NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 9 GENNAIO 2020

https://www.ilsicilia.it/si-resti-arrinesci-migliaia-di-fiaccole-in-sicilia-contro-lemigrazione-forzata-dei-giovani-foto/?fbclid=IwAR1PoEa99WY0Vdo38zJ4bxlop8o1Yoka27mMBV_dOO6Vvm7VAACaLKNqY7U

NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI

9 GENNAIO 2020

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

La verità sopravviene all’individuo come un incidente,

dal di fuori.

MANLIO SGALAMBRO, Del pensare breve, Adelphi, 1991, pag. 83

 

http://www.dettiescritti.com/

https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/

 

Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

 

Tutti i numeri dell’anno 2018 e 2019 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com

 

 Precisazioni

 

 www.dettiescritti.com è un blog intestato a Manlio Lo Presti, e-mail: redazionedettiescritti@gmail.com 

 

Il blog non effettua alcun controllo preventivo in relazione al contenuto, alla natura, alla veridicità e alla correttezza di materiali, dati e informazioni pubblicati, né delle opinioni che in essi vengono espresse. Nulla su questo blog è pensato e pubblicato per essere creduto acriticamente o essere accettato senza farsi domande e fare valutazioni personali. 

 

Le immagini e le foto presenti nel Notiziario, pubblicati con cadenza pressoché giornaliera, sono raccolte dalla rete internet e quindi di pubblico dominio. Le persone interessate o gli autori che dovessero avere qualcosa in contrario alla pubblicazione delle immagini e delle foto, possono segnalarlo alla redazione scrivendo alla e-mail redazionedettiescritti@gmail.com 

La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.

 

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

SOMMARIO

 

LA “AGGRESSIONE” DELL’IRAN. 1

UN GOVERNO INADEGUATO ALL’EMERGENZA. 1

Dietro al gesuita Conte, il clan occulto che gestiva Andreotti 1

Caro Zalone, stavolta hai sbagliato. 1

LA DONNA E LA SUA “LIBERAZIONE” 1

“Si resti, arrinesci”: migliaia di fiaccole in Sicilia contro l’emigrazione forzata dei giovani 1

Strategie americane e costi nostri nella nuova guerra dei gasdotti 1

Qual è la vera minaccia nucleare in Medio Oriente?

La Verità storica sul Medioriente. La volete sentire SI o NO? 1

Perché leggere Albert Camus 1

La lezione dimenticata di Federico Caffè

RICORRENZE E CITAZIONI, LA NUOVA CULTURA ITALIANA. 1

La lezione dimenticata di Federico Caffè 1

Incredibile Mappa sulla Ricchezza nel Mondo 1

LA FAMOSA “AUSTERITA’ CHE FA CRESCERE” 1

Facile la vita dei ricchi italiani dopo il trionfo del liberismo

Pensioni: cosa cambia nella Legge di Bilancio 2020? Le novità 1

Se o Sé?

Bergoglio va alla guerra 1

Gli indios Mapuche occupano fattoria dei Benetton in Patagonia 1

Sovranismo ed estremismo. 1

Manifesto contro il Transumanesimo e l’Intelligenza Artificiale (del 5G), l’elogio all’Uomo naturale degli accademici tecnoribelli 1

Password di Stato per spiarci meglio. 1

Bettino Craxi, dibattito sul finanziamento della politica

 

 

IN EVIDENZA

LA “AGGRESSIONE” DELL’IRAN

Maurizio Blondet  8 Gennaio 2020

 

Ormai lo sapete dalle radio: “L’Iran ha attaccato diverse basi in Iraq simultaneamente “lanciando decine di missili” balistici (Pentagono).  Le Guardie della Rivoluzione chiedono agli Usa “di non rispondere”.

L’Iran “ha rivendicato”: in modo “proporzionato secondo l‘articolo 51 della Carta dell’ONU” apparentemente firmato dal ministro degli esteri Zarif

“Iran took & concluded proportionate measures in self-defense under Article 51 of UN Charter targeting base from which cowardly armed attack against our citizens & senior officials were launched. We do not seek escalation or war, but will defend ourselves against any aggression.”

— Iranian Foreign Minister Javad Zarif

 

Attenzione: le fonti sono tutte occidentali.  Al ministro Zarif, che intendeva recarsi all’ONU per fare appello al Consiglio di Sicurezza – Washington ha negato il visto d’entrata: di per sé grave violazione del diritto, perché il palazzo di Vetro è zona  extraterritoriale. Evidentemente sapendo che Zarif avrebbe portato al Consiglio la documentazione del doppio tradimento americano, che sapeva  che Soleimani era in Iraq in veste di diplomatico, e Trump aveva chiesto al primo ministro iracheno di prestarsi alla mediazione.

Stupefazione riportata da Zero Hedge

Michael Every di Rabobank ha una prima visione della situazione:

In questa fase, con notizie confuse e fatti sul terreno assenti, appaiono due scenari realistici.

Uno è che questo attacco è teatro per placare le grandi folle che erano così di recente nelle strade dell’Iran.

L’alternativa è che l’Iran ha davvero deciso di testare Trump alzando anche la posta.

L’unico modo per decidere è se ci sono vittime negli Stati Uniti.

Se otteniamo immagini di soldati americani morti e feriti, allora gli scenari peggiori iniziano ad aprirsi. Se questi missili non hanno causato danni reali, ma Teheran mostra alla folla che ha risposto, allora sono ancora disponibili ulteriori possibilità positive. Lo scopriremo tra poco – ma le ultime notizie sono che ci sono “solo” vittime irachene, secondo il suo Ministero della Difesa. Resta da vedere se questa è una linea rossa per Trump, o è il tipo di danno collaterale che si aspettava dopo aver eliminato l’ex capo dell’IRGC Soleimani.

Dato che questa mossa dall’Iran appare totalmente in contrasto con il loro solito acume strategico, o la perdita di Soleimani ha significato una perdita totale di talento e / o autocontrollo, o questo è davvero un livello simbolico di vendetta.”

Anche i media anti-Iran ammettono che “NON” ci sono morti americani.

Qui un canadese collegato ai servizi:

Thomas Juneau

@thomasjuneau

La mia ipotesi su questa sera: Iran conosce ogni centimetro delle basi di Al-Asad ed Erbil e sapeva che le truppe statunitensi erano sicure; li evitate di proposito. I suoi missili a corto raggio sono abbastanza precisi da farlo. L’Iran sta bene con le vittime irachene (è felice di combattere gli Stati Uniti fino all’ultimo iracheno).

-L’Iran ha scommesso che questo non * innescherà * una risposta USA.  l’Iran vuole assolutamente evitare un’escalation che sa che perderebbe. Non sarei nemmeno sorpreso se l’Iran lo segnalasse agli Stati Uniti attraverso un backchannel stasera.

Infatti, la risposta di Trump sembra confermare: All is well! Tutto bene!

 

Interessante anche la reazione del Pentagono:

Josh Kraushaar

@HotlineJosh

Barbara Starr della CNN riferisce che i funzionari del Pentagono sono stati difficili da raggiungere “perché sono stati rimandati a casa presto in previsione di una grande tempesta di neve”. 

Basta per ora.

Un consiglio non richiesto a Di Maio: una letterina alla NATO “che ci protegge”. Per adesso, caro Stoltenberg, sono i nostri soldati che proteggono gli americani in Iraq.  In una guerra che dura da 17 anni e di cui il nostro interesse nazionale continua a sfuggire, con gradi spese mai rifuse. Ora, i nostri soldati sono messi in pericolo. Possiamo chiedere di portarli via di lì?  Anche perché potremmo doverli dispiegare in Libia, dove i nostri interessi sono messi a rischio da un alleato della NATO, occasionalmente la Turchia?

Magari anche Salvini potrebbe scrivere a Trump con copia al suo grande amico Bibi: “Padrone, l’ho lodata ed esalata per il suo ultimo assassinio. Le possiamo umilmente ricordare che tutta la nostra servilità che dura da 70 anni, è giustificata dall’implicita intesa che l’America, la potente America, ci dovrà difendere in caso di conflitto?  Volete per favore difenderci contro Erdogan?  C’è niente per me, che sono stato così brava scimmietta?”. Magari una carta verde. Perché chi vuole bene a Salvini (sono legioni) dovrebbe cominciare a raccogliere i fondi per affittargli la villetta ad Hamamet o in California.

https://www.maurizioblondet.it/la-aggressione-delliran/

 

 

 

 

 

 

 

UN GOVERNO INADEGUATO ALL’EMERGENZA

di Arturo Diaconale08 gennaio 2020

 

Le crisi internazionali, quella tra Usa ed Iran e quella libica, cadono come manna dal cielo sul Governo italiano che appare indeciso a tutto tranne che a cercare di sopravvivere il più a lungo possibile. Il calcolo di Giuseppe ConteLuigi Di Maio e Nicola Zingaretti è che più sarà forte l’eco mediatico delle minacce e delle ritorsioni belliche tra americani ed iraniani e più crescerà il conflitto tra i tanti aspiranti alla divisione del bottino libico, meno attenta l’opinione pubblica italiana sarà sulle contraddizioni della coalizione giallorossa che paralizzano il Paese. In questo modo si allungherà automaticamente la speranza del Conte-bis di superare indenne le elezioni regionali del 26 gennaio, lo sfaldamento interno del Movimento Cinque Stelle e l’inconsistenza sempre più marcata di un Partito Democratico capace solo di occupare poltrone.

Un calcolo del genere non è solo assolutamente miope, ma è anche la spia inequivocabile della pochezza irrimediabile della classe politica al potere. Sopravvivere per rilanciare un progetto di crescita del Paese è legittimo e doveroso. Ma sopravvivere per sopravvivere è criminoso. Perché, proprio a causa di crisi internazionali che potrebbero intrecciarsi tra di loro diventando la più grande crisi mondiale dalla fine della Seconda guerra ad oggi, la sopravvivenza fine a se stessa espone il Paese a conseguenze potenzialmente gravissime.

Naturalmente è difficile immaginare che per far fronte ad uno stato di emergenza così grave si possa ricorrere alla crisi ed al ritorno alle urne in primavera. Ma è ancora più difficile prevedere che il Governo attuale sia in grado di fronteggiare i possibili effetti delle tensioni e delle esplosioni internazionali. È troppo debole, troppo diviso, troppo pieno di incapaci e boriosi dilettanti per dare un minimo di affidamento ad una opinione pubblica giustamente preoccupata di quanto potrebbe avvenire da un momento all’altro.

Per gestire l’emergenza servirebbe un Governo d’emergenza in cui fossero coinvolte tutte le forze politiche presenti in Parlamento. Non è forse questa la soluzione a cui si è ricorso nei momenti di grande difficoltà nella storia del Paese?

Ma a chi spetta il compito di richiamare alle proprie responsabilità tutti i partiti se non al Presidente della Repubblica?

http://opinione.it/editoriali/2020/01/08/arturo-diaconale_crisi-libica-usa-iran-governo-giallorosso-debole-ritorno-urne-mattarella/

 

 

 

 

 

 

Dietro al gesuita Conte, il clan occulto che gestiva Andreotti

Scritto il 31/8/19            RILETTURA

 

É stato dato l’incarico di governo a Giuseppe Conte, il professore. Ma chi è Conte?

