sarà erogato in quote mensili non superiori al 15% del totale quindi, nella migliore delle ipotesi, ci vorranno almeno 7 mesi per ricevere l’intera somma. Il tema della convenienza economica, dato dalla presunta differenza tra tasso del Btp a 10 anni e il probabile tasso di interesse del Mes intorno allo 0/0,10%, è fondato su una sottrazione senza senso, perché paragona tassi di strumenti finanziari non omogenei per condizioni, durata e garanzie”.

Il Mes prevede l’obbligatorio assoggettamento a misure di sorveglianza rafforzata (fino alla completa erogazione) e sorveglianza post-programma (fino al rimborso almeno del 75% del prestito). Ed ecco dunque come si materializzerà la Troika. “La lettera di Gentiloni e Valdis Dombrovkis del 7 maggio – spiega Liturri – ha infatti natura di mero impegno politico e nessun valore giuridico. Tale missiva, non a caso, ha solo dato luogo alla modifica di un regolamento delegato (877/2013) e nessuna modifica è stata invece apportata al Regolamento 472/2013”.

Perché hanno ritenuto di modificare con un atto legislativo un aspetto tutto sommato residuale come una tabellina per il report delle spese e hanno lasciato immutato il 472/2013? Conclude Liturri: “Forse perché la Commissione intendeva lasciarlo esattamente così com’è? Con la minaccia di misure correttive ben in vista nell’articolo 14(4)? Comprendiamo le motivazioni politiche connesse alla forte tentazione di maramaldeggiare su un M5S in difficoltà, ma Gentiloni ha delle responsabilità e dovrebbe sapere che gli italiani non sono dei creduloni. O almeno vorremmo sperarlo”.

FONTE: https://www.ilparagone.it/attualita/mes-troika-misure-restrittive/

 

 

 

 

La verità sul prestito “sanitario” del M.E.S

La stampa “allineata” e gli opinionisti di regime stanno insistendo nel dire che il prestito del “meccanismo europeo di stabilità” concordato nella riunione dell’Eurogruppo del 23 aprile scorso per l’utilizzo delle spese mediche e affini necessarie a combattere la pandemia sia un buon affare sia per l’importo massimo ottenibile dall’Italia (circa 37 miliardi di euro) sia per le condizioni favorevoli connesse. Ma poiché costoro parlano e scrivono o senza conoscere i veri documenti ufficiali fidandosi delle generiche divulgazioni o, peggio ancora, conoscendoli perfettamente e volendo confondere le idee, è opportuna qualche precisazione.

Il punto 4 del documento dell’Eurogruppo succitato afferma che “il solo requisito per accedere alla linea di credit sarà che i Membri richiedenti dovranno usare questa linea di credito per sostenere i costi nazionali relativi alle cure e alla prevenzione, diretti e indiretti, relativi alla crisi del COVID-19”: i quali costi non saranno indicati dai richiedenti ma saranno “dettagliati” in un programma di risposta alla pandemia preparato dagli organismi dirigenti del MES. Non solo, ma il successivo punto 5 afferma che “il monitoraggio e la sorveglianza sul prestito saranno commisurati ai progetti e all’uso del sostegno alla crisi della pandemia, in linea con le finalità dell’Unione Europea e le principali linee guida del MES”.

Quindi, qualsiasi discrezionalità è esclusa nell’uso di questi fondi. E, infatti, il giorno 11 maggio, il MES ha diffuso il modulo per ottenere il prestito comprendente tre voci (da dettagliare): costi sanitari di cura e di prevenzione DIRETTAMENTE riferiti alla pandemia del COVID-19; parte della spesa pubblica che può esser attribuita, direttamente o indirettamente, all’impatto del COVID-19 sul sistema sanitario; altri costi indiretti sanitari, di cura e prevenzione dovuti alla crisi del COVID-19.

Da tener ulteriormente presente che, poiché il MES – oltre ai mezzi propri già disponibili perché versati dai Paesi membri tra cui l’Italia – dovrà a sua volta attingere al mercato dei capitali, la somma richiesta non potrà essere versata tutta insieme ma a rate mensili.

Quindi, i famosi 37 miliardi sventolati ad ogni piè sospinto non ci sono ma verranno, se saranno adeguatamente documentati, in un anno alla media di 3-4 miliardi al mese.

Da questo punto di vista, aveva allora ragione Giorgia Meloni quando diceva che ci riprendiamo, con gli interessi, i soldi che abbiamo già versato (14 miliardi di euro)…

Ma poi in Italia sorge un altro, e annoso, problema. Com’è noto la spesa sanitaria è gestita dalle Regioni cui lo Stato assegna in base a certi criteri sempre ridiscussi un tot lordo di miliardi di euro in relazione alla popolazione e altri parametri. Si può pertanto ritenere che dovrebbero essere le Regioni a fare quella richiesta e, inoltre, bisogna sapere se la devono fare direttamente loro al MES o devono passare, con la documentazione, tramite il Ministero dell’Economia. Saranno tutte le Regioni in grado di farlo, viste le difficoltà che hanno sempre quando si tratta di utilizzare i fondi europei per lo sviluppo e gli investimenti per i quali occorre predisporre precisi progetti? E poi: avendo avuto le diverse Regioni impatti diversi dall’epidemia, con conseguenti oneri diversi e a volte, per certe regioni, irrilevanti, che tipo di richiesta possono fare? Non si corre il rischio che poi quel rimborso, ammesso che arrivi, giunga solo a cinque-sei regioni perché le altre non sono state ritenute molto colpite dal virus e aggravate anche in termini economici? E infine: nel caso che le domande dovessero passare attraverso il ministero dell’economia, non può succedere che esso non sostenga le regioni politicamente avverse o, in caso di riscossione del prestito, tardi a trasmetterlo alla Regione interessata, così come avviene con i debiti verso i fornitori della Pubblica Amministrazione?

