NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 26 MARZO 2019

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NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI

26 MARZO 2019

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Le persone veramente serie non sono mai serie.

In: Suonala ancora Sam, Bompiani, 1999, pag. 360

 

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Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

 

Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com 

 

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SOMMARIO

Sovranista, contro immigrazione e gender: Izabella, l’anti-Greta di cui nessuno parla

Cgil e università censurano chi non la pensa come Greta e i catastrofisti ambientali 1

Fazio e il razzismo radica-schic verso il bambino bianco

Mahmood, perché chi parla di integrazione sta facendo propaganda. 1

I vescovi in campo a sostegno dello ius soli: “Chi nasce qui è italiano”. 1

Il Congresso Mondiale delle Famiglie, spiegato bene. 1

Stupri e immigrati 1

Il progetto americano “della Grande Asia Centrale” in atto. 1

La convivenza tra cristiani e musulmani in Palestina. 1

S’inasprisce lo scontro sociale in Francia. 1

Xi Jinping va da Macron. Parigi prepara la mossa anti Italia. 1

“CLIMA” – e COMPLOTTO GLOBALE CONTRO IL DIESEL. 1

Leggere “Il nome della rosa” è come andare in spiaggia in pelliccia. Meglio il romanzo di Mario Pomilio. 1

LE DIECI PAROLE LATINE CHE RACCONTANO IL NOSTRO MONDO. 1

Cosa ha stabilito il rapporto Mueller su Trump e il Russiagate. 1

La stagionata Lilli Gruber si diverte solo se lincia gli ospiti che invita in tv. 1

Il decreto sicurezza ha già fatto aumentare gli immigrati irregolari 1

Via della seta, le obiezioni dei leader europei alla linea italiana: “Unità e reciprocità negli appalti”  1

Magaldi: ipocriti e invidiosi, i nemici dell’accordo Italia-Cina. 1

Le banche tedesche in crisi

Banche, le coincidenze degli ultimi giorni sono tante. Troppe per non incuriosirmi – Replica  1

Pensioni: da aprile taglio a 6 milioni di assegni. Le riduzioni fascia per fascia. 1

Bizzarre e dimenticate: le 10 parole italiane da riscoprire

Cina-Italia, Bruxelles: “Preoccupati, serve potere di veto Ue sui rapporti con Pechino”. 1

La Francia firma accordi miliardari con la Cona (senza aderire alla via della seta)

Merkel alla guida dell’Europa: ecco il punto d’arrivo dell’asse franco-tedesco 1

E ora cosa succede all’indagine sulla Russia?. 1                   Prima di parlare di fascismo rileggete De Felice (e gli altri)

L’internet delle cose in 8 domande e risposte. 1

“Internet of Things. 1

Persone, organizzazioni e società 4.0”. 1

Internet of Things e i principali settori di impiego. 1

Il valore dell’IoT. 1

Chi iniziò la guerra di Corea?. 1

Lo scrittore che falsifica la storia per la propaganda UE. 1

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IN EVIDENZA

Sovranista, contro immigrazione e gender: Izabella, l’«anti-Greta» di cui nessuno parla

Di Chiara Soldani – 24 Marzo 2019

Tempi duri, molto duri per i politicamente scorretti. Del resto, professarsi anti mainstream e dissidenti rispetto alla dittatura del pensiero unico, pone automaticamente in una posizione scomoda lontana anni luce dalla “comfort zone” della propaganda buonista.

Izabella Nilsson Jarvandi

Emblema quanto mai attuale è il “fenomeno Greta“: nuovo prezzemolo mediatico spolverato nel pentolone del politicamente corretto (e corrotto). Che Greta Thunberg sia una pedina, la punta dell’iceberg di qualcosa di ben più grande di lei è un dato di fatto: dal libro già scritto alla viralità di ogni sua apparizione (ed epic fail non proprio ambientalista), il copione è già bello che pronto. Per essere letto, interpretato e assimilato come vero dai creduloni ignari persino di cosa sia il buco nell’ozono.

Sulla Thunberg tutti i riflettori ed onori della cronaca, sulla sua antagonista solo ombre ed omertà. È 15enne e pure lei svedese, l’«anti Greta» Izabella Nilsson Jarvandi. Decisamente scomoda per il “sistema” poiché incarna tutti i nemici supremi dell’universo mainstream: sovranista, oppositrice della teoria gender, antiimmigrazionista e, dulcis in fundo, fan incallita di Viktor Orban. Tanto basta per relegare la povera Izabella nel contemporaneo “girone dei cattivi”.

Come se non bastasse, per la Jarvandi “i confini esistono e non possiamo accogliere tutti”: per la serie “apriti cielo e chiuditi porto”. Scontato lo snobbismo mediatico riservatole. Nazionalista ed attenta al problematico status quo del proprio Paese, Izabella evidenzia tutte le criticità generate da un immigrazionismo indiscriminato oltre che

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Cgil e università censurano chi non la pensa come Greta e i catastrofisti ambientali

Di Franco Battaglia – 26 marzo 2019

Il Sole24Ore esce con un curioso servizio a 4 pagine col seguente scoop: l’Italia è sempre più calda, col 2018 anno record. Più che scoop sembra la scoperta dell’acqua calda. Sappiamo che non l’Italia, ma l’intero pianeta sta godendo (dico io, ma patendo dicono loro) un riscaldamento globale, e non si capisce perché mai l’Italia avrebbe dovuto esserne esente. A parte questo scoop che scoop non è, fanno una gran confusione.

A caratteri cubitali, accanto al titolo scrivono che la temperatura tra il 1880 e il 2018 è cresciuta di 2.3 celsius, ma l’informazione è poco significativa visto che hanno deciso (e qui non sbagliano) di confrontare le temperature col loro valor medio negli anni 1970-2000. E rispetto a questo valor medio il 2018, in Italia, è stato più caldo di 1.5 celsius. Perché l’informazione precedente è poco significativa? Perché, a leggere la sequenza di dati che essi riportano, si può parimenti affermare, per esempio, che l’anno 1996 fu 0.5 celsius più freddo del 1950. Quindi allarme alterato nel titolo.

Ma torniamo allo scoop che non è scoop. Il pianeta si sta scaldando, lo sappiamo. Per esempio, nell’inverno del 1814 si celebrò l’ultimo festival su un Tamigi che, allora ghiacciato, consentiva l’attraversamento dei carri. Festival che si celebrava ogni anno da un paio di secoli. Allora, quello del 2018 non è l’anno più caldo in Italia dal 1800, ma è l’anno più caldo in Italia dal 1650, quando si era al minimo della Piccola Era Glaciale, come la chiamano i geologi (gli astrofisici lo chiamano minimo di Maunder, riferendosi al minimo dell’attività solare).

Ma Il Sole24Ore si guarda bene dal citare la circostanza.

Per occupare le quattro pagine si sarebbero rivolti a due esperti. Uno è un non meglio specificato Osservatorio Nazionale di Legambiente, nota istituzione scientificamente accreditata e sulla quale non pare interessante spendere altre parole.

O forse sì: in nome del riscaldamento globale si sono promosse le politiche d’incentivazione con denaro sonante agli impianti eolici e fotovoltaici, e Legambiente fu in passato socia di una società, la Sorgenia, che installava quegli impianti.

Recentemente la società si è preoccupata d’informare che «attualmente la società non ha collaborazioni con Legambiente», ma in passato le aveva.

L’altro esperto scientifico è tale Dr. Michele Brunetti, fisico, ricercatore

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Fazio e il razzismo radical chic verso il bambino bianco

25 MARZO 2019 – Luca Telese

Per Luca Telese la foto di Fabio Fazio con Ramy Shehata e Adam El Hamami, i due studenti che con le loro telefonate hanno sventato la strage lo scorso 20 marzo nel Milanese, è inquietante.

Il rischio, infatti, è quello di passare dal cattivismo stupido e ottuso al buonismo melenso e ipocrita.

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Mahmood, perché chi parla di integrazione sta facendo propaganda

10 febbraio 2019 – Antonio Pellegrino

Quando all’Ariston è stata annunciata la vittoria del brano “Soldi”, sapevamo tutti cosa aspettarci. Il post perplesso di Salvini, il tripudio dei giornali d’opposizione per la vittoria dello “Straniero”, “Morte al Sanremo Sovranista! (Sic)”. Tutto dannatamente prevedibile, e particolarmente triste.

I maggiori giornali hanno subito incoronato Mahmood, vincitore della sessantanovesima edizione del Festival, simbolo dell’integrazione che vince, della battaglia per lo ius soli, la risposta culturale al populismo becero e razzista, insomma, chi più ne ha più ne metta.

Sembra inutile dire che c’è una differenza tra immigrazione clandestina e regolare ma, di questi tempi, ciò che per buonsenso sembra scontato necessita invece spiegazioni elementari. Il caso specifico di Mahmood poi non si presta affatto a qualsiasi congettura del fronte filo integrazione: come riportato da molti giornali, per motivi familiari, sin da bambino il cantante è cresciuto con la madre italiana e questo tanto rivendicato (dagli altri) melting pot di culture, per forza di cose, non riguarda l’esperienza personale del soggetto.

Dall’Unione Sarda al portale Eurofestival, le dichiarazioni circa l’abbandono da parte del padre egiziano in tenera età vengono sfruttate per aggiungere quel sapore tragico sulla sua storia; eppure a conti fatti, è

 

Continua qui: https://oltrelalinea.news/2019/02/10/mahmood-perche-chi-parla-di-integrazione-sta-facendo-propaganda/

 

 

 

 

 

 

I vescovi in campo a sostegno dello ius soli: “Chi nasce qui è italiano”

La Chiesa e le associazioni si schierano con la sinistra e rilanciano la campagna sulla cittadinanza facile ai figli degli immigrati

Francesca Bernasconi – Dom, 24/03/2019

“Una legge sullo ius soli è assolutamente necessaria perché è senza senso che un ragazzino che da anni vive in Italia debba fare l’eroe per avere riconosciuta la cittadinanza”.

Il riferimento è Rami Shehata, che ha salvato i compagni di classe, durante il sequestro del bus a San Donato Milanese. A parlare è Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento creato cardinale anche per l’impegno verso i migranti, che a Repubblica ha spiegato anche come sia“triste che il cantante Mahmood dopo aver vinto Sanremo, si sia sentito straniero nel suo Paese”.

vescovi scendono in campo per la riforma sulla cittadinanza:“Lo ius soli offre al Paese maggiore sicurezza, perché significa far sentire parte delle nostre città chi in via formale ancora non lo è”, sostiene monsignor Gian Carlo Perego. Anche Fausto Tardelli, vescovo di Pistoia, è sulla stessa linea dei “colleghi”, schierandosi contro il decreto sicurezza e sostenendo che la privazione della cittadinanza “non può che essere sentita come una irragionevole discriminazione”, anche nel caso in cui siano stati commessi reati.

