RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 3 OTTOBRE 2019

Una elaborazione grafica mostra esempi di ''Città Surreali'', in una foto diffusa dal Wwf, 24 novembre 2015. Subito ridurre l'uso dei combustibili fossili e in particolare del carbone, che è la causa principale del cambiamenti climatici, e rafforzare le fonti rinnovabili e il risparmio energetico accelerando il passo verso un'economia a emissioni zero. Un vero impulso al cambiamento è, secondo il Wwf Italia, il segnale che deve arrivare dalla Conferenza mondiale sul clima Cop21 che prenderà il via il 30 novembre a Parigi. Dal summit dei leader del Pianeta sui cambiamenti climatici, il Wwf auspica che arrivi "un segnale chiaro che la transizione energetica è già in corso, che è irreversibile e che siamo sulla strada giusta per mantenere il riscaldamento globale ai livelli tali da prevenire un cambiamento climatico catastrofico", quindi che la temperatura media non aumenti oltre 1,5-2 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali. ANSA/ ++HO - NO SALES EDITORIAL USE ONLY++

RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 3 OTTOBRE 2019

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Tutto è distinto – per chi non è confuso.

MANLIO SGALAMBRO, Variazioni e capricci morali, Bompiani, 2013, pag. 58

 

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IN EVIDENZA

LA PETIZIONE CONTROCORRENTE SUL CLIMA DIVENTA INTERNAZIONALE

 

Claudia Diaconale30 settembre 2019

 

Ripubblichiamo la “Petizione sul Riscaldamento Globale Antropico promossa da otto accademici italiani – i proff. Umberto Crescenti, geologo, ex Rettore dell’università di Chieti-Pescara, Enrico Miccadei e Mario Giaccio, geologo e ex-preside della facoltà di economia alla stessa università, Alberto Prestininzi, geologo alla Sapienza di Roma, i geofisici Franco Prodi e Giuliano Panza, quest’ultimo accademico dei Lincei e dell’Accademia Nazionale delle Scienze, Nicola Scafetta, professore di climatologia all’università di Napoli e Franco Battaglia, professore di chimica-fisica e già docente di chimica dell’ambiente all’università di Modena – ed inviata ai Presidenti della Repubblica, del Consiglio, della Camera dei Deputati e del Senato. La Petizione è stata poi tradotta poi in inglese, si è evoluta in una “European Declaration: There is no Climate Emergency”, ed ha raccolto la firma di oltre 500 accademici nel mondo. Verrà presentata a Oslo in apposita conferenza il 18 ottobre e, in contemporanea, in Italia presso il Senato.

Nella Petizione gli scienziati avvertono i responsabili politici che l’attuale riscaldamento globale non è causato dalle emissioni umane di CO2. Ricordano gli accademici che una congettura diventa affermazione scientifica non perché v’è una maggioranza che la sostiene ma perché è validata dai fatti e da questi non contraddetta. E i modelli matematici sui quali è fondata la congettura del riscaldamento globale antropico, dicono i professori, si sono rivelati errati alla prova sperimentale: il riscaldamento del pianeta negli ultimi vent’anni è stato fino a cinque o sei volte inferiore a quanto previsto dai modelli. Allora, concludono, la congettura del riscaldamento globale antropico è falsa e non v’è alcuna emergenza climatica. Infine, posto che oltre l’85% del fabbisogno energetico è soddisfatto dai combustibili fossili, ogni programma di loro riduzione può essere disastroso per l’umanità.

La Petizione è stata sottoscritta da circa 200 studiosi italiani, la maggior parte geologi, geofisici e fisici. Notabili tra essi le prime firme del prof. Renato Ricci, già Presidente della Società Italiana di Fisica e della Società Europea di Fisica, e del prof. Antonino Zichichi.  Quest’ultimo, in un’analisi apparsa su “il Giornale”, ha specificato una differenza fondamentale: ″È bene

Continua qui:

http://opinione.it/cultura/2019/09/30/claudia_diaconale_petizione-riscaldamento-globale-antropico-co2-inquinamento-greta-zichichi-crescenti-european-declaration/

 

 

 

 

 

CLIMA, UNA PETIZIONE CONTROCORRENTE

Redazione19 giugno 2019

 

Pubblichiamo la petizione sul clima curata dal prof. Uberto Crescenti – Professore Ordinario di Geologia Applicata della Università G. d’Annunzio di Chieti, è stato Rettore della Università G. d’Annunzio dal 1985 al 1997, Presidente della Società Geologica Italiana da 1999 al 2005, fondatore e Presidente della Associazione Italiana di Geologia Applicata e Ambientale dal 1999 al 2005, fondatore e Presidente nel 2001 della Associazione Italiana Geologia e Turismo – in collaborazione con scienziati di fama internazionale, con l’obiettivo di incentivare un serio dibattito sul futuro del nostro pianeta in base alle attuali conoscenze scientifiche e scevro da condizionamenti politici.

Al Presidente della Repubblica

Al Presidente del Senato

Al Presidente della Camera dei Deputati

Al Presidente del Consiglio

PETIZIONE SUL RISCALDAMENTO GLOBALE ANTROPICO

I sottoscritti, cittadini e uomini di scienza, rivolgono un caloroso invito ai responsabili politici affinché siano adottate politiche di protezione dell’ambiente coerenti con le conoscenze scientifiche. In particolare, è urgente combattere l’inquinamento ove esso si presenti, secondo le indicazioni della scienza migliore. A tale proposito è deplorevole il ritardo con cui viene utilizzato il patrimonio di conoscenze messe a disposizione dal mondo della ricerca e destinate alla riduzione delle emissioni antropiche inquinanti diffusamente presenti nei sistemi ambientali sia continentali che marini.

Bisogna però essere consapevoli che l’anidride carbonica di per sé non è un agente inquinante. Al contrario essa è indispensabile per la vita sul nostro pianeta.

Negli ultimi decenni si è diffusa una tesi secondo la quale il riscaldamento della superficie terrestre di circa 0.9°C osservato a partire dal 1850 sarebbe anomalo e causato esclusivamente dalle attività antropiche, in particolare dalle immissioni in atmosfera di CO2 proveniente dall’utilizzo dei combustibili fossili. Questa è la tesi del riscaldamento globale antropico promossa dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) delle Nazione Unite, le cui conseguenze sarebbero modificazioni ambientali così gravi da paventare enormi danni in un imminente futuro, a meno che drastiche e costose misure di mitigazione non vengano immediatamente adottate. A tale proposito, numerose nazioni del mondo hanno aderito a programmi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica e sono pressate, anche da una martellante propaganda, ad adottare programmi sempre più esigenti dalla cui attuazione, che comporta pesanti oneri sulle economie dei singoli Stati aderenti, dipenderebbe il controllo del clima e, quindi, la “salvezza” del pianeta.

L’origine antropica del riscaldamento globale è però una congettura non dimostrata, dedotta solo da alcuni modelli climatici, cioè complessi programmi al computer, chiamati General Circulation Models.

Al contrario, la letteratura scientifica ha messo sempre più in evidenza l’esistenza di una variabilità climatica naturale che i modelli non sono in grado di riprodurre. Tale variabilità naturale spiega una parte consistente del riscaldamento globale osservato dal 1850. La responsabilità antropica del cambiamento climatico osservato nell’ultimo secolo è quindi ingiustificatamente esagerata e le previsioni catastrofiche non sono realistiche.

Il clima è il sistema più complesso presente sul nostro pianeta, per cui occorre affrontarlo con metodi adeguati e coerenti al suo livello di complessità. I modelli di simulazione climatica non riproducono la variabilità naturale osservata del clima e, in modo particolare, non ricostruiscono i periodi caldi degli ultimi 10.000 anni. Questi si sono ripetuti ogni mille anni circa e includono il ben noto Periodo Caldo Medioevale, il Periodo Caldo Romano, ed in genere ampi periodi caldi durante l’Ottimo dell’Olocene.

Questi periodi del passato sono stati anche più caldi del periodo presente, nonostante la concentrazione di CO2 fosse più bassa dell’attuale, mentre sono correlati ai cicli millenari dell’attività solare. Questi effetti non sono riprodotti dai modelli.

Va ricordato che il riscaldamento osservato dal 1900 ad oggi è in realtà iniziato nel 1700, cioè al minimo della Piccola Era Glaciale, il periodo più freddo degli ultimi 10.000 anni (corrispondente a quel minimo millenario di attività solare che gli astrofisici chiamano Minimo Solare di Maunder). Da allora a oggi l’attività solare, seguendo il suo ciclo millenario, è aumentata riscaldando la superficie terrestre.