Sono tutti dubbi e perplessità fondate.

Comunque, per quanto riguarda il prestito del MES per le spese sanitarie, resta innanzitutto confermato che si tratti di un prestito rimborsabile in un massimo di 10 anni (punto 6 dell’accordo dell’Eurogruppo): ma quella scadenza non è automatica e generalizzata, è un punto limite, quindi all’Italia potrebbe essere fissato un termine inferiore.

Sempre allo stesso punto 6, sta scritto che in seguito – ossia, nel periodo di durata del prestito e dell’evoluzione della crisi per l’epidemia – “i membri dell’area dell’Euro rimarrebbero vincolati a rafforzare i fondamentali economici e finanziari, in linea con i principi di sorveglianza e coordinazione economica e fiscale dell’Unione Europea”. E, dulcis in fundo, l’ultimo punto, il n. 10, afferma testualmente che “il consiglio direttivo del MES approverà i singoli programmi di risposta alla pandemia …in conformità con l’art. 13 del Trattato del MES”.

E cosa dice l’art. 13? “Una volta ricevuta la domanda di prestito, si assegnano alla Commissione Europea, di concerto con la BCE, i seguenti compiti:

  1. valutare l’esistenza di un rischio per la stabilità finanziaria della zona euro;
  2. valutare la sostenibilità del debito pubblico. Se opportuno e possibile, tale valutazione dovrà essere effettuata insieme al Fondo Monetario Internazionale;
  3. valutare le esigenze finanziarie effettive o potenziali del membro del MES interessato.”

 

Insomma, il prestito per gli interventi sanitari causati dall’epidemia NON ESCLUDE l’applicabilità del Trattato del MES, compreso l’intervento “ispettivo” della cosiddetta “troika” costituita dalla Commissione Europea, dalla Banca centrale europea e dal Fondo monetario internazionale.

Due ultimi commenti, sempre su questa questione:

  • si è parlato, in vista del fantomatico decreto cosiddetto del rilancio, della possibilità di abolire l’IRAP che serve a finanziare (in parte) il sistema sanitario perché i suoi proventi sarebbero sostituiti dal prestito “sanitario” del MES. Ma ciò non è possibile, perché lo schema di richiesta fa riferimento ad una aliquota delle spese generali relative al servizio sanitario nazionale, da dettagliare, calcolare e approvare, e non allo sgravio totale. E poi perché lo Stato perderebbe un’imposta per sostituirla con un prestito da restituire con interessi…qual è il guadagno? ;
  • poche sere fa, il giornalista molto anglofilo Antonio Caprarica ha detto che la sanità italiana costa 118 miliardi di euro l’anno e quindi il prestito dei 37 miliardi del MES abbatterebbe del 30% la spesa nazionale. Affermazione del tutto infondata, perché certamente le spese per il virus non sono aumentate del 30% e comunque gli uffici del MES li spunterebbero una per una prima di ammetterle: forse il giornalista non conosceva i documenti dell’Eurogruppo e del MES.

Insomma, su questa vicenda si è creato un grande polverone, forse fatto apposta per occultare la realtà che è molto meno salvifica di come è stata presentata.

FONTE: http://www.ilpensieroforte.it/economia/3470-la-verita-sul-prestito-sanitario-del-mes

 

Fisco, dal 15 ottobre ripartono i pignoramenti dei conti correnti

28 Settembre 2020, di Mariangela Tessa

Fine della tregua fiscale. Ripartono i pignoramenti. Dopo la pausa stabilita dal governo per l’emergenza coronavirus, a partire dal 15 ottobre ripartono le notifica delle cartelle di pagamento e la possibilità di promuovere nuove azioni esecutive o cautelari.

In altre parole, torna lo spettro pignoramenti per coloro che non hanno saldato i debiti verso l’Agenzia Entrate-Riscossione e anche nel caso delle ingiunzioni fiscali emesse dagli enti territoriali (Comuni e Regioni) sul pagamento di tributi quali bollo auto Imu e Tari.

Cosa sono i pignoramenti

Il pignoramento rappresenta l’atto iniziale con cui comincia formalmente l’esecuzione forzata, cioè la procedura che consente al creditore di poter soddisfare i propri diritti anche senza il consenso del debitore.

Con il pignoramento, il debitore può continuare a disporre materialmente dei beni che sono oggetto di pignoramento, tranne ovviamente venderli o distruggerli. La sua funzione è quella di evitare che una persona, pur di sottrarsi al proprio debito, ceda i suoi beni a terzi o, comunque, se ne disfi per risultare nullatenente davanti al creditore.

Ecco cosa può pignorare l’Agenzia delle Entrate

Pignoramenti ed espropriazioni (vendita all’asta) di beni mobili e immobili. Si dà corso alle procedure esecutive e alla vendita all’asta dei beni in caso di debiti per i quali persiste il mancato pagamento e soltanto in presenza delle condizioni stabilite dalla legge.

In particolare il pignoramento immobiliare non può essere effettuato se l’immobile ha tutte le seguenti caratteristiche:

• è l’unico immobile di proprietà del debitore;
• è adibito a uso abitativo e il debitore vi risiede anagraficamente;
• non è di lusso, (cioè non ha le caratteristiche previste dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969) e non è comunque una villa (A/8), un castello o un palazzo di eminente pregio artistico o storico (A/9).

Negli altri casi si può procedere al pignoramento e alla vendita all’asta dell’immobile solo se:

• l’importo complessivo del debito è superiore a 120 mila euro;
• il valore degli immobili del debitore è superiore a 120 mila euro;
• sono passati almeno sei mesi dall’iscrizione di ipoteca e il debitore non ha pagato/rateizzato il debito o in mancanza di provvedimenti di sgravio/sospensione.

