RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 29 MAGGIO 2019

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RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI

29 MAGGIO 2019

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

L’alfabeto è un nido di passeri

da cui escono stormi innumerevoli di parole

RAMON G. DE LA SERNA, Sghiribizzi, Bompiani, 1997, pag. 148

 

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Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

 

Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com 

 

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SOMMARIO

 

Sui veri risultati italiani delle Europee 2019. Non facciamoci abbagliare da percentuali di percentuali 1

Barnard: attenti a quei 30, sono loro che ricattano il mondo. 1    

Non hanno ancora inventato il totocrimine?   

Buñuel   

Brutte persone i “Buttafuori”

Bergoglio è un antipapa che ha fondato una religione opposta al cristianesimo. 1

COME GLI STATI UNITI INTERFERISCONO BRUSCAMENTE E SFACCIATAMENTE NELLE ELEZIONI DI ALTRI PAESI 1

Mettere il mondo al riparo dal caos scatenato dagli USA non è compito facile 1   

Per la situazione libica sappiamo chi ringraziare

LE TRUPPE SERBE SONO STATE ALLERTATE DOPO CHE LE FORZE DEL KOSOVO SONO ENTRATE IN REGIONI POPOLATE DA SERBI 1

PER I 100 ANNI DI STEFANO D’ARRIGO. 1    

Leonardo francese    

Avaaz e il metodo Cambridge Analytica. 1

Gomblottisti creativi   

Clandestini 1

Famiglie separate  

Sale (poco) lo spread e subito il Pd e Repubblica agitano lo spauracchio  

Sulle crisi e i mutamenti (geo)politici   

Quando Debenedetti faceva affari con Soros

I Dioscuri ci liberano dall’euro 1

Euro: tutti si preparano alla rottura per limitare i danni?. 1   

Ivoriani  

Casta togata

Repentaglio. 1

Salvini, Orbàn o Le Pen? Perché non cambierà niente in politica estera nell’Europa “sovranista”. 1

Francia e razzismo. 1    

Il Pampero in una trasferta di 2 anni fa

Un tranquillo colpo di stato. 1

I legami tra Boeri, De Benedetti e Soros 1

Soros, il problema indicibile 1

 

 

IN EVIDENZA

Sui veri risultati italiani delle Europee 2019. Non facciamoci abbagliare da percentuali di percentuali

Pubblicato il 27.05.2019 Wu Ming

 

[Stamane abbiamo pubblicato su Twitter una catena di tweet coi nostri primi spunti di riflessione sul risultato elettorale. Abbiamo deciso di pubblicarli anche qui, in forma di articolo, con alcune modifiche e integrazioni. Buona lettura. WM]

 

Un solo esempio per far capire quanto l’astensione al 44% distorca la “fotografia” e renda i ragionamenti sulle percentuali dei votanti – anziché del corpo elettorale – del tutto sballati: alle politiche del 4 marzo 2018 il PD prese 6.161.896 voti. Alle Europee di ieri, 6.045.723.

Non c’è nessun «recupero», sono oltre 116.000 voti in meno rispetto all’anno scorso. L’iperattivismo polemico di Carlo Calenda e la retorica da Madre di Tutte le Battaglie non hanno ottenuto nulla salvo un effimero superare una «soglia psicologica» che non ha corrispondenza nel reale.

Per chi dice che non vanno comparate elezioni diverse, ecco il dato delle precedenti Europee: 11.203.231. In cinque anni il PD ha perso oltre cinque milioni di voti, eppure, in preda all’effetto allucinatorio da percentuali “drogate” dall’astensione, la narrazione è quella del «recupero», della «rimonta», del «cambio di passo».

Se proprio si vuole ragionare in termini di percentuali, ragionando sul 100% reale vediamo che la Lega ha il 19%, il PD il 12%, il M5S il 9,5%. Sono tutti largamente minoritari nel Paese.

Rimuovere l’astensione rende ciechi e sordi a quel che si muove davvero nel corpo sociale. In Italia più di venti milioni di aventi diritto al voto ritengono l’attuale offerta politica inaccettabile, quando non disperante e/o nauseabonda.

Dentro l’astensione ci sono riserve di energia politica che, quando tornerà in circolazione, scompaginerà il quadro fittizio che alimenta la chiacchiera politica quotidiana, mostrando che questi rapporti di forza tra partiti sono interni a un mondo del tutto autoreferenziale.

Ora facciamo un esempio concreto di come rimuovere l’astensione abbia prodotto un effetto abbagliante e condotto a sfracellarsi chi si era fatto abbagliare.

Alle precedenti Europee il PD di Renzi prese il 40,81% del 57,22%, cioè il 23,3% reale. Ma tutti (s)ragionarono e discussero come se quello fosse «il 40% degli italiani». Renzi si convinse di avere quel consenso nel Paese, anche perché glielo ripetevano tutti gli yes-men e le yes-women di cui si era circondato. La sua politica consistette nello sfidare tutto e tutti, nel tentare ogni genere di forzatura, disse che avrebbe usato il «lanciafiamme» e quant’altro. Si rese talmente inviso nel corpo sociale reale del Paese che a un certo punto non fu più in grado di parlare in nessuna piazza, dovette annullare frotte di comizi, scappare dal retro ecc.

Era la stagione di #Renziscappa.

Vi fu chi fece notare che quelle contestazioni erano un sintomo di qualcosa, che bisognava porvi attenzione. La risposta, invariabile, era: «Sono episodi che non dicono niente, Renzi ha il 40%, resterà al governo per 20 anni.» Intanto, però, il dissenso montava e convinceva milioni di persone a tornare a votare per votargli contro nel referendum costituzionale del 2016.

A quel referendum votarono oltre cinque milioni di persone in più rispetto alle Europee, e il Sì fu sconfitto con sei milioni di voti di distacco, tondi tondi.

Vale anche in senso inverso, e un esempio lo abbiamo avuto proprio ieri: l’astensione ha causato un vero e proprio tracollo del M5S. Cinque milioni in meno rispetto alle politiche dell’anno scorso. Il M5S aveva intercettato una parte dell’astensione e anche di spinta dal basso di movimenti sociali, ma ha ben presto dimostrato la propria inconsistenza, deludendo oltremisura, e molti che l’avevano votato se ne sono andati, plausibilmente senza dare il voto a nessun altro.

Questo per dire che:

  1. Qualunque discorso sul consenso politico nel Paese che non tenga conto della «variabile impazzita» – nel senso di imprevedibile – rappresentata dalle energie “congelate” nell’astensione, e dunque dal flusso alternato voto/non-voto, è un discorso campato in aria.
  2. Le piazze, le contestazioni, le manifestazioni di dissenso contano eccome, sovente sono più reali dell’allucinazione da percentuale di percentuale. Per questo ha senso continuare a monitorare #Salviniscappa. Teniamo conto che soltanto a maggio ci sono stati 21 episodi significativi.
  3. Ripetere il cliché «chi non vota sceglie di non contare» è lunare, per due ragioni:
    ■ a. non-voto non equivale per forza a passività, milioni di persone non votano più ma fanno lotte sociali, vertenze sindacali, volontariato, stanno nell’associazionismo, sono cittadine e cittadini attivi, molto più attivi di chi magari non fa nulla se non mettere una croce su una scheda ogni tanto per poi impartire lezioncine;
    ■ b. da un momento all’altro costoro potrebbero tornare a usare anche il voto per scompigliare

 

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Barnard: attenti a quei 30, sono loro che ricattano il mondo

Scritto il 11/5/12   RILETTURA

Attenti a quei Trenta: ricattano il mondo truccando le regole. E nessuno li può fermare, perché maneggiano 650.000 miliardi di dollari, cioè otto volte il Pil del pianeta. In dieci anni, hanno messo in ginocchio l’economia reale. E sono ancora lì, a dettar legge, a cominciare da uno dei loro specialisti, Mario Draghi. Teoria del complotto? No: storia. Quella del famigerato “Group of 30”, creato alla fine degli anni ’70 da personaggi come David Rockefeller. Obiettivo: piegare le nazioni ai diktat della speculazione finanziaria. Missione compiuta: oggi l’intera Europa è nelle loro mani, e un paese come l’Italia – membro del G8 – è agli ordini della super-lobby che ha commissariato il governo affidandolo al fido oligarca Mario Monti, tecnocrate targato Goldman Sachs, veterano del Bilderberg, della Trilaterale e della micidiale Commissione Europea, quella che oggi dispone il suicidio sociale degli Stati mediante il pareggio di bilancio.

Un capolavoro, in sole tre mosse. Primo: attraverso la “superstizione o isteria del debito pubblico”, si distrugge la capacità dello Stato di creare e controllare qualsiasi ricchezza finanziaria significativa, che a quel punto resta unicamente nelle mani dei mercati di capitali, da cui gli Stati finiscono per dipendere in toto. Seconda mossa: i dominatori finanziari, che ora spadroneggiano, per ottimizzare la rapina globale incaricano la super-lobby dei tecnocrati di ridisegnare leggi e regole, con adeguata propaganda. Terzo: gli oligarchi impongono le loro condizioni-capestro ai governi, ormai privati della facoltà di creare ricchezza finanziaria e quindi dipendenti dal ricatto, pronti cioè a ingoiare qualsiasi aberrazione speculativa. Parola di Paolo Barnard, autore del saggio “Il più grande crimine” sul complotto mondiale della finanza. Promotore italiano della Modern Money Theory – sovranità monetaria per avere democrazia reale e benessere sociale – Barnard è reduce dalla caserma dei carabinieri nella quale ha sporto denuncia contro Monti e Napolitano per “golpismo finanziario”.

C’era un piano ben congegnato per mettere nel sacco l’Italia: occorreva creare una sofferenza finanziaria artificiosa per consentire alla super-lobby di prendere direttamente il timone. Peccato che i “salvatori”, dice Barnard, fossero gli architetti stessi del piano: «Non ci vuole un genio a capire che il poliziotto iscritto al club dei ladri che gli pagano laute prebende finisce col tradire il suo mandato». Mario Draghi, per esempio: «Poteva fermare la loro mano semplicemente ordinando alla Bce di acquistare in massa i titoli di Stato italiani». Acquisto che avrebbe abbassato drasticamente i tassi d’interesse di quei titoli, la cui impennata stava portando l’Italia alla caduta nelle mani degli “investitori-golpisti”. Se Draghi avesse mosso un dito, i mercati si sarebbero fermati, «resi inermi di fronte al fatto che la Bce poteva senza problemi mantenere a un livello basso e costante i tassi sui nostri titoli di Stato». Ma Draghi, che pure siede sul trono della Banca Centrale Europea, si guarda bene dall’intervenire. Motivo? Non è solo l’ex governatore di Bankitalia: è anche, e soprattutto, un uomo di punta dei “terribili Trenta”.

Cosa ci fa un personaggio pubblico come Draghi dentro il club di coloro che hanno impedito al mondo di fermare la finanza criminale planetaria? Purtroppo, aggiunge Barnard, il presidente della Bce «dovrebbe vigilare proprio su coloro che condividono il suo club con intenti criminosi». Del resto, chi era il funzionario italiano che – da direttore generale del Tesoro – lungo tutti gli anni ’90 «supervisionò la svendita del nostro Paese alle privatizzazioni selvagge che non hanno sanato di nulla il debito pubblico ma che hanno sanato di certo imprenditori falliti come De Benedetti e fatto incassare miliardi in parcelle alle investment banks?» E chi era il funzionario italiano che «non ha detto una parola contro la micidiale separazione fra Banca d’Italia e Tesoro», divorzio «che ingrassò le medesime banche?». Sempre lui, l’ineffabile Draghi, «uomo “Group of 30”, uomo Bilderberg, uomo Goldman Sachs, e anche “bugiardo-Sachs”», visto che «ha sempre negato di essere stato in forza alla Goldman quando la banca di Wall Street organizzò la truffa per truccare i libri contabili greci in collusione col governo di Atene». E invece, dice Barnard, alla Goldman lui c’era, eccome: e ne dirigeva proprio gli affari europei.

