NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 10 GENNAIO 2020 SPECIALE IRAN

https://www.libreidee.org/2017/12/sionismo-centanni-di-guerra-dopo-la-siria-tocca-alliran/

NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI

10 GENNAIO 2020 SPECIALE IRAN

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Ogni parola è un pregiudizio.

FRIEDRICH NIETZSCHE, Frammenti postumi 1882-1884, Adelphi, 1986, pag. 48

 

http://www.dettiescritti.com/

https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/

 

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La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.

 

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SOMMARIO

 

Iran, presidente annuncia scoperta maxigiacimento petrolio. 1

Armi, petrolio e commercio: il triplice legame che unisce Iran e Cina. 1

Iran, Rohani annuncia: “Scoperto maxi-giacimento di petrolio”. 1

USA-IRAN: PRONTI NEGOZIATI MENTRE INCOMBE CYBERGUERRA.. 1

Chi era Qassem Suleimani, spiegato bene. 1

LA “AGGRESSIONE” DELL’IRAN.. 1

L’uccisione del generale anti-ISIS Soleimani: il mondo ora è un posto più pericoloso. 1

Soleimani è morto, viva Soleimani 1

Vi spiego perché l’America e tutto l’Occidente hanno tanta paura dell’Iran. 1

Soleimani attirato in una trappola organizzata dagli Stati Uniti?. 1

Irgc vendica Soleimani, pioggia di missili su basi Usa. 1

Tutto quello che non torna sull’incidente aereo in Iran. 1

Sionismo, cent’anni di guerra: dopo la Siria, tocca all’Iran. 1

I neo-con lavorano la Cina ai fianchi. Ora tocca all’Iran. 1

Carotenuto: Iran-Israele, gli oligarchi della prossima guerra. 1

Per Pompeo gli USA non possedevano informazioni su presunti attacchi pianificati sda Soleimani 

Non ci sarà una guerra totale

Primo ministro iracheno: non solo l’agguato a Soleimani, ma anche continue ritorsioni e minacce ai danni dell’Iraq. 1

Aereo di linea ‘abbattuto’ in Iran: le menzogne occidentali confermano l’umiliazione nordamericana ad opera di Teheran. 1

Alberto Negri – L’iraniano è l’amico geniale. 1

 

 

IN EVIDENZA

Iran, presidente annuncia scoperta maxigiacimento petrolio

Il campo, le cui riserve sono stimate in oltre 50 miliardi di barili, si trova in Khuzestan

10 novembre 2019

 

Il presidente iraniano, Hassan Rohani, ha annunciato la scoperta di un nuovo maxigiacimento di petrolio, nel Sud del Paese, le cui riserve provate sono stimate in oltre 50 miliardi di barili.

Lo riportano i media iraniani, rilanciati dall’Associated

Continua qui:

https://www.repubblica.it/esteri/2019/11/10/news/iran_presidente_annuncia_scoperta_maxi_giacimento_petrolio-240750951/

 

 

 

 

 

 

Armi, petrolio e commercio: il triplice legame che unisce Iran e Cina

 

Federico Giuliani – 10 GENNAIO 2020

Gli Stati Uniti hanno messo nel mirino l’Iran dopo che Teheran ha risposto alla morte del generale Qassem Soleimani bombardando le basi militari americane situate in Iraq. A peggiorare la situazione, di per sé già tesissima, c’è anche il possibile abbattimento di un aereo civile da parte di un missile lanciato dai pasdaran iraniani. Il velivolo caduto ha provocato la morte di 176 persone, tra cui 63 canadesi e 4 britannici.

Gli schieramenti sono presto fatti: da una parte troviamo la potenza di fuoco degli Stati Uniti, supportati dagli alleati europei, da Israele e dall’Arabia Saudita; dall’altra, accanto all’Iran, sono presenti Russia e Cina (senza considerare la variabile impazzita della Turchia e le varie milizie sciite filo-iraniane).

A proposito di Cina, Pechino ha subito richiamato alla calma i soggetti coinvolti nella disputa. Il portavoce del ministero degli Esteri Geng Shuang, ha invitato tutti alla moderazione. “La Cina si è sempre opposta all’uso della forza nelle relazioni internazionali. Esortiamo le parti interessate, in particolare gli Stati Uniti, a mantenere la calma e

Continua qui:https://it.insideover.com/politica/armi-petrolio-e-commercio-il-triplice-legame-che-unisce-iran-e-cina.html

 

 

 

 

 

 

 

Iran, Rohani annuncia: “Scoperto maxi-giacimento di petrolio”

Di  Salvatore Falco  • ultimo aggiornamento: 10/11/2019

 

VIDEO QUI: https://youtu.be/WjSp48sEDRo

 

Un nuovo giacimento petrolifero con una riserva di 53 miliardi di barili è stato scoperto nel sud est dell’Iran, nella provincia del Khuzestan.

L’annuncio arriva del Presidente Hassan Rohani, secondo il quale la scoperta di quello che sembra essere il secondo più importante giacimento iraniano dopo quello di Ahvaz aumenterà di un terzo le riserve comprovate del Paese. Il giacimento copre 2.400 chilometri quadrati da Bostan e Omidiyeh e potrebbe generare fino a 32 miliardi di dollari di entrate.