Inoltre, i modelli falliscono nel riprodurre le note oscillazioni climatiche di circa 60 anni. Queste sono state responsabili, ad esempio, di un periodo di riscaldamento (1850-1880) seguito da un periodo di raffreddamento (1880-1910), da un riscaldamento (1910-40), ancora da un raffreddamento (1940-70) e da un nuovo periodo di riscaldamento (1970-2000) simile a quello osservato 60 anni prima. Gli anni successivi (2000-2019) hanno visto non l’aumento previsto dai modelli di circa 0.2°C per decennio, ma una sostanziale stabilità climatica che è stata sporadicamente interrotta dalle rapide oscillazioni naturali dell’oceano Pacifico equatoriale, conosciute come l’El Nino Southern Oscillations, come quella che ha indotto il riscaldamento momentaneo tra il 2015 e il 2016.

Gli organi d’informazione affermano anche che gli eventi estremi, come ad esempio uragani e cicloni, sono aumentati in modo preoccupante. Viceversa, questi eventi, come molti sistemi climatici, sono modulati dal suddetto ciclo di 60 anni. Se ad esempio si considerano i dati ufficiali dal 1880 riguardo i cicloni atlantici tropicali abbattutisi sul Nord America, in essi appare una forte oscillazione di 60 anni, correlata con l’oscillazione termica dell’Oceano Atlantico chiamata Atlantic Multidecadal Oscillation. I picchi osservati per decade sono tra loro compatibili negli anni 1880-90, 1940-50 e 1995-2005. Dal 2005 al 2015 il numero dei cicloni è diminuito seguendo appunto il suddetto ciclo. Quindi, nel periodo 1880-2015, tra numero di cicloni (che oscilla) e CO2 (che aumenta monotonicamente) non vi è alcuna correlazione.

Il sistema climatico non è ancora sufficientemente compreso. Anche se è vero che la CO2 è un gas serra, secondo lo stesso IPCC la sensibilità climatica ad un suo aumento nell’atmosfera è ancora estremamente incerta. Si stima che un raddoppio della concentrazione di CO2 atmosferica, dai circa 300 ppm preindustriali a 600 ppm, possa innalzare la temperatura media del pianeta da un minimo di 1°C fino a un massimo di 5°C.

Questa incertezza è enorme. In ogni caso, molti studi recenti basati su dati sperimentali stimano che la sensibilità climatica alla CO2 sia notevolmente più bassa di quella stimata dai modelli IPCC.

Allora, è scientificamente non realistico attribuire all’uomo la responsabilità del riscaldamento osservato dal secolo passato ad oggi. Le previsioni allarmistiche avanzate, pertanto, non sono credibili, essendo esse fondate su modelli i cui risultati sono in contraddizione coi dati sperimentali. Tutte le evidenze suggeriscono che questi modelli sovrastimano il contributo antropico e sottostimano la variabilità climatica naturale, soprattutto quella indotta dal sole, dalla luna, e dalle oscillazioni oceaniche.

Infine, gli organi d’informazione diffondono il messaggio secondo cui, in ordine alla causa antropica

dell’attuale cambiamento climatico, vi sarebbe un quasi unanime consenso tra gli scienziati e che quindi il dibattito scientifico sarebbe chiuso. Tuttavia, innanzitutto bisogna essere consapevoli che il metodo scientifico impone che siano i fatti, e non il numero di aderenti, che fanno di una congettura una teoria scientifica consolidata.

In ogni caso, lo stesso preteso consenso non sussiste. Infatti, c’è una notevole variabilità di opinioni tra gli specialisti – climatologi, meteorologi, geologi, geofisici, astrofisici – molti dei quali riconoscono un contributo naturale importante al riscaldamento globale osservato dal periodo preindustriale ed anche dal dopoguerra ad oggi. Ci sono state anche petizioni sottoscritte da migliaia di scienziati che hanno espresso dissenso con la congettura del riscaldamento globale antropico. Tra queste si ricordano quella promossa nel 2007 dal fisico F. Seitz, già presidente della National Academy of Sciences americana, e quella promossa dal Non-governmental International Panel on Climate Change (NIPCC) il cui rapporto del 2009 conclude che “La natura, non l’attività dell’Uomo governa il clima”.

In conclusione, posta la cruciale importanza che hanno i combustibili fossili per l’approvvigionamento energetico dell’umanità, suggeriamo che non si aderisca a politiche di riduzione acritica della immissione di anidride carbonica in atmosfera con l’illusoria pretesa di governare il clima.

COMITATO PROMOTORE

  1. Uberto Crescenti, Professore Emerito di Geologia Applicata, Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara, già Magnifico Rettore e Presidente della Società Geologica Italiana.
  2. Giuliano Panza, Professore di Sismologia, Università di Trieste, Accademico dei Lincei e dell’Accademia Nazionale delle Scienze, detta dei XL, Premio Internazionale 2018 dell’AmericanGeophysical Union.
  3. Alberto Prestininzi, Professore di Geologia Applicata, Università La Sapienza, Roma, già Scientific Editor in Chief della rivista internazionale IJEGE e Direttore del Centro di Ricerca Previsione e Controllo Rischi Geologici.
  4. Franco Prodi, Professore di Fisica dell’Atmosfera, Università di Ferrara.
  5. Franco Battaglia, Professore di Chimica Fisica, Università di Modena; Movimento Galileo 2001.
  6. Mario Giaccio, Professore di Tecnologia ed Economia delle Fonti di Energia, Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara, già Preside della Facoltà di Economia.
  7. Enrico Miccadei, Professore di Geografia Fisica e Geomorfologia, Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara.
  8. Nicola Scafetta, Professore di Fisica dell’Atmosfera e Oceanografia, Università Federico II, Napoli.

 

FIRMATARI

  1. Antonino Zichichi, Professore Emerito di Fisica, Università di Bologna, Fondatore e Presidente del Centro di Cultura Scientifica Ettore Majorana di Erice.
  2. Renato Angelo Ricci, Professore Emerito di Fisica, Università di Padova, già Presidente della Società Italiana di Fisica e della Società Europea di Fisica; Movimento Galileo 2001.
  3. Aurelio Misiti, Professore di Ingegneria Sanitaria-Ambientale, Univesità la Sapienza, Roma.
  4. Antonio Brambati, Professore di Sedimentologia, Università di Trieste, Responsabile Progetto Paleoclima-mare del PNRA, già Presidente Commissione Nazionale di Oceanografia.
  5. Cesare Barbieri, Professore Emerito di Astronomia, Università di Padova.
  6. Sergio Bartalucci, Fisico, Presidente Associazione Scienziati e Tecnolgi per la Ricerca Italiana.
  7. Antonio Bianchini, Professore di Astronomia, Università di Padova.
  8. Paolo Bonifazi, già Direttore Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario, Istituto Nazionale Astrofisica.
  9. Francesca Bozzano, Professore di Geologia Applicata, Università Sapienza di Roma, Direttore del Centro di Ricerca CERI.
  10. Marcello Buccolini, Professore di Geomorfologia, Università Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara.
  11. Paolo Budetta, Professore di Geologia Applicata, Università di Napoli.
  12. Monia Calista, Ricercatore di Geologia Applicata, Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara.
  13. Giovanni Carboni, Professore di Fisica, Università Tor Vergata, Roma; Movimento Galileo 2001.
  14. Franco Casali, Professore di Fisica, Università di Bologna e Accademia delle Scienze di Bologna.
  15. Giuliano Ceradelli, Ingegnere e climatologo, ALDAI.

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http://opinione.it/cultura/2019/06/19/redazione_riscaldamento-globale-antropico-clima-inquinamento-uberto-crescenti-antonino-zichichi/

 

 

 

 

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

L’aggettivo non qualifica un sostantivo, qualifica chi scrive

01 ottobre 2019 – Pasquale Panella

 

La rubrica neopassatista e veterofuturista di Pasquale Panella

 

Da sempre fin qui, fino a queste parole, da sempre s’è creduto che l’aggettivo qualificasse il sostantivo, lo collocasse nel mondo, rivelasse le sue capacità, gli effetti, le alterazioni, le proprietà, le mancanze, e tanto altro. Non è così.

Gli aggettivi non hanno niente a che vedere con i sostantivi ai quali sono accostati, no. Gli aggettivi non qualificano il sostantivo, qualificano chi scrive, sono la sua confessione, anche lo svelamento dei suoi segreti. Sono anche il suo giornale intimo, il suo diario spiato, sono carezze e abrasioni, sono i segni lasciati dai suoi calori e dalle sue freddezze, sono i lampi delle sue passioni e dei suoi disprezzi, sono i suoi mascheramenti e i suoi smascheramenti.

Oltre la tipografia si muove in essi una grafia pittorica che non sta mai ferma, difficile a vedersi, per molti impossibile, cigliata, vibrissìna, fibrillante, ispiratrice d’avanguardie pittoriche non figurative, che nascono da lì, dall’aggettivo, come a pochi è noto.

Di qualsiasi cosa io racconti aggettivando, racconto di me come aggettivo.

