RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 4 NOVEMBRE 2021

FONTE: https://www.voltairenet.org/article214483.html

RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI

4 NOVEMBRE 2021

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Le idee migliori nascono dal dissenso.

VERA GHENO, Tienilo acceso, Longanesi, 2018, pag. 254

 

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SOMMARIO

Si scalda la quarta ondata. Segnatevelo, per le future balle che vi diranno
E ora, cos’altro potranno farci fare?
Barnard contro tutti: sapete qual è il vero complotto?
PUZZER LA BELVA UMANA
Il CDC USA cambia la definizione scientifica di “Vaccino” per coprire il Covid-19.
In “Squid Game” di Netflix la dittatura in corso
Gnostici con 200 miliardi
«Vi racconto tutti i segreti del diavolo»
METAMORFOSI SURRETTIZIA DELLO STATO DI DIRITTO IN STATO DI CONTROLLO
Dilagano le fake news sulla “bomba di contagi” a Trieste
Covid, Pregliasco: “Lockdown per non vaccinati opzione possibile e interessante”
Ora Israele deve fare i conti con la Russia
Piano di guerra “NWO” a RUSSIA e CONTRO-INFORMAZIONE.
Chi semina vento raccoglie tempesta…
“LE COSTITUZIONI”: LA REPUBBLICA DEMOCRATICA GERMANICA (VIDEO)
Il soft power dei media nella politica internazionale di cambiamento climatico
Report 1 novembre 2021: terza dose e DDL Zan in replica streaming e su Rai 3
George Soros fonda “Good Information Inc.”
Aumenti folli per pane e pasta: ecco tutti i rincari
La Russia taglia il gas a Germania e Polonia
Mps, il peccato originale: “Il Comune (e il partito) voleva tutto il controllo”
Mps: Europa si aspetta piano B, si torna a parlare del piano Isacco
Certificati anagrafe: dal 15 novembre gratis online
La guerra nel corno d’Africa rischia di far arrivare nuovi migranti
Taglio netto sulle pensioni: chi rischia il salasso
Ex festività (soppresse) in busta paga: quali sono nel 2021 e cosa spetta
SINDACO DI TRIESTE: I NO VAX COME I DISERTORI IN GUERRA
CHI E’ CONTRO
Non siate complottisti…
Così il Vaticano può “plasmare” la geopolitica dell’Indo-Pacifico
E’ tornato il comunismo
Scusate, non ho capito: qual è stato il successo del G20?
CHE COS’È LA COP
Il vizio dell’ipocrisia
Cos’è il Metaverso
Allarme: ricercatore denuncia gravi irregolarità nei trial del vaccino Pfizer
Pfizer ammise vax può essere dannoso per contatto
Uno studio di fase 1/2/3, controllato da placebo, randomizzato, osservatore in cieco
Facebook cambia nome: si chiamerà Meta. Che cosa c’è dietro
Navi, fanti e MAS: la Marina italiana nella Grande Guerra
Il conflitto dimenticato dei forti: storia segreta della Grande Guerra

 

 

 

IN EVIDENZA

Si scalda la quarta ondata. Segnatevelo, per le future balle che vi diranno

 

Diversi paesi europei stanno registrando una crescita molto rapida dei casi di covid-19 pur avendo tassi di vaccinazioni molto alti.

Alcuni giorni fa già aveva fatto notizia il Belgio, con un aumento del 50% dei casi in una settimana, e con un aumento dei ricoveri:

Ricordiamo che il tasso di vaccinazione della popolazione è superiore al 85%

Non è che i Paesi bassi si trovino di fronte a una situazione diversa:

Anche in questo caso abbiamo un importante aumento dei casi, 83,1% di completamente vaccinati, over 19 e 87% hanno almeno una singola dose;

Austria, che lo vuole re imporre il lockdown ai non vaccinati, come se loro soltanto si ammalassero…

L’Austria ha una percentuale della popolazione vaccinata , ma SUL TOTALE, minori compresi, del 65% , quindi sulla popolazione adolta è molto superiore…

Irlanda:

Oltre 80% dei maggiori di 18 anni è stata vaccinata in Irlanda.

 

Considerando quello che già sappiamo sul Regno Unito, dove il numero dei casi ha già raggiunto il picco dello scorso inverno, possiamo dedurre che, dal punto di vista dei contagi, più che il vaccino poté la situazione stagionale, che, per ora, ci favorisce. Della nostra posizione geografica però dobbiamo ringraziare il Buon Dio, non di sicuro Speranza. Quindi la stagione promette un aumento dei contagi.

Al contrario dei politici e degli pseudo scienziati deterministici, quelli delle soglie, del “dobbiamo superare il 60-70-80-90% di vaccinati”, salvo poi essere immediatamente smentiti dai fatti. Faccio solo delle considerazioni empiriche supportate dai dati e da quello che sta succedendo a paesi che hanno fatto scelte simili.  Ci sono delle eccezioni, certo, come la Svezia

Però la Svezia ha seguito una strada completamente diversa dalla nostra, che, per ora, non mostra quarte ondate.

Di chi sarà la colpa della quarta ondata quando arriverà?  cercasi capi espiatori, perché non vedrete mai nessun governativo, giornalista o burocrate fare la minima autocritica. Vedrete che il risultato  sarà lo stesso degli ultimi trenta anni: Il piano A ha fallito? la soluzione è più piano A. 

FONTE: https://scenarieconomici.it/si-scalda-la-quarta-ondata-segnatevelo-per-le-future-balle-che-vi-diranno/

E ora, cos’altro potranno farci fare?

… Se ci fanno fare questo, cosa altro potranno farci fare?

 la domanda sulla diabolicità del potere

… “sino a far sì che non sopravviva alcun libero pensiero, né più sussista alcuna riserva nei suoi confronti”

… ha indotto a vaccinarsi il 90 per cento di una popolazione che per il 90 per cento dei contagi non presentava sintomi

… non avendo questa disposizione alcun senso sanitario

… ricatto. Se vuoi fare questo o quello devi avere il green pass

… I sindacati stessi prendono parte al ricatto dei loro rappresentati

… obiettivo di “prendere in mano la produttività spirituale di un intero popolo”

… minimizzano e portano l’attenzione altrove, soprattutto sui “fascisti”

… Gli ordini professionali allontanano i medici dissenzienti, premi Nobel vengono diffamati

… cifre assolute senza esaminarle e si parla di tot morti senza dire di che cosa sono morti

… accettassero che per poter lavorare e mantenere una famiglia

… i sindacati e la sinistra lodano Draghi che “finalmente sa dire di no” ai lavoratori

… Chiesa cattolica … libero pensiero e parresia sono diffusi e promossi nella Chiesa di oggi su tutti i temi del Credo

… non sul green pass: lì il Papa è Draghi

FONTE: https://www.pro-memoria.info/e-ora-cosaltro-potranno-farci-fare/

 

 

 

Barnard contro tutti: sapete qual è il vero complotto?

Se da una parte ci rendiamo conto che non ci è stato raccontato tutto, come facciamo oggi a fidarci di chi ci ha preso in giro? Questa è una bellissima domanda: su questo punto, la schiera di chi si sta agitando per il Green Pass e i vaccini ha assolutamente ragione. La classe politica e (in grande parte) la classe scientifica non sono per niente affidabili: non c’è da fidarsi. La legge del Green Pass in Italia è fatta coi piedi, è fatta da cani: come dice Gianluigi Paragone, è politicamente infame. Le terapie domiciliari? Sono allo studio: la scienza le sta prendendo seriamente in considerazione. Nel frattempo di chi dovremmo fidarci? Di Sgarbi, che urla in televisione che il 20% dei vaccinati sconta effetti collaterali terribili? Macché 20%: è lo 0,0027%. Io dico: manteniamo la calma. Certo, ora mi insulteranno: diranno che ho tradito la causa degli alternativi, dell’opposizione ai poteri. Non è vero, anche se ho detto che il Grande Reset non c’è, non esiste. Se uno legge quel libro, scopre che non c’è assolutamente niente di quello che la gente dice che sia il Grande Reset.

Certo che esistono, i progetti che puntano a un sempre maggiore controllo sociale: ma queste cose sono completamente disgiunte dal Covid. Io, che per primo ho denunciato in Italia quello che è stato veramente un complotto economico osceno, europeo, contro di noi e gli altri Barnardpaesi del Mediterraneo (l’Ue, l’euro: un disegno partito negli anni Trenta), dico che le cose malefiche e nocive, nel mondo, compaiono “a random”. Beninteso: i complotti esistono, ma quando mai hanno davvero cambiato il corso della storia? Funziona così: prima si scatena una sciagura, poi ci sono quelli che se ne approfittano. Nel mio libro “L’origine del virus” documento come il Sars-Cov-2 sia “scappato” dal laboratorio di Wuhan, finanziato dagli Usa, nel silenzio della comunità scientifica. Quindi: “a random” è uscito il Covid, e adesso c’è chi se ne approfitta. Ma questo è normale, succede sempre. La pandemia è stata funzionale all’aumento esponenziale del controllo sociale? Certo: è stata funzionale, appunto, ma non creata apposta. E comunque: tutto quello che succede è sempre funzionale al controllo.

Pongo l’accento su una cosa: tutti questi che oggi si agitano col Covid, tutti questi nuovi paladini delle libertà individuali che ora parlano di Reset, com’è che tutti i giorni della loro vita comprano, finanziano e applaudono il più grande, micidiale Reset della storia umana, che è l’arrivo del social network? Sta demolendo la coesione umana, la nostra intelligenza, il progresso: sta demolendo tutto. Gridano contro il Grande Reset del Covid, e poi passano il tempo su Twitter, su Instagram, su Facebook, tra chat e commentini. E ancora peggio: oggi stiamo Barnard, l'origine del virusparlando della privazione delle libertà individuali in relazione al Green Pass, mentre tutta questa gente manda i bambini, generazione dopo generazione, in quel tritacarne osceno che è il sistema scolastico, che fa di tutto per distruggergli l’autostima per sempre e li rende servi obbedienti, apatici idioti incapaci di distinguere ciò che è davvero importante; quando si agitano per qualcosa, è la cosa sbagliata (vedi il Covid).

E i nostri bambini li mandiamo a milioni in questo sistema, che ci priva della libertà fondamentale di creare cittadini liberi, combattenti, con un’autostima forte, indipendenti mentalmente. E poi la privazione della libertà sarebbe il vaccino? Altro capitolo: oggi mi domandate chi è Mario Draghi? Be’, innanzitutto è uno psicopatico, in termini medico-clinici. Cioè: un uomo a cui manca totalmente la percezione degli esseri umani. E’ una macchina, è un uomo vitreo: è orrendo. Ed è un pericolo pubblico, dovunque si trovi. Naturalmente, le falci che questo psicopatico vorrebbe utilizzare sono tenute ferme dalle restrizioni di una società civile che, bene o male, ancora esiste, inclusi i cadaveri dei sindacati (ma se fosse per lui…). Draghi è un uomo che, in totale mancanza di consapevolezza, porta avanti il disegno neoliberista dell’economia neoclassica, nato dai folli disegni “random” degli ideologi della distruzione, dei governi filo-nazisti degli anni Trenta; progetto che è stato protratto fino alla costruzione europea di Altiero Spinelli (che, poveretto, non sapeva quel che faceva) e poi di tutta l’Europa dei tedeschi, quella di Padoa Schioppa.

Draghi è una pedina marcia, funzionale a questo disegno. E’ un uomo orribile, pericolosissimo, ma non è colpevole: perché non sa quello che fa. E’ indottrinato, è un ayatollah del neoclassicismo economico e del neoliberismo. E’ un esecutore, ma non di ordini: la sua è una fede. Non è che un arcivescovo prenda ordini dal Papa: ci crede, in quello che fa. E il disegno in cui crede Draghi è assolutamente micidiale. Ripeto, è un uomo pericolosissimo. Quando l’ho visto arrivare al governo, non ci potevo credere. Passino i cretini, gli incompetenti, i pazzi, i corrotti, Draghila feccia dei Berlusconi e dei Renzi; ma questo è uno psicopatico-killer: come cavolo è arrivato qui? Ringraziamo i 5 Stelle: bravo Grillo, bravo Di Maio. Dite che il giornalismo italiano è diventato propaganda? No: è stato propaganda sempre. Il mio Vangelo del Giornalismo è questo: il giornalista dev’essere odiato da tutti. Deve molestare tutti e criticare anche i colleghi. Nessun giornalista fa questo, tutti fanno le “parrocchiette”. Non c’è mai stato, il giornalismo: non è mai esistito.

(Paolo Barnard, dichiarazioni rilasciate nell’intervista realizzata da Matteo Gracis su YouTube e anche in quella registrata con Fabio Frabetti per “Money.it”Dopo anni di silenzio, Barnard è tornato in scena con il suo saggio sulla crisi pandemica. La sua versione: il virus è pericoloso, è frutto di manipolazione genetica, è fuoriuscito dal laboratorio di Wuhan finanziato dagli Usa e si è propagato grazie all’omertà del regime di Pechino, dittatoriale quanto quello della Corea del Nord. Barnard contesta il Green Pass ma promuove i vaccini, ritenendoli capaci di minimizzare l’impatto della patologia. Il libro: Paolo Barnard, “L’origine del virus. Le verità tenute nascoste che hanno ucciso milioni di persone”. Edito da Chiarelettere, il saggio si avvale di due co-autori, Angus Dalgleish e Steven Quay, tra i più autorevoli virologi al mondo).

FONTE: https://www.libreidee.org/2021/10/barnard-contro-tutti-sapete-qual-e-il-vero-complotto/

 

 

 

 

PUZZER LA BELVA UMANA

Novembre 3, 2021 posted by Cupio Dissolvi

Poi dite che il ministro Lamorgese non sa fare il suo lavoro? In pochissime ore Puzzer, il pericoloso sobillatore, l’arruffapopoli sovversivo, il terrore dei greenpass è stato individuato, impacchettato e rispedito a casa. Per un anno non potrà più mettere piede nell’urbe.

Non è stato facile compiere questa delicata operazione di intelligence. Puzzer è un tipo furbo, astuto, scaltro, oltre che spietato: se ne stava nascosto dietro un tavolino di plastica con tre seggioline davanti fingendo di raccogliere firme per la riabilitazione presso l’opininione pubblica dei pangolini cinesi. Poi ha repentinamente cambiato strategia: per non essere agguantato dagli uomini della Lamorgese ha finto di essere uno spacciatore nigeriano. E per un paio d’ore gli è andata bene. Quando la copertura ha rischiato di saltare ha tentato di far credere di essere un ritardatario del gay pride, un amico di Carola, che stava aspettando per andare con lei a speronare una vedetta della guardia di finanza. Quasi ci stavano cascando e lo stavano lasciando a piede libero.

Dopo un ennesimo controllo ha tentato di far credere di essere l’organizzatore di un rave party in piazza, e come prova  ha mostrato le casse, sia quelle acustiche che quelle di birra. Poi ha raccontato di essere a favore della legge Zan e che stava aspettando gente per la giusta protesta. Nel frattempo ha chiesto se poteva testare la forza ondulatoria della camionetta dei suoi inquisitori, giusto per fingere di essere amichevole. Ha giurato di essere un brigatista, amico di Battisti, ma anche cugino di Castellino, e ha detto di essere già d’accordo con la Digos per andare a distruggere la sede della CGIL. Sempre più subdolamente ha detto ai poliziotti che se lo lasciavano in pace gli poteva fare uno sconto su accendini, collanine, bombe a mano che stava vendendo in piazza. Ha spergiurato di essere dell’Isis. Quando finalmente i poliziotti si son convinti che il tipo non poteva essere pericoloso, passa un bambino con un palloncino in mano che urla: “Mamma, guarda Puzzer! Quello di Trieste!!!”.

“Maledizione, ci stava fregando!”. Lo hanno subito annaffiato con degli idranti, accecato con i fumogeni, gli han mostrato lo sfollagente e lo han caricato sul furgone: “Lo sai che la Lamorgese è troppo abile, persino per te. Ti abbiamo beccato, bastardo”.

FONTE: https://scenarieconomici.it/puzzer-la-belva-umana/

 

 

 

Il CDC USA cambia la definizione scientifica di “Vaccino” per coprire il Covid-19.

 posted by 

 

Il cosiddetto FOIA (Freedom of Information act, la legge USA che obbliga alla diffusione delle informazioni) ha permesso di scoprire che, non potendosi adattare le cure covid alla definizione di vaccino, si è cambiata la definizione di vaccino perché si adatti alla cura, almeno per il CDC, Centers for Desease Control.

Eccovi le vecchie definizioni CDC di vaccino e vaccinazione  (valide sino al 26 agosto 2021):

Vaccino: un prodotto che stimola il sistema immunitario di una persona a produrre immunità a una malattia specifica, proteggendo la persona da quella malattia. I vaccini vengono solitamente somministrati tramite iniezioni di ago, ma possono anche essere somministrati per via orale o spruzzati nel naso.

Vaccinazione: l’atto di introdurre un vaccino nel corpo per produrre l’immunità a una specifica malattia.

Le definizioni CDC di vaccino e vaccinazione dal 1 settembre 2021:

Vaccino: un preparato che viene utilizzato per stimolare la risposta immunitaria dell’organismo contro le malattie. I vaccini vengono solitamente somministrati tramite iniezioni di ago, ma alcuni possono essere somministrati per via orale o spruzzati nel naso.

Vaccino: l’atto di introdurre un vaccino nel corpo per produrre protezione da una specifica malattia.

Questo ha causato parecchie polemiche. Si è passati da vaccini che  “Proteggono” verso la malattia, a semplice “Stimolazione” del sistema immunitario. Un cambiamento non da poco. Praticamente, dato che è appurato che i vaccini covid non “Proteggono” dal covid stesso, si è cambiata la definizione. Lo aveva notato anche Visione.tv

Il deputato americano Robert Massie, che è anche uno scienziato del MIT, ha messo in luce come già la vecchia definizione di vaccinazione fosse una versione addolcita delle definizione classica di vaccino.

Sino al 2015 la definizione di “Vaccinazione” era “Iniezione di un microrganismo indebolito o ucciso al fine di prevenire una malattia“. Cioè la classica definizione di vaccino che ci viene in mente quando pensiamo a questa cura.

A confermare come la definizione sia stata cambiata solo per poter contenere al proprio interno i vaccini covid-19 , che , altrimenti, ne sarebbero stati esclusi si può evincere da queste email del CDC ottenute tramite il FOIA.

qualcuno al CDC nota che il vaccino NON è un vaccino secondo le loro definizioni. Quindi bisogna fare qualcosa

Quindi dal primo settembre il CDC cambierà la propria definizione di vaccino

Quindi la scienza si è piegata alla politica, al punto da modificare una definizione scientifica per compiacerla e aiutare pure l’uso dei vaccini. Bene, non c’è problema. Già le leggi base dell’economia sono state cancellate, il prossimo passo sarà la riformulazione della Legge Gravitazionale Universale?

Intanto in Italia c’è solo un centro che, per iniziativa personale di un ricercatore, sta controllando la vera efficacia del vaccino. Pare che, alla fine, se quello che viene inoculato serva o meno interessi proprio a pochissimi.

FONTE: https://scenarieconomici.it/il-cdc-usa-cambia-la-definizione-scientifica-di-vaccino-per-coprire-il-covid-19/

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

In “Squid Game” di Netflix la dittatura in corso

Vi offro questo articolo di Vigilant Citizen, di cui vi consiglio di andare a vedere l’originale per le foto della serie Netflix: sono troppe perché possa postarle tutte qui.

https://www.sott.net/article/459799-The-Hidden-Symbols-and-Messages-in-Korean-Psycho-Drama-Squid-Game

la serie Netflix “Squid Game” parla di persone povere che prendono parte a giochi orribili mentre i “VIP” d’élite guardano lo spettacolo per l’intrattenimento. Attraverso messaggi e simbolismo, “Squid Game” rivela di cosa si tratta veramente: la malattia incurabile dell’élite.

Se vi piace guardare le persone che vengono uccise in stile esecuzione, ecco la serie Netflix per voi. Squid Game – il gioco del calamaro –  in effetti, assisterete  a così tante morti brutali in Squid Game che non avrete altra scelta che diventare desensibilizzato a quella violenza estrema. Anche i personaggi della serie finiscono per avere tranquille  conversazioni sulla loro infanzia mentre altri vengono colpiti  in faccia a circa tre metri da loro. Non gli interessa più. E nemmeno a voi. E questo è voluto.

Nonostante il fatto che Squid Game presenti livelli estremi di sangue e violenza, il marketing che lo circonda sembra insidiosamente concepito per essere attraente per i bambini. c’è tutto per attirare i bambini nella serie per poi traumatizzarli con scene di rara violenza e giochi mentali psicopatici.

Al centro di Squid Game ci sono le “leggende” secolari e immortali di persone ricche dell’élite che reclutano contadini e li obbligano a giocare a giochi mortali per il loro divertimento. Ci sono film che hanno preparato a questa serie…il racconto in The most dangerous Game è  circa un aristocratico russo che cattura le persone, le porta nella natura, e le caccia per lo sport; Il film del 1994 Surviving the Game parla di un senzatetto a cui viene offerto un “lavoro” –  solo per finire in un luogo remoto e diventare la preda di un gioco di caccia giocato da persone ricche e potenti. Più di recente, la trilogia di Hunger Games è incentrata sui poveri che si uccidono a vicenda sotto gli occhi vigili dell’élite.

Certe leggende sono basate su storie vere. E c’è  più di qualcosa in queste storie di “giochi d’élite” che suona vero. Squid Game ha preso questo concetto, ha aggiunto elementi di distopia high-tech e ha mescolato un sacco di follia occulta dell’élite. Il risultato sembra aver toccato un nervo scoperto perché Squid Game sta per diventare la più grande serie Netflix della storia.

Ma, come la maggior parte delle serie Netflix, i messaggi in Squid Game sono contorti. Riguarda la cultura della morte che ossessiona l’élite e rende gli spettatori parte di essa. E, attraverso un sottile simbolismo, la filosofia dell’élite è lì per essere testimone.

Ecco uno sguardo ai messaggi e al simbolismo di questa serie.

I due cerchi

La serie parla di persone fortemente indebitate che vengono reclutate per giocare a un “gioco” in cui il vincitore ottiene un enorme premio in denaro. I perdenti? Muoiono in modi orribili. Alla fine apprendiamo che l’intero calvario è stato orchestrato da un gruppo di persone ricche dell’élite che si divertono a guardare i contadini infelici che vengono umiliati, infantilizzati e costretti a diventare animali immorali per sopravvivere.

due-cerchi

Il contorno di questo gioco è anche il logo principale della serie. Il motivo: illustra perfettamente la filosofia di base di Squid Game e, per estensione, dell’élite. Il rettangolo rappresenta le masse. Il cerchio in fondo rappresenta coloro che sono poveri e fortemente indebitati. Il triangolo sopra il rettangolo rappresenta l’élite che governa le masse. Il cerchio superiore rappresenta l’onnipotente élite occulta che controlla il mondo.

In modo abbastanza appropriato, il narratore spiega che i bambini che giocano a Squid Game devono raggiungere il cerchio superiore per vincere. Quando ciò accade, il narratore dice:

“E, in quel momento, mi sono sentito come se possedessi il mondo intero.”

er un momento, Gi-hun non si è preoccupato dei soldi, è stato coinvolto nei brividi sadici dell’élite. Questa scena prefigura cosa accadrà a Gi-hun alla fine. Dopo questo gioco umiliante, il venditore propone a Gi-hun di partecipare a un altro gioco in cui può vincere molti più soldi.

Dopo aver accettato l’offerta, Gi-hun viene prelevato da un’auto e addormentato con il gas. Si sveglia in un incubo distopico.

Squid Game = Società governata dall’élite

I giochi si svolgono in un enorme complesso nascosto su un’isola remota. Per molti versi, questo posto assomiglia a un sito nero MKULTRA dove si svolgono esperimenti malati.

Per molti versi, il sistema distopico che si svolge all’interno di queste mura è un microcosmo della nostra società moderna.

A un certo punto, i giocatori si uniscono e chiedono un voto per porre fine a questa follia.

giocatori finiscono per votare per fermare il gioco e tutti tornano a casa. Tuttavia, quasi tutti si rendono conto di avere molti problemi che possono essere risolti solo con i soldi. Abbastanza convenientemente, gli organizzatori del gioco tengono traccia di questi giocatori e li invitano a tornare. Il risultato: la maggior parte di loro torna al gioco di propria spontanea volontà. Questo concetto è importante per l’élite occulta poiché credono che li liberi dalle leggi karmiche.

In breve: il processo democratico era un’illusione. L’élite ha truccato il sistema per ottenere il risultato che voleva vedere.

Quando tornano in gioco, la solidarietà tra i giocatori si dissipa rapidamente. Per vedere i giocatori accendersi l’uno contro l’altro, gli organizzatori danno loro di proposito un solo uovo come pasto. Sicuramente, i giocatori iniziano a combattere per le preziose uova. Ciò riflette una tattica classica della classe dirigente: rendendo scarse le risorse, le masse smettono di concentrarsi sui governanti e iniziano a lottare l’una contro l’altra per gli avanzi.

