NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 29 GENNAIO 2019

https://www.panorama.it/news/esteri/tornano-i-campi-rieducazione-in-cina/

NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI

29 GENNAIO 2019

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

VI Regola del potere: controllare i controllori

NOAM CHOMSKY, Le dieci leggi del potere, Ponte alle grazie, 2017, pag. 81

 

http://www.dettiescritti.com/

https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/

 

Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

 

Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com 

 

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SOMMARIO

 

I cosiddetti migranti che i Paesi dell’UE non vogliono

“ACCOGLIAMOLI TUTTI” Fino al sangue (nostro) 1

Carlo Nordio contro le Ong: “Sono porti sicuri anche quelli tedeschi e francesi. Dietro c’è il crimine” 1

A Davos i ricchi per un’ora si travestono da rifugiati 1

Facebook cancella membri dai gruppi in vista delle europee 1

Famiglia USA cacciata dall’aereo per “insopportabile odore corporeo” fa causa alla compagnia per antisemitismo. 1

La sinistra ha perso per il suo razzismo etico. 1

Aborto fino alla nascita, i dem celebrano la loro follia 1

Se la pena di morte rimane solo per i bambini abortiti 1

Rieducare le masse 1

Popolo, dato che non esisti, ti odio! 1

La Casta fa autocritica e si autoassolve 1

I corsi di Foucault al Collège de France

Vivere un giorno da migrante: ecco il finto campo profughi 1

BREVI CENNI SULL’UNIVERSO NEOLIBERALE. 1

Il regalo della Bce ai vessati dalle banche 1

Solo 9 Paesi hanno una Banca Centrale che non appartiene ai Rothschild 1

Il clan Rothschild in Italia: gli insospettabili banchieri 1

In Venezuela si chiama dittatura – in Francia, è democrazia all’opera. 1

Così il politicamente corretto diventa benzina per il populismo. 1

Il popolo è sovrano “SE VOTA COME DEVE”

 

 

EDITORIALE

I cosiddetti migranti che i Paesi dell’UE non vogliono

Manlio Lo Presti – 29 gennaio 2019

Continua senza sosta il martellamento mediatico di tutto il mondo (a gestione DEEP STATE) contro l’italia demmerda che non ha la sfrontatezza di non aver capito che deve prendersi per forza i c.d. migranti della nave ONG Seawatch di nazionalità olandese e di personale tedesco. Una riflessione va fatta sulla esistenza delle ONG come risultante di una mancata risposta coerente dell’europa unita e della sua pateale fuga dalle proprie responsabilità in materia.

Gli interessi in gioco legati alla cosiddetta immigrazione sono enormi

1) traffico di schiavi a 3 euro al giorno usati per far saltare l’Europa dei diritti sociali;

2) l’immigrazione disordinata è un grimaldello per creare caos all’interno di Stati che non accettano gli ordini degli alti comandi UE;

3) le imbarcazioni delle c.d. ONG fanno traffico di armi (e pezzi di ricambio), di droga, di spie, di criminali liberati dalle prigioni nazionali, di denaro contante utilizzato per pagare ferocissime e distruttive milizie private mercenarie (i contractors). Un problema di sicurezza nazionale scientificamente occultato dal mainstream buonista neomaccartista.

Il martellamento adesso si accompagna anche alle minacce sempre più sfrontate e aggressive:

  • Della Francia che convoca e minaccia il nostro ambasciatore;
  • Del Fondo monetario internazionale che classifica l’Italia come un pericolo mondiale relegandolo al rango di Paese coloniale da VIII mondo. Semmai, il vero pericolo è proprio il fondo con il suo pluridecennale comportamento golpista e terrorista mediante il sovraindebitamento ricattatorio;
  • Della banca d’Italia che diffonde allarmismi su una “crisi tecnica” dell’Italia, ma tace sul fatto che i dati che portano a questa conclusione non neutrale e particolarmente tempistica nella sua diffusione, riguardano gli anni 2017-2018 QUANDO IL GOVERNI ERA BEN ALTRO E NEI SUOI CONFRONTI, LA RIDETTA BANCA TACEVA OLTRE IL DOVUTO;
  • della magistratura che chiede l’incriminazione di un alto esponente del governo attuale (non ricorda l’azzoppamento ad orologeria di Berlusconi). Una richiesta, guarda caso, sparata 48 ore dopo le dichiarazioni di mantenimento dei porti chiusi. Risorge dall’ombra un corpo dello Stato che agisce con operazioni di killeraggio selettivo quando la sovragestione anglofrancotedesca glielo ordina! L’Europa era abituata a una italietta servile, prona e di solerte obbedienza servile strisciante. Altro che adesso il PD afferma che il nostro Paese ha perso peso politico di una Europa che ha sempre riso degli italiani!
  • del ritorno in grande stile l’uso della via giudiziaria (si ricordano i casi Craxi, Andreotti, Berlusconi) rispetto alla democrazia che, in questo caso, non deve funzionare perché avente un governo votato da una popolazione di minus habens deficiente che va rieducata in appositi istituti ricalcando le metodiche del Grande Balzo in Avanti del periodo maoista in Cina! Altro indizio della arroganza “etica” delle sinistre non più sinistre che però mostrano indugenza eterna ad esternazioni che invocano all’assassinio del componente del governo attuale, salvo essere fortemente reattive contro coloro che non seguono le regole neomaccartiste, buoniste, antifa, quadrisex!!!!!!!!!!!! …;
  • del vaticano che continua sfacciatamente, aggressivamente e violentemente ad andare avanti con le sue ingerenze nella vita interna di uno Stato autonomo, ma poi tace sulle stragi dei cristiani nel mondo, tace e non censura il comportamento cinico di una europa che si rifiuta di accogliere, MENTRE NOI DOBBIAMO FARLO SENZA NESSUNA CONDIZIONE, tace sulla espulsione 15.000 operai africani da Israele a lavori compiuti, tace e non censura le schedature di massa del DNA dei russi che volevano tornare in Israele con la Legge del ritorno, tace e non censura il bestiale cinismo di Malta (perché rientrante nel Gotha dell’asse infernale anglofrancotedesco), tace e critica MOLTO BLANDAMENTE l’indifferenza dell’Europa in materia di immigrazione.

Sarebbe necessario convocare al più presto il nunzio apostolico e intimargli di lasciare il nostro Paese entro 10 ore. Ma non accadrà per motivi servili.

 

Concludendo – come dice lo slogan di una famosa grappa:

 

  • non i singoli 26 Paesi membri dell’UE,
  • non l’UE;
  • non le nazioni colonialiste che hanno distrutto l’Africa

 

ma solo l’Italia deve #restareumana.

 

Suscita un forte sospetto di cospirazione, per la sua vastità, ripetitività e aggressività, il fatto che l’Italia sia l’unico Paese bersaglio di questo gigantesco fuoco incrociato di proporzioni sempre più grandi.

 

PERCHÉ?

Come mai la UE è così sollecita ad emettere direttive sulla circonferenza dei girowater, sulla dimensione della frutta, su regole astruse di interscambio telematico di flussi monetari, sul colore e misure dei segnali stradali, ecc.  ma poi si mostra lentissima sulla regolamentazione condivisa sui flussi migratori ritenendoli così di quarto ordine????????

Si comprende perché questa banda di pretoriani non eletti da nessuno e che fanno riferimento solo alle banche, è assolutamente certa che la ex-italia possa saltare per aria a brevissimo termine, anzi, DEVE SALTARE prima delle elezioni europee.

 

P.Q.M.

 

1) l’eliminazione veloce dei cosiddetti populisti italiani fungerebbe da severo monito alle fronde di altri Paesi europei;

2) la ex-italia non deve costituire un precedente. La sua “ribellione deve essere assolutamente stroncata con ogni mezzo, anche con la riapertura di una nuova stagione delle bombe con migliaia di morti che darebbe la possibilità al presidente della repubblica di proclamare lo STATO DI EMERGENZZA con la sospensione delle libertà civili, la nomina di un supertecnico liquidatore a capo del VI, V, VIII IX GOVERNO TECNICO non eletto da nessuno a sovragestione anglofrancotedesca;

3) la ex-italia deve diventare ESECUTIVAMENTE IL DEPOSITO RAZZIALE DELL’EUROPA;

4) divisione dell’Europa in due tronconi con una LINEA GOTICA 2.0 – prevalentemente orizzontale – che renderebbe autonoma la parte nord del vecchio continente da quella sud costituita da Stati straccioni canaglia e dalla Russia: la cosiddetta OPERAZIONE INTERMARIUM.

 

Ne riparleremo

 

 

 

 

 

IN EVIDENZA

“ACCOGLIAMOLI TUTTI” Fino al sangue (nostro)

Maurizio Blondet  28 Gennaio 2019

Copio e incollo:

VIDEO QUI: https://twitter.com/i/status/1089597364673875970

 

I Tiggì e la sinistra ci raccontano di mare in tempesta, di un freddo cane e di bambini a bordo… Come no, guardate voi!!! Io vedo uomini a torso nudo, mare calmo, cuffie e telefonini… Non cambio idea: in Italia si arriva rispettando le regole, altrimenti STOP.#SeaWatch3

Matteo Salvini

✔@matteosalvinimi – 19:53 – 27 gen 2019

Immagini esclusive, ecco donne e bambini della Seawatch 3.

Alcuni di loro nonostante la tenera età sono alti 190 cm; un povero migrante per proteggersi dall’ipotermia si è denudato e si sbraccia alla vista delle telecamere.

I bambini denutriti da fare scendere, festeggiano la Prestigiacomo.

 

Da Analisi Difesa:

Gaiani: “Naufragi provocati dai trafficanti per far riaprire i porti”

l direttore di AnalisiDifesa.it, Gianandrea Gaiani, intervistato a Stasera Italia di Rete 4, commenta l’allarme lanciato dai servizi segreti. Il timore è che i trafficanti di esseri umani, colpiti nei loro interessi dalla politica italiana di chiusura dei porti, possano provocare disastrosi naufragi di barconi carichi di migranti illegali. Come è già accaduto in passato l’obiettivo sarebbe quello di esercitare pressioni sull’opinione pubblica per indurre il governo a riaprire i porti sull’onda emotiva delle notizie di morti innocenti in mare.

 

Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/accogliamoli-tutti-fino-al-sangue-nostro/

 

 

 

 

Carlo Nordio contro le Ong: “Sono porti sicuri anche quelli tedeschi e francesi. Dietro c’è il crimine”

27 Gennaio 2019

 

Punta il dito, Carlo Nordio. L’ex pm parla a un evento organizzato da Il Giornale ad Abano Terme. E parla della richiesta di rinvio a giudizio di Matteo Salvini per il caso Diciotti avanzata dal tribunale dei ministri di Catania. Chiaro il messaggio di Nordio: il ministro dell’Interno va giudicato sul piano politico e non giudiziario, con la bislacca ipotesi di reato di “sequestro di persona aggravato”. “Questo parlamento deve dire entro 60 giorni se la linea di Salvini è giusta o sbagliata. Se la linea è politicamente condivisa oppure no”, ha premesso Nordio. E Salvini, in vista delle elezioni Europee, “potrebbe uscirne paradossalmente rafforzato“. E ancora: “Se va a processo va alle elezioni e probabilmente fa il boom di voti; se non va a processo, la sua politica sui migranti viene avvallata dal Senato anche per il futuro. Io avrei preferito la faccenda si chiudesse“, rivela.