Gli aggettivi non qualificano il sostantivo, qualificano chi scrive, sono la sua confessione, anche lo svelamento dei suoi segreti

Quando ne accosto uno a un sostantivo, l’aggettivo è il racconto di me che

 

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https://www.linkiesta.it/it/article/2019/10/01/aggettivo-qualificativo-panella/43747/

 

 

 

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

SANTA GRETA E LA NUOVA RELIGIONE

Michele Gelardi02 ottobre 2019

 

Nessuno può ragionevolmente disconoscere che il pianeta Terra è investito con una certa periodicità, non del tutto chiara, da cambiamenti climatici. Si possono formulare ipotesi sulla durata e la successione dei cicli climatici, ma la legge che vi presiede sfugge al sapere scientifico. Da qui una lunga serie di domande, alle quali la nuova religione ambientalista dà risposte ingenue, semplicistiche, fuorvianti, fondate sulla “presunzione fatale” dell’onniscienza e dell’onnipotenza umana.

L’origine antropica dei cambiamenti climatici è esclusa dalla comunità scientifica; non foss’altro, perché sono stati registrati “riscaldamenti globali” in epoche geologiche recenti, certamente indipendenti dalle emissioni di CO2. È certo infatti che nel Medioevo (durante il quale si registrò l’ultimo Global warming) l’esigua popolazione mondiale allora esistente non poteva determinare alcun “effetto serra”. Sul punto si sono pronunciati, in maniera univoca, 500 scienziati di tutto il mondo, tra i quali il premio Nobel Carlo Rubbia, nonché gli eminenti studiosi Antonino Zichichi e Franco Battaglia. I cambiamenti climatici appaiono legati all’attività solare e del tutto indipendenti dall’agire umano. Ma perfino la veridicità del presupposto di fatto, ossia l’effettività del “riscaldamento globale”, è molto dubbia e discutibile. Per dirne solo una: i ghiacciai del polo Nord arretranoquelli dell’Antartide si incrementanole aree desertificate non si sono ampliate, anzi pare siano rimpicciolite.

Escluso il fattore umano, sulla ciclicità e sulla legge causale dei cambiamenti climatici la scienza formula ipotesi e non esprime certezze assolute; la verità in tasca è posseduta solo dai seguaci della nuova religione globalista-ambientalista: la colpa dei disastri della terra è del capitalismo. Nel dogma di fede è ricompreso un coacervo indistinto di assiomi: plastica e CO2, buco dell’ozono e scioglimento dei ghiacciai, disboscamento dell’Amazzonia e inquinamento dei mari, estrazioni petrolifere e piogge acide, sarebbero insieme cause ed effetti del global warming dovuto – è superfluo dirlo – al modello di sviluppo capitalistico. Si trascurano due piccoli

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http://opinione.it/societa/2019/10/02/michele-gelardi_greta-riscaldamento-globale-zichichi-battaglia-rubbia-trump-cina-global-warming/

 

 

 

 

 

 

Il bene va fatto bene ma il molto rumore fa poco bene

02 Ottobre 2019 (Cristina Siccardi)

 

 

Da domenica 29 settembre, giorno di San Michele Arcangelo, campeggia, in piazza San Pietro, accanto al Colonnato del Bernini, un nuovo monumento. No, non è il Crocifisso. No, non è Maria Santissima e neppure l’Arcangelo Michele, bensì il monumento agli Angels Unwares – Angeli Inconsapevoli, realizzata dallo scultore figurativo canadese Timothy Schmalz, contattato dal sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, Michael Czerny, che sarà creato cardinale nel Concistoro del 5 ottobre prossimo. La scultura, inaugurata e benedetta da papa Francesco nella Giornata Mondiale del Migrante, «raffigura un gruppo di migranti di varie culture e diversi periodi storici», ha spiegato il Pontefice, «ho voluto questa opera artistica qui in Piazza San Pietro, affinché ricordi a tutti la sfida evangelica dell’accoglienza».

L’opera, in bronzo e argilla, riprodotta a grandezza naturale, riproduce persone ammassate in piedi su una zattera, che a prua termina come una barca, e in mezzo a loro spiccano in alto le ali di un angelo «come a suggerire la presenza del sacro tra di loro», come si legge su Vatican news. Ma a quale sacro si riferisce la testata vaticana, visto che ognuno ha una propria credenza? Islamici, cristiani, ebrei, atei… Non ha più importanza per la Chiesa di oggi, quella del Concilio Vaticano II pienamente applicato: credenti o non credenti, tutti si salvano attraverso un non identificabile dio relativista come molti uomini di Chiesa e così misericordioso da non conoscere giustizia.

 

In nessun passo del Vangelo si insegna che è cosa bella e buona l’emigrazione di massa e in nessun passo dell’Antico Testamento si afferma che sia stata cosa bella e buona l’emigrazione degli ebrei in terra d’Egitto, come dimostra la storia sacra di Giacobbe e dei suoi dodici figli, che lasciarono Canaan durante una grave carestia e si stabilirono a Goscen nel nord dell’Egitto. I loro discendenti furono resi schiavi dal governo del Faraone e dopo circa 400 anni di schiavitù, YHWH, il Dio di Israele, mandò il profeta ebreo Mosè della tribù di Levi a liberare gli Israeliti dalla cattività.

 

Secondo la Bibbia, gli ebrei emigrarono dall’Egitto (evento conosciuto come Esodo, da cui ha preso il nome uno dei Libri Sacri) e tornarono alla loro patria ancestrale di Canaan, segnando la formazione di Israele come nazione politica in Canaan, nel 1400 a.C. Il ritorno alla «Terra promessa», ovvero alla terra di Israele, promessa da Dio ai discendenti di Abramo, fu letto come un fatto miracoloso, ponendo sotto una luce di salvezza e di incommensurabile gioia il ritorno alla propria terra, alle proprie radici.

Oggi per papa Francesco le emigrazioni di massa sono un fenomeno bello e buono e i popoli devono accogliere tutti, senza dar peso alla criminalità organizzata degli scafisti, alle lobby di potere che sostengono le Ong, alla

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https://www.corrispondenzaromana.it/il-bene-va-fatto-bene-ma-il-molto-rumore-fa-poco-bene/

 

 

 

 

 

Cronaca di una manifestazione Gretina

Consiglio non richiesto ai ragazzi e soprattutto ai professori che hanno avvallato questa manifestazione: approfondite, studiate a fondo il problema in termini matematici, andate oltre i luoghi comuni mediatici.

FIORENZO DA ROS | 30 SETTEMBRE 2019

Ci sono capitato per caso, cercando di arrivare in stazione per prendere un treno.
Otto del mattino e mi ritrovo il viale della stazione ostruito da centinaia di ragazzi, nessuno si sposta per lasciare spazio a chi transita da e verso la stazione.
Non è maleducazione, anche perché si comprende che in tal senso non c’è mai stato un cenno di insegnamento serio.
Non ti vedono proprio, deambulano quasi tutti come zombie intenti a guardare gli schermi dei telefonini, a fare selfie o ad ascoltare Rap, sedicente musica sparata a 10000 watt .
Un frastuono di frasi fatte unite in brutte rime gracchiate a infiniti decibel con qualche suono di sottofondo .
Questo bordello parte da alcuni camioncini diesel con motorizzazioni euro sottozero piazzati lungo la via, con i pianali stracarichi di mega amplificatori e con tanto di DJ alla consolle.
Autobus stracarichi di baldi giovani manifestanti, non ho visto un cagnaccio cedere il posto ad uno dei tanti anziani pigiati forzatamente in piedi a causa dell’evento straordinario.
Stamane leggo sul quotidiano locale una decina di interviste a questi Robin Hood dell’ambientalismo.
Risposte alla domanda “cosa fai tu per l’ambiente?” “al mattino mi faccio una doccia

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http://www.pensalibero.it/cronaca-di-una-manifestazione-gretina/

 

 

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

L’Italia cavia del declino occidentale

Giulio Meotti. – 3 SETTEMBRE 2019

Dall’economia alla demografia. La crisi secondo l’ex direttore del Wsj

 

L’articolo del mese è a firma di Gerard Baker, l’ex direttore del Wall Street Journal. Lo traduco per voi. “È difficile immaginare un posto migliore per meditare sull’arco della storia della nostra civiltà rispetto alle colline dalla Toscana a Roma, una fascia di terra che ha avuto un impatto maggiore sulla civiltà rispetto a qualsiasi altra parte della Terra.

 

Che succede adesso? La condizione dell’Italia moderna rivela il lamento biblico per un’altra civiltà perduta: ‘Quomodo sedet sola civitas’. Com’è solitaria la città. A Roma questa settimana hanno quasi finito di mettere insieme il 62esimo governo (credo) in 75 anni. L’Italia non ha una vera crescita economica da 20 anni. Il debito pubblico è una volta e mezzo il suo Pil. Quasi tutti gli ambiziosi italiani che incontro vogliono che i loro figli vengano educati negli Stati Uniti o nel Regno Unito. Il paese è tra i primi in Occidente a entrare in una mortale spirale demografica. I

 

l tasso di natalità italiano è inferiore alla sostituzione. La famiglia col figlio unico è uno

 

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https://www.ilfoglio.it/economia/2019/09/03/news/litalia-cavia-del-declino-occidentale-272009/

 

 

 

 

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Perché gli arabi odiano i palestinesi

di Khaled Abu Toameh – 2 ottobre 2019

 

Pezzo in lingua originale inglese: Why Arabs Hate Palestinians

Traduzioni di Angelita La Spada

 

Non si possono bruciare le foto del principe ereditario saudita e poi precipitarsi il giorno dopo a Riad a elemosinare denaro. Non si possono urlare slogan contro il presidente egiziano e poi recarsi l’indomani al Cairo in cerca di sostegno politico.