 

La situazione è complessa ma, per capirla, forse basta capire chi è Conte. I giornali non lo dicono. Si sa solo che, un giorno, il signor Bonafede (poi diventato ministro della giustizia) ha detto: io conosco un professore tanto carino, tanto bravo; perché non gli facciamo fare il presidente del Consiglio? E tutti han detto: ma sì, facciamoglielo fare. Ma chi ci crede, a questa favola per bambini? Quanti professori bravi avete conosciuto? Li avete presentati e gli hanno fatto fare il presidente del Consiglio? Non è così, chiaramente, anche perché poi questo Signor Nessuno ha dimostrato che a livello internazionale tutti gli davano retta. Tutti ne parlano bene, adesso vogliono fargli rifare il presidente del Consiglio. E intanto ha preso delle decisioni autonome – alla faccia dei 5 Stelle e della Lega – basandosi sul suo potere. Che significa? Che probabilmente rappresenta un grande potere, anziché essere “nessuno”.

 

Diciamolo oggi, per la prima volta: il professor Giuseppe Conte altri non è che il successore di Andreotti. Letteralmente: nel senso che il potere che era dietro ad Andreotti, con la sua potenza di fuoco e la grande influenza che Andreotti poteva esercitare, era esattamente lo stesso potere che ha dietro Giuseppe Conte, e che attraverso Conte ha cominciato a manovrare, nuovamente, con la stessa potenza.

 

Che sta succedendo? Prima di chiarire ancora meglio perché e percome Giuseppe Conte ha questo tipo di potenza, vediamo che cosa sta facendo. Forse questo è più interessante del gossip su Conte, anche se lui rappresenta e fa capire molto bene quello che sta succedendo.

 

 

É in atto un vero e proprio colpo di mano. Ma i colpi di mano politici, uno dopo l’altro, non servono a cambiare l’agenda politica del potere: servono solo a farla ingoiare a noi. Perché i governi del mondo, non nascondiamocelo, dipendono tutti da uno stesso potere, che al massimo si esercita in un paio di piramidi di potere l’una contro l’altra – ma l’agenda è la stessa. Tant’è vero che ormai tutti i più svegli dovrebbero essersi accorti che, quando un movimento o un partito va al governo, poi finisce sempre per fare le stesse cose che avevano fatto i governi precedenti, anche se nei suoi programmi c’era scritto il contrario. Il caso del Movimento 5 Stelle, ultimamente, è evidentissimo: Tav, Tap, Muos, vaccini, spese militari, e chi più ne ha, più ne metta. Com’è che poi uno quando va al governo si ritrova a fare le stesse cose? Perché è tutto un gioco, per fare sempre le stesse cose. E quali sono? Quasi tutti i governi del mondo, tutti i grandi partiti, tutti i movimenti (che sono infiltrati e condizionati in ogni modo dai grandi poteri, finanziari, occulti) seguono l’agenda che viene loro dettata. E qual è l’agenda?

Noi ne parliamo da anni: il più grande fenomeno della storia, che è ora in corso, è il risveglio delle nostre coscienze. Le agende dei poteri anti-coscienza vogliono frenare il risveglio delle coscienze: perché altrimenti, più la gente si sveglia, e meno certi poteri possono imperversare. Per contro, più questi poteri imperversano, e più le coscienze si risvegliano (quindi, certi poteri “bianchi” vogliono che questo avvenga). Quindi le forze anti-coscienza, le forze di manipolazione mondiale che controllano tutti i governi del mondo e tutti i partiti e le istituzioni principali, hanno come obiettivo questo: frenare il risveglio. Ma come avviene, il risveglio? Il risveglio è la gente che, da un giorno all’altro, dice: io voglio capire come stanno le cose; io voglio il bene, voglio fare il bene, voglio salvaguardare la Terra, la salute; non voglio farmi dominare, voglio fare cose buone per me e per gli altri, eccetera. Come si fa a frenare tutto questo? Semplice: si attaccano tutti i corpi umani, sia quelli densi che quelli sottili.

 

Quindi: Big Pharma si incarica di avvelenare i corpi insieme all’industria alimentare, i vaccini indeboliscono le strutture vitali, la cultura (completamente depravante, deviata: droghe, alcol) serve ad addormentare la gente, a deviarla.

 

 

Il teatrino della politica serve a non farle capire niente, la finanza serve a schiavizzare sempre di più la gente, a indirizzarla solo verso i beni materiali e a non farle avanzare nulla che possa servire al bene delle coscienze.

Questa agenda consiste anche nel far litigare le persone, metterle l’una contro l’altra, creare le guerre, far crescere le spese militari: cioè, un disastro. E il disastro serve a trattenere il risveglio, anche se poi lo provoca. Ma intanto l’agenda di questi gruppi, attraverso i governi e la finanza internazionale, cerca in tutti i modi di indebolire le strutture mentali, culturali, animiche, psichiche e fisiche delle persone. Tutti i governi perseguono questa agenda. Certo, devono cercare di non farsi scoprire: nessuno se ne deve accorgere. Ma tutti alla fine obbediscono: tutti proteggono Big Pharma, l’alimentazione sbagliata, la chimica, i campi elettromagnetici, le spese militari. Lo fanno tutti, anche quelli che (lo abbiamo visto di recente) dicevano che non lo avrebbero mai fatto. Questa è una realtà, di fronte alla quale ci dobbiamo svegliare. E c’è un’altra strategia che viene attuata per fare in modo che il risveglio non avvenga, o si rallenti. Il risveglio avviene in modo orizzontale, da persona a persona, seguendo l’esempio, le piccole grandi cose fatte da movimenti e gruppi, a favore della Terra e degli altri. Allora, il timore di questi gruppi di manipolazione è che prima o poi questi movimenti, queste azioni indipendenti si organizzino e diventino potere, controllo di territori, di Comuni, di nazioni.

Visto che il movimento del risveglio è orizzontale, l’unico modo per frenarlo è verticalizzare. E quindi, fare in modo che la gente perda il controllo delle istituzioni, che non abbia più parlamentari di riferimento, e comandino sempre di più strutture verticali e centralizzate (finanziarie, di potere, commerciali, politiche) che sfuggono al controllo della gente. Nessuno di noi decide chi sono i leader europei o i leader mondiali: nessuno. Questa è l’agenda che vogliono portare ulteriormente avanti, per arrivare a uno Stato Mondiale centralizzato, del quale l’Europa – sempre più unita e sempre più diretta da poteri oscuri – è un passaggio fondamentale. Incaricati di portare avanti questa agenda sono certi poteri, certi uomini, certi partiti. Ma siccome la gente si sta svegliando, dopo un po’ quei partiti non li sopporta più: si rende conto che non fanno gli interessi dei cittadini, ma quelli della finanza, di certi gruppi, di certi poteri. E quindi i progetti che servono ad addormentare la gente vanno continuamente rinnovati, perché altrimenti la gente non ci casca più. E quindi, gli uomini che hanno portato avanti queste linee – si chiamino Ciampi, Monti, Prodi, Berlusconi – devono essere cambiati, perché la gente non li segue più. E la gente è importante: senza l’illusione della gente, il potere non avrebbe le proprie basi. Per questo è costretto a rinnovarsi.

Cos’era successo, ultimamente? Nessuno credeva più al Pd, ai professori, ai Monti, ai Prodi. Nessuno credeva nemmeno più a Berlusconi, troppo squalificato. Serviva un rinnovamento. E questo scontento che stava crescendo era di due tipi: di destra, para-fascista, e – diremo – progressista, buonista (anzi, rivolto proprio verso il bene: tanta gente che voleva il bene, l’ecologia, la liberazione da questo contesto politico schiavizzante e dipendente solo da poteri che sfuggono alle persone). Per il primo gruppo, diciamo “di destra”, è stata creata e alimentata la Lega. E questa doveva portare avanti i peggiori sentimenti dell’umanità – ma in fondo nella direzione giusta, quella cioè di liberarsi da gruppi veramente terribili, rappresentati soprattutto dal Pd. Dall’altra parte c’erano i benpensanti, che una volta si sarebbero detti “di sinistra”, quelli che volevano il bene: per loro è stato creato il Movimento 5 Stelle, per incapsulare il loro giusto scontento, la loro giusta voglia di libertà. Ma il 5 Stelle è stato creato stranamente, da un comico seduttore appoggiato da poteri come Casaleggio, perfettamente integrati alla finanza internazionale. Quindi, cosa ci si poteva aspettare? Però i ragazzi benpensanti e buoni sono stati lanciati, hanno preso tanti voti, e alla fine ci siamo trovati un governo fatto da quelli che erano stati creati apposta per incapsulare in qualche modo lo scontento, sia di destra che dei benpensanti.

Naturalmente, entrambi gli strumenti erano pilotati fin dall’inizio (altrimenti non li avrebbero lasciati agire). Potevano fare un governo, ma questo governo non poteva far danni più di tanto. A cosa serviva, un governo del genere? A fare da “bau-bau”. Cioè: a fare in modo che la gente si spaventasse: e la gente si è spaventata soprattutto della Lega. E serviva a fare in modo che i vari gruppi politici sparsi nel resto dell’arco politico e sociale dicessero: mah, è meglio riunirsi, perché altrimenti questo Salvini così duro e para-fascista ci crea un sacco di problemi (economici, coi mercati, con l’Europa). Senza questa grande emergenza suscitata dal “bau-bau” Salvini (appositamente creato dal potere) non si sarebbero mai messi insieme, Pd e 5 Stelle. Tutto questo serviva a fare in modo che Pd e 5 Stelle si mettessero insieme, e che una parte degli italiani dicesse pure: ma sì, perché no, facciamo risorgere dalle tombe i fantasmi del Pd; facciamo risorgere tutti quei servi del potere, che abbiamo già visto come tali, perché in fondo è meglio così. E adesso il Movimento 5 Stelle si troverà coi piedi nella melma: già non riusciva a muoversi prima, col governo precedente, con Salvini (non voleva muoversi, il 5 Stelle: ha cambiato opinione su tutto) e adesso sarà ancora peggio.

 

 

In mezzo a tutti i professori del Pd, collegati ai meccanismi del potere internazionale, il Movimento 5 Stelle avrà solamente il diritto di schiacciare il bottone per dire “sì”, altrimenti ci sarebbe la crisi di governo. Però, diciamolo: il 5 Stelle in fondo è stato creato apposta, per traghettare nel cortile del potere, un’altra volta, i benpensanti. Il governo gialloverde doveva portare avanti un’agenda, ma non fino in fondo; e poi non doveva fare danni, più di tanto. E quindi, per non fargli fare danni, un uomo – non del potere, ma del super-potere – che si chiama Giuseppe Conte, è stato tirato fuori dal cilindro per fare il presidente del Consiglio. Lui ha cercato di limitare i danni e, in qualche modo, di arrivare a un nuovo equilibrio. L’iniziativa l’ha presa Salvini? Sì, ma Salvini era anche ricattato probabilmente per la questione dei rubli. Salvini era anche qualcuno al quale probabilmente era stato detto chiaramente: guarda che a un certo punto ti devi togliere di mezzo; ti abbiamo fatto crescere, ma non esagerare. Poi in fondo non ha fatto grossi danni: si è esercitato un po’ con gli immigrati, di cui al potere non importa nulla. Quindi, l’agenda vera di tutte le cose importanti, 5 Stelle e Lega l’hanno portata avanti lo stesso: vaccini, Tav, Tap, spese militari. Non hanno fatto danni, al potere.

Però adesso, visto che l’opinione pubblica era stata ingannata dai “bau-bau”, e si potevano rimettere insieme tutti i gruppi, col Pd, si poteva passare a una fase nuova. E naturalmente, l’uomo della fase nuova è lo stesso che aveva dato le garanzie per il governo gialloverde: Giuseppe Conte. Ma chi è? È un ragazzo che studiava al Collegio Nazareth di Roma, di una fondazione di un cardinale del Vaticano. In questo collegio vengono fatti studiare dei ragazzi che poi saranno quelli che faranno gli interessi del Vaticano in giro per il mondo. E chi è stato il capo di questa fondazione, negli ultimi anni? Il cardinale Achille Silvestrini.

