RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 6 LUGLIO 2020

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RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 6 LUGLIO 2020

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

La vera antitesi della Fede non è la Ragione ma il Dubbio

LUCIANO DE CRESCENZO, Il caffè sospeso, Mondadori, 2009, pag. 22 

 

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SOMMARIO

L’impressionante marcia di 200 afroamericani armati in Georgia (Video)
Giù le mani da Colombo. Appello anti iconoclasti
Università: il caso di Simonetta Bartolini, esclusa per “profilo militante” (dalla parte sbagliata)
COVI-PASS, ARRIVA IL CONTROLLO A TATUAGGI QUANTICI
Inutile restare aperti
Morricone, il Maestro del cinema
Tirannie delle minoranze
Basta col Cristo ridotto a pupazzo
Eutanasia di una civiltà. La Corte europea ammette il burqa in classe, il Crocifisso no.
HYPNEROTOMACHIA POLIPHILI
I giornali che ricevono contributi pubblici per il 2019
Se Salvini chiude i porti, è sequestro di persona,se lo fa Lamorgese, è giusto.
Solito metodo di ricatto usato dalle ONG
Conte accontenta di nuovo le Ong: Ocean Viking sbarca 180 clandestini
Pnr, Sgarbi “Cina nostro modello”/ “Dopo 2 minuti di bozza già ti girano i coglio*i!”
La rivoluzione colorata neoliberista in America per far eleggere Biden
SINDACI “VERDI” IN FRANCIA? UTOPISTI NEMICI DELLA CULTURA
Quelli che si ribellano al Pensiero unico
Piano nazionale di riforme: cos’è e cosa prevede
La differenza tra Liberale e Liberista
UNA NUOVA DITTATURA: L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Supercomputer? Ma mi faccia il piacere!

 

 

IN EVIDENZA

L’impressionante marcia di 200 afroamericani armati in Georgia (Video)

Si fa sempre più calda la situazione negli Stati Uniti e in particolar modo in Georgia. Ad Atlanta sabato scorso una bambina di 8 anni è morta in seguito ad una sparatoria. Nello stesso giorno, a Stone Mountain Park, a poche decine di chilometri dal centro di Atlanta, circa duecento afroamericani armati hanno marciato per dichiarare “monumento razzista” la grande scultura che rappresenta i capi confederati della guerra di secessione: il presidente Jefferson Davis e i generali Robert Edward Lee e Stonewall Jackson. Una vera e propria provocazione per la quale è stata scelta la data simbolica del 4 luglio, giorno dell’Indipendenza degli Stati Uniti.
Il gruppo si definisce “Black power militia” o semplicemente “Black militia”. Durante la marcia hanno anche fermato un conducente (bianco) di un’automobile, minacciandolo e chiedendogli un “risarcimento”. Una marcia che suona come un vero atto intimidatorio: impressionante vedere centinaia di neri armati di baschi, mimetiche, passamontagna, fucili automatici, giubbotti antiproiettile, come una vera e propria milizia paramilitare. Immagini che rivelano come il rischio di una vera e propria guerra civile, o meglio guerra etnica negli Stati Uniti, non è così lontano.
Davide Romano
FONTE:https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/limpressionante-marcia-di-200-afroamericani-armati-in-georgia-video-162070/

Giù le mani da Colombo. Appello anti iconoclasti

L’appello di intellettuali e giornalisti per celebrare l’esploratore genovese finito nel mirino del movimento Black lives matter. Il 12 ottobre festa contro ogni revisionismo

Dal 2004 è stata introdotta la Giornata nazionale di Cristoforo Colombo (Dir. PCM 20/2/2004) «da svolgersi annualmente il giorno 12 ottobre, ricorrenza dello storico sbarco dell’esploratore genovese nel continente americano», purtroppo ignorata da molti italiani.

Una dimenticanza che può diventare una rimozione o una censura di fronte all’ondata iconoclasta che sta travolgendo l’Occidente e che ha nel navigatore italiano uno dei suoi principali bersagli.

Oggi Colombo, dopo aver affrontato e sconfitto i giudizi e i pregiudizi della sua epoca, è costretto a subire quelli del nostro tempo. A giudicarlo non ci sono più la «junta dos mathematicos» – cioè la commissione dei saggi di re Joao II del Portogallo – o i Dotti di Salamanca che lo avevano considerato un marinaio ignorante e visionario bocciando senza appello la sua idea di «buscar el Levante por el Ponente». A oltre 500 anni dalla morte, Don Cristobal Colòn, come lo chiamano in Spagna, deve subire nuove ingiurie. Con una semplificazione senza senso, l’ondata di sdegno per l’ingiusta morte di George Floyd a Minneapolis, si è trasformata nella damnatio memoriae del grande marinaio, considerato non colui che scoprendo l’America ha modificato il corso della storia del mondo dando inizio all’era moderna, ma solo uno sterminatore di popoli nativi.

«A Portorico, da dove vengo, si sta discutendo del fatto che non dovrebbero esistere monumenti a Cristoforo Colombo, considerando cosa significa per la popolazione nativa l’oppressione e tutto quello che ha portato con sé» aveva spiegato un paio di anni fa Melissa Mark-Viverito, allora speaker del consiglio comunale di New York City, istituendo una commissione municipale per decidere se rimuovere la famosa statua di Columbus Circle donata alla città dagli italo-americani nel 1892 in occasione del quattrocentesimo anniversario della scoperta dell’America.

Per fortuna Bill de Blasio, sindaco italoamericano e ultra liberal della Grande Mela, ha ribadito in questi giorni che lascerà la statua dov’è, ma in altre città la follia anti Colombo non si placa. Nonostante le proteste civili e misurate della National Italian American Foundation, a Los Angeles, Seattle, San Francisco, Albuquerque, Denver e Washington DC, hanno addirittura abolito il Columbus Day.

L’intolleranza politicamente corretta, in realtà, ha preso di mira Cristoforo Colombo da tempo e addebitare le tensioni razziali della società americana all’esploratore genovese, illudendosi che basti distruggerne le statue e cancellarne la memoria per risolvere problemi del genere, è ipocrita e sbagliato.

Oltretutto le campagne censorie si sa dove iniziano ma non dove finiscono e possono colpire chiunque con una pericolosa riscrittura della storia: Gandhi, ad esempio, la cui statua è stata rimossa da un campus universitario in Ghana dove è considerato un razzista; l’ammiraglio Horatio Nelson che andrebbe sloggiato dalla sua colonna di Trafalgar Square in quanto sostenitore dell’imperialismo; il capitano James Cook, considerato da alcuni fanatici che ne hanno rovinato la statua non lo scopritore dell’Australia ma il suo invasore; Cecil Rhodes sfrattato brutalmente, in quanto colonialista, dall’Università di Oxford che però da più di un secolo beneficia in esclusiva delle generose borse di studio della «Rhodes Scholarship», erede della immensa fortuna di Rhodes e istituita per finanziare gli studi dei giovani meritevoli di tutti i paesi del Commonwealth. Persino Martin Luther King, descritto in alcune recenti inchieste basate su rapporti dell’FBI di Hoover come maschilista e predatore, Winston Churchill e Giulio Cesare le cui statue, a Londra e in Belgio, sono state imbrattate con insulti, per non parlare di Indro Montanelli in Italia.

Una grottesca escalation che sta trasformando in realtà le distopie di George Orwell («l’ignoranza è forza», 1984) e Aldous Huxley («La storia è tutta una sciocchezza», Il Mondo Nuovo). Stiamo assistendo alla pretesa di voler negare, modificare, manipolare la storia scaraventando gli eventi in un frullatore che li tritura e impasta decontestualizzandoli, semplificandoli, banalizzandoli, trasformandoli per poi restituirceli sotto forma di una riscrittura nella quale i fatti vengono sviliti e degradati a una banale ed elementare narrazione che contrappone i buoni ai presunti cattivi che vanno cancellati dalla memoria storica.

Così fanatici ed esaltati diventano paladini della giustizia e atti come distruggere statue e profanare cimiteri, azioni encomiabili anziché gesti da condannare.

Una deriva di fronte alla quale non si può restare indifferenti, incominciando con la difesa del primo della lista: Cristoforo Colombo, grande navigatore genovese e grande Italiano. Per questo riteniamo la Giornata nazionale di Cristoforo Colombo debba essere ricordata con eventi e iniziative nelle scuole, nelle università italiane e in tutte le istituzioni e il prossimo 12 ottobre ci incontreremo a Genova per ricordare e celebrare Colombo lanciando un manifesto in difesa della memoria, della storia e della libertà.

Al tempo stesso, per contrastare la deriva iconoclasta, riteniamo sia necessario promuovere una legge con pene adeguate nei confronti di chi vandalizza le statue e il patrimonio storico e artistico a partire da una riforma dell’articolo 733 del Codice penale.

*****

Promotori:

Francesco Giubilei e Marco Valle

Primi firmatari:

Airoma Domenico, Alfatti Appetiti Roberto, Andriola Fabio, Ballario Giorgio, Barberis Vignola Gabriele, Bartolini Simonetta, Beatrice Luca, Becchi Paolo, Biloslavo Fausto, Bixio Andrea, Bottari Salvatore, Bozzi Sentieri Mario, Breschi Danilo, Cannella Giampiero, Capezzone Daniele, Capozzi Eugenio, Carlesi Francesco, Carnieletto Matteo, Cimmino Marco, Cofrancesco Dino, Corsaro Massimo, De Angelis Marcello, De Benedictis Ferrante, De Leo Pietro, Del Vigo Francesco Maria, Dell’Orco Daniele, Della Frattina Giannino, Di Lello Aldo, Di Rienzo Eugenio, Epidendio Tomaso, Fonte Fabrizio, Galietti Francesco, Gallesi Luca, Garavaglia Roberto, Gervasoni Marco, Grandi Augusto, Griffo Maurizio, Iannone Luigi, Indini Andrea, Introvigne Massimo, Lucarini Luciano, Magliaro Massimo, Malgieri Gennaro, Mantica Alfredo, Mantovano Alfredo, Marconi Gabriele, Marotta Francesco, Marsonet Michele, Mascia Donatella, Mazza Mauro, Meotti Giulio, Micalessin Gian, Mola Aldo, Musarra Antonio, Ocone Corrado, Pacifici Vincenzo, Parlato Giuseppe, Pedrizzi Riccardo, Pelliccetti Riccardo, Pertici Roberto, Pescosolido Guido, Predolin Roberto, Ricci Aldo, Rico Alessandro, Romano Tommaso, Rondoni Davide, Rudi Fabrizio, Sallusti Alessandro, Sallusti Giovanni, Sfrecola Salvatore, Scalea Daniele, Scarabelli Andrea, Segatori Adriano, Siniscalco Luca, Specchia Francesco, Tatarella Fabrizio, Terranova Annalisa, Tricoli Fabio, Veneziani Gianluca, Vignoli Russo Giulio, Vivaldi Forti Carlo, Weilbacher Massimo, Giuseppe Valditara, Zecchi Stefano.

