RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 8 APRILE 2020

https://loccidentale.it/quando-il-cinema-italiano-ci-raccontava-della-crisi-umana-dei-sentimenti/

RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI

8 APRILE 2020

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Sera,

la bianca orchidea  si nasconde 

nel suo profumo 

(Yosa Buson, poeta giapponese 1715-1783)

DAL PRA (ed), Haiku. Il fiore della poesia giapponese, Mondadori, 2010, pag. 146

 

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Tutti i numeri dell’anno 2018 e 2019 della Rassegna sono disponibili sul sito

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 Precisazioni

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La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.

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SOMMARIO

Il “device”, il voto elettronico e la retorica del governo Badoglio 2.0
Ma è vero che ci sono così tanti morti da coronavirus come ci raccontano?
Lutto in casa Kennedy, e va a fuoco la casa di Mario Draghi
REQUIEM AETERNAM CORONABOND
Covid-19, non torniamo alla normalità. La normalità è il problema
SOROS: “LA CRISI DEL CORONAVIRUS MOSTRA CHE È TEMPO DI ABOLIRE LA FAMIGLIA”
Quando il cinema italiano ci raccontava della crisi umana dei sentimenti
La Mutazione che sconvolgerà l’umanità
È come se oggi fossimo tutti dentro «1984»
SARDEGNA, L’ALBA DI NUOVI TUMULTI
Il mistero della diminuzione dei morti
Soleimani ucciso per impedire accordi tra Iran e paesi del Golfo
Ashkenaz, il super-sapiens, ci schiavizza col debito eterno
Apuleio, fin dove si può trasgredire per conoscere l’altro (e se stessi)?
Perché a Bergamo e non nella metropoli di Milano?
Allarme interferenze straniere sull’Italia. Ora interviene il Copasir (per fortuna)
Gli USA insabbieranno il proprio bilancio delle vittime da coronavirus
I medici russi sono spie? Sulla tesi da guerra fredda del quotidiano La Stampa
Il report sulle violazioni dei diritti umani negli Stati Uniti nel 2019
QUESTA FRODE VIRALE È UN ESPERIMENTO DI UCCISIONE PER IL CONTROLLO DELLA POPOLAZIONE?
RINALDI: EUROGRUPPO DICE NO AGLI EUROBOND, SOLO MES
Attacco del leviathan della finanza al governo giallo-verde
Financial Times: Stampare denaro è una valida risposta alla crisi del coronavirus
Ci facciamo prestare i nostri soldi
Le vere previsioni sulle perdite dei posti di lavoro
Rapporto. La guerra dell’Ue alle pensioni e all’assistenza sanitaria
Parla Kissinger: “La pandemia cambierà per sempre l’ordine mondiale’
La Cina mente sui morti del coronavirus? Perché i sospetti sono fondati…
NASCE LA SOCIETÀ POLITICAMENTE DEBOLE E ACEFALA
Italia, un nuovo Governo per “ripagare” i soldi dell’Europa
Era un militare statunitense congedato con onore, ma era anche lo strangolatore di Boston

 

 

 

EDITORIALE

Il “device”, il voto elettronico e la retorica del governo Badoglio 2.0

Manlio Lo Presti 8 aprile 2020

Al minuto 33.59 del filmato della conferenza di Conte del 6 aprile 2020, il ministro della PUBBLICA ISTRUZIONE ITALIANA, ha riferito che le scuole saranno dotate di tablet, e di DEVICE elettronici. (1)

IL PRESIDENTE CONTE IL VIDEO INTEGRALE DELLA CONFERENZA Del 6 APRILE 2020

 

La questione degli inglesismi introdotti nel parlare quotidiano in Italia sta diventando di una gravità tale da diventare un problema di sicurezza nazionale. (2) È infatti penoso che la titolare del dicastero più italiano di tutti faccia uso di parole straniere in maniera ingiustificata laddove esiste un correlativo italiano: device=dispositivo e soprattutto in una occasione pubblica e trasmessa in tutto il mondo!!!

Se pensiamo che la lingua italiana è letteralmente adorata e molto considerata all’estero al punto da essere la quarta lingua più studiata al mondo, il lessico della ridetta ministra è assolutamente inqualificabile e direi anche eversivo.

Mi auguro che qualcuno in Parlamento trovi da eccepire a tale disperato uso della nostra lingua da parte di un altissimo esponente della nazione!

Alla esterofilia servile e provincialotta della ridetta piccola ministra va aggiunta la battuta molto pericolosa dell’attuale capo del governo sulla utilità degli strumenti telematici come canale di democrazia. Una bella marchetta al movimento 5 stelle che ha fatto del voto telematico antiparlamentare il suo fondamento!

Egli ha dichiarato, al minuto 30.28 del filmato, che internet è lo strumento più efficace di espressione democratica screditando di fatto la valenza della operatività del Parlamento nazionale.

Questo è l’ennesima tappa di un processo di degradazione del Parlamento che è iniziato con il piano Gelli, manovrato a sua volta da Cefis garzone della CIA ed è proseguito nel corso del tempo con la nascita, con la diffusione di movimenti antiparlamentari, con movimenti favorevoli alla secessione.

Si tratta di una affermazione eversiva perché va contro i dettami della nostra Costituzione e si allinea pericolosamente con i principi politici espressi da Licio Gelli nel suo Piano di Rinascita Democratica (3). Un documento ben articolato che lasciava pochi dubbi interpretativi e che fu sequestrato alla figlia Maria Grazia all’aereoporto di Fiumicino nel 1982.

Il P.R.D. (4) è un documento che andrebbe letto e discusso nelle scuole, nelle università, al caffè. Evidentemente, dibattere i contenuti in televisione con programmi, solitamente diffusi oltre le 24, non è sufficiente.

La pochezza culturale e la mancata capacità di valutare il peso e le conseguenze delle parole pronunciate in consessi pubblici nazionali – che hanno oramai diffusione in tutto il mondo – è un deficit direi letale che sta uccidendo lentamente la vita politica democratica del nostro martoriato Paese.

Anche in questo caso i soloni neomaccartisti, occupatissimi ad aggredire oscure legioni di fascisti che sciamano ovunque e che si preoccupano delle risorse-INPS, questa volta abbiano un recupero di dignità censurando le affermazioni striscianti e antiparlamentari di Badoglio 2.0 e la ignobile e servile esterofilia linguistica della piccola ministra proiettata fortunosamente ai vertici di un ministero difficile e importante, dentro un Governo che non è caduto grazie alla pseudo pandemia!!!!!!

P.Q.M.

 

  1. Il capo del governo valuti più accuratamente le ricadute di tutto ciò che dice in pubblico e in privato. Egli è continuamente controllato, valutato, giudicato, avversato, travisato, oscurato, tradito, intercettato…
  2. Il capo del governo mostri abilità nella selezione dei propri consiglieri e sia abile nell’ascolto delle loro valutazioni, soprattutto in materia di spionaggio e di pressioni estere disgreganti contro gli interessi nazionali.
  • Il capo del governo tenga a freno le proprie spinte egoiche, spesso fuorvianti!
  1. Il capo del governo sia abile a sterilizzare rapidamente ogni azione che intenda screditare la centralità del Parlamento nazionale

 

  • Che la lingua italiana sia oggetto di emergenza nazionale, almeno nei consessi pubblici, formali, nazionali ed internazionali.
  • Che la lingua italiana sia utilizzata con precedenza assoluta nelle transazioni commerciali che si svolgono nel territorio nazionale.
  • Che la lingua italiana sia meno contorta e più leggibile nella produzione legislativa, eccessiva e caotica.
  • Che la lingua italiana non sia stupidamente invasa dall’uso – spesso improprio e con effetti comici – di terminologie anglosassoni che vengono usate dentro le aziende italiane in territorio italiano e non nelle loro sussidiarie estere, dove questo utilizzo sarebbe opportuno, MA NON OBBLIGATORIO.

 

Ricordiamo che l’egemonia di una lingua è storicamente l’espressione dei rapporti di forza commerciali e militari.

Il miliardario cinese, il petroliere arabo, l’oligarca russo se ne sbattono dell’inglese e, anzi, obbligano i committenti a parlare la loro lingua se vogliono fare affari.

Usiamo anche noi questo comportamento, almeno quando le aziende italiane sono la parte forte della negoziazione.

 

Infine, amiamo di più la nostra bellissima lingua più musicale del mondo,

leggiamo molto molto molto di più … per non estinguerci prima del tempo.

Speriamo bene!!!

 

Note

 

  1. il filmato della conferenza sul canale YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=dR1UWbyku5k
  2. https://www.informazionesenzafiltro.it/il-pericolo-degli-anglicismi-da-riders-a-shop-assistant/
  3. L’intero documento è visionabile e scaricabile qui: https://www.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2010/07/Il-Piano-di-rinascita-democratica-della-P2-commentato-da-Marco-Travaglio.pdf
  4. https://www.giornalettismo.com/piano-di-rinascita-democratica-licio-gelli-p2/

 

 

 

IN EVIDENZA

Ma è vero che ci sono così tanti morti da coronavirus come ci raccontano?

Sbufalando una bella bufala

ugobardi.blogspot.com


Immagine: dal sito Facebook di Stefano Montanari, come lo si poteva vedere il 5 Aprile. Nota: Butac ha già correttamente sbufalato questa fesseria, ma io credo di essere andato un pochino più in fondo.

Ha girato su internet la storia che tutta la faccenda del coronavirus sarebbe una bufala perché i dati statistici indicano che ci sono stati meno morti totali in Italia nel primo trimestre di quest’anno in confronto con quello del 2019. L’ha riportata il sito “Disquisendo.org.” potevate trovare il post fino a qualche giorno fa a questo link, ma ora lo hanno cambiato. Evidentemente hanno ancora un certo senso di vergogna, anche se non ammettono la fesseria che hanno detto.

Ma in queste cose non è tanto la fesseria in se, ma il tortuoso processo mentale che porta a crearla, e poi tanta gente a crederci. Qui, se guardate l’immagine all’inizio del post, sembra una cosa sensata. In effetti, confrontare i dati quest’anno con quelli dell’anno scorso potrebbe essere un buon modo per capire che danni ci sta facendo l’epidemia. Per certi aspetti migliore, in principio, delle statistiche che ci vengono dagli ospedali, dove non sappiamo esattamente, per esempio, chi è morto DI coronavirus oppure è morto CON il coronavirus. L’aumento di mortalità rispetto al periodo equivalente dell’anno scorso ci dice molto probabilmente quale è stato l’effetto del coronavirus.

Quindi se i dati qui sopra fossero veri, sarebbe vero che tutta la faccenda “Covid-19” è una bufala. Beh, come al solito, è qui che casca l’oritteropo.

Per prima cosa, il sito “Disquisendo” ci da subito un’idea di ben scarsa affidabilità, per non dir di peggio. Sono sciachimisti, anti-scienza del clima, offese a sfare contro Greta Thumberg, Complotti a go-go. Tuttavia, non è detto che debbano avere torto per forza: se hanno letto bene i numeri, potrebbero anche aver ragione (è la storia della scimmia che batte sui tasti della macchina da scrivere).

Come al solito, sempre verificare. Qui, sono stati abbastanza onesti perché hanno riportato il link ai dati ISTAT che hanno usato. Eccolo qui, e qui c’è l’immagine. Sono dati veri e la somma l’hanno fatta giusta.  Nei primi tre mesi del 2019, sono morte in Italia circa 186.000 persone.

Bene fin qui, ma cosa possiamo dire del 2020? Manca il link nell’articolo di Disquisendo, ma cercando la figura riportata da Montanari troviamo da dove hanno preso il dato. Da un sito che sio chiama “ItaliaOra” dove ci sono contatori di vari parametri, popolazione, nascite e anche mortalità. Questi contatori vorrebbero stimare in tempo reale quale potrebbe essere il dato in questione ma, come vi potete immaginare, è pura fuffa — tanto valeva il dato cercarlo su “Topolino”. Specialmente in questo caso, come potrebbe il povero contatore sapere che c’è un’epidemia in corso?

Ma abbiamo dei dati veri per il 2020 da confrontare con quelli del 2019? Purtroppo no. I dati nazionali della mortalità da ISTAT si fermano al Novembre 2019, per avere quelli dell’epidemia ci vorranno ancora mesi. Quello che ISTAT ha fatto recentemente è stato selezionare dati da alcuni comuni, facendo vedere che c’è un aumento della mortalità di oltre il 20% rispetto al 2019. Ma più che altro volevano capire quali comuni avevano avuto un incremento particolarmente alto di mortalità. Per questo avevan selezionato i comuni  fra quelli che avevano un aumento significativo del numero dei morti rispetto a quelli dell’anno scorso. Il risultato ci dice solo che il virus sta facendo danni ma non li quantifica veramente. Per questo, ci vorranno ancora mesi. Una discussione dettagliata la trovate su BUTAC.

In ogni caso possiamo già concludere alcune cose. La prima, ma la sapevamo già, che gli sciachimisti sono dei cialtroni spaventosi. Più interessante che Stefano Montanari, che si auto-definisce uno scienziato, si sia fatto infinocchiare in questo modo: ha preso per buono e riprodotto sulla sua pagina un dato preso da un sito così evidentemente inaffidabile come “Disquisendo” e senza minimamente preoccuparsi di verificarlo. Insomma, un’altra bella figuraccia dopo quella del microscopio elettronico del 2006, una storia lunga di bufale e contro-bufale di cui potete leggere qui. Una roba da mettersi le mani nei capelli e scappare urlando.

Sapete anche la storia che Montanari è stato recentemente denunciato da Burioni e un gruppo detto “Il Patto Trasversale per la Scienza” per un’intervista che Montanari ha concesso a Bioblu di Claudio Messora. Anche questa di Burioni è una gran fesseria: anche se non paragonabile a quelle che ha fatto Montanari. Denunciandolo, ne ha fatto un eroe della libertà di informazione. Insomma, un’altra di quelle cose che ti fanno venir voglia di mettersi le mani nei capelli e scappare urlando.

Insomma, per combattere l’epidemia ci vorrebbero scelte informate fatte da persone competenti. Ma date un’occhiata ai commenti al post di Montanari e vi renderete conto di come ragiona la gente. Siamo in mano al complottismo più becero e disinformato: la gente (non solo Montanari) legge le cose più assurde e ci crede. Non ci siamo proprio. Speriamo che questo coronavirus muoia da solo, perché mi sa che noi non ce la facciamo a sconfiggerlo.

Ugo Bardi

Fonte: https://ugobardi.blogspot.com

Link: https://ugobardi.blogspot.com/2020/04/ma-e-vero-che-ci-sono-cosi-tanti-morti.html

FONTE:https://comedonchisciotte.org/ma-e-vero-che-ci-sono-cosi-tanti-morti-da-coronavirus-come-ci-raccontano-sbufalando-una-bella-bufala/

 

 

Lutto in casa Kennedy, e va a fuoco la casa di Mario Draghi

Draghi e Kennedy: due nomi ora anche nelle pagine di cronaca nera, pochi giorni dopo l’uscita mondiale del brano “Murder Most Foul”, in cui Bob Dylan rievoca il complotto del Deep State costato la vita a John Kennedy, ucciso a Dallas nel 1963, mettendolo in qualche modo in relazione con l’attuale emergenza coronavirus.

Una denuncia clamorosa, quella di Dylan, in contemporanea con quella di Mario Draghi sulle pagine del “Financial Times”, in cui l’ex presidente della Bce – richiamandosi al New Deal di Roosevelt – invoca la fine del rigore finanziario, se si vuole ricostruire l’economia disastrata dalla pandemia. Pochi giorni dopo le esternazioni di Dylan e Draghi, è scomparsa nel nulla Maeve Kennedy Townsend McKean, nipote quarantenne di Bob Kennedy, fratello di John, a sua volta assassinato (a Los Angeles, nel 1968). A una settimana dalla scomparsa – in mare – Maeve Kennedy è stata quindi ritrovata cadavere il 7 aprile, lungo le coste del Maryland. E in serata, a migliaia di chilometri di distanza – a Città della Pieve – i vigili del fuoco sono dovuti accorrere per spegnere lo strano incendio innescatosi nella residenza italiana di Mario Draghi.

Le fiamme hanno intaccato il tetto dell’abitazione (sempre il tetto era stato incenerito dal rogo della cattedrale parigina di Notre-Dame, esattamente un anno fa, dando il destro a suggestive interpretazioni simbologiche tra chi sospetta l’origine dolosa del disastro).

Secondo il “Corriere dell’Umbria“, i pompieri intervenuti a Città della Pieve, al confine con la Toscana, avrebbero rilevato nella canna fumaria l’origine dell’incendio che ha poi attaccato il tetto della casa italiana di Draghi. L’ex presidente della Banca Il rogo di Notre-Dame de ParisCentrale Europea, ricorda il giornale, è anche «il potenziale candidato alla presidenza del Consiglio nella successione a Giuseppe Conte in caso di governo di unità nazionale». Secondo Gioele Magaldi, massone progressista e presidente del Movimento Roosevelt (nonché autore del saggio “Massoni”), Mario Draghi – fino a ieri militante nell’ala più reazionaria della massoneria sovranazionale, responsabile dell’austerity europea che ha sabotato l’economia – si sarebbe avvicinato al circuito della massoneria progressista, del quale (assicura Magaldi) fa parte lo stesso Bob Dylan, la cui canzone kennedyana – pubblicata non a caso in piena emergenza coronavirus – richiama l’attenzione su John Kennedy per ricordare la fine violenta delle speranze in un mondo migliore, imposta da un attentato particolarmente infame, che vide coinvolti la Cia, l’Fbi e tre diversi futuri presidenti americani (Johnson, Nixon e Bush senior).

Sempre secondo Magaldi, Draghi sarebbe ora sceso in campo per sostenere la “controffensiva democratica” delle forze che – in tutto il mondo, in modo trasversale – tentano di opporsi alla “politica del coronavirus”, che in base al modello cinese sperimentato a Wuhan con la benedizione dell’Oms impone severe restrizioni alle libertà personali, che qualcuno spera diventino permanenti. Magaldi denuncia la “filiera del rigore” inaugurata nel 1975 dal manifesto “La crisi della democrazia” sollecitato dalla Commissione Trilaterale dominata da Kissinger, il potente “massone neoaristocratico” che per primo sdoganò la Cina con l’intento di farne un modello anche per un futuro Occidente post-democratico, quello che si intravede oggi sotto le legislazioni speciali introdotte grazie alla paura del virus. Nel suo lavoro editoriale, Magaldi fa risalire proprio all’uccisione di John Kennedy (seguita a ruota da quelle di Bob Kennedy e Martin Luther King) la fine della speranza in un Occidente Mario Draghimigliore, prospero e libero dall’angoscia, patria dei diritti sociali e civili. Dopo di allora, a partire dal golpe cileno del 1973, il neoliberismo è andato direttamente al governo, fino a produrre in Europa la catastrofe socio-economica che ha schiantato l’Italia, fermandone la corsa (il Belpaese era la quinta potenza industriale del mondo, prima che Mani Pulite rottamasse la classe politica della Prima Repubblica).

Fa impressione, intanto, l’ennesimo lutto in casa Kennedy ad appena una settimana di distanza dall’omaggio di Dylan a Jfk (oltre 2 milioni e mezzo di visualizzazioni su YouTube, in pochi giorni, per “Murder Most Foul“). Il corpo senza vita di Maeve Kennedy Townsend McKean è stato ritrovato in mare nella Baia di Chesapeake. Il cadavere di Maeve è stato localizzato a sette metri di profondità, quattro chilometri più a sud rispetto alla casa di sua madre a Shady Side, nel Maryland, dove giovedì sera la donna era uscita in canoa insieme al figlio Gideon, di 8 anni, che risulta ancora disperso. Madre e figlio sarebbero stati visti per l’ultima volta allontanarsi a bordo di un kajak: secondo fonti di stampa «stavano cercando di recuperare una palla, ma a causa della corrente non erano più riusciti a tornare a riva». Maeve era la figlia di Kathleen Kennedy Townsend, vice-governatrice del Maryland, a sua volta figlia di Robert Kennedy, fratello di John. Era Maeve Kennedy col figlio Gideon e gli altri familiarisposata con David McKean, avvocato di diritti civili a Washington, ed era madre di quattro figli. Lavorava come dirigente alla Georgetown University di Washington, dove risiedeva con la famiglia.

Inevitabilmente, i giornali riparlano della “maledizione” della famiglia Kennedy, dopo le perdite di John e Bob. Qualche mese fa era morta un’altra nipote di Robert Kennedy, Saoirse Hill, deceduta a 22 anni «in seguito a un mix letale di droga e farmaci». Un altro fratello di John e Bob, Joseph Kennedy, era morto nel ’44 durante la Seconda Guerra Mondiale, mentre una sorella, Kathleen, aveva perso la vita nel ’48 in un incidente aereo. Risale al 1984 la morte di David Kennedy, figlio di Robert, ucciso «da un’overdose di farmaci», mentre nel ’97 è scomparso un altro dei figli, Michael, in un incidente sulle piste di sci. Ancora: nel ‘99 aveva perso la vita uno dei figli di Jfk, John, insieme alla moglie e alla cognata, in un incidente aereo lungo la costa di Martha’s Vineyard, in Massachusetts. Nel 2011, infine, ancora una morte prematura: quella di Kara, figlia di Edward Kennedy, «stroncata da un infarto». Lo stesso anno si sarebbe suicidata Mary Richardson, moglie di Robert Kennedy jr., notissimo avvocato, in prima linea – insieme all’attore Robert De Niro – contro gli abusi delle campagne vaccinali e nella denuncia della correlazione tra vaccini e autismo. Robert junior è l’ennesimo Kennedy che dà fastidio al potere (in questo caso, sanitario: quello che si sta affermando a livello mondiale, grazie alla gestione “cinese” del coronavirus raccomandata dall’Oms). Un contesto sinistro, che fa da contorno anche alla strana morte di Maeve Kennedy?

 

REQUIEM AETERNAM CORONABOND.

SCHAEUBLE: “INCOSTITUZIONALE”. SASSOLI CACCIATO. ITALIA UMILIATA

Il governo italiano continua ad umiliarsi richiedendo quello che non sarà accettato, ciò che ottiene solo dei “NEIN” o “GEEN” (no in olandese..). tedesco e Alla fine anche Schaeuble, ex ministro delle finanze tedesco ed attuale presidente del Parlamento tedesco, ha detto la sua, in modo definitivo:

“Abbiamo dei trattati europei che mettono dei limiti molto precisi, e abbiamo una corte costituzionale che ha detto in modo molto chiaro cosa è possibile nella nostra costituzione e cosa no. Tutto ciò che è necessario adesso per la solidarietà possiamo raggiungerlo con gli strumenti che abbiamo. E perciò non dovremmo disperderci in litigi che vengono dal passato”

Peri tedeschi gli eurobond , o coronabond, sono INCOSTITUZIONALI, e loro considerano seriamente la loro costituzione, non come noi che abbiamo permesso fosse fatta a pezzi, soprattutto nelle parti sociali e fiscali. Quindi non se ne parla neanche, ed anche se fosse tema di discussione sarebbe poi bloccato dalla Corte Costituzionale tedesca.

Non solo, ma David Sassoli, piddino, forte sostenitore dei coronabond, viene ESCLUSO DAI COLLOQUI per la risoluzione della crisi, così come riportato da El Pais, per volere del primo ministro olandese Rutte e della signora Merkel. Il Perchè? Si teme che Sassoli possa prendere una posizione eccessivamente a favore degli eurobond. In questo modo l’Europa riesce ad escludere dalla discussione l’unico organo eletto a suffragio universale, in un momento in cui molti parlamenti non sono neanche riuniti.

L’insistenza sugli eurobond conduce l’Italia ad una umiliazione ed un isolamento storici. Un’idea di europa viene rifiutata dalle fondamenta e sitratta dell’idea di Prodi, di Gualtieri, di Conte. Ricordiamo che quest’ultimo disse che “Avrebbe lottato sino alla sua ultima goccia di sudore per una soluzione europea”. Ora ha perso, ha condotto nel baratro con se l’Italia, e neppure ha un piano B.

FONTE:https://scenarieconomici.it/requiem-aeternam-coronabond-schaeuble-incostituzionale-sassoli-cacciato-italia-umiliata/

Covid-19, non torniamo alla normalità. La normalità è il problema

DI ANGEL LUIS LARA – 7 APRILE 2020

eldiario.es

Pandemie. Il pericolo principale è pensare al Coronavirus come un fenomeno isolato, senza storia, senza contesto sociale, economico o culturale. Non c’è normalità alla quale ritornare quando quello che abbiamo reso normale ieri ci ha condotto a quel che oggi abbiamo. Il problema che affrontiamo non è solo il capitalismo in sé, ma anche il capitalismo in me.

Nota del traduttore

Quello che segue è l’articolo più intelligente, o uno dei migliori, che abbia letto sul Covid-19. Perciò ho fatto la fatica di tradurlo dallo spagnolo.

L’autore è Ángel Luis Lara, sceneggiatore e studioso di cinema il quale, evidentemente forzato a casa, si è messo a studiare la situazione. Ho conosciuto Ángel nel 2009 a San Cristóbal, in Chiapas, a un incontro promosso dall’Esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln) e chiamato “La digna rabia”, a cui lui, io e molti altri intellettuali e militanti erano stati invitati dagli zapatisti e dove ciascuno ha tenuto una sua “ponencia”, intervento, di fronte a migliaio di indigeni, messicani e gente venuta da ovunque e sedendo a fianco dei comandanti dell’Ezln e al subcomandante Marcos (oggi Galeano).

Per Ángel fu facile, parlare in spagnolo, lui è di Madrid, per me fu piuttosto terrorizzante. E comunque Ángel mi colpì per la sua intelligenza, arguzia, agilità nel saltare da una corrente culturale a un’altra: ero piuttosto invidioso.

Ora ho trovato questo articolo nello spazio che El Diario, quotidiano on line indipendente in Spagna, offre a Amador Fernandez-Savater, altro piuttosto giovane osservatore della società ai tempi del neoliberismo decadente, per lo meno dai tempi degli Indignados, e che cerco sempre di leggere per non sentirmi troppo stupido o tradizionalista.

L’articolo di Ángel Luis Lara è molto lungo, cioè inadatto a Facebook, dove hanno molto più successo invettive, epigrammi, slogan e foto di famiglia. Ma siccome da ragazzo leggevo molto Gramsci, mi è rimasta la convinzione che, come diceva all’ingrosso lui, lo studio è una faticosa assuefazione. Tanto più se si tratta di un fenomeno come la fine del mondo, o giù di lì, causata da un virus sconosciuto (uno dei tanti, in verità, solo che questo è peggiore). Perciò a volerci capire qualcosa e a immaginare cosa fare per venirne fuori, oltre a prendersela con i governanti per le loro stupidaggini o crimini, bisogna approfondire.

Traducendolo ho capito molte più cose, e questo è già un bel guadagno. Ecco l’articolo.

Pierluigi Sullo

Non torniamo alla normalità. La normalità è il problema

1.

Nell’ottobre del 2016 i suini neonati degli allevamenti della provincia di Guangdong, nel sud della China, cominciarono ad ammalarsi per il virus della diarrea epidemica suina (PEDV), un coronavirus che colpisce le cellule che ricoprono l’intestino tenue dei maiali. Quattro mesi dopo, tuttavia, i piccoli suini smisero di risultare positivi al PEDV, anche se continuavano ad ammalarsi e a morire.

Come confermarono gli esami, si trattava di un tipo di malattia mai visto prima e che fu battezzata come Sindrome della Diarrea Acuta Suina (SADS-CoV), provocata da un nuovo coronavirus che uccise 24 mila suini neonati fino al maggio del 2017, precisamente nella stessa regione in cui tredici anni prima si era scatenata l’epidemia di polmonite atipica conosciuta come SARS.

Nel gennaio del 2017, nel pieno dello sviluppo dell’epidemia suina che devastava la regione di Guangdong, vari ricercatori in virologia degli Stati uniti pubblicarono uno studio sulla rivista scientifica “Virus Evolution” in cui si indicavano i pipistrelli come la maggiore riserva animale di coronavirus del mondo.

Le conclusioni della ricerca sviluppata in Cina furono coincidenti con lo studio nordamericano: l’origine del contagio fu localizzata, con precisione, nella popolazione di pipistrelli della regione.

Ma come fu possibile che una epidemia tra i maiali fosse scatenata dai pipistrelli? Cos’hanno a che fare i maiali con questi piccoli animali con le ali?

La risposta arrivò un anno dopo, quando un gruppo di ricercatori cinesi pubblicò un rapporto sulla rivista “Nature” in cui, oltre a segnalare al loro paese il focolaio rilevante di apparizione di nuovi virus ed enfatizzare l’alta possibilità di una loro trasmissione agli esseri umani, facevano notare come la crescita dei macro-allevamenti di bestiame avesse alterato le nicchie vitali dei pipistrelli.

Inoltre, lo studio rese chiaro che l’allevamento industriale ha incrementato le possibilità di contatto tra la fauna selvatica e il bestiame, facendo esplodere il rischio di trasmissione di malattie originate da animali selvatici i cui habitat sono drammaticamente aggrediti dalla deforestazione.

Tra gli autori di questo studio compare Zhengli Shi, ricercatrice principale dell’Istituto di virologia di Wuhan, la città da cui proviene l’attuale Covid-19, il cui ceppo è identico per il 96 per cento al tipo di coronavirus trovato nei pipistrelli per mezzo dell’analisi genetica.

2.

Nel 2004, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), l’Organizzazione mondiale della salute animale (Oie) e l’Organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), segnalarono l’incremento della domanda di proteina animale e l’intensificazione della sua produzione industriale come principali cause dell’apparizione e propagazione di nuove malattie zoonotiche sconosciute, ossia di nuove patologie trasmesse dagli animali agli esseri umani.

Due anni prima, l’organizzazione per il benessere degli animali Compassion in World Farming aveva pubblicato sull’argomento un interessante rapporto. Per redigerlo, l’associazione britannica aveva utilizzato dati della Banca mondiale e dell’Onu sull’industria dell’allevamento che erano stati incrociati con rapporti sulle malattie trasmesse attraverso il ciclo mondiale della produzione alimentare.

Lo studio concluse che la cosiddetta “rivoluzione dell’allevamento”, ossia l’imposizione del modello industriale dell’allevamento intensivo legato ai macro-allevamenti, stava provocando un incremento globale di infezioni resistenti agli antibiotici, rovinando i piccoli allevatori locali e promuovendo la crescita delle malattie trasmesse attraverso alimenti di origine animale.

Nel 2005, esperti della Oms, della Oie e del Dipartimento dell’agricoltura degli Stati uniti e il Consiglio nazionale del maiale di questo paese elaborarono uno studio nel quale si tracciava la storia della produzione negli allevamenti dal tradizionale modello delle piccole fattorie familiari fino all’imposizione delle macro-fattorie industriali.

Tra le sue conclusioni, il rapporto segnalava, come uno dei maggiori impatti del nuovo modello di produzione agricola, la sua incidenza nell’amplificazione e mutazione di patogeni, così come il rischio crescente di disseminazione di malattie.

Inoltre, lo studio notava come la sparizione dei modi tradizionali di allevamento a favore dei sistemi intensivi si stava producendo nella percentuale del 4 per cento l’anno, soprattutto in Asia, Africa e Sudamerica.

Nonostante i dati e gli allarmi, non si è fatto nulla per frenare la crescita dell’allevamento industriale intensivo.

Oggi, Cina e Australia concentrano il maggior numero di macro-fattorie del mondo. Nel gigante asiatico la popolazione degli animali allevati si è praticamente triplicata tra il 1980 e il 2010.

La Cina è il produttore di animali allevati più importante del mondo, e concentra nel suo territorio il maggior numero di “landless systems” (sistemi senza terra), macro sfruttamento di allevamenti in cui si affollano migliaia di animali in spazi chiusi.

Nel 1980 solo il 2,5 per cento degli allevamenti cinesi era costituito da questo tipo di fattoria, nel 2010 raggiungeva il 56 per cento.

Come ci ricorda Silvia Ribeiro, ricercatrice del Gruppo di azione su erosione, tecnologia e concentrazione (ETC), una organizzazione internazionale che si concentra nella difesa della diversità culturale e ecologica e dei diritti umani, la Cina è la fabbrica del mondo.

La crisi scatenata dall’attuale pandemia provocata dal Covid-19 rivela il suo ruolo nell’economia globale, particolarmente nella produzione industriale di alimenti e nello sviluppo dell’allevamento intensivo.

Solo la Mudanjiang Ciy Mega Farm, una fattoria gigante situata nel nord-est della Cina, che contiene centomila vacche la cui carne e il cui latte sono destinati al mercato russo, è cinquanta volte più grande della più grande fattoria bovina dell’Unione europea.

Un balcone a Pamplona, foto Ap /LaPresse

3.

Le epidemie sono un prodotto dell’urbanizzazione. Quando circa cinquemila anni fa gli esseri umani cominciarono a raggrupparsi in città con una certa densità di popolazione, le infezioni poterono colpire simultaneamente grandi quantità di persone e i loro effetti mortali si moltiplicarono.

Il pericolo di pandemie come quella attuale si generalizzò quando il processo di urbanizzazione è diventato globale.

Se applichiamo questo ragionamento all’evoluzione della produzione di carne le conclusioni sono realmente inquietanti. In un periodo di cinquanta anni l’allevamento industriale ha “urbanizzato” una popolazione animale che prima si distribuiva in piccole e medie fattorie familiari. Le condizioni di affollamento di questa popolazione in macro-fattorie convertono ciascun animale in una sorta di potenziale laboratorio di mutazioni virali suscettibili di provocare nuove malattie e epidemie.

Questa situazione è tuttavia più inquietante se consideriamo che la popolazione globale di animali allevati è quasi tre volte maggiore di quella di esseri umani.

Negli ultimi decenni, alcune delle infezioni virali con maggiore impatto si sono prodotte grazie a infezioni che, oltrepassando la barriera delle specie, hanno avuto origine nello sfruttamento intensivo dell’allevamento.

Michael Greger, ricercatore statunitense sulla salute pubblica e autore del libro “Flu: A virus of our own hatching” (influenza aviaria: un virus che abbiamo incubato noi stessi), spiega che prima della domesticazione degli uccelli, circa 2500 anni fa, l’influenza umana di certo non esisteva.

Allo stesso modo, prima della domesticazione degli animali da allevamento non si hanno tracce dell’esistenza del morbillo, del vaiolo e di altri morbi che hanno colpito l’umanità da quando sono apparsi in fattorie e stalle intorno all’anno ottomila prima della nostra era.

Una volta che i morbi saltano la barriera tra specie possono diffondersi nella specie umana provocando conseguenze tragiche, come la pandemia scatenata da un virus dell’influenza aviaria nel 1918 e che in un solo anno uccise tra 20 e 40 milioni di persone.

Come spiega il dottor Greger, le condizioni di insalubrità nelle trincee della prima guerra mondiale sono solo una delle variabili che causarono una rapida propagazione del contagio del 1918, e sono a loro volta replicate oggi in molti dei mega-allevamenti che si sono moltiplicati negli ultimi venti anni con lo sviluppo dell’allevamento industriale intensivo.

Miliardi di polli, per esempio, sono allevati in questa macro-imprese che funzionano come spazio di contenimento suscettibile di generare una tempesta perfetta di carattere virale.

Da quando l’allevamento industriale si è imposto nel mondo, la medicina sta rilevando morbi sconosciuti e un ritmo insolito: negli ultimi trent’anni si sono identificati più di trenta patogeni umani, la maggior parte dei quasi virus zoonotici come l’attuale Covid-19.

4.

Il biologo Robert G. Wallace ha pubblicato nel 2016 un libro importante per tracciare la connessione tra i modelli della produzione capitalista di bestiame e l’eziologia delle epidemie esplose negli ultimi decenni: “Big Farms Make Big Flu” (le mega-fattorie producono macro-influenze).

Alcuni giorni fa, Wallace concesse una intervista alla rivista tedesca Marx21, nella quale sottolinea una idea chiave: concentrare l’azione contro il Covid-19 su mezzi d’emergenza che non combattano le cause strutturali dell’epidemia è un errore dalle conseguenze drammatiche. Il principale pericolo che fronteggiamo è considerare il nuovo coronavirus come un fenomeno isolato.

Come spiega il biologo statunitense, l’incremento degli incidenti con virus, nel nostro secolo, così come l’aumento delle loro pericolosità, sono direttamente legati alle strategie delle corporazioni agricole e dell’allevamento,  responsabili della produzione industriale intensiva di proteine animali.

Queste corporazioni sono così preoccupate per il loro profitto da assumere come un rischio proficuo la creazione e propagazione di nuovi virus, esternalizzando così i costi epidemiologici delle loro operazioni agli animali, alle persone, agli ecosistemi locali, ai governi e, proprio come mostra la pandemia attuale, allo stesso sistema economico mondiale.

Nonostante l’origine esatta del Covid-19 non sia del tutto chiara, essendo possibili cause dell’infezione virale tanto i maiali delle macro-fattorie quanto il consumo di animali selvatici, questa seconda ipotesi non scagiona gli effetti diretti della produzione intensiva di animali.