E’ stato lui, Mario Draghi, a “inventarsi” un trilione di euro, in piena agonia dell’Eurozona, per regalarlo alle banche, praticamente senza condizioni. E tutto questo, dopo aver chiuso i rubinetti della Bce per far collassare il governo Berlusconi e consegnare l’Italia all’uomo del super-potere, Mario Monti. Manovra orchestrata dai maxi-speculatori, gli inventori della più spaventosa truffa planetaria, quella dei “derivati”, «astrusi prodotti finanziari del tutto comprensibili a non più di 200 individui nel mondo». Ma il “derivato dei derivati”, aggiunge Barnard, è proprio la crisi finanziaria 2007-2012, innescata dal virus dei titoli fasulli spacciati da Joseph Cassano, boss finanziario della City londinese. Il flagello dei “derivati” si è abbattuto su una situazione già catastrofica, provocata dalla bolla speculativa immobiliare americana dei mutui subprime, infettando quasi tutte le maggiori banche del mondo. Fino all’attuale “spirale della deflazione economica imposta”, la famigerata austerity, che ora i “golpisti” – sempre loro – usano per depredare a sangue interi Stati europei.

I “derivati”, dice Barnard, sono vere e proprie armi di distruzione di massa, visto che questi “Frankenstein-assets” vagano per il pianeta senza più controllo né regolamentazione, per una cifra di circa 650.000 miliardi di dollari. Il primo allarme nel lontano 1994, coi miliardi-fantasma della banca d’affari Merrill Lynch. Un pozzo senza fondo, che ha travolto anche i Comuni italiani, invitati a “privatizzare” il debito. Ancora oggi, i contratti Otc (“over the counter”) sono «liberamente usati per distruggere, e lo stanno facendo gli hedge funds come quello del criminale John Paulson, che scommettono in queste ore contro l’euro». Usando i “derivati”, continua Barnard, un pugno di speculatori può affondare persino uno Stato sovrano. Può ricattarlo e sospingerlo oltre il baratro del default. Con conseguenze agghiaccianti: disoccupazione e sotto-occupazione, suicidi, morti anzitempo, abbrutimento sociale, svendita-truffa del patrimonio pubblico, usura sullo Stato. E soprattutto: perdita di democrazia, a favore dei super-profitti dei soliti speculatori, grazie anche al “fascismo finanziario” dell’Unione Europea, che oggi fa gridare allo scandalo persino il “Financial Times”, di fronte ai trattati-capestro imposti senza mai un referendum.

«Domanda: come si è arrivati a questo? Perché non lo si è evitato? Risposta: “Group of 30”». Proprio i Trenta, secondo Barnard, sono la punta di lancia dell’operazione “golpista”. Una lobby di tecnocrati eccezionali, varata nel 1978 con l’aiuto dei Rockefeller: 30 membri, a rotazione, accuratamente designati. «Sono quasi tutti uomini che hanno lavorato con la mano destra nella speculazione finanziaria, e poi con la sinistra nella regolamentazione statale». Missione: piegare le leggi ai propri voleri, naturalmente all’insaputa dei cittadini. Il “Group of 30”, scrive Eleni Tsingou nel più devastante lavoro accademico sulla super-lobby planetaria, «non solo ha legittimato il coinvolgimento del settore privato nelle politiche di Stato, ma ha anche permesso all’interesse privato di divenire il cuore delle decisioni di politica finanziaria». Un trust di cervelli, potentissimo e imbottito di miliardi. E’ proprio il “Gruppo dei 30” a intuire le immense potenzialità dei “derivati”: sono stati loro, gl adepti della super-setta egemone, a inquinare il mondo con la peste dei titoli tossici, per riuscire infine a mettere in ginocchio interi Stati.

Nel 1993, racconta Barnard, il gruppo pubblicò il primo manuale d’uso sui “derivati”, destinato ai controllori statali, europei e americani, delle transazioni finanziarie: non sapevano come maneggiare quei titoli, quindi accolsero con favore lo studio del gruppo e l’ignoranza tolse loro ogni potere di contrastarne le pericolose conclusioni. Primo: i “derivati” sono indispensabili perché “rappresentano nuovi modi di capire, misurare e gestire il rischio finanziario”. Ovvero: «Gli strumenti più “rischiogeni” della storia della finanza avrebbero, secondo loro, ridotto il rischio». Poi: si sottolineava che “la chiave per l’uso dei “derivati” è l’autoregolamentazione”, visto che “le regole statali intrusive e basate sulla legge ne rovinerebbero l’elasticità e impedirebbero l’innovazione in finanza”. Ergo: si prega di non disturbare il manovratore. E i controllori? «Per evitare di apparire ignoranti che brancolavano nel buio si aggrapparono alle raccomandazioni del Gruppo, sia in Usa che in Europa, sospinti in modo decisivo proprio dai loro colleghi senior che erano membri di spicco di questa lobby».

Ma il “Group of 30” osò anche di più, continua Barnard: la super-lobby scrisse che i controllori avrebbero dovuto “aiutare a rimuovere le incertezze legali dei regolamenti in vigore”, e fornire un trattamento fiscale favorevole ai “derivati”. «L’intero lavoro era stato abbondantemente oliato con i fondi della mega-banca speculativa JP Morgan». Eppure, «nonostante la sfacciataggine di quelle righe – osserva Barnard – tre fra i maggiori organi di controllo del mondo, il Comitato di Basilea, il Congresso degli Stati Uniti e la Federal Reserve Usa, trovarono l’idea dell’autoregolamentazione accettabile». Di più: «Gettarono il loro peso contro i pochi controllori ed economisti che già allora suonavano le campane d’allarme», tra questi un prestigioso portavoce della Modern Money Theory come William Black. Al che, si mossero due delle più potenti lobby finanziarie anglosassoni: l’Iif di Washington (Institute for International Finance) e la Liba di Londra (Investment Banking Association): i due colossi «buttarono sul tavolo della trattativa le loro proposte per l’autoregolamentazione della trasparenza sui “derivati”, a pieno sostegno del “Group of 30”».

Per dare un’idea agli scettici del complotto, aggiunge Barnard, basta ricordare che proprio la Iif è la lobby che, poche settimane fa, ha dato gli ordini nella trattativa suicida della povera Grecia verso la trappola del secondo “bailout”. E dire che l’occasione per capire e controllare la distruttività dei “derivati” Otc si era presentata già all’inizio degli anni ’90: ma il “Group of 30” fu il primario attore nell’annullamento di ogni tentativo di portare questi killer sotto il controllo pubblico, con le conseguenze che sappiamo: crimini globali. Utile riflettere, dice Barnard, su «cosa questi mostri hanno fatto alla vita di centinaia di milioni di famiglie, a milioni di aziende e alle democrazie dei maggiori paesi occidentali, per non parlare degli orrori nel Terzo Mondo e sull’ambiente». Oggi, in pratica, «viviamo tutti su un ordigno termonucleare finanziario fuori controllo che si chiama 650.000 miliardi di “Frankenstein-Derivatives” in grado di far fallire il pianeta». Apriamo gli occhi: «Nessuna democrazia ha un senso, quando tutta la ricchezza è nelle mani di queste lobby senza pietà, a cui tutti i politici devono rispondere a bacchetta, invece che ai propri elettori».

E tanto per non far nomi, Paolo Barnard avverte che il “Gruppo dei 30” è fatto di persone in carne e ossa, ovviamente potentissime. Come gli americani Paul Volcker e Gerald Corrigan, passati dalla Fed a gruppi come Chase Manhattan Bank, Goldman Sachs, Morgan Stanley. Ci sono gli inglesi come lord Richardson of Duntisbourne (Banca Centrale d’Inghilterra, Lloyds Bank), l’ex ministro Geoffrey Bell, dirigente anche di Schroders, e lo stesso Mervyn King, governatore della Banca Centrale d’Inghilterra. Se dominano gli

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NON HANNO ANCORA INVENTATO IL TOTOCRIMINE?

Lino Palma 4 05 2019

 

SE LO FANNO, SI PUO` DIVENTARE RICCHI!

 

 

Perché tutti i ”cattivi” muoiono di morte sospetta?

Perché i ”buoni” alla fine ci guadagnano sempre?

 

Arafat 

https://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2017-02-17/la-misteriosa-morte-arafat-173308.shtml?uuid=AE3jVOY&fbclid=IwAR3pQko3GuCYx80JVJdqNHHrU45u4Qs4UJM1lbUG-1z10Pq8AqxkNpjyyXw

 

Saddam Hussein 

Lo ha stabilito la Corte d’Appello (fantoccio creato dai colonizzatori occidentali) che ha giudicato il dittatore

 

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ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

Buñuel

Gianfranco La Grassa 05 05 2019

 

https://www.youtube.com/watch?v=CIyFa9dm2Bg

https://www.youtube.com/watch?v=AGo3xCvNWSg&t=111s

https://www.youtube.com/watch?v=x34oz7_RPwk

 

E’ un film del 1975 (44 anni fa!). Il grande Buñuel anticipa – come sempre nei film di simili registi – i tempi; così come fece Kubrik con “L’arancia meccanica”. L’intero film va visto. Comunque, anche in queste brevi scene si muovono appunto “fantasmi”, che sembrano autentici folli o semplicemente dementi. Il loro cervello non è più in grado di coordinare i fatti reali e vedere quanto è del tutto evidente sotto i loro occhi. Non si tratta però di alterazione psichica, altrimenti non riguarderebbe l’intero gruppo di persone che qui si muovono e parlano al di fuori di ogni logica. E’ proprio l’intero contesto sociale di cui è saltato ogni senso compiuto. Questi personaggi, membri di una classe evidentemente agiata e sicuramente parte dei “livelli alti” della società, non vedono se non quello che intendono vedere, pensano solo quello che è suggerito da quanto hanno assorbito nel loro modo di vivere e interagire ormai completamente deviato rispetto alla lunga civilizzazione di cui formalmente fanno parte. Si tratta di individui che si credono senz’altro molto ben educati e superiori alla “media”. Sono quindi “moderni”, certamente “progressisti”, lontani da tradizioni che sentono come patrimonio di un “popolo” rimasto alla muffa d’altri tempi, così conformista e solo aduso a luoghi comuni.

Nella prima scena, i protagonisti debbono inventarsi eventi improvvisi e sconvolgenti mai avvenuti. Ne hanno senz’altro bisogno a causa di una vita troppo piatta e noiosa. La bambina è sempre lì con loro, le parlano pure, ma non è comunque per loro presente altrimenti finirebbe l’eccitazione del “nuovo” che rompe la pura monotonia, tipica solo di “gente comune”. Mi dispiace che la

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ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Brutte persone i” BUTTAFUORI”

Marco Montanile 2 05 2019

 

palestrati violenti che abusano di poveri ragazzi indifesi…

Ragazzi pieni di alcool e droghe che si ammazzano di botte per futili motivi, pronti a rompere bottiglie per emulare gli eroi di Suburra e Gomorra.

Ragazzi che non si sanno divertire senza un “Pezzo” di coca in tasca, che fanno la fila ai bagni per tutto tranne che pisciare e che si stupiscono se gli butti uno spinello.

Ragazze così ubriache da non capire con chi vanno e cosa fanno ….

Brutte bestie i buttafuori, padri di famiglia che stanno in piedi anche dodici ore

 

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Bergoglio è un antipapa che ha fondato una religione opposta al cristianesimo

24/05/2016 23.59.27 di Silvana De Mari

Di Bergoglio è stato scritto che è il profeta che ha portato all’apertura il cristianesimo rendendolo flessibile, porzionabile, opinabile, discutibile, simpatico, vegetariano, vegano e perché no gay friendly.

 

Queste operazioni in realtà sono molto di più. Bergoglio non ha “aperto” il cristianesimo, ma ha fondato una religione nuova assolutamente opposta.

 

Molti partono da un sillogismo.

Il Papa è il Vicario di Cristo.

Bergoglio è il Papa.

Bergoglio è il Vicario di Cristo, quindi chi gli obbedisce sta obbedendo a Cristo, chi lo ingiuria sta ingiuriando Cristo.

Sbagliato.

 

Essere Papa, Vicario di Cristo, colui che può legare e sciogliere è una posizione di peso enorme, quindi per essere valida deve essere raggiunta alla fine di un percorso a ostacoli che deve essere netto, senza neanche un’ombra.

 

Dato che le affermazioni del Papa legano la mia fede io non devo avere dubbi. Secondo il diritto canonico è sufficiente un unico sospetto di irregolarità perché non sia Papa. Nella elezione di Bergoglio le irregolarità gravissime sono quattro, quindi si tratta di un antipapa come Bonifacio VIII.