La legge prevede che il contribuente, con il consenso di Agenzia delle entrate-Riscossione, possa vendere personalmente l’immobile pignorato o ipotecato entro i 5 giorni che precedono il primo incanto oppure, nel caso in cui lo stesso non vada a buon fine, entro il giorno precedente al secondo incanto.
In questo caso l’intero corrispettivo sarà versato direttamente all’Agenzia che utilizzerà l’importo per il saldo del debito e restituirà al debitore l’eventuale somma eccedente entro i 10 giorni lavorativi successivi all’incasso.

Pignoramento presso terzi

Il pignoramento presso terzi riguarda i crediti che il debitore ha verso terzi (per esempio il conto corrente, stipendio), oppure cose del debitore che sono in possesso di terzi. Con questa procedura si richiede a un terzo di versare direttamente all’Agenzia delle entrate-Riscossione quanto da lui dovuto al debitore di quest’ultima, che, a sua volta, è creditore del terzo.

Pignoramento di stipendi e pensioni

Se il pignoramento riguarda stipendi, salario, o qualsiasi altra indennità derivante da rapporto di lavoro o di impiego, esistono per l’Agente della riscossione alcuni limiti:

• fino a 2.500 euro la quota pignorabile è un decimo;
• tra 2.500 e 5.000 euro la quota pignorabile è un settimo;
• sopra i 5.000 euro la quota pignorabile è un quinto.

Pignoramento conti correnti

Il pignoramento può essere effettuato anche sulle somme depositate sul conto corrente, a esclusione dell’ultimo stipendio o salario che resta sempre disponibile per qualsiasi necessità del debitore.

Il pignoramento può essere effettuato anche sulle somme depositate sul conto corrente, a esclusione dell’ultimo stipendio o salario che resta sempre disponibile per qualsiasi necessità del debitore.

FONTE: https://www.wallstreetitalia.com/fisco-dal-15-ottobre-ripartono-i-pignoramenti-dei-conti-correnti/

 

 

 

Federconsumatori: no alla norma che accelera le procedure di pignoramento.
Sostegno alle famiglie

K metro 0 – Roma – “Apprendiamo con estrema preoccupazione la norma, contenuta nel testo della legge di Bilancio in discussione al Senato, che faciliterebbe sequestri e pignoramenti da parte degli Enti locali in netto contrasto con le norme vigenti, per il mancato pagamento di tasse quali IMU, Tasi, Tari, bollo auto, rette scolastiche, nonché imposte per affissioni o occupazione del suolo pubblico.”

scrive Federconsumatori in una nota, “Oggi, per poter procedere all’esecuzione forzata, è necessario attendere i tempi di iscrizione a ruolo del debito notificato al cittadino e della successiva emissione del decreto ingiuntivo. Secondo le modifiche paventate dalla nuova normativa, invece l’ente locale assume le funzioni di agente della riscossione e può procedere, attraverso i soggetti a cui affida tale servizio, una volta decorsi 60 giorni dall’avviso di accertamento (contenente anche l’intimazione ad adempiere) senza che il cittadino abbia presentato ricorso, ad attivare le procedure esecutive e cautelari.

Questo salvo che l’importo sia inferiore ai 10.000 Euro: in questo caso prima di attivare la procedura esecutiva, gli enti devono inviare un sollecito di pagamento concedendo ancora 30 giorni per evitare il pignoramento.

Ci auguriamo che nella norma in discussione al Senato quanto disposto all’art. 96 sia già stato cancellato. In caso contrario facciamo appello alla responsabilità delle forze politiche affinché, in un momento in cui molte famiglie e piccole attività si trovano o si troveranno presto in situazioni di forte difficoltà (dalla vicenda Whirpool all’Ilva), rivedano una norma che renda più veloce ed agevole per gli enti locali il procedimento per l’espropriazione dei beni, mantenendo tempi più lunghi, sia nel procedere al pignoramento, sia nel rientro della morosità.

Proprio lo Stato e la Pubblica Amministrazione dovrebbero prevedere, inoltre, misure per la facilitazione ed il sostegno alle famiglie coinvolte in situazioni di forte disagio economico e sociale, disponendo la sospensione di tali procedimenti esecutivi di fronte a situazioni di questo genere.”

FONTE: https://kmetro0.it/2019/11/22/federconsumatori-no-alla-norma-che-accelera-le-procedure-di-pignoramento-sostegno-alle-famiglie/

 

 

 

“Il recovery sarà funzionale ai processi di ristrutturazione capitalista”.
Il Domenicale di Controlacrisi a cura di Federico Giusti

Intanto le Regioni annunciano di volere impiegare i soldi europei per un piano straordinario di potenziamento della sanità dopo anni di tagli, chiusura di ospedali e depotenziamento del welfare. Cambieranno le politiche regionali in materia di salute? Pensiamo di no,

Recentemente il Governo ha stabilito che gli appalti di sanificazione e pulizia non dovranno superare il 20 per cento dei costi previsti, ancora una volta si fa economia sulla nostra salute senza per altro ripensare appalti falcidiati per un decennio da politiche di austerità e revisioni di spesa. Rivedere allora tutti gli appalti della spending review guardando alle condizioni di vita e di lavoro delle addette dovrebbe essere un obiettivo condiviso dal mondo sindacale rivendicando clausole sociali reali e non aggirabili per potenziare il potere di acquisto e le ore contrattuali, condizioni imprescindibili per avere appalti di qualità e servizi adeguati.

Alcune regioni governate dal centro sinistra per anni hanno chiuso ospedali e ridotto complessivamente i servizi sanitari, rivendicare una inversione di tendenza rispetto alle poltiche di austeruità dovrebbe essere la premessa sindacale e politica per rivendicare una sanità pubblica ed efficiente, migliore di quella attuale .