La ragione è semplice: l’industria dell’allevamento è responsabile dell’epidemia di influenza suina africana (ASP) che ha devastato le fattorie cinesi che allevano maiali l’anno scorso.

Secondo Christine McCracken, la produzione cinese di carne di maiale potrebbe essere crollata del 50 per cento alla fine dell’anno passato. Considerato che, almeno prima dell’epidemia di ASf nel 2019, la metà dei maiali che esistevano nel mondo veniva allevata in Cina, le conseguenze per l’offerta di carne di maiale sono state drammatiche, particolarmente nel mercato asiatico.

E’ precisamente questa drastica diminuzione dell’offerta di carne di maiale che avrebbe motivato un aumento della domanda di proteina animale proveniente dalla fauna selvatica, una delle specialità del mercato della città di Wuhan, che alcuni ricercatori hanno segnalato come l’epicentro dell’epidemia di Covid-19.

5.

Frédéric Neyrat ha pubblicato nel 2008 il libro “Biopolitique des catastrophes” (biopolitica delle catastrofi), una definizione con la quale egli indica una maniera di gestire il rischio che non mette mai in questione le cause economiche e antropologiche, precisamente le modalità di comportamento dei governi, delle élites e di una parte significativa delle popolazioni mondiali in relazione alla pandemia attuale.

Nella proposta analitica del filosofo francese, le catastrofi implicano una interruzione disastrosa che sommerge il presunto corso normale dell’esistenza. Nonostante il suo carattere di evento, si tratta di processi in marcia che mostrano, qui e ora, gli effetti di qualcosa che è già in corso.

Come segnala Neyrat, una catastrofe sempre si origina da qualche parte, è stata preparata, ha una storia.

La pandemia che ci devasta disegna con efficacia la sua caratteristica di catastrofe, tra l’altro nell’incrocio tra epidemiologia e economia politica. Il suo punto di partenza è saldamente ancorato nei tragici effetti dell’industrializzazione capitalista del ciclo alimentare, particolarmente nell’allevamento.

Oltre alle caratteristiche biologiche intrinseche dello stesso coronavirus, le condizioni della sua propagazione includono gli effetti di quattro decenni di politiche neoliberiste che hanno eroso drammaticamente le infrastrutture sociali che aiutano a sostenere la vita. In questa deriva, i sistemi sanitari pubblici sono stati particolarmente colpiti.

Da giorni circolano nelle reti sociali e nei telefoni mobili testimonianze del personale sanitario che sta combattendo con la pandemia negli ospedali. Molti coincidono con la descrizione di una condizione generale catastrofica caratterizzata da una drammatica mancanza di risorse e di personale sanitario.

Come annota Neyrat, la catastrofe possiede sempre una storicità e dipende da un principio di causalità.

Dagli inizi del secolo, differenti collettivi e reti cittadine hanno denunciato il profondo deterioramento del sistema pubblico della salute che, per mezzo di una politica reiterata di sottrazione di capitali, ha condotto praticamente al collasso la sanità in Spagna.

Nella Comunidad (Regione) di Madrid, territorio particolarmente colpito dal Covid-19, l’investimento pro capite destinato al sistema sanitario si è andato riducendo in modo critico negli ultimi anni, mentre si scatenava un parallelo processo di privatizzazione. Sia la cura primaria come i servizi di urgenza della regione erano già saturi e con gravi carenze di risorse prima dell’arrivo del coronavirus.

Il neoliberismo e i suoi agenti politici hanno seminato su di noi temporali che un microorganismo ha trasformato in tempesta.

6.

Nel pieno della pandemia ci sarà sicuramente chi si affannerà nella ricerca di un colpevole, si tratti di un capro espiatorio o di un furfante. Si tratta di certo di un gesto inconscio per mettersi in salvo: trovare qualcuno a cui attribuire la colpa tranquillizza perché depista sulle responsabilità.

Tuttavia più che impegnarsi nello smascherare un soggetto solo, è più opportuno identificare una forma di soggettivizzazione, ossia interrogarsi su uno stile di vita capace di scatenare devastazioni così drammatiche come quelle che oggi investono le nostre esistenze.

Si tratta senza dubbio di una domanda che non ci salva né ci conforta e meno ancora ci offre una via d’uscita. Sostanzialmente perché questo stile di vita è il nostro.

Un giornalista si è avventurato qualche giorno fa ad offrire una risposta sull’origine del Covid-19: “Il coronavirus è una vendetta della natura”. Al fondo non gli manca una ragione. Nel 1981 Margaret Thatcher depose una frase per i posteri che rivelava il senso del progetto cui lei partecipava: “L’economia è il metodo, l’obiettivo è cambiare l’anima”.

La prima ministra non ingannava nessuno. Da tempo la ragione neoliberista ha convertito ai nostri occhi il capitalismo in uno stato di natura. L’azione di un essere microscopico, tuttavia, non solo sta riuscendo di arrivare anche alla nostra anima, ma ha spalancato una finestra grazie alla quale respiriamo l’evidenza di quel che non volevamo vedere.

Ad ogni corpo che tocca e fa ammalare, il virus reclama che tracciamo la linea di continuità tra la sua origine e la qualità di un modo di vita incompatibile con la vita stessa. In questo senso, per paradossale che sembri, affrontiamo un patogeno dolorosamente virtuoso.

La sua mobilità aerea sta mettendo allo scoperto tutte le violenze strutturali e le catastrofi quotidiane là dove si producono, ossia ovunque.

Nell’immaginario collettivo comincia a diffondersi una razionalità di ordine bellico: siamo in guerra contro un coronavirus. Eppure sarebbe forse più esatto pensare che è una formazione sociale catastrofica quella che è in guerra contro di noi già da molto tempo.

Nel corso della pandemia, le autorità politiche e scientifiche dicono che sono le persone gli agenti più decisivi per arginare il contagio.

Il nostro confinamento è inteso in questi giorni come il più vitale esercizio di cittadinanza. Tuttavia, abbiamo bisogno di essere capaci di portarlo più lontano.

Se la clausura ha congelato la normalità delle nostre inerzie e dei nostri automatismi, approfittiamo del tempo sospeso per interrogarci su inerzie e automatismi.

Non c’è normalità alla quale ritornare quando quello che abbiamo reso normale ieri ci ha condotto a quel che oggi abbiamo.

Il problema che affrontiamo non è solo il capitalismo in sé, ma anche il capitalismo in me. Chissà che il desiderio di vivere non ci renda capaci della creatività e della determinazione per costruire collettivamente l’esorcismo di cui abbiamo bisogno.

Questo, inevitabilmente, tocca a noi persone comuni.

Grazie alla storia sappiamo che i governanti e i potenti si affanneranno a fare il contrario.

Non permettiamo che ci combattano, dividano o mettano gli uni contro gli altri.

Non permettiamo che, travolti una volta ancora dal linguaggio della crisi, ci impongano la restaurazione intatta della struttura stessa della catastrofe.

Benché apparentemente il confinamento ci abbia isolato gli uni dagli altri, tutto questo lo stiamo vivendo insieme.

Anche in questo il virus appare paradossale: si mette in una condizione di relativa eguaglianza. In qualche modo riscatta dalla nostra amnesia il concetto di genere umano e la nozione di bene comune. Forse i fili etici più efficaci da cui cominciare a tessere un modo di vita diverso a un’altra sensibilità.

 

Angel Luis Lara

Fonte: https://ilmanifesto.it

Link: https://ilmanifesto.it/covid-19-non-torniamo-alla-normalita-la-normalita-e-il-problema/?fbclid=IwAR01SN-zEFLobnBnOlAvU-nnFfHYF60nayB4dD6xqMFEzzHMcH7T6TchhUs

5.04.2020

FONTE:https://comedonchisciotte.org/covid-19-non-torniamo-alla-normalita-la-normalita-e-il-problema/

 

 

 

SOROS: “LA CRISI DEL CORONAVIRUS MOSTRA CHE È TEMPO DI ABOLIRE LA FAMIGLIA”

Premessa


Giù le maschere. L’attuale pandemia presenta almeno il vantaggio che il nemico parla chiaramente. Lo sapevamo bene, ma ora sono lì a dire a chiare lettere quello che vogliono, ovvero quello che stanno cercando. Non vogliono solo distruggere la nazione, l’identità, i sessi … Anche la famiglia.

Come Ratte da fogna ! Il testo che riproduciamo non merita ulteriori commenti. Rende tutto in modo cristallino. Richiede, ovviamente, di avere un bacinella accanto. Per il vomito.

Ricordiamo: Open Democracy , con le sue accuse “anticapitaliste” incluse (ci sono persone ingenue che ancora ci credono), è un giornale finanziato dalle fondazioni di George Soros , la principale deille quali si chiama Open Society. Anche altre “organizzazioni filantropiche”, la Ford Foundation, le Atlantic Philanthropies, il Rockefeller Brothers Fund e il Joseph Rowntree Charitable Trust, partecipano al baraccone.

Il testo del Memorandum di Soros

“Al momento di scrivere queste righe l’umanità è senza dubbio entrata nei tempi della pandemia del Coronavirus.
Nella speranza di “appiattire la curva” della pandemia, ampi settori della società hanno adottato pratiche di riduzione del contagio note come “distanziamento sociale” e “confinamento in casa”.
Le cronache di queste pratiche sono sui social media e sui media, molte delle quali comprensibilmente ansiose, scioccate e disperate, a causa della perdita di reddito o della paura della malattia dei propri cari. Tuttavia, molti di questi messaggi sono, al contrario, divertenti, eccitati, esprimono la felicità di non dover lavorare e sono pieni della creatività comica di coloro che sono costretti a rimanere a casa.

È vero che sono stati espressi sentimenti eco-fascisti [sic] e sono state fatti richiami allo stato perchè eserciti un controllo autoritario sulla situazione, ma anche gli aiuti reciproci si sono moltiplicati: acquisti di generi alimentari e forniture per la disinfezione dell’immunodeficienza; assistenza all’infanzia e kit di iniezione sicuri per prostitute e consumatori di sostanze [leggi “droghe”]; esenzioni di pagamento; moratorie di sfratto; detrazioni di affitto; e gli sforzi per proteggere i senzatetto.
Quest’ultimo solleva, in particolare, il nocciolo della questione della risposta data alla pandemia, e che sembra indiscutibile per la maggior parte: le famiglie.

Sembra che le case di un solo nucleo familiare siano quelle dove ci aspettiamo intuitivamente di ritirarci per prevenire la diffusione della malattia. “Stare a casa” è quello che in qualche modo si suppone che serva per tenerci sani. Ma ci sono diversi problemi in questo, come possono scoprire chiunque sia incline a pensare in modo critico (anche solo per un momento): problemi che potrebbero essere riassunti come la mistificazione della forma della coppia; la romanticizzazione della parentela e la disinfezione di uno spazio fondamentalmente insicuro come la casa privata.

In che modo un’area definita dalle potenti asimmetrie di potere delle attività domestiche (il lavoro riproduttivo è un lavoro altamente di genere), l’affitto e l’ipoteca, la proprietà fondiaria, l’educazione patriarcale e (spesso) possono essere utili alla salute? ) l’istituzione del matrimonio? Dopotutto, è in quelle case standard dove tutti sanno, ma non lo dicono mai, dove si radica la maggior parte della violenza terrestre : l’OMS definisce la violenza domestica “la più diffusa ma una delle violazioni meno denunciate dei diritti umani “.

Non vi è dubbio che le persone eccentriche ed effeminate, specialmente quelle molto vecchie e molto giovani, non sono al sicuro lì: il loro fiorire nella casa capitalista è l’eccezione, non la regola. Ne consegue che, a un esame più attento, entrambi i termini “distanziamento sociale” e “confinamento in casa” sembrano essere importanti sia per ciò che non dicono (cioè per ciò che presumono e inghiottono) e per quello che fanno. Confinati in quale luogo … e con chi ? Distanza da chi … o da tutti ma da chi?

Ma il primo e più grave problema con l’ordine di rimanere a casa è semplicemente questo: non tutti hanno accesso alle abitazioni private. E, per risolverlo, ci sono almeno un paio di modi alternativi: condividere e occupare. In una sfida etica alle direttive statali, i vicini relativamente immuni di molte città hanno volontariamente aperto le loro case agli esposti e ai malati, ritenendo che il dovere di solidarietà di vicinato con gli sfrattati sia più pressante dell’imperativo per evitare il contagio.

Nel frattempo, accovacciata e vivendo in case (“auto-quarantena in corso”, dice un segno nella finestra di una madre),” Moms 4 Housing” sta aprendo la strada per contrastare la gentrificazione in California e stabilire un approccio abitativo come giusto umano di base.

Sfortunatamente, ci sono ancora molte altre popolazioni la cui risposta alla pandemia non potrebbe essere “rimanere a casa”, anche se lo volessero. Oltre ai senzatetto (ad esempio persone ammucchiate in carceri, centri di detenzione, campi profughi o dormitori prefabbricati, persone intrappolate in case di riposo sovraffollate o detenute contro la loro volontà in strutture mediche e / o psichiatriche. Sì COVID -19 è incompatibile con queste istituzioni, nel senso che una risposta umana alla pandemia è impossibile in tali spazi non democratici, quindi avrà dimostrato che queste istituzioni sono incompatibili con la dignità umana.

A Los Angeles, i funzionari statali forniscono rimorchi individuali e cabine di isolamento per i senzatetto. Ma una risposta molto più logica potrebbe essere: aprire tutti gli hotel e i palazzi privati ​​sulla base di case luminose e spaziose, sanitarie (non modificate) per tutti. Liberate tutti i prigionieri e i detenuti ora, rifacete le strutture di cura come ampi villaggi autonomi e licenziate tutti gli operai a tempo pieno in modo che possano abbandonare definitivamente le loro case, trasferirsi con i loro amici e perseguire la pigrizia almeno per il prossimo decennio. .

In secondo luogo, gran parte di quelli che devono essere in case private non sono lì in sicurezza; e non essere in grado di uscire moltiplica ulteriormente il rischio. Una quarantena è, in effetti, il sogno di un abusatore: una situazione in cui viene dato un potere quasi infinito a coloro che hanno il vantaggio di possedere una casa.
Di conseguenza, all’inizio dell’epidemia cinese, le ONG femministe hanno pubblicato linee guida per sopravvivere contro abusi domestici specifici del coronavirus. Secondo vari rapporti, il numero di casi di violenza domestica è triplicato nelle stazioni di polizia in tutto il paese; Il 21 marzo 2020, The Guardian Ha citato la fondatrice di un’organizzazione no profit per donne cinesi affermando: “Secondo le nostre statistiche, il 90% delle denunce di violenza di genere sono legate all’epidemia di Covid-19”.

Soros ispiratore delle sardine

In sostanza la pandemia non è il momento di far dimenticare la necessità di abolire la famiglia. (Sic).
E mentre il virus si diffonde in tutti gli Stati Uniti, faremmo bene a prestare attenzione a questo. Già il CEO dell’Associazione nazionale contro la violenza domestica negli Stati Uniti ha sottolineato : «Gli stupratori minacciano di gettare le loro vittime per le strade per farli ammalare […]. Abbiamo sentito che alcuni conservano risorse finanziarie o assistenza medica “.

In breve, la pandemia non è il momento di far dimenticare la necessità di abolire la famiglia . Secondo le parole della teorica femminista e madre Madeline Lane-McKinley , “Le case sono le pentole a pressione del capitalismo. Questa crisi porterà un aumento delle faccende domestiche: pulizia, cucina, cure, ma anche abusi sui minori, abusi sessuali, stupri, torture psicologiche e altro ancora. Lungi dall’essere un momento per abbracciare l’ideologia dei “valori familiari”, la pandemia è un momento estremamente importante per soddisfare i bisogni, evacuare e generalmente dare potere ai sopravvissuti e alle persone confinate nella casa nucleare.

E terzo, anche quando la casa nucleare non rappresenta una minaccia fisica o mentale diretta, anche quando il coniuge non viene maltrattato, i bambini non vengono violentati e le persone strane non vengono criticate, anche allora, francamente, la famiglia privata, come modalità di riproduzione sociale , continua a fare schifo .
Ci rende stereotipi di genere, nazionalità e razza. Ci normalizza per un lavoro produttivo. Ci fa credere che siamo “individui”. Riduce al minimo i costi di capitale, massimizzando al contempo il lavoro vitale degli esseri umani (in miliardi di piccole scatole, ognuna assurdamente equipaggiata con la propria cucina, micro-cura e lavanderia). Ci ricatta per confondere le uniche fonti di amore e cura che abbiamo per quanto possibile.

Meritiamo meglio della famiglia. E il tempo del Coronavirus è un ottimo momento per praticare l’abolizione
Meritiamo meglio della famiglia. E il momento Corona è un ottimo momento per esercitarsi nell’abolizione. Nelle parole sempre incoraggianti di Anne Boyer : «Dobbiamo imparare a fare il bene per il bene di qualcuno che è ancora strano. Ora dobbiamo vivere come prove quotidiane che crediamo che ci sia un valore nella vita dei malati di cancro, degli anziani, dei disabili, delle persone in condizioni di vita impensabili, affollate e a rischio. “

Non sappiamo ancora se possiamo estrarre qualcosa di meglio del capitalismo dai resti di questa piaga e della prossima depressione. Direi solo con una certa certezza che, nel 2020, la dialettica delle famiglie contro le famiglie , delle famiglie reali contro la casa , si intensificherà .
George Soros

https://elmanifiesto.com/sociedad/668388548/La-crisis-del-coronavirus-muestra-que-es-hora-de-abolir-la-familia-ed-Javier-Ruiz-Portella.html

Fonte: El Manifiesto

Traduzione: Luciano Lago

https://elmanifiesto.com/sociedad/668388548/La-crisis-del-coronavirus-muestra-que-es-hora-de-abolir-la-familia-ed-Javier-Ruiz-Portella.html

FONTE:https://www.controinformazione.info/soros-la-crisi-del-coronavirus-mostra-che-e-tempo-di-abolire-la-famiglia/

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

Quando il cinema italiano ci raccontava della crisi umana dei sentimenti

Monica Vitti nel film L’ECLISSE

“Le nuvole e la luna…”, inizia così il l’Eclisse, il terzo capitolo della trilogia dell’incomunicabilità, con la voce acuta e penetrante di Mina, muovendosi tra le intricate strade di una società italiana sempre più ricca e felice, baci di seta tra benessere e alienazione.
E’ una Roma diversa quella di Antonioni (il regista nda):  i monumenti emblematici vengono meno, ciò che invece si inquadra molto spesso sono le strade anonime dell’EUR, gli edifici squadrati che gettano sull’asfalto caldo ombre lunghe e oblique, come se ci si trovasse nelle piazze d’Italia di De Chirico.
Il tema dello spazio è una chiave di Volta per raccontare l’Eclisse e i suoi personaggi, sono proprio i luoghi infatti a trasmettere l’essenza di voci e staticità dei protagonisti, i quali sono una fedele rappresentazione del nuovo tipo d’uomo che inizia a delinearsi all’inizio degli anni ’60.
Vittoria, interpretata dalla sensuale Monica Vitti, è una giovane donna che decide di chiudere la sua relazione con Mario, architetto, interrompendo così un legame borghese che da tempo si era tramutato in mera abitudine: “a 20 anni eravamo felici, adesso non più”.
Nel corso della loro conversazione l’uomo comprende drammaticamente che qualsiasi tipo di contatto si annulla completamente con l’abbandono di lei: “non passerò più, non ti telefonerò, non ti scriverò.”
Ed appunto il film inizia esattamente con questa separazione, preannunciando de facto una sempre maggiore liquidità dei legami umani, i quali vengono disfatti con grande semplicità ed alienazione, quasi non comprendendo davvero perché si decide di andar via, lasciarsi un amore alle spalle, un uomo, come se fosse un granello di sabbia.

Neanche le amiche di Vittoria sono di gran conforto, con le stesse la donna non riesce a raccontarsi, evita di spiegare perché ha difficoltà a dormire, preferisce seppellire quel malessere che tanto emana il suo sguardo in una grassa risata, creando così una doppia di sé che sorride spesso e gode di tutto il benessere della propria posizione sociale.
Vittoria incontra il suo co-protagonista Piero, il personaggio dell’affascinante Alain Delon, durante una delle tante sedute in Borsa a cui partecipa anche la madre della ragazza.
Piero è un giovane broker finanziario e i suoi movimenti sono dinamici ed inarrestabili, è il figlio sincero di una società dallo sviluppo veloce ed immediato, uomo scattante alla ricerca della miglior opportunità per guadagnare sempre più.
La Borsa è un luogo emblematico a cui il regista dedica molti fotogrammi: è confusionaria, piena, anonima, rumorosa e contraddittoria.
E’ la rappresentazione di un’Italia che vuole diventare ricca, è una nazione affamata che desidera essere al pari delle proprie concorrenti estere e dimostrare che la miseria è solo un lontano ricordo.
Così quest’Italia grida ad alta voce, si affanna per il miglior investimento, rende lo statico edificio della Borsa un teatro vivente dove ci sono tanti fogli e penne che prendono vita insieme al vento estivo di Roma.

Vittoria e Piero non potrebbero essere più diversi di così, hanno entrambi una sensibilità che si dedica ad altro, non comprendono le reciproche passioni e sanno di conoscersi ancor meno.
La donna è caratterizzata da uno spleen esistenziale che la porta ai margini dalla vita di Piero: Vittoria non capisce nulla di borsa né di manovre finanziarie, è assorbita da tutt’altro ed è incapace anche lei a dare consistenza ai propri sentimenti, come quando dice a Piero “vorrei non amarti o amarti molto meglio.”

Forse la spinta necessaria è ciò che i critici chiamano noia borghese, ovvero la necessità di riempire giornate frenetiche ma al tempo stesso statiche, il bisogno di sentirsi amati e ricevere in cambio un affetto, seppur artefatto, capace di addolcire i ritmi violenti delle città in trasformazione.
Le inquadrature di Antonioni sanno essere soffocanti per quanto lo spazio che regala allo spettatore sembri immenso: tant’è che non mancano le sbarre, siano della finestra o di un cancello, nascondendo i diversi personaggi dietro queste, simboleggiando una costrizione esistenziale che imprigiona tutti i protagonisti nei loro sentimenti ed emozioni, rendendoli incomprensibili anche a loro stessi.
Con questo film Antonioni coglie perfettamente quello che poi sarà lo spirito di una nuova società d’italiani, risaltando debolezze e contraddizioni di una nazione che diventa sempre più prospera, come mai era stata in passato.
Ma è anche più chiusa e divorata nella propria interiorità, negando de facto l’espressione umana delle relazioni e abbracciando l’era liquida di cui oggi vediamo i terrificanti effetti.
L’Eclisse ha un duplice significato nell’opera Antonioniana, infatti com’è soltanto un fenomeno raro e misterioso da ammirare in cielo, al tempo stesso cambia la luce di ogni cosa.
A differenza di quanto cantava Mina, non è l’eclissi lunare ad interessare il regista, ma bensì quella solare, ovvero la luce che cambia in pieno giorno, modificando lo stato delle cose e persino le persone sotto di essa.
Lo stesso Antonioni dirà, ricordando di una eclissi vista nella Firenze del ’62, “silenzio diverso da tutti gli altri silenzi. Luce terrea, diversa da tutte le altre luci. E poi buio, immobilità totale. Tutto quello che riesco a pensare è che durante l’eclisse probabilmente si fermeranno anche i sentimenti.”
La crisi di sentimenti raccontata dal film è un elemento tipico della Nouvelle Vague, verrà ripreso anche da altri celebri registi, così come anche nel contesto letterario e poetico, pensando a Pasolini che però preferisce occuparsi di altri strati della società.
Tra Vittoria e Piero in fondo cade proprio un’eclissi che impedisce l’instaurarsi di una vera e propria relazione, i fotogrammi che ce li regalano insieme li mostrano sorridenti e felici, viene difficile da chiedersi se ci sia motivo di dubitare del loro interesse, eppure la semplicità viene catturata dalle piccole cose.
Così come Piero che si preoccupa della propria auto ammaccata piuttosto che dell’uomo morto, così come Vittoria che non sa se desidera sposarsi: parla di non avere alcuna “nostalgia del matrimonio”, pur non essendosi mai stata unita a qualcuno civilmente, i dettagli amorosi sono proprio i figli di un’emozione annoiata.
Quando i due stanno per salutarsi, si danno semplicemente appuntamento alla sera stessa, così come facevano sempre, è un arrivederci strano e lo spettatore se ne rende conto subito: perché quegli sguardi? Perché quel melodramma nel saluto? Come mai Vittoria scende le scale con grande lentezza?
Finirà così, senza rivedersi più, con un appuntamento a cui entrambi sapevano non sarebbero andati, un ennesimo incontro mancato mentre i luoghi del film continuano a vivere anche senza di loro.
Sicché inutile cercarli ancora, il pullman continuerà a passare alla stessa fermata, i lampioni illumineranno i volti dei passanti come accecandoli, le nuove case dell’EUR squadrate e dalle ombre oblique verranno costruite, persino le piante continueranno a far rumore, portando così su di loro il grido soffocante dell’assenza dell’uomo.

FONTE:https://loccidentale.it/quando-il-cinema-italiano-ci-raccontava-della-crisi-umana-dei-sentimenti/

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

La Mutazione che sconvolgerà l’umanità

MARCELLO VENEZIANI,  Panorama n.14 (2020)

No, non sarà solo una grave crisi economica e sociale, non genererà solo miseria e volontà di ricostruzione, non cambierà solo gli assetti politici e il rapporto tra potere e cittadini; non inciderà solo sulle relazioni, i viaggi, la globalizzazione, il rapporto tra le generazioni. Dall’emergenza mondiale alle prese col mistero dei virus avverrà la Mutazione, qualcosa di profondo, globale, radicale. La Mutazione antropologica che sconvolgerà l’umanità, non solo nei comportamenti e nei consumi, ma anche nell’anima e nella visione della vita e della morte. L’espressione che più rende l’idea del tempo che verrà è Medioevo prossimo venturo, tratta dal libro famoso di un ingegnere-futurologo, Roberto Vacca, che nei primi anni Settanta prefigurò una grande crisi dello sviluppo e un ritorno a una specie di Medioevo. Un’utopia rovesciata, cioè una distopia, o piuttosto una previsione, se non una profezia.

La Mutazione allinea una serie di elementi psicologici insorti in questi giorni: in primis la paura, il terrore del contagio e del mondo esterno; quindi il mistero, la percezione di trovarsi di fronte a un evento imponderabile, di cui ci sfugge l’essenziale, anche se sappiamo tutto intorno; poi l’isolamento radicale di massa come mai l’avevamo conosciuto, tutti soli, barricati in casa, a fronteggiare il male senza possibilità di contatti; quindi la prossimità del limite, inteso come misura, confine invalicabile, ma anche come vicinanza della morte, che avevamo rimosso; infine la noia della cattività, il vuoto dei giorni e della vita, l’assenza di impegni, se non l’appello biologico ad autoconservarsi, per sé e e per gli altri. Incrociando questi fattori interiori con la situazione esterna, il collasso sociale, l’incertezza totale, il crollo del ciclo produzione-consumo, sorge la Mutazione, non solo di abitudini e aspettative, ma anche psichica, senza precedenti. Anzi usiamo la parola rimossa: spirituale. Non è forse un caso il nesso originario tra spirito e respiro, che hanno la medesima radice in spiritus e pneuma. Una società priva di spiritualità soffoca, non respira, come per il virus.

Non sappiamo se a questa crisi spirituale risponderà, almeno in occidente, un risveglio del cristianesimo. Nei primi giorni dell’emergenza la fede e la Chiesa per la prima volta da secoli risultavano sparite davanti alla tragedia. Irrilevanti, defilate. Le chiese chiuse, il silenzio del papa barricato e solo, la stessa preghiera solitaria del vescovo di Milano alla Madonnina in cima al Duomo, confermavano l’idea che questa crisi nasceva senza i conforti religiosi. La religione regrediva, per ragioni di salute, a programma tv o social. Come in una forzata svolta protestante, nasceva la religione per individui soli, fuori dalla Chiesa, una religione bricolage domestico, faidate. Interiors. Poi non sono mancati esempi luminosi. Uno tra tutti: don Giuseppe Berardelli nella bergamasca, che capovolgendo il motto egoista mors tua vita mea ha ceduto il suo respiratore a un paziente più giovane, andando incontro alla morte. Con tanti eroi medici e infermieri, vanno onorati anche i sacerdoti martiri.

Ma il tema in campo non è quello della religione umanitaria e pro-migranti dell’era Bergoglio: è la religione che risponde al bisogno di spiritualità, alla fame di senso e di sacro, al saper addomesticare la morte, accettare i limiti e il mistero. La religione dei simboli, dei riti, della liturgia e soprattutto alla preghiera. La religione del rosario, dei santi e dei martiri; la religione che consola per la morte e proietta nella resurrezione, nella beatitudine immortale.

Non sappiamo se sarà la religione cristiana ad accompagnare la Mutazione o altre vie spirituali. Così come non sappiamo se sarà l’antico mondo nazional-conservatore, o il nuovo populismo sovranista, a rappresentare il bisogno di ordine e di comunità organica, di stato autorevole e decisore, che emerge nel mondo. L’esperienza del contagio ci riconduce a una visione della società come organismo: se una parte del corpo s’infetta contagia il resto. Siamo dunque consorti, comunità di destino. Tornano i valori? Torna piuttosto il terreno che li precede, su cui possono sorgere.

L’idea stessa di libertà, dopo questa esperienza muterà radicalmente: non liberare all’infinito i propri desideri, non libertà come liberazione da ogni vincolo; ma libertà per qualcosa, in vista di qualcosa. Con senso della misura, responsabilità, in rapporto con l’autorità e con l’ordine. Si, la libertà come diritto alla differenza, libertà di opinione e di voto, libertà di movimento; ma la libertà come Diritto Assoluto, diritto di avere diritti, non può funzionare.

Il bisogno che sorge in questa situazione è esistenziale e spirituale. Veniamo da una società benestante ma depressa, che usa farmaci e terapie, ricorre a guru e psicanalisti per tenere a bada il mostro dell’angoscia. Ora che l’età dell’ansia esplode sono possibili due ipotesi opposte ma non inconciliabili: che si entri in una depressione di massa senza precedenti o che si guarisca di fronte ai pericoli reali dai pericoli mentali. Mi sembra che le due ipotesi si sovrappongano. Ad entrambe la risposta non può essere solo una “disperata vitalità”, per dirla con Pasolini: ma un rinnovato senso spirituale, sorto dopo questa ascesi di massa nelle proprie case, nelle città morte che dovranno rinascere quando scenderanno dai loro rifugi milioni di eremiti di cui già parlava Montale mezzo secolo fa. Per ora la nostra salvezza è lo smartphone e i suoi parenti stretti. Ma quando torneremo guardinghi all’aria aperta, ci vorrà altro, non basterà internet. Ci vorrà eternet.

FONTE:http://www.marcelloveneziani.com/articoli/la-mutazione-che-sconvolgera-lumanita/

BELPAESE DA SALVARE

È come se oggi fossimo tutti dentro «1984»

6 APRILE 2020

«Era un luminoso e freddo giorno di aprile»: così si apre 1984 di George Orwell. E in un luminoso e freddo giorno di aprile, il romanzo distopico (parola oggi molto di moda che banalmente si potrebbe tradurre in «utopia negativa») sembra descrivere la condizione di oggi. Lo scrittore inglese nel 1948 (da cui nasce il titolo, invertendo le cifre, 1984) immagina una Inghilterra dominata da un partito unico socialista. Era la fine della guerra, e l’Urss con la sua pianificazione economica e il controllo dell’informazione, affascinava molti intellettuali. Ma Orwell non ci cade: e ci disegna un mondo orribile.

Pensate un po’ voi: in ogni casa c’è uno schermo che controlla e vede ciò che fanno i cittadini; e per strade ci sono i medesimi aggeggi che non si perdono un particolare. E poi pensi ai droni, usati con gusto dai nostri amministratori locali che si sentono sceriffi, per vedere i nostri spostamenti. E pensi a professori di importanti università che sono chiamati, in 76, a fare commissioni presso il ministero dell’Innovazione (Orwell è favoloso nell’inventare ministeri con nomi che evocano bellezza e nascondano tragicità, da quella della Verità a quello dell’Amore) per studiare il modo migliore per controllarci coi nostri telefonini. In fondo 1984 racconta di un’ipotetica terza guerra mondiale, ma cosa è questa nostra battaglia contro il Virus, se non un’emergenza simile?

I runner sono diventati dei delinquenti in calzoncini, ma fino a ieri il Ministero della Verità ci aveva spiegato che un po’ di moto ci salvava dalla morte per sedentarietà. Ma, come in Orwell, il passato si cambia a piacimento. Si dimenticano Burioni&Speranza che minimizzavano o Conte che negava l’emergenza: ovviamente non sono i soli. Vale tutto.

FONTE:https://www.nicolaporro.it/e-come-se-oggi-fossimo-tutti-dentro-1984-bl/

 

 

 

SARDEGNA, L’ALBA DI NUOVI TUMULTI

Con il Coronavirus tutti i lavoratori sardi dei comparti privati e le aziende in una situazione di massima incertezza nella programmazione e nelle attività gestionali quotidiane, basta vedere la lettera inviata dal comandante Gian Giacomo Pisu, della Stazione Pratici del Porto di Arbatax al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli, e per conoscenza al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Tutti quelli che amano fare le vacanze in Sardegna, ne conservano un’immagine bella, che rimane nel cuore, ma al contempo fatta di contrasti visibili ad occhio nudo e frutto spesso di scelte a dir poco discutibili quanto ad investimenti in infrastrutturecapacità politiche dei loro governanti e capacità di guardare al di là del proprio confine, il mare. Se non altro non si riscontrano, o sono molto moderati dalla voglia di darsi da fare, atteggiamenti vittimistici che sono caratteristica di altre regioni meridionali, però viene un dubbio, la Sardegna è davvero meridione o è semplicemente altro? Qualcosa di cui ancora non si prende atto a livello nazionale e, forse, anche nella stessa isola? In questi giorni di Coronavirus guardando alla Sardegna si ha la sensazione che i sardi avrebbero tutte le ragioni per sentirsi offesi verso lo Stato, o quantomeno il governo, più o meno quanto al resto degli italiani, si sentono abbandonati dall’Europa.

Ma anche i sardi sono italiani, e lo sono da prima di molti altri, e sono stati anche Regno di Sardegna, dando la corona regale ai Savoia (a parte la parentesi siciliana durata solo sette anni) che erano stati solo conti e poi duchi. E adesso? Come si è arrivati alla situazione attuale? Ad un sentimento di abbandono doppio da parte dello Stato centrale e dell’Europa? Non possiamo nello spazio di un articolo ripercorrere la storia, ma c’è da dire che nel corso degli ultimi anni sono anche stati fatti molti errori anche dalla politica regionale che non riesce minimamente a farsi sentire dal governo centrale e ancor meno riesce a utilizzare il suo status di regione a statuto speciale, soprattutto se comparata alle altre tre SiciliaValle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia, oltre alle Provincie Autonome di Trento e Bolzano. Ne è testimonianza il processo di richiesta di zona franca, intentato a più riprese dalle varie amministrazioni, di tutti i colori possibili, che si sono succedute in Sardegna negli ultimi quindici-vent’anni.

Si è scelto infatti di richiedere lo status di zona franca integrale anziché delimitare il perimetro in modo netto per avvantaggiare il commercio estero su estero (che comunque genera indotto nei servizi infrastrutturali), ricorrendo solo una parte dei requisiti del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea, che all’articolo 349 definisce le cosiddette “regioni ultra-periferiche” elencandole in modo puntuale: Guadalupa, Guyana, Martinica, Riunion e Saint Martin, ancora, Azzorre, Madera e isole Canarie. La Sardegna non c’è, pur ricorrendo altri requisiti importanti come il sottosviluppo economico e sociale e, ancor di più, essendo una regione spopolata e con una dinamica demografica che accentuerà ulteriormente questa caratteristica negli anni a venire. E allora perché si è insistito tanto su questa linea perdente? Era uno specchietto per allodole? Una forma demagogica per poter accusare la matrigna Italia e l’egoista Europa? Certi malcostumi della politica nazionale sono arrivati anche sull’isola, infatti si nota in modo evidente una certa inerzia delle amministrazioni, incapaci di individuare e agevolare altre linee di sviluppo, come se le soluzioni dovessero per forza arrivare dall’alto o da fuori e non dall’interno.