 

  1. Il Papa è il Vicario di Cristo. Vi risulta che Cristo avesse un fratello gemello? No. Quindi di Papa ce ne deve essere uno alla volta. Un Papa può abdicare (un Papa non dà le dimissioni, abdica) solo se ha le metastasi cerebrali o è in ostaggio a qualcuno. Cristo non si è fermato sul Golgota chiedendo il cambio. Se un Papa è stato spinto all’abdicazione da un ricatto

 

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CONFLITTI GEOPOLITICI

COME GLI STATI UNITI INTERFERISCONO BRUSCAMENTE E SFACCIATAMENTE NELLE ELEZIONI DI ALTRI PAESI

 28 Maggio 2019 da Redazione

 

Gli Stati Uniti intervengono sfacciatamente e costantemente nelle elezioni di altri paesi, e non solo attraverso campagne di informazione sui social network o hacking nei server dei partiti, ma con l’aiuto di un’influenza finanziaria diretta e attraverso le operazioni dei loro servizi speciali. L’edizione americana di “Truthout” parla di questo, citando come esempio alcuni fatti di grande interferenza USA avvenuti nelle elezioni e nei processi politici da parte degli Stati Uniti: in Italia, Iran e Cile.

Secondo l’autore della pubblicazione, l’inchiesta del procuratore speciale Robert Muller ha dimostrato che gli agenti russi non sono apparsi nel quartier generale del Partito repubblicano negli Stati Uniti nel 2016 con milioni di dollari in donazioni per influenzare le prossime elezioni. Mentre l’autore ha ricordato un caso simile della storia americana. E questi erano agenti della CIA nelle elezioni italiane del 1948. Oppure, come l’altro esempio di come, nel 1953, gli Stati Uniti rovesciarono con un golpe, il governo di Mohammad Mossadegh , il primo ministro eletto dell’Iran.

L’autore ha ricordato anche come il Consigliere del presidente degli Stati Uniti Richard Nixon e Henry Kissinger, in contatto con i militari cileni, ha messo in scena l’ 11 Settembre del 1973 una insurrezione armata, durante la quale, Salvador Allende , il presidente socialista democraticamente eletto del Cile, fu ucciso, e il capo dell’esercito , Augusto Pinochet salì al potere . Inoltre, Truthout non ha potuto fare a meno di ricordare l’invasione dell’Iraq nel 2003, basata su false affermazioni secondo cui il leader iracheno Saddam Hussein avrebbe sviluppato armi di distruzione di massa e gli USA, dopo l’invasione del paese, posero un governo di loro gradimento a Baghdad.

Caos nel mondo senza fine

Truthout afferma e documenta come gli Stati Uniti sono attivamente intervenuti nelle elezioni estere di decine di paesi negli ultimi 40 anni. Dall’Iran al Guatemala.

“Molti di questi tentativi di cambio di regime, specialmente contro i paesi del blocco sovietico, sono fallito. Altri hanno creato caos o regimi che non solo hanno portato pochi benefici ai loro cittadini, ma non hanno portato molto beneficio a Washington “, scrive l’autore.

L’autore sostiene che dopo l’invasione dell’Afghanistan, un cambio di regime aperto è diventato un luogo comune. L’Iraq è stato cambiato nel 2003, in Libia l’aggressione e il cambio di regime avvenne nel 2011. Negli anni seguenti, i droni della Air Force e della CIA degli Stati Uniti hanno bombardato ripetutamente sette paesi nel Medio Oriente e nel Nord Africa, dallo Yemen all’Iraq, alla Siria , contribuendo a trasformare le grandi città in rovina. Un numero enorme di persone sono diventati rifugiati e profughi di guerra.. Decine di migliaia di questi si sono imbarcati per le coste dell’Europa.

Dato il potenziale nuovo conflitto in Iran, gli Stati Uniti, che stanno ancora combattendo in Afghanistan da quasi 18 anni, non mostrano al mondo alcun segno di voler porre fine alla guerra, scrive Truthout.

Diritto alla libertà

Sergey Prostakov, un esperto della People’s Diplomacy Foundation, un rappresentante del club analitico Future Today, ha commentato all’agenzia di stampa federale che gli americani sono famosi per il loro approccio messianico a concetti come democrazia, libertà, diritti umani. Allo stesso tempo, li considerano come propri diritti di interpretazione, così come il diritto alla loro comprensione, interpretazione e distribuzione.

“Questo è ciò che spiega un atteggiamento così calmo della società per il fatto che Washington sta cercando di stabilire le proprie direttive in tutto il mondo. A questo va aggiunta la fiducia nella forza e nell’invincibilità del suo paese, che si diffuse negli Stati Uniti dopo la fine della Guerra Fredda. Pertanto, le informazioni sulla presunta interferenza nelle elezioni americane dalla Russia, che sono state rese pubbliche durante la lotta politica a Washington, sono state un vero shock per i cittadini degli Stati Uniti “, ha spiegato Sergey Prostakov.

L’esperto ha notato che gli autori di questo ripieno hanno involontariamente distrutto le illusioni sul potere e l’invulnerabilità americani, anche se la menzogna risultava evidente. Ecco perché una reazione così acuta a queste accuse c’è stata, e gli avversari di Donald Trump speravano chiaramente di usarla contro il presidente. Tuttavia, l’indagine di Muller è stata completata solo scoprendo un numero di piccole frodi intorno all’entourage di Trump, che non aveva nulla a che fare con lui o le elezioni, e un’ingiustificata accusa di cercare di interferire con la Russia in queste elezioni. Di conseguenza, gli iniziatori delle indagini rischiano di perdere ancora di più, ma la campagna anti-russa da loro avviata non si fermerà chiaramente per molto tempo.

“Se gli americani hanno scosso la fede nel loro potere, la loro ferma convinzione nel diritto al possesso monopolistico e nell’interpretazione degli ideali democratici non è sfumata. Allo stesso tempo, l’elettorato democratico, a cui è rivolto l’articolo, sta vivendo l’ansia per il loro destino. Le persone che predicono la morte della democrazia negli Stati Uniti a causa di Trump stanno cercando di spiegare che in realtà il loro paese era in realtà impegnato in quello di cui la Russia è accusata su scala globale “, ha aggiunto Sergey Prostakov.

Secondo l’analista politico Vladimir Soloveichik, tutti conoscono le interferenze o gli interventi armati diretti americani, “segretamente” organizzati dai servizi speciali americani, per cambiare la composizione dei governi e rovesciare le autorità legittimamente elette in America Latina. così è avvenuto con l’invasione del Messico, Guatemala, Cuba, Granada, Panama, con l’assistenza nella realizzazione di colpi di stato militari in Cile, Argentina, Brasile, Uruguay – e questo tiene conto degli eventi sviluppatisi lungo un secolo, il XX, ma l’attività è proseguita anche dopo.

“Lo stesso vale per la politica estera degli Stati Uniti in altre parti del mondo: in Africa, in Asia e persino in Europa. Non dimenticare l’intervento dei servizi di intelligence americani nella vita sociale e politica d’Italia (strategia della tensione, attentati e eliminazione di Aldo Moro), il conflitto degli anni ’90 nei Balcani (Bosnia, Croazia, Kosovo), il loro ruolo nell’insurrezione indipendentista e controrivoluzionaria

 

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https://www.controinformazione.info/come-gli-stati-uniti-interferiscono-bruscamente-e-sfacciatamente-nelle-elezioni-di-altri-paesi/

 

 

 

 

 

 

Mettere il mondo al riparo dal caos scatenato dagli USA non è compito facile

28 Maggio 2019  FEDERICO PIERACCINI

strategic-culture.org

La politica estera di Donald Trump dipende molto dallo sfruttamento degli strumenti tipici del potere imperiale: il terrorismo economico, le minacce di guerra, le pressioni diplomatiche, le guerre commerciali, ecc. Ma, con il ricorrere ad un vero e proprio imperialismo, [l’America] si sta isolando internazionalmente dagli alleati tradizionali e contribuisce all’aumento delle tensioni sullo scacchiere globale, portandole ad un livello mai visto.

Minacce di guerra contro il Venezuela, la Corea del Nord, la Siria e l’Iran si ripetono praticamente tutti i giorni. Sanzioni economiche che comportano tariffe o dazi, per molti versi paragonabili a vere e proprie dichiarazioni di guerra, sono ormai abituali, anche contro amici o alleati. L‘Iran e la Siria sono sottoposte a sanzioni, mentre a Pyongyang viene persino impedito di far entrare in porto una delle sue navi, trovandosi di fatto sotto embargo statunitense, la stessa minaccia che era stata fatta contro il Venezuela.

La Cina e la Russia lottano quotidianamente in difesa di un mondo multipolare, con mezzi diplomatici, economici e talvolta militari, offrendo ai nemici di Washington una sorta di scudo, dietro cui resistere alle oltraggiose fiondate e frecciate dell’amministrazione Trump. Pechino e Mosca portano avanti la resistenza tenendo d’occhio i loro obiettivi a lungo termine, dando per scontato che, nel breve periodo, le loro azioni attireranno inevitabilmente l’implacabile ostilità di Washington e dei suoi lacchè.

Il destino del nuovo ordine mondiale multipolare dipende essenzialmente da quanto Cina e Russia saranno in grado di resistere alla tempesta proveniente da Washington. Naturalmente, è nell’interesse del resto del mondo che al caos legato all’unipolarità di Washington si ponga un freno nel modo meno caotico e distruttivo possibile.

Gli alleati europei di Washington subiscono sanzioni sulle importazioni di petrolio iraniano, non sono in grado di partecipare alla ricostruzione della Siria, si ordina loro di abbandonare progetti comuni con la Russia (Nord Stream 2), di tagliare le importazioni tecnologiche dalla Cina, viene loro impedito di partecipare al più grande progetto che il mondo abbia mai conosciuto, noto come Belt And Road Initiative (BRI); tutte queste richieste arrivano nel momento in cui Donald Trump continua a minare quell’ordine globalista internazionale su cui gli alleati statunitensi avevano fatto affidamento per mantenere lo status quo. Gli alleati degli Stati Uniti sono obbligati a soddisfare le richieste di Washington, anche se danneggiano i loro interessi commerciali e daranno luogo a gravi conseguenze nel medio e lungo termine. Questa è essenzialmente la motivazione che ha indotto i paesi europei a cercare di diversificare le proprie attività commerciali e gli scambi internazionali attraverso una valuta non controllata da Washington, de-dollarizzando le proprie economie. Passerà molto tempo prima che un tale obiettivo possa essere realizzato, come è dimostrato dal fallimento degli sforzi di importare il petrolio iraniano aggirando l’embargo statunitense attraverso meccanismi finanziari come Instex.

Le ultime settimane hanno visto gli affari internazionali passare da uno sconcertante scenario ad un altro, dal fallito summit tra Trump e Kim, al sostegno per il tentativo di golpedi Guaido in Venezuela, culminati infine nelle continue minacce rivolte all’Iran e nella definizione del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche come un’organizzazione terroristica.

Senza capo nè coda, con un’amministrazione divisa tra diverse fazioni, assistiamo a continui cambiamenti di strategia e di approccio, che finiscono per indebolire la statura internazionale di Washington.

Gli strateghi del Pentagono temono un aperto conflitto con l’Iran o il Venezuela, ma solo per ragioni puramente propagandistiche. La formidabile potenza di fuoco di Washington sarebbe probabilmente in grado di sopraffare qualunque difesa che Teheran o Caracasfossero in grado di offrire, ma a che prezzo? La vista degli aerei di ultima generazione di Washington abbattuti da sistemi di difesa aerea dell’era sovietica avrebbe un effetto devastante sull’immagine autoreferente del complesso militare-industriale dell’America.

Danneggerebbe il prestigio dei sistemi americani, assai più costosi delle loro controparti russe. (Un Raptor americano F-22, ad esempio, costa circa 150 milioni di dollari, mentre un Su-35 russo ne costa solo 55).