Dunque, affrontando il tema dell’immigrazione in generale, Nordio si presta a interessanti riflessioni: “La legge del mare, spesso citata a vanvera, dice che devi salvare il naufrago e portarlo in un porto sicuro: Libia, Malta o Tunisia. Ma sono sicuri anche i porti delle navi Ong: Francia, Germania e Olanda“. Chiaro il messaggio: degli immigrati devono farsene carico i Paesi a cui fanno riferimento le Ong con le loro bandiere. Prosegue Nordio: “Nessuno sapeva sarebbero arrivati così tanti naufraghi, e la legge del mare non prevede si vadano a salvare al largo delle coste libiche con le navi Ong per naufragi programmati da organizzazioni criminali. Evidentemente nei governi precedenti abbiamo fatto accordi per cui ce li teniamo tutti qua, anche se salvati da navi militari straniere”.

“Tutto questo – prosegue Nordio – andrebbe spiegato alle autorità religiose, agli italiani,

Continua qui:

https://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/13423670/carlo-nordio-ong-porti-sicuri-legge-del-mare-diciotti-matteo-salvini-processo.html?fbclid=IwAR2Fl0RPqQrMZ7JEo6GMOOk6F8RQHIhWB422VaeEWa1rjFxt0xfm3QOf_8c

 

 

 

 

 

A Davos i ricchi per un’ora si travestono da rifugiati

Al Forum di Davos i ricconi si sono “divertiti” a vestire i panni dei profughi. Per 75 minuti hanno indossato vestiti di fortuna davanti a finti militari

 

Luca Romano – Sab, 26/01/2019

Al Forum di Davos i ricconi si sono “divertiti” a vestire i panni dei profughi.

Nel corso del “World Economic Forum” c’è stato spazio anche per una curiosa iniziativa che si è tenuta tra la neve della località svizzera.

Di fatto, come racconta laVerità, manager, funzionari di Jp Morgan, dirigenti di Goldman Sachs hanno partecipato ad una sorta di “gioco” in cui per circa 75 minuti hanno provato a vestire i panni dei migranti. Tutti in coda per prendere del cibo o magari in piedi davanti alle tende del primo soccorso. L’iniziativa ha un nome abbastanza chiaro: “A day in the life of a refugee” (“Un giorno nella vita di un rifugiato”).

I finti profughi mentre attendevano di andare a prendere qualche drink per l’aeritivo hanno trovato il tempo di travestirsi da migranti e di mettersi in ginocchio vicino ad un finto filo spinato sotto la minaccia dei militari. Il “gioco” è stato organizzato da Crossroads, una fondazione che ha la sua sede ad Hong Kong ed è specializzata nel far provare “senzazioni forti” come ad esempio

 

Continua qui: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/davos-i-ricchi-unora-si-travestono-rifugiati-1634839.html

 

 

 

 

 

Facebook cancella membri dai gruppi in vista delle europee

Scritto il 26/1/19

Quando si parla dell’algoritmo di Facebook tutti pensano subito alla matematica. Eppure, quante volte è capitato che vengano aggiunti amici al profilo senza che ciò venisse richiesto? Quante volte scompaiono i like senza motivo? Si elimina un commento e scompare l’intero thread del post. Il politically correct censura parole come “negri” dalle canzoni di Edoardo Vianello, mentre lascia passare minacce e ingiurie della paggior specie. Chi frequenta con assiduità il Re dei social sa benissimo di cosa stiamo parlando. E la matematica non c’entra nulla. In questi giorni, Facebook cancella in automatico gli iscritti dai gruppi. Tutti se ne sono accorti e gli admin lamentano la scomparsa improvvisa di centinaia, se non di migliaia di membri dal gruppo da loro gestito. Poichè il social di Zuckerberg è incontrollabile se non dagli sviluppatori di Menlo Park, viene da chiedersi perchè proprio i gruppi, e, soprattutto, quali gruppi? Pier Paolo Pasolini, in un celeberrimo articolo sul “Corriere della Sera”, scriveva così: «Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere)».

«Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato, dunque, (…) Io so tutti questi nomi e so tutti questi fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero (…)». Ebbene, anche se a fronte del repulisti censorio di Facebook verrebbe facile evocare Pasolini ed il suo “io so”, nel caso dei gruppi, direi che ci sono anche le prove. I gruppi dai quali sono spariti centiania di membri automaticamente sarebbero tutti, incondizionatamente, ma i soli a lamentarsene pubblicamente sono i gruppi che parlano di politica, specialmente quelli che trattano di controinformazione.

I gruppi tacciati di “rossobrunismo” o che propongono politiche economiche di stampo keynesiano o molto critici nei confronti dell’Unione Europea. E’ in quei gruppi che si registrano i danni maggiori. La scusa per bannare è la passività dei membri. Detto diversamente, Facebook si è arrogata il diritto di cancellare tutti quei membri che non partecipano alla vita del gruppo, non mettono i like, non condividono nè postano notizie. Eppure, chi è iscritto in gruppi come “amici che rivogliono Pippo Baudo alla tele”, pur silenti da anni, non si sono visti scippare l’iscrizione da Zuckerberg… come mai? Ora i soliti siti antibufala si affrettano a garantire che è tutto un malinteso, perchè il messaggio di chiarimento inviato dal social californiano precisa che non compariranno più tra i membri quei soggetti che sono stati iscritti in passato da altri e che d’ora in avanti, per rimanerci, dovranno confermarlo in modo esplicito. Dunque, se rimani iscritto agli “amici che rivogliono Pippo Baudo” è solo

 

Continua qui: http://www.libreidee.org/2019/01/facebook-cancella-membri-dai-gruppi-in-vista-delle-europee/

 

 

 

 

 

 

 

 

Famiglia USA cacciata dall’aereo per “insopportabile odore corporeo” fa causa alla compagnia per antisemitismo.

Maurizio Blondet  28 Gennaio 2019

Una famiglia fatta scendere da un volo dell’American Airlines in seguito a reclami di passeggeri e membri dell’equipaggio di un odore corporeo opprimente dice che sono stati presi di mira ingiustamente perché sono ebrei.

(rt)

Yossi Adler, sua moglie Jennie e il loro bambino sono stati invitati a scendere dal volo a causa di un volo da Miami, in Florida, a Detroit, in Michigan, dopo che diversi passeggeri e membri dell’equipaggio si sono lamentati del loro odore corporeo, ha detto American Airlines in un

Yossi Adler, sua moglie Jennie e il loro bambino sono stati invitati a scendere dal volo in partenza da Miami, in Florida, a Detroit, in Michigan, dopo che diversi passeggeri e membri dell’equipaggio si sono lamentati del loro odore corporeo, ha detto American Airlines in un comunicato.

Secondo i rapporti, l’odore era così forte che arrivò persino nella cabina di pilotaggio, disturbando il pilota. Adler ha detto a WJBK che inizialmente è stato informato che c’era  stata un’emergenza e che dovevano scendere dall’aereo. Una volta che lui e la sua famiglia sono tornati in aeroporto, ha detto Adler, l’aereo è decollato senza di loro, con il seggiolino e il bagaglio dei bambini ancora a bordo.

Sostiene che lo staff della compagnia aerea ha continuato a dirgli che le persone a bordo si erano lamentate di avere uno sgradevole odore corporeo. “I nostri membri dell’equipaggio l’hanno annusato e il nostro pilota l’ha annusato e il pilota dice che non possiamo lasciarti volare su questo aereo perché il BO [body odour] è troppo brutto”, ha affermato.

Adler ha registrato uno scambio che aveva con un impiegato dell’American Airlines all’aeroporto.

“Non abbiamo odore, okay, nessuno qui ha odore”, dice un irato Adler nel video, insistendo sul fatto che il personale aveva una “ragione religiosa” per averlo buttato fuori dall’aereo.

I funzionari della compagnia aerea rispondono: “Mi hai detto per motivi religiosi che non fai la doccia, è questo che hai detto?” Adler nega questo, dicendo che ha già spiegato che la sua famiglia ha fatto la doccia, e ha ripetuto che sono stati cacciati per motivi religiosi.  In una dichiarazione sulla rimozione di Adler, la compagnia aerea ha detto che il suo staff “si è preso cura della

 

Continua qui:

https://www.maurizioblondet.it/famiglia-americana-cacciata-dallaereo-per-insopportabile-odore-corporeo-fa-causa-alla-compagnia-per-antisemitismo/

 

 

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

La sinistra ha perso per il suo razzismo etico

di Giuseppe Frangi – 17 maggio 2001  RILETTURA NECESSARIA

 

In un’intervista sul numero di Vita di questa settimana Luca Ricolfi dice: «Guardando alla parte avversa come a dei barbari da educare ne sottovalutano anche le buone ragioni». Il dibattito è aperto

Ds, 16,5%. Dalla notte del 14 maggio questa cifra martella il cervello di milioni di militanti. Com’è possibile che la sinistra italiana si riduca a una presenza così esigua, cui si può aggiungere l’orgoglioso 5 % di Rifondazione? Hanno provato a rispondere in tanti, dopo il 14 maggio. Qualcuno, in realtà, ci aveva provato anche prima, per avvertire che si stava scivolando su una china perigliosa. Tra questi c’è senz’altro Luca Ricolfi, docente Metodologia delle scienze sociali all’Università di Torino, autore di un libro, uscito qualche settimana prima del voto. Titolo: “La frattura etica: saggio sulle basi etiche dei poli elettorali” (Trauben editore).

Una riflessione che ha attirato l’attenzioni di tanti commentatori (tra cui Galli Della Loggia), ma non di quelli a cui era principalmente rivolto: i cervelli della sinistra. Cosa sostiene Ridolfi? Che la sinistra da tempo commette un peccato che la ghettizza e la isola da tanti ceti sociali, potenziali elettori. E’ un peccato di presunzione. “Sì, nel mio libro ho cercato di definirla quella credenza di rappresentare la parte migliore del paese, di essere titolari di una superiorità etica, culturale e politica”.

Vita: E questo che conseguenza può avere avuto sull’esisto elettorale?

Ricolfi: E’ un atteggiamento mortificante e autolesionistico, perché innesca un circuito perverso di chiusura e di autoreferenzialità. Guardando alla parte avversa come a dei barbari da educare o da tenere alle porte se ne sottovalutano anche le istanze, o le buone ragioni. Penso, in particolare, alla difficoltà enorme che la sinistra incontra nel metabolizzare la richiesta di sicurezza da parte dei cittadini. Penso al riflesso condizionato che bolla come razzista qualsiasi atteggiamento che si ponga al di fuori della mentalità progressista. Ma questa è una forma di cecità che porta a una paralisi politica.

Vita: Lei, che è di sinistra, riconosce che uno dei più acuti a cogliere questo errore della sinistra è stato il primo sindaco non progressista di Bologna, Guazzaloca…

Ricolfi: Guazzaloca è uno dei politici più anticonformisti e indipendenti dai partiti che ci siano in circolazione. Ha detto che la sinistra si sente titolare di una superiorità etica e culturale. E che così si inchioda, demonizzando l’avversario “senza elaborare più niente di niente di niente”.

Vita: Ma è proprio vero che la sinistra non ha una sensibilità etica maggiore rispetto all’elettore di destra?

Ricolfi: Guardi, le nostre ricerche ci dicono che l’unica dimensione che ha una chiara polarità etica è la virtù civica, ed è distribuita in modo perfettamente simmetrico tra destra e sinistra.