Anche per quanto riguarda la recente amministrazione, che gode ancora per poco del beneficio del dubbio, fonti imprenditoriali ci segnalano ritardi sul “piano casa”, fatto che bloccherebbe le delibere dei comuni, comunque non esenti da ritardi propri, e procedure di sblocco per costruzione di nuove volumetrie e strutture ricettive, oltre ad altre delibere per la costruzione di importanti infrastrutture stradali come il tratto finale della nuova SS 554, che potrebbe ridurre costi di trasporto in generale e agevolare la circolazione turistica, ma questo è solo un esempio fra tanti. Perché non si fa bene almeno ciò che si può fare? L’economia sarda concorre appena per l’1,94 per cento al Pil italiano, attestandosi a circa 33,5 miliardi di euro (dati 2017), solo il 90 per cento rispetto al Pil del 2008, con una popolazione di circa 1,65 milioni di abitanti. Il Pil sardo è pari ad appena il 69 per cento della media europea, occupando la 214a posizione sulle 281 ragioni della Ue a 28 stati. Il sistema produttivo sardo ha una bilancia import-export negativa, importando prodotti per un valore di circa 6,8 miliardi di euro ed esportandone circa 5,4.

Il dato dell’esportazione è visto dagli analisti come fortemente influenzato da tre fattori, una bassa industrializzazione dell’isola con conseguente concentrazione dell’export su prodotti a basso valore aggiunto, l’elevata incidenza dei costi di trasporto sui prodotti destinati all’export, un po’ come dire che si importa tecnologia e si esporta prevalentemente agroalimentare e prodotti tecnologicamente semplici o di marginalità modesta, ma la considerazione è che sicuramente una minore incidenza dei costi di trasporto aiuterebbe l’esportazione di ciò che oggi si produce e l’accumulazione di capitale privato per investimenti. Oltre a questi elementi di debolezza economica, ve ne sono altri, la dimensione media delle imprese sarde è pari a 2,8 addetti, contro 2,9 del mezzogiorno e 3,9 del resto d’Italia. È evidente quanto, in tempi di Coronavirus, questo sia un ulteriore elemento di grande vulnerabilità, visto che alla piccola dimensione si associa anche la sottocapitalizzazione, e grave rischio di mancata riapertura al termine della pandemia, a meno che non si faccia fronte in modo serio e con decise iniezioni di liquidità.

Questo non solo in Sardegna, ma anche nel resto dell’Italia. Ma il dato più preoccupante, data l’attuale congiuntura, è un altro, se si guarda al numero di addetti per settore, ci accorgiamo (Istat) che il 17,1 per cento dei lavoratori sardi sono impiegati in attività di hospitality (3,7 per cento) e ristorazione (13,4 per cento), dati sensibilmente più elevati della media nazionale (12,8 per cento cumulata) e tali da esporre i lavoratori sardi a enormi rischi, considerando anche il fatto che queste attività si concentrano, volendo essere generosi, in cinque mesi all’anno e che per molti rappresentano l’intero reddito su base annua. A questi andrebbe sommata una certa percentuale, difficile da calcolare, di indotto di servizi, ma anche produzione, che trovano in quei settori lo sbocco naturale (attività di commercio, trasporto, manutenzione tecnico-impiantistica, altre attività ricreative, diportistica, produzioni agricole destinate all’Horeca, giardinaggio, artigianato, servizi per la persona e altre) tale per cui non appare più di tanto azzardato affermare che, tenuto conto che l’aggregato in valore aggiunto rappresentato da “commercio, trasporti, alloggi”, in Sardegna (Crenos su dati Istat) rappresenta il 27,1 per cento del totale, su oltre il 20 per cento dei lavoratori sardi attualmente impiegati oltre agli stagionali, incombe l’incubo della crisi e lo spettro della disoccupazione.

A questo va aggiunta, per fornire un quadro ancora più completo, la crisi dell’affitto degli alloggi privati, i cui riflessi statistici finiscono sul comprato immobiliare e della “sharing economy”, su questo punto, le indagini sui comportamenti di spesa, indicano in Sardegna, Sicilia e Puglia, le tre regioni in cui il fenomeno, legato a vacanze familiari più lunghe quanto a giorni di soggiorno, raggiunge il massimo nazionale (Crenos). La stagione turistica in Sardegna per il 2020, non si sta sviluppando sotto i migliori auspici, sta piuttosto subendo tre gravi shock contemporaneamente, la liquidazione di Air Italy (semplificando un po’, ex Alisarda, ex Meridiana) con licenziamento collettivo dei dipendenti (circa 500 sardi), il Coronavirus (che ha consentito di poter applicare almeno 10 mesi di Cigs ai lavoratori, ammesso che la Cassa funzioni meglio del portale Inps) e pochi giorni fa anche il blocco dei conti della Cin – Compagnia italiana di navigazione (Moby e Tirrenia) che sta producendo un balletto indecoroso di grave incertezza nei trasporti fra blocco dei traghetti, sblocco delle tratte che lavorano in continuità territoriale, minacce di nuovi blocchi legati alla situazione finanziaria della società, e così via. Una situazione di massima incertezza che getta tutti i lavoratori sardi dei comparti privati e le aziende in una situazione di massima incertezza nella programmazione e nelle attività gestionali quotidiane. Basterebbe vedere la lettera inviata dal Comandante Gian Giacomo Pisu, della Stazione Pratici del Porto di Arbatax al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli, e per conoscenza al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in cui esprime, con parole gentili e accorate, ma ferme e decise, il “disastro economico” che si genera al servizio pubblico di Pilotaggio col blocco dei conti correnti della Cin.

Parole dense, che hanno una validità che va anche al di là dello sblocco degli stessi conti, perché indicano senza possibilità di equivoco, la forte interrelazione fra le varie e delicate componenti di questo comparto. Ma è solo un segmento di una catena del valore molto più lunga, che si estende molto oltre i confini dei porti, fino a coinvolgere tutti gli altri comparti economici, in una sorta di reazione a catena. Già all’avvio della prima di queste tre crisi, quella di Air Italy, Confindustria Sardegna aveva denunciato un primo significativo calo delle prenotazioni, ma all’avvio della crisi da Coronavirus erano già fioccati gli annullamenti di svariate manifestazioni, disdette di prenotazioni di pacchetti vacanze fino al 50 per cento del totale, e non si era ancora incancrenito il problema Cin. Sarebbe facile quanto scorretto suggerire soluzioni assistenzialistiche in stile Alitalia, azienda tecnicamente fallita da anni, pozzo nero di conti pubblici e relative tasse per rifinanziarla, tanto da inserirla di straforo in decreti totalmente estranei alla sua annosa situazione, come uno dei tanti sull’emergenza Coronavirus, nei quali ormai entra di tutto.

Ciò che si denuncia è una situazione deteriorata dal punto di vista strutturale e istituzionale che lascia alla deriva un popolo intero, di cui la maggioranza di questo ritiene responsabili alla pari sia le classi politiche nazionali che quelle regionali. Il grido di allarme che si vuole lanciare è il rischio che migliaia di famiglie sarde rischino di rimanere senza lavoro e senza reddito nel giro di pochi mesi. Intere zone, già ai livelli minimi di sussistenza come la provincia di Iglesias e Carbonia, all’ultimo posto per reddito pro capite assieme ad altre due provincie siciliana e calabrese, facciano irrimediabilmente la fame, non potendo contare nemmeno dei proventi della stagione turistica. Il rischio che ne scaturisce è che si incrementi ulteriormente l’emigrazione giovanile, altro fattore di spopolamento di una regione a bassissima densità di popolazione. La Sardegna merita di essere trattata dallo Stato almeno come l’Italia pretenderebbe essere trattata in Europa, ma questo non esenta i politici sardi e quelli italiani a fare il loro dovere, lasciando perdere atteggiamenti demagogici improduttivi (vedi la gestione del caso zona franca integrale) figli di una classe dirigente in totale declino, come quella nazionale.

E i sardi? I sardi, come il resto degli italiani, sono vittime e complici di un’offerta politica sempre più scadente, populista e presuntuosa, cui si aggiunge un certo autonomismo ormai ridotto a simulacro delle lotte del fu Partito sardo d’azione. Però, anche se i sardi sono molto pazienti, nel loro piccolo, talvolta si incazzano. Bloccano le strade, ribaltano macchine, fermano camion. Sono stati gli unici a farlo, per ora. Sia chiaro, tali gesti non si giustificano sono atteggiamenti illegali e atti di danneggiamento, ma usare la voce sì, perché la voce è democrazia, e i sardi, autori di uno dei primi canti rivoluzionari in Europa (il Procurad’e moderare scritto da Francesco Ignazio Mannu durante i moti del 1794), spesso, messi alle strette, l’hanno saputa usare. Anche quando la democrazia non c’era ancora.

FONTE:http://www.opinione.it/economia/2020/04/07/alessandro-cicero_coronavirus-sardegna-pisu-tumulti-stazione-pratici-porto-arbatax-d-micheli-mattarella-air-italy-ex-alisarda-ex-meridiana/

 

 

 

Il mistero della diminuzione dei morti

Lisa Stanton – 31 marzo 2020

Sembra strano, ma in Italia nel 1° trimestre del 2020 le morti sono diminuite (167.400) rispetto al 1° trimestre del 2019 (185.967). In Italia si registrano meno decessi rispetto all’anno precedente, tranne che in Lombardia e più precisamente a Bergamo e provincia dove i decessi sono aumentati di 4/5 volte. https://www.italiaora.org/ Perché?

I media attribuiscono questa escalation di decessi al coronavirus, ma perché proprio a Bergamo e non a Milano se la viralità in una metropoli è in genere più contagiosa? Cosa c’è a Bergamo che la pone al centro di un’epidemia?
A Bergamo nei mesi precedenti (gennaio e febbraio 2020) l’epidemia dovuta al coronavirus c’è stata una campagna di vaccinazione per meningite a cui hanno aderito oltre 20.000 cittadini del bergamasco.

Sempre a Bergamo da novembre 2019 è iniziata una campagna di vaccinazione antinfluenzale per ben 185.000 dosi, circa 150.000 cittadini vi hanno aderito, tanto che Bergamo è annoverata tra le città più vaccinate d’Italia.
In Lombardia in questi mesi è iniziata la sperimentazione per implementare la tecnologia 5G e Bergamo rientra nelle aree sottoposte a sperimentazione.


A tanto possiamo aggiungere la campagna irresponsabile messa in atto dal sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, il quale ha per oltre un mese banalizzato sull’epidemia, salvo chiedere scusa pubblicamente la scorsa settimana.
Stando ai dati sopra riportati è quanto meno d’obbligo un inchiesta che indaghi sulle reali cause di tali e tanti decessi, se queste sono dovute esclusivamente al coronavirus o se ci sono state concause che hanno determinato l’incremento di decessi in quest’area. L’inchiesta è doverosa anche in relazione al fatto che i casi stimati di decesso per coronavirus dall’Istituto Superiore della Sanità ad oggi sono soltanto 16, tutti gli altri decessi sarebbero dovuti a molteplici cause fra cui anche il coronavirus.


La prospettiva che il Covid19 sia un false flag non è che sia meno preoccupante, vaccini e 5G sono cause di morte che non ci vendono come tali

FONTE:https://www.facebook.com/lisa.stanton111

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Soleimani ucciso per impedire accordi tra Iran e paesi del Golfo

Di – rightsreporter.org – 17 febbraio 2020

L’uccisione di Qassem Soleimani sarebbe stata ordinata per impedire accordi tra l’Iran e alcuni Paesi del Golfo Persico, in particolare con gli Emirati Arabi Uniti e con l’Arabia Saudita.

Secondo un documento inviato dalla Casa Bianca al Congresso, la decisione di uccidere il Generale iraniano sarebbe giunta «in risposta alla crescente serie di attacchi nei mesi precedenti effettuati dalle milizie iraniane e dallo stesso Iran».

Questo contraddice quanto affermato dal Presidente Trump subito dopo l’attacco. Il Presidente Americano aveva infatti detto che Soleimani era stato ucciso per impedire un «imminente attacco contro gli interessi americani».

Il Congresso aveva subito chiesto prove di questo imminente attacco, prove però mai fornite, fino all’invio di questa nota che di fatto contraddice la tesi del Presidente Trump.

Ma la verità sarebbe ancora un’altra. In realtà il Generale Qassem Soleimani sarebbe stato ucciso per impedire un accordo tra Iran ed Emirati Arabi Uniti e probabilmente anche con l’Arabia Saudita, accordo che avrebbe irrimediabilmente rotto l’asse anti-iraniano nel Golfo Persico.

Secondo diversi leak venuti in possesso della stampa americana, il Generale Soleimani era reduce da un viaggio segreto negli Emirati Arabi Uniti.

Durante quel viaggio Soleimani aveva posto le basi per un accordo di non aggressione con Abu Dhabi, accordo per altro preceduto da un trattato di non aggressione tra la guardia costiera emiratina e i pasdaran iraniani firmato nel settembre 2019 subito dopo l’attacco iraniano alle strutture petrolifere saudite, attacco al quale gli Stati Uniti non avevano risposto lasciando trapelare l’idea che non potessero difendere i propri alleati regionali.

Questo aveva spinto Abu Dhabi a cercare un compromesso con l’Iran e, secondo gli stessi leak, anche l’Arabia Saudita la quale stava segretamente trattando con Teheran per raggiungere un patto di non aggressione e un accordo per il controllo congiunto della navigazione nel Golfo Persico.

Regista di tutto questo sarebbe stato proprio Qassem Soleimani e per questo la Casa Bianca avrebbe deciso di eliminarlo.

A far scattare l’allarme sarebbe stato proprio quell’incontro segreto ad Abu Dhabi (che poi tanto segreto non doveva essere). Gli Emirati non avevano avvisato gli USA mentre avrebbero tenuto costantemente informati i sauditi sugli sviluppi con Teheran.

In sostanza, il fronte anti-iraniano nel Golfo Persico si stava sgretolando, anche a causa della decisione americana (sbagliatissima) di non rispondere alle provocazioni e agli attacchi iraniani dando quindi l’impressione di non poter difendere gli alleati regionali, un errore che Soleimani stava capitalizzando con successo.

Di  – rightsreporter.org


Link fonte: https://www.rightsreporter.org/qassem-soleimani-ucciso-per-impedire-accordi-tra-iran-e-paesi-del-golfo/?fbclid=IwAR1IVIFQsqbcFkOrK9hkRk_Sc6Lh-6eJTg3vcfjzkgOAgfM4xghmHn0texk

FONTE:https://comedonchisciotte.org/soleimani-ucciso-per-impedire-accordi-tra-iran-e-paesi-del-golfo/

 

 

 

CULTURA

Ashkenaz, il super-sapiens, ci schiavizza col debito eterno

Menti raffinatissime, le chiamava Giovanni Falcone. Nel suo caso, avevano piazzato una bomba davanti alla sua villetta sul mare, tre anni prima del fatale attentato di Capaci. Sono speciali, quelle menti – e altrettanto criminali – anche per Giovanni Angelo Cianti, che non è un giudice antimafia ma a suo modo si occupa lui pure di criminologia, per così dire, se si volesse leggere come un’epocale, sterminata stagione criminogena quella aperta dalla stessa misteriosa comparsa sulla Terra dell’homo sapiens, tuttora non spiegata (men che meno dall’evoluzionismo darwininano). L’ultima fatica letteraria di Cianti – che esordì addirittura come autore del fumetto-cult “Ken Parker”, creato nel ‘74 da Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo – si intitola “Benvenuti all’inferno”, in questo richiamando l’ombra del manicheismo, tra risonanze gnostiche e poi catare. Una “creazione dannata”, la nostra, opera di divinità infere esiliate nel mondo della materia? Premessa pragmatica: siamo quasi 8 miliardi e stiamo devastando il pianeta, come cavallette inarrestabili. Un formicaio di insetti onnivori e famelici, e al tempo stesso docili e malleabili, senza più coscienza né memoria della propria origine. Solo colpa nostra? No, risponde Cianti: la grande attenuante è incarnata da chi lo dirige più o meno segretamente, il “formicaio”.

La solita, bieca massoneria mondiale? Gli uomini invisibili del famigerato “complotto giudaico-massonico” caro ai cospirazionisti? Nemmeno, scrive Cianti, mettendo a fuoco un altro gruppo, che definisce “super-sapiens”. «Si chiamano AnunnakiAshkenazi, e si sono mimetizzati tra gli ebrei, a insaputa degli ebrei stessi. Ma attenzione: gli “Ahskenazim” non sono ebrei, e nemmeno semiti. Sono i veri manipolatori dell’umanità, fin dai primordi, attraverso il denaro e il credito usuraio». Sarebbero stati loro a danneggiare in primo luogo gli ebrei, provocando la catastrofe dell’antisemitismo. Da dove spuntano? Ne parla la Bibbia, probabilmente, quando – nella Genesi – racconta la “fabbricazione” degli adamiti: strani ibridi, praticamente degli Ogm ante litteram, clonati mescolando i geni del sapiens con quelli dei Figli delle Stelle, che l’Antico Testamento chiama Elohim (come Yahvè e colleghi) mentre per i Sumeri si chiamavano Anunna o Anunnaki. Stessa schiatta di dominatori – venuti dal cielo, secondo il sumerologo Zecharia Sitchin, affascinante e controverso teorico della paleo-astronautica. La missione: trasformare la Terra, fino a quel momento popolata solo da tribù nomadi, in un immenso campo di lavoro.

Per produrre cibo, energia e poi anche tecnologia occorrevano “servi” intelligenti e obbedienti, i sapiens, che ancora non c’erano. E per dirigere i sapiens ci voleva una super-razza, in grado di dominarli per conto terzi. Impressionante la consonanza con le rivelazioni che l’avvocato Paolo Rumor affida al saggio “L’altra europa”, edito da Panda, con prefazione dell’eminente politologo Giorgio Galli. La tesi: un’élite immutabile, sempre la stessa, reggerebbe il mondo da quasi 12.000 anni. Origine: Golfo Persico, poi Mesopotamia, Egitto, Mediterraneo fenicio e poi minoico e greco-romano. Pietra miliare: l’antico insediamento nella città caldea di Ur, alla foce del Tigri. E’ la stessa geografia che ripercorre Cianti, inseguendo il fantasma dei progenitori di quelli che (erroneamente, sostiene) verranno poi chiamati “ebrei askhenaziti”, diffusisi nell’Est europeo. La comparsa dell’Adàm biblico, «non ancora ebraico, verosimilmente sumero», risalirebbe a un’epoca collocabile tra il 15.000 e il Giorgio Galli20.000 avanti Cristo. Seguono 9 discendenti quasi millenari, i patriarchi pre-diluviani, fino ad arrivare a Noè, cioè intorno all’anno 5.600.

Stando alla Bibbia, Noè generò Sem, Cam e Jafet. Da Sem si arriva a Giacobbe-Israele per linea retta attraverso Ever, Terach, Abramo e Isacco: in altre parole, ecco gli ebrei (quelli veri), poi suddivisi nelle famose 12 tribù, inclusa quella israelitica di Giuda e Davide. «Quindi – conclude Cianti – solo i discendenti di Abramo possono essere considerati semiti». Gli altri, cioè la super-razza di cui si occupa “Benvenuti all’inferno”, sarebbero la discendenza di Jafet: il fratello di Sem e Cam «generò tra gli altri Gomer, capostipite dei Cimmeri», il cui figlio si chiamerà Ashkenaz, «dall’assiro Askuza»: nome col quale, secondo la Tavola nelle Nazioni, «si indicavano i popoli nomadi della regione sciita del Caucaso». Insieme ai Minniti e al Regno di Ararat, continua Cianti, i nomadi caucasici Ashkenaz si opposero ai Babilonesi, almeno secondo la Bibbia (Geremia 51-27), e in seguito diedero origine ai popoli slavi. «Gli Ashkenaziti – conclude Cianti, citando sempre l’Antico Testamento – sono dunque “jafeti”, cimmeri o sciiti – ma non semiti, quindi non ebrei».

Per l’autore si tratta di un “cluster genetico” autonomo, «una popolazione nomade di origini turcomanne che si reinventa continuamente». Prima sciiti (da “sak”, nomade), poi Kazari (dal turco “qaz”: nomade, ancora). Per Cianti erano di religione tengrista, un mix di sciamanesio, animismo e totemismo diffuso nell’Asia Centrale. «Si convertirono all’ebraismo per convenienza», e molto tardi: solo fra il 740 e il 920 dopo Cristo. «Alla dissoluzione del Canato di Kazaria, conquistato dal russo Sviatoslav I, si dispersero in tutta Europa, attribuendosi l’appellativo di “ebrei erranti”», evidentemente abusivo. Nell’alto medioevo, continua Cianti, li ritroviamo nella valle del Reno e nel Nord della Francia: «Ed è da questo momento che iniziano a usare l’yiddish, lingua germanica con elementi di ebraico e aramaico». Poi si spostano verso Est: Lituania e Polonia, Moldavia, Russia. Il ritorno in Germania comincerà nel 1200 e terminerà solo nell’Ottocento. In tutti quei secoli, scrive I kennedyl’autore, gli Askuza-Ashkenaz sciameranno di terra in terra perché «perseguitati per l’attività usuraia». Sono loro gli “inventori” del sistema creditizio?

Il prestito a interesse, dice Cianti, compare contemporaneamente in Mesopotamia, India e Cina. «L’invenzione stessa della scrittura nasce lì, da quella nuova necessità». A Uruk (oggi Warka, Iraq) a raccontare quella storia sono 5.000 tavolette d’argilla risalenti al quarto millennio avanti Cristo: «Si iniziò allora a parlare di prestiti, tassi d’interesse, garanzie, usura, derivati e pignoramenti». La banca dell’epoca era il Tempio; non prestava solo denaro ma anche cereali, vino e birra, metalli pregiati: «Si cominciò a prestare argento a tassi fino al 60%». Attraverso il mondo mesopotamico, poi fenicio e persiano, ellenico e romano, il network nomade del denaro si trasferisce dove gli conviene, tendenzialmente da Est a Ovest, col progredire dei nuovi fiorenti imperi. Proto-scienziati della finanza? Cianti li chiama “i nostri mandriani”. Il loro metodo non cambia: usura, per conquistare il potere. Obiettivo: «Mantenere nella sottomissione non solo le masse ma anche gli stessi governanti, che in pratica diventano i loro burattini. E se qualcuno di loro si oppone, viene destituito o ucciso, come i Kennedy».

Per Cianti, gli Ahskenaz restano un gruppo ristretto e rigorosamente chiuso al suo interno, per via matrilineare, attraverso i secoli. Sono i “ruler”, gli attuali “padroni dell’universo”. Veri fenomeni: si tratta di «individui di eccezionale intelligenza». Oltre a mercanti e banchieri, nei millenni, «hanno espresso anche filosofi, scienziati, pensatori che hanno determinato le sorti dell’umanità». L’élite dell’élite: «Nomadi e apolidi, seguono lo sviluppo dei più importanti centri di potere, in una traiettoria sempre diretta verso ovest che oggi, dalla West Coast degli Stati Uniti, ha spiccato il balzo verso la Cina». Sono loro i teorici e iBenvenuti all'infernoregisti del globalismo finanziario, secondo Cianti: religioni e massonerie, Ur-Lodges e centri di potere paramassonici sarebbero solo cinghie di trasmissione del super-sapiens Ashkenaz, protagonista del club più inaccessibile del vero potere.

Lungo le sue 400 pagine, “Benvenuti all’inferno” esamina con estrema cura le più recenti asserzioni scientifiche, dall’astrofisica alla paleontologia fino alla climatologia, demolendo Darwin: «La Terra è passata attraverso eventi catastrofici che hanno provocato ripetute estinzioni di massa. E ogni volta il pianeta è stato ripopolato con specie nuove, che non avevano niente a che fare con le precedenti». Fino al sapiens, ultimissimo prodotto di queste “introduzioni”: «Una specie bio-ingegnerizzata, nel cui corredo è stato introdotto Statmina, il gene della paura che ci rende così docili di fronte al potere». Nel saggio “Resi umani” scritto con Mauro Biglino, il prestigioso biologo molecolare Pietro Buffa (già attivo al King’s College di Londra) spiega che il “missing link” tra uomo e scimmia non è mai esistito: a quanto pare siamo stati “fabbricati” diversi, dalla nascita, ben distinti dai primati e dagli stessi ominidi – persino dal Neandearthal, a noi vicinissimo nel tempo, probabilmente sterminato dai nostri antenati.

A lungo traduttore ufficiale della Bibbia per le Edizioni San Paolo, Biglino sostiene che l’Antico Testamento – alla lettera – racconti l’avvento sulla Terra dei Figli delle Stelle. Proprio loro avrebbero “costruito” il sapiens, riservandosi poi la “fabbricazione”, sempre per via genetica, di una super-specie di lavoratori particolarmente intelligenti: gli adamiti, collocati nel Gan-Eden (da cui poi furono cacciati, dopo che ebbero scoperto la possibilità di riprodursi in modo autonomo, sessualmente). Tuttora, nessun sumerologo sa spiegare esattamente l’origine della civiltà sumera, sorta improvvisamente appena a Sud del Gan-Eden (situato nel Caucaso) e immediatamente dotata di favolose competenze tecniche: scrittura e architettura, matematica, astronomia. E soprattutto: agricoltura. «Proprio la rivoluzione agricola – sostiene Cianti – ha cambiato in modo irrimediabile il pianeta, devastando i suoli e sottraendo acqua, impoverendo la nostra dieta e determinando Saba Sardiuna vera e propria mutazione antropologica: i primi sapiens erano liberi di muoversi e cacciare, noi invece siamo schiavi inurbati, costretti a lavorare e a nutrirci di cibo ormai avvelenato».

La stanzialità come sciagura è il tema del saggio “Dominio”, nel quale Francesco Saba Sardi collega all’introduzione dell’agricoltura la nascita del nuovo potere, prima sconosciuto, che “inventa” la religione per trasformare gli esseri umani in servi, lavoratori della terra e soldati. Figure sociali che non esistevano, prima del neolitico: nacquero con l’agricoltura insieme alla religione e alla sua sorella gemella, la guerra, grazie alla comparsa di quell’inedito potere, configurato in forma di dominio. A questo, Giovanni Cianti aggiunge un’altra disgrazia: l’alimentazione. Giornalista e già pubblicitario, appassionato studioso di biologia, Cianti è anche e soprattutto un nutrizionista, disciplina attraverso cui ha rivoluzionato la pratica del body-building partendo proprio dalla dieta. La minaccia più grande? L’abuso di cereali. Il pane – che ha nutrito milioni di individui – viene dal grano, che è comparso sulla Terra di colpo. Discende dal farro selvatico, che però non è commestibile. Chi l’ha trasformato geneticamente in cereale dolce, da farina? I medesimi, misteriosi individui – si suppone – che allo stesso modo, all’epoca di Adamo ed Eva, “fabbricarono” la patata, insieme con la pecora.

Cibo pronto uso e a basso costo, per schiere di futuri lavoratori? L’ipotesi è ora vagliata da scienziati di tutto il mondo, ormai convinti che convenga rivalutare e rileggere con occhi nuovi i testi antichi, poi trasformati arbitrariamente in “libri sacri” dalle religioni che, più tardi, se ne impossessarono, travisandoli: e se in quelle pagine ci fossero gli indizi di una storia attendibile? Se cioè il racconto – incluso quello biblico, con la comparsa degli Elohim (Figli delle Stelle) – spiegasse davvero la nostra origine genetica, altrimenti non ricostruibile solo per via evolutiva? Nel qual caso, dice Cianti, sarà meglio aggiungere una riflessione piuttosto decisiva: se qualcuno – venuto dal cielo? – impiantò sulla Terra la sua “mandria” da mungere, di sicuro Jacques Attalinon scordò di assicurarla alla custodia di servitori speciali e fidatissimi, a loro volta “bio-ingegnerizzati” alla bisogna: i nostri “mandriani”.

Non manca nessuno, nella “hall of fame” dei dominatori che Cianti esibisce, dai secoli passati fino ai giorni nostri: spicca il visionario oligarca Jacques Attali, lo sconcertante mentore di Emmanuel Macron, oscuro profeta del transumanesimo post-democratico. C’è l’eterno Zbigniew Brzezinski, lo storico stratega della Casa Bianca (sodale di Kissinger) che reclutò in Afghanistan un certo Osama Bin Laden, poi protagonista della strategia della tensione globale sotto l’egida dei Bush. Riflettori su Al Gore, l’ex vice di Clinton, ormai «frontman mondiale della bufala del global warming di origine antropica», il nuovo catechismo recitato dalla piccola Greta, la ragazzina svedese spuntata (in apparenza) dal nulla. Gore ha appena vinto due Oscar con il documentario “Una scomoda verità”, «diretto dal regista “ashkenazi” Davis Guggenheim». Manipolazione? «Se è per questo, erano “ashkenazi” anche Walt Disney e Edward Bernays, l’inventore della propaganda pubblicitaria», dice Cianti, «come pure i fratelli Andy e Larry Whachowski», gli sceneggiatori di “Matrix”, film nato per metterci in guardia «sul destino della “mandria umana”, costretta a vivere come nella caverna di Platone, cioè in un mondo virtuale completamente avulso dalla realtà».

Tra i protagonisti negativi, invece, dominano politici e finanzieri: si va da Madeleine Albright, che difese la necessità inevitabile del bagno di sangue nei Balcani negli anni ‘90, alla quasi-popstar George Soros, «ashkenazi di elevata esposizione mediatica, quindi verosimilmente di rango inferiore». Nulla, in confronto ai veri “dominus”, più appartati, come ad esempio i campioni delle celeberrime dinastie Rothschild, Warburg e Rockefeller, sinistramente implicati nell’ascesa di Hitler (e nel nascente sionismo), ben sapendo che il dittatore nazista avrebbe sterminato milioni di ebrei: era il mostruoso prezzo necessario per ottenere poi lo Stato di Israele? Incubi e interrogativi storici a parte, dell’immenso potere di quelle famiglie parla anche il professor Pietro Ratto nei suoi recenti saggi, che rivelano l’incredibile pervasività (purtroppo attualissima) della George Sorosloro influenza, persino nell’odierna editoria scolastica validata dai ministeri attraverso commissioni, strutture e aziende di cui non parla mai nessuno. Ma quei nomi così famosi – i vituperati Rothschild, tanto per cambiare – potrebbero essere solo la vetta dell’iceberg, la parte visibile.

Chi sono e cosa vogliono, quelli che Cianti chiama “i nostri mandriani”? Lo spiega lo stesso Attali, nella sua “Breve storia del futuro”, «libro che anticipa le mosse dei “mandriani” fino al 2100», fornendo «una descrizione terrificante delle loro intenzioni nonché l’evidenza di una straordinaria assenza di empatia, mista a follia e delirio di onnipotenza». L’umanità ridotta a formicaio pilotabile, prevedibile? Il genere umano eventualmente anche sterminabile, all’occorrenza, con le pratiche più insospettabili? Cianti menziona il cibo cancerogeno, i medicinali-killer e l’imposizione di vaccini pieni di alluminio e altri metalli pesanti, come quelli che scendono dal cielo, da una ventina d’anni, diffusi nella bassa atmosfera dalle strane scie bianche rilasciate dagli aerei di linea. Di fronte a questo, il mainstream grida immancabilmente al complottismo, fingendo di non sapere che le teorie più eretiche (incluse quelle bislacche e ridicole) nascono proprio dal silenzio ufficiale, dalla ostinata reticenza di chi dovrebbe fornire spiegazioni convincenti dei fenomeni che allarmano la popolazione. Peccato che sia lo stesso sistema dei media a essere strettamente detenuto da pochissime mani.

Oltre a controllare Intesa SanPaolo e Unicredit, scrive Cianti, la filiera Rothschild («connessa agli Agnelli-Elkann e ai Caracciolo») è presente in Facebook, in Telecom Italia, nell’agenzia “Reuters”, nel francese “Libération”, nei britannici “Daily Telegraph” e “The Economist”. Sempre secondo Cianti, il gruppo Rcs (Rizzoli e “Corriere della Sera”) è invece appannaggio della scuderia Rockefeller, mentre il gruppo Sassoon controllerebbe “Sunday Times” e “The Observer”. Stessa musica per i grandi network televisivi internazionali. In Italia, aggiunge Cianti, «appartiene al “cluster” anche Carlo De Benedetti», fondatore del gruppo “Espresso-Repubblica”, che «ha alle spalle Lazard e Lehman Brothers». Un’unica discendenza, addirittura, collegherebbe gli attuali Master of the Universe? «La risposta definitiva – ipotizza Cianti – potrebbe venire dall’Us Trust Corporation, istituita a suo tempo da Walter Rothschild», che però è inaccessibile alla consultazione pubblica. «Secondo alcuni “insider” – aggiunge l’autore del saggio – si tratterebbe di otto-dieci linee di sangue millenarie». I nomi? Goldman Elisabetta d'InghilterraSachs, Rockefeller, Lehman e Kuhn-Loeb di New York. Poi i Rothschild di Parigi e Londra. Poi gli inglesi Windsor, già Sassonia-Coburgo-Gotha, insieme ai Warburg di Amburgo, ai Lazard di Parigi, alla dinastia Israel Moes Seif di Roma.

Si tratta di «famiglie che da sole posseggono tutte le banche e le corporation del mondo, attraverso un sistema di scatole cinesi: il vertice della piramide, totalmente “ashkenazi”, resta estremamente ristretto e al di fuori di ogni forma di controllo». Gioielli della collezione, dagli Usa all’Europa fino alla Cina, le superpotenze bancarie: Hsbc Holding, Bnp Paribas, Jp Morgan, Icbc Bank of China e Agricoltural Bank of China, Wells Fargo, Bank od America, China Construction Bank. In generale, scrive Cianti, il meccanismo del big business «riguarda tutti i settori industriali strategici: cibo ed energia, farmaci, armi, informazione e intrattenimento, ma anche droga e traffico di esseri umani e di organi». Il volume mastodontico dell’attuale sistema iper-capitalista e neoliberale, interconnesso dalla globalizzazione, lo fornisce ad esempio il database Orbis 2007, che (come documenta uno studio svizzero pubblicato nel 2011 da “Plos One”) ha passato al setaccio qualcosa come 37 milioni di aziende e investitori globali. Le strutture che detengono il 97% della ricchezza del pianeta, riassume Cianti, sono soltanto 147: in cima alla classifica Barclays, Capital Group Companies, Frm Corporation, Axa Assicurazioni, State Street Corporation, Jp Morgan, Legal General Group, Vanguard Group, Ubs e Merrill Lynch.

«Una rete capillare ed estesa, di soggetti che si posseggono a vicenda». Blackrock, «il più grande fondo d’investimento del pianeta, fondato da Lawrence Fink (ashkenazi) ha tra i maggiori azionisti Pnc Financial Service, Norges Bank, Vanguard, Bank of America, Wellington Management Group». A sua volta, Jp Morgan è gestita da Vanguard e Blackrock, insieme a State Street, Bank of New York e altri soci. Sempre le stesse aziende possiedono anche il colosso farmaceutico Merk. La notizia? Secondo Cianti, il vertice è costituito da consanguinei, tutti discendenti dell’ipotetica, originaria super-razza, quella che già agli albori della civiltà inventò il “debito inestinguibile”. Dalla Mesopotamia si arriverebbe tranquillamente fino ai veri campionissimi del terzo millennio, come il sudafricano Elon Musk, fondatore della Tesla, e il fenomenale Mark Zuckerberg, Mark Zuckerberg e la moglie, Priscilla Chanl’enfant prodige di Facebook. A proposito, chi c’è nell’azionariato del social network che “scheda” oltre due miliardi di esseri umani? «Sempre gli stessi: Vanguard e Blackrock, Frm-Lcc, State Street Corporation, Prince T Rowe, Capital World Investors».

Globalizzazione? Termine in uso dagli anni ‘80, quando si pianificò l’abolizione dei dazi per merci e capitali. Ma, stando a Cianti, non sarebbe che l’ultimo passaggio tecnico del mondialismo ante litteram perseguito dal misterioso “cluster” del super-sapiens, fin dagli albori della nostra storia. Possibile? L’autore invita a riflettere sul vero significato dell’agenda dell’Onu, organismo – pochi lo sanno – poderosamente finanziato da donatori privati (sempre loro, i mattatori del superclan). Mondialismo mercantilista, che dichiara guerra alle identità – di genere, nazione, religione – per omologare la “mandria” che popolerà l’Iper-Impero dopo l’imminente declino della potenza Usa. Un “impero totale” esteso in ogni continente «con la sola eccezione della Russia, che per ora resiste ma finirà accerchiata da America, Europa, Cina e India». Viaggia sempre verso ovest, dunque, il super-sapiens di cui parla Cianti? Lo conferma, secondo l’autore, il matrimonio di Zuckerberg: «Sua moglie, Priscilla Chan, è nata negli Usa da genitori rifugiati Hou, un gruppo minoritario di usurai cinesi del Vietnam». Gli Hou, scrive Cianti, discendono dagli “ashkenazi d’Oriente” come la famiglia Li (o Lee), che duemila anni fa, al tempo della dinastia Zhou – introdussero la moneta cartacea.

