RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 16 GIUGNO 2021

La guerra in Yemen vista con gli occhi di un bambino

RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI

16 GIUGNO 2021

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

 La medicina promette di guarire fra cento anni quelli che stanno per morire stamani

RAMON GOMEZ DE LA SERNA, Sghiribizzi, Bompiani, 1997, pag. 177

 

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SOMMARIO

IL VOTO DI SCAMBIO
Italia semicolonia statunitense. Parola di un ufficiale Usa in congedo
Brutale aggressione al filosofo che critica Speranza
Emanuele Franz, aggredito il filosofo che critica Roberto Speranza
Tony Fauci ha finanziato la ricerca sul virus. La fuga dal laboratorio è stata un incidente
IL CORAGGIOSO DISCORSO DI SOLANGE HUTTER, UNA PRESIDE CHE PASSERÀ ALLA STORIA
Yemen: la guerra negli occhi di un bambino
Da Londra. Soldi dal Qatar alla Turchia per finanziare i terroristi in Siria
Le “tre frecce” di Biden: così gli Usa provano a contenere la Cina
Trump, Fort Detrick e il Covid-19
ESSI hanno tutti i mezzi per eliminare la dissidenza
E se il virus non fosse stato ingegnerizzato in Cina ma negli USA?
La Consob stanga i bitcoin: “Una minaccia al risparmio”
Europei, giocatori del Belgio in ginocchio contro il razzismo prima del match con la Russia.
Immigrazione, quella rotta atlantica che non ti aspetti
Le Ong fanno le vittime: “Ecco perché mentono”
Il lessico della Nuova Normalità
Perché le lobby LGBTQ si arroccano in difesa dei malfattori di Bibbiano?
Doveva essere un anno “meraviglioso”
Sondaggi manipolati
STATO ITALIANO & UE (Società a Responsabilità Limitata)
SBARCA CHIUNQUE
India: pagamenti a dipendenti solo dopo la loro sterilizzazione
India: “The Emergency” and the Politics of Mass Sterilization
Ucraina, il conflitto di interessi di Joe Biden e del figlio Hunter
Vaccinazioni: un decesso ogni 700 vaccinati in Francia e nel mondo, mostra un’analisi di correlazione.
Olivetti spiato dalla Cia
Così iniziò il grande dramma degli italiani
Quell’asse “segreto” che ha fatto 14 milioni di morti

 

 

EDITORIALE

IL VOTO DI SCAMBIO

Il voto di scambio

A ridosso di ogni scadenza elettorale assistiamo all’indecoroso spettacolo del commercio di voti. È una ininterrotta tradizione quella dell’acquisto di pacchetti di voti da procacciatori che in gergo sono chiamati “gatti”. Nella nostra beneamata Italietta è antecedente alla cosiddetta narrazione della cosiddetta “Unità d’Italia” propagandata dai pasdaran della memoria post-togliattiana.

Nella ricerca ossessiva dei voti, i candidati si intrufolano in tutti i canali comunicativi attualmente in funzione sulla rete, nella carta stampata, nelle reti televisive dove viene scaricata una propaganda stantia costituita da una valanga di ovvietà trite e ritrite. Vengono organizzate le cene politiche, varie manifestazioni pseudo-culturali, dibattiti preconfezionati da strapagati scienziati della comunicazione nascosti dietro le quinte. Infine, si vedono in giro stuoli di netturbini e giardinieri che puliscono le strade.

Nelle tornate elettorali esiste una costante che è la eliminazione dell’efficacia del voto popolare espresso alle urne attraverso il trasformismo e l’assenza di vincolo di mandato. Il processo di vanificazione del voto nasce con l’articolo 67 della Costituzione italiana che recita così “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Inizialmente, il testo nasce per tutelare la libertà di opinione del parlamentare e per proteggerlo da atti censori delle segreterie del partito di appartenenza. Tale libertà si accompagna al divieto di mandato imperativo che consente ai parlamentari di cambiare idea e di saltare da un partito all’altro! Con parole più chiare, costoro non sono vincolati ai dettami del partito di appartenenza, né dal programma elettorale e né dal voto dei propri elettori!

L’articolo 67, nato per tutelare la libertà de esercizio del mandato parlamentare, si è trasformato in un mostro giuridico peggiorativo che ha finito per legittimare il traffico di voti comprati a pacchetti interi dai ridetti “gatti” incorrendo alla tagliola dell’articolo 416 del Codice penale, Associazione per delinquere, che recita “quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti, coloro che promuovono o costituiscono od organizzano l’associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da tre a sette anni”; dell’articolo 629 del Codice penale, estorsione, che dice “chiunque, mediante violenza (581) o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000; dell’articolo 416 bis Associazioni di tipo mafioso anche straniere, “l’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione(3) del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali”.

L’ignobile fenomeno del cambio di giacchetta ha registrato la sua punta massima nella Legislatura del 2013. Fu un anno di grande instabilità politica. A tale proposito, notevole e molto esemplificativa è stata la ricerca di Demopolis che scrive: “I cambi di gruppo nella XVI legislatura (2008-2013) son stati 261, poco più di 4 al mese. Un fenomeno che ha coinvolto 180 parlamentari (120 deputati e 60 senatori), il 19 per cento dell’Aula. Nella XVII legislatura il fenomeno è esploso, ci sono stati 566 cambi di gruppo, quasi 10 al mese. Circa un eletto su 3 ha cambiato casacca almeno una volta dalle politiche del 2013. Il fenomeno ha molte sfaccettature, da parlamentari particolarmente mobili (alcuni con persino 9 cambi di gruppo nel corso della stessa Legislatura), a quelli che passano da gruppi di maggioranza a gruppi di opposizione”.

Ad incrementare la pianificata erosione del valore delle scelte di voto dei cittadini contribuisce il colpo mortale delle numerose modifiche della legge elettorale, esclusivamente orientata ad annullare il sia pure minimo effetto delle elezioni. Mi riferisco ad una serie di emendamenti e di disegni di legge che sono ricordati anche per la loro curiosa intitolazione, in un finto latino, con la desinenza in ellum. L’idea della latinizzazione fu del giurista Giovanni Sartori. La prima legge elettorale latinizzata è stato il Mattarellum nel 1993. Hanno fatto seguito leggi elettorali divergenti fra loro quali Porcellum (2005) riconosciuto incostituzionale e ribattezzato Consultellum nel 2015 per la parte rimasta in piedi della legge. A marzo 2015 sopraggiunge l’Italicum chiamato così per nascondere i nomi degli autori. L’ultima legge elettorale del 2017 è stata chiamata Rosatellum. Nelle oscure e felpatissime stanze del potere, i mandarini stanno lavorando ad una ipotesi di legge elettorale chiamata Rosatellum 2.0.

Al disordine normativo si aggiunge lo sfacelo socio-politico del nostro martoriato Paese e la sua progressiva de-industrializzazione. Caos che alimenta altro caos. L’andamento spietato e cinico dei politici, che si muovono esclusivamente per i propri interessi, non ha mai smesso di manifestarsi. Accresce la distanza della classe politica con il “Paese reale” delle cui istanze sociali, economiche e umane non importa nulla! Instabilità sociale che si aggiunge al caos istituzionale.

La caduta di credibilità del politico di professione non è un fenomeno solamente italiano. In tutto il pianeta il peso decisionale delle classi politiche nazionali ha avuto un calo verticale, di pari passo con l’incremento di potere e influenza delle multinazionali industriali e finanziarie, il cui interesse è quello di eliminare il più rapidamente possibile qualsiasi barriera alla totale fluidità dei beni e dei servizi finanziari, con utilizzo di un numero decrescente di umani privi di individualità territoriale, culturale, economica e di diritti civili.

La satira politica ci ricorda tutto questo smottamento di poteri con molta efficacia, sia pure con linguaggi comunicativi differenti. Apre la carrellata il gustoso e amaro soliloquio di Carlo Verdone nei panni di un candidato politico che sciorina a martello una sequenza di frasi fatte intercalate ossessivamente dal mantra “”sempre teso”; il mantra “vota Antonio-vota Antonio La Trippa” di Totò. Proverbiale è la totale mancanza di coerenza dei politici che cambiano impostazioni, mano a mano che mutano i rapporti di forza. Tutto questo avviene senza tenere in alcun conto della valenza del voto popolare.

Meno male che abbiamo i tecnici-non-eletti-da-nessuno votati fino all’estremo alla salvazione della ex-Italia.

Meno male che abbiamo i generali in costume che lavorano alacremente nell’esclusivo interesse dei cittadini e della loro protezione.

FONTE: https://www.opinione.it/politica/2021/06/15/manlio-lo-presti_voto-scambio-articolo-67-costituzione-legge-elettorale-trasformismo-vincolo-mandato/

 

IN EVIDENZA

Italia semicolonia statunitense. Parola di un ufficiale Usa in congedo

12 Giugno 2021 

di Alessandro Pascale

Di seguito un estratto uscito sul numero di maggio della rivista Limes. Si tratta di alcune considerazioni scritte in forma anonima da un ufficiale americano in congedo.

“Che cosa abbiamo? Il controllo militare e di intelligence del territorio, in forma pressoché totale. E quel grado, non eccessivo, di influenza sul potere politico -soprattutto sui poteri informali ma fondamentali che gestiscono di fatto il paese. Quello che voi italiani ci avete consegnato nel 1945 -a proposito, se qualcuno di voi mi spiegasse perché ci dichiaraste guerra, gliene sarei davvero grato- e che non potremmo, nemmeno volendolo, restituirvi. Se non perdendo la terza guerra mondiale.

In concreto – e vengo, penso, a quella «geopolitica» di cui parlate mentre noi la facciamo – dell’Italia ci interessano tre cose. La posizione (quindi le basi), il papa (quindi l’universale potenza spirituale, e qui forse come cattolico e correligionario del papa emerito sono un poco di parte) e il mito di Roma, che tanto influì sui nostri padri fondatori.

La posizione. Siete un gigantesco molo piantato in mezzo al Mediterraneo. Sul fronte adriatico, eravate (e un po’ restate, perché quelli non muoiono mai) bastione contro la minaccia russa, oggi soprattutto cinese. Ma come vi può essere saltato in mente di offrire ai cinesi il porto di Trieste? Chiedo scusa, ma avete dimenticato che quello scalo di Vienna su cui i rossi di Tito stavano per mettere le mani ve lo abbiamo restituito noi, nel 1954? E non avete la pazienza di studiare il collegamento ferroviario e stradale fra Vicenza (e Aviano) e Trieste -ai tempi miei faceva abbastanza schifo, ma non importa- che fa di quel porto uno scalo militare, all’intersezione meridionale dell’estrema linea difensiva Baltico-Adriatico? E forse dimenticate che una delle più grandi piattaforme di comunicazioni, cioè di intelligence, fuori del territorio nazionale l’abbiamo in Sicilia, a Niscemi, presso lo Stretto che separa Africa ed Europa, da cui passano le rotte fra Atlantico e Indo- Pacifico?”.

Il prof. Andrea Zhok, docente all’Università degli studi di Milano, ha commentato pubblicamente su Facebook così:

“Il dato di partenza, ben illustrato nel passaggio succitato, è che l’Italia non è in nessun modo valutabile come un paese politicamente sovrano.
Siamo un protettorato USA, cui è stato concesso di acquisire una seconda forma di dipendenza, economica, nei confronti della Germania, nella cornice UE. Questo è quanto.”

Il prof. Zhok continua poi la sua analisi, in gran parte condivisibile, mostrando le degradanti conseguenze economiche, politiche e culturali che tutto ciò comporta.

Il dato centrale é però chiaro: l’Italia é una semicolonia statunitense per volontà del suo ceto dirigente borghese che ha governato ininterrottamente il paese dal 1947 ad oggi. Nessuna riforma di struttura é possibile se non rompendo questo doppio vincolo di sudditanza che abbiamo verso Washington (NATO) e Bruxelles (UE). Non c’è bisogno di aspettare la terza guerra mondiale (che ci auguriamo non arrivi mai) con la Cina e la Russia per riconquistare sovranità nazionale e affermare finalmente una piena sovranità popolare. Se il popolo acquista coscienza di essere servo, di mangiare solo le briciole del padrone, se il popolo compreso ciò decide di ribellarsi, si può riuscire a cacciare gli USA dal nostro territorio anche domani. É chiaro che serve una rivoluzione vera. É chiaro che serve una consapevolezza che oggi non c’è. Il Partito Comunista lavora per fornire questa consapevolezza al popolo, e in tal senso utilizzeremo anche queste elezioni. Unitevi a noi. Unitevi alla vera Resistenza contro questo totalitarismo “liberale” che annebbia le nostre menti e ci inganna sistematicamente ogni giorno.
Aderendo al Partito Comunista non darete forza a noi, ma a voi stessi.

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-italia_semicolonia_statunitense_parola_di_un_ufficiale_usa_in_congedo/39602_41813/

 

 

 

 

Brutale aggressione al filosofo che critica Speranza

Il racconto choc dell’autore: “Mi ha invitato ad andarmene o mi avrebbe fatto del male, gli ho chiesto come mai ce l’avesse con me. Mi ha messo una mano al collo e ha iniziato a stringere il pugno fino a farmi soffocare”

Guai a prendersela col ministro della Salute Roberto Speranza e le rigide norme anti-Covid che, per quanto applicate per tutelare la salute dei cittadini (questo almeno quanto dichiarato da chi si trovava e si trova al governo), hanno di fatto messo in ginocchio il Paese. Il rischio di indugiare troppo nelle critiche è quello di scatenare l’animosa reazione di coloro che credono ciecamente nell’operato del ministro e non accettano opinioni differenti.

Ne sa qualcosa Emanuele Franz, scrittore e filosofo friulano che è stato aggredito per le proprie idee. Autore del libro Io nego (Audax), due giorni fa Franz sarebbe stato preso di mira per aver contestato le misure anti-contagio emanate dal governo, misure che hanno limitato la libertà dei cittadini. A raccontarlo è lo stesso filosofo, che ha deciso di sfogarsi sulla propria pagina Facebook.

Lo sfogo dello scrittore

Raggiunto all’esterno di una pizzeria di Moggio Udinese, lo scrittore è stato prima preso a male parole e poi aggredito fisicamente da un altro cliente che non apprezzava il contenuto del suo libro. Questa, almeno, la sua versione dei fatti. “Ero in una pizzeria nel paese dove vivo quando un cliente del locale ha iniziato a prendersela con me dicendo che il mio ultimo libro, Io nego, lo spaccio come la Bibbia mentre è solo me***”, racconta Emanuele Franz. “Lui mi ha invitato ad andarmene altrimenti mi avrebbe fatto del male, io gli ho chiesto come mai ce l’avesse con me e a quel punto mi ha spinto in un angolo e mi ha messo una mano al collo e ha iniziato a stringere il pugno fino a farmi soffocare, stavo per vomitare. Non riuscivo a respirare. Nessuno dei clienti, decine, è intervenuto”.

Un episodio di violenza gratuita assolutamente da condannare, e che l’autore ha riferito ai carabinieri della stazione locale dopo aver ricevuto le cure del personale sanitario. A dimostrare l’avvenuta aggressione, delle “chiazze ematose sulla superficie del collo” refertate anche dai medici del pronto soccorso, che hanno parlato di “contusione alla muscolatura latero cervicale da violenza altrui“, come riportato da LiberoQuotidiano.

Franz racconta che ad aggredirlo non è stato uno “squilibrato“, bensì una persona perfettamente conscia di quanto stava facendo. “Si è trattato di un atto politico contro un cittadino, oltreché uno scrittore, che ha la sola colpa di aver manifestato idee contrarie a quelle che ormai passano per Pensiero Unico. Lui mi accusava ad alta voce di “negare”: ce l’aveva con me perché rifiuto la necessità di questa dittatura sanitocratica“, spiega l’autore. Non si tratta, fra l’altro, dell’unico episodio di insofferenza dimostrata nei confronti del filosofo: alcune settimane prima, infatti, alcune persone avevano esposto sulla bacheca all’esterno del municipio una foto del suo libro dove campeggiava la scritta “Vergognamoci”.

Non posso vivere così, ho paura“, confessa Franz al termine del suo intervento sui social.

La replica del sindaco

Dal canto suo il primo cittadino Giorgio Filaferro sembra negare quanto riferito dallo scrittore. “Condannerei l’aggressione se fosse verificata. Ma sento i fatti e mi viene da ridere“, ha dichiarato. “Il presunto aggressore è molto magro, mentre Franz è corpulento. Strano che gli abbia messo le mani addosso. E poi chi lo avrebbe aggredito non legge libri, dubito che abbia letto quelli di Franz, così come escludo che la ragione del suo gesto sia politica. Non vorrei che lo scrittore voglia atteggiarsi a vittima per farsi pubblicità“. E tanto basta per chiudere la questione…

FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/cronache/critica-speranza-e-norme-anti-covid-scrittore-aggredito-1954991.html

 

Emanuele Franz, aggredito il filosofo che critica Roberto Speranza: tentano di strangolarlo al ristorante

Gianluca Veneziani 

Occhio a criticare il regime sanitocratico di Speranza, potrebbero non solo imbavagliarti ma anche metterti le mani al collo. È quanto dimostra la vicenda dello scrittore ed editore Emanuele Franz, aderente al filone culturale della “destra divina” e autore di un libro intitolato Io nego (Audax), che contesta le misure liberticide adottate dal governo durante la gestione dell’emergenza Covid, giudicate repressive della libertà e corrosive della tradizione occidentale. Franz sui social fa sapere di essere stato aggredito due giorni fa a causa delle sue idee.

«Ero in una pizzeria nel paese dove vivo, Moggio Udinese, quando un cliente del locale ha iniziato a prendersela con me dicendo che il mio ultimo libro, Io nego, lo spaccio come la Bibbia mentre è solo me***. Lui mi ha invitato ad andarmene altrimenti mi avrebbe fatto del male, io gli ho chiesto come mai ce l’avesse con me e a quel punto mi ha spinto in un angolo e mi ha messo una mano al collo e ha iniziato a stringere il pugno fino a farmi soffocare, stavo per vomitare. Non riuscivo a respirare. Nessuno dei clienti, decine, è intervenuto». Franz dopo aver informato i Carabinieri dell’accaduto, si è recato prima in guardia medica dove gli venivano riscontrate «chiazze ematose sulla superficie del collo (probabile segno da strangolamento)» e poi in Pronto Soccorso dove gli veniva rilevata una «contusione alla muscolatura latero cervicale da violenza altrui».

Un’aggressione, afferma lui, dettata da ragioni ideologiche. «Chi mi ha aggredito non è uno squilibrato, ma una persona perfettamente inserita in società. Si è trattato di un atto politico contro un cittadino, oltreché uno scrittore, che ha la sola colpa di aver manifestato idee contrarie a quelle che ormai passano per Pensiero Unico. Lui mi accusava ad alta voce di “negare”: ce l’aveva con me perché rifiuto la necessità di questa dittatura sanitocratica». L’accaduto, del resto, ha un precedente: «Alcune settimane fa», racconta sempre Franz sui social, «degli anonimi in paese hanno esposto su una bacheca fuori dal Municipio la mia foto con il mio libro e sotto scritto stampatello la parola “Vergogniamoci”».

Una gogna rispetto alla quale lo scrittore non si è sentito tutelato dalla politica. «L’amministrazione locale ha taciuto», ci dice. Il sindaco del Comune Giorgio Fila ferro rifiuta la ricostruzione di Franz: «Condannerei l’aggressione se fosse verificata. Ma sento i fatti e mi viene da ridere», avverte. «Il presunto aggressore è molto magro, mentre Franz è corpulento. Strano che gli abbia messo le mani addosso. E poi chi lo avrebbe aggredito non legge libri, dubito che abbia letto quelli di Franz, così come escludo che la ragione del suo gesto sia politica. Non vorrei che lo scrittore voglia atteggiarsi a vittima per farsi pubblicità». Forse ciò che più preoccupa non è tanto il gesto in sé (che c’è stato, come testimoniano i referti medici) né la motivazione ideologica (che possono confermare decine di testimoni). Quanto la solitudine in cui un pensatore controcorrente è lasciato. «Altro che presentare libri, ora ho paura perfino di andare in giro», ammette Franz.

FONTE: https://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/27601579/emanuele-franz-aggredito-filosofo-critica-roberto-speranza-tentano-strangolarlo-ristorante.html

 

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Tony Fauci ha finanziato la ricerca sul virus. La fuga dal laboratorio è stata un incidente
“Se sfidi la narrativa con fatti che nessuno può attaccare, le persone ti attaccheranno. … Tony Fauci ha finanziato la ricerca sul virus. La fuga dal laboratorio è stata un incidente, ma quando Tony s’è reso conto che il virus era uscito, ha concordato con Kristian Andersen, Jeremy Farrar (di Wellcome) e altri per insabbiarlo. Tutta questa faccenda è colpa di Tony, che ha mentito al Congresso, l’ha coperta e le mail sono state redatte in modo improprio. Tutto questo è ben documentato e illustrato negli eccellenti video di Chris Martenson. Jeremy Farrar non ha risposto alla mia mail per spiegare cos’è successo. Kristian ha bloccato Chris e ha rimosso 5.000 tweet per coprire le sue tracce.
Nell’intervista di Bret abbiamo discusso di come il virus possa cambiare la società per sempre e potremmo doverlo affrontare per sempre. L’ADE causato dal vaccino potrebbe renderti più vulnerabile a future epidemie. Eppure, non parlando Fauci di trattamenti precoci, il mainstream non considera affidabile il lavoro svolto su ivermectina e fluvoxamina. Fauci è responsabile della morte di milioni di persone in tutto il mondo e di trilioni di dollari di danni creando il virus e poi impedendo i primi trattamenti che avrebbero potuto salvare vite. Invece, è ancora al suo posto e nessuno, tranne il senatore Rand Paul, sta facendo domande, e tutti gli altri al Congresso lo supportano al 100%.
Stiamo esaminando una riduzione assoluta del rischio dello 0,71% nel contagio (con Pfizer) in base alla loro sperimentazione clinica di fase 3. Ma oggi, la possibilità di contrarre il covid è molto più bassa poiché tante persone sono state vaccinate … il beneficio ora è minuscolo …. una scomoda verità: vale la pena perdere la vita? Il rapporto di Tess Lawrie ha confermato in modo indipendente che dovremmo fermare questi vaccini ora. Nessuno riesce a spiegare la causa delle morti in eccesso (minimo 5.000 e potrebbero essere 50.000). Ho parlato con OpenVAERS … hanno stimato il bilancio delle vittime a 20.000 persone ed erano molto preoccupati per i dati mancanti … i record che sono stati segretamente rimossi e come sono scomparsi oltre 200.000 record … quasi il 20% di tutti i record.
Il test corretto non è stato fatto. La proteina spike è più pericolosa di quanto pensassimo. Non sono mai stati condotti studi di tossicologia animale. I volontari sono stati esclusi dagli studi di Fase 3 se hanno avuto una reazione alla prima dose. Non sono mai stati condotti studi sull’escalation della dose. Il vaccino LNP si accumula nelle ovaie. Il tasso di aborto spontaneo è stato dell’82% nello studio di Fase 3 (contro il 10% del tasso normale) per <20 settimane con bambini gravemente mutilati. Le voci delle vittime dei vaccini vengono censurate. Paramedici e medici hanno paura di parlare contro la narrativa, rischiano di essere licenziati: non c’è trasparenza, il governo non ci sta dicendo il numero effettivo dei decessi. Non riconoscono l’aumento di 50 volte della miocardite e della pericardite negli adolescenti.
Ci viene detto che è un vaccino “sicuro”, gli effetti avversi sono attribuiti a un’altra causa, poi c’è una deliberata soppressione dei trattamenti precoci. La revisione sistematica dell’ivermectina è stata al NIH che per 3 mesi non ha fatto niente. Ora sarà pubblicato a breve su una rivista peer reviewed. Google sta consentendo a Gavi di pubblicare annunci pubblicitari contro l’ivermectina. Fb elimina gruppi di 200.000 utenti con effetti collaterali dei vaccini, YT continua a rimuovere i video di ivermectina e non censura i video secondo cui il vaccino è perfettamente sicuro per i bambini, le donne incinte e coloro che hanno già avuto il covid. Il governo non mostra mai un’analisi rischi-benefici. Non c’è consenso informato.
Hanno cambiato le leggi OSHA in modo che i datori di lavoro non debbano registrare gli eventi avversi e che non si scopra quanto siano pericolosi i vaccini: https://trialsitenews.com/osha-waves-29-cfr-1904s… . Vedi https://trialsitenews.com/does-the-21st-century-cures…/. https://twitter.com/louisaclary/status/1403143282562064384
A seguito del grave scandalo del CDC, si è aperto un dibattito in USA al quale partecipa anche il prof. Robert Malone, l’inventore della tecnologia dei vaccini a mRNA: lui stesso ci dice di preferire la cura con l’ivermectina del vaccino alla proteina spike.