(Pubblicato il 3 luglio 2020 © «il Giornale» – News)

FONTE:http://www.nuovarivistastorica.it/?p=9973&fbclid=IwAR14CLb3Ie7CfgMhYm2SCFkXIHu5go0sxY23rdOI5zA2PX5Qp2kJztw4WYg

 

Università: il caso di Simonetta Bartolini, esclusa per “profilo militante” (dalla parte sbagliata)

Roma, 21 mar – Il mondo accademico italiano, si sa, non è cosa per tutti. Anzi. E’ un quid riservato a pochi eletti, ai soliti noti del politicamente corretto, agli amici degli amici del pensiero unico. E a farne le spese stavolta è stavolta è stata una studiosa come Simonetta Bartolini, una delle più autorevoli esperte di Giovanni Guareschi e studiosa della letteratura italiana del Novecento, non ha passato l’esame di abilitazione a professore universitario associato.

Motivo? Secondo l’illustre (?) commissario Mario Sechi, “la candidata presenta un profilo marcatamente militante”. Ohibò. Come se l’Università italiana non fosse infarcita di professori (e mica solo associati) che hanno avuto un passato di militanza politica anche “dura”. Ma già, quelli sono gli amici degli amici di cui sopra.

Qui il termine “militante” è stato usato come patetica foglia di fico per evitare di dire “di destra”. Fosse successo il caso opposto, sarebbe stato logico aspettarsi una levata di scudi, la santa indignazione del politicamente corretto&democratico mondo accademico in nome della libertà di pensiero, della parità dei diritti, eccetera. Ma qui ovviamente le regole non valgono.

Simonetta Bartolini ha però reagito con grande compostezza e serenità a questa palese ingiustizia, come si può leggere sul web.

Certo non si può giudicare un candidato che vanta lavori di tutto rispetto su Ardengo Soffici e Giovanni Guareschi in base ai suoi meriti scientifici. (Meriti scientifici che certo gli illustrissimi commissari che l’hanno giudicata hanno in misura incommensurabilmente superiore alla candidata).

Qui conta soltanto il fatto che sia “militante”. Forse siamo rimasti indietro nel tempo, ma a noi risulta che l’Università sia un luogo di libero interscambio culturale, dove convivono e devono convivere le più diverse idee.

Il termine stesso “Universitas” significa “comunità, associazione, società”. Ma anche “il tutto”, l’ “insieme”. E tanto la società quanto, a maggior ragione, il tutto sono composti da parti diverse, da elementi che devono anche essere in contrasto, ma che sono necessari a formare appunto una unità superiore.

Ma questa sembra essere roba superata. La riforma Gelmini ha infatti dato un potere assai superiore che in precedenza alle commissioni di abilitazione, in teoria per eliminare le baronie universitarie. E questi sono i risultati: il commissario politico in Ateneo, che vigila sull’ortodossia del pensiero unico, e che va a caccia dei “controrivoluzionari”.

Valentino Tocci

FONTE:https://www.ilprimatonazionale.it/cultura/universita-il-caso-di-simonetta-bartolini-esclusa-per-profilo-militante-dalla-parte-sbagliata-6417/

COVI-PASS, ARRIVA IL CONTROLLO A TATUAGGI QUANTICI

L’ITALIA IN PRIMA FILA – TG #Byoblu24

VIDEO QUI:https://youtu.be/leYRRAIFdqY

Una società inglese di cybersecurity e una società specializzata in sistemi sanitari hi-tech hanno creato il Covi-pass, il nuovo passaporto digitale che, stando a quanto si legge nel sito ufficiale, ha anche ricevuto il certificato di eccellenza dalla Commissione europea ed è già utilizzato in diversi progetti delle Nazioni Unite. Con Francesco Capo cerchiamo di capire di cosa si tratta.

A seguito dei numerosi ripensamenti più o meno clamorosi su decisioni importanti, in molti oggi si chiedono se l’istituto specializzato dell’Onu per la salute, l’OMS, sia veramente attendibile e quante colpe possono essergli attribuite rispetto alla gestione del Covid. Intanto l’Organizzazione tira dritto e chiede agli Stati di unirsi e raccogliere 31 miliardi di dollari. Il servizio di Virginia Camerieri.

Rimini si è tenuto il primo Congresso nazionale dei Movimenti spontanei indetto dai Gilet arancioni del generale Antonio Pappalardo. A seguire l’evento per noi c’erano Nick Franick e Anouchka Lazarev. 

Le conseguenze del virus si fanno sentire soprattutto per gli operatori dello spettacolo. Una situazione davvero delicata e per questo motivo molti artisti lanciano il loro grido di protesta. Noi di Byoblu abbiamo sentito l’attrice e regista Elena Arvigo.

Julian Assange, il fondatore di Wikileaks, si trova ormai da oltre un anno rinchiuso in un carcere di massima sicurezza a Londra. Secondo una associazione di più di 200 medici, Assange avrebbe subìto anche torture e le condizioni di salute generali non sarebbero buone. Il tutto mentre si attende la decisione sulla sua estradizione negli Stati Uniti, pronti a incriminarlo anche per un altro reato. Ce ne parla Emanuele Canta.

Nella giornata di ieri si è svolto il primo turno delle elezioni presidenziali in Polonia. Il presidente uscente Andrzej Duda si è attestato al 43,6%, mentre al secondo posto il sindaco di Varsavia Trzaskowski con il 30,3%Servirà il secondo turno per decretare chi sarà il prossimo presidente. Le elezioni in Polonia sono un banco di prova molto importante per le politiche filoamericane del presidente uscente. Il servizio di Edoardo Gagliardi.

FONTE:https://www.byoblu.com/2020/06/29/usciremo-solo-con-il-passaporto-digitale-tg-byoblu24/

 

 

 

Inutile restare aperti

5 LUGLIO 2020
Non solo in Francia anche da noi finirà in un bagno di sangue.
E intanto governatori e stampa impazziti terrorizzano la gente

FONTE:https://www.facebook.com/gervasoni.marco/posts/3157739877624578

 

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

Morricone, il Maestro del cinema

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Il compositore Ennio Morricone compie novant’anni. La sua musica si divide tra “assoluta” e “applicata” (al cinema); ma tutto il suo lavoro è percorso da una riflessione critica rigorosa

Il 10 novembre 2018 Ennio Morricone compie novant’anni. È difficile pensare a un altro italiano che sia tanto conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Da Londra a Sidney, da Los Angeles a Mosca, da Tokyo a Rio de Janeiro, da Stoccolma a Pechino; oggi gli unici altri nomi nazionali della stessa portata planetaria sono forse Sofia Loren e Renzo Piano.

Il secondo Oscar del 2016 per la colonna sonora di The Hateful Eight di Quentin Tarantino, dopo quello alla carriera del 2007 «per lo straordinario e variegato contributo all’arte della musica», spiccano tra le decine di premi e riconoscimenti ricevuti; e rappresentano il coronamento di una carriera senza pari tra i compositori viventi. La musica di Morricone ha attraversato e interpretato il proprio tempo con acutezza e pregnanza rare, connotandolo come pochissime altre. La sua grandezza sta anche in questa capacità di leggere il presente e restituirlo in suoni con efficacia straordinaria.

Musica applicata e musica assoluta

Il fatto che la fama di Morricone si debba innanzi tutto alla musica “applicata” (come lo stesso compositore definisce la sua produzione al servizio del cinema per differenziarla da quella “assoluta”, concepita come libero e incondizionato atto creativo) nulla toglie alla fascinazione. Il vecchio pregiudizio di considerare separati i due ambiti della produzione di Morricone (da un lato la musica “assoluta” ascrivibile al mondo delle neoavanguardie; dall’altro quella “applicata” composta per i maggiori registi del cinema) appare ormai tanto fittizio quanto sterile.

Occorre invece sottolineare quanto il percorso di sperimentazione, compiuto nell’ambito della musica d’avanguardia, si riverberi costantemente nel lavoro “applicato”. Le sue invenzioni timbriche, soluzioni formali, strategie compositive e commistioni stilistiche hanno fatto epoca nella storia del cinema. E per converso occorre rilevare quanto l’esperienza del lavoro “applicato” si sia riversata o quanto meno rispecchiata nella produzione “assoluta”.

L’unicità di stampo della musica di Morricone, che da questo punto di vista può essere considerata senza pari negli ultimi sessant’anni, è assicurata da aspetti tra loro indissolubilmente intrecciati: la tensione morale dell’atto compositivo; l’impulso costante alla sperimentazione; l’unitarietà delle tecniche di scrittura; la fiducia nelle potenzialità non soltanto espressive, emozionali e comunicative ma anche utopiche della musica; non ultima, un’idea di contemporaneità antidogmatica e antiideologica e dunque quanto mai inclusiva e flessibile.

Morricone, l’arte della composizione

Già in Suoni per Dino per viola e due magnetofoni (1969), dedicato all’amico Dino Asciolla, s’incontrano alcuni tratti tipici dell’arte compositiva di Morricone: l’estrema riduzione del materiale sonoro e l’impiego di sistemi seriali. Tutto il pezzo è basato su una successione di sole quattro note; l’accento posto sulla varietà delle tecniche di combinazione, sovrapposizione e permutazione di tale materiale organizzato in unità modulari.

E ancora, il senso di sospensione di costrutti armonici dalle allusioni tonali o modali; l’immaginativo ricorso all’elaborazione elettronica del suono; il ruolo generativo, anzi si direbbe primigenio, del timbro.

La musica come linguaggio

D’altro canto la cifra sperimentale del pensiero e della scrittura mirata alla ricerca di una propria voce compositiva, unita a una non comune sensibilità per l’assimilazione degli orizzonti storici e culturali più diversi (dalla tradizione colta alle musiche etniche, dal pop al jazz e al rock), ha consentito parallelamente a Morricone di articolare un’amplissima gamma di relazioni semantiche e drammaturgiche tra la musica e la rappresentazione narrativa del cinema. Il Maestro ha contribuito ad arricchire in misura determinante i nessi tra le due arti.

Forte della convinzione che la musica sia un linguaggio significante autonomo duttilissimo, in grado di esprimere infinite sfumature di senso nel suo incontro con le immagini e con la parola, Morricone ha sviluppato un’idea di colonna sonora che instaura un rapporto critico e interattivo, di vero e proprio commento, nei confronti della pellicola e non si limita affatto ad accompagnarla o, peggio, ad assecondarla per così dire all’unisono.

I registi di Morricone

Da questa posizione propositiva e di distanziamento critico sono derivati sodalizi molto fruttuosi e scontri con i registi. Ed è anche per questa ragione che Morricone, almeno da un certo momento in poi, ha preferito limitare le proprie collaborazioni a una cerchia ristretta di registi con i quali si sente particolarmente in sintonia.

Nel cinema ha composto per Bernardo Bertolucci, Pier Paolo Pasolini, Paolo e Vittorio Taviani, Brian De Palma, Quentin Tarantino, Roman Polanski a Pedro Almodóvar; di particolare rilevanza e continuità è stato il lavoro con Sergio Leone, Gillo Pontecorvo e Giuseppe Tornatore.

Il lavoro “applicato”, svoltosi nel segno di quella che lo stesso Morricone ha definito «doppia estetica” (cioè la necessità di mediare tra le esigenze del compositore, le richieste della committenza e le aspettative del grande pubblico del cinema), ha implicato un’esperienza sfaccettata e ricchissima.

L’obiettivo di raggiungere un ampio pubblico e di farsi capire senza rinunciare alla propria integrità etica ed estetica ha comportato ricadute di non poco conto anche sulla produzione “assoluta”; ha ridimensionato la tentazione, spesso in agguato per il compositore d’avanguardia, di rinchiudersi in una torre d’avorio.