Questa imbarazzante realtà risulta attualmente, e in notevole misura, evidente in Siria, dove la difesa antiaerea di Damasco, combinata con le capacità russe, ha sventato dozzine di attacchi israeliani, statunitensi e sauditi. I, fino a quel momento,

 

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https://comedonchisciotte.org/mettere-il-mondo-al-riparo-dal-caos-scatenato-dagli-usa-non-e-compito-facile/

 

 

 

 

 

 

PER LA SITUAZIONE LIBICA SAPPIAMO CHI RINGRAZIARE

Danilo Bonelli 7 04 2019

 

C’è un anno cruciale nella storia più recente del nostro Paese: il famigerato 2011.

E’ nel 2011 che l’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano mise in atto due autentici colpi di Stato in barba al rispetto del suo ruolo costituzionale: prima impose al governo in carica di aderire all’attacco militare contro la Libia e pochi mesi dopo esautorò l’esecutivo uscito dalle elezioni per sostituirlo con il governo tecnico di Mario Monti.

E in queste ore sorrido amaramente nel leggere e nel sentire che la guerra in corso tra le due fazioni libiche contrapposte rischia di danneggiare seriamente gli interessi economici e politici dell’Italia …. si ….sorrido.

Sorrido perché quel danno si è già consumato otto anni or sono, quando l’Italia contribuì alla caduta di Gheddafi avviando così la propria fuoriuscita politica ed economica dalla Libia.

Prima di quello sciagurato 2011 operavano in Libia ben più di cento imprese italiane nel campo dell’impiantistica

 

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LE TRUPPE SERBE SONO STATE ALLERTATE DOPO CHE LE FORZE DEL KOSOVO SONO ENTRATE IN REGIONI POPOLATE DA SERBI

 28 Maggio 2019 da Redazione

La Serbia ha ordinato alle sue truppe lo stato di allerta il 28 maggio dopo che la polizia del Kosovo, pesantemente armata, era entrata nelle regioni popolate da serbi nella parte settentrionale della Provincia Autonoma del Kosovo e Metohija (nel nord del Kosovo) e ha eseguito diversi arresti.

La tv di stato serba ha riferito che sono stati ascoltati colpi di armi da fuoco e gas lacrimogeni quando la polizia speciale del Kosovo “ha fatto irruzione” in uno dei villaggi con veicoli blindati nelle prime ore del mattino. Secondo quanto riferito, la forza del Kosovo coinvolta nella tensione include almeno 73 veicoli.

La regione coinvolta nelle tensioni si trova sulla linea di contatto tra l’area controllata dalle forze della Serbia e quelle del Kosovo. È una regione popolata al 90 percento dai serbi, che si rifiutano di far parte della proclamata Repubblica del Kosovo.

Il comune di Zubin Potok è considerato uno dei luoghi di tensione. La popolazione locale sta costruendo una specie di barricate per impedire ai veicoli delle forze del Kosovo di muoversi attraverso l’area.

Il primo ministro del Kosovo, Ramush Haradinaj, ha confermato l’azione. Tramite Twitter, ha affermato che nella zona è in corso un’operazione di “lotta anti-contrabbando e alla criminalità organizzata”. Le “autorità” del Kosovo hanno detto che almeno due

 

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https://www.controinformazione.info/le-truppe-serbe-sono-state-allertate-dopo-che-le-forze-del-kosovo-sono-entrate-in-regioni-popolate-da-serbi/

 

 

 

 

 

 

 

CULTURA

PER I 100 ANNI DI STEFANO D’ARRIGO

FATE IL VOSTRO INGRESSO IN “HORCYNUS ORCA”, IL CAPOLAVORO MOSTRUOSO DELLA LETTERATURA ITALIANA, DOVE CICCINA CIRCÈ MIRA A SPODESTARE MOLLY BLOOM

30 MAGGIO 2019

La prima volta che sentii parlare di Stefano D’Arrigo fu quando nel 1958 Giacomo Debenedetti mi disse di essersi commosso fino alle lacrime leggendo un poemetto di un critico d’arte che aveva esordito l’anno prima con i versi di Codice siciliano.

Il volume vinse il Premio Crotone della giuria e in quell’occasione iniziò per me una fraterna amicizia, che durò fino alla sua morte, avvenuta nel febbraio del 1992. La moglie trovò morto il settantaduenne marito col corpo raccolto nella posizione fetale dei greci antichi che si facevano deporre dentro una giara, come D’Arrigo aveva scritto in Pregreca, che è un poemetto sulle migrazioni mediterranee.

In Horcynus Orca, l’opera che George Steiner giudica un «capolavoro assoluto» della letteratura mondiale, D’Arrigo immaginò un futuro in cui i delfini, datosi l’appuntamento nello Stretto di Messina da tutto il mondo, avrebbero iniziato dalla Sicilia l’invasione della Terra che in millenni remoti era stato dominio loro, cioè del mare. I mammiferi che tanto somigliano agli uomini avrebbero tuttavia occupato un pianeta già abbrutito dalla guerra: i veri barbari, i fascisti, sono già dentro i confini dell’Impero d’Occidente. Si intitolavano I giorni della fera i due capitoli inediti di un romanzo che, diffusi dal «Menabò» di Calvino e Vittorini, furono la rivelazione di un narratore dotato di originalità linguistica, fantasia estrema e musica di moderna consonanza. Il grande siracusano gli propose la pubblicazione del libro nella migliore collana di Mondadori. Sarebbe dovuto uscire nel 1961, ma D’Arrigo ci mise quindici anni per correggere la bozze del romanzo che nel 1975 si assestò nel terzo titolo, quello passato alla storia come Horcynus Orca. Il secondo è invece I fatti della fera, che è il titolo della stesura arrivata per prima alle bozze (ce n’è una ancora inedita, La testa del delfino) e pubblicata da me nell’edizione Rizzoli delle opere di D’Arrigo quale prova del mutamento subìto dal romanzo nei quattro lustri che ne assegnano la nascita alla seconda metà degli anni Cinquanta (cioè il neoespressionismo), la crescita agli anni Sessanta (neosperimentalismo e neoavanguardia) e la maturità alla prima metà degli anni Settanta (il ‘nuovo realismo’ che può essere anche ‘selvaggio’ o iper-realista). Comunque, infaticabile work in progressconcepito nel ’56 e concluso nel ’75, Horcynus Orca ora è opera che avanza nel tempo riempiendosi delle sempre più sofisticate interpretazioni di cinquantasei polivalenti e ammalianti episodi che una cosa nominano e dieci suggeriscono…

Horcynus Orca è un monumento alla sessualità femminile e compete su questo terreno al più alto livello artistico con Aretino, Joyce, Henry Miller, Giuseppe Mazzaglia, e Ciccina Circè gareggia per spodestare Molly Bloom. Ho visto per dieci anni quasi quotidianamente il romanzo svilupparsi da seicento pagine a circa milletrecento per aggiungere storie della cui necessità si accorgeva solo l’autore, che infatti si accaniva su ogni lettera dell’alfabeto o accento, stando sdraiato per terra a cercare il mot juste con una penna a quattro colori. Così scopriva e riempiva alcuni tratti vuoti (ha un senso anche la sua ‘prolissità’, arranca la prosa nel superare gli ostacoli della mentalità reazionaria) che erano indispensabili a collegare ogni particolare a tutti gli altri e così approdare alla reductio ad unum che l’opera

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http://www.pangea.news/stefano-darrigo-100-anni-ricordo-walter-pedulla/

 

 

 

 

Leonardo francese

Federica Francesconi 3 05 2019

 

Secondo il TG1, alias la voce del padrone mondialista, Leonardo da Vinci fu un genio italo-francese. Abbattiamo i muri e mescoliamo le carte etniche e geografiche, compagni! Per i manigoldi dell’informazione l’italianità del genio fiorentino è qualcosa di intollerabile. E così via libera allo stupro delle radici etnico-culturali di un artista.

 

Peccato che il connubio tra luogo geografico, humus etnico ed eredità culturale che viene trasmessa a un essere umano sia qualcosa di unico e perciò indistruttibile. E nel caso dell’italianità tale connubio, all’epoca in cui visse Leonardo baciato

 

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CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Avaaz e il metodo Cambridge Analytica

 

ENZO PENNETTA – 20 MAGGIO 2019

Avaaz torna ad intervenire nelle elezioni del nostro Paese ma dopo lo scandalo Cambridge Analytica il metodo usato è ritenuto lesivo dei metodi democratici.

Lo scandalo di Cambridge Analytica è stato indicato nel 2018 come una delle più gravi manipolazioni del voto democratico operata da Steve Bannon, all’epoca delle ultime elezioni USA il braccio destro di Donald Trump (ne ho parlato su Byoblu: https://www.youtube.com/watch?v=DNMdn ).

 

Il sistema sotto accusa era quello dell’appropriazione indebita di indirizzi e profili, tramite Facebook, di utenti che in base agli interessi potessero essere potenzialmente elettori di Trump per raggiungerli con messaggi

 

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https://www.enzopennetta.it/2019/05/avaaz-e-il-metodo-cambridge-analytica/

 

 

 

 

 

 

Gomblottisti creativi 

Sisto Ceci 6 04 w019

 

vi ricordate l’anno scorso quanti gomblotti ha dovuto fronteggiare con elmo, corazza e spadone la pulzella di Roma alias Virginia Raggi? Prima il gomblotto dei frigoriferi che magicamente comparivano nelle strade de Roma in piena estate, poi quello dei divani, dei materassi, dei tavolini.

Le strade di Roma sembravano un reparto di Mondo Convenienza, poi i gabbiani in picchiata che cercavano di strappare i gelati dalle mani dei bimbi, respinti dal fuoco contraereo con le scoregge del cervello, si fa per dire, di Toninelli, poi l’invasione dei cinghiali che assaltavano i cassonetti, non gli davano fuoco però come a Torre Maura ed ,in concorrenza con i pensionati con la pensione minima,

 

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DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI

Clandestini

Anselmo Prode 05 05 2019

 

Ho lasciato un messaggio a LEGA SALVINI PREMIER, MI HANNO RISPOSTO IN AUTOMATICO, POI MI HANNO DETTO DI SCRIVERE IN UN SITO, COSA CHE HO FATTO, E MI SONO RITROVATO A PDIALOGARE CON UNA MACCHINA.

NON ERA IMPORTANTE, MA…!

RISCRIVO QUI: Mi permetto di segnalare, quanto noto dialogando nel gruppo.

Premetto che siamo Salviniani 5 e stelle, ma noto che molti di noi si sorprendono a fare sempre la stessa considerazione.

I migranti clandestini, è vero che Matteo ha bloccato gli sbarchi, ma il problema rimane con quelli che abbiamo in casa, sono prossimi al milione, e li troviamo ovunque, picchiano anche la polizia.

Come dice la Gabanelli non c’è modo di mandarli a casa, loro non vogliono e i loro paesi di origine hanno interesse a che stiano qui, per via dei vantaggi delle rimesse.

Ora mi chiedo come si fa a pretendere che se ne vadano se hanno tutto ciò che manca all’italiano che lavora per mantenerli?

Cominciamo a fare ciò che vuole l’U.E. ospitarli in centri CUSTODITI, niente soldi, e

 

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FAMIGLIE SEPARATE

Sisto Ceci 7 04 2019 (DA GIOVANNI BERNARDINI)

 

Come si sa il governo aveva concesso, per motivi umanitari, che donne e bambini sbarcassero dalla nave della ONG tedesca attualmente alla volta di Malta. Le donne hanno rifiutato per “non dividere le famiglie”. Naturalmente molti “progressisti” hanno criticato con parole di fuoco l’atteggiamento del ministro dell’interno che in modo inumano separa mariti e mogli, padri e figli. Qualcuno ha addirittura ricordato il nazismo.

 

Poche, telegrafiche considerazioni:

 

1) La stragrande maggioranza dei migranti sono di sesso maschile, arrivano in Italia lasciando mogli e figli in paesi in cui sarebbero in corso addirittura dei genocidi. Cosa dicono i “progressisti” di questo fatto? Una simile separazione delle famiglie li lascia indifferenti?

2) Se la separazione delle famiglie fosse qualcosa da evitare SEMPRE qualsiasi persona sposata non potrebbe, MAI, subire una condanna penale che preveda il carcere. Teorizzano questo i “democratici progressisti”?

3) Far sbarcare donne e Bambini in Italia e gli uomini a Malta, o altrove, non vuol dire separare in maniera permanente, e neppure troppo prolungata nel tempo, nessuna famiglia. 