FONTE: https://www.facebook.com/lisa.stanton111/posts/4347761001908809

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

IL CORAGGIOSO DISCORSO DI SOLANGE HUTTER, UNA PRESIDE CHE PASSERÀ ALLA STORIA

In questo momento lo Stato “è un nemico violento e senza onore che sta giocando al massacro dei nostri bambini e dei nostri giovani”.

Ciò che è stato concepito da questo governo, “se applicato porterà solo malessere, malattia e morte”. “Vorreste entrare nelle nostre scuole e trasformarle in lager e lazzaretti senza malati, e pur vorreste trovarne con metodi nazisti, dove si vuol far credere che un sano sia malato e che sia un pericolo per familiari e compagni, spargendo sospetto e paura, spargendo zizzania, separando e dividendo perché solo così può governare una compagine simile che si è venduta al miglior e orribile offerente”.

Questi alcuni passaggi dell’epico discorso di Solange Hutter, preside di un liceo di Amalfi, nel suo intervento alla Camera dei Deputati il 3 settembre 2020. 

FONTE: https://www.facebook.com/watch/?v=980452379087022

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Yemen: la guerra negli occhi di un bambino

24 maggio 2021

La guerra in Yemen vista con gli occhi di un bambino, testimonianza raccolta da Ragheb Malli per Al-Manar

Le strade sono scure. Anche il cielo lo è. Non credo di ricordare come fosse lo Yemen in pace. Baba ha detto che siamo fortunati a essere ancora vivi, ma non credo che ci si possa definire fortunati ad essere vivi solo per sopravvivere.

Taiz era la mia bellissima città. Pensavo di diventare un avvocato quando sarei stato più grande, ora vorrei solo provare a invecchiare. La mamma dice che dovrei essere grato di riuscire a mettere del cibo nella pancia, ma questo non è cibo. I miei genitori sono troppo magri, e anch’io.

Quelle che una volta erano le guance tonde e rosee della mamma ora sono scarne e piene di lacrime. Il sorriso di Baba è forzato.

Non so quale colpa abbiamo commesso; tutto quello che so è che stavo vivendo e giocando – lo giuro, non ho fatto nient’altro. C’è stato un attacco aereo non molto tempo fa vicino a noi, che ha ucciso molti parenti di Marwan. L’attacco aereo saudita è avvenuto nella notte, Baba ha detto che forse non se ne sono neanche accorti perché dormivano tutti. So che sta mentendo, i suoni dei loro aerei mi svegliano sempre.

Quello che non capisco è perché nessuno ci stia aiutando. Nessuno sta gridando ai sauditi di smetterla di lanciare  bombe. Nessuno sta gridando loro di lasciare in pace i nostri ospedali. Nessuno sta gridando loro di fermarsi.

Il silenzio assoluto mi ferisce più di quanto possano mai fare i cecchini. Ieri Zahra è venuta e mi ha chiesto se volevo giocare, la mamma mi ha afferrato la mano e ha urlato “Vuoi morire?” e io ho gridato di rimando: “No, voglio giocare”. Ha iniziato a piangere e io mi sono sentito male, ma non so più cosa ho detto.

Stamattina ho sentito la radio dire che un quarto di tutte le vittime nello Yemen sono bambini. La mamma dice che è un numero enorme per un popolo così piccolo, forse è che non siamo così bravi a nasconderci.

A volte cerco di dare un senso a questo disastro senza fine, ma non capisco come tanta sofferenza possa passare inosservata. Baba dice che molte persone stanno cercando di aiutarci, ma i sauditi lo impediscono, hanno bloccato le forniture agli ospedali e ora non tutti hanno accesso all’assistenza sanitaria.

Forse non vogliono farci stare meglio perché, come dice Baba, le persone hanno paura dei forti. Ma non hanno nulla di cui aver paura, io voglio solo vivere, diventare grande e mangiare il gelato in estate.

Ora sono preoccupato solo di dove prendere il grano perché il notiziario ha detto che gli aerei sauditi hanno bombardato i depositi di cereali al porto.

Quindi ora niente aiuti, niente provviste e niente cibo. Per queste ragioni le persone stanno già morendo, forse il nostro turno è il prossimo.

Ho perso la speranza, così come ho perso la maggior parte delle mie zie, zii, cugini e amici. Sto solo aspettando e pensando a quando e come accadrà. Forse moriremo insieme a casa sotto le bombe di un raid aereo, o forse finiremo il cibo.

Potrei calpestare una bomba o morire di una di quelle nuove malattie che si stanno diffondendo. In ogni caso, presto toccherà a noi: siamo vivi da troppo tempo, prego solo che non faccia male.

Prego che tra dieci anni lo Yemen abbia trovato la pace e che le persone possano tornare ad essere di nuovo paffute. Prego che le persone si battano per noi e ci proteggano.

Baba ha detto che se i popoli non faranno pressione sui loro governi, la guerra continuerà fino a quando non ci sarà più lo Yemen. Sbaglia, ci sarà uno Yemen, ma non ci sarà più nessuno ad abitarlo. Prego che un giorno, in una calda giornata estiva, possa stare di nuovo all’aperto a mangiare il gelato senza che la mamma pianga.

La guerra in Yemen è iniziata nel 2015. Da allora l’Arabia Saudita guida una coalizione internazionale (che comprende anche gli Stati Uniti) per riprendere il controllo del Paese, conteso ai ribelli Houti, supportati dall’Iran.

Biden ne ha chiesto le fine e ha ritirato l’appoggio diretto ai sauditi  (ma gli Usa continuano a vendere armi agli Emirati Arabi Uniti, che bombardano il Paese, come da denuncia Onu). Ha anche avviato un’iniziativa diplomatica per raggiungere la pace, ma ad oggi non ha fatto passi avanti (al Monitor).

A novembre del 2020 erano circa 20mila i morti accertati, ma molte di più sono le vittime  causate da stenti e malattie, dato che si tratta di uno dei Paesi più poveri del mondo, situazione tragica che la guerra, il blocco degli aiuti e tanto altro, ha portato al parossismo.

FONTE: https://piccolenote.ilgiornale.it/51464/yemen-la-guerra-negli-occhi-di-un-bambino

 

 

Da Londra. Soldi dal Qatar alla Turchia per finanziare i terroristi in Siria

Non è che sia una grande novità, già l’ex primo ministro e ministro degli Esteri del Qatar Hamad bin Jassem Al Thani, che ha svolto un ruolo di primo piano nella cospirazione contro la Siria, rivelò, in dichiarazioni televisive trasmesse nell’ottobre 2017 dalla BBC, che il suo paese aveva fornito sostegno alle organizzazioni armate attraverso la Turchia, in coordinamento con Washington e altre parti, rilevando che il suo paese ha svolto un ruolo chiave nel complotto contro il paese arabo.

Ieri, sono arrivate quelle che potremmo definire conferme.

Il quotidiano britannico The Times ha rivelato, nei giorni scorsi, una causa intentata presso l’Alta Corte di Londra contro il Qatar per aver sostenuto l’organizzazione terroristica Fronte al-Nusra in Siria e averla finanziata per milioni di dollari.

Il quotidiano ha rivelato un rapporto preparato dal suo investigatore capo, Andrew Norfolk, che lo sceicco del Qatar è coinvolto in quella che sta affrontando una causa per riciclaggio di denaro volta a inviare centinaia di milioni di dollari all’organizzazione Fronte al-Nusra in Siria.

“Nove siriani che hanno subito grandi perdite finanziarie, torture, detenzioni arbitrarie, minacce di morte e altre forme di persecuzione della suddetta organizzazione hanno intentato una causa, che ha rivelato la cospirazione ordita da membri di alto rango dell’élite al potere del Qatar che hanno fornito fondi per sostenere elementi legati ad Al Qaeda in Siria”, si legge.

Secondo la denuncia, un ufficio speciale dell’Emiro del Qatar era uno dei modi segreti per trasferire i fondi al Fronte al-Nusra e il riciclaggio di denaro veniva effettuato attraverso contratti di costruzione molto esagerati e l’acquisto di proprietà a ottimi prezzi.

La causa ha rivelato che l’operazione segreta guidata dal Qatar è stata condotta sotto la supervisione dell’organizzazione “Fratellanza musulmana” e includeva incontri in Turchia tra funzionari del Qatar e membri di organizzazioni ostili in Siria.

Il Times ha riferito che la causa nomina gli imputati nel caso di finanziamento e sostegno all’organizzazione del Fronte Al-Nusra in Siria, tra cui due banche del Qatar e presunte associazioni di beneficenza, nonché ricchi uomini d’affari e politici di spicco.

Curioso, si fa per dire, che negli ultimi tempi, Usa e Gran Bretagna abbiamo avviato un’operazione per “riciclare” l’immagine di al Nosra. La situazione è più chiara che mai. Se ancor anon lo era ribadiamo che in Siria non c’è stata una guerra civile, neanche una rivoluzione. Niente altro che un’operazione per procura usando bande terroriste finanziate e armate dalla NATO e falle Monarchie del Golfo per rovesciare l’unico governo ostile a Israele ed ai piani egemonici di Washington.

In conclusione, due domande: è gusto che il Qatar ospiti i prossimi mondiali di calcio del 2022, nonostante  le varie denunce sullo sfruttamento del lavoratori, e il finanziamento del terrorismo?

Dove sono i difensori dei diritti umani?

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-da_londra_soldi_dal_qatar_alla_turchia_per_finanziare_i_terroristi_in_siria/8_41686/

Le “tre frecce” di Biden: così gli Usa provano a contenere la Cina

POLITICA /

L’ultimo G7 rappresenta soltanto la punta dell’iceberg, la parte visibile di una strategia di contenimento americana nei confronti della Cina tanto necessaria quanto impellente. Gli Stati Uniti sono tornati, ha rimarcato per l’ennesima volta il presidente democratico Joe Biden. Il “ritorno” sulla scena di Washington significa che l’America non lascerà più carta bianca a nessun rivale sistemico. In nessuna questione di politica estera.

Considerando che i funzionari statunitensi considerano Cina e Russia i principali competitor del Paese, – che a spaventare particolarmente la Casa Bianca è Pechino, grazie alla sua enorme mole economica e alla sfida di governance da essa incarnata -, va da sé che i maggiori sforzi di Biden sono tutti incanalati in una precisa tattica di respingimento, volta a silenziare proprio l’ascesa globale del Dragone.

Il G7, dicevamo, è soltanto la classica ciliegina sulla torta. In quel di Cardis Bay, in Cornovaglia, l’erede di Donald Trump ha dato l’impressione di voler essere a capo delle democrazie liberali più importanti del pianeta, chiamate a unirsi per fornire una valida alternativa alla Cina e alle altre autocrazie. Il richiamo delle vecchie alleanze, la riesumazione del multilateralismo in salsa americana e la riattivazione delle tradizionali relazioni diplomatiche con il Vecchio Continente, sono le principali leve attivate da Washington per cercare di bloccare l’avanzata di Pechino in Europa. E altrove?

La carta taiwanese

Se il G7 è servito per risolvere la pratica europea, in che modo gli Stati Uniti conterranno la Cina nel resto del mondo? L’altro scenario caldissimo, se vogliamo più che del contesto europeo, fa rima con Asia. Scendendo nei dettagli, è il cortile di casa cinese a trovarsi nell’occhio del ciclone. Washington sa bene che la Cina sta cercando – e lo farà sempre di più in futuro – di espandere la propria influenza in questa regione strategica. Per infastidire le manovre cinesi, Biden ha dimostrato di poter e voler usare un’altra leva efficace: Taiwan. Il presidente democratico dovrà però stare ben attento a non superare certe linee rosse, a meno di non volersi trovare imbrigliato in un conflitto.

In ogni caso, il portavoce dell’ufficio presidenziale della “provincia ribelle”, Xavier Chang, ha spiegato che l’isola e i membri del G7 condividono gli stessi valori fondamentali, come democrazia, libertà e diritti umani. “Taiwan aderirà sicuramente al suo ruolo di membro responsabile della regione e difenderà anche con fermezza il sistema democratico e salvaguarderà i valori universali condivisi”, ha aggiunto Chang, sottolineando come Taipei continuerà ad approfondire la sua partenership con gli Stati del G7. Nel frattempo Stati Uniti e Taiwan rafforzeranno ulteriormente le loro relazioni, e anche il Giappone ha risposto presente inviando al governo taiwanese ingenti dosi di vaccino anti Covid.

Regioni “periferiche”

Da un punto di vista del soft power, gli Stati Uniti devono recuperare terreno in America Latina e Africa. Già, perché anche queste regioni – seppur perifericamente rispetto ad Asia ed Europa – rientrano nel braccio di ferro sino-americano. Per quanto riguarda l’area latinoamericana, in generale Biden ha dato la sensazione, almeno a parole, di capovolgere la linea politica attuata da Trump (attenzione solo al blocco dell’immigrazione e poco altro). Il punto è che ci sono Paesi, vedi il Cile, ormai entrati in orbita cinese. Basta dare un’occhiata al successo d’immagine derivante dalla recentissima diplomazia dei vaccini promossa da Pechino. Per quanto riguarda l’Africa, le potenze occidentali si stanno organizzando per garantire un’adeguata alternativa ai Paesi attirati dalla Belt and Road cinese. Non a caso, nel corso dell’ultimo G7, Biden ha messo sul tavolo l’idea di proporre una Via della Seta a stelle e strisce, denominata Building Back Better. Vedremo se e come entrerà in funzione.

FONTE: https://it.insideover.com/politica/le-tre-frecce-di-biden-cosi-gli-usa-provano-a-contenere-la-cina.html

 

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Guerre future: la nuova centralità dell’intelligence e la ridefinizione dello spazio cibernetico

Marco Lombardi 28 05 2021

Un recente rapporto[1] del CNAS – Center for a New American Security[2] sull’evoluzione delle nuove forme di warfare ha messo l’attenzione su quelli che potremmo definire come gli inevitabili sviluppi della Guerra Ibrida, nel contesto conflittuale globale e reticolarizzato[3]. Si tratta di una visione di “guerra futura” interessante, da cui prendo spunto per una riflessione più ampia su alcuni aspetti emergenti del warfare.

La Guerra Ibrida, più volte definita come pervasiva, delocalizzata e diffusa, aveva già introdotto sia il tema della complessità, conseguente il moltiplicarsi degli attori, sia il tema del caos, conseguente l’incoerenza delle regole rispetto alla situazione, sia il tema della comunicazione, i cui asset sono centrali nelle strategie del conflitto. Il think tank americano, che ha sottolineato i caratteri delle future guerre emersi attraverso una serie di war game su numerosi scenari, suggerisce una significativa continuità con quei caratteri della Guerra Ibrida. Il conflitto futuro viene descritto come il confronto tra avversari che si misurano attraverso le rispettive piattaforme dei sistemi informativi e i processi cognitivi di comando, in quello che è chiamato il nuovo “confronto tecno-cognitivo”. Questa forma di guerra sottolinea la compresenza strategica di sistemi tecnologici capaci di gestire grandi quantità di informazioni e di funzioni cognitive dedicate ai processi decisionali di comando: il confine tra guerra e pace è sempre meno evidente, non è identificabile rispetto all’uso di strumenti e tecnologie dedicate ma, soprattutto, rispetto a un uso diverso di quegli strumenti e tecnologie. Come si è già visto in questi ultimi decenni, lo scenario di guerra è ormai caratterizzato più che dagli strumenti, dalle finalità con cui si usano gli strumenti: questo è esplicitato nelle problematiche del cosiddetto dual-use, ma non è ancora un dato sufficientemente consapevole per poter essere generalizzato a tante pratiche della quotidianità.

Il paradigma della Guerra Ibrida, che aveva suggerito la persistenza di una Terza Guerra Mondiale in corso, aveva anticipato la prospettiva del techno-cognitive confrontation sottolineando la centralità della comunicazione nel warfare, evidenziata dalla sua autonomia rispetto alle altre armi: oggi la comunicazione non è corollario a un’azione di guerra ma è essa una azione di guerra.

Proprio per questa primazia della comunicazione, nel mondo reticolarizzatto e iperconnesso, è opportuno cominciare considerare la persistenza di uno stato conflittuale da governare in continuum, che si esprime nel confronto tecno-cognitivo tra attori concorrenti. Questa forma di conflitto sarà percepita dal “pubblico” nella sua forma mediata, cioè per gli effetti indiretti che avrà sulla quotidianità prodotti dall’annientamento delle piattaforme di comunicazione e delle capacità di interpretazione e comando, organizzata in una guerra di flusso (continua) che i combattenti cercheranno di gestire all’interno di campi limitati, che esploderà in maniera fragorosa superando limiti di soglia più alti, rispetto agli attuali, ma più fragili.

Nella mia lettura, questo scenario, è caratterizzato, oltre che dalla permanenza, dalla variazione di velocità dei processi, che dunque richiederanno iper-rapidità nella presa di decisioni, e dalla enorme complessità dovuta all’aumento dell’informazione, ormai costituita da frammenti di bit correlati.

Un’azione di adeguamento, neppure preventiva perché ormai i processi sono attivi, per governare efficacemente questo conflitto deve ripensare il ruolo dell’intelligence e considerare lo spazio cibernetico come lo spazio di un nuovo ecosistema.

La necessità di considerare un nuovo ecosistema è sottolineata dalla definizione di techno-cognitive confrontation che ricorda la compresenza funzionale della dimensione tecnologica e di quella tipicamente umana della conoscenza e interpretazione: esse superano la sintesi contenuta nell’idea di sistema socio-tecnico, per affermare quella più recente di eco-sistema, aggiungo, digitale: siamo nel nuovo mondo dove si riduce la distanza con il cyborg e la dicotomia tra reale e virtuale è abbandonata.

Questo mondo, eco-sistema digitale, è la realtà del presente in cui si manifesta la forma di conflitto a cui dobbiamo abituarci.

La nuova centralità dell’intelligence è inevitabile in questa prospettiva di asset tecnologici per la comunicazione e di interpretazione delle informazioni funzionale alla presa di decisione: essa, l’intelligence, si configura come nuova Arma, non solo come servizio alla Armi. Ma per questo il suo ruolo deve essere declinato in maniera adeguata alle nuove necessità interpretative di processi sempre più accelerati, caratteristica del tempo presente e caratteristica di ogni situazione di stress, che richiedono maggiore rapidità nel prendere decisioni: oggi dobbiamo parlare di “simultaneità decisionale efficiente”, cioè di una decisione presa in estrema prossimità dell’evento. Purtroppo, questo non è così semplice né ha a che fare solo con la rapidità con cui si tramettono le informazioni: piuttosto ha a che fare con il processo interpretativo che necessita della consapevolezza della sua attuazione, nelle premesse e nelle conclusioni, per distinguersi dalla semplice reazione automatica all’evento. La nuova intelligence deve essere in grado di interpretare a rapidissima velocità una quantità sempre maggiore di informazioni per supportare decisioni consapevoli, in uno scenario di progressiva incertezza.

La domanda è come si ottiene questa capacità di simultaneità decisionale efficiente, intesa come una super velocità cognitiva e interpretativa, laddove esplode la compresenza di oggetti significativi: meno tempo, più segni “che hanno senso”, più relazioni tra le parti, più modelli interpretativi possibili. La risposta non può che indirizzarsi verso linee organizzative e strumentali.

Sul piano organizzativo, considerando la strategia di degradazione degli apparati decisionali in contesto di turbolenza (incertezza), bisognerà garantirne sia la sopravvivenza sia la varietà. Ciò significa superare lo schema della ridondanza, per inaugurare quello della contemporaneità di centri decisionali che hanno le medesime funzioni, in competizione funzionale alla sopravvivenza del risultato (decisione) più adeguato. Possiamo leggere questo modello in coerenza con il tema della reticolarizzazione che suggerisce, a fronte di un mondo sempre più frammentato ma connesso, la questione della governance delle diversità.

Sul piano strumentale, trovandosi nella condizione di dover gestire molti dati (aspetto quantitativo) e un’ampia una varietà di modelli interpretativi (aspetto qualitativo), avendo la necessità di aumentare la velocità del “processo decisionale consapevole” posizionandolo a ridosso dell’evento che reclama la decisione, significa sviluppare strumenti di supporto di Intelligenza Artificiale: acceleratori dei processi cognitivi umani, che sono irrinunciabili. Ciò, nel contesto del nuovo eco-sistema digitale, ci porta a superare quanto troppo spesso si pensa come novità: la SocMInt (Social Media Intelligence)[4], ancorata a piattaforme comunicative obsolete e la Virtual Humint[5], che ancora considera sussistente la contrapposizione tra virtuale e reale. E’ urgente il ricorso alla Digital Humint[6], utile per la relazione con i nativi digitali e, soprattutto, si comincia a intravedere il futuro della Techno Humint, che incorpora attori intelligenti ibridi tra i partecipanti al conflitto.

E’ evidente che questo scenario sollecita una riflessione sul cyber spazio, ma in una accezione che chiede di andare oltre la sola dimensione strutturale con la quale si guarda, quasi con esclusività, allo spazio cibernetico.

Indubbiamente ci troviamo in un momento in cui parlare di cyber è banale, per la frequenza con cui si affronta l’argomento. E allora, proprio per questo, sottolineo come la maggior parte dei discorsi ruotano pericolosamente soprattutto attorno alla dimensione infrastrutturale e tecnologica in senso stretto: la preoccupazione è quella di avere delle infrastrutture resilienti, capaci di sopravvivere agli attacchi e, magari, di rispondere.

Ma questo aspetto, strumentale, strutturale, perimetrale, del cyber si concentra solo su una faccia della medaglia: non vedo dibattito sull’altra faccia!

Lo scenario del conflitto futuro finora delineato, il tema del techno-cognitive confrontation, esalta il ruolo del digitale. La capacità che esso ha di fare transitare e trattare enormi quantità di informazioni massimizza il rischio che, bloccando l’infrastruttura si metta in crisi la catena decisionale.

Ma questo è solo un aspetto in cui può declinarsi la minaccia.

L’altro, a cui gli ultimi dieci anni di terrorismo dovrebbero averci abituato, è lo scontro che avviene sfruttando e utilizzando il nuovo ecosistema digitale della comunicazione: in molti casi, si è già dimostrato, è controproducente attaccare l’infrastruttura che regge lo spazio cibernetico ma conviene penetrarla utilizzandola “ai limiti delle opportunità” per modificare i piani cognitivi e interpretativi sui cui si basa sia la presa di decisioni sia la produzione del consenso dell’avversario.

Significa utilizzare il cyber per distribuire informazione “utile al nemico”.