Musica senza barriere

Il lavoro per il cinema ha concorso ad approfondire e articolare la riflessione di Morricone sulle potenzialità espressive, evocative e drammaturgiche della musica; sulla sua capacità di incidere in modo profondo e diretto dal punto di vista culturale, politico e sociale. In fondo la storia musicale dal 1945 a oggi dovrebbe aver insegnato, ora che possiamo approfittare di un minimo di prospettiva storica, quanto sia artificioso – oltre che controproducente – tracciare confini netti, erigere steccati e barriere tra generi, ambiti e culture.

Molta della musica degli ultimi decenni si sottrae a classificazioni pur di comodo; sembra offrirsi invece a quella chiave interpretativa, certo più problematica e dunque assai meno rassicurante, che Jean Molino chiama la dialettica tra il “puro” e l’“impuro”, che rimanda all’essenza intrinsecamente materica e alla sostanza altrettanto intrinsecamente antropologica della musica. In altre parole, la dialettica tra alto e basso, tra suono (o silenzio) e rumore; fra autonomia estetica e condizionamenti di mercato, tra natura assoluta e dimensione funzionale; tra controllo e casualità, tra conoscenze razionali e affetti…

Fantasia musicale

La capacità di Morricone di acquisire nuovi territori espressivi nel suo lavoro per il cinema è evidente. Si prenda l’immaginario sonoro del western letteralmente inventato per i film di Sergio Leone negli anni Sessanta. Come ha scritto Sergio Miceli,  qui Morricone ricorre a un’articolazione di tre stili diversi (un primo «arcaico» e «popolare», un secondo «rock» e «urbano» e un terzo «sinfonico»).

Altro caso, l’incisività straniante della colonna sonora per Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri; oppure lo straordinario virtuosismo compositivo e drammaturgico delle musiche per The Mission (1986) di Roland Joffé. Questo è tra i suoi massimi capolavori, con le sovrapposizioni simultanee di temi dall’immediata connotazione simbolica.

Ancora, la vividissima intensità del gioco tra i molteplici registri (epico, lirico, elegiaco, comico e così via) della musica per C’era una volta in America (1984) di Sergio Leone. D’altro canto partiture di musica “assoluta” anche recenti come Voci dal silenzio (2002) o la Missa Papae Francisci (2013) appartengono alla musica senza aggettivi e senza qualifiche degli ultimi decenni.

Come si vede parlando di Morricone si continua a passare dall’“assoluto” all’“applicato” e viceversa; un incessante doppio movimento che coinvolge le tecniche di scrittura e le dimensioni espressive. Come pochissimi altri compositori del nostro tempo Morricone ha la capacità di raggiungere un pubblico internazionale e transgenerazionale; e come pochi altri compositori è amato dai musicisti delle più diverse culture ed estrazioni.

Unire l’inconciliabile

Scorrendo l’autobiografia realizzata in forma di conversazioni con Alessandro De Rosa, Inseguendo quel suono. La mia musica, la mia vita (pubblicata nel 2016 da Mondadori e di prossima traduzione in inglese per la Oxford University Press), ci si rende conto che Morricone ha accompagnato la sua attività con una riflessione critica – e autocritica – rigorosa, talvolta sofferta, sempre lucidissima.

«L’ideale di unire ciò che è apparentemente è inconciliabile ha informato in pratica tutta la mia attività», si legge.
«Ma non lo intendo come “traguardo” da raggiungere, come atto di volontà, bensì come qualcosa in cui mi immergo».
L’utopico slancio di unire le diversità, di integrare ciò che è – magari soltanto all’apparenza – inconciliabile è qualcosa che va molto al di là della necessità di misurarsi con una «doppia estetica».

In fondo è la grande lezione di onestà, tolleranza e democrazia della sua musica. Una musica che si apre al mondo, alla società e alle sue complesse esigenze di significazione e comunicazione. Che non teme di confrontarsi con l’alterità, con il trascorrere del tempo e con le profonde trasformazioni tecnologiche e culturali; ma che salvaguarda la proprie ragioni di poetica e la propria libertà di espressione.

Auguri di cuore, Maestro. Grazie per la sua musica: per tutto ciò che ci ha dato e continuerà a darci.

 Cesare Fertonani

Nelle immagini, il concerto-omaggio che l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha dedicato a Ennio Morricone per i suoi 90 anni. Sul podio dell’Orchestra e del Coro romani oltre al compositore, accademico dal 1996, anche Nicola Piovani; in programma musiche Morricone, Stravinskij, Petrassi, Sciarrino, Webern, Piovani e Marianelli

FONTE:https://amadeusmagazine.it/rubrica-news/morricone-ritratto/

 

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Tirannie delle minoranze

6 luglio 2020
Tipico dei seguaci delle tirannie delle minoranze: tanta cagnara per poche persone ma utile per rompere una barriera e chiedere sempre di più, come ad es di punire le maggioranze (vedi legge #omofobia ) ⁦‪@LaVeritaWeb‬⁩

FONTE:https://www.facebook.com/gervasoni.marco/posts/3159856937412872

 

 

Basta col Cristo ridotto a pupazzo

Emanuele Ricucci – 5 luglio 2020

Tre giovani vestiti da Cristo che mimano un atto sessuale con la croce, come a Bologna nel 2015 in un circolo Arcigay; il Cristo rosa shocking con i ladroni a tette all’aria, la cui foto imperversa sui social; il Cristo comico e gay del collettivo Porta Dos Fundos, che appare su Netflix. E così via in una via crucis.
Sarebbe ora di dire basta, fratelli scemi. Il Cristo pupazzo è la sofferenza dello spirito in una carne arlecchina che nulla ha a che spartire con quella mistica e sofferta di Giovanni Testori, grande drammaturgo, tra i più potenti scrittori del Novecento, cattolico e omosessuale illuminato: “Credo di poter dire che non riuscissi mai a fare a meno di Dio, a fare a meno di Cristo. Anzi, tanto più cercavo di allontanarlo, tanto più me lo sentivo ricadere addosso”. Ecco, che il Cristo di un tempo sciatto possa cadergli addosso a coloro che lo rendono un inservibile pupazzo, e che possa pesargli nella coscienza.

Ma che si fotta il moralismo, però. Qui non si vuole sovrapporre moralismi, ma solo una riflessione oltre la presa per il culo. Si è persa la grazia, la grazia di un mondo intimo, che oggi vorrebbero privato e di cui vorrebbero privare: quello della convivenza con Dio. Si è persa la grazia del rispetto. L’ambizione all’Assoluto, del resto, non si è mai interrotta nel tempo ed è costatazione tangibile del valore e della sanità degli uomini – di quegli uomini non ridotti a sterili replicanti bidimensionali e trinariciuti, ma ancora capaci di estendere la Bellezza del creato e di estendersi verso la profondità delle proprie dimensioni -, prima ancora che atto di fede. Uomini d’arte d’ogni tempo, così Franco Zeffirelli, col suo Gesù di Nazareth umanissimo, o pittori come Giovanni Antonio Bazzi, il Sodoma, che hanno vissuto la propria omosessualità, platonica, sfuggente o consistente, come dignitosa dimensione privata e non ostacolante il mondo, totalizzante o castrante, hanno innalzato la propria riflessione a Dio, rappresentando l’Assoluto, lasciando arte come eredità riflettente la qualità del tempo: kairos. L’omosessualità non può essere impedimento all’indagine su Dio, financo all’amore di Dio, universale per sua natura. Tutto ciò che esula violentemente da questo è oltraggio e sciatteria, è miseria umana che rappresenta il Cristo pupazzo.
Kairos, eccoci qui, infine, a misurare la qualità del (nostro) tempo. Fa bene lo scultore degli angeli, Ernesto Lamagna, a rappresentare il tempo presente come un uomo che al suo momento opportuno, kairos, si presenta triste, pagliaccio felliniano, sconsolato, prossimo al pianto per una devastazione che comincia, anzitutto, dentro di sé.

Ma nel ka(ir)os, non frega nulla ai nuovi profeti della speculazione ideologica dei sessi, dell’insegnamento di Testori, di Pasolini e di altri come loro, tra i tanti, che ci testimoniano che si può indagare il rapporto tra Cristo e l’omosessualità mantenendo la carne e lo spirito separati e fusi insieme, in un canto di voci che si rincorrono, si sfuggono e s’abbracciano. L’Eucaristia omosessuale è possibile, è possibile il peccato e la redenzione: già vi è la norma della natura, non occorre umiliare il sistema con leggi “da regime” o piume all’aria, ed è proprio Zeffirelli a ricordarcelo: il peccato della carne è tale se compiuto con un uomo o con una donna. Impossibile, oggigiorno, è la decenza, l’intelligenza e il rispetto. Testori, testa ormai inarrivabile, Penna, Pasolini, che insegue le tracce del sacro vivendo la sua carnale passione – ben manifestata anche da Dino Pedriali che lo ritrae nudo a leggere Sant’Agostino negli ultimi giorni di vita, nella immediata consapevolezza “che il suo compito era salvare il corpo di Pier Paolo Pasolini, il corpo intatto prima che fosse sfigurato da una terribile violenza”, come scrive Vittorio Sgarbi parlando delle foto esposte al museo di Palazzo Doebbing di Sutri -, e altri come loro, ci suggeriscono che la qualità degli uomini non si misura con la repressione, né con il rapporto privato con la Natura.

Dunque, io non prendo per il culo il mondo omosessuale, così il mondo omosessuale non deve prendere per il culo ciò in cui credo. Io non offro il fianco alla discriminazione burina, così non voglio che il mio Dio venga burinamente discriminato. E me ne frego delle leggi, del progresso, della Civiltà, della rispettabilità, perché talvolta la rispettabilità, in questo mondino di fragilino cristallino alla Ned Flanders, va difesa dalla sordità e dalla cecità. Provocazione per provocazione: criticare la foto di Cristo oltraggiato rischia di diventare reato con la nuova legge? Bene, se ancora questa miseria presente è sottoposta alle leggi della democrazia, sia oltraggio punibile in maniera altrettanto ferrea, per legge, chi discrimina il Credo altrui in maniera palese, chi lede l’immagine sacra in tal modo. Non è questa la società dei diritti per tutti? Dell’elevazione dei capricci in diritti e della loro santificazione a norma di legge? Ebbene, frigno anche io.

“Essere omosessuale – ci ricorda Zeffirelli nel 2013 – è un impegno molto serio con noi stessi e con la società. Una tradizione antica e spesso di alto livello intellettuale”. Ecco, chissà se anche il trio delle meraviglie del pensiero moderno (Zan, Scalfarotto, Boldrini), riuscirà a comprendere le parole di Franco Zeffirelli, omosessuale e cattolico, che trasudano responsabilità. Chissà. Ai diversi della non diversità, intanto, chiediamo uno scatto di responsabilità e di stacco intellettuale da tanta miseria umana, capace di squarciare la pigrizia della paura che fa massa silenziosa e ideologizzazione istupidita, riflettendo con Sandro Penna, poeta omosessuale: “Beato chi è diverso, essendo egli diverso, ma guai a chi è diverso essendo egli comune”. Se si afferma un’istituzione culturalmente sorda, che costituisce la manifestazione di un mondo irrispettoso, si faccia avanti il suo contrario, che sappiamo esistere in maniera intelligente, ovvero i tanti che vivono la propria (omo)sessualità come la immaginava e la viveva Franco Zeffirelli, così molti altri.

