RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 27 LUGLIO 2020

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RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 27 LUGLIO 2020

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Non entro in nessun posto se non so come uscirne.

Il “samurai” R. De Niro nel film RONIN – In: SUONALA ANCORA SAM, Bompiani,2001, pag. 306

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SOMMARIO

Le DEMOCRAZIE AFFARISTICHE disinteressate alla scuola pubblica.
Gualtieri: senza Mes, tensioni di cassa
La Guerra dei Semi: chi vuole invadere gli USA con semenze incontrollate?
RECOVERY FUND. Ovvero la più grande vittoria dei Sovranisti.
La pericolosità del femminismo liberista nel “post-covid”
I banchi, le rotelle e il flop della Strategia di Lisbona.
Guerra Fredda e profitto
Negli USA in arrivo per la polizia lo stop al riconoscimento facciale
LA CASA L’AVETE COMPRATA CON L’EURONE O CON LA LIRETTA?
RECOVERY FUND? ALLORA PAGATE L’IMU SULLA PRIMA CASA.
La rinascita di Keynes
“LO STRANO CASO ITALIA”.
RESPONSABILITÀ CIVILE: CHI SBAGLIA PAGA, ANCHE I MAGISTRATI?
Un mostro omotransgiuridico in Parlamento
Decreto Agosto: cosa prevede e novità in arrivo
Forcheri: censurata da facebook per 30 giorni
Il caso Jeffrey Epstein
Sul dispotismo cinese
LOBBISMO, COMPLOTTISMO, OPPOSIZIONE FANTASMA
La filosofia post-moderna come base ideologica dell’attuale sinistra
Era l’alba del 17 giugno del 1944

 

 

EDITORIALE

Le DEMOCRAZIE AFFARISTICHE disinteressate alla scuola pubblica.

Manlio Lo Presti – 27 luglio 2020

Le “democrazie oligarchiche e monetarie” puntano sulla MERITOCRAZIA che si rivela uno strumento efficace solo frequentando centri di insegnamento privati – da 5.000 euro mensili, con selezione violentissima.

https://contropiano.org/news/cultura-news/2015/09/15/cronistoria-della-distruzione-della-scuola-pubblica-in-italia-ce-l-ha-chiesto-l-europa-032842

In queste istituzioni elitarie superano gli esami solo 10 su 500. I vincitori sono prontamente reclutati dalle multinazionali e dalle istituzioni. Vanno dritti alla presidenza di banche, ai vertici dell’esercito, delle giustizia, degli studi legali, della diplomazia, dello spionaggio, della politica (commissioni parlamentari chiave).

La meritocrazia è stato il cavallo di battaglia dei gruppi politici globalisti DEM e fatto passare per riconoscimento delle capacità. UN FALSO CLAMOROSO.

La MERITOCRAZIA così intesa è un ulteriore strumento di disuguaglianza che da sempre la scuola pubblica ha cercato di eliminare o, quantomeno, di diminuire, traendo intelligenze anche da bambini e ragazzi meno abbienti.

L’ampliamento ed il potenziamento delle scuole pubbliche è stato uno strumento di sviluppo del consenso dei sistemi politici tirannici che hanno investito molto (spesso traendone gli elementi più promettenti per le forze di sicurezza come la SECURITATE).

Per farla breve e al di fuori della solita melassa disinformativa e dalle retoriche ad usum delphini, si può dedurre che lo sviluppo ed il consolidamento della scuola pubblica e diffusa non interessa ai sistemi OLIGARCHICO-COMMERCIALI, ma promossa e consolidata  dai sistemi totalitari tecnotronici.

Gli esempi ci sono ancora.

BASTA GUARDARSI INTORNO

 

 

 

IN EVIDENZA

Gualtieri: senza Mes, tensioni di cassa

Ora siamo alle minacce. Gualtieri ci sta dicendo che se a settembre non ricevesse 5,4 miliardi dal #Mes (cioè meno di quanto raccolto con un’asta mensile di Bot), avremmo tensioni di cassa. Ma la trovo solo io una cosa di un’enorme gravità?

MES, Bagnai (Lega): «Gualtieri irresponsabile o incompetente»

“L’affermazione del ministro Gualtieri secondo cui senza accedere al fondo MES l’Italia si troverebbe in crisi di liquidità è prova di irresponsabilità o di incompetenza”. Così in una nota il senatore Alberto BAGNAI, responsabile economico della Lega.

“Allo storico Gualtieri mancano evidentemente le basi dell’economia. Non è vero che il Governo ha problemi di cassa, come afferma Gualtieri, altrimenti le ultime aste dei BTP non avrebbero avuto il successo riscontrato e lo spread sarebbe su livelli molto più elevati. Se ci fossero problemi, i mercati, che sono fatti da economisti e non da storici, se ne sarebbero accorti e li avrebbero incorporati nel prezzo dei nostri titoli. Ma se anche fosse vero che il Paese ha problemi di liquidità, e per assurdo i mercati non se ne fossero accorti, non sarebbe una buona idea andarglielo a dire, perché significherebbe suggerire ai mercati di proteggersi dal rischio chiedendo tassi più elevati sui nostri titoli. Dichiararsi in condizioni di bisogno non è mai il viatico per un buon affare” prosegue il senatore BAGNAI.

“Forse però dietro questa apparente ingenuità, che rasenta la manipolazione di mercato, si nasconde il solito gioco cinico, spregiudicato e irresponsabile che il Tesoro sta giocando da marzo in avanti: quello di porre le basi perché l’Italia finisca in una crisi di liquidità, perda accesso al mercato e si trovi costretta a ricorrere al MES. Dopo averci provato con una strategia troppo timida di ricorso al mercato, ora ci riprova dichiarando problemi di cassa, con quella che rischia di essere una affermazione autoavverante, se genera sufficiente allarme nei mercati e porta a un innalzamento dello spread. Motivi economico-finanziari per l’accesso al MES non ce ne sono, soprattutto se è vero che il Governo ha ottenuto una “pioggia di miliardi” in Europa. Restano solo i motivi politici. L’accesso al MES fornirebbe al PD quella sponda estera di cui storicamente ha sempre avuto bisogno per condizionare la politica del Paese, indipendentemente dal fatto di trovarsi al governo o meno. Forse quindi più che di incompetenza certe affermazioni sono frutto dell’irresponsabilità di chi è pronto a gettare il Paese in mano alla troika pur di restare al potere, o almeno di impedire ad altri di esercitarlo nell’ambito di un normale processo democratico”.

Che profonda tristezza…

FONTE:https://www.maurizioblondet.it/gualtieri-senza-mes-tensioni-di-cassa/

 

 

 

La Guerra dei Semi: chi vuole invadere gli USA con semenze incontrollate?

27 LUGLIO 2020 posted by Guido da Landriano

Negli USA vi è un fenomeno preoccupante, che lascia presagire delle modalità militare nuove e pericolose, che possono colpire l’economia e la popolazione civile come mai prima ipotizzato in passato.

Molte persone in diversi stati hanno ricevuto dei pacchetti, i cui mittenti sono indirixzzi cinesi o centro asiatici, inviati con la dicitura “Gioielli”, che in reealtà contengono dei semi di tipo ancora sconosciuto. Il numero di questi invii è notevole tanto che il dipartimento dell’agricoltura dello stato di Washington ha messo in guardia i propri cittadini:

Altre confezioni simili sono state ricevute in Louisiana, Virginia, Utah, Kansas, Arizona. I social media sono colmi di segnalazioni di persone che hanno ricevuto questi semi non richiesti, sempre con mittenti cinesi o centro asiatici e con la spiegazione superficiale di gioielli , quali orecchini, braccialetti etc.

I semi si presentano diversi fra loro in forma e non sono stati ancora identificati. I dipartimenti dell’agricoltura dei singoli stati raccomandano di non aprile le confezione non piantare i semi che potrebbero essere piante infestanti, o portare malattie o essere velenose per il bestiame. Il dipartimento federale raccomanda di segnalare al proprio sito l’arrivo di questi semi e di mantenerli a disposizione per il prelievo da parte dei federali.

Chiaramente l’operazione non è legata alla semplice importazione di contrabbando di semi, ma a qualcosa di più pericoloso e profondo:

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  • può essere uno strumento di guerra psicologica e diffusione della paura;
  • può essere un test sui controlli del servizio postale USA in vista di invii più pericolosi di materiale biologico;
  • può cercare di introdurre piante pericolose ed infestanti nell’ecosistema USA, una nuova forma di vera e propria guerra agricola.

FONTE:https://scenarieconomici.it/la-guerra-dei-semi-chi-vuole-invadere-gli-usa-con-semenze-incontrollate/

 

 

 

RECOVERY FUND. Ovvero la più grande vittoria dei Sovranisti.

(Complimenti a Musso)

 posted by 

Quello che sto per scrivere sembrerà contro corrente, eppure è basato sui risultati “Trionfali” del Consiglio europeo, quelli che vengono celebrati sui Media e che in Parlamento hanno portato ad uno stanco rito che mi ha ricordato l’ultima uscita pubblica di Mussolini, quella trionfale del Teatro Lirico del dicembre 1944:

Anche in quel caso una vecchia guardia di un potere ormai agli sgoccioli si autocelebrava, creando un futuro immaginifico che non aveva, seguito dai giornali dell’epoca, Corriere della Sera in testa

Eppure mancavano solo quattro mesi ai tragici eventi di Dongo.

Fatta questa premessa lo stesso fenomeno  si produce con il Recovery Fund, in una situazione altrettanto drammatica solo economicamente e socialmente, per ora, ma senza ancora vittime. Si creano false prospettive, immaginari futuri in cui “Ci saranno 209 miliardi da spendere” in qualsiasi progetto, un po’ come si parlava delle Wunderwaffen nel 1944. Eppure, in realtà, c’è poco o nulla. Per capirlo basta leggere la lucida analisi di Musso su Atlantico Quotidiano:

Per l’Italia, diremmo: 70 miliardi allocati a titolo di trasferimenti (‘grant’), a fronte di 53 miliardi versati a titolo di contributi ed a fronte di un ‘regalo’ di 17 miliardi netti; oltre a una cifra incerta di debito vero e proprio (‘loan’). Piace notare che il ‘regalo’ si materializzerebbe solo nel caso in cui l’Italia fosse capace di impiegare tutti i fondi assegnati, perché di certo ci saranno unicamente i miliardi dall’Italia versati a titolo di contributi. Conte ha presentato numeri più alti, tanto che la stampa amica già lo chiama l’“uomo da 209 miliardi”. Ma non specifica volentieri che si tratta della “tabella migliore”, fra le molte simulazioni prodotte a caldo dal ministro Gualtieri: dunque, tutte le altre sono peggiori. Chi pure i suoi numeri accetta, fa notare che il saldo netto sarebbe più che compensato dal contributo netto al normale bilancio Ue, sicché l’Italia resterebbe comunque complessivamente un contribuente netto. Altri sono più pessimisti, ma nessuno sa di preciso, anche perché la allocazione fra Paesi avverrà in parte sulla base dei dati dei prossimi anni (una soluzione alla quale l’Italia significativamente si era opposta)

Quindi il futuro è incerto anche perchè i calcoli sono basati su dati futuri che non conosciamo, al contrario di Gualtieri e Conte che si sono venduti già pure quelli ma sicuramente si tratterebbe di qualche miliardo all’anno, ad occhio non più di 2,5 per esercizio, a fronte della cessione di una buona parte della propria politica economico-industriale e dell’obbligo di obbedire in modo cieco ed assoluto alle indicazioni di Bruxelles. Le quali vanno in direzione diametralmente opposto rispetto a quella di una politica espansiva economica o demografica. Insomma per avere dei soldi dovremo economicamente reprimere e demograficamente estinguerci .

Il Recovery Fund insieme all’articolato del bilancio pluriennale (QFP) segna una sconfitta storica per qualsiasi disegno di Unione Europea federale e, ahimè, anche democratica. Al contrario è una vittoria dei poteri oligarchici dei singoli stati e delle burocrazie europee. La soluzione sorta dal Consiglio e tanto celebrata riesce ad umiliare a tal punto sia la democrazia sia il sogno europeo da porre le basi per la rivolta della prima e la completa cancellazione del secondo.

I motivi sono semplici ed evidenti a chi è, almeno, in buona fede:

le cifre apparentemente mirabolanti genereranno nulla come crescita economica e , comunque, la genereranno tardi. Dal punto di vista macroeconomico la compensazione tramite nuove tasse verrà a generare un bel niente come sviluppo e non servirà ad aiutare in alcun modo le aziende che chiudono;
anche ammesso che nella prima fase vi sia un surplus di incassi di contributi leggermente superiore ai pagamenti, generando una minima spinta per la crescita, questi fondi saranno gestiti dal CIAE, Comitato interministeriale per gli Affari Europei. Un carrozzone burocratico di gente che nella propria vita non ha mai messo fuori un piede da un ministero e che predisporrà i piani nel modo più ligio a Bruxelles, ma più distante possibile dalla realtà economica. Se ci potesse essere una ricaduta positiva, il CIAE provvederà ad azzerarla;
il bilancio pluriennale, per permettere la nascita del “Recovery Fund”, ha visto tagli poderosi ai programmi che maggiormente caratterizzavano il sogno europeo, cioè Erasmus, quasi dimezzato, Horizon, i programmi per la ricerca europea, ridotti del 20%, il CAP, la politica agricola, anch’essa tagliata. Perfino il fondo per la transizione “Verde”, fiore all’occhiello della Commissione, è stato tagliato da 40 a 10 miliardi. Il Parlamento ha protestato, ma , al voto, la maggioranza PPE+Renew+Verdi+Socialisti ha votato piuttosto compatta ed ha approvato.
Quindi abbiamo una “Soluzione europea” che umilia l’europeismo, praticamente messo da parte, e mette l’economia in mano ad un mostro burocratico europeo che utilizza un mostro burocratico italiano per controllare la popolazione in modo antidemocratico. Però il fallimento di queste politiche europee è segnato nei numeri, e sarà difficile per il PD riuscire a convincere della minima bontà delle sue politiche gente disperata e senza lavoro, anche con l’attuale regime autoritario di gestione dei mass media. Troppe persone hanno aperto gli occhi, e la fame ne farà aprire ancora di più.

Alla fine basterà un nulla per portare tutte le contraddizione a galla, ed anche i ciechi torneranno e vedere. Arriveremo ad un punto in cui o la disperazione porterà al superamento della paura, oppure il superficiale egoismo della classe dirigente la porterà a qualche clamoroso errore. A quel punto vedremo quello che accadrà.

FONTE:https://scenarieconomici.it/recovery-fund-ovvero-la-piu-grande-vittoria-dei-sovranisti-complimenti-a-musso/

 

 

 

 

ATTUALITÁ SOCIETÀ COSTUME

La pericolosità del femminismo liberista nel “post-covid”

La pericolosità del femminismo liberista nel “post-covid”

di Sara Reginella – 21 LUGLIO 2020

La situazione odierna riferita alla condizione lavorativa conseguente il lockdown da covid-19 mostra uno spaccato che ha colpito fortemente la categoria femminile, aumentando la disparità tra i generi.

Già prima dell’esplosione della pandemia, per molte donne era all’ordine del giorno accettare lavori precari, part-time, in contesti senza tutele sindacali, al solo fine giungere ad un triste compromesso tra esigenze lavorative e necessità di dedicarsi alla cura dei figli e della famiglia.

In Spagna, uno studio condotto Lidia Farré e Libertad Gonzalez ha mostrato come le donne dedicassero già il 56% del tempo fuori dal lavoro alla famiglia, contro il 30% del tempo dedicato dagli uomini.
Asvis (Agenzia Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) riporta come in Europa la percentuale di donne inattive a causa di impegni di cura familiari fosse del 31% con un peggioramento negli ultimi dieci anni.

Tale situazione già drammatica si è inserita all’interno dello scenario collegato all’esplodere dello smart-working nel pieno della pandemia: aberranti le riflessioni di coloro che hanno descritto il “lavoro agile” come un toccasana per le donne che in tal modo avrebbero potuto autogestire il tutto da casa in un mix tra oneri domestici, accudimento familiare e un quantitativo di ore lavorative non calcolabili, sempre con lo stesso stipendio.

Da questo quadro al limite dell’autosfruttamento è scaturita una rappresentazione della donna fatta di devozione, cura e spirito di sacrificio corrispondente a un “manifesto” della sottomissione del femminile anacronistico e funzionale al sistema capitalistico.

Senza cadere nel vittimismo, occorrerebbe reagire a questa dimensione esaltata dalla pandemia che ha visto le donne sempre meno tutelate e sempre più autosacrificate sull’altare dell’abnegazione familiare.

In linea con questa condizione, la riapertura delle scuole è stata spesso descritta come una possibilità per tornare a sostenere le madri, aspetto che sembra dare per scontato che siano state perlopiù le donne a farsi carico del supporto dei figli anche in percorsi di didattica a distanza, durante il lockdown.

Quella delle donne resta dunque una categoria fortemente colpita, basti pensare come anche rispetto alla possibilità del congedo parentale straordinario al 50%, inserito a seguito della pandemia, nel decidere all’interno di una famiglia quale dei coniugi potesse usufruirne, la scelta sia stata spesso connessa alla rinuncia della metà dello stipendio più basso, che di frequente è quello della donna, a causa dell’ancor presente divergenza di salari tra i generi.