Il rischio, se si guarda solo a un aspetto (quello tecnologico), è quello di garantire i canali della comunicazione attraverso i quali transitano informazioni utili all’avversario oppure informazioni che mettono in crisi la capacità di prendere decisione nei tempi adeguati. O, al contrario, garantire una infrastruttura infrequentabile, per le restrizioni all’accesso: situazione impossibile da considerare nell’eco-sistema digitale. Non credo di dire nulla di nuovo: la Guerra Ibrida che ha privilegiato gli asset comunicativi non poteva che condurre a questa guerra tecno-cognitiva che caratterizza gli ecosistemi tecno-umani. Anzi, gli aspetti tecnologici passano in secondo piano rispetto a una strategia di saturazione delle capacità cognitive e organizzative del target, perseguibile soprattutto con attività nello spazio cyber, che ci porterà a elaborare una sorta di “Iron Dome Cognitivo”.

In sostanza, lo spazio cibernetico richiede un governo strategico unitario che garantisce infrastrutture resilienti (dimensione tecnologica), aperte (dimensione normativa) e pratiche operative di (de)saturazione cognitiva (intelligence).

[1] https://www.cnas.org/publications/reports/more-than-half-the-battle/

[2] https://www.cnas.org/

[3] https://www.sicurezzaterrorismosocieta.it/wp-content/uploads/2019/11/Culture-and-Action_Cultural-Diplomacy-and-Cooperation-Marco-Lombardi.pdf

[4] https://www.sicurezzaterrorismosocieta.it/wp-content/uploads/2015/12/Lombardi_Burato_Maiolino-SicTerSoc_book-6.pdf

[5] https://calhoun.nps.edu/handle/10945/56397

[6] http://gnosis.aisi.gov.it/Gnosis/rivista47.nsf/servnavig/47-36.pdf/$File/47-36.pdf?OpenElement

FONTE: https://www.itstime.it/w/guerre-future-la-nuova-centralita-dellintelligence-e-la-ridefinizione-dello-spazio-cibernetico-by-marco-lombardi/

Trump, Fort Detrick e il Covid-19

05 Giugno 2021 

Trump, Fort Detrick e il Covid-19

Il colpevole silenzio degli Stati Uniti sulla vera origine del coronavirus

 

di Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli

Tutta una serie di variegate informazioni e di fatti concreti, combinati strettamente tra loro a partire da alcune clamorose anomalie, provano e attestano oltre ogni dubbio che:

1) Il coronavirus ha iniziato a contagiare e devastare il mondo trovando il suo luogo di origine e di propagazione nella base militare e nel laboratorio batteriologico di Fort Detrick, collocato nello stato del Maryland degli Stati Uniti, fin dal luglio del 2019 e quindi più di tre mesi in anticipo rispetto ai casi riportati a Wuhan e in Cina;

2) Il governo Trump, gli apparati statali americani e l’amministrazione Biden in carica dal gennaio del 2021, hanno via via cercato, coscientemente e costantemente, di coprire e nascondere tale gravissimo evento di contaminazione durante il periodo compreso tra il luglio del 2019 e il presente, ossia per due lunghi e sanguinosi anni: una menzogna permanente e perfettamente consapevole di Washington che ha direttamente causato e prodotto il dilagare della paurosa strage di più di tre milioni di esseri umani, insanguinando dall’estate del 2019 quasi tutto il nostro pianeta e provocando circa 600.000 vittime innocenti nella stessa America.

Fin dal 1943 e senza soluzione di continuità uno dei principali siti militari statunitensi per la guerra batteriologica, Fort Detrick, registrò al suo interno una prima e innegabile “fuga” verso il mondo esterno del batterio che causa l’antrace (una gravissima infezione, con sintomi molto simili a quelli creati dalla polmonite) già il 18 settembre 2001, ossia solo una settimana dopo gli attentati dell’11 settembre.1

Dopo questo pessimo precedente, è sicuro e attestato senza ombra di dubbio persino da un articolo dell’insospettabile New York Times del 5 agosto 2019 che durante la seconda metà di luglio del 2019 l’attività di ricerca batteriologica di Fort Detrick venne chiusa: quest’ultima serrò dunque i battenti nel luglio del 2019 in modo improvviso, rimanendo non operativa per molti mesi e riavviando completamente la sua attività solo a fine marzo 2020.2

Al di là delle spiegazioni ufficiali del Pentagono rispetto a tale prolungata serrata, relative a un problema delle acque reflue, si registra dunque un’anomalia made in USA, allo stesso tempo clamorosa e incontrovertibile, fuori discussione e inattaccabile: ma qual era la vera ragione della singolare, eclatante e improvvisa chiusura delle ricerche batteriologiche a Fort Detrick?

Un’embrionale risposta venne fornita quasi subito da un lucido articolo dell’insospettabile e anticomunista quotidiano inglese Indipendent, il quale già il 6 agosto del 2019 notò che «al principale laboratorio di guerra batteriologica dell’America era allora stato ordinato di interrompere tutte le ricerche sui più letali virus e agenti patogeni per il timore che le scorie tossiche potessero uscire dalla struttura. Sin dall’inizio della Guerra Fredda, Fort Detrick in Maryland è stato l’epicentro della ricerca di armi batteriologiche dell’Esercito USA. Il mese scorso [ossia il luglio 2019, ndr] il Centro per il Controllo e la Prevenzione di malattie (l’organismo governativo di salute pubblica) ha privato il laboratorio della sua licenza per gestire “agenti patogeni selezionati” altamente riservati che includono ebola, vaiolo e antrace. L’inusuale mossa è seguita ad una ispezione del CDC a Fort Detrick che ha scoperto gravi problemi nelle nuove procedure utilizzate per decontaminare gli scarti liquidi. Per anni la struttura ha fatto uso di un impianto di sterilizzazione a vapore per trattare l’acqua contaminata, ma lo scorso anno, in seguito a una tempesta che ha allagato e distrutto il macchinario, Fort Detrick ha iniziato a utilizzare un sistema chimico di decontaminazione. Nonostante ciò, gli ispettori del CDC hanno trovato che le nuove procedure non erano sufficienti e che entrambi i guasti meccanici fossero causa di perdite e che i ricercatori avrebbero fallito a seguire propriamente il regolamento. Come risultato l’organizzazione ha mandato un provvedimento di sospensione ordinando a Fort Detrick di sospendere tutte le ricerche sugli agenti selezionati».3

Il mistero della sostanziale chiusura della base di Fort Detrick è stato in ogni caso risolto in modo indiscutibile da una seconda e sicura anomalia, sempre avvenuta in terra statunitense e verificatasi guarda caso a ridosso della serrata estiva della base militare del Maryland: ossia la “misteriosa” epidemia di polmonite acuta che colpì gli Stati Uniti, a partire proprio dal luglio del 2019. Su Internet si poteva tranquillamente leggere, fin dall’inizio di settembre del 2019, pertanto almeno due mesi prima dei primordi dell’epidemia di coronavirus a Wuhan e in Cina, tutta una serie di articoli e notizie eclatanti come quelle che seguono e che riguardavano proprio l’America:

«Da quest’estate [del 2019, ndr] oltre 200 persone, perlopiù giovani, sono finite in ospedale in queste condizioni. Agli esami i polmoni appaiono come colpiti da un’infezione molto aggressiva di cui i dottori non conoscono la causa. Gli Stati Uniti registrano altre due vittime (il totale sale così a tre) di una ancora misteriosa patologia polmonare legata allo svapo. Il secondo decesso – riferisce il New York Times – è avvenuto a luglio, un mese prima della persona che ha perso la vita in Illinois per lo stesso problema. Ma solo giovedì Ann Thomas, funzionario per la sanità dell’Oregon e pediatra, ha reso nota la notizia. Thomas non ha voluto rivelare né il nome, né l’età e il sesso della vittima, ma ha assicurato che la morte è stata causata dalla crisi respiratoria innescata dalla patologia legata allo svapo. “Appena arrivata in ospedale, la persona è stata ricoverata e attaccata al respiratore”. Dopo qualche settimana, i dottori hanno costatato che l’infezione polmonare era arrivata a livelli irreversibili. La vittima aveva acquistato un prodotto per le sigarette elettroniche in un marjuana shop. Il terzo decesso è stato confermato in data 5 settembre dai funzionari sanitari dell’Indiana. Si tratta di “una persona di età superiore ai 18 anni”, ha dichiarato il Dipartimento della Salute dello Stato in una nota. Nello Stato, in particolare, sono in esame 30 casi di gravi lesioni polmonari legate allo svapo [l’inalazione tramite sigarette elettroniche, ndr]. Da quest’estate oltre 200 persone, perlopiù giovani, sono finite in ospedale in queste condizioni. Tutti sono svapatori. Vengono ricoverati per fiato corto, crisi respiratoria, diarrea, vertigini, vomito. Agli esami tomografici i polmoni appaiono come colpiti da un’infezione molto aggressiva di cui i dottori non conoscono la causa».4

Dopo aver notato di sfuggita come agli inizi di settembre del 2019 proprio il Maryland, ossia lo stato federale nel quale è collocato Fort Detrick, stesse valutando se prendere delle misure per frenare l’uso delle peraltro inoffensive (in assenza di Covid-19) sigarette elettroniche, ritenute allora la causa della misteriosa “polmonite” iniziata negli USA nell’estate del 2019, va sottolineato che i sintomi della suddetta epidemia che colpì allora l’America, in concomitanza con la quasi simultanea chiusura della “biologica” Fort Detrick, furono identici alla malattia che in seguito venne identificata, e non certo da Washington, come coronavirus: del resto lo stesso Robert Redfield, in qualità di direttore del centro statunitense per il controllo e la prevenzione delle malattie, in seguito e all’inizio del 2020 ammise parzialmente che alcuni casi di Covid-19 si erano verificati all’interno degli Stati Uniti già nel corso del 2019, ma vennero diagnosticati come “influenza”, come riferì anche il giornale The Guardian.5

Dopo la chiusura di Fort Detrick a fine luglio del 2019 e l’epidemia misteriosa di “polmonite” nella stessa estate, emerse comunque una terza singolarità in terra statunitense sempre in quel periodo: infatti le autorità governative e sanitarie del paese per alcuni mesi attribuirono, in modo illogico, le morti per le strane polmoniti che si stavano verificando negli Stati Uniti nell’estate del 2019 all’innocuo e ormai decennale consumo di sigarette elettroniche (innocuo, ovviamente, in assenza di coronavirus), creando una colossale e governativa fake news. Si trattò di un’assurdità incredibile visto che per dodici anni, dal lontano 2007, le sigarette elettroniche erano state utilizzate su larga scala da milioni e milioni di cittadini degli Stati Uniti: durante i lunghi mesi che separano il 2007 dal luglio del 2019 tale consumo non ha creato alcun problema sanitario serio, né soprattutto polmoniti gravi, mentre risultava chiaro che il presunto effetto nocivo delle sigarette elettroniche era, in modo incredibile, limitato e circoscritto solo agli USA e non coinvolgeva in alcun modo il resto del mondo, dove pure il fumo elettrico era diffuso da un decennio. Fin dal settembre del 2019 alcuni studi medici hanno mano a mano dimostrato l’assenza di qualunque collegamento diretto tra “svapare”, cioè inalare da sigarette elettroniche, e le “polmoniti” del 2019: ma se il governo Trump e le autorità statunitensi non parlarono in alcun modo di quello che era successo a Fort Detrick, viceversa esse fino all’ottobre 2019 lasciarono tranquillamente che per alcuni mesi si propagassero le false informazioni sull’inesistente legame tra la nuova e “misteriosa” (misteriosa, ma non certo a Fort Detrick) malattia polmonare e le sigarette elettroniche.6

Siamo in presenza di fatti eclatanti e innegabili, che a questo punto vanno collegati con un’ennesima anomalia avente per oggetto questa volta il mistero dei giochi militari di Wuhan: a tal proposito l’insospettabile, filoamericano e anticomunista quotidiano Il Messaggero ha pubblicato nel 2020 un articolo intitolato Primi casi ai giochi mondiali militari di Wuhan 2019:

«Vuoi vedere che il coronavirus era nell’aria di Wuhan già in ottobre, un mese in anticipo rispetto al primo caso ufficiale riscontrato sul suolo cinese e datato 17 novembre? Verso questa possibile conclusione potrebbero condurre alcune testimonianze di atleti recatasi nella località cinese, per prendere parte ai Giochi Mondiali militari, i quali sia in Cina sia al ritorno in patria hanno manifestato i sintomi di quella malattia, che alcuni mesi dopo, avrebbe scombussolato il mondo intero. Alla rassegna degli sportivi in divisa, celebratasi nel capoluogo della provincia di Hubei dal 18 al 27 ottobre, hanno preso parte 10mila atleti provenienti da un centinaio di paesi. Tra di loro c’erano anche due pentatleti francesi, Valentin Belaud e Elodie Clouvel, che al quotidiano l’Equipe, hanno raccontato di essersi ammalati ed essere stati costretti a saltare gli allenamenti in Cina, accusando problemi mai avuti in precedenza. In più la coppia, nel momento in cui ha comunicato il problema allo staff medico, ha appreso che anche altri membri della delegazione transalpina si erano ammalati. Pure sul fronte italiano, i racconti degli azzurri presenti in Cina condurrebbero alla stessa conclusione. Tra gli altri lo spadista Matteo Tagliariol, olimpionico a Pechino 2008, che a Wuhan ha gareggiato nella prova a squadre insieme a Paolo Pizzo e Lorenzo Buzzi, ha ricordato di essere stato malato per diversi giorni, soffrendo soprattutto di una fastidiosissima tosse, e che nel centro medico del villaggio le aspirine erano esaurite, a causa dell’elevato numero di malati. Poi al rientro in Italia, il 37enne Tagliariol ha avuto la febbre e dopo la sua guarigione si sono ammalati pure la compagna, la fiorettista Martina Batini, e il figlio di due anni. “Ai mondiali militari di Wuhan ci siamo ammalati tutti, 6 su 6 nell’appartamento e moltissimi anche di altre delegazioni. Tanto che al presidio medico avevano quasi finito le scorte di medicine”, ha detto Tagliariol».7

Sappiamo con assoluta certezza che i giochi militari mondiali di Wuhan, collegati ovviamente con l’arrivo in Cina di migliaia di militari occidentali e di centinaia di atleti USA, non avvennero nel giugno 2019, ma a partire dal 18 ottobre 2019: dunque a tre mesi di distanza e circa cento giorni dopo i primi casi negli Stati Uniti, verificatisi a partire dal luglio 2019, e tra l’altro sessanta giorni dopo i primi casi di coronavirus a Milano e in Lombardia. Vista la presenza innegabile del Covid-19 negli USA già durante l’estate del 2019, quindi, furono gli atleti statunitensi a esportare involontariamente il coronavirus in Cina a Wuhan, non il contrario, senza comunque che il governo degli Stati Uniti avvertisse in alcun modo le autorità cinesi dell’epidemia di “polmonite” in corso nella nazione americana. Di fronte a questo quadro risulta perfettamente chiaro perché i ricercatori dell’autorevole Organizzazione Mondiale della Sanità, un ente dell’ONU, al termine di una serie di ispezioni effettuate all’inizio del 2021 a Wuhan, abbiano definito chiaramente e senza mezzi termini “altamente improbabile” che il coronavirus sia fuoriuscito dal laboratorio di ricerche di Wuhan.8

La quinta anomalia ha per oggetto la particolare, inquietante e maligna “simulazione di scenario” pubblicato nell’ottobre del 2019 dal John Hopkins Center for Health Security assieme ad altre due organizzazioni statunitensi, relativa allo scoppio di una pandemia di “coronavirus immaginario”, originatasi in un ipotetico allevamento di maiali del Brasile: una simulazione a tavolino che stranamente si stava già trasformando in realtà, in terra statunitense.

«Eric Toner è uno scienziato americano del John Hopkins Center for Health Security, e a ottobre scorso aveva simulato una pandemia di coronavirus. Tre mesi fa, infatti, il centro di ricerca di New York ha condotto un esperimento insieme al World Economic Forum e la Bill and Melinda Gates Foundation, per dimostrare l’importanza della partnership tra istituzioni pubbliche e enti privati nel far fronte a pandemie globali. Lo studio ha simulato una pandemia di coronavirus immaginario originato negli allevamenti di suini del Brasile e un’espansione in quasi tutti i Paesi del mondo nell’arco di 6 mesi. Secondo l’impressionante simulazione, nell’arco di 18 mesi 65 milioni di persone sarebbero morte. Come ha precisato il John Hopkins Center, l’esperimento e i risultati relativi al numero di vittime non corrispondevano in nessun modo a previsione, ma a una semplice simulazione».9

Questa “semplice simulazione” venne pubblicata guarda caso nell’ottobre del 2019: ossia proprio dopo che negli USA era stata chiusa da circa tre mesi la base militare di Fort Detrick, dopo lo scoppio dell’epidemia di polmoniti e dopo l’allarme per il presunto effetto nocivo delle innocue sigarette elettroniche in terra americana. Un’ultima anomalia, che rafforza ancora di più la “teoria Fort Detrick”, ha per oggetto invece l’enorme numero di vittime purtroppo avvenute sempre negli Stati Uniti a causa dell’“influenza” che colpì il paese dal novembre 2019 (quando a Wuhan stavano iniziando solo i primi sporadici casi…) fino al febbraio 2020, determinando la cifra impressionante di quasi ventimila morti.

Non a caso già nel febbraio 2020, in modo responsabile e onesto, «il Prof. Edward Livingston ed i suoi colleghi, in questa infografica pubblicata il 26 Febbraio su JAMA, sottolineano come, sebbene vi sia una grande attenzione all’epidemia della malattia di coronavirus 2019 (COVID-19), tuttavia questa condizione costituisce un problema rilevante in un’area della Cina e sembra avere ramificazioni cliniche limitate al di fuori di quella regione. Sta di fatto che gli Stati Uniti stanno vivendo una grave stagione influenzale che ha già provocato più di 16.000 morti. L’infografica pubblicata su JAMA mette a confronto i tassi di incidenza e mortalità per le 2 malattie virali delle vie respiratorie. Nel periodo sino al 24 Febbraio 2020, negli Stati Uniti, relativamente al COVID-19, sono stati registrati 14 casi diagnosticati dal sistema sanitario statunitense, 39 casi tra i cittadini statunitensi rimpatriati. Non sono stati segnalati morti, né pazienti critici e non ci sono evidenze di trasmissione, negli Stati Uniti, in una ampia comunità. Analizzando parallelamente i dati sull’influenza, negli Stati Uniti, al 15 Febbraio 2020, i CDC stimano che si siano ammalate almeno 29 milioni di persone, che siano state effettuate almeno 13 milioni di visite mediche, almeno 280.000 ospedalizzazioni e che i morti siano stati almeno 16.000, da sottolineare le 105 morti pediatriche correlate all’influenza. Pertanto gli Autori ritengono che, sulla base di questi dati, da un punto di vista della sanità pubblica le persone dovrebbero focalizzare la loro attenzione sull’influenza ed adottare le misure preventive che includono, nel caso dell’influenza, anche la possibilità del vaccino, oltre a quelle più volte ricordate per tutti i virus respiratori».10

Ma non si trattava certo solo di “influenza”, come ha dimostrato la prima “pistola fumante” in questo particolare intrigo e giallo di portata planetaria: si tratta della scrupolosa attività dell’insospettabile Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, che ha attestato e dimostrato nell’ottobre del 2020 come il coronavirus fosse senza alcun dubbio presente in Lombardia e alcune altre regioni di Italia fin dal settembre del 2019, ossia almeno due mesi prima dell’inizio dell’epidemia a Wuhan e in Cina.

«Il virus SarsCov2 circolava in Italia già a settembre 2019, dunque ben prima di quanto si è pensato finora. La conferma arriva da uno studio dell’Istituto dei tumori di Milano e dell’università di Siena, che ha come primo firmatario il direttore scientifico Giovanni Apolone, pubblicato sulla rivista Tumori Journal. Analizzando i campioni di 959 persone, tutte asintomatiche, che avevano partecipato agli screening per il tumore al polmone tra settembre 2019 e marzo 2020, l’11,6% (111 su 959) di queste persone aveva gli anticorpi al coronavirus, di cui il 14% già a settembre, il 30% nella seconda settimana di febbraio 2020, e il maggior numero (53,2%) in Lombardia».11

Si tratta di una notizia clamorosa, oltre che indiscutibile e sicura: essa dimostra che l’allora “misteriosa” epidemia polmonare, sviluppatasi negli Stati Uniti dal luglio del 2019, si era estesa sicuramente dall’America all’Italia trasferendosi di luogo e nazione all’interno del mondo occidentale, e non certo in quello asiatico…

A questo punto va fatta emergere una seconda superprova: uno studio accurato dell’insospettabile ente statunitense denominato “Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie” (CDC), pubblicato purtroppo molto in ritardo (solo alla fine del 2020), ha rilevato come ben 39 campioni di sangue, presi tra il 13 e il 16 dicembre del 2019 in California, Oregon e Washington, fossero risultati positivi agli anticorpi del coronavirus: dimostrando quindi in modo indiscutibile che la quarantina di persone coinvolte era stata infettata dal Covid-19 già nelle settimane precedenti allo scoppio su vasta scala dell’epidemia di Wuhan.12

Si può inoltre congiungere tale elemento indiscutibile a una terza e formidabile superprova, che fa luce definitivamente sul caso in oggetto. Infatti ormai è sicura l’identità del “paziente zero”, anzi dei numerosi pazienti zero del Covid di natura civile: gli sfortunati pensionati di una casa di riposo di Green Spring, in Virginia e nella contea di Fairfax, collocata per loro sfortuna vicino a Fort Belvoir, un ospedale destinato ai militari statunitensi che assiste anche i ricoverandi in arrivo da Fort Detrick.13

La sera dell’11 luglio del 2019, infatti, più di tre mesi prima dei giochi militari di Wuhan, l’insospettabile e anticomunista rete televisiva “ABC” raccontò che in quei giorni, almeno quattro mesi prima dei casi iniziali a Wuhan, «[…] una malattia mortale in Virginia ha portato due morti e dozzine di residenti infettati di una malattia respiratoria qui nella comunità di pensionamento di Green Spring. Negli ultimi 11 giorni, 54 persone si sono ammalate con sintomi che vanno da una brutta tosse alla polmonite, senza indizi chiave su come sia scoppiata la malattia improvvisa”. Passano due giorni e la strana epidemia compare anche in un’altra casa di riposo li vicino. È sempre il tg [statunitense dell’ABC, ndr] a raccontarlo: “Un misterioso virus respiratorio ha colpito una seconda casa di riposo nella contea di Fairfax”. L’unica cosa chiara al momento è che, due giorni dopo la seconda epidemia a poche decine di miglia di distanza, con un ordine del Cdc, il laboratorio di sicurezza biologica livello 4 di Usamriid, a Fort Detrick nel Maryland, viene chiuso per un incidente di biocontenimento. È sempre il tg a raccontare le paure degli abitanti di quella zona: “Gli abitanti che vivono vicino a Fort Detrick vogliono sapere perché il laboratorio top di Army Germ, uno dei più noti, è stato chiuso così velocemente”».

Era ed è tuttora un’ottima domanda, un eccellente interrogativo.