Stranamente, il più grande protettore di Giuseppe Conte è morto proprio ora, nel giorno del reincarico a Conte – ma i poteri vaticani non tremano, creeranno una sostituzione. Ma chi era, Silvestrini? Era il potere della curia romana dietro ad Andreotti. Questo lo sanno tutti quelli che si occupavano di quelle cronache. Da chi prendeva ordini, Andreotti? Dal cardinale Silvestrini, uno dei capi della curia romana. Era il discepolo, il successore del potentissimo cardinal Casaroli.

 

 

Silvestrini è stato anche quello che ha manovrato perché i gesuiti arrivassero al potere, con l’elezione di Bergoglio: quindi, in questa fase Silvestrini è stato un uomo potentissimo. Era anziano, certo, ma restano i suoi. Chi sono? Uno di loro, sempre nel Collegio Nazareth dove studiava il buon Conte, faceva il direttore: monsignor Pietro Parolin. Chi è, oggi? E’ l’uomo più potente della Chiesa dopo Bergoglio, in questo momento: è il segretario di Stato del Vaticano. É quello che strillava in tutti i modi, appena Salvini diceva qualcosa. E’ quello che, anche se gesuita non è, rappresenta il nuovo potere gesuitico. E con lui c’è una serie di altri uomini, legatissimi a Conte. Gli esperti di Vaticano sanno (e qualcuno l’ha anche scritto) che Conte, probabilmente, in Italia è il professore più introdotto e più appoggiato dal Vaticano. Non stiamo parlando, quindi, dell’amico di Bonafede: stiamo parlando di uno che ha dietro lo stesso, identico potere che aveva Andreotti. E tutti sanno quale enorme potere esercitava Andreotti. In una fase così delicata, serviva uno come lui per tenere sotto controllo il governo gialloverde, e poi per trasformarlo in un governo giallorosso.

Serviva Conte, per portare l’opinione pubblica che era contro il Pd – contro i professori, contro i fantasmi del passato – esattamente nelle mani dei fantasmi del passato. E la cosa oggi è riuscita, anche perché il filo-gesuita presidente non aveva problemi in questo senso, e non ne aveva nemmeno il filo-gesuita Renzi, che faceva gli esercizi spirituali tutti gli anni dai gesuiti. Nessuno dei due aveva problemi ad avviare questa svolta, né Conte né Renzi. E guardate un po’: nessuno si è mosso, contro di loro. Anzi, tutti stanno esultando: lo spread cala, persino Trump elogia Conte (non elogia più Salvini, adesso elogia Conte); tutta la dirigenza europea – Juncker, Tusk, Oettinger – sta elogiando Conte dicendo che favorirà l’Italia in tutti i modi. Lo stesso Renzi favorisce Conte, ma lo fa anche Grillo: favorisce uno che non era dei suoi, e praticamente l’ha messo sopra ai suoi – a dirigerli, a controllarli: con poche dichiarazioni, Grillo ha tolto quasi tutto il potere a quelli che pensavano di essere i suoi. Questo è quello che sta succedendo. Cosa ci dobbiamo aspettare? Questo governo non resterà immoto: tenterà in tutti i modi di avviare un’agenda europeista e verticalista ancora più forte. Adesso possono riprendere l’agenda in maniera molto forte, perché c’è stata l’emergenza: chissà quali passi ci aspettano. Cose di tipo montiano, che avvengono con i Prodi, con i Ciampi, con i Monti, con i Letta: aspettiamocele da Conte.

Tutto questo, però, non è detto che vada esattamente in porto: perché il potere è fatto di almeno due gruppi che lottano l’uno contro l’altro; e quindi, nella lotta per il predominio, può anche darsi che, con gli sgambetti reciproci, le cose non filino esattamente come previsto. Comunque sia, questo ci indica diverse cose. Primo: non dobbiamo credere ai governi. Non dobbiamo credere ai partiti che ci presentano. Non dobbiamo credere ai comici seduttori. Non dobbiamo credere a nulla, perché le carte che i media ci presentano sono tutte fasulle. A chi dobbiamo credere? Alla nostra capacità di intervenire nelle situazioni locali, di fare il bene intorno a noi, di formare gruppi e movimenti che controlliamo senza delega, dove noi possiamo fare il bene direttamente e crescere, come coscienze, direttamente. Loro vogliono il verticale? E noi dobbiamo fare l’orizzontale. Noi non riusciremo a entrare nel verticale, perché quello richiede una delega solo a loro. Occupiamoci dell’orizzontale – ma non facciamoci prendere in giro, da questi qua. E ce la faremo, perché ci sono anche delle grandi forze “bianche”, dietro a tutto questo, che non vedono l’ora che l’umanità si svegli (e lo sta facendo) per aiutarla. L’importante è che noi ci mettiamo in moto: se ci metteremo in moto, verremo anche aiutati.

(Fausto Carotenuto, “Conte, il nuovo Andreotti”, video-editoriale su YouTube pubblicato sul canale “Border Nights Tv” il 30 agosto 2019. Oggi animatore del network “Coscienze in Rete”, di ispirazione steineriana, Carotenuto è stato a lungo un eminente analista strategico in forza ai servizi segreti italiani e Nato. Per UnoEditori ha pubblicato il saggio “Il mistero della situazione internazionale”, che esprime una personalissima visione spiritualistica delle dinamiche che secondo Carotenuto sovrintendono alla geopolitica globale).

 

VIDEI QUI: https://youtu.be/T74UGXKkIEY

 

Articoli collegati

 

 

https://www.libreidee.org/2019/08/dietro-al-gesuita-conte-il-clan-occulto-che-gestiva-andreotti/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

Caro Zalone, stavolta hai sbagliato

Domenico Ferrara – 8 gennaio 2020

Ci ha abituato a essere dissacrante e politicamente scorretto, ma questa volta Checco Zalone ha sbagliato. Non sto parlando del film, che può piacere o meno. Parlo di una scena precisa della pellicola Tolo Tolo. Una scena tanto inopportuna quanto insignificante. Quasi buttata lì per mancanza di idee. O almeno spero. Perché, se al contrario il regista pugliese l’avesse proprio pensata quella scena, ecco allora in quel caso aggraverebbe la situazione.

Ma di cosa sto parlando? A un certo punto Zalone, durante la traversata nel deserto fatta insieme a decine di migranti africani, scorge all’orizzonte alcune camionette militari battenti bandiera italiana. Scende dal camioncino e inizia a sbracciarsi, felice come una Pasqua. A bordo del mezzo dell’esercito si vedono due militari: uno intento a risolvere la settimana enigmistica e l’altro a guidare il carro. “Si dirige verso di noi, cosa faccio, gli sparo?”, chiede il conducente. Il collega risponde: “No, ti ricordo che non siamo qui per sparare alle persone, buttagli una bomba”. Boom.

Il militare fancazzista, il militare approssimativo, il militare distruttore. Falsi e offensivi stereotipi. In un periodo in cui i nostri militari vengono attaccati e muoiono nelle varie missioni, in un periodo intriso di sangue, attentati e bombe (quelle vere), ecco forse prendere di mira i nostri soldati (già bistrattati da una parte politica nostrana) non è proprio un bel segnale.

E di sicuro è un mal riuscito tentativo di comicità e l’ennesimo schiaffo (dolce, ma pur sempre uno schiaffo) a chi rischia la vita per un ideale, a chi non ha un caldo posto fisso, a chi, nel bene o nel male, rappresenta il Tricolore nel mondo.

http://blog.ilgiornale.it/ferrara/2020/01/08/caro-zalone-stavolta-hai-sbagliato/

 

 

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

LA DONNA E LA SUA “LIBERAZIONE”

Maurizio Blondet  7 Gennaio 2020

 

L’attrice Michelle Williams nel suo discorsetto di accettazione del Golden Globe, ha spiegato che non avrebbe vinto il premio se non avesse abortito il suo bambino, anni fa, quando la sua carriera agli inizi.  Ma ne ha approfittato per lanciare un messaggio a favore dell’aborto come “scelta delle donne”.

“Sono riconoscente di vivere in un’epoca dove esiste la scelta, perché a noi donne possono accadere nei nostri corpi cose che non abbiamo scelto. “Non sarei arrivata qui se non avessi esercitato la mia scelta”.

Con ciò, ha fatto pubblicità al suo prossimo film dove sarà protagonista, This is Jane, dove si racconterà la storia di una donna realmente vissuta, che organizzò un servizio di aborti clandestini negli anni ’60, “e che ha tanto sofferto”.  La glorificazione della “mammana”.

Non solo: l’attrice ha fatto anche un po’ di propaganda elettorale, invitano “le donne” a votare contro i candidati conservatori, che minacciano il diritto all’aborto. “Quando verrà il momento di votare, votate secondo i vostri interessi. E’ quel che gli uomini fanno da sempre, e per questo il mondo somiglia tanto a loro. Siamo noi l’elettorato più importante in questo paese. Facciamo in modo che ci somigli di più”.

ABORTO: LA PRIMA CAUSA DI MORTE

L’aborto sembrerebbe essere oggi la principale causa di morte. Più della somma delle morti per cancro, IVH, incidenti d’auto, alcol e tabagismo messi insieme.

Risulta da una estrapolazione di dati mondiali del 2019, in modo speciale dal sito Worldmeters che estrae le cifre da banche dati governative e private.

https://www.worldometers.info/

Come si può vedere, il sito fornisce i dati “del giorno”.   Le cifre che vede rappresentano il numero di eventi dal primo gennaio 2020 ad “oggi”.

Qualcuno ha sommato i dati per tutto l’anno 2019, ricavando ad esempio che nell’intero anno passato sono morte 8,2 milioni di persone per tumore, 1,7 milioni per Aids, 13 milioni per varie malattie…

Per contro, il numero di bambini abortiti sarebbero stati 42,3.  Ciò coincide con le stime della Organizzazione Mondiale della Sanità, che valuta tra i 40 e i 50 milioni gli aborti che hanno luogo ogni anno, approssimativamente 125 mila.

“Negli Stati Uniti, dove quasi la metà delle gravidanze non sono intenzionali, a 4 su 10 sboccano in aborto, il 22 per cento delle gravidanze, ossia 3 mila al giorno.

“Ossia dalla sentenza della Corte Suprema Roe v. Wade del 1973, valutiamo che 61 milioni di bambini sono stati assassinati per aborto; in gennaio i pro-life si raduneranno a Washington nell’annuale Marcia della Vita onde ricordare questa infame decisione e chiedere sia di nuovo stabilita la protezione legale per i nati”.

Sto citando il testo militante della ricercatrice che ha condotto le estrapolazioni. E’ una signora che scrive in spagnolo, e si dichiara giornalista e corrispondente per la Spagna di “Mises Report”, un sito libertario e liberista.

La cosa veramente sensazionale è la firma: “Melissa Rotschild”, certamente della famiglia. Dagli articoli che produce, sembra la sia del tipo chiamato in Usa “one issue” una militante con una sola causa, o idea fissa.