Sull’argomento ha speso parole anche l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, che ha osservato come sia “assurdo che ci sia chi pensa di dare la cittadinanza a uno per toglierla ad un altro”. Anche qui, il riferimento è al caso del bus dirottato a San Donato. Secondo Delpini, oggi più che mai, c’è bisogno di “gente che non vive calcolando il dare e l’ avere”,che non reagisca con l’odio e la rabbia, di fronte alla paura dell’altro.

Oltre ai vescovi, a scendere in campo a sostegno dellla concessione della cittadinanza per chi nasce in italia, sono anche diverse associazioni, che hanno deciso di mettersi al servizio degli “italiani senza cittadinanza”, perché “i figli e le figlie degli immigrati non devono sentirsi più soli”.

Lo ius soli, che nella scorsa legislatura aveva fallito la presentazione in Senato, si è trovato davanti il “no” del nuovo governo. Ma i “cittadini italiani senza cittadinanza” si dichiarano pronti a battersi, perché “l’Italia – dicono – è il nostro Paese”.

 

http://www.ilgiornale.it/news/politica/i-vescovi-vanno-campo-sostegno-dello-ius-soli-chi-nasce-qui-1668077.html

 

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Il Congresso Mondiale delle Famiglie, spiegato bene

Sarà a Verona a fine marzo, riunirà il movimento globale antiabortista, antifemminista e anti-LGBTQI e ci saranno tre importanti ministri del governo italiano

DOMENICA 24 MARZO 2019

 

A Verona dal 29 al 31 marzo 2019 si terrà il XIII Congresso Mondiale delle Famiglie (World Congress of Families, WCF). Il WCF riunisce «il movimento globale» antiabortista, antifemminista e anti-LGBTQI ed è stato classificato come “gruppo d’odio” dal Southem Poverty Law Center, organizzazione americana senza fini di lucro impegnata nella tutela dei diritti delle persone. Alla XIII edizione italiana del Congresso parteciperanno associazioni, capi di stato ed esponenti politici della destra radicale, cristiana e integralista da tutto il mondo ma anche tre ministri del governo italiano (il ministro dell’Interno e vice presidente del Consiglio Matteo Salvini, il ministro per la Famiglia e la Disabilità Lorenzo Fontana, il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti). E, sempre dall’Italia, ci saranno Giorgia Meloni, il senatore della Lega Simone Pillon, il presidente della Regione Veneto Luca Zaia e il sindaco di Verona Federico Sboarina.

Su questa edizione c’è molta attenzione sia in Italia che all’estero, per vari motivi: il primo, molto raccontato dai giornali, ha a che fare con la concessione del patrocinio della “Presidenza del Consiglio dei ministri – ministro per la Famiglia e la Disabilità” e l’altro con la partecipazione, al di là del patrocinio, di un pezzo importante del governo che sembra non essere condivisa, anche se in modo poco efficace, dall’intera maggioranza. L’ultimo, infine: come ci hanno raccontato alcune esperte, sarà la prima volta, da quando il Congresso è nato a metà degli anni Novanta, che è stata organizzata una manifestazione di protesta larga: dal movimento femminista Non Una di Meno e alla quale hanno aderito molte altre associazioni, movimenti nazionali e internazionali e sindacati.

Chi sono


L’idea di un Congresso Mondiale delle Famiglie nacque a metà degli anni Novanta dall’incontro tra l’americano Alan Carlson – storico, ex funzionario dell’amministrazione Reagan e allora presidente del Centro per la Famiglia, la Religione e la Società, gruppo conservatore che si oppone all’aborto, al divorzio e all’omosessualità – e il sociologo e demografo russo Anatoli Antonov. Antonov, nel 1995, invitò Carlson a Mosca e insieme ebbero l’idea di fondare una ONG sull’idea di “famiglia” che entrambi condividevano. Partendo dal timore di un imminente crollo demografico, Carlson e Antonov ne attribuirono la colpa al movimento femminista e alla liberazione sessuale, radicando su questo assunto il ruolo centrale della cosiddetta “famiglia naturale”, quella formata cioè da un uomo e da una donna uniti in matrimonio. Il WCF non nacque, dunque, come progetto politico né come progetto ecclesiastico: le chiese e i partiti entrarono in gioco solo più tardi. E a quel punto nacque la pretesa e la costruzione di un’azione coordinata con le istituzioni politiche contro i presunti nemici di una società «moralmente fondata»: il divorzio, l’omosessualità e soprattutto le donne.

Kristina Stöckl, ricercatrice e docente presso il Dipartimento di Sociologia dell’Università di Innsbruck che all’interno di un progetto finanziato dall’European Research Council ha analizzato le reti transnazionali e l’agenda dei soggetti religiosi tradizionalisti, ci ha spiegato che va tenuto presente il contesto storico di quel primo incontro tra accademici: erano gli anni in cui l’ONU aveva organizzato due conferenze sui diritti delle donne (al Cairo nel 1994 e a Pechino nel 1995) che, per i gruppi di destra degli Stati Uniti, rappresentarono un allarme e uno stimolo per organizzarsi oltre confine e internazionalizzarsi. In Russia erano invece gli anni del caos post-sovietico, quelli di un forte calo demografico e quelli di una rinascita del pensiero cristiano-ortodosso e dei cosiddetti valori tradizionali.

Il primo WCF venne organizzato a Praga nel 1997, poi a Ginevra (1999), a Città del Messico (2004), a Varsavia (2007), ad Amsterdam (2009) e a Madrid (2012). Da lì in poi continuò a crescere, ma la svolta arrivò nel 2012 quando i congressi divennero annuali, quando l’organizzazione diede vita o si alleò con numerose reti locali capaci di avere un’influenza vistosa e diretta sui governi dei vari paesi e quando sotto il suo ombrello si riconobbero ben presto gruppi omofobi e antiabortisti di tutto il mondo, destre cristiane e non, studiosi, leader religiosi e politici che negli anni ne hanno portato avanti in modo concreto il programma politico. L’organizzazione ha sostenuto ad esempio la legge russa contro la propaganda gay del 2013 (poi condannata dal Consiglio d’Europa, dal Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e da diversi gruppi per i diritti umani) e la legge, sempre in Russia, contro le adozioni da parte di coppie dello stesso sesso. Qualche giorno prima dell’approvazione di quest’ultima legge, Brian Brown, l’attuale presidente del World Congress of Familiesne parlò a favore a Mosca di fronte alla Duma.

Intorno al 2012, spiega ancora Stöckl «osserviamo una svolta conservatrice delle destre europee: Strache in Austria e prima di lui Heider, Salvini in Italia, Orban in Ungheria e così via. Cominciarono a insistere sulla difesa di un’Europa cristiana contro l’Islam, sulla salvaguardia della sovranità legislativa nazionale contro i diritti umani universali di non-discriminazione e di protezione delle minoranze, sull’opposizione all’Unione Europea e all’ONU come portatore di diritti umani e, in generale, su una posizione anti-liberal contro le forze e le politiche progressiste nella società. Ecco: il WCF ha permesso alle destre europee di unire e di unirsi intorno a questi obiettivi fornendo tematiche, linguaggi e iconografie ideali». Il Congresso, le reti che ne fanno parte e

 

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BELPAESE DA SALVARE

Stupri e immigrati

31 AGOSTO 2017  – Giampaolo Rossi                  RILETTURA

PREGIUDIZI E TABÙ
L’argomento è scottante e viola il rigido protocollo imposto dai talebani del politically correct. Certo, se decidete di affrontarlo, aspettatevi la solita accusa di essere i nipotini di Goebbels.
Non vi preoccupate, fa parte del gioco; sopportate con santa pazienza e andate avanti perché il problema esiste e non va rimosso; e non solo sull’onda dell’emotività che la cronaca ci riserva: la giovane turista polacca stuprata a Rimini o l’anziana di Forlì violentata da un nigeriano o la 12enne di Trieste abusata da tre immigrati (solo per citare gli esempi più recenti).

Quando un anno fa la piddina Debora Serracchiani, di fronte allo stupro di una studentessa italiana minorenne da parte di un richiedente asilo iracheno, dichiarò: “la violenza sessuale è un atto odioso e schifoso sempre, ma più inaccettabile quando è compiuto da chi chiede e ottiene accoglienza”un fiume in piena di scandalizzata indignazione si riversò contro di lei: colleghi di partito e immancabili intellettuali del Pensiero Collettivo.

Allora proviamo ad affrontare il tema senza tabù e senza pregiudizi.

I NUMERI IN ITALIA
Stefano Zurlo, su Il Giornale, ha riportato una notizia scioccante: un’ indagine di Demoskopika, realizzata elaborando dati del Viminale, ha svelato che “nel quinquennio 2010-2014, il 39 per cento delle violenze sessuali in Italia è stato compiuto da stranieri”. Un numero impressionante – nota Zurlo – se si considera “che nel 2014, solo l’8,1% dei residenti in Italia veniva da fuori”.
Ovviamente Zurlo è molto cauto e sottolinea che non bisogna fare “generalizzazioni”, né “distribuire patenti di primogenitura”.

Anche perché a distribuirle ci pensa il Ministero dell’Interno il giorno dopo, inviando una nota all’AdnKronos in cui spiega che nel 2016 i reati contro le donne compiuti dagli italiani sono aumentati (1.534 contro i 1.474 del 2015), mentre quelli degli stranieri sono diminuiti (904 contro i 909 del 2015, 4 in meno). Ma la stessa AdnKronos ammette che se si guardano le percentuali in rapporto alla popolazione (che è esattamente ciò che si dovrebbe controllare) le violenze commesse dagli stranieri sono maggiori.
Anche perché al conteggio sfuggono ovviamente i casi non denunciati che è plausibile siano maggiori nelle comunità di immigrati perché una donna straniera (magari profuga e richiedente asilo, inserita in contesti comunitari chiusi) ha più timore a denunciare una violenza subita rispetto ad una donna italiana.

D’altronde è un dato di fatto che la possibile correlazione tra l’esodo migratorio di giovani maschi e l’aumento delle violenze sessuali non sembra riguardare solo l’Italia.
In tutti i paesi che hanno adottato politiche di accoglienza massiccia i reati a sfondo sessuale sono tra quelli con maggiore aumento, insieme ai furti.