«A Fort Detrick infatti gli scienziati Usa gestiscono alcuni degli agenti biologici più sensibili e conducono ricerche mediche all’interno di esso. Ricerche anche su cellule virali molto pericolose, come Ebola e Antrace[…] E allora non possiamo che porci una domanda: c’è forse una correlazione tra la fuga di biocontenimento di Fort Detrick e le epidemie anomale dentro le due case di riposo di Green Spring? È sufficiente osservare la mappa per vedere che vicinissima alle due case di riposo c’è Fort Belvoir, un ospedale per i militari che tra gli altri assiste anche quelli di Fort Detrick. Ma come sarebbe arrivato il contagio da Fort Belvoir alle due case di riposo? Il fatto è che proprio questo ospedale assiste anche i veterani di guerra delle forze armate americane, che vivono anche dentro le due case di riposo. Vi mostriamo alcune immagini, nelle quali si vedono i marines festeggiare nella casa di riposo di Burke i numerosi veterani della seconda guerra mondiale per l’anniversario di fondazione del loro corpo. Può dunque esistere un filo che lega l’incidente di biocontenimento di Fort Detrick, l’ospedale militare di Fort Belvoir e le case di riposo in cui si manifesta l’anomala epidemia di luglio?»14

Tra l’altro proprio il sito della contea virginiana di Fairfax, in data 26 luglio 2019, sottolineò che ben 63 residenti della casa di riposo di Green Spring erano stati sottoposti in loco a «numerosi esami», ma anche dopo di essi «nessun specifico agente patogeno era stato identificato come causa dell’epidemia».15 Se si considerano le altre due “pistole fumanti” e le sopracitate anomalie (le “pericolosissime” sigarette elettroniche made in USA, ecc.), il “filo” che lega Fort Detrick e il Covid è indiscutibile.

Tiriamo le conclusioni.

Tutti i fatti riportati escludono, in modo sicuro e categorico, che l’epidemia di coronavirus si sia sviluppata a partire dalla Cina e da Wuhan, dalla fine di ottobre del 2019; essa invece era virulenta e attiva in Virginia e negli Stati Uniti fin dal luglio del 2019, quindi almeno tre mesi prima dell’inizio della pandemia in Cina.

Come andarono realmente le cose, per la genesi della tragedia del Covid?

Fase uno: verso la fine di giugno del 2019 e a Fort Detrick, si verifica una contaminazione di personale militare statunitense attraverso il coronavirus contenuto nei laboratori della base.

Fase due: una parte del personale infettato viene portato all’ospedale militare di Fort Belvoir, in Virginia.

Fase tre: attorno al 4 luglio 2019, festa nazionale degli USA, involontariamente alcuni marines di Fort Belvoir contagiati dal Covid-19 portano e distribuiscono a piene mani la malattia nella casa di riposo di Green Spring, oltre che in giro per il Maryland e la Virginia.

Fase quattro: dopo un’incubazione di una settimana, scoppia purtroppo una prima epidemia nella casa di riposo di Green Spring con i suoi 263 residenti: due muoiono, i primi caduti dei futuri tre milioni di morti per la pandemia di coronavirus, mentre il Covid-19 raggiunge con la sua marcia mortale un’altra casa di riposo vicino a Green Spring.

Fase cinque: dopo alcuni giorni il Pentagono inizia a preoccuparsi, ordinando la chiusura di tutte le attività di ricerca batteriologica a Fort Detrick, a metà luglio.

Fase sei: dalla metà di luglio all’inizio di ottobre del 2019 l’epidemia via via si espande sia negli Stati Uniti che all’estero, arrivando sicuramente a Milano e in Lombardia all’inizio di settembre del 2019, come provato dall’Istituto dei Tumori di Milano.

Fase sette: le olimpiadi militari mondiali di Wuhan. A tal proposito l’insospettabile e anticomunista sito intitolato Le Iene ha riportato che «le autorità cinesi hanno più volte sostenuto che l’epidemia sarebbe arrivata a Wuhan con i militari dell’esercito americano che partecipavano alle gare del “World Military Games 2019”, in programma dal 12 al 28 ottobre. Noi ovviamente non lo sappiamo, ma dal periodico delle forze armate americane scopriamo che alcuni militari di Fort Belvoir hanno partecipato a quei Giochi. Tra questi il sergente di prima classe Maatje Benassi e il capitano dell’esercito Justine Stremick, che serve come medico di medicina di emergenza dell’esercito a Fort Belvoir in Virginia. Quindi almeno due atleti dell’ospedale militare situato vicino alle case di riposo dove c’è stata l’epidemia sospetta di luglio sarebbero andati a Wuhan per le olimpiadi di ottobre 2019».16

La “fase otto”, che seguì l’inizio di novembre del 2019 e che arriva fino a oggi, risulta purtroppo fin troppo ben conosciuta a livello mondiale…

Le conseguenze della tesi in oggetto dimostrata da numerosi fatti testardi sono fin troppo chiare. Chiediamo innanzitutto all’Organizzazione Mondiale della Sanità, ente dell’ONU che del resto ha già effettuato un’ispezione accurata a Wuhan in Cina verso l’inizio del 2021, di compiere celermente un’analoga e altrettanto approfondita inchiesta anche rispetto a Fort Detrick, all’ospedale militare di Fort Belvoir e alla casa di riposo di Green Spring in Virginia, al fine di far luce finalmente sulla reale origine dell’epidemia di coronavirus a partire dall’estate del 2019. Al mondo serve verità, non menzogne a stelle e strisce.

Può sembrare strano ma anche la precedente e famigerata epidemia di “spagnola”, una gravissima forma di influenza che uccise come minimo cinquanta milioni di persone tra il 1918 e il 1920, non nacque e non si sviluppò certo in Spagna, ma viceversa negli Stati Uniti e in Kansas all’inizio del 1918. Non solo: la cosiddetta epidemia “spagnola” inizialmente venne alla luce e si propagò da una base militare statunitense, anche se quella volta non si trattò di Fort Detrick bensì di Fort Reiley, collocato per l’appunto nel Kansas. Anche in quel caso le menzogne furono molte.

È stato notato, in modo lucido e veritiero, che «ogni epidemia ha la sua infodemia, un alone tossico di panzane e disinformazione. Sentite cosa scriveva il quotidiano americano The Washington Times il 6 ottobre 1918: “Anzitutto bisogna dire che il termine ‘influenza spagnola’ è chiaramente un errore, e che il nome dovrebbe essere ‘influenza tedesca’, perché l’indagine prova che la malattia ha avuto inizio nelle trincee germaniche. Dopodiché ha compiuto un giro dell’intero mondo civilizzato, nel corso del quale è esplosa con particolare virulenza in Spagna, a causa di certe condizioni locali”. Sono i giorni di picco dell’infezione che farà 50, forse 100 milioni di morti in tutto il mondo, un numero cinque o dieci volte superiore alle vittime della Grande Guerra che sta per finire, e l’anonimo articolista ha ragione a dire che la Spagna non c’entra. Ma è altrettanto ingiusto buttare la croce addosso agli odiati crucchi. I primi casi, in primavera, non si sono registrati nelle trincee del Kaiser, ma proprio in America, per l’esattezza a Fort Riley nel Kansas, in un campo militare di quasi centomila metri quadri, dove più di mille reclute sono rimaste contagiate. Da quando, nell’aprile del 1917, gli Stati Uniti sono scesi in guerra, il loro esercito è salito di colpo da 190 mila uomini a più di due milioni. E in maggioranza sono ragazzi alle prime armi, come il soldatino Charlot di Shoulder Arms. Molti di loro vengono da zone rurali dove vivevano in stretto contatto con polli o maiali: niente di più facile che il virus sia arrivato da lì, e che abbia fatto il salto dagli animali all’uomo proprio in qualche fattoria del KansasNon influenza spagnola, dunque, e nemmeno tedesca: semmai americana. Ma non contento di dare in pasto al pubblico questa fake news, il Washington Times ne lancia anche un’altra, e ben più colossale: “Che i germi dell’influenza siano stati segretamente disseminati in questo Paese da sommergibili tedeschi è un’accusa difficile da rovare, ma i loro attacchi coi gas contro gli equipaggi dei nostri fari e navi-faro sono validi indizi contro di loro”. L’epidemia, insomma, non ha nulla di naturale. All’origine di tutto ci sarebbe un complotto criminale, la guerra biologica ordita dai servizi segreti di Guglielmo II ai danni degli Stati Uniti e dei loro alleati europei. È curioso che a propagare questa bufala sia una testata con lo stesso nome (The Washington Times) di quella che un secolo dopo, allo scoppio del Coronavirus Covid-19, ha messo in giro la leggenda del microrganismo ingegnerizzato uscito da un laboratorio militare di Wuhan. Ieri gli elmetti chiodati, oggi gli untori cinesi. Nel 1918 non c’erano Facebook e Whatsapp, e neppure il TgCom24 di Paolo Liguori, pronto a dare per certa la notizia, “confermata da fonte attendibilissima”. In compenso c’era un conflitto mondiale, quel mostruoso mattatoio che abbiamo visto nel film di Sam Mendes, una corsa forsennata all’annientamento reciproco dove tutto sembra ammesso, compreso il cloro per gasare le trincee opposte, ma anche una macchina dell’odio che fabbrica a ciclo continuo le dicerie più assurde, ingigantite dalla cappa di censura sui mezzi di informazione. Un mese prima dell’articolo sul Washington Times era stata un’autorità come il colonnello Philip Doane, responsabile della sezione sanitaria della marina mercantile Usa, ad accreditare le tesi cospirazioniste: “Sarebbe molto facile per uno di questi agenti del Kaiser rilasciare germi dell’influenza in un teatro o in qualche altro posto dove si radunano grandi assembramenti di persone. I tedeschi hanno iniziato le epidemie in Europa, e non c’è motivo per cui debbano essere particolarmente gentili con l’America”». 17

A volte la storia si ripete e a una vecchia tragedia se ne aggiunge una nuova, anche se accompagnata da menzogne abbastanza simili a quelle di un secolo fa.

PETIZIONE ALL’OMS PER INDAGARE

SULL’ORIGINE DEL CORONAVIRUS

Petizione popolare per chiedere all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) di aprire un’indagine su Fort Detrick (USA) riguardo l’origine del coronavirus.

Alla luce della ricostruzione complessiva svolta nell’articolo Trump, Fort Detrick e il Covid-19. Il colpevole silenzio degli Stati Uniti sulla vera origine del coronavirus;

viste le informazioni ormai acquisite su un’epidemia di polmonite verificatasi all’inizio di luglio 2019 in una casa di riposo di Green Spring, Virginia (USA);

vista l’anomala chiusura dei laboratori batteriologici di Fort Detrick (USA), proprio nella seconda metà di luglio del 2019 e durata per alcuni mesi;

visto il ritrovamento del coronavirus in Italia, in Lombardia e in altre regioni, fin dall’inizio di settembre del 2019, ossia almeno due mesi prima della genesi dell’epidemia di Covid-19 a Wuhan in Cina;

visto il ritrovamento innegabile del coronavirus anche in un centinaio di cittadini statunitensi già all’inizio di dicembre del 2019;

chiediamo all’Organizzazione Mondiale della Sanità di compiere un’accurata indagine, come quella del resto già avviata a Wuhan all’inizio del 2021, riguardo a Fort Detrick, all’ospedale militare di Fort Belvoir e alla casa di riposo Green Spring, con l’obiettivo di appurare se il coronavirus possa essere stato originato nel territorio degli Stati Uniti d’America.

Aderisci anche tu firmando la petizione su Change.org

Primi Firmatari

– Daniele Burgio, Massimo Leoni, Roberto Sidoli, studiosi di politica internazionale, estensori dell’articolo Trump, Fort Detrick e il Covid-19. Il colpevole silenzio degli Stati Uniti sulla vera origine del coronavirus

– Nunzia Augeri, saggista, Milano

– Laura Baldelli, docente di Letteratura e Storia, Ancona

– Alessandro Belfiore, Comitato No Guerra NO Nato

– Maurizio Belligoni, già Direttore Generale Agenzia Sanitaria Regione Marche; primario di psichiatra

– Fulvio Bellini, ricercatore politico, Milano

– Ascanio Bernardeschiredazione del giornale comunista on-line “La Città Futura

– Giambattista Cadoppi, saggista, specialista di politica internazionale

– Domenico Carofiglio, operaio, attivista FIOM Wirlphool Fabriano

– Bruno Casati, Presidente Centro Culturale “Concetto Marchesi” di Milano

– Luigi Cavalli, regista cinematografico (ultimo film, 2019, “Mon cochon et moi”, protagonista Gerard Depardieu)

– Geraldina Colotti, giornalista, corrispondente in Europa di Resumen LatinoAmericano

– Marcello Concialdi, docente ed editore, Torino

– Luigi Curcetti, Esecutivo Regionale Marche Unità Sindacale di Base (USB)

– Manlio Dinucci, geografo e saggista

– Salvatore Distefano, docente di Filosofia e storico del movimento operaio, Catania

– Lorenzo Fascì, avvocato, Reggio Calabria;

– Salvatore Fedele, chirurgo e già responsabile dipartimento Emergenze ospedale Acqui Terme, Alessandria

– Carlo Formenti, giornalista e saggista, già caporedattore di “Alfabeta” e ricercatore presso l’Università di Lecce

– Federico Fioranelli, docente di Economia e Diritto

– Rolando Giai-Levra, direttore di “Gramsci Oggi”

– Fosco Giannini, già Senatore della Repubblica, direttore di “Cumpanis”

– Alberto Lombardo, professore ordinario di Statistica Università di Palermo e direttore de “La Riscossa”

– Mario Marcucci, docente a contratto di Tecnica Farmaceutica all’Università “La Sapienza di Roma”; già primario di Farmacia

– Vladimiro Merlin, delegato RSU FLC- CGIL; già Consigliere Comunale Milano

 Alfredo Novarini, già amministratore del P.C.I; membro del Centro Culturale Concetto Marchesi.

– Alessandro Pascale, insegnante, saggista e direttore di Storiauniversale.it

– Fabio Pasquinelli, avvocato, Osimo (Ancona)

– Marco Pondrelli, direttore di “Marx21”

– Giorgio Racchicini, docente di Letteratura e Storia, Fermo

– Nicola Romana, docente di Diritto Dip. Scienze Economiche, Aziendali e Statistiche all’Università di Palermo

– Onofrio Romano, professore associato di sociologia generale all’Università di Bari

– Marino Severini, “voce” e chitarra de La Gang;

– Alberto Sgalla, docente di Diritto e scrittore;

– Luca Stocchi, Presidente Centro Culturale “Cumpanis” Genova

– Alessandro Testa, musicista e studioso di estetica musicale

– Roberto Vallepiano, scrittore

– Fabrizio Verde, direttore de “L’AntiDiplomatico”

– Alessandro Visalli, architetto e dottore di ricerca in pianificazione territoriale, esperto scienze del territorio e ambiente

– Alessandro Volponi, docente di filosofia, Fermo

Aderisci anche tu firmando la petizione su Change.org

1 “Dall’antrace al coronavirus, le vie di Fort Detrick”, 13 marzo 2020, in piccole note.ilgiornale.it.

2 D. Grady, “Deadly germ research is shut down at Army lab over safety concerns”, 5 agosto 2019, in Nytimes.com; “CDC lift shutdown order on Army biolabs at Fort Detrick”, 1 aprile 2020, in Military.com.

3Research into deadly viruses and biological weapons at US army lab shut down over fears they could escape”, 6 agosto 2019, in Independent.co.uk.

4S. Montrella, “Altre due persone sono morte negli Usa per la sindrome da svapo”, 6 settembre 2019, in Agi.it.

5American coronavirus’: China pushes propaganda, casting doubt on virus origin”, 12 marzo 2020, in Theguardian.com.

6USA, le patologie ‘da svapo’ non imputabili alle sigarette elettroniche”, 30 ottobre 2019, in Adnkronos.com.

7M. Nicoliello, “Primi casi ai giochi mondiali militari di Wuhan 2019? «Era ottobre, ci siamo ammalati tutti»”, 6 maggio 2020, in Ilmessaggero.it.

8OMS rilascia rapporto sull’origine dei Sars Cov-2, uno schiaffo in faccia per i fabbricatori di fake news occidentali”, 31 marzo 2021, in Italian.cri.cn.

9M. Vigneri, “Alcuni scienziati avevano simulato l’arrivo di un coronavirus e 65 milioni di morti in 18 mesi”, in Tpi.it.

10Confronto tra influenza ed infezione da COVID-19 negli Stati Uniti”, 3 marzo 2020, in Medicalsystem.it.

11Ist.Tumori Milano, Covid in Italia già da settembre 2019”, 15 novembre 2020, in Ansa.it; “Istituto Nazionale Tumori: ‘Coronavirus in Italia già a settembre 2019’”, in Quotidianosanita.it.

12Covid in America prima che in Cina? Lo studio che ribalta tutto”, 3 dicembre 2020, in Quifinanza.it; “Uno studio accerta che il Covid-19 è apparso prima negli USA che in Cina”, 2 dicembre 2020, in it.Sputniknews.com.

13E. Francis, “Respiratory outbreak being investigated at retirement community after 54 residents fall ill”, 12 luglio 2019, in Abcnews.go.com.

14Coronavirus: il primo focolaio negli USA? VIDEO”, 23 giugno 2020, in Iene.mediaset.it.

15Outbreak investigation assisted living facility in Springfield”, 26 luglio 2019, in Fairfaxcounty.gov.

16Coronavirus…”, op .cit.

17R. Chiaberge, “Le bufale e i complotti sull’influenza spagnola del 1918 sono molto simili alle panzane di oggi sul Coronavirus”, in Linkiesta.it.

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-trump_fort_detrick_e_il_covid19/82_41679/

 

 

 

DIRITTI UMANI

ESSI hanno tutti i mezzi per eliminare la dissidenza

Lisa Stanton – 13 06 2021

ESSI hanno potentissimi mezzi per propagandare la loro dottrina ed applicarla, persuadendo uomini e donne di qualsiasi età, stato sociale/culturale e negando agli scettici il diritto di parola ed opinione.
ESSI hanno efficaci strumenti di ritorsione nei confronti dei (pochi) resilienti, ad esempio possono privarti della libertà di movimento, possono negarti il diritto al lavoro (ed alla retribuzione), possono negarti la sanità pubblica.
ESSI non hanno opposizione all’interno degli organi di rappresentanza cd. democratica, ivi compresa la finta opp.ne che prende ordini dall’Aspen Institute.
ESSI sono satanisti, malthusiani e pedofili, celebrano i sacrifici di giovani vite proiettandoci in pieno scenario Azteco, considerano la morte di chi non può morire di malattia necessaria per placare l’ira di una divinità malvagia (oggi è il CovSars2, domani gli alieni o il climatechange).
Chi crede che senza l’organizzazione di una resistenza gran parte di noi non potrà sopravvivere dimentica che nessuna rivoluzione è stata possibile senza un gruppo dirigente che ne coordinasse l’azione (sino al secolo scorso era la massoneria).

Un’avanguardia rivoluzionaria semplicemente NON c’è.

Ecco, l’ho detto! Non perdiamoci di vista e, se non dovessimo vederci, fate una buona fine!

FONTE: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=4336466546371588&id=100000248554468

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

La Consob stanga i bitcoin: “Una minaccia al risparmio”

Per il presidente Savona la speculazione in corso tra le criptovalute ricorda quella del 2008 sui derivati

La Consob stanga i bitcoin: "Una minaccia al risparmio"

L’assalto alle criptovalute, nel completo vuoto normativo, rischia di essere una mina sul pubblico risparmio, creando una crisi pari a quella del 2008. Le analogie non mancano. È questo l’allarme lanciato ieri dal presidente della Consob, Paolo Savona, nell’incontro annuale con il mercato. «I soli ammonimenti sui rischi corsi dai risparmiatori o le stesse proibizioni risultano inefficaci», ha avvertito Savona.

«L’informatica finanziaria è una lampada prodigiosa dalla quale è uscito il Genio», ha proseguito. Impossibile rispedirlo nella lampada, occorrono «norme chiare sulla nascita e sugli scambi degli strumenti criptati e sui loro intrecci tra attività/passività monetarie e finanziarie tradizionali».

Gli strumenti virtuali – ha quindi spiegato l’ex ministro per gli Affari Europei – sono un «fiume ormai in piena», sudiviso «in molti e variegati rivoli»; posto che, stando a Internet, «esistono in circolazione dalle 4 alle 5mila cryptocurrency che operano più o meno indisturbate». E, considerando l’esperienza fatta da Consob nell’oscurare, in poco tempo, «centinaia di siti web che raccoglievano illecitamente risparmio», il quadro è «preoccupante».

La bolla legata alla compravendita di criptovalute sulle piattaforme tecnologiche sta inoltre portando a «operazioni sempre più articolate», compresa «la stipula di contratti derivati usando come collaterali le cryptocurrency».

«Sembra ripetersi l’esperienza antecedente la crisi del 2008, quando i contratti derivati si svilupparono fino a raggiungere una dimensione di dieci volte il Pil globale, assumendo forme complesse che ricevettero un rating elevato», ha detto Savona: «È prevedibile che stia accadendo qualcosa di analogo nel mercato dei prodotti monetari e finanziari, soprattutto criptati».

Il problema essenziale, al di là della natura e dell’elevata volatilità delle criptovalute, è legato all’impenetrabilità delle blockchain, ovvero del meccanismo di contabilità decentrata utilizzato per trasferire le valute digitali precluso all’intervento di qualsiasi entità esterna, comprese quelle di Vigilanza. Oggi «le autorità possono intervenire divenendo parte attiva nell’infosfera». Ma non basta. «Senza presidi adeguati (norme ed enti), ne consegue un peggioramento della trasparenza del mercato, fondamento della legalità e delle scelte razionali degli operatori», ha concluso Savona, auspicando una collaborazione internazionale e, in attesa di questo, che il nostro Paese si muova in autonomia.

Ieri sera, intanto, il Bitcoin è tornato sopra i 40mila dollari, lontano dai 33.583 dollari di una settimana fa ma anche da 62.624 di due mesi fa, dopo che Elon Musk, in una delle sue giravolte, ha riaperto alla possibilità di comprare una Tesla con i Bitcoin «quando ci sarà conferma di un utilizzo ragionevole (del 50%) di forme di energia pulita da parte dei miners»

FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/economia/consob-stanga-i-bitcoin-minaccia-risparmio-1954815.html

 

 

IMMIGRAZIONI

Immigrazione, quella rotta atlantica che non ti aspetti

Non c’è soltanto Lampedusa e non c’è solo il Mediterraneo: le rotte africane dell’immigrazione coinvolgono anche il continente americano. Strano a dirsi, ma anche le autorità di frontiera messicane e statunitensi, negli ultimi anni, hanno rintracciato migliaia di cittadini provenienti dall’Africa. Si tratta di migranti che sfruttano l’altra via della rotta atlantica. Un fenomeno sempre più in ascesa.

La rotta atlantica sempre più pericolosa

Dall’Africa si va via: le modalità e la rotta da seguire variano in base a ragioni di opportunità, soprattutto di carattere logistico. Sul fronte occidentale, i barchini che si mettono in viaggio per raggiungere l’Europa sono quelli diretti verso le Canarie. La rotta atlantica potrebbe non riguardare solo l’arcipelago spagnolo, ma comprendere anche il continente americano. Un viaggio molto più lungo e pericoloso in cui si rischia anche la vita. Proprio come accaduto ad un gruppo di sfortunati migranti i cui corpi privi di vita sono stati rinvenuti all’inizio del mese di giugno, a largo dell’isola caraibica di Tobago. Alcuni pescatori hanno trovato un barchino con a bordo 14 cadaveri. Sull’imbarcazione anche un telefonino con una sim intestata ad un cittadino mauritano. Erano partiti dalla Mauritania per arrivare a Gran Canaria o Fuertaventura per accedere così al Vecchio Continente, ma le correnti dell’Oceano hanno avuto il sopravvento portandoli altrove.