4) Molti lavoratori vanno REGOLARMENTE a lavorare all’estero, a chilometri di distanza

 

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ECONOMIA

Sale (poco) lo spread. E subito Repubblica e il Pd agitano lo spauracchio

Di Davide Di Stefano – 28 Maggio 2019

Roma, 28 mag – Qualcuno dalle parti di Repubblica e affini (in questo caso l’Huffington) a farsi due domande sui reali motivi della vittoria di Salvini ci ha provato. Ma resta forse un caso isolato, visto che dalle parti del Gruppo L’Espresso (ora Gedi) si preferisce parlare di vittoria di Pirro dei populisti in Europa o agitare lo spauracchio preferito dagli anti sovranisti: il caro e vecchio spread. E così accade che a poco più di ventiquattro ore dal trionfo leghista alle elezioni europee, sul quotidiano fondato da Eugenio Scalfari campeggi in prima pagina l’allarme sul differenziale Btp/Bund “schizzato” nelle prime ore di questa mattina vicino a quota 290, 288 per l’esattezza.

Colpa di Salvini

La colpa manco a dirlo è di Salvini, perché come spiega Repubblica “pesa tra gli investitori il successo elettorale della Lega, sostenitrice di una violazione dei parametri europei, che si prepara a guadagnare maggiore spazio all’interno della maggioranza di governo”. Un passaggio chiave che ci aiuta a comprendere dove andrà a parare la propaganda anti sovranista nelle prossime settimane. E’ la conseguenza immediata delle dichiarazioni di Salvini che, in riferimento al rischio per l’Italia della multa per debito eccessivo,

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Sulle crisi e i mutamenti (geo)politici

Una recensione al nuovo libro di Gianfranco la Grassa.

 

A cura di Aldo Scorrano (CSEPI)

Nel 2007, negli Stati Uniti, scoppia una crisi finanziaria che segnerà l’inizio di un lungo periodo di recessione economica e che investirà tutto l’occidente e buona parte del globo. Le insolvenze dei mutui bancari statunitensi ad alto rischio, cosiddetti subprime, produssero effetti che si riverberarono sui mercati finanziari internazionali, con il traumatico caso del fallimento, nel 2008, della Lehman Brothers. Molti analisti accostarono questo evento drammatico ad una nuova “crisi del ‘29”.

Una crisi la cui genesi ebbe origine all’interno del settore finanziario-bancario per poi trasformarsi in crisi della, cosiddetta, economia reale. Al di la degli effetti, certamente visibili e devastanti ex post, ciò che colpì maggiormente fu il fatto che la maggior parte dei sedicenti “esperti”, nonostante i segnali fossero presenti e disseminati, o non furono in grado di prevederla o ne sottostimarono la portata durante il verificarsi. Con una piccola eccezione rappresentata da alcuni economisti “fuori dal coro” (eterodossi)1che, invece, ne “fiutarono” l’approssimarsi con alcuni anni d’anticipo, prevedendone gli effetti che si sarebbero verificati soprattutto in Europa nei paesi aderenti all’Unione Monetaria Europea (a causa del suo assetto) e, poi, in quella che fu definita come la “crisi greca”.

Ciò che accadde dopo è ormai storia, seppur recente, che ha visto un altalenarsi di dibattiti economici su quale dovesse essere la “ricetta” giusta per superare questa fase, appunto, critica: da una parte i propugnatori di un ritorno alle “vecchie” teorie keynesiane (intervento statale, con politiche fiscali di spesa in disavanzo per supportare la domanda aggregata), dall’altra i neoliberisti con il mito del mercato e delle sue “virtù”, con i privati (imprenditori) lasciati “liberi di competere” ed uno Stato che, si, interviene ma è un “tipo” di intervento pubblico che non favorisce affatto le classi lavoratrici (“cui prodest?”, verrebbe da dire…).

Tuttavia, analizzare la crisi attuale (o le crisi del passato) ‘solo’ in chiave economico-finanziaria non basta ed è anche un errore. Molti tra neoliberisti, keynesiani ed anche “marxisti” sono, per così dire, “affetti da quella grave deviazione che, nella storia del pensiero, è stata definita economicismo”. D’altro canto c’è chi ostenta, quasi in antitesi con i primi, un sofisticato modo di ragionare, con atteggiamento di “raffinata superiorità intellettuale”, secondo cui il tutto sarebbe da ricondurre ad una “crisi culturale” o dei “valori” e così via.

E proprio dove questo tipo di analisi finisce che inizia, invece, quella più profonda di Gianfranco La Grassa* con il suo ultimo libro “Crisi economiche e mutamenti (geo)politici” (edito da Mimesis Edizioni, 2019). Un libro, come definisce Gianni Petrosillo (di Conflitti e Strategie) nella parte introduttiva, che “nasce da un’esigenza, quella di decifrare il problema delle crisi economiche nella società capitalistiche. Teoricamente e storicamente.”

Un libro che sin dalle prime pagine ci costringe a “scavare” al di sotto della superficie, caratterizzata, appunto, da quella analisi mainstrem o anche eterodossa che però tende a sottovalutare le dinamiche sottostanti, imputando alla mera sfera finanziaria e/o economica le cause della/e crisi.
Volendo fare un esempio mutuato dai fenomeni naturali, un terremoto non è che un fenomeno di superficie, sintomo ed effetto, di grandi scontri tra placche tettoniche a ben maggiore profondità. Così le crisi economiche (e quelle finanziarie che precedono queste ultime), come lo stesso autore in più occasione ha voluto mettere in evidenza, sono il “sintomo” (superficie) anche doloroso che colpisce le popolazioni.

Al fine di spiegare meglio, nonché analizzare in maniera puntuale, le crisi economiche, bisogna compiere il necessario sforzo di “calarsi un po’ più in profondità” per comprendere, alla fine, quali siano le reali dinamiche che sottendono a questi “movimenti” di superficie.
Considerare quali siano gli elementi strutturali, sistemici, che determinano una crisi richiede un’accurata analisi che impone di affrontare i fatti per come si determinano nelle “profondità dei rapporti di forza”. Rapporti che si determinano anche, se non soprattutto, in ragione dei “mutamenti geopolitici” in atto: un acutizzarsi di conflittualità internazionali, tra declini e ascese di potenze (tali per l’intreccio tra funzioni politico-militari, economico-finanziarie e ideologico-culturali) che lottano per la supremazia. Si tenga a mente che la crisi della fine degli anni Venti del XX secolo coincise con l’indebolimento e poi declino di Londra, in un succedersi di eventi determinanti culminati con le due grandi guerre. In particolare, fu la Seconda guerra mondiale a ridefinire lo scacchiere mondiale, con la fine della supremazia dell’impero inglese

 

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https://scenarieconomici.it/sulle-crisi-e-i-mutamenti-geopolitici/

 

 

 

 

Quando De Benedetti faceva affari con Soros

Di La Redazione -13 Febbraio 2018

Roma, 13 feb – Molto si è detto e molto si è scritto a proposito dei legami tra Carlo De Benedetti e lo speculatore George Soros: solito materiale proprio dei complottisti o verità scappata ad un’attenta censura?

Sabato 10 febbraio La Repubblica, quotidiano appartenente a GEDI Gruppo Editorialeora presieduto da Marco De Benedetti dopo la successione del padre Carlo avvenuta nel 2017, ha pubblicato un articolo quantomeno ruffiano, firmato da Ettore Livini, intitolato “Soros, il filantropo che viene accusato di ogni complotto. I populisti e la destra gli imputano mille trame: l’ultima sarebbe anti-Brexit” in cui si arriva pure a coniare una nuova parola da inserire al più presto nel dizionario della neolingua: la Sorosfobia. Ecco la geniale conclusione: “Tanti nemici, tanto onore.

Lui (Soros) tira dritto per la sua strada. «Trump è un pericolo per il mondo, vuol creare uno stato mafioso – ha detto a Davos – Google e Facebook minacciano la democrazia; Paesi autoritari e big dell’hi-tech possono creare una rete di controlli orwelliana». La mappa della Sorosfobia è destinata ad allargarsi ancora”.

Un elemento rende il taglio complottista dell’articolo ancora più grottesco: la pubblicità dell’Espressopresente nella stessa pagina in cui spicca il titolone “Legami pericolosi”, ovvero quelli tra il leader della Lega, Matteo Salvini, e indefiniti uomini legati a Putin allo scopo di riempire le casse del partito. Secondo noi, tra questi uomini sarà presente sicuramente qualche rettiliano.

Non è la prima volta che i media di GEDI Gruppo Editoriale si genuflettono davanti a George Soros e ne tessono le lodi, spesso nei momenti di una sua maggiore vulnerabilità presso l’opinione pubblica italiana. Recentemente, l’anziano magnate ungherese è stato coinvolto in una vera tempesta mediatica a causa del finanziamento del valore di 400 mila sterline a favore di un gruppo anti Brexit in Gran Bretagna[1], e a causa dello scandalo che ha visto la sua Oxfam accusata dal governo britannico di aver coperto alcuni suoi dipendenti colpevoli di aver organizzato un vero traffico di prostitute ad Haiti[2].

A questo punto, ci siamo chiesti il motivo di un simile trattamento di favore dei giornali del gruppo di De Benedetti, e le risposte sono arrivate dopo una semplice ricerca che parte dagli anni ’80.

Una delle figure che lega Carlo De Benedetti a George Soros è Isidoro Albertini, emblematica figura del mercato mobiliare italiano. Sponsorizzato politicamente da Beniamino Andreatta e dall’allora governatore della Banca d’Italia Guido Carli, oltre ai forti legami con la famiglia dei banchieri Foglia di Banca del Ceresio, Albertini fece una rapida carriera come Presidente degli agenti di cambio della Borsa di Milano, per poi costituire la Albertini e co SIM agenti di cambio, ed essere nominato amministratore del Quantum Fund di Soros. Albertini favorì il primo investimento di George Soros in Italia: l’acquisto di un consistente e a buon mercato pacchetto azionario della Olivetti presieduta proprio da Carlo De Benedetti. In seguito Albertini dichiarò: “Intercettammo il pacchetto da alcuni azionisti minori che volevano vendere e una delle controparti fu appunto Soros, convinto che, pur nelle difficoltà in cui si trovava la società (erano i tempi della prima “crisi” di Ivrea), Olivetti aveva grandi potenzialità di recupero. In effetti fu così e Soros riuscì a realizzare un buon guadagno sull’investimento[3].

Quindi Soros aiutò l’azienda di De Benedetti ad uscire da una profonda crisi finanziaria, consentendo ad Olivetti di continuare il suo piano produttivo. All’inizio degli anni ’90, De Benedetti e Albertini sono finiti anche in tribunale accusati dalla Cise Spa e da altri sottoscrittori “per aver ordito una sorta di macchinazione, operata grazie alle influenze delle testate possedute dall’ingegnere, che avrebbe dovuto travolgere il Fondo Europrogramme, e consentire a De Benedetti di impossessarsi del patrimonio immobiliare del Fondo a prezzi di saldo”. Nel 1993, però il Tribunale di Milano ha respinto l’azione giudiziaria contro De Benedetti e Albertini.

Ricordiamo, a tal proposito, anche le sentenze positive ricevute nei diversi gradi di giudizio dall’ingegnere durante il lunghissimo procedimento giudiziario riguardante il Lodo Mondadori intentato contro Silvio Berlusconi e la Fininvest,

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https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/quando-de-bendetti-faceva-affari-con-soros-79795/

 

 

 

 

 

I Dioscuri ci liberano dall’euro

di Marco Della Luna – 09/05/2019

Fonte: Marco Della Luna

Le mosse di politica economica del presente governo appaiono a molti chiaramente e seriamente dannose e destabilizzanti, direi irresponsabili – ma non lo sono, se hanno lo scopo strategico che suggerirò in fondo a questo articolo. Nel qual caso sarebbero, al contrario, sagge, lungimiranti, meritorie, e ben potremmo acclamare i Dioscuri.