I prossimi giochi sono progettati specificamente per mettere i giocatori l’uno contro l’altro. Ad esempio, il gioco delle biglie richiede ai giocatori di formare squadre di due. Naturalmente, la maggior parte dei giocatori fa squadra con la persona a cui è più vicina. Un ragazzo si abbina persino a sua moglie. Poi apprendono che i due giocatori devono giocare uno contro l’altro… e il perdente muore.

I giocatori si rendono anche conto che possono uccidersi a vicenda con totale impunità al di fuori dei giochi. Questo porta al caos e agli omicidi quando i giocatori si trovano nell’area principale.

Questa scena prefigura le numerose morti per arma da fuoco che stanno per accadere. Inoltre, la pistola accende il fuoco che può riferirsi ai corpi che vengono inceneriti. Il fatto che Gi-hun dia questo dono a sua figlia è in linea con l’agenda generale di esporre i giovani alla malattia dell’élite.

Malattia d’élite

Per le ultime tre partite, gli organizzatori accolgono i VIP, persone ultra ricche e d’élite che sono venute a guardare lo spettacolo di persona. Attraverso il simbolismo, la serie indica chi sono esattamente queste persone.

Questi VIP sono ossessionati dai due elementi fondamentali del lato animalesco degli umani: lussuria e sangue.

Tutto questo è palese simbolismo massonico.

La scena trasmette la natura occulta e rituale di questo gioco. Nella Massoneria, il pavimento della scacchiera è la superficie trasformativa dove si svolgono i rituali.

Il rituale più potente di tutti: il sacrificio di sangue. Ed è esattamente ciò che i VIP vogliono che accada.

Come previsto, un giocatore taglia la gola a un altro giocatore che muore. Il sacrificio di sangue all’élite è completo.

Se uno avanza velocemente un sacco di pugnalate, apprendiamo che Gi-hun alla fine vince la partita. Pertanto, viene rimandato nel mondo reale con l’equivalente di 38 milioni di dollari sul suo conto in banca.

Alla fine si rilassa e lo vive? No. È praticamente morto dentro e passa circa un anno a lavarsi. Quindi, Gi-hun riceve un invito simbolico.

In un importante colpo di scena, apprendiamo che il vecchio è in realtà super ricco. È anche il “creatore” del gioco. Quando Gi-hun gli chiede perché ha creato un sistema così orribile, risponde:

“Se hai troppi soldi, non importa cosa compri, mangi o bevi. Diventa tutto noioso. Tutti i miei clienti alla fine hanno iniziato a dire le stesse cose quando abbiamo parlato. Tutti sentivano che non c’era più gioia nella loro vita. E così, abbiamo deciso di metterci insieme e abbiamo iniziato a chiederci cosa potevamo fare tutti per divertirci finalmente?”

Questo spiega perché l’élite partecipa ad attività così estreme e depravate (ad esempio l’isola di Epstein)? In ogni caso, il semplice guardare le partite non era più abbastanza per questo vecchio. In realtà voleva essere un giocatore nel gioco per sentirsi vivo.

Quando si rivede la serie, ci si rende conto che questo vecchio (alias giocatore #001) ha avuto una grande influenza nel gioco (mentre apparentemente era anche immune all’essere ucciso). Era l’equivalente di una pianta d’élite tra le masse. Ad esempio, ha avuto il voto finale e decisivo durante il processo democratico. Inoltre, ha fermato la notte degli omicidi urlando e facendo uscire gli operai per fermare la violenza.

Gi-hun esce dal suo incontro nel settimo cielo come un uomo cambiato. Per riflettere questo profondo cambiamento, si tinge i capelli di rosso (il colore del sacrificio e della trasformazione nei circoli occulti). Poi, decide finalmente di salire su un aereo e andare a trovare sua figlia.

Insomma, il finale non è felice. Tutti perdono la partita. Fatta eccezione per l’élite.

In conclusione

Squid Game è diventata la più grande serie nella storia di Netflix per diversi motivi. Al di là della sua scioccante violenza e della sua storia avvincente, la serie esplora diversi temi come la religione, la natura umana e le insidie ​​delle disuguaglianze economiche. Mentre diverse fonti di notizie hanno interpretato Squid Game come una “critica del capitalismo”, sembrano trascurare il tema più ovvio e lampante: la società è governata da un’élite occulta malata che si diverte a dividere, controllare, disumanizzare, infantilizzare e abusare apertamente del masse. E quella storia non finisce con l’eliminazione di questo gioco… finisce con il ritorno del vincitore.

In questo senso, assistiamo a una forma di sindrome di Stoccolma in cui le persone che subiscono abusi finiscono per identificarsi con i loro abusatori. E questo è un po’ l’obiettivo della serie: gli spettatori finiscono per divertirsi guardando questa forma malata di intrattenimento allo stesso modo in cui i VIP si divertono a guardare le persone che vengono uccise. Poi, si sentono morti dentro.

Meditate, gente, meditate.

Disse Aldous Huxley nel suo discorso a Berkeley nel 1962: “Stiamo sviluppando tutta una serie di tecniche che consentiranno ad una oligarchia controllante […] di far amare alle persone  la loro propria stessa servitù . Tendo a credere che le dittature scientifiche del futuro saranno probabilmente più vicine a allo schema del mio “Brave New World” a “1984” di Orwell”. Scrisse Bertrand Russel nel 1985: Gradualmente , allevando selettivamente le persone,m le differenze tra governatori e governanti aumenteranno fino a diventare quasi delle differenze nelle specie. Impossibile pensare a una rivolta delle plebi tanto quanto ad una insurrezione organizzata di pecore contro l pratica di mangiare agnelli”

FONTE: https_www.maurizioblondet.it/?url=https%3A%2F%2Fwww.maurizioblondet.it%2Fin-squid-game-di-netflix-la-dittatura-in-corso%2F

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Gnostici con 200 miliardi

Dal Corriere di qualche tempo fa:

Jeff Bezos vuole l’immortalità: ha investito in una società che punta a invertire l’invecchiamento

“Si tratta della neonata Altos Labs, fondata dal miliardario russo-israeliano Yuri Miller. Coinvolti nel progetto anche due premi Nobel. Il Ceo di Tesla e SpaceX punge su Twitter: «Se non funzionerà fArà causa alla morte»

“Dopo aver conquistato lo spazioJeff Bezos guarda all’elisir di lunga vita. Secondo l’autorevole MIT Technology Review , rivista di proprietà del Massachusetts Institute of Technology, il fondatore e presidente esecutivo di Amazon avrebbe infatti investito una non precisata – ma di certo ingente – somma di denaro in Altos Labs, una neonata startup che si prefigge di invertire l’invecchiamento umano attraverso la riprogrammazione cellulare. Registrata nel Delaware appena lo scorso aprile, la società sarebbe frutto di un meeting scientifico tenuto a ottobre 2020 dall’imprenditore e fisico russo-israeliano Yuri Milner nella sua lussuosa villa sulle colline di Los Altos, in California.

Premi Nobel e stipendi milionari

“Forte del suo patrimonio stimato in 4,8 miliardi di dollari, Milner ha fatto le cose in grande. Tra i professionisti che dovrebbero unirsi a vario titolo al progetto figurano infatti scienziati del calibro di Juan Carlos Izpisúa Belmonte del Salk Institute (struttura nota per i suoi esperimenti sugli organismi chimera), Jennifer Doudnavincitrice del Nobel per la Chimica 2020 per lo sviluppo del metodo di «taglia e cuci del Dna» Crispr-Cas9, e l’ex direttore del National Cancer Institute degli Stati Uniti Richard Klausner, che dovrebbe ricoprire il ruolo di amministratore delegato. Un altro Nobel come Shinya Yamanakapremiato nel 2012 per la scoperta delle cellule staminali riprogrammate, siederà invece (gratuitamente) alla guida del comitato consultivo scientifico della company. Altri nomi illustri potrebbero poi aggiungersi nell’immediato futuro: sempre secondo il Mit Technology Review, Altos Labs avrebbe già raccolto investimenti per 270 milioni di dollari (pari a poco meno di 230 milioni di euro), perciò starebbe offrendo ai suoi potenziali ricercatori stipendi da un milione di dollari all’anno con l’aggiunta di una partecipazione alle quote aziendali. A quanto trapela, scopo iniziale dell’organizzazione sarà semplicemente quello di fare «grande scienza», ma è chiaro che, qualora i progressi nel ringiovanimento cellulare dovessero rivelarsi particolarmente dirompenti, le prospettive economiche di un impiego commerciale di simili scoperte diventerebbero vastissime”.

Fin qui il Corriere. Vi sembra tutto straordinariamente innovativo, avanzato, moderno? Scientifico? Invece i miliardari qui citati (E i Nobel da loro pagati) condividono un’ideologia antica, che già si oppose al Cristianesimo nascente: la gnosi.

Gli gnostici credevamo che il mondo non fosse stato creato da Dio, ma da un Demiurgo inferiore: e pasticcione e non onnipotente, vi aveva lasciato morte e sofferenza, insomma non era stato capaci di creare l’aldiquà perfetto e compiuto in sé. I modernissimi miliardari, in quanto credono alla ideologia evoluzionista darwiniana, pensano lo stesso in chiave pseudo-scientifica: il mondo è evoluto dal caso. Quindi pieno di difetti, fra cui quello – imperdonabile – di lasciar invecchiare morire i miliardari che hanno tutti i mezzi per godersi il mondo. L’immortalità fisica è dunque ciò che perseguono con i loro investimenti milionari nella start-up dell’ebreo Miller.

Non è il solo investimento per correggere il mondo pieno di difetti, compito a cui gli gnostici miliardari si sentono chiamati: notoriamente Bill Gates vuol ridurre la popolazione umana “fino al 10-15 per cento” coi vaccini (c’è il video dove lo dice, inutile negare giornalisti mainstream); vuole spargere oltre la stratosfera polveri per abbassare l’illuminazione del Sole sulla Terra, che a giudizio suo (e di tutti dittatori del clima) è troppa, e crea la CO2. L’intera comunità miliardaria è convinta che ha il dovere di ridurre il CO2 stroncando la popolazione.

Gli scientisti (non li chiamo scienziati) che anni orsono hanno convinto investitori ricchi a finanziare il “Progetto Genoma Umano” – mappare interamente il DNA dell’Uomo – hanno “scoperto” che solo l’1,5% % del DNA umano è codificante cioè serve a formare fisicamente l’individuo (le proteine che lo formano); tutto il restante 98 per cento sono “frammenti interspersi” che hanno interpretato come “errori” accumulatisi durante l’evoluzione : siccome non codificano, non sono altro che ingombri casuali, una inutile imbottitura. Questa credenza ideologica ha ritardato di decenni l’intuizione che invece servano a qualcosa, che comincia ad albeggiare: a cosa però non sanno, ma loro non ti diranno mai che il DNA umano è a loro – e a tutti noi – sconosciuto al 98,5%..

La sola vera differenza fra gli gnostici antichi e quelli che ci opprimono oggi con le loro furie per correggere il mondo, è che hanno le centinaia di miliardi per realizzare le loro “correzioni” del cosmo : il Demiurgo Idiota di cui favoleggiavano gli gnostici antichi, che guasta il mondo credendo di farlo migliore, sono diventati loro.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/gnostici-con-200-miliardi/

«Vi racconto tutti i segreti del diavolo»

 Anzitutto, osservando i segni, i “sintomi”. Si chiama “discernimento”

 possedere conoscenze del tutto estranee al suo livello d’istruzione

… Possono parlare qualsiasi lingua

… a differenza di quello che si vede nei film, i posseduti quasi mai presentano tutti insieme questi segni

… Contesti in cui si pratica la magia con le carte, si leggono i tarocchi, o si organizzano sedute spiritiche

… lì si apre una fessura

… è il tipo di persona che, poi, ha un’alta possibilità di essere posseduta

… Non ci sono medium puri e semplici; ci sono i posseduti

… come è arrivata in quella condizione? Che finestre ha aperto?

… l’esorcista non deve entrare in dialogo con il demonio

… se non potessimo scegliere il male, non potremmo nemmeno amare

… cercavano di conoscere il futuro, di parlare con i defunti

… “Se mangerai di questo frutto, diventerai come Dio”. E cos’è che fa Dio? Conosce tutto, può tutto

… il suo scopo non è di vincere, ma di prendersi più anime possibili. Non per averle dalla sua parte, ma per toglierle a Dio. Affinché non si salvino mai

FONTE: https://www.pro-memoria.info/vi-racconto-tutti-i-segreti-del-diavolo/

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

METAMORFOSI SURRETTIZIA DELLO STATO DI DIRITTO IN STATO DI CONTROLLO

Metamorfosi surrettizia dello Stato di Diritto in stato di controlloTutto iniziò l’8 marzo del 2020, quando si concretizzò la prima offensiva nei confronti della Carta costituzionale con l’emanazione dell’atto amministrativo da parte del presidente del Consiglio di allora, Giuseppe Conte, il cosiddetto decreto del presidente del Consiglio dei ministri, che eluse, in modo incostituzionale, il rispetto dei dettami sanciti dalla Costituzione, garanti dei principi inalienabili dell’uomo, come il diritto alla libera circolazione e quello della libertà economica.

Dopodiché, lo Stato di Diritto, tutelato e garantito dalla Costituzione, in quanto costituente la sua fonte primaria nella gerarchia delle fondamenta da cui trae origine, è stato progressivamente minato e compromesso in nome di un nuovo indiscutibile “dogma giuridico”, riassunto nello “stato di emergenza” senza alcuna soluzione di continuità.

L’emergenza, difesa e avallata dai costanti richiami allarmistici della “dipendente” e asservita comunicazione dei mass media, è divenuta la giustificazione inconfutabile, al punto da essere il comun denominatore del Governo successivo a quello di Conte, il variegato Governo Draghi.

L’Esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce, con il decreto legge del 1 aprile 2021, n. 44 (“Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da Covid-19, in materia di vaccinazioni anti Sars-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici”), nello specifico all’articolo 3, introduce il cosiddetto “scudo penale”, il quale prevede la non punibilità per morte e lesioni causate nella somministrazione del farmaco anti Covid-19, legiferando la norma che esonera il personale che somministra i farmaci anti Covid-19 dalla responsabilità per omicidio colposo o lesioni colpose, fattispecie di reati previste dagli artt. 589 e 590 del Codice penale, al punto da configurare l’esonero di responsabilità per il Servizio sanitario nazionale e quindi per lo stesso Stato, come (testualmente riportato) una causa di esclusione della punibilità, subordinata alla prova che il vaccino sia stato utilizzato conformemente alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio e alle circolari del ministero della Salute sull’attività di vaccinazione.

Come può uno Stato discriminare come irresponsabili coloro che non intendono inocularsi dei farmaci ancora in fase di sperimentazione (almeno fino al 2023 afferma l’Aifa), declinando formalmente ogni responsabilità per eventuali effetti collaterali causati dai farmaci anti Covid-19?

Secondo i recenti studi della Politologia, la società moderna è passata dal sistema di “società di disciplina” a quello di una “società di controllo”, fondato sul monitoraggio digitale, virtualmente illimitato, dei comportamenti individuali quantificabili in un algoritmo ed il provvedimento del Green pass ne rappresenta l’estrema conseguenza. Rebus sic stantibus, è inverosimile che in una democrazia liberale come dovrebbe essere la nostra e come formalmente crediamo che essa sia e che vorremmo che anche sostanzialmente essa fosse, sia accettabile una deriva di controllo di matrice sovietica, che riporta alla memoria le pagine orwelliane, ahimè solo apparentemente surreali, del romanzo “1984”, attualizzandole in una interpretazione talmente realistica da metterne in discussione il loro stesso genere letterario fantastico di appartenenza, per ricondurle alla narrazione della cronaca attuale.

Se è storicamente fondato ciò che Niccolò Machiavelli sosteneva nelle sue opere, ossia che la storia è maestra di vita (“historia magistra vitae”), come nell’Unione Sovietica era obbligatorio esibire un lasciapassare per potersi spostare da un paese all’altro, attualmente in Italia la storia si ripete, andando però oltre l’immaginabile, ovvero imponendo il Green pass non solo per spostarsi, come per andare al ristorante al chiuso o ad un evento pubblico, ma anche per esercitare il fondamentale diritto costituzionale, come il diritto a lavorare.

Certa classe politica impregnata di quella bieca cultura secondo la quale ogni mezzo è giustificato per demonizzare la parte avversa, utilizzando anche l’anacronistico e vetusto strumento dell’antifascismo per silenziare e delegittimare l’avversario politico durante le campagne elettorali, con l’intento di minarne il consenso, non si ricorda o finge di non ricordare che proprio il Fascismo conquistò il potere e il Governo dell’Italia in modo inizialmente parlamentare e costituzionale, senza cambiare o modificare il testo dei dettami dello Statuto Albertino, ma attuando una politica surrettiziamente elusiva dei suoi principi fondanti, la quale in modo inerte venne accettata progressivamente dalla maggioranza dei cittadini.

Proprio in nome dell’emergenza causata dai disordini sociali di allora, Benito Mussolini ebbe successo fino a ricevere l’incarico di formare il suo primo Governo democratico, dopo la farsa della scampagnata del 28 ottobre del 1922, definita “Marcia su Roma”. Sempre in virtù di un’emergenza generata dai suddetti disordini, le compagini politiche di allora accettarono inizialmente di far parte di quel Governo guidato da Mussolini, il quale astutamente non osò modificare l’assetto costituzionale fino a quando non fu certo del suo potere, arrivando ad emanare le “leggi fascistissime”, che portarono all’esiziale annullamento dello Stato di Diritto. I cosiddetti anacronistici antifascisti di oggi non possono non ricordare che le leggi razziali emanate dal regime fascista impedirono ai cittadini italiani di origine ebraica di svolgere il proprio lavoro a causa della discriminante razziale. Mutatis mutandis, esclusivamente da un punto di vista di analisi giuridica, precisando che le due situazioni storicamente non sono equiparabili, se allora vigeva una ingiusta e aberrante discriminazione razziale, oggi vige una discriminazione socio-sanitaria secondo la quale coloro che non accettano di farsi somministrare dei farmaci anti Covid-19, considerati ancora sperimentali dall’europea Ema e di conseguenza dalla nostra Aifa e quindi con effetti collaterali a medio e lungo termine ancora sconosciuti, sono esclusi dal proprio lavoro, anche quando esso è svolto a distanza da casa e sono imputabili di essere responsabili di un’assenza ingiustificata, con la probabilità di incorrere in un licenziamento.

Ancora più sconcertante è la pseudo alternativa lasciata ai dissidenti contrari ai farmaci anti Covid-19, ossia quella di sottoporsi all’esame di sempre più introvabili tamponi a causa dell’esponenziale aumento della richiesta, ogni 48 ore, per poter ricevere un provvisorio Green pass, affinché possano svolgere le proprie attività e soprattutto per poter lavorare.

La situazione è talmente surreale che mi sembra manifestare tutto il suo recondito intento, il quale non consiste nell’inocularsi un farmaco per ottenere un Green pass, ma al contrario sembra che l’imposizione dell’inoculazione di questi farmaci sia uno strumento per avere un lasciapassare e uno strumento di controllo individuale. Comunque, in nessun caso è possibile non constatare che la continua sicurezza sanitaria e la reiterata emergenza relativa non sono più fenomeni transitori, ma sono diventati la nuova forma di governabilità, trasformando progressivamente e in modo reticente i paradigmi della politica in generale e del Governo in particolare.

Non credete che questa metamorfosi corrente della politica italiana stia svuotando il Parlamento dei suoi poteri costituzionali, riducendolo ad un mero organo burocratico, limitato nella sua inerzia alla semplice approvazione (sempre in virtù della sedicente emergenza per la tutela della bio-sicurezza) di decreti emanati da tecnocrati, i quali più che rappresentare gli interessi della collettività sembrano rispondere a quelli di organizzazioni e poteri che sono alieni tanto al Parlamento italiano quanto alla sovranità popolare, che lo stesso non riesce più a rappresentare?

“O pessimum periclum, quod opertum latet!” (Publio Siro).

FONTE: https://www.opinione.it/politica/2021/11/02/fabrizio-valerio-bonanni-saraceno_stato-di-diritto-emergenza-covid-democrazia-costituzione-stato-controllo/

Dilagano le fake news sulla “bomba di contagi” a Trieste

 gli ospedali sarebbero “al collasso

 la stragrande maggioranza dei manifestanti, a partire dal loro leader Stefano Puzzer, sono vaccinati

… non manifestano contro il vaccino bensì contro il Green Pass

… Negli ultimi 18 giorni (e cioè da quando sono iniziate le manifestazioni di Trieste)

… In tutto il Triveneto, quindi, abbiamo la stessa identica incidenza dei contagi sulla popolazione

… alcun effetto delle manifestazioni sull’andamento dei contagi

… da due anni … maxi assembramenti per le più varie motivazioni

… mai, in alcun caso, a questi eventi tutti svolti all’aperto, sono seguiti focolai di contagio

… ricoverati negli ospedali … un ricovero ogni 13.000 abitanti

… Lazio … un ricovero ogni 12.300 abitanti

… Toscana … un ricovero ogni 12.900 abitanti

… i dati attuali Regione per Regione

… “zona gialla” … i ricoveri dovrebbero triplicare

… neanche il tasso di vaccinazione è direttamente correlato al numero dei ricoverati

… 82% dei friulani ha completato l’intero ciclo vaccinale, esattamente nella media nazionale

… Lazio, la Regione con il più alto numero di ricoverati, siamo all’86% di popolazione completamente vaccinata, più della media nazionale

… fake-news montate ad arte, funzionali ad una determinata narrazione completamente anti-scientifica ma strumentale esclusivamente agli interessi della politica

FONTE: https://www.pro-memoria.info/dilagano-le-fake-news-sulla-bomba-di-contagi-a-trieste/

 

 

 

Covid, Pregliasco: “Lockdown per non vaccinati opzione possibile e interessante”

SALUTE E BENESSERE

Il virologo Fabrizio Pregliasco, docente della Statale di Milano, sostiene che il cosiddetto “modello Austria”, con restrizioni riservate ai non vaccinati, sia una “soluzione possibile perché il rischio di infezione nei contatti tra non vaccinati o tra vaccinati e non vaccinati è superiore”

Secondo il virologo Fabrizio Pregliasco, docente della Statale di Milano, il lockdown solo per i non vaccinati contro Covid-19, in caso di un’impennata di casi e terapie intensive in sofferenza, è “un’opzione possibile e interessante, che abbassa il livello di rischio nei contatti interumani”.
Come riporta Adnkronos, Pregliasco sostiene, infatti, che il cosiddetto “modello Austria”, con restrizioni riservate ai non vaccinati, sia una “soluzione possibile perché il rischio di infezione nei contatti tra non vaccinati o tra vaccinati e non vaccinati è superiore”. (COVID: LE ULTIME NOTIZIE IN DIRETTA – VACCINO COVID: DATI E GRAFICI SULLE SOMMINISTRAZIONI IN ITALIA, REGIONE PER REGIONE)

Pregliasco sul cosiddetto “modello Austria”

“Non essendoci un manuale di gestione bisogna fare riferimento ad esempi e soluzioni varie”, ha dichiarato il virologo, per poi ribadire che “ogni contatto interumano è a rischio, ma il contatto con soggetti non vaccinati fa sicuramente salire la probabilità di aumentare la diffusione del contagio“. E del resto se un provvedimento del genere dovesse essere adottato, “tutelerebbe anche gli stessi non vaccinati, più vulnerabili a un’infezione grave in caso di alta circolazione virale”, ha concluso Pregliasco.

Costa: “Pronti a considerare obbligo vaccinale per categorie”

La presa di posizione di Pregliasco sul cosiddetto “modello Austria”, arriva nel giorno in cui il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, ha paventato la possibilità di estendere l’obbligo vaccinale per alcune categorie di lavoratori.
“L’obbligo vaccinale per alcune categorie non è assolutamente un tabù e siamo pronti a prenderlo in considerazione”, ha dichiarato Costa, in un intervento a “Radio Cusano Italia TV”. “Ora affrontiamo queste settimane, vediamo quali saranno i dati delle vaccinazioni, dopo di che ci auguriamo che vi sia un senso di responsabilità che prevalga”, ha aggiunto. E sulla possibile reintroduzione dell’obbligo di mascherina all’aperto “ad oggi questa non è un’ipotesi sul tavolo del Ministero. Confido che questo possa essere un Natale diverso da quello dello scorso anno. Molte scelte dipenderanno da quanti non vaccinati decideranno di vaccinarsi”, ha concluso.

FONTE: https://tg24.sky.it/salute-e-benessere/2021/11/03/covid-lockdown-non-vaccinati-pregliasco

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Ora Israele deve fare i conti con la Russia

La decisione degli Stati Uniti di ritirare le proprie truppe dal nord della Siria sta sollevando preoccupazioni in Israele: alcuni analisti di Tel Aviv stanno dipingendo un quadro drammatico che vede una Russia sempre più invadente e l’Iran pronto a colpire lo Stato ebraico.

Israele, grazie al ritiro americano perfettamente in linea con la politica “America first” che vede gli Stati Uniti abbandonare alcuni fronti secondari pur mantenendo il controllo dei clausewitziani Schwerpunkt, si sente sola: c’è infatti chi si sta chiedendo cosa succederà la prossima volta che Tel Aviv dovrà avere a che fare con l’attività di espansione economica russa, o, ancora più preoccupante, come sarà gestita la prossima crisi con l’Iran, che rischia di avere un unico arbitro internazionale, ovvero Mosca.