L’annuncio di Rohani giunge mentre l’Iran deve affrontare le sanzioni

 

Continua qui: https://it.euronews.com/2019/11/10/iran-rohani-annuncia-scoperto-maxi-giacimento-di-petrolio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

USA-IRAN: PRONTI NEGOZIATI MENTRE INCOMBE CYBERGUERRA

Dopo i missili arrivano gli attacchi hacker; a rischio settori di finanze, energie e trasporti
Lorenzo Pisicoli

L’escalation militare tra le due potenze sembra andare scemando con il passare delle ore, per lasciare spazio ai giochi diplomatici in seno all’ONU. Gli Stati Uniti sono “pronti a impegnarsi senza precondizioni in seri negoziati” con l’Iran: lo afferma, secondo quanto riporta la Bbc online, l’ambasciatrice americana alle Nazioni Unite, Kelly Craft, in una lettera inviata al Consiglio di sicurezza ONU. L’obiettivo degli Usa, ha sottolineato Craft, è “prevenire ulteriori rischi per la pace e la sicurezza internazionali o l’escalation da parte del regime iraniano”. E dopo gli innumerevoli inviti al dialogo da parte di tanti leder internazionali, anche il premier Giuseppe Conte, a quanto si apprende, ha avuto un colloquio telefonico con il presidente della Repubblica Islamica dell’Iran, Hassan Rohani, mentre dall’altra sponda dell’Atlantico si cerca di arginare il “potere di guerra” del presidente Trump. “Mi auguro che tutti i repubblicani alla Camera voteranno contro la risoluzione sui poteri di guerra della ’Crazy’ Nancy Pelosi”, scrive il presidente americano su Twitter dando della pazza alla speaker della Camera e parlando di “un’altra truffa dei democratici, un’altra molestia al presidente”. Tra gli alleati, gli europei sembrano essere i più freddi rispetto alle intenzioni americane. L’Arabia Saudita ha denunciato “le violazioni iraniane della sovranità dell’Iraq” in un comunicato del suo ministero degli Esteri. “Il Regno denuncia e condanna le violazioni iraniane della sovranità irachena”, si afferma nella nota pubblicata dall’agenzia ufficiale SPA, con riferimento all’attacco missilistico iraniano di ieri contro le basi irachene che ospitano i soldati americani. Sono cinque le zone colpite e distrutte nella base area irachena al-Asad dai missili iraniani, come rappresaglia per l’omicidio del generale Qasem Soleimani: lo mostrano chiaramente le immagini scattate dal satellite SkySat dell’azienda Planet Labs. Rappresaglia che è servita a dar sfogo ai sentimenti di piazza, più che a testare le reali forze militari.

Ma a preoccupare è la nuova guerra fredda in atto. La banca iraniana Sepah ieri è stata sotto attacco per diverse ore. A causa di un DDoS, un attacco da negazione di servizio condotto per far collassare il sito web bersaglio di innumerevoli richieste di accesso da parte di un’orda di computer zombie, una botnet, precedentemente infettati e comandati da remoto. Autore dell’attacco sarebbe il gruppo Prizraky, che dalle verifiche di Repubblica rimanda a un sedicenne brasiliano pro-Trump che in chat ha dichiarato di essere un simpatizzante del presidente Bolsonaro e che con questa sua azione ha voluto dimostrare che “se gli americani devono temere attacchi dall’Iran, anche l’Iran deve temere attacchi cibernetici nei suoi confronti”. L’attacco alla banca

 

Continua qui:

http://www.internationalwebpost.org/contents/USA-IRAN:_PRONTI_NEGOZIATI_MENTRE_INCOMBE_CYBERGUERRA_15619.html#.XhhJOchKjIU

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Chi era Qassem Suleimani, spiegato bene

Era uno degli uomini più potenti dell’Iran, che per anni con diplomazia e con violenza aveva lavorato per aumentare l’influenza del suo paese

 

3 gennaio 2020

 

Nella notte tra giovedì e venerdì gli Stati Uniti hanno compiuto un attacco coi droni all’aeroporto internazionale di Baghdad, la capitale dell’Iraq, uccidendo il potentissimo generale iraniano Qassem Suleimani, uno degli uomini più noti e popolari in Iran. L’uccisione di Suleimani potrebbe cambiare in modo irreversibile i rapporti tra Stati Uniti e Iran, anche perché il governo iraniano l’ha definita «un atto di guerra».

Per capire di più su quello che è successo e succederà bisogna sapere chi fosse Suleimani e cosa era diventato per l’Iran e per le sue ambizioni. Nel 2013 Il Post aveva raccontato la  storia di Suleimani riprendendo un lungo e approfondito articolo di Dexter Filkins sul New Yorker: la abbiamo aggiornata per dare conto di cosa sia accaduto da allora.

 

Chi era Qassem Suleimani, in breve

Suleimani aveva 62 anni e dal 1998 era il capo delle forze Quds, corpo speciale delle Guardie Rivoluzionarie iraniane incaricato di compiere operazioni all’estero.

Per molti anni Suleimani era stato un personaggio quasi misterioso, estremamente influente ma schivo e sul cui conto si sapeva molto poco. L’articolo di Filkins del 2013 era stato uno dei più completi fino ad allora sul suo conto, e aveva messo insieme pareri e storie sui fatti che avevano contribuito alla sua carriera e alla creazione della sua figura pubblica. Da allora, con i suoi interventi nella guerra in Siria e più recentemente in Iraq, Suleimani era diventato molto più noto nel mondo e più potente in Iran; era considerato uno degli uomini più vicini alla Guida suprema Ali Khamenei, la figura politica e religiosa più importante in Iran, e un possibile futuro leader politico del paese.

Chi lo conosceva racconta che fosse dotato di quella qualità che gli arabi chiamano khilib, il carisma. Per l’articolo del 2013 del New Yorker, un ex funzionario statunitense in Iraq aveva detto di lui: «Ci possono essere dieci persone in una stanza, ma quando Suleimani entra non si siede lì accanto a loro. Si siede dall’altra parte, da solo, in un modo molto discreto. Non parla, non commenta, rimane lì seduto e ascolta. E, inevitabilmente, i pensieri di tutti i presenti nella stanza sono solo per lui».

 

Da dove inizia la storia di Suleimani

Nel 1979, l’anno della rivoluzione islamica guidata dal religioso sciita Ruhollah Khomeini, Suleimani aveva 22 anni: decise di unirsi alle “Guardie Rivoluzionarie”, una forza militare istituita dalla nuova leadership religiosa iraniana per prevenire un possibile colpo di Stato che avrebbe potuto riportare al potere lo scià, il monarca che era stato destituito con la rivoluzione.