Nella campagna elettorale dell’anno scorso e pure in quella attuale, Salvini e Di Maio hanno impiccato se stessi, e insieme a sé tutta l’Italia, a promesse elettorali demagogiche, incompatibili con la condizione del Paese: reddito di cittadinanza, decreto dignità, quota cento, flat tax – misure fattibili solo in uno Stato poco indebitato e in crescita economica, oppure padrone della propria moneta, come USA e Giappone. Da tali promesse i due non possono smarcarsi prima delle elezioni europee, nonostante che emerga sempre più la loro insostenibilità.

Siccome l’Italia è fortemente indebitata, economicamente bolsa, e deve farsi finanziare da investitori esterni in una moneta che non controlla, l’attuale governo ha dovuto rinviare o ridurre di molto le promesse iniziali, e la parte di esse che ha attuato ha già prodotto effetti sfavorevoli sul piano finanziario (aumento di spread e di rendimenti sul debito pubblico, contrazione del credito, uscita di capitali, sfavore di ampi settori produttivi) e pare avrà effetti negativi pure su quello economico, per giunta in una fase recessiva che li amplificherà, soprattutto se si andrà a sbattere contro il muro delle clausole di salvaguardia, col rialzo dell’Iva che il governo smentisce ma lo ha già iscritto nel DEF.

In un’epoca lunga di concentrazione del reddito e di allargamento della povertà, provvedimenti redistributivi come i sullodati sono in sé moralmente giusti, riscuotono consenso, ma producono reazioni di sistema in senso opposto, che pareggiano o superano i loro effetti benefici e riequilibranti, perché ricadono proprio sui ceti deboli che i provvedimenti predetti volevano aiutare: aumento di spread, rendimenti, deficit, tasse, con contrazione di credito, servizi, investimenti. La lezione della storia, mai imparata dai politici volenterosi ma con attitudini culturali inadeguate al loro ruolo, è che lo sforzarsi di ‘correggere’ pettinando contropelo un sistema dinamico, complesso, che non controlli, che reagisce, e che è molto più grosso di te, risulta nei fatti sempre controproducente, e ti fa fare perdere il carisma.

Il controllo di un sistema economico è cosa complicata, ma per certo incomincia con quello della moneta e con la liberazione dai meccanismi indebitanti. E l’Italia è in una condizione oggettiva che le impedisce persino di incominciare a farlo. Una condizione che la destina a un costante declino. I principali fattori di tale condizione sono i seguenti:

1-La geopolitica globale, dagli anni ’80, si è finanziarizzata, ha definanziato l’economia produttiva e coltiva l’indebitamento irreversibile dei governi e dei privati, la riduzione dei servizi, dei salari, dei diritti dei lavoratori; quindi non vi sarà un rilancio economico generale.

2-L’Italia non è indipendente bensì sottoposta a interessi stranieri e le sue politiche economiche sono asservite ad essi; essa è oggetto di una programmatica sottrazione di risorse attraverso l’UE. In particolare l’Eurosistema bancario-monetario, bloccando gli aggiustamenti fisiologici dei cambi tra le monete nazionali senza mettere in comune i rispettivi debiti pubblici, le fa perdere capitali, industrie e cervelli in favore dei paesi più efficienti, aggravando il suo debito pubblico; e al contempo fa in modo che essa disponga della metà della liquidità pro capite che hanno Francia e Germania; così in Italia manca il denaro per la domanda interna e per pagare i debiti anche tributari, mentre gli stranieri hanno i soldi per rilevare i suoi assets, che essa deve svendere per procurarsi quella liquidità che le viene artatamente negata.

3-Il sistema-paese italiano è storicamente zavorrato da prassi di ruberie e inefficienze, sprechi, parassitismo che abbassano la sua efficienza, nonché da ampie aree di scarsa o nulla produttività, che vengono in parte mantenute attraverso massicci trasferimenti pubblici – e tutto ciò si traduce in un sovraccarico tributario tale, a carico delle aree produttive, che mina la loro efficienza e spinge capitali, imprenditori e tecnici ad emigrare, portando con sé la clientela e le tecnologie, per fare concorrenza dall’estero.

4-Le suddette zavorre non possono venire eliminate perché esse coincidono con gli interessi immediati di buona parte dell’elettorato e della classe politico-burocratica, che prospera grazie ad esse, e che si è formata attraverso una selezione centrata sullo sfruttamento di tali anomalie e non sullo sviluppo di competenze e capacità utili per il sistema-paese. Una classe che oramai risponde più a banche e interessi stranieri, che alla nazione.

Pertanto, qualsiasi leader politico italiano sa che può fare ben poco per il

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FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Euro: tutti si preparano alla rottura per limitare i danni?

di Giuseppe Masala*

Diciamocela tutta. L’euro come moneta è moribonda dal 2011. Quando saltarono in aria Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda e l’Italia si salvò per il rotto della cuffia.

Da allora, piaccia o non piaccia la politica economica è cambiata: il controllo del saldo delle partite correnti è diventato ferreo in tutti i paesi dell’area. Hanno iniziato a rientrare tutti compresa la Spagna che è passata da un 100% di Pil di posizione finanziaria netta sull’estero all’85%. La strada è quella, inutile far finta di nulla. Ora, guardiamoci in faccia: non esiste una moneta dove ogni singola area della zona valutaria tenga rigidamente sotto controllo i conti con l’estero (considerando come estero aree che hanno la stessa moneta a corso legale). Voi ve l’immaginate il Governatore dell’Alabama che rientra il saldo delle sue partite correnti in passivo rispetto alla California? No, è una cosa lunare. Se accadesse non sarebbe un’area monetaria, il dollaro non sarebbe una moneta ma un serpentone monetario a cambio fisso sotto le mentite spoglie di un unico simbolo.

A voler essere pignoli potrei anche ricordare che il Quantitative Easing della BCE non è

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GIUSTIZIA E NORME

Ivoriani

Sisto Ceci 04 05 2019

 

NUOVO CONCORSO A PREMI.

 

VINCE 100.000 € CHI INDOVINA QUANTE “ORE” RESTERANNO IN STATO DI FERMO…. non IN GALERA.

 

Confezionavano e vendevano droga a forma di ostie: con questa accusa tre uomini sono arrestati dalla polizia a Torino. Si tratta di un ivoriano di 31 anni, di un gabonese di 27 anni e di un mauritano di 22 anni. Gli agenti della squadra mobile li hanno intercettati mentre preparavano lo stupefacente in un laboratorio clandestino.

 

Sono stati sequestrati circa 400 grammi di crack a forma ostie, un barattolo con sostanza da taglio,

 

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Casta togata

Ciao Danilo,

 

La “Casta togata” (o cosca in quanto il termine è più indicativo), non ritiene di essere un super potere ma “PURTROPPO PER I CITTADINI” lo è oggettivamente!

 

Elencare i golpe che hanno avuto luogo in Italia nonché elencare tutte le sentenze palesemente “False ed interessate” è praticamente impossibile ma è il caso di ricordare che lo Stato italiano, avvalendosi delle “TASSE DEI CITTADINI”, ogni anno sbora svariati milioni di euro per i risarcimenti dei cosiddetti “CASI DI MALAGIUSTIZIA”!

Ed ovviamente tutto ciò che può essere “Insabbiato” quindi emergono solo i casi più eclatanti o comunque quelli in cui i cittadini più abbienti hanno fatto intervenire un avvocato “Competente e determinato (Rarissima specie);

 

Ma comunque per avere ben chiara l’idea circa l’inferno in cui si addentra chiunque, per svariati motivi chiede aiuto alla “MAGISTRATURA”, è sufficiente ascoltare e leggere sia la intervista video che le seguenti tre interviste su stampa, rilasciate da Quattro Signori Magistrati (Ebbene si, qualcuno si salva);

 

Che dire, dalle loro parole, ciò che emerge è che trattasi di una associazione a delinquere di stampo mafioso ove è sempre presente anche il “Vincolo associativo” tra i “Confratelli” quindi, ne consegue che per il cittadino è tempo perso denunciare tizio, caio o sempronio “Magistrati” in quanto costoro saranno giudicati da altri “Tizio, Caio o Sempronio” della città vicina e tra di loro stai tranquillo che non si morderanno mai (Lasciamo stare i cani in quanto li adoro e li rispetto);

 

Le frasi più eclatanti?

Ok, quella del Proc. Aggiunto di Roma Nello Rossi: “Il Processo in Italia è un istituto Criminogeno”!

Il Proc. Capo di Prato Dr. Piero Tony non attese nemmeno il massimo pensionabile perché non sopportava più di dover assistere alla infinità di “Lacchezzi” che nel palazzo erano giornalieri e per riassumere scrisse anche un libro;

 

Il Dr. Edoardo Mori se ne andò in pensione dopo 42 di servizio come giudice ma ebbe

 

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LA LINGUA SALVATA

Repentaglio

re-pen-tà-glio

SIGNGrande rischio o pericolo

probabilmente dal francese antico repentaille, derivato di repentir ‘pentirsi’.

A volte si può notare, con sopracciglio alzato e sorriso olimpico, che la pigrizia insacca certe parole in espressioni cristallizzate da cui poi non riescono più a uscire. Si sa, oggigiorno, la decadenza. Ebbene, in realtà è un fenomeno che conoscevano benissimo anche i nostri antichi nonni: ‘mettere a repentaglio’ è una locuzione attestata nel Trecento, mentre per avere un’attestazione di ‘repentaglio’ fuori da espressioni del genere (in un dizionario, peraltro) si deve aspettare l’Ottocento. Insomma, ci sono voluti quattro-cinquecento anni per un tentativo di animare o riconoscere animata una parola che in italiano è nata fossile. Tentativo non riuscitissimo, visto che tuttora trovare ‘repentaglio’ da sé è più raro che trovare parcheggio quando c’è la partita.

Il fatto che viva essenzialmente in locuzioni come ‘mettere a repentaglio’, che significano ‘mettere in pericolo’, ha creato un’associazione piana fra repentaglio e pericolo; eppure sono due parole parecchio diverse, e se guardiamo meglio

 

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https://unaparolaalgiorno.it/significato/R/repentaglio

 

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Salvini, Orbàn o Le Pen? Perché non cambierà niente in politica estera nell’Europa “sovranista”

di Alberto Negri

L’Europa era già sovranista prima che arrivassero sulla scena Salvini, Orbàn o Le Pen: non ha mai avuto una politica estera e di difesa comuni.

 

La Francia ha dato il via alla guerra di Libia nel 2011 consultandosi con la Gran

 

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Francia e razzismo

Lisa Stanton 3 05 2019

 

La desovranizzazione di un Paese parte sempre dal minare la coesione culturale, dalla destrutturazione sociale, dalla “rilettura” della Storia, dalla derisione delle storie locali, tacciate di provincialismo.

Anche le analisi genetiche rientrano in questo metodo: accusare gli italiani di razzismo significa rispolverare il razzismo perché secondo ESSI popolo e nazione, che sono costrutti politici, dovrebbero invece basarsi su una uniformità genetica. Niente di più sciocco ‘giocare’ tra Genetica e Razzismo come se non fosse vero che i Popoli si formano con la Storia e la Cultura di secoli, talvolta di millenni. Altresì chiaro è l’intento di ‘sciogliere nell’acido’ qualunque appartenenza per favorire l’assimilazione globalizzata e conformista.

Il 25 aprile ed il 1 maggio ci mostrano come il globalismo dell’élite finanziaria si muova su due direttrici: una è quella di troncare, sopire, qualsiasi legame tra i cittadini ed il loro territorio (così la lotta di classe la combatti nell’iperuranio), l’altra quella di tenere aperta la porta dell’identitarismo razziale, in modo che eventuali vagiti di ribellione vengano convogliati verso sterili lotte

 

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IL PAMPERO IN UNA TRASFERTA DI 2 ANNI FA 

Sisto Ceci 7 04 2019  RILETTURA

 

Giovedì 13 aprile, a Paliano , provincia di FR , carcere di massima sicurezza ,si recherà il Pampero Vaticano per la lavanda dei piedi ai detenuti , lui che lava i piedi degli ultimi della Terra avrebbe dovuto essere informato che in quel carcere ci sono persone “de panza ” ,gente che ha commesso reati orribili , gente con il 41 bis ,che ha reso “ultime ” tante persone e tante famiglie e che forse non sarebbe il posto giusto per questa ennesima esibizione di umiltà e pentimento mediatico .