  • Sorprendentemente, Turki al-Hamad, uno scrittore saudita, ha fatto ciò che alcuni paesi occidentali si rifiutano di fare: ha osato condannare Hamas e altri gruppi che operano a Gaza per aver lanciato razzi verso Israele.
  • “I palestinesi sono una calamità per chiunque li accolga. La Giordania li ha accolti, e c’è stato il “settembre nero”; il Libano li ha accolti e c’è stata una guerra civile; anche il Kuwait li ha accolti e si sono trasformati in soldati di Saddam Hussein. Ora utilizzano i loro podi per maledirci.” – Mohammed al-Shaikh, scrittore saudita, RT Arabic, 14 agosto 2019.
  • Molte persone nei paesi arabi ora affermano che è giunto il momento per i palestinesi di iniziare a pensare ai loro interessi e ad un futuro migliore per i loro figli. (…) Gli arabi sembrano dire ai palestinesi: “Noi vogliamo andare avanti, ma se voi desiderate continuare a regredire, siete liberi di farlo!”

Lo scrittore saudita Mohammed al-Shaikh ha chiesto di vietare ai palestinesi di fare l’hajj, il pellegrinaggio alla Mecca, dopo la comparsa di un video girato durante l’ultimo hajj, in cui si vedono i palestinesi che sventolano le loro bandiere e scandiscono: “Con il nostro sangue, con la nostra anima, noi ti redimiamo, Moschea di al-Aqsa!” L’Arabia Saudita ha delle regole severe che vietano le attività politiche durante l’hajj.

È vero? E se lo fosse, perché? Purtroppo, i palestinesi si sono guadagnati la triste fama di traditori dei loro fratelli arabi, pugnalandoli perfino alle spalle. I palestinesi, ad esempio, hanno appoggiato l’invasione del Kuwait perpetrata da Saddam Hussein nel 1990, sebbene questo paese del Golfo e i suoi vicini dessero annualmente ai palestinesi decine di milioni di dollari in aiuti.

Un numero crescente di arabi, in particolar modo quelli che vivono negli Stati del Golfo, definisce sleale il comportamento tenuto dai palestinesi negli ultimi anni.

Tuttavia, negli scorsi mesi, le critiche mosse dagli arabi nei confronti dei palestinesi si sono intensificate, tanto da parte dei mezzi di informazione tradizionali quanto dei social media, e talvolta sono diventate sgradevoli.

Alcuni giornalisti e scrittori arabi hanno espresso la loro indignazione per l’opposizione dei palestinesi ai piani di pace, in particolare al cosiddetto “accordo del secolo”, annunciato dall’amministrazione statunitense, ma non ancora svelato.

Hanno accusato i palestinesi di aver perso innumerevoli opportunità e hanno affermato che “l’accordo del secolo” potrebbe essere per i palestinesi “l’ultima e la migliore occasione di ottenere uno Stato”.

Khalid Ashaerah, un saudita, ha stigmatizzato i palestinesi come “traditori” e ha espresso la speranza che Israele sia “vittorioso” sui palestinesi.

Gli attacchi arabi contro i palestinesi sono il riflesso di un’intensa e crescente sfiducia che regna nel mondo arabo nei confronti dei palestinesi e riguardo a qualsiasi cosa ad essi collegata.

Questo profondo disappunto è alimentato dalla convinzione che, nonostante tutto ciò che gli arabi hanno fatto negli ultimi settant’anni per aiutare i loro fratelli palestinesi, questi ultimi si sono dimostrati costantemente ingrati.

L’immagine dominante dei palestinesi è oggi quella di traditori dei loro fratelli arabi e musulmani. Per citare un adagio arabo, i palestinesi sputano nel pozzo dal quale hanno bevuto. L’immagine fa riferimento agli aiuti finanziari che essi ricevono da decenni da molti paesi arabi.

Fino a pochi anni fa, gli egiziani guidavano la campagna antipalestinese nei

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https://it.gatestoneinstitute.org/14949/arabi-odiano-palestinesi

 

 

 

 

 

CULTURA

Un’intera teoria politica fondata sull’errore: e se fosse giusta?

3 GIUGNO 2019CLAUDIO B.

“Mistakes” is the word you’re too embarrassed to use. You ought not to be. You’re a product of a trillion of them. Evolution forged the entirety of sentient life on this planet using only one tool: the mistake

-Robert Ford/Anthony Hopkins- (Westworld s01e01)

Ha ormai compiuto cinque anni un paper del mio autore di teoria politica preferito, Jeffrey Friedman (N.B. nessuna relazione familiare col ben più famoso Milton). che cambiò il mio modo di interpretare il mio approccio al liberalismo e al valore stesso da attribuire al concetto di libertà, facendo definitivamente piazza pulita, per quanto mi riguarda, di un certo approccio giusnaturalista e vagamente “moralista” che da Locke a Rothbard tratta la libertà come un qualcosa di “giusto in sé, a prescindere da come funzioni il mondo in cui viviamo.

Tale paper in realtà mi fece per prima cosa rivalutare un’opera non certo tra le più famose di Hayek che è The Sensory Order, un lavoro di psicologia teorica scritto -e scritto bene- da un economista, il che serve innanzitutto a ricordarci come siano cambiati i tempi dato che ora possiamo al massimo aspirare a opere di economia scritte (male) da psicologi.
Friedman lo usa come grimaldello per criticare una presunta “schizofrenia” nelle posizioni hayekiane tra un’epistemologia interpretivista propria di The Sensory Order (d’ora in avanti TSO, acronimo non fortunatissimo, ma ce lo teniamo per ragioni di brevità) e una non-interpretivista che emerge nel più celebre The use of knowledge in society e di lì in tutta l’opera più propriamente politica di Hayek.
Ma cosa si intende per interpretivista, che sennò non ci intendiamo? Alla base di TSO c’è l’idea che il nostro cervello non conosce mai direttamente la realtà. La interpreta, sempre. Riceviamo cioè stimoli dall’ambiente che ancora prima di essere di un’elaborazione cosciente sono selezionati e in qualche modo filtrati da una certa configurazione di connessioni neuronali che dipende sia dalle nostre esperienze precedenti, dalla nascita in poi, sia dalla struttura che ereditiamo biologicamente tramite i nostri geni.
E’ questo il meccanismo alla base delle illusioni ottiche, quell’affascinante fenomeno per cui il nostro cervello ci inganna, scegliendo di interpretare le informazioni ricavate dal nostro apparato visivo sulla base della sua esperienza pregressa e prendendo talvolta tranvate colossali, di cui peraltro non riusciamo a capacitarci nemmeno dopo che l’illusione ci sia stata spiegata. Eppure questo meccanismo è indispensabile: se non esistesse questa sorta di filtro a tutti gli input sensoriali che riceviamo, il nostro cervello semplicemente impazzirebbe e sarebbe paralizzato di fronte all’impossibilità di elaborare una quantità di informazioni ancora più enorme di quello con cui già a che fare.
Ma non solo gli stimoli esterni sono selezionati in partenza: è ancor di più al momento della rielaborazione cosciente e di quelli che chiamiamo comunemente “ragionamenti” che questi prendono strade strettamente dipendenti da quella che è l’organizzazione preesistente della nostra mappa mentale. Detta più chiaro: se noi ci siamo formati delle idee sulle relazioni causali che regolano il mondo e la nostra vita sulla base di certe letture, di esperienze personali o di opinioni altrui i nostri neuroni saranno “disposti” in modo tale da tendere a farci interpretare anche le nuove informazioni secondo certi schemi di pensiero. Quello che Hayek ci dice è che non può esistere un ragionamento “puro” o un’opinione non mediata: tutto ciò che ci pare riflessione razionale e oggettiva sarà sempre l’effetto di ciò che abbiamo vissuto e che pensiamo di aver capito della realtà. Ma non sarà mai la realtà reale.