Vita: Ma su un tema come la pena di morte, la sinistra ha una sensibilità etica diversa dalla destra…

Ricolfi: Questo è vero. Ma sarebbe un errore pensare che il sentimento di approvazione per la pena di morte sia del tutto estraneo alla sinistra. Le nostre ricerche ci dicono che, fra i giovani di sinistra, e in particolare tra gli elettori di matrice comunista, questo sentimento è tutt’altro che assente. Ma c’è un’altra osservazione da fare, e riguarda il modo con cui soprattutto i militanti di sinistra guardano alla parte avversa. Non viene minimamente contemplata la possibilità che chi su questi temi la pensa diversamente, pur esprimendo una posizione che non si condivide, si appoggi su ragioni legittime, ragioni da cui si dissente fermamente ma che rientrano nell’ordine delle possibili concezioni della giustizia.

Vita: Lei sembra sostenere che le differenze di concezioni etiche sono trasversali ai fronti politici?

Ricolfi: In buona misura è così. Oggi la frattura etica passa attraverso due diverse sensibilità, due modi opposti di intendere il legame sociale. Ci sono gli individualisti per i quali il sistema sociale è innanzitutto un mezzo di autorealizzazione dei singoli. Dall’altra ci sono gli anti-individualisti, o istituzionalisti, tendenzialmente civici e “integristi”: per loro il sistema sociale ha un primato morale sull’individuo, e quest’ultimo è tenuto a rispettare l’ordine naturale delle cose in tutti i campi, corpo, sessualità, patto famigliare, ambiente. Se proprio vogliamo cercare qualche prevalenza di connotazione politica, possiamo dire che l’individualismo, inteso come mix di self interest e di libertarismo, riluce con colore un po’ più intenso sulle bandiere della sinistra.

Vita: Faccia un esempio di comportamenti differenti su una questione specifica…

Ricolfi: E’ in campo educativo che la frattura si fa sentire di più. L’individualista non si stanca di sottolineare il valore della tolleranza e della libertà il cui unico limite legittimo è il danno a terzi. Per gli anti-individualisti, invece, questa è una forma di opportunismo morale, un’abdicazione alle proprie responsabilità educative. L’altra frattura etica fondamentale è quella fra rigorismo e indulgenza, fra principio di responsabilità personale e solidarietà incondizionata. Un esempio per tutti: il delitto di Novi Ligure, il caso di Erika e Omar. In base a un recentissimo sondaggio Ispo la posizione prevalente fra i giovani è quella rigorista, che afferma la piena responsabilità degli assassini e il dovere di scontare la pena in carcere, contro il senso comune della società adulta che – specie nei suoi settori progressisti – tende a sottolineare le responsabilità del sistema sociale, o le esigenze di rieducazione e di reinserimento. Non per nulla, come le cronache hanno riferito ampiamente, il dibattito pubblico avvenuto a Novi Ligure dopo il delitto ha visto contrapposti da una parte il rigorismo (e l’indignazione) degli studenti, e dall’altra

Continua qui: http://www.vita.it/it/article/2001/05/17/la-sinistra-ha-perso-per-il-suo-razzismo-etico/1838/

 

 

 

 

 

Aborto fino alla nascita, i dem celebrano la loro follia

Maurizio Blondet  26 Gennaio 2019

Lo Stato di New York, dove sono in netta maggioranza i democratici, ha approvato una legge che stravolge i concetti di «omicidio» e «persona» e consente di abortire fino al 9° mese di gravidanza, anche in assenza di un medico. A legge approvata si è sentita una voce gridare in aula: «Possa Dio avere pietà di questo Stato!».

Martedì 22 gennaio era il 46°, nefasto, anniversario della Roe contro Wade, la sentenza della Corte suprema che nel 1973 ha liberalizzato l’aborto in tutti gli Stati Uniti, fondata tra l’altro su una campagna menzognera fino all’ennesima potenza, come ammise Norma Leah McCorvey (vero nome della «Jane Roe» protagonista della sentenza), la donna usata da due giovani avvocate che volevano «fare la storia» e che tempo dopo si convertì attraversando l’America in difesa dei nascituri. A 46 anni di distanza da quel verdetto che ha causato l’uccisione, con l’avallo della giustizia umana, di milioni di bambini negli Usa e dato la spinta all’ulteriore diffusione di una mentalità mortifera nel mondo, il parlamento dello Stato di New York ha approvato una legge che consente praticamente di abortire fino al nono mese di gravidanza.

La legge, dopo alcune modifiche votate dall’Assemblea, è stata approvata dal Senato dello Stato americano con un voto di 38-24, passando con una facilità disarmante per la netta maggioranza dei democratici in entrambe le camere, effetto delle ultime elezioni di novembre. Qualche istante dopo la votazione finale – come ha riferito Karen DeWitt, cronista di una radio newyorchese – in aula si è sentita una voce gridare: «Possa Dio Onnipotente avere pietà di questo Stato!».

Il Reproductive Health Act (RHA) votato dai democraticifortemente voluto dal governatore Andrew Cuomo (che ha apposto la sua firma nella stessa giornata) e dal suo sponsor Hillary Clinton, modifica dopo quasi 13 anni di tentativi andati a vuoto la già radicale legislazione dello Stato di New York (la soppressione del bambino in grembo era già consentita fino alla 24^ settimana), dove l’aborto era stato introdotto fin dal 1970, quindi tre anni prima della Roe contro Wade, uno dei pochi Stati in cui la classe politica aveva anticipato la svolta, nel male, impressa dalla Corte suprema.

L’RHA esordisce definendo la «salute riproduttiva onnicomprensiva» (espressione che per gli estensori della legge include la contraccezione e l’aborto) «un elemento fondamentale» per la «salute, la privacy e l’uguaglianza» di ogni individuo. Dopo aver affermato il «diritto» alla sterilizzazione, il testo dell’RHA prosegue in un crescendo diabolico, avallando l’indifferenza morale tra due scelte opposte: «Ogni persona [il testo usa per la precisione il più generico «individual», e non «woman», il che si può leggere come un inchino all’ideologia transessualista, ndr] che rimane incinta, ha il diritto fondamentale di scegliere se portare avanti la gravidanza, fare nascere un bambino o avere un aborto». La nuova legge afferma in breve che un bene oggettivo – dare la vita – è equivalente per lo Stato di New York al suo perfetto contrario: un male oggettivo e radicale, come uccidere l’innocente. Le tenebre più fitte, insomma.

Si afferma poi che lo Stato non può «negare o interferire con l’esercizio dei diritti» sopra menzionati, una delle tante frasi che ha portato l’associazione New York State Right to Life ad avvertire, giorni prima del voto finale, che questa legge condurrà al calpestamento della libertà d’espressione e di coscienza dei pro vita – ostetriche e medici inclusi – perché di ostacolo ai «diritti» della donna che vuole abortire. Inoltre, la nuova legge prevede che l’aborto potrà essere eseguito da qualunque operatore sanitario con licenza: non sarà quindi richiesta la presenza di un medico, un fatto che da solo la dice lunga sulla falsità di questa legge e della propaganda degli abortisti che si ergono a paladini della «salute» delle donne. E che illuminano ipocritamente di rosa la cima di edifici simbolo di New York, quando hanno le coscienze sporche del sangue di piccolissime vite spezzate.

Qualunque operatore sanitario potrà, con una valutazione «in buona fede» (sic!), praticare un aborto anche dopo le 24 settimane di gravidanza nel caso in cui ritenga che il bambino non abbia raggiunto la capacità di vivere autonomamente fuori dal grembo materno (l’esperienza medica mostra che ciò può avvenire già intorno alla 21^ settimana) oppure nel caso di pericolo per

 

Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/aborto-fino-alla-nascita-i-dem-celebrano-la-loro-follia/

 

 

 

 

 

Se la pena di morte rimane solo per i bambini abortiti

Chissà se l’Europa ora protesterà con lo Stato di NY, dove è stata abolita la pena di morte per i reati (giustamente), ma è stata introdotta (abominevolmente) la pena di morte per i bambini.

26 gennaio 2019

 

Caro direttore,
il grande Chesterton scriveva che la Chiesa fa bene a combattere anche le eccezioni, perché il mondo, prima o poi, rende “regola” le eccezioni. Così, infatti, sta accadendo nella situazione attuale riguardo alle tematiche dei sedicenti “diritti”.

In Italia, ad esempio, i laicisti ed i comunisti sono riusciti ad introdurre il divorzio prendendo lo spunto da alcuni casi “pietosi”, che assicuravano essere pochissimi. Fatta passare la legge, confermata, purtroppo, dal 60% del popolo italiano, si è scoperto che i casi erano moltissimi, anche perché molti di essi furono indotti dalla presenza della nuova legge. Oggi i divorzi sono diventati una enormità, perché, insieme alla legge, è stata introdotta una mentalità, questa sì divisiva, che porta le coppie a separarsi anche di fronte alla minima difficoltà. Così, le coppie separate o divorziate sono aumentate a dismisura e ciò ha causato un enorme indebolimento dell’istituto famigliare e, con esso, l’attuale crisi sociale dell’intero Paese. Lasciata passare qualche eccezione, tutto il sistema sta crollando, senza che nessuno abbia il coraggio di manifestare segni di pentimento.

La stessa cosa è avvenuta, sempre in Italia, a proposito dell’aborto. Anche in questo caso gli abortisti hanno iniziato la loro campagna culturale commuovendo la gente a proposito dei soli pochi casi degni di pietà e, alla fine del

 

Continua qui: http://www.lanuovabq.it/it/se-la-pena-di-morte-rimane-solo-per-i-bambini-abortiti

 

 

 

 

Rieducare le masse

“Le università fanno il lavaggio del cervello agli studenti, colonizzando le menti”. Parla Roger Scruton

 

di Giulio Meotti – 25 Febbraio 2017

Quale università organizza seminari per insegnare a professori e ricercatori come “gestire la mentalità di destra degli studenti”? Si chiama Università del Sussex, è una delle più prestigiose del Regno Unito e il seminario “rieducativo” si è svolto la scorsa settimana. Roger Scruton, filosofo, bianco, occidentale e pure conservatore, non è stato ovviamente invitato. Scruton ha appena rischiato di vedersi disinvitare dall’Università di Bristol per tenere le celebri Richmond Lectures, dopo che i rappresentanti sindacali lo avevano attaccato per le sue idee sul matrimonio gay contenute nel libro del 1986 “Sexual Desire”, in cui passa in rassegna secoli di filosofia e di letteratura erotica, da Schopenhauer a Kundera. “E’ una rieducazione unidimensionale, il nemico è sempre a destra, anche se destra e sinistra non hanno più significato”, dice Roger Scruton al Foglio. “Si tratta di un nuovo terreno di battaglia in cui si aggrediscono le idee. E’ un lavaggio del cervello, perché quasi tutti i professori sono parte dell’ortodossia di sinistra. George Orwell parlava di una tendenza nella natura umana a controllare. Vide i comunisti nella Guerra civile spagnola e il loro controllo dello spirito. E questo divenne il cuore del suo romanzo, ‘1984’. E’ molto simile a quanto accade oggi”.

 

Giovedì sera, su Channel 4, è andato in onda il programma “Il politicamente corretto è impazzito”. Lo ha realizzato Trevor Phillips, già zar della Commission for Racial Equality, l’ente che promuove le pari opportunità. “Quando mi diedero di ‘razzista’ compresi che il politicamente corretto era impazzito”, ha esordito Phillips, che è nero e di sinistra. Prima la City University di Londra, che ospita la più importante scuola di giornalismo, ha votato per mettere al bando una serie di quotidiani conservatori, il Sun, il Daily Mail e l’Express, che non avrebbero diritto di circolare fra gli studenti. Il passo successivo sono i seminari “rieducativi” come nel Sussex. Harry Howard, uno studente di Storia del terzo anno, ha detto al Telegraph di essere rimasto “scioccato” quando ha visto l’annuncio del seminario in facoltà. Un sondaggio della rivista libertaria Spiked ha rilevato che nove università inglesi su dieci impongono restrizioni a idee, libri, oratori. Il “Russell Group”, che raccoglie le università più prestigiose d’Inghilterra

Continua qui: https://www.ilfoglio.it/cultura/2017/02/25/news/universita-lavaggio-menti-parla-roger-scruton-122378/

 

 

 

 

 

 

Popolo, dato che non esisti, ti odio!