Israele in un certo senso si sente anche “tradita” dalla politica di Trump: quello che viene percepito come un abbandono del Medio Oriente – che in realtà abbandono non è – pone la politica americana, vista da Tel Aviv, nel solco di quella dei democratici Usa, che non sono mai stati propriamente innamorati dello Stato ebraico. Durante i mandati del presidente Obama, i rapporti tra Washington e Tel Aviv non sono stati idilliaci proprio per la questione iraniana: la firma dell’accordo sul nucleare iraniano, il Jcpoa ora praticamente defunto, è stata fortemente contrastata da Israele in quanto non ha eliminato la minaccia atomica degli Ayatollah.

Una questione, quella iraniana, che ritorna prepotentemente al centro delle preoccupazioni, e come vedremo anche per la questione nucleare, ma Israele teme anche che senza gli Stati Uniti la Russia occupi un vuoto geopolitico diventando un attore imprescindibile per la politica del Medio Oriente.

Chi ha paura della Russia?

Come riportato da Haaretz, uno dei timori della presenza di Mosca come attore attivo e fondamentale della politica mediorientale è che diventi difficile regolare le attività di espansione economica e commerciale tra Israele e la Russia nella prospettiva dei rischi che riguardano la sicurezza nazionale che potrebbero derivarne.

Ritorna, cioè, a venire agitato lo spettro degli “hacker russi” che, se difficilmente avrebbero interesse (o le capacità) di pilotare le elezioni in Israele, potrebbero avere accesso, attraverso la penetrazione economica, a tecnologia civile (e militare) coperta da segreto. Un’attività di spionaggio industriale di Stato che è pratica comune non solo in Russia, ma ovunque nel mondo, Stati Uniti compresi.

Una fonte anonima, ma appartenente all’ambiente militare israeliano, ha infatti esplicitamente affermato ad Haaretz che “i russi sono coinvolti in attività di sovversione politica ovunque nel mondo. La vedono come legittima e Israele non fa eccezione. Come i cinesi, i russi vogliono dimostrare che il sistema democratico non funziona da nessuna parte… preferiscono venire a patti con leader e sistemi gerarchici senza la presenza di istituzioni che bilanciano e limitano il potere. Così sfidano le strutture democratiche ovunque nel mondo, interferiscono nelle elezioni e creano pressione economica attraverso gli investimenti delle oligarchie che sono funzionali al Cremlino”.

Un’analisi molto più che pungente, un vero atto d’accusa verso Mosca, ma che sembra più dettato dal timore per il disimpegno americano che da un’analisi oggettiva e ragionata della situazione. Come accennato l’attività di pirateria elettronica, sia essa rivolta all’acquisizione di documenti coperti da segreto o al tentativo di indirizzamento politico della masse, la cui reale efficacia è ancora tutta da provare, è un’attività diffusa, effettuata da tutti gli attori statuali piccoli e grandi: dall’Iran, alla Corea del Nord, alla Cina, gli Stati Uniti e, ovviamente, la Russia. Fa parte di quella che viene definita “guerra ibrida” ed è un campo di battaglia che sta assumendo sempre più importanza.

Non si capisce, per il caso israeliano, perché Mosca dovrebbe “attaccare” una nazione di fatto amica, sebbene nell’orbita americana, e soprattutto proprio ora che Washington ha deciso di ridimensionare la propria presenza in Medio Oriente – sebbene le truppe presenti in Siria siano state spostate in Iraq, quindi di fatto il bilancio totale resta invariato. L’interesse di Mosca, come affermato con preoccupazione dal media israeliano, è quello di ampliare il proprio raggio commerciale, soprattutto nel campo degli idrocarburi e dell’energia nucleare, come sta facendo altrove: una tattica di soft power ben nota e anch’essa utilizzata da tutte le nazioni con ambizioni di potenze globali o regionali.

La paura della Russia parte anche dalla considerazione del fatto che gli interessi di Mosca in Iran sono più forti di quelli in Israele. “In caso di uno scontro staranno dalla parte della Siria e dell’Iran, perché ultimamente i loro interessi sono radicati in quei Paesi e riguardano l’energia e la vendita di armamenti” sostiene Uzi Harad, ex presidente del Consiglio di Sicurezza Nazionale israeliano. Harad dovrebbe però considerare anche che proprio la Russia non si è mai opposta ai raid israeliani in Siria che hanno colpito proprio le posizioni delle milizie iraniane che stanno combattendo l’Is, e che i rapporti con l’Iran sono, in realtà, ben lungi dall’essere saldi: Mosca e Teheran, nonostante la convergenza su alcuni temi, come la lotta all’integralismo religioso di matrice wahabita, sono sempre stati caratterizzati da una certa freddezza reciproca.

Harad dovrebbe considerare con più preoccupazione i rapporti che Mosca sta tessendo con Riad, proprio nell’ottica del contrasto al terrorismo, ma essendo l’Arabia Saudita un avversario dell’Iran, automaticamente scatta il meccanismo dell’interesse strategico che vede nel nemico del mio nemico un mio amico, per cui si preferisce evitare di parlare delle connessioni dimostrate e dimostrabili tra l’Is, la Fratellanza Islamica e le petromonarchie del Golfo.

L’accusa di voler rubare la tecnologia israeliana, che, secondo Haaretz, sarebbe superiore rispetto a quella russa, ci sembra del tutto fantasiosa.

Hanno invece ragione ad essere preoccupati per gli eventuali sviluppi futuri della strategia di Washington, che potrebbe decidere di “chiudere i rubinetti” dei dollari e defalcare dal bilancio i 4 miliardi di dollari che annualmente vengono devoluti a Tel Aviv per la propria industria della Difesa.

Il nemico numero uno è sempre l’Iran

Gli israeliani lo ammettono: prima o poi si arriverà allo scontro con l’Iran. Gli sforzi di Teheran tesi a rifornire di armi Hezbollah e la penetrazione attiva di milizie iraniane in Iraq e in Siria non sono diminuiti nonostante i raid aerei che Israele sta effettuando su vasta scala in tutto quel settore del Medio Oriente.

Il prossimo round di scontri tra le due parti è imminente, riporta ancora Haaretz. Questo potrebbe essere il risultato di un’azione preventiva di Israele contro un attacco di rappresaglia iraniano o un raid deliberato della Idf contro la crescente presenza iraniana nella regione o i rifornimenti di armi a Hezbollah. Azioni che, come detto da Teheran, avranno un’immediata risposta militare da parte dell’Iran.

L’innalzarsi della tensione nel nord dello Stato ebraico potrebbe degenerare in un conflitto nel sud. Secondo l’intelligence militare israeliana, sebbene Hamas si stia adoperando per mantenere la stabilità e sia preoccupata per un’eventuale guerra, i jihadisti agiscono come un organismo indipendente da certe dinamiche non essendo legati né ad Hamas né (ovviamente) ad Hezbollah, e potrebbero attivarsi in un conflitto nella Striscia di Gaza indipendentemente dalle considerazioni che riguardano la reazione israeliana che molto probabilmente porterebbe a danni ingentissimi alla popolazione civile.

Una considerazione estremamente precisa e verosimile, che però dovrebbe far riflettere su quelli che sono i veri burattinai di questa instabilità nel settore sud: il terrorismo wahabita è finanziato coi petrodollari delle monarchie del Golfo. Il nemico numero uno, però, resta sempre l’Iran.

Pertanto anche il fatto che gli Stati Uniti non nascondano di voler tornare al tavolo delle trattative sul nucleare con Teheran, per raggiungere un nuovo accordo dopo l’uscita unilaterale dal Jcpoa, è fonte di preoccupazione per Tel Aviv. Gli israeliani sono coscienti che anche gli Ayatollah vogliano riprendere le negoziazioni, sebbene da posizioni di forza, cercando nel contempo di alzare la posta in gioco con piccole violazioni dell’accordo precedente, che comunque è stato violato dagli Stati Uniti con l’elevazioni di nuove sanzioni internazionali che, secondo gli analisti israeliani, non sono efficaci nel piegare l’economia iraniana.

La posizione di Israele sembra quindi essere intransigente: con l’Iran non deve esserci nessun tipo di accordo riguardo il nucleare, Teheran non deve possedere la tecnologia atomica nemmeno per scopi civili. Tel Aviv deve mantenere il predominio nucleare del Medio Oriente e non può permettersi che nessun altra potenza regionale possa dotarsi di armamento atomico. Una politica che rasenta la fobia ma che è in un certo senso giustificata dai proclami che la teocrazia ha fatto in passato sullo Stato ebraico.

Anche se la retorica di Teheran è recentemente cambiata in questo senso rispetto agli scorsi anni, Tel Aviv resta con la guardia alta, anzi altissima, in considerazione della sua recente storia: le guerre che ha combattuto in 70 anni di esistenza hanno plasmato non solo la politica ma il “sentire” di un intero popolo.

Ecco perché la penetrazione iraniana in quel settore del Medio Oriente viene vista come una minaccia esistenziale, ecco perché Israele sta compiendo sempre più azioni di contrasto a tale minaccia e non si fida di Teheran, ma dovrebbe comunque considerare, stante il cambio di equilibri, che la Russia rappresenta un attore molto meno ostile di quanto la retorica di una certa stampa locale voglia far credere, e che potrebbe essere una risorsa proprio in chiave di limitazione dell’espansionismo iraniano.

FONTE: https://it.insideover.com/politica/ora-israele-deve-fare-i-conti-con-la-russia.html

Piano di guerra “NWO” a RUSSIA e CONTRO-INFORMAZIONE.

Progetto CEPA con NATO-UE finanziato da industrie belliche

di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

«La guerra di informazione durante una crisi, in combinazione con attacchi informatici e azioni sovversive, potrebbe avere effetti destabilizzanti e paralizzanti significativi sulle società occidentali e sulle forze alleate. Pertanto, promuovere la resilienza dello stato e della società contro tutte le forme di guerra ibrida, comprese le attività informatiche dannose e la disinformazione, è la prima linea di deterrenza e difesa della NATO e una precondizione per la capacità dell’UE di agire con successo. Le autorità civili e militari delle nazioni ospitanti, insieme ai comandanti delle forze in transito e dispiegate, dovrebbero coordinarsi strettamente per sviluppare un approccio comune alla lotta alla disinformazione se vogliono rispondere in modo rapido ed efficace».

Il resto qui:

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/piano-di-guerra-nwo-a-russia-e-contro-informazione-progetto-cepa-con-nato-ue-finanziato-da-industrie-belliche/

 

 

Chi semina vento raccoglie tempesta…

Cina e Corea del Nord sono riuscite al primo test a lanciare un missile ipersonico, mentre gli Stati Uniti non ancora. Trattandosi di una tecnologia che attualmente possiede solo la Russia, viene naturale pensare che forse sia Mosca ad armare Beijing e Pyongyang.

Gli Stati Uniti si sono unilateralmente ritirati da parecchi trattati di limitazione delle armi nucleari firmati con la Russia. È stato un grossolano errore.

Il Financial Times ha pubblicato un articolo in cui afferma che ad agosto la Cina ha testato un’arma ipersonica simile al missile ipersonico russo Avangard [1].

Il missile ipersonico planante cinese sarebbe stato messo in orbita attorno alla terra con un missile Lunga Marcia. È stato poi frenato per poter rientrare nell’atmosfera terrestre ed effettuare manovre correttive di traiettoria verso il bersaglio nel poligono di tiro.

Il missile planante cinese può raggiungere un bersaglio situato in qualsiasi parte del globo. Per la sua elevatissima velocità, quando si trova alla portata dei sistemi di difesa AA il tempo di reazione è talmente breve che la probabilità d’intercettarlo è prossima allo zero.

Lo scudo antimissile statunitense non è in grado d’intercettare missili ipersonici che modificano i propri parametri di traiettoria, ossia che sono in grado di fare manovre. Oltre a essere indifesi di fronte a questi ordigni ipersonici, gli Stati Uniti ne sono ancora sprovvisti.

Generalmente, i primi tre o quattro collaudi statunitensi e russi di armi complesse falliscono. Ma il test dei cinesi è andato a buon fine al primo colpo.

Sicché ci si può porre molti interrogativi, soprattutto questo: c’è correlazione tra la visita a Mosca della sottosegretaria di Stato Victoria Nuland e il test cinese?

FONTE: https://www.voltairenet.org/article214424.html

 

 

 

CULTURA

“LE COSTITUZIONI”: LA REPUBBLICA DEMOCRATICA GERMANICA (VIDEO)

Nella nuova puntata de “Le Costituzioni” parliamo della Repubblica democratica germanica. Il primo articolo della Costituzione recita: “La Camera popolare provvisoria della Repubblica democratica germanica è costituita, per quanto riguarda la sua composizione, dal Consiglio del Popolo tedesco sulla base della Costituzione della Repubblica democratica germanica votata il 19 marzo del 1949 dal Consiglio del Popolo tedesco e ratificata il 30 maggio 1949 dal III Congresso del Popolo tedesco”.

 

VIDEO QUI: https://youtu.be/6fdPso2YCDM

 

FONTE: https://www.opinione.it/cultura/2021/10/29/manlio-lo-presti_le-costituzioni-repubblica-democratica-germanica-consiglio-popolo-tedesco/

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Il soft power dei media nella politica internazionale di cambiamento climatico

SINTESI
La caratterizzazione del ruolo e potere dei media nel contesto dell’emergere di nuovi attori nelle relazioni internazionali è una sfida importante. Con le tecnologie dell’informazione e della comunicazione diversi cambiamenti avvenuti sulla scena internazionale e, nell’esercizio del potere politico contemporaneo. Per questo motivo, lo studio si propone di indagare il ruolo dei media nell’uso di soft power per discutere di politica internazionale del cambiamento climatico e la sua configurazione come un nuovo attore delle relazioni internazionali. A tal fine, si analizzano le caratteristiche di base dei principali attori sulla scena internazionale, quali sono le principali teorie della comunicazione al fine di stabilire il rapporto con i media e fenomeni contemporanei come la loro inclusione nel contesto delle relazioni internazionali. Analizza anche l’espansione internazionale di comunicazione politica e le implicazioni di integrare i nuovi media e le nuove sfide dell’era dell’informazione in rete. Quindi, utilizzando il metodo ipotetico-deduttivo di approccio e la conduzione di ricerche biblioteca, documentare e utilizzare la tecnica di analisi del contenuto, è possibile confermare l’ipotesi che i media hanno acquisito lo status di nuovo attore delle Relazioni Internazionali, e, che vi è una crescente importanza dei mezzi di comunicazione con la scena internazionale, in particolare l’uso del soft power per programmare e esame della questione del cambiamento climatico internazionale.

INTRODUZIONE

Le variazioni di esercizio del potere politico nel processo contemporaneo del processo decisionale sono cambiate negli ultimi anni tanto che oggi, problemi come il cambiamento climatico sono discussi da vari attori, tra cui media internazionali, anche se le decisioni finali su questo tema erano ancora legate alle risposte date dagli Stati. Nel campo delle comunicazioni, istituito nuovi modi di scambio di informazioni, conoscenze e cultura e che influenza anche il corso delle relazioni internazionali e dei suoi attori.

In questo contesto, sottolinea l’importanza della ricerca di questi elementi e le loro implicazioni, concentrandosi, invece, l’analisi del soft power dei media in questo nuovo scenario. Si intende, con questo spettacolo articolo che i mezzi di comunicazione emerso come un nuovo attore di relazioni internazionali a causa dell’uso del soft power nella conduzione di dibattiti sulle tematiche ambientali dal cambiamento climatico.

Quindi, cerchiamo di punto inizialmente il contesto attuale configurazione della scena internazionale con i principali attori delle relazioni internazionali (1) a, porteriormente, da uno a identificare l’influenza dei mezzi di comunicazione all’interno di quello spazio, attraverso la comprensione dei punti specifici teorie che coinvolgono di comunicazione (2). Inoltre, cerchiamo di presentare gli elementi principali per la nascita della politica di comunicazione internazionale e le implicazioni di isnerção dei nuovi media e le nuove sfide derivanti dalla rete di informazione globale (3), con particolare attenzione l’esercizio del potere morbido nei media discussione politica che coinvolge i cambiamenti climatici (4).

1 LO SCENARIO ATTUALE DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI: SFIDE E LE SUE ATTORI

Uno dei sistemi più importanti del mondo politico nella seconda metà del Novecento è stato il notevole incremento nel numero e importanza di attori non statali. Con la crescita di interdipendenza e comunicazione tra le società, ha istituito una serie di nuove strutture organizzative, che operano su base regionale e globale. Così, le trasformazioni si è verificato nel secolo scorso sono visti come chiave per aumentare il numero di nuovi attori (Rodrigues, 1994. p. 13). Da questi cambiamenti che ha avuto inizio una nuova tendenza secondo l’ordine internazionale in cui lo stato non è più l’unico attore ad assumere il ruolo condiviso con gli altri.

La dottrina internazionalista, a sua volta, divergono con l’intesa che gli attori non statali devono essere trattati come distinti e autonomi, o semplicemente come strumenti di stati. Gli studi più attuali nell’area cominciano a riconoscere la convivenza nel sistema internazionale degli Stati e attori non statali. Così, i nuovi attori, soprattutto le organizzazioni internazionali, tra cui spicca la partecipazione delle Nazioni Unite (ONU), hanno un ruolo forte nella gestione dell’opinione pubblica mondiale e la politica estera nel suo complesso (Seitenfus, 2004, p. 161-162.) chiede misure per affrontare questioni complesse e interdipendenti (Young, 2000. p. 254-255). Esempi sono le molte conferenze presso le Nazioni Unite per regolare questioni ambientali, in cui afferma che sono emerse, pur essendo privo di coercitività, trovano rifugio in diversi stati a causa della pressione dell’opinione pubblica mondiale.

La qualità di un attore, a sua volta, è talvolta descritto come una base sulla sua natura, a volte dalla loro capacità e la loro capacità di svolgere determinati compiti e raggiungere determinati obiettivi in campo internazionale. Antonio Papisca questa distinzione dimostra chiaramente la questione dottrinale dello stato di attori internazionali. Per questo, l’autore sostiene che ci sono attori con lo stato attribuito (secondo la sua natura giuridica, per esempio) e giocatori con lo status acquisito (in termini di capacità) (Papisca, 1973, p.154). Il primo spiega che si adattano quei giocatori tradizionali, indipendentemente dalla loro volontà, cioè, gli attori sono intrinsecamente la scena, citando come un primo esempio di stato. Il secondo, afferma Papisca che sono quelli che conquistano questa condizione come risultato dei loro sforzi e per affermare la loro capacità personali (1973, p.154-155).

In questo articolo, questa identificazione dello “status acquisito” sarà importante, perché questi attori contribuiscono alla loro capacità di influenzare direttamente e, di fatto, sul comportamento dei sistemi politici nazionali (Papisca, 1973, p. 156). A volte questi attori vanno a sviluppare la propria politica estera e gli stati nazionali molto diverse in cui si trovano. Così, acquisendo lo status di attore, iniziano interagendo con tutti gli altri attori internazionali, in grado di “influenzare e modificare” altri comportamenti (Papisca, 1973, p. 156).

Così secondo questo ragionamento, può essere considerato come un attore, che partecipa nelle relazioni internazionali e la dimensione dinamica della società internazionale, tenendo conto del gioco di cooperazione o conflitto esiste in questo scenario (Oliveira, 2004. p. 183 ). Questo concetto consente di includere i media come un attore, perché, come discusso nel prossimo argomento sta diventando sempre più evidente che la loro influenza negli affari internazionali.

Eppure, è necessario sottolineare che la categoria da esaminare è se l’attore dovrebbe essere misurata dalla influenza esercitata in modo efficace nel loro campo (Oliveira, 2004. p. 183). Questo progetto dimostra anche di essere molto rilevanti per la conferma della ipotesi che i media è emerso come un nuovo attore, come l’analisi delle interazioni multimediali relativi all’oggetto di questa ricerca dimostrano la capacità che i mass media hanno nell’articolazione dei fatti e delle politiche internazionali. Per queste ragioni, si procede ad un’analisi degli elementi per dimostrare il ruolo crescente dei media lungo sulle relazioni internazionali.

2 TEORIE DELLA COMUNICAZIONE E IMPOSTAZIONE DELLA MEDIA COME NUOVO ATTORE DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI

L’inclusione dei media nella lista degli attori delle relazioni internazionali è estremamente raro tra autori classici collegati al tema. Pur essendo discussioni sul ruolo della propaganda politica da certi media per manipolare l’opinione pubblica, non è una teoria sullo stato esatto degli attori all’interno della struttura. Comunque, è innegabile che la comunicazione assume sempre più importante per i cittadini, in modo che Mauro Wolf, analizzando il tema, osserva che le materie in cui l’esperienza diretta delle persone è più piccolo, ci sarà un maggiore ricorso a media nella costituzione di una posizione e una esperienza sul tema e le cornici interpretative necessarie per la loro comprensione (Wolf, 2006).

È interessante notare che lo studio dei media dal punto di vista delle relazioni internazionali non è così semplice perché ci sono diversi campi teorici coinvolti e molte impostazioni che hanno bisogno di essere capito. I mezzi di espressione, ad esempio, “può significare una vasta gamma di fenomeni, gli eventi e le trasformazioni che coinvolgono la politica, giornalismo, pubblicità, marketing, intrattenimento, in modi diversi” (Guazina, 2007, p. 55 ).3 Ciò rende ancora più difficili da analizzare da un tribunale di contenuto semplice (ad esempio, dei media e della politica).

Data questa complessità, è necessario incorporare le altre variabili, ad esempio, i media, giornalismo, marketing, pubblicità, televisione, Internet, dal punto di vista della ricezione, ecc. Per questo motivo, in questo articolo sono utilizzati come variabili associate con la ricerca sui media, il suo rapporto con le nuove tecnologie dell’informazione, in particolare di Internet come arena di creazione e negoziazione di politiche internazionali che coinvolgono il riscaldamento globale, con il luogo di interazione cyberspazio (Levy, 1996. p. 203).

L’uso dei media parola, all’interno di un concetto ampio, più legata alla serie di mezzi di comunicazione di massa, trova la sua origine nella ricerca sui mass media americani. Queste indagini sono state condotte pre-e post-bellica studi che hanno coinvolto le elezioni, la propaganda e l’opinione pubblica, che in seguito ha dato luogo a resarch comunicazione come sarà discusso più avanti.

In questo studio, si propone una revisione del concetto tradizionale di mezzi di comunicazione in modo da non includere semplicemente un insieme di mezzi di comunicazione di massa. Il concetto di mezzi di comunicazione più adatte ai tempi attuali, è necessario a spogliarsi i sensi che sono più legati al passato che ha visto come un mero strumento, canale o mezzi di comunicazione, che non è sufficiente per comprendere tutte le complessità che i media promuove come “settore informazione” e “istituzione” nel mondo politico contemporaneo.

È necessario capire fin dall’inizio che “i media non è solo un vettore di informazioni, il suo ruolo nella società come formazione dell’opinione pubblica è diventata anche fondamentale per la costruzione dell’immagine che le persone fanno politica” (Barth, 2007. P . 26). Una concettualizzazione aggiornati con nuove tecnologie dell’informazione non dovrebbe includere solo i media come uno strumento tecnico, come Internet o altri veicoli classici come televisione e stampa. Il ruolo dei media nella società dell’informazione non dovrebbe essere limitato solo alla trasmissione di contenuti informativi, ma costituisce anche uno spazio per la mediazione delle questioni che sono importanti per la società.

D’altra parte, bisogna ammettere che in molti modi i media rimane ancora uno strumento potente, anche per l’esercizio del potere di altri attori. Tuttavia, riducendo le sue prestazioni di uno strumento semplice, ignora la sua capacità di lavorare autonomamente. Per queste ragioni, dobbiamo capire i media non solo come un insieme di diversi media, ma anche come un processo, un attore e un’arena di discussione e mediazione dello spazio pubblico. Nonostante le critiche occasionali del concetto ora adottato, resta inteso che il miglior modo di riferirsi ai media in modo adeguato agli scopi di questo articolo, che esce per i contorni concettuali di relazioni internazionali attore.

Oltre a stabilire questo concetto, è necessario considerare il ruolo dei media in questo processo di mediazione e di formazione dell’immagine collettiva su certi fatti e gli eventi che vengono trasmessi a una grande massa di destinatari di queste informazioni, in particolare attraverso l’uso cyberspazio.

Per farlo, quando si considerano gli studi nel campo della comunicazione, si rileva che diversi autori sottolineano che il rapporto tra i media e come il messaggio viene ricevuto deve essere considerata con cautela. Questo perché, per certe teorie della comunicazione “l’utente non è un ricettacolo passivo”, dopo tutto “, egli interpreta il messaggio in base alla loro esperienza, il loro ambiente, i loro bisogni e desideri” (Bertrand, 1999. p. 52). Pertanto non può essere considerato come “una vittima dei media, ma un utente” (Bertrand, 1999. p. 52).

Si può osservare che le nuove tecnologie come Internet, destinatari di queste informazioni anche arrivare a comprendere come comunicatori negli ultimi Manuel Castells chiama “mass self-communication” o “intercomunicazione individuale” (Castells, 2010) .