Dubitiamo che la sinistra dell’autonomia differenziata possa arrivare a tanto, il sostegno accordato ad alcuni Governatori da parte dei poteri forti non è in funzione anti lega ma il risultato del progressivo spostamento del centro sinistra verso posizioni sempre piu’ moderate e funzionali alle politiche della Bce e della austerità. Non è sufficiente opporsi alla sanità privata e al modello Lombardo quando si sono chiusi presidi ospedalieri approvando bandi di gara con contrazione dei costi del lavoro. Su questo punto dovremmo essere tutti concordi ma invece preferiamo perseverare nelle sante alleanze contro i populisti senza mai guardare alla sostanza del problema.

L’Italia è il paese delle disguaglianze sociali e regionali e l’autonomia differenziata va nella direzione di accentuare queste iniquità che poi sono alla base della crisi del paese.

Parliamo di servizi sanitari ed educativi, delle infrastrutture, di un paese a due o piu’ velocità.

La bagarre tra centro sinistra e centro destra per dirigere la Conferenza stato regioni è funzionale alla gestione dei fondi europei in arrivo nel 2021, uno scontro di potere che occulta la sostanza del problema: quali sono le condizioni dei prestiti europei e quali saranno i processi di ristrutturazione imposti dal capitale? Questi sono argomenti dirimenti per tutti\e, per il sindacato in primis, non saranno certo le briciole di qualche contratto a risolvere il problema dentro una dinamica contrattuale che in 20 anni ci ha fatto perdere potere di acquisto e di contrattazione.

FONTE: http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2020/9/27/53762-il-recovery-sara-funzionale-ai-processi-di-ristrutturazione/

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Quota 100: la prima vittima del Recovery Fund

di Thomas Fazi.

Il Recovery Fund neanche esiste ancora (il piano deve ancora essere approvato da tutti i parlamenti nazionali; campa cavallo, insomma) ma già comincia a mietere le sue prime vittime. 

Proprio in questi giorni, infatti, Giuseppe Conte ha dichiarato che Quota 100 non sarà rinnovata. Si ritorna, dunque, alla logica che da vent’anni a questa parte ispira le politiche pensionistiche (parzialmente invertita dalla misura del governo giallo-verde): aumentare sempre di più l’età pensionistica – cioè costringere chi un lavoro ce l’ha a lavorare sempre più a lungo – con la sempiterna scusa che “non ci sono i soldi” (cioè quei numeretti che le banche centrali creano regolarmente sui loro computer, ma lasciamo perdere). 

La notizia ha ovviamente scatenato il solito chiacchiericcio politico-mediatico. Nessuno però si è preso la briga di far notare l’aspetto più importante della vicenda: ovverosia che la decisione di cancellare Quota 100 non è un colpo di testa di Conte o una semplice resa al PD, uscito ringalluzzito dalle recenti elezioni regionali, ma una conseguenza diretta dell’adesione (entusiastica, ahinoi) dell’Italia al piano di “aiuti” europei – che per ora, come detto, esiste solo sulla carta. 

Per poter accedere ai fondi del Recovery Fund, infatti, i paesi beneficiari dovranno rispettare le raccomandazioni specifiche per paese (country-specific recommendations) della Commissione europea, oltre ai nuovi obiettivi (“Green Deal” e digitalizzazione), in linea con la sorveglianza rafforzata dei bilanci nazionali prevista dal “Semestre europeo”. Riforme strutturali, insomma. 

Ora, è cosa nota che Quota 100 non è mai andata giù alla UE. Nelle sue raccomandazioni dell’anno scorso, la Commissione invitava esplicitamente l’Italia ad «attuare pienamente le passate riforme pensionistiche», ossia la Legge Fornero, «al fine di ridurre il peso delle pensioni nella spesa pubblica». Più chiaro di così si muore. 

E ora, grazie alla pandemia (non lasciare mai che una crisi vada sprecata, come si suol dire), la Commissione dispone finalmente di un dispositivo efficacissimo per imporre le proprie raccomandazioni – in materia di pensioni ma non solo – anche ai governi più recalcitranti, riassumibile nel concetto “niente riforme, niente soldi”.  

Questo Conte lo sa benissimo – perché l’Italia possa avere accesso ai fondi del Recovery Fund la prima cosa da fare è eliminare Quota 100 – e si è dunque portato avanti col lavoro, da bravo maggiordomo di Bruxelles. 

Adesso forse risulterà più chiaro, anche ai più duri di comprendonio, cosa intendevamo quando scrivevamo che il Recovery Fund non è altro che un MES sotto smentite spoglie – anzi, peggio ancora, un MES all’ennesima potenza – che comporterà il controllo politico totale della politica economica dell’Italia e degli altri paesi più “fragili” (cioè quelli con un alto debito, e dunque particolarmente dipendenti dalle flebo della BCE, in cambio delle quali però i paesi sono tenuti a rigare dritto), affidando a Bruxelles un potere di intervento sempre più ampio in materia di riforma fiscale, del mercato del lavoro, del welfare, delle pensioni ecc. 

Questa è la vera polpetta avvelenata del Recovery Fund: l’usurpazione definitiva di quel minimo di autonomia di bilancio – e dunque di democrazia – che ci era rimasta. 

L’eliminazione di Quota 100 è anche la conferma di quanto annunciato dal governo: in cambio dei fondi del Recovery Fund, che andranno a pesare anche sul deficit e non solo sul debito, l’Italia sarà tenuta ad adottare «una programmazione di bilancio volta a riequilibrare la finanza nel medio termine dopo la forte espansione del deficit»: cioè più tasse e/o meno spese. 

L’Italia, come detto, si sta portando avanti col lavoro: del Recovery Fund non abbiamo ancora visto un centesimo, ma intanto già arrivano i primi tagli. A partire da Quota 100. 