Sergio Benvenuto – 22 dicembre 2018

Da quando molti di noi – incluso chi scrive – si lamentano delle vittorie elettorali di personaggi e partiti deplorevoli, spuntano da ogni parte, anche da sinistra, persone che ci bacchettano le dita: “Non accettate i verdetti elettorali democratici! Gridate al fascismo incombente, ma il popolo ha votato per questi ‘fascisti’. Inoltre, mostrate disprezzo per gli elettori di Brexit, Trump, Salvini, Erdogan, Bolsonaro… ma si tratta degli elettori delle fasce sociali più deboli. Voi dei quartieri alti votate per la sinistra perbene, la gente delle periferie e dei piccoli centri vota per la destra populista, e la biasimate per questo”.

Queste reazioni rivelano una visione perversa della democrazia. Sono democratico perché accetto i risultati del voto, anche se mi appaiono nefasti, ma la democrazia non mi obbliga a essere contento per ogni governo eletto! Non è che, siccome la maggioranza ha deciso in un certo modo, questo significa che ipso facto sia la scelta migliore. Le maggioranze non sono come il papa quando parla ex cathedra, ovvero infallibili. Depreco che nel 1923 in Italia e nel 1933 in Germania le maggioranze degli elettori abbiano portato al potere Mussolini e Hitler. Analogamente, non è perché tanti che oggi votano per Le Pen o Salvini un tempo votavano per il partito comunista che per questo sono la sacra voce del popolo. Non credo che le scelte democratiche siano comunque buone. Sono anti-populista perché non penso affatto che il popolo abbia sempre ragione, anzi, confesso di essere spesso – e oggi più che mai – anti-popolo. Spesso i popoli si rivelano molto peggiori dei loro politici e governanti. I demagoghi oggi al potere in Italia sono quelli che danno voce a ragionamenti e credenze del tutto sballate, mentre i politici che sanno le cose sono marginalizzati e derisi. Trump e Salvini dicono ad alta voce, in televisione, quel che i più ripetono per le strade, nei bar, davanti a tavole imbandite.

 

Ripeto: spesso i politici sono migliori dei loro popoli. Si pensi all’entrata dell’Italia nella 1° guerra mondiale. Con lo scoppio della guerra nel 1914, la dirigenza politica italiana reagì in modo alquanto saggio: si convinse che l’Italia poteva acquisire Trieste e Trento proprio non entrando in guerra. Mantenendosi neutrale poteva aspettare la sconfitta degli Imperi centrali e poi beneficiare del risultato (del resto l’impero austro-ungarico era disposto già a cedere il Trentino in cambio della neutralità italiana). Fu l’“opinione pubblica” italiana, per lo più interventista, a spingere l’Italia verso una guerra che le avrebbe inflitto 600.000 morti e un milione tra feriti e mutilati. Fu la piccola borghesia impiegatizia e intellettuale a scatenarsi a favore della guerra, e anche una vasta parte della sinistra (vedi Mussolini) seguì. L’entrata in guerra fu davvero una vittoria democratica, purtroppo: fu decisa contro la volontà dei politici dell’establishment.

Del resto, la febbre bellicosa dell’Italia era solo una parte di un vero e proprio delirio bellicista che si impadronì allora delle masse europee. Quando, per un assurdo automatismo delle alleanze, i principali paesi europei entrarono in guerra, i dirigenti sapevano che quel conflitto generalizzato si sarebbe risolto in una catastrofe. La gente comune, entusiasta, invece non voleva saperlo, così partirono giulivi per la carneficina. Lo stato maggiore francese aveva dato per scontata una percentuale alta di disertori alla leva, ma i generali stessi furono stupiti da quanto questa percentuale si rivelasse bassa. Insomma, all’epoca i popoli europei svilupparono una gigantesca fregola per la guerra.

 

Esempio attuale. Attualmente la Francia è scossa dalle manifestazioni dei “gilet gialli” che protestano contro l’aumento della benzina, soprattutto di quella diesel, voluta dal governo presieduto da Macron. Mentre scrivo, apprendo che il 77% dei francesi simpatizza con questa protesta. Ebbene: per me Macron ha ragione, il popolo francese ha torto. L’aumento della benzina è parte di un disegno strategico che tende a incoraggiare l’uso dell’auto elettrica e a scoraggiare l’acquisto delle energie fossili, cosa che mi sembra sacrosanta. La maggioranza dei francesi non vede oltre la punta del proprio naso: vogliono benzina meno cara in un pianeta che dovrà rinunciare tra un po’ alla benzina. In una straordinaria miopia di massa, tutti calcolano vantaggi e svantaggi immediati, nessuno cerca di pensare al bene dei figli e, tanto meno, dei nipoti.

Potrei moltiplicare gli esempi in cui i popoli fanno scelte auto-distruttive, mentre alcuni loro dirigenti indicano, inascoltati, una strada migliore.

 

I popoli spesso compiono non solo delle scelte auto-lesioniste, ma anche malvage. Tanti eventi storici non sono spiegati dalla lotta di classe né dai mercati finanziari globali, ma dalla semplice cattiveria di tanti. Molti genocidi non furono opera di truppe speciali, ma della brava gente comune, che all’improvviso rivelò la belva sotto la pelle di una bonaria quotidianità. Così nel 1965 e 1966 la brava gente si dedicò a un massacro sistematico dei comunisti indonesiani e dei residenti cinesi in Indonesia, che secondo molte stime fece più di un milione di vittime. La persecuzione dei Rohingya mussulmani è una crudeltà di cui gran parte del popolo del Myanmar è co-responsabile. E non esito a dire che la maggioranza dei brasiliani che hanno votato per un fascista come Jair Messias Bolsonaro sono evidentemente dei farabutti.

 

Mi preme scriverlo a caratteri maiuscoli:

LA MAGGIOR  PARTE  DEI  BRASILIANI  È CANAGLIA.

Questa mia affermazione sarebbe razzista se dicessi “tutti i brasiliani sono canaglie”, oppure “il popolo brasiliano è mascalzone”. Ho amici brasiliani che la pensano come me su Bolsonaro, per cui non possiamo mai universalizzare. C’è razzismo quando si opera una generalizzazione di bassezze che possono essere più o meno diffuse in un gruppo etnico. Ora perché per correttezza democraticista dovrei dire invece che la maggior parte dei brasiliani ha votato bene?

 

D’altro canto, perdere clamorosamente le elezioni non significa affatto aver torto (questo va detto a tanti che sputano su Renzi perché ha perso delle elezioni, come se perdere le elezioni fosse una prova inconfutabile che si era nel torto; si può perdere proprio perché si dicono le cose giuste).

Mi rendo conto che sto scrivendo un articolo “viscerale”. Il punto non è opporre, come spesso si fa via neuroscienze, l’amigdala (sede delle pulsioni viscerali) alla corteccia cerebrale (sede della razionalità), dove l’amigdala sarebbe la causa delle passioni truci e la corteccia cerebrale la causa della serena ragione. L’amigdala è sede di passioni buone e cattive, così come la corteccia cerebrale è sede sia di una razionalità generosa e disinteressata che di calcoli cinici, gelidi e interessati. Anche credere nella cultura, nel sapere, nella tolleranza, è fatto passionale: il partito della ragione è esso stesso amigdalico. Il punto è di quali passioni la nostra amigdala è sede.

 

Un popolo non è un’unità mistica, è una massa di individui e sottogruppi molto diversi tra loro: il popolo è formato da persone intelligenti e da imbecilli, da persone colte e da ignoranti, da gente onesta e da farabutti… Insomma, Il Popolo non esiste, ed è proprio per questo che talvolta lo detesto. In una elezione, se imbecilli, ignoranti, farabutti, disonesti ecc. si coalizzano, il risultato può essere disastroso.

Oggi il diffondersi di una deriva populista della democrazia porta a incensare qualcosa solo perché piace ai più. Si fa la pubblicità a un film o a un libro dicendo che vende bene: il fatto di piacere a tanti viene spacciato per garanzia della sua qualità. Anni fa, quando in Italia scoppiò il caso Di Bella – un medico mattoide che millantava di aver scoperto un toccasana contro il cancro – scrissi un articolo per una rivista con pretese scientifiche in cui dicevo che l’intruglio di Di Bella era inefficace (come in effetti era già evidente). Ebbene, una redattrice di quella rivista mi disse che la maggior parte degli italiani erano a favore di Di Bella, e che quindi non lo si poteva criticare… In effetti si arrivò a un punto che oltre il 90% degli italiani credeva nella miscela di Di Bella. Un intero popolo si fece abbindolare da un venditore di patacche. Insomma, la verità diventa una variabile rispetto a quel che ne pensa la gente: più gente crede in una sciocchezza, più si è portati a considerare questa sciocchezza una verità, o comunque una cosa seria. Molta gente teme i vaccini? Bene, bisogna temerli, si dice.

La mistica populista contagia anche una parte della sinistra. Non a caso partiti e movimenti di estrema sinistra hanno scelto come loro sigla elettorale “Potere al Popolo!” Scelta poco marxista in verità, dato che Marx non si sciacquò mai la bocca inneggiando al Popolo, che per lui non esisteva, dato che esistevano per lui solo le classi sociali. Anche la sinistra vuole sfruttare il vento populista; così si slitta dal proletariato al Popolo.

 

In apparenza più sofisticata è la critica diciamo marxista all’indignazione per certe scelte popolari: “Voi della sinistra borghese non capite che chi vota Salvini sono i poveretti che si sentono minacciati dagli immigrati che tolgono loro quei lavori umili che loro potrebbero fare. I poveri votano Salvini, che promette più severità nei confronti della criminalità, perché sono loro i più esposti a truffe, piccoli furti. Insomma, non capite le paure e le insofferenze della gente più umile, che trattate come la puzza sotto al naso”. Questi discorsi tentano di razionalizzare, di dare una significazione economica e “di classe”, a un fenomeno che invece vedo come del tutto

 

Continua qui: https://www.doppiozero.com/materiali/popolo-dato-che-non-esisti-ti-odio

 

 

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

La Casta fa autocritica e si autoassolve

Da diversi giorni su la Repubblica va in scena il teatrino dell’assurdo: la Casta spiega al popolo perché ha perso e perché hanno vinto i loro nemici. Fanno autocritica perché non accettano critiche, gli unici abilitati a criticarli sono sempre loro stessi. Hanno la presunzione di sapere solo loro come sono andate effettivamente le cose, perfino la loro sconfitta la capiscono solo loro che l’hanno pur causata, almeno in buona parte. La loro autocritica esclude il presupposto di ogni serio bagno di umiltà: ascoltare. Ascoltare gli altri, ascoltare chi ha vinto e chi ha decretato la vittoria dei populisti e dei sovranisti, ascoltare la gente, ascoltare chi già prima del collasso spiegava le ragioni del cambiamento in corso. Macché. Gli altri non esistono, non hanno diritto di parola, sono plebe, o fascisti, reazionari, sovranisti o loro complici. La stessa cosa ha fatto il Pd.