Quindi, anche se Claude-Jean Bertrand ha sostenuto che l’influenza principale dei media, lo è di default, cioè “quello che dice ha più influenza di quello che dice” (1999. p. 52), con nuove risorse per l’informazione, almeno per una parte della popolazione mondiale con accesso a Internet, questa omissione può essere messa in discussione e portare ad un mezzo alternativo per la comunicazione all’interno della rete stessa cosa che molti autori chiamano i media alternativi o supporti attivista (Moraes, 2010).

La prima fase di studi di comunicazione focalizzata sul ruolo e gli effetti della radio, visto che questo è stato il primo outlet dei media che ha raggiunto proporzioni significative e la popolarità, che ha dato le condizioni da considerare come un vero e proprio mezzo di comunicazione di massa . La gamma della radio, così ha fatto come sono stati ampiamente utilizzati da regimi totalitari che è emerso nel periodo tra le due guerre. Cioè, la prima fase vi è una concentrazione negli studi di messaggi dei media e dei loro effetti sugli individui, mentre nella seconda fase, gli studi ha iniziato a sottolineare il processo di selezione, produzione e diffusione di informazioni con effetti a lungo termine .

Tra le principali teorie della seconda fase in teorie della comunicazione sono teorie degne di nota di agenda setting, newsmaking gatekeeper e, come sarà discusso più avanti.

2.1 LA TEORIA DELL´“AGENDA SETTING” E INFLUENZA DEI MEDIA PER STABILIRE L’IMPORTANZA DELLE QUESTIONI

La teoria di agenda setting presuppone che i mass media non può produrre effetti diretti al fine di determinare come le persone pensano e agiscono, ma i soggetti su cui si intende. Questo processo coinvolge anche il modo in cui i soggetti si sono manifestate entro quadri o “frames”, cioè le categorie, gli schemi, le conoscenze, schemi interpretativi applicati dai processi di produzione per dare un senso di informazioni che informa (Marini, 2008).

Eugene Shaw afferma che il pubblico è consapevole o ignora, prestare attenzione o negligenza, enfatizza o passa sopra alcuni elementi specifici degli scenari sotto l’influenza dei media pubblici. Di fronte a essa, sostiene che la gente tende a includere o escludere dalle proprie conoscenze comprende ciò che i media o cancellare i propri contenuti (Shaw, 1979. p. 96).

Si deve rilevare che la gente ha opinioni su una vasta gamma di argomenti, ma secondo questa teoria, solo loro attenzione su alcuni veramente. Così, come uno dei creatori di agenda setting, Maxwell McCombs, il ruolo che i mass media hanno di fissaggio, mentre l’ordine del giorno è quello di influenzare la rilevanza di un tema. Quindi, anche se diversi problemi attraggono l’opinione pubblica, solo alcuni ricevono più attenzione e l’influenza dei media, che li ha giudicati come i giorni più importanti e, di conseguenza, anche influenzerà la percezione del pubblico su di loro. McCombs fa notare che non stiamo parlando di una influenza premeditato, ma come risultato di ciò che è ricercato per questo bisogno che il supporto selezionato e messo in evidenza come i problemi considerati come le notizie più importanti del giorno (McCombs, 2006. p. 25).

Distinguendo tra l’influenza dei media in ordine di rilevanza dei temi da un lato, e opinioni che possono essere pratico, dall’altro, Bernard Cohen afferma che i media, nella migliore delle ipotesi, non può dire la gente “come” dovrebbero pensare, tuttavia, “che cosa” dovrebbe pensare (Cohen, 1963. p. 13). Così, come ha detto giustamente McCombs, in tutti i media, “la ripetizione di un tema al giorno e un altro giorno è il più potente di tutti i messaggi per essere chiaro che nella sua importanza” (McCombs, 2006.p. 25) .

2.2 GUARDIANI DEL CANCELLO E LA TEORIA DELLA GATEKEEPER

Il concetto di gatekeeper “si riferisce alla persona che prende una decisione dopo una sequenza di decisioni” (Traquina, 2001. P. 68). “David Manning White,” in 50 anni, è stato uno dei teorici primi ad applicare questo concetto di giornalismo, riconoscendo che i mass media hanno un potere decisivo sul processo di selezione delle informazioni che si accende notizie (White, 1993. P . 142-151). Così, in mezzo a così tante informazioni disponibili in diversi settori, si rende necessario definire ciò che è pubblicato o meno e in questo contesto, il giornalista fa da gatekeeper. Il reporter forma il primo cancello nel processo di comunicazione, e l’editor, che è l’oggetto di studio da White, è l’ultima porta (Bianco, 1993. P. 143).

La “teoria gatekeeper” emerge attraverso l’uso di un approccio microsociologiche, priorità del ruolo del singolo giornalista, ignorando altri fattori testata giornalistica macrosociologici o dispari. Traquina sostiene che si tratta di una teoria che è “basata sul concetto di selezione, riducendo al minimo altre importanti dimensioni del processo di produzione di notizie”, che porta, di conseguenza ad una “visione limitata del processo di produzione delle notizie” (Traquina, 2001. p. 70). Eppure, nonostante la prima ricerca a identificare solo il carattere individuale dell’attività del gatekeeper, le successive fasi di questa teoria ha iniziato a considerare l’idea che il processo di selezione è gerarchicamente ordinati e collegati a una rete complessa di feed-back (WOLF, 2006, p 181-182).

Così, sulla base di questa realtà che riconosce l’esistenza di un complesso processo di informazione, le ultime ricerche nel campo del giornalismo sottolineano l’importanza di comprendere “come” questo filtro si verifica dato che durante questo processo può essere coinvolto molto di più il semplice rifiuto o accettazione (Wolf, 2006, p. 182). Di solito lo spazio informazioni relative all’indirizzo selezione dalla giornalista non è così ampio e gestito in modo indipendente come dimostrato in studi pionieristici di “gatekeeper”, perché gran parte l’esercizio della funzione è svolta da esecuzione di ordini precedentemente stabiliti dai proprietari del giornale .

Altri fattori che influenzano l’applicazione di questa teoria, come originariamente pensato. Nell’era di Internet, per esempio, a causa della maggiore libertà di spazio nelle pubblicazioni on-line, ci sono tutte le possibilità che lo spazio di guadagno soggetti in questo mondo virtuale, nonostante sia respinto con i media tradizionali. Inoltre, data la possibilità di ogni persona sarà in grado di esprimere le loro opinioni e segnalare alcuni eventi al mondo attraverso singoli siti web (blog in particolare) può anche essere uno dei pre-selezionati eventi che possono, a seconda dell’impatto rete, usato come fonte per i media tradizionali. Questa facilità di esporre più contenuti, senza un problema con lo spazio a loro riservato sui quotidiani, rivela anche un curioso fenomeno che si trova a giornalisti stessi hanno siti web dove pubblicare le proprie storie, molte delle quali esistono solo nel mondo virtuale (Levy , 1996, p. 15, 40).

2.3 LA COSTRUZIONE DELLA NOTIZIA E LA TEORIA DEL NEWSMAKING

L’ipotesi di “newsmaking” è considerata più una teoria del giornalismo di una teoria della comunicazione in vista del l’accento sulla “trasformazione potenziale di eventi quotidiani la notizia” (HOHLFELDT, 2001. P. 203). Studi sul “newsmaking” migliorare l’inchiesta sulla “gatekeeper” al fine di fornire ulteriori dettagli sulla routine del lavoro con i media sta indagando su come il processo di industrializzazione della notizia, che è, come è il processo in cui i professionisti dei media determinare i valori di determinati eventi, al fine di trasformarli in notizie o no.

I risultati della ricerca di newsmaking intentata contro una percezione che i rumori attraverso i mass media, che la notizia è semplicemente un resoconto degli eventi, il più obiettivamente possibile. L’insieme di criteri di rilevanza di eventi che definiscono la sua notiziabilità è costruito sul rapporto tra la cultura professionale, organizzazione del lavoro, tra gli altri vincoli.

La notiziabilità consiste quindi nella serie di requisiti che sono richiesti per gli eventi che possono essere trasformati in notizia, e quelli che non rientrano in essi saranno escluse da questo processo (Hohlfeldt, 2001. P. 203). Dato questo, le notizie è quello che i giornalisti, all’interno di alcuni vincoli, definire come notizie (Tuchman, 1983. P. 232). Pertanto, è anche di grande importanza per osservare tutto ciò che è più una novità, e giornali come i silenzi possono anche essere significativo in tal senso.

Mauro Wolf afferma che “notiziabilità corrisponde al set di criteri, operazioni e strumenti con cui i media affrontare il compito di scegliere ogni giorno da una serie di fatti imprevedibili e non definiti, tende a una notizia finito e stabile” (Wolf, 2006. p. 191). La notizia, tuttavia, è governato da valori notizia (valori news) che può essere definita come “l’insieme di elementi e principi attraverso i quali vengono valutati gli eventi per mezzo di comunicazione di massa e dei suoi professionisti nel loro potenziale di rendimento risultati e prossimi eventi, notizie divenire “e che tali valori non può e non deve essere analizzato separatamente (Hohlfeldt, 2001. p. 208).

Così, i valori notizia sono una componente del valore informativo, e servire come una risposta alla seguente domanda: “Cosa gli eventi che sono ritenuti sufficientemente interessanti, significative e rilevanti per essere trasformati in notizia?” (Wolf, 2006 p. 196 ).

Quindi, può essere riassunta, affermando che i valori notizia Severn come una mappa o un diagramma che aiuta e guida il lavoro del giornalista nel processo di identificazione di eventi che hanno valore in quanto notizie. Così, gli autori che studiano il newsmaking e dei valori notizie presenti numerose proposte di situazioni che devono essere valutati nel processo di selezione delle notizie.

3 COMUNICAZIONE POLITICA INTERNAZIONALE E L’EMERGENZA DEI NUOVI MEDIA

La Comunicazione Politica Internazionale, costituisce uno straordinario banco di osservazione degli effetti che i media possono avere con relazioni internazionali. Fin dalla sua origine, legata alla propaganda politica, da utilizzare come un meccanismo di guerra psicologica tra Stati Uniti e Unione Sovietica durante la Guerra Fredda, le interazioni tra politica e mass media sono stati sorprendenti.

I primi studi in questo campo sono stati condotti da Walter Lippmann e Harold Lasswell, analizzando il ruolo della radio durante la Prima Guerra Mondiale e la sua relazione con le tecniche della propaganda e opinione pubblica. Così, l’interesse a studiare in modo più sistematico se l’uso della propaganda bruscamente durante i decenni del 20 e 30, così come dal rapido sviluppo dei media e l’emergere di radio (Lazarsfeld, 1952-1953, p . 481).

Attualmente, data l’avanzata delle nuove tecnologie dell’informazione, lo studio della politica di comunicazione internazionale ha cominciato a includere questioni politiche, economiche, sociali, culturali, militar, ecc. Tutto sotto integrato uno e non solo legati al governo tale comunicazione come originariamente concepito. Eppure, la guerra fredda fino a quando il peso della comunicazione internazionale è considerato relativamente marginale, una circostanza che ha cambiato notevolmente negli ultimi decenni.

Di conseguenza, lo studio delle relazioni internazionali che si occupano delle questioni dei media solo in relazione alla politica interna e in relazione alla opinione pubblica nazionale ha cominciato ad occupare un dato più significativo il riconoscimento che l’immagine internazionale degli Stati ‘se stesso solo se il modulo è correttamente possesso degli stessi meccanismi per i media globale (Sreberny-Mohammad e.t all, 1997).

Come opportunamente osservato da Patrizia Laurano, la modernizzazione delle tecniche pubblicitarie che si sono adattati a nuovi conflitti dopo la guerra fredda mette in evidenza i meccanismi che regolano il rapporto tra gli attori della comunicazione internazionale, il sistema dei media, l’opinione pubblica e le élites politiche (Laurano, 2006. p. 12). L’importanza delle informazioni è coperto prima in questo nuovo ordine mondiale rende sempre più necessario studiare i meccanismi dei media e dei comportamenti pubblici al fine di produrre una comunicazione efficace.

Così, le tecniche di propaganda adatto per i nuovi conflitti in corso in questo periodo e contribuire a individuare le relazioni tra gli attori della comunicazione internazionale, ovvero: il sistema dei media, l’opinione pubblica e le élites politiche (Laurano, 2006. p. 12 ).

Patrizia Laurano analizzando dei media in questo modello di comunicazione presentato da Diodato, osserva che si può lavorare come attore o come spazio di azione per gli altri attori. Così, i media internazionali come attore interagisce con altri attori e anche influenzare le dinamiche del sistema in modo che questo spazio può essere utilizzato da altri attori di comunicare con il pubblico e diventare uno strumento della politica mondiale (Laurano, 2006. p . 13). Per Emidio Diodato, l’attuale sistema internazionale di informazioni che conta non è la somma delle opinioni pubbliche nazionali, “[…] ma l’esistenza di una sfera pubblica internazionale in cui i media agiscono “(Diodato, 2004. p.30 ).

Questa concezione è in linea con quanto proposto in questo articolo che i media non è, solo, uno spazio dove si produce informazione e diffuse. Invece, i media presenta sempre più come un attore forte, con una propria autonomia nelle relazioni internazionali. L’interazione che esiste tra i mezzi di comunicazione di massa e gli attori tradizionali in ambito internazionale è evidente e il ruolo dei media su alcune questioni è sempre più importante. Inoltre, in questa fase del sistema globale di comunicazione ha un adeguato sistema di comunicazione politica è considerata essenziale per le relazioni internazionali. Si noti, sempre più, che la superiorità nel campo della comunicazione consente ad uno Stato per condurre efficacemente una campagna informativa al fine di proiettare la propria immagine prima dell’altro (Laurano, 2006 p. 14).

In ogni caso, l’analisi dei media condotta dallo scenario internazionale, finora, permette l’identificazione di una sola delle sue facce, con una vista che fa riferimento a teorie, classificazioni basate su espressioni e dichiarazioni tecnologia classica, vale a dire, rappresentano il chiamato i media tradizionali: radio, televisione, giornali (Varela, 2007 p. 67.).

Succede che i media passa attraverso un profondo processo di trasformazione. Questo, però, non significa che i media tradizionali sono inutilizzabili o completamente obsoleto. La realizzazione di questo processo di cambiamento, tuttavia, rende necessario studiare l’impatto del fenomeno dell’emergenza dei nuovi media e la sua combinazione con i media tradizionali, e soprattutto come questo processo incide sulla loro identità come attore di relazioni internazionali (Cardoso, 2007. p. 111). La sfida di analisi proposta, così come Manuel Castells sottolinea, è che “Internet-mediata comunicazione sociale è un fenomeno troppo recente per questo la ricerca accademica ha avuto l’opportunità di raggiungere conclusioni definitive circa il suo significato sociale” (Castells, 2007. p. 442).

Pertanto, è in questo contesto che ora si esamina il ruolo dei media, rinnovata da tecnologie emergenti, e come tali strumenti per sfruttare la loro interazione con gli altri attori delle relazioni internazionali. In particolare, Dizard Wilson Jr., i media tradizionali e media contemporanei, fornisce l’accesso a informazioni e intrattenimento in modo appropriato, tuttavia, i due mezzi differiscono in alcuni punti. Nel caso dei nuovi media per un’espansione nelle caratteristiche quotidiana e opzioni disponibili, mentre i media tradizionali appena possibile innovare.

Inoltre, va sottolineato che è già totalmente superata l’idea che gli utenti dei mezzi di comunicazione sono esseri omogenei e passiva, facilmente manipolabili. Attualmente, non c’è grande possibilità di esercitare una forza di resistenza da parte della popolazione, soprattutto quella che ha l’accesso a Internet, è questa rete che ha un fantastico scambio di informazioni su vari argomenti attraverso le nuove caratteristiche che emergono costantemente .

3.1 I MEDIA NELLA SOCIETÀ IN RETE E NUOVE DIMENSIONI DELLA COMUNICAZIONE GLOBALE

Il modo in cui si realizza la “comunicazione di massa”, oggi, si differenzia più da quelli analizzati da modelli teorici del secolo e la metà del XX, che ha prodotto i primi studi sull’influenza dei mezzi di comunicazione al pubblico. Viviamo in un’epoca di profondi e rapidi mutamenti al fine di comunicare e apprendere. Nota, con questo, i mass media finiscono per essere “trasformato da nuovi modi per raccogliere, memorizzare e trasmettere informazioni” (Dizard JR., 2000. P. 24). Questi “cambiamenti drammatici” sono irreversibili e hanno un “via da seguire […] contrassegnati con un numero simile di insidie ??e opportunità” (Dizard JR., 2000. P. 53). Come Armand Mattelart ricorda, “reti di comunicazione in tempo reale sono l’impostazione della modalità di organizzazione del pianeta” (Mattelart, 1998. P. 7). Con questo, si noti che le nuove tecnologie dell’informazione anche fornire un significativo cambiamento nel modo in cui avviene la produzione, distribuzione e consumo di informazioni (Castells, 2007. P. 426).

In questo senso, Wilson Jr. Dizard sottolinea che “[…] i nuovi media non è solo una estensione lineare del vecchio. I media tradizionali e nuovi mezzi di comunicazione le risorse di informazione e intrattenimento per un vasto pubblico, comodamente a prezzi competitivi “(Dizard JR., 2000. P. 40-41). Così, l’autore afferma che la differenza in relazione ai nuovi media è che fornisce una serie di nuove funzioni ai consumatori via Internet, con un conseguente “connessione interattiva tra il consumatore e fornitore di informazioni” (Dizard JR., 2000. p. 40-41). Questa peculiarità presenta anche una nuova dimensione con l’attuale standard dei media al fine di essere parte di un senso unico dei media, generati e diffusi da una fonte centrale e trasferirsi in un nuovo media sempre più interattivo, che consente i consumatori possono scegliere le risorse di informazione desiderata al momento e nel formato che preferiscono.

Tal modo, rompe con la tradizionale comunicazione unidirezionale, le caratteristiche dei mezzi di comunicazione di massa, con conseguente possibilità di una interazione che offre una diversità plurale in dialogo con lo “spazio virtuale pubblico” che, grazie a nuove funzionalità come i blog, favorisce l’emergere di una media alternativi. Questo fenomeno, a sua volta, provoca cambiamenti nella stampa così come, chiusura di giornali e il loro declino circolazione in circostanze che verranno discussi di seguito.

Il cambiamento nella media tradizionali, però, è in corso da decenni. La differenza tra questo periodo di transizione è che il ritmo del cambiamento è più rapido a fronte di pressioni che Internet rappresenta per i media tradizionali. Le reti di computer e altre tecnologie avanzate “[…] non è più fenomeni periferici, sono la forza dominante che sta ridisegnando il futuro delle industrie dei media “(Dizard JR., 2000. P. 254).

Nota anche che le modifiche non sono limitate solo ai media, perché la forma e la direzione della società contemporanea e tutto ciò che si considera importante nel prendere decisioni ogni giorno da parte della popolazione è influenzata anche da questi cambiamenti (Dizard JR., 2000. p. 254).

Come afferma Manuel Castells, i cambiamenti nelle reti virtuali generano cambiamenti nelle relazioni di potere. Così, il potere delle informazioni dà chi possiede le connessioni di rete la capacità di influenzare i processi politici e tutte le altre interazioni sociali contemporanee. Per lui, “come sistema di informazione e comunicazione fondamentalmente circolano mezzi di comunicazione diversificati, ma completo, la pratica della politica è in crescita nello spazio dei media (Castells, 2007. P 572). Inoltre, l’autore sottolinea che questo spazio virtuale delle reti, la leadership politica può essere personalizzato per la formazione di immagini che generano potere. “Tuttavia, sottolinea anche che non tutta la politica potrebbe essere ridotto a mera effetti dei media. Questo perché, a prescindere da quale sono “attori politici e le loro preferenze, si trovano nel gioco di potere giocato dai media e da lei, in varie e sempre più diversi sistemi multimediali che comprendono reti di comunicazione mediata dal computer” (Castells, 2007. p 572 ).

Questa scoperta conferma la tesi che i nuovi media creano necessità di cambiamento nel modo di fare politica. La riqualificazione della politica per soddisfare il linguaggio dei nuovi media hanno profonde conseguenze per gli attori e le istituzioni politiche, e che merita attenzione da parte degli studenti di questi fenomeni e, in particolare quelli che si riferiscono alle relazioni internazionali.

È in questo contesto di cambiamenti nei media e comunicazione globale di fronte alle nuove tecnologie per la produzione di informazioni in giornalismo soffre anche modifiche. Tali cambiamenti nelle notizie modo in cui viene prodotta anche interferire con tutte le altre politiche e relazioni internazionali, perché, come abbiamo visto in precedenza, i media tradizionali svolge già un ruolo significativo in diversi momenti della politica internazionale.

Tuttavia, la variazione della velocità di trasmissione delle informazioni e dei nuovi strumenti utilizzati durante questo processo, apportare cambiamenti significativi nel ruolo effettivo del giornalismo tradizionale. Questo interferisce con la caratterizzazione dei media come attore delle relazioni internazionali, ed è per questo, nel prossimo argomento sarà analizzato queste sfide che sono emerse in questi ultimi anni nel modo in cui le notizie si produce.

 

4 IL “SOFT POWER” DEI MEDIA NELLA LOTTA CONTRO IL CAMBIAMENTO CLIMATICO

 

La scena contemporanea internazionale, come è stato già spiegato, passa attraverso una revisione della lista degli attori coinvolti nelle questioni di ordine globale. Cambiamenti climatici hanno già dimostrato che il coinvolgimento è necessario per tutti i responsabili di questo fenomeno e, di conseguenza, misure giuridiche e politiche devono essere prese. I modi in cui il discorso politico e le informazioni scientifiche che circonda il problema del cambiamento climatico in un mondo in movimento dei media sempre più complesso richiede un ripensamento del ruolo dei media insieme alle relazioni internazionali.

In considerazione dell’analisi delle teorie della comunicazione, attraverso la comprensione dei nuovi media, è stato possibile realizzare lo stretto rapporto che i media hanno, fin dalla sua nascita, con le questioni politiche nazionali e internazionali. Tuttavia, a questo punto emerge un interrogativo cruciale: come identificare il ruolo dei media con le relazioni internazionali prima che i fenomeni politici globali che si presentano ai dilemmi dell’umanità e ambientali che richiedono diversi cambiamenti di comportamento?

Joseph Nye ha una teoria che serve da base per identificare il ruolo che i media tradizionali ei nuovi media possono giocare in questo contesto. Il concetto di soft power applicata allo studio dei media e la sua influenza sulle questioni ambientali sembra essere essenziale per individuare il vero potere che ha oggi, non la autorizza troppo, come hanno fatto i primi teorici della comunicazione, ma anche senza disprezzare esso.

Il soft power è un’espressione coniata da Joseph Nye, al fine di descrivere l’abilità politica, non solo da parte degli stati, indirettamente, influenzare il comportamento degli altri attori e l’interesse delle relazioni internazionali. Per Nye, il concetto di base del soft power si riferisce alla capacità di influenzare gli altri a fare quello che vuoi, senza uso della forza bruta (hard power), dato che questa è sempre stata una misura realistica del potere predominante (Nye Jr., 2004. p. 5).

L’autore osserva che nella politica mondiale contemporanea è possibile e sempre più probabile che un “paese di ottenere i risultati desiderati perché gli altri vogliono seguirla, ammirando i suoi valori, emulando il suo esempio, che aspirano a suo livello di prosperità e libertà “(Nye, Jr., 2002. p. 36). Il soft power così coopta persone piuttosto che costringerli (Nye Jr., 2002.p. 36). In risposta, il concetto formulato da Nye, pur essendo un concetto relativamente nuovo per le relazioni internazionali, è già presente in molti discorso politico contemporaneo.

Joseph Nye afferma che la capacità di ottenere informazioni e l’azione da loro non è qualcosa che tutti gli attori sono in grado di fare le relazioni internazionali in modo tempestivo. Cioè, a suo avviso, l’informazione diventa potere che lei continua a concentrarsi su chi l’ha scoperta e, quindi, può decidere se diffondere o meno. Nel caso dei media, tuttavia, questo processo è più veloce perché i nuovi media cercano sempre di agire il più rapidamente possibile per commercializzare queste nuove informazioni date le tendenze di mercato (Nye Jr., 2004. P. 75).

Così, analizzando la variazione del comportamento degli altri, così come la capacità di identificare un attore che esegue questa conversione di potenziale in energia effettiva. Joseph Nye sottolinea la necessità di “riconoscere sia la capacità di un paese nella conversione del potere come il possesso di risorse energetiche” (Nye Jr, 2002. P. 71). Le forme di conversione di potenza e dei mezzi a soffrire sia un’influenza molto forte la corrente globale delle informazioni. “Il potere nell’era dell’informazione globale sta diventando meno tangibile e meno coercitive, in particolare nei paesi avanzati, ma la maggior parte del mondo non è fatto di società post-industriali, e che limita la trasformazione del potere” (Nye, Jr., 2002. p. 41).