I NUMERI IN GERMANIA
Il Rapporto annuale sulla “Criminalità nell’ambito della migrazione” pubblicato il 27 Aprile scorso dalla Bundeskriminalamt (BKA), la Polizia Federale tedesca, rivela che nel 2016, il numero dei reati a sfondo sessuale compiuti da stranieri è aumentato del 102%, passando da 1.683 violenze del 2015 alle 3.404 del 2016.
In altre parole, da quando la signora Merkel ha aperto le frontiere ad oltre

Continua qui: http://blog.ilgiornale.it/rossi/2017/08/31/stupri-e-immigrati/

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Il progetto americano “della Grande Asia Centrale” in atto

26 Marzo 2019  DI ALEXEJ PAKHOLIN

Una versione di “pluralismo geopolitico controllato”

Il 1° marzo, l’agenzia di stampa tagika “Avesta” ha riferito che la costruzione della sezione tagika del progetto CASA-1000 (Central Asia – South Asia) inizia a metà marzo. Il progetto dovrebbe collegare, con un’unica linea elettrica, il Kirghizistan e il Tagikistan con l’Afghanistan e il Pakistan.

Sostengono il progetto il Dipartimento di Stato americano, l’USAID, la Banca Mondiale, la Banca islamica per lo sviluppo, il Department for International Development (DFID) e l’Australian Agency for International Development (AusAID).

Per gli Stati Uniti, questo progetto è una delle strutture portanti della cosiddetta Grande Asia Centrale.

Mappa del progetto CASA-1000. Fonte: casa-1000.org

 

Il Tagikistan, che dispone di grandi risorse idroelettriche, sta promuovendo attivamente l’idea di CASA-1000. I commenti degli esperti e dei funzionari del Tagikistan, in merito alle prospettive del progetto, sono sostenuti esclusivamente in chiave favorevole. A Dushanbe è già effettuato un pagamento anticipato per il progetto. Tra gli appaltatori figurano l’azienda svedese ABB e l’indiana Kalpataru Power Transmission Ltd, che ha già iniziato i lavori preliminari per la costruzione della sezione tagika della linea elettrica per la corrente alternata a 500 kV di tensione.

I lavori preparatori per la costruzione di CASA-1000 sono iniziati anche in Kirghizistan, Afghanistan e Pakistan. L’ultimo di questi Paesi è diventato, per CASA-1000, il mercato principale per la distribuzione. Lo scorso luglio il Primo Segretario dell’Ambasciata tagika di Islamabad, Bahodur Buriev, ha dichiarato alla pubblicazione pakistana The Nation che il progetto CASA-1000 verrà attuato con successo e sarà pronto per la trasmissione di energia elettrica in Pakistan e Afghanistan, entro la metà del 2020. A Kabul, hanno affermato di essere pronti a garantire la sicurezza del nuovo sistema di trasmissione di energia elettrica, e i Talebani, “secondo alcune fonti e resoconti dei media”, hanno assicurato che non lo danneggeranno. La verità è che tali assicurazioni non esprimono fiducia.

Il progetto CASA-1000 ha un’altra caratteristica significativa: è promosso e finanziato dagli Stati Uniti, i cui piani a lungo termine stanno cambiando la configurazione geopolitica dell’Asia Centrale, con l’ausilio di progetti infrastrutturali. Nel 2013, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha dichiarato: “Il sostegno degli Stati Uniti al progetto CASA-1000 è dovuto al nostro impegno di lunga data per il processo di pace, di stabilità e di prosperità dell’Afghanistan e dei suoi Paesi limitrofi”.

La cerimonia ufficiale per il varo del progetto CASA-1000 si è svolta a maggio 2016 nella città tagika di Tursunzade.

 

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La convivenza tra cristiani e musulmani in Palestina

22 febbraio 2019 – LUCIANA COLUCCELLO

(Beit Jala, Cisgiordania) Siamo alle porte di Betlemme, e in questo villaggio di 15mila abitanti, ricco di ulivi centenari e muretti a secco che disegnano paesaggi simili a quelli del nostro Salento, c’è la più vecchia scuola cattolica in Palestina: quella del Patriarcato latino di Gerusalemme. Gli istituti scolastici che fanno parte del Patriarcato sono in tutto 44: 13 in Palestina, di cui uno anche a Gaza, 6 in Israele e 25 in Giordania, per un totale di 20mila alunni circa. Mai solo cristiani. Quello che abbiamo visitato noi a Beit Jala, nel cuore della Terra Santa, è stato fondato nel 1854.

“Qui ci sono 900 studenti divisi in 31 classi, dai 4 ai 18 anni. Prima la maggior parte erano cristiani. Ora ci sono tante classi dove i musulmani sono la maggioranza”, racconta Suhail T. Daibes, il dirigente scolastico delle scuole del Patriarcato di Beit Jala. “Non solo perché i cristiani scappano sempre di più dalla Palestina. Ma anche perché molte famiglie musulmane scelgono di far studiare i loro figli qui, piuttosto che nelle scuole governative”.

D’altro canto, Suhail ne è convinto: soltanto l’istruzionepuò fermare la diaspora cristiana. I cristiani palestinesi sono generalmente più benestanti dei musulmani e hanno uno stile di vita molto simile a quello occidentale. “Per questo tendono maggiormente ad emigrare. Il cristiano è più individualista. Soffre molto la limitazione della libertà, la terra che ogni giorno è di meno, la Palestina che è sempre più una prigione a cielo aperto. Considera che da quando c’è il muro è difficile persino andare a pregare liberamente nei nostri luoghi santi di Gerusalemme. E allora, meglio andare via. Io, al contrario, sono certo che bisogna restare. E resistere. E la scuola è l’unica cosa che ti permette di farlo, perché ti insegna a lottare cercando la via del dialogo, non quella del fondamentalismo e della chiusura, che tanto non porta ad alcun risultato”.

Per questa ragione, da sempre gli istituti scolastici del Patriarcato sono aperti anche a musulmani e drusi. E oggi ci sono scuole, quella di Nablus ad esempio, dove su 615 alunni solo 71 sono cristiani. “I bambini cristiani non dovrebbero mai frequentare scuole per soli cristiani. Devono studiare in collegi misti, che rispecchino la società fuori. Altrimenti, quando usciranno da qui, si confronteranno con una realtà diversa, che scatenerà in loro la voglia di emigrare, o magari di abbracciare qualche progetto di fondamentalismo”, sottolinea il dirigente.

Ma se ci sono anche le scuole governative, e quelle dell’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, perché una famiglia palestinese sceglie di far studiare i propri bambini proprio in una scuola cristiana? “Per il tipo di

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S’inasprisce lo scontro sociale in Francia

di Thierry Meyssan

Secondo Thierry Meyssan il Grande Dibattito Nazionale è riuscito a distogliere l’attenzione dei francesi dalla questione sollevata dai Gilet Gialli: la deindustrializzazione. Per quanto interessanti, i problemi affrontati con queste chiacchiere sono del tutto secondari rispetto allo straordinario sorpasso economico operato dall’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai a danno dell’Unione Europea.

RETE VOLTAIRE | DAMASCO (SIRIA) | 24 MARZO 2019

In risposta al movimento dei Gilet Gialli il presidente francese Emmuanuel Macron ha annunciato misure sociali e organizzato un dibattito nazionale di tre mesi.

Al termine di questa discussione collettiva è emerso che le posizioni non solo non si sono modificate, ma si sono addirittura irrigidite.

Le misure sociali adottate consistono, in concreto, in un incremento del potere d’acquisto dei lavoratori con più bassi salari per mezzo di un adeguamento dei sussidi, invece che di un’equa retribuzione.

Il Grande Dibattito ha permesso a due milioni di francesi di esprimere la propria opinione, ma è stato ignorato da gran parte dei Gilet Gialli. Numerosi gli argomenti in discussione (riduzione del potere d’acquisto delle classi medie e popolari, inadeguatezza della presenza dello Stato in provincia, politica energetica), mai però si è dibattuto della causa della crisi. Una recessione che, iniziata con la caduta dell’Unione Sovietica e notevolmente aggravatasi con la crisi finanziaria del 2008, lungi dall’essere peculiare della Francia, investe, è bene ricordarlo, tutti i Paesi occidentali [1].

I francesi hanno preso coscienza segnatamente del declassamento della media borghesia, costretta a lasciare i centri cittadini e a relegarsi in periferia. Non hanno mai collegato la rapida sparizione in Occidente delle classi medie con la loro improvvisa comparsa in Asia. Di conseguenza, non hanno ancora capito che i mali che li affliggono sono esito dell’azione vincente di protagonisti del capitalismo, sciolti dai vincoli della politica. I francesi insistono a considerare responsabili i super-ricchi, invece dei leader politici che li hanno liberati delle costrizioni.

Le delocalizzazioni di imprese occidentali che ricorrono a competenze di base sono vantaggiose per tutti nella misura in cui sono create nuove imprese che utilizzano competenze più complesse. L’Asia non ha sottratto ricchezza all’Occidente, ha bensì beneficiato degli investimenti occidentali. L’anomalia è che i responsabili politici occidentali, dopo la caduta dell’URSS, hanno rinunciato a regolare questo processo, autorizzando i trasferimenti di tecnologia non soltanto in ragione delle differenze di livello di vita fra Paesi, ma per sottrarsi altresì alle responsabilità sociali.

I Gilet Gialli hanno evitato con cura di scegliere dei leader, sicché la classe dirigente non ha interlocutori.

La classe che guida la Francia, inizialmente conciliante verso i protestatari, si è bruscamente irrigidita quando ha capito che non sarebbe stato possibile risolvere la crisi senza mettere direttamente mano al proprio stile di vita. Si è perciò schierata con l’oligarchia contro il popolo e ha dato inizio a una repressione poliziesca che ha causato numerosi feriti e danni fisici permanenti. Poi ha lasciato mano libera agli anarchici affinché durante le manifestazioni disturbassero l’ordine pubblico, gettando così discredito sulla contestazione.

Dopo tre mesi, la società francese si ritrova più consapevole, benché più profondamente divisa. Questo periodo di proteste può essere letto in due modi:

o si ritiene che i fatti attuali (aumento delle diseguaglianze, indebolimento delle istituzioni nazionali e transizione verso uno Stato repressivo, rincorsa a rappresentare un popolo unito) assomiglino a quelli che portarono alla Seconda guerra mondiale;
o si ritiene che questi stessi avvenimenti assomiglino a quelli che sfociarono nel movimento delle Libere Comuni (la più celebre è la Comune di Parigi).