Ma tutta questa presunzione – che il loro Papa laico definisce in modo altrettanto presuntuoso come “albagia” (Eugenio Scalfari dixit di Sé stesso, col Sé maiuscolo) per non confonderla con la volgare arroganza – spiega il crollo delle élite molto più di quanto si possa immaginare.

Infatti cosa si può rimproverare alle élite, il fatto di esistere e dunque per ciò stesso di tradire la democrazia, cioè l’autogoverno del popolo? Ma no, questo è lo schema puerile, simil-rousseauviano, di chi crede alla favola della democrazia diretta. C’è sempre stato un governo d’élite, non si conoscono paesi e sistemi politici in cui i governati coincidano coi governanti, nemmeno a rotazione, e tutto si decide a colpi di referendum e di plebiscito, persino le manovre economiche si fanno al balcone e poi si firmano in piazza tra bandiere, abbracci e tric-trac.

Il problema vero, la malattia del sistema, è che non si sono viste in campo  le élite, al plurale, in competizione tra loro, come si addice a una vera democrazia, ma una sola oligarchia, un blocco di potere compatto e uniforme benché ramificato.

I teorici delle élite, da Mosca a Pareto, parlavano di circolazione delle elite, per loro la storia è un cimitero di aristocrazie; sono le minoranze che governano, ma sono minoranze in competizione, che si rinnovano.

Da noi invece è avvenuta la stipsi delle élite. O se preferite una metafora meno cacofonica, l’arteriosclerosi delle élite, l’indurimento delle arterie che non consentivano la loro fluida circolazione. Si formano i trombi nel sangue e i

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CULTURA

I corsi di Foucault al Collège de France

Manlio Lo Presti – 29 gennaio 2019

Con la recente pubblicazione del libro di Michel Foucault, Teoria e istituzioni penali, la casa editrice Feltrinelli conclude la ragguardevole impresa di tradurre l’intero corpus dei corsi tenuti dall’Autore presso il Collège de France.

La importantissima iniziativa culturale di Feltrinelli comprende l’arco temporale che va dal 1970 al 1984. Fa eccezione il 1977 che il filosofo prese come anno sabbatico. Si tratta quindi di tredici volumi pubblicati nella importante collana “Campi del sapere”.

I corsi presso il Collège inducono Foucault a ri-pensare in profondità molte delle sue ricerche e di libri accademici proponendole in forma di “discrorso diretto” ad una platea differenziata e non solo agli specialisti. Queste lezioni ricomprese nei 13 volumi, sono lo sviluppo logico e la conseguenza filosofica del saggio-discorso “L’ordine del discorso” che l’Autore legge in occasione della sua ammissione al Collège de France nel dicembre del 1970. Aveva 44 anni.

Scorrendo i titoli dei 13 libri, possiamo comprendere l’architettura del suo grandioso percorso, l’ampiezza delle sue investigazioni in perimetri estranei alla maggior parte della ricerca accademica del tempo. Si evidenzia lo sforzo redazionale di: Bernard Harcourt, François Ewald, Alessandro Fontana, Elisabetta Basso (trascrizione del testo), Claude Olivier-Doron (note e apparato critico), Daniel Defert.

Edizione italiana a cura di: Debora Borca e Pier Aldo Rovatti

I titoli dei volumi sono:

Lezioni sulla volontà di sapere (1970-1971);

La società punitiva (1971-1972);

Il potere psichiatrico (1972-1973);

Gli anormali (1974-1975);

Bisogna difendere la società (1975-1976);

Sicurezza, territorio, popolazione (1977-1978);

Nascita della biopolitica (1978-1979);

Del governo dei viventi (1979-1980);

Soggettività e verità (1980-1981);

L’ermeneutica del soggetto (1981-1982);

Il governo di se e degli altri (1982-1983);

Il coraggio della verità (1983-1984).

I titoli certificano un itinerario insolito ancora oggi, con uno stile incalzante e chirurgico senza retorica, senza infingimenti e per molte sue parti simile ad un referto medico-legale o anche ad un verbale di interrogatorio di polizia.

Rileggo saltando qua e la le sue lezioni provando una forte vertigine cognitiva che lancia in un “mondo parallelo” che va oltre lo sciame mediatico delle accademie e della comunicazione politica. Un mondo che è visto da una lente nuova con un vasto lavoro di decostruzione/demistificazione delle categorie sociali, politiche e antropologiche dei sistemi di potere e di controllo. Foucault riesce a edificare una cattedrale gotica avvalendosi del proprio vasto sapere personale che consente di offrire ragionamenti culturali interdisciplinari.

I Corsi spesso possono intersecare ricerche precedenti con una diversa prospettiva di analisi. L’oralità non si sovrappone ma integra e incoraggia la lettura critica delle sue ricerche nel campo della biopolitica, dell’antropologia, del diritto, dei modelli di interazione che si instaurano fra i corpi all’interno di apparati istituzionali dedicati al controllo totalitario di ogni minimo particolare delle nostre esistenze.

Foucault apre la strada ad altre ricerche sulla natura del Potere e dell’avvicendarsi di nuove forme di schiavitù che prendono il posto delle precedenti.

Sarà un Autore molto studiato e utilizzato molto più di quanto sarà citato.

In relazione allo stato morale e politico del tempo attuale, suggerisco l’attenta lettura dei corsi del 1979-1980 “Il governo dei viventi”. Dove sono analizzati il concetto di giustizia (aleturgia) e l’uso della confessione come regime di verità e soprattutto di manipolazione delle coscienze da parte della Chiesa. Un senso di colpa che attraversa la storia dell’Occidente cristianizzato e viene gestito con abilità per far accettare alle popolazioni eventi a loro dannosi, ma considerati buoni e giusti a cui va aggiunto il peso del peccato da lavare con “azioni buone e morali”.

La “questione morale” risulta un tema molto molto attuale, ma troppo manipolato per essere veritiero …

Buona esplorazione a tutti!

Michel Foucault, Teorie e istituzioni penali, Feltrinelli, 2019, Pag. 351, € 35.00

 

 

 

DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI

Vivere un giorno da migrante: ecco il finto campo profughi

Un gioco di ruolo per sensibilizzare i ragazzini (norvegesi) sulle fatiche delle migrazioni: fra finta polizia, corse nella notte e umiliazioni, siamo stati a vedere come il Paese scandinavo educa i suoi giovani ad approcciare il problema del decennio

Giovanni Masini Marta Proietti – Gio, 05/05/2016

Da Trandum (Norvegia)

Il soldato in divisa si avvicina alla fila di profughi tremanti, strappa il passaporto dalle mani a una ragazzina terrorizzata e le urla in faccia: «Nu-me-ro-di-do-cu-men-to!».

Pare un centro per migranti, ma è una gigantesca messinscena per educare i giovani norvegesi a «vivere come rifugiati». Per ventiquattr’ore, nel campo avventura dell’associazione «Refugee Norge», fondata nel 2004 dall’assistente sociale Kenneth Johansen ed ora forte di quattrocento volontari. Centinaia di giovani devono recitare un copione, dietro pagamento di 83 euro a testa. Per un giorno, si gioca a fare i finti migranti.

Nei boschi intorno all’aeroporto di Oslo seguiamo la famiglia Abboud, in fuga dal Darfur. Prima tre ore d’attesa in ambasciata, interrogatori snervanti, prove fisiche e perquisizione dei bagagli: ai partecipanti è vietato portare orologi, cellulari e qualsiasi genere di cibo. Poi nove chilometri a piedi nella foresta per arrivare in Yemen. I militari, fra urla e minacce, bloccano i ragazzi sul ciglio della strada, passaporto sopra la testa e gli occhi bassi. Trascorre un’ora prima che, a gruppi, possano passare il finto confine. I finti profughi, già provati dalla fame e dal freddo, vengono interrogati e umiliati: chi non sa rispondere alle domande è costretto a fare le flessioni a terra con lo zaino sulle spalle. Finita l’ordalia, sono accolti nel campo delle Nazioni Unite. Qui ricevono del riso, scaduto (sempre per finta) nel 1999. I ragazzi, famelici,

 

Continua qui: http://www.ilgiornale.it/news/politica/norvegia-si-possono-trascorrere-24-ore-centro-daccoglienza-p-1254678.html

 

 

 

 

ECONOMIA

BREVI CENNI SULL’UNIVERSO NEOLIBERALE

MARCO ADORNIGENNAIO 22, 2019

Quando un anziano piange ci rende particolarmente tristi. È più forte di noi. Mentre il pianto del bambino irrita (se stiamo mangiando al ristorante) o rallegra (se sta dando noia a qualcuno che ci sta antipatico), l’anziano in crisi suscita la più profonda empatia. Questa regola è stata infranta l’altro giorno. Davanti alle lacrime del coccodrillo Claude Juncker, che piagnucolava circa il fatto che l’Europa non è stata solidale con la Grecia, non ho provato altro che un senso di nausea e quieta disperazione: ma davvero crede che ce la beviamo?

Che cos’è successo, poi, dopo il pubblico pentimento? Niente. Tutto è continuato come se nulla fosse. A parte qualche articoletto rosa dei coraggiosi giornalisti italioti, che hanno telefonato ai soliti quattro o cinque personaggi arcinoti e iper-presenti della ribalta nazionale per sapere che pensassero, loro, dell’autodafé presidenziale. E, allora, ecco Alessandro Baricco salire sul palco e sostenere che, un tempo, la gente prendeva sul serio le lezioni degli insegnanti, le diagnosi e le terapie del medico, le ricette degli economisti: ah, i bei tempi di quando il popolo era crasso e credulo! E, poi, Ernesto Galli della Loggia prendersela con le classi dirigenti ormai incapaci di guidare e/o comprendere e/o rappresentare alcunché – men che meno «gli strati profondi delle società occidentali». E, dulcis in fundo, Enrico Letta, già economista della scuola di Andreatta e Prodi – i responsabili delle riforme che hanno spalancato le porte del debito pubblico italiano alla speculazione internazionale (con l’eccellente risultato di raddoppiarne il rapporto con il Pil nel giro di un gruzzolo d’anni) e aperto la strada alla deregulation bancaria –, già sotto-segretario alla presidenza del Consiglio (governo Prodi), già dirigente dell’Aspen Institute Italia, già frequentatore del gruppo Bilderberg, già membro della Trilateral Commission, accusare le élite politiche di due vizi capitali: volontà all’autoconservazione e machiavellismo. Un’accusa singolare, questa: è come lamentarsi con un nazista perché incapace di provare empatia nei confronti dell’ebreo cui egli stesso ha inflitto terribili e inumane sofferenze.

Sta parlando seriamente? Ebbene sì. Letta non sta scherzando. Non scherzava nemmeno nel 1997, quando pubblicava un libro, con intento non satirico, intitolato Euro sì. Morire per Maastricht (ed. Laterza). Se ne volete una conferma, vi è sufficiente digitare in Google il titolo del libro. Non vi dovrete stropicciare troppo gli occhi, avrete capito bene: Letta vi starà dicendo che gli Italiani devono sacrificarsi, fino a morire per l’Euro, come, a suo tempo (nel 1939), fu fatto per la Polonia! Il supremo sacrificio, nel 1997, veniva indicato come necessario per ragioni patriottiche: l’Italia avrebbe avuto tanto da guadagnare dalla costruzione della moneta unica! Sei anni dopo la pubblicazione, Enrico Letta, nelle vesti di Presidente del Consiglio (28 aprile 2013-22 febbraio 2014), avrebbe girovagato per le cancellerie europee, elemosinando impossibili margini di manovra all’interno del duro regime d’austerità a moneta unica promosso dalle banche tedesche.