Disorientati, senza mezzi e senza scorte, i viaggiatori, dopo giorni di navigazione, sono morti e il barchino si è spinto fino all’altra parte dell’Atlantico. Non si tratta delle uniche vittime di questi viaggi. Ci sono infatti alcune famiglie che hanno segnalato la scomparsa di parenti partiti per le Canarie dei quali hanno perso successivamente le tracce. L’episodio che ha riguardato Tobago, ha mostrato come gli effetti dell’immigrazione africana possano toccare anche il continente americano. E se partire con i barconi vuol dire andare incontro a morte certa, ecco che dal continente africano allora si sceglie di partire con gli aerei.

Un sogno chiamato America

Arrivare nelle Americhe in aereo per atterrare nei Paesi sudamericani è certamente molto più sicuro. Da questa parte del continente poi si cerca di procedere verso gli Stati Uniti. Qui solo in pochi riescono a raggiungere la destinazione e ottenere l’asilo. Il percorso che i migranti seguono prima di raggiungere la meta è segnato da non poche insidie. In mano a trafficanti, che vengono pagati a caro prezzo, devono attraversare le giungle con le loro insidie. Se non si ha particolare forza fisica e resistenza ai giorni senza cibo, la morte arriva presto. Ma si muore anche per asfissia a bordo dei camion dei trafficanti dal momento che i migranti vengono caricati in massa. Quello che accade da queste parti è paragonabile a quanto avviene nel Sahara, prima di arrivare in Libia verso il Mediterraneo. Anche in questi contesti si vive la fame, la sofferenza e le torture inflitte dai criminali.

Due continenti diversi che riservano però lo stesso trattamento ai protagonisti dei viaggi della speranza. Sono circa un centinaio i migranti morti quest’anno durante i percorsi all’interno delle foreste pluviali. Ma questo non scoraggia, anzi. Negli ultimi anni sono in aumento le persone che partono dagli Stati africani per raggiungere il continente americano. Si parte dal Camerun, dalla Repubblica Democratica del Congo, dall’Eritrea, dalla Mauritania, dalla Nigeria, dal Ghana e dal Burkina Faso. Nei primi mesi del 2019, secondo i dati di Ozy.com, il sito fondato dall’ex giornalista Cnn Carlos Watson, soltanto in Ecuador sono stati contati 2.107 arrivi.

Perché si arriva in Ecuador e Brasile 

Sorvolare l’Atlantico per i migranti non è affatto semplice, specialmente adesso che molte rotte aeree sono sospese per via della pandemia da coronavirus. Chi può permetterselo, acquista biglietti per arrivare in due Paesi sudamericani specifici: Brasile ed Ecuador. Ovviamente non per rimanerci. L’obiettivo è partire da qui e dirigersi verso il nord America. Ma perché dall’Africa si raggiungono gli aeroporti brasiliani ed ecuadoregni? In merito sono state avanzate negli anni molte ipotesi. La più accreditata riguarda le minori limitazioni in fatto di visto e permessi. Sia Brasilia che Quito applicano normative meno stringenti rispetto ai Paesi della regione.

Un discorso che vale soprattutto per l’Ecuador. Le leggi locali, come sottolineato sempre da Ozy.com, esonerano dal visto i cittadini di buona parte dei Paesi africani. Quito in tal modo ha assunto, soprattutto dal 2013 in poi, la stessa funzione di Agadez in Niger, città “trampolino” di lancio per le rotte dei cittadini africani verso la Libia e l’Europa. Anche perché nella capitale ecuadoregna convergono i flussi migratori provenienti dal Venezuela. Dalla capitale ecuadoregna le carovane di immigranti sia africani che sudamericani iniziano poi a premere verso il centro e nord America. Gruppi di “passeur” fanno strada tra le foreste prima di abbandonare migliaia di persone al loro destino.

I risvolti politici della rotta atlantica

I numeri non raccontano abbastanza la portata del flusso migratorio africano verso le Americhe. Apparentemente le cifre appaiono esigue, in realtà sotto il profilo politico il problema inizia ad essere molto avvertito. E questo soprattutto  nello stesso Ecuador, dove la popolazione inizia a pressare sul governo del presidente Lenin Moreno per chiedere prime importanti restrizioni. Ma la questione non è semplice: è la stessa costituzione ecuadoregna a sancire i diritti per chi bussa alle porte del Paese, da qui le leggi permissive sui visti. Modificare queste norme vorrebbe dire andare a toccare la costituzione. E infatti già nel 2018 i magistrati hanno respinto alcune novità normative volte a introdurre maggiori limiti. Le pressioni su Moreno però, come sottolineano da anni gli esperti del think tank Migration Policy Institute, arrivano anche dall’estero.

In particolare da Messico e Stati Uniti, dove si temono maggiori difficoltà nella gestione dei flussi migratori. Se al flusso di migranti dal sud America dovessero aggiungersi quelli provenienti dall’Africa, il sistema di accoglienza potrebbe collassare. Non è un caso che in questi due Paesi l’immigrazione è uno dei temi più scottanti sotto il profilo politico. Sotto l’amministrazione di Bill Clinton, gli Usa hanno iniziato a costruire il muro lungo il confine messicano proprio per attenuare l’ingresso di nuovi migranti. Donald Trump dal canto suo nel 2016 aveva promesso di completare i lavori per il muro. Il Messico, terra sia di emigrazione che di immigrazione, non vuole essere travolto da continue ondate di profughi lungo i propri confini. La rotta atlantica dunque, nei prossimi anni, è destinata a far discutere molto in ambito politico e non solo.

FONTE: https://it.insideover.com/migrazioni/immigrazione-quella-rotta-atlantica-che-non-ti-aspetti.html

Le Ong fanno le vittime: “Ecco perché mentono

Dopo le richieste avanzate dalle Ong al Viminale, è arrivato il momento di fare chiarezza su alcune pretese impossibili

Le Ong fanno le vittime: "Ecco perché mentono"

Gridare alla criminalizzazione del loro operato per provare ad avere un ruolo determinante nella gestione del fenomeno migratorio nel Mediterraneo: è questa la strategia messa in campo anche nelle ultime settimane dalle Ong. Nei giorni scorsi la nave Sea Eye 4 è stata ad esempio raggiunta da un nuovo provvedimento di fermo amministrativo e Luca Casarini, capomissione della Mare Jonio, ha subito puntato il dito contro il governo: “È chiaro che il Comando delle Capitanerie di porto – ha dichiarato – riceve ordini in questo senso dal governo”. Ma le cose non stanno così. E dalla stessa Guardia Costiera spiegano il perché.

Le Ong escono allo scoperto

Il 28 maggio scorso la nuova puntata della strategia delle Ong ha avuto luogo al Viminale, dove si è tenuto un incontro con il ministro Luciana Lamorgese. Qui, i rappresentanti delle organizzazioni hanno messo mani avanti mischiando il mazzo delle carte in tavola davanti la padrona di casa. Sulla scrivania sono state lasciate una serie di proposte per la tutela della loro attività che consiste nel transitare a largo delle coste libiche, raccogliere i migranti in navigazione e portarli in Italia come taxi del mare. La nostra Nazione, pur non essendo l’unica europea ad affacciarsi nel Mediterraneo, da diverso tempo è divenuta il luogo in cui le imbarcazioni delle Organizzazioni Non Governative “scaricano” gli stranieri. Un meccanismo consolidato nel tempo che assume erroneamente i connotati di una prassi.

Ed ecco che è stato chiesto un maggiore impegno all’Italia “di istituire un efficace sistema di ricerca e soccorso che abbia come scopo primario quello di salvaguardare la vita umana nel Mediterraneo”. Criticando anche le scelte di cooperazione del governo di Roma con la Libia, pur non avendone titolo e competenza, i rappresentanti delle Ong hanno chiesto al ministro “di riconoscere le organizzazioni umanitarie”. Ma ciò non è bastato, perché altro obiettivo per le delegazioni è stato quello di apparire come organizzazioni bersagliate dai provvedimenti di fermo amministrativo: hanno infatti chiesto la rimozione dei provvedimenti sulle navi ancora bloccate.

“Nei porti italiani ci sono tante navi oltre le Ong in stato di fermo amministrativo”

Abbiamo chiesto– si legge in una nota delle Ong – alla ministra di riconoscere il ruolo delle organizzazioni umanitarie, colpite dalla criminalizzazione, liberando le nostre navi ancora sotto fermo“. Una richiesta che non può essere avanzata in questi termini perché significherebbe rivoluzionare il sistema normativo italiano e comunitario. Le norme ci sono, vanno rispettate da tutti e, di conseguenza, le violazioni, prevedono per tutti le stesse sanzioni. Sabato un nuovo fermo amministrativo ha raggiunto la nave Sea Eye 4, dell’omonima Ong tedesca. Luca Casarini, capomissione di Mare Jonio, ha rincarato le polemiche: “Ancora una volta una nave del soccorso civile, dopo aver onorato quella legge del mare e quelle Convenzioni internazionali che impongono di soccorrere chi chiede aiuto nel Mediterraneo, è sottoposta a pretestuosi quanto arbitrari controlli che la bloccano in un porto – ha dichiarato Casarini all’AdnKronos – È chiaro che il Comando delle Capitanerie di porto riceve ordini in questo senso dal governo”.

A chiarire su IlGiornale.it come si svolgono le attività di controllo delle imbarcazioni che sostano nei porti italiani è una fonte della Guardia costiera: “Il fermo amministrativo – ci dice la fonte – è un’attività che la Capitaneria di porto e la Guardia costiera svolgono ai fini della sicurezza della navigazione. Nello specifico vengono effettuati due controlli. Il primo nei confronti delle Unità che battono bandiera italiana in merito alle certificazioni che le navi devono avere per navigare e svolgere le funzioni per le quali sono state dichiarate idonee. Il secondo controllo viene svolto nei confronti delle navi battenti bandiera straniera che fanno scalo nei porti italiani”.

L’esperienza del 2020 insegna: “Lo scorso anno – prosegue la fonte – abbiamo ispezionato più di 1200 navi battenti bandiera estera. Almeno 60 sono state fermate e non sono state tutte Ong. Quindi non c’è alcun ostracismo verso le imbarcazioni appartenenti a queste organizzazioni”. La Commissione europea ha emesso una specifica raccomandazione affinché le Unità civili delle Ong che svolgano attività di ricerca e soccorso in mare siano certificate per lo svolgimento di quelle funzioni. “Alcuni Stati – spiega la fonte – si sono adeguati come Spagna e Norvegia. Altri, in particolare la Germania, non lo hanno fatto. Ad oggi la situazione è che ci sono Ong certificate e altre no”.

La posizione di Luciana Lamorgese

Il titolare del Viminale ha fatto intendere di aver recepito o quanto meno compreso le istanze delle Ong. Del resto l’iniziativa dell’incontro è stata proprio sua: “Io ho già ricevuto tutte le Ong – aveva annunciato Luciana Lamorgese lo scorso 19 maggio durante l’audizione al comitato parlamentare di controllo sull’attuazione di Schengen – e credo che la prossima settimana le riunirò ancora”. Da qui una posizione non certamente contraria alle Ong, circostanza quest’ultima stigmatizzata da alcuni esponenti della maggioranza ed etichettata come un segnale di debolezza: “Il comportamento del ministro dell’Interno – ha dichiarato su IlGiornale.it il docente della Cattolica Vittorio Emanuele Parsi – trova base probabilmente sulla necessità di lavorare su due binari: da un lato cercare la solidarietà europea, dall’altro evitare nuovi morti in mare”. Anche perché, sempre secondo Parsi, ci si sta avviando verso una stagione contrassegnata da un gran numero di partenze soprattutto dalla Libia: “Tante partenze equivalgono a tanti morti, più si parte e più cresce il numero delle persone che muoiono in mare – ha aggiunto il docente – in questo senso il ministro ha preferito scegliere la via del dialogo con chi materialmente sta in mare”. Una soluzione che sotto il profilo politico potrebbe generare problemi: “All’interno dell’attuale maggioranza ci sono più anime – ha dichiarato Parsi – l’iniziativa della Lamorgese non è piaciuta alla Lega e potrebbe generare in futuro ulteriori tensioni”.

“Dal consiglio europeo di giugno non uscirà nulla di nuovo”

Il primo binario di cui ha parlato il docente, ossia quello relativo alla solidarietà europea, per l’intero governo di Mario Draghi rappresenta un’incognita. Lo stesso ministro Lamorgese, nell’audizione del 19 maggio scorso dinnanzi al comitato di controllo Schengan, ha espresso perplessità sui piani dell’Ue sull’immigrazione: “Dubito però che al prossimo consiglio fissato a giugno – ha evidenziato Vittorio Emanuele Parsi – possa uscire qualcosa di nuovo. Di sicuro non saranno approvati quegli automatismi nella redistribuzione da tempo chiesti dall’Italia”. Uno scetticismo giustificato dalla storia recente, con Bruxelles costantemente divisa sul tema e spesso rimasta immobile alle richieste di solidarietà da parte del nostro Paese.

L’unica speranza, secondo il docente, nel medio periodo è data dal senso di responsabilità che prima o poi dovrà emergere in seno ai partner europei: “Forse a giugno verrà fatto qualche passo in avanti politico – ha aggiunto – ma cambierà poco. Nel proseguo dell’estate però la pressione migratoria sarà tale da richiamare tutti alle proprie responsabilità”. L’unico elemento certo al momento è dato dalla concreta possibilità di assistere a un’estate calda sul fronte migratorio. La rotta libica nel 2021 è tornata a preoccupare come negli anni pre Covid e i numeri appaiono impietosi: dal primo gennaio al 4 giugno sono 14.999 i migranti sbarcati in Italia, a fronte dei 5.461 dello stesso periodo del 2020.

FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/politica/immigrazione-ecco-ong-giocano-sul-vittimismo-1951979.html

 

LA LINGUA SALVATA

Il lessico della Nuova Normalità

Ian Jenkins
off-guardian.org

Estratti dal ‘Lessico della Nuova Normalità’ di Greta Reset, docente di Neologia alla Schwab-Gates University.

Antivax: Chiunque rifiuti o critichi uno qualsiasi dei vaccini Covid-19, indipendentemente dalle sue ragioni e dal suo atteggiamento generale nei confronti della vaccinazione – anche se è un rispettato ricercatore medico impegnato da molti anni nello sviluppo dei vaccinii. Qualsiasi prova prodotta dall’antivax è irrilevante perché la prova nega la fede e, senza la fede, la ‘Scienza’ non è niente.
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Casa di riposo: Sssshhh! Non ne parliamo più. Guarda, è in arrivo un’altra variante!
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Caso: Individuo perfettamente sano che, inspiegabilmente, decide di sottoporsi ad un test PCR condotto in modo da trovare filamenti virali sui guanti di Howard Hughes.
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Codici di Norimberga:…Un romanzo di Dan Brown?
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Diffusione asintomatica: La curiosa idea che la malattia sia diffusa in modo significativo da persone che stanno fisicamente bene, indipendentemente da tutte le precedenti (e più attuali) prove scientifiche. La ragione dei ‘lockdown’.
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Disinformazione, fonte di: Qualcuno che occupa una posizione eminente nel mondo accademico e che dice cose sbagliate (cfr. ‘Esperto’)
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Distanziamento sociale: Termine distopico per indicare la distanza fisica arbitraria raccomandata o dagli ‘esperti’ o imposta dal governo per prevenire la ‘diffusione asintomatica’. In realtà dovrebbe essere chiamato ‘distanziamento fisico’, ma non è così.
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Esitazione vaccinale: Rifiutare egoisticamente o prendere in considerazione la possibilità di rifiutare un ‘vaccino’, specialmente un vaccino sperimentale. Questo gesto è solitamente basato su analisi personali dei rischi/benefici, deficit di paura e sul credere in sciocchezze di Destra, come il consenso informato e il diritto all’integrità corporea.

L’esitazione vaccinale causa il perpetuarsi dei ‘lockdown’, dell’obbligo di indossare mascherina e del ‘distanziamento sociale’ imposti dai governi, che, in realtà, non vorrebbero fare queste cose, ma si sa…incolpare loro. (Vedere anche: Antivax).
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Esperto: Qualcuno che occupa una posizione eminente nel mondo accademico che dice le cose giuste.
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Estroversione vaccinale: Il comportamento di qualcuno che racconta allegramente a tutti la propria esperienza vaccinale, senza che i suoi interlocutori lo chiedano o desiderino particolarmente sentirne parlare.
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Evento superdiffusore: Incontro o evento politicamente sconveniente con un gran numero di persone che si comportano normalmente, che in seguito non diffonde nulla se non amore, unità e informazione.
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Grande Reset: Colossale accaparramento di risorse collettive e imposizione di un sistema di controllo tecnocratico centralizzato – ma caratterizzato da belle parole come “equità,” “sostenibilità e “diversità” buttate dentro per farlo apparire bello e figo (vedere: ‘Ricostruire meglio’)
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Ignoranza: Forza
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Immunità di gregge: Letteralmente un concetto/politica fascista… a meno che non ci si arrivi con la vaccinazione di massa.
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Influencer: Celebrità, Video blogger o figure dei social media con molti seguaci che usano la loro popolarità per persuadere la gente della saggezza della politica governativa, di cui sanno meno di niente, di solito in cambio di sovvenzioni con fondi pubblici.

Include anche eroi coraggiosi, come quelli della Brigata 77, che combattono la pericolosa guerra contro la dis/misinformazione digitando sulla tastiera in trincee virtuali mangiando ciambelle e sorseggiando caffè (vedere anche SPI-B).
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Libertà: Schiavitù
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Libertà di parola: State solo attenti a ciò che dite…
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Lockdown: Termine preso in prestito dal sistema penale per indicare la protezione della salute nazionale tramite l’imposizione di isolamento, mancata istruzione, stress e paura, limitazione dell’assistenza sanitaria e devastazione economica a tutta la società, indipendentemente dal rischio reale per gli individui o dalla prova di efficacia di tali misure nel prevenire la ‘diffusione asintomatica’.
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Mascherina, cipiglio da: Lo sguardo torvo, con occhi cattivi, un misto di odio e paura di un ‘mascherina-dipendente’ nei confronti di qualcuno che non indossa una ‘copertura del volto’.
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Mascherina-dipendente: Persona che indossa la mascherina indipendentemente dall’ambiente circostante, ad esempio da solo in macchina, in cima a una montagna o sott’acqua.
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Numero R: Metrica epidemiologica che caratterizza la capacità di un virus di diffondersi. Un tempo di vitale importanza e ossessivamente monitorato e scandito dal governo e dai media su base giornaliera, ora è solo roba del 2020, tesoro – quest’anno si parla solo di varianti, non lo sai?
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Passaporto vaccinale: Vedere: ‘dompass’ e ‘kennkarte’.
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Politica sanitaria pubblica: Concentrarsi su una possibile singola causa di morte o di malattia, escludendo tutte le altre.
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Reazione avversa: Malattia o decesso totalmente e casualmente coincidente con la vaccinazione.
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Ricostruire meglio: Per gli oligarchi, non per voi bifolchi.
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Scienza, la: Un sottoinsieme di conoscenze scientifiche che non può essere messo in discussione sulla base di dati empirici o di esperimenti ripetibili perché è stato “stabilito” dal consenso diffuso nel sottoinsieme di ‘esperti’ che vi aderiscono.
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SPI-B: Lo Scientific Pandemic Insights Group on Behaviours – un gruppo di psicologi, funzionari governativi ed ‘esperti’ delle forze dell’ordine che hanno il vitale incarico di assicurarsi che il pubblico venga adeguatamente terrorizzato durante un periodo di crisi della salute pubblica – in particolare rendendolo consapevole di tale crisi e iper-terrorizzandolo attraverso una minacciosa messaggistica mediatica.

Lo SPI-B lavora sulla base dell’assolutamente etico concetto dell’uso della paura per ottenere la conformità, concetto che non è mai stato usato in modo improprio nella storia dell’umanità e che non ha mai danneggiato la salute mentale e fisica di una popolazione o colpito la democrazia, l’armonia sociale o la libertà in alcun modo.
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Stato di diritto/diritti civili: Scusate, che cosa?
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Tasso di letalità tra gli infettati (IFR): Probabilmente la metrica più importante nella valutazione della letalità di un patogeno, l’IFR è la percentuale di persone infette che muoiono. Per il SARS-CoV-2 la stima attuale è tra lo 0,24% e lo 0,15%. In confronto, una brutta influenza è tra lo 0,1 e lo 0,2% e la rabbia è il 100%. A causa della sua vitale importanza, l’IFR non viene mai menzionato dai media tradizionali e la maggior parte delle persone non ha la minima idea di cosa significhi.
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Tasso di mortalità standardizzato per età: Criterio di misura universalmente approvato della mortalità per tutte le cause in una determinata nazione, in modo che sia confrontabile con quelli degli anni precedenti. Di conseguenza, non è mai usato dal governo o dai media, che preferiscono invece contare a tempo indeterminato le persone morte entro 28 (o anche 60 giorni) da un ‘Test PCR’ positivo.
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Test PCR: Il test di reazione a catena della polimerasi era stato inventato dal biochimico americano Kary Mullis che aveva vinto il premio Nobel per la sua scoperta. La PCR è in grado di amplificare campioni di DNA per identificare anche quantità minime di un virus e viene utilizzata su una scala crescente di amplificazione chiamati “cicli.”

Mullis, che è morto nel 2019, era stato chiaro sul fatto che la sua invenzione non poteva identificare e diagnosticare le malattie infettive e, di conseguenza, il suo test viene utilizzato dall’anno scorso per fare proprio questo.

Il capo dell’AIAID, Anthony Fauci, ha dichiarato che amplificare un test PCR a 35 cicli o più significa renderlo praticamente inutile per il rilevamento di una malattia infettiva, perchè risulterebbero solo “falsi positivi,” ma il protocollo messo a punto dallo scienziato tedesco Christian Drosten, che era basato su un modello computerizzato e non su campioni isolati e sequenziati del virus e che era è stato sottoposto a revisione paritaria in solo 48 ore, raccomanda di eseguire il test a 45 cicli.

Questo protocollo era stato poi ripreso dall’OMS e usato praticamente dappertutto, fino a quando, nel mese di gennaio, l’OMS aveva ordinato a tutti di fermarsi perché la cosa non aveva senso. (Vedere anche: ‘Scienza, la’).
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Tre settimane: Eternità (vedere ‘Lockdown’).
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Vaccino: Tradizionalmente una preparazione di materiale virale inerte introdotto nell’organismo per stimolare la risposta immunitaria e prevenire l’infezione – ma ora non più.
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Variante: Un qualcosa di identico al 99,7% all’originale, ma con un nome spaventoso e una buona pubblicità, ad esempio “quadruplice variante supermortale superdiffusiva del [inserire una posizione geografica scelta a caso].”
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Volto, copertura del: Tutto quello che può servire per coprire la metà inferiore del viso al fine di rispettare i regolamenti e accedere ad una zona riservata; andrà bene qualsiasi cosa, poiché non è richiesta nessuna efficacia nel prevenire la trasmissione di malattie: mutande, una sciarpa di chiffon, una retina per capelli.

Non c’è nemmeno l’obbligo di smaltire in modo sicuro le coperture per il viso dopo l’uso, quindi queste possono essere gettate per strada o anche in aperta campagna per farci giocare i bambini e soffocare gli animali.
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Ian Jenkins

Fonte: off-guardian.org
Link: https://off-guardian.org/2021/05/30/the-new-normal-lexicon/
30.05.2021
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

FONTE: https://comedonchisciotte.org/il-lessico-della-nuova-normalita/

 

 

 

 

NOTIZIE DAI SOCIAL WEB

Perché le lobby LGBTQ si arroccano in difesa dei malfattori di Bibbiano?

Alfredo Traversi 21 07 2019

Perché le lobby LGBTQ si arroccano in difesa dei malfattori di Bibbiano?