Queste diverse interpretazioni non sono tra loro contraddittorie: la seconda guerra mondiale fu anche una risposta alla crisi finanziaria del 1929, da cui non furono tratte le conseguenze economiche e sociali.

Secondo un sondaggio di Ifop-Atlantico del 20 marzo 2019, il 50% dei francesi si aspetta delle riforme, ma il 39% ritiene che una rivoluzione sia necessaria. È una percentuale due volte maggiore di quella degli altri Paesi occidentali oggetto del sondaggio. Tanta aspirazione alla rivoluzione si spiega sia con la tradizione storica francese sia con il blocco molto particolare delle istituzioni francesi, che rende impossibile ogni soluzione riformista (anche le riforme attuali sono sempre al servizio di chi controlla le istituzioni, non dell’interesse generale).

La posizione della Francia nel mondo

Dal momento che la classe dirigente francese è più vocata a preservare il proprio modo di vita che a risolvere la crisi, e dal momento che la causa di questa crisi è transnazionale, possiamo prevedere che la sua evoluzione dipenderà soprattutto da fattori esterni.

La classe dirigente francese è da diversi anni agitata dal dibattito su un possibile declino francese. È questione che non può essere risolta, dal momento che la nozione di declino rinvia a valori relativi. È tuttavia certo che l’Occidente in generale e la Francia in particolare

Continua qui: https://www.voltairenet.org/article205752.html

 

 

Xi Jinping va da Macron. Parigi prepara la mossa anti Italia

MAR 25, 2019 – LORENZO VITA

 

Emmanuel Macron incontra Xi Jinping, lo invita a Parigi e con lui chiama a raccolta anche Angela Merkel e Jean-Claude Juncker. Ormai sembra impossibile non vedere in ogni azione del presidente francese una mossa tesa a colpire gli interessi italiani. Ma è del tutto evidente che questa decisione di chiamare a raccolta all’Eliseo la triade per eccellenza dell’Ue per vedere il leader cinese ha un chiaro messaggio politico internazionale. Macron vuole parlare a nome della Francia ma anche dell’Europa. E guarda caso, proprio dopo la visita di Xi in Italia: viaggio che ha creato una breccia di non poco conto sia nei rapporti Italia-Europa che nei rapporti fra Italia e Stati Uniti.

L’impressione che si ha in questi giorni è che la Cina non sia il vero e proprio “rivale sistemico” dell’Europa, come definito in questi giorni dai vertici Ue. Il rischio è che quella del capo dell’Eliseo e di Frau Merkel sia l’ennesima mossa per fare in modo che l’Italia non abbia modo di beneficiaredi una pur minima posizione di vantaggio. Anzi, la premiata coppia franco-tedesca sembra aver messo in atto un piano perfetto, sfruttare l’allontanamento fra Roma e Washington e colpire subito dopo dall’Europa le possibilità italiane nella Nuova Via della Seta.

Il doppio gioco di Francia e Germania sulla Cina è a questo punto un metodo a dir poco perfetto. Ma facilmente individuabile. Macron ha dapprima urlato allo scandalo per l’approccio italiano alla Nuova Via della Seta, ribadendo che fosse necessario un approccio comune europeo nei confronti della Cina. Poi però cosa ha fatto? Ha steso il tappeto rosso all’imperatore di Pechino facendo capire fisicamente a Xi Jinping che l’Unione europea è a trazione franco-tedesca. E questo non implica una sudditanza, ma una doppia strategia: mostrarsi come i veri (unici) interlocutori in Europa e frenare qualsiasi tipo di avanzata cinese in Ue che

 

Continua qui: http://www.occhidellaguerra.it/xi-jinping-macron-francia-italia/

 

 

 

 

 

“CLIMA” – e COMPLOTTO GLOBALE CONTRO IL DIESEL

Maurizio Blondet  22 Marzo 2019

Cambiamenti climatici, lobby e politiche mondialiste

Matt Martini

Ieri una persona non troppo intelligente, dandomi ovviamente del complottista per avere sostenuto che sono principalmente i climatologi dell’ONU a ricevere cospicui finanziamenti per mantere l’allarme sulla bufala dei “cambiamenti climatici” (ex “riscaldamento globale”, perché al riscaldamento ormai non riescono a crederci neppure loro), mi faceva osservare che potrebbero essere invece i “negazionisti” ad essere finanziati dall’industria automobilistica.

Peccato i “negazionisti” (Dio vi perdoni per essere tanto malridotti da usare questi epiteti, come avete fatto per i “no-vax”) siano talmente foraggiati da non avere praticamente nessuno spazio mediatico sui canali ufficiali, anzi verso coloro che negano l’origine antropica dei “cambiamenti climatici” c’è un vero COVER-UP, e gli unici canali che hanno sono i blog, internet e qualche rivista di contro-informazione, quindi spazi di nicchia. I media ufficiali semplicemente non danno spazio a voci alternative e sono tenuti ad ignorarle SISTEMATICAMENTE.

L’intervento di Rubbia che fece sobbalzare il parlamento nel 2014 fu ovviamente una falla nel sistema di cover up, dovuto al fatto che Rubbia era un premio Nobel e senatore a vita, e non gli si poteva impedire di parlare. Ma l’eccezione conferma la regola. Di certo gli scienziati che smontano il mito dei “cambiamenti climatici” non ricevono spazio mediatico. Ad ogni modo basta questo per ridicolizzare ogni pretesa che i climatologi dissidenti siano in qualche modo “lobbizzati” o sostenuti, ad esempio dall’industria automobilistica (se fosse vero essi verrebbero ospitati sulle riviste di settore collegate all’industria dell’auto, es. ‘Quattroruote’, oppure dai giornali di proprietà o partecipati da colossi auotmobilistici). Ciò è esattamente ciò che non

 

Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/clima-e-complotto-globale-contro-il-diesel/

 

 

 

 

CULTURA

Leggere “Il nome della rosa” è come andare in spiaggia in pelliccia. Meglio il romanzo di Mario Pomilio

Uno dei pochi casi in cui il film è meglio del libro (mentre la fiction fa addormentare): l’opera per eccellenza di Umberto Eco è pesante, inaccurata e scontata. Leggetene solo le postille, oppure il suo “I pampini bugiardi”. Tra i romanzi “religiosi” scegliete “Il Quinto evangelio” di Pomilio

23 marzo 2019

 

Il bastone. Assunto di partenza: Il nome della rosa è uno dei rari fenomeni culturali in cui il film è meglio del libro. Il film di Jean-Jacques Annaud del 1986, dico, con il viso piacione e piacente di Sean Connery, che riduce in 126 minuti le 500 e passa pagine del romanzo si lascia vedere; la fiction di Giacomo Battiato ti straluna di noia; il libro di Eco, letto oggi, con l’eco marmorizzata di milioni di copie vendute, è come uno che va in pelliccia al mare a Ferragosto. Effervescenza kitsch. Ci vuole pazienza da estremisti. Ecco un abbecedario di motivi per non leggere – e tanto meno rileggere – Il nome della rosa.

  1. Il linguaggio.Eco alterna astrologiche parti descrittive – esempio: il capitolo “Dove Adso ammira il portale della chiesa” – ormai irritanti, a battibecchi dal sapore stantio. Andavano bene nei primi Ottanta, l’epoca di Dallas, il serial, al cui pubblico guarda Eco, impeccabile esegeta della comunicazione di massa, uno per cui Snoopy e l’Aquinate sono, sostanzialmente, la stessa cosa. Nomi. Nient’altro che l’esegesi del vuoto.
  2. La banalità dell’eco.Pur Lancillotto del Gruppo 63, Eco tradisce l’avanguardismo – provate a leggere Il giuoco dell’oca di Edoardo Sanguineti o Partita di Antonio Porta – per una scrittura delittuosamente pop. Se ne

 

Continua qui: https://www.linkiesta.it/it/article/2019/03/23/nome-della-rosa-umberto-eco/41499/

 

 

 

 

 

 

LE DIECI PAROLE LATINE CHE RACCONTANO IL NOSTRO MONDO

Raffaella Galluzzi

Codice morale per millenni, la virtù è quasi del tutto sparita dal linguaggio corrente, ancor più del suo abituale contrario, il vizio. Chi – tolto qualche professore di etica ‒ si sognerebbe ormai di descrivere la parte migliore di un individuo come virtù […] Chi, men che meno, penserebbe ormai che la virtù debba caratterizzare la politica o la formazione dei giovani, a casa e a scuola? Chi ambisce ormai ad averne? Chi ci crede più?”. Ormai la virtù è qualcosa che invochiamo inconsapevolmente, la ritroviamo in una insegna che sovrasta l’ingresso di una palestra o la associamo all’aggettivo “virtuale”, che paradossalmente non ha proprio nulla a che vedere con la virtù, trattando “una realtà fasulla, libera dai divieti del lecito e dell’autentico; consentendo, tra l’altro, dietro lo schermo della finzione immateriale, comportamenti spesso tutt’altro che virtuosi”. Perché abbiamo dimenticato il vero significato della parola virtus? Scriveva Cicerone “La virtù è stata così chiamata dal vocabolo vir [uomo]; propria principalmente del vir è la fortezza, di cui due sono i compiti principali: il disprezzo della morte e il disprezzo del dolore. Questi dunque bisogna praticare, se vogliamo essere padroni della virtus, o piuttosto se vogliamo essere viri…(Tusculanae disputationes II, 18,43). Perché abbiamo dimenticato di come attraverso i secoli il senso di questa parola sia andato modificandosi passando dal contesto prettamente militare (penso a Cesare, Livio e Tacito) alla virtus del Principe di Machiavelli – che diventa caratteristica principale del leader” – e ancora alla virtud di Cervantes (“dove regna l’invidia non può vivere la virtù, né dove c’è scarsezza di liberalità”, Don Chisciotte capitolo XLVII)?

Scrittore, latinista, docente di Letteratura italiana e comparata all’Università di Oxford ed anche pittore, Nicola Gardini ‒ già autore sempre presso Garzanti di Viva il latino – torna in libreria con un saggio che ha nuovamente per protagonista la lingua dei Romani, questa volta attraverso la scelta e l’analisi approfondita del significato di dieci parole:

ars

signum

modus

stilus

volvo

memoria

virtus

claritas

spiritus

rete

che hanno plasmato la nostra storia e che in qualche modo continuano

 

Continua qui: http://www.mangialibri.com/libri/le-dieci-parole-latine-che-raccontano-il-nostro-mondo

 

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Cosa ha stabilito il rapporto Mueller su Trump e il Russiagate

Non ci sono prove sufficienti per affermare che il presidente degli Stati Uniti ha cospirato con la Russia in vista delle presidenziali, ma The Donald non può ancora definirsi “assolto”

di Giulia Giacobini – 25 MAR, 2019

Non ci sono prove sufficienti per affermare che Donald Trump e il suo comitato elettorale abbiano cospirato con la Russia in vista delle elezioni presidenziali del 2016, né che abbiano ostacolato la giustizia. Il procuratore generale William Barr ha riassunto così il dossier sul Russiagate, l’indagine sulle interferenze di Mosca nella campagna elettorale, elaborato dall’ex direttore dell’Fbi Robert Mueller.

