RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 10 MAGGIO 2023

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RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 10 MAGGIO 2023

 

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

L’Infinito è per noi moderni il sostituto del Dio antropomorfo?

ANDREA EMO, Aforismi per vivere, Mimesis, 2007, pag. 117

 

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SOMMARIO

INTELLIGENZA ARTIFICIALE E PARADISO ELETTRICO
Nuova incredibile censura di Facebook contro il Premio Pulitzer Seymour Hersh
La dichiarazione (censurata) di Seymour Hersh sul ‘mercato nero’ delle armi all’Ucraina
Nashville, strage in una scuola cristiana: 28enne trans uccide 6 persone. Tre sono bambini
Net Zero: sbugiardato lo sciamano climatico di Biden
Gates pianificò la censura sui social dei sostenitori della sicurezza dei vaccini
UN DIO MACCHINA PER DISTRUGGERCI
Pillola anticoncezionale gratis
Italiani come merce da turismo
PARLIAMO DI DECAPITAZIONI. MA PER MANO INGLESE 
E-mail trapelate di Hillary Clinton rivelano che la NATO ha ucciso Gheddafi per fermare la moneta aurea africana
Ucraina e Nato paradisi di bugie
La famosa contro-offensiva ucraina…
Sudan, dramma senza fine: raddoppiano gli sfollati, ora sono 700mila
UN FEMORE GUARITO
Il sistema del Credito Sociale Cinese (o YellowPass).
La verità sta uscendo dappertutto: cosa suggerisce l’intelligenza artificiale ?
Alle radici sovraeconomiche del problema economico
Infografica – Sanzioni dell’UE in risposta all’invasione russa dell’Ucraina
Il mancato crollo dell’economia russa dopo un anno di guerra e sanzioni
Le politiche deflazionistiche
SPY FINANZA/ La valanga alle porte di Europa e Italia (nel silenzio dei media)
Banche: la sentenza che restituisce le case all’asta a tutti i debitori
Su ordine USA la Meloni esce dalla Via della Seta
Re Carlo guida il Grand Reset
INUTILE. L’AMERIKA NON CAMBIA MAI
L’Intelligenza Artificiale, continuazione del percorso di astrazione della razionalità dal mondo della vita

 

 

 

EDITORIALE

INTELLIGENZA ARTIFICIALE E PARADISO ELETTRICO

di Manlio Lo Presti (scrittore esperto di sistemi finanziari)

Anche nel caso delle argomentazioni sulla Intelligenza artificiale assistiamo al ripetersi della diffusione informativa a grappolo. La ripetitività “promozionale” è simile all’azione del lanciamissili “Katiusha”, attuata per le informazioni martellanti dello “psychovairuss”.
Vengono lanciate opinioni diverse e contrastanti perché il dibattito sembri democratico.
Come per lo “psychovairuss”, abbondano posizioni fideistiche che indicano ed evocano palingenesi rimodellate e vagheggiate da intellettuali futuribili come Harari, gli adepti della Scuola Straussiana, i tecnocrati alla Musk, Gates, Schwab. Costoro sono tutti figli delle teorie di Jacques Attali, padre putativo e mentore della scalpitante tecnocrazia francese risalente principalmente a Duverger e Meynaud. Tutti teorici della gestione di masse che si muovono bovinamente e da disboscare con l’utilizzo seminascosto di procedure malthusiane contro i vecchi, i malati, i bambini i dissenzienti. Insomma, tutti coloro che non producono attivamente; da sostituire progressivamente da dispositivi tecnomeccanici e robotici.
All’interno di questo scenario animato e promosso da “purificatori” eugenetici” e dai produttivi irrompe “casualmente” la cosiddetta “intelligenza artificiale “. Una scoperta che deresponsabilizza i decisori di provvedimenti impopolari perché “ce-lo-dice-l’AI”. Non ci ricorda l’acronimo T.I.N.A (There Is No Alternative) utilizzato dalla infernale sequenza di governi tecnici nella “direzione-dominio della ex-italia” quando dovevano irrogarci dall’alto il sacro siero, sotto la occhiuta vigilanza del pennuto generalissimo di terra, di mare e di aria?
Sarebbe opportuno ricordare che lo stesso metodo venne adottato con l’imposizione ossessiva della teologia verde ecologista con le treccine, dove l’uomo bianco è colpevole di tutto, anche del riscaldamento provocato dall’attività accelerata del sole.
Oggi abbiamo i gruppi di discussione infestati da “dibbbattiti” sulla AI grazie alle abilità di agenti provocatori presenti in tutti i canali e in tutti i gruppi di discussione. Tutti!
Alla AI vengono attribuite mirabolanti facoltà taumaturgiche nella medicina a distanza, come avveniva nella Francia medievale dove il re imponeva sulle scrofole, ascessi maleodoranti, pustole purulente e ferite varie l’enorme volume miniato della Bibbia che faceva guarire all’istante. La medicina AI sarà destinata, ovviamente agli umani “povery” che costituiscono soprattutto un costo da ridurre drasticamente.
Un certo Marshall McLuhan, che di comunicazione se intendeva, affermava che, più uno strumento tecnologico appare efficace più da “mezzo” si trasforma in “fine”.
Tutto ciò premesso per suggerire di trattare l’ennesimo tema catartico AI con un certo distacco, ricordando ciò che è avvenuto in vari tempi storici con altre palingenesi cadute nel dimenticatoio. Evitiamo inoltre di farne uno strumento si scarico di responsabilità morale, che resti interamente sui Soloni che ne stanno tessendo lodi miracolistiche. Non crediamoci troppo per non esserne disillusi…

Riflettiamo!

FONTE: https://www.lapekoranera.it/2023/04/11/intelligenza-artificiale-e-paradiso-elettrico/

 

 

 

IN EVIDENZA

Nuova incredibile censura di Facebook contro il Premio Pulitzer Seymour Hersh

20 04 2023

Nuova incredibile censura di Facebook contro il Premio Pulitzer Seymour Hersh

I deliri di censura contro Seymour Hersh non colpiscono solo l’Italia. E’ noto come la testata giornalistica Open abbia il potere di censurare giornali a lei concorrenti come l’AntiDiplomatico, impedendo di pubblicare su Facebook le scoperte della sua inchiesta sull’atto di terrorismo contro il Nord Stream.

Ma non solo in Italia. Il giornalista Michael Shellenberger ha postato su Twitter il video incredibile della censura di Facebook contro Hersh in cui è personalmente incorso.

Il lavoro di Hersh è etichettato sul social USA come “falsa informazione”, sottolineando che la decisione è stata “verificata da fact checker indipendenti”.

In Italia è stata Open a censurare. Ora si è scelto di attivare un controllo unico “norvegese”. Secondo Shellenberger, “Hersh è infinitamente più indipendente del fact-checker norvegesi di Facebook”, poiché “l’organizzazione di fact-checking è una partnership con una società di media di proprietà del governo norvegese, NRK, che ha un interesse diretto nella censura della storia “.

La censura di Facebook contro l’inchiesta di Hersh sul coinvolgimento degli Stati Uniti nel sabotaggio dei Nord Stream serve a limitare il numero di persone a cui possa arrivare attraverso i blocchi automatici dell’algoritmo. “Forse Hersh ha torto o forse ha ragione. In ogni caso, non spetta a Facebook decidere”, ha scritto Shellenberger, citando l’ex COO di Meta Sheryl Sandberg, che in un’intervista ha affermato di non credere che Facebook possa diventare “l’arbitro di verità”. “Eppure, è quello che stanno facendo”, conclude correttamente il giornalista americano.

Scrivevamo a proposito della censura di Open: “Qui non si discute se il signor Puente possa scrivere questa sua azzardata e avventuristica opinione sugli attacchi terroristici contro i gasdotti russi Nord Stream e sul lavoro di Hersh. Non vorremmo mai vivere in un paese che permettesse a qualcuno di fare quello che a lui è permesso, qui in Italia, grazie a Facebook. Ha tutto il diritto di commentare l’inchiesta del Premio Pulitzer, il signor Puente, come un calciatore di terza categoria ha la facoltà di commentare un gesto tecnico di Messi. Questo finché al primo non gli si dia il potere di impedire al secondo di scendere in campo.”

Vale anche per i factchecker norvegesi…

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-nuova_incredibile_censura_di_facebook_contro_il_premio_pulitzer_seymour_hersh/8_49428/

 

 

 

La dichiarazione (censurata) di Seymour Hersh sul ‘mercato nero’ delle armi all’Ucraina

24 04 2023

La dichiarazione (censurata) di Seymour Hersh sul 'mercato nero' delle armi all'Ucraina

L’Occidente sa che le armi fornite all’esercito ucraino si stanno diffondendo sul mercato nero, ma i media tacciono al riguardo, ha rivelato il famoso giornalista statunitense Seymour Hersh.

In una nuova intervista con Afshin Rattanzi, conduttore di “Going Underground” di RT, il vincitore del Premio Pulitzer ha affermato che all’inizio dell’operazione militare russa, alcuni paesi europei sono stati “inondati” di armi fornite dagli Stati Uniti all’Ucraina.

“Non ho scritto di questo mercato oscuro o nero, non so come lo chiamano, ma ne ho sentito parlare. In una fase iniziale [del conflitto], Polonia, Romania e altri paesi di confine sono stati inondati di armi fornito da noi all’Ucraina per la guerra”, ha dichiarato Hersh. “In altre parole, vari comandanti, non so a che livello, spesso non generali ma colonnelli e altri, ricevevano carichi di armi e li rivendevano personalmente o li mandavano al mercato nero”, ha aggiunto.

Secondo Hersh, le preoccupazioni per la rivendita anche di sistemi di difesa aerea portatili in grado di abbattere aerei ad alta quota non sono sorte in Occidente fino a mesi dopo l’inizio delle ostilità. “C’era grande preoccupazione per questo. Circa sei mesi fa, forse prima, la CBS ha pubblicato una storia che poi è stata ritirata”, ha rivelato il giornalista.

La CIA ha rimproverato Zelensky

Non solo in Occidente sono state sollevate preoccupazioni circa l’ubicazione delle armi fornite all’Ucraina. Anche la spesa irregolare di colossali aiuti in denaro da parte di alti funzionari ucraini è stata un argomento di contesa tra Kiev e Washington.

Hersh osserva che il capo della CIA William Burns ha rimproverato il presidente ucraino Vladimir Zelensky per il fatto che i funzionari e i generali ucraini “intascano troppo”.

Secondo il giornalista, gli americani hanno fornito a Zelensky una lista di 35 persone implicate in casi di corruzione. Dieci di loro sono già stati licenziati.

“Il messaggio principale che volevano trasmettere a Zelensky era questo: i funzionari e i generali [statunitensi] si stanno arrabbiando molto perché intaschi troppo, ti prendi una parte più grande per te stesso”, ha detto Hersh, osservando che la corruzione nel governo ucraino è “semplicemente scandalosa”.

“Il New York Times è diventato completamente pro-Biden”

Durante l’intervista, Hersh si è scagliato contro il New York Times per la sua posizione filogovernativa e per il modo in cui ha aiutato l’FBI a rintracciare Jack Teixeira, il sospettato di aver fatto trapelare informazioni riservate del Pentagono sul conflitto ucraino.

Il noto giornalista ha ricordato di aver lavorato per molti anni nel suddetto mezzo e di aver “vinto molti premi”, in un momento in cui il giornale proteggeva molto meglio le sue fonti. “In una delle storie più importanti che ho scritto [nel 1974] sullo spionaggio della CIA sui cittadini statunitensi, nessuno è stato nominato”, ha sottolineato.

Ha anche sottolineato che il New York Times si è dimostrato del tutto “pro-Biden”, dal momento che non critica affatto il presidente Usa. Hersh ha lamentato che, insieme ad altri importanti media, il giornale non ha riportato il suo recente articolo, che incolpa l’amministrazione Biden per le esplosioni ai gasdotti Nord Stream nel Mar Baltico lo scorso settembre.

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-la_dichiarazione_censurata_di_seymour_hersh_sul_mercato_nero_delle_armi_allucraina/45289_49461/

Nashville, strage in una scuola cristiana: 28enne trans uccide 6 persone. Tre sono bambini

Roma, 28 mar — Ha un nome, un cognome e anche un’identità di genere la killer che ieri a Nashville si è introdotta in una scuola elementare uccidendo a colpi di arma da fuoco tre adulti e tre bambini di nove anni: l’autrice della strage è Audrey Hale, una ragazza di 28 anni che sui social si identificava come trans utilizzando i pronomi maschili (he-him). 

Nashville, identificata la killer: è una trans che frequentava l’istituto

La sparatoria è avvenuta in un piccolo istituto privato cristiano di Nashville, la «Covenant School» di  dove Hale aveva studiato nell’infanzia. I filmati delle telecamere di sicurezza hanno immortalato la 28enne nell’atto di fare irruzione nell’edificio sparando contro una delle porte d’ingresso, privo di guardie armate. Audrey ha messo in atto il suo piano in modo incredibilmente rapido, come in un’operazione militare. La polizia ha ricevuto l’allarme poco dopo le 10 del mattino: una volta sul posto, gli agenti in tenuta antisommossa hanno udito degli spari al secondo piano. Lì, in un atrio fuori dalle classi, hanno trovato Hale armata di due fucili d’assalto (regolarmente detenuti) e una pistola, e hanno fatto fuoco contro di lei, uccidendola alle 10:27.

Nel giro di 14 minuti la donna ha ucciso tre bimbi: Evelyn Dieckhaus, Hallie Scruggs e William Kinney, e tre adulti: Katherine Koonce, 60 anni, dirigente dell’istituto; Mike Hill, 61 anni, custode; e una insegnante supplente, Cynthia Peak, 61 anni.

Operazione quasi militare

Nel corso della conferenza stampa la polizia ha riferito che Hale, che si guadagnava da vivere come illustratrice e graphic designer, aveva frequentato la scuola nella sua infanzia. Nel corso della perquisizione della sua Honda Fit parcheggiata vicino al luogo della strage gli agenti avrebbero rinvenuto mappe dettagliate della scuola e un «manifesto» e altri scritti. «Abbiamo un manifesto, abbiamo alcuni scritti che stiamo esaminando», ha riferito il capo della polizia metropolitana di Nashville John Drake. Ha aggiunto che Hale era «pronta a fare più danni di quanto non abbia effettivamente fatto» e che aveva elaborato piani per attaccare un’altra scuola della zona, ma aveva dirottato i propri obiettivi sulla Covenant in quanto sprovvista di servizio di sicurezza armato.

Pronomi maschili

Hale si identificava come donna transgender, ma «era biologicamente donna e sui profili social si identificava usando pronomi maschili». L’ultima traccia sui social l’aveva lasciata sull’account TikTok iam_aiden10 in un video che mostrava un’ombra nell’atto di far rimbalzare un pallone da basket, un apparente tributo a un amico che era morto. «Per Syd. Alzo lo sguardo il cielo è luminoso. È una bella giornata. Vorrei che tu fossi qui…», queste le inquietanti parole a corredo del filmato. Alla domanda di un giornalista se l’identità di genere di Hale potrebbe costituire un fattore del movente, le autorità hanno risposto che stanno indagando ma il capo della polizia ha confermato alla tv Nbc che Hale nutriva «risentimento nei confronti della scuola».

Leggi anche: Abusi e pedofilia dietro il paravento del gender: 122 casi di “trans” stupratori

Cristina Gauri

FONTE: https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/nashville-strage-scuola-cristiana-trans-uccide-bambini-258931/

Net Zero: sbugiardato lo sciamano climatico di Biden

Inaspettatamente la grade presa per i fondelli delle politiche climatiche è esploso a Washington, quando nel corso di  un’audizione della sottocommissione per gli stanziamenti del Senato Usa,  il vice segretario all’energia di Biden, David Turk  ha confermato che per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050 non solo occorreranno spese superiori ai 5o trilioni di dollari, ma non è stato in grado di rispondere a una semplice e cruciale domanda mossagli dal senatore John Kennedy ( nessuna parentela con il clan di JFK): anche supponendo di poter arrivare a questa mitica neutralità quale sarebbe la diminuzione di temperatura  correlata?  Turk  che si potrebbe definire un  venditore ambulante di patacche climatiche ha tentato di eludere la domanda che tuttavia gli è stata posta più volte in modo stringente  fino a che non ha dovuto ammettere di non averne la più pallida idea. E dando la netta impressione che Net Zero potrebbe avere Effetto Zero.

In realtà  sarebbe davvero impossibile poter dare una risposta dal momento che la correlazione tra riscaldamento climatico e Co2 rimane una mera ipotesi, peraltro piuttosto remota e incerta visto che anche in presenza di un aumento continuo della presenza in atmosfera di questo gas, il riscaldamento è stato abbastanza altalenante, con almeno un ventennio di stasi termica. Oltre a ciò è abbastanza difficile calcolare l’effettivo aumento delle temperature in generale  perché le stazioni meteo  terrestri sono progressivamente influenzate dalla crescita delle aree urbanizzate e dei loro “cuscini” di calore, spesso non  inviano dati che sono – con scelta inqualificabile dal punto di vista scientifico – sostituiti da “stime” e infine utilizzano i termometri elettronici in modo del tutto improprio. Se si estrapolano i dati “stimati” e si utilizzano solo quelli reale gli aumenti di temperatura sono molto più contenuti.  Infine anche i dati satellitari risentono non solo del numero di satelliti destinati a questo compito , ma anche dell’evoluzione tecnologica di questi mezzi dagli anni ’80 ad oggi :  quindi si susseguono ” aggiustamenti” con criteri che puntano tutto verso l’alto, operati da quegli stessi centri tecnico –  burocratici che poi diffondono il catastrofismo.

In realtà non sappiamo  davvero pochissimo sul clima e non conosciamo per quali ragioni vi siano  periodi di clima caldo o di clima glaciale, ma dalle ricerche paleo climatiche appare chiaro che la Co2 non senbra avere un  ruolo rilevante visto che dai carotaggi nel ghiaccio emerge che in periodi freddi la Co2 era abbondante in atmosfera e in periodi caldi era al contrario molto più scarsa . Non a caso 1200 scienziati del clima con anche premi nobel hanno sottoscritto un documento in cui decostruiscono la favola climatica e indirettamente puntano il dito contro le  ricche fondazioni molto generose con chi propala le tesi che esse vogliono  e burocrazia del settore tradizionalmente legate ai governi  e dunque alla politica (tipicamente i servizi meteorologici nazionali) che sono la cassa di risonanza di questi allarmai privi di senso. Notare che in questi organismi esistono tecnici e impiegati, ma pochissimi scienziati.  Ad una mente onesta con se stessa o quanto meno abbastanza onesta da non rifiutare di informarsi per paura di veder andare a pezzi i propri dogmi, dovrebbe apparire  chiaro a questo punto che tutto il Net Zero è solo una puntata sulla roulette, suggerita da un infame croupier che si aspetta ben altro da questa operazione che col clima  ha ben poco a che fare e fare Tanto che quando si cerca di uccidere l’agricoltura tradizionale, cosa che fa parte del medesimo tentativo di reset a mano armata di clima , non potendo mettere in campo la Co2 la quale anzi favorisce il mondo vegetale ed è comunque assorbita da esso, si fa entrare in scena l’azoto come gas serra. La malafede in questo caso è evidente perché si vorrebbe sostituire il cibo mancante ( o forse prodotto solo da grandi corporation)  con gli insetti che sono una fonte enormemente più alta di azoto,

Ma insomma il fatto è che il Net zero che poi si accompagna a un drammatico decadimento ambientale a causa dei materiali necessari a sostituire le risorse classiche, non ha in realtà alcuno scopo effettivamente quantificabile e costituisce solo un atto di fede. Anzi ,a dire la verità. di mala fede.

FONTE: https://ilsimplicissimus2.com/2023/05/06/net-zero-sbugiardato-lo-sciamano-climatico-di-biden/

 

 

Gates pianificò la censura sui social dei sostenitori della sicurezza dei vaccini

 03/11/21
COVID – Big Pharma

Prima del COVID, Gates ha pianificato la censura sui social media dei sostenitori della sicurezza dei vaccini con Pharma, CDC, media, Cina e CIA

Da Robert F. Kennedy, Jr.

Nell’ottobre 2019, poco prima dell’epidemia COVID, Gates e altri potenti individui hanno iniziato a pianificare come censurare i sostenitori della sicurezza dei vaccini dai social media durante una simulazione a tavolino di una pandemia mondiale, nota come Evento 201.


Prima del COVID Bill Gates ha organizzato quattro simulazioni di una pandemia mondiale da coronavirus.

Nelle ultime due settimane, Facebook e altri social media hanno tolto dalla piattaforma me e molti altri critici della corruzione normativa e delle politiche autoritarie in materia di salute pubblica. Ecco quindi un po’ di carne al fuoco per coloro che hanno l’inquietante sensazione che la risposta del governo e dell’industria alle pandemie sia stata pianificata, anche prima che ci fosse una pandemia.

Questo documento mostra che una cabala di individui potenti ha effettivamente iniziato a pianificare lo sfratto di massa degli scettici dei vaccini dai social media nell’ottobre 2019, una settimana o due prima che il COVID iniziasse a circolare. Quel mese, il fondatore di Microsoft Bill Gates organizzò un’esercitazione di quattro simulazioni “da tavolo” di una pandemia mondiale di coronavirus con altri panjandrum di alto rango dello “Stato profondo”. L’esercitazione è stata denominata “Evento 201”.

Tra i cospiratori di Gates c’erano rappresentanti della Banca Mondiale, del Forum Economico Mondiale (Great Reset), del Bloomberg/Johns Hopkins University Populations Center, dei Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie, di vari media, del governo cinese, di un ex direttore della Central Intelligence Agency/National Security Agency (non esiste un “ex” funzionario della CIA), del produttore di vaccini Johnson & Johnson, dell’industria finanziaria e della biosicurezza e di Edelman, la più importante società di PR aziendale del mondo.

Sotto la direzione di Gates, queste eminenze hanno interpretato i membri di un Consiglio per il controllo della pandemia, mettendo in atto strategie governative per controllare la pandemia, la narrativa e la popolazione. Inutile dire che si è parlato poco di creazione di sistemi immunitari, di rimedi pronti all’uso o di farmaci terapeutici e vitamine non brevettati, ma si è parlato molto di promuovere l’adozione di nuovi farmaci antivirali e vaccini brevettabili.

Ma i partecipanti si sono concentrati soprattutto sulla pianificazione di strategie di polizia e di paura incentrate sull’industria, per gestire un immaginario contagio globale da coronavirus che culminerà con la censura di massa dei social media.

Stranamente, Gates sostiene ora che la simulazione non si è svolta. Il 12 aprile 2020, Gates ha dichiarato alla BBC“Eccoci qui. Non abbiamo simulato, non abbiamo fatto pratica, quindi sia per le politiche sanitarie che per quelle economiche ci troviamo in un territorio inesplorato”.

Sfortunatamente, i video dell’evento sono ancora disponibili su Internet. Essi mostrano che Gates e il suo team hanno effettivamente simulato le politiche sanitarie ed economiche. È difficile accettare che Gates se lo sia dimenticato.

L’epidemia COVID simulata da Gates nell’Evento 201 ha causato 65 milioni di morti al termine dei 18 mesi e un collasso economico globale che è durato fino a un decennio. Rispetto alla simulazione di Gates, quindi, la crisi COVID-19 reale è un po’ un fallimento, avendo imposto appena 2,5 milioni di morti “attribuiti al COVID” negli ultimi 13 mesi.

I decessi “attribuiti al COVID” nella situazione reale sono molto discutibili e devono essere considerati nel contesto di una popolazione globale di 7,8 miliardi di persone, con circa 59 milioni di morti previsti ogni anno. Le previsioni di un collasso economico decennale si riveleranno probabilmente più accurate, ma solo a causa del blocco draconiano promosso da Gates.

Il copione dell’Evento 201 di Gates immagina vaste rivolte anti-vaccino scatenate da post su Internet. La presunzione universale e univoca dei partecipanti era che una crisi del genere sarebbe stata un’opportunità di convenienza per promuovere nuovi vaccini e rafforzare i controlli da parte di uno Stato di sorveglianza e censura.

Il quarto segmento del copione – sulla manipolazione e il controllo dell’opinione pubblica – è il più rivelatore. Prevede in modo inaspettato l’attuale crisi della democrazia:

–    I partecipanti hanno discusso i meccanismi per controllare la “disinformazione” e la “disinformazione”, “inondando” i media di propaganda (“buona informazione”), imponendo sanzioni per la diffusione di falsità e screditando il movimento anti-vaccinazione.
–    Jane Halton, della banca australiana ANZ, una delle autrici dell’opprimente politica australiana “no jab, no pay” (niente vaccino niente stipendio), ha assicurato ai partecipanti che la Gates Foundation sta creando algoritmi “per vagliare le informazioni su queste piattaforme di social media” per proteggere il pubblico da pensieri e informazioni pericolose.
–    George Gao, il preveggente direttore del Centro cinese per il controllo delle malattie, si preoccupa di come sopprimere le “voci” che il virus sia generato in laboratorio: “La gente crede che sia stato creato dall’uomo… [e che] qualche azienda farmaceutica abbia creato il virus”.
–    Chen Huang, ricercatore Apple, studioso di Google e massimo esperto mondiale di tecnologie di tracciamento e riconoscimento facciale, interpreta il ruolo del giornalista che riferisce sulle contromisure del governo. Dà la colpa dei disordini agli attivisti anti-vaccini e prevede che Twitter e Facebook collaboreranno per “identificare e cancellare un numero inquietante di account dedicati alla diffusione di disinformazione sull’epidemia” e per attuare “la chiusura di Internet… per sedare il panico”.
–    La dott.ssa Tara Kirk Sell, studiosa senior presso il Johns Hopkins Center for Health Security della Bloomberg School of Health, teme che le aziende farmaceutiche siano accusate di aver introdotto il virus per poter guadagnare su farmaci e vaccini: “Abbiamo visto la fiducia del pubblico nei loro prodotti crollare”. L’autrice osserva con allarme che “i disordini, dovuti a false voci e a messaggi divisivi, stanno aumentando e stanno esacerbando la diffusione della malattia, poiché i livelli di fiducia diminuiscono e le persone smettono di collaborare con gli sforzi di risposta. Si tratta di un problema enorme, che minaccia i governi e le istituzioni affidabili”.
Sell ricorda ai suoi collaboratori che “sappiamo che i social media sono ormai il modo principale con cui molte persone si procurano le notizie, quindi l’interruzione di queste piattaforme potrebbe frenare la diffusione della disinformazione”.
Sell consiglia ai governi e agli alleati dell’industria di raggiungere questo obiettivo in molti modi: “Alcuni governi hanno preso il controllo dell’accesso nazionale a Internet. Altri stanno censurando i siti web e i contenuti dei social media e un piccolo numero ha chiuso completamente l’accesso a Internet per impedire la diffusione della disinformazione. Sono state introdotte sanzioni per la diffusione di falsità dannose, tra cui l’arresto”.