Joseph Nye sottolinea che il “paradosso di abbondanza” è uno degli aspetti più interessanti del potere di fronte a questo flusso costante e crescente di informazioni, allo stesso tempo, genera una mancanza di attenzione. “Di fronte ad un volume eccessivo di informazioni è difficile sapere che cosa dovremmo concentrarci. L’attenzione, non informazione, diventa la risorsa scarsa, e che ottiene il maggior potenza sono in grado di distinguere i segni preziosi in mezzo al tumulto “(Nye, Jr., 2002. P. 121). E ‘per questo motivo che Nye giustifica l’aumento della domanda di persone in grado di filtrare queste informazioni. Per lui, la ricerca di editori in grado di filtraggio delle informazioni è una “sorgente di energia per quelli in grado di dirci dove mettere a fuoco” (Nye, Jr., 2002. P. 121). Inoltre, l’autore osserva che “il potere non converge necessariamente a coloro che possono produrre o conservare le informazioni (Nye Jr., 2002. P. 121). A differenza di interdipendenza asimmetrica nel commercio, in cui il potere appartiene a coloro che possono prevenire o rompere i legami commerciali, il flusso delle informazioni, il potere è chi ha la capacità di modificare e convalidare le informazioni con autorità, in modo da scegliere la cosa giusta come ciò che è importante “(Nye, Jr., 2002. p. 121).

L’alternativa, quindi, per affrontare in un messaggio mondo-caricato è credere in chi può filtrare queste informazioni e mostrare ciò che merita la dovuta attenzione. Il problema, tuttavia, è sapere di chi fidarsi e, soprattutto, come fidarsi. Per la potenza depositata nel selettore informazioni confermano l’evidenza che il soft power di informazioni sarà esercitato attraverso il controllo dell’agenda del dibattito pubblico in modo che i responsabili di questa filtro sono quelli che decideranno che “avranno problemi di accesso Sul piano internazionale, dibattito “(Steinberg, 2005. p. 175). Questa osservazione risulta per giustificare ancora una volta la necessità di comprendere la teoria di agenda setting e il portinaio, come già discusso in precedenza.

L’applicazione della teoria del gatekeeper, in questo contesto di soft power proposto da Nye, si è dimostrata fondamentale per l’analisi della credibilità dato a questi selettori. Questo perché la funzione svolta da questi ultimi alla fine, sempre di più, essendo una fonte di potere e un requisito essenziale per eccellere in questo nuovo scenario. Essere in grado di inserire nell’elenco dei selettori credibile sarà un esercizio interessante e necessario, tuttavia, non è realizzabile per tutti coloro che lo desiderano, almeno non con mezzi tradizionali.

Per questo motivo, la ricerca di credibilità è un problema che colpisce molti settori, dai politici ai media. Grandi reti di mass media, come la CNN, per esempio, si sentono minacciati dallo spostamento a fuoco dai suoi spettatori e, quindi, con un rischio di caduta di credibilità con il pubblico e tale circostanza, la teoria di Nye sarebbe una perdita indesiderata di soft power.

Analizzando queste difficoltà subite dal giornalismo contemporaneo, Margaret Steinberger sostiene che la “nuova geopolitica” è probabilmente basata su media e dall’opinione pubblica, perché è “utilizzando strumenti non convenzionali e di strutturare l’immaginario sociale nel campo geopolitico all’inizio di questo secolo” (Steinberger, 2005. p. 175). Uno di questi strumenti individuati dall’autore è “auto-riflessività”, che permette “gli inserti giornale se stesso come un attore della pubblica simbolica, capacità di ragionamento con altri attori e impostazione, per cui una nuova specie nel campo del discorso: il metajornalístico” (Steinberger, 2005. p. 175). L’autore spiega che la caratteristica essenziale di questo nuovo tipo di discorso giornalistico, quindi, sta nel spiegare al pubblico di “le difficoltà e le limitazioni di professionisti in materia di fonti di informazione”, e questa “spiegazione è fornita nel corpo di e la notizia è, ha anche informazioni “(Steinberger, 2005. p. 175). Anche se questa ricetta sembra aiutare nel processo di raccolta delle informazioni, nella produzione di notizie e il rapporto del giornalista con il pubblico, ci sono ancora altri problemi che affliggono la pratica giornalistica.

Una di queste sfide da superare è come affrontare la necessità di accelerare la produzione di notizie (Pena, 2005.p. 87). Le informazioni conferenza su questo feticcio della velocità (Moretzsohn, 2002. P. 120), in alcuni casi può richiedere molto tempo e, di conseguenza, richiedono una scelta tra la perdita della possibilità di informare il pubblico, anche senza un controllo adeguato della sorgente (Pena, 2005. p.57-58), o perdere l’unicità della notizia di un concorrente, e in molte situazioni vi è una scelta di avventurarsi a fidarsi di una fonte incontrollata (Chaparro, 1994. p. 94).

In questo contesto, come è stato discusso, le informazioni riportate soffrono anche altri effetti dei tempi moderni, cioè, il flusso eccessivo di informazioni può provocare marcata la sua effimero (Virilio, 1996. P. 49). Le notizie e gli eventi rilevanti restano solo a tale status mentre possono attirare l’attenzione di un pubblico considerevole. Nella misura in cui altre informazioni “nuove” è pubblicizzata c’è uno spostamento a fuoco e l’attenzione ad un altro problema finora segnalato “muore”, ed è come se avesse “scomparsi” (Marcondes Filho, 1986. p. 21).

Qui è possibile vedere un buon esempio del paradosso di abbondanza, in quanto la stessa Internet che genera avanzato questo ciclo di “rinnovamento” di notizie ed eventi, aiuta anche la conservazione di informazioni per coloro che desiderano consultarlo in futuro con la rete . Quindi, anche se alcuni fatti sono emersi dai titoli, possono essere consultati ogniqualvolta sia necessario, a differenza delle notizie presenti sui giornali tradizionali, che dopo pochi giorni sono già pienamente smaltito la vita dei suoi lettori.

Questi aspetti della velocità nella produzione e rinnovamento della notizia è stata una costante in diversi episodi della vita politica, economica, nazionale e internazionale negli ultimi anni, tali da comprometterne il modo in cui viene fatto l’intero processo di produzione delle notizie. Per questo motivo, la figura isolata del “informazioni raccoglitore” risulta essere costantemente in discussione, come è sempre più difficile il processo decisionale tra ciò che è novità o no e come sarà visualizzato. Come affermato precedentemente, i media in questo scenario dove l’informazione è potere, gioca un ruolo importante anche se alcuni settori come il giornalismo, è difficile far fronte in mezzo a così tante informazioni. Questo è dove la figura del gatekeeper ha bisogno di essere ripreso, in quanto è ancora una figura importante, considerando che i media tradizionali per l’eccesso di informazioni crea la necessità di selezione obbligatoria e c’è spazio per tutto quello che è successo, solo ciò che rilevanti e che, dopo i valori di notizie, in teoria, interesserà il pubblico ad acquistare queste informazioni con una novità del prodotto.

I modelli di notizie internazionali, in particolare, richiedono un’adeguata sintesi dei fatti e un’estetica costruttivo visiva delle informazioni che tengono l’attenzione dell’utente. La ricerca di nuovi, il feticcio per la velocità, le cause, ha riconosciuto alcune questioni di politica internazionale, per esempio, non sono sempre un grande spazio di attenzione del pubblico non è accompagnato questi attributi (Steinberg, 2005. p. 27). Anche temi contemporanei ambientali più attenzione da effetti visivi che certi eventi della natura forniscono la discussione di temi che il futuro non è probabile che sia catturato attraverso la lente dei media. Questa è forse una delle grandi sfide che l’esercizio del potere morbido dei media volto a che fare con il riscaldamento globale. E ‘l’identificazione del problema i cui effetti dipendono ancora su un terreno di discussione politica, perché è una questione guidato da rapporti scientifici non ancora conclusivi, molti di loro controversa e interrogati dai media che mette in evidenza anche un dubbio sulla sua concretezza .

C’è una grande difficoltà a stabilire chiari collegamenti tra alcuni fenomeni climatici identificato ed i risultati indicati da questi studi relativi ai cambiamenti climatici e il riscaldamento globale. Senza questa visione chiara, che potrebbe benissimo essere resa più efficace da parte dei media (in tutte le sue filiali) la maggior parte dei possibili argomenti sono vuoti e, quindi, altri problemi stanno entrando nell’agenda politica e dei media.

Joseph Nye rafforza l’idea che il soft power esercitato dai media, catturando l’attenzione della gente verso un certo ideale, sembra essere essenziale per risolvere alcuni problemi di portata globale. Secondo lui, “[…] per affrontare il cambiamento climatico globale, il militare è semplicemente incapace di generare successo e, a volte, il suo uso può essere controproducente “(Nye, Jr., 2002. P. 19 ). Per lo stesso motivo, è che le fonti di soft power devono agire per migliorare e focalizzare l’attenzione del pubblico a problemi complessi. Ma ci sono domande su come agire di fronte a questa situazione. Nye è giustamente domande su come agire “in questa epoca di potenza senza pari e pericolo” (Nye, Jr., 2002. P. 21). L’autore domande come “possiamo imparare a usare il potere duri e molli in un […] combinazione produttiva per affrontare altri problemi dell’era dell’informazione globale” (Nye, Jr., 2002. p. 21).

Le risposte a queste domande richiedono una consapevolezza che il problema deve essere affrontato globalmente, dato che “[…] a fronte di una crescente interdipendenza globale di reti – continua ad aggiungere nuovi elementi alla nostra agenda nazionale e internazionale “(NYE, Jr., 2002. p. 17). In altre parole, è necessario sapere come utilizzare le nuove opportunità che la tecnologia dell’informazione associata con l’interazione attuale offerta dalla dell’offerta globale dei media.

Come notato da Armand Mattelart, “l’interdipendenza ti costringe a pensare il mondo come una unità interconnesse. La forza pura diventa obsoleto prima che i complessi problemi delle società contemporanee. La ‘diplomazia rete’ sostituisce la ‘diplomazia dei cannoni “. La diagnosi sullo stato delle relazioni internazionali alla prova del cambiamento tecnologico, la geopolitica deduce la necessità di una globale political planning” (Mattelart, 2002. p. 102).

CONCLUSIONE

Lo scopo di questo studio, come sottolineato, sta nel cercare di identificare il ruolo dei media nel usando il potere di influenzare il comportamento politico e sociale attraverso la diffusione di informazioni e di scenari politici internazionali, derivanti dalla constatazione che passa per una crisi ambientale che richiede misure di cooperazione globale. Così, mentre la teoria Joseph Nye sono stati creati al fine di utilizzare soft power da parte degli stati, in particolare, per il loro paese (USA), è possibile identificare in alcuni discorsi e politica molto pratico internazionale più chiaramente.

I media influenzano indubbiamente sempre saputo molto bene, attraverso i loro discorsi e pratiche sociali, politiche di relazioni. Tuttavia, con il progresso delle nuove tecnologie dell’informazione, l’esercizio del suo soft power si espande oltre i confini nazionali e di ottenere una scala globale. A questo punto, però, è importante chiarire che l’interesse politico e impegno sulle tematiche ambientali non si verificano automaticamente a fronte di semplice esposizione a notizie di stampa e su questo punto è che la cautela è necessaria per studiarlo. Le opportunità che i media on-line facilmente raggiunto attraverso la diffusione di informazioni attraverso Internet “contenuto, è così complesso o l’ambiente o sistema di connessione delle interazioni, così dovrebbe essere visto associato con le motivazioni degli attori sociali e procedure di comunicazione stabilito tra loro “(Maia, 2002. p.66).

Ecco, allora, è che forse sembra un aspetto importante dei media, perché se l’interesse politico non si pone automaticamente e non sempre le opportunità che Internet offre imbracatura, c’è un beneficio maggiore per la società civile per poter beneficiare di una comunicazione più orizzontale e tecnologie interattive offerte dalle nuove che permette di soddisfare più adeguatamente certe questioni e problemi specifici, ma soprattutto anche partecipare attivamente al processo di comunicazione come l’agente informazioni identificate nel caso di blog e social network. Comunque, questo flusso di comunicazione avanzate dai nuovi media si concentrano solo vincere con i processi di decisione politica, se i decisori e delle istituzioni dello Stato per mostrare “poroso” a tali flussi, “essere disposto a condurre negoziati pragmatico cooperativo” a causa della incorporazione di questa nuova interazione online (Maia, 2002. p.66).

Così, si può dire che i media come nuovo soggetto di relazioni internazionali emerge come protagonista l’uso del soft power in certe situazioni, anche se questo supporto non è più uno dei primi studi di teoria della comunicazione che hanno creduto nella loro potere supremo. Il grado di influenza dei media tradizionali non è più la stessa, ma al tempo stesso questo caso, i nuovi media stanno svolgendo un ruolo sempre più importante nella delimitazione delle questioni politiche che anche trascendono i confini nazionali.

Un altro aspetto interessante da notare è che il più grande flusso di informazioni che sia correttamente orientato da certi media (soprattutto i nuovi) in qualità di gatewatcher può consentire a un più intenso sui problemi ambientali che richiedono un intervento globale e che questo sarà anche causare cambiamenti nei rapporti internazionali e flussi economici e demografici. La comprensione di questi fattori può anche facilitare la legittimità politica di un cambiamento urgente nei modelli di consumo che portano gravi implicazioni. Cioè, una maggiore consapevolezza dei danni provocati dai gas emessi dai veicoli a benzina e diesel, per esempio, può portare ad una serie di nuove tecnologie anche se questo significa un costo iniziale più elevato.

L’esposizione mediatica dei punti controversi può anche contribuire a fissare obiettivi differenziati di confronto, inoltre, che tutti devono partecipare al processo in alcuni paesi le misure di mitigazione richiede molto più posture drammatico e immediato che in altri. Il problema è che per tale lavoro ambientale utopie teorica anche richiederebbe un cambiamento nella governance di sfide ambientali globali, qualcosa che solo i dibattiti alle Nazioni Unite e del suo coordinamento internazionale non si è dimostrata veramente efficace e rapidi cambiamenti mettere in chiaro il divario evidente tra le discussioni e il progresso sul problema, poi risolto i maggiori costi economici e sociali richiedono tutti.

Così, è certo che i media non si è reso conto di come solo le situazioni di proporzioni gigantesche e integeracionais come il cambiamento climatico, anche se i media, però, è nel processo di consapevolezza ambientale non consolidate integralmente. In ogni caso, dal momento che possiamo identificare una mossa forte per affrontare e almeno tentare di mitigazione dei loro impatti emersi grazie alla politica di programmazione in attesa e supporti virtuali per aiutare nell’opera di sensibilizzazione, sia pure gradualmente, la gravità del rinvio del adozione di misure efficaci sotto il punto di vista ambientale.

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1 Questo articolo fa parte dei risultati ottenuti dalla ricerca dell’Università degli Studi di Padova (Italia) con una borsa di studio di dottorato di ricerca concessi dal CAPES /Brasile, da febbraio a luglio 2009.

2 Professore di Diritto presso l’Universidade Federal de Santa Maria (UFSM/Brasile). Dottore in giurisprudenza presso l’Università Federale di Santa Catarina (UFSC). email: rafael.oliveira@ufsm.br

3 Tutte le citazioni in lingua straniera presente in questo articolo sono state liberamente tradotto dall’originale in portoghese, spagnolo e / o inglese.

FONTE: https://www.diritto.it/il-soft-power-dei-media-nella-politica-internazionale-di-cambiamento-climatico/

Report 1 novembre 2021: terza dose e DDL Zan in replica streaming e su Rai 3

 

 

 

George Soros fonda “Good Information Inc.”

Lo speculatore e autoproclamato filantropo George Soros e l’amico Reid Hoffman (LinkedIn) hanno lanciato la società Good Information Inc.. I due miliardari si prefiggono di investire nei media per contrastare le Fake News.

George Soros ha già creato Project Syndicate, sito internet che seleziona e traduce in tredici lingue articoli di opinionisti pubblicati sulla stampa scritta. In vent’anni la società è riuscita a inondare quasi tutti i quotidiani occidentali e a imporre ai giornalisti il pensiero omologato.

Traduzione
Rachele Marmetti
FONTE: https://www.voltairenet.org/article214483.html

 

 

 

 

ECONOMIA

Aumenti folli per pane e pasta: ecco tutti i rincari

Aumenti senza sosta sulle materie prime: dalla farina alla pasta, boom di rincari che toccano anche l’81%. L’Antitrust è a lavoro per scongiurare il rischio di speculazioni

 

 

 

La Russia taglia il gas a Germania e Polonia

Ottobre 31, 2021 posted by Giuseppina Perlasca

 

La Russia gioca con la Germania e in generale con i paesi dell’Europa centrale, mostrando il proprio totale assoluto strapotere e taglia, senza avviso, il gas. I flussi al punto di misurazione di Mallnow in Germania, che si trova al confine polacco, si sono fermati nelle prime ore di sabato, secondo i dati dell’operatore tedesco Gascade. A Mallnow giunge il gas russo attraverso il dotto Yamal, che attraversa Bielorussia e Polonia.

La Gazprom, controllata dallo stato russo, ha affermato che le richieste dei clienti in Europa sono state soddisfatte. Ha aggiunto che le fluttuazioni della domanda di gas russo dipendono dalle effettive esigenze degli acquirenti, ammettendo quindi indirettamente che il gas in questione sia stato mandato altrove…

Un portavoce del PGNiG (PGN.WA), società energetica controllata dallo stato polacco, ha affermato che i flussi dall’est sono stati molto più bassi del solito, ma la Polonia sta ancora ricevendo importi coerenti con il suo contratto.

Però si trattava, evidentemente di quantità non sufficienti a Varsavia: infatti il gestore della rete del gas polacco Gaz-System ha detto sabato che il gasdotto Yamal stava consegnando gas alla Polonia attraverso la stazione di compressione Kondratki a est e Mallnow a ovest attraverso la “modalità inversa”, il che significa che stava trasportando gas da ovest a est.

“Al momento non c’è richiesta di transito di gas verso la Germania”, ha detto un portavoce di Gaz-System in una dichiarazione via e-mail.

Ora Gazprom afferma che non c’è nessun problema, che le forniture sono rispettate, e , per quanto ne sappiamo, potrebbe perfino essere vero. Certo è che la politica energetica europea si dimostra, ogni giorno che passa, sempre più come un cappio stretto al collo degli europei. Inoltre c’è da attendersi una crescita dei prezzi del gas con consegna a termine, a fronte di questo nuovo, inspiegabile, stop alle forniture.

FONTE: https://scenarieconomici.it/la-russia-taglia-il-gas-a-germania-e-polonia/

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Le date sono molto importanti nella storia. Il Monte dei Paschi di Siena nasce nel 1472: il Monte Pio viene istituito per aiutare poveri e bisognosi della città toscana. Stiamo parlando della banca più antica ancora in attività. Gli ultimi anni sono stati durissimi, come evidenziato dalle cronache, con alcune discutibili scelte manageriali (in primis l’acquisto senza badare a spese di Antonveneta) che, sommati agli effetti delle crisi finanziarie globali, hanno quasi distrutto Mps, salvato solo grazie all’intervento dello Stato.

Il quotidiano La Nazione dedica un approfondimento alla storia della banca di Siena, partendo dal durissimo braccio di ferro tra le istituzioni locali (Comune e Provincia di Siena) e il Governo, iniziato nel 1992. Ma occorre fare una veloce premessa: dalla riforma bancaria del 1936 Mps era uno dei sei istituti di credito di diritto pubblico (erano autorizzate anche a fare credito agli enti pubblici), insieme alla banca San Paolo di Torino, alla Bnl, al Banco di Sicilia, al Banco di Napoli e al Banco di Sardegna. Non erano necessariamente le banche più ricche ma quelle più legate al territorio. Tutto cambia nel 1990 con la legge 218 (legge Amato), con gli istituti di credito di diritto pubblico che possono modificare la forma giuridica, in vista dell’entrata in vigore della normativa Basilea I. Tutto è finalizzato all’obiettivo di rafforzare le banche italiane sui mercati internazionali. Il modello di riferimento preferito è quello della società per azioni.

Il quotidiano fiorentino intervista il professor Giovanni Grottanelli de’ Santi, all’epoca presidente di Mps e poi, dal ’92 al 2000, a capo della Fondazione Mps. “Il Monte – racconta – era una delle ultime banche di diritto pubblico che fu privatizzata… A Siena il dibattito era talmente aspro che attaccarono un manifesto nel quale scrissero che tradivo la mia città. Ma il sistema del credito correva veloce verso le privatizzazioni, era solo una questione di tempo”.

A giudicare da ciò che è accaduto negli ultimi anni, con lo Stato che di fatto oggi controlla la banca, sembra un salto indietro nel tempo. De Santi ammette: “Con il senno di poi e per colpa delle ‘belle amministrazioni’ al vertice della banca, forse sarebbe stato meglio non privatizzare. Ma era contrario alla normativa europea e allo spirito dei tempi”. Particolare che non va sottovalutato: in quegli anni, infatti, le privatizzazioni erano sulla bocca di tutti i partiti, e chi non le inseriva nei propri programmi sembrava un extraterrestre.

A Siena nasce un duro braccio di ferro tra chi vuole frenare il cambiamento e chi, invece, preferirebbe attendere. Il grande salto, con la nascita della spa, arriva nell’agosto 1995, con un decreto del ministro del Tesoro Lamberto Dini. Negli anni di Tangentopoli non poteva mancare una grande inchiesta per tangenti, legata anche a Mps, con arresti, paginate sui giornali e tutto ciò che ne consegue. Alla fine tutto viene archiviato.

Il cambiamento innescato anni prima non si può fermare, la banca più antica del mondo diventa società per azioni, affiancata dalla fondazione. Il controllo su quest’ultima viene posto sotto il Comune di Siena, per mezzo delle nomine per la deputazione. Le mani della politica, e in particolare della maggioranza, finiscono per controllare il “giocattolo” di Rocca Salimbeni.

La critica del professor de’ Santi è molto dura ancora oggi: “Ciò di cui non ero convinto, e che portò alle mie dimissioni anticipate dalla presidenza della Fondazione, è che il Comune di Siena avesse per statuto la maggioranza delle nomine, cosa che portava al controllo della banca. Continuo a pensare che la mia interpretazione sullo statuto fosse quella corretta, che la deputazione dovesse essere espressione di tutto il territorio, Università, Curia, organismi della società. Non solo del partito politico di maggioranza. I risultati si sono visti dopo, banca e Fondazione rovinate per gli amministratori scelti dal partito di maggioranza”.

Quattro anni dopo la nascita della spa arrivò la quotazione in borsa. Il valore raddoppiò, un successo. Gli anni bui e la crisi mortale (o quasi) erano del tutto inimmaginabili.

FONTE: https://larno.ilgiornale.it/2021/11/03/mps-il-peccato-originale-il-comune-e-il-partito-voleva-tutto-il-controllo/

 

 

 

Mps: Europa si aspetta piano B, si torna a parlare del piano Isacco

29 Ottobre 2021, di Mariangela Tessa

Tramontato, almeno per il momento il matrimonio tra Unicredit MPS, ci si torna ad interrogare sul futuro dell’istituto bancario senese: tra le ipotesi tornate in auge spicca quella del piano Isacco. Il nome si ispira all’episodio raccontato nella Bibbia in cui, su richiesta di Dio, Abramo era pronto a sacrificare il suo unico figlio, Isacco per l’appunto, ma un attimo prima di compiere il sacrificio sul monte Moriah, la voce di un angelo ferma Abramo.

Nel caso di Mps, si parla di un possibile accordo tra banca e creditori, titolari di cause legali per potenziali 7 miliardi di euro, vera spina nel fianco del Monte. Con il piano Isacco, anziché tenere in piedi queste cause legali, il Tesoro cederebbe le quote di azioni Mps in suo possesso. Allo stesso tempo i creditori diventerebbero azionisti di una banca alleggerita dai guai legali: una banca dunque sicuramente più appetibile per eventuali altri investitori.

Unicredit conferma fine trattative

Ieri intanto è arrivata la definitiva conferma che MPS non rientra più nei piani di Unicredit. A spazzare via ogni dubbio, ci ha pensato il numero uno della banca milanese, Andrea Orcel, durante la presentazione del bilancio trimestrale.

“Mps non farà parte del futuro della nostra strategia” ha detto Andrea Orcel, amministratore delegato della banca milanese, aprendo la conference call con gli analisti finanziari sui conti dei primi nove mesi dell’anno della banca. “Le discussioni sono state lunghe e dettagliate ma, nonostante gli sforzi di entrambe le parti, e non è stato possibile raggiungere un accordo che soddisfacesse tutti i parametri stabiliti nel Memorandum d’intesa’ e per questo ‘i negoziati sono stati conclusi’.

Mps, l’Europa aspetta piano B

Dopo il fallimento delle trattative con Unicredit, l’Europa segue da vicino i recenti sviluppi riguardanti il Monte dei Paschi di Siena, ed è in contatto con le autorità italiane, che si erano impegnate nel 2017 con la Commissione europea a privatizzare la banca senese.  A confermarlo è Arianna Podestà, portavoce per la Concorrenza, spiegando che se Roma non riesce a trovare una soluzione entro le scadenze previste sta a loro proporre dei nuovi impegni equivalenti, che portino comunque lo Stato a uscire dalla proprietà della Banca.