Non si chiede il rosario di riparazione, ma una legge di riparazione democratica, un atto che incarni veramente il rispetto come maturazione nel progredire.

Fonte: http://blog.ilgiornale.it/ricucci/2020/07/05/basta-col-cristo-ridotto-a-pupazzo/

 

Eutanasia di una civiltà. La Corte europea ammette il burqa in classe, il Crocifisso no.
L’Occidente sventola bandiera bianca

Di 5 Luglio 2020

È una resa incondizionata la continua rinuncia ai nostri simboli cristiani, alle nostre tradizioni, pure quelle culinarie, persino alla mortadella nei tortellini poiché gli islamici non mangiano carne di maiale, fatta in nome del politically correct, al fine di non offendere e di non suscitare l’ira di chi appartiene ad un’altra civiltà. E sorprende che proprio coloro che tifano per l’integrazione europea e l’UE siano i primi a contribuire alla demolizione di quella matrice culturale che accomuna i popoli del vecchio continente.

Abbiamo tradito noi stessi e le nostre radici ogni volta che abbiamo eliminato un crocefisso dalle nostre aule scolastiche, ogni volta che abbiamo rinunciato al presepe nei luoghi e negli uffici pubblici, fino ad arrivare qualche anno fa a ridicole storpiature come la realizzazione a Potenza del presepe islamico in chiesa con una Maria in burqa e un Giuseppe-Mustafà, su iniziativa di don Franco Corbo, parrocco della chiesa di Sant’Anna.

Tale stravolgimento dei nostri usi viene lodato quale “messaggio di pace e fratellanza”, in verità si tratta di un messaggio di disponibilità all’essere colonizzati da un’altra cultura. Con la scusa della globalizzazione e trincerandoci dietro il concetto di “politicamente corretto”, annientiamo la nostra stessa civiltà, senza comprendere che, se non tuteliamo ciò che ci appartiene, lo perderemo, smarrendo così persino noi stessi.

Ma chi ha aperto il varco a questa prassi demolitrice? È stata proprio la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, che, nel 2009, con una sentenza, accogliendo il ricorso presentato da una cittadina italiana di origine finlandese, Soile Lautsi Albertin, stabilì che “la presenza dei crocefissi nelle aule scolastiche costituisce una violazione del diritto dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni”, nonché “alla libertà di religione degli alunni”.

La corte di Strasburgo decise inoltre che il governo italiano avrebbe dovuto versare un risarcimento di cinquemila euro per danni morali alla ricorrente, che nel 2002 aveva chiesto all’istituto statale “Vittorino da Feltre” di Abano Terme (Padova), frequentato dai suoi due figli, di togliere i crocefissi dalle aule in nome della laicità dello Stato, ottenendo un netto rifiuto da parte del dirigente scolastico. Si era aperta così una vicenda giudiziaria, scaturita nel ricorso alla Corte di Strasburgo, così come è previsto dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), dopo l’esaurimento di tutte le vie di ricorso interne, ed infine in questa sentenza senza precedenti, in quanto si tratta della prima della Corte di Strasburgo in materia di simboli religiosi all’interno delle scuole.

Nel gennaio del 2010 il governo italiano ha presentato ricorso contro questa sentenza, accolto dalla Corte, che però nel marzo del 2011, riunita nella Grande Camera, ha stabilito che “la presenza del crocifisso nelle scuole è anche di natura tale da offendere la libertà religiosa e il diritto all’educazione degli alunni in maniera più grave rispetto ai capi di abbigliamento religiosi che, ad esempio, può indossare un insegnante, come il velo islamico”. Secondo la Grande Camera, insomma, così come specifica alla fine, costituisce un’offesa di minore gravità nei confronti della neutralità confessionale dello stato l’uso del burqa a scuola piuttosto che la presenza in aula del crocifisso.

Non deve stupirci se, in questo clima, si sgretola anche il sogno di un’Europa unita. Una vera coesione non si sarebbe potuta instaurare soltanto attraverso la creazione di un mercato unico, di una moneta unica, abbattendo le barriere agli scambi, favorendo la libera circolazione delle merci, dei capitali, dei cittadini, in questo processo sarebbe stato fondamentale piuttosto che i cittadini europei sviluppassero un sentire comune, un’identità europea.

E questo non può che avvenire attraverso la riscoperta di ciò che ci unisce, delle nostre radici comuni, prima tra tutte quella cristiana, negata dalla Corte e negata ogni giorno da tutti noi quando rinunciamo ai nostri simboli per non ledere la sensibilità di chi qui è nostro ospite.

Secondo la Corte di Strasburgo, la presenza del crocifisso nelle aule potrebbe infastidire i ragazzi che praticano altre religioni o quelli atei. In tal modo, però, la Corte, troppo intenta a difendere il pluralismo, elemento essenziale di una società democratica, dimostra di non considerare il fatto fondamentale che il cristianesimo fa parte della nostra storia e della nostra cultura.

Il crocifisso, non in quanto simbolo della religione cattolica, ma come simbolo universale, potrebbe rappresentare, e di fatto rappresenta, un elemento di coesione di tutti i cittadini degli Stati membri, utile per creare quel sentimento affettivo senza il quale lo stesso processo di integrazione europea,che si fonda sui valori cristiani, risulterebbe – e di fatto risulta – gravemente compromesso, o fallirebbe, in quanto non porterebbe alla creazione di un demos europeo.

Risulta difficile credere che i nostri ragazzi si possano sentire offesi dalla presenza del crocifisso nelle loro aule o del presepe nelle loro scuole.

La presenza di questi simboli, infatti, non nega la possibilità di aderire ad altre fedi religiose né impone l’adesione a quella cristiana; non nega il pluralismo, ma lo difende; non ci divide, ma ci unisce al di là del colore politico o di quello della pelle; non è una pietra di inciampo sulla strada della nascita di una società multiculturale , piuttosto rappresenta un modo per superare le divisione e le differenze,perché, per creare coesione bisogna trovare convergenza in qualcosa di universale che unisca, ed i valori cristiani di amore non sono solo della Chiesa cattolica, bensì di tutti gli esseri umani.

Dunque, non commettiamo più il crimine di provarci delle nostre radici, ricordando che non potremo recuperare domani ciò a cui rinunciamo oggi.

FONTE:https://www.lafinestradiazzurra.it/eutanasia-di-una-civilta-la-corte-europea-ammette-il-burqa-in-classe-il-crocifisso-no-loccidente-sventola-bandiera-bianca/

 

 

 

CULTURA

HYPNEROTOMACHIA POLIPHILI
IL LIBRO BELLO E IMPOSSIBILE

Nel 1499 Aldo Manuzio dà alle stampe un libro bellissimo e enigmatico, per non dire incomprensibile. Originando un caso unico nella storia del libro…

L’hanno definito in tanti il più bel libro mai realizzato ed è difficile dar loro torto. Dal punto di vista estetico l’Hypnerotomachia Poliphili è un’opera splendida sia sotto il profilo tipografico che illustrativo. Realizzato nel 1499 da Aldo Manuzio, il libro costituisce una pietra miliare nella produzione aldina, anzi due: è infatti sia il primo libro illustrato che il primo libro in volgare (ammesso che di volgare si possa parlare, in questo caso) stampato dal tipografo editore veneto. E fin qui solo certezze: conosciamo chi l’ha prodotto e quando. A voler entrare nel dettaglio, sappiamo persino che per realizzarlo venne ideato uno specifico carattere, particolarmente nitido, inciso da Francesco Griffo, tipografo bolognese considerato l’inventore del corsivo.

Adesso passiamo ai misteri.

Enigma n°1 – La storia

Spiegare di cosa parla l’Hypnerotomachia Poliphili è cosa piuttosto ardua. Letteralmente il titolo significa Combattimento d’amore in sogno di Polifilo e se state pensando che la cosa sarebbe piaciuta molto a Freud, sappiate che invece piacque particolarmente a Jung, il quale considerava l’opera un’anticipazione della teoria degli archetipi. La trama ha per protagonista un certo Poliphilo che (probabilmente in seguito a lauta peperonata) si addormenta e intraprende in sogno un lungo viaggio iniziatico tra una selva di metafore, neologismi germinati dal greco e dal latino e splendide ninfe che condurranno l’eroe verso Polia, il suo unico grande amore. Detta così sembra una bazzecola, ma in realtà il racconto di dimostra molto articolato e non di semplice comprensione: la sua stessa lettura sembra costituire un viaggio iniziatico, e non è escluso che lo sia stata. Lo schema narrativo non è molto diverso da quello della Divina Commedia e di altre opere precedenti basate sul concetto di un percorso che va dalle tenebre alla luce della conoscenza, ma trova una sua originalità nella destinazione finale del percorso svolto dall’eroe: non una consolazione divina ma una visione pagana e arcaica (verrebbe da dire arcadica) della natura. Insomma, la morale è che tutta la faccenda dell’esistenza non si risolve nel prendersi cura dell’anima per liberarla dai limiti degli umani sensi, ma nell’intraprendere un percorso inverso, in cui i sensi vengono raffinati e potenziati attraverso pratiche dionisiache per accedere al senso di tutto. A pensarci bene la sua trama ricorda per certi versi Doppio sogno di Arthur Schnitzler. Anche in questa opera contemporanea il rito dionisiaco rappresenta l’avvio di un percorso iniziatico di conoscenza di sé stessi e di approfondimento della propria esistenza. Solo che nel 1907, anno di stesura del libro austriaco (poi pubblicato nel ’25), i viaggi alla ricerca di un senso si muovevano verso un’introspezione psicanalitica che poco aveva a che fare con l’idea di una natura benevola e idilliaca. Tanto per ribadire l’affinità tra le due opere, è interessante riportare la dicitura precisa del titolo dell’opera rinascimentale riportata nella ristampa del 1545: La Hypnerotomachia di Poliphilo, cioè pugna d’amore in sogno. Dov’egli mostra, che tutte le cose humane non sono altro che Sogno, et dove narra molt’altre cose degne di cognitione.

Un dubbio da dipanare su questa opera riguarda quindi la scelta della pubblicazione. A chi era diretto questo libro? Chi e quanti furono gli acquirenti o i destinatari di un testo così ostico e peculiare? Interessante a proposito il fatto che l’opera sia una delle poche a non essere stata dedicata dallo stesso tipografo. Nelle prime pagine è infatti impressa la dedica di un certo Leonardo Grassi di Verona, probabile committente, che la indirizza a Guidobaldo di Montefeltro, urbinate, noto ai più come figlio di Federico da Montefeltro.

Enigma n° 2 – L’autore

A cose normali è facile individuare l’autore di un libro: è il nome scritto vicino al titolo. Nel caso dell’Hypnerotomachia Poliphili (e sia benedetto Larry Tesler, inventore del copia-incolla) invece no: nessun nome vicino al suo titolo. Così nel tempo si sono sviluppate diverse ipotesi: Leon Battista AlbertiPico della Mirandola, Lorenzo de Medici o lo stesso Aldo Manuzio. Poi qualcuno si è accorto che le iniziali dei 38 capitoli formavano un acrostico che recita: POLIAM FRATER FRANCISCVS COLVMNA PERAMAVIT (“frate Francesco Colonna amò intensamente Polia“), e allora questo Francesco Colonna è stato eletto a probabile autore dell’opera.
Già, ma Francesco Colonna chi, o meglio quale? Dei due conosciuti, uno faceva il frate domenicano a Venezia e l’altro il nobile romano. A dispetto del tono pagano dell’opera, la paternità del frate originario di Treviso è prevalsa su quella del signore di Palestrina, aprendo tuttavia la strada ad ulteriori misteri. Perché un frate domenicano si sarebbe messo a comporre un romanzo allegorico di chiaro stampo pagano? E perché Leonardo Grassi (sebbene veneto come il frate) si sarebbe preso la briga di promuoverne la pubblicazione? E i Montefeltro di Urbino in tutto ciò che ci azzeccano?