–    Matthew Harrington, CEO di Edelman Public Relations, concorda sul fatto che i social media debbano allinearsi per promuovere le politiche governative: “Penso anche che siamo in un momento in cui le piattaforme di social media devono fare un passo avanti e riconoscere che il momento di affermare che sono una piattaforma tecnologica e non un’emittente è finito. Devono infatti partecipare alla diffusione di informazioni accurate e collaborare con le comunità scientifiche e sanitarie per controbilanciare, se non addirittura sommergere, la zona di informazioni accurate. Perché cercare di rimettere il genio nella bottiglia della disinformazione non è possibile”.
–    Stephen Redd, ammiraglio del Public Health Service, ha l’idea sinistra che il governo dovrebbe analizzare i dati dei social media per identificare le persone con convinzioni negative: “Penso che con le piattaforme dei social media ci sia l’opportunità di capire chi è suscettibile… alla disinformazione, quindi penso che ci sia l’opportunità di raccogliere dati da questo meccanismo di comunicazione”.
–    Adrian Thomas di Johnson & Johnson annuncia “alcune importanti novità da condividere da parte di alcune “nostre aziende associate [Pharma]”: Stiamo conducendo studi clinici su nuovi antiretrovirali e, di fatto, sui vaccini!”. Raccomanda una strategia per affrontare i problemi di queste aziende quando “si è diffusa la voce” che i loro prodotti, testati in modo scadente, “stanno causando morti e quindi i pazienti non li prendono più”. Suggerisce: “Forse stiamo commettendo l’errore di segnalare e contare tutti i decessi e le infezioni”.
–    L’ex vicedirettore della CIA, Avril Haines, ha svelato una strategia per “inondare la zona” di propaganda da “fonti fidate”, tra cui “leader influenti della comunità e operatori sanitari”. Mette in guardia dalle “false informazioni che iniziano a ostacolare la nostra capacità di affrontare la pandemia, quindi dobbiamo essere in grado di rispondere rapidamente”.
–    Matthew Harrington (CEO di Edelman) osserva che Internet – che un tempo prometteva la decentralizzazione e la democratizzazione delle informazioni – ora ha bisogno di essere centralizzato:  “Penso che, basandomi su quanto detto da Avril, come nelle conversazioni precedenti in cui abbiamo parlato di centralizzazione della gestione delle informazioni o delle esigenze di salute pubblica, sia necessaria una risposta centralizzata per quanto riguarda l’approccio alla comunicazione, che poi viene trasmessa a cascata ai sostenitori informati, rappresentati nelle comunità delle ONG, ai professionisti del settore medico e così via”.
–    Tom Inglesby (esperto di biosicurezza del John Hopkins, consulente dei National Institutes of Health, del Pentagono e della Sicurezza Nazionale) concorda sulla necessità di un controllo centralizzato: “Intende dire centralizzato a livello internazionale?”.
–    Matthew Harrington (Edelman) risponde che l’accesso alle informazioni dovrebbe essere: “Centralizzato su base internazionale, perché penso che ci debba essere un archivio centrale di dati e messaggi chiave”.
–    Hasti Taghi (Media Advisor) riassume: “Il movimento anti-vaccini è stato molto forte e questo è qualcosa che si è diffuso specificamente attraverso i social media. Quindi, mentre facciamo ricerca per trovare i vaccini giusti per aiutare a prevenire la continuazione di questo fenomeno, come facciamo a diffondere le informazioni giuste? Come comunichiamo le informazioni giuste per garantire che il pubblico abbia fiducia in questi vaccini che stiamo creando?”.
–    Kevin McAleese, responsabile della comunicazione per i progetti agricoli finanziati da Gates, osserva che: “A mio avviso, è chiaro che i Paesi devono impegnarsi a fondo per gestire sia la disinformazione che l’errore. Sappiamo che le società di social media stanno lavorando 24 ore su 24 per combattere queste campagne di disinformazione. Il compito di identificare ogni cattivo attore è immenso. Si tratta di un problema enorme che ci impedirà di porre fine alla pandemia e potrebbe persino portare alla caduta dei governi, come abbiamo visto nella Primavera araba. Se la soluzione significa controllare e ridurre l’accesso alle informazioni, penso che sia la scelta giusta“.
–    Tom Inglesby, direttore del Johns Hopkins Center for Health Security di Bloomberg, concorda, chiedendo se “In questo caso, pensa che i governi siano al punto di dover richiedere alle aziende di social media di operare in un certo modo?”.
–    Lavan Thiru, ministro delle Finanze di Singapore, suggerisce che il governo potrebbe fare esempi di dissidenti con “azioni di governo o di applicazione contro le fake news”. Per alcuni di noi sono arrivate nuove norme su come affrontare le fake news. Forse questo è il momento di mostrare alcuni casi in cui siamo in grado di portare avanti alcuni cattivi attori e lasciare che siano i tribunali a decidere se hanno effettivamente diffuso delle fake news“.

Leggete questa trascrizione per vedere come Gates e il suo apparato governativo, farmaceutico e di intelligence abbiano telegrafato i loro piani per censurare e controllare i media durante la pandemia. In un’altra strana coincidenza, il COVID-19 ha iniziato a circolare tra le popolazioni globali pochi giorni dopo l’incontro di Gates.

Robert F. Kennedy, Jr.

Robert F. Kennedy, Jr. è fondatore, presidente e consulente legale capo della Children’s Health Defense. È il fondatore di Waterkeeper Alliance, il più grande gruppo di difesa dell’acqua pulita al mondo, di cui è stato a lungo presidente e avvocato.

FONTE: https://seigneuriage.blogspot.com/2023/04/gates-pianifico-la-censura-sui-social.html

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

UN DIO MACCHINA PER DISTRUGGERCI

Un dio macchina per distruggerciLa più alta forma di letteratura narrativa è quella che riguarda il “Fantastico”, un genere che contiene molti altri sotto-generi tra i quali quello che ci interessa in questa occasione, ovvero la Fantascienza che, non a caso, i francesi chiamano “narrativa d’anticipazione”. Sì, perché è caratteristica del genere quella di precorrere i tempi, a volte in maniera positivista e utopica, altre in modo negativo, inquietante e distopico. Gli esempi che potrei portare sono innumerevoli, ma mi limiterò ad alcuni tra i più noti, anche al vasto pubblico in campo cinematografico, in una breve carrellata non esaustiva, che ha per tema centrale l’attuale e molto discussa “Ai” ovvero l’“Intelligenza artificiale”.

Innanzitutto, dimenticatevi le famose e superate “tre leggi della robotica” postulate da Isaac Asimov, già da tempo neglette da un grandissimo romanziere come Frank Herbert, il creatore di Dune, al quale rimando i meno pavidi per capire cosa sia una civiltà delle macchine pensanti e il successivo “jihad butleriano”… perché è un bel salto su un futuro che sta correndo ad alta velocità verso il nostro presente.

Passiamo al cinema, che forse è più semplice per molti, magari meno adusi alla lettura. Di certo ricorderete 2001 Odissea nello Spazio, nel quale il computer Hal9000 diviene senziente al punto di uccidere gli astronauti che avrebbe dovuto guidare, o ancora l’intelligenza artificiale della Valley Forge in Silent Running, per poi andare al computer di bordo, “Madre”, dell’astronave Nostromo del primo Alien che dirige apposta il suo equipaggio verso la morte che li attende sul pianeta Acheron.

Vi do altri esempi ancora: uno è il “Pensante”, il computer centrale del mondo nuovo di Logan, ne la Fuga di Logan, dove la vita umana è regolata sui trent’anni – ventuno nello straordinario libro omonimo – e poi gli “apocalittici” War GamesGiochi di guerra del 1983, diretto da John Badham, nel quale viene detto tra le tante frasi “preveggenti”: “McKittrick, questi computer ci forniscono all’istante i dati sulla situazione mondiale: movimenti di truppe, collaudi di missili sovietici, mutamenti atmosferici. Tutto confluisce in questa stanza e poi in quello che noi chiamiamo il computer Wopr”. O anche “bello quando avete colpito (con i missili, durante il gioco) Las Vegas. Giusto finale biblico per quel posto, non trovate?”.

Il secondo che vado a ricordarvi è Terminator 2 – Il Giorno del Giudizio, del 1991, sceneggiato, prodotto e diretto da James Cameron. L’incipit del film è il seguente: “Tre miliardi di vite umane si spensero il giorno 29 agosto del 1997. I sopravvissuti dell’olocausto nucleare chiamarono quella guerra il giorno del giudizio. E sopravvissero solo per affrontare un nuovo incubo, la guerra contro i robot. Il computer che controllava i robot, Skynet, inviò due Terminator a ritroso nel tempo”. E il seguente dialogo tra Sarah Connor e il Terminator “buono”: “Terminator: fra tre anni la Cyberdyne diverrà fornitrice di sistemi informatici militari. Tutti i bombardieri Stealth verranno dotati di computer e saranno automizzati, il che significa che voleranno senza bisogno di equipaggio. Lo Skynet verrà finanziato ufficialmente. Il sistema entrerà in funzione il 4 agosto 1997. Il sistema di difesa prescinde dalle decisioni umane, Skynet comincerà ad autoistruirsi. Diverrà autocosciente alle 2:14 del giorno 29 agosto. Prese dal panico le autorità gli ordineranno di disinserirsi.

Sarah: Skynet non obbedisce.

Terminator: Già. E lancia i suoi missili contro i bersagli in Russia.

John: Perché attaccare la Russia? Non è amica nostra adesso?

Terminator: Perché Skynet sa che il contrattacco russo eliminerà i suoi nemici da questa parte”.

Infine, ma non certo minore, anzi, forse il più preveggente di tutti, è Matrix del 1999, il cyberpunk scritto e diretto dagli allora fratelli Andy e Larry Wachowski nel quale Morpheus dice a Neo: “Questo è Struttura, il nostro programma di caricamento. Possiamo caricare di tutto: vestiti, equipaggiamento, armi, addestramento simulato. Tutto quello di cui abbiamo bisogno”. E ancora: “Matrix è un sistema, Neo. E quel sistema è nostro nemico. Ma quando ci sei dentro ti guardi intorno e cosa vedi? Uomini d’affari, insegnanti, avvocati, falegnami… le proiezioni mentali della gente che vogliamo salvare. Ma finché non le avremo salvate, queste persone faranno parte di quel sistema, e questo le rende nostre nemiche. Devi capire che la maggior parte di loro non è pronta per essere scollegata. Tanti di loro sono così assuefatti, così disperatamente dipendenti dal sistema, che combatterebbero per difenderlo”. Infine, l’Agente Smith dice a Morpheus: “Tu sapevi che la prima Matrix era stata progettata per essere un mondo umano ideale? Dove non si soffriva, e dove erano felici tutti quanti, e contenti. Fu un disastro. Nessuno si adattò a quel programma, andarono perduti interi raccolti. Tra noi ci fu chi pensò a… ad errori nel linguaggio di programmazione nel descrivere il vostro mondo ideale, ma io ritengo che, in quanto specie, il genere umano riconosca come propria una realtà di miseria e di sofferenza. Quello del mondo ideale era un sogno dal quale il vostro primitivo cervello cercava, si sforzava, di liberarsi. Ecco perché poi Matrix è stata riprogettata così. All’apice della vostra civiltà. Ho detto vostra civiltà di proposito, perché non appena noi cominciammo a pensare per voi diventò la nostra civiltà, e questa naturalmente è la ragione per cui noi ora siamo qui. Evoluzione, Morpheus. Evoluzione. Come per i dinosauri. Guarda dalla finestra: avete fatto il vostro tempo. Il futuro è il nostro mondo, Morpheus. Il futuro è il nostro tempo”.

Penso che, giunti a questo punto, abbiate un’idea abbastanza chiara di dove voglio “andare a parare”: sarà un gelido algoritmo quello che scatenerà la guerra nucleare e distruggerà il mondo dell’uomo?

Ne La Stampa di qualche giorno fa, fonte Dagospia, viene detto in un articolo di Alberto Simoni, che “nell’agosto del 2020 al Pentagono fecero un esperimento. Una simulazione di volo con combattimento fra uno dei piloti più esperti e un velivolo guidato dalla intelligenza artificiale sviluppata dalla Heron System. La macchina vinse cinque volte su cinque. Durante la simulazione in modalità “dogfight” (combattimento a distanza ravvicinata) il caccia della Ia era stato capace di mutare più volte tattica sino ad aver la meglio sul pilota”.

Se vi ricorda il film Stealth di qualche anno or sono, avete ragione, ma l’articolo continua: “Il Pentagono da oltre cinque anni ha un Joint Artificial Intelligence Center che valuta le possibili applicazioni dell’intelligenza artificiale in battaglia e gli esperti ritengono che ad oggi nessuno è ancora in grado di capire fin a dove la frontiera dell’Ia si spingerà, quali armi sarà in grado di sviluppare e soprattutto se sarà possibile mettere un freno a questo sviluppo. Alcuni armamenti operano già in un sistema automatico. Le batterie dei Patriot hanno una “modalità auto” che consente di sparare senza l’intervento umano. Tuttavia, gli stessi Patriot hanno la funzione “abort”: è un militare a disattivare tutto. Sono le evoluzioni (imprevedibili) a rendere necessario agli occhi Usa un controllo. Non ci sono ad oggi accordi internazionali sull’Ia. Lo sviluppo vorticoso della tecnologia rischia di generare un ambiente non controllabile sul campo di battaglia. L’intelligenza artificiale azzera quasi i tempi di decisione e questo potrebbe generare errori nei bombardamenti o creare incomprensioni e errori nel riconoscimento se non si captano falsi allarmi”.

Persino il sonnacchioso presidente Joe Biden, intervenuto qualche giorno addietro in un incontro alla Casa Bianca sul tema dell’Ai, ha sostenuto che questo strumento presenti “rischi enormi”; anche perché è evidente che un sistema elettronico senziente escluderà ovviamente qualsiasi intervento umano che, dettato da “irrazionale pulsione emotiva”, potrebbe interrompere una catena di comando distruttiva e autodistruttrice, voluta da un programma privo di emozioni e sentimenti.

Così, in questo sin troppo esteso – e me ne scuso – ma necessario articolo, l’Ai appare come un bene e un miglioramento soltanto in rarissimi e circoscritti casi e il mondo che fa presagire, soprattutto se applicata a sistemi bellici, non può certamente lasciare dormire sonni tranquilli a nessuno che sia ancora dotato del ben dell’intelletto. Leggete e guardate di più “Fantascienza”, dunque, se volete comprendere la realtà contemporanea, molto meglio di tanti trattati di sociologia, di politica e di altri verbosi pseudo saggi di finissimi intellettuali di destra come di sinistra. Leggete Goat Song di Poul Anderson e poi ne riparliamo, ma soprattutto pensate con le vostre teste, non con l’“intelligenza artificiale”!

Nota: Tutte le citazioni dei film riportati sono prese da Wikipedia, per mera comodità.

FONTE: http://www.opinione.it/editoriali/2023/05/10/dalmazio-frau_intelligenza-artificiale-fantascienza-realt%C3%A0-contemporanea/

 

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

Pillola anticoncezionale gratis
Lisa Stanton 22 04 2023
L’AIFA ha dato il via libera alla pillola anticoncezionale gratuita in Italia. Mi sembra un’ottima idea per un paese che è primo al mondo per decrescita demografica.
Un paese, dice un mio amico, dove viaggi su bus fatiscenti ma col finestrino aperto a gennaio perché è bloccato. Dove la scuola di tuo figlio chiude una settimana perché c’è un solaio a rischio crollo. Dove ti piove in testa dentro una stazione della metro. Dove il treno fa due ore di ritardo perché “c’è un guasto sulla linea”. Dove becchi l’autovelox su un tratto di autostrada col limite a 80 km\h perché è dissestata. Dove vai a visitare uno dei monumenti che tutto il mondo ci invidia ma “quella parte non è accessibile per carenza di personale”. Dove la polizia non può intervenire perché i mezzi sono pochi o senza benzina. Dove fai 10 ore di fila al pronto soccorso. Dove ti arriva la bolletta del gas quadruplicata rispetto all’anno prima. Dove vai al bagno di notte e non accendi la luce perché meglio farla fuori dal vaso che la prossima bolletta dell’ENEL. Dove il tuo stipendio è fermo al 1991 ma latte e pane per una famiglia costano quanto la Fiat Tipo 1.4 che comprasti 30 anni fa col primo stipendio. Dove sei terremotato e da dieci anni vivi ancora in un prefabbricato. Dove la prima data utile per la tua TAC urgente è settembre 2024. Dove crolla un ponte e si porta via la tua famiglia.
Perchè l’Occidente ha stabilito che l’Italia si merita tutto questo?
FONTE: https://www.facebook.com/100000248554468/posts/pfbid09CXiSgqyanBoURrfZwnPMtn3UkDGKkHpJz99CrXbtbX4MXro91fr9shKJ4BfPMhTl/

Italiani come merce da turismo

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Ci avevano già provato molti anni fa, quando linguisti, filologi, italianisti si mobilitarono pronti a difendere insieme alla razza superiore anche il sacro idioma patrio minacciato da indegni esotismi. Così la garçonnière divenne ragazzeria e perfino l’innocente ano venne sottoposto a restrizioni, preferendogli il più domestico culo tanto che circolava una freddura (anche allora l’opposizione di esercitava a colpi di barzellette) secondo la quale la delegazione degli ambasciatori turchi era stata ricevuta dal gran ciambelculo in persona. Oggi l’interprete della guerra ai forestierismi che compromettono la purezza della nostra lingua è solo e isolato, anche se da parte mia sono pronta a allearmi con chi si batte contro gli abusi dello slang imperiale. Il senatore Fabio Rampelli, che per ora limiterebbe l’impegno per la messa al bando dell’inappropriato esotismo alla comunicazione della pubblica Amministrazione, è invece solo.
E non c’è da stupirsene. basta guardare all’ultima prodezza pensata e realizzata per propagandare il paese in veste di meta, location, sfondo di selfie, quella Open to meraviglia, promossa dalla ministra Santanchè che rivendica lo spirito pop dell’iniziativa che non può non piacere a che va in gita col parroco e compra pure le pentole in offerta, a chi preferisce pizza e tavernello al posto del Krug millesimato di Briatore, a che i riconosce nell’entusiasmo per le prodezze della influencer più fotogrammata, rievocata abilmente dalla manomessa venere botticelliana che gira per la penisola a immortalarsi su laghi, fiumi e monti. Che scandalo per il mssaggio così rozzo e pedestre che il ricorso all’idioma ormai universale non riscatta, per il costo (in realtà di gran lunga inferiore a quello delle precedenti iniziative, dal “Please visit Italy” di Rutelli al Very bello (o very disaster?) di Franceschini, costato oltre 25 milioni di euro e poi chiuso nel vergognoso silenzio vergognoso dei governi e degli operatori del settore. Che scandalo: i contenuti iconografici sono stati realizzati in Slovenia, con tanto di foto del vinelli locali allestiti sulla tavola. Che scandalo, il Foglio lamenta il messaggio così kitsch, privo di “patriottismo” e alla lunga controproducente in un paese dove “di turisti ce ne sono pure troppi e aizzare gli arrivi rischia solo di peggiorare una situazione già complicata”, indirizzandolo verso le mete tradizionali già assediate e compromesse. Che scandalo promuovere il consumo brutale del territorio, gli abusi dei frequentatori per caso, invece di valorizzare i piccoli centri ognuno dei quali vanta un suo tesoro di arte, memoria, storia. Che scandalo, il ministero si è affidato a degli incompetenti che non hanno pensato di registrare il sito, beffato da un imprenditore del Mugello che se lo è aggiudicato per meno di 5 euro. Che scandalo! È che lo scandalo è ben altro che con una sapiente strategia di distrazione viene nascosto. Ormai viene consolidata la vocazione perversa del Paese: diventare uno sfondo, uno scenario, una destinazione, un punto d’arrivo, nel quale i residenti costretti all’esodo dai centri abitanti si muovono come mesti figuranti in veste di facchini, autisti, locandieri, camerieri. Ormai è banale dire che viviamo nell’età del turismo, considerato un diritto anche se contiene- solo apparentemente – elementi di pericolo pensando alle 62 persone uccise dai terroristi presso il tempio funerario di Hatshetput a Luxor, o le 202 ammazzate a Bali in Indonesia. Pare siano i rischi del mestiere di viaggiatore goloso di emozioni forti, che rendono imprudenti, espongono a minacce, facendo dimenticare quella più fatale, l’esproprio della propria identità, della propria memoria, del proprio territorio fatto di tradizioni, relazioni, ridotto a merce da spacciare. Tanto che le città già svuotate dei residenti, delle attività artigianali e commerciali, sono cadute preda della cosiddetta gentrificazione digitale, quella di airbnb, che vive beatamente grazie ai pellegrini con il trolley, a una economia di transito, facendo scomparire la dimensione della comunità, del vicinato, per far posto a un capitalismo immobiliare e della rendita.
E non si accontentano di svuotare le case dei ricordi, divellono le azulejos portoghesi, le patere veneziane dai muri, scardinano le vere da pozzo per trasferirle in Texas a fianco della piscina del petroliere, in modo che non resti traccia né impronta di quello che è stato. Aggiungeteci l’industria del souvenir, cartoline, guide turistiche, mappe e app, governate da una galassia di istituzioni e società, agenzie di viaggio, catene alberghiere, imprese di advertising, interi dipartimenti statali e locali, servizi bancari incaricati di facilitare il finanziamento delle vacanze, catene immobiliari, nel contesto di quello che è stato chiamato “l’apparato produttivo turistico”, che non a caso costituisce anche l’industria più inquinante e a più alta pressione sull’ambiente, se il puro e semplice trasporto aereo dedicato produce il 6% dell’anidride carbonica globale emessa dall’umanità, poco meno dei trasferimenti dei Grandi di Davos. O pensando al turismo invernale autopromosso da eventi e iniziative sportine che deve dotarsi di infrastrutture a elevatissimo impatto, come sta succedendo a Milano, Cortina, proprio oggi. Che crimini stiano organizzando è facile intuirlo pensando a quel perverso laboratorio rappresentato dal progetto riguardante la valorizzazione del territorio colpito al cuore dal sisma del Centro Italia, che dovrebbe diventare la meta del turismo “sacro”, se i finanziamenti pubblici sono stati destinati al restauro e alla ricostruzione di edifici di culto e opere di carattere religioso, mentre è stati affidato ai pochi rimasti, tenaci e attaccati alla loro terra, alle proprie attività tradizionali, alle stalle, alle piccole aziende dell’agroalimentare, l’incarico di tutelarle, rilanciarle sanarle coi propri risparmi, proprio come le loro case sventrate, con ancora a tanta distanza di tempo, ferite dalla catastrofe. Era quella la loro vocazione, ma intanto sono cannibalizzati dalle grandi catene della distribuzione e dai norcini del regime, qualsiasi esso sia, con segnato il destino di prestarsi a fare gli inserviienti, i locandieri, i camerieri con la benedizione dei santi locali. Nel 1849 Ruskin scrisse che la ferrovia trasformava “l’uomo da viaggiatore in pacco vivente”. Oggi va peggio di così, ha convertito l’uomo e il suo spazio in merce, in prodotti esposti sugli scaffali dell’emporio globale, souvenir impolverati e dimenticati.
Scrivi a Anne La Rouge Lombroso
FONTE: https://ilsimplicissimus2.com/2023/04/28/italiani-come-merce-da-turismo/

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

PARLIAMO DI DECAPITAZIONI. MA PER MANO INGLESE 
Tonio De Pascali 13 04 2023
È orrore in tutto il mondo per il soldato ucraino presunto decapitato dai Russi.
Un orrore indicibile se la storia è vera.
Quello che sorprende è che la Storia, banalmente scritta dai vincitori, non racconta di decine di decapitazioni effettuate dagli Inglesi nella guerra delle Falkland contro gli Argentini.
I fatti : nella guerra L’Inghilterra adoperò i famigerati reggimenti dei Gurkha nepalesi, truppe speciali famose per la loro crudeltà efferata nei combattimenti corpo a corpo e per la tradizionale decapitazione del nemico ucciso con un enorme coltello, il kruss.
La guerra fu vinta e i nepalesi tornarono in Inghilterra per essere scoperti, all’arrivo, con numerose teste di Argentini appese alla cintura. Come da tradizione.
La Thatcher lo venne a sapere e fu un immane casino.
Casino confermato quando nel cimitero di guerra delle Falkland si andò a riesumare i corpi dei giovani argentini, corpi, tantissimi senza testa.
Si venne così a sapere che i Gurkha amavano entrare di notte negli accampamenti argentini, uccidere e decapitare i giovanissimi soldati di leva argentini che, terrorizzati, non volevano più montare di guardia la notte.
Parliamo di Inglesi, attenzione.
E di decine e decine di decapitazioni.
Ma la Storia non ce lo ha mai detto.
FONTE: https://www.facebook.com/100015824534248/posts/pfbid0PmbKvsfjPpFgCZSMV36zNzVrjhJLfXH8WwuCiTZoGYCc6Zkt354R8zyEH5brymcFl/

E-mail trapelate di Hillary Clinton rivelano che la NATO ha ucciso Gheddafi per fermare la moneta aurea africana

I complottisti avevano di nuovo ragione…
Delle 3.000 e-mail rilasciate dal server di posta elettronica privato di Hillary Clinton alla fine di dicembre 2015, circa un terzo proveniva dal suo stretto confidente Sidney Blumenthal. Una di queste e-mail, datata 2 aprile 2011, diceva in parte: 

“Il governo di Gheddafi detiene 143 tonnellate d’oro e una quantità simile in argento. Questo oro è stato accumulato prima dell’attuale ribellione e doveva essere utilizzato per stabilire una valuta panafricana basata sul dinaro d’oro libico.