È davvero così difficile capire che il matrimonio tra Ue e poteri forti porta miseria, svuotamento delle sovranità nazionali e della democrazia? E, annesso a tutto ciò, al declino fatale e inarrestabile della politica? Se non riuscite a capacitarvi del perché sembri importarcene poco, e di quanto strana e contraddittoria risulti la relazione tra la biografia politica di un campione del neo-liberalismo come Letta e le sue esternazioni come libero cittadino nonché rettore della Scuola di affari internazionali e professore alla facoltà di Sciences Politiques della Sorbona, è perché non avete fede nell’imperscrutabile νόος cosmico che configura l’ordine “spontaneo” del mercato e governa le nostre condotte individuali, sociali e politiche. È solo in questo cosmos che le altrimenti incomprensibili biografie dei governanti trovano una convincente chiusura razionale.

Storicamente il capitalismo tende a presentarsi come forma ultima di ordine naturale e sociale, assumendo un aspetto di religione puramente cultuale, «la più estrema forse che mai si sia data» (Walter Benjamin, Capitalismo come religione). Il neo-liberalismo ne costituisce l’estremizzazione, una forma di potere governativo e biopolitico che cancella l’ambito della decisione dalla sfera del politico e impone il pensiero unico, l’impossibilità di trovare alternative al governo del mercato (Margaret Thatcher docet). Non c’è spazio di manovra politica se non attraverso tentativi di azioni di rottura dal basso, come stanno dimostrando i Gilets Jaunes in queste settimane, e in generale le rivendicazioni di sovranità popolare e democratica delle masse che si sono manifestate in questi anni inter alia con gli Indignados in Spagna o il movimento Cinque Stelle in Italia.

Dato un quadro politico continentale dei movimenti popolari piuttosto sconfortante (il declino di Podemos in Spagna, l’avvio di un processo di istituzionalizzazione dei Cinque Stelle in Italia, l’ascesa di forze che si ispirano al nuovo fascismo, ecc.), risulta sempre più difficile non cedere alle sirene rassicuranti del discorso del potere, che rovescia sugli organizzatori del consenso degli ultimi e penultimi l’accusa di populismo, quando la realtà è la semplice verità laclausiana che ogni costruzione politica è una costruzione discorsiva e populistica. Con un corollario: la ricetta populista doc non è prevedibile né predeterminabile quanto agli effetti politici. Ed è poi questo elemento di scarsa predicibilità a rendere il populismo autentico il vero spauracchio delle élite, da cui la malevola equazione populismo=sovranismo=neofascismo. Il popolo va impaurito, va paralizzato, va reso incapace di costruire un populismo non controllabile. E che cos’è, tale equazione, se non una delle sequenze cruciali delle catene equivalenti con cui viene costruita la totalità discorsiva neo-liberale? Cioè, siamo o no di fronte a un populismo dall’alto? Certo che sì.

Ma cosa si intende con “populismo dall’alto”? Una parodia del populismo laclausiano, per intenderci, in quanto basata su una costruzione del discorso politico che si fonda sulla neutralizzazione del campo politico, cioè su una declinazione irenica dell’antagonismo e della conflittualità che sono il sale delle moderne democrazie, così da determinare quella particolare condizione di disciplinamento dello spazio sociale e politico in grado di declinare i momenti rivoluzionari in momenti di restaurazione dell’ordine. Per dirla in termini gramsciani, il populismo dall’alto produce «rivoluzioni passive», momenti di risignificazione del campo politico in cui la tesi, in questo caso la ricetta neo-liberalista, sviluppa tutte le sue possibilità di lotta egemonica fino al punto di incorporare una parte dell’antitesi (la ricetta social-democratica). L’opposizione amico-nemico, che caratterizzava l’agone politico moderno, diventa, così, una coincidentia oppositorum, una partnership concorrenziale, una lotta priva di polémos tra significanti che si legittimano vicendevolmente e alternativamente all’interno dello stesso frame egemonico. Non c’è più un fuori e un oltre: è il populismo senza frontiere antagonistiche, divisioni sociali e, quindi, politica. È il populismo che non attiva il popolo e che alla fine non corrisponde alle domande democratiche dei gruppi sociali che lo compongono. Il populismo dall’alto è, insomma, la negazione della politica, è la risignificazione del campo politico come mercato, luogo di scambio, di mediazione, di compromesso, di stasi, di “pace”. È ciò che è avvenuto nel trentennio neoliberale: la neutralizzazione del conflitto e quindi della politica, leggi democrazia.

Il populismo “dal basso” (o democratico), invece, è quello caratteristico delle forze politiche che sanno istituire una frontiera antagonistica tra popolo ed élite e sanno perciò individuare nell’oligarchia un hostis publicus, opponendovi un fronte sociale unificato in una prospettiva temporale di durata e fedeltà all’evento di rottura e in funzione di un programma politico di trasformazione radicale dell’ordine sociale in senso redistributivo.

Il M5S è nato su queste basi. Ora, al governo con forze sistemiche come la Lega, è chiamato a operare in una logica istituzionale che rischia di comprometterne la fisionomia delle origini. E certo, se va dato atto, tanto ai pentastellati quanto ai leghisti, che il loro populismo è partito davvero da un “registro basso” – l’appello al popolo è stato rude, volgare, schietto, senza mezzi termini, al limite dell’insopportabile (dal VaffaDay di Grillo alla comunicazione salviniana) – mi rifiuto di credere che il popolo italiano sia un’entità così semplice e ordinata da essere identificabile agli slogan più o meno razzisti, xenofobi o idioti dell’uno o dell’altro esponente. Nota di teoria politica: non andrebbe mai dimenticato che lo stesso termine “popolo” è, per sua natura, ampiamente polisemico, e che la volatilità dei consensi è talmente elevata da mettere in forte discussione la solidità dell’identificazione sic et simpliciter tra “discorso” del leader e sentimento della base.

Ampio è il vuoto tra élite e popolo, dunque, soprattutto nel nostro Paese. E questo per una semplice ma fondamentale ragione: la sedicente “sinistra” ha disertato il discorso della trasformazione sociale. Il punto è che, se escludiamo dall’analisi i partitini e i gruppetti politici che dimostrano una capacità egemonica inversamente proporzionale all’intensità del loro irriducibile attaccamento alla bandiera della testimonianza, il Pd e i suoi satelliti hanno abbandonato da lungo tempo un terreno che ha costituito un formidabile collante ideologico di Pci e Psi nel Secondo Dopoguerra, ovvero quel significante chiamato “anticapitalismo”, che non era tanto la lotta al “discorso del padrone” quanto la capacità di leggere criticamente l’apparato ideologico del presente, la realtà del capitale come forza non solo economico-materiale ma anche simbolica, come potere ontologico del sociale. La mancanza di un’analisi dei dispositivi del potere odierno – che di necessità deve assumere una prospettiva analitica multipla – non potendosi limitare né alla geopolitica né all’economia ma comprendendo anche la dimensione politico-simbolica – è la ragione per cui Pd e satelliti sono finiti – e finiranno – per non avere gli strumenti discorsivi necessari a trascendere il regime discorsivo dell’egemonia neoliberale, a rendere possibile l’impossibile. Il problema, evidentemente, è che il there is no alternative è diventato parte anche del loro immaginario, che si risolve in puro folklore.

Di fronte a questo desolante e statico quadro, gli unici momenti in cui ancora si sogna è quando qualcuno fa un po’ di casino, come succede in queste settimane in Francia con i Gilets Jaunes, che stanno facendo affossare i consensi, fino a poco tempo fa entusiastici, verso la presidenza del populista neo-liberal Macron. La cosa non sorprende minimamente. Si sapeva dell’estrema volatilità dei leader neo-liberali. Il parallelo italiano di Macron è Matteo Renzi, l’indemoniato della chiacchiera vuota, del flatus vocis, con i suoi modi sbrigativi da venditore di pentole in corriera, talmente convinto di rappresentare il “nuovo” da desiderare di far tabula rasa del suo stesso partito. Assurto agli onori della cronaca come Grande Rottamatore del Pd, il Torquemada dei democratici italiani si è rapidamente consunto come neve al sole. Quando si dice gioventù bruciata. Ma chiediamoci perché è finita la grande rivoluzione culturale che si proponeva?  E perché Macron rischia di fare la stessa fine?

Il discorso che accompagna al potere il populista neo-liberale appoggia sistematicamente sull’immagine del liberatore che risveglia le intime potenze racchiuse nel popolo. La natura dell’eroe della rivoluzione neoliberale è quella del demiurgo, che promette di plasmare il mondo a sua immagine e somiglianza: farà svanire gli impedimenti e i lacciuoli che impediscono la crescita indefinita del mercato, favorirà il riconoscimento sociale dei meritevoli, perseguirà il bene comune, l’efficienza dei processi, la trasparenza, ecc.

Il 24 aprile 2017, quindi due settimane prima del secondo turno delle presidenziali (7 maggio 2017), Emmanuel Macron faceva uscire il suo memoir intitolato Rivoluzione. Il sito di Amazon lo presentava così: «Una sfida aperta ai populisti e a coloro che non credono più nelle istituzioni, senza false promesse, che potrebbe cambiare per sempre il modo di fare politica in Europa. “Alcuni pensano che il nostro Paese sia in declino, che il peggio debba ancora arrivare, che la nostra civiltà sia in via di estinzione. Che il nostro unico orizzonte consista nell’arretramento o nella guerra civile. Che per proteggerci dalle grandi trasformazioni mondiali dovremmo tornare indietro nel tempo e applicare le ricette del secolo scorso. Altri pensano che la Francia possa continuare più o meno così, scendendo sì la china, ma una china non troppo ripida. Che il gioco dell’alternanza politica basterà a darci un po’ di respiro. Dopo la sinistra, la destra. Le stesse facce e gli stessi uomini, oramai da tanti anni. Io sono convinto che abbiano torto, sia gli uni sia gli altri”». Notare le espressioni: “false promesse”, “cambiare per sempre il modo di fare politica”, “arretramento” e “guerra civile”, “le stesse facce, gli stessi uomini”. La risposta del popolo francese alle ricette di Macron è stata quella dei Gilet Gialli.

E in Italia? Da noi, intrappolati nella rete delle necessità della crisi economica, come possiamo far ripartire un discorso democratico dal basso? Resuscitando il Pd, è ovvio! Invece di porsi la questione dell’effettivo esercizio di sovranità popolare e democratica, i giornali vicini al centrosinistra si esaltano per la creazione, da parte dell’ex ministro allo sviluppo economico, Carlo Calenda, di una lista unitaria anti-sovranista per le Europee, comprendente, oltre al moribondo Pd, i partiti di sinistra e le forze civiche europeiste: questa lista salverà il Pd! È naturalmente una grande notizia.

Per confezionare al meglio questo nuovo prodotto elettorale neo-liberalista, la linea strategica del marketing team di Calenda ha esteso l’invito, oltre che all’immarcescibile filoeuropeista Bonino, anche alla new entry del centrosinistra nazionale, Federico Pizzarotti, non più solo sindaco di Parma ma ora anche presidente nazionale della nuova creatura politica, Italia in Comune, che lui stesso ha fondato con l’intento di superare il Pd (definito da Pizzarotti stesso un “partito di carta”) e creare una nuova classe dirigente nazionale (consultate il loro sito, please). Anche Pizzarotti, dunque, homo novus.