Sono transomofobi Nek e Laura Pausini  che hanno mostrato indignazione per i fatti di BIBBIANO?

No, sono PERSONE NORMALI come tutti noi, che hanno semplicemente a cuore le vite dei bambini immotivatamente strappati dalle braccia dei loro genitori.

Eppure le lobby LGBTQ si scagliano contro Nek accusandolo anche di essere “pro-vita”, mentre il presidente dell’Arcigay Alberto Nicolini esulta alla notizia della revoca degli arresti domiciliari a Claudio Foti, direttore dell’Hansel e Gretel, inveendo contro l’opinione pubblica che lo aveva “malgiudicato” (ma il filone d’indagine resta aperto).

E allora è tutto chiaro: 

A Bibbiano non è sotto attacco la comunità LGBTQ, è evidente, ma la schifosa massoneria di cui i vertici delle Lobby LGBTQ fanno parte.

Non a caso al sindaco di Bibbiano è giunta anche la solidarietà dell’ANPI e non a caso la Sinistra arcobaleno, umana con tutti tranne che con gli italiani, invita a tacere e a “non strumentalizzare”.

Il fatto è che la massoneria dei diritti umani è forte e coesa, e se qualcuno di loro è in difficoltà, tutte le altre logge accorrono in difesa.

Annotiamo, tra l’altro, il disinteresse delle ONG per questo caso, non il primo non il solo.

Non abbiamo notato il benché minimo interessamento di Save the Children Italia, e non stupisce se si vanno a guardare i componenti del Consiglio Direttivo. Non c’era solo il figlio di De Benedetti (ora ne è uscito), ma c’è anche il segretario generale della Regione Lazio, uomo fidato di Nicola Zingaretti.

E vogliamo scommettere che tra un po’ Amnesty International assumerà la difesa dei “carnefici”?

Ma questa volta la massoneria del pensiero deviato non la spunterà.

Non c’è bisogno che si spendano Salvini, Di Maio e La Meloni per mettere sotto accusa i carnefici.

Questo caso trascende la tifoseria politica: qualsiasi persona perbene si rivolta all’idea che si possa far del male ai bambini, specie se gli si infliggono danni psicologici permanenti.

La “pancia della gente” non sarà in grado di filosofeggiare, ma sa riconoscere meglio degli intellettualoidi  di sx la vera disumanità quando questa, accidentalmente, si mostra in maniera palese. 

A quel punto è del tutto superfluo conoscere Soros o Emma Bonino!

FONTE: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10206092162499574&id=1727813093

 

 

 

 

Doveva essere un anno “meraviglioso”

Marco Palladino 01 02 2020

Doveva essere un anno “meraviglioso”, invece arriva la solita batosta sul pil certificata. 

Il paese continua a morire, come da copione. Si susseguono i governi, i pagliacci, i venduti, i traditori, ma la rotta non cambia di un millimetro: target catastrofe.

E mentre vediamo con tristezza gli inglesi lasciare questa follia che è la UE, Mario Draghi riceve la croce al merito dallo stato tedesco: “fondamentale per il bene del nostro paese”, sentenzia Steinmeier. 

No dico, fondamentale per il bene della Germania, uno che è in predicato di diventare prossimo presidente della repubblica.

Perché qui lo spaccato è chiaro: gli infami che eleggiamo, o corrono a prendersi la legion d’onore francese (Fassino, Franceschini, D’Alema, Gozi ecc. ecc.) o si fanno decorare dai crucchi. 

Ovviamente, per avere questi bei titoli, il non detto è che devono fottere il proprio paese ed il proprio popolo, come avviene in effetti da decenni.

Basterebbe solo questo per fare pulizia anche dell’ultimo imbecille europeista o piddino che sia, ma si sa, con l’idiozia si perde solo tempo a discutere, perché l’idiota è un cieco contento, crede di essere sulla luna, quando è invece 10 km sottoterra. 

E così, mentre la vera agenda non cambia mai e le riprese e le epoche “meravigliose”, sono come Godot, resta il teatrino più lurido che ci sia, con ex rivoluzionari che si sono venduti pure il culo e fanno da scendiletto di Renzi e Zingaretti, passando da una debacle all’altra, mentre si scannano al loro interno, e, dall’altra parte, con beceri suonatori di citofoni che sognano il vile affarista di cui sopra, al quirinale.

Viene la disperazione a contemplare questo desolante quadro, con gentaglia che è al governo con un ministro a cui aveva persino messo le mani addosso e che si fa umiliare ogni giorno dagli ex nemici, che ormai li trattano come gli utili idioti alla bisogna, a cui smontare, piano piano, tutte le iniziative: dalla prescrizione (comunque un abominio), alla revoca ai Benetton, fino ad attaccare, con la Bellanova, finanche il reddito di cittadinanza.

Renzi gongola per la riproposizione allargata degli 80 euro e gode per lo sfaldamento dei pentastellati (parole sue), mentre è al governo con loro. 

Viste poi le ultime catastrofi elettorali, si arriva a dire che ormai non hanno più consenso e, pertanto, devono rinunciare a tutte le loro pretese. 

Una formazione politica che avesse una stilla di dignità, l’ultima rimasta, avrebbe fatto cadere il governo da tempo, ma loro no. Volevano “cambiare il diavolo” ed il diavolo se li sta mangiando.

Riuscite ad immaginare uno schifo peggiore di questo, in un Italia a cui lo schifo non è mai mancato? Io no.

Uno schifo immane, unito ad una stupidità analitica agghiacciante, perché bastava fare due più due, per capire una cosa chiara anche alle scimmie dementi: quando la tua proposta, la tua unica propulsione è costituita dalla ribellione totale al sistema, è matematico che, se diventi sistema o ti allei con esso, scompari in un batter d’occhio.

Tutti i partiti classici hanno ben altre logiche, chi li vota, non li vota perché ci crede, ma perché ne riceve qualcosa in cambio, ha un referente, un collettore elettorale, che tratta per avere i voti. 

Ci sono i procacciatori che portano pacchetti di voti, pacchetti che cedono a caro prezzo. 

Al di fuori di questo sistema c’è solo la rabbia, lo schifo, il rigetto. Hai vinto in passato perché lo hai interpretato, hai dato una direzione a questo malcontento, hai dato voce a chi non si vendeva al compare di turno, un flusso di voti liberi, non fondati sul do ut des. 

Ma se ritorni sui tuoi passi, se cancelli dei punti prima fondamentali, se dialoghi e ti allei con chi doveva scomparire senza se e senza ma, è palese che il tuo consenso evapora in un istante.

Lo capirebbe anche una blatta, ma loro no. Si sono annientati sull’altare di Renzi e Zingaretti, derisi da risolini e alzate di spalle, cosa da far imbufalire un coniglio, ma loro no. Utili idioti fino all’ultimo istante, fino allo sterminio più completo. 

E a voi non verrà data nessuna croce, nessuna onorificenza, nemmeno un caffè. 

Fate troppo schifo anche a chi vi ha usato. Finti ribelli, finiti come gli ultimi dei servi.

FONTE:https://www.facebo ok.com/1500896194/posts/10215132378251754/

 

 

 

Sondaggi manipolati

Francesco Erspamer 2 02 2020

I sondaggi che appaiono sui quotidiani o in tv sono manipolazioni e la loro pubblicazione dovrebbe essere proibita o regolata; ma spero che il M5S ne abbia commissionato qualcuno ad agenzie serie e che, senza divulgarli (anzi tenendoli segreti), usi i dati a sua disposizione per fare correzioni (o non farne) alla propria politica. Siccome non ho accesso a essi, farò finta di fidarmi della più recente “supermedia di tutti i sondaggi” apparsa sui giornali. Essa pone la Lega sopra il 30%, il Pd quasi al 20, il M5S al 15, Fratelli d’Italia all’11, la mummia Berlusconi al 6 e il suo compare Renzi al 4.

I renziani sono subito andati in televisione (ci sono tutte le sere) a proclamare che il loro 4% è fasullo e che alle elezioni otterranno il 20: e i media danno loro credito, gli stessi che amplificano i deliri di Salvini di sfondare oltre il 40%, del Pd di attestarsi sul 30, di Meloni di raggiungere presto il 15 e persino di Berlusconi di tornare in articulo mortis al 10%. Che fa già ben di più del 100%: sui media la matematica è un’opinione.

Solo il M5S non ha un radioso futuro; ma per una volta la colpa non è dei giornalisti. I quali, certo, non perdono occasione per annunciarne la scomparsa (una forma di propaganda che in inglese si chiama “self-fulfilling prophecy”, profezia fabbricata per convincere la gente ad attuarla), aiutati però dal fatto che i pentastellati stessi non sembrano capaci di mostrare un po’ di fiducia.

Bè, senza fiducia non si fa politica, o meglio, si fa solo un tipo di politica: quella al servizio dei ricchi e dei potenti. Per una politica del cambiamento e della rinascita morale, invece, la fiducia è indispensabile, come è indispensabile la tenacia: perché i risultati non vengono sùbito e sono preceduti da delusioni e sconfitte. Il 15% va benissimo e anche qualche punto di meno. Si tratta di trasformarlo in un consenso solido, basato su una chiara ideologia antiliberista, con quadri e dirigenti preparati. I tanti opportunisti che erano saltati sul carro pentastellato negli anni scorsi si sono in gran parte dileguati: puntavano a immediate ricompense clientelari e appena si sono accorti che non le avrebbero avute sono di corsa tornati ai partiti che le danno a piene mani. Altri opportunisti se ne andranno o dovranno essere cacciati.

Ma al tempo stesso bisogna smettere di fare errori. I tagli agli stipendi dei propri parlamentari sono demenziali: presuppongono livelli di dedizione, santità o fanatismo non augurabili e comunque molto rari in una società come quella attuale. La distribuzione di soldi a pioggia ai “cittadini” è altrettanto sciocca: le poche risorse vanno usate per rafforzare il Movimento politicamente, dunque per la propaganda o facendo favori ai propri elettori e sostenitori – lo Stato deve essere imparziale, i partiti devono essere di parte. E la revoca della concessione autostradale ai Benetton va fatta immediatamente, a dare un necessario segnale di vitalità su cui far rinascere l’entusiasmo.

FONTE: https://www.facebook.com/100003196950060/posts/2649702401812966/

 

 

 

STATO ITALIANO & UE (Società a Responsabilità Limitata)

Antonino Trunfio 27 03 2020

Nelle pie intenzioni iniziali (pie come si presentano sempre le intenzioni dei pianificatori centrali, meglio noti come legislatori) l’UE doveva essere un’area di libero scambio economico (beni, merci, persone).

La realtà inesorabile come sempre, svela la natura maligna di quelle intenzioni e lo schema Ponzi su cui si reggono:

  1. Gli stati nazionali detengono un territorio e su di esso basano la loro stessa “legittimità”; hanno creato la moneta nazionale; le frontiere e le dogane; impongono dazi, passaporti, codice fiscale; chiedono ai residenti di cantare l’inno nazionale e sventolare la bandiera per andare in guerra come per evitare un virus stando sul divano (tutte bestialità che hanno prodotto macerie, morti in guerra, vedove e orfani, morti di polmonite).
  2. Gli stati nazionali decidono che la moneta nazionale, il territorio e le frontiere, e tutte le scemenze ideate al punto 1, impedendo, limitando, mortificando le possibilità di sviluppo e prosperità dei singoli territori e nazioni, devono essere rimosse e decidono pertanto di “uniamoci a corte siam pronti alla morte”…
  3. Portato a compimento la pia intenzione nr. 2, l’UE realizza che aver solo cambiato facciata a: moneta, frontiere, dogane e tutto il resto delle scemenze di cui detiene il copyright, soprattutto in un mondo globalizzato, non è ancora abbastanza.
  4. Si passa quindi a: tasse, debito pubblico, deficit, tenore di vita, culture, know how, tradizioni, forze dell’ordine, comprese la lunghezza delle zucchine e la forma del caciocavallo, ecc… Tutto deve essere armonizzato (espressione appositamente inventata, per colorare di “armonia” appunto, il tumore maligno della pianificazione e dell’interventismo iniziali)

Fine dello schema. 

La Libertà, a partire da quella economica, la cooperazione umana e l’ordine spontaneo del libero mercato, ne escono ovviamente massacrati, coi risultati che sono davanti ai nostri occhi.

Rammento ai distratti che tutto avviene ed è avvenuto ai sensi di quelle che loro chiamano erroneamente leggi, e che la Scienza della Libertà dimostra essere invereconde disposizioni arbitrarie e totalitarie.

Tutto questo, mentre schiere sconfinate di utili idioti, scappati di casa del governo, media di regime & stampa igienica tricolori, gridano al liberismo selvaggio !! Causa primaria dello sfacelo prodotto invece da migliaia di leggi, regolamenti, interventi statali ed UE.

Lo schema Ponzi, in effetti sfugge non solo ai pochi sbadati, ma a decine di milioni di utili idioti che invocano a seconda del colore della propria idiozia: più italia, più europa, più euro, più lira, si Mes no Mes, si Fiscal Compact no Fiscal Compact, più deficit meno deficit, più sanita pubblica, più stato, tutti uniti vinceremo, wiwa l’italia e wiwa la repubblika.

Meritano, questo paese e milioni dei suoi utili idioti, solo di scomparire dalla storia e dalla geografia

FONTE: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=2490820384473825&id=100006376638770

 

 

 

SBARCA CHIUNQUE

Gianfranco la Grassa 2 02 2020

Ormai qui sbarca chiunque arrivi. Incredibile l’afflusso. Nient’affatto epocale, ma dovuto agli inganni perpetrati da autentici criminali a danno di una “classe media” africana, che paga fino a 5000 dollari per imbarcarsi su gommoni semisgonfi che poi telefonano agli altri criminali delle ONG (sette su nove create dal 2014 in perfetta concomitanza con l’afflusso provocato dalla liquidazione di Gheddafi in Libia, vero canale di passaggio dei migranti “danarosi” africani). I peggiori criminali stanno a “sinistra” e in numerose organizzazioni sedicenti cattoliche, che di religioso (e di “carità”) nulla hanno. Non a caso nelle imbarcazioni vengono fatti montare donne (anche incinte) e bambini come “scudo protettivo” atto ad impietosire. E naturalmente si scontano anche un bel po’ di morti affogati, altro incentivo ad ottenere accoglienza. La sciocca “destra” urla contro i migranti e accusa che tra di essi ci sono possibili terroristi islamici (Isis, ecc.); e in ogni caso delinquenti, stupratori e altro. Basta scempiaggini. Chi arriva così ingannato, fatto lavorare a 2-3 euro l’ora e spesso senza nemmeno lavoro, tende ovviamente ad arrangiarsi come può mettendosi magari nelle mani delle nostre organizzazioni criminali. Gli autentici farabutti da colpire con energia stanno nella cosiddetta “sinistra”, che è la vera infezione di questo paese. Sono ormai storicamente finiti dopo aver lungamente tradito la loro origine già a partire dagli anni ’70 quando si spostarono (all’inizio in gran segreto) in senso filo-atlantico, divenendo infine i più disgustosi servi degli USA dopo il crollo del sedicente “socialismo” e dell’URSS. Si dimenano in modo incontrollato per non “morire” e durare ancora qualche po’ di tempo: immigrazione e poi sardine e chissà cosa inventeranno fra un po’ per poter durare ancora degli anni. E la popolazione, per quanto malcontenta, non capisce con quale cancro abbia a che fare; ingannata però anche da altri imbroglioni che puntano solo ad avere la maggioranza elettorale onde sostituire i “sinistri” in una continua servitù degli Stati Uniti (che siano dei “democratici” o di Trump non cambia la sostanza). Andremo avanti così ancora per anni; manca un vera “furia sterminatrice” dei germi patogeni che dilagano nel “corpo” dell’Italia; e anche, in definitiva, della UE. Divertitevi con questa bella “democrazia” che è come la “morte rossa” del racconto di Edgar Allan Poe. Anch’essa porta la “maschera” come in quel racconto; e non esiste una vera forza politica che gliela tolga e la indichi alla furia di un popolo infine cosciente della prossima fine cui è destinato se continuasse soltanto a mugugnare.

FONTE: https://www.facebook.com/1535134691/posts/10216305445418842/

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

India: pagamenti a dipendenti solo dopo la loro sterilizzazione
Lisa Stanton – 14 06 2021
“La forza non era solo fisica nella forma, ma anche indiretta. Il governo ha emesso circolari in cui si affermava che la promozione e i pagamenti ai dipendenti erano sospesi fino a quando non fossero stati sterilizzati o non avessero completato la quota assegnata di persone che avevano convinto a sottoporsi alla sterilizzazione. Le persone dovevano produrre un certificato di sterilizzazione per ottenere i loro stipendi o addirittura rinnovare la patente di guida/risciò/scooter/imposta sulle vendite. Gli studenti i cui genitori non avevano subito una sterilizzazione sono stati detenuti. Anche le cure mediche gratuite negli ospedali sono state sospese fino a quando non è stato mostrato un certificato di sterilizzazione. Quelli che hanno sofferto di più sono state le persone associate alle classi inferiori. Queste persone sfortunate sono state prelevate dalle stazioni ferroviarie o dalle fermate degli autobus dai poliziotti, indipendentemente dalla loro età o stato civile. Persone povere e analfabete, carcerati, abitanti del marciapiede, scapoli, giovani sposati e pazienti ospedalieri furono tutti vittime.”
Per chi non avesse capito ancora cos’è il Greenpass per la cittadinanza globale.

FONTE: https://www.facebook.com/lisa.stanton111/posts/4346294195388823

 

 

 

India: “The Emergency” and the Politics of Mass Sterilization

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Overpopulation has been India’s major concern for almost five decades. In June 2017, the United Nations reported that India’s population will rise to 1.5 billion by 2050. In order to limit its population growth rate, India has been using sterilization as a method of population control since 1951. According to the United Nations, India alone was responsible for 37 percent of the world’s female sterilization in 2011.1 Although sterilization has produced the desired outcome—fertility rates dropped from 3.4 in the 1990s to 2.2 in 2016—it has also seen its share of controversies.2 In the 1970s, mass sterilization got mired in the major political dilemma facing India, “the Emergency”—a twenty-one-month-long period widely considered the darkest in post-1947 Indian history. This essay is an account of how the issue of mass sterilization became politicized during India’s Emergency.

Family planning in India, from its inception in 1951 to its peak in 1977, should be seen in the wider context of the campaign to control world population. Among all the Asian and Sub-Saharan African countries, India’s family planning program received the biggest chunk of international aid. The World Bank gave the Indian government a loan of US $66 million dollars between 1972 and 1980 for sterilization. In fact, Indira Gandhi was pressed by Western democracies to implement a crash sterilization program to control India’s population.3 The Western countries’ lobby backed the sterilization program after the Emergency was imposed, even when her own advisers were unwilling to support it. The international push was so extreme that in 1965, President Lyndon B. Johnson refused to provide food aid to India—at the time threatened by famine—until it agreed to incentivize sterilization.4 Thus, steps taken by the Indian government, such as promoting IUDs and sterilizations, can be seen as a response to the pressure from organizations like the World Bank, International Planned Parenthood Federation, United Nation Fund for Population Activities, and USAID. Instead of helping people with family planning, such programs forced the contraceptive methods on the reluctant populace for cash incentives.

It is crucial to note that mass sterilization was not introduced during the Emergency, but was used as a method of contraception for a long time even before this event. Similarly, various initiatives that would be part of the policy, such as vasectomy camps, positive and negative incentives, and compulsory sterilization, were also practiced and perfected in different states before the Emergency. What made mass sterilization during the Emergency unique was the aggressiveness with which it was enforced. None of the previous family planning programs were even close to the numbers, reach, and magnitude achieved by Emergency-era mass sterilization programs. Thus, the political rationale for the compulsory sterilization policy was much stronger than its demographic objectives.

Historical Overview

In 1951, India’s population was approximately 361 million with a growth rate of 1.26 percent per year for the decade of 1941–1951.5 India’s lead urban demographer, R. A. Gopalswami, estimated in his report that India’s population would grow by 500,000 people every year.6

In response to Gopalswami’s report, the Indian government launched the national family planning program, making India the first country in the world to undertake such a venture. The program was completely sponsored by the central government, and a few of the strategies included were:

• A focus on rural areas and engagement in a door-to-door campaign
• Encouraging families to have only two children per family and
spacing the birth of these children over two years
• Creating awareness of family planning via television, newspaper,
and radio
• Providing families with monetary incentives to adopt these
measures
The report by Gopalswami suggested mass sterilization to be the best possible method for population control because it required only a minor surgery, needed no hospitalization or follow-up, and used local anaesthesia. However, it was not easy to garner support for sterilization, mainly because there were numerous misconceptions associated with it. For instance, people believed that vasectomy caused death on the operating table and made men lose weight, become easily exhausted, and lose their sexual drive. In a country where being a man was defined by his virility or his ability to impregnate his wife, sterilization was more than a hard sell.

Most Indian politicians believed that population growth was closely associated with economic development and that India could not achieve one without achieving the other. As a result, family planning was incorporated into India’s first two five-year plans. The goals of the first two plans were limited, and only a small fraction of the total health epartment budget was assigned to family planning. Major changes took place only after 1965, when a separate department was established exclusively for family planning and even the budget allocated to it was increased substantially. Table 1 highlights the goals achieved by each five-year plan, and the budgetary allocation and expenditure for family planning in that period.

The Emergency and Sanjay Gandhi
In 1975, India was facing several economic problems—rainfall was below average, food production had fallen, an international oil crisis had increased the price of imported oil, revenue from exports plummeted, and the rate of inflation was at an all-time high. On the other hand, Prime Minister Indira Gandhi herself was in political turmoil. She had violated many technical provisions of the Indian election law and the courts had ruled against her, threatening her position. Thus, a national Emergency was her answer to all these problems, which she declared on June 25th, 1975.7

This period also saw the rise of Sanjay Gandhi, Indira Gandhi’s younger son. In fact, it was Sanjay Gandhi who played a critical role in politicizing the mass sterilization campaign. Corruption, coercion, and false figures were parts of his approach. Mr. Gandhi was a complete outsider when it came to Indian politics. Even during the Emergency, he held no
official position in the government and had little knowledge of how the government functioned. His only qualification was that he was the son of the Prime Minister. He came up with a five-point program that included family planning, tree planting, a ban on dowry, each-one-teach-one (an adult education program), and ending social caste. Sanjay’s political agenda, illustrated by these five points, was to strengthen his hold over the Congress party. In order to do so, the younger Gandhi needed a large problemthat was plaguing the country that he thought could be easily cured. He strongly believed that curbing population was essential for the economic development of India. According to Sanjay Gandhi, family planning should, henceforth, be a way of life in India. Moreover, Mr. Gandhi argued that family planning was permitted by all religions, so no one could be spared from sterilization for religious reasons.

Compulsory sterilization was, thus, part of a larger poverty reduction program, which in turn would fuel rather than retard economic development. More importantly, if Mr. Gandhi were successful in reducing population growth even by a small fraction, he would receive national and international recognition. With such an agenda in mind, he hoped to get
rapid results. For instance, he wanted to control the population within a year, beautify the city in weeks, and virtually end poverty overnight.8 The Ministry of Health, on the other hand, knew that dispelling sterilization myths was difficult and time-consuming. They estimated that with two years of proper education and instruction, Indians could be convinced to undergo sterilization. But no one at the ministry, including Health Minister Karan Singh, was courageous enough to tell Mr. Gandhi that expecting support for sterilization as quickly as he envisioned (six months or a year) was impossible. It took the central government two months to put the program in action, i.e., build infrastructure and rather doctors to perform the surgery. The program had a test run as well, but turned out to be successful only in the states where the chief ministers were ready to blindly obey Mr. Gandhi’s orders. The chain of command during the Emergency was prime minister’s office/Sanjay Gandhi to chief ministers to district commissioners to the local police force.