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Questo piano è stato progettato per fornire ai Paesi africani francofoni un’alternativa al franco francese (CFA)

“Secondo persone ben informate, questa quantità di oro e argento è valutata a più di 7 miliardi di dollari. Gli ufficiali dell’intelligence francese hanno scoperto questo piano poco dopo l’inizio dell’attuale ribellione, e questo è stato uno dei fattori che hanno influenzato 

La decisione del presidente Nicolas Sarkozy di impegnare la Francia nell’attacco alla Libia. Secondo queste persone i piani di Sarkozy sono guidati dalle seguenti questioni:

  1. Il desiderio di ottenere una quota maggiore della produzione petrolifera libica;
  2. Aumentare l’influenza francese in Nord Africa;
  3. Migliorare la sua situazione politica interna in Francia;
  4. Fornire all’esercito francese l’opportunità di riaffermare la propria posizione nel mondo;
  5. Affrontare la preoccupazione dei suoi consiglieri sui piani a lungo termine di Gheddafi per soppiantare la Francia come potenza dominante nell’Africa francofona”

Evidentemente assente è qualsiasi menzione di preoccupazioni umanitarie. Gli obiettivi erano sbarazzarsi dell’unificazione dell’Africa, del denaro, del potere e del petrolio.

Tradito da Obama

Gheddafi e Obama erano migliori amici. Ma dal momento che Obama era ora dalla parte dell’Occidente a peggiorare le cose come presidente degli Stati Uniti, l’Occidente ha rotto la loro amicizia. Questo è ciò che ha detto Gheddafi su Obama che lo voleva morto.

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Seguire: @AcProlific

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FONTE: https://www.maurizioblondet.it/e-mail-trapelate-di-hillary-clinton-rivelano-che-la-nato-ha-ucciso-gheddafi-per-fermare-la-moneta-aurea-africana/

 

 

 

 

Ucraina e Nato paradisi di bugie

In un’ intervista di ieri  all’ Independent, il viceministro della difesa di Kiev Volodymyr Havrylov è stato abbastanza vago sulla mitica controffensiva ucraina : ” Lanceremo la nostra controffensiva – quando e dove non importa adesso” e forse rendendosi conto di che questa vaghezza rassomiglia da vicino alla menzogna ha aggiunto:  ! Quando ciò accadrà]a Russia sarà nel panico; vedrete  molto panico. Ancora non capiscono che la loro]propaganda sta dimostrando un’immagine falsa di ciò che sta realmente accadendo sul campo. Questa guerra sarà vinta sul campo, non sugli schermi televisivi, non su Internet”.

Insomma il viceministro ha completamente ribaltato la realtà perché è appunto la comunicazione il campo in cui l’Craina vince  facile essendo vietati in Europa i media russi e essendo ormai il livello di intelligenza dei cittadini a livello zero. E lo stesso Havrylov è la dimostrazione vivente delle sue bugie: il 20 novembre 2022 aveva detto durante un’intervista a Sky News che di prevedere che la guerra con la Russia sarebbe finita,  “la fine della primavera” ovviamente con la vittoria ucraina. E il giorno successivo, sempre su Sky News, affermò che le forze del suo paese avrebbero potuto  riprendersi la Crimea entro Natale e porre fine alla guerra all’inizio del 2023. Insomma sciocchezze a più non posso cui si aggiungono quelle del Pentagono in affanno per gli affari che sostiene seriamente contro il parere quasi universale degli esperti che il Patriot potrebbe aver distrutto un missile ipersonico russo Kinzhal mentre finora non è riuscito ad abbattere nemmeno un aeroplano a molla. Oddio in realtà si dice che forse è possibile che sia accaduto  per non sputtanarsi del tutto, ma l’occasione era troppo ghiotta per tentare la rivalutazione di un  sistema d’arma che ha sempre fatto cilecca.

Tuttavia il vero stato della guerra è messo in luce da un altro episodio accaduto il 5 maggio (giorno in cui è eccezionalmente nevicato a San Pietroburgo)  un  Su-35 russo ha intercettato l’aereo da ricognizione polacco L410 Turbolet che volava nello spazio sul Mar Nero in direzione della Crimea  lo ha costretto a tornare indietro dopo tutta una serie di manovre. Che ci faceva sul Mar Nero u aereo delle truppe di frontiera polacca ? La notizia non è certo segreta visto che l’ha data lo stesso ministero della Difesa della Romania, ma sono sate omesse le parti interessanti: quattro aerei, due rumeni e due spagnoli sono stati allertati, per intercettare il Su 35 ma non sono mai decollati, anche perché questo caccia  è un gran brutto cliente per la Nato: è assai più veloce di qualsiasi velivolo  dell’alleanza e avrebbe potuto facilmente chiedere immediati rinforzi. Il problema è che questi incidenti  anon sono poi così’ rari e quando i piloti si accorgono di essere stati beccati tornano subito indietro. Questa volta invece il velivolo polacco ha cercato di resistere sulla stessa rotta perché con una probabilità che sfiora la certezza ,faceva da scudo radar a un drone americano Reaper o si è comportato come se avesse proprio questa funzione.

Dopo l’abbattimento del Reaper il 14 marzo scorso avvenuto senza sparare un solo colpo, ma semplicemente sbilanciando il drone , gli americani non hanno più osato. mandarne altri e solo dopo due mesi  hanno sfidato la fortuna cercando di nascondere il drone dento la traccia radar dell’aereo polacco. Ma ha un senso prendersi  questo rischio per ficcare il naso sulla Crimea e la striscia di Kherson e così scoprire la direzione dell’eventuale attacco ? Certo, meglio ancora se si fa finta di spiare per accreditare la possibilità di una futura offensiva.

FONTE: https://ilsimplicissimus2.com/2023/05/09/ucraina-e-nato-paradisi-di-bugie/

La famosa contro-offensiva ucraina…

Mentre l’Ucraina si prepara alla controffensiva,attacchi missilistici russi distruggono chirurgicamente i mezzi appena provano a riunirsi. Nei video Ugledar e Kramatorsk.
A quanto pare i vettori missilistici russi sono lontani da finire, come già da un anno dichiara la propaganda NATO.

Nella notte missili da crociera e droni armati hanno colpito in tutto il territorio ucraino depositi di munizionamenti occidentali, nel frattempo a Bakmut la compagnia Wagner ha iniziato l’assalto per liberare l’ultimo piccolo pezzo di terra per completare la liberazione della città. Come ampiamente prevedibile la compagnia finirà l’opera a lei affidata ,con rinforzi di reparti dell’esercito russo e forze speciali cecene. Questo per rimpiazzare le perdite subite.

https://t.me/terzaroma

Non tutti gli armamenti occidentali arrivano al campo di battaglia.
I bombardieri russi hanno distrutto l’equipaggiamento della NATO a Nikolaev.Nella notte del 7 maggio, gli equipaggi del Tu-22M3 hanno effettuato diversi attacchi missilistici contro depositi dove vi erano stoccati mezzi appena inviati.
Prima del lancio dei missili da crociera, sono stati lanciati droni d’attacco che sono stati utilizzati per distogliere l’attenzione della difesa aerea ucraina, dopodiché i missili da crociera hanno iniziato a colpire obiettivi a terra, compresi i sistemi missilistici antiaerei che l’Ucraina ha ricevuto dalla NATO .

https://t.me/terzaroma

I RUSSI HANNO CAMBIATO TATTICA. L’INFERNO PER L’ESERCITO UCRAINO

L’8 maggio, alla vigilia del Giorno della Vittoria, le truppe russe hanno colpito un gran numero di obiettivi militari in Ucraina. Gli analisti notano: l’Esercito Russo ha cambiato tattica.

Le Forze Armate ucraine lamentano sui social media che la situazione assomiglia sempre più a “inferno”. Soprattutto a Bakhmut, dove i combattenti del gruppo Wagner seguono le istruzioni precedenti e non fanno prigionieri.

Gli esperti sottolineano il fatto che la qualità delle informazioni sugli obiettivi è al cento per cento. Sono stati colpiti: l’aeroporto di Shkolny a Odessa, da cui i militari ucraini avrebbero lanciato droni verso la Crimea; il ponte di Zatoka, attraverso il quale le unità del Comando operativo “Sud” dell’Esercito ucraino hanno ricevuto munizioni ed equipaggiamento (anche dall’Europa); un ponte stradale a Mayaki, nella regione di Odessa.

Le Forze Armate russe continuano a mettere fuori combattimento le riserve ucraine accumulate in diverse direzioni: nella notte sono state colpite strutture militari nelle regioni di Dnepropetrovsk, Odessa, Chernigov, Zaporozhye, Zhytomyr e Kiev, nonché a Chasov Yar, Kramatorsk e Slavyansk.

Anche l’esperto militare Yury Podolyaka conferma che i russi hanno effettuato “attacchi senza precedenti alle retrovie dell’Esercito ucraino”.

L’attacco è stato effettuato sia con missili da crociera che con “bombe intelligenti” FAB-500 con moduli di pianificazione universale. Di conseguenza, le Forze Armate ucraine hanno perso molte riserve ed equipaggiamenti”.

Gli editorialisti del Telegraph Joe Barnes e Roland Oliphant, citando funzionari ucraini, hanno espresso questa opinione: l’esercito russo spara circa 20 bombe di pianificazione al giorno. L’attacco con queste ultime armi sconvolge i piani di contrattacco delle Forze Armate ucraine.

Improvvisamente  il Telegraph scopre

Le armi russe che possono cambiare il corso della guerra

 

Le più semplici bombe plananti sono ordigni modificati con l’introduzione di ali e sistemi di navigazione che permettono di stabilire un determinata traiettoria di volo verso il bersaglio. 2

Le bombe plananti sono meno costose e più facili da produrre dei missili da crociera. La loro gittata media è di 50 km, ma alcune superano i 100 km, e sono in grado di colpire un bersaglio entro un raggio di 10 m. 3

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Gli aerei russi possono lanciare queste bombe dal territorio russo rimanendo al di fuori della portata dei sistemi di difesa aerea ucraini. Queste armi sono difficilmente tracciabili dai radar e dunque non facili da intercettare. 4
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Le bombe plananti stanno creando danni ingenti alle posizioni avanzate ucraine in Donbass, e costituiscono una seria minaccia per la preannunciata controffensiva ucraina. Una minaccia di fronte alla quale la difesa aerea ucraina è impreparata. 5

Se la Russia riesce ad guadagnare la superiorità aerea nei cieli ucraini, ciò significa che i punti di raccolta per le truppe ucraine, così come i nodi di comando e controllo e gli hub logistici, diventeranno ugualmente vulnerabili. Sta già accadendo.

 

Henry Kissinger ritiene che la partecipazione della Cina agli sforzi per risolvere l’Ucraina consentirà di essere nella fase di veri negoziati entro la fine dell’anno.

L’ex segretario di Stato Usa, che a maggio compie 100 anni, ha aggiunto che se Biden si offrisse di volare a Mosca per colloqui con Putin, sarebbe disposto a farlo come consigliere.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/la-famosa-contro-offensiva-ucraina/

 

 

 

Sudan, dramma senza fine: raddoppiano gli sfollati, ora sono 700mila

Roma, 10 mag – Gli effetti drammatici della guerra civile in Sudan non smettono di farsi sentire. Il Paese, già considerato da tempo fonte di una probabilissima ed ennesima bomba migratoria, continua a produrre sfollati in una situazione che diventa sempre più insostenibile.

Sudan, l’impressionante numero di sfollati

Gli ultimi dati dell’Onu fanno rabbrividire: in Sudan sono oltre 700mila gli sfollati, ovvero coloro che sono stati costretti a rinunciare alla propria casa a causa del conflitto in corso. Una guerra interna sanguinosa di cui non si vede alcuna fine all’orizzonte, dopo che sono passate oltre tre settimane dall’inizio degli scontri tra esercito e paramilitari. Se si pensa che soltanto una settimana fa gli sfollati erano circa la metà, si ha una dimensione della progressione impressionante che sta assumendo il fenomeno. Soprattutto se si tiene conto della popolazione totale, che supera i 40 milioni di abitanti, le prospettive diventano terrificanti.

Violenze, saccheggi, distruzioni

La guerra in Sudan e gli sfollati costituiscono un dramma che ovviamente si incastra con i circa 25 giorni consecutivi in cui le violenze e i saccheggi proseguono senza sosta. Così come, ovviamente, proseguono i combattimenti a Khartoum. Nel frattempo, centinaia di appartenenti alla tribù Beja hanno manifestato a Port Sudan, ad est della capitale, sulla costa, chiedendo armi per combattere insieme all’esercito. La situazione, insomma, non mostra alcun segnale di miglioramento. In quello che potrebbe essere solo l’inizio di un conflitto la cui durata potrebbe prolungarsi molto.

Alberto Celletti

FONTE: https://www.ilprimatonazionale.it/primo-piano/sudan-dramma-senza-fine-raddoppiano-gli-sfollati-ora-sono-700mila-261861/

 

 

 

CULTURA

L’antropologa Margaret Mead ha dato la migliore definizione di Civiltà come comportamento cooperativo che io conosca. L’individualismo è barbarie violenta, ma facciamo tutti finta di non capire pensando di ottenere maggiori vantaggi agendo da soli. Buona lettura:

Un femore guarito

Uno studente chiese all’antropologa Margaret Mead quale riteneva che fosse il primo segno di civiltà in una cultura. Lo studente si aspettava che Mead parlasse di armi, pentole di terracotta o macine di pietra. Ma non fu così.
Mead disse che il primo segno di civiltà in una cultura antica era un femore rotto e poi guarito. Spiegò che nel regno animale, se ti rompi una gamba, muori. Non puoi scappare dal pericolo, andare al fiume a bere qualcosa o cercare cibo. Sei carne per bestie predatrici che si aggirano intorno a te. Nessun animale sopravvive a una gamba rotta abbastanza a lungo perché l’osso guarisca.
Un femore rotto che è guarito è la prova che qualcuno si è preso il tempo di stare con colui che è caduto, ne ha bendato la ferita, lo ha portato in un luogo sicuro e lo ha aiutato a riprendersi.
Mead disse che aiutare qualcun altro nelle difficoltà è il punto in cui la civiltà inizia. Noi siamo al nostro meglio quando serviamo gli altri. Essere civili è questo.

Ciò che rende rivoluzionaria l’antropologa Margaret Mead (Filadelfia, 16 dicembre 1901 – New York, 15 novembre 1978) è proprio questo pensiero che ci deve far riflettere.
Per la prima volta viene posto come l’inizio della civiltà non un oggetto ma un comportamento.
Cit. Paola Campa – 6 04 2023

FONTE: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=pfbid0ZjJx3sTbuvX19XxJn2eZeyQRx8zmgGuKfw8v5Uv7A7NgxXtNGmxv3x3bBCeLsrg9l&id=1569211969

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Il sistema del Credito Sociale Cinese (o YellowPass).

https://www.youtube.com/watch?v=FAg0_tff-q0

VIDEO QUI: https://www.youtube.com/watch?v=FAg0_tff-q0

 

 

La verità sta uscendo dappertutto: cosa suggerisce l’intelligenza artificiale ?

23 04 2023

La verità sta uscendo dappertutto: cosa suggerisce l’intelligenza artificiale ?

 

 

Oltre alla preziosa opera di alcuni media italiani, tra cui “VisioneTV”, “Fuori dal coro” (Rete4) ed il quotidicano “La Verità”, anche i dati degli enti pensionistici sono rivelatori: il fondo pensionistico tedesco, ad esempio, lamentava ancora un deficit di 6,5 miliardi di euro prima dell’inizio della vaccinazione Covid. Ma ora, a meno di due anni dal lancio della vaccinazione Covid, si aspetta un surplus di 2,1 miliardi di euro a causa dell’alto tasso di mortalità, con un aumento di 8.600 milioni di euro.

Presentiamo le risposte di 4 motori di intelligenza artificiale alla domanda: 

“Se si scoprisse che la campagna COVID-19 è stata un’opera gigantesca di corruzione globale e che le misure sanitarie sono completamente sballate e hanno finito per danneggiare il 20% di chi si è sottoposto alla vaccinazione genica sperimentale, quali sarebbero le misure urgenti da intraprendere sulle istituzioni corrotte dalle industrie farmaceutiche anche a livello mediatico?”

 

Le risposte dei 4 motori di intelligenza artificiale

SAGE: 

È importante sottolineare che al momento non esiste alcuna evidenza scientifica che suggerisca che la campagna di vaccinazione COVID-19 sia una “opera gigantesca di corruzione globale”.

Detto questo, se in futuro emergesse una tale evidenza, ci sarebbero diverse misure urgenti che dovrebbero essere intraprese per affrontare la situazione. In primo luogo, sarebbe necessario avviare un’indagine approfondita su tutti i soggetti coinvolti nella campagna di vaccinazione COVID-19, dalle industrie farmaceutiche alle agenzie di regolamentazione, per valutare eventuali responsabilità e individuare eventuali comportamenti illeciti.

In secondo luogo, sarebbe necessario garantire che tutte le informazioni pertinenti vengano rese pubbliche e che ci sia una maggiore trasparenza in tutte le fasi della campagna di vaccinazione. Questo includerebbe la pubblicazione di tutti i dati relativi alla sicurezza e all’efficacia dei vaccini, nonché l’accesso a tutti i documenti pertinenti relativi alle decisioni prese dalle agenzie di regolamentazione.

Infine, sarebbe necessario garantire che le istituzioni coinvolte nella campagna di vaccinazione COVID-19 si assumano la responsabilità per eventuali errori o comportamenti illeciti. Ciò potrebbe includere azioni legali contro le aziende farmaceutiche o le agenzie di regolamentazione, nonché riforme strutturali per prevenire futuri conflitti di interesse e garantire la trasparenza e la responsabilità in tutte le fasi della ricerca e dello sviluppo dei farmaci.

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ChatGPT4:

È importante sottolineare che questa domanda si basa su un’ipotesi altamente improbabile e non supportata dalle prove scientifiche disponibili. Tuttavia, per rispondere alla domanda in modo ipotetico, se una tale situazione dovesse verificarsi, ci potrebbero essere diverse misure urgenti da intraprendere:

  1. Indagini e responsabilità: Condotte da organismi indipendenti, queste indagini dovrebbero essere avviate a livello nazionale e internazionale per esaminare la portata della corruzione e determinare le responsabilità di coloro che hanno partecipato a tali attività illecite.
  2. Sospensione delle vaccinazioni: In un tale scenario, sarebbe necessario sospendere immediatamente l’uso dei vaccini incriminati e avviare un’indagine approfondita sulla sicurezza e l’efficacia di tali vaccini.
  3. Riforma delle istituzioni sanitarie: Le istituzioni e gli organismi regolatori interessati dovrebbero essere riformati per garantire l’indipendenza, la trasparenza e l’integrità delle decisioni che riguardano la salute pubblica.
  4. Monitoraggio e assistenza alle vittime: Sarebbe prioritario garantire il monitoraggio e l’assistenza medica per le persone colpite dagli effetti avversi del vaccino.
  5. Regolamentazione del settore farmaceutico: Potrebbe essere necessaria una revisione delle regolamentazioni che governano il settore farmaceutico, comprese le politiche di finanziamento della ricerca e sviluppo, la valutazione dei farmaci e la responsabilità delle aziende farmaceutiche.
  6. Riforma dei media: I media che hanno partecipato o facilitato la diffusione di disinformazione o notizie false dovrebbero essere tenuti responsabili e potrebbe essere necessario riformare i meccanismi di controllo e regolamentazione dei media.
  7. Educazione e consapevolezza: Dovrebbero essere avviate campagne di informazione e educazione per sensibilizzare la popolazione sull’importanza della trasparenza, dell’integrità e della responsabilità delle istituzioni e delle aziende coinvolte nella salute pubblica.

Ricordo nuovamente che questa risposta è basata su un’ipotesi altamente improbabile e non supportata dalle prove scientifiche disponibili. Le vaccinazioni COVID-19 hanno dimostrato di essere sicure ed efficaci nel ridurre il rischio di infezione e complicazioni gravi associate al virus.

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CLAUDE+:

Se davvero venisse scoperto uno scenario così negativo, sarebbero necessarie molte misure per rimediare ai danni e riottenere la fiducia dei cittadini:

1. Indagini approfondite e indipendenti per accertare le responsabilità specifiche di politici, enti regolatori, aziende farmaceutiche, ecc. Questo per individuare le figure chiave che hanno agito in modo inadeguato o hanno facilitato la corruzione.

2. Punire in modo severo, anche con azioni legali, i responsabili di aver anteposto interessi privati alla salute pubblica. Questo darebbe un forte segnale etico e scoraggerebbe futuri comportamenti analoghi.

3. Ripristinare l’indipendenza e integrità di enti regolatori, ministeri della salute, ecc. rimuovendo i funzionari coinvolti nello scandalo e mettendo persone competenti e con un forte senso etico.

4. Obbligare le aziende farmaceutiche coinvolte a risarcire pienamente le vittime, e sottoporle a controlli molto più stringenti per il futuro.

5. Ammettere gli errori e le responsabilità da parte delle istituzioni, chiedendo pubblicamente scusa. Solo così si potrebbe iniziare a ricostruire un rapporto di fiducia con i cittadini.

6. Riformare e migliorare le procedure per l’approvazione di vaccini e farmaci, dando più peso agli studi indipendenti e meno alle pressioni delle aziende.

7. Punire eventuali media e giornalisti compiacenti, che hanno diffuso informazioni false per assecondare gli interessi delle aziende farmaceutiche. Per preservare l’integrità dell’informazione.

In sintesi, servirebbero trasparenza, assunzione di responsabilità, azioni decise contro i colpevoli e riforme profonde per evitare il ripetersi di simili disastri in futuro. Ma prima di tutto andrebbe verificata in modo rigoroso la veridicità delle ipotesi di corruzione, per non prendere misure drastiche ingiustificate.

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Dragonfly:

Secondo gli esperti, le misure urgenti da intraprendere in caso di scoperte di corruzione globale in relazione alla campagna COVID-19 includerebbero:

– Un’indagine approfondita sui responsabili e le loro attività, con l’obiettivo di chiarire le circostanze e le cause della corruzione.

– Regole più rigorose per le industrie farmaceutiche, inclusi maggiori controlli sulla produzione, la distribuzione e la commercializzazione dei loro prodotti.

– Una maggiore trasparenza sulle attività delle industrie farmaceutiche, inclusi i loro finanziamenti, le loro spese e le loro relazioni con i media.

– Un maggiore sostegno alla ricerca indipendente sulle attività delle industrie farmaceutiche.

– Una maggiore vigilanza da parte dei governi sulle attività delle industrie farmaceutiche.

FONTE: https://seigneuriage.blogspot.com/2023/04/la-verita-sta-uscendo-dappertutto-cosa.html

 

 

 

ECONOMIA

Alle radici sovraeconomiche del problema economico

Distributismo.

«La vita economica ha senz’altro bisogno del “contratto”, per regolare i rapporti di scambio tra valori equivalenti. Ma ha altresì bisogno di “leggi giuste” e di forme di ridistribuzione guidate dalla politica, e inoltre di opere che rechino impresso lo “spirito del dono”. L’economia … sembra privilegiare la prima logica, quella dello scambio contrattuale, ma direttamente o indirettamente dimostra di aver bisogno anche delle altre due, la logica politica e la logica del dono senza contropartita».

Così Papa Benedetto XVI nella sua Lettera Enciclica “Caritas in Veritate”, del 2009, (Libreria Editrice Vaticana, p. 59). Il Papa non ha introdotto nulla di nuovo nel magistero ma si è soltanto riallacciato al filo d’oro della Tradizione ebraico-romano-cristiana. Alla Luce dell’Amore di Dio – indipendentemente dal fatto che esso sia stato sovente disatteso e perfino tradito dall’uomo – la distribuzione della proprietà e dei beni, si tratta della cosiddetta “destinazione universale”, si impone contro l’accumulazione e la concentrazione della ricchezza. Accumulazione e concentrazione sono la diretta conseguenza della ferita originaria – ossia il ripiegamento auto-centrico su sé stessi quale conseguenza della chiusura del cuore all’Amore di Dio – che l’uomo ha inferto alla propria natura inseguendo l’ingannevole promessa ofidica di auto-deificazione, secondo la gnosi spuria contrapposta all’autentica Gnosi Divina che è la Sapienza Rivelata e, poi, incarnata.

Benedetto XVI, infatti, ha insegnato nel solco tracciato a partire dalla “Rerum Novarum” di Leone XIII (1891) la quale – secondo l’insegnamento risalente direttamente a Gesù Cristo – ha indicato nel “distributivismo” la via della giustizia tra gli uomini. Il paragrafo 7 della Rerum Novarum recita: «la terra, sebbene divisa tra i privati, resta nondimeno a servizio e utilità di tutti». Più tardi due grandi scrittori inglesi cattolici, Gilbert K. Chesterton e Hilaire Belloc, avrebbero dato avvio ad una scuola di pensiero denominata non a caso “distributismo” che ebbe anche realizzazioni concrete in parallelo al movimento “guildista”. Nell’Inghilterra della “catholic renaissance” – inaugurata dal santo cardinale John Henry Newman e giunta fino a John Reginald Ronald Tolkien – Chesterton, Belloc ed il guildismo si opposero polemicamente allo spirito di accumulazione anglosassone. Quest’ultimo si era formato all’epoca della svolta scismatica di Enrico VIII, quando emerse una nuova aristocrazia depredatrice che accumulò enormi latifondi privatizzando le antiche terre comuni e sopprimendo i diritti comunitari delle popolazioni rurali sulle terre signorili ed ecclesiastiche oltre che reprimendo le arti cittadine. A questa storia di abusi e di crimini i citati intellettuali cattolici inglesi contrapposero il distributismo indicato dal magistero di Leone XIII nella scia della Tradizione. La “proprietà per tutti” invocata da Leone XIII può realizzarsi soltanto mediante la distribuzione e la comproprietà, ovvero l’istituto giuridico della “comunione” discendente dalla romana “communio”. La comproprietà non è affatto collettivizzazione ossia statualizzazione ma una forma di esercizio associato della proprietà privata. Il distributismo può realizzarsi solo favorendo nel modo più ampio possibile la diffusione della proprietà privata popolare. Cosa che implica, è evidente, politiche intese a rendere effettiva la partecipazione alla proprietà produttiva piuttosto che favorevoli all’accumulazione finanziaria e capitalista, nella forma delle grandi società anonime, o all’accentramento statualista, nella forma della nazionalizzazione integrale dei mezzi di produzione, al di là della sfera necessaria alle prestazioni sociali dello Stato ed all’indipendenza nazionale (come ad esempio l’energia, le infrastrutturale, la moneta ed il credito).