Il rischio è dunque che le conseguenze sul piano lavorativo innescatesi col lockdown, conseguenze che hanno colpito una categoria lavorativamente già fragile, siano sfruttate in chiave neo-liberista con un’ulteriore riduzione dei diritti e impoverimento a danno della classe lavoratrice femminile.

Sarebbe quindi di fondamentale importanza unire la lotta per la parità di genere con quella anticapitalista, ne beneficerebbe l’intero sistema sociale.

Senza voler generalizzare si rileva che troppo spesso, oggi, i movimenti femministi mediaticamente più rappresentati, nel guardare verso ideologie liberiste, perdono di vista le battaglie per la tutela dei diritti sociali.

A tal proposito, si citano a titolo esemplificativo le proteste del celebre movimento ucraino delle Femen o quelle del collettivo russo delle Pussy Riot. Entrambi i gruppi, con un’estetica connessa a una retorica finto rivoluzionaria, negli anni hanno inscenato isteriche proteste che nulla hanno avuto a che vedere con battaglie contro le ingiustizie del capitalismo o con lotte in grado di incidere significativamente per il raggiungimento di una reale parità tra i generi.

Si segnalano inoltre, sempre a titolo esemplificativo, interventi ingannevoli come quelli legati a un femminismo mendace di personaggi pubblici quali Angelina Jolie che, a braccetto con il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, ad esempio, richiedeva alla NATO stessa impegno a difesa dei diritti delle donne, all’interno di scenografici travestimenti grotteschi che finivano per mostrare l’Organizzazione del Trattato Atlantico quasi come un ente caritatevole piuttosto che come il braccio armato dell’imperialismo guerrafondaio, causa delle peggiori violenze su donne, oltre che su uomini e bambini.

Questi teatrali cammuffamenti hanno il loro successo e in troppi cedono a tali fascinazioni che non fanno altro che annebbiare le coscienze e contribuire a spezzare i diritti delle donne.

Ora che la crisi pandemica è rientrata, ma la situazione lavorativa e salariale è peggiorata per molte categorie, come quella delle lavoratrici, occorrerebbe fare tesoro dell’esperienza vissuta e prendere atto della situazione subita da tutte quelle donne che, nello sbilanciamento verso il lavoro di cura familiare, hanno visto non tutelati i propri diritti in un contesto di autosfruttamento in cui, come ben afferma Tithi Bhattacharya “il capitale si mostra sempre più riluttante a spendere i suoi profitti in processi che sostengano e alimentino la vita. In tal modo, il lavoro di cura viene sottovalutato e sottopagato all’interno del capitalismo stesso”.

Contro la pericolosa esaltazione di un femminismo liberista fintamente rivoluzionario e al di là di qualsiasi tendenza che veda la donna vittima di stereotipi di genere in grado di porla in una dimensione che va dall’autosacrificio della cura alla protesta isterica all’interno di movimenti finto femministi, occorrerebbe tornare a una maggiore consapevolezza in grado di ricondurre anche le donne ad essere lucide protagoniste in battaglie contro il profitto e per la parità di genere.

FONTE:https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-la_pericolosit_del_femminismo_liberista_nel_postcovid/34145_36324/

 

 

BELPAESE DA SALVARE

I banchi, le rotelle e il flop della Strategia di Lisbona.

Titoli di studio senza valore europeo.

Doveva essere il banco di prova della rinascita della scuola, a settembre: tre milioni di banchi nuovi, affidati dalla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina al Super Commissario Domenico Arcuri e da quest’ultimo demandati tramite bando ad aziende che “non ci sono”. Il passaggio dal banco di prova al banco degli imputati è stato immediato e la settimana che si apre riserva capitoli interessanti sulla ripartenza della didattica fissata con granitica certezza per il 14 settembre. Ma la vicenda dei banchi nuovi, con o senza rotelle, è una formidabile arma di distrazione di massa rispetto ad una scadenza ben più consistente di cui neanche il sito del Ministero dell’Istruzione, con le sue 9 macro-aree, fa memoria: la Strategia di Lisbona abbasserà definitivamente le saracinesche in questo 2020, trascinando nel limbo il valore legale europeo dei titoli di studio.

Tre mesi fa, ad aprile, in piena devastazione da Coronavirus, il consiglio europeo avrebbe dovuto verificare i progressi compiuti (cioè non compiuti) dai 27 stati europei, dopo le tante verifiche susseguitesi a partire dalla prima firma della Strategia di Lisbona nata il 23/24 marzo 2000, appunto, a Lisbona, sottoscritta dai capi di governo che adottarono allora l’obiettivo  strategico di rendere l’Europa “l’economia della conoscenza più competitiva e dinamica del mondo”. Le redini del Governo erano nelle mani di Massimo D’Alema e alla Pubblica Istruzione furoreggiava Luigi Berlinguer.

Gli obiettivi messi nero su bianco nel trattato avrebbero dovuto essere conseguiti nel primo decennio. Fallito l’obiettivo nel primo decennio, il temine ultimo fu spostato improrogabilmente  al 2020 e consegnato nelle mani del Consiglio Istruzione d’Europa sulla base del vincolo rigido contenuto nel Trattato di Maastricht, firmato il 7 febbraio 1992 dai capi di Stato di tredici paesi: Italia, Spagna, Francia, Portogallo, Paesi Bassi, Lussemburgo, Belgio, Germania, Danimarca, Grecia, Regno Unito, Irlanda.

Tanta roba in quella Strategia: 3% del pil Ue in ricerca e sviluppo, tasso di abbandono scolastico non oltre il 10% e almeno il 40% di cittadini europei laureati nella fascia d’età compresa tra i 30 e 34 anni.  Per rendere vincolanti gli obiettivi, fu messa sul tavolo la certificazione europea dei tioli di studio.

Questa la storia.

La cronaca invece ci parla di 53 mila nuovi docenti immessi in ruolo (legge 20 dicembre 2019 n. 159), di 3 milioni di banchi nuovi da reperire prima del 14 settembre e di molti altri docenti (più di quelli immessi in ruolo) che verranno chiamati nei plessi scolastici per lo smistamento delle classi e la loro ricollocazione  ovunque sia possibile, stante la riduzione del numero di alunni per ciascuna classe. E la Strategia di Lisbona? Sparita. Non ne parla nessuno, né al Ministero dell’Istruzione né tantomeno al Ministero dell’Università e Ricerca.

Si, i trattati sono in vigore, le risoluzioni di Consiglio e Parlamento europei pure, così come resta pienamente valida l’approvazione all’unanimità della Strategia da parte del nostro Parlamento.  Della sua esistenza in vita se ne sono scordati tutti, ben felici di mettere le conseguenze di quelle  Raccomandazioni del Consiglio e del Parlamento Europeo in materia di istruzione e formazione a cui agganciare la  certificazione europea dei titoli di studio rilasciati dalle sue istituzioni scolastiche.

I risultati cui doveva tendere ogni Stato dell’Unione per raggiungere gli obiettivi della Strategia di Lisbona 2020 erano chiari: conoscenza come meta per tutti, non per qualcuno e, secondo  principio,  «non uno di meno» come risposta alla percentuale incresciosa di abbandoni scolastici ( naturalmente c’era una coda di molti buoni principi, come quello dell’apprendimento permanente fino al 64° anno di vita, le lingue straniere e la tecnologia digitale ecc. ecc).  L’economia della conoscenza “più competitiva e dinamica del mondo” è stata abbandonata a se stessa nel porto delle nebbie, molto prima che il tema dei banchi nuovi prendessero il sopravvento e il Super Commissario Arcuri si inabissasse nella madre di tutte le commesse scolastiche.

Resta la domanda: alla fine del 2020 che ne sarà del riconoscimento europeo dei nostri titoli di studio?

FONTE:https://www.infosec.news/2020/07/26/news/campanello-di-allarme/i-banchi-le-rotelle-e-il-flop-della-strategia-di-lisbona-titoli-di-studio-senza-valore-europeo/

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Guerra Fredda e profitto

craigmurray.org.uk

Il Guardian ha pubblicato ieri un pezzo molto strano [attualmente rimosso, N.D.T.] dal titolo “Francobolli che celebrano in immagini la resistenza ucraina.” Questa è l’immagine di copertina:

L’esercito insurrezionale ucraino (Ukrainian Insurgent Army – UPA) è stato, senza ombra di dubbio, responsabile del massacro di almeno 200.000 civili polacchi, con la distruzione di intere comunità polacche in Volinia e in Galizia, comprese donne e bambini. L’attuale governo polacco, che è anti-russo e filo-NATO come pochi, lo ha in ogni caso dichiarato un genocidio. Si era certamente trattato di una pulizia etnica estremamente brutale. È anche certo che, a volte tra il 1942 e il 1944, l’UPA aveva operato insieme ai nazisti e collaborato allo sterminio di Ebrei e Zingari. È semplicistico descrivere l’UPA come fascista o come un’estensione del regime nazista; a volte combatteva contro i nazisti, sebbene più spesso collaborasse con loro. [Gli uomini dell’UPA] operavano quasi a livello di contadini medievali, semplicemente cogliendo opportunità locali per sterminare le popolazioni rurali e impadronirsi delle loro terre e dei loro beni, indipendentemente dal fatto che fossero Polacchi, Ebrei o Zingari. A conti fatti, ogni persona ragionevole dovrebbe concludere che l’UPA era stato un fenomeno assolutamente deplorevole. Pubblicarne una celebrazione, travestita da opera d’arte grafica, senza citare nessuno di questi contesti, non è più difendibile di una mostra di arte nazista senza contradditorio.

In effetti, il testo molto breve del Guardian è ancora peggio di nessun contesto.

Il fotografo ucraino Oleksandr Kosmach colleziona francobolli del XX secolo emessi da gruppi ucraini in esilio durante l’era sovietica.

Artisti ed esiliati in tutto il mondo dovrebbero usare questi francobolli per far conoscere gli orrori dell’oppressione sovietica. “Questi francobolli ci mostrano le idee e i valori di queste persone, chi erano veramente e per cosa stavano combattendo,” afferma Kosmach.

Questa è una descrizione talmente fuorviante dell’arte che glorifica il movimento UPA, da essere assolutamente riprovevole. Rientra comunque in linea con tutto ciò che serve ad alimentare la russofobia, che, al momento, è il pilastro dell’agenda del governo e dei media. Anche al culmine della Guerra Fredda, non avevamo mai visto una tale raffica di accuse infondate rivolte alla Russia dalle “fonti dei servizi di sicurezza” attraverso i media.

Un certo numero di queste accuse sono state riproposte da Andrew Marr nel suo fiore all’occhiello, lo show mattutino della BBC1. L’ultima è l’accusa secondo cui la Russia sarebbe responsabile di un attacco informatico ai laboratori di ricerca per il vaccino contro il Covid-19. Questa è un’altra accusa assolutamente senza prove. E che, in ogni caso, manca il bersaglio. Il presunto attacco informatico, se mai è accaduto, era stato un hackeraggio non un attacco; l’accusa è che si sia verificato un tentativo di carpire i risultati della ricerca, non di danneggiare la ricerca stessa. È stupefacente che il Regno Unito stia cercando di mantenere segreti i risultati delle sue ricerche [sul Covid-19] invece di condividerli liberamente con la comunità scientifica internazionale. Come avevo riferito in precedenza, il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno impedito all’OMS di organizzare una ricerca comune ed una soluzione comune per i vaccini contro il Covid-19, insistendo invece su un approccio orientato al profitto e a beneficio delle grandi aziende farmaceutiche (e a svantaggio dei poveri di tutto il mondo) .

Ciò che rende ancora più dubbia l’accusa secondo cui la Russia avrebbe tentato di hackerare queste ricerche è il fatto che la Russia ha appena acquistato i risultati di questi studi. Non si ruba quello che già si possiede.

Se qualcuno avesse effettivamente hackerato le ricerche, sappiamo tutti che è impossibile rintracciare con certezza il luogo di origine degli hacker. Le mie VPN sono abitualmente impostate su India, Australia o Sudafrica, a seconda di dove si giocano le partite di cricket che cerco di guardare, eludendo le restrizioni internazionali sulla diffusione dei programmi.

Più verosimilmente, la diffusione da parte di Wikileaks del dossier Vault 7, con materiale proveniente dalla CIA, aveva rivelato che esistono programmi specifici della CIA sul come lasciare indizi per far sembrare che un hackeraggio provenga dalla Russia. Questa prova inconfutabile che la CIA si dedica all’hackeraggio informatico, lasciando deliberatatmente in giro “impronte digitali” russe fasulle, come piccoli frammenti scritti in cirillico, è un esempio assolutamente classico di un fatto che tutti coloro che lavorano nei media mainstream sanno essere vero, ma che tutti scelgono di non menzionare mai.

Così, quando la scorsa settimana era stata fatta trapelare dai servizi di sicurezza la storia dell’”hackeraggio russo,” secondo cui Jeremy Corbyn avrebbe utilizzato documenti segreti riguardanti i colloqui commerciali tra Regno Unito e Stati Uniti, documenti che erano stati hackerati e postati su Reddit da un malvagio Russo qualificatosi come Grigor, non c’erano stati dubbi sui media riguardo a questa narrativa. Invece, quello che abbiamo è un altro episodio di caccia alle streghe in perfetto stile McCarthy, mirato all’ormai abbastanza spento Jeremy Corbyn.

Personalmente, se fossero stati i Russi ad aver rivelato che i Tories erano pronti ad aprire il “mercato” del Sistema Sanitario Nazionale alle grandi multinazionali americane, inclusa l’abolizione o l’aumento del tetto sui prezzi dei prodotti farmaceutici, dovrei essere molto grato ai Russi per avermelo detto. Proprio come il mondo dovrebbe un favore ai Russi, se fossero davvero stati loro a far trapelare quanto sistematicamente il DNC aveva truccato le primarie del 2016 a svantaggio di Bernie Sanders. Ma, guarda caso, non erano stati i Russi. In quest’ultimo caso c’era stata una soffiata da parte di un addetto ai lavori disgustato e ho il fortissimo sospetto che anche la pubblicazione dei documenti sull’accordo commerciale tra gli USA e il nostro SSN sia opera di un insider disgustato.

Quando i governi fanno cose orribili, molto spesso qualcuno riesce a far trapelare i fatti.

Se si riesce a ritardarla per diversi anni, anche la verità più increbibile perde gran parte del suo mordente politico. Se poi viene rivelata durante una crisi sanitaria, ne perde ancora di più. Il mondo quindi non si è improvvisamente bloccato quando l’Amministratore Delegato di Crowdstrike ha ammesso che non c’erano mai state prove di un attacco russo ai server del DNC.

VIDEO QUI: https://youtu.be/t5Sw7TbmfN8

Ricorderete il fatto quasi incredibile che, anche durante l’indagine Mueller, l’FBI non aveva mai ispezionato fisicamente i server del DNC, ma si era semplicemente basata su un rapporto tecnico di Crowdstrike, l’azienda legata ai Clinton responsabile della sicurezza informatica del DNC. Ed ora so per certo che Crowdstrike aveva diffuso fake news per conto di Hillary. In effetti Crowdstrike non aveva avuto alcuna segnalazione di hackeraggi tramite Internet. Non c’erano prove che le e-mail fossero state trafugate via Internet. Secondo loro, quello che c’era erano le prove che i file erano stati organizzati e preparati per essere copiati.

Ricordatevi che l’intera storia dell ‘”hackeraggio russo” era basata SOLO sulle dichiarazioni di Crowdstrike. Non vi sono letteralmente altre prove del coinvolgimento della Russia nelle e-mail del DNC, il che non sorprende, visto che per quattro anni, basandomi su fonti personali ben introdotte, avevo continuato a ripetere che la Russia non ne era coinvolta. E poi, alla fine, una testimonianza declassificata del Congresso aveva rivelato che Shawn Henry aveva dichiarato sotto giuramento che “non avevamo prove concrete” e che “ci sono fatti circostanziali, ma nessuna prova, che [quelle e-mail] siano stato effettivamente esfiltrate.

Questa testimonianza concorda perfettamente con quello che mi era stato detto da Bill Binney, l’ex direttore tecnico della National Security Agency (NSA), secondo cui era impossibile che una grande quantità di dati fosse stata introdotta in Internet dagli Stati Uniti, senza la NSA se ne accorgesse in tempo reale e li registrasse. Se ci fosse stato davvero un hackeraggio russo, l’NSA se ne sarebbe accorta in un millisecondo. Il fatto che la NSA non disponesse di tali informazioni, secondo Binney è la prova che il trasferimento dei dati non era mai avvenuto. Quello che era successo, aveva dedotto Binney, era che i file erano stati scaricati localmente, probabilmente su una chiavetta USB.

Quindi, sembra che la più grande notizia degli ultimi quattro anni, l’affermazione secondo cui queste interferenze erano state espressamente volute da Putin per favorire l’elezione di Trump, sia assolutamente priva di fondamento. I media mainstream, che avevano agito per conto dei servizi di sicurezza, hanno fatto qualcosa per rimediare alla falsa impressione che avevano creato? No, hanno raddoppiato la posta.

Il tema dell’”hackeraggio russo” continua ad essere riportato in relazione a qualunque sia la notizia del giorno.

Brexit? Pirateria informatica russa.

Elezioni generali del Regno Unito del 2019? Pirateria informatica russa.

Vaccino contro il Covid19? Pirateria informatica russa.