Quella di Melissa Rotschild è l’opposizione radicale – da chiamare piuttosto revulsione – all’aborto.  Una militanza di cui non cesseremo di rallegrarci: è il segno che Melissa si sente parte della comune umanità.

https://www.maurizioblondet.it/la-donna-e-la-sua-liberazione/

 

 

 

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

“Si resti, arrinesci”: migliaia di fiaccole in Sicilia contro l’emigrazione forzata dei giovani

di Antonella Lo Cicero27 Dicembre 2019

 

 

La campagna “Si Resti, Arrinesci” continua a far sentire la propria voce in tutta la Sicilia. Oggi in decine di comuni e piccoli borghi siciliani le diverse comunità hanno dato vita ad una fiaccolata per mantenere alta l’attenzione di tutta la società siciliana sul grave problema dell’emigrazione giovanile forzata dall’Isola e per sollecitare ancora una volta le istituzioni nell’avviare un processo reale di risoluzione del problema.

“Addumamu i luci pi farinni abbiriri” questo lo slogan dell’iniziativa. A Palermo hanno sfilato per le vie del centro e, fra gli altri comuni in cui si è svolta la fiaccolata, ricordiamo: Bagheria, Petralia Soprana, Marsala, Mazara, Salemi, Gela, Agrigento, S. Biagio Platani, Catania e Messina.

Non mollano la presa i siciliani di Si Resti, Arrinesci e colgono, dunque, ogni occasione per mantenere la questione al centro del dibattito pubblico e pressare la politica istituzionale affinché inizi a occuparsene seriamente.

Proprio oggi l’assemblea dell’Anci ha incontrato il presidente della Regione Musumeci rivendicando risorse e un nuovo modello di sviluppo per l’isola che possa permettere ai giovani di rimanere. Qualcosa, dunque, inizia a muoversi nella giusta direzione e il movimento va avanti sempre più spedito.

Dopo la manifestazione regionale del 25 ottobre a Palermo,  importante chiave di volta della campagna, la giornata di pulizia dei territori e le diverse assemblee cittadine datesi su tutto il territorio regionale, quello di oggi si delinea come ulteriore importante appuntamento di piazza, altamente simbolico e fortemente comunicativo, che ha manifestato il forte protagonismo e interesse dei siciliani.

“Ci hanno insegnato a vivere l’emigrazione forzata dalla nostra terra con conseguente suo spopolamento e impoverimento come un destino ineluttabile, a tollerarla come un male normalizzato. Ma così non è e adesso diciamo basta! Ciò che reclamiamo è il diritto alle radici! Non ci fermeremo fin quando non verrà delineato un nuovo modo di intendere la Sicilia, fino a quando non verrà elaborato un nuovo modello di sviluppo con una diversa gestione delle risorse che permetta di realizzare quelle condizioni necessarie per vivere dignitosamente nei luoghi in cui siamo nati e in cui abbiamo i nostri affetti! Riduzione del costo della benzina e aumento delle royalties, tempo pieno a scuola e fine dei tagli dello Stato agli enti locali sono solo alcune delle misure che in tal senso andrebbero prese. Gli abitanti sono nutrimento per la propria terra, noi siamo la luce della nostra terra e dobbiamo brillare e farci vedere e farci sentire per risollevarla” affermano.

https://www.ilsicilia.it/si-resti-arrinesci-migliaia-di-fiaccole-in-sicilia-contro-lemigrazione-forzata-dei-giovani-foto/?fbclid=IwAR1PoEa99WY0Vdo38zJ4bxlop8o1Yoka27mMBV_dOO6Vvm7VAACaLKNqY7U

 

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Strategie americane e costi nostri nella nuova guerra dei gasdotti

North Stream 2. Dai paesi europei 11 miliardi di dollari, insieme a Gazprom. La posta in gioco per gli Stati uniti, più che economica, è strategica

Manlio Dinucci – EDIZIONE DEL 22.12.2019

Mentre si affrontano in un duro scontro sull’impeachment del presidente Trump, Repubblicani e Democratici depongono le armi per votare al Senato quasi all’unanimità l’imposizione di pesanti sanzioni contro le società partecipanti alla realizzazione del North Stream 2, il raddoppio del gasdotto che attraverso il Baltico porta il gas russo in Germania. Ad essere colpite sono le società europee che partecipano al progetto da 11 miliardi di dollari, ormai realizzato quasi all’80% – altre fonti parlano del 92% -, insieme alla russa Gazprom: l’austriaca Omv, la britannico-olandese Royal Dutch Shell, la francese Engie, le tedesche Uniper e Wintershall, l’italiana Saipem e l’elvetica Allseas che prendono parte alla posa delle condotte.

Il percorso del North Stream 2

Il raddoppio del North Stream aumenta la dipendenza dell’Europa dal gas russo, avvertono gli Stati uniti. Sono preoccupati soprattutto dal fatto che il gasdotto – attraversando il Mar Baltico in acque russe, finlandesi, svedesi e tedesche – bypassa i Paesi di Visegard (Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria), gli Stati baltici e l’Ucraina, ossia i paesi europei più legati a Washington tramite la Nato (ai quali si aggiunge l’Italia). La posta in gioco per gli Stati uniti, più che economica, è strategica. Lo conferma il fatto che le sanzioni sul North Stream 2 fanno parte del National Defense Authorization Act, l’atto legislativo che per l’anno fiscale 2020 fornisce al Pentagono, per nuove guerre e nuove armi (comprese quelle spaziali), la colossale cifra di 738 miliardi di dollari, cui si aggiungono altre voci portando la spesa militare statunitense a circa 1000 miliardi di dollari. Le sanzioni economiche sulNorth Stream 2 si inseriscono nella escalation politico-militare contro la Russia.

Una ulteriore conferma viene dal fatto che il Congresso Usa ha stabilito sanzioni non solo contro il North Stream 2 ma anche contro il TurkStream che, in fase finale di realizzazione, porterà il gas russo attraverso il Mar Nero fino nella Tracia Orientale, la piccola parte europea della Turchia. Da qui, attraverso un altro gasdotto, il gas russo dovrebbe arrivare in Bulgaria, Serbia e altri paesi europei. È la contromossa russa alla mossa degli Stati uniti, che nel 2014 riuscirono a bloccare il gasdotto South Stream. Esso avrebbe dovuto collegare la Russia all’Italia attraverso il Mar Nero e via terra fino a Tarvisio (Udine). L’Italia sarebbe così divenuta un hub di smistamento del gas nella Ue, con notevoli vantaggi economici. L’amministrazione Obama riuscì ad affossare il progetto nel 2014, con la collaborazione della stessa Commissione Europea.

La Saipem (Gruppo Eni), colpita nuovamente dalle sanzioni Usa sul North Stream 2, fu già pesantemente colpita dal blocco del South Stream: perse nel 2014 contratti per un valore di 2,4 miliardi di euro, cui si sarebbero aggiunti altri contratti se il progetto fosse andato avanti. Nessuno però allora, né in Italia né nella Ue, protestò per l’affossamento del progetto ad opera degli Stati uniti. Ora che sono in gioco gli interessi tedeschi, si levano in Germania e nella Ue voci critiche sulle sanzioni Usa al North Stream 2.

Si tace però sul fatto che l’Unione europea si è impegnata a importare dagli Usa gas naturale liquefatto (Gnl), estratto da scisti bituminosi con la distruttiva tecnica della frantumazione idraulica. Washington, per colpire la Russia, cerca di ridurre il suo export di gas nella Ue, facendo pagare i costi ai consumatori europei. Da quando il presidente Trump e il presidente della Commissione Europea Juncker hanno firmato a Washington la «Dichiarazione congiunta sulla cooperazione strategica Usa-Ue incluso il settore energetico», la Ue ha raddoppiato l’import di Gnl dagli Usa, cofinanziando le infrastrutture con una spesa iniziale di 656 milioni di euro. Ciò non ha però salvato le società europee dalle sanzioni Usa.

https://ilmanifesto.it/strategie-americane-e-costi-nostri-nella-nuova-guerra-dei-gasdotti/?utm_medium=Social&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR1T2OtteLch8guLVPxQqXlYXZ-VEtYb4IHGJ4nWKFfVcRdPkUGIvm_i-_s

 

 

 

 

 

Qual è la vera minaccia nucleare in Medio Oriente

Manlio Dinucci – il manifesto, 7 gennaio 2020

 

«L’Iran non rispetta gli accordi sul nucleare» (Il Tempo), «L’Iran si ritira dagli accordi nucleari: un passo verso la bomba atomica» (Corriere della Sera), «L’Iran prepara le bombe atomiche: addio all’accordo sul nucleare» (Libero): così viene presentata da quasi tutti i media la decisione dell’Iran, dopo l’assassinio del generale Soleimani ordinato dal presidente Trump, di non accettare più i limiti per l’arricchimento dell’uranio previsti dall’accordo stipulato nel 2015 con il Gruppo 5+1, ossia i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu (Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Russia, Cina) più la Germania.

 

Non vi è quindi dubbio, secondo questi organi di «informazione», su quale sia la minaccia nucleare in Medio Oriente. Dimenticano che è stato il presidente Trump, nel 2018, a far ritirare gli Usa dall’accordo, che Israele aveva definito «la resa dell’Occidente all’asse del male guidato dall’Iran». Tacciono sul fatto che vi è in Medio Oriente un’unica potenza nucleare, Israele, la quale non è sottoposta ad alcun controllo poiché non aderisce al Trattato di non-proliferazione, sottoscritto invece dall’Iran.

L’arsenale israeliano, avvolto da una fitta cappa di segreto e omertà, viene stimato in 80-400 testate nucleari, più abbastanza plutonio da costruirne altre centinaia. Israele produce sicuramente anche trizio, gas radioattivo con cui fabbrica armi nucleari di nuova generazione. Tra queste mini-nukes e bombe neutroniche che, provocando minore contaminazione radioattiva, sarebbero le più adatte contro obiettivi non tanto distanti da Israele. Le testate nucleari israeliane sono pronte al lancio su missili balistici che, con il Jericho 3, raggiungono 8-9 mila km di gittata.

 

La Germania ha fornito a Israele (sotto forma di dono o a prezzi scontati) quattro sottomarini Dolphin modificati per il lancio di missili nucleari Popeye Turbo, con raggio di circa 1.500 km. Silenziosi e capaci di restare in immersione per una settimana, incrociano nel Mediterraneo Orientale, Mar Rosso e Golfo Persico, pronti ventiquattrore su ventiquattro all’attacco nucleare.

 

Gli Stati uniti, che hanno già fornito a Israele oltre 350 cacciabombardieri F-16 e F-15, gli stanno fornendo almeno 75 caccia F-35, anch’essi a duplice capacità nucleare e convenzionale. Una prima squadra di F-35 israeliani è divenuta operativa nel dicembre 2017. Le Israel Aerospace Industries producono componenti delle ali che rendono gli F-35 invisibili ai radar. Grazie a tale tecnologia, che sarà applicata anche agli F-35 italiani, Israele potenzia le capacità di attacco delle sue forze nucleari.

 

Israele – che tiene puntate contro l’Iran 200 armi nucleari, come ha specificato l’ex segretario di stato Usa Colin Powell nel 2015 – è deciso a mantenere il monopolio della Bomba in Medio Oriente, impedendo all’Iran di sviluppare un programma nucleare civile che potrebbe permettergli un giorno di fabbricare armi nucleari, capacità posseduta oggi nel mondo da decine di paesi. Nel ciclo di sfruttamento dell’uranio non esiste una netta linea di demarcazione tra uso civile e uso militare del materiale fissile. Per bloccare il programma nucleare iraniano Israele è deciso a usare ogni mezzo. L’assassinio di quattro scienziati nucleari iraniani, tra il 2010 e il 2012, è con tutta probabilità opera del Mossad.