Barr, che ha passato il weekend a leggere il rapporto Mueller, ha sintetizzato il suo contenuto in una lettera di quattro pagine inviata al Congresso americano, specificando di averla redatta senza consultare Mueller. Trump ha dichiarato ai giornalisti che che le accuse di collusione erano “le più ridicole di sempre”. Poi ha scritto nell’immancabile tweet: “No collusione, no ostruzione, completa e totale assoluzione. KEEP AMERICA GREAT!”.

Mancano le prove

Nella lettera inviata al Congresso, Barr spiega che il governo russo ha condizionato la campagna elettorale americana diffondendo sui social network fake news “allo scopo di generare disordine sociale”. Inoltre, sarebbe stato la mentre dietro gli attacchi informatici contro il Partito democratico e il comitato di Clinton che hanno portato al furto di documenti riservati, poi diffusi da WikiLeaks. Non ci sono tuttavia prove che queste azioni siano il risultato di un accordo, e quindi di una collusione, tra il comitato elettorale

 

Continua qui: https://www.wired.it/attualita/politica/2019/03/25/russiagate-trump-mueller/

 

 

 

 

 

 

La stagionata Lilli Gruber si diverte solo se lincia gli ospiti che invita in tv

domenica 24 marzo 11:14 – di Francesco Storace

Bisognerebbe capire chi suggerisce gli ospiti a Lilli Gruber. Sapere perché li invita. Se li reputa interessanti per il suo pubblico o semplicemente per mettere in mostra il proprio ego da combattente piuttosto stagionata.

Ancora una volta, ieri sera, si è faticato a distinguere la giornalista di Otto e mezzo dall’esponente politico di sinistra a cui hanno affidato una trasmissione di propaganda di parte.

Gandolfini, un autentico signore

Il trattamento riservato dalla rossa di La7 al leader del Family Day, Gandolfini, è stato semplicemente disgustoso e abbiamo ammirato un autentico signore che non si è alzato per andarsene.

La famiglia è al centro del dibattito. Perché diventa un obbligo aggredire in televisione chi ne vuole difendere le ragioni e la tradizione di un istituto che ha ancora un suo rilievo sociale? Madame Gruber sogna un altro mondo ma non ha il diritto di sparare bugie sulla condizione della donna attribuita a Gandolfini e a chi ne segue

Continua qui: https://www.secoloditalia.it/2019/03/la-stagionata-lilli-gruber-si-diverte-solo-se-lincia-gli-ospiti-che-invita-in-tv/

 

 

 

 

 

DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI

Il decreto sicurezza ha già fatto aumentare gli immigrati irregolari

Come temuto da alcuni e denunciato da altri, la legge voluta da Matteo Salvini secondo l’Ispi ha già aumentato il numero di persone che vivono al di fuori della legge

Paolo Mossetti – 25 MAR, 2019

 

Secondo i suoi ideatori, il decreto sicurezza dovrebbe permettere una gestione migliore dell’immigrazione, impedendone il “business”. Per il momento però i dati dicono che non è così: da quando è entrata in vigore, una delle leggi maggiormente volute dal ministro dell’Interno Matteo Salvini ha visto aumentare il numero di stranieri irregolari di 40mila unità. Lo riporta l’Ispi, istituto di ricerca su temi internazionali che da tempo avvertiva sul rischio di uno scenario del genere.

Secondo la stima dell’Ispi, che si basa su dati del ministero dell’Interno e prende in considerazione il periodo giugno 2018-febbraio 2019 (dunque anche alcuni mesi precedenti al decreto) a 49460 migranti è stata rifiutata

 

Continua qui: https://www.wired.it/attualita/politica/2019/03/25/decreto-sicurezza-salvini-aumento-immigrati-irregolari/

 

 

 

ECONOMIA

Via della seta, le obiezioni dei leader europei alla linea italiana: “Unità e reciprocità negli appalti”

Con la Cina “vogliamo una relazione sulla base dell’accesso reciproco ai mercati”, ha detto la cancelliera Merkel al termine del Consiglio Ue. Il punto sono gli investimenti: il Dragone respinge quelli di molti Paesi Ue, che finora non sono riusciti a fare fronte comune. Dal 2012 si lavora allo Strumento per gli appalti internazionali (Ipi), che Bruxelles vuole approvare entro il 2019. Un obiettivo che la “profonda amicizia” tra Roma e Pechino rischia di allontanare. Stiglitz: “Bruxelles costringe Roma ad accettare soldi cinesi”

di Marco Pasciuti | 22 Marzo 2019

La prima parola d’ordine è “reciprocità“. La seconda è “fronte unito”. La reciprocità è quella che Bruxelles gradirebbe ci fosse tra l’Europa e la Cina sul fronte degli investimenti. Il fronte unito è il modo in cui le stesse istituzioni comunitarie vorrebbero che gli Stati dell’Unione affrontassero il gigante asiatico. Un obiettivo che, è il timore che aleggia nei corridoi della capitale belga e tra le cancellerie, l’apertura di Roma sulla Nuova Via della Seta e la firma del Memorandum con Pechino rischiano di allontanare. Anche se, secondo il premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz, “è l’Europa che sta costringendo l’Italia ad accettare il denaro cinese” perché “non mette in campo fondi per crescere”. Quindi “un paese che è in stagnazione, recessione, depressione che deve fare?”.

Intervistato da Huffpost, Stiglitz auspica che “l’Europa e in modo particolare la Germania si sveglino e si rendano conto che hanno davanti una questione esistenziale per l’Eurozona e per l’Ue”, perché “un’Italexit scuoterebbe l’Ue alle fondamenta”. Ma avverte anche che “l’Italia deve stare con gli occhi aperti, individuare i rischi di una trattativa coi cinesi. Alle spalle abbiamo già degli esempi drammatici: lo Sri Lanka e la Malaysia, dove l’aiuto cinese diede luogo a fenomeni di profonda corruzione. Ecco, speriamo che l’Italia abbia imparato da queste lezioni e concordi per bene con Pechino i termini di tutto l’accordo. Roma deve trattare con attenzione”.

La questione Cina viene affrontata in queste ore dal Consiglio europeo riunito nella capitale belga. A tenere banco giovedì è stata la questione Brexit, ma oggi si parla di investimenti. Con Pechino “vogliamo una relazione sulla base sulla reciprocità e accesso reciproco ai mercati”, ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel al termine dei lavori del summit. Durante il quale il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha parlato della bozza di dichiarazione congiunta Ue-Cina in fase di negoziato per il vertice del 9 aprile, in cui si legge che Bruxelles e Pechino prevedono di accelerare sull’Accordo per gli Investimenti e “chiuderlo nel 2020” grazie alla creazione di un nuovo “meccanismo di monitoraggio politico per un continuo esame dei progressi nei negoziati”, in modo che i leader possano fare il punto “entro fine anno”.

In tema di investimenti tra gli Stati Ue e la Cina la reciprocità è scarsa: alcuni dei primi lamentano che le loro aziende non sono trattate bene al di là della Muraglia e per riequilibrare l’asimmetria da anni la Commissione spinge perché l’Unione si doti di uno strumento per affrontare il Dragone con una posizione unitaria. “Per salvaguardare il suo interesse nei confronti della stabilità, dello sviluppo economico sostenibile e della buona governance nei paesi partner – si legge in uno dei 10 punti in discussione sul tavolo dei 27 – l’Ue applicherà in modo più rigoroso gli accordi e gli strumenti finanziari bilaterali esistenti e collaborerà con la Cina per seguire gli stessi principi nell’attuare la strategia dell’Ue in materia di connessione tra l’Europa e l’Asia”. Ma soprattutto “per promuovere la reciprocità e ampliare le opportunità di appalto in Cina, il Parlamento europeo e il Consiglio dovrebbero adottare lo Strumento per gli appalti internazionali (Ipi) entro la fine del 2019″.

Palazzo di Berlaymont ci prova dal 2012, con un testo rivisto e

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https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/03/22/via-della-seta-le-obiezioni-dei-leader-europei-alla-linea-italiana-unita-e-reciprocita-negli-appalti/5055393/

 

 

 

Magaldi: ipocriti e invidiosi, i nemici dell’accordo Italia-Cina

Scritto il 26/3/19

Bei sepolcri imbiancati, i nemici dell’accordo Italia-Cina: di loro, par di capire, “il più pulito ha la rogna”. Francia e Germania friggono d’invidia: ma come possono rinfacciare a Roma il fatto di aver scavalcato Bruxelles, se Parigi e Berlino sono reduci dal Trattato di Aquisgrana, stipulato come se l’Unione Europea non esistesse neppure? Una discreta faccia tosta anche da parte dell’alleato americano: furono proprio gli Usa ad aprire alla Cina le porte del mercato globale, ricorda Gioele Magaldi in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti. Sempre in video-chat con il conduttore di “Border Nights”, lo stesso Gianfranco Carpeoro (che del Movimento Roosevelt è un dirigente) rincara la dose: «Ha fatto benissimo, il governo Conte, a fare l’accordo con la Cina: tutela i legittimi interessi dell’Italia. Gli Usa strepitano? Pazienza, capiranno: anche loro mirano all’interesse nazionale. Ci rinfacciano che stringiamo un’alleanza con un paese non democratico? Prima ci spieghino la loro alleanza con monarchie autoritarie come l’Arabia Saudita». Aggiunge Carpeoro: «Dopo l’accordo con la Cina, ora l’Italia passi oltre: faccia fronte comune con paesi come la Spagna e la Grecia. E’ ora di metter fine al domino abusivo nord-europeo, finora esercitato da nazioni come la Germania, la Francia e l’Olanda».