FONTE: https://www.ilparagone.it/senza-categoria/quota-100-la-prima-vittima-del-recovery-fund/

Polizze dormienti, l’Ivass scova nuovo tesoretto di 492 milioni

25 Settembre 2020, di Massimiliano Volpe

Da qualche anno l’Ivass è impegnata a cercare i beneficiari delle cosiddette polizze dormienti che sono ‘parcheggiate’ presso le assicurazioni prima che finiscano in prescrizione.

Si tratta di polizze che, per vari motivi, non sono state pagate ai beneficiari e che giacciono presso le compagnie.
Può trattarsi, ad esempio, di polizze per il caso di morte dell’assicurato, della cui esistenza i beneficiari non erano a conoscenza o di polizze “di risparmio” che, giunte alla scadenza, non sono state riscosse dagli interessati.

L’ammontare recuperato tra le polizze dormienti

L’ultima operazione condotta dall’Ivass tra le compagnie estere operanti in Italia, avviata nel settembre del 2018, ha permesso di far emergere nei conti delle compagnie 492 milioni di euro suddivisi tra 23.392 polizze dormienti.
Di questi 402 milioni di euro sono già stati liquidati o in corso di liquidazione ai beneficiari.

Un’analoga indagine condotta tra le compagnie italiane nel biennio 2017 -19 aveva permesso ai legittimi beneficiari di recuperare 4,4 miliardi di euro.

Cosa fare per non perdere il premio

Il beneficiario di una polizza vita ha 10 anni di tempo per incassare il premio prima che vada in prescrizione.
Il termine decorre da quando si è verificato l’evento coperto dalla polizza, cioè la morte dell’assicurato o la scadenza del prodotto d’investimento.
Scaduto questo termine, le compagnie devono versare i premi non reclamati al Fondo rapporti dormienti della Consap, presso il ministero dell’Economia.
Nel caso in cui si venga a conoscenza di una polizza scaduta è bene ricordare che solo il beneficiario può chiederne il rimborso, rivolgendosi all’intermediario con cui era stato stipulato il contratto oppure al Servizio ricerche polizze vita dell’Ania, l’Associazione nazionale delle imprese di assicurazione.
Una volta rintracciata la polizza dormiente, è necessario presentare la domanda tramite il sito della Consap, la Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici.

FONTE: https://www.wallstreetitalia.com/polizze-dormienti-livass-scova-nuovo-tesoretto-di-492-milioni/

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

Il reato di procurato allarme

Marco Conti – 29 febbraio 2020

Le notizie degli ultimi giorni in merito al diffondersi del COVID-19 (il c.d. #coronavirus), hanno portato al diffondersi di un clima di paura e panico nel nostro paese.

Senza dubbio occorre essere informati circa il diffondersi del virus o di qualsiasi altra calamità che possa colpire un Paese, ma ben diverso è generare allarme sociale.

L’art 658 cp infatti punisce “chiunque, annunciando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l’Autorità, o presso enti o persone che esercitano un pubblico servizio..

Per procurato allarme pertanto si intende la diffusione una notizia falsa, tendenziosa o di un falso allarme, idonei a generare un allarme sociale, e che faccia attivare tutte le procedure da parte dell’autorità al fine di scongiurare il pericolo stesso.

Un esempio di questa particolare fattispecie di reato si verificò il in piazza San Carlo a Torino la sera della finale di champions tra Juventus e Real Madrid nell’anno 2017, dove, si generó il panico in quanto diversi tifosi cominciarono a correre e nella piazza super affollata gridando di aver udito frasi in arabo e alcuni rumori sordi simili a spari e, temendo dunque per un attentato e, prese dal panico e cercando di fuggire da quel luogo, la serata si concluse con centinaia di feriti e 3 morti.

Ovviamente occorre distinguere il reato di procurato allarme ex art 658 cp dal diritto di cronaca di un giornalista.

Secondo la giurisprudenza dalla Corte di Cassazione infatti è configurabile il reato ex 658 cp a carico di un giornalista solamente nel caso in cui “pubblica la notizia di un possibile attentato senza aver verificato l’oggettiva attendibilità della fonte dalla quale ha appreso detta notizia” (cfr. Cass. 19367/2012).

Questo ci fa capire la ratio del resto di procurato allarme.

Elemento costitutivo del reato ex art 658cp è l’allarme, inteso come un evento di pericolo tale da far attivare tutti gli organi preposti al fine di evitarlo e garantire la incolumità di tutti i soggetti.

Orbene proprio per questi motivi non integra ad esempio il reato ex art 658cp “la telefonata alle forze dell’ordine lamentando rumori molesti dovuti a una riunione e al relativo via vai di persone in uno stabile, in quanto per la tipologia stessa del fatto denunciato che è tale da non poter creare allarme sociale per un imminente pericolo e in quanto non ingeneranti allarme pubblico per un potenziale rischio di pericolosità per l’incolumità dei soggetti che vivono nelle vicinanze” (cfr. Cass 4710/2011).

Il bene giuridico tutelato infatti è il corretto funzionamento ed il corretto uso della forza pubblica da parte dell’autorità stessa, che può essere esercitato in modo non appropriato per via di falsi annunci di pericolo o disastro.

Questo perché, nell’attivarsi di tutte le procedure volte a prevenire una situazione di pericolo, per ragioni di igiene, sicurezza o di ordine pubblico, l’autorità può ben adottare misure eccezionali, come nel caso della quarantena per alcuni Borghi in relazione al “coronavirus”, e il mancato rispetto di questi obblighi rientra tra le fattispecie punibili secondo ex 650 cp.

Il richiamato articolo punisce “Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a duecentosei euro”

Tale norma giuridica è volta alla tutela ed alla salvaguardia dell’ordine pubblico e le condotte punibili consistono nel mancato rispetto di quanto disposto dall’autorità.