“L’Italia si è impegnata a vendere tutte le azioni della Banca entro una determinata scadenza. Il termine per completare la privatizzazione prevista dagli impegni – ha rilevato – non è scaduto. La Commissione non può commentare la scadenza esatta, che è considerata come un’informazione riservata”. “Come sempre – ha aggiunto la portavoce -, è responsabilità degli Stati membri rispettare gli impegni presi in materia di aiuti di Stato ed è loro compito proporre le modalità per adempiere a quegli impegni. Spetta quindi all’Italia decidere e proporre le modalità per uscire dalla proprietà della banca Mps, tenendo conto della decisione che abbiamo adottato nel 2017 in materia di aiuti di Stato e degli impegni presi in quel contesto”.

FONTE: https://www.wallstreetitalia.com/mps-europa-si-aspetta-piano-b-si-torna-a-parlare-del-piano-isacco/

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

Certificati anagrafe: dal 15 novembre gratis online

Antonella Bua | 30 ott 2021
Dal 15 novembre sarà possibile scaricare i certificati anagrafici online in maniera autonoma e gratuita grazie al nuovo servizio dell’anagrafe digitale

Il nuovo servizio dell’anagrafe digitale

Dal 15 novembre gli italiani potranno scaricare i certificati anagrafici online in maniera autonoma e gratuita. Il ministero dell’Interno e Sogeil, infatti, sottolineano che il nuovo servizio dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr) del Viminale permetterà di scaricare 14 certificati per proprio conto o per un componente della propria famiglia, dal proprio domicilio senza necessità di recarsi allo sportello.

Ulteriore importante novità è che i certificati digitali saranno gratuiti, pertanto, non si dovrà pagare il bollo e saranno, altresì, disponibili in modalità multilingua per i comuni con plurilinguismo.

Quali certificati si potranno scaricare online

I primi certificati che si potranno avere online sono: Anagrafico di nascita, Anagrafico di matrimonio; di Cittadinanza; di Esistenza in vita; di Residenza in convivenza; di Stato di famiglia Aire; di Stato di famiglia con rapporti di parentela; di Stato Libero; Anagrafico di Unione Civile; di Contratto di Convivenza.

I predetti potranno essere rilasciati anche in forma contestuale (ad esempio cittadinanza, esistenza in vita e residenza potranno essere richiesti in un unico certificato).

Come si accede al portale

Al portale si accede con la propria identità digitale (Spid, Carta d’Identità Elettronica, Cns) e se la richiesta è per un familiare verrà mostrato l’elenco dei componenti della famiglia per cui è possibile richiedere un certificato. Il servizio consente, altresì, la visione dell’anteprima del documento per verificare la correttezza dei dati e di poterlo scaricare in formato pdf o riceverlo via mail.

Nuovi futuri servizi per il cittadino

Oltre ai 14 certificati scaricabili gratuitamente e online, in un imminenti futuro saranno implementati ulteriori servizi per il cittadino, come, ad esempio, le procedure per effettuare il cambio di residenza. Grazie ad Anpr, l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, le amministrazioni italiane avranno a disposizione un punto di riferimento unico di dati e informazioni anagrafiche, dal quale poter reperire informazioni certe e sicure per poter erogare servizi integrati e più efficienti per i cittadini.

Un’anagrafe nazionale unica, permetterà, inoltre, la possibilità di consultare ogni aggiornamento su Anpr dagli enti pubblici che accedono alla banca dati, dall’Agenzia delle entrate all’Inps, alla Motorizzazione civile.

Antonella Bua

avv.antonellabua@libero.it

FOBTE: https://www.studiocataldi.it/articoli/43120-certificati-anagrafe-dal-15-novembre-gratis-online.asp

 

 

 

IMMIGRAZIONI

La guerra nel corno d’Africa rischia di far arrivare nuovi migranti

La guerra che si combatte in Etiopia dall’inizio del mese di novembre, potrebbe aprire scenari di non poco conto per l’Italia nei prossimi mesi. Quello che sta accadendo nella regione del Tigray potrebbe infatti dare luogo a un nuovo fronte migratorio verso il Mediterraneo, con un’importante incidenza della presenza di migranti su tutto il territorio nazionale.

Cosa sta accadendo in Etiopia

A distanza di appena due anni dalla fine dallo scontro tra Etiopia ed Eritrea, il Corno d’Africa è tornato ad essere, dalla prima settimana di novembre, teatro di conflitti. Tutto ha avuto inizio quando il primo ministro dell’Etiopia Abiy Ahmed, ha imposto l’intervento dei militari nelle regioni settentrionali del Tigray, zona confinante con l’Eritrea. La decisione è arrivata a seguito di un braccio di ferro tra il premier etiope e il Partito per la Liberazione del Tigray (Tplf).

Obiettivo di Abiy Ahmed è quello di far saltare l’attuale sistema costituzionale basato sul federalismo etnico, perché ritenuto un pericolo per l’unità nazionale, e sostituirlo con uno Stato centralizzato sotto la guida della capitale Addis Abeba. Si vorrebbe quindi dar luogo ad una specie di “Etiopianismo”, basato sulla lingua amarica e sulla religione cristiano-ortodossa. A difendere l’attuale organizzazione dello Stato è il Partito per la Liberazione del Tigray, il quale vuole preservare l’impostazione costituzionale. Il primo ministro Abeba dal canto suo, per raggiungere il proprio obiettivo, conta sull’appoggio di tutte le altre regioni etiopi. Il Tplf che rappresenta la popolazione tigrina, minoritaria nel contesto etnico etiope, è comunque molto organizzato visto che  il partito dal 1991 in poi ha egemonizzato la politica del Paese africano.

La fuga verso il Sudan

Quello che sta accadendo nel Corno d’Africa non poteva di certo non avere effetti sulla popolazione che, nel giro di pochi giorni, si è data alla fuga verso zone più tranquille. E così ecco che dalla parte settentrionale dell’Etiopia, per sottrarsi alla guerra, in migliaia hanno deciso di scappare nel Sudan. Sono più di 27mila i cittadini etiopi arrivati in poco tempo tra Kassala e Al-QadarifUn effetto che l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati aveva previsto e per il quale aveva lanciato già un allarme a ridosso delle prime azioni politico-militari, chiedendo agli Stati vicini l’Etiopia di lasciare aperti i loro confini. Si tratta di una crisi umanitaria su vasta scala secondo l’Onu, dal momento che riguarda un’imponente fuga di profughi mai registrata nell’ultimo ventennio in questa parte nel Paese africano. La stima dei flussi è di circa 4mila persone al giorno con effetti non facili sul sistema di accoglienza.

Il ruolo del Sudan nei flussi migratori verso l’Europa

L’arrivo di migliaia di profughi dall’Etiopia potrebbe avere, a cascata, diversi risvolti molto negativi. In primis perché il Sudan è un Paese molto fragile che sta vivendo un delicato periodo di transizione. Nell’aprile del 2019 un colpo di Stato ha messo fine a trent’anni di potere del presidente Omar Bashir e nell’attuale fase la nuova governance sta traghettando Khartoum verso nuovi assetti sia in politica interna che in quella estera. Ma soprattutto, il Sudan è una base importante per tutti i movimenti migratori diretti dal corno d’Africa verso il Mediterraneo. È qui che ogni anno dall’Eritrea o dalla Somalia arrivano migliaia di migranti con l’obiettivo di raggiungere quanto prima le coste europee.

“Il Sudan per l’Africa orientale – ha dichiarato ad InsideOver ad ottobre una fonte dell’Oim – ha la stessa funzione del Niger per l’Africa occidentale: un ponte perfetto verso la Libia”. Khartoum è un centro nevralgico dove operano diverse organizzazioni criminali capeggiate da trafficanti di esseri umani. Gruppi ben radicati sul territorio e difficili da smantellare, in grado di sfruttare il macabro business prodotto sulla pelle di migliaia di persone attratte dalla possibilità di oltrepassare il Mediterraneo. Da Khartoum si diramano poi diversi corridoi migratori soprattutto verso la Libia. Da qui poi si salpa verso l’Italia.

Nuovo fronte aperto per l’Italia?

Chi fugge da un conflitto generalmente non ha come obiettivo quello di raggiungere l’Europa. Lo si può vedere ad esempio con il caso siriano: da quando nel Paese arabo è scoppiata la guerra civile, più di sei milioni di persone hanno dovuto lasciare le proprie case. Gli ultimi dati delle Nazioni Unite, evidenziano come soltanto il 15% di loro è arrivato nel vecchio continente, la stragrande maggioranza è ospitata tra TurchiaLibano e Giordania. Chi sta scappando dal Tigray, potrebbe quindi decidere di aspettare la fine delle ostilità rimanendo in Sudan. Questo però non rende immune i Paesi europei di primo approdo dalla possibilità di veder aperto un nuovo fronte migratorio.

In primis perché i trafficanti operanti in Sudan potrebbero vedere nell’arrivo di rifugiati dal Tigray la possibilità di espandere i loro affari. In secondo luogo, ad emergere è anche l‘incognita sulla durata del conflitto esploso in Etiopia: se i combattimenti dovessero prolungarsi, allora la pressione sul Sudan potrebbe aumentare e molti rifugiati quindi premere per andare in Europa. Infine, occorre considerare che il Tigray è una regione che ospita centomila rifugiati eritrei. Come denunciato dall’Unhcr, la guerra in corso potrebbe portare molti di loro a scappare. E da anni la destinazione preferita dai migranti eritrei è proprio l’Italia. Ecco quindi che all’orizzonte si intravedono le possibilità di un nuovo aumento della pressione lungo le nostre coste.

FONTE: https://it.insideover.com/migrazioni/adesso-la-guerra-nel-corno-d-africa-rischia-di-far-arrivare-nuovi-migranti.html

 

 

 

LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

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Ex festività (soppresse) in busta paga: quali sono nel 2021 e cosa spetta

 Teresa Maddonni

 3 Novembre 2021

Le festività soppresse danno diritto a ore di permesso in più in busta paga. In alcuni casi è possibile anche monetizzarle. Vediamo quali sono e quanto spetta secondo i CCNL.

Ex festività (soppresse) in busta paga: quali sono nel 2021 e cosa spetta

Anche nel 2021 le ex festività (soppresse) danno diritto a ore di permesso in più in busta paga, ma possono anche essere monetizzate.

Le ex festività sono quelle soppresse con la legge 54/1977 e successive disposizioni e sono quattro, ma che diventano in verità tre per il lavoratore che presta servizio a Roma.

La prima ex festività del 2021 è la festa del papà, San Giuseppe, del 19 marzo e l’ultima invece è la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate del 4 novembre.

Per le quattro ex festività nel 2021 al lavoratore dipendente spettano 8 ore di permesso retribuite.

Vediamo allora quali sono tutte quelle festività riconosciute dal vecchio ordinamento e che ora non lo sono più perché soppresse, ma che danno comunque diritto a ore di permesso aggiuntive rispetto ai ROL tradizionali. Vediamo anche quando e in che modo le ex festività vengono monetizzate.

Quali sono le ex festività

Le ex festività, oggi soppresse, sono quattro e sono riconosciute in busta paga al lavoratore che deve comunque verificare il proprio Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro di riferimento.

Partiamo dal ricordare le festività nazionali civili oggi riconosciute dall’ordinamento italiano e che sono tre:

  • la Festa della Liberazione il 25 aprile;
  • la Festa dei Lavoratori il 1° maggio;
  • la Festa della Repubblica il 2° giugno.

Ci sono poi delle festività religiose, ovvero l’ImmacolataNataleS.StefanoCapodannoEpifaniaPasquaPasquettaFerragosto e Ognissanti il 1° novembre durante le quali ai lavoratori spetta il diritto ad astenersi dall’attività lavorativa.

Tuttavia, in passato tra le festività riconosciute dal nostro ordinamento ve ne erano altre cinque:
  • San Giuseppe (Festa del papà);
  • Ascensione;
  • Festa dell’Unità Nazionale;
  • Corpus Domini;
  • S.S. Pietro e Paolo.

Queste, infatti, erano disciplinate dalla legge 269/1949, salvo poi essere abrogate dalla legge 54/1977 e da successive disposizioni e non sono state più ripristinate.

Pur non essendo più riconosciute come giorni in cui ci si può astenere dal lavoro, le ex festività hanno comunque un peso in busta paga dal momento che vengono trasformate in permessi retribuiti.

Ovviamente questo accade se la ex festività cade in un giorno lavorativo del dipendente e le condizioni dipendono e possono variare, come abbiamo anticipato, dal CCNL applicato.

Vediamo quindi quali sono le ex festività riconosciute nel 2021 e in quali casi al dipendente spetta un giorno di permesso.

Ex festività, quando spetta il permesso: calendario 2021

Dopo aver visto cosa si intende per ex festività, vediamo nello specifico quali sono quelle che i lavoratori troveranno per l’anno 2021 in busta paga partendo dalla festa del papà di venerdì 19 marzo e finendo con giovedì 4 novembre.

Le ex festività indicate in busta paga per il 2021 sono quattro, ovvero:

  • San Giuseppe: venerdì 19 marzo 2021;
  • Ascensione: giovedì 13 maggio 2021 (il 39° giorno dopo la domenica di Pasqua);
  • San Pietro e Paolo: martedì 29 giugno 2021;
  • Festa dell’Unità Nazionale: giovedì 4 novembre 2021.

L’ex festività del Corpus Domini (il 6 giugno nel 2021) cade come ogni anno di domenica e non dà diritto alla maturazione dei permessi ex festività.

Negli altri quattro giorni indicati, invece, il lavoratore ha diritto a un giorno di permesso extra – indicato in busta paga – di cui può godere in caso di necessità.

Il discorso è differente per la festività di S.S. Pietro e Paolo del 29 giugno e in particolare per chi lavora a Roma. Per costoro infatti quella del 29 giugno non si considera come un’ex festività: trattandosi della festa patronale della Capitale è a tutti gli effetti un giorno festivo. Per tutti gli altri lavoratori dipendenti risulta essere una ex festività.

Ex festività in busta paga: come sono retribuite?

Come anticipato le ex festività – quando riconosciute come tali – vengono convertite in permessi retribuiti di cui può godere il lavoratore. Il dipendente, quindi, in busta paga potrà beneficiare di ulteriori ore di permesso per il 2021.

Ma facciamo qualche esempio pratico andando a consultare alcuni CCNL per capire come vengono trattate in busta paga le ex festività.

Nel CCNL Commercio, che è uno dei più applicati, si legge chiaramente che dai lavoratori vengono fruiti “gruppi di 4 o di 8 ore di permesso individuale retribuito, in sostituzione delle 4 festività abolite dalla legge.”

Il lavoratore al quale si applica il CCNL Commercio avrà diritto, in base a quanto abbiamo visto, nell’anno fino a 32 ore di permessi retribuiti per ex festività, 8 delle quali proprio in riferimento al 4 novembre 2021, l’ultima dell’anno in corso.

Ma cosa succede se il lavoratore decide di non fruire di queste ore in più di permessi retribuiti, 8 ore che corrispondono a una giornata lavorativa? A venirci in aiuto ancora una volta è il CCNL Commercio nel quale si legge:

“I permessi non fruiti entro l’anno di maturazione decadranno e saranno pagati con la retribuzione di fatto, in atto al momento della scadenza, oppure potranno essere fruiti in epoca successiva e comunque non oltre il 30 giugno dell’anno successivo.”

Al termine del 2021 quindi, se le ore di permesso in busta paga per ex festività scadono perché non fruite, le stesse vengono pagate con la retribuzione di fatto e solitamente nelle mensilità di dicembre o di gennaio dell’anno successivo.

In alternativa i permessi per ex festività possono comunque essere utilizzati, ma non oltre il 30 giugno dell’anno successivo a quello di scadenza (per il 2021 entro il 30 giugno 2022). Quanto detto vale avendo preso come riferimento il solo CCNL Commercio, ma potrebbe variare per altri contratti e settori di applicazione.

FONTE: https://www.money.it/Ex-Festivita-in-busta-paga-quali

 

 

 

NOTIZIE DAI SOCIAL WEB

SINDACO DI TRIESTE: I NO VAX COME I DISERTORI IN GUERRA

Manuela Udito – 3 11 2021

Ma voi vi rendete conto i toni di chi ci governa??? E poi ci scandalizziamo se vanno in giro come ebrei … eppure queste persone la pensano così ai no vax li metterebbero al muro come è successo agli ebrei e a me onestamente fa paura questo clima ma assai
Potrebbe essere un'immagine raffigurante 1 persona e il seguente testo "Sindaco Trieste: No vax disertori, in guerra chi non combatte viene messo al muro e fucilato 1 Novembre 2021 CRONACA, News"
FONTE: https://www.facebook.com/manuela.udito/posts/10225372623453773

 

 

 

CHI E’ CONTRO

Andrea Zhok – 3 11 2021

 

Un portuale pacifista e va((inato si siede su una panchina: la polizia lo preleva, rimuove e allontana dalla città.
Una trasmissione televisiva seguita dà spazio per la prima volta in mesi a dati sfavorevoli alla narrazione governativa: mozioni parlamentari di maggioranza per chiedere sanzioni.
Uno storico e divulgatore noto si esprime contro una legge promulgata di recente: iniziano a piovere denigrazioni pubbliche, damnationes memoriae, fino alla richiesta di revoca dei contratti in essere con la TV.
Ok, non chiamiamola dittatura che la gente si spaventa; chiamiamola “Pippo” che fa tanta simpatia.
Concederete però che Pippo sarebbe piaciuto davvero un casino a quei signori in tenuta militare che concionavano le folle dai balconi.
FONTE: https://www.facebook.com/andrea.zhok.5/posts/1976778619170194

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Non siate complottisti…

Da Energy Voice

Il principale impianto di gas russo chiuso a seguito di un incendio

Tutte le operazioni presso l’ impianto di trasformazione del gas di Amur di Gazprom (MCX: GAZP – 369.16 RUB), che rifornisce la Cina attraverso il gasdotto Power of Siberia, sono stati interrotti a seguito dell’esplosione.

Un video condiviso sui social media mostra l’incendio che avvolge la struttura mentre i lavoratori osservano da una distanza di sicurezza – si sente anche un claxon che lancia un messaggio di sicurezza.

Sebbene le implicazioni complete della chiusura dell’impianto non siano ancora chiare, si tratta di una crisi energetica in corso in diverse parti del mondo.

Molti governi in Europa stanno guardando alla Russia perché fornisca più gas al mercato dopo che esso ha raggiunto un livello record di prezzo all’inizio di questa settimana.

Ci sono ulteriori preoccupazioni che un inverno freddo nell’emisfero settentrionale potrebbe spingere le riserve di gas al punto di rottura.

Secondo Reuters, un precedente incendio in uno stabilimento di Gazprom nel nord della Russia ha portato a “riduzione della produzione di condensa di gas” e tagli alle forniture europee.

L’agenzia di stampa ha anche affermato che l’impianto Amur che le operazioni erano state sospese e che “una delle sue linee ha preso fuoco dopo la decompressione”, ma altre non sono state colpite.

Situato vicino alla città di Svobodny, relativamente vicino al confine cinese, l’impianto è una delle più grandi imprese di trattamento del gas al mondo.

Ha avviato la produzione nel giugno 2021 ed è progettato per trattare 42 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno.

Nel 2025, l’impianto di trattamento del gas dovrebbe raggiungere la sua piena capacità.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/non-siate-complottisti/

 

 

Così il Vaticano può “plasmare” la geopolitica dell’Indo-Pacifico

Joe Biden e Moon Jae In hanno approfittato del G20 romano per incontrare papa Francesco. Prima il presidente democratico degli Stati Uniti, poi il suo omologo sudcoreano, sono stati ricevuti da sua eminenza tra le mura vaticane. Tanti i temi sul tavolo: dalla pandemia di Covid-19, all’emergenza climatica, dalla Cina alla riunificazione coreana. Considerando che il summit internazionale non vedrà la presenza del presidente cinese Xi Jinping – che insieme al russo Vladimir Putin sarà il grande assente del vertice – Biden e Moon hanno gettato le fondamenta per cercare di tessere una “tela asiatica” di concerto con il Vaticano.

Sia chiaro: la Santa Sede non ha alcuna intenzione di minare i fragili equilibri entro i quali si trova costretta a muoversi. È pur vero che le istanze toccate dai due ospiti offrono potenzialmente un vantaggio agli Stati Uniti a danno della Cina. Già, perché mentre Biden ha messo sul tavolo del Pontefice, direttamente o indirettamente, un bel po’ di questioni rilevanti (da Taiwan alla libertà religiosa in Cina), Xi non ha avuto modo di portare acqua al proprio mulino, impossibilitato a sfruttare il G20 per oliare con il Vaticano l’intesa relativa alla nomina dei vescovi cinesi. Un’intesa che tre anni fa aveva fatto andare su tutte le furie Donald Trump e, in generale, la destra religiosa americana (e non solo).

Moon ha invece toccato un altro nervo scoperto della geopolitica: la Corea del Nord. Sappiamo che la Cina è sempre stata la grande protettrice di Pyongyang contro le istanze di Washington e Seul.

Pechino rischierebbe di perdere, o quanto meno vedersi allontanare, un prezioso cuscinetto nella lotta a distanza contro gli Stati Uniti.

La questione (nord)coreana

Moon è stato chiarissimo. Il presidente ha chiesto al Papa di visitare la Corea del Nord per favorire la pace nell’intera penisola coreana. Il Pontefice, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Yonhap, citando un funzionario, avrebbe reagito positivamente all’offerta del suo ospite, dicendosi pronto all’eventualità nel caso in cui arrivasse un invito da Pyongyang. “Se il pontefice visitasse la Corea del Nord qualora si presentasse l’opportunità, sarebbe uno slancio per la pace nella penisola coreana”, avrebbe quindi affermato Moon nel colloqui con Francesco, come riferito dal portavoce del presidente sudcoreano, Park Kyung Mee (ricordiamo che Moon aveva formulato al Papa un invito verbale del leader nordcoreano Kim Jong Un nel 2018, e il Santo Padre aveva risposto che avrebbe presto in considerazione l’eventualità a fronte di un invito formale di Pyongyang).

“Sono pronto ad andare là per la pace e aiutare tutti voi se (la Corea del Nord) manda una lettera di invito“, sarebbe stata la risposta di Francesco. In caso di fumata bianca, si tratterebbe di un evento storico; nessun Pontefice, infatti, è finora mai stato in viaggio in Corea del Nord, che non ha legami diplomatici con il Vaticano. La visita del Papa al Nord potrebbe contribuire ad avvicinare le due Coree, se non dal punto di vista istituzionale almeno da quello dell’immagine. A quel punto, la Cina potrebbe perdere parte della sua influenza su un attore che ha sempre utilizzato al meglio anche e soprattutto in chiave anti americana.

Il nodo Taiwan

Oltre a disattivare la bomba della penisola coreana, il Vaticano potrebbe plasmare l’Indo-Pacifico anche per quanto riguarda alcuni focus legati alla Cina. A quanto pare Biden avrebbe parlato con Francesco di libertà religiosa, libertà dei cristiani oltre la Muraglia, di uiguri e dei diritti delle minoranze cinesi. Tutti aspetti, questi, che Pechino non intende lasciare alla mercé di Paesi stranieri. Nei giorni scorsi il Corriere della Sera ha pure sottolineato la questione dei rapporti sino-vaticani e con Taiwan.

Taipei è riconosciuta dalla Santa Sede e da altre 15 nazioni, tutte con un peso geopolitico pressoché irrilevante

La Cina, ha spiegato una fonte anonima della diplomazia vaticana, vorrebbe che il Vaticano rompesse le relazioni diplomatiche con Taiwan “promettendo in cambio di inaugurare quelle con noi. Ma abbiamo sempre risposto che prima Pechino deve permetterci di aprire una nunziatura apostolica nella capitale”. Biden avrà sicuramente fatto un tentativo per bruciare sul tempo i cinesi, così da spingere la Santa Sede, al contrario, ad avvicinarsi ulteriormente alla “provincia ribelle” (come la definisco dalle parti di Pechino). Insomma, dalla Corea del Nord a Taiwan, la palla potrebbe presto finire nei piedi di papa Francesco. Che, a quel punto, avrebbe la possibilità di plasmare un nuovo Indo-Pacifico. Basterà farlo auspicando la sola distensione tra i popoli?

FONTE: https://it.insideover.com/politica/cosi-il-vaticano-puo-plasmare-la-geopolitica-dellindo-pacifico.html

 

 

 

POLITICA

E’ tornato il comunismo

di Roberto PECCHIOLI

Secondo un vecchio aforisma se uno vede in lontananza qualcosa che si muove come un cavallo, ha la coda, quattro zampe e nitrisce, probabilmente è un cavallo. Il cavallo in questione, forse, è il ritorno del comunismo. In altre forme, con un apparato di pensiero parzialmente rinnovato, soprattutto con sostenitori del tutto insospettabili, ovvero i super ricchi che l’ideologia e la prassi comunista proponevano di eliminare. Magari ci sbagliamo, ma gli indizi sembrano davvero troppi. Per i fondatori, Marx e Engels, l’essenza del comunismo risiedeva nell’abolizione della proprietà privata, più che sulla dittatura del proletariato. Allora, penserà il lettore medio, dove sta il problema, in un mondo nel quale tutto è privatizzato?