Poi abbiamo i continui briefing da parte dei servizi di sicurezza. Due settimane fa, fonti anonime dei servizi di sicurezza avevano riferito al New York Times che la Russia aveva offerto ai Talebani una taglia per l’uccisione dei soldati americani.

Questa informazione sarebbe arrivata dall’interrogatorio di alcuni Talebani catturati in Afghanistan, il che significa che quasi sicuramente era stata ottenuta sotto tortura.

È una storia altamente improbabile. Gli Afghani non hanno mai avuto bisogno di quel tipo di incentivazione per uccidere gli invasori stranieri presenti sul loro territorio. È anche un caso affascinante di un’accusa che ritorna al mittente: gli Inglesi avevano effettivamente offerto soldi agli Afgani per, letteralmente, le teste dei leader della resistenza durante la prima guerra afgana del 1841, come avevo dettagliatamente descritto nel mio libro, Sikunder Burnes.

Non è necessario guardare così indietro per capire la grande ipocrisia di questa accusa. Negli anni ’80 l’Occidente stava apertamente pagando, armando e addestrando i Talebani, tra cui Osama Bin Laden, ad uccidere migliaia di coscritti russi e sovietici. Questo è solo un esempio dell’ipocrisia. I servizi di sicurezza degli Stati Uniti e del Regno Unito coltivano e corrompono in continuazione all’estero figure politiche e di altro genere per influenzare la politica. Lavoriamo per manipolare il risultato delle elezioni, l’ho fatto io stesso avvalendomi del mio ruolo di diplomatico britannico. Gran parte del comportamento su cui i governi occidentali e i media stanno creando questa nuova caccia alle streghe anti-russa in stile McCarthy, è una pratica diplomatica standard.

La mia opinione personale è che ci sono forze russe maligne che tentano di manipolare i governi del Regno Unito e degli Stati Uniti, ma non sono così potenti come le forze maligne britanniche e americane che agiscono sui loro stessi governi.

La verità è che il mondo è sotto il crescente controllo di un’élite globale di miliardari, per i quali la nazionalità è irrilevante e i governi nazionali sono strumenti da manipolare. La Russia non sta cercando di acquistare un’influenza politica corrotta per conto del popolo russo, che è brava gente, sfruttata dagli ultra ricchi come tutti noi. I miliardari russi sono uguali ai miliardari di tutto il mondo, che cercano di manipolare a livello planetario i giochi politici, le strutture commerciali e sociali, unicamente per il loro interesse personale.

L’altro estremo dell’ipocrisia sta nei diritti umani. Infatti, molti commentatori dei media occidentali si sono improvvisamente interessati alla Cina e agli Uiguri o alle restrizioni alla comunità LBGT in Russia, ma chiudono completamente gli occhi sugli abusi degli “alleati” occidentali, come l’Arabia Saudita e il Bahrein. Essendo una persona che già si interessava ai diritti umani degli Uiguri e dei gay in Russia almeno dieci anni prima che queste campagne diventassero di moda, sono disgustato dal modo in cui il termine “diritti umani” è stato trasformato in arma, da usarsi solo contro quei paesi designati come nemici dall’élite occidentale.

Infine, non dimenticate che esiste un’enorme industria degli armamenti e una fiorente industria della sicurezza che dipendono entrambe dall’avere un “nemico.” Le persone potenti fanno soldi con questa russofobia. Aspettatevene molta di più.

Con la Guerra Fredda c’è da guadagnare.

Craig Murray

Fonte: craigmurray.org.uk
Link: https://www.craigmurray.org.uk/archives/2020/07/cold-wars-and-profit/
20.07.2020

FONTE:https://comedonchisciotte.org/guerra-fredda-e-profitto/

 

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Negli USA in arrivo per la polizia lo stop al riconoscimento facciale

Alle forze dell’ordine americane potrà esser vietato l’uso di strumenti di riconoscimento facciale. Non solo. In futuro potrebbe saltar fuori persino il divieto di finanziare iniziative e progetti in tale direzione.

Il fermo “no” alle tecnologie in questione e al ricorso agli altri sistemi di sorveglianza biometrica attiva da un disegno di legge promosso negli Stati Uniti dai senatori democratici Ed Markey e Heff Merkey. A far sponda alla Camera dei Rappresentanti ci sono due deputate – sempre del medesimo fronte politico – Ayanna Pressley e Pramila Jayapal.

L’iniziativa è la risposta politica alla recrudescenza di controlli di polizia e di serrato monitoraggio scattati a ridosso delle violente proteste che hanno fatto seguito all’uccisione di George Floyd da parte di una pattuglia di agenti a Minneapolis.

Il disegno di legge renderebbe illegale – per qualsiasi agenzia o funzionario federale degli Stati Uniti – “acquisire, possedere, accedere o utilizzare” la tecnologia di identificazione e sorveglianza biometrica.

È significativo rilevare che all’inizio di maggio IBM, Amazon e Microsoft abbiano annunciato rigide restrizioni alla vendita di strumenti di riconoscimento facciale e hanno chiesto una regolamentazione federale in materia.

Il senatore Ed Markey ha sottolineato che “la tecnologia di riconoscimento facciale non rappresenta solo una grave minaccia per la nostra privacy, ma mette in pericolo fisicamente i neri americani e altre popolazioni minoritarie nel nostro Paese” e ha aggiunto che “mentre lavoriamo per smantellare il razzismo sistematico che permea ogni parte della nostra società, non possiamo ignorare i danni che queste tecnologie presentano”.

FONTE:https://www.infosec.news/2020/06/27/wiki-wiki-news/negli-usa-in-arrivo-per-la-polizia-lo-stop-al-riconoscimento-facciale/

 

 

 

 

ECONOMIA

LA CASA L’AVETE COMPRATA CON L’EURONE O CON LA LIRETTA?

Una logica domanda fatta da Valerio Malvezzi

 

 

Un breve video di Valerio Malvezzi che vi ricorda una serie di dati che ben conosciamo sull’Italia, su come l’introduzione dell’euro sia stata un disastro a livello di PIL pro capite, cioè di ricchezza delle singole persone, e su come la moneta unica abbia fatto arricchire alcuni, soprattutto i tedeschi e gli olandesi, ma abbia fatto precipitare i redditi pro capite di altri, italiani in primis.

Un breve video di Valerio Malvezzi che vi ricorda una serie di dati che ben conosciamo sull’Italia, su come l’introduzione dell’euro sia stata un disastro a livello di PIL pro capite, cioè di ricchezza delle singole persone, e su come la moneta unica abbia fatto arricchire alcuni, soprattutto i tedeschi e gli olandesi, ma abbia fatto precipitare i redditi pro capite di altri, italiani in primis.

Alla fine la domanda che dovreste farvi è molto semplice: i vostri genitori hanno comprato casa con la liretta e quindi ve l’hanno lasciata, ma voi sareste in grado, con il potentissimo ed assoluto eurone, di ricomprarla.

Io scommetto di no

Buon ascolto

VIDEO QUI: https://youtu.be/n0ef3i0bkCI

FONTE:https://scenarieconomici.it/la-casa-lavete-comprata-con-leurone-o-con-la-liretta-una-logica-domanda-fatta-da-valerio-malvezzi/

 

 

 

RECOVERY FUND? ALLORA PAGATE L’IMU SULLA PRIMA CASA.

Ecco cosa vuole la Commissione per far finta di darvi i soldi

26 LUGLIO 2020 posted by Guido da Landriano

Scrivo rapidamente alcune parole per ricordare a chi, bontà sua, ha stappato lo champagne per festeggiare il Recovery Fund che, ahimè “Non esistono pasti gratis”.

L’accesso ai fondi a fondo perduto viene ad essere sottoposto all’adattamento delle politiche nazionali alle indicazioni finanziarie della Commissione, comprese quelle per il 2020, emesse nel 2019. Questa scriveva, papale papale, che:

Dato che le basi imponibili meno penalizzanti per la crescita, come il Patrimonio ed i Consumi, sono sottoutilizzate, vi sono margini per alleggerire il carico fiscale sul lavoro e sul capitale senza gravare sul bilancio dello stato.

La Commissione dava subito un’indicazione precisa: bisogna eliminare l’esenzione IMU sulla prima casa. Affermando che l’esenzione andava a favore di tutti i cittadini, senza considerazione della loro ricchezza, questa deve sparire. Aggiungiamo poi che la Commissione continua a puntare sulla “Revisione degli estimi catastali”, misura che, con la caduta dei prezzi immobiliari degli ultimi 10 anni, dimostra come a Bruxelles si parli di Italia senza avere un’idea di cosa stia realmente succedendo nel nostro paese.

Quindi essere a favore dell’utilizzo del “Recovery fund”, anche a fondo perduto, significa:

  • essere a favore di imposte patrimoniali, a partire dall’IMU sulla prima casa, la cui cancellazione ha oggettivamente aiutato tante famiglie che hanno ereditato una casa;
  • essere a favore di imposte patrimoniali in generale, anche se non esiste un reddito per poterle sostenere. un vero e proprio caso di esproprio non proletario, ma capitalistico ed eterodiretto;
  • essere a favore di imposte sui consumi, magari con l’alibi dell’economia “Verde”, come quelle sulla plastica. Tutte misure regressive che colpiscono il povero e salvano il ricco.

Questi sono i veri regali del regali del Recovery Fund, gli stessi che vedete già lentamente “IMpacchettati” dal governo e dal MEF. Ne sentite già parlare e poco a poco si materializzeranno. Del resto volete tutti il regalo europeo!! quindi dovete pagare.

FONTE:https://scenarieconomici.it/recovery-fund-allora-pagate-limu-sulla-prima-casa-ecco-cosa-vuole-la-commissione-per-far-finta-di-darvi-i-soldi/

 

 

 

La rinascita di Keynes

La rinascita di Keynes

Un articolo del Corriere lo rispolvera ufficialmente ma in una chiave sbagliata

di Tommaso Minotti
Con articolo sull’inserto del Corriere della Sera “Innovazione” è stato definitamente reinserito nel dibattito economico John Maynard Keynes. Una voce diversa dal pianeggiante liberismo di cui siamo imbevuti da anni è sempre ben accetta. Bisogna però stare attenti a dove si vuole indirizzare il ragionamento. Posto che manovre keynesiane sarebbero una manna dal cielo per la nostra economia, pur non ottenendo gli effetti che avrebbe un’economia totalmente pianificata. Occorre analizzare attentamente l’obiettivo di questa futura svolta keynesiana. Nel già citato articolo si propone che lo Stato intervenga nella tecnologia e nell’innovazione e non con “dighe e ponti” come era successo con il New Deal, progetto economico keynesiano a tutti gli effetti. In questo momento l’Italia intera, da Nord a Sud, avrebbe bisogno di infrastrutture e investimenti.

Infrastrutture

La manovra keynesiana dovrebbe innanzitutto potenziare le infrastrutture. Partendo da nuovi investimenti nel Servizio Sanitario Nazionale, falcidiato da anni e anni di privatizzazioni e tagli. Ma al Nord c’è proprio bisogno di ponti. I crolli si succedono uno dietro l’altro. L’intera rete autostradale avrebbe bisogno di una manutenzione in profondità che impiegherebbe molta manodopera. Ci sarebbe poi da sistemare il dissesto idrogeologico, indegno di un paese del primo mondo. Specialmente in Liguria dove il problema sta diventando di proporzioni bibliche. A Venezia deve intervenire lo Stato per mettere fine alla vergogna del MOSE e trovare finalmente una soluzione per salvaguardare una città che è un vero gioiello. Nel Sud e nelle isole le carenze infrastrutturali sono importante. Servono nuove strade, nuovi collegamenti e soprattutto nuove ferrovie. Sarebbe inutile investire una quantità mostruosa di denaro nell’innovazione per creare cattedrali nel deserto. Al Sud ci sono varie eccellenze. Devono essere collegate, consolidate e diffuse sul territorio. Per farlo ci vogliono strade e ferrovie. Per anni ci è stata venduta l’immagine di uno Stato inefficiente, corrotto. Il privato era la panacea di tutti i mali. La pandemia ci ha fatto chiaramente capire che non è così. Lo Stato deve tornare a costruire per tornare a crescere.

Investimenti

Gli investimenti saranno necessari al Nord per sostenere la spina dorsale del Paese. L’Italia è spesso indicata come il “paese delle eccellenze”. Questa è una parziale verità. Il tessuto economico è principalmente composto da piccole e medie imprese. Se non si vuole favorire il dissolvimento del tessuto sociale, con conseguenze imprevedibili, e la catastrofe economica si dovrà intervenire in favore di queste imprese. Sussidi e agevolazione, puntando anche sul mercato interno per sostenere la domanda. L’occasione deve essere sfruttata anche per mettere fine alla svalutazione dei salari che sta devastando il mercato del lavoro italiano. Basta puntare sul precariato e sui contratti a termine. Si deve intervenire per controllare il mercato e favorire il benessere dei lavoratori. Al Sud la quantità di investimenti deve essere enorme. Il compito è difficile perché è una problematica che è presente dal 1861 e che né Giolitti né la Cassa del Mezzogiorno hanno risolto pur avendo fatto passi avanti. La politica degli investimenti è corretta, il problema è che lo Stato deve intervenire per controllare come vengono destinati. In regioni come la Sicilia arrivano molti fondi che vengono sperperati. Ci vuole un’autorità centrale per monitorare la situazione. Gli investimenti al Sud devono avere tre direttrici: istruzione, industria e turismo. Istruzione per non costringere i giovani del Sud ad emigrare. Un fatto che penalizza tutta l’Italia e impoverisce una regione già in affanno. Industria per creare poli produttori e abbattere la disoccupazione, soprattutto quella giovanile che è al 50%. Turismo perché sono regioni splendide, da curare e valorizzare. E infine serve una decisa azione contro l’infamante mercato del lavoro nel campo dell’agricoltura. Dove regna lo sfruttamento se non lo schiavismo vero e proprio. Una condizione indegna di un paese civile che deve impegnarsi a fondo per risolverla. Per portare a termine questo immane compito serve una Stato forte e presente.

Seguendo i vincoli europei è molto difficile dare inizio a una manovra di tipo keynesiano. Per questo dobbiamo lottare e fare in modo che questa tragedia si trasformi in un’occasione di rinascita. L’Italia si stava trascinando apaticamente verso un destino più povero e meno felice. Questo drammatico momento della nostra Storia deve essere usato per il rilancio. Possiamo farcela ma bisogna essere coraggiosi.

FONTE:https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-la_rinascita_di_keynes/35654_36364/

“LO STRANO CASO ITALIA”.

La presentazione dell’ottimo libro di Luciano Barra Caracciolo, con un parterre di economisti unici

 

26 LUGLIO 2020

 

VIDEO QUI: https://youtu.be/CGrrQhvvlbA

Vogliamo proporre la presentazione del libro di Luciano Barra Caracciolo, “Lo Strano Caso Italia”, un libro che invitiamo tutti ad acquistare e leggere, per chi vuole capire quali politiche economiche siano effettivamente applicabili all’Italia nell’abito di trattati europei scritti con solo una visione di carattere deflazionistico che sono una delle cause della permanente crisi italiana. Il nostro paese è stato, ed è ancora, il tacchino da spennare che, tronfio, si avvia al proprio macello. Una situazione incredibile per chi osserva esternamente e non capisce perchè ci stiamo muovendo  verso il suicidio economico, ma non bisogna mai arrendersi.

Una presentazione da non perdere, con un autentico Parterre di alta qualità costituito da Antonio Maria Rinaldi, Marco Zanni, Sebastien Cochard,  Giuseppe Liturri e Cesare Pozzi.

Una lezione da non perdere per comprendere l’Italia di oggi.

FONTE:https://scenarieconomici.it/lo-strano-caso-italia-la-presentazione-dellottimo-libro-di-luciano-barra-caracciolo-con-un-parterre-di-economisti-unici/

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

RESPONSABILITÀ CIVILE: CHI SBAGLIA PAGA, ANCHE I MAGISTRATI?

Avv. Delmira Vulcano – 25 luglio 2020

Sommario1. Referendum del 1987 e Legge n. 117/1988 (cd. Legge Vassalli) – 2. La riforma introdotta dalla Legge n. 18/2015 – 3. Principi di diritto in materia di responsabilità civile dei magistrati dettati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sentenza n. 11747/2019 – 4. La responsabilità civile del magistrato per non aver impedito un femminicidio (Cassazione civ. n. sentenza n. 7760 dell’8 aprile 2020)

1. Referendum del 1987 e Legge n. 117/1988 (cd. Legge Vassalli)

Nel 1987, si tenne un referendum che, attraverso l’abrogazione di alcune norme del codice di procedura civile, intendeva consentire a qualsiasi cittadino si sentisse danneggiato da un provvedimento di un magistrato, di ottenere da quest’ultimo il risarcimento dei danni che gli aveva causato.

L’obiettivo del referendum, di fatto, era limitato, poiché la responsabilità del magistrato si riferiva solo a comportamenti dolosi o gravemente colposi o ai casi di diniego di giustizia. Invero, anche sull’onda del clamore suscitato dall’arresto di Enzo Tortora, il referendum del 1987 ottenne uno straordinario risultato: circa l’83% dell’elettorato si espresse a favore dell’abrogazione delle disposizioni che limitavano la responsabilità civile dai magistrati.

Il legislatore, recependo l’esito referendario, adottò la Legge n. 117/1988 (c.d. Legge Vassalli), che, tuttavia, ha vanificato gli intenti e le aspirazioni da cui il referendum aveva preso le mosse e, per lungo tempo, è rimasta priva di applicazione nelle aule dei tribunali.