Oggi, come dire, si sono portati avanti col lavoro: «Già legati a Mao Tse-Tung, hanno espresso presidenti cinesi come Li-Peng e Li-Xinnian. Oggi, Lee Kwan Yew è il presidente di Singapore». Un altro esponente della dinastia, Li Ka-Shing, secondo “Forbes” ha un patrimonio di 4 miliardi di dollari, mentre Li Kwok-Po gestisce la Bea (Banca dell’Est Asiatico) agendo «in collegamento coi Warburg e restando in ottimi rapporti coi Rothschild, i Rockefeller e i Bush». La nuova corsa all’Ovest, assicura Cianti, vede una strana migrazione: i boss dell’impero digitale della Silicon Valley ormai puntano verso la Nuova Jacinda Ardern con Hillary ClintonZelanda, che sta diventando «il santuario dei super-sapiens ashkenazi». Il passaggio dalla California all’Oceania «sarà seguito dallo spostamento degli iper-nomadi dell’Ordine Mercantile Usuraio in una sede geograficamente più vicina ai loro nuovi affari, cioè il subcontinente indocinese».

La Nuova Zelanda? Un’area scarsamente abitata e pressoché intatta, dal punto di vista naturalistico. Il resto del mondo, invece – prevede Cianti, in modo apocalittico – sarà «costretto a condizioni invivibili, catastrofi climatiche, epidemie indotte, crollo dell’ordine pubblico, terrore nucleare e collasso della civiltà». Le isole dell’Oceania «saranno l’ultimo rifugio: il nuovo santuario dell’élite, sicuro e  intoccabile». Scrive Cianti: «Centinaia di tecno-plutocrati e finanzieri stanno acquistando terreni in queste isole per costruire lussuose ville-bunker. Il Deep State, cioè il vero potere dell’impero americano, ha già creato il governo del “santuario”: si tratta di una oligarchia socialista, che li accoglierà garantendo loro sicurezza, anonimato e impunità». L’attuale primo ministro neozelandese, la trentanovenne Jacinda Ardern, già leader dell’Unione internazionale della gioventù socialista, «è una creatura di Hillary Clinton, che le ha fatto da mentore nella carriera politica», guidandone l’ascesa.

Il recente attentato di Christchurch contro le moschee musulmane, lo scorso marzo – aggiunge Cianti – era una classica “false flag” (con morti reali) escogitata «per testare la rapidità con la quale si riesce a far sparire da Internet ogni testimonianza diretta di una strage», e ha fornito «il pretesto per disarmare immediatamente tutti i civili del paese». E’ già una specie di bunker, la Nuova Zelanda: «Per risiedervi sono necessari beni per milioni di dollari, oppure bisogna essere cooptati in quelle ristrettissime liste di personale di servizio necessario al sistema. Ogni altra forma di immigrazione è proibita e immediatamente repressa», alla faccia della politica di accoglienza (quella che oggi, per dire, viene imposta all’Italia). Allucinazioni fantapolitiche? Non proprio: nel suo ponderoso volume, ad ogni pagina, l’autore acclude note, link, riferimenti, Giovanni Angelo Cianticitazioni. “Benvenuti all’inferno” si inserisce nella recente letteratura divulgativa che tenta di dare risposte ai pesanti interrogativi del presente, rileggendo la storia antica e provando a sincronizzarla con l’attualità.

E’ l’ennesimo catastrofista, Angelo Cianti? In realtà si mostra ottimista rispetto alle possibilità del libero arbitrio. Non smette di credere nel sapiens, in fondo. E infatti sogna di rinaturalizzare l’Appennino con il suo Evo Village Project, presentato nel 2018 al ministro dell’agricoltura Gian Marco Centinaio. Obiettivo: ricolonizzare i versanti con una rete di ecovillaggi, verso un’economia sostenibile e slegata dalle catene del sistema-debito. La sua tesi sul ruolo dell’ipotetico super-sapiens rischia di apparire fin troppo facilmente demonizzante, col risultato di introdurre discriminazioni “etniche” e scoraggiare i lettori, posti di fronte a un avversario super-umano e quindi invincibile? Intanto, è notevolissimo lo sforzo compiuto dall’autore nel collegare realtà in apparenza lontane fra loro, nel tempo e nella geografia planetaria. Uno stimolo per farsi domande, allargare la mente e verificare connessioni, scovando strane coincidenze nel ricorrere, invariabile, delle medesime “famiglie” che – come si può vedere – in molti casi detengono da secoli (da millenni, secondo Cianti) le redini del globo. Dinastie che mostrano la straordinaria capacità di rendersi invisibili, mimetizzandosi nella società – magari anche a spese dei veri israeliti, di cui si parla spessissimo a sproposito.

(Il libro: Giovanni Angelo Cianti, “Pianeta Terra, benveuti all’inferno! Passato, presente e probabile futuro della mandria umana”, Evo Editorial, 401 pagine, euro 27,78 su Amazon).

FONTE: https://www.libreidee.org/2019/07/ashkenaz-il-super-sapiens-che-ci-schiavizza-con-la-finanza/

 

 

 

Apuleio, fin dove si può trasgredire per conoscere l’altro (e se stessi)?

 – Francesco Roat

Feltrinelli traduce e ripubblica “La favola di Amore e Psiche” di Apuleio, con testo latino a fronte. L’anelito dell’anima è rivolto alla conoscenza

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A. Canova, Amore e Psiche (1787-93), particolare

Apuleio ‒ l’autore in lingua latina, d’origine nordafricana, più illustre del II secolo d.C. ‒ ancora oggi è noto per la sua opera principale: le Metamorfosi (o L’Asino d’oro), sorta di protoromanzo dalla trama complessa, entro cui gemmano digressioni narrative che danno origine a svariati racconti e novelle, una delle quali però non ha nulla a che fare con tutte le altre storie del libro.

Si tratta de “La favola di Amore e Psiche”, incastonata come una pietra preziosa al centro del romanzo, di ampiezza e soprattutto di caratura letteraria maggiore rispetto ai capitoli che la precedono o la seguono. E bene ha fatto la casa editrice Feltrinelli a pubblicare questa narrazione ‒ con testo latino a fronte, per quanti l’hanno studiato al liceo e possono gustare le prelibatezze linguistico-espressive di Apuleio ‒, tradotta magistralmente/vivacemente da Stella Sacchini e arricchita da una puntuale postfazione di Alessio Torino.

Siamo dunque al cospetto di una vera e propria favola, che si apre (un po’ come la Biancaneve dei fratelli Grimm) all’insegna dell’invidia da parte di una figura femminile nei confronti di un’altra, perché ritenuta troppo bella. Qui non è una regina a rodersi per la pulcritudine della sua figliastra, bensì Venere, decisa a punire l’avvenente Psiche: adorata dal popolo più che la stessa dea. E dovrebbe essere il figlio di questa, Cupido/Amore, a mettere in atto la vendetta, facendo innamorare la ragazza del maggiormente abietto tra gli uomini.

Ma Cupido finisce per invaghirsi di Psiche, che egli rapisce e ne fa la propria sposa, imponendole tuttavia un divieto: lei non dovrà mai vederlo e i due potranno incontrarsi solo di notte, al buio, nel talamo nuziale. Ovviamente Psiche non obbedisce all’ingiunzione e Amore è costretto ad abbandonarla, finché la giovane ‒ dopo aver superato una serie di difficili prove ‒ verrà perdonata, riaccolta da Cupido e assunta persino tra gli dei.

Questa, in estrema sintesi, la trama di una storia che ha tutte le caratteristiche degli antichi racconti fiabeschi, così bene analizzati nel celebre saggio di Vladimir Propp Morfologia della fiaba (Einaudi), i quali altro non sarebbero che la narrazione fantastica delle arcaiche modalità di iniziazione tribale a cui i/le giovani dovevano sottoporsi per poter entrare a far parte degli adulti e quindi sposarsi, creando in tal modo una nuova cellula germinativa sociale: la famiglia. Gli/le adolescenti venivano pertanto allontanati dal villaggio e sottoposti a compiti da svolgere e/o prove da superare; solo una volta compiuto tutto ciò essi potevano far ritorno e venire poi reintegrati nella collettività di provenienza.

Anche Psiche è un’adolescente la quale, per poter divenire da fanciulla donna e giungere a una vera unione matrimoniale con Cupido, dovrà affrontare con successo una serie di difficoltà, che rappresentano per lei giusto una sorta di iniziazione, patita al fine di transitare dall’innamoramento all’amore, per dirla con Alberoni. In un certo senso Psiche deve guardare in faccia Amore per crescere, deve conoscerlo quale egli è davvero al di là degli amplessi, pur se intensamente passionali. A nutrire una relazione autentica e duratura, in effetti, non basta il miele della mera sessualità.

È altresì opportuno sottolineare che pure Cupido ‒ giovane come la sua compagna ‒ sia qui costretto a una evoluzione. Egli dovrà liberarsi dalla sudditanza infantile rispetto alla madre, e disubbidire a Venere, proprio come Psiche disubbidisce al divieto di scoprire chi è davvero il partner che si limita a giacere con lei per qualche ora nella notte. Ambedue i protagonisti sono costretti a maturare, in una metamorfosi che li fa consapevoli di se stessi e di chi rappresentano l’uno per l’altra alla luce del sole, ovvero al di fuori dei sogni e delle fantasticherie adolescenziali.

Così la curiositas di Psiche, che con una lampada illumina Cupido scorgendone le fattezze per la prima volta, non è banale curiosità ma desiderio di sapere. Infatti anelito dell’anima umana (psyche, in greco vuol dire appunto anima) è da sempre conoscere, apprendere nuove cose, uscire dal noto per aprirsi all’ignoto. Talvolta anche tramite una trasgressione; non dimenticando il significato etimologico di questo termine che indica l’atto di andare al di là, di procedere oltre; ed è perciò lecito ai giovani ‒ anzi direi, indispensabile ‒, varcare quantomeno i limiti angusti di consuetudini, conformismi o perbenismi, se vissuti come impedimenti alla propria autonomia esistenziale e alla propria crescita.

Ma giungere a sapere cosa davvero vogliamo e chi siamo è compito arduo. Bisogna prima investigare a fondo la nostra interiorità, esplorandone le sue zone oscure e misurandoci con fragilità, difetti, ambivalenze, paure e desideri inquietanti. Occorre sul serio una catabasi: una sofferta discesa agli inferi (che è quanto sarà costretta a fare Psiche come ultima difficile impresa); per quanto essi ‒ fuor dal mito ‒ siano costituiti dall’inconscio e dai demoni che lo abitano. Occorre dunque guardare in faccia senza tema quel mostro che è poi, junghianamente, l’Ombra presente in ognuno di noi, scoprendo che il suo è il nostro volto. Solo dopo sarà possibile l’anabasi, l’ascesa, ed elevarci alla dimensione della maturità/autenticità, che comporta sempre saper dare e ricevere amore.

FONTE:https://www.ilsussidiario.net/news/letture-apuleio-fin-dove-si-puo-trasgredire-per-conoscere-laltro-e-se-stessi/2006837/

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Perché a Bergamo e non nella metropoli di Milano?

 

Lisa Stanton 31 03 2020

Sembra strano, ma in Italia nel 1° trimestre del 2020 le morti sono diminuite (167.400) rispetto al 1° trimestre del 2019 (185.967). In Italia si registrano meno decessi rispetto all’anno precedente, tranne che in Lombardia e più precisamente a Bergamo e provincia dove i decessi sono aumentati di 4/5 volte. https://www.italiaora.org/

Perché?

I media attribuiscono questa escalation di decessi al coronavirus, ma perché proprio a Bergamo e non a Milano se la viralità in una metropoli è in genere più contagiosa? Cosa c’è a Bergamo che la pone al centro di un’epidemia?

A Bergamo nei mesi precedenti (gennaio e febbraio 2020) l’epidemia dovuta al coronavirus c’è stata una campagna di vaccinazione per meningite a cui hanno aderito oltre 20.000 cittadini del bergamasco. Sempre a Bergamo da novembre 2019 è iniziata una campagna di vaccinazione antinfluenzale per ben 185.000 dosi, circa 150.000 cittadini vi hanno aderito, tanto che Bergamo è annoverata tra le città più vaccinate d’Italia.

In Lombardia in questi mesi è iniziata la sperimentazione per implementare la tecnologia 5G e Bergamo rientra nelle aree sottoposte a sperimentazione.

A tanto possiamo aggiungere la campagna irresponsabile messa in atto dal sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, il quale ha per oltre un mese banalizzato sull’epidemia, salvo chiedere scusa pubblicamente la scorsa settimana.

Stando ai dati sopra riportati è quanto meno d’obbligo un’inchiesta che indaghi sulle reali cause di tali e tanti decessi, se queste sono dovute esclusivamente al coronavirus o se ci sono state concause che hanno determinato l’incremento di decessi in quest’area.

L’inchiesta è doverosa anche in relazione al fatto che i casi stimati di decesso per coronavirus dall’Istituto Superiore della Sanità ad oggi sono soltanto 16, tutti gli altri decessi sarebbero dovuti a molteplici cause fra cui anche il coronavirus.

La prospettiva che il Covid19 sia un false flag non è che sia meno preoccupante, vaccini e 5G sono cause di morte che non ci vendono come tali.

https://www.facebook.com/100000248554468/posts/3091429427541979/

 

 

 

Allarme interferenze straniere sull’Italia. Ora interviene il Copasir (per fortuna)

27 MARZO 2020
La denuncia di Raffaele Volpi, presidente del Copasir: diverse entità statuali esterne al lavoro per promuovere campagne di disinformazione online sul coronavirus contro l’Italia

La pandemia di coronavirus viaggia parallelamente all’infodemia generata attorno al Covid-19 per distorcere la realtà e influenzare il dibattito pubblico. A inizio mese l’Organizzazione mondiale della sanità aveva lanciato l’allarme a livello globale, ora il Copasir conferma che simili attività sono in corso nel nostro Paese: in questa fase di emergenza “entità statuali esterne” stanno facendo disinformazione on line con una “una campagna infodemica che vede nei Paesi dell’Unione europea, e nell’Italia come obiettivo non secondario, il proprio target”, ha spiegato il presidente Raffaele Volpi, informando che il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica “ha investito l’onorevole Enrico Borghi di una prima ricognizione sull’argomento”.

Il tema, ha spiegato Volpi, è stato affrontato dal Copasir il 25 marzo. “Le caratteristiche dell’azione in corso, condotta secondo modalità già oggetto nel recente passato di comunicazioni da parte dell’European External Action Service dell’Ue possono essere ricondotte all’azione di entità statuali esterne”. Per questo il Copasir, conclude Volpi, “esprime il proprio sostegno all’azione in corso da parte degli apparati di sicurezza nazionali, finalizzato a salvaguardare e rafforzare i livelli di contrasto alle minacce ibride nei confronti dell’Italia e dei propri alleati”.

Così il Copasir, che già si muove sul fronte del golden power come raccontato da Formiche.net, ha deciso di accendere un faro anche sulle campagne di disinformazione che stanno colpendo il nostro Paese in questi giorni così delicati di un marzo che si era aperto con le fake news di matrice russa sulla missione sull’esercitazione Defender Europe della Nato. 

Un recente brief il Soufan Center di New York (qui analizzato su Formiche.net) individua un’infodemia in corso contraddistinta da “una combinazione di disinformazione, attacchi informatici e una carenza di leadership politica” che “amplifica la minaccia rappresentata dalla diffusione” del coronavirus. Che pone rischi di due tipi agli Stati Uniti scriveva il Soufan Center, ma a tutti i Paesi occidentali: da una parte per il sistema sanitario, dall’altra per la sicurezza nazionale. 

Negli ultimi giorni si è fatto sempre più acceso il dibattito tra gli esperti sulle tattiche che la Cina ha preso in prestito dalla Russia per la sua campagna di disinformazione. Secondo Laura Rosenberger, direttore dell’Alliance for Securing Democracy e senior fellow del German Marshall Fund, ci sono tre tattiche “che Pechino ha applicato nella sua campagna propagandistica sul coronavirus che ricordano chiaramente la strategia russa”:  la diffusione di “teorie del conflitto multiplo”, l’amplificazione di “siti web complottistici”, e l’uso coordinato di account Twitter di diplomatici e ambasciate, assieme ai media del regimi, per dare più spinta alle teorie complottistiche. 

Una poderosa macchina della propaganda messa in piedi non in qualche settimana bensì da diversi mesi, almeno, come ha rivelato ProPublica in un’inchiesta che ha toccato anche la disinformazione cinese sugli “aiuti” alla Cina. Ma ora il Copasir ha deciso di vederci chiaro.

FONTE:https://formiche.net/2020/03/interfenze-straniere-italia-allarme-copasir/

 

 

 

Gli USA insabbieranno il proprio bilancio delle vittime da coronavirus

moonofalabama.org

L’amministrazione Trump aveva usato la nuova pandemia di coronavirus per diffamare quelli che ritiene essere suoi nemici. Ora che gli Stati Uniti sono al centro della pandemia, le accuse e le bugie tornano a mordere.

Il 21 marzo, The Daily Beast aveva denunciato una campagna propagandistica che la Casa Bianca stava lanciando contro la Cina:

Mentre negli Stati Uniti aumentano rapidamente i casi di coronavirus, la Casa Bianca sta lanciando una strategia comunicativa tra più agenzie federali incentrata sull’accusa secondo cui Pechino starebbe orchestrando un “insabbiamento e creando una pandemia globale, secondo due funzionari statunitensi ed un cablogramma governativo ottenuto da The Daily Beast.

Il cablogramma, inviato venerdì ai funzionari del Dipartimento di Stato, illustra in dettaglio la situazione in territorio cinese, compresi i dati sui casi e sulle morti da coronavirus, il contesto commerciale locale e le restrizioni sui trasporti. Ma fornisce anche linee guida su come i funzionari statunitensi dovrebbero rispondere alle domande sul coronavirus e sulla risposta della Casa Bianca in relazione alla situazione cinese.

I punti in discussione sembrano aver avuto origine dal National Security Council. Una sezione del cablogramma recita “Linee guida NSC: Propaganda e disinformazione [da parte dellaRepubblica Popolare Cinese] sulla pandemia del virus a Wuhan.

I media mainstream hanno immediatamente iniziato a diffondere questi nuovi spunti di discussione. Una ricerca su Google News per il termine “insabbiamento della Cina” ora trova 449.000 risultati.

Il 1° aprile Bloomberg è stato arruolato da “funzionari [governativi]” per rafforzare la campagna, attribuendo la notizia di un insabbiamento cinese sul numero dei casi e dei morti ad un “rapporto segreto dell’intelligence statunitense.” È improbabile che possa esistere un rapporto del genere, visto che, il giorno dopo, il New York Times ha riferito che la caccia della CIA ai “numeri autentici” dei morti in Cina era ancora in corso ed era ben lontana dall’aver ottenuto risultati:

Finora, nonostante la frustrazione sia della Casa Bianca che della comunità dell’intelligence, le agenzie, con tutti i loro tentativi, non sono state in grado di raccogliere dati più accurati.

Avevamo usato l’articolo di Bloomberg per spiegare che i dati di mortalità, che la Cina aveva riportato correttamente, sono molto diversi dal numero totale dei decessi, o delle morti in eccesso, causati da un’epidemia. Non vi era stato alcun insabbiamento da parte della Cina, ma solo segnalazioni naturalmente incomplete dei decessi. Il giorno dopo, la BBC aveva pubblicato un articolo esplicativo dello stesso tenore.

Il 3 aprile anche l‘Economist aveva messo in discussione quello che riteneva essere un numero errato di vittime in Italia e in Spagna: Il bilancio delle vittime di Covid-19 appare più alto di quanto suggeriscano le cifre ufficiali. Aveva anche lanciato questa sarcastica accusa di insabbiamento:

Quando l’uragano Maria aveva colpito Puerto Rico, nel 2017, l’America aveva registrato solo 64 morti. Uno studio successivo aveva scoperto che l’aumento complessivo dei morti era stato di quasi 3.000 persone. Molti erano deceduti negli ospedali rimasti senza energia elettrica.

Le morti in eccesso causate da Covid-19 in alcune aree della Spagna e dell’Italia sembrano essere fino a tre volte superiori rispetto a quelle dichiarate ufficialmente.

Dato che gli Stati Uniti sono attualmente nella fase catastrofica dell’epidemia, i media si stanno finalmente accorgendo che le loro affermazioni su un “insabbiamento” da parte della Cina sono una stupidaggine.

Oggi, sia il New York Times che il Washingon Post riferiscono che gli Stati Uniti stanno “nascondendo” il numero di morti dovuti alla pandemia all’interno dei propri confini. Il titolo del New York TimesGli Stati Uniti stanno sottostimando il numero di persone morte nella pandemia, dicono gli esperti.

I medici ora ritengono che alcuni decessi a febbraio e all’inizio di marzo siano stati probabilmente mal diagnosticati come semplice influenza o certificati come polmonite.

Anche in circostanze normali, gli esperti di salute pubblica affermano che occorrono mesi o anni per avere dati precisi sulle morti dovute ad epidemie infettive.

Il titolo del Washingon PostIl bilancio delle vittime del coronavirus: gli Americani quasi sicuramente muoiono di covid-19 ma vengono esclusi dal conteggio ufficiale.

I Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie [CDC] contano solo i decessi in cui la presenza del coronavirus è confermata dai test di laboratorio. “Sappiamo che si tratta di una sottostima,” ha riferito la portavoce dell’agenzia, Kristen Nordlund.

La diffusa carenza di test verificatasi nelle prime settimane dell’epidemia statunitense ha fatto sì che molte persone morte a causa di patologie respiratorie fossero escluse dal conteggio, dicono gli epidemiologi. Anche ora, alcune persone che muoiono a casa o in case di riposo sovraffollate non vengono sottoposte al test, secondo i direttori delle agenzie di pompe funebri, i medici legali e i funzionari delle case di riposo.

Gli Stati Uniti hanno già “insabbiato” il numero di vittime di Covid-19 non facendo tutti i test necessari. E il CDC statunitense ora farà esattamente ciò che la Cina aveva fatto durante l’epidemia nella provincia di Hubei. Riferirà solo i casi confermati e i loro decessi. Questo è esattamente il tipo di “insabbiamento” di cui gli Stati Uniti hanno accusato la Cina.

Un’altra storia sul Covid-19 era stata usata per denigrare l’Iran, quando il Washington Post aveva deriso il paese per le file di tombe appena scavate a Qom che erano “visibili dallo spazio,” proprio come tutto il resto:

A Qom, il centro spirituale dei religiosi sciiti al potere in Iran, più di 846 persone hanno contratto il virus, dicono i funzionari. Tuttavia, il governo iraniano non ha rilasciato un bilancio ufficiale delle vittime di Qom, dove vivono circa 1,2 milioni di persone. Ma video, immagini satellitari ed altri dati open source del cimitero, un vasto complesso a sei miglia a nord del centro città, suggeriscono che il numero di persone colpite dal virus è significativamente più alto rispetto alla cifra ufficiale.

Ora le file di tombe “visibili dallo spazio” stanno arrivando negli stessi Stati Uniti. Un membro del consiglio comunale di New York, ha purtroppo annunciato che le vittime dell’epidemia saranno presto sepolte, temporaneamente, nei parchi pubblici:

Mark D. Levine @MarkLevineNYC – 1:33 UTC · Apr 6, 2020

Le famiglie in lutto riferiscono di aver chiamato fino ad una mezza dozzina di agenzie di pompe funebri e di non averne trovata nessuna che potesse prendesi carico dei loro cari defunti.

I cimiteri non sono in grado di gestire il numero di richieste di sepoltura e stanno rifiutandone la maggior parte. 4 /

Non sono solo le morti negli ospedali ad essere in aumento. In un giorno qualsiasi prima di questa crisi, a New York si verificavano circa 20-25 morti domestiche. Ora, nel mezzo di questa pandemia, il numero è di 200-215. *Al giorno*. 5 /

All’inizio di questa crisi siamo stati in grado di fare il test alle persone morte in casa e quindi di avere dati attendibili sul coronavirus. Ma quei giorni sono lontani. Semplicemente, ora non abbiamo la capacità di testare il gran numero di persone che muoiono a casa. 6 /

Ora, solo quei pochi che avevano avuto una conferma dal test *prima* di morire vengono identificati come vittime del coronavirus sul loro certificato di morte. Questo quasi certamente significa che stiamo sottostimando il numero totale di vittime di questa pandemia. 7 /

E, tuttavia, il numero di corpi continua ad aumentare. I congelatori delle strutture OCME di Manhattan e Brooklyn saranno presto pieni. E poi cosa succederà? 8 /

Presto inizieremo “l’interramento temporaneo.” Questo probabilmente sarà fatto usando per le sepolture un parco di New York (sì, avete letto bene). Verranno scavate fosse per 10 bare alla volta.

Sarà fatto in modo dignitoso, ordinato – e temporaneo. Ma sarà duro da affrontare per i Newyorkesi. 9 /

New York continuerà per qualche tempo ad avere un alto tasso di mortalità, mentre in Iran i nuovi casi stanno gradualmente riducendosi di numero. Un bellissimo spettacolo di luci (video) è stato proiettato sulla torre Azadi a Teheran per onorare chi lotta contro il virus.

L’Iran sta inoltre contribuendo alla ricerca sulla malattia.

Uno studio iraniano su larga scala ha scoperto che i tre quarti di coloro che avevano avuto sintomi lievi di Covid-19 avevano anche riferito di una perdita improvvisa dell’olfatto e, talvolta, anche di una perdita del gusto. La capacità di riconoscere gli odori era ritornata solo molto lentamente. Altre ricerche suggeriscono che un tipo specifico di cellule nel bulbo olfattivo potrebbe essere la prima sede di attacco del virus SARS-CoV-2, prima di spostarsi nella gola e poi più in profondità nel corpo. Anche le persone che non si erano ammalate, ma che avevano vissuto con membri infetti della propria famiglia, avevano spesso riferito di una perdita dell’olfatto.

Coloro che sperimentano un’improvvisa perdita dell’olfatto dovrebbero quindi immediatamente isolarsi per non infettare gli altri.

Moon of Alabama

Fonte: moonofalabama.org
Link: https://www.moonofalabama.org/2020/04/us-will-cover-up-its-own-coronavirus-death-toll.html#more
06.04.2020

FONTE:https://comedonchisciotte.org/gli-usa-insabbieranno-il-proprio-bilancio-delle-vittime-da-coronavirus/

 

 

 

I medici russi sono spie? Sulla tesi da guerra fredda del quotidiano La Stampa

di Fosco Giannini*

Su Il Corriere della Sera di domenica 5 aprile appare, a pagina 10, un trafiletto dal titolo: “Contro La Stampa. L’attacco russo al giornalista. La Fnsi: grave”. Vale la pena riproporre il breve articolo annunciato dal titolo, ai fini della ricostruzione di una vicenda probabilmente sconosciuta ai più e che certo non depone a favore di quella parte -vasta, importante e di portata nazionale- della stampa italiana che invece di utilizzare l’arma del racconto oggettivo dei fatti s’inchina in modo servile e becero ai suoi proprietari, ai gruppi capitalistici che ne determinano la linea ed il pensiero politico, sino alla meschina genuflessione.

L’articolo dice così: “Lo scontro tra la Russia e il quotidiano La Stampa- iniziato a fine marzo, dopo alcuni articoli del giornalista Jacopo Iacoboni che hanno messo in discussione le finalità reali della missione militare in aiuto per l’emergenza Covid-19 – è sfociato in un inedito monito del governo di Roma: pur ringraziando Mosca per il sostegno che sta dando, i ministeri di Esteri e Difesa hanno invitato i rappresentanti delle istituzioni russe al “rispetto della libertà di stampa”. A far esplodere il caso diplomatico è stato il comunicato del portavoce della Difesa russa, il generale Igor Konashenkov, che ha accusato il quotidiano di “russofobia” e di “fake news” e ha concluso la sua nota con quella che è stata letta come un’intimidazione: “Qui fodit foveam, incidit in eam” ( Chi scava la fossa al prossimo potrebbe finirci dentro). Al generale russo ha risposto il direttore de La Stampa, Maurizio Molinari, che ha parlato di “mancato rispetto per il diritto di cronaca” e di “espliciti insulti”. È intervenuta anche l’Fnsi, il sindacato dei giornalisti, per denunciare “il grave attacco”. A questo punto, anche il governo è intervenuto con la nota congiunta dei ministeri di Esteri e Difesa”.

Citare questo articolo del CorSera ci serve per introdurre l’intera questione relativa agli aiuti russi in Italia contro il coronavirus e il commento violento e da “guerra fredda” del quotidiano La Stampa di Torino rispetto a questi aiuti. Ma, intanto, va registrato il tono molto più asciutto e privo di rabbia ideologica reazionaria che il CorSera (che ogni volta che riporta le accuse antirusse de La Stampa le mette tra virgolette) ha avuto, nel rievocare la questione, rispetto, come vedremo, a quello forsennato quanto sguaiato (simile a quello dei peggiori tabloid scandalistici inglesi di quart’ordine) de La Stampa. Se ricordiamo che il CorSera è di proprietà della RCS Mediagroup, di cui fanno parte l’Eni, Mediaset, Intesa San Paolo, altri importanti Istituti Bancari e la Snam (il grande Gruppo di importazione, lavorazione e redistribuzione del gas, anche russo) possiamo più facilmente capire i motivi, capitalistici ma anche legati agli interessi nazionali, della differenza di linea tra lo stesso quotidiano milanese e quello torinese rispetto ai fatti di cui stiamo parlando. Oltretutto, nello stesso CorSera di domenica 5 aprile, a pagina 11 (“a specchio” di quella 10 già citata) appare un altro trafiletto in cui il ministro Di Maio, parlando degli aiuti internazionali di questa fase all’Italia, ribadisce chiaramente che “Senza questi aiuti non ce la faremmo”. Ed è difficile pensare che un giornale prestigioso come il CorSera abbia pubblicato casualmente, in pagine successive, due trafiletti così diversi tra loro…

Ma veniamo ai fatti. Domenica 22 marzo atterrano all’aeroporto militare di Pratica di Mare (provincia di Roma) i primi 9 (alla fine saranno 15) Ilyushin – IL-76MD russi. Il volo russo d’aiuti è innanzitutto il prodotto della storica solidarietà attiva prima sovietica poi russa ai popoli in gravi difficoltà, alla quale si è aggiunta la forte interazione intercorsa in questa fase tra il presidente del Consiglio Conte e Putin. Ad accogliere gli Ilyushin a Pratica di Mare sono il ministro degli Esteri Di Maio, il Capo di Stato Maggiore della Difesa Generale Vecciarelli e l’ambasciatore russo in Italia, Sergey Razov. È Di Maio a ringraziare con grande enfasi l’atto solidale del governo russo. Dagli arerei militari russi scendono circa 160 tra medici, virologi che hanno già combattuto contro la peste suina e l’ebola in Africa, operatori sanitari, tecnici della sanificazione, oltreché grandi camion militari trasformati in ambulatori mobili per le prime visite mediche, i prelievi, i tamponi; scendono i macchinari per la sanificazione degli ambienti, gli strumenti di ventilazione per l’ossigeno e altro -imponente in numero- materiale sanitario.

Il personale russo, i camion, i macchinari, le attrezzature non partono immediatamente per Bergamo e provincia (loro certo non facile – possiamo dire eroica? – destinazione). Partono alla volta del bergamasco successivamente, assieme al personale militare e medico-militare italiano. Uno stesso comunicato dell’Ansa ci dice che il 24 marzo i medici e gli specialisti russi entrano in azione ad Albino, provincia di Bergamo e una loro squadra di sanificazione e disinfestazione interviene nelle due strutture RSA della Fondazione per anziani Honegger e che il personale russo è immediatamente impiegato sia negli ospedali da campo del bergamasco che nelle stesse strutture ospedaliere e che inizia una stretta collaborazione sia con i medici ospedalieri della sanità pubblica che con tutto il personale medico e paramedico militare italiano, oltreché con i volontari del Corpo degli Alpini e con i medici di Emergency giunti anch’essi a Bergamo. I medici e il personale russo hanno base nell’ospedale da campo costruito dagli Alpini e due ali della grande struttura sono dedicati proprio ai russi, con la supervisione costante degli stessi Alpini e della direzione sanitaria dei medici civili e militari italiani dell’ospedale Papa Giovanni ( rimarchiamo questo passaggio, e cioè l’azione sempre congiunta tra personale medico e paramedico militare russo e italiano, alla luce di ciò che avverrà da qui a poco, e cioè alla luce delle terribili supposizioni – di spionaggio russo- e critiche che avanzerà il quotidiano La Stampa alla delegazione russa).

Nei giorni successivi all’arrivo della delegazione sanitaria russa a Bergamo, infatti, La Stampa, con i giornalisti Jacopo Iacoboni, Natalia Antelava e Cecilia Butini, inizia a pubblicare a più riprese “un’inchiesta” (condotta essenzialmente da Iacoboni) sulla presenza russa in Italia. Forse tutto inizia da un informatore proveniente dalla Gran Bretagna che così “soffia” ai giornalisti de La Stampa: “E’ strano che siano schierati i russi. È vero che questo tipo di truppe di Mosca ha la capacità di decontaminazione, ma anche gli italiani hanno questa capacità, ed è più moderna. È molto strano e non torna: gli italiani sono in prima fila nella difesa delle armi chimiche e biologiche della NATO e non hanno bisogno dei consigli russi: li vedremo anche nelle strade di Londra, dopo?”. Citiamo questa forse primigenia “informazione” perché poi, nel prosieguo della storia, il “centro inglese di informazione” (e soprattutto di disinformazione da guerra fredda) dei giornalisti del quotidiano torinese sembrerà svolgere un ruolo decisivo. Oltre che sull’ “informazione inglese” Iacoboni lavora sulle “rivelazioni” del generale Marco Bertolini, già a capo del Comando 0perativo di Vertice Interforze (COI), già comandante della Brigata Folgore, Presidente dell’Associazione Nazionale Paracadusti e candidato nelle liste di Fratelli d’Italia (non proprio, dunque, una biografia da simpatizzante russo) e dell’ex agente della NATO e già comandante del Joint Chemical, Biological, Radiological, Hamish De Bretton-Gordon che consegna ai media questo profondo e allusivo pensiero politico: “ Non riesco ad immaginare come sia potuto succedere, in un Paese NATO, l’arrivo di militari russi”.

Dall’insinuazione dell’informatore inglese e dalle due “neutrali” testimonianze citate partono i 3 articoli (pubblicati dai giorni successivi all’arrivo dei russi sino alla fine di marzo) dell’“inchiesta” de La Stampa che, come in un davvero scadente giallo poliziesco, inizia ad evocare i più trucidi dubbi da “guerra fredda” o da maccartismo di ritorno. La Stampa, sulla scorta della prima informazione inglese relativa al fatto che le attrezzature antiepidemia italiane, poiché legate alla NATO, sarebbero superiori a quelle russe, si spinge anche ad affermare che, infatti, l’80% delle attrezzature russe sarebbero superate ed inutili, che quasi tutti i medici e gli specialisti russi a Bergamo non sarebbero altro che esperti militari delle guerre biologiche, finché, a partire da queste “constatazioni” e dalle ulteriori “informazioni” del generale Bertolini e dell’agente NATO De Bretton-Gordon , i giornalisti de La Stampa arrivano ad evocare la questione centrale: che in verità la delegazione sanitaria russa sarebbe in Italia, a Bergamo, per svolgere le solite azioni di spionaggio russo nel mondo, che la sua presenza non sarebbe che una manovra per infiltrare personale militare russo e intelligence sul suolo italiano, per acquisire più informazioni e influenza sul nostro Paese.

A questo punto è bene ricordare anche di chi è la proprietà de La Stampa: è del Gruppo Editoriale Gedi, che pubblica anche il Secolo XIX, altre 13 testate locali e, soprattutto, la Repubblica, il giornale al quale il grande capitale italiano affidò il compito di guidare l’ascesa di Achille Occhetto ed il suicidio politico del PCI e affida oggi il compito di primo cane da guardia del filoatlantismo, della mitizzazione della NATO, delle politiche iperliberiste dell’Ue, della “necessaria” costruzione dell’esercito europeo, dell’apologia della democrazia liberale come unica prospettiva per l’umanità e della demonizzazione di ogni Paese posto al di là del confine imperialista e occidentale.