 

Con queste continue performance pubbliche, Il Pampero sembra essere una di quelle starlette d’avanspettacolo di seconda, terza fila che sgambetta in continuazione, mimando anche pose oscene sul gran palcoscenico del mondo sperando di attirare l’attenzione di qualche famoso impresario.

 

In questo caso la pubblica opinione europea e mondiale, e dare finalmente una

 

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POLITICA

Un tranquillo colpo di stato

24 MAGGIO 2019 – Francesco Carraro

 

Possiamo andare a votare per il Parlamento europeo con le idee un po’ più chiare su ciò che l’Unione europea rappresenta? Forse sì. E non serve neppure scomodare il “piccolo complottista” che, per fortuna, vigila su di noi, come un provvidenziale angioletto, e ci sveglia quando ci appisoliamo davanti al quella bella fiaba per adulti che inizia, più o meno, così: “C’era una volta il Sogno europeo e c’erano i padri nobili: De Gasperi, Schuman e Adenauer”.

Lasciamo in pace i padri nobili, ringraziamo gli angioletti e stiamo ai fatti.

I fatti ci urlano che la UE e l’euro costituiscono, a tutti gli effetti, il consolidamento sul piano giuridico-istituzionale (e su quello economico-monetario, prodromico al primo) di una congiura ai danni dei popoli europei. In verità, ce lo urlò in tempi (quasi) non sospetti l’ex “picconatore” (nonché Capo dello Stato) Francesco Cossiga, il quale, in una dichiarazione, riportata nel libro di Gabriele Sannino, “Fuga dall’Euro”, disse, a proposito della UE: “L’organizzazione politica più antidemocratica che esiste oggi al mondo è l’Unione europea. (…) Se uno stato sovrano si fosse dato un’organizzazione istituzionale come quella della UE saremmo scesi tutti quanti in piazza. Armati”.

Le affermazioni di Cossiga sono sconcertanti, ma hanno anche la potenza di un elettroshock. Intanto, scuotono le coscienze pigre. Se l’ex Presidente, che ha cominciato la carriera politica al tramonto di una dittatura conclamata, ci ha detto che viviamo gli anni della formazione di una organizzazione politica la più antidemocratica, noi – quelli a cui sarà riservato l’apogeo di una deriva di tal fatta – come abbiamo intenzione di reagire, come pensiamo di comportarci nell’urna?

Tuttavia, potrebbe sorgere un dubbio: forse Cossiga esagerava, magari era semplicemente afflitto da un complesso di persecuzione dopo una vita passata all’interno di un circuito vizioso in cui lo spionaggio e il controspionaggio erano pane quotidiano.

Poi, però, i dubbi evaporano davanti alle confessioni, in real-time, dei protagonisti. Si pensi a quanto disse l’ex presidente della commissione, Josè Barroso, in occasione di un discorso all’Istituto Europeo di Firenze riportato in un articolo di Luciano Gallino su Repubblica del 23 settembre 2014: “Quel che sta accadendo è una rivoluzione silenziosa – una rivoluzione silenziosa in termini di un più forte governo dell’economia realizzato a piccoli passi. Gli Stati hanno accettato – e spero lo abbiano capito nel modo giusto – di attribuire importanti poteri alle istituzioni europee riguardo alla sorveglianza e un controllo molto più stretto delle finanze pubbliche”.

Barroso è in ottima compagnia. Valéry Giscard d’Estaing, Presidente della Repubblica francese dal 1974 al 1981, nonché presidente della Convenzione europea, da cui scaturì il progetto di Costituzione europea poi abortito, affermò, commentando il trattato di Lisbona del 2007, introdotto dopo che (due anni prima) la Costituzione era stata bocciata da olandesi e francesi: “Il trattato è uguale alla Costituzione bocciata. Solo il formato è differente, per evitare i referendum”.

Un parlamentare europeo danese, Jens Peter Bonde, è stato anche più chiaro: “I primi ministri erano pienamente consapevoli che il trattato non sarebbe mai stato approvato se fosse stato letto, capito e sottoposto a referendum. La loro intenzione era di farlo approvare senza sporcarsi le mani con i loro elettori”.

Quindi, discorrere di un “golpe bianco” non è né esagerato né fuorviante. Secondo lo Zingarelli, il golpe bianco è un “sovvertimento degli assetti costituzionali attuato senza l’uso della forza”. Proprio quello cui ha accennato Barroso: un colpo di stato col silenziatore. Infatti, non se ne sta accorgendo nessuno. Tranne, forse, il filosofo tedesco Jurgen Habermas che – in occasione della caduta del Governo Berlusconi nel 2011 – parlò di “a quiet coup d’état”, un tranquillo colpo di stato.

Timothy Geithner, segretario al Tesoro degli Stati Uniti nell’Amministrazione Obama, a proposito del fatto che alcuni funzionari europei lo avvicinarono proponendogli un piano per far fuori il governo italiano in carica, scrisse: “Parlammo al presidente Obama di questo invito sorprendente, ma per quanto sarebbe stato utile avere una leadership migliore in Europa, non potevamo coinvolgerci in un complotto come quello. Non possiamo avere il suo sangue sulle nostre mani, io dissi”.

Alla faccia dei complottisti, verrebbe da dire.

Rileggetevi, o riascoltate, le parole di Jacques Attali, banchiere internazionale e consigliere del Presidente francese Francois Mitterand pronunciate il 24 gennaio 2011, all’Università partecipativa: “Abbiamo minuziosamente dimenticato di includere l’articolo per uscire da Maastricht. (…) Non è stato molto democratico, naturalmente, ma è stata un’ottima garanzia per renderle le cose più difficili, per costringerci ad andare avanti”.

Il video della performance, disponibile sul web, consente di cogliere il sottotesto di sghignazzamenti divertiti del pubblico che assiste alla sparata di questo ineffabile personaggio dell’alta “aristocrazia” europeista.

Siamo di fronte a poteri i quali non solo sanno che l’euro è “sbagliato”, non solo sanno che esso è indispensabile per raggiungere i propri scopi, ma sono consapevoli di dover perseguire i loro obbiettivi per gradi, sorvolando a volo d’uccello, per quanto possibile, il circuito “ordinario” delle consultazioni e del consenso democratico.

Helmuth Kohl, Cancelliere della Germania dal 1982 al 1998, il 9 aprile 2013 commentò così, davanti ai taccuini del Telegraph, l’ingresso nell’euro da parte della Germania: “Sapevo che non avrei mai potuto vincere un referendum in Germania. Avremmo perso il referendum sull’introduzione dell’euro. Questo è abbastanza chiaro. Avrei perso sette a tre (…). Nel caso dell’euro sono stato come un dittatore”.

La situazione da anomalia democratica, da allarme rosso, è talmente evidente che se ne sono accorti persino esponenti autorevoli del PD, partito notoriamente e tradizionalmente europeista. Il sottosegretario alla Presidenza del consiglio con delega agli affari europei del Governo Renzi, Sandro Gozi, il 15 luglio 2015, sul Corriere della Sera, ha dichiarato: “è oramai evidente che non abbiamo un metodo democratico per gestire dei beni comuni come, per esempio, la moneta unica”.

L’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando, sempre del Partito Democratico, ha raccontato, nel 2016, in un dibattito pubblico alla Versiliana (organizzato dal Fatto Quotidiano) i retroscena che portarono al voto sul pareggio di bilancio (e poi, qualche mese dopo, all’insediamento di Mario Monti): “Oggi noi stiamo vivendo un enorme conflitto tra democrazia ed economia. Oggi sostanzialmente i poteri sovranazionali sono in grado di by-passare completamente le democrazie nazionali. Io faccio soltanto due esempi. I fatti che si determinano a livello sovranazionale, i soggetti che si sono costituiti a livello sovranazionale, spesso non legittimati democraticamente, sono in grado di mettere le democrazie di fronte al fatto compiuto. Faccio un esempio. La modifica – devo dire abbastanza passata sotto silenzio – della costituzione per quanto riguarda il tema dell’obbligo del pareggio di bilancio non fu il frutto di una discussione all’interno del paese, fu il frutto del fatto che ad un certo punto la Banca Centrale Europea, più o meno, adesso la brutalizzo, disse: O mettete questa cosa nella vostra costituzione o altrimenti chiudiamo i rubinetti e non ci sono gli stipendi alla fine mese. Io devo dire che è una delle scelte di cui mi vergogno di più. Mi vergogno di più di aver fatto. Io penso che sia stato un errore… Penso che sia stato un errore approvare quella modifica. Non tanto per il merito, che pure è contestabile, ma per il modo in cui si arrivò a quella modifica di carattere costituzionale (…). Non cito questo caso per il merito, cito questo caso per il fatto che, in fondo, si è trattato del fatto che una democrazia, questa come la Grecia, come altre, sono state messe di fronte a dei fatti compiuti che si erano determinati in ambito di carattere finanziario”.

Abbiamo appena “ascoltato” un ministro della Giustizia di uno Stato sedicente sovrano (il nostro) affermare che “soggetti che si sono costituiti a livello sovranazionale, spesso non legittimati democraticamente, sono in grado di mettere le democrazie di fronte al fatto compiuto”.

In proposito, è altrettanto impressionante il racconto del senatore leghista Massimo Garavaglia, reperibile anche su youtube, dove il nostro spiega in modo inequivocabile come organi rappresentativi dello Stato italiano furono sottoposti a un vero e proprio ricatto ai tempi della crisi del 2011.

Ecco le sue parole: “Monti viene fatto senatore a vita il 9 di novembre. Il 10 siamo in commissione bilancio a chiudere la finanziaria in commissione e quello stesso giorno vengono a interrogarci gli ispettori della BCE della banca centrale di Bruxelles, perché eravamo sotto inchiesta. Ci interrogano. Il presidente Giorgetti della Camera, i presidenti e i vicepresidenti delle 2 commissioni. Ci fanno un bell’interrogatorio alla fine l’ultima domanda è: “Ma voi sosterrete il governo Monti?”. “Eh, brigadiere, vedremo… C’è un governo in carica. Se cade vedremo chi verrà nominato e decideremo”. “No, no, no! Verrà fatto il governo Monti e voi lo sosterrete”. Al che ti girano un po’ i santissimi… gli dico: “No, non funziona così. Noi siamo stati eletti in una maggioranza. Se la maggioranza non sta più in piedi si va, si vota e il popolo decide chi governa”. “No no no non ci siam capiti. Se voi non sosterrete il governo Monti, noi non compriamo i vostri titoli per due mesi e voi andate in fallimento.” Ok, questo è giovedì 10 novembre. Venerdì noi chiudiamo la finanziaria al Senato, poi va alla camera. E Stefano con gli altri la vedono la domenica. E lunedì viene incaricato Monti e martedì è premier. Tutto bello semplice quindi… Questo discorsetto che è stato fatto a noi, evidentemente è stato fatto anche ad altri leader, ai leader politici. Noi eravamo solo interrogati in quanto tecnici della materia e tant’è che all’inizio anche Di Pietro era per il sostegno Monti, perché ci aveva creduto anche lui a questo ricatto dello spread e così è andata. Tra l’altro se uno vuole vedere gli acquisti di titoli in quelle settimane, casualmente non ci sono stati acquisti di titoli, lo spread è schizzato su, poi è andato giù. Insomma: tutto ben orchestrato”.

Avete un vocabolo migliore rispetto a quella di “golpe” per descrivere quanto denunziato da Orlando? Noi, francamente, facciamo una gran fatica a trovare un’alternativa lessicale. Una potrebbe essere “racket”. Questo crimine viene generalmente perpetrato attraverso minacce e intimidazioni varie all’incolumità personale al fine di estorcere denaro o altre utilità, punendo materialmente chi si rifiuta di sottostare alle richieste. Un altro termine è l’italianissimo “mafia” cioè, secondo il dizionario, un “sistema di potere fondato sul consenso sociale della popolazione e sul controllo sociale che ne consegue; ciò evidenzia come la sua principale garanzia di esistenza non stia tanto nei proventi delle attività illegali, quanto nel consenso della popolazione e nelle collaborazioni con funzionari pubblici, istituzioni dello Stato e politici, e soprattutto nel supporto sociale”.