Diciotto mesi dopo iniziò la guerra tra Iran e Iraq. Suleimani fu mandato

 

Continua qui:https://www.ilpost.it/2020/01/03/suleimani-chi-era-spiegato/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA “AGGRESSIONE” DELL’IRAN

Maurizio Blondet  8 Gennaio 2020

Ormai lo sapete dalle  radio: “L’Iran  ha attaccato diverse  basi in Irak simultaneamente  “lanciando decine di missili” balistici (Pentagono).  Le Guardie della Rivoluzione chiedono agli Usa “di non rispondere”.

L’Iran “ha rivendicato”:  in modo “proporzionato  secondo l‘articolo 51 della Carta dell’ONU” apparentemente firmato dal ministro degli esteri Zarif

“Iran took & concluded proportionate measures in self-defense under Article 51 of UN Charter targeting base from which cowardly armed attack against our citizens & senior officials were launched. We do not seek escalation or war, but will defend ourselves against any aggression.”

— Iranian Foreign Minister Javad Zarif

 

Attenzione: le fonti sono tutte occidentali.  Al ministro Zarif,  che intendeva recarsi all’ONU per fare appello al Consiglio di Sicurezza – Washington ha negato il visto d’entrata: di per sé grave violazione del diritto, perché il palazzo di Vetro è zona  extraterritoriale. Evidentemente sapendo che Zarif avrebbe portato al Consiglio la documentazione del doppio tradimento americano, che sapeva  che Soleimani era in Irak in veste di diplomatico, e Trump aveva chiesto al primo ministro iracheno di prestarsi alla mediazione.

Stupefazione riportata da Zero Hedge

Michael Every di Rabobank ha una prima visione della situazione:

In questa fase, con notizie confuse e fatti sul terreno assenti,  appaiono due scenari realistici.

Uno è che questo attacco è teatro per placare le grandi folle che erano così di recente nelle strade dell’Iran.

L’alternativa è che l’Iran ha davvero deciso di testare Trump alzando

Continua qui:https://www.maurizioblondet.it/la-aggressione-delliran/?utm_medium=push&utm_source=onesignal

 

 

 

 

 

 

L’uccisione del generale anti-ISIS Soleimani: il mondo ora è un posto più pericoloso

Cristiano Puglisi – 4 gennaio 2020

 

L’assassinio del generale iraniano Qassem Soleimani, capo delle forze Al Quds dal 1988 e noto per aver guidato, negli ultimi anni, l’offensiva contro l’ISIS sia in Siria che in Iraq, in un attacco missilistico americano sullo scalo merci dell’aeroporto internazionale della capitale irachena Baghdad è qualcosa di drammaticamente innovativo sul piano delle relazioni internazionali. L’eliminazione di un’ufficiale di uno Stato estero (che peraltro il Times aveva appena inserito, con l’italiana Giorgia Meloni, nell’elenco delle 20 personalità globali che avrebbero potuto cambiare il 2020) con un intervento militare mirato da parte del Pentagono in una nazione terza e teoricamente sovrana, è un atto di prepotenza diplomatica senza precedenti. Per vari motivi. In primis perché Iran e Stati Uniti d’America, nonostante i rapporti certamente tesi, non erano in guerra tra loro.

L’Amministrazione guidata da Donald Trump conferma, con questo gesto prevaricante, la scelta di ripudiare il multilateralismo in nome di un sovranismo che, di fatto, è una maschera per una forma ancora più violenta e arrogante del consueto imperialismo americano. Gli elogi che, da parte di diversi leader della galassia sovranista e filo-atlantica, inclusi quelli del leader italiano della Lega, Matteo Salvini, sono giunti all’inquilino della Casa Bianca per l’uccisione del militare iraniano confermano come buona parte di quel movimento, più che anti-sistema, sia inserito in una chiara visione geopolitica neo-conservatrice, fortemente ancorata alle strategie egemoniche anglo-americane per l’Europa continentale.

Così, se alcuni tra i sovranisti filo-atlantici esultano, Russia e Cina, partner strategici di Teheran, hanno condannato il gesto. “La Cina si è sempre opposta all’uso della forza nelle relazioni internazionali”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese Geng Shuang, aggiungendo che Pechino esorta “le parti interessate, in particolare gli Stati Uniti, a mantenere la calma e ad esercitare moderazione per evitare ulteriori tensioni crescenti”. Mosca considera invece “l’omicidio di Soleimani in un attacco missilistico americano (…) come un passo rischioso che porterà a un aumento della tensione in tutta la regione“. Anche la Francia di Emmanuel Macron, per voce del ministro degli Esteri Amelie de Montchalin, ha commentato il fatto con amarezza. “Ci siamo svegliati in un mondo più pericoloso”, ha detto.

E bene fa Federico Giuliani su InsideOver a ricordare che “pochi giorni fa, dal 27 al 30 dicembre, è andata in scena un’esercitazione congiunta tra le marine di Russia, Cina e Iran nel nord dell’Oceano Indiano e nel Golfo dell’Oman. Quattro grandi manovre militari, il cui scopo ufficiale era quello di rafforzare la cooperazione tra le forze navali

Continua qui:http://blog.ilgiornale.it/puglisi/2020/01/04/luccisione-del-generale-anti-isis-soleimani-il-mondo-ora-e-un-posto-piu-pericoloso/

 

 

 

 

 

 

Soleimani è morto, viva Soleimani

Emanuel Pietrobon – 4 gennaio 2020

Perché la morte del generale Qassem Soleimani è l’evento spartiacque che indicherà la direzione delle relazioni internazionali nel nuovo decennio

 

Notte del 3 gennaio, Baghdad. Nei pressi dell’aeroporto si trova un convoglio di veicoli che trasporta soldati delle guardie della rivoluzione iraniana e del comitato di mobilitazione popolare iracheno. Stanno discutendo della situazione pericolosa in cui si ritrova il paese, caduto in un vortice di instabilità pilotata che rischia di esplodere in una guerra civile. Il 2019 era iniziato con l’apparire di tensioni fra sunniti e sciiti, e fra gli stessi sciiti, divisi nell’atteggiamento da tenere nei confronti dell’Iran, ritenuto, sì, il salvatore della patria, per il ruolo fondamentale nella sconfitta dello Stato Islamico del defunto califfo Abu Bakr al-Baghdadi, ma al tempo stesso considerato una potenziale fonte di pericolo per via delle sue mire egemoniche regionali.