Enigma n° 3 – Le illustrazioni

E non finisce qui, come avrebbe detto Corrado Mantoni. Una delle caratteristiche più affascinanti dell’opera è costituita dal suo corredo grafico: 170 illustrazioni xilografiche testimoniano un’incredibile padronanza tecnica del disegno e dell’incisione su legno. Per farsi un’idea del grado di qualità raggiunto da questa tecnica è sufficiente confrontarle con quelle che decoravano le Meditationes di Juan de Torquemada, primo libro a caratteri mobili della storia ad essere corredato di illustrazioni. Le immagini dell’Hypnerotomachia sono tuttavia tanto belle quanto anonime: chi le ha realizzate? Nessuna informazione può essere dedotta dal testo e così, anche in questo caso, sono fioccate le attribuzioni. Tra cui Pinturicchio, Carpaccio, Mantegna e Bellini, mica Pippo e Paperino. Altri nomi meno noti – e forse anche per questo più attendibili – sono quelli di Benedetto Bordon o dell’anonimo Secondo Maestro del Canzoniere Grifo. Non sappiamo di preciso quale mano le abbia prodotte ma possiamo raccomandarvi, come spesso facciamo, di sfogliare digitalmente l’opera, per lasciarvi prendere dal più bel viaggio sapienzale che l’editoria abbia prodotto.

Per chi invece volesse acquistare un pezzo di storia dell’editoria (ristampato di fresco):

Ristampa Adelphi

FONTE:http://ingegnografico.com/hypnerotomachia-poliphili-il-libro-bello-e-impossibile/

 

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

I giornali che ricevono contributi pubblici per il 2019

Il governo ha pubblicato la lista della prima rata, che riguarda le stesse testate dell’anno precedente

Il sottosegretario all’Editoria Andrea Martella in un’edicola romana lo scorso gennaio (Cecilia Fabiano/LaPresse)

Il Dipartimento per l’informazione e per l’editoria del governo ha pubblicato il mese scorso la lista dei giornali a cui è stato assegnato un contributo pubblico per l’anno 2019 in base alle regole di legge e per cui è stato avviato il pagamento di una rata di anticipo. Le testate indicate sono 105, per un totale di 34 milioni di euro di anticipi.  In questa tranche 9 testate riceveranno più di un milione di euro ciascuna.

Rispetto alla lista pubblica dei contributi per il 2018 messa online lo scorso marzo (che aveva reintegrato tra i destinatari alcune testate che sembravano essere state escluse dalla prima rata 2018), non sembrano esserci novità sensibili: le cifre sono minori perché si tratta di un anticipo, parziale. Queste sono le prime quindici testate per contributo assegnato.

Dolomiten 2.899.696,66 euro
Famiglia cristiana 2.815.239,58 euro
Libero quotidiano 2.600.223,29 euro
Avvenire 2.557.870,25 euro
Italia oggi 1.877.056,37 euro
Il manifesto 1.434.759,70 euro
Il quotidiano del Sud 1.384.405,97 euro
Cronacaqui.it 1.094.093,15 euro
Corriere Romagna 1.060.843,66 euro
Il Foglio 834.793,66 euro
Primorski dnevnik 762.322,00 euro
Editoriale oggi 746.907,17 euro
Il Cittadino 675.607,59 euro
Cronache di (Libra editrice) 640.524,69 euro
Quotidiano di Sicilia 507.915,15 euro

Il Dolomiten è un quotidiano in lingua tedesca della provincia autonoma di Bolzano, mentre il Primorsky Dnevnik è un quotidiano della minoranza slovena pubblicato a Trieste. I contributi sono erogati in base a una serie di calcoli che tengono conto dei costi sostenuti dal giornale e della sua diffusione, calcoli che favoriscono i gruppi di medie dimensioni, con costi e diffusioni rilevanti.

– Leggi anche: Il problema con i soldi pubblici ai giornali

La legge sui contributi esclude invece tutti i grandi quotidiani nazionali, come RepubblicaCorriere della Sera e Stampa. Ma ci sono alcune eccezioni per i quotidiani di medie dimensioni, fra cui Avvenire e Libero. I grandi gruppi, e tutti gli altri, usufruiscono invece dei contributi indiretti alla stampa, per esempio gli sconti sull’acquisto della carta. Anche questi contributi si sono ridotti moltissimo nel corso degli anni e oggi ammontano a pochi milioni di euro. Quasi tutti i grandi gruppi editoriali sfruttano questa forma di contributi, anche se ormai non sono particolarmente rilevanti per i loro bilanci. Nel bilancio 2018 del gruppo RCS, che pubblica il Corriere della Sera, i contributi erano indicati allo 0,5 per cento del totale dei ricavi.

– Leggi anche: Come mai Avvenire va bene

La lista dell’anticipo dei contributi è stata segnalata dalla newsletter del sito Data Media Hub, che già l’anno passato aveva criticato la scarsa pubblicità data a questi dati e alcune contraddizioni nei criteri delle assegnazioni (venendo accusato a sua volta di simpatie per le campagne anti-giornali del M5S), ed è tornato a farlo quest’anno.

Ricompare pure ItaliaOggi, altra testata molto border line, diciamo, in quanto ad effettiva titolarietà a ricevere contributi diretti visto che di fatto rientra nel portfolio delle testate di Class Editori, società quotata in borsa, seppure scientemente, non a caso di certo, sia stata eliminata dall’elenco dei quotidiani del gruppo, mentre in precedenza era presente.

Ma basta visitare il sito del quotidiano economico-finanziario [al fondo dell’home page] per scoprire che la mail di contatto è dpo@class.it, oppure vedere la sezione dedicata agli abbonamenti di Class Editori per trovare il quotidiano giallo tra quelli a cui è possibile sottoscrivere un abbonamento. Siamo ormai al gioco delle tre tavolette, ad essere benevoli.

Resta Libero, di proprietà di fatto della famiglia Angelucci, che ha in portfolio anche altre testate, ed è tutto tranne che una cooperativa di giornalisti, come noto. Con il paradosso del “caso Feltri”, non solo diffidato da AGCOM per le sue affermazioni razziste durante un talk show, ma anche in fuga dall’Ordine dei Giornalisti, per non sottostare alle regole di deontologia professionale, che non è più dunque il direttore, non potendolo più essere, almeno formalmente, ma diviene fondatore, quale è, del quotidiano in questione, come spicca sulla prima pagina da qualche giorno.

Altro caso, come abbiamo già segnalato in precedenza, è quello di Dolomiten, il cui gruppo editoriale proprietario della testata controlla anche tutti gli altri quotidiani della regione. Cosa questa che non è certamente una buona notizia per il pluralismo che i finanziamenti, in linea di principio, dovrebbero sostenere. Quotidiano che peraltro, stando agli ultimi dati disponibili [ADS Aprile 2020] realizza l’80.7% delle proprie vendite in abbonamento, e perciò dovrebbe avere una buona stabilità di ricavi.

Il finanziamento diretto all’editoria ha uno scopo preciso e limitato: sostenere il pluralismo dell’informazione aiutando in particolare le piccole testate locali, quelle delle minoranze linguistiche e quelle indipendenti, come in teoria dovrebbero essere quelle edite da cooperative di giornalisti. Un tempo i finanziamenti sostenevano anche i giornali di partito, ma quest’aspetto della legge è stato soppresso. In tutto sette tipologie differenti di periodici e quotidiani hanno diritto ai finanziamenti.

  1. Cooperative giornalistiche che editano quotidiani e periodici;
  2. Imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale è detenuto in misura maggioritaria da cooperative, fondazioni o enti senza fini di lucro;
  3. Enti senza fini di lucro ovvero imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale è interamente detenuto da tali enti;
  4. Imprese editrici che editano quotidiani e periodici espressione di minoranze linguistiche;
  5. Imprese editrici, enti ed associazioni che editano periodici per non vedenti e ipovedenti;
  6. Associazioni dei consumatori che editano periodici in materia di tutela del consumatore, iscritte nell’elenco istituito dal Codice del consumo;
  7. Imprese editrici di quotidiani e di periodici italiani editi e diffusi all’estero o editi in Italia e diffusi prevalentemente all’estero.

FONTE:https://www.ilpost.it/2020/07/05/giornali-contributi-pubblici-2019/

 

 

 

IMMIGRAZIONI

Se Salvini chiude i porti, è sequestro di persona,
se lo fa Lamorgese, è giusto.
L’ipocrisia della sinistra

Di 5 Luglio 2020

Fin dal suo insediamento obiettivo dichiarato di questo governo era la cancellazione dei decreti sicurezza tanto cari all’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, per combattere il quale Pd e M5s hanno dato vita tra agosto e settembre del 2019 a questo forzato concubinato.

I decreti però nel corso di un anno non solo non sono stati abrogati, sebbene continuiamo ad accogliere centinaia di migranti a ritmo giornaliero, ma i giallorossi addirittura se ne servono e da venerdì tengono in mare, a largo della costa sud-orientale sicula, 180 migranti a bordo della nave Ocean Viking a cui negano l’approdo.

Specifichiamo mille volte che noi non abbiamo nulla da obiettare: non possiamo spalancare le braccia a tutti, anzi sarebbe opportuno fare sapere alle Ong che l’Italia non è più disposta a farsi carico di migliaia di migranti, tanto più che siamo alle prese con una grave crisi economica e con i postumi di una epidemia ancora non del tutto spenta.

Tuttavia, l’ipocrisia della sinistra è tanto stupefacente che merita di essere messa in luce: se Salvini non accoglie è un mostro, se Luciana Lamorgese non accoglie, pazienza. I democratici muti, i cinquestelle altrettanto. Dei 180 africani che sono in mare da giorni, in fondo, chi se ne frega?! Erano importanti soltanto quando servivano per denigrare il leader della Lega tacciandolo di disumanità.

Domani gli immigrati, che in queste ore verranno sottoposti all’esame del tampone per verificare se siano o meno positivi al coronavirus, verranno trasferiti sulla nave-quarantena Moby Zaza. Sbattuti da un’imbarcazione all’altra. Insomma, restano in acqua, costretti in mare.

Ma – attenzione – in questo caso non si tratta di sequestro di persona, Lamorgese non viene indagata, il Papa non si scaglia in difesa dei clandestini, il Pd non si indigna. Se è Salvini a chiudere i porti, questi è un razzista, un fascista, un criminale, una bestia spietata. Se è la sinistra a farlo, va tutto bene. Nessuna reazione da parte dei solini dell’accoglienza a tutti i costi.

Regna uno strano vergognoso silenzio.