L’art. 2, co. 1 della Legge in commento stabilisce che “chiunque abbia subito un danno ingiusto, a causa di un comportamento, atto o provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato, può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali”.

La responsabilità civile del magistrato, per i danni cagionati nell’esercizio delle sue funzioni, alla stregua del più diffuso orientamento giurisprudenziale, obbedisce al principio di responsabilità indiretta (ex multisCassazione civile, sez. un., 09/03/2020, n. 6690). Pertanto, il cittadino che ha subito un danno ingiusto a causa del magistrato dovrà agire esclusivamente nei confronti dello Stato; sarà quest’ultimo, in un secondo momento, a rifarsi sul giudice responsabile esercitando un’azione di rivalsa, fatta salva l’ipotesi di cui all’art. 13, co. 1, L. n. 117/1988, che prevede che il cittadino, se il danno causato dal magistrato consegua a un fatto che costituisce reato, possa esperire l’azione civile per il risarcimento nei confronti del magistrato e dello Stato secondo le norme ordinarie, ma entro il limite di un terzo di annualità dello stipendio del magistrato.

2. La riforma introdotta dalla Legge n. 18/2015

La Legge 27 febbraio 2015, n. 18, ha modificato la disciplina della responsabilità civile dei magistrati, anche al fine di adeguare l’ordinamento italiano alle indicazioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Sentenza del 24 novembre 2011; Grande Sezione, Sentenza 13 giugno 2006, Traghetti del Mediterraneo) che ha condannato l’Italia per violazione degli obblighi di adeguamento dell’ordinamento interno al principio generale di responsabilità degli Stati membri dell’Unione europea, in caso di violazione del diritto dell’Unione da parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado.

La Legge n. 18 del 2015, anzitutto, estende la risarcibilità del danno non patrimoniale anche al di fuori delle ipotesi di privazione della libertà personale per un atto compiuto dal magistrato, nell’esercizio delle sue funzioni ovvero conseguente a “diniego di giustizia”, inteso quale rifiuto, omissione o ritardo del magistrato nel compimento di atti del suo ufficio.

Un’altra importante novità introdotta dalla L. n. 18/2015 riguarda la c.d. clausola di salvaguardia. Secondo il nuovo art. 2 – che conferma comunque le norme preesistenti – il magistrato è responsabile se, durante l’attività di interpretazione di norme di diritto e di valutazione del fatto e delle prove, agisce con dolo o colpa grave, ovvero se viola manifestamente la legge e il diritto dell’Unione Europea.

3. Principi di diritto in materia di responsabilità civile dei magistrati dettati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sentenza n. 11747/2019

Sul versante giurisprudenziale, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 11747/2019, decidendo su questione di massima di particolare importanza, si sono espresse in tema di responsabilità civile dello Stato per danni cagionati dai magistrati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie ed hanno enunciato i seguenti principi di diritto.

In primo luogo, ove il giudice adotti una decisione difforme dai precedenti orientamenti della giurisprudenza, non ricorre l’ipotesi di grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile, fonte di responsabilità ai sensi dell’art. 2, lett. a) della L. n. 117/1988 (nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla l. n. 18 del 2015), atteso che il precedente giurisprudenziale, pur se proveniente dalla Corte di legittimità e finanche dalle Sezioni Unite, non rientra tra le fonti del diritto e, pertanto, non è vincolante per il giudice; tuttavia, l’adozione di una soluzione difforme dai precedenti deve essere frutto di una scelta interpretativa consapevole e riconoscibile come tale; e ciò avviene più facilmente se esplicitata a mezzo della motivazione.

In secondo luogo, ricorre l’ipotesi della grave violazione di legge, fonte di responsabilità ai sensi dell’art. 2, lett. a) della Legge n. 117 del 1988, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla l. n. 18 del 2015, quando la decisione appaia non essere frutto di un consapevole processo interpretativo, ma contenga affermazioni ad esso non riconducibili perchè sconfinanti nel provvedimento abnorme o nel diritto libero, e pertanto caratterizzate da una negligenza inesplicabile, prima ancora che inescusabile, restando pertanto sottratta alla operatività della clausola di salvaguardia di cui all’art. 2, comma 2 della legge citata, ipotesi che può verificarsi in vari momenti dell’attività prodromica alla decisione, in cui la violazione non si sostanzia negli esiti del processo interpretativo, ma ne rimane concettualmente e logicamente distinta, ossia quando l’errore del giudice cada sulla individuazione, ovvero sulla applicazione o, infine, sul significato della disposizione, intesa quest’ultima come fatto, come elaborato linguistico preso in considerazione dal giudice che non ne comprende la portata semantica».

Da ultimo, le Sezioni Unite chiariscono che la presenza di una motivazione non è condizione necessaria e sufficiente ad escludere sempre la ammissibilità di un’azione di responsabilità per grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile, ma è di certo ausilio alla comprensibilità della decisione e quindi, di regola, è un elemento per escludere la sindacabilità della scelta decisionale, in quanto consapevole frutto del processo interpretativo; per contro, non tutti i casi di mancanza della motivazione, ancorchè la pronunzia si ponga in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale maggioritario, sono fonte di responsabilità, purchè la scelta interpretativa sia ugualmente riconoscibile.

4La responsabilità civile del magistrato per non aver impedito un femminicidio (Cassazione civ. n. sentenza n. 7760 dell’8 aprile 2020)

Si inserisce in siffatto contesto la sentenza n. 7760 dell’8 aprile 2020, in materia di responsabilità dello Stato per femminicidio non impedito.

Con detta pronunzia, la Terza Sezione civile della Corte di Cassazione ha cassato la sentenza d’appello che aveva rigettato la domanda di risarcimento danni proposta nei confronti dell’autorità giudiziaria requirente dai figli minori di una donna, uccisa dal marito, dopo che la stessa aveva presentato reiterate denunce per le minacce subite dal padre dei suoi figli, rimaste tuttavia senza esito.

La Corte d’Appello di Messina, con la sentenza n. 198 del 19/03/2019, rigettando l’appello proposto dai familiari della vittima, rilevava che all’epoca in cui si svolsero i fatti (2007) non era consentita la richiesta di provvedimenti cautelari, né era ancora stata introdotta la fattispecie criminosa di cui all’art. 612 bis cod. pen. (cd. stalking); inoltre, dalla relazione di c.t.u. sull’ex compagno, non erano emerse patologie psichiatriche, né era possibile ricavare ulteriori elementi che giustificassero il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario o in casa di cura o il trattamento sanitario obbligatorio.

Ciò nonostante, la Corte territoriale ha riconosciuto la fermezza del proposito omicida dell’ex compagno, poiché questi aveva agito non già d’impeto, ma con accurata programmazione e, pertanto, da ciò si doveva evincere che egli avrebbe comunque portato a termine il suo disegno criminoso, perfino ove l’arma di cui era mancato il sequestro non fosse stata più nella sua disponibilità, dal momento che l’ex-compagno della vittima, avrebbe potuto procurarsi un’altra arma avente caratteristiche similari a quella utilizzata per uccidere.

Alla luce di ciò, osserva la Corte, quell’unica violazione di legge, consistente nella mancata effettuazione della perquisizione e del successivo sequestro del coltello utilizzato per minacciare la ex compagna, non poteva dirsi in grado di determinare l’evento che, seppur con arma e mezzi diversi, si sarebbe ugualmente verificato anche ove si fosse proceduto a perquisizione e sequestro dell’arma del delitto. Da tali argomentazioni, la Corte d’Appello ha escluso il nesso causale tra la condotta omissiva del magistrato e l’evento dannoso.

A tal proposito, la Corte di Cassazione, censurando le affermazioni dei giudici della Corte d’Appello, ha stabilito che il giudice di merito, essendo tenuto, nell’accertare il nesso causale fra la lamentata condotta omissiva (ravvisata nell’omessa perquisizione domiciliare e sequestro dell’arma da taglio con la quale l’omicida aveva già reiteratamente minacciato la moglie) ed il fatto lesivo, a compiere il cd. giudizio controfattuale in base al criterio del “più probabile che non”, non può escluderne l’incidenza sulla verificazione dell’evento solo perché questo si sarebbe comunque realizzato in altro modo, omettendo così di determinare, alla luce degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto, la probabilità, positiva o negativa, che da detta condotta, ove posta in essere, potesse derivare un risultato idoneo ad evitare il rischio specifico di danno”.

La decisione della Suprema Corte affronta uno​ dei temi più difficili e controversi, da sempre oggetto di discussioni, traducendosi in una pronunzia storica in materia di responsabilità civile dei magistrati. In ogni caso, al di là di ogni polemica, è possibile affermare che la pronunzia in commento è un messaggio di incoraggiamento per le vittime di violenza.

FONTE:http://www.salvisjuribus.it/responsabilita-civile-chi-sbaglia-paga-anche-i-magistrati/

 

 

 

Un mostro omotransgiuridico in Parlamento

Marcello Veneziani – 19 LUGLIO 2020

Trovo surreale e anche offensivo, in un momento così grave per la vita degli italiani, che il Parlamento sia impegnato martedì a varare una legge per punire il reato di omotransfobia. Una parola che già nel suono è assurda, oltre che cacofonica. Giro alla larga dagli scalmanati e dai fanatici e provo a ragionare su questa legge firmata da Alessandro Zan che sintetizza ben cinque proposte in merito, tra cui spiccano quelle di Ivan Scalfarotto e dell’ineffabile Laura Boldrini.

La legge prevede “la punibilità per atti discriminatori sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”; punisce “l’odio omotransfobico”, inclusa la misoginia. E come ciliegina sulla torta istituisce un’ennesima giornata nazionale dedicata a gay, trans, lesbiche. Non riprenderò la posizione dei Vescovi italiani contro questa legge liberticida, non riporterò le opinioni contrarie dei sovranisti (Berlusconi anche in questo caso è un po’ qui un po’ là, in posizione trans) e non ripeterò la battaglia di Pro Vita e Famiglia e di quanti sono scesi in piazza l’altro giorno a Roma davanti al Parlamento in difesa della libertà e della famiglia. Questa norma si salda con le precedenti leggi Mancino, Fiano, Cirinnà & C. tra antirazzismo e antifascismo per rinchiudere la società in un perimetro di filo spinato.

In primis è un oltraggio al diritto oltre che alla Costituzione, perché fondamento della Legge è l’universalità della norma, ossia l’applicabilità della legge nei confronti di ogni cittadino; mentre questa legge, come alcune sue precedenti, stabilisce una tutela speciale per alcune minoranze o categorie.

In uno stato di diritto chiunque offenda chiunque, lo mortifichi, lo minacci e lo aggredisca, è passibile di condanna commisurata al reato compiuto. Non se esprime opinioni critiche, ma solo se diffama, calunnia, insulta. Ci possono essere aggravanti o attenuanti specifiche, stabilite dal giudice, ma è una mostruosità giuridica stabilire che la violenza o l’insulto a un gay, a un trans, a una donna, a un nero, a un islamico sia “più reato” dello stesso insulto o violenza a un bambino, a un vecchio, a un genitore, a un cristiano, a un italiano, a una persona qualunque. La forza della legge è nella sua universalità, non prevede categorie privilegiate o più tutelate rispetto ad altre.

Invece dovremo dedurre che un reato contro un gay (o un trans) vale doppio rispetto a un reato contro un etero (o un cittadino maschio senza connotati particolari). Anzi in alcuni casi diventa reato solo se riguarda un gay o un trans. Un principio aberrante che è l’anticamera della subordinazione del diritto all’ideologia, della giustizia al politically correct. L’ideologia ugualitaria demolisce l’uguaglianza e l’equità.

Stabilire la tutela speciale di quelle categorie è poi un attacco alla vita comune e alla realtà naturale e civile. Una società giusta, sana, a misura d’uomo, riconosce e tutela la realtà naturale, sociale e famigliare, pur lasciando a ciascuno la libertà di vivere la propria vita, avendo come limite solo il rispetto delle leggi. Ossia tutela la famiglia, cellula primaria della società, le nascite e i nascituri, le tradizioni civili e religiose, la natura umana, da salvaguardare come le piante, l’aria, l’acqua e gli animali. Poi sul piano individuale e privato ciascuno è libero di vivere come ritiene, senza interferenze di alcun tipo, seguendo le proprie inclinazioni sessuali, sociali, culturali. Qui siamo invece all’esatto capovolgimento.

Una legge liberticida di questo tipo prevarica sulla democrazia e sulla libertà perché alcune minoranze hanno priorità rispetto alla maggioranza della popolazione e agli usi e costumi di un popolo adottati da sempre. Gay e trans hanno tutele speciali, giornate speciali, si configurano perfino reati d’opinione speciali se si esprimono giudizi critici su di loro. Nessuna legge speciale tutela invece la famiglia, la procreazione, gli eterosessuali. Tutto questo pur essendo inconcepibile avrebbe una tenue ragion d’essere in un paese dove fossero discriminati omosessuali e affini; ma da noi, ogni giorno, si palesa la presenza pervasiva e intollerante di lobby gay al potere, al governo, in Rai, nell’informazione; intere reti tv condotte da militanti della gayezza. Quindi stiamo parlando di una legge a tutela e gloria di una minoranza al potere, non emarginata o perseguitata…

Questo ascesso di fanatismo Politically Correct avviene proprio mentre i trombettieri nostrani del P.C. si accodano ai 150 intellettuali liberal Usa che hanno criticato il P.C. Ma la legge sull’omotransfobia non è un caso esemplare di abuso del politically correct? I P.C. nostrani vogliono imporre e monopolizzare non solo gli usi e gli abusi del P.C. ma anche la critica al P.C. Col grottesco argomento di Michele Serra che tocca a loro vigilare, visto che intellettuali politicamente scorretti, ovvero di destra, non esistono… Dunque a loro tocca sia imporre il politically correct che denunciarlo… Tra poco il ministro Boccia penserà a dotarli di una divisa.

Intanto negli Stati Uniti, giorni fa, veniva riattivata dopo tanti anni la pena di morte federale nel silenzio assordante dei manifestanti genuflessi. Come mai nessuno ha protestato? Perché il condannato a morte era un suprematista bianco che aveva ucciso tre persone ben 24 anni fa: e benché sia passato tanto tempo e sia dunque bestiale applicare la pena capitale a così tanta distanza di tempo, un suprematista può essere ammazzato come un cane; la pena di morte va revocata solo per altri delinquenti, magari neri; mica per quelli come lui.

Visto che ci siamo, attenti a denunciare pure i casi di covid-19 tra i migranti se non volete essere accusati di razzismo in basi alle leggi cugine a quelle sull’omotransfobia. Voi dunque capite perché queste leggi intrecciate e il fanatismo che le avvolge, riportano rabbiosi consensi anche a Trump e ai peggiori sovranisti…

FONTE:http://www.marcelloveneziani.com/uncategorized/un-mostro-omotransgiuridico-in-parlamento/

 

 

 

Decreto Agosto: cosa prevede e novità in arrivo

27 Luglio 2020

In settimana si terrà il Consiglio dei Ministri per emanare il decreto agosto con nuovi ammortizzatori sociali, sgravi, proroghe fiscali e misure a sostegno delle famiglie: necessario lo scostamento di bilancio per 25 miliardi di euro.

In arrivo una nuova manovra estiva – il decreto agosto – con la quale il Governo intende prorogare le misure e gli ammortizzatori sociali per lavoratori e famiglie introdotti nei precedenti decreti dell’emergenza COVID-19. Tra queste spicca la proroga di:

Il testo del nuovo decreto è ancora in fase di discussione e in settimana è attesa la seduta in Consiglio dei Ministri per l’emanazione finale. Tuttavia ci sono ancora dei nodi da sciogliere: in primo luogo lo scostamento di bilancio di 25 miliardi di euro necessario a coprire tutte le misure e anche l’eventuale proroga della moratoria sui mutui.

Decreto agosto: in arrivo misure per 25 miliardi di euro

All’emanazione del decreto agosto, manovra estiva dell’emergenza sanitaria, mancherebbero pochi giorni, questa dovrebbe essere la settimana decisiva.

Il Ministro Gualtieri in diverse occasioni ha annunciato che si tratterà di un provvedimento rivolto principalmente a lavoratori e famiglie, con diverse misure a sostegno dell’occupazione (bonus assunzioni) e la proroga di CIG Naspi.

Per sostenere l’estensione degli ammortizzatori sociali è necessario un ulteriore scostamento di bilancio, stavolta di 25 miliardi euro: questa è la somma chiesta dal Governo sulla quale dovrà deliberare il Parlamento in settimana. Tuttavia la manovra è più facile a dirsi che a farsi: per approvare lo scostamento di bilancio occorre il voto a maggioranza qualificata e i numeri in Senato non sono confortanti.

Proroga cassa integrazione

Tra le novità di maggior rilievo della manovra spicca la proroga della cassa integrazione, per la quale si pensa ad una estensione per altre 18 settimane, ma sempre con il sistema attuale 9 settimane + 9.

La proroga però potrebbe non essere per tutti: sembra che il Governo voglia estendere la durata della CIG soltanto per le imprese che nei mesi scorsi hanno registrato un calo di fatturato superiore al 20% di quanto incassato nello stesso periodo lo scorso anno.

C’è da aspettarsi inoltre il blocco dei licenziamenti fino alla fine dell’anno, che andrà di pari passo alla proroga della cassa integrazione.