La plurisecolare tensione sunnita-sciita è stata sfruttata magistralmente dagli Stati Uniti per incrementare il livello di violenza delle proteste, che gradualmente hanno condotto ad un vero e proprio arresto civile che ha fatto ripiombare l’incubo della guerra civile sul paese. I piani dell’amministrazione Trump si incontrano e scontrano con quelli di Benjamin Netanyahu, che è intenzionato ad estendere la lotta all’Iran fino ai suoi confini.

Arriva l’estate ed iniziano le operazioni chirurgiche in Iraq da parte dell’aviazione israeliana: è la prima volta che Tel Aviv estende il raggio d’azione al di fuori di Libano e Siria, una mossa altamente rischiosa. Gli aerei e i droni colpiscono basi militari, depositi di armi, neutralizzano figure chiave della resistenza irachena o del ramo locale di Hezbollah. L’intervento israeliano agisce in senso contrario a quello statunitense: la divisione interconfessionale cala di intensità, si compatta il fronte antiamericano, aumentano gli attacchi contro obiettivi statunitensi.

Poi, il 31 dicembre, la svolta: un gruppo agguerrito di manifestanti circonda l’ambasciata statunitense di Baghdad, viene appiccato il fuoco. È una ritorsione per i raid statunitensi ed israeliani, sempre più frequenti e violenti, che nel periodo natalizio hanno lasciato a terra più di 30 uomini, per la maggior parte appartenenti all’Hezbollah locale e ai comitati di resistenza popolare.

Il presidente Donald Trump accusa l’Iran di essere dietro l’assalto all’ambasciata e promette vendetta: il 2 gennaio firma il mandato d’uccisione di Qasem Soleimani, il più capace ed influente stratega militare al servizio di Teheran. La notte del 3 gennaio, in quel convoglio, si trova proprio Soleimani. Vengono lanciati dei missili, esplodono i

Continua qui:https://www.lintellettualedissidente.it/controcultura/esteri-3/iran-qasem-soleimani-donald-trump-usa/

 

 

 

 

 

 

Vi spiego perché l’America e tutto l’Occidente hanno tanta paura dell’Iran

L’Iran fa paura perché è un Paese indipendente, che non si è mai piegato alle direttive occidentali, con un regime assai discutibile ma in grado di preservare l’autonomia di uno stato che ha comunque 2500 anni di storia. Non solo. La sua influenza linguistica e storica è molto ampia e dal cuore del Medio Oriente arriva fino all’Asia centrale: gli iraniani sono una cultura, non solo un regime. E’ questo che temono l’Occidente e i suoi alleati che vorrebbero sottometterlo

di Alberto Negri, editorialista e inviato di guerra

L’incontro tra Macron e Trump alla Casa Bianca _ al quale seguirà quello con la cancelliera Merkel _ ci ha consegnato più interrogativi che punti fermi sull’accordo nucleare con l’Iran del 2015. Trump non ha chiarito se il 12 maggio si ritirerà dall’intesa. Ma abbiamo una certezza: nelle guerre mediorientali l’Iran rimane il vero bersaglio degli Usa e dei suo alleati regionali, Israele e Arabia Saudita. “Fermare l’espansione dei Teheran e della Mezzaluna sciita sulle coste del Mediterraneo siriano, in Libano e in Yemen”, questo è il mantra che hanno ripetuto il presidente francese e quello americano che è esattamente quello che chiedono lo stato ebraico e la monarchia wahabita.

Ma l’Iran è davvero un nostro nemico? Si direbbe che siamo più noi occidentali e gli arabi il vero pericolo per la stabilità della regione. Il 22 settembre 1980 l’Iraq di Saddam Hussein attaccò l’Iran dell’Imam Khomeini, un anno dopo che lo Shah Reza Pahlevi era stato abbattuto dalla rivoluzione. Tutti pensavano che l’Iran, indebolito e senza “ombrello” americano, sarebbe crollato facilmente. Saddam Hussein venne appoggiato dalle monarchie del Golfo che in otto anni di guerra versarono a Baghdad dai 50 ai 60 miliardi di dollari per vincere un conflitto che non cambiò di un millimetro la frontiera sullo Shatt el Arab. Baghdad era sostenuta anche dalla Russia e le potenze occidentali, dalla Francia alla Gran Bretagna all’Italia, vendevano armi a tutto spiano agli iracheni. La guerra finì con Saddam Hussein indebitato fino al collo con gli sceicchi del Golfo e le banche occidentali, al punto che pur di far bottino nell’agosto del 1990 invase il Kuwait.

L’Iran è stato accusato di essere uno stato sponsor del terrorismo: non c’è dubbio che in Libano negli anni Ottanta gli Hezbollah abbiano usato metodi di questo genere ma sono anche un partito che siede in Parlamento e al confronto gli attentati provenienti dal mondo sunnita sono infinitamente di più di quelle di marca sciita. Anzi, sono stati proprio gli occidentali e i loro alleati arabi a incoraggiare il terrorismo facendo a credere ai jihadisti che sarebbero intervenuti per eliminare Assad.

La realtà è che Israele, gli Usa, i sauditi, non sono disposti ad accettare l’Iran come Paese indipendente e sovrano che ha una grande influenza regionale regalata proprio dalle mosse dissennate dell’Occidente. Nel 2001, dopo l’11 settembre e gli attentati di Al Qaeda (compiuti da terroristi sunniti e in gran parte sauditi), con la guerra in Afghanistan gli Usa e i loro alleati colpirono ai confini dell’Iran il regime dei talebani, da sempre ostile a Teheran. Nel 2003, facendo fuori

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Soleimani attirato in una trappola organizzata dagli Stati Uniti?

www.altreinfo.org

Questa è una notizia che la stampa ufficiale italiana non ha dato, eppure è vera oltreché essere molto importante. Il generale Soleimani era in missione ufficiale e si era recato a Baghdad con un aereo di linea per condurre trattative finalizzate a diminuire la tensione tra l’Iran e l’Arabia Saudita.