Analizzare il fenomeno dalla città di Pizzarotti può portare qualche elemento di riflessione a chi, non vivendola, non ne ha un’immagine esaustiva. Fa riflettere come «la Repubblica» lanci la volata a Pizzarotti, infischiandosene dell’accertamento della verità dei fatti. Michele Smargiassi, per esempio, su «la Repubblica» del 16 dicembre scorso, affermava, senza vergogna, che Pizzarotti ha ottenuto una seconda trionfale investitura a primo cittadino. Il giornalista evidentemente ignorava – o fingeva di non sapere, il

Continua qui: https://www.senso-comune.it/rivista/penisola/brevi-cenni-sulluniverso-neoliberale/

 

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Il regalo della Bce ai vessati dalle banche

La lettera inviata a Mps impone agli istituti di aumentare gli accantonamenti sui crediti problematici, fino a svalutarli in un arco pluriennale predefinito. Misura che può servire a cittadini e imprenditori.

VINCENZO IMPERATORE25 gennaio 2019

 

Non è istigazione a delinquere. È un consiglio per chi deve difendersi dagli abusi bancari, per chi ha visto calpestato un proprio diritto. Meglio dirlo subito per evitare malintesi. Ci si preoccupa giustamente per il futuro delle banche, ma nessuno esulta per il regalo – consegnato indirettamente (e forse inconsapevolmente) – ai cittadini o imprese, che finora (e da ora) non hanno potuto restituire i soldi ricevuti in prestito dagli istituti. I quali, però, hanno perpetrato abusi (usuraanatocismo e altre irregolarità) nei loro confronti. La lettera inviata dalla Bce Monte Paschi Siena (e a tante altre banche) ha imposto agli istituti di credito di aumentare gli accantonamenti sui crediti problematici, fino a svalutarli totalmente in un arco pluriennale predefinito (otto anni). Ma possiamo per una volta, invece, fregarcene delle banche e sostenere che tale misura, se tecnicamente seguita da professionisti esperti del settore, può risultare determinante per risolvere (anche in questo caso forse inconsapevolmente) il problema degli imprenditori e dei cittadini che, sebbene vessati dalla banche, vogliono comunque arrivare a una transazione per il rimborso, ripulirsi delle macchie bloccanti presenti nelle banche dati (Centrale Rischi, Crif, Experian, ecc) e ripartire con la possibilità di accedere al mercato del credito?

NON SI PARLA SOLO DI USURA

Inoltre, diciamolo con estrema trasparenza senza aver paura di vederci scomunicare dalla comunità dei buonisti formali: mai come in questo caso la tanto vituperata lentezza della nostra giustizia civile per arrivare a una sentenza definitiva (mediamente sette anni) è manna caduta dal cielo per chi avvia un’azione giudiziaria contro la banca per vedersi riconosciuto l’indebito percepito e fare una transazione. Questo combinato disposto (magistratura lenta e disposizioni della Bce) ha i suoi effetti se alla banca si contestano tutte le probabili irregolarità formali. Nell’immaginario collettivo si è ormai consolidata la consapevolezza che gli abusi delle banche sono l’usura e l’anatocismo, ma nella contrattualistica relativa al finanziamento concesso sono presenti tante altre irregolarità. Che significa “contestare”? Innanzitutto, occorre fare una perizia econometrica per accertarsi che la banca abbia degli scheletri nell’armadio, ma occhio ai truffatori in giro. Dopodiché sarebbe opportuno per il debitore, benché le banche siano molto lente nell’azione di recupero, non attendere troppo le altrui mosse, ma partire in anticipo e convenire prontamente la banca in giudizio per ottenere l’accertamento negativo di una parte del credito vantato dalla banca.

L’azione giudiziaria in ogni caso congela qualsiasi tipo di atto restrittivo della banca, che ha tutto l’interesse a non allungare troppo la durata del contenzioso per non azzerare completamente il valore del suo credito. A questo punto l’esperienza maturata in questo settore mi consente di affermare che la percentuale di successo per una transazione molto vantaggiosa per il

 

Continua qui: https://www.lettera43.it/it/articoli/economia/2019/01/25/bce-banche-lettera-mps/228423/

 

 

 

 

Solo 9 Paesi hanno una Banca Centrale che non appartiene ai Rothschild

3 APRILE 2014

 

Sono solamente 9 i Paesi che hanno la Banca Centrale che non appartiene ai Rothschild

Sono:

Cina,

Russia,

Iran,

Venezuela,

Ungheria,

Siria,

Cuba,

Islanda

Corea del Nord.

 

Tre di questi Paesi, nell’ordine Russia, Iran e Venezuela, sono anche le tre più grandi riserve energetiche del mondo, considerando le riserve di petrolio, gas e carbone.

 

Direttamente o indirettamente tutte le altre banche centrali appartengono o sono controllate dai Rothschild. Ci sono addirittura quattro banche centrali che sono quotate in borsa: le banche centrali di Belgio, Grecia, Giappone e Svizzera. La Banca centrale di Grecia oltre che essere quotata alla Borsa di Atene è quotata anche alla Borsa Tedesca. Da queste brevi considerazioni, penso sia comprensibile a tutti perché i paesi che hanno una banca centrale indipendente siano costantemente attaccati mediaticamente dai media di tutto il mondo, tutti al servizio ovviamente delle grandi potenze imperialistiche dell’occidente.

 

Tutti questi paesi sono praticamente inseriti nell’asse del male, tutti i loro governi sono per i media occidentali delle “dittature” ed in tutti ci sono tentativi di destabilizzazione.

 

Si comprende anche perché Russia, Iran e Venezuela siano costantemente “presi di mira” dai media internazionali.

Oltre che avere la Banca Centrale indipendente dai Rothschild sono anche le tre più grandi riserve energetiche del mondo. Quando una Banca Centrale disegna la politica economica e monetaria del proprio paese sta pensando ai

 

Continua qui: https://www.imolaoggi.it/2014/04/03/solo-9-paesi-hanno-una-banca-centrale-che-non-appartiene-ai-rothschild/

 

 

 

 

 

 

 

 

Il clan Rothschild in Italia: gli insospettabili banchieri

Redazione 27 febbraio 2012

 

Carlo De Benedetti, una delle persone più potenti in Italia, è nel Consiglio d’Amministrazione della Banca Rothschild francese. Costui ha come braccio destro Colaninno, ex Presidente di Telecom, il quale mise il figlio (ora deputato del PD) a lavorare a stretto contatto con Casaleggio nella Webbeg S.p.a.

Gianroberto Casaleggio gestisce o ha gestito personaggi come Di Pietro, Grillo e tanti altri. Un fatto strano? Colaninno junior incontrò Eugenio Benetazzo, economista un po’ (troppo) eretico ed il veneto cambiò bandiera, dato che non nominò più la parola Signoraggio (un po’ come fece pure anche Grillo dopo il ‘98). Al vertice Carlo De Benedetti, uno dei maggior finanziatori del PD e dell ‘IDV. De Benedetti, la sera prima dell’11 settembre del 2001, era a cena a Washington, al National Building Museum, con George Bush padre e la famiglia di Bin Laden, tutti invitati dal Gruppo del Carlyle. E chi conosce il gruppo Carlyle sa bene che cosa vuol dire. Rodolfo, figlio di Carlo, è Presidente di Sorgenia. Il sito di Sorgenia informa che è il primo operatore privato italiano del mercato nazionale dell’energia elettrica e del gas naturale, con 500.000 clienti in tutta Italia e impianti di generazione elettrica per circa 2.900 MW di potenza. Bernabè è stato inoltre presidente e azionista di maggioranza di FB Group, società di investimenti nei settori dell’ICT e delle energie rinnovabili che aveva fondato.
Franco Bernabè è l’attuale Amministratore delegato di Telecom. Ex VicePresidente di Rothschild Europe ed attualmente in Rothschild Spa. E’ stato amministratore delegato di Eni, e dal 1992 al 1998 ha privatizzato la Società. Bernabè ha inoltre ricoperto vari incarichi pubblici: nel 1999 è stato nominato dal Primo Ministro come rappresentante speciale del governo italiano per la ricostruzione del Kosovo depredato dalla guerra Nato ai Serbi; tra il 2001 e il 2003 è stato Presidente della Biennale di Venezia e dal 2004 era Presidente del MART di Trento e Rovereto, il principale museo italiano di arte moderna. È stato membro dell’Advisory Board del Council on Foreign Relations; attualmente siede nel consiglio del Peres Center for Peace, nell’Advisory Board dell’Observatoire Méditérranéen de l’Énergie, ed è membro del consiglio di amministrazione di Petrochina, ruolo che ha ricoperto in passato anche in altre società italiane e internazionali quotate.
La Banca francese Edmond de Rothschild possiede Air France la quale ha di fatto acquistato Alitalia.
Rothschild-Telecom: Giovanni Stella, Professore alla Bocconi, dal 2004 al 2007 è stato Amministratore Delegato di Rothschild S.p.A. per poi passare dal 2008 a vicepresidente esecutivo e amministratore delegato di Telecom Italia Media.

Chicco Testa è stato Segretario Nazionale, e successivamente Presidente Nazionale, di Legambiente. Eletto alla Camera dei deputati per due legislature, nelle liste del Pci nelle elezioni del 14 giugno 1987, poi riconfermato con il Pds fino al 1994; è stato membro della Commissione Ambiente e Territorio. Dal 1994 al 1996 è stato Presidente del consiglio di amministrazione di Acea, Azienda Comunale Energia e Ambiente del Comune di Roma. Toh: Rothschild da anni è financing advisor di ACEA. Dal 1996 al 2002 è stato Presidente del Consiglio di Amministrazione di Enel e membro del Consiglio di Amministrazione di Wind. Durante la sua presidenza, Enel è stata parzialmente privatizzata. È stato inoltre membro dell’Expert Advisory Committee dello European Carbon Fund e Presidente del Comitato Organizzativo del 20° Congresso Mondiale dell’Energia. È stato membro del Consiglio di Amministrazione del gruppo Riello (leader italiano nei sistemi di riscaldamento) dal 2002 al 2004. Dal 2002 al 2005 è stato membro dello European Advisory Board del Gruppo Carlyle, presidente del consiglio di amministrazione di S.T.A. S.p.A. (Agenzia per la Mobilità del Comune di Roma) e Presidente del Kyoto Club. È stato inoltre Presidente, fino al 2008, della società Roma Metropolitane, appartenente al comune di Roma, che realizza le nuove Linee Metropolitane della capitale italiana.

E’ giornalista e collabora con alcuni fra i più importanti quotidiani e settimanali italiani. È stato professore incaricato presso la Scuola di Management della LUISS, Libera Università Internazionale degli Studi Sociali, Master in Business Administration, responsabile del corso in Economia e Management delle Imprese di servizi di pubblica utilità.

È stato professore presso le Università di Macerata e Napoli. Attualmente è Managing Director di Rothschild. È inoltre Presidente di Telit Communications Plc e Vicepresidente della Intecs S.p.A. Chicco Testa è membro del consiglio di amministrazione di Allianz ed è Presidente di EVA, Energie Valsabbia, società che sviluppa e costruisce impianti idroelettrici e solari.