Pignoramenti e cartelle esattoriali: nuova proroga

Nel decreto agosto è prevista un’altra proroga delle pratiche di riscossione attiva: cartelle esattoriali e pignoramenti del Fisco potrebbero slittare ad autunno, forse a partire dal 1° novembre (mentre al momento la scadenza è fissata al 31 agosto 2020). Una manovra che interessa oltre 6 milioni di cartelle esattoriali sospese.

Sgravi fiscali per nuove assunzioni

Grandi novità sul versante del lavoro: nel decreto agosto trovano spazio importanti misure a favore dell’occupazione, soprattutto giovanile. Sembra che il Governo voglia introdurre sgravi fiscali al 100% sulla contribuzione per i neoassunti così da sollevare il dato occupazionale.

Lo sgravio fiscale dovrebbe avere la durata di 6 mesi o poco più: per questo lasso di tempo il datore non dovrà versare i contributi previdenziali all’INPS relativi al lavoratore appena assunto.

Bonus 600 euro lavoratori turismo e spettacolo


Il decreto agosto potrebbe anche contenere anche la proroga del bonus 600 euro destinato ai due settori maggiormente colpiti dal coronavirus: i lavoratori dello spettacolo e del turismo. La notizia arriva dal Ministro del Lavoro Nunzia Catalfo ma non è stata ancora confermata.

Rateizzazione dei pagamenti

Nella manovra estiva si prospetta quasi certamente la rateizzazione dei versamenti, delle ritenute fiscali e contributive di marzo, aprile e maggio 2020 (la cui scadenza al momento è fissata al 16 settembre).

Secondo indiscrezioni, la rateizzazione dei pagamenti potrebbe estendersi per i prossimi 2 anni, ma non è ancora chiaro se questa misura si accompagnerà anche ad una proroga ulteriore delle scadenze fiscali.

Moratoria sui mutui: il Governo valuta la proroga

Tra le diverse misure in discussione c’è anche la proroga della moratoria sui mutui che ad oggi ammonta a circa 290 miliardi di euro. Molte famiglie sono ancora in difficoltà economiche a causa delle crisi occupazionale e del calo dei fatturati di aziende e attività commerciali, per questo la proroga – anche se non ancora confermata – sembrerebbe plausibile.

FONTE:https://www.money.it/decreto-agosto-cosa-prevede-novita

 

 

 

 

IMMIGRAZIONI/

Forcheri: censurata da facebook per 30 giorni

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Ecco il perché.

In questo momento non si può parlare di fake news a proposito di quanto raccontato dal mainstream su “migranti” e “5g”.
Eppure io sono stata bloccata da facebook per avere riportato notizie pubblicate dal mainstream.
A voi di giudicare.

VIDEO QUI: https://youtu.be/urYiIfBxnuE

Dimenticavo, è in atto anche il SHADOW BAN nei miei confronti, cioè i post invisibili come questo per un profilo seguito da migliaia di persone, oppure il fatto che non posso inviare link su messenger, e non posso inviare un reclamo al riguardo.

Nforcheri 26/7/2020

Riferimenti
Comitato economico e sociale: White Paper on Artificial Intelligence

Crispr, la méthode qui pourrait modifier le génome humain

Neuralink, presentazione di Elon Musk

Military Funded Biosensor could be the Future pandemic Detection 

 

FONTE:https://scenarieconomici.it/forcheri-censurata-da-facebook-per-30-giorni/

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Il caso Jeffrey Epstein

“Investo nelle persone, che si tratti di politica o scienza. È quello che faccio”.

Un finanziere, perfettamente inserito nell’élite e nei circoli più esclusivi degli Stati Uniti. Amico di politici, imprenditori, attori, registi, perfino di un membro della famiglia reale inglese (il principe Andrea). Chi era, davvero, Jeffrey Edward Epstein, il magnate morto all’età di 66 anni per un apparente suicidio il 10 agosto 2019 nel carcere di New York, il Metropolitan Correctional Center, dove era detenuto in attesa di essere processato per le accuse di abusi sessuali su minori, sfruttamento della prostituzione e traffico minorile?

Prima che Jeffrey Epstein lasciasse il suo lavoro di insegnante presso la Dalton School, stabilì un legame importante con Alan Greenberg, CEO di Bear Stearns, genitore di uno dei suoi studenti. Colpito dall’intelligenze di Epstein e dalle capacità dello stesso con i numeri e i calco matematici, Greenberg gli diede un lavoro come assistente a Bear Stearns nel 1976. Nel 1981 Epstein lasciò Bear Stearns e fondò la sua società di consulenza finanziaria, Intercontinental Assets Group Inc (IAG).

Nel 1988 Epstein fondò J. Epstein & Company (che in seguito sarebbe stata ribattezzata Financial Trust Company), una società che si occupava di gestire i soldi dei milionari. Fu durante questo periodo che divenne consulente finanziario del miliardario Leslie Wexner, l’amministratore delegato di L Brands e Victoria’s Secret. A partire dalla metà degli anni ’90, trasferì la sua compagnia nelle Isole Vergini americane per evitare di pagare le tasse. All’inizio degli anni 2000, cominciò a investire in hedge fund e startup. Nello stesso periodo ha creato la sua organizzazione no profit, la Jeffrey Epstein VI Foundation, donando milioni di dollari come l’Università di Harvard. Nel 1992, Epstein era il proprietario ufficiale della più grande residenza privata a ManhattanIn seguito acquistò immobili a Parigi, Miami, New Mexico e l’intera isola di Little St. James nelle Isole Vergini americane. Divenne amico di moltissime celebrità e uomini potentissimi, tra i quali Bill Clinton, Donald Trump, Bill Gates, Kevin Spacey, Woody Allen e il Principe Andrea.

Ma non c’era solo la finanza nel mondo di Jeffrey Epstein. Insieme alla sua complice Ghislaine Maxwell, infatti, era al vertice di una vera e propria piramide della prostituzione e del traffico di minori chiamate a soddisfare le perversioni del finanziere e dell’élite che frequentava. Nel 2005 i genitori di una ragazza di 14 anni dissero alle autorità di Palm Beach, in Florida, che Epstein aveva abusato sessualmente della figlia. Sebbene le indagini alla fine abbiano scoperto dozzine giovani donne e minori che sarebbero state presumibilmente abusate sessualmente da Epstein, alla fine venne accusato “solo” di istigazione alla prostituzione e induzione alla prostituzione minorile.

Dopo che l’indagine passò all’FBI, nel 2007 gli avvocati di Epstein riuscirono a patteggiare un accordo segreto con il sostituto procuratore Alexander Acosta, che garanti al finanziere l’immunità su tutti i reati federali. “È stato l’unico caso, nella mia carriera, nel quale non mi sono sentito in grado di proteggere le vittime” ha rivelato l’ex capo della polizia di Palm Beach nel documentario targato Netflix Epstein: soldi potere e perversione. “A Epstein – ha sottolineato l’avvocato delle vittime del finanziere, Jack Scarola – era stata concessa l’immunità contro tutte le accuse federali, sia per sé che per i suoi complici, conosciuti e non. Per me è inspiegabile come un pubblico ministero possa aver accettato un patteggiamento del genere. In 45 anni di pratica non ho mai visto nulla del genere”.

Epstein finì per scontare una pena detentiva di appena 13 mesi, durante la quale, secondo quanto riferito, gli fu permesso di lasciare la prigione sei giorni alla settimana per lavorare fuori dal suo ufficio di Palm Beach. In un’intervista rilasciata al giornalista George Rush, Jeffrey Epstein dichiarò: “In realtà, la mia pena è stata più dura, più dura di chiunque altro accusato di istigazione alla prostituzione. Innanzitutto, non sono mai uscito di casa. Le ragazze che venivano a casa mia venivano per guadagnare soldi. A New York, tra l’altro, per la stessa accusa, la pena è una multa di 100 dollari. Ho avuto due capi d’accusa, uno era istigazione alla prostituzione. Niente a che fare con i minori. L’altra accusa legata a una minorenne era induzione della prostituzione minorile. Nessuna accusa si riferiva a rapporti sessuali effettivi”.

Nel 2018, il Miami Herald rivelò che Jeffrey Epstein pagava ragazze minorenni al fine di ottenere massaggi e altre prestazioni sessuali, offrendo loro denaro per reclutare altre ragazze. Joseph Recarey, il principale detective di Palm Beach sul caso, spiegò Epstein aveva messo in piedi uno schema piramidale sessuale. Brown e l’Herald identificarono circa 80 donne che sostenevano di essere state molestate o abusate sessualmente da Epstein ma il finanziere si giustificò spiegando che le ragazze erano tutte consenzienti e che avevano mentito sulla loro età.

Il magnate venne poi perseguito dal distretto meridionale di New York, il quale sosteneva che gli abusi di Epstein nei confronti delle ragazze minorenni fossero avvenuti nelle sue abitazioni di Manhattan e in Florida Jeffrey Epstein fu accusato di abusi sessuali e di traffico internazionale di minori l’8 luglio 2018. Nell’accusa, i pubblici ministeri affermarono che il finanziere aveva molestato ragazze di appena 14 anni dal 2002 al 2005. Epstein si dichiarò non colpevole.

Il giudice distrettuale americano Richard Berman si oppose alla richiesta di cauzione avanzata dai suoi legali spiegando che Epstein rappresentava un pericolo per sé e per gli altri e quindi non doveva essere rilasciato.

IlGiornale.it ha riportato la testimonianza di Virginia Giuffre, una delle più note accusatrici di Epstein e del Principe Andrea. “Indossavo la mia divisa bianca sexy – una minigonna bianca e una polo bianca attillata – e studiavo un libro di anatomia quando mi ha avvicinato questa sorprendente donna di circa 40 anni con un accento inglese molto corretto”, ha raccontato Virginia Giuffre in una intervista del 2015 al Daily Mail. Scatta così la trappola: la donna le chiede se vuole fare la massaggiatrice per un miliardario molto famoso: Epstein, appunto.

La ragazza accetta. E inizia l’incubo. Virginia entra nella villa di Palm Beach del miliardario e, subito, nota che la scala è arredata con diverse foto di giovani ragazze nude. Ma non solo. Secondo quanto riferisce lo stesso Daily Mail, la ragazza sarebbe stata fotografata di nascosto mentre era nuda. Un’altra donna la porta nella camera di Epstein e poi nella stanza dei massaggi. Il miliardario è steso – completamente nudo – a pancia in su. Comincia a farle delle domande: dove abitava e cosa faceva per vivere. Sembra voler diventare suo amico. Ma non è così. Virginia è debole, gli confessa di aver preso dell’ectsasy e lui prontamente risponde: “Quindi sei una cattiva ragazza nel corpo di una brava”.

La donna che ha accompagnato la ragazza le fornisce istruzioni precise e così Virginia si mette l’olio sulle mani. Ma poi è la donna a muoversi: anzi, a spogliarsi. “Si tolse la camicia e iniziò a strofinarsi il seno su Jeffrey e mi disse di togliermi i vestiti. Ha fatto sesso con me e la donna mi ha accarezzato. E io pensavo: ‘Questo è sbagliato. Questo non è un massaggio legittimo’”. Poi la donna dà 200 dollari a Virginia e le fa i complimenti, invitandola a tornare il giorno successivo. E così la giovane entra non solo nella vita di Epstein ma in un vero e proprio girone degli orrori che si sarebbero verificati anche a bordo del suo Boeing 727, rinominato “Lolita Express” su cui salì – tra gli altri – anche l’ex presidente americano Bill Clinton.

Secondo la versione ufficiale, il 10 agosto 2019 Jeffrey Epstein si è suicidato presso il carcere Metropolitan Correctional Center di New York, impiccandosi, dopo aver passato un mese in carcere in seguito alle accuse di abusi sessuali e traffico di minori. Il 24 luglio tentò di suicidarsi ma venne salvato quasi per miracolo. Ci sono però alcune cose che non tornano in questa versione. La prima: il milionario avrebbe confidato alle guardie del carcere che qualcuno stava cercando di ucciderlo. A rivelarlo una fonte interna dell’istituto penitenziario che ha poi passato le informazioni al Daily Mail.

La stessa fonte aveva incontrato il milionario caduto in disgrazia in varie occasioni durante la sua detenzione al Metropolitan Correctional Center, affermando che Epstein, normalmente riservato, sembrava invece essere di buonumore: “Non c’era alcun sospetto che facesse pensare ad un suo gesto così estremo – ha raccontato – da quello che ho visto, stava iniziando ad adattarsi alla prigione e non sembrava il tipo da volersi togliersi la vita”. Al milionario, tuttavia, era stata tolta la sorveglianza, scatenando la rabbia del procuratore generale William Barr: “La morte di Epstein solleva una serie di domande a cui bisogna dare risposta – spiegò Barr – Oltre alle indagini dell’Fbi ho consultato il ministro della giustizia, che ha deciso di aprire un’inchiesta sulle circostanze della sua morte”. Secondo un secondino della prigione, Epstein era tenuto in una sezione speciale ad alta sicurezza, ma non era sorvegliato dai funzionari della struttura.

Successivamente, un patologo forense assunto dal fratello del milionario ha contestato la versione ufficiale dell’autopsia, sostenendo altresì che vi sono prove che suggeriscono che Jeffrey Epstein non si sia suicidato ma che potrebbe essere stato strangolato. L’ufficio del medico legale di New York guidato da Barbara Simpson aveva concluso in agosto che Epstein si era impiccato nella sua cella in attesa del processo per le accuse di traffico sessuale di minori.

Tuttavia, il celebre patologo forense Michael Baden, intervistato da Fox & Friends, ha dichiarato che il milionario ha subito una serie di lesioni – tra cui un osso del collo rotto – che “sono estremamente insoliti nel suicidio per impiccagione e potrebbero verificarsi molto più comunemente nello strangolamento”. L’ex medico legale di New York poi aggiunto: “Le prove indicano un omicidio piuttosto che un suicidio”. Intervistato dal Miami Herald, Baden ha criticato anche la scientifica e il modo in cui sono state raccolte le prove: “Hanno portato via troppo in fretta il corpo fuori dalla cella, e questo non si dovrebbe fare perché così hanno compromesso alcune prove”.

C’è poi il mistero delle telecamere. Poco dopo la morte di Epstein, il Washington Post aveva riferito che i filmati registrati da almeno una delle videocamere posizionate fuori dalla cella di Epstein erano del tutto “inutilizzabili”. Il quotidiano sosteneva che non fosse chiaro il motivo per cui quei filmati registrati fossero così danneggiati o imperfetti da essere inutilizzabili dagli investigatori o cosa sia visibile in quelli non compromessi. Sempre secondo il Washington Post, sarebbero stati almeno otto i membri del personale dell’Ufficio federale delle carceri (Federal Bureau of Prisons) che hanno ignorato l’ordine di non lasciare il miliardario da solo nella sua cella.

C’è poi un’altro elemento da considerare. Secondo i tre giornalisti investigativi che hanno scritto Dead Men Tell No Tales ci sono forti dubbi sul fatto Epstein si sia suicidato nel carcere di New York: il sospetto è che molte persone avrebbero avuto interesse a farlo tacere per sempre.

Isole degli orrori immerse nel paradiso terrestre. All’inizio di quest’anno sono emerse nuove accuse contenute in un rapporto stilato dal procuratore generale delle Isole Vergini, Denise N. George, che ha allargato le dimensioni del traffico sessuale che aveva portato all’arresto di Epstein. Gli investigatori hanno trovato le prove di centinaia di abusi sessuali su ragazze minorenni, anche di 11 e 12 anni, i cui nomi erano stati inseriti in un database.

Le violenze sulle giovanissime sarebbero avvenute tra il 2001 e il 2018 nelle due isole caraibiche di proprietà del finanziere, Little Saint James e Great Saint James. Un paradiso privato nelle isole Vergini dove regnava il silenzio più assoluto: pare che Epstein elargisse mance per mettere a tacere i suoi abusi. “Arrivava con il suo jet privato e insieme a lui c’erano sempre delle ragazzine, erano giovanissime, penso non avessero più di 16 anni. Poi prendeva l’elicottero per andare a Little St. James. Qui lo vedevamo circa due volte al mese”, aveva raccontato un dipendente dell’aeroporto di St. Thomas. Secondo l’accusa, il finanziere statunitense si sarebbe avvalso anche di un database per registrare tutti i movimenti e le disponibilità delle ragazzine.

E tra le storie che si intrecciano sul caso Epstein, è spuntata anche la vicenda di una 15enne. La giovane sarebbe rimasta intrappolata sull’isola e costretta a subire abusi sessuali. La ragazzina cercò di fuggire a nuoto, ma gli uomini della sicurezza di Jeffrey Epstein riuscirono a riprenderla e le sequestrarono subito il passaporto per evitare che si allontanasse di nuovo.

Tra gli amici di Jeffrey Epstein c’era sicuramente l’ex Presidente Usa Bill Clinton. Il finanziere prestava all’ex presidente il suo jet per viaggiare oltreoceano. I registri di volo ottenuti da Fox News dimostrano che Bill Clinton ha compiuto almeno 27 viaggi a bordo del Boeing 727 di Epstein, soprannominato “Lolita Express”, dal 2001 al 2003.