Le trattative erano state sollecitate dal Presidente Trump, che aveva anche ringraziato il primo ministro irakeno poco prima dell’attacco. Quindi, non si tratta soltanto di un atto di terrorismo internazionale, ma di una vera e propria imboscata come quelle che un tempo si facevano nel Far West.

Ma non dimentichiamo mai che gli americani sono il braccio operativo di un’entità ben più pericolosa.

A seguire la notizia, tratta dall’Indipendent.

Il primo ministro iracheno Adil Abdul-Mahdi ha rivelato, durante il suo intervento al Parlamento di Baghdad, che avrebbe dovuto incontrare il generale iraniano Qassem Soleimani per discutere delle azioni da intraprendere per alleggerire lo scontro tra l’Iran sciita e l’Arabia Saudita sunnita – il punto cruciale di così tanti conflitti in Medio Oriente e oltre.

Adil Abdul-Mahdi è stato chiaro:

“Dovevo incontrarlo la mattina del giorno in cui fu ucciso, venne a

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Irgc vendica Soleimani, pioggia di missili su basi Usa

Nel primo passo della “Dura vendetta” sugli Stati Uniti per l’assassinio del tenente generale Soleimani, la scorsa notte la forza iraniana dell’Irgc ha sparato decine di missili balistici contro la strategica base Usa di Al-Assad in Iraq. Sono stati lanciati circa 35 missili. L’attacco missilistico ha preso di mira anche una base americana nella capitale di Erbil, nella regione del Kurdistan iracheno. Irgc ha rilasciato una dichiarazione in cui annuncia che “Shahid Soleimani Operation” è stata lanciata per rispondere all’atto criminale statunitense in cui é stato assassinato il comandante della Forza Quds, tenente generale Qasem Soleimani.

 

VIDEO QUI: https://youtu.be/rMe8YY-slm8

 

Il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (Irgc) ha dichiarato che oltre 80 soldati americani sono stati uccisi e circa 200 feriti negli attacchi missilistici dell’Irgc sulla base aerea americana di Al-Assad, nella provincia di Anbar nell’Iraq occidentale. I soldati feriti sono stati trasferiti fuori dalla base aerea a bordo di elicotteri. Il raid missilistico é stato effettuato la stessa ora dell’attacco americano di venerdì scorso a Baghdad in cui sono rimasti uccisi il generale Soleimani e il vice comandante delle Forze di mobilitazione popolare irachene Abu Mahdi al-Muhandis.

 

Irgc distrugge base strategica Usa

La base aerea di Ain al-Assad è (era) un sito altamente strategico per gli Stati Uniti, utilizzato anche per supportare i droni. Fino a 20 punti critici della base sono stati colpiti da 15 missili e diversi droni ed elicotteri sono stati distrutti. Nonostante il fatto che gli americani fossero in stato di massima allerta, la loro difesa aerea non è stata in grado di rispondere all’attacco Infatti, nessuno dei 35 missili iraniani è stato intercettato. Inoltre, l’Irgc ha identificato 104 obiettivi critici degli Stati Uniti nella regione, che saranno distrutti al primo errore del regime americano.

A seguito dell’attacco, la Casa Bianca ha confermato il raid annunciando che gli Stati Uniti prenderanno le misure necessarie per proteggere le proprie forze, i propri partner e gli alleati.

 

di Yahya Sorbello

https://ilfarosulmondo.it/irgc-vendica-soleimani-pioggia-missili-iraniani-basi-usa/

 

 

 

 

 

Tutto quello che non torna sull’incidente aereo in Iran

 

Federico Giuliani – 9 GENNAIO 2020

Le cause dell’incidente aereo avvenuto ieri in Iran sono ancora incerte. Tra ipotesi contrastanti, contraddizioni, prove, controprove e speculazioni, il tutto ingigantito all’ennesima potenza dai venti di guerra che soffiano tra Teheran e Washington, la vicenda resta avvolta nella nebbia.

Partiamo dai fatti accreditati. L’aereo civile precipitato faceva parte della flotta in forza all’Ukraine International Airlines (Uia), la compagnia nazionale dell’Ucraina. Era un Boeing 737-800 passeggeri, bimotore e utilizzato per effettuare voli di breve e medio raggio.

Stando a quanto riportato da un tracker di volo, il mezzo ha lasciato l’aeroporto internazionale Imam Khomeini di Teheran nella mattina di mercoledì 8 gennaio alle ore 6:12. Due minuti più tardi, alle 6:14, sono cessati tutti i contatti con la cabina di pilotaggio. In quel preciso istante, l’aereo è precipitato nella periferia della capitale iraniana, schiantandosi al suolo. L’intero equipaggio, formato da 176 persone, è morto sul colpo.

La compagnia Uia ha subito specificato che il velivolo coinvolto nel misterioso incidente era nuovo – la sua costruzione risale al 2016 – e che il giorno prima di precipitare aveva effettuato i controlli tecnici, superandoli correttamente. Il presidente ucraino, Volodimir Zelenskij, ha aperto un’inchiesta per fare luce sulla vicenda.

Le prime contraddizioni

In un primo momento, nella mattina dell’8 gennaio, l’ambasciata ucraina

Continua qui:https://it.insideover.com/societa/perche-laereo-caduto-in-iran-potrebbe-davvero-essere-stato-abbattuto-da-un-missile.html

 

 

 

 

 

 

Sionismo, cent’anni di guerra: dopo la Siria, tocca all’Iran

Scritto il 14/12/17          RILETTURA

Un secolo di guerra, in Medio Oriente, grazie al sionismo: lo scorso 2 novembre ricorrevano i cento anni dalla Dichiarazione Balfour, evento che ha marcato indelebilmente la storia contemporanea della regione mediorientale. Con quell’atto politico-diplomatico,ricorda Gaetano Colonna, il governo inglese – sotto la pressione del movimento sionista, collegatosi ai vertici del potere britannico e statunitense nel corso della Prima Guerra Mondiale – aprì la strada alla nascita dello Stato ebraico, poi nato nel 1948. «Molti eventi epocali hanno segnato la drammatica storia di quest’area del mondo, che da allora non ha più conosciuto la pace», rileva Colonna su “Clarissa”: prima il crollo dell’Impero Ottomano e la spartizione fra le potenze occidentali dei territori arabi, poi il controllo della produzione e delle riserve di petrolio, «anch’esso divenuto fattore strategico durante la Grande Guerra dopo che la flotta inglese convertì i suoi propulsori navali a questo carburante». Dalla sua formazione, lo Stato di Israele ha condotto ripetute guerre che «gli hanno consentito di raggiungere un livello di potenza militare e di influenza politica planetaria», passando per «l’annientamento del nazionalismo arabo», di cui il regime siriano di Bashar Assad – oggetto di un violentissimo processo di destabilizzazione – è l’ultimo epigono.