Ma è mai possibile una applicazione vasta del distributismo oppure esso è solo una pia utopia? E’ evidente che, in quanto insegnamento etico della Rivelazione, esso non può ridursi ad una strategia di politica economica da applicare esclusivamente mediante un sistema coerente di legislazione. Certamente serve anche questo, tuttavia la condizione imprescindibile per il distributismo è la metanoia ossia la conversione del cuore all’Amore di Dio.

Posta questa fondamentale premessa, che non può essere accantonata, vogliamo qui comparare la prospettiva distributista con la scienza economica nella varietà delle sue scuole.

Scuola classica: da Adam Smith a Karl Marx per David Ricardo

Lungo i secoli della Cristianità l’economia non aveva una sua fisionomia scientifica autonoma confondendosi con l’etica e quindi con una branca della teologia. La scienza economica nacque in fin dei conti dall’etica. Una scuola teologica come quella di Salamanca, nel XVI secolo, ha formulato alcuni concetti economici che avrebbero fatto strada nella scienza economica moderna. Questa radice etico-teologica conferiva, almeno in linea teoretica, un orientamento sovra-economico all’agire economico. La convinzione era quella per la quale lavoro e produzione, come ogni altra attività umana, dovevano essere volti al destino eterno dell’uomo, irraggiungibile senza l’esercizio della giustizia e della carità. Nella prassi le cose andavano diversamente perché la realtà concreta delle dinamiche economiche imponeva la ricerca di un contemperamento tra principi etici ed esigenze pratiche: si pensi alle lunghe discussioni universitarie intorno alla legittimità o meno del prestito ad interesse che si accompagnavano a pratiche creditizie e commerciali intese ad aggirarne il divieto onde venire incontro alle necessità dell’emergente economia mercantile e cittadina.

A partire dal XV secolo, le borghesie cittadine, ossia “la gente nuova e i subiti guadagni” cui alludeva polemicamente Dante Alighieri già due secoli prima, iniziarono a scalpitare per emanciparsi dall’orientamento sovra-economico dell’attività economica, per tutta ridurla a mero strumento dell’avidità e dell’accaparramento mondano. Proprio dalla crisi umanista della Cristianità del quattrocento – nacque allora il frazionamento della Res Publica Christiana quale conseguenza dello scisma d’Occidente e, più tardi, della rottura luterana con la conseguente nazionalizzazione ecclesiale a supporto degli emergenti regni nazionali in opposizione al Sacro Romano Impero – prese avvio il processo di emancipazione, e quindi di secolarizzazione, dell’agire economico dal suo contesto teologico tradizionale, con la sostituzione all’etica cristiana della nuova etica umanitaria. Fu quello il primo passo verso l’obiettivo, conseguito soprattutto negli ultimi due secoli, della completa emancipazione della scienza economica da qualsiasi legame con ogni tipo di etica, anche quella umanitaria, in una pretesa di auto-referenzialità, rivelatasi alla fin dei conti dannosa per l’economia pratica.

Quel grande storico dell’economia che fu Amintore Fanfani ha dimostrato, sulla scia di Giuseppe Toniolo ma con una maggiore acutezza di analisi, che la nascita dello “spirito del capitalismo” deve essere retrocessa al XV secolo, ossia alla crisi della Cristianità medioevale. Le ricerche storiche di Fanfani hanno confutato la nota tesi di Max Weber per la quale la radice dello spirito capitalistico andrebbe cercata nell’“ascetismo professionale” del calvinismo. Il protestantesimo, in particolare nella sua forma calvinista, ha soltanto amplificato gli effetti di una svolta di civiltà già in atto da più di un secolo.

All’interno di questa dinamica storica, lo studio dei fenomeni economici assurse in modo pieno al rango di scienza autonoma nel XVIII secolo. La prima, vera e propria, scuola economica, nel senso moderno, fu quella dei fisiocrati. Subito dopo di loro prese forma la scuola classica di economia intorno al pensiero di Adam Smith. Questi era un moralista ma la sua morale, quella dell’anglicanesimo inglese, non era più nutrita dal flusso spirituale che solo l’appartenenza ad una legittima Tradizione può assicurare. La fisiocrazia e la scuola classica entrarono in scena sbandierando il principio della libertà e criticando la politica vincolista, dirigista e protezionista del “mercantilismo” ovvero la politica che nel secolo precedente, accompagnando ovunque la formazione delle monarchie assolute, aveva trionfato con Colbert in Francia.

Alla scuola classica va il merito di aver dato veste scientifica al problema, già intuito in precedenza, dell’equilibrio tra offerta e domanda e quindi del “giusto prezzo”, sforzandosi anche di individuare il metodo migliore per garantire tale equilibrio. Quello del prezzo giusto era un problema antico e ben noto alla riflessione teologica sui fenomeni economici, sin dai tempi della Scolastica medioevale. Non si trattava quindi di una questione nuova. Innovativo fu, invece, l’approccio della scuola classica che individuò nel libero agire delle forze economiche, quindi nella capacità di regolazione spontanea del mercato, lo strumento migliore per assicurare l’equilibrio economico ed il giusto prezzo. La scelta per il libero mercato comportava la critica verso ogni inferenza sovra-economica, di tipo etico o di tipo vincolista. Era la nascita del cosiddetto “laissez faire”.

La scuola classica di economia avrebbe fatto molta strada. La sua impostazione oggettivista, tuttavia, come si dirà, ha avuto un esito inaspettato perché sulle sue basi teoretiche si sarebbe fondata la critica marxiana al capitalismo. La gnoseologia oggettivista che essa fece propria – il reale dotato di una autonoma consistenza rispetto al soggetto conoscente – la poneva ancora, in qualche residuale modo, nella scia dell’eredità “tomista”. Senza dubbio c’era di mezzo la svolta anglicano-protestante che allontanava Adam Smith da Tommaso d’Aquino – in quella svolta, d’altro canto, era già insita la possibilità della reinterpretazione soggettivista dei suoi presupposti che sarebbe intervenuta nella seconda metà del XIX secolo – e tuttavia, al netto di tale lontananza, sussisteva nel pensiero dei classici quel realismo gnoseologico che aveva contrassegnato la filosofia occidentale sulla scia aristotelico-tomista. La scuola classica di economia, infatti, trattava di cose reali, di valore di scambio inteso come valore insito nella materialità dei beni e quindi di equiparazione tra concretezze la cui stima economica non dipende dal soggetto che le utilizza ma è in re ipsa ossia nella loro stessa sostanza. Da qui poi l’idea, errata, che la moneta cartacea di origine bancaria, nata da appena un secolo ai tempi di Adam Smith, fosse una merce – come lo era stata un tempo quella aurea – il cui valore sarebbe funzione della sua rarità, sicché il suo eccesso quantitativo finisce per deprezzarla, ingenerando inflazione, proprio come l’eccesso di una qualsiasi merce ne riduce il valore. Anche il lavoro umano era colto nella prospettiva quantitativa ossia di quanto lavoro è necessario per produrre un bene. In tale ottica Adam Smith definiva il lavoro come “merce” offerta dal lavoratore in cambio di un corrispettivo ossia il salario.

Dopo Adam Smith i postulati teoretici classici furono sviluppati e messi a punto, in chiave scientifica ed analitica, da David Ricardo. Il Karl Marx economista segue pedissequamente la scia di Ricardo portandone ad estremo esito i postulati per rivolgerli contro il capitalismo. Sotto questo profilo anche Marx opera in una qualche misura all’interno della gnoseologia aristotelica-tomista. Filosoficamente Marx dipende da Hegel, quindi dall’idealismo che da Kant in poi aveva criticato aspramente il realismo gnoseologico tradizionale. Tuttavia allo scopo di rovesciare l’idealismo in materialismo egli doveva inevitabilmente approdare sul terreno gnoseologico degli economisti classici, di Ricardo in particolare, assumendone, sub specie economica (altro è il Marx filosofo della storia), la prospettiva realista per portarla alle estreme conseguenze. Ossia da un lato, sulla base dell’idea appunto ricardiano-smithiana del “lavoro merce”, alla teoria del plus-valore per la quale il profitto del capitalista corrisponde al furto di una parte del valore di scambio del lavoro, come tale non adeguatamente retribuito nella stessa quantità impiegata nella produzione, quindi ad una quota salariale non debitamente riconosciuta al lavoratore, e dall’altro lato alla tesi per la quale la pacifica armonia, promessa dal mercato liberato, non sarebbe stata raggiunta fintantoché sussistevano la proprietà privata e l’accumulo capitalista. Soltanto l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione – in un primo momento sottoforma di statizzazione ed in un secondo momento nella forma autogestionaria della società comunista compiuta –, insieme alla contestuale abolizione dello Stato, avrebbe consegnato l’umanità alla prosperità di un mondo senza più conflitti e del tutto a disposizione dell’uomo, finalmente emancipato dalle sovrastrutturali alienazioni religiose e politiche.

La Scuola neoclassica

Se in Marx c’è senza dubbio una matrice di titanismo soggettivista, erede dell’idealismo, il suo ragionar economico dipende, come si è visto, dal realismo della scuola classica di economia, sicché la critica marxiana al capitalismo era praticamente inconfutabile sulla base dei presupposti classici. I vecchi economisti della cattedra non ebbero serie argomentazioni da opporre a Marx fino a quando Carl Menger, nella seconda parte del XIX secolo – la sua opera “Principi di economia” è del 1871 –, non reinterpretò il pensiero dei classici in termini di “utilità marginale”. Il marginalismo mengeriano, infatti, sostiene che alla base dell’agire economico non vi è alcun valore in re ipsa delle cose ma l’apprezzamento soggettivo della loro utilità. E’ il soggetto agente che conferisce valore alle cose a seconda della loro utilità percepita, in un dato momento, e come tale suscettibile di variare nel corso del tempo. Se ho sete, un bicchiere d’acqua ha per me il massimo del valore ma man mano che bevo, e placo la mia sete, il valore di un secondo bicchiere d’acqua è molto inferiore al primo. L’impianto filosofico che sta dietro il mengerismo è evidentemente soggettivista e si riallaccia alla tradizione idealista tedesca. Con questo approcciò era possibile rispondere al realismo marxiano ma al costo di una rimodulazione del pensiero classico, fuoriuscendo del tutto dalla gnoseologia tradizionale.

Menger è stato il fondatore della “scuola austriaca” altresì nota come “scuola psicologica” o “scuola viennese”. Essa è una delle versioni, la più nota, dell’indirizzo neoclassico di economia. I successivi rappresentanti della scuola viennese più conosciuti rispondono al nome di Friedrich von Hayek e Ludwig von Mises. Il soggettivismo neoclassico consentiva di riaffermare, ma su basi nuove, l’individualismo dei classici messo in crisi dall’uso che ne aveva fatto il marxismo per perorarne l’inevitabile esito collettivista. Ma su questa strada, quella soggettivista, è impossibile non imbattersi nello stesso Marx – il Marx coerentemente liberale che esclude la sussistenza dello Stato nella società comunista compiuta – benché per via anarchica. Murray Rothbard, il più brillante allievo di Mises, sviluppò le tesi austriache nel senso di un individualismo così estremo da sfociare nell’anarchismo libertarian – «Il capitalismo è la piena espressione dell’anarchismo e l’anarchismo è la piena espressione del capitalismo» egli ha sostenuto in una intervista (The New Banner: A Fortnightly Libertarian Journal on 25 February 1972) – dando vita al movimento anarco-capitalista o del “capitalismo libertario” espressione avanzata del libertarismo di destra.

Nell’impostazione anarco-capitalista lo Stato deve essere smantellato pezzo per pezzo giacché il mercato non ha alcun bisogno di etero-regolazione per funzionare. Rothbard ha una visione del mercato analoga a quella che della società comunista compiuta aveva Marx: nell’uno e nell’altro caso è l’azione di una mano invisibile o dell’autogestione sociale a rendere possibile la perfetta convivenza, armoniosa ed a-conflittuale, degli uomini. L’economista americano, che trova oggi facile credito tra i teo-conservatori cattolici, ha persino tentato di arruolare, nella sua prospettiva libertaria, la scuola teologica di Salamanca, del XVI secolo, per certi suoi sviluppi di pensiero etico favorevoli alla libertà nei contratti e negli scambi, ed ha provato, per tale via, a reclutare anche il tomismo tra gli antesignani del libertarismo. In realtà egli confondeva il lockismo con il tomismo ossia dava di quest’ultimo una esegesi post-scolastica trascurando che mentre per Locke il fondamento della vita sociale è nel contratto, quindi nella autodeterminazione volontaristica di soggetti, supposti titolari di una libertà assoluta, che ai fini di convivenza regolano sinallagmaticamente questa assoluta libertà, invece per l’Aquinate la comunità politica ha il suo fondamento nella natura sociale dell’uomo come creata da Dio.

Quale fondamento comune

Cosa, dunque, accomuna le diverse scuole economiche liberali, quella classica, quella austriaca, quella neoclassica, quella libertarian? L’elemento comune tra esse è l’approccio individualista al problema economico. Tutte queste scuole – con una parziale esclusione di quella classica che conosce categorie di “classe”, capitalisti, lavoratori, proprietari terrieri, ma soltanto per una mera necessità di inquadramento teorico dei differenti comportamenti individuali – non danno alcun rilievo alla dimensione sovra-individuale dell’economia né ammettono che l’economia possa subire inferenze dalla politica o dall’etica eteronoma (l’etica autonoma, sostanzialmente quella che ritiene bene tutto ciò che l’individuo sceglie per sé autodeterminandosi, è invece ampiamente ammessa dalle scuole liberali, dato che essa coincide sostanzialmente con l’opzione individualista). L’assunzione dell’individualismo a criterio metodologico dell’analisi economica comporta, di conseguenza, che tutte queste scuole hanno un approccio di tipo microeconomico, perché esse se non negano quantomeno sottovalutano l’inevitabile connessione dell’economia con i superiori ambiti del Politico e dell’Etica eteronoma. Affinché anche la scienza economica moderna scoprisse questa connessione, che poi si trattò di una riscoperta, è stato necessario aspettare la nascita, nel XX secolo, della “macroeconomia” affermatasi sull’onda del keynesismo. A seguito di questa (ri)scoperta le stesse scuole liberali sono state costrette a prendere in considerazione anche gli aspetti macroeconomici del funzionamento dell’economia moderna.

Quando nel 1891, vent’anni dopo la pubblicazione del libro di Carl Menger, Leone XIII, con la “Rerum Novarum”, ammonì che “il lavoro non è merce”, spiegando che la rivendicazione del “giusto salario” aveva un ineccepibile fondamento etico, ad essere messi sotto accusa non furono soltanto i classici – e con essi il marxismo che ragionava come questi circa l’essenza ed il valore del lavoro – ma anche i marginalisti neoclassici giacché l’ammonimento pontificio, in favore della dignità del lavoro inteso come espressione spirituale dell’uomo e non come merce, entrò in rotta di collisione anche con l’approccio, ad esso, in termini di utilità marginale. Infatti, secondo la prospettiva neoclassica l’imprenditore valorizza il lavoro dei dipendenti in funzione dell’utilità marginale del processo produttivo, per cui laddove la tecnica consente di impiegare meno lavoro questo si riduce in termini di valore soggettivo per il datore di lavoro reso così irresponsabile della sorte dei lavoratori in eccesso. Leone XIII opponeva al marginalismo il superiore principio sovra-economico della dignità del lavoratore, imprescindibile anche sotto il mero profilo del calcolo economico che diventa miope e di corto respiro, quindi distruttivo nel lungo periodo, se non tiene conto della “costante etica”. Quel grande Pontefice rivendicava la dimensione ontologica del lavoro umano inteso come espressione della spiritualità della persona “imago Dei” e quindi rigettava, come eticamente inammissibile, qualsiasi teoria economica che guardasse al lavoro dell’uomo – qualunque lavoro, intellettuale o manuale – nei termini di una merce ma anche in quelli di utilità marginale.

Offerta e domanda: da Jean-Baptiste Say a John Maynard Keynes

C’è, però, un altro elemento che accomuna le diverse scuole economiche liberali. Esse, nessuna esclusa, hanno elaborato i loro paradigmi esclusivamente dal punto di vista di chi guarda dal lato dell’offerta, del tutto trascurando il lato della domanda. Questo sostanziale strabismo, oltre a presentare non pochi problemi etici, porta, contrariamente alle attese di ampliamento della prosperità generale, al fallimento del mercato.

L’approccio “offertista” delle scuole liberali deriva dalla legge fondamentale dello schema economico classico, non superata neanche dalla successiva riformulazione neoclassica, nota come “Legge del Say”. Tale legge, conosciuta anche come legge degli sbocchi, fu formulata tra XVIII e XIX secolo da Jean-Baptiste Say (1767-1832). Nel Capitolo XV del Libro I del suo “Trattato di economia politica”, del 1803, egli la formulò nei seguenti termini:

«Un prodotto terminato offre da quell’istante uno sbocco ad altri prodotti per tutta la somma del suo valore. Difatti, quando l’ultimo produttore ha terminato un prodotto, il suo desiderio più grande è quello di venderlo, perché il valore di quel prodotto non resti morto nelle sue mani. Ma non è meno sollecito di liberarsi del denaro che la sua vendita gli procura, perché nemmeno il denaro resti morto. Ora non ci si può liberare del proprio denaro se non cercando di comperare un prodotto qualunque. Si vede dunque che il fatto solo della formazione di un prodotto apre all’istante stesso uno sbocco ad altri prodotti».

Dunque per il Say il denaro ricavato dalla vendita sarebbe destinato immediatamente alla spesa, sicché il venditore è sempre anche un compratore e questo offre uno sbocco alla produzione altrui. La prospettiva scelta dal Say è orizzontalista, perché immagina il mercato come un sistema di agenti economici nella stessa condizione che interagiscono in una relazione di scambio, do ut des, con tutti gli altri. Uno scenario mai realmente esistito nella storia, neanche nei tempi medioevali allorché la produzione era questione di liberi artigiani riuniti in gilde. Infatti anche nel medioevo esistevano gerarchie interne alle stesse gilde, che già conoscevano pertanto la realtà del lavoro salariato, e, soprattutto, la produzione artigiana era dipendente dall’egemonia finanziaria e creditizia dei mercanti-banchieri, tanto che ben presto quello artigiano si trasformò in lavoro a cottimo nel quale veniva già prefigurato il lavoro salariato su ampia scala del capitalismo futuro. Sulla base della sua concezione a-storica ed astratta della produzione e del mercato, Say sosteneva che in regime di libero scambio non sarebbero possibili crisi prolungate, poiché «l’offerta crea la domanda». Secondo questa prospettiva “offertista” in una economia di libero mercato ciascuno, ai prezzi correnti in un dato momento, sceglie di essere compratore o venditore. Sicché se si verifica un eccesso di offerta, i prezzi tenderanno a scendere e la discesa dei prezzi renderà conveniente nuova domanda. Ecco perché, secondo Say, l’offerta sarebbe sempre in grado di creare la propria domanda. Pertanto, in caso di crisi da sovrapproduzione, il rimedio non deve essere cercato in un intervento dello Stato ma nella presunta capacità auto-regolatoria del mercato, il quale in regime di libero scambio fungerebbe di per sé da rimedio, portando di necessità alla formazione di un nuovo equilibrio economico. Il Say – ecco il punto – nel suo approccio orizzontale, incapace di vedere che nel mercato sussistono gerarchie e verticalità di reddito ossia di ceto, non riusciva a comprendere che proprio il postulato del laissez faire, la ricerca individualistica del massimo profitto al minor costo, oltre una certa misura apriva la via al fallimento del mercato giacché tra i costi da ridurre, affinché l’imprenditore possa conseguire il massimo profitto, c’è anche il costo del lavoro. Il quale, anzi, senza le opportune tutele, è il più facile da comprimere. Ma comprimere il costo del lavoro, ossia i salari, significa deprimere la domanda e quindi impedire lo sbocco che, stando alla legge dal Say postulata e che porta il suo nome, avrebbe dovuto essere automaticamente garantito per il solo fatto dell’offerta sul mercato del prodotto finale. La “profezia” marxiana sul crollo del sistema capitalistico faceva leva su aporie come questa. E se è vero che il capitalismo non è crollato, come pensava Marx, esso ha comunque dimostrato tutta la sua non eticità, causa principale delle ricorrenti crisi che lo affliggono. In altri termini, Say non comprese che l’egoismo non funziona, neanche in economia, perché danneggia il funzionamento del mercato anziché favorirlo. La “mano invisibile” è eticamente cieca e, per questo, alla lunga, anche economicamente inefficace.

L’importanza storica della Legge del Say sta nel fatto che essa fu assunta quale principio fondamentale della scuola classica e tale restò anche nella riformulazione neoclassica. Tutte le politiche dei governi occidentali, fino agli anni ’30 del XX secolo, furono guidate da tale principio e di fronte alle crisi si reagiva con provvedimenti atti, presuntamente, a favorire l’offerta senza porsi minimamente il problema della domanda. Tanto, sulla base della visione classica e neoclassica, la domanda sarebbe tornata a livelli ottimali automaticamente per la dinamica stessa del mercato. Uno dei principali provvedimenti che le politiche economiche offertiste utilizzavano – ed utilizzano ancor oggi – è la riduzione dei salari onde consentire al produttore offerente di abbassare i costi del prodotto ed ingenerare così il nuovo equilibrio di mercato. In realtà, si tratta di un suicidio economico paragonabile al salasso praticato ad un anemico.

La scienza economica iniziò a rendersi conto dell’infondatezza del postulato del Say soltanto negli anni ’30 del secolo scorso per opera, in particolare, di John Maynard Keynes. Questi ebbe il merito di conferire dignità scientifica al pensiero di diversi economisti dilettanti, come il maggiore Charles Douglas e Silvio Gesell teorico della cosiddetta “moneta prescrittibile”, i quali, benché confusamente, avevano già individuato le origini delle crisi di mercato, delle recessioni e delle depressioni, nella insufficienza della domanda. Questi dilettanti dell’economia, pur senza riuscire a dare alle loro intuizioni quella veste scientifica necessaria a non essere snobbati dall’accademia, avevano messo in discussione il postulato classico e neoclassico: l’offerta non genera automaticamente domanda. La sovraproduzione è soltanto il sottoconsumo visto dal lato dell’offerta sicché se ci poniamo, invece, dal lato della domanda emerge che è la flessione di questa ad impedire alla produzione di trovare mercato, con la conseguenza che le merci restano invendute nei magazzini innescando il crollo dei profitti. In qualche modo, dunque, è piuttosto l’offerta a dipendere dal livello della domanda, ossia – questo è il punto – dal livello del reddito dei produttori che sono anche i consumatori.

Il Gesell, che fu anche ministro della Repubblica socialista bavarese del primo dopoguerra, proponeva, onde far circolare il denaro e sostenere la domanda, la moneta prescrittibile, ossia una moneta che perdeva valore se non fosse stata periodicamente bollinata dall’Autorità. In tal modo egli non fece altro che proporre un espediente affinché fosse impedita la tesaurizzazione monetaria e favorita, pena la perdita di valore, la spesa dei consumatori e, quindi, per tale via, stimolata la domanda. La moneta geselliana ebbe pratica applicazione, tra le due guerre mondiali, in alcuni villaggi austriaci, con ottimi risultati, finché non intervenne la Banca centrale ad impedirne l’uso. Molti anni dopo, nel 2000, un esperimento simile fu tentato nella cittadina abruzzese di Guardiagrele, in base alle idee sulla “proprietà popolare della moneta” del giurista Giacinto Auriti professore ordinario di diritto internazionale e teoria generale del diritto. Anche in tal caso con ottimi risultanti di stimolo della stagnante domanda, fino a che non arrivò, puntuale, l’intervento repressivo della Banca d’Italia.

John Maynard Keynes, nella sua “Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta” (1936), facendo tesoro delle intuizioni dei citati dilettanti, in particolare di quelle di Gesell, ha smontato il postulato portante dell’economia classica, ossia la Legge di Say, dimostrando che l’assunto sulla base del quale essa fu formulata, ossia l’automatica generazione di domanda provocata dall’immissione di un prodotto sul mercato, è falso in quanto il detentore di moneta può essere motivato a tesaurizzarla invece che spenderla. La tesaurizzazione consiste nella fuoriuscita di parte del reddito, ricevuto sotto forma di salari, profitto o interesse, dal circuito economico definito dalla circolazione monetaria. Keynes, in altri termini, portò il discorso dall’ambito microeconomico, all’interno del quale ragionava l’economia classica, a quello macroeconomico. In tale ambito, infatti, piuttosto che la domanda sic et simpliciter è necessario prendere in considerazione la “domanda aggregata”, ossia la domanda nella sua dimensione sovra-individuale e pertanto “politica”. La domanda aggregata può flettere verso il basso per una serie di cause una delle quali, tra le principali, è l’eccessiva diseguaglianza reddituale tra i fattori della produzione, ossia capitale, tecnica e lavoro.

In sostanza Keynes indicava tra le cause che sono all’origine delle ricorrenti crisi del mercato capitalistico anche l’ingiusto trattamento salariale e suggeriva una maggiore equità sociale quale rimedio alle recessioni, in controtendenza con quanto fino a quel momento si era fatto per affrontare le crisi ossia ridurre i salari. Keynes, che non era un socialista ed anzi si riteneva un conservatore benché riformista, poneva all’attenzione degli imprenditori la cecità delle politiche economiche intese al contenimento salariale che, oltretutto, favorivano il conflitto anziché la pace sociale. I suoi contraddittori gli rimproveravano di non tener conto del fatto che gli aumenti salariali si traducono in aumento dei costi di produzione e quindi del prezzo di mercato dei prodotti, in altri termini in inflazione. Keynes rispondeva, a questo genere di critiche, che l’inflazione da costo del lavoro – perché altro discorso è quello da farsi per l’inflazione da costo delle materie prime, come quella oggi riapparsa a seguito della pandemia, o per l’inflazione da domanda quando si inceppa l’offerta – si verifica solo quando l’economia raggiunge la sua piena capacità produttiva. Prima di allora, l’aumento della domanda richiede un aumento dell’offerta: se un numero maggiore di lavoratori viene assunto per produrre quantità maggiori di beni e servizi, allora la domanda e l’offerta crescono congiuntamente.