La verità è che siamo attaccati in modo pretestuoso da politici invidiosi e smemorati, sintetizza Gioele Magaldi. Sono ipocriti, i bellimbusti come Macron che vorrebbero imporre proprio all’Italia una cabina di regina europea per la gestione del commercio con Pechino. Quanto ai rimbrotti degli Usa, irritati dal fatto che l’Italia stringa accordi con un paese non esattamente democratico, Magaldi ricorda che fu proprio il massimo potere statunitense – ben incarnato da una struttura come la Trilaterale, guidata dai vari Kissinger, Rockefeller e Brzezinski – ad accogliere la Cina nel Wto,

Continua qui: http://www.libreidee.org/2019/03/magaldi-ipocriti-e-invidiosi-i-nemici-dellaccordo-italia-cina/

 

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Le banche tedesche in crisi: 30mila impiegati a rischio. Anche in Italia

La Deutsche bank mostra le carte della fusione con la rivale Commerzbank dopo mesi di trattative riservate. Timori nel Belpaese, dove il gigante di Francoforte dà lavoro a circa 50mila persone

Le banche tedesche in crisi: 30mila impiegati a rischio. Anche in Italia

Tommaso Lecca

18 marzo 2019 20:01

Sollievo per i mercati e timore per i posti di lavoro. Il matrimonio di Deutsche Bank con la rivale Commerzbank viene accolto da sentimenti contrastanti, dopo l’annuncio dei diretti interessati che hanno confermato le voci che giravano da mesi tra i salotti della finanza tedesca ed europea. E così, mentre la Borsa festeggiava con un +3,3% per il primo istituto bancario tedesco e un netto +6,2% per il secondo della classe, i sindacati iniziavano a fare due conti di quanti posti di lavoro potrebbero diventare superflui con la fusione tra i due giganti del prestito.

Sarebbero ben 30mila gli impiegati che rischiano di restare a casa. Agli allarmi delle rappresentanze sindacali ha prontamente risposto il Governo di Berlino ma le difficoltà dei due istituti non permetterebbero, a questo punto delle trattative, di ripensare le strategie per tutelare i posti di lavoro. Dopo aver spinto per la fusione tra i due ex rivali del credito, l’Esecutivo guidato da Angela Merkel fa sapere che sarebbe “difficile” accettare un simile taglio di posti di lavoro, avvertendo che il Governo non è “mai passivo quando si tratta di problemi di tale portata”.  Con 620 sedi sul territorio nazionale, 4mila dipendenti e 1.300 consulenti finanziari, l’Italia rappresenta il primo mercato europeo – dopo la Germania – per la Deutsche Bank.

Molto più contenuti sono i numeri di dipendenti Commerzbank nel Belpaese, benché l’istituto sia presente in Italia da oltre quarant’anni.  L’amministratore delegato della Deutsche Bank, Christian Sewing, ha scritto ai dipendenti riconoscendo, dopo mesi di retroscena finanziari, la fusione coi rivali storici. “Dobbiamo verificare le opportunità

Continua qui: https://europa.today.it/lavoro/banche-tedesche-crisi.html

 

 

 

 

 

 

 

Banche, le coincidenze degli ultimi giorni sono tante. Troppe per non incuriosirmi – Replica

23 Marzo 2019 – Vincenzo Imperatore

Curiose coincidenze, da sembrare quasi fortuite. A tutti noi, nel corso della vita, sono sicuramente capitati, in prima persona o a persone a noi vicine, degli accadimenti diciamo insoliti, determinati da una qualche incredibile coincidenza difficile da spiegare. Il grande psicoanalista Carl Gustav Jung tentò nel 1950 di descrivere questi fenomeni con la teoria della sincronicità, ovvero delle coincidenze significative. La trappola mentale in cui cadiamo di fronte a questi eventi è quella, secondo Jung, di volerli collegare con nessi di causa-effetto come siamo abituati a fare normalmente nella vita quotidiana con tutto ciò che ci accade, ma per lo psicologo questo è un errore e dobbiamo vederli piuttosto come due accadimenti che succedono nello stesso istante ma che sono collegati tra loro da altri piani di significato. A ogni modo, che siano o no spiegabili, quando ci ritroviamo di fronte a una coincidenza (piccola o grande che sia), lo stupore che proviamo è sempre molto grande.

Questa settimana i media si sono concentrati sulla notizia della sentenza del tribunale Ue che ha annullato la decisione della Commissione europea, che aveva giudicato come aiuto di Stato l’intervento del Fondo di tutela dei depositi (Fitd) per il salvataggio di banca Tercas nel 2014. Una notizia che mi ha meravigliato, ma non stupito come

Continua qui:

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/03/23/banche-le-coincidenze-degli-ultimi-giorni-sono-tante-troppe-per-non-incuriosirmi/5055771/

 

 

 

 

LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

Pensioni: da aprile taglio a 6 milioni di assegni. Le riduzioni fascia per fascia

In arrivo per 5,6 milioni di persone la stretta sulla rivalutazione delle pensioni superiori a 1.521 euro lordi mensili come prevista dalla legge di Bilancio.

25 marzo 2019

 

Dal prossimo mese di aprile sono in pagamento le pensioni ricalcolate con i criteri di rivalutazione annuale, previsti dalla Legge di bilancio per il 2019. L’operazione di ricalcolo, effettuata dall’Istituto, ha riguardato i trattamenti di importo complessivo lordo superiore a tre volte il trattamento minimo. Per importo complessivo lordo si intende la somma di tutte le pensioni di cui un soggetto è titolare, erogate sia dall’Inps che dagli altri Enti, presenti nel Casellario centrale, assoggettabili al regime della perequazione cumulata. Le posizioni interessate dal ricalcolo sono circa 5,6 milioni. Per circa 2,6 milioni delle posizioni interessate la variazione media mensile dell’importo lordo risulta di 28 centesimi.

Il taglio (sotto forma di mancati aumenti) andrà da meno 5 euro mensili per pensioni di 2.300 euro lordi a 16 euro per quelle da 3.500 mila euro e via a salire, fino a raggiungere anche i 45 euro per importi elevati. Per un totale di circa 2,2 miliardi di euro di risparmi per le casse pubbliche nel triennio.

Ma chi ha avuto di più in questi primi tre mesi di mancata applicazione della sforbiciata dovrà restituire (probabilmente da giugno, a elezioni europee avvenute, come sospettano in parecchi) le somme percepite in più: e, in questo caso, si andrà da meno di un euro a 27 euro, per un totale di circa 100 milioni.

In questo senso, la Finanziaria prevede sette fasce di perequazione

 

Continua qui: https://quifinanza.it/pensioni/pensioni-da-aprile-taglio-a-6-milioni-di-assegni-le-riduzioni-fascia-per-fascia/264575/

 

 

 

 

 

LA LINGUA SALVATA

Bizzarre e dimenticate: le 10 parole italiane da riscoprire

Di Chiara Soldani – 24 Marzo 2019

La lingua italiana è un terreno fertile e ricco dal quale poter raccogliere, sempre, frutti rari e preziosi. Questi frutti che sono parole rivelano origini, significati e musicalità tutte particolari. Ecco una selezione delle 10 parole più strane e spesso dimenticate.

1) Gaglioffo: termine desueto, sta ad indicare una persona ignorante ma presuntuosa.

2) Astruso: si dice di una cosa, discorso o concetto astratto e dalla difficile comprensione.

3) Procrastinare: sinonimo di “rimandare, prendere tempo”, spesso con l’intenzione di non fare qualcosa.

4) Luculliano: termine che deriva dal politico dell’antica Roma, Licinio Lucullo (celebre per la sua vita all’insegna di sfarzi e ricchezze), si usa per indicare qualcosa di raffinato ed abbondante (soprattutto in riferimento a pranzi o cene).

5) Mentecatto: con accezione unicamente negativa, si riferisce a persona stupida e poco raccomandabile.

6) Lapalissiano: sinonimo di “ovvio, scontato”, si utilizza per indicare una precisazione superflua. Il termine deriva dal nome del maresciallo Monsieur de La Palice che fece scrivere sulla sua la lapide “S’il n’était pas mort, il serait encore en vie”, ovvero “Se non fosse morto, sarebbe ancora in vita”. In origine “en vie – in vita” era “envie”, ovvero “invidia”. La frase, poi tramandata con questa erronea modifica, acquisì il significato di cui sopra.

7) Zuzzurellone: si dice di persona “infantile, immatura”: esempio emblematico di

Continua qui: https://www.ilprimatonazionale.it/cultura/bizzarre-dimenticate-riscoprire-parole-italiane-109626/

 

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Cina-Italia, Bruxelles: “Preoccupati, serve potere di veto Ue sui rapporti con Pechino”

Lo ha detto il commissario tedesco Oettinger: “Timori per l’Italia, non sono abbastanza consapevoli degli interessi nazionali ed europei”. E domani l’Esecutivo presenterà le raccomandazioni sulla sicurezza delle reti 5G, con Huwaei osservata speciale

Redazione Bruxelles – 25 marzo 2019

Nei rapporti tra l’Unione europea e la Cina va “preso in considerazione il diritto di veto o l’obbligo del consenso della Commissione europea” sull’acquisizione di infrastrutture degli Stati membri dell’Ue da parte della Repubblica popolare cinese. A dirlo è uno degli esponenti di spicco dell’Esecutivo comunitario, il tedesco Guenther Oettinger. Parole, quelle del commissario al Bilancio, dette in un contesto ben preciso: la firma del memorandum con Pechino con cui l’Italia ha aderito alla Nuova via della seta.

Timori per l’Italia

A tal riguardo, Oettinger, nel corso di una intervista, si è detto “preoccupato che in Italia e in altri Paesi europei le infrastrutture di importanza strategica, come le reti elettriche, le autostrade o i porti, non siano più in mani europee, ma in mani cinesi”. Secondo il commissario, i governi degli Stati membri dell’Ue “non sono abbastanza consapevoli degli interessi nazionali ed europei” quando negoziano con la Cina.

Il caso Huawei

Intanto, il Financial Times rivela che l’Ue non bandirà Huawei dal mercato europeo nonostante la pressione degli Usa, ma andrà verso un approccio comune di gestione e riduzione del rischio dell’utilizzo della

Continua qui: https://europa.today.it/lavoro/memorandum-cina-ue.html

 

 

 

 

 

La Francia firma accordi miliardari con la Cina (senza aderire alla Via della Seta)

di Riccardo Sorrentino – 25 marzo 2019

Piccoli e grandi accordi bilaterali. Alcuni molto importanti, come la maxicommessa per 300 aerei del consorzio europeo Airbus, del valore di 30 miliardi. Nessun cedimento strategico, però, perché la Cina resta un concorrente. La Francia di Emmanuel Macron ha idee molto chiare su opportunità e limiti nei suoi rapporti con la Cina, in coerenza con la visione strategica di lungo periodo del governo di Parigi, che punta da decenni alla costruzione di uno stabile sistema globale multilaterale.