In parallelo, il terremoto regionale innescato da sionismo ha provocato la diffusione dell’integralismo islamico, «prima foraggiato dall’Occidente durante la Guerra Fredda, sia in funzione anti-comunista che anti-nazionalista, poi presentato quale nemico mortale e divenuto strumento di una nuova “strategia della tensione” internazionale». Nel frattempo è cresciuta la contrapposizione fra l’Islam sciita guidato dall’Iran, protagonista della rivoluzione khomeinista del 1979, e l’Islam integralista dei wahabiti in Arabia Saudita, «inattaccabile pilastro del sistema di controllo occidentale delle risorse petrolifere fin dal 1943, con l’accordo fra Roosevelt ed il re predone Ibn Saud». Negli ultimi mesi, aggiunge Colonna, «in questo teatro geopolitico fondamentale per gli equilibri di potenza internazionali e dunque per la pace mondiale», abbiamo assistito a ulteriori, pericolosi sviluppi: appare sempre più credibile «la probabilità di un conflitto, rivolto a dare un assetto definitivo a quest’area totalmente destabilizzata dai diretti interventi occidentali in Iraq e in Afghanistan fra il 1991 ed il 2003».

Il rapido dissolversi delle aspettative suscitate mediaticamente dalla cosiddetta “primavera araba”, inoltre, «ha mostrato quanto essa fosse in realtà semplicemente rivolta a demolire gli ultimi due regimi del Medio Oriente allargato, Gheddafi in Libia e gli Assad in Siria, sopravvissuti alla neutralizzazione delle classi dirigenti arabe, laiche e nazionaliste, ispirate negli anni Sessanta da un socialismo di tipo populista e anticomunista». L’aprirsi dello spaventoso conflitto siriano, che secondo i calcoli sauditi e occidentali avrebbe dovuto risolversi in pochi mesi, «ha avuto un effetto complessivamente devastante, poiché ha completato il processo di disgregazione delle entità statali dell’intero Medio Oriente, lungo una fascia che oggi corre dal Kurdistan fino al Mare Mediterraneo, dall’Iran al Libano – realizzando per la prima volta in un secolo l’unificazione su di un’unica linea di frattura di una molteplicità di conflitti

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I neo-con lavorano la Cina ai fianchi. Ora tocca all’Iran

03/01/2018 Massimo Bordin

Che gli americani sognino di controllare l’Iran lo sanno anche gli eremiti sordi che vivono di pastorizia ai piedi dell’Himalaya. Vicinanza con la Russia, controllo di risorse petrolifere, dominio su turchi e siriani … hiiiii, e quanti motivi ci sono stati nella storia passata e recente per giustificare questo progetto? Troppi per stupirci della finta rivolta in Iran, giunta ormai al sesto giorno senza che vi siano a supporto video e testimonianze convincenti. Da quando il popolo iraniano è riuscito a fare un “cambio di regime” nel ’79, Stati Uniti e Gran Bretagna hanno aperto le ostilità, con alti e bassi, appoggi esterni e sanzioni, ma da allora non è più finita.

Ma alle motivazioni NATO poco sopra citate, se ne è aggiunta in questi mesi una nuova che ritengo quella decisiva: la collaborazione fattiva tra Teheran e Pechino.

Pochi sanno, infatti, che è partito un progetto infrastrutturale tra Cina e Iran. Una nuova via della Seta, come quella che aveva collegato persiani ed estremo oriente nel medioevo. Insomma, il Presidente Xi Jinping sta cercando di costruire una rotta commerciale preferenziale per collegare in maniera più efficiente l’Asia all’Europa, come il suo lontanissimo predecessore Qubilai KHAN.

Gli interessi cinesi

La vecchia via della seta aveva il grande vantaggio della stabilità. Le carovane che passavano per Samarcada erano ricche di spezie e di tessuti e viaggiavano tranquille durante la pax mongolica. Poi dopo secoli di sostanziale calma, sono arrivati arabi, Tamerlano e poi gli ottomani e quella via devenne pericolosa, impraticabile e troppo costosa. Insomma, non più conveniente, tanto è vero che gli occidentali preferirono prendere la via del mare per raggiungere l’oriente senza più

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Carotenuto: Iran-Israele, gli oligarchi della prossima guerra

Scritto il 24/5/18

 

La cattiva notizia? Vogliono trascinarci in guerra, provocando l’Iran. L’altra notizia è altrettanto deprimente: nessuno ha ragione, nessuno racconta tutta la verità. Già analista internazionale per conto dell’intelligence, Fausto Carotenuto offre una visione lucida sull’ennesimo, pericoloso smottamento geopolitico in Medio Oriente: Israele cerca la rissa col presunto nemico di turno, il regime degli ayatollah, confidando nell’appoggio della potente lobby ebraica americana e nel presidente Trump, che ha appena trasferito l’ambasciata statunitense a Gerusalemme, provocando la reazione dei palestinesi di Gaza guidati dagli sciiti di Hamas, vicini a Teheran. In più, Netanyahu ha esibito un dossier del Mossad che dimostra la progressione nucleare dell’Iran, preparando lo strappo della Casa Bianca, ritiratasi dall’accordo siglato da Obama. Tutto vero, dice Carotenuto in web-streaming per “Coscienze in Rete”, ma la realtà è un’altra. Non ci sono buoni e cattivi, ognuno recita la sua parte. E il film dell’orrore prosegue imperterrito, verso esiti particolarmente rischiosi, essenzialmente per un motivo: il rifiuto, da parte della destra reazionaria che oggi governa Israele, di fare la pace con i palestinesi. Cosa che metterebbe fine a tutte le altre guerre parallele già in corso, in cui ogni attore fa leva sull’alibi irrisolto della Palestina per alimentare il vortice artificioso della tensione.