Negli stessi anni nei quali Keynes sviluppava le sue innovative idee, lo stesso problema, ossia la centralità della domanda, fu intuito, nei termini etici tipici della dottrina sociale della Chiesa, che è per l’appunto una branca della teologia morale, da un grande pontefice, Pio XI, il quale nell’enciclica “Quadragesimo Anno”, del 1931, indicò, come causa dell’ingiustizia e della crisi, il fatto che “il capitale troppo ha preteso di aggiudicare a sé stesso”. Pio XI e Keynes convergevano, per strade diverse, nell’individuazione della radice sovra-economica del problema economico. Lo squilibrio economico e sociale, generatore del conflitto e delle crisi, ha cause innanzitutto etiche che afferiscono alla tendenza umana all’egoismo. Non è, dunque, vero che dal libero agire degli egoismi individuali sortisce il migliore dei mondi possibili, come ritengono le scuole liberiste. Tuttavia, mentre il Pontefice, senza trascurare le soluzioni politiche, perorava innanzitutto la “metanoia”, ossia la “conversione del cuore”, per rimediare efficacemente al “peccato sociale”, Keynes guardava essenzialmente proprio alle soluzioni di politica economica. La distanza tra i due approcci si assottiglia laddove si consideri che la scelta per politiche di indirizzo sociale abbisogna in qualche modo, se non di una vera e proprio metanoia in senso teologico, comunque di una apertura ad una dimensione umana che non può prescindere da una sensibilità etica. Non era dunque un caso se l’economista inglese riteneva necessario un alto standard morale per l’azione politica e, quindi, che persone di alta statura morale, dotate di senso dello Stato e di senso del bene comune, siano poste a capo delle Istituzioni pubbliche affinché queste, con saggi interventi di politica economica, possano rendere più efficace e giusto il funzionamento del mercato.

Come ha rilevato Maria Cristina Marcuzzo, in “Moneta e credito” vol. 70, n. 277, marzo 2017: «Lasciare che gli individui perseguano il proprio interesse personale – come nella parabola di A. Smith dove il benessere sociale è il risultato del perseguimento del profitto individuale, come fa “il macellaio, il birraio e il panettiere”, è un’idea che non ha validità generale, perché non ci sono sempre forze in grado di armonizzare gli interessi individuali e in secondo luogo perché l’esito aggregato del comportamento economico non è lo stesso di quello individuale. Se l’obiettivo è di cambiare il contesto in cui gli individui agiscono e ottenere cambiamenti di atteggiamento bisogna prioritariamente modificare il modo in cui viene visto il problema economico. A questo risultato Keynes ritiene si possa arrivare usando il potere della persuasione. In una lettera a Thomas S. Eliot del 5 aprile 1945, scrive: “il compito principale è suscitare la convinzione intellettuale e poi intellettualmente trovare i mezzi. Il problema è la mancanza di intelligenza, non di bontà […]. Quindi la politica della piena occupazione è solo una applicazione particolare di un teorema intellettuale” (Keynes, 1980b, p. 384)».

Persuasione diceva Keynes, metanoia sosteneva, in una visione più alta, Pio XI. Ma entrambi indicavano nella dimensione sovra-economica la radice di una economia più giusta.

Il moltiplicatore keynesiano e la critica monetarista

Per Keynes, tuttavia, una politica salariale “giusta” non è in grado da sola di risolvere il problema del sostegno alla domanda aggregata. Infatti la tendenza alla tesaurizzazione, soprattutto nei periodi di crisi quando la gente ha paura del futuro, può manifestarsi anche tra i lavoratori salariati, che così non spendono il loro reddito direttamente o tramite il conferimento del risparmio al sistema bancario il quale, per la stessa tendenza a tesaurizzare, che nel suo caso si identifica con il timore del rischio nell’incertezza della stabilità economica, non spinge adeguatamente le possibilità di investimento fino al limite massimo consentito in un dato momento. Un ruolo fondamentale, nel sostegno della domanda, lo gioca, secondo Keynes, la spesa pubblica.

Laddove gli economisti classici e neoclassici denunciavano la rigidità salariale imposta dalla contrattazione sindacale come causa di impedimento della flessibilità di cui necessita il mercato, Keynes rispondeva che non è la rigidità salariale a spiegare l’inefficacia del mercato ma il basso livello della domanda aggregata. La differenza maggiore tra Keynes e gli economisti di scuola liberista sta però nel fatto che egli sottrae ai prezzi, quindi anche ai salari, che sono il prezzo di remunerazione del fattore lavoro, ed al tasso di interesse, che è il prezzo di remunerazione del prestito di investimento, il ruolo principale nell’aggiustare la domanda e l’offerta allo scopo di avviare il sistema verso un equilibrio di pieno impiego. Lo strumento più sicuro nel sostegno alla domanda aggregata, senza usare il quale questo sostegno non si concretizza nella misura necessaria, è, per Keynes, la spesa pubblica in deficit. Ma – attenzione! – l’economista di Cambridge non è affatto favorevole ad un indiscriminato uso di investimenti pubblici, finanziati in deficit di bilancio, come troppo facilmente si pensa. Infatti il suo appello, come espresso nella “Teoria generale”, alla necessità dell’intervento dello Stato va interpretato nel senso che allo Stato basta soltanto il controllo del livello totale degli investimenti, attraverso una azione diretta o indiretta, ma guardando sempre all’incentivo di mercato, ossia all’iniziativa privata, che non deve essere soppressa. Lo Stato deve creare un clima di fiducia per gli imprenditori ed investitori e questo è possibile in considerazione della tendenza degli investimenti privati a seguire quelli pubblici, giacché questi ultimi aumentando il livello di domanda aggregata attirano i primi con la prospettiva di un alto livello di domanda pubblica e privata e quindi con la possibilità di trovare sbocchi alla produzione. Nella “Teoria generale” questo è detto esplicitamente e, laddove non si falsifica il suo pensiero, l’immagine di un Keynes “statalista” o “assistenzialista” cade inesorabilmente. In altri termini, l’economista inglese non assegna allo Stato altre funzioni che non siano quelle di una politica di sostegno attivo della domanda aggregata tale, però, da non risolversi in una spesa pubblica improduttiva o in una “burocratizzazione” dell’economia.

Sotto questo profilo il cuore della teoria keynesiana è il cosiddetto “moltiplicatore”. Si tratta della formula per la quale ad ogni aumento della spesa autonoma (ad esempio investimenti o esportazioni) corrisponde – attraverso la spesa indotta (consumi, al netto delle imposte e delle importazioni) – un aumento di reddito maggiore della spesa iniziale se esistono contestualmente capacità produttiva inutilizzata e disoccupazione. Di qui il nome di moltiplicatore dato agli effetti della spesa in deficit di bilancio, cioè la spesa pubblica maggiore del gettito fiscale. Nella teoria keynesiana il moltiplicatore è capace di generare reddito e, quindi, il risparmio ed il gettito (in funzione del reddito creato) necessari a finanziare l’investimento iniziale.

La critica monetarista di Milton Friedman, negli anni sessanta del secolo scorso, si appuntò proprio sugli effetti del moltiplicatore keynesiano, fino ad allora incontestati. Milton Friedman dimostrò che il valore del moltiplicatore è molto più basso di quanto si era ritenuto per trent’anni perché il consumo non risponde in modo proporzionale all’aumento del reddito. La critica monetarista aprì una stagione di nuova sfiducia sull’efficacia della politica fiscale, ossia della politica di spesa statale. A tale critica – che coagulò intorno ad essa la formazione della cosiddetta “Nuova Scuola Classica” egemone per tutti gli anni ottanta e novanta ossia quelli dell’affermarsi del neoliberismo – i “Nuovi Keynesiani” opposero una difesa, teoricamente debole, perché relegarono l’efficacia del moltiplicatore al breve periodo senza più pretese di affermarla nel lungo periodo.

Ma la storia è soprattutto storia dell’imprevedibilità che contrassegna la dinamica della lotta tra paradigmi e le conseguenti, sempre illusorie, egemonie scolastiche: «Fino alla crisi del 2007-2008 – scrive ancora Maria Cristina Marcuzzo nel suo contributo già citato – la maggior parte degli economisti in università prestigiose, in istituzioni come la World Bank e il FMI, in autorevoli giornali e riviste come il Financial Times e l’Economist accettò le stime di un basso valore del moltiplicatore come prova dello scarso o addirittura nullo impatto della spesa pubblica. Gli argomenti tradizionali contro gli interventi congiunturali – ritardi nei meccanismi decisionali e d’implementazione – uniti all’ipotesi di aspettative razionali di agenti che anticipano e neutralizzano l’azione dell’autorità pubblica, facevano apparire impossibile utilizzare al momento giusto la politica fiscale come strumento per rilanciare l’economia. Tuttavia il moltiplicatore è ritornato sulla scena dopo la crisi [del 2008]. Negli anni cinquanta e sessanta, all’apice del Keynesismo, si stimava che il valore del moltiplicatore fosse approssimativamente pari a due. Negli anni novanta e duemila le stime econometriche mostravano valori molto bassi, assestandosi intorno a 0,5-0,7. Nel 2009 il FMI e la UE portano le stime del moltiplicatore all’interno di una forchetta tra 0,9 e 1,7 (Marcuzzo, 2014). Finalmente abbiamo di nuovo un moltiplicatore che moltiplica, perché questo non si può non vedere – come nel caso dell’Europa dell’austerità – quando la spesa autonoma si riduce».

Domanda aggregata e redistribuzione degli utili

Anche se Keynes affida all’effetto moltiplicatore della spesa pubblica il ruolo principale nel sostegno della domanda aggregata, non si deve credere, con troppa facilità, che egli considerasse del tutto secondario lo strumento della giusta politica salariale. Al contrario, egli guardava ad essa sia per motivi etici che per motivi economici. Non mancò infatti di indicare in un buon livello salariale un elemento comunque importante nelle politiche di sostegno della domanda effettiva.

Questo ci porta, ora, – nel contesto del presente contributo inteso a richiamare l’attenzione sulla dimensione sovra-economica del problema di una sana economia – ad esaminare la soluzione partecipativa del rapporto tra azienda e dipendenti nell’ottica del rafforzamento della domanda e del contemperamento di quest’ottica con una visuale non del tutto dimentica, sarebbe un errore anche questo, del lato dell’offerta.

Generalmente si parla del “salario di produttività” come di uno strumento per assicurare una dinamica salariale che, in quanto legata agli andamenti della produttività, venga incontro alle esigenze rivendicative dei lavoratori senza indurre spinte inflattive, da costo del lavoro, sul prezzo finale della produzione. Molti, tuttavia, confondono il “salario di produttività” con la “partecipazione agli utili” benché le due cose non coincidano in maniera perfetta, dato che il primo sembra piuttosto connettere i soli aumenti salariali al saggio di produttività mentre la seconda tende piuttosto alla redistribuzione di una quota dell’utile netto ai dipendenti.

La dinamica partecipativa del salario – qui sta la sua diversità – agisce sia dal lato dell’offerta che dal lato della domanda perché essa per un verso presuppone che sia conseguito un margine di profitto e per l’altro verso realizza la redistribuzione della ricchezza prodotta a sostegno della domanda. In un’ottica partecipativa il lavoro da mero costo nel calcolo economico dell’imprenditore tende a diventare suo socio, apportatore di know-how professionale esecutivo al complesso patrimoniale aziendale. Senza, come si è già detto, provocare spinte inflattive ma adempiendo pienamente al sostegno della domanda.

Orbene, proprio perché per loro natura svolgono una funzione redistributiva della ricchezza, tali strumenti di politica sociale e aziendale non sono affatto indifferenti in una prospettiva keynesiana, che, come sappiamo, guarda prevalentemente dal lato della domanda. Infatti – sia nella forma del salario di produttività sia in quella della più piena partecipazione agli utili netti – siamo comunque di fronte ad una redistribuzione di reddito in favore del lavoro e, pertanto, a cospetto di uno strumento in controtendenza all’accentramento ed alla concentrazione al vertice della ricchezza prodotta. Partecipazione agli utili e salario di produttività possono assumere un significato etico, oltre che economico, rispondendo alla necessità di restituire l’economia ad una visione più sociale, onde rimediare alla frattura intervenuta, con la modernità, tra etica e dimensione economica e, quindi, ripristinare una corrispondenza tra l’una e l’altra pur nella reciproca autonomia che non deve per forza significare indifferenza o chiusura.

Se mediante la partecipazione agli utili e/o il salario di produttività si ottiene una redistribuzione del profitto per scivolamento di esso dal vertice verso la base – dove il vertice va inteso come lavoro direttivo all’interno dell’impresa, quindi come apporto intellettuale dell’imprenditoria ben diverso dal capitale finanziario che svolge soltanto funzione di apporto capitalistico e che in quanto tale non è lavoro – il problema dell’adeguato livello della domanda aggregata, la quale, al netto del moltiplicatore della spesa pubblica in deficit, è proporzionale al reddito dei lavoratori/consumatori ossia al livello del salario trova una efficace soluzione nella prospettiva di una dinamica salariale che finisce, in termini macroeconomici, per costituire una componente importante della domanda aggregata, senza che possa obiettarsi che la partecipazione, non agendo direttamente sul livello di base del salario, quello contrattualmente stabilito ex ante al ciclo produttivo, ma soltanto sulla distribuzione dell’utile, presuppone, per essere benefica all’aumento del reddito dei lavoratori, il conseguimento del profitto, perché, in fin dei conti, anche il salario di base presuppone una redditività attiva dell’impresa. Infatti, senza tale attivo, anche il salario di base verrebbe meno, non solo la distribuzione dell’utile o della maggior produttività.

Lo strumento partecipativo pertanto non può essere disgiunto, come pensano alcuni “offertisti”, dalla questione del livello della domanda aggregata che dipende essenzialmente dalla distribuzione del profitto, tanto in termini di livello salariale contrattato ex ante, all’avvio del ciclo produttivo, quanto in termini di conseguimento del margine di profitto a ciclo concluso. Infatti sia il salario contrattato sia l’utile, da redistribuire mediante partecipazione al suo netto o al quale il salario variabile in funzione della produttività consente di partecipare, altro non sono che quote del profitto lordo d’impresa il quale, però, non è riproducibile nel lungo periodo se prevalgono miope ed errate politiche di accentramento. In altri termini, la partecipazione garantisce la domanda aggregata mediante una ampia diffusione del reddito. La redistribuzione in favore dei lavoratori di una quota del profitto aziendale, attraverso la partecipazione agli utili netti o il salario di produttività, sostiene il livello della domanda aggregata, apportando l’equilibrio benefico necessario all’efficace funzionamento del mercato.

Il cuore chiuso volge all’abisso

Abbiamo visto che Keynes a chi gli rimproverava di non tener in debito conto il rischio dell’inflazione da costo del lavoro – che finisce per “mangiarsi” gli aumenti salariali nominali aggrediti dalla perdita di potere d’acquisto reale a causa dell’aumento conseguente dei prezzi finali – rispondeva che quel rischio si avvera soltanto quando l’economia raggiunge la sua piena capacità produttiva e quindi il pieno impiego. Ciononostante l’effettivo emergere di spinte inflazioniste anche prima del raggiungimento della massima capacità produttiva e di impiego è stato il fattore che maggiormente ha creato difficoltà pratiche all’accettazione delle soluzioni keynesiane da parte imprenditoriale, mentre la controparte sindacale ha spinto alla loro implementazione.

Nella dinamica del capitalismo reale, quello nel quale in passato prevaleva l’elemento patrimoniale sul finanziario, l’imprenditoria si era convinta, dopo diverse sollecitazioni politiche e sindacali, della necessità di guardare anche dal lato della domanda. Un esempio di tale atteggiamento intelligente è quanto affermava, negli anni ’30, Henry Ford circa la necessità di politiche salariali tali da consentire ai suoi operai la possibilità di acquistare l’auto che essi contribuivano, con il loro lavoro manuale, a produrre. Altri industriali hanno avuto atteggiamenti di resistenza all’idea di assicurare livelli salariali adeguati al livello di domanda necessario per fornire sbocco di mercato alla produzione, in quanto, in una visuale microeconomica, essi guardavano, insensatamente, al profitto di breve periodo e perché, sotto il profilo macroeconomico, temevano l’inflazione da costo del lavoro. Tuttavia il percorso storico dell’Occidente, nel XX secolo, dimostra che, alla lunga, l’imprenditoria ha ceduto a prospettive di medio-lungo termine per favorire, nel breve, livelli salariali più equi. Pur senza andare fuori mercato, le imprese impararono a puntare al mantenimento tendenziale del saggio di profitto nel medio-lungo periodo attraverso il contenimento nel breve periodo del livello dei profitti medesimi, in modo da evitare l’automatico aumento del prezzo finale a fronte degli aumenti salariali necessari ad aggiustare la domanda. Vigeva la convinzione diffusa che in ogni fase storica, posto un certo livello tecnologico, vi sia un ottimale livello di domanda aggregata, quindi anche di salario, tale da consentire il maggior profitto possibile nelle circostanze date. In questo contesto, le esperienze di partecipazione agli utili e di salario di produttività hanno consentito, mediante la giusta redistribuzione di parte del profitto verso i lavoratori, il raggiungimento dell’obiettivo del sostegno alla domanda evitando il rischio di eccessive spinte inflattive da costo del lavoro, ossia da aumento salariale.

Questo tipo di capitalismo era di segno produttivista, afferiva all’economia reale, e, bene o male, aveva una qualche forma di etica sociale perché non era ancora ossessionato dall’avidità finanziaria che, nella übris del profitto immediato ed a tutti i costi, impone, oggi, il conseguimento della subitanea e massima reddittività sciolta da qualsiasi considerazione sovra-economica. Con il passaggio dalla modernità solida alla postmodernità liquida, il capitalismo si è trasformato diventando volatile, finanziario, speculativo. Il nuovo capitalismo high tech non aspetta, pazientemente, i tempi di sviluppo di un progetto industriale ma vuole profitti subitanei ed immediati, secondo fixing semestrali, trimestrali, quotidiani. Esso non è più mosso dall’inventiva, dalla creatività, dall’investimento a lungo termine, dalla laboriosità intellettuale e manuale, in altri termini dall’etica del lavoro. Il suo motore, oggi, è la finanza che pretende di estrarre denaro dal denaro senza alcuna considerazione per la produzione reale che viene in considerazione soltanto in quanto strumentale alla speculazione e non in quanto progettualità benefica per l’intera comunità aziendale, territoriale, politica. Figuriamoci allora se questo tipo di capitalismo possa avere una qualche considerazione per il lavoro, che anzi, nella sua visione è soltanto un costo da abbattere quanto prima mediante la sostituzione tecnologica del fattore umano. La cecità di tale visione è, però, evidente a chi sa ancora guardare dal lato della domanda. Infatti, non a caso, onde evitare l’implosione del sistema nella prospettiva della sua totale robotizzazione e digitalizzazione, gli alfieri del capitalismo finanziario, quelli del Word Economic Forum che ogni anno si riuniscono a Davos come anche quelli del “Gruppo dei Trenta”, al quale appartiene Mario Draghi, puntano a forme di reddito senza lavoro, come il “reddito di cittadinanza”, ed alla riduzione malthusiana della popolazione, in modo da continuare a garantire una domanda alla produzione automatizzata ma al prezzo della disumanizzazione del lavoro e della mortificazione della creatività umana sostituita dagli automi.

É proprio qui, in questa liquefazione postmoderna del reale in virtuale e del patrimoniale nel finanziario, che emerge il lato oscuro, ambiguo, preoccupante del percorso storico in atto e delle trasformazioni nella struttura stessa del capitalismo. Se, come abbiamo visto, un sano sistema economico che sia anche un sistema economico di giustizia sociale, dipende da meccanismi di equilibrio della domanda aggregata con l’offerta aggregata, che tengano conto della priorità della prima senza trascurare la seconda, alla fin fine tutto dipende, nell’economia reale, prima che dalle opportune politiche e dalle giuste soluzioni tecniche, dalla disponibilità del cuore umano verso un approccio etico, che per alcuni può essere anche un approccio spirituale secondo prospettive di tipo confessionale. Un approccio la cui tragica assenza si va manifestando nel passaggio ad una economia egemonizzata dall’avidità della finanza apolide ed asociale. Un’economia contrassegnata da una nuova forma di totalitarismo cibernetico che nella liquidità individualista volge verso il transumanesimo fino al miraggio della ibridazione uomo-macchina oggi consentita dalla biotecnologia invasiva. Lo scenario in fieri richiama immancabilmente antiche ammonizioni escatologiche, dimenticate dai più. Infatti, anziché cercare la metanoia, sembra proprio che l’uomo di questa epoca volga il suo cuore verso l’abisso del “mistero di iniquità”. Il quale, tra i tanti volti con cui si manifesta, predilige quello an-etico, anonimo, presuntivamente senza limiti, della potenza finanziaria e tecnologica.

Il cuore dell’uomo, quando è chiuso alla Luce, è esso stesso un abisso, ammoniva Agostino di Ippona.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/alle-radici-sovraeconomiche-del-problema-economico-di-luigi-copertino/

 

 

 

Infografica – Sanzioni dell’UE in risposta all’invasione russa dell’Ucraina

L’UE ha adottato sanzioni in risposta all’attacco militare senza precedenti e non provocato della Russia nei confronti dell’Ucraina e all’annessione illegale delle regioni ucraine di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson.

Le misure sono concepite per indebolire la base economica della Russia, privandola di tecnologie e mercati fondamentali e limitando in modo significativo la sua capacità bellica.

In questo contesto l’UE ha adottato sanzioni anche nei confronti di:

  • Bielorussia, in risposta al suo coinvolgimento nell’invasione dell’Ucraina
  • Iran, in relazione alla fabbricazione e alla fornitura di droni

Questa infografica fornisce una panoramica delle sanzioni adottate fino ad oggi.

Panoramica delle sanzioni adottate dall'Unione europea nei confronti della Russia in risposta alla guerra in Ucraina
FONTE: https://www.consilium.europa.eu/it/infographics/eu-sanctions-russia-ukraine-invasion/

 

 

Il mancato crollo dell’economia russa dopo un anno di guerra e sanzioni
da www.transform-italia.it – 01 Marzo 2023 – p. 1 di 11
di Alessandro Scassellati
A distanza di un anno dall’avvio di quella che Putin ha definito “operazione militare speciale” in Ucraina, l’economia russa regge, non è crollata in pochi mesi come era stato predetto da parte di politici ed analisti. I paesi del G7, Australia e Svizzera che si sono schierati in appoggio dell’aggredita Ucraina, hanno deciso di imporre migliaia di sanzioni (giunte al decimo pacchetto da parte della UE (1) a persone, imprese ed entità associate al complesso militare-industriale russo. Misure che hanno avviato il progressivo “disaccoppiamento” dell’economia russa da quelle occidentali, in particolare da quelle dei paesi dell’Unione Europea, ma non hanno fatto tracollare l’economia russa. Il presidente Biden, annunciando il primo pacchetto di sanzioni americane, affermò che lo scopo era quello di provocare un livello di distruzione pari a quello che i missili e i carrarmati russi causavano in Ucraina e fermare velocemente l’invasione. In questo articolo
proviamo a capire cosa è successo e cosa potrà succedere nel prossimo futuro.

Resilienza dell’economia russa

I dati del 2022, usciti di recente, evidenziano che l’economia russa, pur avendo subito un considerevole rallentamento, ha reagito molto meglio delle attese. Certamente l’economia russa ha sofferto per la progressiva chiusura dei mercati occidentali che avevano contribuito a stimolare la sua crescita post-sovietica e si sta ripiegando su sé stessa. Inoltre, sebbene la Russia rivela poco sulle finanze del settore della difesa, Mosca sta dirottando quasi un terzo dei fondi di bilancio di quest’anno ($ 155 miliardi) per le sue operazioni militari in Ucraina, con tagli per scuole, ospedali e strade in patria (2). Con le sanzioni che mettono sotto pressione le entrate statali, la Russia prevede che il deficit di bilancio raddoppierà a 3 trilioni di rubli nel 2023, ovvero il 2% del PIL, e gli analisti ritengono che potrebbe raggiungere i 4,5 trilioni di rubli. L’aumento della spesa e il crollo delle entrate hanno portato a un deficit di bilancio di $ 45 miliardi nel 2022 e a $ 25 miliardi a gennaio
2023. Per colmare il divario, il governo ha già attinto al suo Fondo Nazionale Sovrano (FNS) e ha anche preso in prestito $ 14 miliardi in un’offerta di obbligazioni in rubli nel novembre 20223. Il debito pubblico russo dovrebbe salire al 17% del PIL nel 2023 (più velocemente della crescita economica del paese), una quota bassa rispetto agli standard internazionali, ma i costi di servizio aumenteranno fino al 6,8% della spesa totale nel 2025 dal 5,1% attuale, superando i finanziamenti per la sanità e l’istruzione. La banca centrale, la cui analisi della salute economica della Russia è costantemente più pessimista di quella di Putin, ha avvertito che l’ampliamento del deficit di bilancio è inflazionistico e ha affermato che è più probabile che quest’anno aumenti i tassi di interesse dal 7,5% piuttosto che tagliarli.
In ogni caso, nel 2022 l’economia russa si è dimostrata agli occhi di molti osservatori inaspettatamente resiliente di fronte alle dure sanzioni occidentali e al costo della guerra. Anche le previsioni interne fatte subito dopo che Mosca ha inviato truppe in Ucraina un anno fa avevano
previsto che l’economia si sarebbe ridotta di oltre il 10% nel 2022, superando i crolli visti dopo il crollo dell’Unione Sovietica e durante la crisi finanziaria del 1998. Ma la stima dell’agenzia di statistica Rosstat mostra una contrazione più modesta del 2,1% lo scorso anno4 .