Esattamente lì, nell’immensa piramide di possesso – quindi di dominio- che l’ultimo trentennio, dopo la fine del comunismo storico novecentesco, ha ristretto sempre più verso l’alto. Pochissimi uomini, alcune centinaia di grandi corporazioni economiche, industriali, finanziarie e tecnologiche possiedono tutto. Ritorna l’avvertimento di Friedrich Von Hajek: chi possiede tutti i mezzi, finirà per determinare tutti i fini. Parlava del collettivismo, ma il ragionamento si può applicare alla situazione presente.

Nuova obiezione: lo scenario descritto può avvicinarsi al totalitarismo, ma è lontano anni luce da una prospettiva comunista. Sarà, ma non ne siamo convinti. Hannah Arendt ne Le origini del totalitarismo spiegava che i totalitarismi del XX secolo furono diversi da altre forme di potere autoritario, il dispotismo, la tirannide e la dittatura. Il totalitarismo distrugge le tradizioni politiche e l’ordine sociale precedente, portando all’estremo le caratteristiche della società di massa, ad esempio l’isolamento sociale e l’intercambiabilità degli individui. Non pretende soltanto la subordinazione politica, ma invade e controlla la sfera privata. I sistemi totalitari perseguono una politica diretta al dominio mondiale. La loro essenza è la paura e il principio di azione è il pensiero ideologico.

Sembra il ritratto del capitalismo terminale, specialmente alla luce dell’esperimento su scala mondiale della pandemia, con la sua logica di segregazione, isolamento, controllo per via sanitaria, il divieto della normalità. Il criterio della sorveglianza da remoto, la riduzione dell’uomo a un codice a barre, la burocratizzazione e la spersonalizzazione avanzano. E’ probabilmente alle porte – il vero significato del passaporto vaccinale è quello – un totalitarismo nuovissimo, fatto di sorveglianza digitale e di centralizzazione del potere.

Ancora, tuttavia, che cosa c’entra il comunismo? Molto, secondo noi. Anni fa, un osservatore dell’acutezza di Maurizio Blondet parlò, a proposito della direzione della società, che ci stavamo immergendo in un inedito comunismo oligarchico. Coglieva la deriva che ci sta trascinando a fondo: la debolezza degli Stati nazionali, sconfitti dal potere finanziario e tecnologico mondializzato, sostanzialmente deterritorializzato, diventata la forza dirompente di monopoli privati giganteschi, assai più potenti dello stesso apparato comunista.

Non vi è molta differenza, per la gente comune, se tutti i mezzi (di produzione, di intrattenimento, di educazione, cultura, il denaro, eccetera) sono nelle mani dello Stato, cioè della nomenklatura e dell’alta burocrazia di matrice comunista, o di una cupola lontana e onnipotente di padroni universali. Con franchezza ce lo hanno detto a proposito del Grande Reset, la tabula rasa: non avrai nulla e sarai felice. Si propongono di avocare a sé la proprietà di tutto: perfino l’automobile, i vestiti, l’abitazione, saranno in affitto. I noleggiatori sono loro, a noi il compito di consumare quanto decideranno, insindacabilmente, dall’alto di un potere immenso quanto mai nella storia.

Non è più nostro neppure il denaro; la strada imboccata è la digitalizzazione di tutti i pagamenti. Tasche vuote di contanti, ma portafogli pieno di carte elettroniche con il magico chip che controlla, processa i dati e permette – o nega – l’accesso. L’uomo senza denaro è immagine della morte, dicevano i latini. Giuridicamente, l’esproprio è già avvenuto. Quando depositiamo i nostri soldi in banca, o accettiamo che il nostro stipendio, salario, pensione, parcella professionale stia in un conto bancario, la proprietà è in capo all’istituto di credito, che si impegna a restituircelo nei modi e nelle quantità che la legge definisce e secondo procedure private sulle quali non abbiamo diritto di intervenire. Questo e altro è scritto nelle pagine stampate in caratteri minuscoli che firmiamo ogni volta che accediamo in banca.

Non avremo nulla- in buona parte non abbiamo già nulla – ma saremo, dicono, felici.  Contenti di pagare con le tasse l’affitto di casa allo Stato, fieri di noleggiare un’automobile, perfino un abito, felici, in definitiva, di dipendere dagli altri, anzi da “loro”, i Signori. Dicono che è meglio così: nel mondo liquido (ma lo hanno liquefatto gli stessi che ne parlano!) tutto cambia in fretta, perché possedere merci che passano rapidamente di moda, perché rimanere fermi in un luogo? Ci vogliono nomadi, sradicati, senza fuoco né luogo, come dicono i francesi. Tutto corre veloce, è il panta rei di Eraclito declinato in salsa post moderna.

Ma c’è il mercato, replicheranno ancora i dubbiosi. Quale mercato, se da esso vengono espulsi ogni giorno gli operatori più piccoli, poi, in rapida sequenza, quelli medi, e i grandi, per lasciare spazio solo ai giganti. Sarebbe il regno degli squali, se la natura, nella sua divina saggezza, non avesse meccanismi di equilibrio che l’uomo, il Titano con lo sguardo teso al dominio, sta distruggendo a tappe forzate. In tutto questo, la dimensione pubblica – la polis, lo Stato – viene depotenziata per farla riemergere sotto forma di gendarme, guardia del Signore, sgherri di un nuovo totalitarismo sulla moltitudine divenuta gregge per paura (il bastone fatto di sanzioni, divieti, malattie) e per desiderio (la carota del consumo, dei diritti, del piacere edonista).

In Italia siamo “avanti”, giacché abbiamo affidato tutto il potere – nell’interminabile Stato d’eccezione a discrezione- a un esponente dell’iperclasse, il banchiere intoccabile con passaporto diplomatico della BIS, Bank of International Settlements, la cupola delle banche centrali. Il vecchio, stantio internazionalismo comunista (che ancora riconosceva popoli e nazioni) è oltrepassato dal globalismo a cui danno nomi gentili: società aperta, abbattimento dei muri, mondo arcobaleno. Intanto, siamo prigionieri di signori feudali che non assumono neppure, come quelli medievali, la responsabilità del nostro sostentamento.

O forse sì: generalizzeranno un reddito universale digitale- modesto, perché qualcuno dovrà pur lavorare e bisognerà pagarlo un po’ di più– e con quella preziosissima card compreremo esclusivamente ciò che il Dominio vorrà. Un po’ di cibo –meglio se artificiale, così vogliono i padroni, ribattezzati filantropi, come Bill Gates, Soros e compagnia pessima – gli apparati elettronici per essere connessi h. 24 e poter spendere quel che resta in banalità scovate online sotto l’occhio vigile dei padroni che ci hanno perfettamente profilato e sanno in anticipo ciò che faremo e che cosa desideriamo.

Ancora un sinistro legame con il comunismo: Marx immaginava magazzini aperti, pieni di ogni merce che il sistema produttivo avrebbe messo liberamente a disposizione. Almeno era gratis, nelle promesse. Pagare tocca ancora a quelli che non possiedono nulla e fanno trasfusioni di sangue quotidiane a un immenso sistema Dracula. Le promesse del capitalismo- assoluto in alto- fattosi comunismo in basso non sono gradevoli. Non saremo felici. Il guaio del nostro tempo è che non c’è più il futuro di una volta: aveva ragione Paul Valéry.

Chi ci espropria, ci deruba. Chi ci vuole privi di qualsiasi bene materiale è lo stesso che ci ha tolto i beni spirituali: anche in questo la coincidenza tra capitalismo e comunismo è sconcertante. Costruire qualcosa per sé e per i figli è l’ambizione più naturale, lasciare qualcosa a chi ci seguirà è ciò che le generazioni di ogni tempo e luogo hanno desiderato e fatto. Basta: l’uomo nuovo, formattato, l’animale d’allevamento con cartellino del prezzo, codice a barre e QR da esibire a richiesta dallo schermo dello smartphone non ha né padri né figli e la sua vita somiglia all’ inutile lotta tra naufraghi della Zattera della Medusa.

Non ci credete, siamo troppo pessimisti? Sentite che cosa ne pensa uno che di comunismo se ne intende, Vladimir Putin. Per il presidente russo ci sono evidenti analogie tra l’Occidente contemporaneo e gli inizi del comunismo sovietico.  La strada che l’Occidente ha intrapreso è quella della distruzione delle fondamenta della tradizione, dell’immagine stessa dell’uomo. Nell’annuale discorso di Valdai ha sottolineato le similitudini con la rivoluzione comunista. “Dopo la rivoluzione del 1917, i bolscevichi dissero che avrebbero cambiato i modi di vivere e i costumi esistenti, non solo politici ed economici, ma la stessa nozione di moralità umana e i fondamenti di una società sana. La distruzione di valori secolari, la religione, le relazioni tra le persone, fino al rifiuto totale della famiglia (abbiamo avuto anche quello), istigazione a “informare” sui propri genitori: tutto questo è stato proclamato progresso ed ampiamente sostenuto in tutto il mondo. Allora era piuttosto di moda, come oggi. In più, i bolscevichi erano assolutamente intolleranti verso opinioni diverse dalle loro. Questo, credo, dovrebbe richiamare alla mente parte di ciò a cui stiamo assistendo ora. Guardando ciò che sta accadendo in alcuni paesi occidentali, siamo stupiti di rivedere pratiche che furono nostre, che fortunatamente abbiamo lasciato nel passato.”

Non è tutto: la lotta per l’uguaglianza e contro la discriminazione si è trasformata in dogmatismo aggressivo al limite dell’assurdo. Le opere dei grandi del passato – come Shakespeare – non vengono più insegnate nelle scuole e nelle università, perché le loro idee non corrispondono ai criteri dei nuovi bolscevichi. I classici sono dichiarati arretrati poiché ignorano l’importanza del “genere” o della razza. Così continua Putin: “A Hollywood vengono distribuiti memoranda sulla “corretta” sceneggiatura dei film, su quanti personaggi ci devono essere e di quale colore e genere. Questo è anche peggio del dipartimento agitprop del Comitato Centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica. Contrastare gli atti di razzismo è una causa nobile, ma la nuova cultura della cancellazione l’ha trasformata in razzismo al contrario. L’enfasi ossessiva sulla razza divide ulteriormente le persone, quando i veri combattenti per i diritti civili sognavano proprio di cancellare le differenze e rifiutarsi di dividere le persone per colore della pelle. “

La conclusione è sconsolante: “in alcuni paesi occidentali il dibattito sui diritti dell’uomo e della donna si è trasformato in una perfetta fantasmagoria. Vien voglia di avvertirli: guardate, state attenti a non andare dove una volta i bolscevichi avevano pianificato di andare. I fanatici di questi nuovi approcci arrivano persino a voler abolire del tutto certi concetti. Chiunque osi dire che gli uomini e le donne esistono davvero, che è un fatto biologico, rischia di essere ostracizzato. Genitore numero uno e genitore numero due, genitore alla nascita invece di madre, latte umano che sostituisce latte materno perché potrebbe turbare le persone insicure del proprio genere. Ripeto, questa non è una novità; negli anni ’20, anche i cosiddetti Kulturtraeger sovietici (“portatori di cultura”) hanno inventato un linguaggio nuovo, credendo in quel modo di creare una nuova coscienza e di cambiare i valori”. 

Putin ha infine manifestato la sua visione del futuro: non le multinazionali, ma gli stati-nazione sono le unità costituenti dell’ordine mondiale. Le grandi corporazioni (Google, Facebook, Big Pharma, Big Tech) non saranno in grado di usurpare funzioni politiche ed elevarsi al livello dello stato nazionale. In Russia e altrove, non in Occidente. “I sedicenti risvegliati (woke) intenti a sovvertire tutto, non sono diversi, nei comportamenti, dai comunisti che distruggevano valori centenari e millenari, ridisegnando le relazioni interpersonali, esigendo la delazione contro amici e familiari. Questo si applaudiva come marcia del progresso”.

Siamo ancora convinti che il totalitarismo dei super padroni non abbia i tratti sinistri del comunismo, nascosti dietro la maschera dei diritti, dell’uguaglianza, della non discriminazione? Gigantesche, globali armi di distrazione di massa per espropriarci di noi stessi e di ogni cosa. No, non saremo felici.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/e-tornato-il-comunismo/

3 NOVEMBRE 2021

Scusate, non ho capito: qual è stato il successo del G20?

Scusate, non ho capito: qual è stato il successo del G20?

di Pietro Francesco Maria De SarloScusate, non ho capito. Qual è stato il successo del G20? L’obiettivo di limitare a 1,5°C il riscaldamento globale rispetto al livello preindustriale? Ma non era già così, o quasi, dagli accordi Cop21 del 2015 di Parigi? E poi più che un accordo è un best effort: 1,5°C più o meno, intorno al 2050, forse. Chi? Mah, chi vuole. Poi nell’accordo di Parigi c’era la carta bollata: 190 firmatari! Carta canta! Un vero trattato internazionale giuridicamente vincolante. Quello del Cop26 di Glasgow, a seguito del G20, è una vaga dichiarazione di intenti.Ma perché si parla di successo? Lo ha detto Draghi! Allora sarà così, l’hanno detto anche in tv! Mi è venuto in mente un collega euforico dopo una riunione in cui la controparte ci aveva fatti neri, mentre io ero avvilito. Andammo dal capo e lui disse: “È stato un successo!”. Rimasi a bocca aperta, e lui: “Poteva andare peggio, no?”. Questo collega ha fatto una carriera strepitosa, lo si vede spesso in tv, io no. Che ci volete fare, colpa del mio inguaribile snobismo verso i tanti corsi manageriali fatti per apprendere o per la pagnotta. Poi i miei mi hanno insegnato: “Chi si loda si imbroda”. Fidatevi dei miei capelli bianchi e delle nove aziende cambiate: l’autopromozione paga, lo insegnano nelle scuole di management e pure alla Bocconi. Ecco perché vostro figlio se la tira già dal primo esame.

Sempre per questa mia puzza sotto il naso, un po’ blasée, non sono mai riuscito a capire il confine tra autopromozione e effetto Dunning-Kruger. Ossia il successo della incompetenza. Per dirla più cruda è quello che accade quando una persona, proprio a causa della propria incompetenza, sovrastima il proprio operato. Il guaio vero è che in abbinata alla autopromozione c’è la superficialità con cui le organizzazioni, specialmente quelle complesse, hanno nel valutare le persone, e l’autopromosso spesso viene promosso sul serio.

“Se mi chiedete quale sia la singola caratteristica che rende una persona soggetta a questo autoinganno, io direi che è respirare” David Dunning dixit. Tutti ci caschiamo, prima o poi, di tanto in tanto. Ricordate la favola di Andersen I vestiti nuovi dell’Imperatore? Un imperatore nudo passa tra una folla di adulatori che magnificano la grazia e la bellezza del suo vestito. Finché un bimbo urla “Il re è nudo!”.

Mentre Draghi ha appena finito di sciorinare il successo del G20, arriva una ragazzina, si chiama Greta mi pare, che dice che è stato il solito bla bla bla. Magnificata per le smorfie e il labiale contro Trump o i politici o la politica, all’improvviso diventa saccente presuntuosa e antipatica. Sic transit gloria mundi. Finché si limita a sbeffeggiare Cingolani, amen. Ma su Draghi non si può! È giovane, capirà. E poi c’è il multilateralismo, per Draghi unica strada, termine non privo di fascino. Devo dire però che anche la poligonale convessa ha il suo perché.

Però un successo vero c’è stato: il lancio della monetina dei Grandi nella fontana di Trevi. Diciamolo: un vero colpo di genio, turismo esperienziale allo stato puro, da manuale. Anche perché la nostra fontana è una meraviglia. A me che a Roma ci abito vederla in tv ha fatto venire voglia di andarci di corsa, figuriamoci a chi l’ha vista da Oklahoma City. Certo un tocco di glamour ci stava. Che ne so, far intonare Arrivederci Roma alla fanfara dei bersaglieri, oppure e meglio, far cantare Ciumachella de’ Trastevere al neo sindaco di Roma, mentre suona con piglio da secchione, sorriso che incanta e occhi dolci rivolti alle First Lady, la chitarra.

Onore al merito però. Tutti i Grandi si sono complimentati con Draghi. Gente a modo. Come quando invitiamo a cena i nostri amici: “Tutto ottimo! La capasanta poi, mmm!”. Perdonatemi, siate magnanimi. Anche quando c’era Lui un poco di dissacrazione era tollerata e poi, parafrasando Flaiano, “l’insuccesso del G20 mi ha dato alla testa”.

FONTE: https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/11/03/scusate-non-ho-capito-qual-e-stato-il-successo-del-g20/6377660/

CHE COS’È LA COP

An image showing a globe floating in space, colourised in green and blue

Un momento decisivo nella lotta ai cambiamenti climatici.

A novembre il Regno Unito, insieme all’Italia, ospiterà un evento che molti ritengono essere la migliore, nonché ultima, opportunità del mondo per tenere sotto controllo le conseguenze devastanti dei cambiamenti climatici.

La COP26 è la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021

Da quasi tre decenni l’ONU riunisce quasi tutti i Paesi della terra per i vertici globali sul clima – chiamati COP – ovvero ” Conferenza delle Parti”. Da allora il cambiamento climatico è passato dall’essere una questione marginale a diventare una priorità globale.

Quest’anno si terrà il 26eismo vertice annuale, di qui il nome COP26. La COP26 sarà presieduta dal Regno Unito che la opiterà a Glasgow.

In vista della COP26 il Regno Unito sta lavorando con ciascun Paese per raggiungere un accordo su come affrontare i cambiamenti climatici. I leader mondiali attesi in Scozia saranno più di 190. Ad essi si uniranno decine di migliaia di negoziatori, rappresentanti di governo, imprese e cittadini per dodici giorni di negoziati.

Presiedere la COP26 sarà un compito impegnativo, perché questo non sarà un qualsiasi vertice internazionale. La maggior parte degli esperti è concorde nel sottolineare il carattere straordinario e urgente della COP26.

Per capire perché, è necessario guardare indietro a un’altra COP.

L’importanza dell’Accordo di Parigi

La COP21 si tenne a Parigi nel 2015.

Per la prima volta successe qualcosa di epocale: tutti i Paesi accettarono di collaborare per limitare l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2 gradi, puntando a limitarlo a 1,5 gradi. Inoltre i Paesi s’impegnarono ad adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici e a mobilitare i fondi necessari per raggiungere questi obiettivi.

Ecco che nasceva l’Accordo di Parigi. L’impegno di puntare a limitare l’aumento delle temperature a 1,5 gradi è importante perché ogni decimale di grado di riscaldamento causerà la perdita di molte altre vite umane e altri danni ai nostri mezzi di sussistenza.

Nel quadro dell’Accordo di Parigi ciascun Paese si è impegnato a creare un piano nazionale indicante la misura della riduzione delle proprie emissioni, detto Nationally Determined Contribution (NDC) o “contributo determinato a livello nazionale”.

I Paesi concordarono che ogni cinque anni avrebbero presentato un piano aggiornato che rifletteva la loro massima ambizione possibile in quel momento.

Glasgow sarà il momento in cui i Paesi aggiorneranno i propri piani

I Paesi si presenteranno al vertice di Glasgow (ritardato di un anno a causa della pandemia) con piani aggiornati di riduzione delle proprie emissioni.

Ma non è tutto. Gli impegni presi a Parigi non sono neanche lontanamente sufficienti per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi, e la finestra utile per il raggiungimento di questo obiettivo si sta chiudendo.

Il decennio fino al 2030 sarà cruciale.

Quindi per quanto il vertice di Parigi sia stato un evento epocale, i Paesi dovranno spingersi ben oltre quanto fatto in quello storico vertice per mantenere viva la speranza di contenere l’aumento della temperatura a 1,5. La COP26 deve essere decisiva.

Che cos’è la COP26

I vertici internazionali sul clima sono complessi.

Il team di COP26 del Regno Unito desidera facilitare al massimo la comprensione degli obiettivi da raggiungere attraverso la COP26.

Di seguito alcuni link utili per iniziare:

FONTE: https://ukcop26.org/it/perche-ospitiamo-il-vertice/che-cose-la-cop/

 

 

 

Il vizio dell’ipocrisia

Uno dei vizi più comuni della politica italiana è l’ipocrisia. Addirittura qualcuno l’annovera tra le qualità, o meglio, come lo strumento più efficace per camuffare la realtà.

Il vizio dell'ipocrisia

Uno dei vizi più comuni della politica italiana è l’ipocrisia. Addirittura qualcuno l’annovera tra le qualità, o meglio, come lo strumento più efficace per camuffare la realtà. L’Enrico Letta che se la prende con mezzo mondo per l’affossamento del ddl Zan è un esempio di ipocrisia: lo sapevano tutti, proprio tutti, pure i commessi del Senato, che quel provvedimento senza una mediazione sarebbe andato sotto, per cui le accuse del giorno dopo del segretario del Pd o sono la prova di una goffaggine politica o, appunto, uno sfogo ammantato di ipocrisia. Altra ipocrisia bella e buona è teorizzare che se Mario Draghi andasse al Quirinale si troverebbe sicuramente il giorno dopo il modo di fare un altro governo per concludere a scadenza naturale la legislatura.

Non è così. Lo sanno pure i sampietrini della Capitale. Mettere in piedi l’attuale esecutivo, infatti, è già stato un mezzo miracolo, il risultato di una congiunzione astrale difficilmente ripetibile. Immaginare che la stessa maggioranza si possa formare su un governo Cartabia o Franco o è un’illusione, o, appunto, è un esercizio di ipocrisia. Il motivo è semplice: l’autorevolezza del personaggio Draghi, a livello internazionale e ora anche nel Paese, ha creato un aplomb istituzionale sotto il quale partiti diversi, addirittura antagonisti, sono riusciti a collaborare senza troppi danni sul piano del consenso. Immaginare che la stessa copertura possa essere garantita da altri nomi non è un’ipotesi reale. Tanto più ad un anno dalle elezioni. Nel migliore dei casi i partiti che accettassero di farne parte ne subirebbero un danno elettorale non indifferente, tipo quello riportato dal Pd e da Forza Italia quando furono costretti ad appoggiare il governo Monti. Anche perché le riforme spesso costano sul piano dei voti e se Draghi se l’è cavata nella Legge di Bilancio con un insieme di compromessi (pensioni, reddito di cittadinanza, tasse) qualora entrasse in campo un altro esecutivo come conseguenza del suo trasloco al Quirinale, quello avrà l’onere di decidere davvero.

Non ammettere questa evidenza è un atteggiamento ipocrita, un modo per tranquillizzare i tacchini, in questo caso i parlamentari che hanno il terrore delle elezioni anticipate, in vista del Natale. Ecco perché se i grandi elettori sceglieranno Draghi debbono essere consapevoli che il passo successivo saranno le elezioni. Un epilogo che, a seconda dei punti di vista, potrebbe essere un bene o un male. Il problema è esserne coscienti al di là di ogni ipocrisia.

FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/cronache/vizio-dellipocrisia-1985713.html

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

Cos’è il Metaverso

 Giulia Adonopoulos

 29/10/2021

Da Facebook a Microsoft i colossi tech investono sul Metaverso. Ma cos’è davvero, come funziona e come potrebbe cambiare (o sta già cambiando) le nostre vite? Eccolo spiegato in modo semplice.

Cos'è il Metaverso

Nell’ultimo anno è letteralmente scoppiata la febbre del Metaverso: tutti ne parlano, tutti lo vogliono. Facebook, in particolare, sta spingendo il suo progetto di Metaverse, la “piattaforma informatica del futuro” per la cui creazione ha intenzione di assumere 10mila dipendenti in Europa.

Ma la società di Mark Zuckerberg, che intanto ha cambiato nome in Meta Platforms Inc. (abbreviato Meta) come parte del disegno, non è l’unica compagnia tech che sta esplorando le potenzialità del Metaverso. Anche Epic Games con Fortnite, Microsoft con HoloLens, il produttore di chip Nvidia, la piattaforma di giochi online Roblox e tanti altri hanno delineato la propria visione di Metaverso.

Ma esattamente cos’è il Metaverso e come funziona? Proviamo a spiegarlo in modo semplice qui di seguito.

Cos’è il Metaverso

Un’espansione virtuale del mondo reale, dove viviamo e interagiamo attraverso un avatar e tramite dispositivi tecnologici e indossabili, come smart glasses, caschi e visori di realtà virtuale, guanti e tute tattili.

Un mondo digitale dove la realtà virtuale è profondamente connessa al web e in cui le persone possono vivere una vita parallela a quella del mondo reale. Ecco cos’è il Metaverso.

Il termine Metaverso è una “parola macedonia” formata da meta, che deriva dal greco e significa “oltre”, e universo. Il termine è stato coniato dallo scrittore di fantascienza cyberpunk Neal Stephenson nel suo romanzo del 1992 Snow Crash, dove il Metaverso è descritto come un mondo virtuale a cui le persone si collegano tramite dispositivi tecnologici di realtà aumentata e vi possono realizzare in 3D tutto ciò che vogliono: negozi, uffici, locali dove tutti si possono incontrare e interagire.

Il Metaverso di Facebook è una sorta di “Internet portato in vita”, o almeno reso in 3D. Zuckerberg lo ha descritto come un ambiente virtuale in cui è possibile entrare invece di limitarsi a guardarlo su uno schermo.