 

Le forze nucleari israeliane sono integrate nel sistema elettronico Nato, nel quadro del «Programma di cooperazione individuale» con Israele, paese che, pur non essendo membro della Alleanza, ha una missione permanente al quartier generale della Nato a Bruxelles. Secondo il piano testato nella esercitazione Usa-Israele Juniper Cobra 2018, forze Usa e Nato arriverebbero dall’Europa (soprattutto dalle basi in Italia) per sostenere Israele in una guerra contro l’Iran. Essa potrebbe iniziare con un attacco israeliano agli impianti nucleari iraniani, tipo quello effettuato nel 1981 contro l’impianto iracheno di Osiraq. Il Jerusalem Post (3 gennaio) conferma che Israele possiede bombe non-nucleari anti-bunker, usabili soprattutto con gli F-35, in grado di colpire l’impianto nucleare sotterraneo iraniano di Fordow.

 

L’Iran però, pur essendo privo di armi nucleari, ha una capacità militare di risposta che non possedevano la Jugoslavia, l’Iraq o la Libia al momento dell’attacco Usa/Nato. In tal caso Israele potrebbe far uso di un’arma nucleare mettendo in moto una reazione a catena dagli esiti imprevedibili.

 

https://ilmanifesto.it/qual-e-la-vera-minaccia-nucleare-in-medio-oriente/

 

 

 

 

 

La Verità storica sul Medioriente. La volete sentire SI o NO?

08/01/2020 Massimo Bordin

Quando succede qualcosa in Siria, in Libano, in Israele (o decapitano qualche sfortunato come appena accaduto alle due ragazze scandinave in Marocco) spuntano come funghi ipotesi sulle cause dei mali del Medioriente. Si tratta di cause metastoriche, che mescolano episodi veri a leggende inventate di sana pianta, oppure che prendono per le corna una questione che andrebbe presa per la coda. Alla fine, i lettori di queste analisi concludono dicendo cose del tipo “si ammazzano tra di loro”, “non sanno andare d’accordo”, “gli abbiamo rubato il petrolio”, e cose così.

Allora proviamo a fare chiarezza, ma senza perderci nei mille rivoli dei sunniti, sciiti, palestinesi e partito Baath.

Bene. Si parte.

Iniziamo dicendo che tutto il casino ha una data d’inizio e un luogo d’origine. La data d’inizio è il 1916, in piena Guerra Mondiale, il luogo è Londra. Se sfrugugliate su Wikipedia leggete una fesseria assoluta, e cioè che il petrolio fu scoperto in Arabia Saudita nel 1938. In verità gli inglesi sapevano benissimo che l’Arabia sonnecchiava su un mare di petrolio fin dalla Prima Guerra Mondiale e voleva dunque impossessarsene. Sia delle materie prime dell’attuale Arabia Saudita, sia di quelle dei paesi limitrofi (dall’Egitto all’Iran)!

Nel 1916 la situazione era questa: esisteva un impero musulmano, l’impero ottomano, guidato da un califfo che era il capo politico dei turchi di Istanbul e di tutte le aree del Medioriente. Oltre che un capo politico, però, questo califfo era anche il capo spirituale, cioè una sorta di “Papa” dei musulmani. L’impero Ottomano era all’epoca in guerra contro Francia e Inghilterra e le cose si stavano mettendo male. Gli inglesi, che avevano i piedi ben piantati in mezza Africa, dall’Egitto a Città del Capo, volevano mettere le mani su quest’area mediorientale per sfruttarne le enormi ricchezze. Così anche i francesi, seppur nei limiti logistici loro propri in quel frangente, visto che avevano i tedeschi del Kaiser ai confini in Europa.

Gli inglesi, nel 1916, già stavano pensando a come mettere a posto le cose in caso di loro vittoria, peraltro sempre più probabile. La loro difficoltà era legata proprio al fatto che qualora avessero vinto i turchi, non sapevano come fare per sostituirlo, perché un conto è sostituire un capo di stato con un fantoccio di comodo, un altro è sostituire un capo religioso e spirituale in grado di tenere assieme tutto l’Islam.

La figura che gli inglesi individuarono era quella di un principe nato a Istanbul e che aveva studiato in Inghilterra e che conosceva bene l’inglese, cioè che lo parlava fluentemente.

Costui poteva rappresentare il degno sostituto del Califfo turco non solo e non tanto per la sua ampia cultura, ma anche perchè nel 1916 era il custode dei luoghi sacri in Arabia della Mecca e di Medina. Come se qui da noi ci fosse un cardinale con poteri speciali e molto riconosciuto dei fedeli in lizza per diventare il futuro Papa. Il nome di questo Principe era Hussein (al-Ḥusayn ibn ʿAlī in arabo), ed aveva il ruolo, appunto di Sceriffo della Mecca. Insomma, amici, stiamo parlando del pretendente ideale a prendere le redini del califfato: un principe arabo molto colto, conoscitore dell’Inghilterra e della fede musulmana. Non solo, tenetevi forte, costui era anche discendente del profeta Maometto!!!

Insomma, un taccone decisamente meglio del precedente… gli inglesi avevano trovato la soluzione ideale.

Durante la Grande Guerra, al-Ḥusayn ibn ʿAlī (Hussein) si era a dire il vero inizialmente alleato con gli Ottomani e la Germania, ma fu poi convinto a mutare decisamente orientamento da una corrispondenza durata dall’estate 1915 all’inizio 1916 che ebbe con l’Alto Commissario britannico al Cairo, Sir Henry McMahon (che fu poi improvvidamente resa pubblica dal figlio Faysal davanti al Consiglio supremo inglese anni dopo). Gli inglesi, alla ricerca di una figura che si ponesse a capo dell’insurrezione araba, dettero la garanzia a Hussein che sarebbe stato ricompensato con un “Grande regno arabo” che avrebbe abbracciato il territorio intero fra Egitto e Persia, con l’eccezione dei possedimenti imperiali britannici e di quelli sotto tutela francese.

Qualcuno ha mai visto il film Lawrence d’Arabia con Peter O’Toole e Omar Sharif? Beh… è quella storia lì e non è affatto inventata, sono ancora custodite le lettere degli accordi presi tra il Principe Hussein e gli inglesi e si possono leggere integralmente.

ATTENZIONE: Hussein non era uno sprovveduto e non stava affatto svendendo il popolo arabo e turco (che NON sono la stessa cosa, peraltro). Hussein leggeva il Times tutte le mattine e aveva capito benissimo il potenziale delle risorse del Medioriente, cioè di Siria, Libano, Arabia ecc. ecc., ma sapeva anche che avrebbe avuto bisogno degli occidentali perché aveva bisogno delle tecnologie e degli ingegneri per estrarre e realizzare grandi infrastrutture per il suo popolo. Quindi l’accordo era molto intelligente e fu semmai sciocco il Califfo ottomano di allora a preferire i tedeschi e quindi posizioni di retroguardia.

Ad un certo punto gli inglesi fecero la loro offerta a Hussein. La proposta prevedeva di accedere al suolo dei paesi del “nuovo” califfato pagandogli delle royalties. Ora, cari lettori, immaginatevi Hussein che prende la calcolatrice dalla mensola della cucina, che si fa una bella risata e che dice agli algidi interlocutori: “tornate un’altra volta con una proposta almeno dieci volte più alta e ricominciamo a parlarne”.

Gli inglesi, però, non tornarono un’altra volta.

Fecero tutt’altro.

OCCHIO ORA che siamo arrivati al punto: gli inglesi presero la tribù più sporca e retriva di tutta l’area, i wahabiti e li misero sul trono del nuovo califfato al posto di Hussein.

Cosa dire dei wahabiti, oltre al fatto che ovviamente accettarono le condizioni di sfruttamento del Medioriente?

Per due secoli il Wahhabismo è stato il credo dominante nell’attuale Arabia Saudita. Esso costituisce una forma estremamente rigida di Islam sunnita, che insiste su un’interpretazione rigida e molto discussa del Corano. I wahhabiti credono che tutti coloro che non praticano l’Islam secondo le modalità da essi indicate siano nemici dell’Islam. I critici affermano però che la rigidità wahhabita ha portato a un’interpretazione quanto mai erronea e distorta dell’Islam, ricordando come dalla loro linea di pensiero siano scaturiti personaggi come Osama bin Laden e i Ṭālebāni. L’esplosiva crescita del Wahhabismo ha permesso l’insorgere di scuole (madrasa) e moschee wahhabite in tutto il mondo islamico… i fenomeni più terribili vengono da qui: da Al Qaeda e dalla sua variante oggi tanto di moda, l’Isis.

Quali sono le abitudini dei wahabiti in Arabia Saudita? Beh, tagliano le mani ai ladri, lapidano le donne, non le lasciano guidare l’automobile, ad esempio. Cosette simpatiche, insomma, che però nulla di nulla hanno a che fare con la grande cultura araba di filosofia e matematica né con i sogni aulici di Mille e una Notte che tutti abbiamo letto da bambini.

Da quando gli occidentali, prima gli inglesi e i francesi e, dopo la seconda Guerra, anche gli americani, hanno scelto i wahabiti a fare da padri spirituali nell’area – nonché reali d’Arabia –sono successi i veri casini. Le loro colpe sono di gran lunga peggiori di quelle di Israele, che pure ne ha, e di molto gravi.

Il terrorismo islamico, dalla Cecenia russa alla Siria, dalla Libia alla Nigeria di Boko Aram ha come unica matrice spirituale e finanziamento materiale l’Arabia Saudita dei wahabiti alleati degli americani. I sauditi, nostri alleati, presero il posto di Hussein alla guida dell’Islam e ancora oggi consentono la speculazione delle multinazionali sulle materie prime a vantaggio solo loro, che sono numericamente in pochi abitanti e a tutto svantaggio del resto del cosiddetto Islam.

Quindi, se in Occidente volessimo risolvere per sempre la questione (sia per noi, che per i musulmani di tutto il mondo) dovremo lavorare con gli altri arabi per ridimensionare o abbattere il regime wahabita che governa da decenni in Arabia.

Tutto il resto, le bombe di mia nonna in carriola, Putin che aiuta Assad, Obama che aiuta Erdogan, l’Iran che se la fa con i russi … i bambini morti per colpa di Tizio e di Caio sono specchietti per le allodole, falsi macroscopici ad uso e consumo del lobotomizzato cittadino occidentale, delle grosse tette di Selvaggia Lucarelli e del piccolo cervello di Saverio Tommasi

http://micidial.it/2020/01/la-verita-storica-sul-medioriente-la-volete-sentire-si-o-no/

 

 

 

 

CULTURA

Perché leggere Albert Camus

Il 7 novembre 1913 nasceva uno dei più grandi scrittori del ‘900. Ecco quattro libri – più uno – per (ri)scoprire l’opera dell’autore e premio Nobel per la Letteratura, morto il 4 gennaio 1960 a Villeblevin

di DARIO OLIVERO – 06 novembre 2018

 

Lo straniero

Resta uno degli incipit più duri della storia della letteratura: “Oggi la mamma è morta”. E’ quello de Lo straniero. Raccontato in prima persona da Meursault, è la storia di un uomo che non sembra provare alcuna emozione neanche quando uccide a sangue freddo un arabo in spiaggia. E questo la società non può tollerare. D’altra parte è lo stesso Meursault a non capire come possa la società attribuire un valore ai gesti che compiono gli esseri umani. E’ il tema dell’assurdo, che però, a differenza della sua versione nichilistica, si risolve nel finale in una epifania in cui Camus mette il suo spaesato (o è spaesata la società?) personaggio.