FONTE:https://www.lafinestradiazzurra.it/se-salvini-chiude-i-porti-e-sequestro-di-persona-se-lo-fa-lamorgese-e-giusto-lipocrisia-della-sinistra/

 

 

 

Solito metodo di ricatto usato dalle ONG

Marco Gervasoni – 6 LUGLIO 2020

FONTE: www.facebook.com/marcogervasoni 

 

 

 

Conte accontenta di nuovo le Ong: Ocean Viking sbarca 180 clandestini

Siamo alle solite, il governo giallofucsia spalanca i porti alle Ong, nonostante il continuo rischio di importare nuovi focolai di coronavirus via mare. Dopo il no di Malta e la consueta manfrina secondo cui a bordo ci fossero immigrati pronti a suicidarsi nel caso non venissero subito sbarcati, la Ocean Viking sta per scaricare 180 clandestini a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento. Il tutto mentre ancora non si conosce l’esito dei tamponi per il coronavirus per chi è a bordo. Nel dettaglio, si tratta di 60 immigrati irregolari provenienti dal Bangladesh, 3 del Camerun, 17 egiziani, 11 eritrei, 6 del Ghana, 1 ivoriano e 1 del Mali, 11 del Marocco, 46 Pakistani, 16 tunisini, 1 nigeriano, 4 del Sudan del Sud e 3 del Sudan del Nord. Gli immigrati verranno trasferiti sullanave-quarantena Moby Zazà per l’isolamento prima dello sbarco.

La Ong Sos Méditerranée ha pure da ridire

Nonostante il governo Conte si sia piegato alla Ong, l’equipaggio della Ocean Viking ha avuto comunque da ridire: “L’inutile ritardo di questo sbarco ha messo a rischio la vita dei migranti. Negli ultimi giorni, la Ue ha taciuto. Non abbiamo visto alcuna iniziativa per riavviare l’accordo di Malta per il trasferimento delle persone soccorse – lamenta la Ong Sos Méditerranée -. Non c’è stato alcun segno di solidarietà con gli Stati costieri”. Ritardo tanto grave che si è temuto il peggio, sottolinea la Ong: “Il medico che è stato sulla Ocean Viking sabato ha confermato la nostra valutazione nel suo rapporto ufficiale alle autorità: ‘Sono stato in grado di vedere un enorme disagio psicologico sulla nave tale da considerare la situazione quasi fuori controllo, per gli ospiti e l’equipaggio’”.

Zingaretti: “Bene sbarco ma in futuro si deve essere più tempestivi”

Dal canto suo, il segretario del Pd Nicola Zingaretti plaude allo sbarco, sottolineando anche lui che si sarebbe potuto agire più in fretta: “Bene Ocean Viking. Finalmente, in futuro si deve essere più tempestivi. Ma bene. I problemi si risolvono non si cavalcano, soprattutto quando si tratta di vite umane”.

Salvini: “Altri 180 clandestini da far sbarcare e mantenere a carico degli italiani Che schifo”

“Minacciano il suicidio… e il governo apre subito le porte ai 180 clandestini dalla Ong norvegese. Saranno ospitati sulla confortevole nave Moby Zaza a spese degli italiani e poi sbarcati”. E’ il commento di Matteo Salvini su Facebook. “Siamo arrivati ai ricatti? Trafficanti di schiavi e mangioni dell’accoglienza gioiscono, tornano i bei tempi! Che schifo“, attacca il leader della Lega. “Credo che nelle 7 regioni al voto in settembre gli italiani daranno il giusto ‘ringraziamento’ a Pd e 5 Stelle, oltre che incapaci mai visti mettono a rischio ogni giorno di più la sicurezza e la salute degli italiani. Altri 180 da far sbarcare (e mantenere) a carico degli italiani. Ma i soldi per aiutare tutti i disabili non ci sono… governo vergognoso. #portichiusi” conclude Salvini.

Varchi (FdI): “Blocco navale unica soluzione”

Contro il governo giallofucsia filo Ong si scaglia anche Carolina Varchi di Fratelli d’Italia, capogruppo in commissione Giustizia alla Camera. “Preoccupato che la lotta intestina che dilania le diverse sinistre al governo possa mettere a repentaglio la sua poltrona, Conte cede alla prepotenza delle Ong e fa sbarcare in Italia altri 180 immigrati che Francia e Malta non hanno voluto. Il grido di allarme del sindaco di Porto Empedocle è emblematico e ben rappresenta le preoccupazioni della Sicilia intera: possibile che questo sia l’unico porto sicuro? E perché si fanno sbarcare quasi 200 persone senza aver atteso il risultato dei tamponi, peraltro eseguiti da 5 medici dell’Asp e 2 dell’Usmaf in perenne carenza di organico?”, è l’accusa. “La vita degli italiani non vale meno di quella degli immigrati. L’Italia e i siciliani sono stanchi del doppiopesismo di questo governo. Il blocco navale che chiede Fratelli d’Italia era e rimane l’unica soluzione per evitare le morti in mare e il traffico di esseri umani”, conclude la Varchi.

Adolfo Spezzaferro

FONTE:https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/conte-ong-ocean-viking-180-clandestini-162033/

 

 

 

LA LINGUA SALVATA

Pnr, Sgarbi “Cina nostro modello”/ “Dopo 2 minuti di bozza già ti girano i coglio*i!”

 – Niccolò Magnani

Vittorio Sgarbi contesta il Piano Nazionale di Riforma (Pnr) del Governo “dopo 2 minuti di lettura della bozza già mi girano i coglio*i”

Vittorio Sgarbi Camera lapresse 2020
Vittorio Sgarbi alla Camera (Foto LaPresse)

L’Ansa è venuta in possesso della bozza del Piano Nazionale di Riforma presentato dal Governo e pronto ad andare in Consiglio dei Ministri in settimana e la reazione di molti parlamentari già non è dei migliori: Vittorio Sgarbi ad esempio nel commentare il Pnr non usa – come di consueto – mezzi termini per giudicare il contenuto del piano di Conte che sarà la base del Recovery Fund italiano dei prossimi mesi. «Il Governo ha presentato il PNR, “Piano nazionale di riforma” (ormai, si sa, il nostro modello è la Cina). Ho dato una rapida lettura, tramite le agenzie di stampa, alla bozza. Già dopo due minuti ti girano i coglioni», scrive il critico d’arte più famoso e discusso d’Italia. I tre punti cardine del Pnr sono resi espliciti da Gualtieri ma riflettono quelli già emersi negli Stati generali di Conte: «Modernizzazione del Paese, transizione ecologica e inclusione sociale e territoriale e parità di genere». Le risorse messe in campo dal Governo puntano sulla riforma del fisco, le semplificazioni, il salario minimo, lotta all’evasione, spending review e Recovery Fund europeo: ecco, secondo Sgarbi il pacchetto presentato per ora solo in bozza dal Governo è tutt’altro che “accettabile”.

SGARBI “NON SANNO NEANCHE SCRIVERE IN ITALIANO…”

«Le parole che ricorrono sono, in ordine, “tax gap”, “dumping fiscale”, “voucher”, “lifelong learning”, “compliance volontaria”, “family act” e via dicendo», scrive ancora Sgarbi su Facebook contestando il Piano Nazionale di Riforma, «con espressioni vacue quali “modernizzazione del Paese”, “transizione ecologica” (cosa vorrà mai dire?), “inclusione sociale e territoriale” e bla bla bla».

Il concetto della polemica è chiaro: «siamo messi proprio male. Come puoi proporti di migliorare l’Italia se non riesci nemmeno a scrivere in italiano?».

Nei prossimi giorni la bozza diverrà pubblica e “incardinata” dal Consiglio dei Ministri, con il titolare del Mef Roberto Gualtieri che nel presentare il testo scrive «Durante la fase più acuta della crisi, il Governo è intervenuto con misure di grande ampiezza e portata economico-finanziaria onde contrastare i devastanti effetti economici dell’epidemia COVID-19 e limitare al massimo i danni per il tessuto sociale ed economico». Un piano ancora tutto da definire con i macro-punti stilati già prima degli Stati generali ma che necessitano di dati su risorse, spendibilità, applicabilità nell’immediato e concordanza tra le forze di maggioranza.

FONTE:https://www.ilsussidiario.net/news/pnr-sgarbi-cina-nostro-modello-dopo-2-minuti-di-bozza-gia-ti-girano-i-coglioi/2044792/

 

 

 

LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

La rivoluzione colorata neoliberista in America per far eleggere Biden

DI KURT NIMMO

kurtnimmo.blog

I democratici neoliberisti sfruttano il BLM per far eleggere Biden.

Le proteste, i disordini, le azioni violente e non violente che attraversano gli Stati Uniti dal 25 maggio, compreso un assalto alle porte della Casa Bianca, iniziano a dare un senso quando comprendiamo lo schema di gioco della Rivoluzione colorata della CIA”, scrive un ricercatore economico, storico e giornalista freelance F. William Engdahl. 

Engdahl viola quindi le connessioni tra Black Lives Matter, un’organizzazione socialista, ed  Open Society Foundations di George Soros, Ford Foundation (come precedentemente notato, un’organizzazione di facciata della CIA), Foundation for Promote Open Society, Borealis Philanthropy, Kellogg Foundation, Ben & Jerry’s Foundation e Heinz Foundation (John Kerry). 

A seguito dell’omicidio di George Floyd “grandi società come Apple, Disney, Nike e centinaia di altre potrebbero versare milioni non dichiarati e non contabilizzati in ActBlue sotto il nome di Black Lives Matter, fondi che in realtà possono andare a finanziare l’elezione di un Presidente democratico, Biden.”

BLM fa parte del Movement for Black Lives Coalition (M4BL), una sezione creata dalla Ford Foundation, in altre parole, la CIA. Ha richiesto “l’interruzione dei finanziamenti ai dipartimenti di polizia, risarcimenti per le ingiustizie basate sulla razza, diritto di voto per immigranti clandestini, eliminazione dei combustibili fossili, fine dell’istruzione privata e scuole autonome, un reddito di base universale e college gratuiti per i neri”, secondo il programma pubblicato sul loro sito web. 

Come sottolinea Engdahl, B4BL e BLM sono strutture controllate dai democratici. Ricevono denaro da ActBlue Charities, un’organizzazione “progressista” che opera a sostegno della campagna di Joe Biden. “ActBlue è un’organizzazione pass-through e un servizio per donazioni a organizzazioni no profit e PAC di sinistra”, osserva InfluenceWatch .

B4BL prende denaro da Google (anch’esso collegato alla CIA )  e da una serie di sindacati, tra cui la Federazione americana degli impiegati statali, funzionari di contea e comunali e il Comitato AFL-CIO per l’educazione politica.

Un articolo pubblicato nel 2009 da Human Events afferma che nonostante “il suo aspetto abbattuto, ActBlue è spumeggiante per le sue pretese elitarie, caratteristica della sinistra moderna. I principi alla moda della campagna dei “grassroots“, del blaterare degli intellettuali e della loro pseudo-freddezza  filtrata attraverso gli slogan, le descrizioni e le tematiche del sito web [ActBlue] “.

Come sottolinea Engdahl, il “ruolo delle fondazioni esenti da tasse legate alle fortune delle più grandi società industriali e finanziarie come Rockefeller, Ford, Kellogg, Hewlett e Soros, ha un programma molto più profondo e molto più sinistro per i disordini attuali di quanto l’indignazione spontanea suggerirebbe. ”

I fondatori di BLM ammettono di essere rivoluzionari marxisti determinati a distruggere il capitalismo (non più riconoscibile come tale).