Secondo Fox News, l’ex presidente dem viaggiò ripetutamente tra il 2001 e 2003 con Jeffrey Epstein e con altri passeggeri. I registri di volo ufficiali depositati presso la Federal Aviation Administration mostrano inoltre che Clinton ha viaggiato in alcuni dei viaggi con ben 10 agenti dei servizi segreti statunitensi. Il jet ha guadagnato il suo soprannome – Lolita Express – perché secondo quanto ricostruito era dotato di un letto dove gli ospiti del finanziere facevano sesso di gruppo, anche con ragazze molto giovani e minorenni. Tra coloro che viaggiavano regolarmente con Bill Clinton c’erano i soci di Epstein: Ghislaine Maxwell e l’assistente di Epstein, Sarah Kellen, entrambi indagati dall’Fbi e dalla polizia di Palm Beach per aver reclutato ragazze per il milionario e i suoi amici.

Clinton è stato inoltre accusato di essere l’amante di Maxwell. La vicenda viene raccontata nel libro A Convenient Death: The Mysterious Demise of Jeffrey Epstein, scritto dai giornalisti investigativi Alana Goodman e Daniel Halper. A questo si aggiunge il fatto che, come rivelato da Steve Scully, 70 anni, ex dipendente di Epstein, l’ex presidente democratico frequentò Epstein anche nella tristemente famosa “villa delle orge” situata sull’isola caraibica di Little St James, ubicata nell’arcipelago delle Isole Vergini americane e di proprietà del milionario.

Di recente, il Daily Telegraph, scrive La Repubblica, ha pubblicato una foto di Bill Clinton, risalente al 2002, con Ghislaine proprio prima di imbarcarsi sul “Lolita Express” alla volta di Londra. Se davvero l’ex presidente dem era l’amante della Maxwell, forse lo si scoprirà ma ciò che è sicuro è che fra i due c’era grande affinità. La complice di Epstein, infatti, è stata invitata persino al riservatissimo matrimonio di Chelsea Clinton ed Epstein ha finanziato diverse iniziative filantropiche di Bill Clinton. Che ringraziava il magnate-pedofilo così: “Un filantropo impegnato, con conoscenza dei mercati globali e del XXI secolo, ho sempre apprezzato la sua generosità nell’ultimo viaggio in Africa per la democratizzazione dell’area, la lotta alla povertà e all’Aids”, disse nel 2002 tramite un portavoce.

Come spiegato da Bloomberg, il finanziere era un membro del club di Donald Trump, a Palm Beach, Mar-a-Lago e The Donald volò sull’aereo di Epstein almeno una volta. “Conosco Jeff da quindici anni. Ragazzo fantastico” dichiarò Trump al New York magazine nel 2002. “È molto divertente stare con lui. Si dice anche che gli piacciono le belle donne tanto quanto me, e molte di loro sono più giovani”.

Tuttavia, pare che ad un certo punto Donald Trump sia venuto a conoscenza della condotta dell’amico e lo abbia cacciato dal club. Infatti, Bradley Edwards, un avvocato che rappresentava le vittime di Jeffrey Epstein, confermò che Trump escluse Epstein dalla sua tenuta di Mar-A-Lago “perché aveva aggredito sessualmente una ragazza minorenne al club”. Durante le elezioni del 2016, Trump dichiarò che Bill Clinton avrebbe avuto un forte legame con Epstein. Riferendosi a Clinton, il tycoon osservò: “Un bravo ragazzo ma avrà un sacco di problemi secondo me, con la famosa isola, con Jeffrey Epstein. Molti problemi”.

Poco dopo il suo arresto, Donald Trump chiarì il suo rapporto con Epstein. “Lo conosco, proprio come tutti quelli di Palm Beach”, osservò il Presidente Usa. “La gente a Palm Beach lo conosceva. Ho avuto un con lui un litigio, molto tempo fa” ha ammesso il tycoon. “Non credo di sentirlo da almeno 15 anni. Non sono un suo fan”.

Tra i frequentatori di Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell c’era anche il Principe Andrea. Come riportato da IlGiornale.it, sono da poco emerse alcune vecchie foto riscoperte dal settimanale Chi che metterebbero in luce il rapporto tra il duca di York e la complice di Jeffrey Epstein, che per anni ha aiutato e coperto il pedofilo ad abusare di decine di minorenni. Correva l’anno 2000 e all’esclusivo party di Halloween organizzato da Heidi Klum, vengono immortalati il terzogenito della regina Elisabetta con la ricca ereditiera, figlia dell’editore Robert Maxwell. Il tema del party è “Prostitute e Protettori”.

Il Principe è stato accusato da Virginia Giuffre di ripetuti abusi. “Non è stata una storia morbosa di sesso, è stata una storia di abusi, io sono stata oggetto di un traffico” d’esseri umani, denunciò alla fine dello scorso anno in un’intervista alla Bbc, bollando come “ridicole scuse” e “stronzate” le giustificazioni evocate da Andrea per insistere a smentire i rapporti intimi.

In queste ore sono aumentate le pressioni sul principe Andrea da parte degli investigatori Usa che indagano sui presunti traffici sessuali e le violenze compiute dall’ex finanziere Jeffrey Epstein. Dopo l’arresto da parte dell’Fbi di Ghislaine Maxwell, ex compagna e confidente di Epstein, accusata di complicità e falsa testimonianza, gli inquirenti hanno nuovamente chiesto al terzogenito della regina Elisabetta di farsi avanti e di collaborare con la giustizia americana.

Alla fine dello scorso anno Ari Ben-Menashe, una ex spia isrealiana e sospetta figura dietro a Robert Maxwell, il magnate inglese della stampa, ha rivelato agli autori del libro Epstein: Dead Men Tell No Tales che il finanziere conduceva una complessa operazione di intelligence per conto del Mossad. La tesi del libro è che a introdurre Epstein nei circoli dell’intelligence israeliana fu Robert Maxwell. Da giovane il finanziere frequentava la casa di Maxwell, il discusso editore britannico proprietario di molti giornali, soprattutto perché interessato a sua figlia Ghislaine, con la quale ebbe una lunga relazione. È proprio nella casa di Londra di Ghislaine che secondo il racconto di Virginia Roberts il principe Andrea avrebbe abusato di lei quando aveva 17 anni. La stessa Ghislaine è sospettata di aver facilitato gli incontri con ragazze minorenni. Ospite di Going Underground, trasmissione televisiva in onda su Russia Today, Ari Ben-Menashe ha ribadito ciò che aveva già raccontato ai giornalisti americani: “Israele lo negherà, ma Jeffrey Epstein è stato messo in contatto con gli israeliani e con l’intelligence militare da Robert Maxwell”.

Secondo Ari-Ben-Menashe, Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell avrebbero procurato ragazze minorenni ai politici e ai potenti di tutto il mondo, per poi ricattarli per conto dei servizi segreti israeliani. Va rilevato però che le accuse di Ben-Menashe vanno prese con le pinze: l’accusa viene infatti da un enigmatico faccendiere e uomo d’affari israeliano di origine iraniana che sostiene di aver lavorato per il Mossad dal 1977 al 1987. Una figura misteriosa arrestata nel 1989 negli Stati Uniti con l’accusa di traffico di armi e scagionata nel 1990.

FONTE:https://it.insideover.com/schede/politica/sesso-potere-sucidi-caso-jeffrey-epstein.html

Sul dispotismo cinese

Comedonchisciotte

Se la Cina una volta era vicina, adesso è arrivata. Tuttavia, quando se ne parla o se ne scrive, spesse volte si usano categorie concettuali socio-economiche, politiche e culturali del tutto inappropriate rispetto alla contestualità della storia cinese. Infatti ai Cinesi termini come democrazia, liberismo o liberalismo, dittatura, libertà personale, società aperta, diritti umani e così via, sono del tutto estranei. Sono concetti appartenenti in primis alla cultura europea ed occidentale: del resto, pure presso di noi, le categorie su riportate stanno perdendo il loro originario significato, visto che siamo dominati da una oligarchia finanziaria tecnocratica (ed oggi anche sanitaria). Una oligarchia, che detenendo il controllo mondiale sui mass-media, sta distruggendo rapidamente ogni valore cosiddetto “democratico” per mezzo di essi, come si può chiaramente constatare nel mondo presente. Cerchiamo allora di spiegare il perché della completa diversità storica del mondo cinese rispetto quello europeo e sul perché la Cina sia prepotentemente tornata.

Se si va a scartabellare fra le riviste e i saggi politici scritti sulla Cina di 40 o 50 anni fa, scopriamo che vi era una competenza e una profondità di conoscenze e pensieri di eccezionale livello: anche in Italia c’erano intellettuali, politologi e storici di grandissimo spessore, del tutto sconosciuti ai prezzolati scribacchini di oggi. Mi riferisco a Bruno Rizzi, ad Antonio Carlo, a Paolo Santangelo, a Mario Sabattini, a Luciano Pellicani e soprattutto ad Umberto Melotti. Quest’ultimo, poi, ha scritto pagine illuminanti sulla Russia sovietica, oltre che sulla Cina. Molto di ciò che scriveremo farà riferimento a costoro.

In realtà non è poi così difficile analizzare la storia cinese, poiché essa è una storia basata sulla ripetizione di un sistema socio-economico che si è perpetuato per circa 5.000 anni. Un sistema che K. Marx nei suoi quaderni preparatori al “Capitale” definì come “modo di produzione asiatico”, anche se oggi si preferisce usare la definizione di “collettivismo burocratico” . Una forma di produzione incentrata sui lavori di massa di tipo idraulico, retto da una classe burocratico-manageriale qualificata, e da un re che poteva essere Dio come in Cina o Perù (1) oppure “re-dio” come in India o in Mesopotamia. Nel caso della Cina il re era l’Imperatore che aveva potere di vita e di morte su tutti i sudditi. Tutta la vita economica in Cina era svolta nelle feconde valli alluvionali dove viveva più del 90% della popolazione. Le città, sedi del governo e dell’amministrazione, erano di fatto appendici della campagna (2). Inoltre, fatto fondamentale, accettato da molti studiosi, la proprietà privata (che implicava l’ereditarietà) terriera esisteva, a seconda delle dinastie, in modo più o meno limitato, mentre esisteva assai diffusamente l’assegnazione, data in possesso, di terreni (che non implicavano l’ereditarietà) soggetta a lavori di corvèes idrauliche obbligatorie da svolgersi ogni anno. Lo stesso Hegel (3) era del tutto convinto, seguendo Montesquieu, che la Cina fosse il regno dell’uguaglianza assoluta e che perciò in essa non poteva essere presente nessuna libertà, in quanto tutti gli interessi particolari ed individuali erano illegittimi.

Bisogna comunque affermare che gli odierni studi storici sulla Cina, effettuati per lo più, sembra paradossale, da studiosi americani (4) ci indicano che in particolare nell’epoca Zhou, che nelle sue varianti governò dal 1122 al 256 a.C. e nel primo periodo dell’epoca Ming sotto gli imperatori Hong-wu e Yongle la proprietà privata fosse abbastanza diffusa, sia nelle campagne dove tendeva ad imporsi come feudo (che implicava la proprietà privata) che nelle città dove stava nascendo una borghesia artigianale e commerciale.

Resta la constatazione che la Cina ha dato origine al regno più duraturo della storia umana, il quale è rimasto, nella sua struttura sostanziale, inalterato per circa 5.000 anni. Tutte le “rivoluzioni” che sono avvenute portavano ad un cambiamento di dinastia, ma nessun mutamento di sistema. Ci furono in verità grandi mutamenti dovuti all’introduzione di nuove tecnologie durante la dinastia Song, che dominò nel Nord e Sud dal 960 al 1115, e nel Sud dal 1127 al 1279, e che apportò la diffusione di scoperte come la polvere da sparo, l’uso del carbon-coke, del baco da seta, del sismografo, dei magli perforanti e così via. Di gran importanza furono le messe in posa di nuove colture, come il mais, l’arachide e la patata agli inizi del 1600 sotto la dinastia Ming. Tuttavia nessuna di queste novità tecnico-alimentari modificò radicalmente la composizione formale delle classi sociali e dei rapporti politici e giuridici: alla Cina, ebbe a dire Hegel, mancò il contrasto fra l’essere oggettivo e il movimento soggettivo, per cui l’elemento statico riappare perpetuamente (5). Con ciò intendeva dire che il popolo (l’oggetto) era succube totaliter rispetto al soggetto (l’Imperatore). Eppure nessun popolo ha avuto tanti storici come il popolo cinese a partire dagli scritti dello Shu-king (redatto, si narra, da Confucio) che racconta la storia cinese sin dalle origini mitologiche del governo Yao. Una civiltà, quella cinese, che nacque nella bassa valle del Fiume Giallo (Huang He, che è lungo 5.464 km.) fra i pantani e le macchie boschive, tra i pericoli di improvvise inondazioni e fra escursioni termiche annue anche di 70 gradi (30 sotto zero d’inverno, 40 sopra d’estate). Solo molto più tardi, anche lungo il Fiume Azzurro (Yang-zi, lungo 6.300 km.) cominciarono i lavori idraulici. Una sfida che i padri della civiltà sinica, simili per razza a tutti quei popoli che ancora vivono tra il Fiume giallo e il Brahmaputra fino al Mar Giallo, vinsero, sebbene essa fosse la più difficile rispetto a quella che altri pionieri delle civiltà dovettero affrontare per domare i fiumi Nilo, Tigri-Eufrate, Indo e Gange.

A questo punto, in base a quanto si è scritto, sorgono spontanee alcune domande che richiedono delucidazioni: perché in Cina non c’è mai stato un radicale mutamento storico, essendo rimasta, come si scriveva, nei suoi assetti fondamentali più o meno la stessa per 5.000 anni e perché si è instaurato un dispotismo potentissimo?

A parer nostro le risposte più esaustive a queste domande, che sono, in verità, decisive per comprendere l’essenza dello spirito cinese, l’ha data il grande filosofo della storia Karl August Wittfogel nel suo libro-capolavoro “Il dispotismo orientale”. Un libro di quasi 800 pagine, edito nel 1957, che conserva ancor’oggi tutta la sua potenza chiarificatrice (6).

In estrema sintesi, Wittfogel riteneva che tutta la società cinese fosse fortemente condizionata, per non dire determinata, dai grandi lavori di massa idraulici. Lavori imponenti che si effettuavano per arginare i fiumi, per deviarne il corso, per costruire canali e scoli a scopo irriguo. Si pensi solo che in Cina furono costruiti circa 300.000 mila km. di canali nel corso della sua storia. Un numero di chilometri che va quasi dalla terra alla luna. Del resto i due lunghissimi fiumi cinesi hanno una portata d’acqua che aumenta a dismisura soprattutto durante il periodo monsonico. Per tenerli sotto controllo a fini irrigui occorreva una straordinaria attività lavorativa, che richiedeva una organizzazione burocratico-manageriale altrettanto straordinaria. L’imponenza dei lavori idraulici coinvolgeva milioni di contadini guidati da una classe manageriale che doveva essere alquanto efficace per poterli dirigere. Una massa rurale che ogni anno lavorava per sé un tot di giorni il terreno assegnatole per il proprio sostentamento, mentre i giorni restanti (che potevano variare a seconda delle esigenze) servivano ad espletare le coorvèes per l’interesse pubblico. A questa realtà non si poteva trasgredire: se i lavori di massa non venivano eseguiti scattava la tagliola implacabile della natura, ossia inondazioni-carestie-epidemie-milioni di morti. Tutto era ineluttabile: tanto che il detto “Piove, governo ladro” è un detto cinese che incolpava il governo in carica di non aver svolto i lavori idraulici in modo adeguato. Per questo motivo furono introdotti, su ispirazione di Confucio, per la prima volta nel mondo, i concorsi pubblici, che comportavano il superamento di tre esami durissimi per la selezione esercitata. All’ultimo esame partecipava come giudice pure l’Imperatore celeste, il quale poi assumeva, in qualità di burocrati di alto rango, i vincitori. A costoro poi venivano attribuiti i compiti di gestione di territori immensi con lo scopo di riscuotere le tasse, di amministrare la cosa pubblica e di organizzare i lavori idraulici. Tutti dovevano rispondere all’Imperatore: non solo il governo, ma anche il clero, i capi militari, e pure coloro che possedevano la proprietà privata, perché alla fine l’unico proprietario era l’Imperatore stesso. Solo l’Imperatore era libero: tutti gli altri erano sudditi. Molto spesso, scriveva Wittfogel, i regimi idraulici sono teocratici, in quanto tutti i poteri magici della comunità convergevano verso questo centro. Tuttavia l’Imperatore doveva conoscere da sé tutte le leggi dello stato, tant’è che i principi ereditari erano educati col massimo rigore, sia nel fisico che nello studio. “La condotta dell’Imperatore è raffigurata come il massimo della semplicità, della naturalezza, della nobiltà e dell’intelligenza” scrisse Hegel (7). Insomma egli doveva comportarsi come una specie di re Salomone: egli non doveva mai dimostrarsi sdegnoso o superbo, ma sempre dignitoso e comprensibile nel linguaggio. Una educazione all’arte del governare alquanto diversa da quella dei monarchi europei, che, comunque, sebbene avessero poteri “assoluti”, non avevano certamente i poteri divini dell’Imperatore, a cui tutti, nessuno escluso, dovevano incondizionata obbedienza. Come si può ben capire da quanto si è scritto, tale potere era determinato dal fatto che egli obbligato dalla necessità razionale di organizzare lo stato in modo capillare, autoritario, a volte anche in modo terribile, a causa della realtà geografica e climatica cinese. Paesi come il Giappone (che pure è una emanazione culturale della Cina), la Grecia, l’Italia e buona parte dell’Europa presentavano una morfologia territoriale del tutto differente: piccoli fiumi, piccole valli, montagne numerose, che permisero l’affermazione della proprietà privata terriera piccola o media e successivamente del feudalesimo e del capitalismo. E’ chiaro che le estesissime valli alluvionali, i cui terreni erano i più fertili (circa 1 milione di kmq.) imponevano sfide e risposte che non potevano tener conto delle esigenze dei singoli. Per esempio, nei paesi sopracitati durante il feudalesimo non furono quasi mai creati canali, né opere di utilità pubblica. Solo Venezia, l’Olanda e nel 1600 la Francia diedero il via a costruzioni di dighe, canali o deviazioni di fiumi, che furono ben poca cosa rispetto alle opere idrauliche cinesi.