Tutto questo può sembrare al tempo stesso o estremamente complicato o estremamente banale, per altri versi: ma sia come sia, abbiamo a che fare con almeno un tris di conseguenze non esattamente da poco:

1) il mondo oggettivo, il mondo dei fatti non è alla nostra diretta portata. Non che non esista: quello di Hayek non è idealismo, è una forma di realismo “debole”, potremmo dire. Non è che costruiamo la realtà, costruiamo la nostra percezione della realtà; e, di certo, questa non è necessariamente uguale per tutti. Il nostro cervello, con buona pace di Platone e della corrente maggioritaria nella storia della filosofia occidentale non è stato dotato di categorie che corrispondono a ciò che c’è fuori da noi: però è stato plasmato dalla biologia

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https://stradenuove.home.blog/2019/06/03/unintera-teoria-politica-fondata-sullerrore-e-se-fosse-giusta/

 

 

 

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Perché Facebook ha speso quasi un miliardo per un bracciale che “legge” nel pensiero

La quarta acquisizione più costosa della storia dell’azienda è stata per Ctrl-Labs, una società il cui scopo non è trasformare gesti, per quanto complessi come quelli della mano, in un’immagine sullo schermo, ma tradurre la volontà in un segnale

di PAOLO FIORE  – 25 settembre 2019

 

Labs

Il bracciale sviluppato da Ctrl Labs

Mark Zuckerberg ha appena speso centinaia di milioni di dollari perché vuole collegare mente e tecnologia. Facebook ha acquisito Ctrl-Labs, società che sviluppa sistemi capaci di comandare un computer con il pensiero. O, per dirla in modo più prosaico, con gli impulsi del cervello. Niente impianti nel cranio ma un bracciale che legge i movimenti dei muscoli e fa così da interprete ai messaggi cerebrali, trasformandoli in comandi.

La quarta acquisizione più costosa

La spesa di Facebook non è nota. Secondo una fonte di Cnbc, sarebbe compresa tra i 500 milioni e il miliardo di dollari. Un portavoce di Menlo Park ha fatto sapere che l’esborso è stato inferiore al miliardo. Ad ogni modo, è senza dubbio l’acquisizione più corposa dal 2014, quando la società sborsò 2 miliardi di dollari per Oculus. E la quarta più cara nella storia di Facebook, dopo quelle di WhatsappInstagram e, appunto, Oculus.

Basta questo per dire quanto il gruppo punti sulle interfacce che collegano macchina e cervello. La voce ufficiale è stata affidata a Andrew “Boz” Bosworth, vicepresidente responsabile di realtà virtuale e aumentata: “Sappiamo che esistono modi più naturali e intuitivi per interagire con i dispositivi. E vogliamo costruirli. È per questo che abbiamo deciso di acquisire Ctrl-Labs. Si uniranno al nostro team di Facebook Reality Labs dove speriamo di sviluppare questo tipo di tecnologia, su larga scala, e di introdurla rapidamente nei prodotti di consumo”.

Cosa fa Ctrl-Labs

Dopo un dottorato in neuroscienze alla Columbia University e aver lavorato in altre società, Thomas Reardon e Patrick Kaifosh hanno fondato Ctrl-Labs nel 2015. E si sono fatti presto notare. Hanno ricevuto 28 milioni di dollari da un gruppo di investitori che – tra gli altri – include GV (il venture capital di Alphabet), il Founders Fund di Peter Thiel e Alexa Fund (veicolo di Amazon). Il funzionamento del suo bracciale è stato spiegato, in breve, da Bosworth: “I neuroni inviano segnali elettrici ai muscoli della mano, ordinando

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https://www.agi.it/innovazione/facebook_bracciale_legge_nel_pensiero-6242028/news/2019-09-25/

 

 

 

 

 

Note sulla teologia Gaiana: la Dea è un superorganismo?

2 Ottobre 2019 DI UGO BARDI

lesakerfrancophone.fr

 

La bellezza della teologia gaiana è che, contrariamente alla teologia ordinaria, non dovete fidarvi soltanto di relazioni di seconda mano circa il soggetto dei vostri studi. Gaia esiste e potete percepirla tutt’intorno a noi. Allora, la domanda è: che cosa è, o anche: chi è lei?

 

Come sapete l’idea moderna di Gaia in quanto cittadina della sfera terrestre è stata sviluppata negli anni 1970 da James Lovelock. Si è poi evoluta in differenti versioni ed è stata fraintesa in vari modi. Per esempio, Toby Tyrrell ha scritto un intero libro cercando di dimostrare che “Gaia “non esiste. Ed è riuscito solo a dimostrare che si può scrivere un intero libro su qualcosa che non si capisce affatto.

 

Ma è vero che certi modi di comprendere Gaia sono insostenibili alla luce di ciò che sappiamo della biologia. Si parla a volte di Gaia come di un “superorganismo” e a volte di come si impegni a ottimizzare l’ecosistema per gli esseri viventi. Ciò non è possibile, come spiega per esempio un testo di Victor Gorshkov e Anastasia Makarieva del 2003 nel quale gli autori notano correttamente che se si suppone che Gaia sia un superorganismo, allora non può esistere.

Però, un attimo. Chi ha detto che Gaia è un superorganismo? E poi, che cos’è un superorganismo? Il termine è sufficientemente vago per poter essere usato e capito male. In generale si tratta di un assemblaggio di sottounità biologiche che non si riproducono individualmente, ma che per la bisogna dipendono da organi specializzati. Una cellula eucariota è un superorganismo, così come una colonia di formiche. e se tu, caro lettore, sei un essere umano, allora anche tu sei un superorganismo . Ma questo non vuol dire che Gaia lo sia. Per esempio, ho tra le mani il libro di Lovelock del 1988 “Gli anni di Gaia “e non trovo il termine “superorganismo”, che si riferisca a Gaia.

All’opposto, Lovelock aveva un’idea molto chiara di quello che è Gaia e lo ha descritto con il suo modello “Daisyword “un ecosistema molto semplificato composto da margherite che possono essere nere o bianche. Notate che le margherite non sono di due specie, come si spiega chiaramente nel libro, sono una sola specie con un certo polimorfismo nella loro pigmentazione. Il meccanismo gaiano di Daisyworld consiste nel modificare leggermente la frequenza di uno dei loro alleli – cioè che l’allele tinta bianca diventa

 

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https://comedonchisciotte.org/note-sulla-teologia-gaiana-la-dea-e-un-superorganismo/

 

 

 

 

 

Chiusura pagine inneggianti al comunismo

di Andrea Zhok – 25 09 2019

 

 

Negli ultimi due giorni ho visto numerose comunicazioni relative a segnalazioni, e anche a chiusure di pagine con contenuti inneggianti al comunismo, e di altre con contenuti ‘eterodossi’ (come il neonato Vox di Fusaro).

 

Non ho i mezzi per poterlo verificare indipendentemente, dunque mi limito a registrare tali comunicazioni come plausibili, anche alla luce dei recenti documenti approvati dal Parlamento Europeo.

 

Neanche due settimane fa, quando era partita in blocco la chiusura delle pagine di Casapound e Forza Nuova, ricordo molti che si fregavano le mani di fronte alla “censura del nemico”, mentre io sommessamente ricordavo che era il principio ad essere qui inaccettabile.

 

Ora a quanto pare – con un’accelerazione francamente inaspettata – siamo apparentemente già di fronte ad un redde rationem esteso ad altre voci eccentriche. Il limite, dev’essere molto chiaro, qui non è tracciato da nessuna parte se non nell’arbitrio protempore di soggetti privi di responsabilità pubblica ed inappellabili.

 

Non posso che confermare quanto osservavo a suo tempo.

 

1) Il liberalismo, che si pregia di aver inventato la libertà di opinione e parola, da sempre è liberale solo con altri liberali, e si crede legittimato a randellare chi non lo è (secondo questi criteri anche la Chiesa post-tridentina e i guardiani della Rivoluzione Khomeinista erano rispettosissimi della libertà di opinione e parola: la loro);

 

2) Che FB e gli altri social siano piattaforme private è un argomento al tempo stesso empiricamente ineccepibile e sostanzialmente assurdo: piattaforme su cui passa la comunicazione pubblica in forma di massa sono piattaforme di proprietà privata, ma che forniscono un servizio pubblico, e che devono essere regolamentate secondo criteri consoni ad un servizio pubblico (se fornisci un servizio di posta privata non puoi aprire le lettere o scegliere quali far arrivare a destinazione; se fornisci un servizio di telefonia privato non puoi ascoltare le comunicazioni e staccare gli utenti politicamente sgraditi, ecc.: Questo non è un Club e interpretarlo come tale è una falsificazione della realtà così come essa si è venuta a configurare).

 

3) Che queste cose stiano passando nel silenzio generale sul piano del dibattito politico è di una gravità inaudita. Ogni epoca ha le forme di repressione, censura e condizionamento appropriate alle sue condizioni storiche.

 

Come al solito è inutile fare tirate giornalistiche e mandare in onda film inneggianti alla “Libertà”, dove compaiono inevitabilmente odiosi censori, fingendo poi di non vedere quello che ti avviene sotto casa.

 

(Ogni oppressore della storia può sempre dirsi che il suo modo di agire è tutt’altra cosa dal passato; c’è sempre un’immagine della barbarie differente dalla tua da cui prendere le distanze, ma questo non giustifica nulla. Anche la polizia politica di Berja poteva dire che, dopo tutto, loro non punivano mica i dissidenti a colpi di Knut sulla pubblica piazza…).