L’imperversare della Stampa non può naturalmente sfuggire all’Ambasciatore della Federazione Russa a Roma, Sergey Razov, che in una lettera aperta al quotidiano torinese del 26 marzo così, tra l’altro, scrive: “La nostra attenzione è stata attirata da due articoli firmati J. Jacoboni, del 25 e 26 marzo c.a. relativi agli aiuti russi all’Italia nella lotta al Coronavirus. A questo proposito vorremmo esprimere alcuni commenti e osservazioni… Il Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana G. Conte nella conversazione telefonica del 21 marzo c.a. ha ringraziato il Presidente della Russia V. V. Putin per gli aiuti tempestivi e imponenti offerti all’Italia in questa difficile situazione. Il Ministro degli Esteri L. Di Maio ha ritenuto opportuno recarsi personalmente all’aeroporto militare di Pratica di Mare per accogliere gli aerei che hanno trasportato gli specialisti russi, i mezzi e le attrezzature, esprimendo la sua gratitudine alla Federazione Russa. Così come hanno fatto per esempio l’Ambasciatore dell’Italia a Mosca P. Terracciano, il Rappresentante dello Stato Maggiore della Difesa L. Portolano e molti altri. In ogni caso il giornalista non avrebbe dovuto disorientare gli stimati lettori in merito alla vera reazione dei vertici ufficiali italiani alle attività della Russia.
Riguardo all’utilità o meno del contenuto degli aiuti russi, ci sembra che sarebbe stato meglio chiedere prima di tutto ai cittadini di Bergamo, dove iniziano a operare i nostri specialisti e i nostri mezzi.
Com’è noto si tratta di una delle città del nord Italia con il maggior numero di infettati, dove sono già morte 1267 persone e 7072 restano positive. I nostri epidemiologi, virologi, rianimatori, su richiesta dei colleghi italiani, cominceranno a lavorare nelle residenze per anziani strapiene della città in cui si è creata una situazione critica per la mancanza di medici e il bisogno di interventi di sanificazione di edifici, locali e mezzi di trasporto. L’autore dell’articolo dovrebbe capire che i militari russi, così come i loro colleghi italiani, andando a operare nell’area loro assegnata, mettono a rischio la propria salute e forse anche la vita.
J. Jacoboni intravede un insidioso secondo fine della Russia nel fatto che siano stati inviati in Italia militari delle forze armate russe, tra i quali anche esperti di difesa nucleare, chimica e biologica.
A titolo di informazione per l’autore e per i Suoi stimati lettori, comunichiamo che i rappresentanti delle truppe russe di difesa nucleare, chimica e biologica, sono gli specialisti più mobili e più preparati con esperienze in diverse regioni del mondo, in grado di prestare assistenza efficace nella diagnosi e nel trattamento dei pazienti, così come nell’esecuzione delle necessarie misure di disinfezione.
Per quanto riguarda il messaggio che spunta dal ragionamento dell’autore e cioè che l’invio di militari russi (a proposito, a titolo gratuito) avrebbe come scopo quello di causare un qualche danno ai rapporti tra l’Italia e i partner della NATO, offriamo ai lettori l’opportunità di giudicare da soli chi e come viene in aiuto al popolo italiano nei momenti difficili. In Russia c’è un detto: «Gli amici si vedono nel bisogno».
E poi, il parallelo tracciato dal giornalista tra l’arrivo in Italia degli specialisti russi e l’ingresso delle truppe sovietiche in Afghanistan nel 1979, concedetemelo, è semplicemente fuori luogo e come si dice non sta né in cielo né in terra”.

La risposta ufficiale de La Stampa all’Ambasciatore russo Razov è davvero goffa e può solo rilanciare, per difendersi, la “veridicità” delle “testimonianze” rilasciate dalla fonte inglese, dall’agente NATO e dal generale italiano. Ma è alla fine della risposta che affiora il nervosismo del quotidiano del Gruppo Gedi, che la butta impropriamente e risibilmente sul piano della difesa della libertà d’espressione: “ Infine, Ambasciatore, la rassicuro, non sussiste alcun dubbio che La Stampa continuerà ad attenersi al principio fondamentale del giornalismo sull’imparzialità e obiettività dell’informazione, come non c’è dubbio che in Italia e a La Stampa continueremo a non farci dire da nessuno cosa un giornalista avrebbe dovuto fare o non fare”.

Ma il “bello”, per così dire, deve ancora avvenire. Il 3 aprile, sul proprio profilo Facebook, il generale russo Igor Konashenkov, interloquisce con La Stampa: “ Abbiamo notato i tentativi della testata italiana La Stampa, in corso ormai da due settimane, di screditare la missione inviata dalla Russia in risposta alla richiesta di aiuto al popolo italiano… Nascondendosi dietro gli ideali della libertà di parola e del pluralismo di opinioni, nei suoi articoli La Stampa manipola i fake russofobi della peggior specie dell’epoca della guerra fredda, citando non meglio definiti “pareri” di anonime “fonti altolocate”. Nel farlo, La Stampa non disdegna di far ricorso a qualunque invenzione di quegli autori, seguendo le linee guida dei manuali di propaganda antisovietica, a quanto pare, non ancora andati distrutti.
Per esempio, le attrezzature russe per la lotta alle infezioni virali inviate in Italia sono state immediatamente definite da La Stampa, citando l’opinione di uno sconosciuto caporale della NATO in pensione, come “inutili”. La maggior parte dei medici ed epidemiologi russi sono stati definiti dalla testata come specialisti di guerre biologiche. Quelli che non hanno avuto l’onore di venire inseriti in questa categoria sono prevedibilmente stati catalogati come emissari dello spionaggio militare russo (GRU).
Nonostante le sensazionali rivelazioni de La Stampa… gli epidemiologi russi stanno eliminando dalla mattina alla sera il Covid-19 nelle residenze per anziani di Bergamo, insieme ai loro colleghi italiani. E i medici militari russi ogni giorno, spalla a spalla con I militari italiani, creano non “reti di agenti”, ma reparti di terapia intensiva per salvare I cittadini italiani colpiti dal virus nella nuova struttura da campo di Bergamo. Tutto questo viene fatto con l’aiuto delle attrezzature e tecnologie russe, giudicate inutili dalle fonti della testata.
Contrariamente ai fake propinati da La Stampa, gli obiettivi della missione russa del 2020 a Bergamo sono concreti, trasparenti e puliti. Si tratta di aiutare il popolo italiano che si è trovato in difficoltà per via della pandemia di Covid-19, senza chiedere nulla in cambio. E il miglior premio per gli sforzi degli specialisti militari russi saranno le vite e la salute salvati…
Per quanto concerne i committenti veri della campagna mediatica russofoba condotta da La Stampa, che ci sono noti, consigliamo loro di imparare un’antica saggezza: Qui fodit foveam, incidet in eam (chi scava una fossa al prossimo potrebbe finirci dentro)”.

Naturalmente La Stampa risponde indignata al commento, umanamente e politicamente molto comprensibile del generale, vista la davvero grave provocazione antirussa e russofobica insita nell’ “inchiesta” del quotidiano torinese. E il giornale scrive, adiratissimo: “Il Comitato di redazione de La Stampa esprime sdegno per il grave attacco del ministero della Difesa russo al nostro giornale e al giornalista Jacopo Iacoboni. Il collega negli scorsi giorni ha pubblicato una serie di articoli sollevando alcuni dubbi sul contingente giunto dalla Russia per aiutare il nostro Paese nell’emergenza coronavirus. Dubbi suffragati da alte fonti politiche e da esperti militari e dell’intelligence. Il rappresentante del ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov, ha accusato La Stampa di manipolare “fake russofobi della peggior specie” e di seguire “le linee guida dei manuali di propaganda antisovietica”. Infine la minaccia al nostro giornale: “Qui fodit foveam, incidet in eam”. Un’autentica intimidazione che ancora una volta conferma – se mai ce ne fosse stato il bisogno – gli strumenti con i quali la Russia controlla l’informazione, e non solo. Ma soprattutto il tentativo inaccettabile di esportare questi metodi fuori dai loro confini, nel nostro Paese, in Europa. Un fatto che rischia di diventare un grave precedente se il nostro Governo non chiederà immediati chiarimenti. E soprattutto le necessarie scuse”.

Quando si dice: la toppa è peggio del buco, nel senso che la risposta del Comitato di redazione, se possibile, rende ancor peggiore e meschina la linea del giornale. I lettori possono leggere da soli il testo di questa risposta, per verificarne la bassezza morale. Due soli punti vorrei mettere a fuoco. Il primo, davvero subdolo: il Comitato di redazione esprime “sdegno per il grave attacco del ministero della Difesa russo al nostro giornale”. È del tutto evidente che le parole del generale Konashenkov, espresse nel proprio profilo Facebook, sono solo parole del generale e non del ministero della Difesa della Federazione Russa, che è tirato in ballo da La Stampa per colpire inopinatamente e disonestamente più in alto. Secondo: è la frase finale citata in latino dal generale ( “Chi scava una fossa al prossimo rischia di caderci dentro”) che ha fatto letteralmente impazzire La Stampa, suscitato la reazione del sindacato dei giornalisti in Italia, la risposta piccata del governo italiano e anche una pronta e violenta reazione antirussa di Matteo Renzi, per quel poco che Renzi conti.

Ebbene, dobbiamo capire: difronte all’attacco vergognoso de La Stampa contro la Federazione Russa (ma il governo italiano, che ha cercato l’aiuto russo, ha fatto finta di niente?) e contro l’atto solidale russo per il popolo italiano, per la gente di Bergamo, il generale Konashenkov è sbottato, non ha resistito alla provocazione, utilizzando il motto latino. Ma, innanzitutto: tale frase, a leggere bene la nota del generale, non è diretta ai giornalisti de La Stampa, ma ai loro committenti inglesi, che Konashenkov afferma “di conoscere bene”. Poi, appunto, dobbiamo comprendere: in Russia, in questa fase, sono già in atto i preparativi per la celebrazione del 75° anniversario della Vittoria sul nazifascismo e la fine della Seconda Guerra Mondiale ( 8 maggio 1945) e lo stesso linguaggio quotidiano è segnato ( specie quello dei militari come Konashenkov) dalla lotta contro il nazifascismo, contro i soldati del Terzo Reich che facevano scavare ( non solo nel territorio sovietico, anche in Italia) ai soldato sovietici e ai partigiani la loro stessa fossa, prima di assassinarli. Da qui, le parole in latino del generale Konashenkov, altroché “un’autentica intimidazione che ancora una volta conferma – se mai ce ne fosse stato il bisogno – gli strumenti con i quali la Russia controlla l’informazione, e non solo. Ma soprattutto il tentativo inaccettabile di esportare questi metodi fuori dai loro confini, nel nostro Paese, in Europa”.

Parole, queste si, che dovrebbero far vergognare chi le ha scritte. E che pongono un grande problema morale e politico: perché La Stampa non denuncia il fatto gravissimo accaduto in questi giorni a Taranto, dove un ospedale da campo della NATO, con 300 posti letto e 100 posti per la terapia intensiva è stato spostato in Lussemburgo, come ha ricordato, per rintuzzare gli attacchi antirussi del giornale torinese, la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zaharova? E come ha denunciato il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, del PD, affermando: “Taranto e l’Italia sono buoni per i militari e i dirigenti della NATO quando devono ingoiarsi l’inquinamento da naviglio straniero e rinunziare ai migliori affacci al nostro mare? Non si poteva informare le Autorità sanitarie locali di una simile infrastruttura, o ancora di più destinarla per esempio alle nostre sorelle e ai nostri fratelli di Bergamo, che stanno soffrendo persino più di noi per l’emergenza sanitaria da Covid-19?”.

* Fosco Giannini è stato direttore de l’Ernesto dal 2005 e senatore della Repubblica italiana dal 2006 al 2008

FONTE:https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-i_medici_russi_sono_spie_sulla_tesi_da_guerra_fredda_del_quotidiano_la_stampa/82_34084/

 

 

 

DIRITTI UMANI

Il report sulle violazioni dei diritti umani negli Stati Uniti nel 2019

18 Marzo 2020

Come ogni anno l’Ufficio d’informazione del Consiglio di Stato della Repubblica popolare cinese pubblica il report sulle violazioni dei diritti umani negli Stati Uniti. Questo testo è molto interessante perché costruito solo ricorrendo a fonti statunitensi.

da: https://www.globaltimes.cn

traduzione di Marco Pondrelli per Marx21.it

Premessa

“Abbiamo mentito, abbiamo imbrogliato, abbiamo rubato … Ti ricorda la gloria dell’esperimento americano”, ha detto il Segretario di Stato americano Mike Pompeo in un discorso del 15 aprile 2019.

Le osservazioni dei politici statunitensi hanno completamente smascherato la loro ipocrisia di adottare due pesi e due misure in materia di diritti umani e di usarli per mantenere l’egemonia.

Gli Stati Uniti sostengono di essere fondati sui diritti umani, affermando di difenderli a livello mondiale. Seguendo un quadro della propria ristretta comprensione dei diritti umani e usando i propri interessi fondamentali per perseguire l’egemonia globale come metro di valutazione, gli Stati Uniti pubblicano annualmente rapporti sui diritti umani di altri paesi, mettendo insieme insinuazioni e dicerie. Questi rapporti distorcono e sminuiscono la situazione dei diritti umani in paesi e regioni che non sono si conformano agli interessi strategici degli Stati Uniti, ma fanno finta di non sentire e di non vedere le persistenti, sistematiche e vaste violazioni dei diritti umani negli Stati Uniti.

Questo rapporto si basa su una serie di dati pubblicati, rapporti e ricerche. I fatti dettagliati nel rapporto dimostrano che negli ultimi anni, soprattutto dal 2019, la situazione dei diritti umani negli Stati Uniti si sta deteriorando.

Gli Stati Uniti sono il Paese con la maggiore violenza armata del mondo. Il numero di uccisioni di massa negli Stati Uniti ha raggiunto il record di 415 nel 2019, con più di una per ogni giorno dell’anno. In totale 39.052 persone sono morte per violenza da armi da fuoco negli Stati Uniti nel 2019. Una persona viene uccisa con una pistola negli Stati Uniti ogni 15 minuti. “Questa sembra essere l’era delle sparatorie di massa”, ha commentato USA Today.

Le elezioni sono diventate un gioco da soldi per i ricchi. La spesa per le elezioni del Congresso del 2018 ha superato i 5,7 miliardi di dollari, rendendo la battaglia per il controllo della Camera e del Senato la più costosa di sempre. Nel 2018 i 10 maggiori donatori individuali hanno versato più di 436 milioni di dollari ai Super PACs (comitati di azione politica) nelle elezioni di metà mandato. La corsa per raccogliere fondi per le elezioni presidenziali del 2020 si sta riscaldando. I candidati hanno raccolto più di 1,08 miliardi di dollari per le elezioni.

Gli Stati Uniti hanno la più grave polarizzazione tra ricchi e poveri tra i paesi sviluppati. L’indice Gini è cresciuto a 0,485 nel 2018, il livello più alto degli ultimi 50 anni. Il 10 per cento delle famiglie più ricche degli Stati Uniti controlla quasi il 75 per cento del patrimonio netto delle famiglie. Il 50 per cento inferiore ha visto sostanzialmente zero guadagni netti di ricchezza dal 1989 al 2018.

Gli Stati Uniti sono attualmente l’unico paese sviluppato in cui milioni di persone soffrono la fame. C’erano 39,7 milioni di persone che vivevano in povertà negli Stati Uniti, secondo i dati dell’U.S. Census Bureau pubblicati nel 2018. In una sola notte dell’anno precedente, più di mezzo milione di americani non avevano un rifugio permanente. Ci sono stati 65 milioni di adulti che hanno scelto di non farsi curare per un problema medico a causa del costo.

I crimini di odio razziale negli Stati Uniti hanno sconvolto il mondo. La supremazia bianca negli Stati Uniti ha mostrato una tendenza alla rinascita. La maggior parte degli arresti per terrorismo domestico sono stati collegati alla violenza della supremazia bianca. Un uomo bianco ha aperto il fuoco e ha ucciso 22 persone in un supermercato Walmart a El Paso, Texas. Il suo movente era l’odio verso gli ispanici. Si è detto che “gli Stati Uniti sono sempre stati nel bel mezzo di una crisi terroristica nazionalista bianca”.

Sparatorie e brutali abusi su afroamericani da parte dei poliziotti sono frequenti. Gli adulti afroamericani hanno 5,9 volte più probabilità di essere incarcerati rispetto agli adulti bianchi. Un relatore speciale delle Nazioni Unite ha definito tali disparità razziali un’eredità della schiavitù e della segregazione razziale.

Il divario razziale in termini di occupazione e ricchezza è impressionante. Negli ultimi 40 anni, i lavoratori di origine africana hanno costantemente sopportato un tasso di disoccupazione circa doppio rispetto ai loro omologhi bianchi. La ricchezza tipica di una famiglia bianca è quasi 10 volte superiore a quella degli afroamericani. Se le tendenze attuali continuano, potrebbero volerci più di 200 anni prima che la famiglia media di origine africana accumuli la stessa quantità di ricchezza dei suoi omologhi bianchi.

L’intolleranza religiosa continua a deteriorarsi. I sondaggi del Pew Research Center hanno mostrato che circa l’82% degli intervistati afferma che i musulmani sono soggetti ad almeno una certa discriminazione negli Stati Uniti. Circa il 64 per cento dice che gli ebrei sono soggetti ad almeno una certa discriminazione negli Stati Uniti. Gli estremisti ispirati dall’ideologia fondamentaliste sono stati responsabili di 249 incidenti antisemiti nel 2018. Un rapporto dell’ONU ha rilevato l’eccezionalità degli incidenti antisemiti violenti negli Stati Uniti.

Gli Stati Uniti hanno la situazione più pericolosa per le donne tra i Paesi ad alto reddito. Nel 2015, uno stupefacente 92% di tutte le donne uccise con armi da fuoco in questi Paesi proveniva dagli Stati Uniti. Le donne negli Stati Uniti avevano 21 volte più probabilità di morire per omicidio da arma da fuoco rispetto alle donne delle nazioni pari. Ogni mese in media 52 donne sono state uccise dal proprio partner. Fino al 70 per cento delle donne statunitensi ha subito violenze fisiche o sessuali da parte del partner nel corso della propria vita.

La povertà infantile è un problema scioccante. Circa 12,8 milioni di bambini americani vivono in povertà e un totale di 3,5 milioni di bambini sotto i cinque anni sono poveri, di questi 1,6 milioni vivono in condizioni di estrema povertà. “Nessun bambino dovrebbe preoccuparsi della provenienza del suo prossimo pasto o se avrà un posto dove dormire ogni notte nella nazione più ricca della Terra”, ha commentato il Children’s Defense Fund in un rapporto, aggiungendo che ancora “circa un bambino su cinque in America vive in povertà e affronta queste dure realtà ogni giorno”.

La povertà tra gli anziani sta diventando sempre più grave. Un anziano su 12 dai 60 anni in su – 5,5 milioni di persone – non ha cibo sufficiente. Circa il 40 per cento degli americani della classe media potrebbe vivere sulla soglia della povertà o in povertà quando raggiunge i 65 anni.

Il trattamento che il governo americano riserva agli immigrati è diventato sempre più duro e disumano. La politica della “tolleranza zero” ha causato la separazione di molti bambini dalle loro famiglie. Le autorità statunitensi per l’immigrazione hanno separato più di 5.400 bambini dai loro genitori al confine con il Messico dal luglio 2017. Un totale di 24 immigrati, tra cui sette bambini, sono morti sotto la custodia degli Stati Uniti dal 2018.

Gli Stati Uniti sono “la nazione più bellicosa della storia del mondo”. Gli Stati Uniti hanno speso 6,4 trilioni di dollari per le guerre che hanno lanciato dal 2001, che hanno causato più di 800.000 morti e hanno prodotto decine di milioni di sfollati.

I. Diritti civili e politici solo di nome

Gli Stati Uniti si presentano come “terra di libertà” e “faro di democrazia”, ma è solo qualcosa di immaginario che inganna il popolo e il mondo. La mancanza di controlli nel diritto di detenere armi ha portato a una violenza dilagante, mettendo in serio pericolo la vita dei cittadini e la sicurezza delle proprietà. Il peggioramento della politica monetaria distorce l’opinione pubblica e rende le cosiddette elezioni democratiche un gioco per i ricchi.

La politica ha portato alla proliferazione delle armi. La produzione, la vendita e l’uso delle armi negli Stati Uniti è un’enorme catena industriale, che forma un enorme gruppo di interesse. Gruppi di interesse come la National Rifle Association hanno fatto grandi donazioni politiche per le elezioni presidenziali e congressuali. Gli svantaggi intrecciati nella politica dei partiti, nella politica elettorale e nella politica monetaria rendono difficile per le autorità legislative ed esecutive fare qualcosa per il controllo delle armi, permettendo solo un deterioramento della situazione. Secondo un rapporto dei media online statunitense dell’11 dicembre 2019, gli Stati Uniti hanno molte più armi di qualsiasi altro Paese e nel 2017 il numero stimato di armi da fuoco di proprietà civile negli Stati Uniti era di 120,5 armi ogni 100 residenti, il che significa che c’erano più armi che persone. Un rapporto del 20 novembre 2019 sul sito web del Center for American Progress dice che una persona viene uccisa con una pistola negli Stati Uniti ogni 15 minuti, citando le cifre relative alle morti per arma da fuoco dal 2008 al 2017. In totale 39.052 persone sono morte per violenza da armi da fuoco negli Stati Uniti nel 2019.

Le sparatorie di massa si sono susseguite una dopo l’altra. Gli Stati Uniti sono il Paese con la peggiore violenza da armi da fuoco al mondo. Le frequenti sparatorie di massa sono diventate un tratto distintivo degli Stati Uniti. Citando i dati del Gun Violence Archive (GVA) , l’edizione online di The Mirror ha riportato il 30 dicembre 2019 che il numero di sparatorie di massa negli Stati Uniti ha raggiunto il record di 415 nel 2019, più di una per ogni giorno dell’anno. Rispetto ai 337 del 2018, 346 del 2017, 382 del 2016, 335 del 2015 e 269 del 2014, il primo anno in cui il VGV ha tenuto i dati. Le tre peggiori sparatorie americane del 2019 hanno avuto luogo a El Paso, Texas, Virginia Beach, e Dayton, Ohio, ed hanno ucciso rispettivamente 22, 12 e 9 persone. “Questa sembra essere l’era delle sparatorie di massa”, ha commentato USA Today in un rapporto online.

Il numero dei crimini violenti è allarmante. Il rapporto “Crime in the United States, 2018”, pubblicato dal Federal Bureau of Investigation (FBI) nel 2019, ha mostrato che nel 2018 si stima che a livello nazionale siano stati commessi 1.206.836 crimini violenti, tra cui 16.214 omicidi, 139.380 stupri, 282.061 rapine e 807.410 aggressioni aggravate. Il rapporto “Criminal Victimization, 2018” pubblicato dal Bureau of Justice Statistics nel 2019 ha mostrato che il numero di vittime di crimini violenti di età pari o superiore ai 12 anni negli Stati Uniti è stato di 3,3 milioni nel 2018, in aumento per tre anni consecutivi.

La sicurezza delle persone è a rischio. Il rapporto “Crime in the United States, 2018” pubblicato dall’FBI ha mostrato che nel 2018 ci sono stati circa 7.196.045 reati contro la proprietà nella nazione, con un tasso di reati contro la proprietà stimato a 2.199,5 per 100.000 abitanti. I reati contro il patrimonio nel 2018 hanno comportato perdite stimate in 16,4 miliardi di dollari. Tra i reati contro il patrimonio sono stati stimati 748.841 furti di veicoli a motore e 1.230.149 furti con scasso. Il tasso stimato di furti di veicoli a motore è stato di 229 per 100.000 abitanti. I veicoli rubati hanno un valore complessivo stimato di oltre 6 miliardi di dollari. Le vittime di furti con scasso hanno subito una perdita di proprietà stimata in 3,4 miliardi di dollari. La perdita media di dollari per ogni furto con scasso è stata di 2.799 dollari.

La cattiva gestione dei casi da parte della polizia ha comportato la perdita di fiducia da parte dell’opinione pubblica. Gli incidenti segnalati al National Incident Based Reporting System (NIBRS) dell’FBI nel 2018 hanno coinvolto quasi 6,6 milioni di reati e quasi 7 milioni di vittime. Il sito web del Pew Research Center ha riportato il 17 ottobre 2019 che negli Stati Uniti nel 2018 è stato cancellato il 45,5% dei crimini violenti e il 17,6% dei crimini contro la proprietà, citando i dati dell’FBI. Molte vittime non hanno denunciato un crimine per la sensazione che la polizia “non avrebbe fatto o non potrebbe fare nulla per aiutare”. Nel 2018, solo il 43 per cento dei crimini violenti e il 34 per cento dei crimini contro la proprietà registrati dal Bureau of Justice Statistics sono stati segnalati alla polizia.

La dignità personale e la privacy dei cittadini sono sistematicamente violate. Secondo un rapporto del 6 dicembre 2019 sul sito web del Dallas Morning News, il Texas ospita otto centri di sorveglianza segreta, che, sostenuti congiuntamente dai dipartimenti federali, statali e locali delle forze dell’ordine, sono stati creati allo scopo di condividere meglio l’intelligence e di monitorare e analizzare meglio i social media e altri forum online. Una decina di anni fa, quando i centri di fusione stavano arrivando online, l’American Civil Liberties Union ha emesso un avvertimento che i centri avevano linee di autorità ambigue e un’eccessiva segretezza. La minaccia, ha dichiarato, per “la creazione di una società di sorveglianza totale”, è reale. Secondo un rapporto dell’U.S. Government Accountability Office pubblicato il 4 giugno 2019, l’ufficio per il riconoscimento dei volti dell’FBI può ora cercare nei database con più di 641 milioni di foto. La metà degli adulti statunitensi – più di 117 milioni di persone – si trova in una rete di riconoscimento facciale delle forze dell’ordine, secondo un rapporto di uno studio della Georgetown University, che solleva seri interrogativi sulle violazioni della privacy e delle libertà civili, in particolare per gli afroamericani.

I disordini nella gestione delle carceri hanno portato a frequenti scandali di abusi. Un rapporto pubblicato sul sito web del Dipartimento di Giustizia il 3 aprile 2019 afferma che le carceri dell’Alabama per gli uomini non riescono a proteggere i prigionieri dalle violenze e dagli abusi sessuali e che di conseguenza i prigionieri subiscono gravi danni, anche mortali. Il sito web del Sun ha riportato il 10 dicembre 2019 che 14 donne stanno facendo causa al complesso correzionale federale di Coleman negli Stati Uniti per abusi sistemici che affermano di aver subito nella prigione. Le accuse di violenza e molestie sessuali dietro le sbarre negli Stati Uniti sono salite alle stelle del 180 per cento dal 2011 al 2015. L’isolamento, che secondo le Nazioni Unite è una forma di tortura, causa gravi dolori, sofferenze fisiche e mentali e può anche portare alla morte. Un’indagine del 2017 sulle prigioni di Stato stima che negli Stati Uniti circa 61.000 prigionieri sono tenuti in isolamento in un giorno qualsiasi, secondo un rapporto del 4 settembre 2019 sul sito web del Guardian.

Le elezioni politiche sono state ridotte a un gioco da soldi. La CNN ha riferito il 7 febbraio 2019 che la spesa per le elezioni del Congresso del 2018 ha superato i 5,7 miliardi di dollari, superando i 5,3 miliardi di dollari spesi durante le elezioni presidenziali del 2008, allora registrate, e rendendo la battaglia per il controllo della Camera e del Senato la più costosa di sempre. La corsa al Senato della Florida è stata la gara più costosa degli esami di metà mandato, con una spesa che ha raggiunto i 209 milioni di dollari. Il candidato vincitore, il repubblicano Rick Scott, ha versato più di 63 milioni di dollari della sua fortuna personale nel concorso. Nel 2018, i 10 maggiori donatori individuali hanno versato più di 436 milioni di dollari ai Super PACs (comitati di azione politica) nelle più costose elezioni di metà mandato di sempre, secondo un rapporto datato 14 agosto 2019 sul sito web della rivista Time. I grandi soldi della politica hanno travolto il processo politico, concedendo ai ricchi interessi speciali più potere ora che in qualsiasi altro momento della recente storia americana, “distorcendo le voci dei cittadini comuni e mettendo a rischio le fondamenta della nostra democrazia”.

La corsa per raccogliere fondi per le elezioni presidenziali del 2020 si sta riscaldando. Secondo i dati pubblicati il 29 dicembre 2019 sul sito della Commissione Federale per le Elezioni, i candidati hanno raccolto più di 1,08 miliardi di dollari per le elezioni presidenziali del 2020 e hanno speso 531 milioni di dollari. Nella sua prima settimana come candidato democratico alle presidenziali statunitensi, secondo un rapporto HuffPost del 30 novembre 2019, Michael Bloomberg ha lanciato una campagna pubblicitaria di oltre 40 milioni di dollari. I candidati presidenziali hanno speso più di 100 milioni di dollari in pubblicità digitali, secondo un rapporto pubblicato dal Center for Responsive Politics il 24 novembre 2019.

L’autodefinita “libertà di stampa” americana è solo di nome. Per la terza volta in tre anni, la posizione degli Stati Uniti in un indice annuale di libertà di stampa è diminuita, ha detto un rapporto pubblicato sul sito web del Washington Post il 18 aprile 2019. I dati rilasciati dal sito web dell’U.S. Press Freedom Tracker il 29 dicembre 2019 mostrano che nel 2019 negli Stati Uniti sono stati attaccati 38 giornalisti, 28 incidenti in cui ai giornalisti è stato negato l’accesso agli eventi governativi, nove giornalisti sono stati arrestati o hanno subito accuse penali. Dal 2017, almeno 54 giornalisti sono stati citati in giudizio o sono stati sequestrati e 36 giornalisti sono stati arrestati mentre coprivano le proteste negli Stati Uniti. L’attuale amministrazione statunitense sta “montando il più diretto attacco alla libertà di stampa della storia americana”, secondo un rapporto datato 12 dicembre 2019 sul sito web del Guardian.

Manifestanti sono stati arrestati per protestare contro le politiche del governo. Gli appelli per la chiusura dell’Immigration and Customs Enforcement (ICE) si sono intensificati da quando il governo statunitense nel 2018 ha attuato la sua politica di “tolleranza zero” sull’immigrazione. Circa 100 manifestanti che chiedevano la fine dell’ICE sono stati arrestati a New York City, secondo un rapporto della CNN dell’11 agosto 2019. Almeno 15 manifestanti sono stati arrestati in una manifestazione organizzata da Greenpeace USA il 12 settembre 2019, secondo un rapporto pubblicato sul sito web di Houston Chronicle. Quasi 40 manifestanti hanno partecipato a una protesta pianificata a Miami il 29 novembre 2019 per un’azione governativa sul cambiamento climatico e un manifestante è stato arrestato, secondo un rapporto sul sito web del Miami Herald.

II. Assenza di una garanzia di base dei diritti sociali ed economici

Dietro la prosperità generale degli Stati Uniti c’è la crudele realtà della grave polarizzazione tra ricchi e poveri del Paese. Il divario nella distribuzione del reddito continua ad aumentare, i costi medici e dell’istruzione continuano ad aumentare, la copertura della previdenza sociale si riduce e la vita delle persone in fondo alla scala sociale è miserabile.

Il divario tra ricchi e poveri ha raggiunto il picco da 50 anni. Nel maggio 2018, Philip G. Alston, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla povertà estrema e i diritti umani, ha pubblicato un rapporto che afferma che gli Stati Uniti hanno il più alto tasso di disuguaglianza di reddito tra i paesi occidentali. Il Washington Times ha riportato sul suo sito web il 27 settembre 2019 che l’indice Gini degli Stati Uniti è aumentato costantemente negli ultimi cinque decenni, citando i dati dell’Ufficio Censimento degli Stati Uniti. L’indice Gini è salito a 0,485 nel 2018, il livello più alto degli ultimi 50 anni. Citando un rapporto della società finanziaria con sede a New York JP Morgan Chase, il sito web di USA Today ha riportato il 26 maggio 2019 che il 10 per cento delle famiglie più ricche degli Stati Uniti controlla quasi il 75 per cento del patrimonio netto delle famiglie. “Il crescente consolidamento della ricchezza nelle mani di pochi è andato oltre ciò che molti americani ritengono giustificato o moralmente accettabile”. La tendenza di base dell’aumento del divario di reddito negli Stati Uniti sta influenzando negativamente il godimento e la realizzazione dei diritti umani. Il sito web del New York Times ha riportato il 10 settembre 2019 che il divario crescente tra ricchi e poveri non solo sta ampliando il divario tra i redditi e la ricchezza in America ma sta aiutando i ricchi a condurre una vita più lunga, mentre accorcia la vita di coloro che stanno in fondo alla scala sociale. La polarizzazione tra ricchi e poveri negli Stati Uniti è una tendenza stabile a lungo termine. La ragione principale di questa tendenza è strutturale, determinata dal sistema politico degli Stati Uniti e dagli interessi patrimoniali rappresentati dal governo americano. Il governo degli Stati Uniti non solo manca della volontà politica di eliminare queste cause strutturali, ma introduce continuamente politiche e misure per rafforzarle. Negli Stati Uniti, “la persistenza della povertà estrema è una scelta politica fatta da coloro che sono al potere”, ha detto Alston, il relatore speciale.

La disuguaglianza nella distribuzione del reddito è in crescita. USA Today ha riferito sul suo sito web il 17 aprile e il 26 maggio 2019 che la disuguaglianza di reddito è un problema crescente negli Stati Uniti, che potrebbe essere il prodotto di fattori quali la stagnazione dei salari della classe media e l’aumento vertiginoso delle retribuzioni dei dirigenti. In alcune delle più grandi e riconoscibili aziende globali, gli amministratori delegati guadagnano in meno di un’ora quanto il loro tipico dipendente guadagna in un intero anno. MyLogIQ, un aggregatore di dati delle aziende pubbliche, ha pubblicato un rapporto che confronta la retribuzione totale dei CEO con la retribuzione mediana dei dipendenti delle aziende dell’indice S&P 500, identificando 13 aziende in cui il CEO guadagna almeno 1.000 volte lo stipendio del loro dipendente tipico, mentre il contrasto maggiore è stato di 3.566 volte. Citando un rapporto della Federal Reserve, il sito web di Forbes ha riportato il 29 maggio 2019 che nel 2018 il 10 per cento più ricco deteneva il 70 per cento della ricchezza totale delle famiglie, rispetto al 60 per cento del 1989. La quota incanalata verso il primo 1 per cento è balzata al 32 per cento nel 2018 dal 23 per cento del 1989. Il 50 per cento inferiore ha visto sostanzialmente zero guadagni netti di ricchezza in quei 30 anni, facendo scendere la loro già esigua quota di ricchezza totale ad appena l’1 per cento dal 4 per cento, letteralmente schiacciati dal peso delle crescenti disuguaglianze.

Le persone in fondo alla scala sociale vivono con difficoltà. Negli Stati Uniti, dove l’economia è già molto sviluppata, molti devono ancora affrontare la minaccia della fame. Gli Stati Uniti rimangono l’unico Paese sviluppato dove milioni di persone soffrono la fame, ha detto un articolo pubblicato il 16 dicembre 2019 sul sito dell’American Bar Association. Secondo l’Ufficio del Censimento degli Stati Uniti, ci sono 39,7 milioni di persone che vivono in povertà negli Stati Uniti, tra cui 12,8 milioni di bambini nel 2018. Il sito web dell’American Progress ha riportato il 13 febbraio 2019 che più di 4 americani su 10 hanno difficoltà a permettersi i servizi di base come l’alloggio, il cibo e l’assistenza sanitaria. Il Congresso degli Stati Uniti ha rifiutato di aumentare il salario minimo federale di 7,25 dollari all’ora per un decennio, contribuendo all’aggravarsi della povertà. L’Istituto di politica economica ha detto il 27 agosto 2019 che il valore reale (corretto per l’inflazione) del salario minimo federale nel 2019 è sceso del 17 per cento nel 2009 dal 31 per cento dal 1968. Il Los Angeles Times ha riportato sul suo sito web il 7 maggio 2019 che il governo degli Stati Uniti ha proposto di utilizzare un falso tasso di inflazione per eliminare milioni di persone dalla povertà. “Questa amministrazione non è interessata a sapere quanti americani vivono in povertà o come aiutarli”. Gioca con i numeri”.

I senzatetto sono in una situazione miserabile. USA Today ha riportato sul suo sito web il 7 ottobre 2019 che in una sola notte dell’anno precedente, più di mezzo milione di americani non avevano un rifugio permanente, secondo il Dipartimento per lo sviluppo edilizio e urbano degli Stati Uniti. Il Los Angeles Times ha riportato online il 2 luglio 2019 che quasi 8 milioni di americani hanno perso la casa durante la recessione. Per la classe media americana, il tasso di proprietà delle case è sceso a circa il 60% nel 2016 da circa il 70% nel 2004, secondo dati separati della Federal Reserve. Il 4 giugno 2019 la Los Angeles Homeless Services Authority ha pubblicato i risultati del Greater Los Angeles Homeless Count del 2019, che ha mostrato che 58.936 persone nella contea di Los Angeles sono senza fissa dimora, con un aumento del 12% rispetto all’anno precedente. Il 18 giugno 2019 la CNN ha riferito che l’aumento dei senzatetto nelle contee vicine è stato ugualmente incoraggiante. I senzatetto sono aumentati del 43 per cento nella contea di Orange rispetto all’anno precedente, del 28 per cento nella contea di Ventura e del 50 per cento nella contea di Kern. I senzatetto non hanno ricevuto né simpatia né aiuto. Il sito web della BBC ha riportato, il 18 luglio 2019, che i funzionari governativi di West Palm Beach, in Florida, stanno cercando di allontanare i senzatetto dal lungomare della città facendo suonare un loop infinito di musica per tutta la notte. Maria Foscarinis, direttore esecutivo del National Law Center on Homelessness and Poverty, ha detto: “Cacciarli via con la musica a tutto volume è semplicemente disumano e davvero scioccante”.