In questi giorni dunque, nello specifico nelle zone sottoposte a quarantena dall’ordinanza del ministero della salute pubblicata in gazzetta ufficiale il 22-2-2020, “chiunque sarà sottoposto a obbligo di quarantena in quanto rientrato dalla Cina negli ultimi 14 giorni o gli individui che abbiano avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva COVID-19”, potrà incorrere nelle conseguenze previste dall’articolo 650 cp in caso di mancato rispetto degli obblighi imposti.

FONTE: http://www.studiolegalegallo.it/p/approfondimenti/101-il-reato-di-procurato-allarme

 

 

 

IMMIGRAZIONI

Migranti, ma quale riforma di Dublino: così la Ue ci ha fregato ancora

La Commissione Ue lancia il nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo. Una riforma sulla gestione europea dell’immigrazione che dovrebbe andare oltre il famoso trattato di Dublino che in tutti questi anni ha lasciato l’Italia sola a fronteggiare migliaia e migliaia di sbarchi sulle sue coste. Una buona notizia, sembrerebbe. Ma a leggere bene la proposta della Commissione, che dovrà comunque essere messa in pratica dal Consiglio Ue, si capisce che non c’è nulla di veramente concreto. Soprattutto, non c’è la cosa più importante: l’obbligo di ricollocare i migranti tra i vari Paesi europei. Per dare un contentino all’Italia, la Commissione guidata da Ursula Von der Leyen stavolta si inventa i “rimpatri sponsorizzati”. In pratica, se un Paese rifiuta di prendersi in carico un ricollocamento deve offrirsi di gestire le pratiche di rimpatrio direttamente dal paese Ue sotto pressione. Tra l’altro le parole sono importanti: deve “offrirsi”. Obblighi non ce ne sono.

Il “patto” proposto dalla Commissione è un florilegio di buone intenzioni. Solidarietà tra i 27 per la gestione dei flussi migratori, controlli più rapidi e accurati alle frontiere, accelerazione dei procedimenti di rimpatrio. E . come detto, nessun obbligo nei ricollocamenti. La decisione di ciascun paese Ue di accogliere migranti che arrivano in Europa rimane su base volontaria e ciascun governo deciderà il tipo di supporto che vorrà fornire ai paesi ’sotto pressione. Ecco perché questa riforma in realtà riforma ben poco.

La Commissione europea promette anche di “alleggerire i Paesi di primo ingresso”, ma nel “nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo” il principio resta, e si prevede la possibilità per chi non voglia farsi carico dell’accoglienza di contribuire in altre forme alla eventuale “pressione” migratoria. L’esecutivo europeo dunque non si spinge a chiedere ai paesi più recalcitranti (Austria e Ungheria in testa, con Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia) di farsi carico in maniera obbligatoria dei migranti sbarcati soprattutto alla frontiera sud del Vecchio Continente, (Italia, Grecia e Malta), ma auspica una “solidarietà” e una serie di “forme flessibili di sostegno su base volontaria”.

Ylva Johansson, commissaria europea agli Affari interni, promette che la pressione sugli Stati mediterranei verrà alleggerita grazie al nuovo sistema che “prevede la ricollocazione dopo il salvataggio in mare” o, in alternativa, “il sostegno dopo lo sbarco” al Paese europeo che riceve il flusso di migranti. Ma l’obbligatorietà dell’accoglienza non c’è anche se, ripete la Commissione, la riforma di Dublino (che sancisce il principio del paese di primo ingresso) “è urgente” e gli Stati membri dovrebbero trovare un accordo entro l’anno. “Serve solidarietà e responsabilità”, dice Ursula von der Leyen, che parla di “un nuovo inizio per ricostruire la fiducia tra gli Stati membri e ripristinare la fiducia dei cittadini nel nostro capacità di gestire la migrazione come Unione”.

Alla luce di tutto ciò. il premier Giuseppe Conte finge di essere soddisfatto, ma allo stesso tempo fa capire che questo piano non può essere il punto d’arrivo auspicato dall’Italia. “Il Patto sulla Migrazione è un importante passo verso una politica migratoria davvero europea – dice Conte – Ora il Consiglio Europeo coniughi solidarietà e responsabilità. Serve certezza su rimpatri e redistribuzione: i Paesi di arrivo non possono gestire da soli i flussi a nome dell’Europa”. Peccato che questa certezza sia proprio ciò che continua a mancare. 

Anche il M5s lo sa, e lo fa notare: “La proposta della Commissione europea sul pacchetto immigrazione e asilo è un buon punto di partenza per il superamento del sistema di Dublino ma necessita di essere migliorata. Il principio di primo approdo non viene superato ma solo mitigato da un principio di solidarietà che di fatto lascia l’Italia da sola a gestire la prima accoglienza e richieste di asilo obbligando gli altri Paesi Ue solo a fornire aiuti finanziari e pagare il rimpatrio che deve essere fatto entro 8 mesi. Così non vengono individuate quote nazionali ma solo criteri poco chiari di competenza nazionali in base a possibilità di ricongiungimento familiare o per precedente presenza per motivi di lavoro o di studio. Non è chiaro nemmeno cosa succede in assenza di accordi per il rimpatrio con i Paesi di provenienza”.