Angelo Rovati era Senior Advisor in Rothschild Italia, è un ex cestista, dirigente sportivo e politico italiano. È stato uno dei consiglieri di Romano Prodi. Divenne consigliere della presidenza del Consiglio nel maggio 2006, durante il Governo Prodi II. Decide di lasciare l’incarico nel mese di settembre, successivamente ad alcune polemiche legate al suo studio su un ipotetico piano di riassetto per Telecom Italia, consegnato in modo privato e riservato a Marco Tronchetti Provera, con l’errore, come ammette Rovati, di aver allegato al documento un biglietto da visita che recava l’intestazione della presidenza del Consiglio. Parte della lettera di dimissioni dall’incarico in Rothschild: «Mi sono reso conto che forse il fatto che da sempre sono abituato a dire quello che penso liberamente possa in effetti procurare qualche impatto negativo alla Rothschild di cui sono senior advisor… Per questo ho pensato che la cosa migliore da farsi è rassegnare le mie dimissioni per non correre il rischio che altre mie esternazioni da “SPIRITO LIBERO” possano riportarmi e riportare la Banca in incresciose situazioni nei riguardi di clienti o potenziali tali. Vi auguro grandi successi, ve li meritate tutti e vi prego di considerarmi comunque e SEMPRE un grande amico vostro e della Banca».(maiuscolo d.a.

)
Il principale organizzatore del tour europeo che lanciò Fini ed il suo Movimento fu Sir Derek Thomas: ex ambasciatore inglese a Roma sovraintende agli affari italiani della Banca Rothschild. Fini, nella sede della stampa estera, ha parlato a lungo di privatizzazioni, rassicurando l’uditorio sull’atteggiamento di Alleanza Nazionale: “Non saremo certo noi ad opporci alle privatizzazioni”.
Stefano Rossi che in una nota intervista parla di paesi virtuosi e dell’imminente crisi della Grecia e della Spagna, è Amministratore Delegato Edmond de Rothschild e comincia la sua carriera a Londra nel 1988. Nel 1989 torna in Italia per entrare in Citibank. Nel 1991 approda in S.G. Warburg e in seguito, con l’acquisizione della Società da parte di SBC e della successiva unione con UBS, viene promosso nel 1996 a Head of Sales di UBS. Nominato nel 2001 Responsabile del mercato azionario e Managing Director di UBS SIM, Rossi mantiene la carica di CEO della SIM italiana di UBS fino al giugno 2007. Nel corso della sua carriera in UBS SIM, Stefano Rossi e il suo team sono stati eletti per ben otto volte migliori StockBroker italiani dalla Institutional Investors Survey.

Carlo Caracciolo è un “nobile parente degli Agnelli” e socio di Rothschild nel quotidiano Liberation. Caracciolo fondò “La Repubblica”. Eric Alain Rothschild aveva preso in moglie Maria Beatrice Caracciolo. Gianni e Umberto Agnelli hanno sposato le due figlie di Caracciolo e da allora furono soprannominati “affettuosamente” i Re d’Italia. De Benedetti è stato compagno di scuola di Umberto Agnelli.
Luigi D’Urso mori nel 2006 poco prima di prendere un aereo per Napoli, dove aveva appuntamento con il fratello Mario e la mostra «Beatrice Caracciolo Rothschild» di cui si era occupato. Mario d’ Urso è banchiere di razza e amico dei signori dell’ industria (era uno dei commensali più frequenti e apprezzati dell’Avvocato Gianni Agnelli) e della finanza (è adorato da Jacob Rothschild) e della politica (grazie ai suoi ottimi rapporti con i Kennedy).

Mario d’ Urso ha organizzato nella propria villa il compleanno a Fausto Bertinotti

 

Continua qui: http://www.cogitoergo.it/il-clan-rothschild-in-italia-gli-insospettabili-banchieri/

 

 

 

 

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

In Venezuela si chiama dittatura – in Francia, è democrazia all’opera.

(Perchè ci vuole Più Europa)

Maurizio Blondet  27 Gennaio 2019

 

“La crisi della rappresentatività politica è oggi flagrante.  Si traduce in una sempre più debole partecipazioni alle elezioni –  nel movimento dei Gilet Gialli ha preso la forma di una contestazione radicale  delle élites politiche ” (Jacques Sapir)

Emmanuel Macron dovrebbe fare una sola cosa: prendere atto del suo fallimento e dimettersi. Non lo farà, e noi sappiamo già come finirà: “la città con la torre di ferro sarà distrutta dal suo stesso popolo”: Sappiamo anche il resto: “In Italia, le cose vanno selvaggiamente”.

I magistrati parteggiano per la guerra civile, il Colle, i partiti di

 

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https://www.maurizioblondet.it/in-venezuela-si-chiama-dittatura-in-francia-e-democrazia-allopera-perche-ci-vuole-piu-europa/

 

 

 

 

POLITICA

Così il politicamente corretto diventa benzina per il populismo

Un documentario del giornalista Trevor Phillips sulle follie del politically correct in un’epoca in cui la libertà di parola è ormai una chimera

di Stefano Basilico – 27 FEBRAIO 2017          RILETTURA

 

Il politically correct è diventato folle? Se lo è chiesto Trevor Phillips, giornalista nero e laburista, in un documentario su Channel 4. Il tema è rovente, nella nazione in cui lo Speaker’s Corner di Hyde Park è stato soppiantato dai “safe spaces”. Come scritto da Melanie Phillips, altra emarginata dalla supremazia culturale liberal, l’identità nazionale ora confusa col nazionalismo xenofobo è stata il collante della democrazia e dei valori liberali. Ora l’occidente bianco-giudaico-cristiano è la pietra dello scandalo, messo in castigo da ideologie anti-capitaliste, femministe, multiculturaliste e relativiste, sostiene. Se a dirlo sono due esponenti della cultura di sinistra, forse il problema sussiste.

 

Il percorso di Trevor Phillips inizia a Birmingham, nel parcheggio di un’area industriale che ospita un comizio di Pegida. Il giornalista si domanda se già il confinare certe idee, per quanto discutibili, nella periferia della periferia non sia già una forma di discriminazione che, mettendo un discorso ai margini, al tempo stesso ne rafforza il potere evocativo.

Rieducare le masse

“Le università fanno il lavaggio del cervello agli studenti, colonizzando le menti”. Parla Roger Scruton

 

Come avvenuto a Barking & Dagenham, roccaforte UKIP, dove Phillips incontra un sindacalista e un trans che hanno votato Leave. “Si è ancora autorizzati a dire tutto” raccontano “il problema sono le conseguenze: dire che il

 

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Il popolo è sovrano se vota «come deve»

di Luca Ricolfi – Domenica 26 Giugno 2016

l 24 giugno è San Giovanni, patrono di Torino. Quindi per la città è giorno di festa, e succede che si passi una serata con amici e conoscenti, a chiacchierare del più e del meno e a guardare i fuochi d’artificio.

Quest’anno però era diverso, a tenere banco erano solo due argomenti: la caduta di Fassino per mano di una neo-sindaca grillina (Chiara Appendino), e il capitombolo dell’Europa sotto i colpi del Brexit. E i discorsi?

Un po’ di tutto, ma quello che più mi ha colpito, un po’ girando per i siti un po’ parlando con le persone che conosco (quasi tutte favorevoli a Fassino e al «Remain»), è il tratto che li accomunava: l’animosità contro il suffragio universale. Il discorso più moderato che ho sentito suggeriva che i referendum dovrebbero essere indetti solo su materie semplici e comprensibili (tipo: sei pro o contro i matrimoni gay?) e che il referendum sul Brexit proprio non si doveva fare.

I più estremisti suggerivano drastiche limitazioni del suffragio: per votare si dovrebbe almeno avere la licenza media (ma c’è anche chi dice: la laurea); oppure: per votare si devono avere meno di 70 anni. In breve: a vecchi e ignoranti bisognerebbe togliere il diritto di voto.

Trovo tutto ciò estremamente interessante. Non per il contenuto di simili pensieri, ma per i soggetti da cui provengono. Gli stessi che parlano con sufficienza, talora con disprezzo, del popolo che vota Cinque Stelle o sceglie Brexit, sono prontissimi a lodarne la saggezza, la maturità democratica, la lungimiranza, quando il popolo vota nel modo giusto. Gli stessi che invocano ad ogni occasione la necessità di passare dalla fredda Europa dei tecnocrati, autoritaria e burocratica, alla calda Europa dei popoli, luminosa e democratica, immancabilmente si spaventano non appena, con un referendum, ai popoli vien concesso di dire la loro su qualcosa di importante. Insomma, qui c’è qualcosa che non torna, innanzitutto sul piano logico. E questo qualcosa, ho l’impressione, ha a che fare proprio con il concetto di popolo.

La condizione del popolo, oggi in Europa, è strana e deplorevole. Non tanto perché il popolo è il popolo, e quindi per definizione è il “basso” del sistema sociale, ma perché il suo rapporto con la politica è innaturale e disturbato. In molti paesi europei, verosimilmente in tutti quelli di matrice occidentale, accade un fenomeno inedito: i partiti progressisti affermano di voler rappresentare le istanze del popolo, ma il popolo non li vota, preferendo ad essi i movimenti e partiti cosiddetti populisti, siano essi di destra, di sinistra o incollocabili (come il Movimento Cinque Stelle). E viceversa i ceti medi impiegatizi, gli insegnanti, gli intellettuali, gli artisti, i professionisti, persino molti imprenditori e manager preferiscono votare i partiti progressisti, o quel che resta dei partiti conservatori tradizionali. Insomma, un vero quadrilatero amoroso disturbato: la sinistra dice di amare il popolo, ma il popolo non ama più la sinistra. I ceti alti e medi prediligono la sinistra, che però dice (o finge?) di rappresentare i ceti bassi.

La questione interessante a me pare questa: sbagliano i benestanti a guardare a sinistra? E sbaglia il popolo a guardare altrove?

La mia risposta è che, tutto sommato, i benestanti fanno benissimo a prediligere questa sinistra, che è molto attenta alle loro esigenze e molto distratta su quelle di chi sta in basso, quelli che io amo definire “i veri deboli”: incapienti, artigiani, lavoratori autonomi, lavoratori in nero, disoccupati, esclusi dal mercato del lavoro, abitanti delle periferie. Sarei meno sicuro che sia anche vero il reciproco, ossia che facciano bene i ceti bassi a fidarsi dei partiti populisti.

Per certi versi, mi pare che facciano male. I due fronti che si osteggiano in Europa, a me paiono afflitti entrambi da mancanza di visione, e da una formidabile inadeguatezza delle rispettive classi dirigenti. Se il Brexit ha vinto è innanzitutto perché gli uomini (e le donne!) che contano in Europa, non sono stati all’altezza del sogno di Altiero Spinelli. Ma una volta messi da parte Juncker, Hollande, Merkel, Renzi, Cameron, possiamo pensare che a farci sognare siano Marine Le Pen, Farage, Grillo o Salvini? Di per sé, l’idea di un’Europa delle Nazioni, senza la Gran Bretagna ma estesa “dall’Atlantico agli Urali” non è affatto insensata o peregrina, e risale addirittura alla fine degli anni ’50, quando de Gaulle ebbe a formularla per la prima volta. Il guaio è che alla guida della destra in Europa non c’è un de Gaulle, ma solo (per ora) una modesta squadra di agitatori politici, che una volta al potere potrebbero anche farci rimpiangere la sbiadita classe dirigente europea di oggi: insomma l’establishment europeo deve accontentarsi della signora Merkel («l’unico uomo di Stato europeo», copyright Massimo Fini) ma dall’altra parte non è ancora nato un nuovo de Gaulle che sappia prenderne il posto.

Se però guardiamo le cose da un altro punto di vista, quello dell’economia e

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https://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2016-06-26/il-popolo-e-sovrano-se-vota-come-deve-103634.shtml?uuid=ADVYbVj&refresh_ce=1

 

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