“La piattaforma politica proposta da BLM nel mese di agosto [2016] … richiedeva la proprietà collettiva di risorse, banche e imprese, un’imposta sul reddito altamente progressiva, un reddito minimo garantito e posti di lavoro governativi, tutto copiato direttamente dalle pagine del Manifesto Comunista di Karl Marx”, scrive Thurston Powers . “BLM ha semplicemente sostituito il conflitto di classe di Marx tra proletariato e borghesia col conflitto razziale tra nero e bianco”.

La dicotomia nero contro bianco crea una classe nemica permanente, cui la rivolta resta sempre insoddisfatta. E a differenza della coscienza di classe del proletariato, la coscienza di razza esiste già, rendendo più facile la mobilitazione. Lo si può vedere nei commenti di un manifestante di Milwaukee: “Non vogliamo più giustizia o pace. Abbiamo finito con quella merda. Vogliamo sangue. Vogliamo sangue. Vogliamo la stessa merda che vorrai tu. Occhio per occhio. Niente più pace. F-k tutto ciò. Non c’è più pace. Non c’è più pace. Abbiamo deciso. Non possiamo convivere con i bianchi, uno di noi deve andarsene, bianco o nero. Dovrà andarsene!

Non ha senso credere che le società e le banche transnazionali che ora finanziano i BLM possano allinearsi alla retorica marxista e agli obiettivi del BLM, vale a dire che  stiano sostenendo la propria distruzione come fossero “cattive imprese capitaliste”. 

BLM e i suoi leader marxisti verranno scaricati dopo che Biden avrà vinto le elezioni. O il BLM si conformerà alla mascherata democratica – una faccia più gentile e garbata, verniciata sul progetto neoliberista – o diventerà irrilevante, per la sua politica a partito unico,  imposta al  popolo americano dai media di propaganda corporativa. 

Dopo la vittoria di Biden, BLM dovrebbe dirigersi verso le gradinate dove sarà loro richiesto di festeggiare la “diversità”, che è fondamentalmente un altro meccanismo di controllo delle élite al potere. 

Invece, andranno in piazza. 

 

Kurt Nimmo

24.06.2020

Linkhttps://kurtnimmo.blog/2020/06/24/blm-and-the-neoliberal-color-revolution-in-america/

FONTE:https://comedonchisciotte.org/la-rivoluzione-colorata-neoliberista-in-america-per-far-eleggere-biden/

SINDACI “VERDI” IN FRANCIA? UTOPISTI NEMICI DELLA CULTURA

 

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La Francia ha visto una vittoria elettorale dei verdi alle amministrative, con grandi città come Marsiglia, Strasburgo, Poitiers o Lione passate sotto il loro controllo. Un fenomeno che in parte è dovuto alla  loro crescita numerica, ma in gran parte è dovuto alla divisione del centro-destra francese, diviso fra gollisti, LREM, Rassemblement National e Moderati, e dalla confusione nella sinistra. Se almeno parte della centrodestra si fosse unito, soprattutto a Marsiglia, il sindaco sarebbe stato di un colore completamente diverso, una lezione che andrà a favore della prossima tornata elettorale.

Ora i Verdi sono chiamati a passare all’azione , e cosa c’è da aspettarsi dal loro governo ? Le premesse non sono molto buone. Se uno analizza il programma dell’EELV (Europe Ecologie Les Verts, la sigla ufficiale dei verdi francesi) trova tante cose: la sezione “Small Party, Big Ideas” tratta di animali e natura. donne, pace, Europa e giustizia sociale, ma non di cultura. Nelle elezioni presidenziali del 2017, i Verdi hanno presentato un elenco di priorità sulle quali è apparsa solo al trentesimo posto: “Cultura per tutti. L’uno per cento del bilancio statale per la cultura ”. Un po’ poco per un partito che vorrebbe cambiare la Francia.

Se analizziamo quello che è il programma realizzato o proposto dai sindaci andiamo anche peggio: il sindaco di Grenoble, Eric Piolle  ha  vietato i manifesti e reso Grenoble la prima città senza pubblicità in Europa, ma i manifesti spesso finanziavano glie eventi culturali. Ha tagliato i sussidi urbani per i “Musiciens du Louvre” diretti da Marc Minkowski e ha ridotto il contributo per la rinomata “Maison de la Culture”. Una sala da concerto e due biblioteche sono addirittura state chiuse. Piolle ha creato un festival di arte di strada e una fiera del divertimento, ma anche a chiuso le biblioteche, un discreto schiaffo alla diffusione di una cultura che non sia quella orale di strada . Il regista e drammaturgo Joël Pommerat ha criticato questa nuova politica culturale come “populista e liberale”, vale a dire bassa e commerciale, ma dubitiamo fortemente che Marine Le Pen avrebbe chiuso una biblioteca.

Grégory Doucet, il nuovo sindaco di Lione, vuole solo cibo biologico da servire nelle scuole di cui la metà deve essere ottenuta da produttori locali, peccato che solo il sei percento degli agricoltori fa a meno dei prodotti chimici per cui il nuovo menù delle mense potrebbe essere improntato sulla dieta. Vorrebbe una città a “Misura di bambino” senza auto vicino a scuole e case, con evidentemente i  genitori che si teletrasporteranno al lavoro o, semplicemente, andranno a vivere altrove.  Per la cultura la promesso 4 milioni di euro di maggiori investimenti per superare l’emergenza COVID, ma Nathalie Perrin-Gilbert , nuovo capo del dipartimento culturale proveniente dalla sinistra estrema, parla solo di “Redistribuzione”. A farne le spese sarebbe l’Opera,i cui palcoscenici sono considerati troppo costosi e che subirebbe dei tagli consistenti. Un’aria simile tira anche a Marsiglia ed a Strasburgo, perchè per i Verdi l’Opera è vista come un qualcosa di elitario e di lontano da popolo, semplicemente perchè spesso NON viene fatta ascoltare al popolo. Su Youtube c’è un’ampia collezione di video di persone musicalmente illetterate che rimangono sena parola quando ascoltano l’Opera (quella buona…) per la prima volta. Però Lione progetta “La proprietà generale dei diritti culturali”, il che sarebbe bellissimo, se la cultura, di per se, non fosse anche conoscenza e non si può conoscere una cosa se non si ammira o non si ascolta.

Insomma la Francia si avvia a perdere la sua guida culturale dell’Europa in mano ad un’amministrazione verdina che svilupperà molti festival di strada, ma poche manifestazioni di qualità. Saranno contenti i saltimbanchi, mangiafuoco e clown, di cui abbiamo un vario assortimento anche in Italia.

FONTE:https://scenarieconomici.it/sindaci-verdi-in-francia-utopisti-nemici-della-cultura/

 

 

 

POLITICA

Quelli che si ribellano al Pensiero unico

VIDEO QUI: https://youtu.be/1su-LSg-6Bs

FONTE:https://www.nicolaporro.it/zuppa-di-porro/quelli-che-si-ribellano-al-pensiero-unico/

Piano nazionale di riforme: cos’è e cosa prevede

Il Governo presenta il Piano nazionale di riforme con novità su fisco, evasione e investimenti sulla Scuola, si discute anche di salario minimo e potenziamento della didattica a distanza. Ecco cosa contiene il documento.

Piano nazionale di riforme: cos'è e cosa prevede

Pronto il Piano nazionale di riforma (PNR), il documento che accompagna il DEF, nel quale il Governo elenca i punti e gli obiettivi della politica italiana per il prossimo triennio. Il Piano prevede importanti novità in materia di:

  • lotta all’evasione fiscale;
  • riforma del fisco, con abbattimento delle imposte dirette;
  • salario minimo;
  • rilancio della Scuola, sia con investimenti strutturali che potenziando la didattica a distanza.

Il testo potrebbe approdare in Consiglio dei Ministri tra oggi e domani per la stesura definita. Obiettivo prioritario – come ha dichiarato il Ministro Gualtieri – è “ridurre il tax gap con il miglioramento della qualità dei controlli”senza condoni.

Le misure previste dal Piano nazionale di riforme saranno sostenute dal Recovery Fund e si racchiudono in tre macro-categorie, che sono poi i “pilastri” del documento: modernizzazione del Paese, attenzione all’ecologia e parità di genere; sulla stessa linea il Governo è al lavoro anche sul Dl Semplificazioni, di cui a breve si avrà la versione definitiva.

Piano nazionale di riforme e DEF

Per l’Italia si prospettano anni di grande attenzione all’economia per favorire la ripresa dopo la gravissima crisi post-coronavirus. Spunta la prima bozza del PNR, un documento che si accompagna al DEF nel quale sono contenute le linee guide da attuare in campo economico nei prossimi anni, in altre parole le strategie economico-politiche da finanziare grazie ai fondi di Bruxelles e da presentare a breve in Commissione europea.

Presto ne avremo la versione definitiva: il Piano nazionale di riforme dovrebbe approdare in Cdm tra lunedì e martedì e in questa sede sarà definita la versione finale. Per Gualtieri il PNR è una questione della massima urgenza.

Stretta all’evasione fiscale, ma senza condoni

Il Governo punta tutto sull’incremento dell’efficacia della riscossione scartando l’idea di nuovi condoni.

Invece si lavora all’alleggerimento della pressione fiscale; anzi nella bozza del PNR si legge che è in arrivo una riforma organica della tassazione diretta e indiretta: lo scopo è ridurre il cuneo fiscale sul ceto medio e le famiglie numerose.

Salario minimo

Grande novità potrebbe essere l’introduzione del salario minimo “Per rendere più dignitosa la condizione dei lavoratori con salari sotto la soglia di povertà e per aggredire i fenomeni di dumping salariale il governo proporrà, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, una graduale introduzione di un salario minimo orario collegato alla contrattazione collettiva nazionale”.

L’obiettivo è stabilire un salario minimo su base oraria fissato nei CCNL e inderogabile (come è previsto in altri 22 Stati membri dell’Ue).

Scuola: investimenti per 3 miliardi di euro

La Scuola è uno degli argomenti centrali del Piano nazionale riforme, in particolare il testo si concentra sugli investimenti futuri per la messa in sicurezza degli edifici e la creazione di nuovi spazi: 3 miliardi di euro da spendere per adeguamento sismico, nuovi laboratori, manutenzione, efficientamento energetico ed altro.

Forte impulso anche alla informatizzazione degli Istituti: secondo il Piano entro due anni tutte le scuole statali superiori e medie saranno dotate di fibra ottica e quindi adeguate alla didattica online, anche da remoto.

La didattica a distanza

FONTE:https://www.money.it/piano-nazionale-riforme-cos-e-cosa-prevede

La differenza tra Liberale e Liberista

Perché ce l’hai sempre col pensiero neoliberista? A molti di quelli che fanno controinformazione sarà capitato tante volte di sentirsi fare questa domanda. Nel porla, però, quasi sempre chi la fa pensa al liberalismo e NON al liberismo, che sono due cose diverse, molto diverse. Proviamo a fare un po’ di chiarezza, premettendo, per onestà, che chi scrive non si definisce comunque nemmeno liberale.