Despite the efforts to create awareness and support for sterilization, the camps were receiving a lukewarm response. Sanjay Gandhi then took it on himself and began making public speeches targeting youth. He also criticized leaders in his own party, mostly the older generation who were not supporting his cause. He announced that sterilization would be at the core of India’s National Population Policy. Soon, other states such as Uttar Pradesh, Bihar, Madhya Pradesh, Rajasthan, Orissa, Haryana, Punjab, and Himachal Pradesh also began implementing the sterilization policy. Since all
these states were located in the northern part of India, that region came to be known as the “vasectomy belt.” Each of these states began to compete with each other in achieving the highest number of sterilizations to impress Mr. Gandhi.

Before the Emergency, compulsory sterilization was considered in different states, but no concrete decision was ever made. At the time, only states had the authority to make a decision in the area of family planning. Once the Emergency was imposed, Prime Minister Indira Gandhi, on her son’s insistence, amended the Constitution. The Constitution Act
of 1976 gave the central government the right to execute family planning programs. Soon after, the central government mobilized the state political leadership and took decisive actions, such as setting up camps and sterilization targets.

Mr. Gandhi allocated quotas to the chief ministers of every state that they were supposed to meet by any means possible. The chief ministers, too, in an attempt to impress the younger Gandhi, strived hard to meet those targets. Mr. Gandhi often visited villages and towns in Uttar Pradesh and Bihar to encourage and approve the tremendous work being done in terms of meeting sterilization goals. Commissioners were awarded gold medals for their hard work. As a result, nothing mattered when it came to meeting the targets. Uttar Pradesh and Bihar were at the top when it came to exceeding the targeted number of sterilizations, resulting in more commissioners from these states receiving medals.

Force was not only physical in form but also indirect. The government issued circulars stating that promotion and payments to employees were in abeyance until they were sterilized or completed their assigned quota of people they convinced to undergo sterilization. People had to produce a certificate of sterilization to get their salaries or even renew their driving/ rickshaw/scooter/sales tax license. Students whose parents had not undergone a sterilization were detained. Free medical treatment in hospitals was also suspended until a sterilization certificate was shown. Those who
suffered the most were people associated with lower classes. These unfortunate people were picked up from railway stations or bus stops by policemen, regardless of their age or marital status. Poor, illiterate people, jail inmates, pavement dwellers, bachelors, young married men, and hospital patients were all victims.

Sanjay Gandhi’s efforts made vasectomy camps nationally popular, and they were consequently organized in cities with higher population densities. A team of doctors from the Family Planning Association and gynaecologists were working to ensure that these camps were successful. In Uttar Pradesh, the most populous state in India, vasectomy camps performed 331 operations per day initially, which then rose to 1,578 per day and later to 5,664 operations per day.9 In the process, there were several cases of forced sterilization being conducted unchecked. When Mr. Gandhi was told about these excesses, he firmly stated that all the statistics of forced sterilization were fabricated. Sanjay Gandhi also asserted that people were complaining about not receiving a follow-up after the surgery and not about sterilization itself. Furthermore, Mr. Gandhi argued that some excesses were inevitable considering the size of this program.

The most vehement resistance to the sterilization program came from the poorest groups in rural areas and from Muslims.10The Muslims were a minority living in areas surrounded by the majority Hindu population. They were especially against sterilization because they viewed it as the majority’s strategy to gradually end their community. Mr. Gandhi, however, believed that if he were able to convince Muslims to embrace sterilization, then the rest of the country would have followed him easily. In order to spread his message, Mr. Gandhi sent his trusted lieutenants to talk with
segregated groups of women and to mosques to extol the advantages of tubectomies and vasectomies. These discussions appealed to Muslim women because they realized the benefits of having smaller families, but men were reluctant to be sterilized.

As the sterilization drive intensified in 1975 in Uttar Pradesh, 240 cases of violent resistance were reported. Journalist and human rights activist Kuldip Nayar describes several cases of such resistance in his 1977 book The Judgement: Inside Story of Emergency in India.11 The district commissioner collected people from the Narkadih village of Sultanapur district to get sterilized. In opposition, people attacked the police, who, in an attempt to save themselves, opened fire. Thirteen people were killed, and many sustained bullet injuries.12 Similar cases of police rounding up villagers to force them into sterilization were noted in several villages. In order to avoid compulsory sterilization, villagers hid in their fields for several days and nights. Instead of feeling a sense of protection, during the Emergency, people associated the police with terror. In Muzzaffarnagar, for instance, people resisted by pelting the police with stones. Again, the police opened fire, killing twenty-five people. After this incident, a curfew was imposed, and law enforcement officers killed violators. However, police brutality did not stop people from resisting sterilization. Due to media censorship, stories of police and government brutality toward coerced sterilization seldom made it to the newspapers and came to light only after the Emergency was lifted.

Safety and quality care of the patient was not a concern of the government, resulting in many deaths and careless operations. In order to meet the targets, operations were performed in haste under unhygienic conditions. Moreover, the patients were not given any follow-up care, and many people died as a result of the infections. After the Emergency ended, sterilization figures plummeted by almost a fifth. During the Emergency, the government did not release an official death count, but thousands of families filed wrongful death lawsuits.

Tried and Tested Methods
As noted, all tactics used by the government to increase sterilization numbers were tried and tested before. For instance, the “vasectomy camp” approach began in 1971 in the state of Kerala, where camps were set up in open fields or school buildings and patients were treated in an assembly line manner. It was also the first time government officials other than health department officials were taking the lead in organizing family planning campaign events. Although in 1971 vasectomy was voluntary, in 1976, the second year of the Emergency, it was forced. In fact, district authorities crammed people into buses and took them to the camps for forced sterilization. Likewise, instead of bureaucrats in health-related fields, all public officials in influential posts were “motivating” people to get sterilized. This included district development officers, police superintendents, village council members, tax collectors, local leaders, and teachers.13

Positive and negative incentives were also implemented in Kerala and Maharashtra. In Kerala, people were paid almost a month’s salary to get sterilized. In contrast, salaries or loan approvals of employees were withheld until they underwent sterilization. During the Emergency, such practices were seen in several parts of the country. For instance, people with more than three children in Rajasthan were prohibited from holding a government job unless they were sterilized. In the state of Uttar Pradesh, teachers’ salaries were withheld until they had been sterilized.

Assigning targets was the Indian government’s way of undertaking fertility control programs even before the Emergency. However, these targets were not strongly enforced. Once the Emergency was declared, public officials
in each state were given targets, which they had to achieve, sometimes using different tactics. For example, health officials were not given their salary until they had met their quota of sterilization. Likewise, teachers and policemen were also given quotas, and their salaries were determined based on the number of people they had convinced to undergo sterilization. As a result of extreme enforcement policies, the number of sterilization increased from 1.3 million in 1975 to 2.6 million in 1976 and then to 8.1 million in 1977.14

Conclusion
Before the Emergency, at least two major opposition parties were strongly opposed to any form of birth control. Prime Minister Gandhi was able to implement the policy of compulsory sterilization only after the Emergency was imposed, civil liberties curtailed, thousands of opposition leaders jailed, and the press censored. Sterilization was thus used as an exertion of power during the Emergency.15 It was completely detached from the agenda of family planning. Population control was also seen from a state security point of view. The Indian population was cognizant of the power of civil resistance. Political opposition along with civil unrest were threatening Prime Minister Gandhi’s government, and leadership’s response was the Emergency proclamation followed by ironclad policies on population control.

In January 1977, Prime Minister Gandhi lifted the Emergency and announced elections. Although there are reports her party members and the Intelligence Bureau informed her that she would win the elections, voters chose the Janata Party (a coalition of her former opponents) and threw Indira Gandhi out of power. While not the only factor, the  aggressiveness of the family planning program cost Indra Gandhi her seat in the following election. Certainly, the excesses of mass sterilization were widely discussed throughout the country in the months leading to the March 1977
election. Gandhi’s Congress Party’s national vote share dropped from 43.9 percent in 1971 to 34.5 percent in 1977.16 An analysis of the election results showed Mrs. Gandhi lost significant vote share in the northern states of Uttar Pradesh and Bihar, where sterilization was implemented forcefully. Conversely, in the southern states of Tamil Nadu and Kerala, where sterilization was not enforced, Congress’s vote share rose markedly. The Emergency was a determining factor for Congress’s loss, but only in some parts of the country.

Once the new government came to power, the sterilization numbers plunged. Only 10 percent of the 1976–1977 sterilization operations were performed in 1977–1978.17 The larger damage had been done to the country.
Considering the fear mass sterilization created in the minds of the Indian people and the fact that it caused the Congress Party’s failure in the subsequent election, no political party in India was willing to touch the issue
of mass sterilization for a few decades at least. Nevertheless, the Janata Party government kept the family planning apparatus intact and continued the noncontroversial programs like distributing condoms and intrauterine devices. This slow approach helped reduce public resentment toward family planning.

The Janata Party coalition collapsed within three years. In January 1980, Indira Gandhi was voted back to power, as was Sanjay Gandhi. Political pundits were left stunned and wondered if Indians had forgotten the Emergency, but later concluded that Indians wanted a government that was stable and functioning. Indira Gandhi’s government prior to the Emergency possessed all these characteristics. The Janata Party coalition government was fragmented in contrast to a cohesive Congress Party. More importantly, Indira Gandhi could claim a number of accomplishments.18 She served as prime minister until her assassination in October 1984 and became the second-longest-serving Indian prime minister after her father, Jawaharlal Nehru.

Sanjay Gandhi died in a plane accident on June 23, 1980, even before his political comeback could take off. The accident was attributed to his novice flying skills, reckless nature, insistence on flying at a dangerously low height, and refusal to wear proper gear. The excesses committed by Mr. Gandhi were so onerous for the Congress Party that even years after his death, they continued to disown him.19 Ultimately, he ended up being a footnote in Indian history—just as he had feared. ■

NOTES
1. Charlotte Alfred, “Deaths After Mass Sterilization Put India’s Top Contraception
Method under Scrutiny,” The Huffington Post, last modifed November 12, 2014,
https://tinyurl.com/ycplqals.
2. Soutik Biswas, “India’s Dark History of Sterilization,” BBC, last modified November
14, 2014, https://tinyurl.com/yca26km7.
3. Ashwaq Masoodi, “When Sterilization Wasn’t a Matter of Choice,” Livemint, last
modifed June 22, 2015, https://tinyurl.com/npfea9u.
4. Matthew Connelly, “Controlling Passions,” The Wilson Quarterly 32, no. 3 (2008):
60-66.
5. Rossana Ledbetter, “Thirty Years of Family Planning,” Asian Survey 24, no. 7 (1984):
736-758.
6. Terrence McCoy, “The Forgotten Roots of India’s Mass Sterilization Program,” The
Washington Post, last modified November 14, 2014, https://tinyurl.com/ybh4noyv.
7. Davidson Gwatkin, “Political Will and Family Planning: The Implications of India’s
Emergency Experience,” Population and Development Review 5, no. 1 (1979): 29–59.
8. Vinod Mehta, “Indiri Bachao” in The Sanjay Story: From Anand Bhavan to Amethi
(Noida: Harper Collins India, 2015): 112–133.
9. Ibid.
10. Ibid.
11. Kuldip Nayar, The Judgement: Inside Story of Emergency in India (New Delhi: Vikas
Publishing House, 1977).
12. Nayar, 134–139.
13. Gwatkin, “Political Will and Family Planning.”
14. V. A. Pai Panandiker and P. K. Umashankar, “The New Politics of Population: Conflict
and Consensus in Family Planning” in “Fertility Control and Politics in India,”
Population and Development Review 20 (1994): 89–104.
15. Gemma Scott, “Gender and Power: Sterilization under Emergency in India, 1975–
1977,” The Luminary, accessed August 19, 2017, https://tinyurl.com/ycocad9v.
16. Shoaid Daniyal, “If the Emergency Was So Terrible, Why Didn’t Voters Punish Indira
Gandhi More Severely?,” Scroll.in, last modified July 23, 2015, https://tinyurl.com/
y8v9g3cw.
17. Gwatkin, “Political Will and Family Planning.”
18. Some of Indira Gandhi’s achievements that convinced Indians to bring her back as
the leader of their country include victory over Pakistan in the 1971 war, expansion
of the armed forces, the atomic explosion, leadership of the nonalignment movement,
anti-West sentiments, a robust stance toward India’s neighbors, and call for
national unity in face of external threats.
19. Vinod Mehta, “A Low Flying Gandhi,” Outlook India, last modifed December 24,
2012, https://tinyurl.com/y7mckehj.

FONTE: https://www.asianstudies.org/publications/eaa/archives/india-the-emergency-and-the-politics-of-mass-sterilization/?fbclid=IwAR1AwNEDRqXkipum4THm4OFJoFWmZJDtB9uSxxj-iWJM_GQcpEch0MzmDsA

 

 

Ucraina, il conflitto di interessi di Joe Biden e del figlio Hunter

Il presidente Usa Joe Biden è stato chiaro: l’Ucraina deve risolvere il problema della corruzione e soddisfare altri criteri prima di poter essere presa in considerazione per l’adesione alla Nato. Durante la conferenza stampa tenuta al termine della partecipazione al vertice della Nato a Bruxelles, come riportato dall’agenzia Nova, Biden ha poi aggiunto: “Devono ancora ripulire il Paese dalla corruzione. Il fatto è che devono soddisfare altri criteri per entrare nel piano d’azione” per entrare nella Nato, ha detto Biden. “Nel frattempo, faremo tutto il possibile per mettere l’Ucraina nelle condizioni di continuare a resistere all’aggressione russa, e non dipenderà solo da me se decideremo o meno che l’Ucraina potrà diventare parte di Nato. Dipenderà dall’Alleanza e da come voteranno anche gli altri Paesi”, ha detto Biden. Una risposta diretta alle parole pronunciate dal presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, il quale ha affermato che l’Ucraina sta dimostrando “ogni giorno” di essere pronta ad aderire alla Nato.

Biden e gli affari del figlio Hunter in Ucraina

Anche se la stampa progressista ha ignorato il caso e i social media hanno attuato una censura senza precedenti e il Presidente ha precisato che il figlio “non ha fatto nulla di male” né di illecito, l’Ucraina rimane il tallone d’Achille dell’attuale inquilino della Casa Bianca a causa dei piuttosto controversi affari nel Paese ex sovietico che riguardano in prima persona il figlio del Presidente Usa, Hunter Biden – ex membro del Cda di Burisma – come dimostrano anche le ultime, scottanti, rivelazioni. Un conflitto di interessi che stride, non poco, con le ultime dichiarazioni del capo della Casa Bianca circa la corruzione nel Paese.

Come riportato non più tardi di un paio di settimane fa dal New York Post, Joe Biden ha incontrato i soci d’affari ucraini, russi e kazaki di suo figlio a una cena a Washington, Dc, mentre era vicepresidente. La conferma arriva dal laptop che Hunter Biden abbandonato in un negozio di computer nel Delaware, ora in possesso dell’Fbi. La cena, tenutasi il 16 aprile 2015, si è svolta nella “Garden Room” privata del Café Milano, Georgetown, dove si riuniscono gli uomini più potenti del mondo. Il giorno successivo, Hunter ha ricevuto un’e-mail da Vadym Pozharskyi, un dirigente della compagnia energetica ucraina Burisma, per ringraziarlo di averlo presentato a suo padre. “Caro Hunter, grazie per avermi invitato a Washington e avermi dato l’opportunità di incontrare tuo padre e di aver trascorso  un po’ di tempo insieme”, scrive Pozharskyi il 17 aprile 2015. Va tenuto conto che all’epoca Burisma pagava Hunter Biden 83 mila dollari al mese per il suo posto nel consiglio d’amministrazione. Prima del 2014 e di EuroMaidan, Hunter Biden non aveva alcun collegamento né con Kiev né alcuna competenza nell’ambito dell’energia e del gas. La lista degli invitati stilata da Hunter tre settimane prima della cena al Café Milano includeva la miliardaria russa Yelena Baturina e suo marito, l’ex sindaco di Mosca Yury Luzhkov, morto nel 2019. Baturina ha trasferito 3,5 milioni di dollari il 14 febbraio 2014 a Rosemont Seneca Thornton LLC, una società di investimento con sede nel Delaware co-fondata da Hunter e Devon Archer, ex consigliere del Segretario di Stato John Kerry.

Il conflitto di interessi

Secondo diversi ex funzionari dell’amministrazione Obama, come spiega il giornalista investigativo John Solomon, il ruolo di Hunter Biden in Burisma, una società ritenuta corrotta dagli Stati Uniti, ha generato un apparente un conflitto di interessi mentre suo padre era vicepresidente e responsabile della politica nel Paese ex sovietico dell’amministrazione Obama. Uno dei funzionari, l’ex funzionario dell’ambasciata di Kiev George Kent, ha scritto in una e-mail e ha testimoniato al Senato l’anno scorso di ritenere che i rapporti dei Biden in Ucraina abbiano compromesso gli sforzi anticorruzione statunitensi nell’ex repubblica sovietica. Nell’ottobre 2015, un altro alto funzionario del Dipartimento di Stato, il consigliere in ambito energetico Amos Hochstein, sollevò queste preoccupazioni direttamente con Joe Biden, così come con Hunter Biden, ma non fu ascoltato. “L’amministrazione Obama sapeva che la posizione di Hunter Biden nel consiglio di amministrazione di Burisma era problematica e interferiva nell’esecuzione efficiente della politica nei confronti dell’Ucraina”, ha concluso un rapporto de dei senatori Ron Johnson e Chuck Grassley.

I documenti del Dipartimento di Stato ottenuti da Just the News ai sensi del Freedom of Information Act hanno anche rivelato che i funzionari dell’amministrazione Obama-Biden hanno riferito due volte di aver scoperto prove che Burisma ha corrotto funzionari ucraini per far chiudere le indagini durante il periodo in cui Hunter Biden ha prestato servizio presso l’azienda. Uno dei pagamenti, stimato in 7 milioni di dollari alla fine del 2014, è stato segnalato all’Fbi.

Così Biden fece licenziare il procuratore che indagava sul figlio

Come già riportato da InsideOver, secondo alcune testimonianze divulgate dalla commissione per la sicurezza nazionale del Senato e riportate dal giornalista investigativo John Solomon su Just the News, Hunter Biden, figlio del candidato dem alla presidenza Joe Biden, insieme ai rappresentanti della società ucraina Burisma Holdings – che aveva assunto Hunter nel 2014 –  si erano assicurati almeno sei incontri di alto livello con alti funzionari dell’amministrazione Obama. Accadde poco prima che l’allora vicepresidente Joe Biden costringesse il procuratore ucraino che indagava sull’azienda produttrice di petrolio e gas, operante sul mercato ucraino dal 2002, a dimettersi. Durante alcuni degli incontri, la società di lobbying con sede a Washington Blue Star Strategies che rappresentava Burisma, ha ripetutamente sollecitato i funzionari statunitensi ad aiutare l’azienda ucraina e convincere il governo di Kiev a porre fine alle accuse di corruzione che a lungo avevano perseguitato la società, che ha nominato Hunter Biden nel suo consiglio d’amministrazione nel 2014.

Nel maggio del 2016, Joe Biden in qualità di uomo di punta designato da Barack Obama per l’Ucraina, volò a Kiev per informare Poroshenko che la garanzia di un prestito ammontante a ben un miliardo di dollari americani era stata approvata per permettere a Kiev di fronteggiare i debiti. Ma si trattava di un aiuto “condizionato”: Se Poroshenko non avesse licenziato il procuratore capo nello stretto giro di sei ore, Biden sarebbe tornato negli Usa e l’Ucraina non avrebbe più avuto alcuna garanzia di prestito. L’Ucraina, in quell’occasione, capitolò senza alcuna resistenza. Il procuratore stava indagando proprio sugli affari della Burisma Holdings, compagnia che aveva collocato nel proprio board operativo il figlio del vicepresidente. Lo stesso Biden si vantò di aver minacciato nel marzo 2016 l’allora presidente ucraino Poroshenko di ritirare un miliardo di dollari in prestiti se quest’ultimo non avesse licenziato il procuratore generale Viktor Shokin che stava indagando proprio su suo figlio Hunter.

FONTE: https://it.insideover.com/politica/ucraina-il-conflitto-di-interessi-di-joe-biden-e-del-figlio-hunter.html

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

Vaccinazioni: un decesso ogni 700 vaccinati in Francia e nel mondo, mostra un’analisi di correlazione.

(fonte: FranceSoir)

Vi proponiamo una esauriente sintesi

Articolo di Civico20News Redazione

Pubblicato in data 16/05/2021

Il 13 maggio 2021, l’ingegnere Philippe Pradat e la tossicologa Véronique Malard hanno scritto ai senatori un’analisi della correlazione tra l’aumento del numero di decessi etichettati covid e l’aumento del numero di vaccinati.

La loro conclusione è semplice: “Per ogni 700 nuove persone vaccinate, ci sarebbe una morte. “Questa analisi di correlazione è stata effettuata prima a livello di Francia, poi replicata a livello di dati in tutto il mondo. I risultati sono identici.

Gli autori della lettera si permettono di concludere: Alla luce di questi fatti è urgente sospendere la vaccinazione e bloccare l’istituzione del passaporto sanitario, che oltre ad essere liberticida sarà inutile, perché i vaccinati sono portatori del virus e della diffusione. “Nota: questa analisi dovrà essere senza dubbio seguita da vicino e seguita nel tempo per completarla e dimostrarne la rilevanza, se ce n’è una.

Le agenzie sanitarie hanno finora attribuito poca o nessuna causa di morte al vaccino tranne in casi “molto rari”, tuttavia le agenzie nazionali norvegese e danese sono state più attente nella loro scelta sospendendo e poi interrompendo il vaccino: Astra Zeneca o Johnson.

Ricordiamo che in India l’autorità di regolamentazione aveva richiesto ulteriori informazioni alla Pfizer per le specificità della popolazione indiana – il laboratorio Pfizer aveva di conseguenza ritirato la sua domanda di commercializzazione.

Negli Stati Uniti sono iniziate le sperimentazioni sui vaccini sui bambini. La posizione della FDA (Federal Drug Administration) è quindi cambiata dalla dichiarazione del suo ex direttore Dr. Stephen Hahn Oncologo e radioterapista che ha detto: “La FDA non autorizzerà o approverà un vaccino che non ci sentiamo di somministrare alle nostre famiglie. A nome degli oltre 17.000 dipendenti della FDA, desidero oggi assumere i seguenti impegni nei confronti del pubblico americano e di questa commissione. La FDA non autorizzerà o approverà alcun vaccino COVID-19 fino a quando non avrà soddisfatto le rigorose aspettative dell’agenzia in termini di sicurezza ed efficacia.

Le decisioni di autorizzare o approvare tali vaccini o terapie saranno prese dal personale dedicato alla carriera della FDA. Le nostre decisioni saranno guidate dai nostri processi di controllo e dalla scienza. La FDA non permetterà a nessuno di fare pressioni per cambiare questa situazione. Combatterò per la scienza, signor presidente. Lotterò per l’integrità dell’agenzia e metterò gli interessi del popolo americano al di sopra di ogni altra cosa.”

Nel dicembre 2020, il dottor Hahn è stato messo sotto pressione dal presidente Trump su Twittter “Tira fuori i vaccini ora, Dr Hahn @SteveFDA”, “Smetti di giocare e inizia a salvare vite !!! Da allora, il suo sostituto, Janet Woodcock, direttore ad interim, ha assunto una posizione completamente diversa: “L’estensione da parte della FDA dell’autorizzazione per l’uso di emergenza del vaccino COVID-19 Pfizer-BioNTech agli adolescenti di età compresa tra 12 e 15 anni è un passo importante la lotta alla pandemia COVID-19 ”.