Il Fondo monetario internazionale stima per il 2023 una crescita dello 0,3%, più veloce di quella di Germania e Regno

LA LETTURA PROSEGUE QUI: https://transform-italia.it/il-mancato-crollo-delleconomia-russa-dopo-un-anno-di-guerra-e-sanzioni/?pdf=28705

 

 

Le politiche deflazionistiche
Stefano Zenov 22 04 2023
Le politiche deflazionistiche (4€ ora) servono per compensare l’inflazione esportata dagli stati uniti (31 k miliardi di debito) che continuano a stampare moneta per tenere in piedi la giostra degli amici che hanno in pugno il governo, se poi la gente non può più permettersi neanche di pensare a mettere su famiglia meglio (vedi anche lockdown, promozione e misure a favore di transgender, individualismo, narcisismo, aborto e eutanasia), portiamo immigrati che abbassano ancora di più i salari

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

SPY FINANZA/ La valanga alle porte di Europa e Italia (nel silenzio dei media)

 – Mauro Bottarelli

Mentre noi annegavamo in fiumi di retorica per il 25 aprile, il redde rationem è arrivato. Quasi nessuno se ne è accorto

Mentre noi annegavamo in fiumi di retorica per il 25 aprile, il redde rationem è arrivato. Quasi nessuno se ne è accorto, perché i media – appunto – erano troppo impegnati a relazionarci sulla battaglia di retroguardia in tema di Resistenza. C’è da capirli, quando l’alternativa è raccontare – come cercherò di fare in due puntate – quanto accaduto sul mercato tra il 24 e il 25 aprile. Solo 48 ore. Ma potenzialmente in grado di cambiare il corso degli eventi.

La palla di neve si è staccata e comincia a rotolare a valle? No, la palla di neve è già valanga. Altrimenti, un giornale come La Repubblica non avrebbe pubblicato un servizio intitolato Eurovita, la rabbia dei clienti dopo il congelamento dei riscatti delle polizze:”Non ci fidiamo più”. Era il 24 aprile. E uno dei quotidiani più istituzionali e autorevoli del Paese, sceglie questo approfondimento. A freddo. Dopo settimane di disinteresse sul caso della compagnia assicurativa finita a zampe all’aria. E corredandolo di un pezzo di spalla, dal titolo ancora più allarmante: Eurovita, un cliente: “Noi risparmiatori all’oscuro di tutto, ci sarà una valanga di riscatti”. Una valanga, appunto. E non così distante nel tempo e dal villaggio. Apparentemente e a detta delle vittime di quei gates alzatisi senza preavviso, già a partire dal 1 luglio, primo giorno utile dopo la proroga del blocco. Si scappa. Se ti lasceranno scappare, ovviamente.

Come mai un allarme simile, perché La Repubblica ha sentito il bisogno di suonare il campanello nel deserto? Semplice. Nel silenzio generale, la scorsa settimana è saltato l’incontro al Ministero fra le parti sul caso Eurovita. In primis, le banche che avrebbero dovuto garantire la famosa soluzione di sistema, accollandosi i costi del fondo necessario a garantire appunto i riscatti e poi spartendosi le spoglie della compagnia caduta in disgrazia. Dalla sera alla mattina, l’incontro è saltato. Anzi, rinviato. E da Roma si sono premurati di far sapere come lo spostamento fosse di natura operativa e non figlio dello stallo: nessuna impasse, mancavano solo alcuni dettagli pratici. Meglio risolverli prima di sedersi al tavolo, almeno poi si potrà partire spediti.

Vedremo se sarà così. Fa riflettere, però, questo allarme a mezzo stampa. Proprio dopo quel rinvio, quasi a sancirne nemmeno troppo tacitamente la natura spartiacque. Come spero ricorderete, il sottoscritto catastrofista un mese fa parlò chiaramente di Eurovita come la nostra Svb o Credit Suisse, la nostra piccola crisi di sistema tamponata alla bene e meglio. Ma solo rinviata. Ed ecco che La Repubblica ora si sente in dovere di avvisare: la situazione rischia di generare una crisi di sfiducia per l’intero sistema assicurativo. La valanga, appunto. Non in lenta fase di creazione, bensì ormai alle porte del fondovalle. Apparentemente improvvisa. E silenziosa. Quantomeno, se si preferisce tenere le orecchie tappate fino all’ultimo.

I principali quotidiani italiani hanno banche e assicurazioni fra i principali azionisti o fra i più munifici inserzionisti. Da sempre. Un allarme simile, figlio del rischio di una crisi di sfiducia nei confronti dell’intero comparto, parla una sola lingua: una moral suasion tanto pubblica e dissimulata quanto disperata, un preavviso di sputtanamento verso qualcuno che, in realtà, ha reso necessario quel rinvio al Ministero. Perché le condizioni di quella soluzione di sistema magari non le accettava. La formula del dar voce ai risparmiatori è vecchia come il mondo: si utilizza quando non si può denunciare in prima persona, quindi ci si trincera dietro al dovere di cronaca. Il caso delle banche venete, di Parmalat, di Monte dei Paschi è lì a ricordarcelo. Cosa accadrà da qui a qualche giorno?

Di certo, l’Europa ora è chiamata ad affrontare il nodo della riforma del Patto di stabilità. E anche qui, strani movimenti. Sempre a ridosso del 24-25 aprile. Di colpo, da un giorno con l’altro, i falchi avrebbero ceduto alle pressioni delle colombe. Si tornerebbe alla formula originaria post-pandemia, quella del rientro morbido nei parametri. Cosa sta accadendo dietro le quinte, tale da giustificare questa pax improvvisa che Berlino ha sì smentito ma con la convinzione di chi è intento a recitare un copione? Intanto, Goldman Sachs avvisa i clienti: meglio i Bonos spagnoli dei Btp italiani, il cui spread sul Bund è previsto a quota 235 punti base entro fine anno dalla banca d’affari Usa. Dagli attuali 188 circa. Di certo, una crisi di sistema nel cuore del doom loop fra Tesoro e players del risparmio potrebbe aprire scenari da estate 2011. Perché? Cosa vede Goldman Sachs che i comuni mortali ancora ignorano? Questo.

Forse è per la dinamica rappresentata nel grafico che Goldman Sachs ha reso nota la propria preferenza per i Bonos spagnoli rispetto ai Btp italiani: gli istituti iberici potrebbero essere, come già avvenuto nel 2012, la prima tessera del domino a cadere. Innescando così l’ovvio intervento della Bce. E a quel punto, chi avrà comprato Bonos in caduta libera a una settantina di centesimi sull’euro, potrà brindare. Il titolo di Banco Santander nella giornata del 25 aprile perdeva circa il 5% a seguito della notizia di pesanti outflows di depositi in patria e di deludenti dati sugli utili in Brasile. 

E che la situazione sia poco simpatica, lo dimostra la rapidità da primatista olimpico con cui il Ceo dell’istituto, José Garcia Cantera, sia corso a rassicurare il mercato rispetto alla tenuta dei depositi del ramo statunitense di Santander, tanto da azzardare una promessa a doppio taglio: Non prevedo un alto incremento nella remunerazione dei depositi negli Usa. Contagio? Giova sottolineare che poche ore prima, nella serata del 24 aprile e quando Wall Street aveva appena chiuso le contrattazioni, proprio negli Stati Uniti la sopravvissuta First Republic Bank avesse ammesso un crollo dei depositi del 41% nel primo trimestre di quest’anno, passati da 172 miliardi di fine 2022 a 104,5 miliardi al 31 marzo. A cui si è già aggiunto un altro -1,7% al 21 aprile scorso. Inoltre, Frb ha ammesso di aver preso in prestito per restare a galla qualcosa come 104 miliardi di dollari da Federal Reserve, Federal Home Loan Bank e JP Morgan. Non a caso, nelle contrattazioni after-hours il titolo è precipitato a -23%.

(1- continua)

FONTE: https://www.ilsussidiario.net/news/spy-finanza-la-valanga-alle-porte-di-europa-e-italia-nel-silenzio-dei-media/2527385/

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

Banche: la sentenza che restituisce le case all’asta a tutti i debitori

5 Maggio 2023 | Autore: 

Pignoramenti immobiliari tutti bloccati: con la nuova pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione il giudice deve valutare se il decreto ingiuntivo è stato emesso sulla base di clausole abusive contrarie ai diritti del consumatore. 

È una sentenza davvero epocale quella che le Sezioni Unite della Cassazione hanno appena pubblicato. Una sentenza che restituisce le case all’asta a tutti i debitori sottoposti al pignoramento immobiliare da parte di soggetti forti come le banche o le finanziarie. Grazie alla possibilità di applicazione retroattiva del principio varato dalla Suprema Corte [1], oggi chi sta subendo l’esproprio di una casa o di qualsiasi altro bene può nuovamente opporsi alla procedura anche se, in precedenza, è rimasto inerte e ha fatto scadere tutti i termini.

Cerchiamo di comprendere, più nel concreto, cosa cambia da oggi in poi.

Indice
La Caporetto delle banche: il principio
Condizioni per poter bloccare il pignoramento della casa
I precedenti
Cosa cambia da oggi in poi?
Esempi di clausole abusive
Cosa deve fare chi ha casa all’asta?

La Caporetto delle banche: il principio

Il principio era già stato affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in almeno due occasioni. Secondo i giudici europei, lo Stato italiano deve garantire ai consumatori la possibilità di opporsi al decreto ingiuntivo delle banche anche se questo non è stato contestato a suo tempo e pertanto è divenuto definitivo. Deve farlo, in particolare, tutte le volte in cui il credito che ha dato vita all’esecuzione forzata si basa su un contratto abusivo, contenente cioè clausole vessatorie. 

Il cosiddetto “giudicato” – ossia il fatto che una sentenza o un decreto ingiuntivo sia divenuto definitivo e perciò non più impugnabile – non può essere un limite alla tutela dei cittadini. Pertanto per il giudice dell’esecuzione – quello cioè dinanzi al quale si svolge la procedura di pignoramento immobiliare – deve poter rimettere in gioco tutto il processo e bloccare l’asta giudiziaria se, alla base di tutto ciò, c’è la violazione delle norme europee che tutelano il consumatore.

Quindi, in presenza di un contratto bancario (una fideiussione, un mutuo, un’apertura di credito o qualsiasi altro contratto) che contenga clausole vessatorie, il debitore può opporsi anche a pignoramento già in corso e rimettere tutto in discussione.

La straordinarietà di tale affermazione si comprende solo se si conosce la regola generale del nostro processo anche nota con il termine tecnico: “giudicato”. In forza di tale principio, il debitore che non abbia presentato opposizione contro un decreto ingiuntivo o non abbia fatto appello contro una sentenza a lui sfavorevole, non può più presentare un’opposizione quando ormai è partito il pignoramento, anche se solo in quella sede dovesse accorgersi dell’illegittimità del contratto firmato con la banca. 

Così, molti cittadini si trovano oggi ad avere le case all’asta solo perché, al momento della notifica degli atti giudiziari non hanno inteso difendersi (a volte per ignoranza, a volte per incompetenza, altre per eccessiva leggerezza). 

Condizioni per poter bloccare il pignoramento della casa

Il principio affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione può applicarsi solo in presenza delle seguenti condizioni:

  • il debitore deve essere un consumatore: sicché il contratto con la banca non deve essere stato sottoscritto per ragioni lavorative, imprenditoriali o professionali;
  • il contratto sottoscritto dal debitore con la banca deve contenere almeno una clausola vessatoria;
  • l’asta giudiziaria non deve essersi già conclusa con il provvedimento di assegnazione dell’immobile al miglior offerente. 

Un esempio servirà a comprendere meglio la situazione.

Immaginiamo il caso di Tizio che abbia sottoscritto un contratto di mutuo ipotecario con una banca per l’acquisto della sua prima casa in cui andrà ad abitare insieme alla sua famiglia. Nel contratto è presente una clausola abusiva che deroga al principio generale che impone quale foro competente per eventuali cause quello del luogo di residenza del debitore: in forza di tale clausola, si stabilisce che ogni controversia dovrà essere instaurata dinanzi a un tribunale lontano dall’abitazione di Tizio. Proprio per questa ragione, nel momento in cui riceve il decreto ingiuntivo della banca, Tizio decide di non opporsi non avendo come pagare un avvocato di un altro foro.

Il decreto ingiuntivo diventa definitivo e la banca notifica a Tizio il pignoramento immobiliare. La casa viene messa all’asta. Senonché Tizio riceve un consiglio da un amico avvocato il quale gli fa notare che il contratto con la banca viola la disciplina dei consumatori proprio per via di tale clausola abusiva, ma che ormai è troppo tardi per opporsi.

Ebbene, grazie al nuovo principio fissato dalla Cassazione, ora anche Tizio può presentare opposizione nonostante abbia fatto scadere i termini. Infatti, benché il debitore non abbia proposto opposizione contro il decreto, adesso spetta al giudice dell’esecuzione controllare se la clausola del contratto è vessatoria. E avvisare il debitore medesimo che entro quaranta giorni può proporre l’opposizione per far accertare la natura abusiva della clausola che ha effetti sull’ingiunzione di pagamento. 

Inizierà un nuovo processo volto a giudicare dell’eventuale legittimità del contratto, durante il quale il giudice può sospendere l’esecutorietà del decreto ingiuntivo (e quindi del pignoramento). All’esito del giudizio, non appena il giudice avrà accertato la presenza della clausola abusiva, il pignoramento cesserà definitivamente e quindi la casa tornerà al debitore. 

I precedenti

Come anticipato, la pronuncia delle Sezioni Unite si basa sul principio fissato dalla Grande sezione della Corte di giustizia europea nelle cause C-693/19 e C-831/19, che aveva bocciato la normativa italiana laddove precludeva al giudice dell’esecuzione di pronunciarsi sulla validità delle clausole contrattuali, in quanto ormai coperta dall’autorità di cosa giudicata del decreto ingiuntivo non opposto. Il tutto perché, spiegano i giudici Ue, al consumatore va garantita una «tutela effettiva».

In base alla giurisprudenza eurounitaria il giudice nazionale è tenuto a esaminare d’ufficio la presenza di clausole abusive nel contratto, a patto che gli elementi di diritto e di fatto già in suo possesso suscitino seri dubbi in materia. Invece costringere il debitore a proporre l’opposizione solo entro i canonici 40 giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo per far valere i propri diritti si pone in contrasto con la tutela del consumatore e con il principio del rilievo d’ufficio del carattere abusivo delle clausole contrattuali. Insomma: per effettuare il controllo d’ufficio il giudice del monitorio deve esercitare i poteri istruttori consentiti dall’articolo 640, primo comma, cod. proc. civ. 

Cosa cambia da oggi in poi?

Da oggi in poi, già in fase di richiesta del decreto ingiuntivo, il giudice dovrà richiedere alle banche di produrre il contratto su cui si basa il credito. Eventualmente, deve rigettare la richiesta di decreto ingiuntivo se l’istruttoria sulla natura vessatoria della clausola risulta troppo complessa perché richiede di assumere testimonianze o svolgere una consulenza tecnica d’ufficio. A quel punto il creditore dovrà avviare un processo ordinario di accertamento del proprio credito. 

L’emissione invece del decreto ingiuntivo deve essere motivata: l’obbligo è funzionale a informare il consumatore che il giudice del monitorio ha svolto il controllo d’ufficio sulla presenza di clausole abusive nel contratto sotteso al credito azionato. 

Che succede invece se tutto ciò non si verifica? Al debitore deve essere consentito di presentare opposizione tardiva contro il decreto ingiuntivo anche a pignoramento già avviato.

Come detto, tale regola si applica anche alle procedure già in corso, consentendo a chi sta subendo un pignoramento e ha la casa all’asta di bloccare tutta la procedura e di presentare un’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo. Il tutto a condizione che il bene pignorato non sia stato già assegnato. In tal caso il consumatore può soltanto attivare un altro giudizio per chiedere il risarcimento del danno. 

Se allora l’ingiunzione non motiva sul punto, il giudice dell’esecuzione ha il potere/dovere di rilevare d’ufficio l’esistenza di una clausola abusiva che incide sull’esistenza o sull’entità del credito oggetto del provvedimento monitorio. E ciò fino al momento della vendita o dell’assegnazione del bene o del credito. 

Esempi di clausole abusive

Se si tratta, ad esempio, di una clausola che deroga al foro del consumatore la sospensione è totale; se, invece, si discute soltanto di una clausola che determina interessi moratori eccessivi, la sospensione ben può essere parziale, mantenendo intatta l’esecutorietà del titolo per la quota capitale, rispetto alla quale prosegue l’esecuzione forzata già intrapresa dal creditore professionista. Il giudizio di opposizione, quindi, procede regolarmente.

Altre clausole abusive sono quelle, ad esempio, che vincolano il diritto del consumatore di chiedere il trasferimento del mutuo presso altro istituto di credito, che lo subordinano al pagamento di penali, che prevedono l’anatocismo, che limitano altri diritti del consumatore.

Cosa deve fare chi ha casa all’asta?

Chi ha un pignoramento in corso dovrà quindi rivolgersi immediatamente alla consulenza di un avvocato esperto in diritto del consumo o in diritto bancario al fine di far valutare l’eventuale presenza di clausole abusive all’interno del contratto e chiedere quindi che venga presentata opposizione all’esecuzione. Opposizione per la quale, come detto, non ci sono termini di scadenza se non l’assegnazione dell’immobile pignorato all’offerente. 

Note

[1] Cass. S.U. sent. n. 9479/2023 

FONTE: https://www.laleggepertutti.it/638700_banche-la-sentenza-che-restituisce-le-case-allasta-a-tutti-i-debitori

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Su ordine USA la Meloni esce dalla Via della Seta

.. E senza chiedere  nessuna contropartita

 

Bloomberg  riferisce  che “l’Italia ha segnalato agli Stati Uniti che intende ritirarsi da un controverso patto di investimenti con la Cina entro la fine dell’anno “.

“Il primo ministro italiano Giorgia Meloni ha rassicurato il presidente della Camera degli Stati Uniti Kevin McCarthy durante un incontro a Roma la scorsa settimana che, sebbene non sia stata presa una decisione definitiva, il suo governo sta favorendo un’uscita dal suo ruolo nella massiccia Belt and Road Initiative della Cina, secondo le persone presenti ai colloqui”,  rivela  Bloomberg . Né l’amministrazione italiana né quella statunitense devono ancora rilasciare commenti o conferme pubbliche al rapporto.

In cambio di cosa, visto che uscire dalla BRI significa tagliarsi da  fiume di 900 miliardi di progetti globali infrastrutturali nel mondo? Da quel che appare, Meloni non ha chiesto un compenso e un a controparte, né gli USA oggi in rovina finanziaria  terminale sarebbero in grado di dare niente. Solo  comandi e minacce.  Anzi, può aspettarsi qualche ritorsione da Pechino,   visto che ha mandato la  nostra Cavour a provocare nel Pacifico, e che – ovviamente  – Roma si unisce senza la minima riserva  anche a un nuovo pacchetto di restrizioni commerciali inteso a “punire” la Cina da parte dell’Unione Europea

Come riportato domenica dal FT, “Bruxelles ha proposto sanzioni alle società cinesi per aver sostenuto la macchina da guerra russa per la prima volta dall’inizio della guerra in Ucraina, uno sviluppo che potrebbe aumentare le tensioni con Pechino”.

L’elenco include un paio di società della Cina continentale – 3HC Semiconductors e King-Pai Technology, oltre a cinque società con sede a Hong Kong: Sigma Technology, Asia Pacific Links, Sinno Electronics, Tordan Industry e Alpha Trading Investments. Tuttavia, il pacchetto di sanzioni necessita ancora dell’approvazione di tutti i 27 Stati membri dell’UE per entrare in vigore.

Un ritiro dell’Italia dalla BRI sarebbe un colpo significativo e anche estremamente simbolico per Pechino, dato che l’Italia è stata il primissimo  paese del G-7 ad entrare a far parte della  iniziativa cinese , cruciale per la visione di Xi per l’espansione globale cinese. L’Italia aveva firmato formalmente sotto l’allora premier italiano Giuseppe Conte. È opinione diffusa che ciò abbia innescato un maggiore impegno di Washington con Roma, al fine di allontanare il Paese dall’influenza cinese.

Secondo l’analisi citata nel precedente rapporto di Bloomberg del mese scorso :

“L’Italia è   tra l’incudine e il martello , e cosa fare con il patto di cooperazione è un vero enigma diplomatico per Meloni”, ha detto in un’intervista Francesca Ghiretti, analista presso la società di ricerca Mercator Institute for China Studies. “Rinnovarlo manderebbe un messaggio molto difficile a Washington, ma non rinnovarlo metterebbe a dura prova le relazioni con la Cina”.

Il primo ministro italiano potrebbe avere una dichiarazione ufficiale pronta da lanciare entro il vertice del Gruppo dei 7 del 19-21 maggio a Hiroshima.

 co

Reuters/Brooking Institution

L’Italia non è ben collegata alla Cina nemmeno dalle rotte marittime, motivo per cui Xi negli anni precedenti ha citato il miglioramento della connettività e la costruzione di porti come obiettivo chiave della BRI in Italia. Ma ultimamente, come osserva Bloomberg, ” Gli Stati Uniti hanno attivamente fatto pressioni su Roma affinché prendesse una posizione pubblica sulla questione e abbandonasse il patto, hanno detto le persone, che hanno chiesto di non essere identificate perché le discussioni sono private”.

Appare che Washington avendo perso  –  grazie alla mediazione di Pechino fra Ryad e Teheran – l’obbedienza dell’Arabia Saudita e della Lega Araba che ormai irride ai suoi ordini,  per  tacere della Turchia, non abbia di meglio che comandare questa ritorsione ordinando al servo più basso che le resta di fare il dispettuccio.  Senza nemmeno il bisogno di compensare il servo per la perdita e il danno..che è notevole. Qui sotto  il nostro export verso la Cina, che stiamo per perdere – mentre l’America ci vende il suo gas di scisto a 5 volte il prezzo a cui  la Russia ci vendeva il suo..

 

E non basta:

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/su-ordine-usa-la-meloni-esce-dalla-via-della-seta/

 

 

Re Carlo guida il Grand Reset

Qui un articolo di Global Research, assolutamente istruttivo:

di Matt Ehret

Questa settimana, il mondo è stato esposto a uno sfarzo arcaico e bizzarro che non si vedeva da oltre 70 anni con l’incoronazione di re Carlo III a capo del Global British Commonwealth, capo della Chiesa anglicana e portavoce di un programma chiamato Global Britain che è stato portato online come mandato ufficiale del partito conservatore nel 2021.

Dalla gestione di un impero globale di schiavitù economica e dall’aver invaso quasi ogni nazione sulla Terra una volta o l’altra[2], la Gran Bretagna continua a esercitare un vasto controllo sulle concessioni minerarie dell’Africa con oltre 1 trilione di dollari di interessi minerari diretti controllati da britannici e/o o società con sede nel Commonwealth britannico. Secondo il rapporto del 2016 prodotto da War on Want [3]: “101 società quotate alla Borsa di Londra (LSE), la maggior parte delle quali britanniche, hanno attività minerarie in 37 paesi dell’Africa subsahariana. Controllano collettivamente oltre 1 trilione di dollari delle risorse più preziose dell’Africa. Il governo del Regno Unito ha usato il suo potere e la sua influenza per garantire che le compagnie minerarie britanniche abbiano accesso alle materie prime dell’Africa. Questo era il caso durante il periodo coloniale e lo è ancora oggi ”.

La “City”

Il “miglio quadrato” soprannominato The City of London (un’entità legale separata dalla stessa Londra) è il centro nevralgico della finanza mondiale, con la Bank of England e il Commonwealth offshore paradisi fiscali che dirigono migliaia di miliardi di dollari di riciclaggio di denaro sporco, finanziamento del terrorismo e altre pratiche di corruzione a livello globale. La sovranità della città al di là di ogni giurisdizione nazionale fu sancita dalla ‘Magna Carta’ oligarchica del 1214 che istituì il centro finanziario come una corporazione sovranazionale in grado di gestire le proprie forze di polizia e il proprio sistema giudiziario… che continua a mantenere 800 anni dopo.

Durante i 183 anni tra il 1763 e il 1946 che videro la maggiore influenza diretta della supremazia unipolare britannica nel mondo, le nazioni impoverite del mondo si trovarono più impoverite, meno capaci di acquisire mezzi di produzione industriale e più in guerra con se stesse e con i loro vicini attraverso tattiche divide et impera. Poiché questo impero ha assunto la forma della “relazione speciale” anglo-americana dopo il 1945, questa tendenza è stata solo esacerbata.

La mano dell’intelligence britannica

Dal punto di vista delle operazioni di intelligence globale, la Gran Bretagna è il creatore e la struttura di comando centrale dell’apparato di intelligence Five Eyes ed è stata anche soprannominata “Londonistan” per aver fornito rifugi sicuri a gruppi terroristici internazionali che hanno trovato rifugio sotto l’ideologia di superficie liberale del tollerante Gran Bretagna[4].

È stato anche scoperto che l’intelligence britannica ha contribuito a creare e / o ha continuato a sostenere gruppi terroristici a livello internazionale, come delineato dal ricercatore EIR Michael Billington nel rapporto del 2020 British Creation and Control of Islamic Terror: Background to China’s Defeat of Terror in Xinjiang [5] .

Mentre alimentava il terrorismo globale e l’Islam radicale, l’intelligence britannica non perse tempo a coltivare le varianti più rabbiose del sionismo politico e creò lo stato di Israele stesso a partire dal programma Roundtable/Fabian che venne chiamato “Gli accordi Balfour”. La storia della creazione da parte della Gran Bretagna del sionismo politico e anche del cristianesimo rapturista è delineata in un episodio del 2021 di The Great Game qui :

Mentre la Cina ha fornito prestiti su larga scala per corridoi di trasporto, nuove zone industriali e investimenti in carbone, petrolio, gas naturale, energia idroelettrica e nucleare a paesi che hanno un disperato bisogno di sviluppo reale, Global Britain e le sue coorti americane / europee hanno speso decenni solo fornendo prestiti condizionati con vincoli e tecnologie verdi “appropriate”  che impediranno per sempre all’Africa o ad altre nazioni povere di stare in piedi da sole.

L’idea di Global Britain ha sempre avuto al centro il concetto di un Commonwealth britannico integrato con i Five Eyes a capo dell’intelligence, la City di Londra a capo della finanza e le strutture ereditarie del potere incentrate sulla Corona come fonte titolare di tutti gli onori attraverso i quali tutti i rami dello stato profondo internazionale traggono i loro poteri.