Ma non cadiamo nell’errore di pensare che Metaverso e realtà virtuale siano la stessa cosa. Per capirci, il Metaverso è la realtà virtuale proiettata nella rete e condivisa da tantissime persone allo stesso tempo. Nel Metaverso si può assumere la propria identità o una nuova identità digitale, entrare in contatto con altre persone e cose e svolgere attività sociali. Vivere una seconda vita, come in un enorme videogame.

I film per capire cos’è il Metaverso

Quello del Metaverso era solo un concetto astratto da romanzo sci-fi o da film hollywoodiano finché l’industria del gaming e della tecnologia non gli hanno dato linfa vitale. In ogni caso, come spesso e volentieri accade, è il cinema a venirci incontro per capire il Metaverso.

L’esempio più celebre forse è Matrix, dove l’umanità è inconsapevolmente intrappolata all’interno di una realtà simulata, Matrix appunto, che le macchine intelligenti hanno creato per distrarre gli umani mentre usano i loro corpi come fonte di energia. Ma pensiamo anche a Minority Report e Avatar.

Nella cinematografia recente l’esempio migliore di Metaverso è quello di Ready Player One, film del 2018 di Steven Spielberg tratto dal romanzo Player One di Ernest Cline. Qui il Metaverso si chiama OASIS ed è un universo virtuale immersivo e parallelo in cui la maggior parte dell’umanità trascorre il suo tempo. Questo mondo rappresenta l’unica salvezza per l’uomo dato che il mondo reale è al collasso a causa di sovrappopolazione, povertà e inquinamento.

Anche in Ralph Spaccatutto 1 e 2 ci troviamo di fronte a una sorta di Metaverso: il viaggio del protagonista Ralph nel mondo interno dei videogame prima e della totalità di Internet poi, mostra la potenziale interconnessione tra mondo reale e virtuale.

Quando vivremo nel Metaverso

Se pensate che il Metaverso si realizzerà tra 20-50 anni siete sulla strada sbagliata. Alla luce dei progressi tecnologici e dei grossi investimenti in ballo, si stima che entro i prossimi 5-6 anni una grossa fetta della popolazione trascorrerà gran parte della sua vita in un Metaverso. Che sia di Facebook, di Fortnite, di PlayStation, di Roblox o di Google non lo sappiamo, ma quel che è certo è che la competizione sarà incredibile e la trasformazione sarà di gran lunga maggiore rispetto a quella portata da internet e dagli smartphone. Quello che gli analisti immaginano è un mondo che sarà la patria delle criptovalute, degli NFT, dei beni digitali… in cui si potrebbero stravolgere gli equilibri sociali, economici e tanti altri aspetti della nostra vita.

FONTE: https://www.money.it/Cos-e-il-Metaverso

 

 

 

Allarme: ricercatore denuncia gravi irregolarità nei trial del vaccino Pfizer

Un informatore che ha partecipato alla terza fase del trial medico che ha portato all’autorizzazione del vaccino Pfizer potrebbe essere stata talmente affrettata da aver compromesso la qualità dei dati raccolti, che sono stati alla base dell’autorizzazione, come riportato dalla rivista medica BMJ.

Vediamo cosa dice la rivista (grassetti nostri): ma, per i ricercatori che stavano testando il vaccino di Pfizer in diversi siti in Texas durante quell’autunno, la velocità potrebbe essere stata raggiunta a scapito dell’integrità dei dati e della sicurezza del paziente. Un direttore regionale che è stato impiegato presso l’organizzazione di ricerca Ventavia Research Group ha detto a BMJ che la società ha falsificato i dati, ha de anonimizzato i pazienti, ha impiegato vaccinatori non adeguatamente formati ed è stata lenta nel seguire gli eventi avversi riportati nello studio cardine di fase III di Pfizer. Il personale che ha condotto i controlli di qualità è stato sopraffatto dal volume di problemi riscontrati. Dopo aver ripetutamente informato Ventavia di questi problemi, il direttore regionale, Brook Jackson, ha inviato un reclamo tramite e-mail alla Food and Drug Administration (FDA) statunitense. Ventavia l’ha licenziata lo stesso giorno. Jackson ha fornito al BMJ dozzine di documenti aziendali interni, foto, registrazioni audio ed e-mail.

Quindi siamo di fronte a un caso serio: in un grosso test, almeno in uno stato USA, le rilevazioni hanno compromesso la qualità dei dati, quindi la loro veridicità, e quando questo è stato rivelato il responsabile è stato licenziato in tronco. 

Quali sono state le denunce fatte dall’ex direttore, la signora Brook Jackson alla FDA?

Nella sua e-mail del 25 settembre alla FDA Jackson ha scritto che Ventavia aveva arruolato più di 1000 partecipanti in tre siti. Lo studio completo (registrato con NCT04368728) ha arruolato circa 44.000 partecipanti in 153 siti che includevano numerose aziende commerciali e centri accademici. Ha poi elencato una dozzina di fatti preoccupanti a cui aveva assistito, tra cui:

  • Partecipanti collocati in un corridoio dopo l’iniezione e non monitorati dal personale clinico
  • Mancanza di follow-up tempestivo dei pazienti che hanno manifestato eventi avversi
  • Le deviazioni del protocollo non sono state segnalate
  • I vaccini non sono state conservate a temperature adeguate
  • Campioni di laboratorio etichettati erroneamente e
  • ripercussioni sul personale Ventavia che  segnalava di questi tipi di problemi.

Nel giro di poche ore Jackson ha ricevuto un’e-mail dalla FDA ringraziandola per le sue preoccupazioni e informandola che la FDA non poteva commentare alcuna indagine che potesse risultare. Pochi giorni dopo Jackson ha ricevuto una chiamata da un ispettore della FDA per discutere il suo rapporto, ma gli è stato detto che non potevano essere fornite ulteriori informazioni. Non ha sentito più nulla in relazione al suo rapporto.

Quindi ci sono dei forti dubbi che i dati raccolti, per lo meno in Texas, dalla sperimentazione siano stati corretti. La direttrice ci ha rimesso il posto ma non si sa che misure abbia preso la FDA. Ad agosto 2020  l’ente di supervisione ha pubblicato un report sui controlli, ma questi riguardavano solo 9 su 153 siti di test, e nessuno faceva parte del gruppo Ventavia.

Le affermazioni di Jackson sono state corroborate da altri due dipendenti, rimasti però anonimi (per cui, probabilmente, avranno salvato il lavoro). FDA sapeva, ma non ha fatto nulla. Comunque state tranquilli: in fondo il vero trial lo stiamo facendo adesso.

FONTE: https://scenarieconomici.it/allarme-ricercatore-denuncia-gravi-irregolarita/

Pfizer ammise vax può essere dannoso per contatto

Se può esserle utile, le segnalo un documento Pfizer che mostra esplicitamente di temere qualcosa dall’inalazione o dal semplice contatto epidermico in specie per le gravidanze e l’allattamento!!

E’ archiviato nel mio blog-archivio (in parziale traduzione automatica ed interamente, invece, in lingua originale) e liberamente scaricabile.

Lettera Firmata

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/pfizer-ammise-vax-puo-essere-dannoso-per-contatto/

 

 

Uno studio di fase 1/2/3, controllato da placebo, randomizzato, osservatore in cieco

… I partecipanti sono esclusi dallo studio se si applica uno dei seguenti criteri [ 5.2 ]

… Donne in gravidanza o allattamento 5.2.11 ]

 Per intervento in studio si intende qualsiasi … destinati ad essere somministrati a un partecipante allo studio ]

… Un partecipante di sesso maschile che sta ricevendo o ha interrotto l’intervento di studio espone una partner femminile prima o intorno al momento del concepimento 8.3.5.1 ]

… Si scopre che una donna è incinta mentre è esposta o è stata esposta a un intervento di studio a causa dell’esposizione ambientale [ 8.3.5.1 ]

… o un operatore sanitario riferisce di essere incinta dopo essere stata esposta all’intervento dello studio per inalazione o contatto con la pelle [ 8.3.5.1 ]

… o un operatore sanitario che è stato esposto all’intervento dello studio per inalazione o contatto con la pelle espone quindi la sua partner prima o intorno al momento del concepimento 8.3.5.1 ]

… o un operatore sanitario che riferisca di allattare al seno dopo essere stata esposta all’intervento dello studio per inalazione o contatto con la pelle [ 8.3.5.2 ]

… Una donna partecipante può partecipare se non è incinta o non sta allattando [ 10.4.2 ]

                     Le parti qui riportate, ed evidenziate nell’originale, sono frutto di  una traduzione automatica

https://www.pro-memoria.info/wp/wp-content/uploads/Protocollo-studio-vaccino_-C4591001-Clinical-Protocol-Nov-2020-Pfizer.pdf

FONTE: https://www.pro-memoria.info/uno-studio-di-fase-1-2-3-controllato-da-placebo-randomizzato-osservatore-in-cieco/

 

 

 

Facebook cambia nome: si chiamerà Meta. Che cosa c’è dietro

29 Ottobre 2021, di Mariangela Tessa

La notizia era stata anticipata, giorni fa, dalla stampa americana. Ieri è arrivata la conferma direttamente dal fondatore del social network, Mark Zuckerberg: Facebook cambia nome e diventa Meta.

Una decisione che riflette da una parte il rinnovato ‘universo’ tecnologico del gruppo, dall’altra, come dicono alcuni osservatori, la voglia di ripulire l’immagine dopo una serie di scandali che hanno colpito negli anni il social network, finito nell’occhio del ciclone per una serie di scandali. Ultimo, in ordine temporale, quello scaturito dalle accuse avanzate dall’ex dipendente Frances Haugen, sulle politiche interne alla società che avrebbero anteposto la ricerca del profitto al controllo dei contenuti, soprattutto quelli che incitano all’odio e alla violenza.

Ma perché ‘meta’? “Ho fatto studi classici e la parola ‘meta’ deriva dalla parola greca che significa ‘oltre’” ha spiegato Zuckerberg in un video pubblicato sul social network. “Per me, significa che c’è sempre altro da costruire e c’è sempre un capitolo successivo della storia. La nostra è una storia che è iniziata in una stanza di un dormitorio” al college “ed è cresciuta oltre l’immaginabile”, diventando “una famiglia di app che le persone usano per connettersi tra loro, avviare attività, creare comunità e movimenti che hanno cambiato il mondo”.

“Abbiamo costruito cose che hanno unito le persone in modi nuovi”, aggiunge. “Ora è il momento di prendere tutto ciò che abbiamo imparato e aiutare a costruire il prossimo capitolo. Sto dedicando le nostre energie a questo, più di qualsiasi altra azienda al mondo. Se questo è il futuro che volete vedere, spero che vi unirete a noi. Il futuro sarà al di là di tutto ciò che possiamo immaginare”..

 

 

 

STORIA

Navi, fanti e MAS: la Marina italiana nella Grande Guerra

La Grande Guerra è per molti italiani “distante” dal mare. Nel pensiero e nella memoria dei libri di storia, la guerra si combatteva sui monti, sulle pietraie del Carso, tra le trincee lorde di fango e sangue e sotto le incessanti detonazioni dei proiettili nemici. Non le onde del mare, ma le vette delle Alpi, a fare da scenografia a quel sacrificio di migliaia di uomini. Non i cannoni delle corazzate e delle navi, ma le mitragliatrici poste dall’altra parte della trincea i simboli del nemico e della morte.

Per un Paese che ha visto il suo più grande tributo di sangue sugli altipiani e che aveva come obiettivo strategico terminare, idealmente, le guerre di indipendenza con Trento e Trieste, non può essere diversamente. La terra, le montagne, le trincee hanno in larga parte forgiato una generazione, mietuto una quantità infinita di morti e costruito una mitologia nazionale che va dal Piave a Caporetto fino a Vittorio Veneto. Un’epopea nazionale che fa della terraferma il suo vero sacrario.

Tuttavia la Marina Militare, o meglio l’allora Regia Marina, ebbe un ruolo più silenzioso ma non meno importante per la vittoria dell’Italia nella Prima guerra mondiale. Perché se le trincee, le catene montuose e i fiumi erano le frontiere dei due eserciti che si scontravano nella logorante guerra di posizione, era in mare, nell’Adriatico, l’altro fronte in cui combattevano l’Italia e l’Impero austro-ungarico. Ed era lì che passava gran parte della sopravvivenza di un impero che aveva solo una costa da cui poter ricevere rifornimenti: quella balcanica.

La componente marittima delle Forze Armate italiane ebbe da subito un compito complesso. Innanzitutto perché il nemico, cioè l’Austria-Ungheria- era a poche miglia dai propri porti. Non si trattava dunque di spedizioni lontane dai propri arsenali e dalla popolazione civile, ma un avversario che si trovava dall’altra parte dell’Adriatico. Un mare che, oltre alla prossimità tra Paesi rivieraschi, offriva anche coste molto diverse tra loro, con quella italiana che ha una conformazione molto più regolare rispetto a quella frastagliata e densa di insenature dell’area balcanica. La Regia Marina si trovava pertanto a dover fronteggiare  non solo un avversario temibile (per quanto la componente più pericolosa e moderna, quella dei sommergibili, era in larga parte attesa dall’industria tedesca), ma anche una triplice sfida. Agli uomini della flotta italiana – non solo imbarcati – era richiesto di colpire il naviglio nemico, proteggere le coste italiane e, infine, bloccare le vie rifornimento dell’Impero dal Mediterraneo: in pratica Otranto doveva essere un punto di strozzatura ideale per frenare l’approvvigionamento del nemico. Un complesso sistema strategico cui si aggiunse anche l’avvento della componente aerea della Regia Marina, con gli idrovolanti che compirono innumerevoli missioni su tutto il fronte (si parla di 36mila operazioni).

Esisteva dunque un piano di operazioni marittimo diversificato. Da una parte quello strategico del controllo dell’Adriatico (oltre a quello più sconosciuto dei laghi) e delle principali basi e città dell’Alto Adriatico, a cominciare da Venezia. In questo caso, non va dimenticato anche il coinvolgimento della Marina francese e di quella britannica, preoccupate del Mediterraneo come lo era anche la Marina tedesca. Dall’altra parte, il secondo piano di operazioni, che poi è quello rimasto più limpido nella memoria collettiva, era dato da una serie di missioni dall’elevato simbolismo e che confermavano un aumento delle capacità tattiche della Regia Marina.

I marinai italiani vengono così ricordati per le missioni contro le basi navali austriache nell’alto Adriatico, in particolare con l’impiego dei MAS (Motoscafo Anti Sommergibile). Con questo nuovo tipo di unità, armata di mitragliatrice, siluri e bombe, i militari ingaggiarono con la Marina austriaca una guerra logorante, i cui più importanti episodi furono l’affondamento della Wien, la cosiddetta “beffa di Buccari“, l’affondamento della Szent Istvan, passata agli onori come l’Impresa di Premuda (missioni guidate dal comandante Luigi Rizzo). Infine, sullo scadere della Grande Guerra, l’ultima missione: l’affondamento della corazzata Viribus Unitis nel porto di Pola da parte di Raffaele Rossetti Raffaele Paolucci. Una missione “non convenzionale” – preludio delle più importanti operazioni delle forze speciali – che chiuse l’impegno della Marina nella Grande Guerra, visto che solo due giorni dopo l’Austria-Ungheria firmò l’armistizio con l’Italia. Missioni che rimasero scolpite nell’immaginario di tante persone, anche per la presenza di quello che poi divenne il “poeta-vate” Gabriele d’Annunzio. E che se il passare del tempo rischia di vedere sfumare nella percezione delle nuove generazioni, non devono essere abbandonate: perché parte di una memoria collettiva che serve a ricordare cosa fu quella Grande Guerra per gli italiani.

FONTE: https://it.insideover.com/storia/navi-fanti-e-mas-la-marina-italiana-nella-grande-guerra.html

 

 

 

Il conflitto dimenticato dei forti: storia segreta della Grande Guerra

Nella Grande Guerra che infiamma l’Europa tra il 1914 e 1918 c’è un conflitto nel conflitto. È quello dei grandi forti che si lanciano cannonate, in particolare sull’Altipiano di Asiago. Se si pensa alla Prima guerra mondiale e alle tante forme che il conflitto ha assunto in Italia, difficilmente vengono alla mente le immagini di fortezze arroccate sulle montagne. Eppure proprio da uno di questi, il Forte Verena nel vicentino, alle quattro del mattino del 24 maggio 1915, parte il primo colpo di cannone che dà ufficialmente inizio alla guerra.

Per i successivi tre anni questi forti hanno avuto destini più o meno avversi, ma secondo molti storici non sono mai stati decisivi nelle sorti della guerra e nello spostamento dei fronti. Nonostante questo hanno rappresentato comunque uno sforzo bellico ed economico notevole per i Paesi coinvolti con storie a tratti uniche.

Le fosche previsioni di fine secolo

Gran parte dei forti italiani e austro-ungarici viene costruita diversi anni prima della guerra. Da un lato e l’altro del confine c’era una certa ostilità nonostante la firma della Triplice alleanza del 1882. I governi unitari italiani di fine secolo creano un comitato incaricato di pianificare la realizzazione di una serie di barriere difensive che vengono poi messe a cantiere tra il 1883 e 1896. L’obiettivo principale individuato dal comitato è quello di difendere le città di Verona e Venezia in Veneto, per questo viene progettato un sistema di difesa di valli e valichi.

Tutto si arresta però nel 1896 quando l’Italia si imbarca nell’avventura coloniale in Eritrea. I progetti vengono congelati per otto anni, fino al 1904, quando, complice un miglioramento dei conti e maggiori innovazioni tecnico-militari, riparte la costruzione degli avamposti.

Ma la vera accelerazione arriva a ridosso della guerra tra il 1808 e 1914 soprattutto dal lato austriaco. Vienna, sotto la spinta di Franz Conrad von Hötzendorf, capo di stato maggiore dell’esercito austriaco, si lancia in una vasta operazione di costruzione e fortificazione del suo confine meridionale. Conrad non era solo un sostenitore della guerra contro la Serbia, ma un fervente sostenitore che l’Italia sarebbe stata un problema e che fosse necessario attaccarla per prima. Nel 1908, ad esempio, prova a convincere l’imperatore Francesco Giuseppe ad attaccare per approfittare dello stato di debolezza nazionale causato dal terremoto di Messina senza però riuscite a convincere l’Imperatore. Passano tre anni e da Vienna arriva l’impulso finale per completare le fortificazioni.

L’avamposto austriaco Spitz Verle

Secondo molti storici, questa “corsa” ai forti è una delle tante dimostrazioni di come la guerra sia già predisposta da tempo. Per averne un’idea plastica basta fare un viaggio in località Campo Gallina, oggi una zona montana tra le province di Vicenza e Trento, ma nel 1900 punto sensibile del confine tra Regno d’Italia e Impero Austro-Ungarico. Nella conca gli austriaci costruiscono in breve tempo uno dei centri nevralgici della Strafexpedition, la spedizione punitiva austriaca contro l’Italia per il tradimento e il passaggio con i nemici di Francia, Regno Unito e Russia. A oltre 1.800 metri d’altitudine viene costruita una vera e propria cittadella con tanto di cinema, chiese, ricoveri, magazzini, spaccio alimentare e ospedale, un complesso capace di ospitare fino a 25 mila uomini. Segno evidente di una premeditazione.

Il centro logistico austriaco di Campo Gallina

Ai margini della guerra

Nei piani di Roma e Vienna i forti devono svolgere una doppia funzione, difensiva e offensiva. Il problema è che il Regno e l’Impero si presentano alla vigilia dello scontro in situazioni molto diverse. Per quanto riguarda il fronte italiano il fatto di aver iniziato la loro edificazione quasi trent’anni prima dello scoppio delle ostilità li rende superati dato che molti non hanno mura in calcestruzzo armato o cupole corazzate in acciaio.

In più la particolare conformazione delle montagne costringe architetti e ingegneri “spacchettare” i forti collocando al di fuori delle strutture depositi, armerie o ricoveri per la guerra ravvicinata. Allo stesso modo polveriere e laboratori per i proiettili vengono posizionati in lunghi defilati allungando le linee di rifornimento. Il genio austriaco, diversamente, crea strutture molto più corazzate. Ironicamente già negli stessi anni del conflitto si sottolinea come i forti autrici siano realizzati soprattutto per reggere l’urto dei proiettili di grosso calibro, senza concentrarsi su aspetti più architettonici come fatto invece gli italiani.

Forte Belvedere (Italia) oggi.

Ad essere diverse sono però le stesse filosofie di gestione dei forti. L’idea dell’Italia era stata quella di costruire una rete di fortezze capaci di colpire e martellare le artiglierie nemiche ma non le truppe. I forti austriaci invece sono collegati in maniera più organica e rispetto agli italiani sono capaci di fungere da presidio per la fanteria. In più Vienna li considera come strumento chiave per dare supporto alle truppe. Le fortezze italiane invece sono isolate, quasi come castelli medievali, ma a differenza possono essere conquistati con facilità.

Dopo i primi successi nel 1915, il periodo più difficile per l’esercito italiano lungo la linea del fronte nell’Altipiano di Asiago arriva nella primavera del 1916 quando le forze austriache lanciano la spedizione punitiva contro il traditore italiano. Il fuoco di artiglieria che anticipa l’offensiva scatta il 14 maggio del 1916, quasi un anno dopo l’apertura delle ostilità. Nel giro di 15 giorni le truppe italiane ripiegano e le forze austriache arrivano ad affacciarsi sul fiume Brenta, prendendo parte della Val d’Assa, Arsero e entrando ad Asiago tra il 27 e 29.

Successivamente Conrad è costretto a far ripiegare le truppe in posizioni più difendibili anche per una maggiore pressione in altri punti del fronte. Nonostante questo l’operazione ferma lo slancio italiano e anzi permette all’Impero di mettere piede sull’Altipiano e continuare a puntare alla Pianura Padana.

Storia di due forti

In questo contesto il sistema dei forti si mostrò marginale nel fermare le operazioni belliche. Simbolicamente la storia di due forti racconta molto bene limiti e fragilità delle fortezze montane. Prendiamo proprio il forte Verena, quello da cui viene sparato il primo colpo della guerra. Costruito tra il 1910 e 1914, è il fiore all’occhiello del genio italiano, costruito con materiali all’avanguardia. Nei piani doveva essere la punta di diamante contro le forze austriache.

Il forte Luserna oggi (foto di Alberto Bellotto)

Propio all’inizio delle ostilità è il punto privilegiato per tenere sotto tiro la linea del fronte sulla vicina piazza del Vezzena, dove si trovavano le forze austriache. Uno scenario ideale che gli vale il nome di “Dominatore dell’Altopiano”. Eppure il “dominatore” ha vita breve, per uno strano mix nel quale l’ingrediente fondamentale è la fortuna.

Meno di un mese dopo l’inizio del conflitto, il 12 giugno, dalla piana del Vezzena, parte un colpo e un proiettile da 305mm arriva sul forte ed entra nella struttura. Qui le versioni divergono. Secondo alcuni penetra nel vano dell’ascensore del forte scoppiando all’interno delle casematte. Secondo altri il proiettile entra attraverso un’intercapedine aperta temporaneamente per combattere l’umidità presente all’interno.

La deflagrazione, indipendentemente dal punto di ingresso, provoca la morte del capitano Umberto Trucchetti e di altri 40 soldati. La struttura regge il colpo ma i comandanti danno l’ordine di abbandonarla: una mossa che di fatto cambia tutto il piano difensivo che i forti come il Verena possono garantire alla linea del fronte. Un anno dopo la struttura cade nelle mani degli austro-ungarici durante la spedizione punitiva sancendo di fatto la fine del “dominatore”.

Avamposto nei pressi di forte Luserna (foto Alberto Bellotto)

Il colpo da 305 che sancisce la fine precoce del forte è arrivato da un settore chiave per le forze dell’Impero, quello della piana del Vezzena, “coperta” da almeno tre avamposti ravvicinati. Lo Spitz, usato come avamposto per osservare i movimenti in Valsugana, il forte Verle, il primo a finire nel mirino del Verena nel maggio del 1915, e soprattutto il forte di Luserna. Soprannominato “il Padreterno” per al sua sicurezza, è uno di quelli che subisce il fuoco delle artiglierie italiane più violento. Secondo una stima nelle prime fasi della guerra sono piovute sul forte qualcosa come 5 mila proiettili in poco meno di quattro giorni. Nonostante questo il forte regge e si guadagna anche il soprannome di “frontiera d’acciaio”.

Lontano dai grandi teatri della guerra i forti e il fronte sull’Altipiano si conferma essere meno importante per gli esiti della guerra, se non per le operazioni difensive dell’esercito italiano. Già nel 1916, durante la Battaglia degli Altipiani, le fortezze, da una parte e dall’altra, mostrarono i limiti davanti a una guerra nuova, diventando un elemento di sfondo agli alterni rovesci del conflitto. Oggi di quelle fortezze restano i ruderi e i tentativi di recupero soprattutto in occasione del centenario della Grande Guerra, testimoni del sacrificio di migliaia di giovani gettati nel fuoco della guerra per espugnarli.

FONTE: https://it.insideover.com/storia/il-conflitto-dimenticato-dei-forti-storia-segreta-della-grande-guerra.html

 

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