In Cina la diffusione del proprietà privata, soprattutto vicino alle valli alluvionali, era quasi impossibile, perché impedita dai lavori idraulici che dovevano essere obbligatoriamente gestiti dallo stato. E’ vero che durante i periodi di torbidi, che segnavano la fine di una dinastia, i Signori della Guerra volevano farsi feudatari, impadronendosi delle terre dei contadini. Ma poi, inevitabilmente, spesso sotto la spinta del popolo rurale stesso, si ripristinava l’antico ordine sociale: ricordiamo, come esempio, che il fondatore della dinastia Ming, colui che distrusse la presenza mongola della dinastia Yüan, era proprio un contadino, di nome Zhu Yuanzang, che poi si fece chiamare come Hong-wu (Grandezza militare).

Bisogna aggiungere,per comprendere ancor meglio la Cina moderna, che il terzo Imperatore della dinastia Ming, ossia Yongle, diede il via, per sua volontà, a imprese costosissime e spettacolari che cominciarono e trasformare la società cinese soprattutto lungo la costa: parliamo delle sei spedizioni marittime guidate da uno dei più grandi navigatori di tutti i tempi, l’ammiraglio Zheng He. Costui condusse dal 1405 al 1421 convogli di oltre 300 navi con circa 30.000 uomini a bordo. Le navi erano anche 10 volte più grandi di quelle europee, costruite con giunchi e con vele triangolari a geometria variabile, capaci cioè di viaggiare pure contro vento. Durante queste incredibili, per l’epoca, spedizioni, furono toccati i porti della Malesia, dell’India, del Golfo Persico, dell’Arabia e persino del Kenia a Malindi. Lo scopo era quello di commerciare con altri popoli e di far conoscere la potenza dell’Imperatore che voleva fosse riconosciuta la sua magnificenza di capo del mondo. Alla morte di Yongle le spedizioni cessarono e la Cina si chiuse in se stessa. In questo breve periodo sorse un ceto mercantile che si stava per trasformare in una vera e propria borghesia. Gli stessi costumi mutarono perché si scopriva il lusso e le gioie del vivere. Non a caso molte novelle e romanzi erotici vengono ambientati in questo periodo: si leggano, per esempio, i libri del grande scrittore Li Yü . Dopo Yongle tutta l’attività mercantile si svolse all’interno. Si disse che i Cinesi non avevano nulla da imparare da altri popoli e che l’Impero Celeste era più che sufficiente per se stesso. La decisione di bloccare i rapporti con l’estero fu, come vedremo, deleteria per la potenza dello stato cinese, partire dagli inizi del Settecento. Le cause di tale ritiro furono spiegate dal fatto che lo stato doveva affrontare di nuovo la minaccia mongola, tanto che il condottiero Esen riuscì a catturare nel 1448 l’Imperatore Zheng-tong. Inoltre gli stessi commerci fra Nord e Sud erano continuamente in pericolo a causa dei pirati del Mar Giallo. Per rispondere a queste tremende minacce i Ming successivi ripresero il controllo dello stato e diedero inizio alla costruzione della Grande Muraglia come la vediamo oggi, e all’ampliamento sia in lunghezza che in larghezza del Canale imperiale, che congiunge tuttora i due grandi fiumi. Tutte le tasse dello stato confluirono per la messa in opera di queste due colossali intraprese. In realtà, secondo il parere di molti storici, furono gli ambienti conservatori di cultura confuciana che riuscirono a convincere gli imperatori che vennero dopo Yongle, a chiudere col mercato estero, poichè la nascita di una sempre più ricca borghesia mercantile avrebbe sconvolto il tradizionale ordine sociale e la stessa composizione fra le classi. A cavallo del Seicento i rapporti con l’estero rimasero modesti. I Portoghesi ottennero l’emporio di Macao e i gesuiti riuscirono ad entrare a corte, affascinando l’Imperatore per mezzo delle conoscenze matematiche ed astronomiche di Matteo Ricci. I gesuiti poi saranno cacciati dall’imperatore Kangxi nel 1707 quando si rivelarono apertamente come cristiani, per cui la separazione col mondo europeo si fece ancor più marcata. Ed proprio in questo secolo che la rivoluzione scientifica iniziata da Galilei, cominciò a favorire la creazione di strumenti tecnici sempre più efficaci in tutti i campi dell’attività umana. Cosicchè il divario a scapito della Cina si farà sempre più netto, per diventare poi abissale con la rivoluzione industriale. L’Inghilterra, patria del potere del conoscere scientifico oltre che politico-economico, riuscì, grazie alla superiorità tecnologico-militare ad umiliare la Cina con le due guerre dell’oppio (1839-42 la prima, 1856-58 la seconda). Essa impose, con la sua vittoria, l’uso della droga, coltivata nel Bengala, a milioni di Cinesi. Come se la Columbia esportatrice di cocaina imponesse manu militari l’uso dello stupefacente agli Italiani. La seconda guerra poi si innestò con la rivolta dei Tai-ping che causò la morte di decine di milioni di Cinesi. La catastrofe, in sensu strictu, prese la Cina nelle sue spire, finchè si giunse alla caduta dell’Impero celeste nel 1911 con la nascita della repubblica con a capo Sun Yatsen. Poi, come si sa, ci fu la guerra civile che durò, con alcune interruzioni, dal 1927 fino al 1949 e che portò alla vittoria i comunisti di Mao Zedong. Una vittoria, si noti bene che vide il trionfo di quelle forze che avevano trovato appoggio presso la grande massa dei contadini, mentre i nazionalisti del Guomindang, guidati da Chiang Kai-shek, avevano più consenso nelle grandi città. Ancora una volta la campagna prese il sopravvento. Non si ebbe, in realtà, nessuna rivoluzione, poiché il sistema tradizionale rimase inalterato, anzi aggravato, come si può riscontrare con l’estensione delle comuni agricole e il fallimento del “Grande Balzo in Avanti” che portarono alla terribile carestia del 1962-63 (si parla di circa 30 milioni di morti). Per non dire poi della cosiddetta Rivoluzione culturale che aveva lo scopo di eliminare tutte le competenze e tutti i retaggi del passato. Quasi tutti i musei, le accademie, i teatri, i templi della Cina furono distrutti dalle furia del Guardie rosse. Chi possedeva libri in casa era perseguitato o ucciso. Tutta l’arte europea fu messa al bando. La Cina, sebbene armata di bomba atomica, con Mao si avviava verso la preistoria zoologica. Gli storici convengono che sotto il suo dominio dispotico siano morte oltre 70 milioni di persone a causa della fame, anche indotta, e delle violenze. Solo dopo la morte di Mao nel 1976 si ebbe una svolta radicale e per davvero rivoluzionaria. Una svolta che vide come protagonista Deng Xiaoping; un uomo piccolo di statura, ma di grande perizia e coraggio, che trascinò fuori la Cina dalla miseria devastante in cui era precipitata. Nel 1978 furono lanciate le famose quattro modernizzazioni che riguardavano l’agricoltura, l’industria, le scienze e la tecnologia, atte a trasformare la Cina in un paese dalla potenza economica inarrestabile. Poi venne emanata nel 1979 un’altra legge importantissima che prevedeva il blocco dell’enorme incremento demografico che aveva portato, sotto la spinta della Rivoluzione culturale, la Cina ad avere oltre 1 miliardo di individui, ossia la legge del figlio unico (8). A partire dagli inizi degli anni ’80 con l’apertura ai capitali stranieri furono create delle Zone economiche speciali, in particolare nella costa sud del Paese. Le prime ZES furono Xiamen, Shenzen, Shantou. Arrivarono in Cina ingentissimi capitali stranieri che la fecero, in giro di 20 anni, la fabbrica del mondo. A partire dal 2001 essa entrò a far parte dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), ottenendo così la possibilità di esportare ed importare con minimi dazi doganali, nonostante non rispettasse nessuno dei parametri richiesti (ferie, diritti sindacali, orari di lavoro, ecc.). Troppo grande era l’avidità dei capitalisti americani ed europei di accedere ad un mercato del lavoro immenso e a bassissimo costo. La manodopera cinese, disciplinata ed efficiente, veniva pagata sì o no 5 dollari al giorno per produrre tutta la paccottiglia delle merci di ogni tipo a bassissimo costo. Poi nel marzo del 2007 il Parlamento cinese ha varato la legge sulla proprietà privata con decreti attuativi in quasi tutti dettagli. Con tale legge lo stato rimane proprietario per sempre delle industrie strategiche, dei monti, fiumi, acque, ecc. e dei terreni agricoli, che possono quindi essere espropriati per giusta causa. Inoltre viene ribadita la supremazia dello stato nella direzione generale dell’economia. Da quella data la Cina diventa ufficialmente e giuridicamente un Paese con un sistema socialista di mercato. In termini taoisti ciò significa che l’acqua (lo Yin) si sposa col fuoco (lo Yang). Ossia, un’economia tendenzialmente egualitaria come il socialismo si armonizza con una economia fortemente individualistica come il capitalismo. Si pensi che oggi il 65% della produzione cinese è generata dal privato. Ciò è stato possibile anche perché i grandi lavori idraulici richiedono ora poca manodopera; la costruzione della diga delle 3 gole sullo Yangzi (ultimata nel 2007) e l’impiego di macchine mastodontiche li hanno resi d’importanza secondaria.

L’Occidente ha risvegliato il Drago dormiente e non potrà più fermarlo. La Cina presenta oggi una classe dirigente super-preparata che ha studiato nelle migliori università del mondo, e nel contempo le sue stesse università di fisica, matematica e scienze primeggiano, soprattutto a Pechino e Shangai. Nel 2025 essa diventerà autosufficiente nell’alta tecnologia: già oggi nella telematica, nella robotica, nel solare e nella produzione di motori elettrici è prima al mondo: Huawei, Xiaomi, Oppo, Lenovo, Tencent, Suning e molte altre che operano nel settore delle comunicazioni viarie sono colossi che in taluni casi superano il fatturato di 100 miliardi di dollari annui.

Del resto il successo della Cina, una volta che essa fosse entrata nell’agone del mercato mondiale, era inevitabile, come lo fu quella del Giappone un secolo prima. Il segreto di tale incredibile ascesa sta nella cultura del popolo cinese: esso possiede un’etica ispirata da millenni da Confucio (etica propria anche dei Giapponesi), basata su alcuni principi di base: disciplina, devozione verso i genitori, lavoro e studio, rispetto degli altri e delle gerarchie. Un’etica laica, simile per alcuni versi a quella calvinista.

Si contesta però il fatto che la Cina non sia uno stato democratico, come se essa potesse esserlo dall’oggi al domani dopo 5.000 di storia dominata dal dispotismo. I detrattori della Cina si rifanno al modello Hong Kong che ha 10 milioni di abitanti, e che divenne protettorato inglese dopo la prima guerra dell’oppio nel 1841. Si dimentica poi che la Cina è abitata da 1 miliardo e 411 milioni di individui e che è vissuta con la formazione economico-sociale di cui si è detto.

I Cinesi al presente si sentono vincitori a livello mondiale, sebbene adottino una politica estera ispirata ad una prudenza bismarkiana. A loro non interessa conquistare militarmente il mondo. Del resto le uniche guerre di espansione territoriale le hanno condotte gli Imperatori nel 1700 per ottenere gli attuali confini naturali. Le altre guerre sono state causate da interventi esterni. Si dice anche che essi vogliono conquistare l’Africa; anche in questo caso lo sfruttamento di risorse naturali è compensato dalla costruzione di vie di comunicazione, di ospedali, scuole ed industrie. Etiopia, Tanzania, Angola stanno crescendo a ritmi altissimi grazie alla collaborazione cinese.

Infine bisogna sottolineare un’altra caratteristica fondamentale dello spirito cinese, ossia la credenza di una veduta circolare del tempo, che è scandito dai ritmi alternati dello Yin (l’oscurità e la debolezza) e dello Yang ( la luce e la forza). Oggi essi vivono una dimensione fortemente Yang, dopo essere stati dominati per 3 secoli dalla dimensione Yin. In più, secondo il confucianesimo, il Fato, il Destino del Cielo (Ming) incide ineluttabilmente sulle azioni degli uomini. Non per questo essi devono rassegnarsi, anzi devono operare sempre per il meglio, ovvero devono ottemperare al loro compito senza preoccuparsi se si otterrà il successo oppure no. Se si ottiene lo scopo prefissato è Ming, se si fallisce è Ming: l’importante è agire secondo le proprie inclinazioni e per il bene proprio ed altrui.

Ma al di là di queste considerazioni, si può osservare che la Cina di oggi è guidata da un despotismo alquanto attenuato. Xi Jinping si sta rivelando uno statista di eccezionale competenza e moderazione. Si stanno ricostruendo tutti i templi, le biblioteche, i teatri che Mao aveva ordinato di distruggere. Le scuole di ogni ordine e grado sono impostate verso l’impegno nello studio e nella serietà dei comportamenti verso gli insegnanti. In altre parole in Cina sta affermandosi una dinastia che durerà secoli.

Certamente il modello cinese non è conforme alla storia europea basata sui diritti della persona, della proprietà privata e della libertà. Però dobbiamo prepararci a convivere con questa super-potenza mondiale, che sarà egemone nel secolo a venire (ed anche nei futuri). La configurazione tecnica moderna (il Gestell heideggeriano) la favorirà senza alcun dubbio. Solo il confronto e la conoscenza ci potranno permettere una coesistenza proficua e pacifica.

Molti, invece, sono i dubbi che riguardano il nostro destino, visto la degenerazione nichilista che si è impossessata dell’Occidente.

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Note:

  1. Anche il Perù aveva un sistema collettivistico-burocratico. Ma lavori di massa erano rivolti alla costruzione di vie di comunicazione tra gli altipiani andini.
  2. K.MARX, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica, ed. La Nuova Italia, Firenze1970, quaderno IV pp. 96-105.
  3. G.W.F. HEGEL, Lezioni sulla filosofia della storia, ed. Laterza, Bari 2003, p. 108.
  4. In generale come manuale di riferimento sui fatti accaduti in Cina nella sua storia per ci siamo serviti della “Storia della Cina, di J.A.G. ROBERTS, ed. Il Mulino, Bologna 2001.
  5. G.W.F. HEGEl, op. cit., p.101.
  6. K.A. WITTFOGEL, Il dispotismo orientale, ed. Vallecchi, Firenze 1968.
  7. G.W.F. HEGEL, op. cit., p.107.
  8. Nel 1980 la popolazione cinese era di poco superiore al miliardo. Oggi è di 1.411 milioni. Immaginiamo quanti sarebbero oggi senza il controllo demografico.

Principali testi consultati:

1) FUNG YU-LAN, Storia della filosofia cinese, ed. Mondadori, Milano 1990.

2) J.CHANG-J. HALLIDAY, Mao, ed. Longanesi, Milano 2003.

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Rovigo, 23-07-2020

Flores TOVO

Fonte: comedonchisciotte.org

FONTE:https://comedonchisciotte.org/sul-dispotismo-cinese/

 

 

 

POLITICA

LOBBISMO, COMPLOTTISMO, OPPOSIZIONE FANTASMA

 

La scoperta di Machiavelli è che l’esercizio del potere, ossia la politica (internazionale e nazionale, compreso il potere giudiziario), è complotto: inganno, finzione, doppiezza, affarismo, segreti, tradimento, calunnia, ricatto, disinformazione, prevaricazione, propaganda, manipolazione, (contro)spionaggio, killeraggio, terrorismo, controllo, limitazione delle libertà – il tutto nascosto o giustificato con ragioni ideali ed etiche. E, ovviamente, la politica è anche vigorosa negazione di essere quello che è, soprattutto quando la politica si vuole legittimare come democrazia, vuole il consenso popolare per legittimare i suoi atti contrari all’interesse popolare, consenso che non otterrebbe se non nascondendo e negando la propria natura e sforzandosi di screditare chi la analizza e descrive nella sua realtà complottista, accusandolo di complottismo.

Che cosa sono i rapporti tra magistrati e politici, e tra politici e banchieri, emersi da recenti scandali, se non complotti? E i falsi dati sulla c.d. pandemia, attribuiti alla Protezione Civile per giustificare l’eversiva sospensione della Costituzione, e che ora emergono anche grazie ad onesti giudici del Tar del Lazio ( https://www.facebook.com/notes/nicola-bizzi/aboliamo-la-protezione-civile-ricettacolo-di-ogni-corruzione-e-cavallo-di-troia-/10164705039375487/), non rivelano un complotto del governo? E un Monti o un Attali che dichiarano che ci vogliono le crisi e le epidemie per far avanzare la costrizione europea e la riformattazione della società, non esprimono forse qualcosa di ancora peggiore di un complotto? E che cosa mostra l’analisi storica, per esempio, su come i governi, anche quelli sedicenti democratici[1], creano le condizioni per gli interventi militari, se non complotti, macchinazioni, sotterfugi, false flags etc.?