L’onere medico pubblico è schiacciante. Il divario sanitario tra gli Stati Uniti e i Paesi con lo stesso livello di sviluppo continua ad aumentare, uno dei motivi è che il carico sanitario pubblico è troppo pesante. Il sito web della CBS ha detto, il 1° luglio 2019, che gli aumenti di prezzo dei farmaci su prescrizione sono in aumento, con più di 3.400 farmaci che hanno aumentato i loro prezzi nei primi sei mesi del 2019, con un aumento del 17 per cento del numero di aumenti di farmaci rispetto all’anno precedente, mentre l’aumento medio dei prezzi è del 10,5 per cento. Il 21 novembre 2019, il sito web dell’American Broadcasting Company ha citato un nuovo rapporto del Commonwealth Fund per segnalare che i premi e i contributi deducibili dei dipendenti della classe media sono aumentati di quasi il 6 per cento all’anno tra il 2008 e il 2018, durante il quale anche la quota di tale spesa nel reddito familiare è salita all’11,5 per cento dal 7,8 per cento. L’American Broadcasting Company ha riferito il 3 aprile 2019 che gli americani hanno preso in prestito 88 miliardi di dollari per pagare l’assistenza sanitaria negli ultimi 12 mesi. Secondo una nuova indagine nazionale di Gallup e West Health, 15 milioni di americani hanno rinviato l’acquisto di farmaci su prescrizione a causa dei costi dei farmaci. Oltre a ciò, secondo l’indagine, ci sono stati 65 milioni di adulti che hanno scelto di non farsi curare per un problema medico a causa del costo.

Il numero di persone senza assicurazione sanitaria sale vertiginosamente. Gli Stati Uniti sono uno dei pochi paesi sviluppati a non avere un’assicurazione sanitaria universale, e un numero significativo di residenti non ha un’assicurazione sanitaria, quindi non può ricevere l’assistenza sanitaria che merita quando si ammala. Il sito web del Los Angeles Times del 23 gennaio 2019 ha riportato che alla fine del 2018 il 13,7 per cento degli adulti statunitensi non era assicurato, rispetto al 10,9 per cento della fine del 2016, secondo un sondaggio di Gallup. Il nuovo rapporto indica anche che circa 7 milioni di adulti statunitensi hanno probabilmente perso la copertura assicurativa dal 2016. Secondo il sondaggio Gallup, oltre il 21 per cento degli adulti al di sotto dei 35 anni non ha più un’assicurazione sanitaria, con un aumento di quasi 5 punti percentuali solo negli ultimi due anni. Uno studio del Georgetown University Center for Children and Families ha rilevato che il numero di bambini negli Stati Uniti senza assicurazione sanitaria è aumentato nel 2018 per la prima volta in oltre un decennio.

L’abuso di droga sta peggiorando. American Progress ha riportato online il 10 gennaio 2019 che 630.000 persone sono morte per overdose di droga in tutto il Paese dal 1999 al 2016. Nel 2017, uno sbalorditivo numero di 72.000 americani è morto di overdose, quasi 200 persone al giorno. Il sito web del Guardian ha riportato il 18 dicembre 2019 che la popolarità della droga è in pieno boom nei campus degli Stati Uniti, dato che circa uno studente su cinque delle scuole superiori degli Stati Uniti ha detto di aver fumato marijuana l’anno precedente. Il 29 maggio 2019, il Chicago Tribune ha riportato sul suo sito web che secondo il National Institute of Drug Abuse, un liceale anziano su su 16 riferisce un uso quotidiano di marijuana.

La riduzione degli aiuti finanziari del governo porta a un’impennata della pressione finanziaria sugli studenti universitari. Il sito web dell’APM (American Public Media) ha riportato il 25 febbraio 2019 che gli Stati hanno tagliato i loro investimenti nell’istruzione superiore di 9 miliardi di dollari nell’ultimo decennio, il che ha portato a un’impennata delle tasse scolastiche e dell’onere del pagamento dei prestiti agli studenti. Il 25 febbraio 2019 Forbes ha riportato sul suo sito web che i mutuatari erano collettivamente debitori di oltre 1.500 miliardi di dollari di prestiti agli studenti negli Stati Uniti nel 2019, raggiungendo un livello record. Il debito per prestiti agli studenti era la seconda categoria di debito al consumo più alta – dietro solo al debito ipotecario. Il sito web di USA Today ha riportato il 10 giugno 2019 che molti studenti universitari avevano difficoltà a trovare un posto per dormire. Il rapporto citava un sondaggio per dire che il problema dei senzatetto riguardava il 18 per cento degli intervistati che frequentavano i college biennali e il 14 per cento di quelli che frequentavano gli istituti quadriennali. Il numero di coloro che hanno dichiarato di aver sperimentato l’insicurezza abitativa è stato del 48% per gli iscritti a istituti di quattro anni. Tuttavia, dei quasi 399.000 studenti del community college californiano che hanno vissuto un periodo da senzatetto nell’anno precedente, 80.000 di loro hanno dormito in macchina.

III. Minoranze etniche che soffrono di bullismo e di esclusione

La discriminazione razziale ha sempre accompagnato lo sviluppo degli Stati Uniti nella loro storia, il colore della pelle gioca un ruolo importante nel determinare il destino degli americani. La struttura politica e l’ideologia della supremazia bianca hanno fatto sì che le minoranze etniche subissero discriminazioni a tutto campo in vari campi come la politica, l’economia, la cultura e la vita sociale negli Stati Uniti.

La supremazia bianca è in aumento. In sostanza, gli Stati Uniti sono ancora un paese di bianchi protestanti anglosassoni. Tutte le altre razze, etnie e comunità religiose e culturali subiscono vari livelli di discriminazione. Dal 2016, la supremazia bianca negli Stati Uniti ha mostrato una tendenza alla rinascita, che ha portato all’opposizione razziale e all’odio. Il sito web del Guardian ha riportato il 12 novembre 2019 che il consigliere senior della Casa Bianca Stephen Miller ha dato forma alla copertura elettorale del 2016 del sito web Breitbart dell’ala dura di destra con materiale tratto da importanti nazionalisti bianchi, islamofobi e siti web di estrema destra, secondo un nuovo rapporto investigativo del Southern Poverty Law Center (SPLC). Miller ha anche elogiato le politiche di immigrazione restrittive e razziste dell’America dell’inizio del XX secolo. Mentre si candidava alle elezioni, il governatore della Florida, Ron DeSantis ha fatto riferimento a vecchi topoi razzisti che collegano le persone di origine africana alle scimmie e imputando loro minori risultati evolutivi. Un rapporto del gruppo di lavoro dell’ONU di esperti sulle persone di origine africana, pubblicato il 2 agosto 2019, ha detto che i politici degli Stati Uniti hanno usato un linguaggio che ha rafforzato gli stereotipi negativi sulle persone di origine africana. L’eredità degli stereotipi razziali e delle caratterizzazioni negative delle persone di origine africana, che sono state create per giustificare la schiavitù degli africani e che continuano a danneggiare le persone di origine africana e a violare i loro diritti umani.

USA Today ha riportato sul suo sito web il 27 giugno 2019 che la propaganda della supremazia bianca è apparsa nei campus dei college statunitensi in quell’anno accademico, segnando un aumento di tre anni di materiale razzista. Solo nel semestre primaverile, un gruppo di guardiani dell’odio ha registrato 161 casi di propaganda estremista in 122 campus in 33 stati e nel Distretto di Columbia. Alcuni di questi casi sono stati caratterizzati da attacchi contro minoranze come ebrei, persone di origine africana, musulmani e immigrati non bianchi, mentre altri erano con contenuti di supremazia bianca. Secondo la Anti-Defamation League, sono aumentati anche i manifesti e gli adesivi di propaganda della supremazia bianca al di fuori dei campus universitari, con 672 casi nei primi cinque mesi del 2019, rispetto agli 868 incidenti dell’intero anno 2018. Secondo un rapporto online dell’Huffington Post del 5 aprile 2019, il direttore dell’FBI Christopher Wray ha testimoniato davanti al Congresso che la supremazia bianca è una minaccia persistente e pervasiva per la sicurezza degli Stati Uniti. Più tardi, ha anche detto al Congresso che la maggior parte degli arresti interni legati al terrorismo dall’ottobre precedente erano stati collegati alla violenza della supremazia bianca. Il New York Times ha riportato online il 7 agosto 2019 che da Pittsburgh a Christchurch, e ora a El Paso, uomini bianchi accusati di aver compiuto sparatorie mortali di massa hanno citato la stessa paura paranoica: l’estinzione della razza bianca. L’idea che “i bianchi saranno sostituiti da persone di colore” è stata citata direttamente nella rivendicazione di quattro pagine scritta dall’uomo arrestato per l’uccisione di 22 persone a El Paso. “Gli Stati Uniti sono sempre stati nel bel mezzo di una crisi terroristica nazionalista bianca”, ha detto Ibram Kendi, direttore dell’Antiracist Research and Policy Center dell’American University.

La discriminazione razziale è comune nelle forze dell’ordine. Il relatore speciale dell’ONU sulle forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza ad essa collegata ha sottolineato che le persone di origine africana negli Stati Uniti sono ancora uccise e brutalizzate a tassi allarmanti dalle autorità di polizia e dai vigilantes, che sono portano poca o nessuna responsabilità per questi atti. Gli adulti afroamericani hanno 5,9 volte più probabilità di essere incarcerati rispetto agli adulti bianchi. Queste disparità razziali sono un’eredità della schiavitù e della segregazione razziale. Le persone di origine africana hanno più probabilità di essere viste come criminali dagli agenti di polizia e trattate con misure crudeli. La CNN ha riferito il 1° marzo 2019 che in un terribile atto di violenza della polizia con discriminazione razziale sei agenti di polizia hanno sparato a Willie McCoy, un rapper ventenne, circa 25 volte alla testa, all’orecchio, al collo, al petto, alle braccia, alle spalle, alle mani e alla schiena. La sorella di McCoy, Simone Richard, ha detto che la polizia ha giustiziato suo fratello e non gli ha dato la possibilità di alzare le mani. Secondo un rapporto sul sito web del Guardian del 19 agosto 2019, Donald Neely, 43 anni, è un senzatetto e un afroamericano malato di mente. È stato arrestato da due ranger con l’accusa di violazione di domicilio. Gli agenti hanno legato Neely a una corda, con le mani ammanettate dietro la schiena, conducendolo mentre cavalcavano per le strade di Galveston, Texas. Questa scena che ha prodotto un’associazione storica ha scatenato una protesta diffusa in tutto il paese. La CNN ha riferito il 17 dicembre 2019 che il procuratore del Mississippi Doug Evans ha escluso molti giurati afroamericani dai processi da quando è entrato in carica nel 1992. I giurati afroamericani avevano 4,4 volte più probabilità di essere esclusi rispetto ai giurati bianchi. E nei casi in cui l’imputato era afroamericano, il tasso di esclusione di Evans contro i giurati di origine africana era “ancora più pronunciato”.

La disuguaglianza razziale sul posto di lavoro e il sostentamento delle persone non sono migliorati. Il Center for American Progress ha riportato il 7 agosto e il 5 dicembre 2019 sul suo sito web che, rispetto ai loro omologhi bianchi, i lavoratori afroamericani incontrano ostacoli sistematici per ottenere un lavoro. Hanno tassi di disoccupazione più alti, minori opportunità di lavoro, salari più bassi, sussidi più bassi e maggiore instabilità del lavoro. La schiavitù e la segregazione razziale concentrano i lavoratori di colore in occupazioni sottovalutate. La segregazione occupazionale e la persistente svalutazione dei lavoratori di colore sono un risultato diretto della politica intenzionale del governo. Mentre gli afroamericani, gli asiatici e gli ispanici o i latinoamericani rappresentano il 36% della forza lavoro complessiva degli Stati Uniti, essi costituiscono il 58% dei lavoratori agricoli vari, il 70% delle cameriere e degli addetti alle pulizie e il 74% dei facchini, dei fattorini e dei portinai. I salari mediani per questi lavori sono molto al di sotto dei salari mediani di tutte le industrie degli Stati Uniti.

La discriminazione sul lavoro perpetua la disuguaglianza rispetto al benessere economico, soprattutto per le persone di origine africana. Negli ultimi 40 anni i lavoratori di origine africana hanno costantemente sopportato un tasso di disoccupazione circa doppio rispetto ai loro omologhi bianchi. L’espansione del mercato del lavoro negli ultimi 10 anni negli Stati Uniti non ha eliminato le sistematiche differenze razziali. Tra coloro che hanno lavorato a tempo pieno tutto l’anno nel 2018, gli uomini afroamericani hanno guadagnato 70,2 centesimi per ogni dollaro guadagnato dagli uomini bianchi, e le donne bianche hanno guadagnato 78,6 centesimi. Le donne afroamericane hanno ottenuto 61,9 centesimi per ogni dollaro guadagnato dagli uomini bianchi. Citando i dati della Federal Reserve, il Los Angeles Times ha riportato, il 2 luglio 2019, che le disparità razziali nella ricchezza sono peggiorate, poiché la ricchezza tipica di una famiglia bianca è quasi 10 volte superiore a quella degli afroamericani. Secondo un rapporto sul sito web di USA Today dell’8 novembre 2019, a Milwaukee-Waukesha-Waukesha-West Allis, nella zona del Wisconsin, il tasso di disoccupazione per gli afroamericani è del 13,9 per cento, mentre per i bianchi è solo del 3,9 per cento. Il reddito mediano per le famiglie di origine africana è solo il 43,8 per cento di quello delle famiglie bianche. Solo il 27,8 per cento dei capifamiglia afroamericani possiede la propria casa, meno della metà del 68,2 per cento dei bianchi.

Il razzismo è diffuso sul posto di lavoro e nella vita di tutti i giorni. Secondo un rapporto della CNN del 18 gennaio 2019, dopo un’indagine, la Commissione per i diritti civili dell’Ohio ha confermato che la General Motors ha permesso un ambiente ostile. I dipendenti afroamericani hanno subito commenti razzisti o minacce. La parola con la N era regolare sul posto di lavoro dove ai dipendenti afroamericani veniva detto “scimmia”, o gli veniva detto di “tornare in Africa”. I lavoratori bianchi indossavano camicie con simboli nazisti sotto la tuta. I bagni sul posto di lavoro erano dichiarati “solo per i bianchi”. Un impiegato bianco minacciò il suo supervisore afroamericano: “Ai vecchi tempi, saresti stato sepolto con una pala.” Quando i dipendenti afroamericani hanno denunciato la discriminazione razziale ai dirigenti, è stato detto loro di occuparsene personalmente. USA Today ha riportato sul suo sito web l’8 novembre 2019 che i dipendenti afroamericani si sono lamentati del crescente razzismo e della discriminazione all’interno della società Facebook. Dodici dipendenti attuali ed ex dipendenti afroamericani hanno reso pubblica una lunga lista di micro aggressioni, tra cui due dipendenti bianchi che chiedevano a un responsabile di un programma afroamericano di pulire dopo aver finito di fare colazione. Le persone di colore sono state trattate come poco amichevoli e anormali. “Il razzismo, la discriminazione, il pregiudizio e l’aggressione non si appalesano nelle grandi cose. Sono le piccole azioni che si accumulano nel tempo e si integrano in una cultura in cui siamo destinati ad essere visti solo come quote, ma mai ascoltati, mai riconosciuti e mai accettati”, hanno detto alcuni dipendenti afroamericani. La CNN ha riportato sul suo sito web il 28 agosto 2019 che la conduttrice televisiva Alex Housden in Oklahoma ha paragonato il suo coetaneo afroamericano a un gorilla, scatenando attacchi razzisti.

Secondo un rapporto sul sito web del Center for American Progress del 7 agosto 2019, le persone di colore continuano a subire una discriminazione dilagante nel mercato immobiliare: Il 17 per cento dei nativi americani, il 25 per cento degli asiatici, il 31 per cento dei latino-americani e il 45 per cento degli afroamericani riferiscono di subire discriminazioni quando cercano di affittare o acquistare un alloggio. Al contrario, solo il 5% dei bianchi americani dichiara di subire discriminazioni nel mercato immobiliare. La discriminazione razziale non solo pregiudica l’accesso all’alloggio, ma può anche influire sul valore della proprietà. Uno studio ha scoperto che le case nei quartieri afroamericani sono state sottovalutate in media di 48.000 dollari USA a causa della discriminazione razziale, con il risultato di 156 miliardi di dollari USA persi a livello nazionale. Per secoli, il razzismo strutturale nel sistema abitativo statunitense ha contribuito a creare forti e persistenti disparità razziali nella ricchezza e nel benessere finanziario, soprattutto tra le famiglie afroamericane e quelle bianche. Queste differenze sono talmente radicate che, se le tendenze attuali dovessero continuare, potrebbero volerci più di 200 anni prima che la famiglia media di origine africana accumuli la stessa quantità di ricchezza dei suoi omologhi bianchi.

I bambini non bianchi soffrono di gravi discriminazioni nell’istruzione. La CNN ha riferito il 27 febbraio 2019 che i distretti scolastici a maggioranza bianca negli Stati Uniti ricevono 23 miliardi di dollari l’anno in più rispetto ai distretti che educano i bambini non bianchi. Il distretto scolastico bianco medio ha ottenuto 13.908 dollari per ogni studente nel 2016, rispetto agli 11.682 dollari per studente nei distretti che servono prevalentemente persone di colore. Nel frattempo, i distretti bianchi iscrivono poco più di 1.500 studenti, mentre i distretti non bianchi servono più di 10.000 studenti, circa sei volte il primo. Gli studenti afroamericani hanno tre volte più probabilità di essere sospesi o espulsi rispetto ai loro coetanei bianchi, secondo il Dipartimento dell’Educazione degli Stati Uniti. La constatazione più indicativa di pregiudizi razziali è che in 84 distretti scolastici del Sud, il 100 per cento degli studenti sospesi erano di origine africana. Anche gli studenti afroamericano della prescuola hanno più probabilità di essere sospesi rispetto agli studenti di altre razze. Infatti, uno studio pubblicato su Psychological Science suggerisce che i bianchi iniziano a percepire i ragazzi afroamericani come minacciosi a soli 5 anni, associandoli ad aggettivi come “violenti”, “pericolosi”, “ostili” e “aggressivi”. I pregiudizi razziali negativi che i bambini afroamericani devono affrontare e gli alti tassi di sospensione correlati possono far sì che i bambini afroamericani rimangano indietro dal punto di vista accademico, e alla fine abbandonino la scuola. Aumenta anche le possibilità che essi abbiano contatti con il sistema di giustizia penale. E la disciplina punitiva può essere uno dei motivi per cui i suicidi tra i ragazzi afroamericani sono in aumento.

Il crimine d’odio sale ad alto livello. Un rapporto pubblicato il 12 novembre 2019 dall’FBI ha mostrato che le forze dell’ordine hanno presentato rapporti di incidenti nel 2018 che hanno coinvolto 7.036 incidenti con un’unica causa, il 57,5 per cento dei quali derivava da un pregiudizio razzista/etnico/di razza. Un totale del 46,9 per cento dei crimini motivati dall’odio per motivi razziali è stato motivato da pregiudizi anti-neri o afro-americani, mentre tra le 5.155 vittime di crimini motivati dall’odio per motivi razziali, il 47,1 per cento sono state vittime di crimini motivati da pregiudizi anti-neri o afro-americani. Il 4 agosto 2019 il Guardian ha riportato sul suo sito web una sparatoria di massa avvenuta il 3 agosto in un supermercato Walmart nella città di confine del Texas, El Paso. Il tiratore è Patrick Crusius, 21 anni, che ha guidato per 650 miglia fino alla città di confine e si è scatenato nel supermercato, aprendo il fuoco e uccidendo 22 persone. Ha detto che questo attacco era una risposta all’invasione ispanica del Texas. Secondo un rapporto della CNN del 20 dicembre 2019, una ragazza di 14 anni stava camminando verso la Indian Hills Junior High quando un veicolo è finito sul marciapiede e l’ha investita. Il tentato omicidio è stato commesso da una donna dell’Iowa di 42 anni che ha detto di averlo fatto perché l’adolescente “era messicana”. Il New York Post ha riportato il 7 novembre 2019 sul suo sito web che Mahud Villalaz, un latino-americano di 42 anni, è stato attaccato da Clifton A. Blackwell, da un uomo bianco che ha chiesto a Villalaz: “perché avete invaso la mia contea?

L’intolleranza contro l’ebraismo e l’islam continua a peggiorare. Il rapporto annuale dell’FBI ha rilevato che il 20,2 per cento dei crimini di odio a sfondo monocratico sono stati motivati dal pregiudizio religioso dei colpevoli. Delle 1.617 vittime di crimini d’odio antireligiosi, il 56,9 per cento sono state vittime di crimini motivati da pregiudizi anti-ebraici e il 14,6 per cento sono state vittime di pregiudizi anti-islamici (musulmani). Gli americani dicono che alcuni gruppi religiosi continuano ad essere discriminati e svantaggiati, secondo un’analisi dei sondaggi del Pew Research Center del marzo 2019. Circa l’82% degli intervistati dice che i musulmani sono soggetti ad almeno una certa discriminazione negli Stati Uniti, e il 56% dice che i musulmani sono molto discriminati. Un totale del 63 per cento degli intervistati dice che essere musulmani danneggia almeno un po’ le possibilità di avanzamento di qualcuno nella società americana, compreso il 31 per cento che dice che danneggia molto le sue possibilità. Nel sondaggio del 2019, il 64% dice che gli ebrei sono discriminati almeno in parte negli Stati Uniti, con un aumento di 20 punti percentuali rispetto all’ultima domanda del 2016. Il relatore speciale dell’ONU sulla libertà di religione o di credo ha notato che gli incidenti antisemitici sono eccezionalmente violenti negli Stati Uniti, tra cui una sparatoria mortale in una sinagoga che ha causato grandi perdite di vite umane e di feriti. I commenti dell’attentatore durante l’attacco e la sua attività sui social media nei giorni precedenti hanno rivelato una credenza in una serie di teorie cospirative antisemite che affondano le loro radici in un’ideologia di estrema destra e supremazia bianca. In seguito, un altro uomo armato, analogamente motivato dall’ideologia della supremazia bianca, ha attaccato una sinagoga. Anche il relatore speciale dell’ONU sulle forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza ad essa collegata ha espresso grave preoccupazione per l’allarmante aumento dell’antisemitismo negli Stati Uniti. Ha notato con preoccupazione l’allarmante aumento degli incidenti antisemitici legati ai gruppi neonazisti e ai gruppi affiliati di supremazia bianca e nazionalisti bianchi. Gruppi o individui estremisti noti, ispirati dall’ideologia estremista, sono stati responsabili di 249 incidenti antisemitici nel 2018, il più alto livello di incidenti antisemitici con collegamenti noti con estremisti o gruppi estremisti dal 2004 e il terzo anno più alto in assoluto da quando l’organizzazione ha iniziato a tracciare i dati negli anni Settanta.

I diritti delle popolazioni indigene sono stati violati. Il Relatore speciale dell’ONU sull’alloggio adeguato come componente del diritto a un adeguato standard di vita e sul diritto alla non discriminazione in questo contesto ha affermato, in un rapporto, che i nativi americani sono stati sottoposti a un trattamento sfavorevole il 28 per cento delle volte in cui hanno cercato di affittare una casa in competizione con un individuo bianco non indigeno, altrettanto qualificato. I nativi americani possono anche cedersi rifiutato di prolungare li contratto d’affitto sulla base di una discriminazione. Un rapporto pubblicato il 18 novembre 2019 dalla National Public Radio, intitolato “Closing the Water Access Gap in the United States”, mostra che i nativi americani hanno più probabilità di avere problemi di accesso all’acqua rispetto a qualsiasi altro gruppo. Secondo il rapporto, 58 famiglie di nativi americani su 1.000 non hanno l’impianto idraulico, rispetto a 3 famiglie bianche su 1.000, secondo il rapporto. Questa disparità ha implicazioni per la salute pubblica. I nativi americani subiscono un maggior numero di morti, povertà e tassi di disoccupazione più elevati. L’incidenza degli omicidi e delle sparizioni contro gli indigeni è ben al di sopra della media. I nativi americani hanno quasi quattro volte più probabilità di essere vittime di omicidi rispetto alla popolazione generale del Montana, dove i nativi americani sono solo il 6,7% della popolazione totale, ma costituiscono il 26% dei casi di persone scomparse. Alle Hawaii, i nativi hawaiani e gli altri abitanti delle isole del Pacifico rappresentano solo il 10 per cento della popolazione totale, ma il 39 per cento dei senzatetto. Queste cifre continuano a crescere con l’aumento del costo della vita e lo sviluppo del turismo li costringe a lasciare la loro patria. Il 10 maggio 2019, il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione razziale ha inviato una lettera al governo degli Stati Uniti, esprimendo la preoccupazione che la prevista costruzione di un telescopio di 30 metri a Mauna Kea nello Stato delle Hawaii possa incidere sui diritti dei popoli indigeni sulle loro terre ancestrali. Ha anche espresso preoccupazione per le accuse di mancanza di un’adeguata consultazione e per la mancata ricerca del consenso, preventivo e informato dei popoli indigeni. Il Comitato ha anche espresso preoccupazione per la profanazione del complesso di dune di sabbia di Pu’uone, un luogo di sepoltura degli indigeni del Kanaka Maoli nel centro di Maui, nello Stato delle Hawaii, che sarebbe stato utilizzato per attività estrattive per un periodo di anni senza il libero, previo e informato consenso del Kanaka Maoli e che avrebbe portato alla rimozione di innumerevoli tombe nell’area.

Secondo un sondaggio del Pew Research Center intitolato Race in America 2019, più di 150 anni dopo che il XIII Emendamento che ha abolito la schiavitù negli Stati Uniti, la maggior parte degli adulti statunitensi afferma che l’eredità della schiavitù continua ad avere un impatto sulla posizione delle persone di origine africana nella società americana di oggi. Più di quattro su dieci dicono che il paese non ha fatto abbastanza progressi verso l’uguaglianza razziale. Circa il 58% dice che le relazioni razziali negli Stati Uniti sono negative, e circa il 65% dice che negli ultimi anni è diventato più comune per le persone esprimere opinioni razziste. Circa il 76 per cento dei discendenti africani e asiatici e il 58 per cento degli ispanici dicono di aver subito discriminazioni o di essere stati trattati ingiustamente a causa della loro razza o etnia, almeno di tanto in tanto. Un totale del 53 per cento degli intervistati afferma che i rapporti razziali stanno peggiorando. La maggior parte dei discendenti africani (73%), degli ispanici (69%) e degli asiatici (65%) afferma che l’attuale amministrazione ha peggiorato i rapporti razziali, rispetto a circa la metà dei bianchi (49%). Circa il 59 per cento dice che essere bianchi aiuta la capacità delle persone di fare carriera nel Paese almeno un po’. Circa due terzi degli intervistati dicono che le persone di origine africana sono trattate ingiustamente dal sistema giudiziario penale e nei rapporti con la polizia. Più della metà degli adulti afroamericani afferma che “non è troppo” o “per niente” probabile che il Paese riesca a raggiungere l’uguaglianza razziale.

IV. Grave discriminazione e violenza contro le donne

Fin dalla fondazione degli Stati Uniti, oltre due secoli fa, le donne si sono battute per la parità tra i sessi. Ma ancora oggi gli Stati Uniti non hanno ratificato la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne. Le donne negli Stati Uniti si trovano ancora ad affrontare una discriminazione sistematica, ampia e istituzionale, con una sconvolgente discriminazione di genere palese e occulta in varie forme.

Le donne sono vittime di gravi aggressioni violente. Everytown Research ha riportato sul suo sito web il 17 ottobre 2019 che gli Stati Uniti sono stati il Paese più pericoloso per le donne tra le nazioni ad alto reddito, considerando l’uso diffuso e crescente di armi da fuoco da parte dei malfattori. Nel 2015, uno stupefacente 92% di tutte le donne uccise con armi da fuoco in questi Paesi proveniva dagli Stati Uniti. Le donne negli Stati Uniti avevano 21 volte più probabilità di morire per omicidio da arma da fuoco rispetto alle donne delle nazioni vicine, e quasi la metà delle donne vittime di omicidio da arma da fuoco sono state uccise da un attuale o ex partner, secondo il rapporto. Lo studio ha rilevato che l’accesso a una pistola ha reso cinque volte più probabile che il partner violento uccida la vittima. Ogni mese, una media di 52 donne sono state uccise da un partner, con 4,5 milioni e mezzo di donne che hanno denunciato di essere state minacciate con una pistola. USA Today ha riferito il 20 novembre 2019 che il numero di omicidi legati alla violenza domestica è in aumento. Secondo UN Women, fino al 70 per cento delle donne statunitensi ha subito violenze fisiche o sessuali da parte di un partner nel corso della propria vita. Secondo la Coalizione nazionale statunitense contro la violenza domestica, una donna su tre ha subito una qualche forma di violenza fisica da parte di un partner intimo. Tra le donne che sono state uccise, una su tre è stata uccisa da un partner.

Le donne sono vittime di comuni reati sessuali e molestie sessuali. Secondo un’indagine congiunta di istituzioni, tra cui l’organizzazione no profit statunitense Stop Street Harassment e l’Università della California di San Diego, l’81 per cento delle donne ha subito una qualche forma di molestia sessuale nel corso della loro vita. Secondo uno studio pubblicato su JAMA Internal Medicine, più di 3,3 milioni di donne americane di età compresa tra i 18 e i 44 anni sono state stuprate la prima volta che hanno avuto un rapporto sessuale. I ricercatori hanno stimato che una donna statunitense su 16 ha avuto esperienze simili e l’età media delle donne che hanno subito un’iniziazione sessuale forzata è stata di 15,6 anni. Il sito web dell’ONU ha citato i dati di UN Women del 24 novembre 2019, secondo i quali circa un quarto delle studentesse universitarie laureate ha riferito di aver subito un’aggressione sessuale o molestie sessuali. La CNN ha riferito il 2 maggio 2019 che, secondo un rapporto pubblicato dal Pentagono, i tassi di violenza sessuale per le donne in servizio attivo sono aumentati in modo significativo, con le donne di età compresa tra i 17 e i 24 anni ad alto rischio di violenza sessuale. L’Army Times ha riferito il 21 agosto 2019 che la prevalenza di violenza sessuale nell’esercito è aumentata per le donne dal 4,4% nel 2016 al 5,8% nel 2018.

I casi di violenza sessuale hanno continuato ad aumentare. Secondo il rapporto sulla criminalità negli Stati Uniti del 2018 pubblicato dall’FBI nel 2019, si stima che nel 2018 siano stati denunciati 139.380 stupri alle forze dell’ordine, il 2,7 per cento in più rispetto alla stima del 2017 e il 18,1 per cento in più rispetto alla stima del 2014. Secondo un rapporto del Denver Post del 15 marzo 2019, 51 donne hanno sporto denuncia al Tribunale distrettuale del Distretto del Colorado contro il Comitato Olimpico degli Stati Uniti, i suoi funzionari, i direttori e il consiglio di amministrazione nazionale per non aver impedito l’abuso sessuale da parte di ex allenatori e del medico della squadra nazionale Larry Nassar. La maggior parte dei querelanti erano minorenni al momento dell’abuso e alcuni erano ancora bambine, con l’atleta più giovane elencata nella causa, che aveva solo otto anni. I 51 querelanti hanno detto che il Comitato Olimpico degli Stati Uniti avrebbe potuto prevenire l’abuso verso le giovani atlete, ma non è riuscito a prendere misure efficaci.

La discriminazione di genere sul posto di lavoro esiste in modo diffuso. Il Louisiana Weekly del 16 dicembre 2019 ha riferito che, tra le donne, più di quattro su dieci hanno dichiarato di aver subito discriminazioni di genere sul posto di lavoro quando si tratta di ottenere la parità di retribuzione o promozioni. I dati pubblicati dal Bureau of Labor Statistics degli Stati Uniti nel novembre 2019 hanno mostrato che, nel 2018, le donne che lavoravano a tempo pieno avevano un salario settimanale mediano pari all’81 per cento del salario dei lavoratori maschi a tempo pieno. Il New York Times dell’8 febbraio 2019 ha riferito che in tutti i luoghi di lavoro degli Stati Uniti la discriminazione in gravidanza è rimasta diffusa. Secondo il rapporto, le donne sono state ignorate per le promozioni e gli aumenti e sono state licenziate quando si sono lamentate. HuffPost ha riferito il 4 dicembre 2019 che gli Stati Uniti sono uno dei pochi paesi che non garantiscono alle neomamme un periodo di congedo retribuito. Il rapporto della New America ha mostrato che il 48% delle madri ha preso un congedo non pagato per occuparsi di un neonato. Secondo un’analisi di un sociologo dell’Università del Massachusetts, ogni bambino ha tagliato il 4 per cento del salario orario di una donna. Il numero di denunce di discriminazione in gravidanza presentate ogni anno alla Commissione per le Pari Opportunità di Lavoro è in costante aumento da due decenni e tocca il massimo storico. Sulla base dei dati del Global Gender Gap Index del World Economic Forum, è stato stimato che gli Stati Uniti impiegheranno altri 208 anni per raggiungere la parità di genere.

I problemi di genere e di discriminazione razziale si sovrappongono. Di fronte alla discriminazione sia di genere che razziale, le donne appartenenti a minoranze etniche si trovano in condizioni particolarmente miserabili. Philanthropy News Digest ha riferito l’8 febbraio 2019 che, sulla base di un sondaggio condotto su oltre 4.300 persone, le donne di colore sono state trattate ingiustamente in termini di ricerca di nuovi posti di lavoro e promozioni. WBUR ha riferito il 28 ottobre 2019 che solo il 20 per cento circa degli uomini bianchi lavoravano in lavori a basso salario, mentre il 40 per cento delle donne di colore lavoravano in lavori a basso salario, così come il 46 per cento delle donne latine o ispaniche. La CNBC ha riferito il 2 aprile 2019 che le donne nere guadagnavano 61 centesimi per ogni dollaro guadagnato dai loro omologhi bianchi maschi. Il rapporto ha aggiunto che le donne native americane guadagnavano 58 centesimi per ogni dollaro, e le donne latine 53 centesimi. Il Wall Street Journal ha riportato il 22 novembre 2019 che le donne latine hanno sofferto del peggior divario salariale tra i sessi per qualsiasi gruppo di donne appartenenti a minoranze. I dati del 2019 mostrano che le donne di Latina guadagnano il 46% in meno degli uomini bianchi e il 31% in meno delle donne bianche.

Per le donne la povertà è la minaccia più grave. USA Today ha riferito il 6 novembre 2019 che, secondo il Wall Street 24/7, le donne hanno molte più probabilità degli uomini di vivere al di sotto della soglia di povertà. Un totale del 10,6% degli uomini negli Stati Uniti viveva al di sotto della soglia di povertà, mentre per le donne il dato era del 12,9%. Il divario salariale tra i sessi negli Stati Uniti è rimasto tra i più alti del mondo ricco e il 70 per cento dei poveri americani erano donne e bambini. Dei 7,1 milioni di anziani che vivono in povertà negli Stati Uniti, quasi due su tre erano donne. L’Ufficio censimento degli Stati Uniti ha stimato che il 16 per cento delle donne di età superiore ai 65 anni viveva al di sotto della soglia di povertà. Le donne nere, ispaniche e native americane avevano quasi due volte più probabilità di vivere in povertà delle donne bianche più anziane. Secondo uno studio di Harvard, il Congresso degli Stati Uniti ha tagliato drasticamente i finanziamenti ai centri di sviluppo delle imprese femminili a partire dal 2009. Inoltre, quasi tutti gli stati degli Stati Uniti hanno tagliato i finanziamenti e i programmi (ridotti anche a livello federale) che una volta avevano aiutato le donne a far rispettare i premi per il mantenimento dei figli e le avevano addestrate a rientrare nella forza lavoro. Tali misure hanno esacerbato i problemi di povertà delle donne.

V. Gruppi vulnerabili che vivono in difficoltà

In quanto maggiore economia sviluppata del mondo, gli Stati Uniti si sono rifiutati di ratificare diverse convenzioni internazionali fondamentali sui diritti umani, tra cui il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, la Convenzione sui diritti del fanciullo e la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità. Il governo degli Stati Uniti non solo non ha sufficiente volontà politica per migliorare le condizioni dei gruppi vulnerabili, ma continua a tagliare i progetti di finanziamento. Decine di milioni di bambini, anziani e disabili vivono senza cibo o vestiti a sufficienza e sono minacciati da violenze, bullismo, abusi e droghe, il che è inspiegabile.