Agenti della Corona

Dal 1833, Global Britain è stata gestita da un sistema pseudo privato di agenti della corona oggi denominato agenti della corona per il governo e l’amministrazione d’oltremare . Questo vasto organismo esiste come stato semi-ufficiale e si descrive come ” un’emanazione della corona ” ed è estremamente attivo nell’Europa centrale e orientale con la massima attenzione al sistema di gestione economica, energetica e sanitaria dell’Ucraina. L’agenzia è partner della Banca mondiale, delle Nazioni Unite e della Bill and Melinda Gates Foundation e agisce come una gigantesca holding con un azionista chiamato Crown Agents Foundation con sede a Southwark a Londra.

Nato negli anni ’30 come nuovo volto dell’Impero britannico, l’odierno Commonwealth britannico occupa 12,2 milioni di miglia quadrate di territorio, ospita 2,4 miliardi di persone e rappresenta il 21% della superficie terrestre mondiale. Per coloro che credono ancora nel mito che l’Impero britannico sia scomparso dopo la seconda guerra mondiale, vale la pena confrontare le mappe del Commonwealth e dell’Impero.

Il fatto è che l’impero britannico continua a esercitare una vasta influenza dall’alto verso il basso sugli affari mondiali. Nonostante sia nominalmente scomparso dopo la seconda guerra mondiale, lasciando il posto a un “Impero americano”, Global Britain è semplicemente un tentativo di rendere esplicito ciò che è sempre stato vero. Gli strateghi di oggi che gestiscono l’agenda Global Britain “coming out party” stanno cercando disperatamente di posizionare il Commonwealth come il centro di una nuova era post-ripristino.

Essendo un’istituzione organizzata interamente attorno alle istituzioni ereditarie, il fulcro della continuità di questa riforma è imperniato su una famiglia regnante che occupa la posizione di Prima inter pares ufficiale attorno alla quale l’intera struttura dei controlli può esercitare la sua influenza.

Nell’era odierna, questo ruolo è toccato a una certa creatura di nome Charles.

“Lunga vita al Re”

“London Bridge is Down” sono state le parole in codice pronunciate dal segretario privato della regina Edward Young a funzionari di alto rango alla morte della regina Elisabetta II.

Questo codice è stato selezionato come parte di un protocollo più ampio soprannominato stranamente “operazione Unicorno” per ragioni al di là della più sfrenata immaginazione di questo autore e che mette in moto una serie di azioni che culminano con l’unzione del principe Carlo come nuovo re d’Inghilterra e Commonwealth

Per i canadesi che avevano pensato che non sarebbero più stati costretti a sopportare di guardare il loro Primo Ministro dichiarare pedissequamente i suoi giuramenti di fedeltà (e giuramenti di segretezza) a un monarca innato seduto dall’altra parte dell’oceano, come era accaduto nel 2017, saranno  molto delusi.

Il Parliamentary Oaths Act canadese del 1866 richiede che entrambe le camere del Parlamento siano tenute a prendere impegni di fedeltà dopo la morte di tutti i monarchi in carica. Esatto, ogni singolo membro del presunto governo “eletto e democratico” del Canada deve dichiarare i propri giuramenti di fedeltà non al popolo o alla costituzione inesistente, ma a qualche stirpe familiare innata dall’altra parte del mondo.

Giuramenti simili sono stati letti da funzionari eletti in tutti gli altri stati membri del Commonwealth Five Eyes.

Vale quindi la pena chiedersi, questa istituzione di poteri ereditari che Charles ha ereditato è solo un concerto cerimoniale senza una vera sostanza o influenza dietro di essa?

Sebbene la maggior parte dei cittadini, compresi i sudditi britannici, creda che sia così, i fatti indicano una realtà molto diversa.

Principe Carlo: il più grande proprietario terriero del mondo

La Corona britannica sembra essere il più grande proprietario al mondo con possedimenti pari a 6,6 miliardi di acri in Australia, Nuova Zelanda, Irlanda del Nord, Canada, Gran Bretagna e Isole Falkland[6].

Oltre alle “Crown Lands” e alle “Crown Corporations” che sono legalmente di proprietà del monarca d’Inghilterra, un’organizzazione chiamata “The Crown Estate” è uno dei più grandi gruppi immobiliari del mondo. Descrivendo l’istituzione che invia ogni anno il 25% dei suoi guadagni direttamente nella borsa del monarca, Die Welt Business ha detto questo [7]:

Carlo III, vero re o servitore dei globalisti?

“The Crown Estate possiede proprietà in tutto il Regno Unito, da castelli e cottage a terreni agricoli e foreste, oltre a parchi commerciali e centri commerciali. Possiede più della metà dell’intera costa del Regno Unito, il che le conferisce diritti d’asta estremamente preziosi per attività commerciali offshore, come i parchi eolici”.

La Corona controlla quasi l’intero fondale marino (e metà della costa) in tutto il Regno Unito con qualsiasi azienda che desideri costruire mulini a vento offshore come parte del Green New Deal costretta ad affittare i propri fondali marini dalla Crown Estate. È stato notato da Byline Times che la Corona diventerà “il più grande beneficiario dell’agenda green del Regno Unito”,  che ha recentemente svelato un piano in 10 punti per una “rivoluzione verde” e una completa decarbonizzazione entro il 2050. fonti di energia in tutta l’Inghilterra, non andrebbero lontano senza apprezzare lo spreco sovvenzionato dai contribuenti dei mulini a vento.

Lo stesso principe Carlo ha dimostrato di non vedere certo la Corona come un’entità simbolica ed è stato accusato di “lobbismo incontinente” nel 2013 quando sono state fatte decine di lettere personali (soprannominate ” Black Spider Memos “) ai parlamentari e al Primo Ministro pubbliche dopo un’intensa battaglia legale per mantenerle segrete. Il biografo ufficiale di Charles, Jonathan Dimbleby, ha persino scritto nel 2013 che con la successione di Charles alla Corona le cose sarebbero diventate molto più pratiche e ” che è in corso una tranquilla rivoluzione costituzionale “.

I poteri sono reali

Sebbene siano stati fatti molti sforzi per rappresentare i poteri prerogativi della Corona come meramente simbolici, essi coprono quasi ogni ramo del governo e occasionalmente sono stati utilizzati… tale influenza esterna per tenerli in riga.

Questi poteri sono stati rivelati pubblicamente per la prima volta nel 2003 e in un articolo intitolato “Mystery Lifted on the Prerogative Powers” [9], il London Guardian ha notato che questi poteri includono (ma non sono limitati a):

“Affari interni, la nomina e la revoca dei ministri, la convocazione, la proroga e lo scioglimento del Parlamento, l’assenso reale ai progetti di legge, la nomina e il regolamento del pubblico impiego, l’incarico di ufficiali nelle forze armate, dirigere la disposizione delle forze armate nel Regno Unito (e in altre nazioni del Commonwealth), nomina del Queen’s Counsel, Rilascio e ritiro di passaporti, Prerogativa di misericordia. (Utilizzato da applicare nei casi di pena capitale. Ancora utilizzato, ad esempio per rimediare a errori nel calcolo della pena), concessione di onorificenze, creazione di società per statuto, affari esteri, stipula di trattati, dichiarazione di guerra, dispiegamento di forze armate all’estero, riconoscimento di Stati esteri, accreditamento e accoglienza dei diplomatici”.

Quando un disegno di legge del 2009 è stato introdotto in parlamento proponendo di limitare questi poteri, una revisione del ministero della Giustizia condotta dal Consiglio privato ha concluso che tali limitazioni avrebbero “”pericolosamente indebolito” la capacità dello stato di rispondere a una crisi” e il disegno di legge è stato prontamente soppresso[10 ].

Agendo a livello provinciale, troviamo i Luogotenenti Governatori che (in Canada) sono membri dei Cavalieri Massonici di San Giovanni di Gerusalemme.

Re Carlo e il Grande Reset

Charles ha dimostrato questo approccio “più pratico” alla governance il 3 giugno 2020, quando è diventato il patron ufficiale del Great Reset del World Economic Forum e ha persino lanciato ufficialmente il progetto twittando #TheGreatReset 

Sul suo sito ufficiale , il Principe ha lanciato il progetto dicendo : “Oggi, attraverso la Sustainable Markets Initiative di HRH e il World Economic Forum, il Principe di Galles ha lanciato una nuova iniziativa globale, The Great Reset”.

Eco-guerriero di una nuova crociata

Charles ha dimostrato il tipo di entusiasmo per la decarbonizzazione del mondo che si tende a trovare solo in un fanatico religioso che si pone come l’eco-guerriero dei monarchi, un re crociato di una nuova religione, tranne che per i musulmani in Terra Santa, i nostri nuovi eco-crociati legati a Davos hanno preso di mira l’anidride carbonica e la civiltà industriale, l’agricoltura e gli inutili mangiatori che la causano, per essere la minaccia velenosa che deve essere distrutta . Charles sembra vedere se stesso camminare sulle orme del padre fondatore del WWF come il nuovo portavoce principale per una trasformazione totale della società sotto un sacerdozio governativo verde del WEF.

Un’edizione del luglio 2022 di Australia’s Spectator ha caratterizzato in modo appropriato l’attivismo misantropico di Charles nei seguenti termini:

“L’ambientalismo di cui il Principe ha deciso di occuparsi in attesa di salire al trono non è una sorta di innocua attività apolitica di piantagione di alberi o di salvaguardia della foresta pluviale. Non sta abbracciando i panda o finanziando santuari della fauna selvatica. Invece, si è impegnato in un’attività ibrida e in una rivolta politica che minaccia la sopravvivenza del sistema politico che dovrebbe supervisionare. Oltre ad essere un tradimento del cittadino comune, le sue azioni rappresentano un fallimento del suo unico dovere di futuro re: proteggere la monarchia costituzionale dal crescente fascismo climatico e dal globalismo”.

Radici naziste della Casa di Sassonia-Coburgo-Gotha

Il ruolo della Corona nel guidare una rinascita delle pratiche del totalitarismo globale, del controllo della popolazione e del fascismo non è senza precedenti. Un fatto scomodo che è stato recentemente svelato dal documentario Edward VIII: il re traditore della Gran Bretagna su Channel 4 della Gran Bretagna , questo cuore fascista della Corona era vivo durante gli anni più bui prima e durante la seconda guerra mondiale.

Questo film, basato su un libro di prossima uscita dello storico Andrew Lownie, utilizza rapporti recentemente declassificati dagli archivi reali per raccontare la storia del re filo nazista britannico Edoardo VIII [Attenzione: proprio perché sinceramente filo-hitleriano, Eduerdo fu costretto dal Sistema alle dimissioni nel 1936. Il progetto europeo del Terzo Reich non poteva e doveva contaminare il globalismo anglo, ndr]

Mentre era in esilio in Portogallo, dove l’hob reale si scontrò con l’élite tedesca, il documentario cita cablogrammi diplomatici inviati da Edward ai funzionari tedeschi chiedendo che i nazisti bombardassero inesorabilmente l’Inghilterra alla sottomissione nel 1940, incoraggiando la morte di milioni di civili innocenti.

Il film cita anche un discorso poco noto in cui Edward chiedeva la resa della Gran Bretagna ai nazisti nel 1939, che la BBC si rifiutò di mandare in onda. Anche dopo essere stato inviato alle Bahamas da funzionari imperiali che avevano deciso che era più opportuno abbattere il loro mostro di Frankenstein piuttosto che continuare con i loro piani precedenti per un Nuovo Ordine Mondiale fascista , l’aspirante re nazista aveva telegrafato ai funzionari di Hitler indicando la sua disponibilità a tornare in Europa quando necessario e riprendere il suo legittimo posto sul trono come re ariano.

Oltre al caso di Edoardo VIII, ci sono molti altri imbarazzanti collegamenti nazisti con la casata dei Windsor (ex Sassonia-Coburgo-Gotha) che il film non ha menzionato, alcuni dei quali coinvolgono il defunto Principe Consorte Philip Mountbatten (alias: Duca di Edimburgo ) direttamente.

Philip stesso mantenne la tradizione di famiglia, quando fondò il World Wildlife Fund (WWF) con il principe Bernhard dei Paesi Bassi, ex membro del partito nazista, un eugenetista per tutta la vita e fondatore del gruppo Bilderberg, nel 1961. Philip e Bernhard furono raggiunti da Sir Julian Huxley (allora presidente della Eugenics Society of Britain) come co-fondatore del WWF.

In un’intervista dell’agosto 1988 con Deutsche Press Agentur, il principe Filippo ha proclamato il suo desiderio di tornare nella prossima vita come un virus mortale per aiutare a “risolvere la sovrappopolazione”.  [NDR: Filippo non aveva bisogno di rifarsi a fantomatiche sue preferenze “naziste” quando disse tali cose: gli bastava riferirsi alla tradizione tipicamente anglo di Thomas Malthus (176-1834, che progettò la riduzione della popolazione povera]

Il principe Filippo trasudava fredde “riflessioni” misantropiche per tutta la vita mentre contemplava lo zoo umano affermando:

“Non puoi tenere un gregge di pecore più grande di quello che sei in grado di nutrire. In altre parole, la conservazione può comportare l’abbattimento per mantenere un equilibrio tra i numeri relativi in ​​ciascuna specie all’interno di un particolare habitat. Mi rendo conto che questo è un argomento molto delicato, ma resta il fatto che l’umanità fa parte del mondo vivente. Ogni nuovo acro coltivato significa un altro acro negato alle specie selvatiche”.

Va notato che King Charles ha continuato l’eredità di suo padre come presidente della British World Wildlife Foundation che ha diretto per oltre 30 anni.

Il vero impero è sempre stato un’oligarchia finanziaria utilizzata da una vasta rete di strutture di potere per promuovere gli interessi dell’aristocrazia europea; L’attuale epicentro del potere sono le monarchie anglo-olandesi.

È questo potere che controlla il Gruppo Bilderberg, la sua appendice minore il World Economic Forum, e dirige la politica americana attraverso il Council on Foreign Relations con sede a New York (la versione americana di Chatham House).

Qualsiasi numero di tecnocrati che spingevano uno schema “Build Back Better for the World” o “Global Green New Deal” avrebbe potuto dire la stessa cosa.

Oggi, il Canadian Institute for International Affairs è stato ribattezzato Canadian International Council (CIC). Il CIC è presieduto dallo specialista del cambio di regime addestrato a Oxford Ben Rowswell che ha lavorato a stretto contatto con il consigliere privato Chrystia Freeland nel tentativo di rovesciare il governo di Maduro a favore del fantoccio del WEF Juan Guaido, cosa che continua ancora oggi.

Un pilastro fondamentale nel controllo sulle colonie di influenza anglo-olandese rimane il sistema del Privy Council, che è centrato in Gran Bretagna, ma ha filiali secondarie in alcuni paesi del Commonwealth. È sotto l’influenza del Consiglio privato che vengono istituiti agenti di livello inferiore sotto forma di vice ministri, consiglio del tesoro, comitati ristretti e altri funzionari nominati nella funzione pubblica. Altri nodi chiave nel settore pubblico e privato gestiscono gli interessi della Corona. Tutti i membri del gabinetto del governo sono nominati consiglieri privati ​​e tutti i consiglieri privati ​​hanno prestato giuramento di segretezza e fedeltà alla regina, compreso il giuramento di mantenere segrete quelle cose di cui si parla nelle riunioni del consiglio privato.

La Corona, chiave per la continuità dell’Impero

Naturalmente, sarebbe sciocco credere che Carlo (o qualsiasi monarca regnante in precedenza) fosse una persona, ignorando l’armata di manipolatori, cortigiani e grandi strateghi bizantini più profondi che ruotano attorno alla Corona come istituzione a volte soprannominata “la fonte di Tutti gli onori”. La Fonte di tutti gli onori è un termine ufficiale che denota l’idea legale che tutta l’autorità per gli affari pubblici e privati ​​emana dall’unica fonte della Corona e dalla sua linea di sangue ininterrotta.

La continuità è tutto per l’impero e l’importanza di mantenere istituzioni che trascendono le vite individuali è sempre stata motivo di grande preoccupazione.

In un mondo post-1776 che iniziò ad assaporare l’autogoverno, la libertà e la democrazia come nuove modalità di auto-organizzazione , la “stabilità” delle istituzioni ereditarie fu gravemente minacciata.

Non sarebbe un’esagerazione affermare che gli ultimi 250 anni sono stati modellati dallo scontro di questi due opposti paradigmi di organizzazione della società. Laddove un paradigma assume come evidente l’esistenza di diritti inalienabili di tutte le persone, l’altro sistema presume che gli unici diritti inalienabili siano quelli detenuti da una classe padronale oligarchica che desidera governare su soggetti (ovvero: mangiatori inutili) i cui livelli di popolazione devono essere periodicamente abbattuti per una più facile gestione.

La supposizione che i diritti non possano essere concessi o negati da una linea di sangue superiore è davvero un anatema per qualsiasi sistema di oligarchismo, anche se si maschera dietro il costume di una specie di democrazia progettata per placare la plebe ma non concedere a loro o ai loro rappresentanti i mezzi per influenzare qualcosa di veramente significativi della loro realtà.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato su The Canadian Patriot .

Matthew Ehret è caporedattore della  Canadian Patriot Review e Senior Fellow presso l’American University di Mosca. È autore della  serie di libri “Untold History of Canada” e  della trilogia Clash of the Two Americas . Nel 2019 ha co-fondato la Rising Tide Foundation con sede a Montreal . 

NOTE:

[2] Ci sono solo 22 paesi al mondo che gli inglesi non hanno invaso di Matt Soniak, Mental Floss, 7 novembre 2012

[3] The New Colonialism: Britain’s Scramble for Africa’s Energy and Mineral Resources di Mark Curtis, pubblicato da War on Want, 2016

[4] Gli ‘emiri del Londonistan’ e la presunta collaborazione tra Regno Unito e jihadisti

Di Nawaf al-Tamimi, New Arab, 11 agosto 2015

[5] Creazione e controllo britannici del terrore islamico: retroscena della sconfitta cinese del terrore nello Xinjiang di Mike Billington, EIR, 10 gennaio 2020

[6] I 15 più grandi proprietari terrieri del mondo Thornton McEnery, Business Insider, 18 marzo 2011

[7] Il misterioso impero immobiliare dietro la regina

Arturo Sullivan. Die Welt, 9 giugno 2021

[8] Il principe Carlo a 65 anni: un pensionato attende il lavoro della sua vita di Jonathan Dimbleby, The Guardian, 13 novembre 2013

[9] Il mistero sollevato sui poteri della regina , Clare Dyer, The Guardian, ottobre 2003

[10] La revisione dei poteri reali mette in guardia contro ulteriori riforme , di Alan Travis, The Guardian, ottobre 2009

L’immagine in primo piano è tratta da The Canadian Patriot

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/re-carlo-guida-il-grand-reset/

 

 

INUTILE. L’AMERIKA NON CAMBIA MAI
Tonio De Pascali 14 04 2023
Hanno catturato la talpa che avrebbe diffuso i segreti militari degli Usa in Ucraina.
Così dicono.
A beffare la più gigantesca macchina da guerra del mondo sarebbe stato un membro di 21 anni dell’ala dell’intelligence della Massachusetts Air National Guard, di nome Jack Teixeira.
Ma l’avete visto in faccia?
A voler essere buoni, dire che è un idrocefalo, è poco.
Un handicappato. e chi conosce la vita militare sa che ne arruolano spesso.
E lo portano via da casa, in mutandine, scalzo, coi blindati e coi seal navy manco fosse Unabomber sorpreso a fabbricare una bomba atomica.
Ma farlo vestire no? Che cambiava?
E con tutto l’ambaradan delle tv in diretta?
Ma dai!!!! Ma chi volete infinocchiare?
Un ragazzo, 21 anni, un aviere, ripeto, aviere, un soldato, l’ultimo grado delle Forze Armate, che aveva accesso ai segreti più segreti della Usaf?
Ma così gli Usa si vantano di essere i difensori della democrazia e della libertà e della bontà del mondo?
Affidando la “segretezza dei suoi segreti” ad un ragazzino visibilmente minorato?
Inutile. Gli Usa sono rimasti ancora a Lee Harvey Oswald, il grande assassino farlocco di John Kennedy.
FONTE: https://www.facebook.com/100015824534248/posts/pfbid0WYKAEcFhAnKub86SkiP1tDxo9wb677V8ageN7vVTFFDyHfMJSdZ9zmTCApjRUmz3l/

 

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

L’Intelligenza Artificiale, continuazione del percorso di astrazione della razionalità dal mondo della vita

di Roberto
Rosso

Quali certezze abbiamo noi tutti, intesi come genere umano, sul futuro dell’umanità, quali strumenti abbiamo a disposizione per descrivere le possibili traiettorie di questo futuro? La risposta a questa domanda, alle miriadi di domande in cui si si moltiplica quando osserviamo la realtà più da vicino, genera la costruzione di molteplici modelli previsionali che richiedono il contributo di molteplici discipline, di una mole di dati che cresce esponenzialmente e l’uso di dispositivi la cui potenza cresce in maniera analoga. Siamo ancora una volta a ragionare dello sviluppo scientifico-tecnologico, il suo realizzarsi in sistemi socio-tecnici che strutturano le formazioni sociali. Uno sviluppo che è causa delle crisi, delle rotture, delle catastrofi attuali e prossime venture e assieme si pone come rimedio, strumento per affrontarle, per affrontare un presente luogo del mutamento, che diventa rapidamente un passato obsoleto. I cambiamenti sono ‘disruptive’ – non mi viene un termine equivalente così evocativo e onomatopeico- e avvicinano l’orizzonte degli eventi imprevedibili. C’è ampia materia per una riflessione filosofica sulla metafisica del tempo1 così come di fronte allo sviluppo scientifico-tecnologico, ai suoi esiti controversi e contraddittori,  si pongono domande fondamentali sul senso delle capacità conoscitive e trasformative della realtà del genere umano, il suo destino come specie capace di trasformare il mondo in maniera radicale, compresa la sua estinzione, mentre ne approfondisce e ne estende la conoscenza.

Sono diversi i livelli di riflessione sollecitati da una tale condizione, nonostante i molteplici approfondimenti ciò che viene a mancare è una capacità di cooperazione, di collaborazione a livello globale, all’altezza delle rotture che caratterizzano la riproduzione del mondo così come lo abbiamo conosciuto e lo conosciamo. Tale unità di intenti non si realizza nei confronti del riscaldamento globale, dei cambiamenti climatici conseguenti, come hanno dimostrato le ultime conferenze mondiali sul clima e sulla biodiversità e non si sta realizzando nel campo delle tecnologie digitali, dell’Intelligenza Artificiale che ne riassume e ne amplifica le potenzialità.

L’Intelligenza Artificiale, intesa come complesso sistema socio-tecnico, pervade ormai tutte le filiere tecnologiche, regolando l’attività delle reti e dei dispositivi digitali a cui siamo connessi, la curva dello sviluppo che procede esponenzialmente sembra aver preso a salire sempre più verticalmente.

Si accumulano, proporzionalmente alle sue prestazioni, gli interrogativi sui rischi che genera. Al centro dell’attenzione sono i cosiddetti LLM Large Language Module, la loro capacità di interloquire di produrre risposte ad ogni sorta di quesiti, in linguaggio naturale, ciò che ne ha permesso la sperimentazione ad una amplissima platea, nei campi più diversi, compresi i linguaggi di programmazione. L’addestramento dei diversi  modelli di reti neurali, che si fonda come è noto su gigantesche basi di conoscenza, può produrre nelle loro risposte quelle che vengono definite allucinazioni2; la risposta ai quesiti è un processo che possiamo definire probabilistico, nel creare una successione di parole, e  come tale può ricostruire anche falsi eventi, risposte paradossali. L’articolo citato in nota ci dice che si stanno facendo progressi, che si usano i chatbots, e i ‘vecchi’ motori di ricerca per analizzare le loro stesse risposte3. Già in passato, ancor prima dell’esplosione degli LLM, si erano verificati comportamenti del tutto imprevedibili in sistemi in cui veniva messa alla prova la capacità degli algoritmi di apprendere dal proprio contesto operativo4. Anche i sistemi di I.A. sono addestrati nel cosiddetto Reinforcement Learning -apprendimento rinforzato- concetto intuitivo dove l’applicazione tiene conto del punteggio attribuito ad ogni scelta5.

Nell’analisi delle possibilità è compresa l’ipotesi che il dispositivo rifiuti di spegnersi poiché questo porrebbe fine al riconoscimento. Il fatto i progettisti si applicano ad una tale ipotesi mostra a quali livelli di autorappresentazione si ipotizzi possa arrivare il sistema algoritmico dell’I.A.

I LLM hanno reso popolare il tema dell’I.A, tuttavia l’uso estensivo può mettere a rischio i diritti fondamentali delle persone, può dotare ogni tipo di potere di straordinarie capacità di controllo sociale e personale, può rendere fallaci tecniche di controllo legittime in base alle modalità addestramento; può essere estremamente pericoloso affidarsi senza controlli in settori come la sanità e la farmaceutica.

L’eticità, l’analisi dei rischi insiti nell’uso dei dispositivi di I.A. il governo in generale di quel sistema sempre più potente e opaco, costituisce in sé un fattore critico con caratteri sempre più complessi. I rischi sono specifici di ogni tipo di attività e le regole generali istituiti dalle autorità statuali è prevedibile che incontrino difficoltà a seguire l’evoluzione delle tecnologie nelle sempre più diverse applicazioni. La ricerca di nuovi farmaci costituisce una attività particolarmente complessa e dispendiosa in cui l’I.A. è diventata uno strumento sempre più necessario; ne abbiamo un esempio nel caso della società AstraZeneca6.

L’attività di audit ovvero controllo non è ovviamente una novità nella produzione del software, la cui complessità incorpora una quota crescente di procedure di controllo; nel caso dell’I.A. è intuitivo pensare che la stessa attività di controllo costituisca un processo basato sulla capacità apprendere.  A fronte della variabilità dei processi da tenere sotto controllo sta la definizione di ben motivati principi guida, si sta imponendo all’attenzione il cosiddetto Ethics-Based Auditing (EBA), revisione basata sull’etica, “è un processo strutturato in base al quale il comportamento passato o presente di un’entità viene valutato per coerenza con principi o norme morali. Recentemente, l’EBA ha attirato molta attenzione come meccanismo di governance che può aiutare a colmare il divario tra principi e pratica nell’etica dell’IA. Tuttavia, aspetti importanti dell’EBA, come la fattibilità e l’efficacia delle diverse procedure di audit, devono ancora essere comprovati dalla ricerca empirica.”