Il mito di Sisifo

Tanto citato quanto citato a sproposito, il mito è famosissimo: Sisifo è condannato a spingere un masso sulla cima di una montagna solo per vederlo rotolare a valle e riprendere la fatica ogni volta da capo. Così per l’eternità. Ma Camus piega il mito alla sua visione filosofica: che cosa pensa Sisifo mentre lo fa? Che sta facendo una cosa assurda? Che prima o poi qualche dio verrà a liberarlo? Che si potrebbe suicidare e chiudere questa storia? La risposta è spiazzante come se venisse da un altro sistema filosofico, anzi mistico: bisogna immaginare S

La peste

Romanzo corale ambientato a Orano, nella natia Algeria, colpita da una pestilenza che risparmia, come in Boccaccio, alcuni personaggi. Tra questi il dottor Rieux, che non trova un attimo di tregua nel curare contro ogni evidenza una malattia che sembra non avere non solo un rimedio ma nemmeno una logica. Si dice che la peste sia un’allegoria del nazismo, del totalitarismo o dell’assurdità della condizione umana. In realtà, dopo aver letto questo romanzo, sarà chiara una regola: in qualsiasi momento si può scegliere di fare la cosa giusta o quella sbagliata. Ma provate a scegliere senza pensare che ci sarà una ricompensa né in questo mondo né in un altro.

L’uomo in rivolta

Il saggio che costò a Camus l’ostracismo di tutti gli intellettuali francesi a cominciare da Sartre. Questo perché mentre tutti inseguivano l’idea di una rivoluzione che avrebbe abbattuto le ingiustizie e portato il mondo nuovo, Camus disse: ogni Prometeo prima o poi si trasforma in un Cesare. Se volete davvero rivoltarvi, fatelo verso la vostra condizione interiore di schiavi, liberatevi da quello che vi è stato così profondamente imposto da pensare che sia naturale. E per farlo, cominciate dall’arte, dalla bellezza, dalla metafisica. Parole dette troppo presto rispetto a quei tempi o troppo tardi rispetto alla saggezza degli antichi filosofi greci o orientali che Camus conosceva molto bene.

 

Correspondance avec Marìa Casares

Infine, ma solo per i più motivati, le lettere d’amore. Così come non si può capire nulla di Flaubert (e della vita in generale) senza leggerne la corrispondenza, lo stesso vale per Camus. Il libro (1300 pagine) è solo in francese e raccoglie quasi 15 anni di lettere tra Albert e Marìa Casares, l’ultima poco prima della morte di lui. Uno scrittore cerca ogni giorno di parlare con la sua anima, un uomo, quando la incontra, lo fa.

https://www.repubblica.it/le-storie/2018/11/06/news/albert_camus_libri_lo_straniero_la_peste_mito_di_sisifo-210950936/?refresh_ce

 

 

 

 

 

RICORRENZE E CITAZIONI, LA NUOVA CULTURA ITALIANA

di Rocco Schiavone – 07 gennaio 2020

 

Secondo voi il filosofo più profondo è colui che conosce meglio degli altri la storia della filosofia universale ed è quindi in grado di citarne i vari passaggi e di illustrare il pensiero altrui o di insegnarlo? Può un intero immaginario nazionale culturale e sociale vivere delle ricorrenze e degli anniversari celebrando “i bei tempi andati”?

Ultimamente ci sarebbe da porsele le due suddette domande retoriche. Perché in tv, radio, edicola, libreria e al cinema non si respira altro che nostalgia e non si fa altro che prepararsi agli anniversari di qualcosa.

Quest’anno Leonardo da Vinci. L’anno prossimo Dante Alighieri. Per carità, molto meglio di quel che si è visto, scritto o sentito in questi primi 20 anni di millennio. E forse anche negli ultimi 20 della fine di quello precedente. E d’altronde ci vuole poco. La cultura non può limitarsi a un fenomeno commerciale ben costruito a tavolino per fare tanti soldi e andare in tv e diventare famosi. Ma non è promuovendo la erudizione generale – classica o meno – in pillole che si rimedierà all’attuale condizione di compiaciuta ignoranza dell’italiano medio e, quel che è peggio, della sua presunta classe dirigente.

Rifiutare la verità e l’elaborazione originale del pensiero, rinunciare a pensare qualcosa di nuovo sta uccidendo la filosofia. E infatti passano per filosofi quelli come Diego Fusaro. Oppure ci si deve accontentare dei “vecchi marxisti” o “marxiani” come Massimo Cacciari.

Per il resto abbiamo le gomme a terra. Speriamo nasca presto qualcosa da questa melma di mediocrità deprimente e avvilente. In fondo se lo cantava Fabrizio De André (“dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”) ci sta sempre speranza che qualcosa prima o poi avvenga. E che non si sia costretti ad accontentarci di rimirare quel che c’era prima. E a masturbarci mentalmente.

I diamanti sono le idee del passato e le opere artistiche. Il letame l’attuale situazione generale… speriamo bene.

http://opinione.it/cultura/2020/01/07/rocco-schiavone_cultura-nostalgia-ignoranza-italiano-anniversari-bei-tempi-andati/

 

 

 

 

ECONOMIA

La lezione dimenticata di Federico Caffè

Scritto da Michelangelo Morelli – 6 gennaio 2019              RILETTURA

Definire Federico Caffè un semplice economista significa banalizzare molti aspetti che contribuiscono a renderlo uno dei personaggi più interessanti del Novecento repubblicano del nostro Paese. Alfiere del pensiero keynesiano e del welfare state, antifascista e attento osservatore della società italiana, Caffè è stato un intellettuale poliedrico ed enciclopedico, capace di ragionar d’economia cogliendo le implicazioni umane, sociali e culturali essenziali per la costruzione di una società fondata sul benessere degli individui.

Federico Caffè nacque il 6 gennaio 1914 a Castellammare Adriatico (Pescara), secondogenito di una famiglia economicamente modesta: il padre Vincenzo era un ferroviere, mentre la madre Erminia integrava il magro bilancio famigliare dirigendo un piccolo laboratorio di ricamo. Caffè rimase sempre molto legato alla madre, ereditando da essa la passione per la cultura letteraria, musicale ed estetica che caratterizzò l’eclettica personalità dell’economista per tutta la vita.

Diplomatosi a pieni voti presso l’Istituto Tecnico Tito Acerbo a Castellammare (riunificata con Pescara nel 1926), Caffè si trasferì a Roma da una cugina per frequentare gli studi universitari presso la facoltà di Economia e Commercio della Sapienza. La frequentazione dell’ateneo romano fu possibile grazie alla madre Erminia, che per raccogliere il denaro necessario vendette un piccolo podere di cui era proprietaria, riacquistato in seguito dallo stesso Caffè.

Caffè si laureò cum laude nell’ateneo romano il 17 novembre 1936 con una tesi intitolata L’azione dello Stato considerata nei suoi strumenti finanziari nell’ordinamento autarchico dell’economia italiana, discussa col Professor Guglielmo Masci, suo maestro assieme a Gustavo Del Vecchio. Il tema della tesi è emblematico di quell’attenzione per il ruolo dell’amministrazione centrale nella vita economica che caratterizzò il percorso intellettuale e professionale dell’economista pescarese.

Già alcuni mesi prima della laurea Caffè fece richiesta per entrare al Banco di Roma, dove prestò servizio nell’ufficio titoli dal 1936 al 1937. Nel giugno di quell’anno si dimise dal Banco, entrando a dicembre in Banca d’Italia come avventizio presso il Servizio Rapporti con l’Interno-Operazioni Finanziarie. Ottenuta la qualifica di segretario, nel 1939 passò al reparto Servizio del Personale, e nello stesso anno cercò di conseguire una borsa di studio senza però riuscirvi. Sempre in quell’anno Caffè divenne assistente volontario di Politica Economica presso la facoltà di Economia e Commercio della Sapienza.

Nonostante la sua modesta statura (appena un metro e mezzo) Caffè fu richiamato alle armi nel dicembre del 1940, e dopo aver frequentato il corso per ufficiali fu inviato in zona di guerra, dove venne impiegato in mansioni “sedentarie”. Quella del servizio militare fu per Caffè una scelta ben precisa, dettata dal senso del dovere verso molti altri

Continua qui: https://www.pandorarivista.it/articoli/federico-caffe/

 

 

 

 

 

Incredibile Mappa sulla Ricchezza nel Mondo

07/01/2020 Massimo Bordin

La Banca Mondiale, attraverso l’analisi dei propri indicatori di sviluppo, ha dato vita a questa interessante mappa, che rappresenta l’aspetto del mondo se le dimensioni dei vari Paesi fossero commisurate alla loro salute economica.

Come si vede, l’Africa praticamente non esiste, mentre Europa, Nord America e Cina sembrano dei “ciccioni” pronti ad esplodere.

Naturalmente i dati tengono conto del quantitativo aggregato, cioè queste cartine dimostrano che gli stati uniti sono più ricchi dell’Australia, ma non che gli americani singolarmente presi sono più ricchi

Continua qui: http://micidial.it/2020/01/incredibile-mappa-sulla-ricchezza-nel-mondo/

 

 

 

 

 

LA FAMOSA “AUSTERITA’ CHE FA CRESCERE”

Maurizio Blondet  5 Gennaio 2020

Berlino: campione europeo di omicidi, altrimenti battuto quasi ovunque

Di Jürgen Fritz ,  immagine del titolo: screenshot di poppa TV

L’Istituto tedesco di ricerca economica (DIW) è generalmente considerato estremamente SPD-friendly. Ma ora questo istituto ha presentato uno studio in cui Berlino è stata esaminata e confrontata con altre 15 città europee. Il risultato della capitale tedesca governata rosso-rosso-verde scuro a volte è devastante! Berlino è sola in una zona: il tasso di omicidi.

16 città europee a confronto

Nel suo studio di Berlino sulla strada per il 2030 , la DIW chiede: In che modo Berlino può “essere all’altezza delle proprie ambizioni”? Quali sono i suoi punti di forza e di debolezza? “Per trovare risposte a queste domande, questo studio analizza lo sviluppo di Berlino rispetto ad altre 15 capitali europee e utilizzando 35 indicatori negli ultimi 10-15 anni.”

Sono state confrontate le seguenti 16 città:

  1. Amsterdam (Paesi Bassi)
  2. Atene (Grecia)
  3. Berlino (Germania)
  4. Budapest (Ungheria)
  5. Bruxelles (Belgio)
  6. Copenaghen (Danimarca)
  7. Helsinki (Finlandia)
  8. Lisbona (Portogallo)
  9. Londra (Regno Unito)
  10. Madrid (Spagna)
  11. Parigi (Francia)
  12. Praga (Repubblica Ceca)
  13. Roma (Italia)
  14. Stoccolma (Svezia)
  15. Varsavia (Polonia)
  16. Vienna (Austria)

Berlino è assolutamente al top in una sola area: il tasso di omicidi

In una zona, tuttavia, Berlino è assolutamente di prim’ordine, vale a dire nel tasso di omicidi (uccisioni intenzionali all’anno per 100.000 abitanti). Convertito in un milione di abitantiil numero di omicidi

Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/la-famosa-austerita-che-fa-crescere/?utm_medium=push&utm_source=onesignal

 

 

 

 

Facile la vita dei ricchi italiani dopo il trionfo del liberismo.

Francesco Erspamer 9 01 2020

 

Evadono cento milioni di tasse e poi patteggiano un pagamento di trenta milioni: come a dire, se la faccio franca (90% delle volte) rubo cento milioni, e se proprio mi va male e mi beccano ne rubo soltanto settanta. Una situazione win-win, ma non nel senso che vincono entrambe le parti: vincono solo loro, anche quando perdono.