In Francia, il governo è impegnato in una corsa frenetica alla vaccinazione utilizzando come misura dell’efficacia il rischio relativo (miglioramento del 95%) che è apparentemente importante, ma contestato, perché alcuni, tra cui il professor Raoult, sostengono che questa cifra sarebbe più vicina al 50% o addirittura al 30%. Utilizzando la misura dell’efficacia del rischio assoluto individuale (miglioramento inferiore all’1%), alcuni si chiedono se il paziente prenderebbe la stessa decisione di essere vaccinato vedendo questo numero.

Alcuni degli organismi scientifici francesi si stanno persino prestando alla disinformazione sui vaccini mentre cittadini e medici lavorano per comprendere il vero equilibrio rischio-beneficio mettendo in discussione i rischi reali di questa malattia per coloro che hanno meno di 50 anni. Tutto ciò costituisce la base per la validità del consenso informativo che viene messo in discussione dal dottor Umlil e spiegato nelle sue interviste.

La Francia ha avviato da alcuni mesi un’intensa campagna di vaccinazione contro il Covid e vogliamo avvisarvi degli effetti di questa campagna di vaccinazione. Innanzitutto, va ricordato che gli studi clinici di fase 3 sono in corso e non saranno completati fino al 2022 o addirittura al 2023. La sicurezza dei vaccini Covid non è quindi ad oggi nota.

Per quanto riguarda gli effetti a lungo termine, è impossibile sapere quali potrebbero essere le conseguenze della vaccinazione. Va ricordato che nessun vaccino basato sull’RNA messaggero o sulla costruzione genetica in un adenovirus è mai stato iniettato su larga scala in una popolazione sana. D’altra parte è possibile analizzare i primi risultati delle vaccinazioni già effettuate. 

I rapporti settimanali dell’ANSM (Accueil – ANSM (sante.fr)) identificano gli effetti negativi a breve termine delle vaccinazioni. L’analisi dei dati mostra che si verificano tre decessi ogni 100.000 vaccinazioni, un numero significativamente superiore a quanto osservato in passato per una vaccinazione “intera popolazione”. Inoltre, ad oggi, 31.893 effetti avversi sono stati causati dalla vaccinazione, ovvero 148 / 100.000 vaccinati. Tra questi effetti collaterali, il 25% è dichiarato grave, ovvero 37 su 100.000 vaccinati.

Sapendo che nella popolazione di 0-39 anni ci sono stati 322 decessi dall’inizio della pandemia, ovvero 1 / 100.000 persone (The demography of deaths by COVID-19 – France (ined.fr)), sembra ovvio che è criminale vaccinare il più giovane. In sintesi, il rapporto rischio / beneficio non è assolutamente a favore della vaccinazione.

Il numero di morti covid in Francia è proporzionale al numero di persone vaccinate. Ogni volta che 700 persone vengono vaccinate, un’altra persona muore a causa di Covid. Se vaccinassimo l’80% della popolazione francese (l’obiettivo di raggiungere la cosiddetta immunità collettiva), più di 76.500 morti saranno deplorate. Questa osservazione aiuta a capire perché il numero giornaliero di morti di Covid è rimasto stabile in Francia intorno a 250 / giorno per settimane.

La stessa analisi può essere fatta a livello globale. Alla luce di questi fatti, è urgente sospendere la vaccinazione e bloccare l’istituzione del passaporto sanitario, che oltre ad essere liberticida, sarà inutile, perché i vaccinati sono portatori del virus e lo diffondono.

Colpisce infine la rilettura della dichiarazione del Ministro della Salute del 31/03 al Figaro: Perché il Consiglio di Stato si è appena rifiutato di deconfinare immediatamente le persone vaccinate. I ceppi sudafricani e brasiliani “possono in particolare causare re-infezioni in persone che sono già state infettate da Covid-19, oltre al rischio di fuga del vaccino”, ha detto il ministero. “L’efficacia dei vaccini è solo parziale”, ha aggiunto: “dalla fase di sperimentazione […] non vi era quindi alcuna garanzia di immunità” per i vaccinati.

I vaccini sono anche “meno efficaci” contro le varianti e permangono incertezze sulla protezione offerta dalle dosi contro la trasmissione del virus a terzi. Inoltre, le persone vaccinate “sono anche quelle più esposte a forme gravi e morte”, se il vaccino non funziona o in caso di “reinfezione post-vaccinazione”.

“Le persone vaccinate possono sviluppare forme lievi, o addirittura non essere sintomatiche, e continuare a diffondere il virus”, ha osservato il ministero. Ogni differenziazione sarebbe “prematura”: “non vi è alcuna giustificazione per esentare le persone vaccinate” dalle restrizioni in vigore, ha concluso. Hai letto correttamente…. le persone vaccinate “sono anche quelle più esposte a forme gravi e morte”, se il vaccino non funziona o in caso di “reinfezione post vaccinazione”. E anche “Le persone vaccinate possono ancora diffondere il virus”. Essere vaccinati presenta dei pericoli, è lo stesso ministro che lo dichiara …

Possiamo dunque chiederci quale sia la motivazione dell’andare per continuare questa campagna mortale in modo implacabile. La tessera sanitaria che consente alle persone vaccinate di andare ovunque senza vincoli è pericolosa e va sospesa con urgenza. È oltraggioso immaginare che così tanti giovani sani andranno a farsi vaccinare per poter andare ai concerti o assistere a un evento sportivo. Infine, per salvare vite umane, potrebbero essere utilizzati trattamenti molto efficaci e non tossici.

Autori: Philippe Pradat e Véronique Malard, per FranceSoir

FONTE: https://www.civico20news.it/mobile/articolo.php?id=41415&fbclid=IwAR0ajQ-dKRmNy06TJjCHdO7TCNb_gvC_QUCcBwa0taAarP4qzpwtrcTUTi8

 

 

 

STORIA

Olivetti spiato dalla Cia

Lisa Stanton 10 12 2019

Le recenti scoperte nel campo dell’informatica ci proietteranno in un nuovo capitolo della storia umana in cui verrà ridefinito il rapporto tra uomo e macchina, ma tutto ciò è stato possibile grazie a un’azienda italiana: la Olivetti.

Camillo Olivetti fondò la società con 220mila ₤ assumendo 4 ragazzi inesperti a cui insegnò tutto. Nel ’32 subentrò il figlio Adriano, sotto la cui guida fu prodotta tra le altre la Divisumma 14, prima calcolatrice stampante al mondo in grado di eseguire le 4 operazioni.

Ma fu grazie all’incontro con Enrico Fermi che si convinse a puntare sui calcolatori elettronici. Così nel 1959 un gruppo diretto da Mario Tchou creò l’Elea 9003, il primo calcolatore completamente a transistor e primo esempio di multitasking della storia. In Olivetti la cultura del prodotto andava oltre la semplice estetica, ogni design dell’oggetto, architettura di una fabbrica, arredo di un negozio, grafica di un poster, erano un mezzo per comunicare i valori dell’azienda.

Lo “stile Olivetti” fu riconosciuto in tutto il mondo, per Adriano la fabbrica doveva essere il motore di tutto il territorio, doveva pensare alle esigenze della comunità. Egli infatti costruì scuole, asili, biblioteche e molto altro. Vigeva inoltre una regola: nessun manager doveva guadagnare più di 10 volte il salario minimo dell’operaio.

Così quella che era una piccola azienda di Ivrea diventò nel giro di pochi decenni un colosso industriale internazionale con più di 50mila dipendenti, in grado di sfidare e vincere con aziende come IBM per la supremazia tecnologica.

E forse fu proprio questo il motivo della sua fine: nel 1960 Adriano Olivetti morì per un infarto e l’anno successivo, in uno strano incidente stradale, perse la vita Mario Tchou. L’azienda fu così privata della sua guida illuminata

https://youtube.com/watch?v=QQqrJLk2YQY

Altre coincidenze fanno sorgere dubbi sulla casualità di questi eventi.

La successiva crisi aziendale portò ad un salvataggio da parte di una cordata italiana (Fiat, Mediobanca, Pirelli e altri), che svendette l’intero reparto informatico a General Electrics. Ciò bloccò per sempre la speranza di avere un piano industriale informatico per l’Italia. In quegli stessi anni un gruppo guidato da Pier Giorgio Perotti lavorava a un’idea pionieristica: ripensare i computer (all’epoca grandi quanto stanze) per creare un oggetto da scrivania. Però con la vendita a GE, che non era interessata, il progetto era in pericolo. Cambiando la classificazione da “computer” a “calcolatrice” (escluse dalla trattativa) gli si diede il tempo di concluderlo. Grazie a soluzioni per l’epoca rivoluzionarie, nel 1965 nacque il primo PC della storia. Venne presentato alla fiera NY World’s Fair e il successo fu clamoroso: la NASA ne comprò una decina e le usò per calcolare le manovre dell’allunaggio, l’NBC per prevedere il risultato delle elezioni e l’esercito USA per le operazioni in Vietnam.

Purtroppo, a causa della miopia dei vertici, l’Olivetti non puntò su quel mercato e, nonostante avesse continuato a produrre validi prodotti, la Programma 101 parve essere il canto del cigno dell’azienda. 

https://it.wikipedia.org/wiki/Olivetti_Programma_101

Nel 78 divenne presidente Carlo De Benedetti, in pochi anni perdettero il lavoro decine di migliaia di persone e fu distrutto un intero distretto produttivo. Ma quello che la visione di Olivetti ha affermato è che il profitto non deve essere l’obiettivo principale di un’azienda, al contrario essa ha una responsabilità sociale: un valore che oggi più che mai, nel mondo ultracapitalista in cui viviamo, dovremmo riscoprire.

FONTE: https://www.facebook.com/lisa.stanton111

 

 

 

Così iniziò il grande dramma degli italiani

Vogliamo raccontare gli orrori di Tito a Goli Otok, l’isola a due passi dall’Italia dove il maresciallo Tito imprigionò 30mila oppositori, tra cui centinaia di italiani. Vogliamo farlo attraverso lo sguardo del fotografo tre volte vincitore del World Press Photo, Ivo Saglietti, e le parole di Matteo Carnieletto, responsabile di InsideOver.
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«Gli esuli, schiacciati dalla persecuzione, compresero che sotto quel regime terroristico non sussistevano le possibilità di vivere né da italiani, né da cristiani, né semplicemente da uomini. L’esodo costituì un autentico, terribile plebiscito». Così si esprime, il 4 novembre 1964, l’istriano Gianni Bartoli, sindaco di Trieste, restituita alla madre Patria solamente dieci anni prima, dopo le dolorose mutilazioni territoriali della Seconda guerra mondiale. Parole dettate dal cuore e dal ricordo della triste e silenziosa fuga di oltre 300.000 connazionali dall’Istria e dalla Dalmazia che, dopo il 1945, vengono costretti ad abbandonare la loro terra occupata dai reparti partigiani jugoslavi del maresciallo Josip Broz Tito, per rifugiarsi in Italia o emigrare all’estero. Una brutta pagina della storia del nostro Paese, per alcuni versi ancora aperta, ma a lungo ignorata o sottovalutata. Dopo settantacinque anni è lecito chiedersi: come mai centinaia di migliaia di persone decisero di “votare con i piedi”, pur di scegliere l’Italia?
Qual è stato il destino di questa massa di profughi e delle loro terre e cosa accade oggi in Istria e Dalmazia?

(…)

Dal 1945 al ‘49 si registra il flusso maggiore, ma i profughi continuano ad arrivare in Italia fino ai primi anni Cinquanta e oltre. Gli esuli censiti nel ‘58 sono 201.440 e, secondo padre Flaminio Rocchi, autore di un’opera monumentale sulla pagina strappata della storia d’Italia, altri 50mila muoiono per malattia o vecchiaia senza essere stati registrati, oppure si sono reinseriti autonomamente nella madre Patria. In ottantamila hanno scelto la via dell’esilio all’estero e 15mila sono esodati dopo il ‘58. Nell’immediato dopoguerra da Fiume fuggono 54mila italiani, da Pola 32mila, da Zara 20mila, da Capodistria 14mila. Gli esuli giunti in Italia vengono ospitati in 109 campi profughi. Dalle baracche sul Carso, l’altopiano che sovrasta Trieste, alle vecchie scuole della Sicilia, passando per le caserme di Torino e le ex colonie marine di Bari almeno 300mila istriani e dalmati vengono volutamente dispersi, perché le autorità li considerano pericolosi. «Volevano addirittura le impronte digitali – ricorda il francescano Rocchi testimone del dramma dell’esodo – Il nostro governo scambiava un sentimento forte di italianità che ci aveva portato a rifiutare la Jugoslavia e i suoi metodi con nazionalismo di marca fascista. Fu un brutto equivoco».

A tal punto che il piroscafo Toscana, zeppo di esuli istriani, viene accolto a Venezia dal dileggio dei comunisti locali, che non credono alle foibe e al regime del terrore instaurato dal “compagno” Tito. Sul piano internazionale le cose non vanno meglio, nonostante gli jugoslavi siano stati costretti a lasciare Trieste il 12 giugno 1945 per lasciare posto alle truppe angloamericane, che hanno costituito il Governo militare alleato. Tre giorni prima il generale F. E. Morgan, capo di stato maggiore del quartier generale alleato per il Mediterraneo di Harold Alexander, si è accordato a Belgrado con gli uomini di Tito stabilendo due zone di provvisoria amministrazione. La Zona A che comprende Muggia, Trieste e il litorale fino a Monfalcone, sotto controllo alleato, e la Zona B che si estende dal fiume Quieto fino a Capodistria e Buie, sotto controllo jugoslavo. L’importante porto di Pola passa agli alleati e così avrebbe dovuto accadere per le città italiane della costa, ma non avverrà mai. Alle ore 11 del 10 febbraio del 1947, il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, firma il trattato di pace di Parigi che toglie definitivamente all’Italia quasi tutta l’Istria, Fiume e Zara. La Zona B, assieme alla Zona A, vanno a formare il Territorio libero di Trieste, anche se Tito continua a reclamare tutto, compreso il capoluogo giuliano. Il 20 marzo del ‘48, Francia, Inghilterra e Stati Uniti propongono il ritorno della Zona B all’Italia e accusano la Jugoslavia di non «garantire la tutela ed il rispetto dei fondamentali interessi del popolo del Territorio libero». Questa importante dichiarazione tripartita, che riaccende le speranze degli istriani, perde peso con lo strappo di Tito da Stalin e il segreto avvicinamento degli alleati a Belgrado in funzione anti sovietica. L’8 ottobre 1953, Inghilterra e Stati Uniti annunciano l’intenzione di lasciare la Zona A.

Un anno più tardi, il Memorandum di Londra sancisce: «In vista del fatto che è stata constatata l’impossibilità di tradurre in atto le clausole del trattato di pace con l’Italia relative al Territorio libero di Trieste, gli angloamericani si ritirano. I governi italiano e jugoslavo estenderanno immediatamente la loro amministrazione civile sulla zona per la quale avranno la responsabilità». Ovvero l’Italia riacquista Trieste e Tito si impossessa della Zona B. 13 Verità infoibate. Le vittime, i carnefici, i silenzi della politica La perdita definitiva di quest’ultimo lembo d’Istria viene siglata alle 18.30 del 10 novembre 1975, a Osimo, uno sconosciuto paese delle Marche. Il ministro degli Esteri italiano, Mariano Rumor, firma il trattato che chiude le questioni territoriali con Belgrado assieme a Milos Minic, vice primo ministro jugoslavo. Con pochi colpi di penna, dal ‘47 a Osimo, sono andati perduti 219 città e paesi ita- liani e di un territorio di quasi 10.000 chilometri quadrati, che si estende fino al Carnaro e a Zara, sono rimaste all’Italia solo Gorizia e Trieste con un retroterra di 695,70 chilometri quadrati. Profetiche si sono rivelate le parole del parlamentare triestino Fausto Pecorari, già internato a Dachau dai nazisti che, intervenendo in aula contro la “pace ingiusta” del 1947 dichiarava: «Con questo trattato la civiltà italiana della sponda orientale dell’Adriatico sparirà, come è sparita in Dalmazia».

FONTE: https://it.insideover.com/storia-2/cosi-inizio-il-grande-dramma-degli-italiani.html

 

 

 

Quell’asse “segreto” che ha fatto 14 milioni di morti

In “Terre di sangue” Timothy Snyder parla di come nazismo e stalinismo furono di fatto complici nel tentativo di annientare il pluralismo etnico, sociale e culturale dell’Europa orientale. Provocando 14 milioni di morti

Quei 14 milioni di morti che hanno sconvolto l'Europa

Quella tra russi e tedeschi è ben più della relazione tra due popoli. Si tratta di un rapporto che ha plasmato la storia d’Europa. Riorientandone l’asse verso il centro e l’Est, aggiungendo al mondo mediterraneo e allo spazio “carolingio” anche le distese oltre l’Oder e il Neisse, verso gli sconfinati spazi della Russia europea. Potenza catapultata tra il XVI e il XVII come protagonista dei consessi europei. Divisa dalla Prussia prima e dalla Germania poi da una relazione complessa. Un Giano bifronte, potremmo dire.

Per dirla con il professor Salvatore Santangelo, attento studioso delle relazioni tra Mosca e Berlino, il rapporto russo-tedesco può essere letto in diversi “tra i Paesi europei, la Russia non ha avuto rapporti altrettanto intensi quanto quello costruito con la Germania. Un rapporto fatto anche di tragedie e orrori, che hanno avuto il proprio culmine nella Seconda guerra mondiale“, in cui lo scontro ideologico tra il nazionalsocialismo e il comunismo stalinista aggiunse combustibile a una rivalità geopolitica giunta al punto di rottura, di non ritorno. Per il dilagare delle ambizioni del Terzo Reich e dell’Unione Sovietica sull’area che divideva, e divide tuttora, Germania e Russia. Al vasto spazio tra i russi e i tedeschi che i due popoli, a lungo imperiali, hanno più volte messo nel mirino e si sono contese. Fino a trasformarle, per usare l’espressione che dà il nome a un omonimo libro di Timothy Snyder, nelle “terre di sangue”.

Terre di sangue. L’Europa nella morsa di Hitler e Stalin analizza nel profondo la storia di aree d’Europa come la Polonia, l’Ucraina, i Paesi baltici nel periodo che dalla fase interbellica arriva fino al pieno del secondo conflitto mondiale. Caricato di una tremenda connotazione di guerra d’annientamento il 22 giugno 1941, giorno del tradimento tedesco del Patto Molotov-Ribbentrop di non aggressione siglato nel 1939 che sancì l’inizio dell’invasione dell’Unione Sovietica. E trascinò, per mezzo delle battaglie combattute sul campo, delle persecuzioni e dell’orrore dell’Olocausto, in una spirale di violenze senza fine le aree contese tra le due potenze totalitarie. Ma dal 1933 al 1945 la lista delle persecuzioni che investirono le “terre di sangue” fu in continuo aggiornamento: la carestia deliberatamente provocata da Stalin nei primi anni Trenta in Ucraina. Il Grande Terrore tra il ’37 e il ’38. La mortale aggressione tedesco-sovietica alle classi colte polacche tra ’39 e ’41. I tre milioni di prigionieri sovietici lasciati morire di fame dai tedeschi. Le centinaia di migliaia di civili uccisi nelle rappresaglie naziste. Infine il dramma più grande, l’Olocausto e, sul finire della guerra, la persecuzione contro i tedeschi dell’Est.

Snyder costruisce un racconto storiografico ben ordinato partendo da dei presupposti fondamentali: accerta che sia l’Unione Sovietica staliniana che la Germania nazista furono responsabili dell’annientamento di milioni di vite umane in territori che si contesero militarmente e che nell’ambizione dei due dittatori, Adolf Hitler e Josif Stalin, dovevano risultare strategici nella competizione bilaterale. Hitler sognava il trionfo della Germania ariana, l’annientamento degli ebrei dell’Est Europa, la trasformazione della Polonia, dell’Ucraina, della Russia europee in dipendenze dominate dai soldati-agricoltori mandati a colonizzarle, la sottomissione degli slavi. Aggiungendo connotati ideologici e razzisti alla chiara dottrina geopolitica interpretata da studiosi come Karl Hausofer, che immaginava per la Germania un ruolo centrale come impero continentale. L’Unione Sovietica staliniana intendeva invece assimilare al regime socialista le terre che più di tutte avevano mostrato riottosità all’omologazione sotto il nuovo ordine bolscevico.

L’autore evidenzia come sia il Reich che l’Urss siano stati di fatto complici in un progetto che, per fini diversi, mirava però a annullare ogni identità culturale, politica e sociale dei Paesi delle “terre di sangue”, non a caso spartiti brutalmente da Molotov e Ribbentrop nel patto del 1939 rotto da Hitler due anni dopo. Ed è impressionante constatare come i morti complessivi dell’Olocausto, 6 milioni, non corrispondano che a meno della metà delle persone uccise dai due regimi nei territori in questione tra il 1933 e il 1945: 14 milioni. Deportazioni di massa, carestie indotte (come il tragico Holodomor ucraino indotto dal regime staliniano), esecuzioni sommarie, repressioni, stupri, incendi, pogrom: le metodologie di massacro conobbero una crudele ed eterogenea variabilità, ed è spesso trascurata dalla storiografia l’attestazione del fatto che il numero di morti civili per queste cause diverse tra loro fu sopravanzato per un breve periodo soltanto (1944-1945) da quelli nei campi di sterminio nazisti. In larga parte posizionati nel cuore delle “terre di sangue”: Auschwitz, Treblinka, Belzec e altri luoghi dell’orrore.

Non uno solo di quei quattordici milioni di morti era un soldato in servizio effettivo“, nota Snyder. “La maggior parte era costituita da donne, bambini e anziani. Principalmente ebrei, bielorussi, ucraini, polacchi, russi e baltici“. Molti di loro deceduti dopo aver subito persecuzioni da entrambi i regimi. Per l’autore “in quelle terre ebbe luogo la più grande calamità nella storia d’Europa” e fu sul lungo periodo inevitabile il fatto che “le vittime non poterono fare a meno di paragonare i due regimi. Penso a Vasilij Grossman, scrittore sovietico nato in Ucraina da famiglia ebrea. Egli assistette alla carestia lucidamente indotta da Stalin in Ucraina, e più tardi perse sua madre nell’Olocausto nazista, sempre in Ucraina. Gli venne naturale paragonare i due terribili eventi. Così fu per moltissimi ebrei, e così per moltissimi ucraini“. Vittime di una persecuzione continua, stritolate nel redde rationem di un dualismo secolare, nel pieno del lungo suicidio dell’Europa rappresentato dalle due guerre mondiali. Un’ondata di dolore che ha rimesso in moto con profondo dinamismo la storia di queste terre dopo la fine della guerra e i lunghi anni di dominazione comunista.

La memoria del dolore plasma oggigiorno la visione di nazioni come l’odierna Polonia, diffidente tanto di Mosca quanto di Berlino, identitaria e intenta a riscoprire nelle sue radici cristiane la forza vivificatrice per la ricostruzione del suo futuro. Una via già indicata in passato da Giovanni Paolo II, tra i tanti uomini sopravvissuti nonostante il faccia a faccia con entrambi i totalitarismi. Che, in fin dei conti, piuttosto che annientare i popoli delle “terre di sangue” li hanno, in ultima istanza, resi più coesi e resistenti. La disfatta del totalitarismo sta proprio nel fatto che nell’Europa di oggi continui a esistere il prezioso pluralismo etnico, religioso, politico, culturale che Hitler e Stalin volevano cinicamente negare.

FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/cultura/terre-sangue-schiacciate-hitler-e-stalin-1953896.html

 

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