Preoccupazioni sui diritti umani
L’incontro di domenica e lunedì con il presidente cinese Xi Jinping, che martedì sarà allargato alla Cancelliera tedesca Angela Merkel e al presidente della Commissione Jean-Claude Juncker per consolidare anche le relazioni con l’Europa, ha lo scopo di costruire un rapporto paritario con la Cina. «La fiducia richiede tempo», ha detto Macron a Xi, poco dopo aver ricordato i valori universali dei diritti dell’uomo e le preoccupazioni europee sul loro rispetto in Cina.

Via della seta: progetti in paesi terzi
La stessa “partecipazione” francese ed europea all’iniziativa della Via della seta ha la funzione di depotenziarne il carattere geostrategico e frenare l’ambizione della Cina di costruire con investimenti e legami commerciali una vasta zona di influenza verso partner più deboli. Macron intende collaborare con Pechino «su progetti concreti nei paesi terzi lungo la Via della seta, nel rispetto dei paesi

Continua qui:

https://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2019-03-25/la-francia-firma-accordi-miliardari-la-cina–183723.shtml?uuid=ABmw3ohB&refresh_ce=1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Merkel alla guida dell’Europa: ecco il punto d’arrivo dell’asse franco-tedesco

Francia e Germania sono sempre più unite: ieri la seduta comune del parlamento, oggi l’incontro congiunto con Xi Jinping. Sullo sfondo, il nuovo assetto europeo, fondato sull’asse Macron-AKK. E sulla pazza idea della Merkel come erede di Juncker

 

26 marzo 2019

“Germania e Francia hanno una responsabilità speciale per l’Europa”. È con queste parole che il presidente del Bundestag tedesco Wolfgang Schauble ha aperto la prima storica seduta del parlamento franco tedesco: 50 deputati da Parigi e 50 da Berlino che si incontreranno due volte all’anno, come previsto dal Trattato di Aquisgrana, per promuovere e monitorare politiche di comune interesse, come la politica estera, la difesa e la sicurezza.

“È una giornata storica”, gli fa eco il suo omologo francese, Richard Ferrand e probabilmente ha tutte le ragioni del mondo per dirlo. Da Carlo Magno a oggi, il Vecchio Continente prospera e soccombe in funzione dei rapporti tra Francia e Germania, delle loro paci e delle loro guerre. Ma mai come oggi, mai come dopo Aquisgrana, si percepisce la volontà dei due Paesi – e in particolare dei due leader, Angela Merkel ed Emmanuel Macron – di legare indissolubilmente i loro destini, sino a sacrificare parte della loro sovranità per salvare l’Europa.

Perché di questo si tratta, in fondo. E chi nel fondo di Aquisgrana vede il tentativo di distruggerla, l’Europa, forse dovrebbe rivolgere lo sguardo a Roma, dove Di Maio e Salvini hanno deciso di firmare con Xi Jinping un memorandum of understanding sulla Belt and Road Initiative senza consultare nessuno dei partner europei, così come del resto hanno fatto i Paesi est europei qualche mese fa. E non è un caso che Merkel e Macron, giusto oggi, incontreranno Xi Jinping assieme, e che assieme a loro ci sarà

 

Continua qui: https://www.linkiesta.it/it/article/2019/03/26/merkel-alla-guida-delleuropa-ecco-il-punto-darrivo-dellasse-franco-ted/41561/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E ora cosa succede all’indagine sulla Russia?

Breve guida per capirci qualcosa, mentre Trump canta vittoria e i Democratici chiedono di saperne di più

LUNEDÌ 25 MARZO 2019

 

Domenica il procuratore generale degli Stati Uniti William Barr, l’equivalente del nostro ministro della Giustizia, ha reso pubblico un riassunto della relazione finale della lunga e famosa indagine del procuratore Robert Mueller sul presidente Donald Trump e la Russia. Nella sua sintesi, Barr ha riferito che l’indagine non ha trovato prove sufficienti di una collusione tra il comitato elettorale di Trump e la Russia per interferire con le elezioni del 2016; la squadra di Mueller, poi, non ha potuto dimostrare che Trump abbia intralciato la giustizia cercando di bloccare l’indagine.

Come ha sottolineato la maggior parte degli osservatori, è stata una grandissima vittoria politica per Trump, la cui presidenza è stata accompagnata e minacciata negli ultimi due anni da Mueller e dalla sua indagine: ha subito sostenuto che la relazione sancisca una sua «totale e completa assoluzione». Non è davvero così, come spiegano tutti i giornalisti americani e come stanno provando a dire i Democratici. Ma in questo momento, l’inerzia della storia è dalla parte di Trump, che rischiava seriamente di finire in anticipo il suo mandato se le conclusioni dell’indagine fossero state diverse. Anche se l’indagine di Mueller è finita, ci sono però diverse cose che possono ancora succedere.

Non sappiamo quasi niente del rapporto Mueller


Tutto quello che sappiamo delle conclusioni dell’indagine è un riassunto di quattro pagine fatto dal ministro della Giustizia di Trump e dal suo vice Rod Rosenstein: per legge, il rapporto Mueller è stato consegnato al dipartimento della Giustizia in via confidenziale. Barr ha detto di voler rendere pubblico il più possibile del rapporto al più presto, ma non è chiaro

 

Continua qui: https://www.ilpost.it/2019/03/25/indagine-mueller-e-adesso-trump-stati-uniti-russia/

 

 

 

POLITICA

Prima di parlare del fascismo, rileggete De Felice (e gli altri)

Di Alfonso Piscitelli – 23 Marzo 2019

Questo articolo, che espone dieci tesi essenziali di Renzo De Felice sul fascismo, è stato pubblicato sul Primato Nazionale di aprile 2018

Quando si parla di Mussolini e fascismo in Italia, sembra sempre che si cominci da zero. Sembra che si sia ancora ai primi di maggio del 1945, quando l’eccessivo trasporto nei confronti del dittatore negli anni precedenti alla guerra doveva essere compensato con una carica espressiva di odio manifesto, soprattutto da parte di coloro che, avendo rapidamente dismesso la camicia nera, si apprestavano a vestire nuovi abiti nell’agone politico post-bellico.

Antifascismo liberticida

Il progetto di legge repressiva di Fiano, la dichiarazione ufficiale di Mattarella («nel fascismo non vi fu nulla di buono») corrispondono a quella fase in cui si abbattono i monumenti dello sconfitto e – in virtù della eterna legge del vae victis, guai ai vinti! – non c’è posto per nessun distinguo, per nessun ragionamento basato sulla complessità. Ma in realtà noi non siamo all’anno zero, sia per un ovvio calcolo cronologico, sia perché l’Italia ha prodotto in questi anni una storiografia di tutto rispetto sul fenomeno «fascismo». Di questa storiografia non-nostalgica e post-antifascista Renzo De Felice è stato il principe. Ma potremmo ricordare anche un Giorgio Bocca che, nella sua migliore produzione saggistica, ha ricostruito la giovinezza del Mussolini «socialfascista»; e ancora Giordano Bruno Guerri, il quale ha studiato figure come D’Annunzio e Balbo che non possono essere definite di contorno; Emilio Gentile con il suo studio (raffrontabile a quello di Mosse sul nazionalsocialismo) sul fascismo come tentativo di realizzare una «religione civile degli italiani». Al di là di questi robusti storici «di professione»,

Continua qui: https://www.ilprimatonazionale.it/cultura/renzo-de-felice-fascismo-109526/

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

L’internet delle cose in 8 domande e risposte

Che cos’è l’Internet of Things? In che modo impatterà sulla vita di tutti noi? E con quali conseguenze? Facciamo un po’ di chiarezza su che cosa stanno facendo 5 miliardi di dispositivi che non sono computer nè smartphone, ma che in questo preciso momento sono collegati a Internet?

30 OTTOBRE 2015 | REBECCA MANTOVANI

Il termine Internet of things (Internet delle cose) è stato coniato nel 1999.

  1. CHE COS’È L’INTERNET OF THINGS? Internet of Things– letteralmente “Internet degli oggetti” – è l’espressione utilizzata ormai da qualche anno per definire la rete delle apparecchiature e dei dispositivi, diversi dai computer, connessi a Internet: possono essere sensori per il fitness, automobili, radio, impianti di climatizzazione, ma anche elettrodomestici, lampadine, telecamere, pezzi d’arredamento, container per il trasporto delle merci. Insomma, qualunque dispositivo elettronico equipaggiato con un software che gli permetta di scambiare dati con altri oggetti connessi.
  2. CHE COSA È POSSIBILE COLLEGARE ALLA RETE? Di tutto, almeno dal punto di vista teorico. Anche animali (per esempio attraverso segnalatori che ne consentono la localizzazione), piante (attraverso sensori che ne controllano l’illuminazione o il fabbisgono di acqua) e addiritura persone (utilizzando pacemaker o altri dispositivi per il controllo da remoto dei parametri biologici).

Con un po’ di fantasia è possibile collegare in rete praticamente ogni cosa. Per essere connesso un oggetto, una “thing”, deve rispettare due caratteristiche: avere indirizzo IP che ne consente l’identificazione univoca sulla Rete e la capacità di scambiare dati attraverso la rete stessa senza bisogno dell’intervento umano.

  1. A CHE COSA SERVE? Obiettivo degli oggetti connessi è, in generale, quello di semplificarci la vita automatizzando processi o mettendoci a disposizione informazioni che prima non avevamo. Qualche esempio?
  • La strada intelligente, o smart road, in grado di dialogare con le auto, con i semafori e con la segnaletica al fine di ottimizzare i flussi di traffico, ridurre l’inquinamento e i tempi di percorrenza.
  • Sensori posti sulle strisce dei posti auto che individuano la presenza o meno di una vettura,

 

Continua qui: https://www.focus.it/tecnologia/innovazione/tutto-quello-che-ce-da-sapere-sullinternet-of-things-in-x-domande-e-risposte

 

 

 

 

 

 

 

“Internet of Things.

Persone, organizzazioni e società 4.0”

Giacomo Buzzao  – 23 marzo 2019

Recensione a: Stefano Za, Internet of Things. Persone, organizzazioni e società 4.0, LUISS University Press, Roma, 2018, pp. 138, 14 euro (scheda libro).

 

Nel corso della storia l’uomo ha sempre cercato un modo per trascrivere e documentare ciò che accade nella realtà. Utilizzando diversi supporti di memorizzazione e linguaggi, è riuscito a codificare e condividere informazioni tra i suoi simili, presenti e futuri.