 

https://www.facebook.com/groups/179438262092165/permalink/2547005092002125/

 

 

 

 

 

ECONOMIA

Quantitative Easing: la lotta di classe al tempo dello spread

di coniarerivolta

Nel Consiglio Direttivo di settembre la Banca Centrale Europea (BCE) ha deciso di riprendere il programma di acquisti netti di titoli finanziari (Asset Purchase Programmes) meglio noto come QE, ovvero il famigerato Quantitative Easing. Con il QE la banca centrale espande la liquidità a disposizione del sistema economico con lo scopo dichiarato di ripristinare il corretto meccanismo di trasmissione della politica monetaria: si suppone che la liquidità immessa allenti le tensioni sui mercati finanziari e consenta dunque all’economia reale di tornare sui binari della crescita. La banca centrale inonda il sistema di liquidità acquistando titoli finanziari, in prevalenza titoli di Stato dei paesi dell’area euro: tramite questi acquisti, i titoli finiscono nella pancia della banca centrale mentre il denaro, il prezzo pagato per acquistare quei titoli, entra nel sistema economico.

Attraverso questo meccanismo, la BCE ha introdotto nell’economia europea tra i 60 e gli 80 miliardi di euro ogni mese dal marzo 2015 al dicembre scorso, quando il programma di acquisti netti è stato provvisoriamente concluso, nell’ipotesi che tre anni di stimoli monetari fossero stati sufficienti a rivitalizzare il sistema finanziario e produttivo dell’area euro. Invece, il primo semestre del 2019 ha mostrato evidenti segni di stagnazione, con la produzione in calo persino nel cuore pulsante dell’Europa, in Germania, e l’inflazione al di sotto delle aspettative. Insomma, gli effetti positivi del QE sull’economia europea non si sono mai visti, nonostante la massiccia iniezione di liquidità messa in atto dalla BCE a partire dal 2015. Il Presidente della BCE, Mario Draghi, ha sostanzialmente ammesso questo fallimento, ma ovviamente ne imputa ad altri la responsabilità: secondo Draghi la politica monetaria sta facendo tutto ciò che è in suo potere per rilanciare l’economia europea, ma senza un briciolo di politica fiscale espansiva da parte della Germania diventa impossibile evitare il baratro di un’altra recessione.

Il realtà, l’attento Draghi non ha mai nominato espressamente la Germania, ma ha apertamente parlato di “governi che hanno a disposizione spazio fiscale (ossia, che hanno debito e deficit sotto controllo, ndr) e stanno fronteggiando un rallentamento”. Più chiaro di così non poteva essere: infatti, la Germania, come abbiamo recentemente visto, sta mostrando tutti i segnali di una crisi. Quel che ci interessa è che la stessa BCE ammette la sostanziale inefficacia del QE come strumento di rilancio dell’economia. Ma allora perché rimettere in moto il programma di acquisti netti? Quali sono gli effetti più importanti del QE, al di là delle dichiarazioni ufficiali?

Due sono gli effetti principali del Quantitative Easing sull’economia. Il primo è stato spesso menzionato, ma sempre di sfuggita – e vedremo perché. Gli acquisti di titoli pubblici operati dalla BCE hanno senza dubbio l’effetto di comprimere il costo del debito pubblico pagato dai governi dell’area euro. Difatti, gli acquisti della banca centrale rafforzano la domanda di titoli del debito pubblico e, per questa via, determinano una riduzione del tasso dell’interesse pagato dai governi, dando sollievo ai conti pubblici proprio nella fase in cui l’austerità rende più stringenti i vincoli di bilancio europei del Fiscal Compact. Da quando la BCE ha annunciato l’intenzione di riprendere il QE (discorso di Sintra del luglio scorso), il costo del debito pubblico italiano ha iniziato una parabola discendente dal 3% allo 0,8% registrato in questi giorni. Questo

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https://www.sinistrainrete.info/europa/15976-coniarerivolta-quantitative-easing-la-lotta-di-classe-al-tempo-dello-spread.html

 

 

 

 

 

 

 

I “pacchi” del governo Conte

di Marta Fana

I 29 punti del programma del nuovo esecutivo sono vaghi e contraddittori. La reale direzione politica tutta da verificare nella congiuntura economica europea. Ma c’è terreno per un’opposizione che riporti al centro gli interessi sociali

«Io con la crisi di governo, scarico pacchi. Io senza la crisi di governo, scarico pacchi. Io col governo tecnico M5S-Gap-Pd-Craxi, scarico pacchi. Io con nuove elezioni, scarico pacchi!». Ecco uno dei tanti meme nella solita ondata bulimica di notizie, tentati scoop, dichiarazioni, gallerie fotografiche, commenti, analisi preventive succedutisi durante l’appena conclusa crisi di governo. Può sembrare sprezzante o, al contrario, denigrante nei confronti dei lavoratori, dipinti come indolenti nei confronti della democrazia parlamentare e dei meccanismi istituzionali.

Niente di tutto questo. Mentre scorrevano le immagini dell’insediamento del nuovo governo, l’ufficio nazionale di statistica tedesco annunciava un calo congiunturale del 2,7% degli ordinativi alle aziende. Il giorno dopo, la brusca frenata della produzione industriale che registra un -4,2% sull’anno precedente. Non è un dettaglio: il nuovo esecutivo si muoverà sul filo del rasoio non soltanto per i numeri risicati al Senato, ma soprattutto per la capacità di incidere – dentro gli esigui margini di manovra – nella politica che conta, dove l’Italia ha da anni perso terreno, in un periodo di forte instabilità politica ed economica. A determinarne l’indirizzo politico saranno il pendolo degli interessi sociali e la capacità di imporre nelle trattative con Bruxelles un’agenda in radicale discontinuità coi decenni precedenti. In un contesto economico e geopolitico segnato da un’ormai strutturale instabilità, dall’avanzata della crisi economica in Germania e da una crisi globale che si intravede all’orizzonte dentro e oltre il perimetro della guerra dei dazi tra Stati uniti e Cina.

È guardando a questi fondamentali dell’economia che si può andare oltre le etichette «il governo che piace ai mercati» vs «il governo più a sinistra degli ultimi decenni». E da questi fondamentali dipenderanno in larga misura i margini di negoziazione con la Commissione Europea.

Lo spazio per chiedere flessibilità sul deficit e fare un po’ di espansione fiscale c’è: la Germania ha bisogno di frenare il calo della produzione, cioè deve mantenere alto il livello delle esportazioni di cui quelle italiane valgono 70,3 miliardi di euro (+6,8% rispetto al 2017). Tuttavia, l’Italia non è solo un partner commerciale della Germania, bensì un ingranaggio dei suoi stessi processi produttivi e filiere: solo tra il 2015 e il 2017, la Germania si è intestata operazioni di acquisizione e fusione di aziende italiane per oltre cinque miliardi di euro. È di fronte ai movimenti di capitale che bisognerebbe avere una strategia per governare i processi e non subirli: avere un’idea sul che fare, quando queste aziende entreranno in crisi e decideranno piani di licenziamenti e ristrutturazioni, o molto più  banalmente si sposteranno all’estero, magari verso est, perché la manodopera costa meno, innescando crisi a catena lungo gli indotti.

Non c’è da stupirsi se la scelta del nome a capo del Ministero dell’Economia è ricaduta su un nome, Roberto Gualtieri, di garanzia degli “equilibri” europei, perché i dossier aperti al di là della crisi non sono dei più banali: si parla della revisione delle regole di bilancio, ma anche di nuovi meccanismi per rendere il sistema “punitivo” più  efficace contro chi non rispetta le regole imposte. È arrivato il momento – parola delle presidenti designate di Bce e Parlamento Europeo – di «usare tutta la flessibilità prevista dalle regole per promuovere crescita e investimenti», per impedire al malato d’Europa, la Germania, di sprofondare.

Tracciato brevemente e in modo non esaustivo il contesto entro cui opererà il nuovo governo, proviamo a leggere politicamente il compromesso che hanno fatto per formarlo andando oltre un elenco puntato. Fin qui, infatti, i ventinove punti programmatici dell’esecutivo M5S-Pd non sono che una lista della spesa, da cui emergono con forza le omissioni, le inconsistenze e le

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https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/15822-marta-fana-i-pacchi-del-governo-conte.html

 

 

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Le complicate prospettive delle banche europee

Vincenzo Comito – 1Ottobre 2019

 

L’Unione bancaria europea è un progetto rimasto a metà, e le banche continentali, mediamente più piccole, soffrono in competizione con i giganti americani e cinesi. Le criticità riguardano la ricapitalizzazione imposta dal 2021 ma anche la sfida di lungo periodo del fintech e dell’intelligenza artificiale. Ma non solo.

Da diversi anni, più o meno a partire dalla crisi del 2008, le banche, in particolare quelle più grandi ed europee, si trovano di fronte a problemi crescenti e, almeno alcuni, di difficile soluzione. Una parte di tali difficoltà è stata proprio messa in rilievo o innescata dalla crisi citata, qualcun’altra ha invece origini di tipo autonomo. Insieme, pongono molti interrogativi su di una tranquilla tenuta del sistema nel tempo.