Oppure pensate alla proposta di Atlantia, la società dei Benetton che da vent’anni gestisce le autostrade costruite dallo Stato fregandosene della manutenzione per guadagnare di più: per evitare la revoca adesso si dice disposta a pagare una “maximulta” (così la chiama “La Repubblica”, che la preferisce ovviamente alla rescissione: “si tratterà di superare le ultime resistenze dei Cinquestelle”, scrive l’organo del partito delle privatizzazioni). Maxi? Le voci dicono che si tratterebbe di circa quattro miliardi, che immagino includano i risarcimenti alle vittime di Ponte Morandi. Vi sembrano tanti? Alla Borsa no visto che il titolo è subito schizzato verso l’alto. Lo sanno bene, gli speculatori, che per una multinazionale che ogni anno guadagna sugli undici miliardi (non solo in Italia), si tratta di una bazzecola, facilmente recuperabile anche solo con la gestione delle autostrade — una rendita privata su beni pubblici che pensavo fosse finita insieme ai sovrani assoluti. Per non dire del fatto che la cifra verrebbe rateizzata e che se a un certo punto al governo ci andassero i due Mattei, condonerebbero tutto, naturalmente per stimolare l’economia.

A proposito di ricchi italiani: lo avete letto il rapporto di fine anno di Bloomberg? Nel mondo ci sono oggi quasi 300mila persone ultraricche (ma i giornali preferiscono, tipicamente, il termine inglese, “ultra wealthy”), ossia con un patrimonio superiore ai 30 milioni. Più di seimila sono italiani, trecento in più di un anno fa. Crisi? quale crisi? Vi sentirete orgogliosi di scoprire che abbiamo superato la Svizzera e che nella parte alta della classifica (“top ten” anglicizzano i media) siamo l’unico paese insieme alla Germania che abbia visto crescere sia il numero dei ricchi che la loro ricchezza complessiva. Insieme hanno 708 miliardi. Ma neanche agli italiani migliori dà fastidio: odiano quelli che guadagnano da due a dieci volte di più di loro, ma chi guadagna cento o mille volte di più lo rispettano o lo venerano.

https://www.facebook.com/100003196950060/posts/2597016700414870/

 

 

 

 

 

LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

Pensioni: cosa cambia nella Legge di Bilancio 2020? Le novità

Teresa Maddonni – 24 Dicembre 2019

 

Approvato dalla Camera, vediamo quali sono le ultime novità sulle pensioni previste dal testo definitivo della Legge di Bilancio 2020.

Quali sono le ultime novità sulle pensioni nella Legge di Bilancio 2020?

Domanda lecita considerando che il testo definitivo della manovra è stato approvato all’alba del 24 dicembre dalla Camera dopo una notte di lavori.

Il  arriva dopo i 166 voti favorevoli del Senato di una settimana fa. Così grazie all’Aula di Montecitorio il secondo governo Conte incassa anche la fiducia.

Tema caldo come sempre quello delle pensioni per le quali ci sono novità nella Legge di Bilancio 2020. Una manovra da 32 miliardi che tra le altre cose prevede delle novità anche nel lavoro, con la conferma del taglio del cuneo fiscale.

Tra Quota 100, Opzione donna e Ape social confermate, rivalutazionepensione di vecchiaia e di cittadinanza, vediamo quali sono le novità per le pensioni nella Legge di Bilancio 2020.

Pensioni novità Legge di Bilancio 2020: sì a Quota 100, Opzione donna e Ape sociale

Le ultime novità sulle pensioni che vengono dalla Legge di Bilancio 2020 il cui testo è ormai definitivo riguardano la conferma ormai certa di Quota 100Opzione donna e Ape sociale.

Quota 100 resterà anche per il 2020 e con buona probabilità per tutto il 2021 completando così il periodo di prova.

Per quanto riguarda Quota 100, il sistema di pensionamento che dà la

Continua qui: https://www.money.it/Pensioni-novita-Legge-di-Bilancio-2020-cosa-cambia

 

 

 

 

 

LA LINGUA SALVATA

SE O SÉ?

Si tratta di due ➔omonimi.

  • Se, senza accento (dal latino si), è una congiunzione con valore ipotetico

Se avessi un po’ di pazienza, lo capiresti

Se fossi venuto ieri, mi avresti trovato

  • , con l’accento acuto (dal latino se), è il pronome personale riflessivo di terza persona

Pensa solo a 

Di per  sarebbe una buona idea.

DUBBI

Una diffusa consuetudine vuole che il pronome personale  perda l’accento

Continua qui: http://www.treccani.it/enciclopedia/se-o-se_(La-grammatica-italiana)/

 

 

 

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Bergoglio va alla guerra

Marcello Veneziani

Condannando senza appello il sovranismo e accostandolo alla guerra e al nazismo, Papa Bergoglio ha fatto nell’agitato clima d’agosto una dichiarazione di guerra mondiale nel nome della pace e dei migranti. Non ha solo scomunicato Salvini e benedetto la santa alleanza tra grillini e pd, come molti hanno sottolineato, ma ha colpito tutti i sovranisti del mondo, da Trump a Putin, dal nazionalista indiano Modi al cattolico Orban e al brasiliano Bolsonaro che guida il paese cattolico più popoloso al mondo. Non ricordo un’accusa politica così radicale ed esplicita da parte di un Papa, almeno negli ultimi settant’anni con un paragone così infamante col nazismo e la guerra. Per trovare un vago precedente bisogna risalire alla scomunica di Papa Pio XII, nell’estate del 1949, nei confronti dei comunisti. Ma il comunismo era un regime totalitario e ateo in atto, perseguitava i credenti e i dissidenti, soffocava nel sangue e nel gulag la libertà. Qui siamo a una scomunica a priori nei confronti di leader e movimenti popolari, democratici e liberamente eletti che non si sono macchiati di alcun crimine e non hanno fatto nessuna azione o dichiarazione ostile verso la fede, la Chiesa e i credenti. Scomunicandoli, Bergoglio si è lanciato in uno spericolato paragone tratto dalla propaganda corrente, tra il sovranismo di oggi e il nazismo e la guerra di ieri e di domani. Sarebbe come accusare di comunismo antioccidentale o di complicità col fanatismo islamico chiunque voglia far sbarcare i clandestini e imporne l’accoglienza. Un processo alle intenzioni senza fondamento.

Del resto, quante guerre recenti sono state combattute nel nome della pace e del Bene contro le potenze del Male; quante guerre pacifiste, quanti stermini umanitari, quante bombe progressiste sganciate sulle popolazioni, quante invasioni a fin di bene, quanti maltrattamenti e respingimenti democratici di immigrati clandestini. Fu il democratico

 

Continua qui: http://www.marcelloveneziani.com/articoli/bergoglio-va-alla-guerra/

 

 

 

 

 

 

Gli indios Mapuche occupano fattoria dei Benetton in Patagonia

Rivendicano “diritti ancestrali” su quelle terre. Uno scontro che dura ormai da diversi anni. La Compagnia ha presentato a sua volta denuncia

27 DICEMBRE 2019

BUENOS AIRES. Un folto gruppo di indios mapuche sono entrati a forza nella notte fra Natale e ieri nella Patagonia argentina nella fattoria “El Maitén” di proprietà della “Compañía tierras del sur” (Gruppo Benetton) occupandone un ampio appezzamento a rivendicazione di «diritti ancestrali».

In un comunicato diffuso dal gruppo mapuche appartenente al “Lof Kurache” si precisa che con questa operazione «abbiamo iniziato il processo di recupero territoriale del settore El Platero», per «la necessità primaria di continuare ad esistere come mapuche nel nostro territorio».

Da parte sua la “Compañía tierras del sur” ha risposto presentando una denuncia alla polizia locale e pubblicando un comunicato in cui si informa della «nuova occupazione illegale in una sua proprietà» da parte di

Continua qui:

https://tribunatreviso.gelocal.it/regione/2019/12/27/news/gli-indios-mapuche-occupano-fattoria-dei-benetton-in-patagonia-1.38259304?fbclid=IwAR0UxW3ChVavpkrWjTPF-mewqnEkiM23JBojUOorULfBJc-l2VsaSlbL6Uc

 

 

 

 

 

 

POLITICA

Sovranismo ed estremismo

21 Dicembre, 2019 di Roberto Siconolfi)

 

Il sovranismo, col passare del tempo ogni organismo si fa adulto. Dopo averne trattato gli aspetti concernenti al battaglia culturale, è tempo di affrontare più nel profondo la sua concezione del mondo. Non sono più tollerabili, infatti, disorganicità sia dal punto di vista della concezione del mondo, sia dal punto di vista teorico, sia dal punto di vista pratico-strategico.

Su tutta una serie di questioni cruciali, talvolta giuste, talvolta sbagliate o mal comprese, si delinea così la categoria degli “estremisti”. Un “atteggiamento”, più che un’idea della politica e della realtà, e che compensa il “moderatismo”, esso forse più di contenuto, presente sempre nel campo sovranista.

 

Questioni aperte nel campo sovranista

 

Innanzitutto, la questione delle questioni: “l’uscita dall’Euro”. Un’intransigenza estremistica promossa a tutta voce dagli “egolatri del web” – da memorizzare la lezione di McLuhan sugli effetti della tecnologia sull’ego! L’obiettivo deve essere il benessere economico dell’Italia. Obbiettivo raggiungibile anche senza uscire dalla moneta unica, ma con politiche compensative di vario genere. Idee come i Minibot, rendere pubblica la Cassa Depositi e Prestiti, ad esempio. Poi c’è il problema strategico: è possibile uscire dall’Euro senza avere alcun piano? E qualora vi fosse un piano, è intelligente sbandierare l’“uscita” ai quattro venti?

Altra questione fondamentale, è l’“anticapitalismo”. Chiodo fisso di tutta la politica radicale fascista, comunista e rossobruna – non del sovranismo. Innanzitutto, bisognerebbe spiegare a questi soggetti che le

Continua qui: https://oltrelalinea.news/2019/12/21/lideologia-del-sovranismo-ed-estremismo-politico/

 

 

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

Manifesto contro il Transumanesimo e l’Intelligenza Artificiale (del 5G), l’elogio all’Uomo naturale degli accademici tecnoribelli

20 agosto 2019

A cura di Johannes Hoff, Sarah Spiekermann, Georg Franck, Charles Ess, Peter Hampson, Mark Coeckelbergh.

Il culto del transumanesimo perseguita l’Europa e il resto del nostro pianeta.

I suoi sacerdoti e famigli vivono in alcuni dei più importanti laboratori di ricerca, università, grandi corporazioni e istituzioni politiche.

Il transumanesimo è una prospettiva negativa sulla natura umana, unita a una visione tecnico-scientifica che immagina il “come” dovremmo migliorare. Questa prospettiva è sostenuta da una credenza superstiziosa nella scienza come salvifica tout court e da un astratto disprezzo per la nostra natura umana: la nostra fragilità, la nostra mortalità, la nostra senzienza, la nostra auto-consapevolezza e il nostro senso incarnato di “chi” siamo (distinto da ‘cosa’ siamo).