Non c’è alcun dubbio che noi respiriamo quotidianamente l’aria inquinata di un sistema politico-economico-sociale tecnicamente ascrivibile, sia pure con tutti gli aggiustamenti del caso, nelle categorie tratteggiate dalle definizioni di cui sopra. Esso, infatti, si nutre del “consenso”, della “collaborazione” del “supporto sociale” di un enorme numero di cittadini, politici e funzionari i quali – sovente in buona fede, di certo sotto schiaffo del timore delle letali conseguenze di quella lupara bianca chiamata “spread” – chinano la testa e, pur non capendo, si adeguano.

Sul piano del diritto penale, ci soccorrerebbe l’articolo 241 del codice che così recita: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti e idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza o l’unità dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni”.

Ci siamo in pieno, vero? E allora perché nessun magistrato si è mosso? Forse perché questa norma è stata modificata con riforma del 24 febbraio 2006, n. 85 con la quale sono state introdotte le paroline magiche degli “atti violenti”, in assenza dei quali non può essere integrata la fattispecie criminosa in questione. Una “riforma strutturale” provvidenziale per coloro che pronunciarono le seguenti parole (Orlando dixit): “O mettete questa cosa nella vostra costituzione o altrimenti chiudiamo i rubinetti e non ci sono gli stipendi alla fine mese”.

Sulla convinzione che “golpe” sia un’espressione appropriata, poi, ci conforta un grande giurista italiano, Giuseppe Guarino, già deputato nonché Ministro delle finanze e dell’Industria e professore ordinario di Diritto pubblico alla Sapienza di Roma. Egli, nel suo fondamentale pamphlet “Un saggio di verità sull’euro” – parlando del regolamento 1466/1997 con il quale la Commissione europea, bypassando addirittura il trattato di Maastricht, anticipò i criteri masochisti del pareggio di bilancio poi consolidati, nel 2012, nel Fiscal Compact – scrisse: “Il 01.01.99 è stato effettuato un colpo di stato con fraudolenta astuzia. La costituzione degli stati è stata violata attraverso un regolamento che, a sua volta, viola i trattati e pretende applicazione senza passare attraverso le procedure di ratifica previste per i trattati”.

Come ulteriore riprova dell’esistenza di un disegno oscuro, dai connotati antidemocratici, ricordiamo un testo redatto dal nipote di uno dei più celebri politici italiani del dopoguerra, Paolo Rumor, figlio di Giacomo, attivista democristiano del Vicentino e, soprattutto, nipote di Mariano, varie volte Presidente del Consiglio. Il suo libro mette insieme le memorie del padre a proposito del processo di unificazione europea, si intitola “L’altra Europa” ed è stato edito nel 2010 da Hobby & Work. Merita di essere ricordato anche perché composto in collaborazione con uno dei più noti e apprezzati storici italiani, vale a dire Giorgio Galli.

Stando al racconto dell’avvocato Rumor, il padre era stato incaricato da Monsignor Giovan Battista Montini, futuro papa Paolo VI, di prender parte, per conto del Vaticano, tra il 1943 e i primi anni Cinquanta, a incontri di carattere assolutamente riservato destinati a dare corpo e struttura a quel processo poi palesatosi nelle forme ben note delle prime comunità europee, dei successivi trattati, dell’attuale Unione.

Egli scrive: “Mi è stato spiegato che il gruppo dei veri ispiratori dell’Unione non corrisponde a quelli citati nei resoconti storici, perché i primi sono rimasti sempre nell’ombra e hanno preferito dare l’impulso in modo mediato”.

Un’altra frase notevole è questa: “Mio padre mi diceva che pochi uomini politici conoscevano il lavoro che si era svolto ‘dietro le quinte’ per preparare poco per volta il nuovo volto dell’Occidente”, o, ancora: “Il senso generale di ciò che ho potuto capire dalla lettura dei documenti di mio padre, come pure dalle sue spiegazioni orali, è che esisteva (e forse esiste ancora), ad un livello molto alto e diverso da quelli conosciuti, un Gruppo o un’Entità (…). Tali persone non esitano a ricorrere a tecniche di suggestione o dissimulazione per pilotare l’emotività dell’opinione pubblica, le sue aspettative, le sue aspirazioni mentali, e conseguentemente far accettare cambiamenti strutturali che coinvolgono le comunità nazionali”.

È una testimonianza assai utile, anche perché conferma un filone carsico, mai raccontato e che, pure, un osservatore intelligente riesce a intuire.

Chiunque abbia assistito agli sviluppi della crisi di questi anni non può non

 

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https://scenarieconomici.it/un-tranquillo-colpo-di-stato/

 

 

 

 

 

 

 

 

I legami tra Boeri, De Benedetti e Soros

1, luglio, 2018 di Fabio Lugano           RILETTURA

 

Grazie ad un nostro attento lettore dalla memoria lunga (Grazie Fabrice) siamo in grado di darvi qualche chicca storica sui legami fra De Benedetti, Soros e Boeri

 

Un pezzo di Verdirami dal Corriere dell Sera di qualche anno fa

«Quando Francesco Rutelli è entrato ieri al numero 888 della Settima Avenue per conoscere George Soros, le presentazioni erano di fatto già avvenute. Perché il leader della Margherita era stato preceduto da una lettera inviata giorni fa da Carlo De Benedetti. Poche righe in cui l’Ingegnere aveva tracciato al potente finanziere il profilo dell’ex sindaco di Roma, definito «un giovane brillante politico italiano”. I rivali di Rutelli diranno che si è fatto raccomandare, che per essere ricevuto si è valso di una lettera per accreditarsi. Ma la tesi stride con la genesi dell’incontro, se è vero che l’idea risale a due settimane fa, e che l’approccio è avvenuto via e-mail. Con la posta elettronica Lapo Pistelli provò infatti a contattare il magnate americano. Il responsabile Esteri dei Dl si trovava insieme a Rutelli a Cipro per un incontro del Partito democratico europeo: studiando l’agenda del viaggio negli Stati Uniti, si accorsero che mancava qualcosa, “ci sono gli appuntamenti politici, però ne servirebbe uno con il mondo della finanza”. è una storia tipicamente americana quella capitata al capo della Margherita, visto che quando partì il messaggio nessuno pensava di ottenere risposta, “nessuno in Italia – commenta Pistelli – si sognerebbe di entrare in contatto così con

 

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https://www.imolaoggi.it/2018/07/01/i-legami-tra-boeri-de-benedetti-e-soros/

 

 

 

 

 

 

 

Soros, il problema indicibile

 

ENZO PENNETTA ON 31 AGOSTO 2017     rilettura

 

La nazione è sottoposta all’ingerenza di un singolo personaggio che esercita un potere illecito e che, secondo le moderne definizioni, è in guerra contro l’Italia.

 

La presa esercitata da George Soros sull’Italia è andata chiarendosi negli ultimi tempi, un contributo rilevante è stato fornito da Daniel Wedi Korbaria, un eritreo che vive a Roma dal 1995, sulle colonne del sito Media Comunità Eritrea. Nell’articolo si rimanda ad un episodio avvenuto nel 2010 e precisamente all’offerta fatta a George Soros dall’allora sindaco di Firenze, Matteo Renzi, di ospitare nello storico edificio delle Murate un centro di rifugio per ‘blogger perseguitati’. In pratica il futuro Premier italiano ha cercato Soros per offrirgli un “regalo”, ma vediamo cosa diceva il Corriere di Firenze in quell’occasione:

La fondazione Soros ha accettato di aderire al gruppo di lavoro per creare «case rifugio» per i blogger dissidenti. Ventiquattro attivisti, giornalisti del web, che non possono più vivere nei paesi di provenienza perché perseguitati, abiteranno alle Murate, dal 2011. L’Open society institute & Soros Foundation, «braccio armato» (virgolettato nell’originale ndr) del discusso finanziere Soros, negli anni ha finanziato molte associazioni e gruppi indipendenti che lottavano contro i regimi: tra i primi, Solidarnosc in Polonia e il movimento che ha portato alla «rivoluzione delle rose» in Georgia. E ora la fondazione, per bocca del presidente Aryeh Neier, ha accettato di partecipare alla creazione di questo centro.

Un incontro tra i due era avvenuto durante un viaggio negli Stati Uniti nel corso del quale il sindaco di Firenze aveva chiesto di essere ricevuto da Soros, come riferito da “The florentine“. Ovviamente tra i blogger perseguitati che godono della protezione di Soros troviamo, e troveremo, solo quelli di paesi bisognosi di una rivoluzione colorata o di una esportazione della democrazia. Nella casa rifugio delle Murate non c’è posto per chi contesta le politiche dei governi neoliberisti, per questi ci sono i provvedimenti che prendono il nome di azioni contro le fake news e gli hate speech. Il fatto di ospitare un centro di destabilizzazione rende automaticamente Firenze una città colpevole di azioni contro Stati sovrani, di questo dovrebbero occuparsi la magistratura e il Parlamento.

Il regista dei cambi di regime attuati negli ultimi decenni avrebbe quindi ricevuto un regalo che aveva tutte le caratteristiche di un’alleanza, Soros con la capacità di influenzare i media attraverso le numerose testate di livello internazionale da lui controllate (The Guardian, Liberation, Huffington Post, etc…) e con la sua influenza negli ambienti politici, avrebbe appoggiato il sindaco di Firenze nella sua scalata alla Presidenza del Consiglio e in cambio il Presidente (senza passare attraverso elezioni, come gli ultimi predecessori) avrebbe riservato una corsia preferenziale all’agenda della Open Society Foundations, la ONG capofila delle numerose ONG di Soros. Quale sia il programma della OSF in generale, e quindi di quella italiana, è possibile leggerlo direttamente sul sito ufficiale e in maniera un po’ più esplicita su Wikipedia dove con una ulteriore esplicitazione troviamo tra le altre le seguenti iniziative:

 

Liberalizzazione delle droghe

Promuovere l’agenda LGBTQ

Promuovere i cambi di regime pro NATO nei paesi dell’ex URSS

Favorire l’immigrazione e la concessione della cittadinanza per gli immigranti irregolari

 

Tra le attività promosse dalla OSF troviamo anche il sostegno alle politiche abortiste e all’eutanasia. Inoltre, mentre l’opinione pubblica è distratta da queste polemiche gli stati coinvolti subiscono una serie di privatizzazioni di cui la finanza e le società di Soros beneficiano.

Ma l’attività più rilevante in cui Soros è impiegato è quella che viene confermata da migliaia di documenti hackerati e resi disponibili, la sovversione di governi democraticamente eletti:

Soros è l’architetto o il finanziatore di più o meno ogni rivoluzione o colpo di stato nel mondo negli ultimi 25 anni.

Fonte “L’Inkiesta

Ogni paese che nell’ultimo quarto si secolo è stato coinvolto in un regime change o sottoposto all’azione delle ONG guidate dalla OSF, ha subito poi le politiche dettate dalla stessa. E’ dunque alla luce di questo legame con Soros che va letta l’agenda degli ultimi governi, in particolare le priorità date ai diritti LGBTQ e alla questione dei migranti, ecco quanto dice al riguardo sempre l’articolo di Korbaria:

Lo si deduce dalla lettera aperta scritta a Renzi con un tono pretenzioso da Costanza Hermanin, (senior policy officer presso l’Open Society Foundations) a due settimane dal suo insediamento a Palazzo Chigi intitolata: “Caro Matteo, adesso dammi una ragione per non dover più lavorare sui diritti umani in Italia.

Nel primo paragrafo la Hermanin dice: “Adesso che il governo è pronto a mettersi al lavoro è giunto il momento di domandarti d’includere l’immigrazione, la parità e i diritti fondamentali nell’agenda delle riforme, politiche ma soprattutto istituzionali.

Modifica del 31/08 su segnalazione dell’utente Iochlomond:

quella Hermanin che scrive imperiosa a Renzi, quale capataz italiana della Open Society…ora è segretaria particolare del Sottosegretario alla Giustizia, on. Gennaro Migliore. Quello a capo della Commissione parlamentare di inchiesta sui centri d’accoglienza…

Ed ecco assumere un significato le visite di Soros in Italiaaccolto dal Premier Gentiloni, nel momento in il Procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, iniziava scoperchiare le manovre illecite delle ONG che traghettavano i migranti anziché soccorrerli, e di nuovo ad agosto

 

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https://www.enzopennetta.it/2017/08/soros-il-problema-indicibile/

 

 

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