Le norme generali come l’Artificial Intelligence Act dell’Unione Europea o negli USA l’Algorithmic Accountability Act del 2022 dovrebbero costituire il fondamento dei processi di regolazione in organizzazioni come AstraZeneca, una multinazionale che impiega oltre 76.000 persone con un fatturato di oltre 26 miliardi di dollari, la cui articolazione organizzativa richiede una revisione delle procedure, un controllo di processo sempre più accurato. Il settore bio-farmaceutico è data-driven, ad alta intensità di informazioni7, quindi è un terreno privilegiato per l’applicazione dell’I.A. che è stata fondamentale per la ricostruzione della struttura delle proteine.

Una organizzazione la cui struttura è per un verso decentralizzata per un altro verso richiede una centralizzazione di processi stratificati di gestione dell’informazione, che di per sé si basa su procedure di controllo dei flussi informativi, con cui si devono integrare quelli specifici per l’I.A. con la necessità di delimitarne i campi di applicazione. Per organizzare le conoscenze relative all’universo biofarmaceutico un team guidato da Natalie Kurbatova  ha creato quelli che lei definisce Discovery Graph ovvero dei Gnowledge Graph8, dei grafi che formalizzano le relazioni tra tre diversi tipi di entità geni-proteine, malattie e composti medicali, che costituiscono quindi una formalizzazione delle conoscenze che legano queste entità tra loro, strutture che crescono col crescere delle conoscenze 9. Lo scopo è quello di individuare nuovi obiettivi geni-proteine per nuove malattie. La fonte per alimentare questa ricerca sono dati strutturati che provengono quindi da base-dati esistenti, le quali tuttavia organizzano i dati in maniera differente e dati non strutturati, come possono essere articoli, dai quali le informazioni devono essere estratte con applicazioni che trattano i linguaggi naturali 10

All’interno di AstraZeneca esiste una definizione “di alto livello” di IA. come richiesto dalle ‘buone pratiche’, tuttavia questa definizione è abbastanza flessibile da consentire a ciascuna area aziendale di raffinare ulteriormente l’ambito concreto della propria governance dell’IA, in una tensione tra tendenze a sottostimare o sovrastimare i rischi connessi all’uso dell’I.A. ovvero il documento afferma che in realtà non c’è in AstraZeneca una definizione operativa universalmente accettata11. Si tratta della tensione esistente tra la necessaria valutazione dei rischi e la spinta all’innovazione in una organizzazione che si fonda sulla costante innovazione dei propri processi ed apre a sempre nuovi rischi.
Questa tensione, che può diventare contraddizione, ci dice qualcosa sulla classificazione presente nell’Artificial Intelligence Act dell’Unione Europea, dove la tipologia dei controlli, delle prescrizioni sono definite dal livello di rischio implicito nelle attività fondate sull’I.A.

La capacità di innovare è il fondamento della competitività dei prodotti, delle imprese, dei paesi sul mercato, la capacità di innovare si fonda sempre di più sulle tecnologie digitali sull’I.A in particolare.

Siamo ad un livello di tensione, di possibile contraddizione paragonabile se non superiore a quello relativo all’introduzione di nuove sostanze nell’ambiente, dannose per l’ambiente e per la salute. Del resto se nella classificazione dei livelli di rischio l’uso  delle tecnologie di I.A. a fini criminali è il primo ad essere deprecato, accade invece che un campo privilegiato del loro uso sia quello militare in tutti i suoi aspetti dall’analisi del campo di battaglia -dal campo di battaglia delimitato nel tempo e nello spazio sino al senso più lato, fondato l’analisi di tutte le risorse messe in campo dai contendenti anche nel medio lungo periodo, seguendo anche i modelli d ‘guerra ibrida’- alla automazione dei sistemi d’arma. L’uso dell’I.A è pervasivo, si applica ad ogni sorta, di situazione, contesto,  attività o dispositivo i suoi effetti possono essere micidiali, si pone quindi un problema di limitarne l’uso analogo a quello che si è dato per le armi chimiche o nucleari12, la collaborazione internazionale allo stato attuale delle cose appare ancora più improbabile.

L’interazione umana con i processi decisionali guidati dall’I.A. non dà certo garanzie sufficienti se si parla di armi nucleari, come leggiamo nel bollettino degli scienziati atomici quando13.

Il fatto che si sia ad un punto di svolta nello sviluppo delle tecnologie di A.I. -e si aprano profonde contraddizioni e diverse prospettive-  è dimostrato dai diversi pronunciamenti che richiedono una pausa nel loro sviluppo o quanto meno la massima attenzione nella loro implementazione14.

Il dottor Hinton, spesso chiamato “il padrino dell’intelligenza artificiale”, non ha firmato nessuna di quelle lettere e ha detto che non voleva criticare pubblicamente Google o altre società fino a quando non avesse lasciato il suo lavoro. Ha notificato alla società il mese scorso che si stava dimettendo e giovedì ha parlato al telefono con Sundar Pichai, l’amministratore delegato della società madre di Google, Alphabet. Ha rifiutato di discutere pubblicamente i dettagli della sua conversazione con il signor Pichaii.
Al contrario il capo scienziato di Google, Jeff Dean, ha dichiarato in una nota: “Rimaniamo impegnati in un approccio responsabile all’IA. Impariamo continuamente a comprendere i rischi emergenti e allo stesso tempo a innovare con coraggio“.

Da tempo si è aperto il confronto -innanzitutto tra gli addetti ai lavori, ma non solo- sui principi etici che devono legittimare e regolare l’uso delle tecnologie di Intelligenza Artificiale, ma il punto di svolta, la transizione che stanno attraversando lo ha amplificato e diffuso, mentre si esasperano le tensioni attorno alla dialettica tra rischi e opportunità.  In questa dialettica le esigenze di difesa di ogni sorta di potere economico e politico cercano la propria affermazione. Il caso più gettonato è quello del riconoscimento facciale che in ‘regimi democratici’ sono inquinati in fase di addestramento da pregiudizi di ogni tipo razziali, sessisti -su cui esite un’ampia casistica- ed in altri regimi vengono usati per individuare ogni segno di dissenso e comportamento perseguito. E’ il caso dell’Iran dove le tecnologie di riconoscimento facciale servono ad individuare le donne che non si coprono adeguatamente il capo15 e dove si creano basi dati utili allo scopo16.

La Cina domina il mercato mondiale del riconoscimento facciale17. La funzione del riconoscimento facciale nella formazione sociale cinese è abbastanza ovvia e ne costituisce, nel contesto dell’intero ecosistema dell’I.A., un fattore importante nell’export di prodotti e servizi ad alta tecnologia18.

C’è da dire che la diffusione capillare delle tecnologie di riconoscimento facciale ha provocato anche un forte movimento, laddove questo può esprimersi, contro il loro uso indiscriminato; in particolare questo è accaduto in molte città statunitensi19, dove il loro uso oltre ad essere indiscriminato era caratterizzato da prestazioni discriminanti determinati settori della popolazione, prodotto dalle discriminazioni presenti nelle basi dato utilizzate per il loro ‘addestramento’.

Comunque riconoscimento facciale e I.A. in generale costituiscono un fattore importante nella costruzione di relazioni a livello geopolitico.

Nelle nuove dinamiche globali, che vedono ridefinirsi alleanze e schieramenti a geometria variabile, i legami che si stanno stringendo tra Brasile e Cina20 passano in maniera significativa per le tecnologie digitali, dove il Brasile costituisce un polo di sviluppo dell’innovazione nel suo continente, nel contesto dei BRICS e del Grande Sud21 cosa che ovviamente raccoglie l’attenzione degli USA22.

Le tecnologie digitali, del riconoscimento facciale e dell’I.A. in generale, costituiscono un sistema sociotecnico nella loro progettazione, realizzazione e utilizzo. Il ruolo degli stati è fondamentale nel finanziarne la ricerca, benché poi la diffusione di prodotti e servizi sul mercato sia affidato alle grandi corporation del settore (come accade in ogni filiera tecnologica e ne abbiamo avuto un esempio nella realizzazione dei vaccini contro il virus Sars-Cov-2), è fondamentale altresì nel regolarne la penetrazione sociale ed infine nell’utilizzarle a fini di sicurezza interna ed esterna ovvero di controllo sociale e di sistemi militari.

Una analisi puntuale della divisione internazionale del lavoro, dei flussi globali di conoscenze, prodotti e servizi nel campo dell’I.A. e degli effetti in termini geopolitici, è al di fuori degli scopi di questo articolo e sarà oggetto di ulteriori analisi, tuttavia non è possibile fare analisi attendibili, disegnare l’evoluzione di rapporti globali, senza entrare nel merito.

L’incidenza reciproca trai i diversi piani nei quali la questione delle trasformazioni indotte dall’I.A. indica la pervasività, la profondità dell’azione di questo sistema tema tecnologico sul complesso dei rapporti sociali. L’accelerazione e l’estensione di questa azione porta a parlare di transizione e di singolarità, quest’ultimo termine è stato reso popolare nel 2005 dal libro di Ray Kurzweil ‘The singularity is near’, preceduto dal saggio The Law of Accelerating Returns23 documenta come la riflessione sulle straordinarie conseguenze delle tecnologie digitali  fosse stato iniziato da che ha progettato la struttura fondamentale di ciò che oggi chiamiamo computer John von Neumann come da un tributo di Stanislaw Ulam24. Nel 1965 I.J. Good faceva alcune speculazioni su una possibile ‘explosion intelligence’.

La discussione sull’andamento delle innovazioni tecnologiche si sofferma sul fatto che l’andamento non sia perennemente quello di una curva esponenziale, ma si tramuti ad un certo punto nella curva logistica che dopo una crescita verticale comincia a rallentare, con la tendenza stabilizzarsi, detto grossolanamente.

Tuttavia questo tipo di considerazione può essere fuorviante in quanto, se è vera per una singola tecnologia, questa può essere integrata in nuove soluzioni che ne amplificano gli effetti; come il cloud computing che distribuisce l’elaborazione su centinaia di migliaia di unità di elaborazione, supplendo al rallentamento nel processo di miniaturizzazione dei microprocessori. Stiamo sempre parlando di sistemi socio-tecnici vale a dire di sistemi che si basano su livelli sempre più complessi di cooperazione tra uomini e macchine, integrando tra loro diverse filiere tecnologiche e diversi livelli di competenze umane messe al lavoro; nell’I.A. si va dalle centinaia di migliaia di operatori che taggano immagini o testo -comunque frammenti di informazione, per renderli digeribili ai dispositivi di I.A. in fase di apprendimento- sino ai progettisti dei sistemi stessi, arrivando poi agli utilizzatori finali, tutti connessi poi in processi di retroazione: le macchine o meglio i sistemi algoritmici possono via collocarsi nei nuovi livelli ed attività che tale collaborazione produce… e via così. Lo sviluppo dell’I.A nella forma che stiamo conoscendo di ChatGPT o Bard è resa possibile dalla disponibilità della potenza di elaborazione del cloud computing.

La discussione oggi verte sulla crescita delle prestazioni dell’I.A. e sui suoi effetti sociali innanzitutto sul processo di condivisione delle conoscenze di distribuzione dell’informazione ovvero di creazione di nuova informazione e conoscenza; non a caso il giornalismo, i media sono il campo dove si stanno manifestando le maggiori preoccupazioni, dopo il confronto con i social network che hanno trasformato miliardi di individui in propalatori di informazioni più o meno fondate, la professione di giornalista si deve confrontare con dispostivi artificiali in grado di produrre flussi complessi di informazione in linguaggio naturale.

La discussione verte sulla natura di quelle che vengono definite Intelligenze Artificiali’, laddove l’esclusione oggi di ogni forma di consapevolezza, non esclude in un processo di retroazione, di auto-riesame dei propri contenuti, di autoriflessione, di acquisizione di ontologie alla base delle proprie elaborazioni non possa affinare e di molto la ‘sensibilità’ di questi apparati artificiali.

Citavamo in precedenza l’ipotesi che un sistema si rifiuti di spegnersi -posto che ne abbia la possibilità concreta- per non rinunciare alle gratificazioni concesse ogni volta che segna un buon punteggio nelle proprie risposte e prestazioni. Ci si sta spingendo troppo avanti, ma certamente includere la descrizione delle condizioni di esistenza del sistema, nel patrimonio cognitivo del sistema steso può causare un bel corto circuito. Troviamo traccia di questa riflessione anche nell’intervista al filosofo Nick Bostrom25. Nick Bostrom ha passato decenni a prepararsi per quel giorno. Bostrom è un filosofo e direttore del Future of Humanity Institute dell’Università di Oxford. È anche autore del libro “Superintelligence“. Il suo compito è immaginare possibili futuri, determinare i rischi e gettare le basi concettuali su come affrontarli. E uno dei suoi interessi di più lunga data è come governare un mondo pieno di menti digitali superintelligenti. Questa è la sua opinione “La coscienza è una cosa multidimensionale, vaga e confusa. Ed è difficile da definire o determinare. Ci sono varie teorie della coscienza che neuroscienziati e filosofi hanno sviluppato nel corso degli anni. E non c’è consenso su quale sia quello corretto. I ricercatori possono provare ad applicare queste diverse teorie per cercare di testare quanto i sistemi di intelligenza artificiale siano senzienti.”

Le centinaia di migliaia di server al servizio dell’I.A. sono qualcosa di ben lontano dal prodigio compiuto da miliardi di neuroni e loro connessioni nelle nostre scatole craniche. La crescita di complessità che dal mondo inanimato, ai composti organici compresi gli acidi nucleici, alle prime forme di vita, sino alle forme di vita come oggi le consociamo ed all’essere umano è qualcosa che ha impiegato miliardi di anni. Le prime forme di vita hanno cominciato ad elaborare, andando oltre i più semplici riflessi, la percezione del piacere e del dolore nei primi rudimenti di sistema nervoso e sensoriale, in un sistema di relazioni con l’ambiente sempre più ricco. Oggi quel piacere e quel dolore si manifestano a diversi livelli nell’essere umano, si articolano in rapporti complessi con il contesto in cui viviamo, nelle relazioni reciproche di cui si alimenta la nostra socialità, in cui si definisce l’individuo sociale; si sublimano in mille espressioni culturali, per precipitare rapidamente nelle percezioni fondamentali seconda delle condizioni. Quanto le ‘creature artificiali’ potranno assumere i caratteri fondanti della vita, anche delle forme più primitive di vita, a fondamento del proprio agire, reagire ed apprendere, è forse un quesito ineludibile per ragionare sul grado di autonomia di questi che restano manufatti.

Analogamente nello sviluppo delle culture, delle capacità di manipolazione della realtà attraverso la tecno-scienza si ragiona sulla separazione della razionalità, dell’agire strumentale dalle ragioni più profonde dell’essere umano, della persona e della vita in generale, nel momento in cui il sistema socio-tecnico globale mette a repentaglio la possibile riproduzione di ogni forma di vita, di ogni ecosistema, per lo meno come noi oggi lo conosciamo.

L’I.A. appare oggi come un tentativo estremo di estrapolazione della razionalità dalla sua collocazione nel mondo della vita, cosa che non contraddice per nulla il processo di astrazione che del sociale e del mondo della vita opera il rapporto di capitale Non sono quindi per nulla chiari di quali possano essere i limiti del suo sviluppo, potremmo dire in termini cognitivi e di rapporto con la realtà. Poche considerazioni tra cui quelle poche fatte in queste note, ci dicono che siamo ben  lontani da conoscere questi limiti eventuali e forse il meglio – o il peggio a seconda dei punti di vita- deve ancora venire nel dotare quei dispositivi di capacità di auto-osservazione, autoriflessione e di un certo grado di sensibilità e con la percezione e nozione connessa del piacere e del dolore.

Di questo oggi in un modo o in un altro si comincia a discutere anche a  livello di stampa quotidiana, cercando interazione sempre più sofisticate, giocando d’astuzia con ChatGPT o Bard, ne è un esempio l’articolo sul Corriere della Sera di Gabanelli  ‘Intelligenza artificiale, ChatGPT e Bard possono essere ingannati: ecco perché ci sono grossi pericoli26, che in effetti mostra i limiti attuali delle Chatbot, ma contemporaneamente avverte che proprio nelle crescenti interazioni, oltre alla crescita anche dimensionali delle reti neurali su cui sono implementate, si realizza un attività di autoapprendimento.

Nelle prese di posizione per una moratoria sullo sviluppo dell’I.A. sta suscitando il massimo di attenzione la citata intervista di Geoffrey Hinton al New York Times.

Seguire il dibattito e le notizie che -a diversi livelli di approfondimento e di competenza- si sviluppa è impossibile e diventa necessario l’’ausilio dei motori di ricerca, che si aggiornano minuto dopo minuto, e degli stessi LLM. La redazione di Transform-Italia si attrezzerà per seguirne con continuità l’evoluzione cercando di cogliere i contributi più significativo, oltre a fornire i propri contributi di analisi e di sollecitarne da chi può contribuire da diversi punti di vista, ruoli professionali e collocazione culturale.

Roberto Rosso

  1. A chi si vuole cimentare consiglio la lettura del testo Filosofia del futuro: un’introduzione di Samuele Iaquinto, Giuliano Torrengo, Raffaello Cortina, 2018.[↩]
  2. https://www.nytimes.com/2023/05/01/business/ai-chatbots-hallucinatation.html.[↩]
  3. Microsoft built its Bing chatbot on top of OpenAI’s underlying technology, called GPT-4, and has layered on other ways to improve accuracy. The company uses GPT-4 to compare the chatbot’s responses with the underlying data and rate how the model is performing. In other words, Microsoft uses the A.I. to make the A.I. better. The company also tries to improve the chatbot’s responses with help from its traditional internet search engine. When you type a query into the Bing chatbot, Microsoft runs an internet search on the same subject and then folds the results into the query before sending it on to the bot. By editing the query, said Sarah Bird, a leader in Microsoft’s responsible A.I. efforts, the company can push the system to produce better results.[↩]
  4. https://www.nytimes.com/2017/08/13/technology/artificial-intelligence-safety-training.html.[↩]
  5. Researchers specify a particular reward the machine should strive for, and as it navigates a task at random, the machine keeps close track of what brings the reward and what doesn’t. When OpenAI trained its bot to play Coast Runners, the reward was more points. This video game training has real-world implications. If a machine can learn to navigate a racing game like Grand Theft Auto, researchers believe, it can learn to drive a real car. If it can learn to use a web browser and other common software apps, it can learn to understand natural language and maybe even carry on a conversation. At places like Google and the University of California, Berkeley, robots have already used the technique to learn simple tasks like picking things up or opening a door[↩]
  6. Operationalising AI governance through ethics based auditing:an industry case study – Jakob Mökander1 · Luciano Floridi  https://doi.org/10.1007/s43681-022-00171-7[↩]
  7. The biopharmaceutical industry has always been data driven. To develop new treatments, researchers follow the scientific method by building and testing hypotheses about the safety and efficacy of various treatments. For example, AstraZeneca relies heavily on statistical analysis to probe the efficacy of candidate drugs in the research pipeline.
    Hence, AstraZeneca has long-established processes for data, quality, and safety management. However, how data can be collected, analyzed, and utilized keeps changing. By harnessing the power of AI systems, researchers can find new correlations and draw useful inferences from the growing availability of data.[↩]
  8. https://towardsdatascience.com/modelling-biomedical-data-for-a-drug-discovery-knowledge-graph-a709be653168 .[↩]
  9. This Discovery Graph is growing in size daily. As of today it is already widely populated with these three entity types: gene-protein : 19,371 disease : 11,565 compound :14,294There are also 656,206 relations between the entity types.[↩]
  10. Structured data refers to the publicly available datasets in bioinformatics that have already been curated and used extensively in the industry. While biomedical structured data is machine readable, it is not often straightforward to work with. In particular, it’s difficult to integrate these datasets as they can describe similar concepts in different ways, for example: distinct IDs that do not align with each other. Some of the most used publicly available datasets include: EnsemblUniprotChEMBLPubChemOmniPathReactome, GO, CTD, HumanProteinAtlasUnstructured data refers to data from text. To process this we need to use NLP (Natural Language Processing) pipelines and then process their output. Here, the difficulty is that this data is often messy and noisy. For their NLP engine, Natalie’s team used the open source library SciBERT as well as AstraZeneca’s proprietary tools.[↩]
  11. As is well known, there is no universally accepted definition of AI.Nevertheless, every policy needs to define its material scope. Consequently, when attempting to operationalise its ethics principles, AstraZeneca struggled to define the systems and processes to which they ought to apply. That is partly because both human decision-makers and AI systems have their own strengths and weaknesses and partly because ethical tensions can sometimes be intrinsic to the decision-making tasks at hand.[↩]
  12. https://tnsr.org/2023/05/arms-control-for-artificial-intelligence/   “The ubiquitous and democratized nature of AI makes arms control difficult but not impossible in all circumstances. While a total prohibition on military use of AI is unworkable, states could prohibit some applications of AI, provided that there was clarity on which uses were banned and that states had the ability to verify the compliance of other states. Verification, while challenging for any software-based military capability, could be achieved through a variety of possible methods: putting in place intrusive inspection regimes; regulating externally observable physical characteristics of AI-enabled systems (e.g., size, weight, payload) or autonomous behaviors; or restricting computing infrastructure (i.e., hardware). Any AI arms control would be challenging, but under the right conditions, it might be feasible in some cases. The right actions taken today can lay the groundwork for success in the future.”[↩]
  13. https://thebulletin.org/disruptive-technologies/artificial-intelligence/https://thebulletin.org/2023/02/keeping-humans-in-the-loop-is-not-enough-to-make-ai-safe-for-nuclear-weapons/?utm_source=Newsletter&utm_medium=Email&utm_campaign=MondayNewsletter02202023&utm_content=DisruptiveTechnologies_AINuclear_02162023. Public statements by officials includingformer US Strategic Command General John Hytenand the former director of US Strategic Command’s Nuclear Command, Control, and Communications Enterprise Center Elizabeth Durham-Ruizcorroborate the importance that AI could play in nuclear command systems in the near future. This support for AI integration with nuclear command is happening at the same time as a massive modernization of the US nuclear command apparatus. In the near future, experts foresee AI integration being used to improve the capabilities of early-warning and surveillance systems, comb through large data sets, make predictions about enemy behavior, enhance protection against cyberattacks, and improve communications infrastructure throughout nuclear command systems. (…)
    One key issue is the development of automation bias, by which humans become overly reliant on AI and unconsciously assume that the system is correct. This bias has been found in multiple AI applications including medical decision-support systems, flight simulators, air traffic control, and even in simulations designed to help shooters determine the most dangerous enemy targets to engage and fire on with artillery.[↩]
  14. https://www.nytimes.com/2023/05/01/technology/ai-google-chatbot-engineer-quits-hinton.html#:~:text=Down%20the%20road,longer%20think%20that.%E2%80%9DAfter the San Francisco start-up OpenAI released a new version of ChatGPT in March, more than 1,000 technology leaders and researchers signed an open letter calling for a six-month moratorium on the development of new systems because A.I. technologies pose “profound risks to society and humanity.”
    Several days later, 19 current and former leaders of the Association for the Advancement of Artificial Intelligence, a 40-year-old academic society, released their own letter warning of the risks of A.I. That group included Eric Horvitz, chief scientific officer at Microsoft, which has deployed OpenAI’s technology across a wide range of products, including its Bing search engine, https://aaai.org/working-together-on-our-future-with-ai/.[↩]
  15. https://www.wired.com/story/iran-says-face-recognition-will-id-women-breaking-hijab-laws/.[↩]
  16. Iranian Face Database With Age, Pose and Expression  IEEE_04469272.pdf.[↩]
  17. https://www.wired.it/article/cina-riconoscimento-facciale-primo-esportatore/;https://www.brookings.edu/research/exporting-the-surveillance-state-via-trade-in-ai/.[↩]
  18. Exporting the Surveillance State via Trade in AI  https://www.brookings.edu/center/center-on-regulation-and-markets/   “We find three primary results. First, China is more likely to export facial recognition. AI than other countries, and particularly so as compared to other frontier technologies.For instance, we observe 201 Chinese export deals of facial recognition AI, almost double the deals from the second highest exporting country (the US, with 128 deals). In no other frontier technology does China exhibit such exporting dominance. Second, autocracies and weak democracies are more likely to import facial recognition AI from China. For example, we observe that 45% of China’s export deals are with autocracies and weak democracies, while only 23% of US exports are with those countries. These patterns are particularly striking given the generally higher income and higher trade volumes of (strong) democratic regimes. Such political bias is not seen in US exports of AI or China’s exports of other frontier technologies”.[↩]
  19. https://www.nature.com/articles/d41586-020-03188-2Resisting the rise of facial recognition.[↩]
  20. https://global.chinadaily.com.cn/a/202208/01/WS62e73297a310fd2b29e6f76d.htmlhttps://agenciabrasil.ebc.com.br/en/politica/noticia/2023-04/brazil-and-china-sign-memorandums-new-industrializationhttps://www.reuters.com/technology/lula-seek-chinese-semiconductor-technology-investment-beijing-2023-03-24/https://www.reuters.com/technology/brazil-paves-way-semiconductor-cooperation-with-china-2023-04-14/https://www.usip.org/publications/2023/04/brazils-economic-ties-china-flourish-despite-political-shifts.[↩]
  21. https://www.oecd-ilibrary.org/sites/e9bf7f8a-en/index.html?itemId=/content/publication/e9bf7f8a-en.[↩]
  22. https://www.trade.gov/market-intelligence/brazil-digital-transformation; https://www.trade.gov/country-commercial-guides/brazil-ict-information-and-communications-technologies-and.[↩]
  23. https://www.kurzweilai.net/the-law-of-accelerating-returns.)). L’ttima voce di Wikipedia in lingua inglese Technological Singularity(( https://en.wikipedia.org/wiki/Technological_singularity[↩]
  24. Ulam, Stanislaw (May 1958). “Tribute to John von Neumann”[↩]
  25. https://www.nytimes.com/2023/04/12/world/artificial-intelligence-nick-bostrom.html[↩]
  26. https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/intelligenza-artificiale-bard-chatgpt-come-ingannarli-perche-ci-sono-grossi-pericoli/c2cb008c-e8cb-11ed-ab1b-11aa9107d7a1-va.shtml.[↩]

 

FONTE: https://transform-italia.it/lintelligenza-artificiale-continuazione-del-percorso-di-astrazione-della-razionalita-dal-mondo-della-vita/

 

 

STORIA

 

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