Ancora oggi, secoli dopo Machiavelli, i non addetti si meravigliano e si scandalizzano che un partito politico votato per un suo programma incentrato su determinate cose, una volta in parlamento cambia ‘opinione’, non le fa, o fa cose opposte, o fa governo con quelli che aveva promesso di combattere, o non si oppone a che una maggioranza faccia cose opposte e che calpesti la costituzione e i diritti fondamentali. E’ molte semplice:  per raccogliere voti il politico di mestiere promette alla sua base elettorale ciò che la base elettorale desidera, poi, una volta che, spesso con grande spesa per la campagna elettorale, sia stato eletto e abbia acquisito lo stipendio da 20.000 euro al mese, viene avvicinato dai lobbisti -gli incaricati della finanza, delle banche, della grande industria, di potenze straniere- che gli promettono altri soldi, solitamente un multiplo dei 20.000, per sostenere gli interessi dei finanzieri, dei banchieri, dei grandi industriali, dei potentati stranieri. Anche il segretario politico si può comperare – costa solo di più. La maggior parte si accorda. Così diventa anche ricattabile per tutta la sua carriera futura. E così, per esempio, le commissioni per le indagini sul malaffare bancario finiscono nell’insabbiamento profondo. Per questo, l’idea del vincolo di mandato, che alcuni vorrebbero introdurre, è una cretinata: la linea di un partito è mercenaria, è quella che tradisce gli impegni elettorali per soldi, non il singolo parlamentare che cambia vessillo. I partiti odierni, e i mass media odierni, sono la forma aggiornata delle compagnie di ventura rinascimentali: combattono per chi paga meglio.

Ciò avviene non solo con i parlamentari ma anche con i dirigenti e i superburocrati delle istituzioni (comprese le forze armate e le forze dell’ordine) e con i membri del governo: da qui le c.d. porte girevoli: il ministro lavora bene per la Goldman Sachs svendendo interessi pubblici, poi la Goldman Sachs lo nomina suo senior advisor, poi lo manda di nuovo come ministro o premier a continuare l’opera. Così anche nella sanità pubblica, dove abbiamo visto porte girevoli tra l’Istituto Superiore di Sanità e grandi case farmaceutiche (pensate a Poggiolini, Di Lorenzo, e i più recenti casi riguardanti la fornitura allo Stato di preparati venduti come vaccinali ma con ben altri effetti e scopi, a seguito degli accordi politici per fare dell’Italia il paese capofila della ‘vaccinazione’ sperimentale obbligatoria a tappeto). Si mercifica anche la politica e la pubblica amministrazione. E’ logico, è coerente. Basta assoldare chi ha il potere decisionale e di controllo.

Dopo il dogma politico che il sovrano sia eletto da Dio, la più grande menzogna politica è che la democrazia esista. Negli USA il lavoro di lobbying, cioè comperare i politici, è riconosciuto, legittimato, dichiarato – cioè il politico dichiara i soldi ricevuti per assecondare certi interessi. In Italia non è riconosciuto e avviene nascostamente, ma forse proprio per questo è più forte e nocivo. Dal caso Palamara e da altri l’opinione pubblica ha potuto vedere che il lobbismo interessa anche quel settore della politica che, per finzione o abitudine, viene chiamato ‘giustizia’. Tra ricattabilità e corruttibilità, la nostra classe politica e burocratica è disponibile a fare di tutto e a sacrificare, come ha già fatto, la salute pubblica, oltre ovviamente alla legalità e all’ordine pubblico.

Per tutte queste ragioni, il cittadino dovrebbe stare in costante allerta contro lo Stato e la pubblica amministrazione, comprese la giustizia e la sanità, ma incominciando dall’informazione pubblica.

P.S. A ricordo dei tempi ingenui e più belli, in cui l’intelligence era meno tecnologica e l’evidenza di quanto sopra era meno brutale e tutto si poteva raccontare più letterariamente, vi rinvio a  un pregevole pezzo di sentita nostalgia per il buon Cossiga: Paolo Guzzanti scrive su “Il Giornale” di oggi del “Premio Francesco Cossiga per l’intelligence” istituito dalla Società Italiana di Intelligence. Presidente della Giuria Gianni Letta, Vice Presidenti Giuseppe Cossiga e Mario Caligiuri. https://www.ilgiornale.it/news/politica/premio-rilancia-mito-cossiga-maestro-007-1879450.html


[1]Qualche esempio conclamato:  USA: guerra contro la Spagna, Prima Guerra Mondiale, guerra contro il Vietnam, contro l’Iraq; Francia, Regno Unito e Israele: Suez 1956.

FONTE:https://marcodellaluna.info/sito/2020/07/26/5051/

 

 

 

 

La filosofia post-moderna come base ideologica dell’attuale sinistra

La filosofia post-moderna come base ideologica dell'attuale sinistra

di Francesco Corrado

A quasi 20 anni dai fatti di Genova si impone una riflessione su ciò che è successo alla sinistra italiana e mondiale. L’interesse è passato dall’antagonismo verso la globalizzazione della finanza speculativa alla teorie identitarie neo tribali. Perché la sinistra ha smesso di parlare ai lavoratori (tradendoli in tutti i modi possibili) per rivolgere la propria attenzione (oramai unicamente) verso certe astratte “battaglie di civiltà” (come le leggi contro l’odio), che sembrano più strumentali che altro?

In cosa consiste oggi la sinistra fucsia o arcobaleno che dir si voglia? E’ successo che la sinistra istituzionale è passata dal marxismo al postmoderno politico. In Italia il PD, LeU, Rifondazione hanno oramai interiorizzato l’ideologia sposata dal PD americano, la quale, col nuovo millennio, è diventata dominante a livello globale, facendo danni soprattutto nel terzo mondo.

Il passaggio dal marxismo al postmoderno ha comportato l’accettazione incondizionata delle regole del capitalismo finanziario globalizzato, considerato realtà data ed immutabile, con relativo spostamento del focus politico dalla dialettica tra capitale e lavoro al tema dei diritti individuali, visti in chiave tribale (identity politics), alla luce dei principi del politically correct. Sperando di gettare un po’ di luce sull’argomento cerchiamo di spiegare come l’ideologia politica fucsia-arcobaleno, che della filosofia postmoderna è figliastra (in quanto addirittura in parte disconosciuta), stia distruggendo la sinistra mondiale. Il tutto senza pretese di completezza filosofica, sarebbe impossibile.

Anche se le basi e le tematiche filosofiche erano ben chiare già da decenni, come data di nascita della filosofia postmoderna possiamo convenzionalmente assumere il 1979, anno in cui Jean-Francois Lyotard pubblica “La condizione postmoderna. Rapporto sul sapere”.

Da allora questa corrente filosofica crescerà diventando mainstream negli anni ’80, poi, con la seconda metà degli anni ’90, inizia il suo declino nelle facoltà di filosofia. Proprio nello stesso periodo, invece, entra nella letteratura popolare, nell’insegnamento scolastico secondario e pervade le facoltà di studi umanistici, letterari e sociologici in modo quasi totalizzante e militante, occupando lo spazio ideologico della sinistra, causando grande sconforto nei marxisti. Col nuovo millennio entrerà massicciamente nella politica, dando nuovi contenuti a movimenti di pensiero e di lotta preesistenti come il socialismo (USA, Spagna, parte dell’America del sud), il femminismo, il movimento per i diritti civili.

In cosa consiste il postmoderno? Lyotard lo spiega così: “il postmoderno è la fine della credenza nelle grandi narrazioni”. Le grandi narrazioni per Lyotard sono quelle ideologie filosofico politiche che sono state la base della civiltà occidentale come la conosciamo oggi: il cristianesimo (la religione in generale), l’illuminismo, il marxismo, l’idealismo hegeliano. Tony Cliff, leader del Partito Socialista dei Lavoratori britannico (SWK), ironizzando, definì questa corrente filosofica come “la teoria del rifiuto delle teorie”.

Il modernismo si identifica soprattutto con l’illuminismo, cioè con la pretesa dell’uomo di poter conoscere il mondo che lo circonda ed i fenomeni sociali tramite il metodo scientifico e con l’uso della logica; il postmodernismo nega radicalmente questa possibilità. Per i filosofi postmoderni il sapere non può essere oggettivo quindi non esistono verità assolute.

I filosofi che partecipano alla costruzione di questa corrente sono, inizialmente, per lo più francesi e di “provata fede” socialista. Tutti professori universitari di grande spessore, avviano un processo critico, non solo dell’esperienza sovietica, ma anche del marxismo (definito da Foucault come “razzismo di classe”). Lyotard, Foucault, Derrida e soci, nel superare il loro socialismo mettono insieme, sistematizzandole, tutta una serie di tematiche sviluppate nella filosofia novecentesca.

I pilastri del postmoderno infatti vanno ricercati in Nietzsche, Wittgenstein, Heidegger, Levi-Strauss (che si definiva anarchico di destra). Insomma, non proprio il genere di persone che fanno parte dell’album di famiglia del comunista italiano, anzi.

I postmoderni riprendono Wittgenstein (ma anche Levi-Strauss) relativamente al problema centrale della conoscenza: il rapporto tra l’uomo e l’ambiente che lo circonda non è diretto, ma mediato dai suoi schemi mentali. Questi sono il frutto della logica e quindi della lingua che la veicola. La lingua che si apprende è quella del proprio gruppo di appartenenza: quindi determinata dalla società in cui si vive. La conoscenza quindi è un fatto più derivante dalle concezioni sociali che un fatto oggettivo: il discorso scientifico perde la sua  centralità.

Heidegger, dal canto suo, sosteneva che la ragione non è in grado di comprendere la realtà. Anzi è un ostacolo alla sua vera comprensione in quanto essa è soggettiva, cioè dipende dalla propria esperienza esistenziale. Per cui il mondo è visto in modo diverso, per esempio, in base al popolo di appartenenza. Per il filosofo tedesco l’autentico vivere richiede che l’individuo interiorizzi nel proprio intimo le tradizioni culturali del proprio popolo in modo da poter vedere se stesso come parte integrante del divenire storico del popolo stesso (una visione collettivista, diversa da quella tipicamente comunista, e che puzza di nazismo da molto lontano).

Questa visione viene ripresa dai postmoderni nella loro visione tribale della società come divisa in gruppi (bianchi, neri, donne, uomini, etero, gay, trans). Ogni individuo percepisce il mondo in base al sentire comune del proprio gruppo di appartenenza.

I postmoderni riprendono poi Nietzsche e vedono nel potere l’unico motore dell’agire umano e sociale. Per questi filosofi l’agire umano non può mai avere un fondamento morale, tutto si riduce al potere: alla sua conquista o al suo esercizio e mantenimento.

Messi insieme questi concetti… Il mix è esplosivo. Quindi la società diventa un’insieme di gruppi ognuno con la propria visione del mondo e tutti in lotta per il potere: bianchi contro neri, uomini contro donne ecc. questa è la base dell’ideologia espressa dalla sinistra italiana attuale. La lotta è tra bianchi e neri, tra uomini e donne, tra gay ed etero: il grande capitale sempre più grande, sempre meno sotto controllo è indiscutibile. Notare come in questa concezione a scomparire del tutto dal radar è il capitalismo.

Per i filosofi postmoderni quindi le verità, anche quelle scientifiche, non sono altro che costrutti sociali che dipendono dalla razza, classe sociale o il sesso di appartenenza e in generale dalla propria posizione di potere nella società

La razionalità stessa, in quanto relativa, è vista come uno degli strumenti delle classi dominanti per conservare la propria egemonia, opprimendo altri gruppi. La scienza, ma anche la semplice argomentazione logica, diventano strumenti di oppressione.

Quindi le emozioni e le esperienze dei gruppi subalterni hanno la stessa dignità epistemologica delle leggi scientifiche. La conseguenza di questa impostazione è il relativismo: quello che tanto faceva incavolare Papa Ratzinger. Per chiarire: questo relativismo non va solo contro la teologia cristiana (di cui poco ci interessa), ma anche contro i principi della scienza, dato che, come detto, esistono solo verità relative alla propria esperienza personale, per cui è del tutto inutile parlare di verità oggettive.

Questa concezione porta al nichilismo in quanto se non esiste nessuna verità non c’è la possibilità per l’uomo di fare scelte consapevoli e razionali. Tutto è relativo alla propria appartenenza ad un gruppo e ciò che sarà, cioè il futuro, è niente altro che il risultato della lotta per il potere dei vari gruppi, senza poter effettivamente dominare gli eventi con scelte logiche e ponderate.

Così la società nel suo complesso e nella sua complessità viene vista come una serie di strutture gerarchiche che servono come sistema di dominio. Per cui non solo la politica, la religione, la polizia, la giustizia, la burocrazia, ma anche il sistema sanitario, il sistema scolastico, il matrimonio, la scienza, vengono tutti visti solo attraverso questa unica lente: solo come un sistema di dominio, come un sistema di potere. La qual cosa è ovviamente vera (soprattutto nell’uso distorto di queste strutture gerarchiche), ma solo in parte.

Negli anni ’90 del secolo scorso questo pensiero si è radicalizzato in chiave politica (di solito indicato come politically correct) negli Stati Uniti, per poi essere sponsorizzato in tutto il mondo a partire dall’apparato propagandistico mainstream, fino all’impegno degli organismi sovranazionali come l’ONU: il postmodernismo politico è perfetto per le esigenze del capitale transnazionale, delle grandi corporation e delle organizzazioni internazionali che si confrontano con lo stato, nella cui azione trovano un potere concorrente ed un freno.

Il nemico non è, come invece dovrebbe essere, il capitale che si nutre di speculazione e di distruzione delle economie reali, ma lo stato e quelle strutture sociali che di fatto, storicamente, hanno contribuito a difendere proprio i più deboli.

Non è un caso se a introdurre questi concetti politici nel Belpaese sia stata la Boldrini, che proprio da ambienti ONU proviene; catapultata in Italia come se fosse l’umanesimo politico fatto persona, l’unico titolo che si guadagnata è quello di peggior presidentessa della Camera dei Deputati dell’intera storia repubblicana (ricordate la ghigliottina?).

Per la vestale dei diritti individuali (dimentica sempre i diritti sociali) il problema è la lingua italiana, notoriamente misogina e frutto dell’eteropatriarcato (ci mancherebbe), mentre dare alle banche denari pubblici, eliminare l’art 18 dello statuto dei lavoratori, accettare le politiche deflazionistiche dell’Europa che stanno maccacrando i lavoratori italiani, mbè questo fa parte del gioco. Come abbiamo detto sopra: l’unica cosa che non si deve discutere è il capitalismo.

FONTE:https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-la_filosofia_postmoderna_come_base_ideologica_dellattuale_sinistra/82_36422/

 

 

 

STORIA

Era l’alba del 17 giugno del 1944

martedì 17 giugno 2014

 

Sbarco Alleato – you tube

VIDEO QUI: https://www.youtube.com/watch?v=qX3O8AGMddI

L’operazione Brassard e la sua tragedia, 70 anni fa. Oggi un libro inedito ne racconta la storia.

CAMPO NELL’ELBA — Era il 17 giugno del 1944. Quella mattina, all’alba, trovò compimento l’operazione Brassard.

La spiaggia di Marina di Campo, piccolo borgo di mare all’Isola d’Elba, fu invasa dalle truppe alleate giunte per “lo sbarco” e la liberazione dal nemico tedesco.

La storia della maggiore delle isole toscane viene segnata per sempre. Migliaia di soldati muoiono sotto l’esplosione delle mine sul candido arenile campese. Sono soprattutto truppe senegalesi e marocchine, uomini delle colonie di Francia portati in Italia a combattere per “la Patrie”.

Intanto le famiglie dell’isola spaventate per quell’evento militare inaspettato e cruento, restano attonite. Subiscono gli orrori della guerra incredule. Mai come in quella ore comprendono cosa sia davvero il secondo conflitto mondiale e non comprendono fino in fondo che cosa stia accadendo. In tanti perdono la vita, in tanti subiscono violenze e depauperazioni.

Ma è la guerra.

Oggi, 17 giugno 2014, sono trascorsi settant’anni da quel terribile evento.

Pochi mesi fa il Comune di Campo nell’Elba ha ricordato la tragedia con un evento storico culturale che ha ripercorso i momenti di quelle ore lontane, ma ancora presenti nella memoria collettiva.

Insieme all’associazione dei senegalesi in Italia e ad alcuni storici di fama nazionale sono state raccontate tutte le verità di quel tragico 17 giugno 1944.

Un manoscritto originale scritto da un milite della guerra del ’44 è stato tradotto dal francese all’italiano per volontà di Giorgio Giusti, appassionato di storia e cultura locale. E’ il manoscritto di Raymond Muell, che raccontò minuziosamente i fatti dell’epoca, quale milite impegnato direttamente nelle operazioni di guerra. Grazie a questo volume oggi in lingua italiana siamo in grado di sapere cosa accadde davvero in quelle ore, un patrimonio culturale inestimabile.

Oggi 17 giugno del 2014 l’Elba ricorda anche così la sua storia.

FONTE:https://m.quinewselba.it/era-lalba-del-17-giugno-del-1944.htm

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