La povertà infantile è un problema sconvolgente. Il 18 novembre 2019 il Hill ha riferito che, mentre i livelli di povertà estrema in tutto il mondo erano scesi drasticamente, il tasso di povertà dei bambini americani era circa lo stesso di 30 anni fa. Il rapporto sul reddito e la povertà del 2018 dell’Istituto di politica economica ha mostrato che, a livello nazionale, il 18,4% dei bambini viveva in povertà, e il 13% dei bambini viveva in aree di povertà concentrata. I dati dell’Ufficio censimento degli Stati Uniti hanno mostrato che 12,8 milioni di bambini americani vivevano in povertà entro il 2018. Nel 2018 i bambini di colore rappresentavano quasi i tre quarti di tutti i bambini poveri. Quasi un bambino di colore su quattro negli Stati Uniti era povero. Un totale di 3,5 milioni e mezzo di bambini sotto i 5 anni era povero nel 2018, di cui 1,6 milioni viveva in condizioni di estrema povertà. Il tasso di povertà infantile complessivo era del 20,3 per cento in Florida. Quasi 1,2 milioni di bambini californiani vivevano in quartieri a basso reddito, che erano meno propensi di quelli delle aree più ricche ad avere accesso a scuole pubbliche di qualità, cibo sano e assistenza medica, rendendo anche più difficile per loro uscire dal ciclo della povertà una volta diventati adulti. Nessun bambino dovrebbe preoccuparsi da dove verrà il suo prossimo pasto o se avrà un posto dove dormire ogni notte nella nazione più ricca della Terra. Eppure circa un bambino su cinque negli Stati Uniti vive in povertà e affrontava queste dure realtà ogni giorno, ha affermato un rapporto pubblicato dal Children’s Defense Fund.

Gli abusi sui bambini sono un problema allarmante. L’Amministrazione americana per i bambini e le famiglie, una divisione del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani, il 28 gennaio 2019 ha pubblicato il rapporto sui maltrattamenti ai bambini del 2017, mostrando che circa 3,5 milioni di bambini sono stati coinvolti nelle denunce come vittime, con un aumento di circa il 10 per cento dal 2013 al 2017. Le indagini hanno rilevato circa 674.000 vittime di abuso e abbandono di minori, il 2,7 per cento in più rispetto al 2013. Una stima nazionale di 1.720 bambini morti per abuso e negligenza. Secondo i dati, il 18,3 per cento è stato vittima di abusi fisici e l’8,6 per cento di abusi sessuali. L’Indiana ha avuto i peggiori problemi di abusi sui bambini, con ben 65 bambini morti a causa di abusi e/o negligenza dal 1° luglio 2016 al 30 giugno 2017. CBS News ha riferito il 6 agosto 2019 che ogni anno sono stati segnalati circa 65.000 casi di abusi sessuali su minori, secondo l’organizzazione no-profit American Society for the Positive Care of Children.

Le condizioni di sicurezza del campus continuano a peggiorare. Secondo i dati diffusi dal National Center for Education Statistics nell’aprile 2019, nel 2017, tra gli studenti di età compresa tra i 12 e i 18 anni, ci sono state circa 827.000 vittime in totale a scuola e 503.800 vittime fuori dalla scuola. C’è stato un aumento del cyberbullismo a livello nazionale, con un numero di ragazze che hanno denunciato di essere state molestate online o via SMS, numero tre volte superiore a quello dei ragazzi. La Louisiana ha guidato gli Stati Uniti in episodi di bullismo, con quasi uno studente su quattro che ha denunciato di essere stato vittima di bullismo. Le sparatorie nelle scuole hanno avuto luogo più volte. Il 19 novembre 2019 la CNN ha riferito che ci sono state 45 sparatorie nelle scuole nelle prime 46 settimane del 2019, con una media di quasi una sparatoria scolastica a settimana.

La povertà degli anziani peggiora. MarketWatch ha riferito il 19 maggio 2019 che, secondo una ricerca di Feeding America (organizzazione no-profit), su 12 anziani di 60 anni e più – 5,5 milioni e mezzo di persone – non ha avuto abbastanza cibo nel 2017. Il New Mexico, la Louisiana e il Mississippi sono stati i tre stati con il più alto numero di anziani, più del 10 per cento della popolazione anziana dello stato, colpita dalla crisi della fame. Circa il 40 per cento degli americani della classe media vivrebbe vicino o in povertà al raggiungimento dei 65 anni di età, secondo uno studio del Schwartz Center for Economic Policy Analysis della New School. Il 24 maggio 2019 il Guardian ha riferito che la sicurezza sociale era, alla fine, insufficiente a proteggere dalla povertà un numero sorprendentemente elevato di americani anziani. Di coloro che erano ancora in età lavorativa, il 62% degli afroamericani e il 69% dei latino-americani non avevano risparmi per la pensione, il che significava che dopo il pensionamento dipendevano quasi interamente dalla previdenza sociale.

Le spese mediche sono troppo elevate perché gli anziani possano permettersele. Secondo un sondaggio nazionale pubblicato da Health Affairs nel 2019, il 53 per cento degli intervistati con gravi malattie si è trovato a dover affrontare gravi problemi di salute anche quando ha dovuto pagare le spese mediche. La Kaiser Family Foundation, un’organizzazione no-profit, ha detto che gli anziani statunitensi spendono maggiormente per i servizi di assistenza a lungo termine, che non sono coperti da Medicare. Tra questi, le persone con il morbo di Alzheimer o il morbo di Parkinson hanno speso la maggior parte dei soldi per i servizi di assistenza a lungo termine.

I servizi di assistenza agli anziani sono costosi e pieni di problemi. SFGATE ha riferito il 19 ottobre 2019 che il costo dell’assistenza agli anziani negli Stati Uniti era troppo alto. Il costo potrebbe mettere una famiglia in un condizione di povertà a meno che l’anziano non si qualifichi per Medicaid. Per esempio, le case di cura nella contea di Albany costano in media circa 400 dollari al giorno se l’anziano non ha i requisiti per Medicaid. Secondo un rapporto del Senato del 2019, quasi 400 strutture negli Stati Uniti avevano gravi problemi di salute, sicurezza o sanitari in corso, secondo un rapporto del Senato. Ma il governo federale per anni aveva tenuto nascosto il loro nome, il che rendeva lasciati irrisolti i problemi rendendo difficile la risoluzione.

Gli abusi sugli anziani e i tassi di suicidio sono scioccanti. Medical Xpress ha riferito il 14 giugno 2019 che circa il 16 per cento degli anziani sono stati vittime di qualche forma di maltrattamento, tra cui lo sfruttamento finanziario, la negligenza, l’abuso fisico, psicologico e sessuale. Più di 5,3 miliardi di dollari USA sono stati spesi ogni anno per l’assistenza medica relativa alle lesioni subite dagli anziani a causa di crimini violenti. Secondo i dati del Centers for Disease Control and Prevention, nel 2017 negli Stati Uniti si sono suicidate più di 8.500 persone di 65 anni o più, secondo i dati del Centers for Disease Control and Prevention. A causa del fatto che gli anziani sono più soli, più fragili e più isolati, un anziano su quattro che ha tentato il suicidio è morto, 50 volte in più che i giovani.

VI. I migranti soffrono di un trattamento disumano

Decenni di intervento degli Stati Uniti nel “cortile di casa” dell’America Latina hanno portato direttamente all’aggravarsi dei problemi dell’immigrazione nelle Americhe. L’attuale governo statunitense, per considerazioni politiche, ha adottato misure estreme senza precedenti e azioni disumane di applicazione della legge nei confronti degli immigrati, con il risultato di frequenti violazioni dei diritti umani degli immigrati che sono state severamente condannate dalla comunità internazionale.

La politica della “tolleranza zero” ha causato la separazione delle famiglie. Negli ultimi anni, il governo degli Stati Uniti ha adottato misure sempre più severe e disumane contro gli immigrati, in particolare la politica di “tolleranza zero” annunciata nell’aprile 2018 che ha causato la separazione di molte famiglie. L’American Civil Liberties Union (ACLU) ha riferito sul suo sito web il 25 ottobre 2019 che le autorità statunitensi per l’immigrazione hanno separato più di 5.400 bambini dai loro genitori al confine con il Messico dal luglio 2017. Lee Gelernt, avvocato dell’ACLU, ha dichiarato che la politica disumana e illegale ha fatto a pezzi migliaia di famiglie, tra cui neonati e bambini. “Le famiglie hanno sofferto enormemente, e alcune potrebbero non riprendersi mai”. Alcuni bambini sono stati trattenuti in strutture separate per mesi. Le riprese video fornite dalla dogana e dalla protezione dei confini degli Stati Uniti hanno mostrato bambini in gabbie e sotto sottili coperte. La pratica di costringere i genitori a separarsi dai propri figli potrebbe costituire un “abuso di minori autorizzato dal governo”, ha detto Zeid Ra’ad Al Hussein, alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, durante una sessione del Consiglio per i diritti umani del 18 giugno 2018. Felipe González Morales, il relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani dei migranti, ha chiesto la sospensione della detenzione dei bambini migranti non accompagnati e delle famiglie con bambini per motivi legati al loro status di immigrazione amministrativa. Ha affermato che la detenzione di bambini in base al loro status migratorio è una violazione del diritto internazionale, rilevando che il trasferimento è dannoso per il benessere di un bambino e produce gravi effetti negativi a lungo termine sui bambini. Il Washington Post ha riferito sul suo sito web il 30 luglio 2019 che il governo degli Stati Uniti ha sottratto quasi 1.000 bambini migranti ai loro genitori al confine tra Stati Uniti e Messico da quando il giudice ha ordinato al governo degli Stati Uniti di limitare la pratica più di un anno fa. Circa il 20 per cento delle nuove separazioni ha riguardato bambini sotto i 5 anni. La pratica di costringere i bambini a separarsi dai loro genitori ha gravemente violato i diritti umani dei migranti. In un discorso pronunciato dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Michelle Bachelet alla 42a sessione del Consiglio per i diritti umani del 9 settembre 2019, ha affermato che la continua separazione dei bambini migranti dai loro genitori e la prospettiva di una nuova regola che permetta ai bambini di essere detenuti a tempo indeterminato ha ridotto drasticamente la protezione delle famiglie migranti. “Nulla può giustificare l’inflizione di un trauma così profondo a un bambino”.

I bambini migranti sono in difficoltà. Secondo un rapporto del Washington Post, apparso sul suo sito web del 22 agosto 2019, due agenzie federali che si occupano di immigrati – il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani e il Dipartimento della Sicurezza Nazionale – hanno detto che avrebbero emanato una regola per permettere ai bambini di rimanere con i loro genitori nei centri di detenzione degli Stati Uniti per un periodo superiore all’attuale massimo di 20 giorni. Il cambiamento permetterebbe all’amministrazione di tenere in custodia intere famiglie per tutto il tempo necessario e permetterebbe l’incarcerazione virtualmente illimitata dei bambini. A settembre 2019, almeno 2.838 bambini migranti non accompagnati vivevano in 35 centri di accoglienza in tutto il Texas. Questi rifugi avevano una lunga storia di ispezioni regolamentari che avevano scoperto gravi carenze in materia di salute e sicurezza. Tra il 2016 e il 2019, gli ispettori hanno scoperto più di 552 violazioni della salute e della sicurezza nelle strutture. Il Los Angeles Times ha riportato sul suo sito web il 10 dicembre 2019 che tre bambini sono morti per l’influenza mentre erano in custodia federale per l’immigrazione nel 2018. Il tasso di mortalità per influenza tra i bambini immigrati in custodia federale era nove volte superiore a quello della popolazione generale. Il rapporto ha citato il Dr. Mario Mendoza, un anestesista in pensione, affermando che negare ai bambini l’assistenza sanitaria di base offerta era intenzionalmente crudele e disumano. Secondo un rapporto del New York Times sul suo sito web del 26 giugno 2019, un gruppo di giornalisti, medici e avvocati ha potuto visitare la stazione di confine di Clint, Texas, dove sono stati trattenuti centinaia di bambini immigrati. Un medico ha paragonato le condizioni a “strutture di tortura”. Secondo un rapporto del Baltimore Sun sul suo sito web del 31 luglio 2019, le condizioni della stazione di polizia di frontiera di McAllen erano preoccupanti. L’autore del rapporto racconta: “Ho visto molte famiglie accalcate in condizioni di sovraffollamento. Ho visto bambini dietro la recinzione e fondamentalmente in gabbie”. Alcuni bambini erano in abiti sporchi e non erano stati cambiati da quando erano arrivati negli Stati Uniti”. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Michelle Bachelet ha dichiarato in un rapporto pubblicato sul sito web dell’ONU l’8 luglio 2019 di essere rimasta sconvolta dalle condizioni dei migranti e dei rifugiati in detenzione negli Stati Uniti. “Sono profondamente scioccata dal fatto che i bambini siano costretti a dormire per terra in strutture sovraffollate, senza accesso a cure mediche o cibo adeguati e con condizioni igienico-sanitarie inadeguate”, ha detto, aggiungendo che la detenzione di bambini migranti può costituire un trattamento crudele, disumano o degradante che è proibito dal diritto internazionale.

I migranti subiscono abusi crudeli. Il Washington Post ha riportato sul suo sito web il 26 novembre 2018 che le autorità statunitensi hanno usato gas lacrimogeni in diverse occasioni per fermare i migranti provenienti dall’America centrale, ferendo molte persone. Secondo un rapporto del New York Times del 21 giugno 2019, un rapporto del Dipartimento della Sicurezza interna ha mostrato che il centro di elaborazione delle frontiere di El Paso ha trattenuto fino a 900 migranti in una struttura progettata per 125. Alcuni dei detenuti erano stati trattenuti in condizioni di sola permanenza per giorni o settimane. La rivista Time ha riportato sul suo sito web il 10 luglio 2019 che 24 immigrati sono morti in custodia negli Stati Uniti dal 2018. Secondo un rapporto di Arizona Range News sul suo sito web dell’8 luglio 2019, il gruppo comunitario Arizona Jews for Justice ha organizzato manifestazioni a Phoenix il 2 luglio 2019, protestando contro le violazioni dei diritti umani da parte dei centri di detenzione per immigrati e denunciando le squallide condizioni di detenzione che violavano gravemente gli standard umani, tra cui cibo scaduto, cure mediche inadeguate, bagni ammuffiti e incidenti di sicurezza non denunciati. Il 22 giugno 2018 la CNN ha denunciato gravi abusi nei centri di detenzione per immigrati. Le cartelle cliniche del Centro di cura di Shiloh, una delle strutture di detenzione, hanno mostrato che ai bambini venivano iniettati sedativi e antipsicotici. Un tredicenne di El Salvador ha descritto un incidente quando, dopo aver tentato di scappare, è stato aggredito dal personale – causandogli lo svenimento e lasciandogli dei lividi. Poi, nonostante le sue obiezioni, gli è stata fatta un’iniezione di un farmaco “per calmarlo”. Una bambina di 11 anni, chiamata Maricela nei registri del tribunale, ha detto che prendeva 10 pillole al giorno che avevano effetti collaterali tra cui mal di testa, perdita di appetito e nausea. Un adolescente, fuggito dal Guatemala per sfuggire a un padre violento e al lavoro minorile forzato, era stato in custodia federale per quasi due anni al centro di detenzione minorile della contea di Yolo in California, un’altra struttura sicura pagata dal governo per ospitare i bambini immigrati, che ha descritto come un carcere minorile dove venivano trattati come criminali. Al centro giovanile della Shenandoah Valley, i detenuti hanno riferito di essere stati accoltellati con una penna, tenuti in manette, derisi dal personale e privati di vestiti e materassi.

Gli Stati Uniti sono stati i colpevoli dell’aggravarsi dei problemi di immigrazione nelle Americhe. Il Guardian ha riferito sul suo sito web il 19 dicembre 2018 che “la destabilizzazione degli anni Ottanta – che faceva parte dello sforzo della guerra fredda statunitense – è stata incredibilmente importante nel creare il tipo di condizioni politiche ed economiche che esistono oggi in quei Paesi”. Le famiglie delle carovane di migranti che arrancano verso il confine degli Stati Uniti stanno cercando di fuggire da un inferno che gli Stati Uniti hanno contribuito a creare”. Un articolo pubblicato da commondreams.com il 15 agosto 2019 diceva che i fattori che hanno allontanato i centroamericani dalle loro case sono stati la corruzione politica e la repressione, il potere dei cartelli della droga e il cambiamento climatico – tutti fattori che, in modo significativo, potrebbero essere attribuiti alle azioni degli Stati Uniti in America Latina per decenni.

VII. Gli Stati Uniti hanno calpestato i diritti umani in altri paesi

Per mantenere la propria egemonia nel mondo, gli Stati Uniti hanno perseguito l’unilateralismo e hanno calpestato l’ordine e il sistema internazionale con al centro gli scopi e i principi della Carta dell’ONU. Essendo un Paese così bravo a ritirarsi dalla cooperazione, a violare gli impegni, a sottrarsi alle responsabilità internazionali e a scuotere le fondamenta della cooperazione globale, gli Stati Uniti sono stati i colpevoli che hanno fatto sprofondare molti luoghi del mondo nel disordine e nel caos, e sono stati responsabili dei disastri umanitari che ne sono seguiti.

Il militarismo ha portato a disastri per i diritti umani. In un discorso pronunciato nel giungo 2019 l’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter, ha sottolineato che gli Stati Uniti hanno goduto di soli 16 anni di pace nei loro 242 anni di storia, rendendo il Paese “la nazione più bellicosa della storia del mondo”. Gli Stati Uniti sono stati in guerra per decenni, le guerre in Iraq, Afghanistan, Siria, Yemen e così via. La maggior parte delle guerre iniziate dagli Stati Uniti sono state azioni unilaterali, non autorizzate dal Consiglio di sicurezza dell’Onu né approvate dal Congresso degli Stati Uniti. Queste guerre hanno causato grandi perdite di vite umane ed enormi perdite di proprietà, portando a spaventosi disastri per i diritti umani. Il costo stimato della guerra globale degli Stati Uniti contro il terrorismo dalla fine del 2001 è stato di 6,4 trilioni di dollari USA e si stima che fino a 801.000 persone siano morte nelle guerre successive all’11 settembre, secondo i rapporti pubblicati dal progetto Costs of War basato presso il Watson Institute for International and Public Affairs della Brown University nel 2019. Le statistiche mostrano che la guerra in Afghanistan ha causato la morte di oltre 40.000 civili e circa 11 milioni di afghani sono diventati profughi. Più di 200.000 civili sono morti nella guerra in Iraq e circa 2,5 milioni sono diventati profughi. Il numero di morti di civili nella guerra siriana ha superato i 40.000, mentre 6,6 milioni sono fuggiti dal Paese. Il governo degli Stati Uniti ha protetto i criminali di guerra. Il 19 novembre 2019, Rupert Colville, portavoce dell’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha espresso la preoccupazione dell’ufficio per l’amnistia presidenziale degli Stati Uniti per tre membri del servizio militare americano accusati di crimini di guerra. Questi tre casi riguardavano gravi violazioni del diritto umanitario internazionale, tra cui “l’uccisione di un gruppo di civili e l’esecuzione di un membro di un gruppo armato catturato”, ha detto Rupert.

Le azioni di bullismo hanno minacciato le istituzioni internazionali. John Bolton, ex consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, e il Segretario di Stato americano Mike Pompeo, hanno avvertito rispettivamente nel settembre 2018 e nel marzo 2019 che se la Corte penale internazionale (CPI) avesse continuato a indagare sul personale degli Stati Uniti e dei suoi alleati, gli Stati Uniti avrebbero imposto misure di ritorsione contro il personale direttamente responsabile delle indagini, come il divieto del loro ingresso negli Stati Uniti, il congelamento dei fondi e persino sanzioni economiche alla CPI. “Queste minacce costituiscono un’interferenza impropria con l’indipendenza della CPI e potrebbero ostacolare la capacità dei giudici, dei procuratori e del personale della CPI di svolgere i loro compiti professionali”, secondo gli esperti dell’ONU, che hanno insistito affinché gli Stati Uniti smettano di minacciare la CPI. In precedenza, i procuratori della CPI si erano rivolti ai giudici per un’indagine su presunti crimini di guerra da parte di tutte le parti in guerra nella guerra in Afghanistan. Alcuni militari e funzionari dei servizi segreti statunitensi sono stati sospettati di “torture, trattamenti crudeli, oltraggi alla dignità personale, stupri e abusi sessuali” nei confronti dei detenuti in Afghanistan e in altri luoghi. Secondo James Goldston, un esperto di legge, le osservazioni dei funzionari statunitensi avevano chiarito che il governo americano prendeva sul serio il diritto internazionale solo quando era nell’interesse degli Stati Uniti.

Le sanzioni unilaterali violano gravemente i diritti umani in altri Paesi. Secondo un rapporto pubblicato sul sito web dell’Onu il 7 novembre 2019, per il 28° anno consecutivo, l’Assemblea generale dell’Onu ha adottato una risoluzione che chiede la fine dell’embargo economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti contro Cuba. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite del 28 maggio 2019 intitolato “Necessità di porre fine all’embargo economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti d’America contro Cuba”, l’embargo economico e commerciale in quasi sei decenni è stata una violazione massiccia, flagrante e sistematica dei diritti umani di tutti i cubani. Il rapporto ha affermato che è imperativo che il governo degli Stati Uniti si conformi alle risoluzioni adottate dalla comunità internazionale nell’Assemblea Generale e ponga fine incondizionatamente alla sua politica di embargo contro Cuba. In una dichiarazione pubblicata dal sito web dell’Onu l’8 agosto 2019, l’Alto Commissario per i diritti umani Michelle Bachelet ha sottolineato che le sanzioni unilaterali imposte dagli Stati Uniti al Venezuela avrebbero implicazioni di vasta portata sui diritti alla salute e all’alimentazione in un Paese dove già esisteva una grave carenza di beni essenziali.

Gli Stati Uniti si sono rifiutati di adempiere ai loro obblighi internazionali. Negli ultimi anni, gli Stati Uniti si sono ritirati dai meccanismi multilaterali per il proprio interesse, tra cui il Consiglio per i diritti umani dell’ONU, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura e il Global Compact on Migration delle Nazioni Unite, infrangendo le regole e creando problemi al sistema di governance internazionale. La CNN ha riferito sul suo sito web il 4 novembre 2019 che gli Stati Uniti hanno presentato una notifica formale del loro ritiro dall’accordo sul clima di Parigi. Ha inviato un messaggio forte al resto del mondo che “man mano che gli impatti dannosi del cambiamento climatico diventano più evidenti, gli Stati Uniti … non faranno parte della carica internazionale per risolvere la crisi”, ha detto il rapporto.

La gente ha occhi perspicaci. Gli Stati Uniti si sono a lungo presentati con l’inganno come un cosiddetto “role mode” per la difesa dei diritti umani, giocando palesemente con due pesi e due misure in materia di diritti umani. I diritti umani, visti dagli Stati Uniti come uno strumento per mantenere la propria egemonia, sono stati da essi difesi o violati a seconda delle proprie esigenze. I fatti parlano più forte delle parole. Gli Stati Uniti, un paese che si preoccupa dei problemi dei diritti umani in patria, calpestano senza scrupoli i diritti umani delle persone in altri paesi, causando sofferenze indicibili. Tali atti offensivi sono una grave violazione della moralità internazionale e della coscienza umana e sono disprezzati da tutte le persone che credono alla gentilezza e alla giustizia. Consigliamo alle autorità statunitensi di limitare la loro arroganza e i loro pregiudizi, di esaminare con occhi chiari i problemi dei diritti umani degli Stati Uniti e di risolverli, invece di puntare il dito contro altri Paesi e di fare commenti irresponsabili.

FONTE:http://www.marx21.it/index.php/internazionale/stati-uniti-e-canada/30369-il-report-sulle-violazioni-dei-diritti-umani-negli-stati-uniti-nel-2019

 

 

 

 

 

QUESTA FRODE VIRALE È UN ESPERIMENTO DI UCCISIONE PER IL CONTROLLO DELLA POPOLAZIONE?

Di Gary D. Barne

” Information Clearing House ” – È arrivato il giorno in cui la libertà ha smesso di esistere in questo paese. Resta ancora uno stato d’animo per quelli delle masse che hanno poca capacità di pensare in modo critico o di vedere la realtà che li fissa in faccia. Questo è sintomatico di una popolazione in tumulto mentale, causata dall’indottrinamento a lungo termine che porta all’ignoranza di massa e al nazionalismo cieco.

I tiranni di tutta la storia passata devono sorridere mentre guardano oggi gli Stati Uniti, una tempesta totalitaria perfetta di due classi. Uno è l’elite politica e potente, e l’altro è il resto della società; deboli e dipendenti dai loro padroni. Una volta che la gente di ogni paese soccombe all’obbedienza, tutto ciò che rimane è la schiavitù.

È giunto il momento in cui a tutti viene detto dove possono andare, cosa possono fare, cosa possono acquistare, quali cure mediche possono o non possono ricevere, per quanto tempo devono rimanere nelle carceri di casa e presto gli verrà detto sono tenuti a vaccinare con il veleno consegnato da partner dello stato criminale. Il controllo sulla popolazione è quasi completo, poiché il governo sta spogliando tutta l’individualità eliminando o controllando con la forza la nostra cultura, religione e opinioni e pensieri indipendenti, al fine di realizzare un nuovo ordine. Questo ordine sarà un sistema di controllo di controllo dall’alto verso il basso, e si baserà su una popolazione spaventata e obbediente. La vita come l’abbiamo conosciuta cesserà di esistere,

Sembra ora che uno degli obiettivi sottostanti di questo spaventoso virus fraudolento sia quello di eliminare di proposito il più debole tra noi, mentre si utilizza questo virus prodotto come copertura peun tipo di controllo eugenico della popolazione. I disabili, i malati e gli anziani sono particolarmente vulnerabili a tutto l’isolamento e all’eliminazione delle cure mediche inerenti alla cosiddetta cura del governo per il raffreddore comune. Questo sarà un campanello mortale per un particolare settore della società. Quando la prevista acquisizione da parte del governo del Paese seguirà il suo corso iniziale, il numero di morti per questa risposta volutamente creata sarà estremo e l’enorme numero di vittime non sarà morto per nessun virus,

I vecchi e gli infermi, quelli che soccombono allo stress psicologico e fisico, quelli che sono legittimamente dipendenti dai custodi e i deboli e malsani tra noi, saranno decimati a causa di questa bufala. Fa parte del piano? La classe dirigente e il loro sistema medico totalitario cerca di eliminare i deboli come parte del loro programma desiderato? La morte per misure governative in atto ora non finirà quando queste brutali sanzioni contro di noi verranno temporaneamente revocate, continueranno a intensificarsi poiché il danno arrecato non diminuirà e le future cure mediche saranno per sempre modificate e limitate.
Questo è criminale in ogni modo immaginabile, e coloro che deriderebbero queste valide accuse non solo sono diventati mentalmente paralizzati e accecati, ma hanno perso le loro anime. Questa è una faccenda seria e influenzerà negativamente le famiglie in tutto il paese, sia adesso che dopo, e gli effetti duraturi saranno inconcepibili.

Bisogna mettere in discussione la follia per scoprire se si tratta veramente di una mancanza di controllo della mente o di un comportamento intenzionale. Le procedure mediche sono state interrotte. Gli interventi chirurgici elettivi e persino richiesti sono stati rinviati o eliminati del tutto. Le vittime di infarto ora non vengono accettate negli ospedali se possono essere rianimate in loco e gli ospedali sono sostanzialmente chiusi a quasi tutti i problemi di salute diversi da alcuni casi di “coronavirus” dichiarati. Tutto ciò viene fatto in base alla progettazione ed è tutto dovuto al mandato del governo. Ci sono ospedali vuoti dappertutto, ma i veri malati vengono lasciati morire mentre le cure critiche vengono abbandonate. Questo è un comportamento criminale, ma è consentito e promosso a causa delle bugie su un virus misterioso.

È impossibile non comprendere le implicazioni di queste politiche, e quelle implicazioni sono che molti moriranno a causa della mancanza di cure mediche, tutto a causa di una calcolata eliminazione dell’assistenza sanitaria causata da ordini del governo e strutture sanitarie. Questa follia è intenzionale, e quindi ogni responsabilità dovrebbe ricadere sui responsabili di non consentire cure salvavita a chi è nel bisogno. In effetti, qualsiasi ospedale che rifiuta di trattare i pazienti bisognosi dovrebbe essere ritenuto fisicamente ed economicamente responsabile di tutti i danni causati da negligenza.

Come ho accennato in precedenza, il bilancio delle vittime dovuto alla tracciata risposta del governo al presunto scoppio di Covid-19 sarà enorme e molto più di qualsiasi cosiddetto virus. Questo è il più grande infra-gioco di tutti i tempi, ed è perpetrato da governi intenzionati a raggiungere agende sinistre; programmi basati sull’ottenere il controllo di intere popolazioni prima di un collasso economico imminente.

Proprio come le misure tiranniche messe in atto dopo l’evento della falsa bandiera dell’11 settembre, i blocchi, la stampa di denaro, i salvataggi di corporazioni e banche privilegiate, le restrizioni totalitarie e la legislazione creata a causa di questa falsa pandemia, non scompariranno mai. Rimarranno sul posto per sempre e saranno utilizzate in ogni occasione necessaria affinché lo stato mantenga il pieno e totale controllo su ogni singolo americano. Questa è una parodia che espone il male che è governo, un male senza pari nella storia.

Los Angeles, Infettati in un parcheggio

Mentre le quarantene e l’isolamento obbligatori continuano, sempre più moriranno a causa di queste misure. Il conteggio dei decessi dovuto al governo e alle regole e alle restrizioni dell ‘”organizzazione sanitaria” continuerà ad aumentare, e come è successo da sempre. La maggior parte di questi decessi verrà erroneamente incolpata di questo virus anziché delle vere cause. Il conteggio delle morti dovuto all’azione del governo durante questa bufala sarà tremendo e i vecchi, i malati e gli indifesi continueranno ad essere sacrificati intenzionalmente in nome di una bugia.

Gary D. Barnett è un professionista degli investimenti in pensione che vive e scrive a Lewistown, nel Montana. Visita il suo sito Web https://www.garydbarnett.com/ .

Traduzione: Luciano Lago

FONTE:https://www.controinformazione.info/questa-frode-virale-e-un-esperimento-di-uccisione-per-il-controllo-della-popolazione/

 

 

 

ECONOMIA

RINALDI: EUROGRUPPO DICE NO AGLI EUROBOND, SOLO MES

8 aprile 2020

Vi presentiamo una diretta Video di Antonio Maria Rinaldi. L’Eurogruppo rifiuta gli Eurobond , o Coronabond, ed invece vuole solo il MES. Poi ieri è stato sentito Gualtieri in comitato ECON, e ,come avete potuto leggere, Gualtieri è stato molto incerto e fumoso, rivelando di non avere una idea chiara di cosa fare al di là di implorare i Coronabond.

FONTE:https://scenarieconomici.it/rinaldi-eurogruppo-dice-no-agli-eurobond-solo-mes/?utm_medium=push&utm_source=onesignal

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Attacco del leviathan della finanza al governo giallo-verde

Federica Francesconi – 29 settembre 2018                         RILETTURA

E ‘in corso l’attacco del Leviathan dell’alta finanza al governo giallo-verde. Stamane lo spread è andato alla stelle e già il Colle, questa entità ibrida, che agli occhi di chi scrive è da anni occupata da figure ambigue, lancia l’allarme sulla perdita di credibilità del Paese nell’UE. Penso sia giunta l’ora che chi occupa la più alta carica dello Stato si preoccupi della perdita di credibilità della Presidenza della Repubblica presso l’opinione pubblica. La colpa del governo, e la colpa degli italiani che lo hanno votato e di quelli che attualmente lo sostengono, è quella di alleviare le sofferenze del popolo, infischiandosene, almeno in parte, del Mef e dei mercati. “Il mercato insegnerà agli italiani come votare”, aveva predetto il Commissario Oettinger. Mai predizione fu più fallace: il M5S e la Lega, secondo gli ultimi sondaggi, volano al 62%, ciò significando che quasi i 2/3 del corpo elettorale è dalla parte del governo.
In un recente intervento all’ONU il Presidente del Consiglio Conte ha pronunciato parole che non si sentivano da almeno venticinque anni: il popolo e la sovranità sono elementi indiscutibili della Costituzione. Tale binomio è inscindibile. Chi lo vuole spezzare? Si tratta di cellule cancerogene infiltrate nel corpo italico: economisti, politici di prestigio internazionali, intellettuali-macchiette e tante altre figure che tifano contro l’Italia, cioè contro il popolo, al quale appartiene la sovranità. Si tratta di anti-italiani al baffo pregiato, impregnati di cultura economicista, nichilisti prezzolati, cosmopoliti privi di radici, gufi di professione che odiano il popolo italiano e le sue istanze.
Non rigiriamo la frittata: lo sforamento del deficit non è il vero motivo degli attacchi finanziari all’Italia. Nel 2015 il governo Renzi alzò il deficit di 0,9 punti. In quella circostanza la Troika non emesse alcun sibilo. Ora che nella manovra di bilancio è previsto uno sforamento dello 0,4%, le forze tecnocratiche e finanziarie deviate fanno volare stracci bagnati. Non ci si può nascondere che il bersaglio non è la manovra ma il governo giallo-verde, che è ricorso al deficit per attuare una politica economica di sostegno alle fasce meno abbienti della popolazione. E’ questo agli occhi dell’élite eurocratica e mondialista è imperdonabile. Il popolo italiano deve morire, come a suo tempo morì quello greco. Il decreto di morte è stato emesso e chi si oppone alla sentenza è passibile di discredito e demonizzazione. Come ha detto Savona poche ore fa: “Il guanto di sfida 

FONTE:https://www.facebook.com/profile.php?id=100016084654584

Financial Times: Stampare denaro è una valida risposta alla crisi del coronavirus

Financial Times: Stampare denaro è una valida risposta alla crisi del coronavirus
“Whatever it takes”. Tutto il necessario per far fronte alla crisi provocata dalla pandemia di Covid-19, questa sembra essere la parola d’ordine adottata dai governi di praticamente tutto il mondo. Solo l’Unione Europea dominata dall’ordoliberismo tedesco mostra di non voler aderire a questa visione.

Da più parti si prospetta l’ipotesi che i fondi necessari siano creati dalle banche centrali stampando il denaro necessario. A tal proposito scrive il Financial Times in un editoriale dal titolo emblematico ‘Stampare denaro è una valida risposta alla crisi del coronavirus’: «Le banche centrali si trovano ad affrontare chiamate per stampare denaro per finanziare direttamente la spesa pubblica.

In tempi di emergenza, in particolare di guerra, le banche centrali hanno spesso fornito ai governi banconote appena stampate. La lotta contro l’inflazione risultante è stata rinviata a dopo qualsiasi crisi».

Secondo il principale giornale economico-finanziario del Regno Unito non è giunto il momento di «allentare il quadro di una banca centrale indipendente e orientata all’inflazione. Tuttavia, questo tipo di finanziamento monetario dovrebbe essere uno strumento disponibile per i responsabili politici, se necessario».

Riguardo a eventuali rischi da iperinflazione scrive: «Il quantitative easing dell’ultimo decennio, nonostante le previsioni, non ha portato l’inflazione al di sopra degli obiettivi del 2% delle principali banche centrali. Il denaro pompato nelle economie del mondo ricco è stato accolto dall’aumento della domanda, forse permanentemente, di risparmi precauzionali».

La crisi provocata dalla pandemia mondiale che annuncia una recessione a livello planetario comporta che debbano essere valutati strumenti monetari più diretti come “helicopter money”, conclude il quotidiano britannico.

FONTE:https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-financial_times_stampare_denaro__una_valida_risposta_alla_crisi_del_coronavirus/82_34107/

 

 

 

Ci facciamo prestare i nostri soldi

Lisa Stanton – 6 aprile 2020

E’ fatta! Ci facciamo prestare i nostri soldi pagandoci sopra gli interessi usurai e, purtroppo, accedendo alla condizionalità prevista dal trattato istitutivo del MES che ci ridurrà (se tutto va bene) come la Grecia.

A qualche idiota che spera che Germania e Francia molleranno la presa, ricordo che offrirsi in pasto agli avvoltoi non è mai un’idea vincente e che tre giorni fa la quota di maggioranza del 51% di Aspi (che detiene Autostrade Spa) è stata acquisita alle attuali quotazioni di mercato da Allianz, il colosso tedesco delle assicurazioni.