FONTE: https://www.iltempo.it/esteri/2020/09/23/news/migranti-ma-quale-riforma-dublino-cosi-ue-europa-ci-ha-fregato-commissione-europea-giuseppe-conte-governo-24639190/

 

 

 

 

LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

La crisi Covid farà esplodere la precarietà e il lavoro varrà sempre di meno
La crisi determinata dall’emergenza sanitaria potrebbe far “esplodere” l’esercito degli abusivi e dei lavoratori in nero presenti in Italia. Stando alle previsioni dell’Istat, infatti, entro la fine di quest’anno circa 3,6 milioni di addetti rischiano di perdere il posto di lavoro.
Così la Cgia di Mestre che ricorda come “dal momento in cui verranno meno la Cig introdotta nel periodo Covid e il blocco dei licenziamenti il tasso di disoccupazione assumerà dimensioni molto preoccupanti”.
Ad “ammortizzare” la perdita di posti di lavoro ci penserà l’economia sommersa. Gli ultimi dati disponibili ci dicono che in Italia ci sono oltre 3,3 milioni di occupati in nero e il 38 per cento del totale è presente nelle regioni del Sud. Questo esercito di “invisibili” ogni giorno si reca nei campi, nei cantieri edili, nelle fabbriche o nelle case degli italiani per prestare la propria attività lavorativa. Pur essendo sconosciuti all’Inps, all’Inail e al fisco, gli effetti economici negativi che originano questi soggetti sono “devastanti”. Essi, infatti,
producono 78,7 miliardi di euro di valore aggiunto sommerso. Uno scenario, prosegue la Cgia, che “sembra non essere avvertita dalle forze politiche e in generale dall’opinione pubblica”.

FONTE: http://www.controlacrisi.org/notizia/Lavoro/2020/9/28/53765-la-crisi-covid-fara-esplodere-la-precarieta-e-il-lavoro/

 

 

 

Pensioni: livelli allarmanti per costi previdenza, ora al 17% del Pil

28 Settembre 2020, di Mariangela Tessa

Mentre sta per ripartire il confronto sindacati – governo sulla riforma delle pensioni, dalla Ragioneria dello Stato arrivano dati allarmanti sulla tenuta del sistema previdenziale italiano. Complice la forte recessione causata dalla pandemia,  quest’anno, la spesa pensionistica si attesterà intorno al al 17% del PIL, record di sempre.
Un dato su cui pesa anche l’effetto delle nuove misure introdotte lo scorso anno, in particolare Quota 100.

Pensioni, cresce il peso sui conti dello stato

Dai dati, anticipati dal Sole 24 Ore, emerge inoltre che la spesa pensionistica resterà superiore al 16% fino al 2042, per poi invertire rotta e scendere sotto questa soglia nel 2050 ed arrivare attorno al 13% nel 2070, con il venir meno delle pensioni concesse negli anni ’80.

Uno scenario nettamente più grigio rispetto alle stime passate, quando si prendeva il raggiungimento di un picco nel 2025 e poi una progressiva discesa, aggravato anche dalla crisi finanziaria del 2008 e dalla pandemia di coronavirus.

“Al posto della famosa “gobba”, una volta attesa dal 2025 in poi, ora abbiamo un “plateau” lungo perlomeno trent’anni, secondo il nuovo scenario nazionale base, che prevede una crescita del Pil in termini reali dell’1,1 annuo per l’intero periodo di stima.
A cambiare, in peggio, queste traiettorie ci avevano già pensato la doppia recessione che ha colpito l’economia nazionale tra il 2008 e il 2013, portando la spesa di 2,5 punti sopra i livelli del 2007. Dati che faranno da sfondo al prossimo round tra governo e sindacati sugli interventi da adottare dal 2022 per il “dopo-Quota 100” si legge sul Sole 24 Ore.

A proposito del confronto governo-sindacati, l’incontro originariamente in calendario il 25 settembre è stato rimandato in extremis a causa della quarantena della ministra del Lavoro Nunzia Catalfo e di altri membri del ministero

Le analisi della Ragioneria generale dello Stato quantificano inoltre anche gli effetti dell’eventuale mantenimento, a regime, di Quota 100 ed anche del “congelamento” del requisito dei pensionamenti con la sola anzianità contributiva a 42 anni e 10 mesi (41 anni e 10 mesi per le donne).
Le proiezioni indicano che con il mantenimento delle due misure l’impatto sulla spesa sarebbe di 10,8 punti di PIL.

FONTE: https://www.wallstreetitalia.com/pensioni-livelli-allarmanti-per-costi-previdenza-ora-al-17-del-pil/

 

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

L’economia ferma e il dubbio sui decessi in Italia

 

Il crollo del PIL atteso in Italia ora è dell’ordine del 20% nei prossimi mesi e anche assumendo una ripresa nella seconda parte dell’anno, molte proiezioni del PIL italiano lo riportano indietro rispetto al livello pre-crisi (2007) di quasi un 20%.

Una buona parte di questo disastro economico è autoinflitto perché l’Italia è il paese che ha adottato il “modello Wuhan” di chiusura totale (“total lockdown”), prima e più di qualunque altro, tanto è vero che oggi si parla di “lockdown” all’italiana.

Nessuno sa con esattezza quale fosse il numero di morti in Wuhan che aveva indotto il governo cinese a questa politica. Ci sono molti report che stimano 10 o anche 50 volte più decessi in quella zona e anche in Cina di quelli ufficiali. Nel resto dell’Asia lo si è evitato e anche in Australia ad esempio. Durante queste vacanze pasquali si potevano vedere folle in spiaggia o in viaggio o nei parchi divertimento in tutta l’Asia mentre da noi si inseguivano a uno a uno con droni chi usciva di casa.

In Italia si assume che questo “total lockdown” stile Wuhan sia giustificato data la mortalità triplicata o quadruplicata a Bergamo, Brescia, Piacenza, Pavia e altre province del Nord nel mese di marzo rispetto agli anni precedenti e si possono leggere articoli che citano “14mila morti in più” o anche, come fa “la Stampa”, ad es. “63 mila morti in più” (da quando è iniziato il conteggio del Covid).

In Italia siamo circa in 60 milioni, abbiamo 650 mila decessi l’anno e circa 230 mila decessi nel periodo gennaio-aprile e quest’anno, in base ai dati Istat, non si riscontra un aumento complessivo di mortalità rispetto agli anni precedenti. (sito italiaora.org)

LA PRECISAZIONE DELL’ISTAT – I DATI SUI DECESSI DEI PRIMI 4 MESI COPRONO SOLO PARTE DEI COMUNI

Nessuno ovviamente nega che in Lombardia, a Piacenza, in diverse province del Veneto e in Piemonte o persino a Genova si verifichi un picco drammatico di decessi rispetto agli anni precedenti, ma quando parliamo della mortalità complessiva nel nostro paese, le cause dei decessi sono diverse, le province afflitte dai casi di Covid hanno un 20% della popolazione e questo inverno, come hanno notato diversi report (ad es di Bloomberg il 6 aprile) c’erano meno morti del solito.