Ognuno ha una parte di ragione, ma nessuno la racconta giusta: la destra israeliana investe sulla paura ben sapendo che Israele «dispone di un territorio così piccolo che, in caso di guerra, potrebbe essere invaso in mezza giornata». Al tempo stesso, Tel Aviv – che denuncia il pericolo del nucleare iraniano – finge di non sapere di disporre di 230 testate atomiche: «Un potenziale pari almeno a quello della Francia e probabilmente della Gran Bretagna, tale da mettere Israele in grado di colpire anche le capitali europee, con missili o almeno con aerei». Sul fronte opposto, non è che l’Iran sia un modello tranquillizzante: «E’ un paese imperialista, fautore di un Islam ostile all’Occidente, e che persegue un suo cinico disegno di potenza regionale». La Russia? «In tanti vedono in Putin una sorta di pacificatore». Ma, al di là dell’effettivo ruolo di stabilizzazione attualmente svolto, il Cremlino «non fa altro che gli interessi della potenza russa». A sua volta, il fronte islamico è spaccato: e gli sciiti iraniani sono quelli che più si sono avvantaggiati dall’aggressione occidentale contro paesi sunniti come l’Iraq. Per l’Occidente, una sequenza di autogol a catena: oggi i soldati di Teheran combattono in Siria al fianco di Assad, il presidente che Obama voleva rovesciare. E in Siria si sono saldati con la potente milizia sciita di Hezbollah, proveniente dal Libano.

Gli apprendisti stregoni che dopo l’11 Settembre hanno dato alle fiamme il Medio Oriente devastando l’intera regione, dall’Iraq alla Siria, dalla Libia allo Yemen, oggi vedono Israele accerchiato da nemici filo-iraniani. A sua volta, lo Stato ebraico enfatizza il pericolo per invocare come sempre il supporto degli Usa, senza il quale Tel Aviv non potrebbe disporre del temibile apparato militare che ne fa la principale potenza dell’area. Facile profeta, anni fa, il generale americano Wesley Clark: rivelò che i neocon firmatari del Pnac, il Piano per un Nuovo Secolo Americano, prima ancora del Duemila avevano

 

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Per Pompeo gli USA non possedevano informazioni su presunti attacchi pianificati da Soleimani

10.01.2020

Nei giorni scorsi Pompeo ha negato che il generale iraniano si trovasse in Iraq per una missione diplomatica, sostenendo invece che stesse preparando degli attacchi contro cittadini americani.

Il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha dichiarato all’emittente americana Fox news che gli Stati Uniti d’America non erano in possesso di alcuna informazione circa i presunti attacchi contro cittadini americani organizzati dal defunto generale iraniano Qasem Soleimani.

Rispondendo alle domande dei giornalisti, Pompeo ha tuttavia sottolineato come per l’amministrazione la minaccia costituita dall’ufficiale di Teheran fosse percepita come “reale”:

“Non sappiamo precisamente dove e non sappiamo precisamente quando. Ma era reale […] Esisteva la concreta possibilità e c’era una necessità reale. Abbiamo preso la giusta decisione. Il presidente ha fatto bene”, sono state le parole di Pompeo.

L’assassinio di Soleimani

Esattamente una settimana fa, il 3 gennaio, il presidente americano Donald Trump ha autorizzato un raid aereo atto ad eliminare il generale della Guardia Rivoluzionaria iraniana Qasem Soleimani, il quale è stato

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https://it.sputniknews.com/mondo/202001108502730-per-pompeo-gli-usa-non-possedevano-informazioni-su-presunti-attacchi-pianificati-da-soleimani/

 

 

 

 

 

 

 

Non ci sarà una guerra totale

Gabriele Pedrini – Senior Analyst presso l’Institute for Global Studies (IGS) – 6 gennaio 2020

 

La giornata di ieri ha segnato alcuni primi importanti sviluppi nella infuocata crisi mediorientale. Mentre il governo di Baghdad convocava l’ambasciatore statunitense e depositava presso le Nazioni unite formale denuncia dell’attacco del 2 gennaio, il parlamento iracheno ha approvato una risoluzione per impegnare il governo a porre fine alla presenza delle forze militari straniere in Iraq, in particolare quelle statunitensi. Impegno che lo stesso governo iracheno aveva già auspicato.

Un quadro decisamente impensabile fino a pochi giorni fa, prima che Donald Trump desse il via libera all’omicidio del comandante delle Forze al-Quds, atto spregiudicato che ha segnato una svolta tanto repentina quanto traumatica nello scenario mediorientale.

 

La posizione di Hezbollah

Il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah – che di Soleimani era fraterno amico e sodale – ha sottolineato la drammatica importanza dell’evento. “È l’inizio di una nuova fase, una storia nuova, non solo per l’Iran e l’Iraq ma per tutta la regione”. Così Nasrallah ha esordito ieri nel suo discorso di un’ora e venti minuti in onore delle vittime del drone statunitense, una questione “che coinvolge tutto l’Asse della resistenza e la umma [l’intera comunità islamica, ndr]”.

Nasrallah ha così ribadito un concetto ben più complesso e articolato della narrativa che inserisce l’episodio in un mero scontro tra Stati uniti e Iran. L’uccisione di Soleimani, per via del ruolo e delle relazioni intessute dal generale iraniano, costituisce infatti un terremoto che tocca nel profondo Paesi come Libano, Siria, Iraq, Yemen e Palestina, rinforzando e cementando un fronte (il cd. “Asse della resistenza”) che negli ultimi tempi aveva visto sbiadire l’afflato anti-imperialista in luogo di preoccupazioni orientate più su un piano di politica interna.