FONTE:https://www.facebook.com/lisa.stanton111?__tn__=%2CdC-R-R&eid=ARAN3m4wIV3mhXryY9gm50OGRFZydEFBFMLY_4onDYBjcSgUGYLiMfoV-L7LiHKqctbPOMBErh2bxdHT&hc_ref=ARRNYxOUBjREXKYj-S-5S4jeNTHR0iMbUyP1lchzYVemdwS2iEWVctTUcIAMbdt1F8w&fref=nf

 

 

 

 

LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

FONTE:https://www.ilsussidiario.net/news/i-numeri-le-vere-previsioni-sulle-perdite-dei-posti-di-lavoro/2006126/

 

 

 

 

Rapporto. La guerra dell’Ue alle pensioni e all’assistenza sanitaria

di Thomas Fazi
Un recente rapporto commissionato dall’europarlamentare della Linke Martin Schirdewan si è preso la briga di studiarsi tutte le raccomandazioni formulate dalla Commissione europea nell’ambito del Patto di stabilità e crescita e della Procedura per gli squilibri macroeconomici tra il 2011 e il 2018.
I risultati sono agghiaccianti. Lo studio mostra come, oltre ad insistere ossessivamente sulla riduzione della spesa pubblica, la Commissione si sia concentrata in particolare sulla riduzione della spesa relativa alle pensioni, alle prestazioni sanitarie e all’indennità di disoccupazione, oltre a chiedere il contenimento della crescita salariale e la riduzione delle misure di garanzia della sicurezza sul lavoro.

In particolare, dall’introduzione del semestre europeo nel 2011 fino al 2018, la Commissione ha formulato ben 105 raccomandazioni distinte nei confronti degli Stati membri affinché aumentassero l’età pensionabile e/o riducessero la spesa pubblica relativa alle pensioni e all’assistenza per gli anziani. Inoltre, ha anche formulato 63 raccomandazioni ai governi affinché riducessero la spesa per l’assistenza sanitaria e/o esternalizzassero o privatizzassero i servizi sanitari.

Infine, la Commissione ha formulato 50 raccomandazioni volte a reprimere la crescita dei salari e 38 raccomandazioni volte a ridurre la sicurezza sul lavoro, le tutele occupazionali contro il licenziamento e i diritti di contrattazione collettiva di lavoratori e sindacati.

E poi ci vengono anche a chiedere perché siamo contro l’Unione europea…

[Link al rapporto: https://emmaclancy.files.wordpress.com/…/discipline-and-pun…]

FONTE:https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-rapporto_la_guerra_dellue_alle_pensioni_e_allassistenza_sanitaria/11_33134/

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Parla Kissinger: “La pandemia cambierà per sempre l’ordine mondiale’

Henry Kissinger, segretario di Stato e consigliere per la sicurezza USA sotto le presidenze Ford e Nixon, ha commentato la situazione coronavirus in un articolo sul Wall Street Journal, ricordandoci come le parole “nuovo ordine mondiale” non siano ad uso esclusivo di complottisti sbraitanti contro la Commissione Trilaterale o contro il Gruppo Bilderberg, istituti in cui tra l’altro Kissinger ha preso parte in maniera consistente durante la sua lunga carriera. 

L’ex segretario di stato, descritto da wikipedia come un personaggio con una “naturale predisposizione per la diplomazia segreta, una concezione politica ispirata a un esasperato pragmatismo, una notevole dose di cinismo, un profondo amore per il potere”, ci  consiglia di “sostenere la fiducia pubblica” perchè “è fondamentale per la solidarietà sociale, per il rapporto delle società tra loro, per la pace e la stabilità internazionale”. La chiamata è a un programma di collaborazione globale.

Kissinger fa appello alla salvaguardia dei valori dell’illuminismo, nello specifico la funzione dello stato di “provvedere ai bisogni fondamentali del popolo: sicurezza, ordine, benessere economico e giustizia”. Digitando su google ‘valori dell’illuminismo’ il risultato in evidenza parla dei “valori della ragione, dello spirito critico e della circolazione democratica del sapere”, valori che Kissinger non sembra abbia tenuto in considerazione quando organizzava segretamente colpi di stato in paesi democratici per instaurare dittature sanguinarie, portandosi sulla coscienza un buon numero di omicidi e ingiustizie.

Ora per Kissinger è il momento della solidarietà sociale, dell’attenzione sulle popolazioni più vulnerabili del mondo, di una buona dose di vaccinazioni di massa, di non meglio specificate misure per contenere il dolore economico, e di salvaguardare i valori dell’illuminismo: il coronavirus rappresenta un pericolo per la cultura occidentale in generale, se non faremo attenzione sarà il caos. La cura per l’ex segretario di stato è semplice: sicurezza e ordine. Niente di nuovo, niente di buono.

Henry A. Kissinger

wsj.com

L’atmosfera surreale della pandemia di Covid-19 mi ricorda come mi sentivo da giovane nell’84esima divisione di fanteria durante l’offensiva delle Ardenne. Ora, come alla fine del 1944, c’è un senso di pericolo incombente, non rivolto a una persona in particolare, ma che colpisce in modo casuale e devastante. Ma c’è una differenza importante tra quel tempo lontano e il nostro. La resistenza americana era allora fortificata da un fine nazionale. Ora, in un Paese diviso, è necessario un governo efficiente e lungimirante per superare ostacoli di portata globale senza precedenti. Sostenere la fiducia pubblica è fondamentale per la solidarietà sociale, per il rapporto delle società tra loro, per la pace e la stabilità internazionale.

Le nazioni coesistono e prosperano nella convinzione che le loro istituzioni possano prevedere le calamità, arrestarne l’impatto e ripristinare la stabilità. Quando la pandemia di Covid-19 sarà finita, le istituzioni di molti Paesi saranno percepite come fallite. Se questo giudizio sia obiettivamente giusto è irrilevante. La realtà è che il mondo non sarà più lo stesso dopo il coronavirus. Discutere ora del passato rende solo più difficile fare ciò che deve essere fatto.

Il coronavirus ha colpito con una portata e una ferocia senza precedenti. La sua diffusione è esponenziale: I casi negli Stati Uniti raddoppiano ogni cinque giorni. In questo scritto, non c’è cura. Le scorte mediche sono insufficienti per far fronte all’ondata crescente di casi. Le unità di terapia intensiva sono sul punto, e non solo, di essere sopraffatte. I test sono inadeguati per identificare l’estensione dell’infezione e tanto meno per invertire la sua diffusione. Un vaccino di successo potrebbe essere a 12-18 mesi di distanza.

L’amministrazione statunitense ha fatto un solido lavoro per evitare una catastrofe immediata. La prova definitiva sarà se la diffusione del virus può essere arrestata e poi invertita in un modo e in una scala che mantenga la fiducia dell’opinione pubblica nella capacità di autogoverno degli americani. Lo sforzo di crisi, per quanto vasto e necessario, non deve precludere l’urgente compito di avviare un’impresa parallela per la transizione all’ordine post-coronavirus.

I leader stanno affrontando la crisi su base prevalentemente nazionale, ma gli effetti sociali del virus non conoscono confini. Mentre l’assalto alla salute umana sarà – si spera – temporaneo, lo sconvolgimento politico ed economico che ha scatenato potrebbe durare per generazioni. Nessun paese, nemmeno gli Stati Uniti, può, in uno sforzo puramente nazionale, superare il virus. Affrontare le necessità del momento deve essere alla fine abbinato a una visione e a un programma di collaborazione globale. Se non possiamo fare entrambe le cose in tandem, affronteremo il peggio di ciascuno.

Traendo lezioni dallo sviluppo del Piano Marshall e del Progetto Manhattan, gli Stati Uniti sono obbligati a intraprendere un grande sforzo in tre settori. In primo luogo, sostenere la resistenza globale alle malattie infettive. I trionfi della scienza medica come il vaccino antipolio e l’eradicazione del vaiolo, o l’emergente meraviglia tecnico-statistica della diagnosi medica attraverso l’intelligenza artificiale, ci hanno cullato in un pericoloso compiacimento. Dobbiamo sviluppare nuove tecniche e tecnologie per il controllo dell’infezione e vaccini adeguati per le grandi popolazioni. Le città, gli stati e le regioni devono prepararsi costantemente a proteggere la loro popolazione dalle pandemie attraverso lo stoccaggio, la pianificazione cooperativa e l’esplorazione alle frontiere della scienza.

In secondo luogo, sforzarsi di guarire le ferite dell’economia mondiale. I leader globali hanno imparato importanti lezioni dalla crisi finanziaria del 2008. L’attuale crisi economica è più complessa: la contrazione scatenata dal coronavirus è, nella sua velocità e scala globale, diversa da qualsiasi cosa mai conosciuta nella storia. E le necessarie misure sanitarie pubbliche, come l’allontanamento sociale e la chiusura di scuole e imprese, stanno contribuendo al dolore economico. I programmi dovrebbero anche cercare di migliorare gli effetti del caos incombente sulle popolazioni più vulnerabili del mondo.

In terzo luogo, salvaguardare i principi dell’ordine mondiale liberale. La leggenda fondante del governo moderno è una città murata protetta da potenti governanti, a volte dispotici, altre volte benevoli, ma sempre abbastanza forti da proteggere il popolo da un nemico esterno. I pensatori illuministi hanno riformulato questo concetto, sostenendo che lo scopo dello Stato legittimo è quello di provvedere ai bisogni fondamentali del popolo: sicurezza, ordine, benessere economico e giustizia. Gli individui non possono garantire queste cose da soli. La pandemia ha provocato un anacronismo, una rinascita della città murata in un’epoca in cui la prosperità dipende dal commercio globale e dalla circolazione delle persone.

Le democrazie del mondo devono difendere e sostenere i loro valori illuministici. Un ritiro globale dall’equilibrio tra potere e legittimità farà sì che il contratto sociale si disintegri sia a livello nazionale che internazionale. Eppure questa questione millenaria di legittimità e di potere non può essere risolta contemporaneamente allo sforzo di superare la peste di Covid-19. È necessario un freno da tutte le parti, sia nella politica interna che nella diplomazia internazionale. Le priorità devono essere stabilite.

Siamo passati dalla Battaglia del Rigonfiamento a un mondo di crescente prosperità e di maggiore dignità umana. Ora viviamo un periodo epocale. La sfida storica per i leader è quella di gestire la crisi costruendo il futuro. Il fallimento potrebbe incendiare il mondo.

Fonte: https://www.wsj.com/articles/the-coronavirus-pandemic-will-forever-alter-the-world-order-11585953005

Pubblicato il 03.04.2020

Introduzione e traduzione per Comedonchisciotte.org a cura di Riccardo Donat-Cattin

FONTE:https://comedonchisciotte.org/parla-kissinger-la-pandemia-cambiera-per-sempre-lordine-mondiale/

 

 

 

La Cina mente sui morti del coronavirus? Perché i sospetti sono fondati…

Qualcosa continua a non tornare sui numeri che la Cina ha diffuso e diffonde sulle vittime causate dall’epidemia di coronavirus SarsCoV2. Dubbi su un’attività di oscurantismo di Pechino, che ha già cercato di minimizzarne la diffusione pur essendo partita proprio dalla Cina la pandemia globale, a causa dell’alta trasmissibilità del nuovo virus. Ora il Partito comunista cinese potrebbe diffondere valori alterati della situazione attuale per spingere il messaggio di prontezza. Elemento strategico fondamentale nel dopoguerra al virus: il primo a ripartire avrà un vantaggio. Il primo a risolvere la crisi ha la forza di vendersi al mondo come risolutore, in grado di fornire conoscenze e assistenza. Un metodo per spingere la potenza globale che il segretario del Partito Xi Jinping progetta per il suo Paese – vedere l’offerta di cooperazione agli Stati Uniti, dopo settimane di acceso scontro retorico.

Ieri sono circolate sui social network immagini di code lunghissimi davanti ai Funeral Parlour (sale dei funerali) di Hankow, un quartiere di Wuhan, il centro dell’epidemia: centinaia, probabilmente migliaia, di persone che una dietro l’altra aspettavano di ritirare le urne contenenti le ceneri dei propri cari uccisi dal virus. Il governo cinese aveva subito deciso di cremare i morti, senza fornire troppe informazioni sulle cause del decesso e senza alcuna cerimonia funebre. Ora i cittadini chiedono qualcosa da piangere in preparazione alla festa del Qingming, il 4 aprile prossimo, quando si onorano le tombe dei defunti – sebbene fino al 30 aprile resterà in piedi l’ordinanza che vieta di recarsi nei cimiteri.

I dubbi sono chiari: ci sono moltissime persone in coda, e 3289 morti dichiarati ufficialmente dalla Cina. La gente ha dovuto aspettare ore prima di riprendere le urne, mentre i poliziotti gestivano l’ordine pubblico – tra l’altro controllando che nessun scattasse fotografie. Forse perché le code rischiavano di essere una prova compromettente sulla realtà della situazione cinese? Un’altra sala per funerali a Wuchang (un altro quartiere di Wuhan) ha annunciato che i familiari possono andare a ritirare le urne con le ceneri dal 23 marzo: soltanto quel Funeral Parlour prevede di distribuirne 500 al giorno, fino al Qingming, ossia significa che in totale saranno restituite circa 6500 urne per tutto questo periodo. Molte di più dei morti dichiarati.

Un mese fa, il giornalista Li Zehua – un ex presentatore televisivo della CCTV che si era licenziato in contrasto alle politiche restrittive imposte dal Partito sul racconto della crisi – s’era recato a Wuhan proprio per indagare sulle vittime. Ed era partito proprio dal cercare notizie tra i crematori, dove erano stati richiesti turni extra ai lavoratori e nuove assunzioni. Lavoravano oltre 19 ore al giorno, i dipendenti erano costretti a vivere all’interno delle ditte. Evidentemente c’era una richiesta enorme. Li Zehua, dopo aver postato una storia sui social network e aver mandato alcuni video su YouTube è stato inseguito dagli uomini dei servizi e poi arrestato: ancora non si hanno notizie di lui.

Mentre la polizia di Internet ripulisce la rete da commenti critici, anche ironici, nei confronti della situazione – e chiede conto direttamente a chi li pubblica – la questione delle urne alimenta ulteriori dubbi sulla volontà cinese di mentire per ripartire in fretta. Pochi giorni fa, su queste colonne Gabriele Carrer si era occupato di sottolineare come nel giro di tre mesi in Cina siano sparite 21 milioni utenze telefoniche, “e visto che in Cina il cellulare serve perfino per la pensione, aumentano i dubbi sulle cifre del regime“.

FONTE:https://formiche.net/2020/03/cina-coronavirus-morti/

 

 

 

POLITICA

NASCE LA SOCIETÀ POLITICAMENTE DEBOLE E ACEFALA

Il problema del rapporto tra stabilità politica e mercati è da più di mezzo secolo al centro di studi, ricerche e quesiti delle organizzazioni internazionali (conferenze varie e rapporti di sindacato tra corporate, multinazionali e grandi speculatori finanziari). E dopo tante giornate congressuali, incontri al vertice, G8, G7, G20 delle banche, vertici di Basilea e quant’altro, la risposta ai potenti si riassume sempre e soltanto nelle riflessioni fatte a suo tempo da George Orwell. Ovvero senza un controllo totale degli individui, che li renda politicamente dei polli in batteria, difficilmente sarebbe raggiungibile la stabilità finanziaria del Pianeta. Perché il problema di oggi non sono le guerre tradizionali, un residuato storico folkloristico che viene ancora giocato lungo i confini del Kashmir (rivendicazioni vecchie tra Cina, India e Pakistan), o qualche colpo di mortaio lungo la linea di demarcazione tra Manciuria e Russia, e nemmeno quel gioco (per figli annoiati di nobili decaduti centroeuropei) che è lo sport di finanziare la vendita d’armi in Africa. Certo per gente come il leader turco Erdogan conta ancora dimostrare prove muscolari, la Siria è forse l’esempio, come altre zone di quell’ombelico belligerante che da sempre è l’Asia minore, oggi detta in gergo Medioriente.

Ma chi si riunisce, lontano da bombe e prove muscolari, va oltre i tradizionale, e sogna una società asociale, nella quale sarà difficile (se non impossibile) dialogare col proprio prossimo in assenza di supporti tecnologici (videoconferenze, internet, chat, social, skype) e chi fuori dalle rigide regole un giorno non godrà nemmeno dell’economia gocciolata, d’una sorta d’elemosina di sistema. Quest’ultimo ha sulle prime perso (in parte) il controllo della situazione, ma solo per un paio di giorni dopo l’esplosione dell’epidemia a Wuhan: ma la situazione è stata ghiotta per accelerare sul programma occidentale d’isolamento sociopolitico. Una metodica planetaria di riduzione delle libertà politiche e democratiche individuali, al fine di poter controllare quello che secondo alcuni scienziati sarebbe il primo fattore d’inquinamento del pianeta, il cosiddetto fattore antropico. L’uomo, che con le sue molteplici attività, con la non controllata capacità d’impresa, mette su attività artigianali e pseudo-industriali per il solo guadagno immediato o in un tempo programmato (come nel caso dell’economia da settore primario, l’agricoltura).

L’incontro tra scienziati ed economisti era stato programmato dai potenti della Terra pochi giorni dopo che Papa Francesco aveva partecipato al Sinodo dell’Amazzonia: lì il vicario di Cristo era andato fuori le righe, aveva detto apertamente che avrebbe avversato, con lo spirito e con la fede, ogni progetto che (con la scusa dell’ecologia integrale) avrebbe ridotto interi popoli in una sorta di servitù della gleba di pochi potenti. George Sorsos (filantropo silente in questo periodo) ed i signori del “fondo occulto” di Hillary Clinton s’erano sentiti dire in faccia da Francesco “Ecologia sì ma schiavitù no”. Ma come, dopo che lo avevano seduto sul soglio di Pietro, approfittando del congelamento di lingotti e liquidi in Usa, ora devono sorbirsi il diktat di Papa Francesco? Il Sinodo s’è svolto dal 6 al 27 Ottobre 2019 (due mesi prima dell’inizio pandemia in Cina) coinvolgendo Bolivia, Brasile, Colombia, Perù, Venezuela, Suriname, Guyana e Guyana francese. Evento subito percepito dai signori dei grandi fondi finanziari Usa come una sorta di ribellione del presule Bergoglio verso chi lo aveva gradito al Soglio di Roma.

Ricordiamo tutti come nel 2013 la sua elezione (meglio sarebbe dire subentro a Papa Benedetto) sbloccava quelle riserve auree vaticane congelate in Usa: i famosi lingotti che il cardinale Paul Marcinkus aveva messo al sicuro in Usa negli anni Ottanta. Ma il Papa sudamericano avrebbe deciso di ribellarsi, di non sottostare al “controllo sociale” per motivi politico-economici. Perché il programma di distanziamento sociale, per il momento fissato sino ad inizi 2023 (in quell’anno dovremmo votare politicamente), non blocca solo le adunate di fedeli ma anche la diffusione di idee, filosofiche, letterarie, politiche. Di fatto l’Occidente, sulla scorta dei controlli usati in Cina, ha deciso di munirsi di strumenti utili a limitare la privacy individuale, la libertà individuale, la capacità economica e produttiva individuale e, soprattutto, la possibilità di diffondere idee, notizie e programmi politici.

Tutto questo si chiama politica del “contenimento sociale” realizzata attraverso strumenti (leggi e metodi di polizia) di “distanziamento sociale”. In questa politica s’inseriscono di buon grado Facebook, Instagram e Whatsapp, social network di proprietà di Mark Zuckerberg che, dopo alcuni problemi, ora è entrato a pieno titolo nel salotto dei gestori dei fondi finanziari: non è un caso che Facebook abbia bollato il presidente brasiliano Bolsonaro come “diffusore di fake news”, quindi disinformatore, operazione che Facebook opera verso chiunque tenti di scrivere del fondo occulto della Clinton (ove lavora il meglio di Black Rock) o delle operazioni finanziario-umanitarie di Soros o sul misterioso fondo “Hedge Fund Bridgewater” che ha scommesso sulla pandemia (annovera tra i suoi consulenti due componenti dell’Oms). A Mark Zuckerberg è stata concessa in parte (e perdonata) una certa emissione di criptovaluta solo perché è entrato dalla porta principale nel salotto che gestisce la politica finanziaria globale: quella è gente che non scherza, Jeffrey Epstein docet.

Riflessi italiani, brutto paese

E veniamo al “contenimento sociale” in Italia. Perché lo ha detto lo stesso Conte che non torneremo più al vecchio modello di “contaminazione sociale”: ovvero mai più tutti al bar a farci l’aperitivo, nemmeno tutti insieme allo stadio, le feste (anche in casa) verranno monitorate dalle forze di polizia, mai più grandi manifestazioni di protesta… l’elenco è davvero lungo e difficilmente dopo il 2023 si potrà tornare a quel modo di vivere che per noi era libero. Evitiamo citazioni dotte, circa una ventina d’anni fa un pensatore aveva già previsto che metà della popolazione mondiale che lavora avrebbe svolto il compito di controllare l’intero pianeta, forse fatta eccezione per qualche aborigeno tribale e pochi eskimesi.

Ciliegina sulla torta, a maggio nelle aule di giustizia riprendono i processi, rigorosamente a porte chiuse, senza nemmeno l’imputato ed il suo avvocato… sotto i sei anni di reclusione non ci sarà bisogno delle parti. Ai condannati non rimarrà che fare appello, ed il Guardasigilli Bonafede (in malafede) tace. E la ministra dell’Interno Lamorgese ha detto “nessuna comprensione per gli atti d’intolleranza di chi vive ai margini”. Tra i programmi governativi è prevista una revisione della libertà di stampa e d’opinione, nonché un controllo delle opposizioni non presenti parlamentarmente.

Ecco come la Cina ha ispirato, oltre il virus, la cultura occidentale di governo. Così da più di un mese ci ripetono che non si potrà tornare al sistema di prima. A quella contaminazione socio-culturale che ci vedeva riuniti per una partita di calcio, come per un battesimo o un compleanno. Il fatto grave è che tutto ciò lo impedisce un decreto aggregato al testo unico di pubblica sicurezza. Un decreto nemmeno passato al vaglio delle aule parlamentari. Un normale decreto avrebbe vitalità per 60 giorni. Dopo decadrebbe, o toccherebbe al Parlamento farne legge. Ma questo decreto è subdolo, si presta ad interpretazioni giurisprudenziali. Per un addetto ai lavori (un poliziotto) il valore e la scadenza del decreto Lamorgese-Conte, che vieta le feste con invitati (in casa ed in locali) è valido sino a quando verrà abrogato da un pari atto, del Parlamento o di ministro dell’Interno e presidente del Consiglio.

Il decreto ha per le forze di polizia lo stesso valore del 41 Tulps (testo unico di pubblica sicurezza) anzi lo va ad integrare. Il 41 Tulps prevede l’obbligo di perquisizione dei domicili per fondato sospetto di armi e droga, e da circa una decina d’anni anche per ingenti somme di danaro di cui il proprietario non riesce a dimostrare lecita provenienza (senza giustificativi tutto viene sequestrato). Nello specifico il divieto d’invitare gente nella propria abitazione per feste e riunioni resterà valido finchè non revocato, anche dopo il 31 Luglio 2020, data di fine emergenza pubblicata su Gazzetta Ufficiale (salvo proroghe della Presidenza del Consiglio). Quindi le forze di polizia potranno sempre intervenire quando verranno segnalate riunioni presso case private (nei luoghi pubblici ci vuole un permesso), e provvederanno sempre e comunque ad allontanare i non residenti, a verbalizzare e denunciare all’autorità giudiziaria residenti ed amici e conoscenti, a perquisire l’immobile per appurare vi siano sostanze stupefacenti.

La presenza di superalcolici, vivande e altro sarà ritenuta prova della riunione. Se la riunione ha fini politici o di propaganda (anche culturale) ne faranno delega d’indagine alle Digos. Quindi abbiamo finito d’invitare amici a casa anche dopo il 31 Luglio se non vi sarà una revoca del provvedimento di polizia che, tra l’altro, viene rafforzato da norme locali: infatti molti comuni hanno istituito una “app” ed un centralino che permette ad ogni cittadino la delazione, ovvero fare la spiata alle forze di polizia. E molti comuni hanno disposto il divieto di feste sino al 2022, posto che nel 2022 sia arrivata una revoca del decreto Lamorgese-Conte. Quindi, anche dopo l’estate, difficilmente una bella serata con amici. Ma Roma rimarrà comunque una città a libertà limitata, e perché la Raggi ha detto chiaramante, e nella conferenza sui nuovi compiti di polizia amministrativa, che col 5G ci spieranno in casa. Che saranno in grado di vedere tutto quello che facciamo. Potranno tentare di sanzionarci su tutto, anche se ci sostituiamo il cesso o tinteggiamo casa. Valuteranno che ogni nostro lavoretto sia svolto a “norma Ue”. Il “coronavirus” sta di fatto realizzando quella saldatura tra interessi finanziari, scientifici, farmaceutici, politici. Cenerentola si dimostra la democrazia, la libertà individuale e d’espressione. Come in un folle film di fantascienza, il politico pende dalle labbra d’uno scienziato genialoide e di consiglieri affaristi.

Italia, un nuovo Governo per “ripagare” i soldi dell’Europa

 – Mauro Bottarelli

Senza lo scudo della Bce, l’Italia sarebbe già avviata verso un nuovo 2011. Presto arriverà un Governo che agirà con piglio e rigorismo europeo

Premessa, più che doverosa: questo articolo è stato scritto prima che l’Eurogruppo di ieri assumesse e comunicasse qualsiasi decisione riguardo la risposta da mettere in campo a livello Ur per contrastare l’impatto economico della pandemia. Quindi, prescinde da ogni potenziale conclusione o ulteriore rinvio. Magari, la Germania avrà ceduto e concesso i “coronabonds” con limitazioni di emissione e scadenza a breve termine. O forse l’Italia avrà accettato l’attivazione senza condizionalità del Mes. Oppure ancora ci si sarà affidati alla Beo, optando per un compromesso che garantisse un bel calcione al barattolo. Non è mio compito quello di ragguagliarvi su cose che troverete, in tutte le salse e declinazioni, raccontate pressoché ovunque, dai giornali ai Tg, dai talk-show ai siti di informazione fino ai blog. Io voglio dirvi solo una cosa oggi, un qualcosa che prescinde dall’emergenzialità del momento e di cui dobbiamo però prendere atto. Poiché prima lo faremo, meglio sarà: l’Italia è comunque arrivata a un capolinea che impone un ripensamento totale. E un reset di quelli storici. Non a caso, Mario Draghi sembra in rampa di lancio per governare questa stagione senza precedenti per la nostra economia, paragonabile senza tema di smentite al Secondo dopoguerra.

Solitamente vi invito a guardare con attenzione i grafici che pubblico, oggi invece ricorro alla formula più assertiva dello stamparli e attaccarli con un bel magnete al frigorifero di casa: sono questi due e da soli spazzano via giorni e giorni di idiozie relative alla volontà europea di soggiogare il gigante italico, sfruttando il suo temporaneo momento di debolezza.

Ci mostrano come la Bce stia schermando il nostro debito in seno al nuovo programma Pepp, quello appunto designato ad hoc per il contrasto della pandemia: a marzo l’Eurotower ha acquistato bond per 66,5 miliardi complessivi contro i 23,4 di febbraio. Non si arrivava a livelli simili dalla fine del 2017. Ma è il secondo grafico a interessarci direttamente, poiché se da un lato conferma ciò di cui vi parlavo già due settimane fa (ovvero, il fatto che la BceE abbia mandato temporaneamente in soffitta la regola aurea della capital key relativa agli acquisti di debito sovrano pro quota attraverso le varie Banche centrali nazionali, uno smacco per la Bundesbank), dall’altro mostra plasticamente chi sia stato il beneficiario principale dei primi due giorni di acquisti del nuovo programma Pepp: i nostri Btp. Il nostro spread. Il nostro costo di servizio del debito. Di fatto, la stabilità e sostenibilità stessa dei nostri conti pubblici.

Ricorderete come la settimana scorsa, sottolineai la timidezza dei tecnici del Tesoro nel mettere in asta un ammontare minimo di 1,5 miliardi di euro per l’emissione di Btp a 10 anni, tanto che infatti la domanda reale fu poi pari a 2,4 miliardi. Sintomo chiaro di due cose: primo, mancanza totale di fiducia nelle mosse del Governo da parte di chi opera con i numeri e non con le chiacchiere. Secondo, attesa per vedere se la Bce sarebbe davvero passata dagli annunci ai fatti. Ed ecco che, all’asta prevista per domani, il Tesoro pare aver rotto gli indugi, ben conscio che lo schermo garantito dalla Bce fino a fine anno in corso va sfruttato al massimo per emettere più debito possibile con maturazione massima: fra 24 ore, a Roma andrà in asta un controvalore record di 9,5 miliardi di euro in Btp a 3, 7, 15 e 30.

Ma non basta. Stando a calcoli di Unicredit Research, da qui a fine anno (ovvero, nel medesimo arco temporale garantito e schermato dagli acquisti della Bce), l’Italia dovrà emettere debito per un controvalore compreso fra 121 e 158 miliardi di euro: e chi lo acquisterà, al netto di banche e assicurazioni? L’Eurotower. Garantendoci ossigeno, ancorché la metafora appaia fuori luogo in questi giorni di emergenza sanitaria. Ma tremendamente efficace e reale: siamo come un paziente che ha avuto la “fortuna” non solo di trovare un letto in terapia intensiva, ma anche nel nosocomio migliore e con i medici più preparati in assoluto. Siamo lì, attaccati al respiratore di Francoforte. Inutile negarlo, perché ormai il redde rationem è arrivato. Dove sarebbe, già oggi, il nostro spread senza gli acquisti della Bce?

E attenzione, quel picco all’insù rappresentato nel primo grafico contempla solo due dei quattro giorni di operatività allargata in seno al nuovo Pepp: è un vero e proprio bazooka. Il quale non solo garantisce l’effetto front-load grazie agli acquisti reali, al netto del renivestimento titoli già in detenzione ma opera in modo ancora più fondamentale come back-stop, ovvero lo spaventapasseri della speculazione. Perché per quanto uno possa amare il rischio, nessuno è così pazzo da andare contro al trend innescato da volumi di acquisto come quelli messi in campo dalla Bce. Nessuno.

Attenzione, però: quello scudo dell’Eurotower non sarà eterno. Durerà certamente fino a fine anno, magari verrà esteso con qualche forma di tapering fino alla primavera del 2021, ma poi ognuno dovrà tornare, più o meno, a camminare con le proprie gambe: l’Italia ce la farà, da sola? Molto dipende da come spenderemo i soldi che l’emergenza ci permetterà di mettere in campo, senza vincoli comunitari o rischi di procedure di infrazione. Ma voi le avete lette le stime dell’Istat e di Confindustria rispetto al calo atteso del Pil italiano per quest’anno? A fronte di un -6,5% a livello europeo, il nostro tasso di crescita è visto al -15% dagli analisti di viale dell’Astronomia. Pessimismo strumentale a una drammatizzazione della situazione che obblighi palazzo Chigi a scendere a patti con l’Europa ed evitare inutili e controproducenti crociate contro Bruxelles, anche alla luce dell’operatività salvifica della Bce? Più che probabile. Resta il fatto che, nella migliore delle ipotesi, un -10% è già scritto e garantito. Insomma, le risorse pur ingenti che il Governo ha annunciato lunedì sera (sottolineo, annunciato, poi occorrerà vedere la messa in pratica del piano) serviranno solo a tamponare quel fall-out devastante, non certo a creare condizioni di ripartenza e crescita. Per quelle servirà appunto il reset, quello epocale. Quello che, certamente, non potrà essere gestito da un Governo e una maggioranza simili.

Servirà un esecutivo con un profilo altissimo e una credibilità internazionale – europea, in testa – senza precedenti: di fatto, lo abbiamo già pronto. L’ineluttabilità di un governo Draghi, infatti, rappresenta ormai il più classico dei segreti di Pulcinella. Credete però che si potrà andare avanti come fatto finora, a colpi di redditi di cittadinanza, quota 100, mancette elettorale, mantenimento in vita di carrozzoni decotti come Alitalia e costi faraonici del sistema statale, a fronte di conclamata inefficienza e spreco? Scordatevelo. Perché il Governo che verrà, una volta passata la bufera del virus, agirà esattamente con il piglio che finora abbiamo contestato all’Europa: ovvero, in punta di rigore dei conti. Altrimenti, signori, sarà default. La magnitudo e la rapidità dell’intervento messo in campo dalla Bce nei confronti del nostro debito lo conferma: senza lo scudo di Francoforte, un altro 2011 era alle porte. Questa volta, prima dell’estate e senza bisogno di letterine. Quindi, per favore, finiamola con le idiozie dell’Italexit paventato come spauracchio e con le frasi a effetto contro la Germania e l’Europa che ci vogliono depredare: stanno tenendoci in vita, signori miei. E umiliante ammetterlo, ma è letteralmente così. Lo conferma la scelta operata dal Tesoro per l’asta di domani, in netta controtendenza di sentiment rispetto a quella di solo una settimana fa. O pensate forse che in via XX Settembre l’ottimismo lo abbia portato la conferenza stampa di Giuseppe Conte, affiancato dal ministro Azzolina?

Il nostro fallimento o la nostra potenziale rinascita dipende solo da noi. E, soprattutto, dalla presa d’atto di una realtà tanto sgradevole, quanto innegabile: se siamo ridotti con una ratio debito/Pil ormai insostenibile sul libero mercato del finanziamento e gestibile unicamente attraverso il respiratore della tanto vituperata Europa (leggi, Bce) e dei suoi programmi di sostegno non è colpa dei falchi tedeschi od olandesi, ma delle classi dirigenti di questo Paese, almeno dagli anni Ottanta in poi. E colpa dei baby-pensionati, dei furbetti di ogni genere e risma, degli sprechi, degli assenteismi di massa, dell’oppressione fiscale verso un’impresa privata che da sola mantiene miracolosamente dritta – per quanto possibile – la schiena di un Paese sclerotizzato e ancora prono a logiche come quelle delle serrate agostane di massa o delle contrattazioni su base nazionale, degne di un film d’antan con il compianto Gian Maria Volontè. Il mondo è cambiato, dobbiamo farlo anche noi.

L’alternativa? Il fallimento. E non per colpa dell’Europa. Altrimenti, in questi giorni lo spread sarebbe già a 400. E il conto alla rovescia verso il nuovo 2011, iniziato. Stampate quei due grafici e attaccateli al frigorifero: vi serviranno come bagno di realismo, ogni volta che in tv sentirete blaterare di Italexit o sovranità monetaria e autarchia economica. E poi, scusate, siate sinceri: se voi foste contribuenti tedeschi od olandesi, accettereste gli eurobonds, stante l’atteggiamento in ambito economico e fiscale delle classi dirigenti italiane degli ultimi cinquanta anni? Io no. E sarei pronto alle barricate per scongiurarli.

P.S.: L’ultimo intervento temporalmente consentitomi all’articolo, non a caso sotto forma di post scriptum, non mi ha offerto spunti credibili rispetto ai lavori e alle conclusioni dell’Eurogruppo. In compenso, ho fatto in tempo a prendere atto dell’ultimo mossa – definita “senza precedenti” dalla stessa Bce nel suo comunicato – messa in campo dall’Eurotower “al fine di mitigare la contrazione delle condizioni finanziarie all’interno dell’area euro”.  Di cosa si tratta? Di un intervento definito “temporaneo” (resta da capire però per quanto durerà questo arco di tempo e immagino per parecchio) sulle condizioni di accettazione del collaterale in seno a operazioni di finanziamento, un “aumento della tolleranza verso il rischio per supportare il flusso di credito verso l’economia”. Di fatto, un taglio netto agli haircuts applicati su determinate categorie di collaterale e, soprattutto, l’ammissione a pieno titolo degli strumenti di debito sovrano greco come collaterale per le operazioni creditizie in seno all’Eurosistema.

Ma non basta, perché la stessa Bce annuncia che “implementerà nuove misure per mitigare temporaneamente gli effetti della vulnerabilità di controparte in caso di downgrade del rating”. Insomma, Francoforte offre schermatura totale ai debiti più deboli e attaccabili. Traduzione della mossa? Mario Draghi ha scritto il compitino e Christine Lagarde l’ha diligentemente portato a termine. Ma attenzione, perché la positività della mossa nasconde anche una rivelazione di fondo che fa diretto riferimento al mio interrogativo sul “dopo” manovre di stimolo e difesa dell’Eurotower. La Bce, infatti, agendo in questo modo ammette anche implicitamente con i mercati la sua presa d’atto del continuo deterioramento del valore degli assets europei, i quali sono sì una ricchezza per chi li detiene ma anche una liability potenziale per qualcun altro, come palesa il riferimento diretto al rischio di controparte. Insomma, Francoforte con questa mossa prevede nuovi tonfi e pesanti tensioni e quindi opera affinché si creino le condizioni per cuscinetti di ammortizzazioni sufficientemente ampi da evitare nuovi 2011 nei Paesi più a rischio. Italia in testa.

Insomma, attenzione a vedere solo in positivo la luce che si palesa fioca in fondo al tunnel. La possibilità che si tratti di un treno che arriva in direzione opposta alla nostra non è ancora scongiurata del tutto. Nel frattempo, fate leggere queste righe a qualche genio che invoca l’Italexit o il cambio di governance dell’Ue e soprattutto della Bce.

FONTE:https://www.ilsussidiario.net/news/spy-finanza-italia-un-nuovo-governo-per-ripagare-i-soldi-delleuropa/2006918/

 

STORIA

Era un militare statunitense congedato con onore, ma era anche lo strangolatore di Boston

Luca D’Agostini – 7 aprile 2020

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