Se ci limitiamo a rilevare allora i dati dei decessi nazionali da inizio anno vediamo che, per gli anni precedenti, l’Istat fornisce un totale, dei primi 4 mesi dell’anno di 231 mila morti (arrotondando alle migliaia), parliamo di tutti i morti dal 1 gennaio al 30 aprile in tutta Italia (vedi https://www.istat.it/it/files//2020/03/Tavola-sintetica-decessi.xlsx).
Quest’anno, alla data dell’ultimo aggiornamento del 13 aprile, siamo arrivati a 191 mila decessi . Per fare un confronto dobbiamo allora stimare quanti saranno allora i decessi nell’aprile 2020 per il quale abbiamo i dati fino al 13 aprile.

Dato che ad esempio il 13 aprile ci sono stati 1,457 decessi, stimiamo il totale dei decessi per il resto del mese di aprile come 1,457 X 17 giorni = 25 mila decessi (arrotondando alle migliaia).

Se allora sommiamo ai 191mila decessi alla data del 13 aprile (partendo dal 1 gennaio), la stima di altri 25 mila decessi nel resto del mese di aprile, ottengo 216mila decessi nei primi 4 mesi del 2020 in Italia complessivamente. Dato che la media degli anni precedenti è di 231 mila decessi (sempre nei primi 4 mesi dell’anno), si avrebbe che nel 2020 si stanno verificando meno decessi (circa 15 o 16 mila in meno).

Nei primi quattro mesi del 2020 il totale nazionale che si può stimare intorno a 216 mila decessi sembra essere inferiore a quello dell’anno precedente (232 mila) e alla media degli ultimi cinque anni (231 mila).

In parole povere, in base ai dati pubblicati finora, non è morta più gente quest’anno rispetto agli anni precedenti in Italia nel suo complesso – fermo restando, ripetiamo, che in Lombardia, a Piacenza e altre province da fine febbraio c’è stata un mortalità tripla in media della media. Noi stessi siamo sorpresi di questo dato e siamo aperti a spiegazioni e correzioni che spieghino diversamente i dati che abbiamo rilevato dall’Istat. Insomma, si apra un dibattito libero, come avviene negli altri Paesi.

L’obiezione che il lockdown abbia ridotto la mortalità al punto di farla scendere persino sotto la media storica non sembra valida perché quella italiana è la seconda più alta del mondo per il Covid, con 338 morti per 1 milione di abitanti e tanti paesi che non hanno messo tutti agli “arresti domiciliari” come noi (Corea, Giappone, Taiwan, Hong Kong, Australia, Svezia) hanno mortalità inferiore a 90 morti per 1 milione. Anche paesi che hanno applicato una via di mezzo come l’Olanda e gli USA hanno mortalità dimezzata rispetto a noi. Sembra cioè poco plausibile che senza lockdown l’Italia avrebbe avuto una mortalità ancora più alta, visto che tanti altri paesi che lo applicano molto meno hanno anche molti meno morti. Del resto la Germania sta ottenendo ottimi risultati nel contenimento del virus con una politica che lascia molte libertà ai cittadini.

Lasciamo ad altri le spiegazioni nel merito. Ci limitiamo ad osservare che non è la mortalità eccessiva a livello nazionale che giustifica il blocco prolungato dei diritti e della vita degli italiani. Dal punto di vista dell’economia italiana c’è una distruzione di reddito enorme, dal punto di vista culturale – qui solo un accenno, si rinvia per un approfondimento all’appello firmato da Aurelio Tommasetti e Paolo Becchi – con la chiusura della Università, o meglio la sua trasformazione in università telematica prevista per il prossimo semestre autunnale, il Paese ha deciso di suicidarsi.

Paolo Becchi è professore ordinario di Filosofia del Diritto presso l’Università di Genova
Giovanni Zibordi è trader e consulente manageriale e finanziario

COMUNICATO SINDACALE
Il comitato di redazione dei giornalisti del Sole 24 Ore prende con fermezza le distanze dai contenuti di questo intervento.
Ogni forma di censura, anche delle opinioni più distanti, è lontana da noi: per questo non abbiamo chiesto che il contenuto fosse cancellato.
La nostra testata si è, però, distinta negli anni per la qualità degli interventi che ogni giorno ospita.
Troviamo, allora, sorprendente che un tema così delicato e triste come la morte di migliaia di italiani in queste settimane venga trattato sulla base di analisi che pochissimo hanno di scientifico.
Nell’intervento lo leggiamo, testualmente, che “non è la mortalità eccessiva a livello nazionale che giustifica il blocco prolungato dei diritti e della vita degli italiani”.
Sono parole che preferiamo non commentare in giornate nelle quali, purtroppo, i morti a causa del Covid-19 si contano nell’ordine di centinaia ogni giorno.
Chiediamo, allora, alla direzione del Sole 24 Ore massima attenzione nella selezione dei contenuti che la testata ospita. Ci pare che stavolta ce ne sia stata molto poca.
Questi commenti, come recita la nota in testa al pezzo, “non impegnano la linea editoriale del giornale”. Aggiungiamo che lasciano sgomenti i giornalisti del Sole 24 ore.
Continueremo a vigilare affinché il lavoro della redazione non venga danneggiato da scelte discutibili.

FONTE: http://www.cogitoergo.it/leconomia-ferma-e-il-dubbio-sui-decessi-in-itali

 

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