Liberalismo e liberismo sono due “pensieri”, due filosofie, due economie. La distinzione principale venne preposta diversi lustri fa dal filosofo liberale Benedetto Croce di Pescasseroli in una nota polemica con il grande giurista e politico italiano Luigi Einaudi. La distinzione – è bene dirlo subito – è tutta italiana e non trova riscontri degni di nota, fuori dai confini nazionali. Come spesso accade, gli italiani ci hanno visto lungo e oggi non c’è alcun dubbio che liberalismo e liberismo siano istanze politico-economiche differenti, oserei dire radicalmente differenti.

Nel dettaglio, potremo dire che l’economia liberale, che si può far risalire a Locke e Smith, ma per alcuni aspetti anche a Calvino, nacque come istanza rivoluzionaria che intendeva offrire ai cittadini la possibilità di intraprendere iniziative economiche. L’uomo, dicevano costoro, gode tra i suoi diritti naturali anche della proprietà privata e, per estensione, della libertà dell’iniziativa economica senza vincoli di sorta.

Cosa diceva John Locke sulla proprietà privata, ad esempio?

Egli sosteneva che in natura l’uomo aveva diritto alla proprietà perché, anche in assenza di leggi e di organizzazioni statali, per il solo fatto di esercitare un lavoro, l’uomo si rendeva protagonista della modificazione di uno status della natura. Se un uomo, ad esempio, si arrampica su un albero per cogliere una mela, vivendo in un ipotetico mondo senza nazioni e organizzazioni sociali, allora egli avrà il diritto a possedere quella mela, perché senza la sua fatica, senza il suo sforzo di arrampicarsi – in altre parole: senza il suo lavoro – quella mela non avrebbe spontaneamente abbandonato l’albero e non sarebbe giunta tra le sue mani.

Qualora un uomo, dopo aver trovato in mezzo alla foresta un banale pezzo di legno, si adoperasse per modificarlo intagliandolo e levigandolo fino a farlo diventare un cucchiaio, è naturale – diceva Locke – che quel pezzo di legno modificato sarà poi di proprietà del suo artefice, perché senza il lavoro di quell’uomo, quel cucchiaio nemmeno esisterebbe.

Da questo assunto di base, Locke pone le basi del pensiero liberale fino agli sviluppi più precisi ed elaborati di Adam Smith e di David Ricardo. All’epoca di questi fini pensatori, al quale va tutto il mio rispetto, le condizioni interclassiste erano molto diverse da quelle attuali. Non vi era alcuna mobilità sociale, ad esempio, e il figlio del medico faceva il medico e quello del contadino il contadino. Punto.

Inoltre, le classi che oggi chiameremo borghesi erano tenute a mantenere le classi nobili, com’è noto, non solo attraverso tributi e oboli pagati alla proprietà “eminente” della terra, ma anche attraverso servizi di corvèe. In base a tali servizi obbligatori, capitava che uomini liberi erano tenuti ad eseguire tutta una serie di lavori di manutenzione sul territorio, da svolgere “aggratis” per il nobile locale. I nobili non erano tenuti al pagamento di tasse e avevano un loro sistema giuridico, più leggero di quello del popolo. Se inserito in questo contesto, il pensiero liberale trova una sua logica ed una sua esigenza razionale, tant’è che la rivoluzione francese stessa, sotto il profilo dei diritti civili, interessò tutti, ma sotto quello economico favorì in primis la borghesia (e anche a danno del mondo contadino). In altre parole, la Rivoluzione Francese fu una rivoluzione borghese, prima che una rivoluzione popolare. Lo Stato che i liberali allora combatterono facendo le barricate per le strade era uno Stato composto da nobili, non lo Stato così come noi (e i greci antichi) lo intendiamo oggi.

Il Liberismo, invece, è un pensiero profondamente antiliberale perché si basa sull’assunto che i cittadini non possano scegliere alcuna forma economica che sia diversa dalle forme spontanee del mercato.

Lo so che è difficilino da intendere, ma occorre avere pazienza.

Secondo i liberali alla Adam Smith il mercato si autoregola, nel senso che lasciando fare all’intraprendenza degli attori in gioco, le logiche interne al mercato porteranno a grandi benefici per tutti. Questo Smith lo diceva perché le ingerenze dello Stato all’epoca sembravano rallentare in concreto questo processo. Nulla di specifico Smith e altri teorici liberali sostenevano su cosa fare e dire e pensare nel caso in cui il mercato NON avesse portato benefici. Detto diversamente: i pensatori liberali vedevano che il mercato portava benefici se ad esso venivano tolti vincoli, perché questo era ciò che … all’epoca … avveniva effettivamente, essendo la ricchezza concentrata nelle mani del 2% di nobili. Nel caso l’economia del laissez faire e del laissez passer non avesse prodotto nulla di buono, loro non individuarono nulla di alternativo, perchè ciò non faceva parte della loro esperienza.

I liberisti del Novecento e di oggi, invece, sostengono che lo Stato deve garantire la libertà del mercato A PRESCINDERE, cioè indipendentemente, dalla riuscita o meno del libero scambio. In altre parole ancora, mentre i liberali sostengono il libero mercato perché ritengono che faccia crescere “un po’ tutti”, i liberisti non sostengono questo, anzi, sostengono che è giusto che i pochi sopravvivano e facciano profitto e che i molti no, e questo andrebbe garantito… rullo di tamburi: dallo STATO!!! (si, avete letto bene)

Attraverso controlli polizieschi, sacralizzazione dell’istituto dell’eredità (urca, che ideologia meritocratica!!!), controllo dell’informazione e ideologia accademica predisposta ad ammaestrare la classe dirigente, i liberisti ci vengono a dire che “loro” hanno scoperto l’ultima economia possibile, anzi l’unica, nonché, ovviamente, quella auspicabile. Se questo tipo di economia causa poi diversi danni economici ai più, dicono, è meglio, perché ciò vuol dire che apporta una giusta selezione. I neoliberisti, insomma, passano dall’economia che conviene a loro hic et nunc all’etica universale, come se nulla fosse. Come se, sulla questione, l’uomo non potesse dire e fare nulla! Come se il mercato non fosse composto da uomini, con le loro emozioni e passioni e aspettative, ma seguisse le stessi leggi della fisica, preciso e determinato  fatalisticamente non meno della caduta dei gravi o della termodinamica.

C’è almeno un punto che io condivido col pensiero liberale: la libertà economica è una precondizione per le altre libertà. La questione è controversa e complicata, ma allo stato attuale delle cose io la vedo così e, direi, su questo punto i liberali non sono nemmeno diversi da Karl Marx, seppur costui partisse da una prospettiva diversa.

L’economia è la struttura. Il resto sono sovrastrutture.

Per i liberisti, invece, l’economia crea condizioni di liberazione solo se è privata e individuale. Detto diversamente, se io e tu che mi leggi diventiamo ricchi e prosperi grazie a iniziative collettive, pianificate o comunitarie, non va bene. Staremo in tal caso “imbrogliando le leggi cosmiche”  di un Dio che invece di chiamare Manitù, loro chiamano Dio Mercato. Per costoro, noi dobbiamo prosperare SENZA iniziative collettive in campo economico. Quindi se lo Stato mette – dico a titolo di puro esempio – dei fondi per realizzare un acquedotto e un ingegnere viene assunto per progettarlo e a seguito di ciò si arricchisce, non va bene! Mentre va bene se si arricchisce progettando qualche stupidaggine usa e getta per uno stabilimento privato. Gli esempi potrebbero continuare praticamente all’infinito, ma avrete compreso che, mentre sono disposto a confrontarmi con i liberali, con i liberisti no.

Siccome propugnano un pensiero esclusivamente rivolto all’individuo, hanno elaborato una teoria del caos irrazionale e stupida e non meritano nessun rispetto (e la ritengono precisa come una legge della fisica, se non bastasse…)

Nulla, nella storia, è irreversibile.

(PS naturalmente le differenze tra liberali e liberisti sono molto numerose, qui si è tentata una brevissima sintesi.)

FONTE:http://micidial.it/2020/07/la-differenza-tra-liberale-e-liberista/

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

UNA NUOVA DITTATURA: L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

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29 giugno 2020
Dall’abolizione del contante, al transumanesimo del microchip sottocutaneo.
Segui la pagina “Artisti del pensiero” per tutti gli aggiornamenti. https://www.facebook.com/artistidelpe…

VIDEO QUI:https://www.youtube.com/watch?v=FcV2NNtRw9g

 

 

 

Supercomputer? Ma mi faccia il piacere! Prepariamoci alla rivoluzione quantistica

La corsa di IBM, Google e Honeywell per la produzione del miglior computer quantistico cambierà tutto. Ma siamo davvero pronti?

Un problema che un supercomputer avrebbe risolto in 10mila anni sarà risolto in soli 200 secondi. È questa la misura della rivoluzione tecnologica dei computer quantistici. Se tale risultato annunciato da Google nell’ottobre 2019 può destare scalpore, ancor più eccezionale è che tale potenza di calcolo sia già stata doppiata da un nuovo prodotto Honeywell. Il suo volume quantico, che misura le capacità computazionali e i tassi di errore dei computer quantistici, ha raggiunto l’inesplorata vetta di 64.

Secondo quanto dichiarato dal presidente Uttley, la multinazionale con sede in New Jersey sarebbe già pronta a mettere sul mercato il nuovo gioiellino dietro corrispettivo per l’utilizzo pari a 10mila dollari l’ora. Può sembrare tanto ma evidentemente non è così per le decine di aziende, tra cui JPMorgan, che sin da ora hanno prenotato per utilizzarlo intravedendo gli enormi vantaggi competitivi che se ne potrebbero trarre.

Come per la legge di Moore, che prevedeva un raddoppiamento del numero di transistor su microchip ogni 18 mesi, anche il mondo dei computer quantistici sta producendo una rapida curva di evoluzione. Pur non essendo stato prodotto ancora alcun enunciato confortato da dati, i principali player del settore ritengono di poter aumentare significativamente il volume quantico delle proprie macchine in breve tempo. Honeywell prevede di poter raggiungere il valore di 640mila entro il 2025.

Notizie del genere sono una manna dal cielo per chi immagina di far uso dei computer quantistici nei più disparati ambiti scientifici inquadrati nell’high performance computing. Preoccupati per la corsa al nuovo Graal digitale sono invece gli esperti di cybersecurity. Tutti i sistemi crittografici attualmente utilizzati da giganti come Whatsapp, Skype e Amazon Web Services potrebbero rivelarsi del tutto impotenti a fronte di attacchi condotti da computer quantistici.

Gli stessi Bitcoin, sinora ritenuti inviolabili, potrebbero essere soggetti a tentativi di furto. Dopo aver raggiunto il valore di quasi 17mila dollari per unità nel 2017, oggi sceso a 8mila dollari, si ritroverebbero azzerato il loro valore. Si stima che i 2500 qubit ritenuti necessari a rompere la protezione crittografica data dalla chiave a 256 bit possano essere raggiunti entro la prossima decade.

Di fronte ai possibili sconvolgimenti che si potrebbero determinare nel settore finanziario ma anche, come riferito in precedenza, in quello delle tecnologie dell’informazione, è dunque necessario un grande sforzo da parte dei protagonisti del mondo della cybersecurity. C’è ancora del tempo, non si sa precisamente quanto, per studiare nuovi algoritmi per la crittografia che siano in grado di fronteggiare questa nuova minaccia, ma bisogna partire subito.

FONTE:https://www.infosec.news/2020/07/06/news/supercomputer-ma-mi-faccia-il-piacere-prepariamoci-alla-rivoluzione-quantistica/

 

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