Dal discorso di Nasrallah emergono alcuni punti interessanti riguardo gli obiettivi delle ritorsioni che saranno messe in atto dall’Asse della resistenza. Innanzitutto la ritorsione non sarà indirizzata nei confronti di specifiche personalità del calibro di Soleimani perché, secondo Nasrallah, semplicemente non esistono: “C’è chi parla di una vendetta contro una personalità simile a quella del martire Soleimani, ma non esiste una persona come lui”. E aggiunge: “Un suo stivale equivale alla testa di Trump e alla sua amministrazione”. Al contrario, “il giusto castigo” sarà indirizzato verso la presenza militare statunitense: “basi, navi e ogni soldato presente nella nostra regione”. “Scapperanno umiliati dalla nostra regione e i martiri che oggi sono pronti a

 

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Primo ministro iracheno: non solo l’agguato a Soleimani, ma anche continue ritorsioni e minacce ai danni dell’Iraq

www.altreinfo.org

Le notizie che arrivano dal parlamento iracheno, davanti al quale ha parlato il primo ministro Abdul Mahdi, ci disegnano un quadro molto scoraggiante dello stato in cui versa la civiltà occidentale. In Iraq gli Stati Uniti hanno teso un vero e proprio agguato al Generale Soleimani, che era a Baghdad in missione diplomatica, su richiesta di Trump in persona.

Non solo, ma Abdul Mahdi ha denunciato molti altri soprusi commessi dagli Stati Uniti ai danni dell’Iraq.

Ci sorprende che la stampa italiana abbia nascosto la notizia e ci chiediamo se occultare fatti così importanti sia compatibile con la democrazia. A seguire un articolo di Maurizio Blondet.

DIGNITA’ E CORAGGIO DI ABDUL MAHDI

Il primo  ministro iracheno – che, ricordiamolo, ha accusato pubblicamente Trump  di aver attirato Suleimani  in una trappola, facendo di lui, il primo ministro, complice del delitto.

Riportiamo ancora una volta: “Abdul-Mahdi ha rivelato che Soleimani era andato a Baghdad per recapitare un messaggio dall’Iran all’Arabia Saudita in merito a una proposta per ridurre le tensioni nella regione, che Soleimani avrebbe incontrato il Primo Ministro la mattina stessa in cui era stato assassinato e – più cruciale – che giorni prima Trump aveva chiesto al primo ministro iracheno di “prestarsi per il ruolo del mediatore” tra la USA e l’Iran”.

La cosa notevole è che, nonostante abbia il paese sotto occupazione americana, non  ha alcuna intenzione di   passare oltre quest’atto di gangsterismo statunitense: perché se Trump può venir meno alla sua parola data e gettarla nel fango, è la sua parola data che Abdul Mahdi sta tenendo alta dal fango.  La parte della ragione e della  civiltà sta

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https://www.altreinfo.org/iraq/26801/primo-ministro-iracheno-non-solo-lagguato-a-soleimani-ma-anche-continue-ritorsioni-e-minacce-ai-danni-delliraq/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Aereo di linea ‘abbattuto’ in Iran: le menzogne occidentali confermano l’umiliazione nordamericana ad opera di Teheran

 

 

di Federico Pieraccini

Le accuse all’Iran di aver abbattuto l’aereo di linea provengono dalle solite inattendibili e anonime segnalazioni dell’intelligence USA e NATO, quelle responsabili delle più grandi menzogne e dei piu grandi scandali degli ultimi decenni (Tonkin, USS Liberty, WMD di Saddam, ‘ribelli moderati jihadisti’, tutte le rivelazioni di Snowden, Wikileaks, l’elenco potrebbe andare avanti all’infinito).

Questo sviluppo apre uno squarcio importante sugli eventi degli ultimi giorni e chiarisce alcuni aspetti fondamentali:

Innanzitutto, partiamo da un punto, sia Trump che Trudeau hanno affermato che si è trattato di un incidente. Rimarcare questo aspetto esclude qualsivoglia risposta militare.

Secondo elemento, lo scopo di queste accuse è gettare discredito internazionale sull’Iran, come fatto per la Russia e il Donbass con le false accuse sull’abbattimento di MH17. Probabilmente anche raccogliere un consenso “internazionale” per forzare nuove sanzioni su Tehran (e spingere gli Europei a lasciare il JCPOA).

Quello che si evince è evidente: gli USA hanno subito un’umiliazione senza precedenti con l’attacco missilistico IRGC e non potendo rispondere militarmente, si limitano ad infangare con false accuse, ma si tutelano, precludendo con la parola “incidente” ogni azione militare, dato che risulterebbe impossibile da sostenere.

In conclusione, questo nuovo sviluppo elimina ogni dubbio su improbabili “modalità concordate” tra USA e Iran nell’azione militare di Tehran (Washington avvertita dagli Iracheni) e probabilmente manda anche un monito ben preciso a Zelenskyj (presidente Ucraina) che si era affrettato a dire che teorie cospirazioniste sugli eventi vanno escluse prima della fine delle indagini.

Casualmente Zelenskyj è anche molto incline a ricucire i rapporti con Mosca.

Trump ha agito d’impulso varcando una linea rossa con Soleimani,

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https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-aereo_di_linea_abbattuto_in_iran_le_menzogne_occidentali_confermano_lumiliazione_nordamericana_ad_opera_di_teheran/16990_32514/

 

 

 

 

 

Alberto Negri – L’iraniano è l’amico geniale

 

di Alberto Negri – 9 GENNAIO 2020

Tutti si aspettavano il disastro. Ma l’iraniano, il nostro amico geniale, si salva e ci salva. Invece di una vendetta sanguinosa ha scelto, per il momento, quella simbolica e filosofica: tiriamo dei razzi sulle vostre basi, vi facciamo avvertire dagli iracheni, e nessuno si farà male. Potremmo fare tanti morti ma abbiamo scelto di non comportarci come

 

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