Intanto, sempre da anni, molti studiosi e specialisti del settore mettono in qualche modo in discussione non solo gli attuali modelli di funzionamento delle banche, ma anche l’opportunità di continuare a permettere loro di occuparsi di molte delle loro tradizionali attività, fino ad investire lo stesso loro modo di essere. Siamo arrivati così, ad esempio, al referendum svizzero del giugno del 2018, che voleva in sostanza impedire che gli istituti bancari continuassero a creare moneta, attività che è da secoli alla base del funzionamento del sistema bancario.

Analizziamo brevemente soltanto alcuni dei problemi cui si trovano oggi di fronte gli istituti europei.

Il confronto con le banche statunitensi e con quelle cinesi 

Ricordiamo intanto che il rendimento sul capitale delle banche dell’eurozona nel 2018 si è collocato intorno al 6,1%, valore pari a meno della metà di quello degli istituti statunitensi nello stesso anno (che si posiziona intorno al 13%) (Graziani, 2019). E la cosa si trascina da tempo.

Intanto mentre gli Stati Uniti costituiscono un mercato finanziario unico, in Europa la situazione appare ben diversa.

Gli istituti Usa sono poi molto più aggressivi di quelli europei, tanto che la loro quota di mercato in Emea (Europa, Africa, Medio Oriente) nel settore del corporate & investment banking è passata dal 31% del 2012 al 40% del 2018, mentre quella delle banche europee negli Stati Uniti è scesa nello stesso periodo dal 29% al 20% (Graziani, 2019).

Ha giocato su tali risultati anche la maggiore rapidità del sistema statunitense ad affrontare la crisi del 2008 e anche il più spinto protezionismo Usa nel settore. Inoltre, in Europa si registrano mercati più competitivi per la molto maggiore presenza di banche piccole e medie, mentre le banche di Oltreoceano sono più presenti nel settore dell’investment banking, mediamente più redditivo di quello della banca di dettaglio.

D’altro canto, va sottolineato come sul piano dimensionale le banche più importanti al mondo

 

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http://sbilanciamoci.info/le-complicate-prospettive-delle-banche-europee/?spush=bG9wcmVzdGltYW5saW9AZ21haWwuY29t

 

 

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

CARO MINISTRO BONETTI TI SCRIVO

Avv.Walter Buscema – Pres. Ass. Nessuno Tocchi Papà

 

Gent.mo Ministro, in merito alle sue dichiarazioni

“Il ddl Pillon sarà messo nel cassetto” e ancora ” il diritto alla bigenitorialità non può essere anteposto al superiore interesse del minore”, le vorrei ricordare che:

il Diritto alla Bigenitorialità È UN DIRITTO DEL MINORE ed è stato INTRODOTTO NELL’INTERESSE SUPERIORE DEL MINORE.

Caro Ministro, se le mancano le nozioni di base o se si ritiene erroneamente che il Diritto alla Bigenitorialità sia un Diritto dei Padri Separati, come potrà perseguire il REALE INTERESSE SUPERIORE DEL MINORE?

Chi è contro il Ddl Pillon è contro i nostri figli perché non riconosce il DIRITTO DI UN BAMBINO AD AVERE UNA MAMMA E UN PAPÀ E QUATTRO NONNI, ANCHE SE I GENITORI SI SONO SEPARATI.

Il Ddl Pillon DEVE andare avanti perché non possiamo attendere oltre la riforma dell’Affido Condiviso.

Nei prossimi mesi saremo in moltissime Città Italiane, e spiegheremo a tutti cosa è il Diritto all Bigenitorialità.

Contiamo di avere per questa nostra campagna informativa, il prezioso supporto del Senatore Pillon, che

 

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https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=2367418226646949&id=721582711230517

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

VOGLIONO LA DURATA MASSIMA PER LEGGE DEI PROCESSI E LA FACOLTA’ DI RENDERLI ETERNI

Mauro Mellini – 01.10.2019

 

Gli Avvocati scenderanno in sciopero contro una delle più imbecilli e vessatorie norme: quella che abolisce la prescrizione dei processi salvo che maturi durante il primo grado.

Per comprendere facilmente tutta la stupidità di tale trovata (che dovrebbe andare in esecuzione dal 1° gennaio 2020) si potrebbe dire che ciò è come se la pensione per anzianità fosse abolita, salvo che sia maturata entro i primi 30 anni di vita del pensionamento.

Questa cavolata, introdotta dalla fregola giustizialista (e dalla imbecillità di chi ne è affetto) comporterebbe che un minimo di ritegno dei magistrati a non mandare troppo le cose per le lunghe lo si potrebbe sperare solo per “concludere” il processo in primo grado. I gradi successivi sarebbero, anche, e soprattutto, nei casi di più scandalose condanne, in prime cure, lasciati in balia degli sbadigli di giudici scansafatiche.

Ma l’imbecillità di questi legislatori “anti” (antimafia, antidroga, anticorruzione, anti etc. etc.) si manifesta al tempo stesso con la dichiarazione dei “buoni propositi” di questo buffonesco governo: porre “un limite massimo alla durata dei processi”. Bella cavolata soprattutto se in tandem con la pratica abolizione della prescrizione.

Affidarsi ad una specifica norma di legge che fissi la durata massima, come se i processi fossero tutti uguali, con la stessa quantità e qualità di prove da assumere e con la stessa semplicità o complicazione delle questioni da trattare, è da cretini, anche se in Bonafede.

Il risultato sarebbe quello di dar corso con tutta tranquillità alle prove chieste del “Collega” Pubblico Ministero, per poi tagliar corto “per non superare la durata massima” per il resto.

I processi hanno naturalmente durate diverse. Certo a questa diversità

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https://ilcircolaccio.it/2019/10/01/vogliono-la-durata-massima-per-legge-dei-processi-e-la-facolta-di-renderli-eterni/

 

 

 

 

 

 

LA LINGUA SALVATA

Acciottolare

ac-ciot-to-là-re (io ac-ciòt-to-lo)

Urtare fra loro oggetti che facciano il rumore di ciottoli

composto parasintetico di ciottolo, diminutivo di ciotto, di probabile origine preindoeuropea.

Le parole che descrivono i suoni sono fra le più complesse, e per una ragione ovvia ma sostanziale: sono suoni che raccontano suoni, senza il rifugio di metafore. L’acciottolare è una di queste, e a dispetto del suo uso non comune, il suo significato alle nostre orecchie è dei più familiari.

Quando accompagni in modo brusco il carrello della lavastoviglie, acciottoli i piatti. Quando il cassiere ti ha dato un resto tutto in monete e te lo infili in tasca, le acciottoli a ogni passo. Quando tua nonna ti ha dato una scatola con delle belle tazzine di un vecchio servito, le senti acciottolare ogni gradino che scendi. E acciottoli i sassi che sovrappensiero calci camminando sull’asfalto.

Nel Seicento questo verbo vede la luce con un significato specifico, quello del pavimentare con ciottoli tenuti insieme da una malta; solo a metà dell’Ottocento matura il suo significato sonoro, che ci chiede di pensare al rumore che fanno i ciottoli, quando cozzano fra loro — quello di quando camminiamo sul pendio sassoso e facciamo franare i sassi gli uni sugli altri, di quando

Continua qui:

https://unaparolaalgiorno.it/significato/acciottolare?_et=eyJ0eXAiOiJKV1QiLCJhbGciOiJIUzI1NiJ9.eyJzdWIiOnsidSI6ImxvcHJlc3RpbWFubGlvQGdtYWlsLmNvbSIsImMiOiIwY2EyYTA2ZjRiM2U2OWZhIn0sImV4cCI6MTU3MDQwOTM1N30.gIG5-hgd4AcfIX_Z-TTOYfJ4sGvK5Q0XEiJ4UBuaE7c

 

 

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Il mondo è da cambiare ma non è come lo descrivono Greta e i catastrofisti. L’Italia è da rivoluzionare ma la politica pensa alle merendine

ENRICO CISNETTO | 30 SETTEMBRE 2019

Pensando, erroneamente, di aver già vinto la battaglia epocale contro il sovranismo e il nazional-populismo, veri nemici assoluti dopo la caduta del comunismo, il mondo occidentale è attraversato dalla tentazione di individuare nei processi di globalizzazione, nel capitalismo (definito iper o turbo) e in molti aspetti del progresso, specie tecnologico e scientifico, i bersagli su cui scaricare tutte le frustrazioni sociali che lo pervadono. In particolare, accade in Europa, dove il benessere è più diffuso, i sistemi di welfare più radicati, i diritti maggiormente consolidati dei doveri, e dove più alto è stato il prezzo da pagare al trasferimento di quote di ricchezza ai paesi emergenti. Da qui Thomas Piketty che scrive un tomo per dimostrare che il capitalismo non è più in grado di giustificare le disuguaglianze che produce. Da qui l’irascibile Greta Thunberg, che a nome di milioni di giovani rinfaccia ai governanti di aver rubato il futuro alle nuove generazioni. Sollecitazioni intellettuali ed emotive cui occorre prestare rispetto e orecchio, non fosse altro perché i traguardi raggiunti dal mondo civile progredito sono sempre stati raggiunti, dalla Rivoluzione francese in poi, grazie dal confronto-scontro di culture e istanze diverse che hanno reso dinamici individui e società. Ma che in questo caso rischiano di essere condite, e rovinate, dalla rancida salsa della retorica del politicamente corretto, se non addirittura di un vero e proprio fondamentalismo ideologico.