La primordiale concretizzazione della tendenza dell’uomo a essere “un animale sociale”, sono le pitture rupestri (linguaggi) su pareti di caverna (supporti). Col tempo, la codifica delle informazioni è stata progressivamente perfezionata dall’elaborazione di nuovi linguaggi e grazie all’utilizzo di supporti più evoluti e condivisi (tavole di legno, papiri, libri, videocassette sino ad arrivare ai supporti digitali).

Le diverse innovazioni digitali hanno accresciuto esponenzialmente le capacità di condivisione di informazioni e interazione dell’uomo. Oggi la quantità di realtà codificata nel “mondo digitale” è davvero notevole e se si pensa ad esempio al fenomeno dei Big Data, c’è modo di intuire che non smetterà di aumentare. Anche perché la produzione delle informazioni codificate, nel mondo dematerializzato virtuale, non è più ad esclusivo appannaggio dell’uomo; «l’ambiente inizia a documentare se stesso» attraverso gli oggetti (le cose). Queste “cose” codificano in digitale ciò che avviene nella realtà, attraverso internet ricevono-inviano informazioni e intraprendono azioni sulla base di processi decisionali interni sempre più accurati. L’Internet delle cose, l’Internet of Things (IoT) in ambito internazionale, è uno dei principali fenomeni dell’innovazione tecnologica.

Stefano Za nel suo saggio edito LUISS University Press, ne esplora gli ambiti di applicazione

 

Continua qui: https://www.pandorarivista.it/articoli/internet-of-things-stefano-za/2/

 

 

 

 

 

 

Internet of Things e i principali settori di impiego

Le differenti soluzioni IoT possono essere raggruppate in due macroaree: una legata alle persone (consumer segment) e l’altra alle imprese (business segment).

Nella prima rientrano le tecnologie per smart home e domotica, i wearable devices, i dispositivi sanitari e la frangia dell’automotive che offre/sperimenta soluzioni a guida autonoma o assistita. Del segmento business invece, fanno parte le soluzioni smart per le città (Smart city), per l’efficientamento energetico (Smart utilities & Energy), per la Sanità e le tecnologie IoT per l’industria.

Za ne illustra le caratteristiche principali e richiama alcune implementazioni di successo, più e meno note, come ad esempio il progetto “Emergency Vehicle Priority” (EVP) che nel Queensland permette ai mezzi di emergenza, quando coinvolti in operazioni di soccorso, di trovare sempre la luce verde su tutti i semafori che incontrano lungo il percorso grazie al rilevamento dell’avvicinamento del mezzo. O ancora l’ospedale olandese Slingeland che gestisce in maniera automatizzata l’analisi dei dati raccolti dai sensori di monitoraggio della salute del paziente, permettendo di ridurre il tempo di diagnosi e la prescrizione di farmaci adeguati. Dispositivi come Glaucovista, un glucometro continuo non invasivo, permettono ai medici “4.0” di ottenere le informazioni necessarie per il monitoraggio  del paziente, in tempo reale e senza che quest’ultimo sia fisicamente presente potendo giovare di una notevole ottimizzazione di intervento.

La combinazione e l’integrazione dell’IoT con i fenomeni già richiamati del cloud computing, del cognitive computing (intelligenza artificiale e sottoinsieme del machine learning) e dei big data, ha costituito una tale discontinuità nel mondo della produzione da guadagnarsi il titolo di “Quarta Rivoluzione Industriale”. Nel suo insieme,

 

Continua qui: https://www.pandorarivista.it/articoli/internet-of-things-stefano-za/2/

 

 

 

Il valore dell’IoT

Za, legittimato da risultati di studi illustri (MIT e Harvard), sottolinea come il valore dell’IoT nelle imprese sia ancora in larga parte incompreso o sottovalutato, con la tendenza a concepire il fenomeno come una metodologia per la prevenzione delle anomalie trascurando invece, l’enorme contributo che potrebbe fornire nella ridefinizione e nell’ottimizzazione dei processi aziendali. Secondo Za, la corretta realizzazione di un ecosistema IoT dovrebbe passare per quattro fasi principali (monitoraggio, controllo, ottimizzazione e autonomia) con l’ultima che è il risultato delle tre precedenti. Un impianto o un dispositivo autonomo forniscono enormi benefici; può migliorare la sicurezza in ambienti pericolosi (nelle miniere ad esempio) e facilitare il funzionamento in luoghi remoti.

C’è però anche l’altra faccia della medaglia da considerare, ci dice Za. Se è vero che l’IoT può contribuire a migliorare le nostre vite i rischi di un utilizzo non appropriato o di malfunzionamenti sono elevati. Se non adeguatamente protetti, i dispositivi smart di cui ci circondiamo sono facile preda di attacchi hacker. Considerata la quantità di informazioni che spesso inconsciamente autorizziamo a raccogliere (anche quelle più sensibili), siamo più che mai vulnerabili. Emblematico il caso che Za riporta: un hotel in Austria che decide di tornare alle serrature tradizionali dopo che alcuni hacker, su richiesta di un riscatto di due bitcoin (nel 2017, anno dell’attacco, valevano circa 1800 euro) avevano bloccato il sistema che permetteva di generare nuovi codici

 

Continua qui: https://www.pandorarivista.it/articoli/internet-of-things-stefano-za/3/

 

 

 

 

STORIA

Chi iniziò la guerra di Corea?

da aurorasito

Sessantasette anni sono passati dalla guerra di Corea. Ma gli Stati Uniti, ancora oggi, lottano per distorcere la verità del suo inizio. Allora, chi iniziò la guerra in Corea?

Tracciatura del 38° parallelo e occupazione USA della Corea del Sud

Nell’agosto 1945, l’Esercito Rivoluzionario Popolare Coreano, in cooperazione con le truppe sovietiche, lanciò l’offensiva generale per liberare la Corea mettendo in ginocchio il Giappone. La sconfitta del Giappone sconvolse gli Stati Uniti che sognavano di controllare la penisola coreana e di utilizzarla come trampolino di lancio per la loro strategia di dominio mondiale. Incapaci di realizzare l’ambigua ambizione, gli Stati Uniti proposero una cosiddetta “soluzione pratica” per occupare metà della penisola coreana. Secondo un’istruzione dell’allora presidente degli Stati Uniti Truman, il Comitato di coordinamento della guerra dei dipartimenti di Stato-Guerra-Marina preparò un piano con cui le truppe sovietiche e statunitensi disarmassero l’esercito imperiale giapponese col 38° parallelo della penisola coreana come linea di demarcazione. Truman l’approvò subito ed ordinò di trascriverlo come documento, “Ordine Generale n. 1”, informandone gli alleati il 13 agosto. Infatti, il 38° parallelo come linea divisoria della Corea non fu mai oggetto di discussioni internazionali. Fu unilateralmente ideato dagli Stati Uniti. Secondo tale ordine, il contingente avanzato del 24.mo Corpo d’Armata degli Stati Uniti arrivò sull’aeroporto di Kimpho il 4 settembre 1945 e il resto arrivò a Inchon, Pusan e Mokpho tra l’8 settembre e la metà di ottobre. Riferendosi a ciò, perfino gli statunitensi dicono: La guerra di Wall Street contro il popolo coreano iniziò praticamente nel settembre 1945, quando i suoi generali sbarcarono nella Corea del sud.

Preparativi militari per la guerra e le provocazioni armate al 38° parallelo

Gli Stati Uniti allestirono e ampliarono l’esercito fantoccio sudcoreano al fine di mantenere l’equilibrio di forze su un “rapporto di dieci a uno” contro l’esercito nordcoreano, e addestrarlo nello stile nordamericano. Ottennero anche la prerogativa del comando supremo sull’esercito fantoccio. Dal 1945 al 1949, gli Stati Uniti offrirono aiuti militari alla Corea del Sud per un valore di oltre 1 miliardo di dollari. Aumentando la prontezza al combattimento dell’esercito fantoccio, fu schierato in forze nelle aree lungo il 38 ° parallelo. Inoltre costruirono o ripararono le strade militari e condussero grandi lavori di costruzione delle posizioni. Allo stesso tempo, gli imperialisti statunitensi lanciarono l’esercito fantoccio in provocazioni armate contro la Corea democratica nelle aree lungo il 38° parallelo. Le provocazioni armate dal 1947 al giugno 1950 furono oltre 5150 e non furono semplici “conflitti armati” ma “prove di guerre” commesse ripetutamente con attenzione particolare sulle direzioni dell’attacco principale secondo i piani di azione della “spedizione verso nord”. Fujishima Udai, commentatore giapponese, dichiarò il 4 luglio 1975: il piano statunitense per scatenare la guerra in Corea non iniziò inaspettatamente il 25 giugno 1950,

Continua qui: http://aurorasito.altervista.org/?p=6235

 

 

Lo scrittore che falsifica la storia per la propaganda UE

22 febbraio 2019

Lo scrittore viennese Robert Menasse è un autore di talento, e un propagandista per l’Unione Europea. Ha vinto numerosi premi letterari, incluso il German Book Prize (equiparabile al Booker Prize) per il suo romanzo del 2017 “La Capitale”, una crime story ambientata a Bruxelles che è stata elogiata come “il primo grande romanzo dell’Unione Europea” e “una cronaca politica sull’importanza dell’Europa rispetto agli egoismi nazionali”.

 

Ma, a gennaio, proprio mentre Menasse stava per ricevere un altro prestigioso premio, questa volta dal governo della Renania – Alto Palatinato, hanno cominciato a ricomparire le accuse di avere usato false citazioni e fatti inesistenti nei suoi libri, sia in quelli di fiction che quelli non-fiction. “Un premio di stato per il re delle frottole”, ha titolato il magazine Cicero.

I fatti che l’autore avrebbe falsato riguarderebbero il politico tedescoWalter Hallstein, un membro dell’allora nascente Unione Cristiano Democratica (CDU) dopo la Seconda guerra mondiale. Da Segretario di stato, Hallstein è stato uno dei pionieri del progetto di integrazione europea, e nel 1958 è diventato il primo presidente della Comunità Economica Europea. Hallstein era una persona pragmatica, la cui carriera non ha affatto sofferto durante il periodo nazista (anche se non è mai stato iscritto al NSDAP, lo è stato in altre organizzazioni nazionalsocialiste).

Nel libro “La Capitale”, Menasse descrive Hallstein come un visionario riformista che, dopo due guerre mondiali, aveva capito che la causa di tutti i mali dell’Europa era lo stato-nazione. Per rimarcare il messaggio, Menasse si è inventato delle citazioni

 

Continua qui: https://oltrelalinea.news/2019/02/22/lo-scrittore-che-falsifica-la-storia-per-la-propaganda-ue/

 

 

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