I transumanisti coniugano l’emotività con l’irrazionalità, il potenziale dormiente con la stupidità e la disabilità con la discrepanza. E come risultato di questo confuso approccio promuovono e spingono verso un futuro che ciecamente annuncia reti onnipresenti, geneticamente ottimizzate, guidate da computer, in cui esseri umani presumibilmente

Continua qui:

https://oasisana.com/2019/08/20/manifesto-contro-il-transumanesimo-e-lintelligenza-artificiale-del-5g-lelogio-alluomo-naturale-degli-accademici-tecnoribelli/?fbclid=IwAR2ktvl51tKyH-j-C2w_7-v9hyBdOOsGCg_6ftr6Ejoh-2lSWMD_cDqNhjg

 

 

 

 

 

 

 

 

Password di Stato per spiarci meglio

La ministra Pisano: codice unico sul web per tutti. Poi tenta la retromarcia. Ma è il sogno grillino della dittatura digitale

Francesco Maria Del Vigo – 05/01/2020

Ci mancava solo la nazionalizzazione delle password. E quindi delle nostre vite. Non bastavano le idee sbilenche su Ilva, Alitalia e Autostrade. Ora vogliono ficcare il naso anche nei nostri affari virtuali, che poi sono più reali che mai.

L’ultimo delirio governativo è una trovata della ministra dell’Innovazione Tecnologica e della Digitalizzazione Paola Pisano. Manco a dirlo, è del Movimento Cinque Stelle. La giovane ministra, ai microfoni di Radio 1, ha scodellato la sua genialata: «Con l’identità digitale noi avremo un’unica e sola user e password per accedere a tutti i servizi digitali». E fin qui tutto liscio, meno code, meno sportelli, meno cartacce e meno Stato tra i piedi ci piacciono sempre. Ma poi, ahinoi, continua: «E potrebbe essere utilizzata non solo per i servizi digitali della Pubblica amministrazione, ma anche del privato per esempio i nostri conti in banca, per prenotare un’auto in sharing, andare al cinema, comprare su Amazon. User e password dovrebbero essere dati dallo Stato perché è lo Stato l’unico soggetto che ha davvero certezza che quello è quel cittadino. Lei, lo sa quante truffe ci sono sull’identità su internet?».

Ecco, appunto, ministra: lei lo sa quanti casini combina già lo Stato con le nostre identità, siano cartacee o in carne ed ossa? Ma, al netto dei pasticci ipotetici, la proposta fa paura. Io sono io e non sono dello Stato e neppure le mie password. Siamo già pervasi, impregnati, soffocati da tutti i lacci e i lacciuoli della burocrazia bizantina del nostro Paese. Osservati, studiati, spiati e poi ovviamente tassati. A questo punto che ci installino il mitologico chip sottopelle e finiamola lì. Per quale motivo lo Stato deve avere le password dei miei account? Di Maio vuole seminare qualche congiuntivo sbagliato nei miei post su Facebook? Purtroppo la questione è molto più seria e riguarda la privacy delle nostre vite. Le password sono lo scudo che protegge il

Continua qui: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/password-stato-spiarci-meglio-1807059.html

 

 

 

 

 

 

STORIA

Bettino Craxi, discorso sul finanziamento alla politica

3 luglio 1992

 

Nella vita democratica di una Nazione non c’è nulla di peggio del vuoto politico. Da un mio vecchio compagno ed amico che aveva visto nella sua vita i drammi delle democrazie, io ho imparato ad avere orrore del vuoto politico. Nel vuoto tutto si logora, si disgrega e si decompone. In questo senso ho sempre pensato e penso che un minuto prima che una situazione degeneri, bisogna saper prendere una decisione, assumere una responsabilità, correre un rischio. Non credo, Onorevole Amato, d’essere stato il solo ad aver tirato un sospiro di sollievo il giorno in cui Lei ed i suoi ministri avete giurato nelle mani del Capo dello Stato. Sono proprio convinto che il medesimo sentimento ha provato la grande maggioranza del Paese. Lo hanno di certo provato tutti coloro che avvertivano il rischio di una crisi troppo aspra e confusa, troppo prolungata, e valutavano il peso delle conseguenze ch’essa aveva già provocato e le più gravi che ancora avrebbe finito con il determinare. La concretezza, la serietà e la sobrietà dei primi passi ch’ Ella ha già compiuto ottenendo la fiducia del Senato, confermano la buona scelta del Capo dello Stato e rendono ancor più convinta la fiducia che ci apprestiamo a dare in questa Assemblea al Suo governo ed al Suo programma di governo. Nell’insieme, molto variegato, delle voci che La stringono d’assedio con i loro no, non sono fortunatamente mancati anche i buoni consigli, i propositi costruttivi, qualche apprezzamento, qualche disponibilità ad una collaborazione parlamentare. Ed è questa certamente una buona cosa se così effettivamente sarà. Chi invece ha definito il suo governo un governo “piccolo – piccolo”, ha solo dato prova di uno stile “piccolo – piccolo” usando, per la verità, argomenti così piccoli che al loro confronto il Suo Governo appare un gigante. Onorevole Presidente del Consiglio, so bene che a Lei non manca né l’esperienza, né la competenza necessaria per distinguere i buoni argomenti critici, che possono avere un loro fondamento ed una loro logica, dagli argomenti pretestuosi e rumorosi che, come i sassi gettati nell’acqua, fanno solo cerchi sempre più larghi che poi scompaiono. Se crede, si conforti pensando a quanto capitò a me, quando ebbi la ventura di divenire il primo presidente socialista della storia del nostro paese. Fui salutato allora come «pericoloso per la democrazia» dall’Onorevole Berlinguer, per poi sentire in quegli anni l’Onorevole Occhetto proclamare la necessità, cito testualmente, di «spezzare l’infernale spirale della rincorsa a destra» e di combattere «i sogni decisionisti ed impotenti», sino a farneticare della presenza di «interventi autoritari» e di «elementi di regime e di gollismo strisciante». Già allora, di rincalzo, tuonava da par suo il direttore di “Repubblica”, che nell’83 definiva quel governo: «Il ministero più partitocratrico che mai si fosse visto…». Mentre l’inserimento dell’Onorevole Scalfaro nella compagine governativa come Ministro degli Interni veniva considerato un «episodio squallido». Il Suo Governo si presenta oggi con una base parlamentare ristretta e tuttavia può contare in partenza sulla maggioranza dei voti parlamentari. Vi sono diversi studi nei quali si può leggere come in un ampio raggio delle democrazie parlamentari di tutto il mondo, i gabinetti di minoranza hanno costituito circa un terzo di tutti i governi del dopoguerra. In Italia, una maggioranza limitata viene invece considerata e trattata come una minoranza anche se l’esperienza italiana di tante legislature sta a dimostrare che l’ampiezza delle maggioranze non corrisponde affatto ai risultati legislativi. Sta di fatto che dopo il risultato elettorale del 5 aprile che aveva ridotto, principalmente a causa di una sensibile perdita della DC, la rappresentanza parlamentare della formula di coalizione e di governo dell’ultimo annodella legislatura, sarebbe stato di certo più utile e più ragionevole realizzare una coalizione più ampia. Questa possibilità non si è concretata perché non si sono mai viste insieme tante disponibilità da un lato e tante indisponibilità dall’altro. Mai la dialettica politica aveva registrato insieme tante aperture e tante chiusure, tante offerte e tanti rifiuti. Difficile indagarne tutte le cause. Esse sono certamente varie, diverse e differenti tra loro. Di certo, questa rigidità non è apparsa affatto derivare da insanabili divergenze di ordine programmatico tra le forze che avrebbero potuto ricercare e trovare un terreno comune di intesa ed una collaborazione anche graduata. Un programma è sempre frutto di una trattativa. Lo si accetta o lo si respinge dopo aver condotto e sperimentato un negoziato. Non c’è stata invece nessuna base di trattativa e nessun negoziato, ci sono stati prevalentemente dei veti e delle pregiudiziali, con l’illustrazione di argomenti e di condizioni, varie e variabili, tutt’altro che convincenti. Viene fatto di ripetere con il grande inglese: «Una causa debole e ingiusta non ammette trattative (Enrico IV – Parte II) ». In particolare, dall’area delle forze che costituivano la precedente formula di governo sono stati rivolti tanto al PDS che al PRI insistenti inviti. Ciò è stato fatto anche in forma tale da collocare questi partiti, insieme o separatamente, in una notevole posizione arbitrale di forza ed influenza. Il tutto come si sa ha finito solo con il girare su sé stesso. Debbo supporre che tutto ciò è avvenuto ed avviene poiché le cose che avvengono non possono non avere un qualche senso politico, in attesa di un giorno che verrà e di un messia che non è ancora arrivato. Ed è così che, mentre da un lato si protesta per il ritorno ad un vecchio equilibrio e ad una formula considerata prematuramente morta e sepolta, dall’altro tutti hanno potuto costatare che non si sono fatte avanti né ipotesi di coalizione diverse, né alternative concrete realistiche, praticabili, salvo, per la verità, il delinearsi sullo sfondo delle sagome di ipotesi tecniche e istituzionali, buone forse a governare solo fasi di transizione e di brevissimo periodo. Si è così alla fine rinsaldato un legame di solidarietà, che per la verità non si era mai interrotto tra i quattro partiti della precedente maggioranza ed ha ripreso corpo la formula precedente con il concorso della SVP e dell’Union Valdotain e di altri illustri parlamentari. Essa si presenta, allo stato delle cose, come la sola concretamente possibile, la sola disponibile a prendere su di sé le difficili responsabilità del momento per porre fine ad un vuoto politico, per dare un governo al Paese, per evitare un avvio inconcludente e disastroso della legislatura. É stata un’assunzione di responsabilità inevitabile, necessaria, doverosa. É una soluzione destinata ad andare incontro a molte difficoltà che si potranno superare se la solidarietà tra le forze politiche si mostrerà reale e non apparente ed anche e meglio ancora se i dialoghi possibili si riveleranno effettivamente tali. Una soluzione che avrà al contrario vita tormentata, corto respiro, e raggio d’azione limitato se la coalizione a quattro risulterà in concreto essere o costretta ad essere a cinque, a sei, a sette, a causa delle divisioni che si potrebbero manifestare all’interno dei partiti della coalizione. Certo è che sarà proprio in tutta questa complessa e difficile fase di avvio che si decideranno le sorti della legislatura. Una legislatura che ha un grande dovere cui assolvere e che ha di fronte a sé compiti di eccezionale portata. Sono doveri e compiti che derivano in primo luogo da una crisi che non è una semplice crisi politica di forze e di rapporti e relazioni tra le forze. Essa è in realtà la profonda crisi di un intero sistema. Del sistema istituzionale, della sua organizzazione, della sua funzionalità, della sua credibilità, della sua capacità di rappresentare, di interpretare e di guidare una società profondamente cambiata che deve poter vivere in simbiosi con le sue istituzioni e non costretta ad un distacco sempre più marcato. Del sistema dei partiti, che hanno costituito l’impianto e l’architrave della nostra struttura democratica, e che ora mostrano tutti i loro limiti, le loro contraddizioni e degenerazioni al punto tale che essi vengono ormai sistematicamente screditati ed indicati come il male di tutti i mali, soprattutto da chi immagina o progetta di poterli sostituire con simboli e poteri taumaturgici che di tutto sarebbero dotati salvo che di legittimità e natura democratica. Sono immagini e progetti che contengono il germe demagogico e violento di inconfondibile natura antidemocratica. É vero che nel tempo si sono accumulati molti ritardi per tanti fattori negativi, per miopia, velleitarismo, conservatorismo. Tutto ciò è avvenuto in modo tale che il logoramento del sistema ha finito con il

 

Continua qui: https://www.perlaretorica.it/wp-content/uploads/2015/05/Discorso-di-Bettino-Craxi-sul-finanziamento-ai-partiti-1992-testo.pdf

 

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°