Chi ci segue da tempo sa che in questo spazio non abbiamo mai ceduto al fascino dell’allarmismo ecologista. Anzi, sa che militiamo senza indugio nel (minoritario) partito del “sì”, per quanto temperato da un pragmatico “purché”. Ma questo non significa che non siamo consapevoli dei costi ambientali dello sviluppo, e in particolare di quello figlio della globalizzazione, che (per fortuna) ha allargato enormemente il fronte dei paesi industrializzati. E di conseguenza non siamo insensibili all’idea che si debba provare a correggere il tiro,

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POLITICA

VOGLIONO UN PARLAMENTO DI MARIONETTE

Mauro Mellini – 2 ottobre 2019

 

Un episodio, uno tra i tanti che valgono assai più di interi trattati a dar la prova del degrado della funzione parlamentare.

Un Parlamento a maggioranza giallo-verde (Lega-5 Stelle) vota la legge sul reddito di cittadinanza.

Mica un “reddito”, un sussidio a “buoni” cittadini, ai benemeriti, a quelli senza precedenti penali, ai non esclusi dai pubblici uffici. Reddito per il solo fatto di essere cittadini. Esclusi solo i cittadini sottoposti a “misure cautelari personali” (carcerazione, arresti domiciliari, etc.).

Chiede ed ottiene, come era “giusto” secondo la legge appena approvata, Federica Saraceni, condannata a venti anni per una delle ultime manifestazioni di terrorismo (caso D’Antona).

Si scopre che cosa? Che la legge approvata ieri da un Parlamento nella stessa composizione di quello attuale, è stata semplicemente applicata. Che abbia “sconfitto la povertà” come gridò al vento quel guaglioncello di Di Maio era ed è, ovviamente altra cosa.

Ora gli stessi Parlamentari, proprio quelli lì che hanno votato la legge, minacciano il finimondo perché la legge stessa è stata applicata puntualmente ed a Federica Saraceni gli saranno corrisposti, credo, 600 o giù di lì, euro al mese.

E’ la conferma di aver votato a vanvera, senza sapere che cosa comportasse quel voto.

Un episodio tra tanti, una prova di un deprecabile degrado dell’istituzione fondamentale della Repubblica e della Democrazia.

Ma c’è qualcuno, anzi ci sono molti, troppi, a cui ciò non basta e vogliono un Parlamento di marionette ubbidienti ai fili dei burattinai.

Tutte le “riforme” venute in discussione (si fa per dire) magari per un episodio che ha

 

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http://www.lavalledeitempli.net/2019/10/02/vogliono-un-parlamento-marionette/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Voto ai sedicenni?

Francesco Erspamer 30 09 2019

 

E perché? Al di là del fatto che i giovani di oggi, e anche gli adulti, sono molto più immaturi che in passato, a preoccuparmi è questa fretta, esplicitamente consumistica, di far fare loro tutte le esperienze il prima possibile, senza sufficiente tempo per prepararsi e per imparare a imparare.

 

Una delle più profonde intuizioni di Walter Benjamin, filosofo tedesco della prima metà del Novecento, fu che l’essenza del fascismo è l’esaltazione della volontà di esprimersi, obiettivo molto più facile (e gradito ai ricchi) della ricerca del bene comune o della lotta per i diritti collettivi. Facile accorgersi che ciò che il fascismo iniziò è stato pienamente realizzato dalla società dello spettacolo e del completo sdoganamento dell’individualismo. Selfie, social e stupefacenti non servono affatto a conoscere sé stessi e tanto meno gli altri ma solo a esprimere sé stessi.

 

Così il voto ai ragazzini: un atto di libertà (la mitica libertà! auspicabile effetto della giustizia sociale e dell’eguaglianza economica trasformato in valore assoluto e autosufficiente dal capitalismo), non di responsabilità, negata dalla dipendenza economica dai genitori e dal fatto che la maggiore età resta a 18 anni, o di competenza, negata dal fatto che si tratta di giovani che in gran parte ancora vanno a scuola. Tutto molto liberista e mi dispiace che accanto ai democristiani Graziano Delrio e Enrico-stai-sereno Letta ci siano anche Conte, Grillo e Di Maio.

 

Spero che ci riflettano un po’; ci sono altre priorità e i diversivi del Pd non dovrebbero prenderne il posto.

PS Significativo che Letta nella stessa intervista proponga il voto ai sedicenni e lo ius soli. Molto coerente e molto liberista: avendo rinunciato a far crescere gli italiani e a costruire il bene comune, punta sui minorenni e sugli stranieri, ossia sulle categorie più manipolabili dalle multinazionali e dai loro media.

 

https://www.facebook.com/100003196950060/posts/2371804332936109/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

L’ambientalismo, fase suprema dell’antropocentrismo

 

 

27 SETTEMBRE 2019CLAUDIO B.

“L’incredulità è un accidente; la fede sola è lo stato permanente dell’umanità”

(Alexis de Tocqueville)

Seguo il dibattito sul clima da osservatore distratto più o meno da quando sono entrato nell’età della ragione nonché da quanto internet è entrata in casa mia (una quindicina d’anni fa). Lo seguo da appassionato di meteorologia amatoriale (consapevole per prima cosa che weather is not climate), lo seguo da amante istintivo della natura, della montagna, della neve e dei ghiacciai.
E lo seguo anche, se non soprattutto, da amante dei sistemi complessi. Perché il clima lo è, complesso. Azzarderei che è il più complesso dei sistemi “inanimati” (escludendo quindi tutti gli “organismi” sociali e quelli cellulari come il nostro cervello).

Quindici, ma anche dieci anni fa, l’argomento clima/meteo, fuori dal dibattito accademico era ancora per lo più di pertinenza di pochi forum meteo specializzati dove si confrontava gente più o meno competente e con una passione magari particolare, ma genuina. Per il resto c’era la classica discussione tra uomini della strada a colpi di “non ci sono più le mezze stagioni”, “quest’anno l’estate sembra non vuole saperne di arrivare” e “non è tanto il caldo, ma l’umidità” (che resta la mia preferita, e anche la più vera).
Io non ho una laurea in fisica dell’atmosfera, come non ne ho in economia (altra passione, venuta dopo). Per questo ho sempre letto parecchio e con curiosità chi mi pareva dire cose sensate (possibilmente cercando di sentire entrambe le campane) e scritto il meno possibile.
Due sensazioni però le ho sempre avute. La prima, che nel dibattito sul clima, come in quello economico, fosse molto difficile pervenire a delle certezze (impossibilità di fare esperimenti, mancanza di dati, spiegazioni multicausali e così via) e la seconda, che nonostante questo, o forse proprio per questo, fosse molto facile pensare di aver capito tutto sull’argomento e fornire spiegazioni semplici. Del resto quando si parla di tempo (atmosferico), ma anche quando si parla di soldi, un po’ tutti sono convinti che basti la propria esperienza

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https://stradenuove.home.blog/2019/09/27/lambientalismo-fase-suprema-dellantropocentrismo/

 

 

 

 

 

Tesla col richiamo: caos e incidenti nei parcheggi

Chiamare a sé l’auto dal telefonino con la funzione Smart Summon ha già causato confusione nei passanti e qualche tamponamento.

 

ZEUS News – www.zeusnews.it – 01-10-2019

 

Dopo l’aggiornamento di settimana scorsa, il software che governa le Tesla è stato portato alla versione 10 e gli utenti che hanno acquistato il servizio Full Self-Driving ora possono fare qualcosa che fino a pochi anni fa pareva fantascienza: chiamare a se l’auto dal telefono grazie alla funzione Smart Summon.

 

Con un semplice comando impartito dall’app è possibile far sì che la Tesla esca da sola dal parcheggio e raggiunga la posizione del suo proprietario, posto che i due si trovino al massimo a 60 metri di distanza tra loro.

Funziona questo sistema? In linea di massima sì. Però, come dimostrano i video che vanno apparendo nel web, Tesla sembra comportarsi un po’ come Microsoft: ha tutta l’aria di stare trattando gli utenti come beta tester di una tecnologia non proprio matura. E quando una tecnologia non proprio matura fa muovere le auto, ecco che accadono gli incidenti.

Si tratta di piccoli tamponamenti ed eventi di lieve entità, ma che certamente

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https://www.zeusnews.it/n.php?c=27667

 

 

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