RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 24 APRILE 2020

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RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 24 APRILE 2020

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

… il corpo, proprio perché privo di un peculiare status giuridico, costituisce il tramite di passaggio dalla persona alla cosa.

ROBERTO ESPOSITO, Le persone e le cose, Einaudi, 2014, pag. 16

 

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SOMMARIO

Il Mahabharata, la strategia della tensione, l’epidemia e la patrimoniale … per cominciare 
LA SOLUZIONE TEDESCA PER I PROBLEMI DELL’ITALIA. UNA SUPERPATRIMONIALE DEL 14%.
IL VIRUS È ORMAI LOTTA POLITICA TRA DEEP STATE E PRESIDENTE
Gli sciacalli del coronavirus: la loro strategia della tensione
BAGNAI: “IL PREZZO DEL TRADIMENTO: 30 MILIARDI DI DENARI”
DUE PROFEZIE DI GUSTAVO ROL SULL’ITALIA
INGMAR BERGMAN, IL TEMPO E L’ESSERE
Ecco perché il 25 aprile non potrà mai essere la nostra festa nazionale (prima parte)
Ecco perché il 25 aprile non potrà mai essere la nostra festa nazionale (seconda parte)
Comunicato AMPAS del 21/4
Banchieri, Elite, Cabala Mondiale, ecco chi sono i padroni del mondo
Coprifuoco: siamo in guerra, anche se non si sentono spari
Biglino e l’Israele del Nord: la Bibbia ambientata nel Baltico?
NOAM CHOMSKY: CHI SONO I PADRONI DEL MONDO
IL RITORNO DI RITA KATZ – Stavolta contro il Nazista Mascherato
BAGNAI: L’UMILIAZIONE NAZIONALE OTTENUTA DA CONTE.
L’Italia nell’UE ha fallito: le parole di Germania e Austria lo dimostrano
BlackRock, ecco fini e minacce del fondo americano super green di Fink
Immuni: le reazioni ci dicono che il problema della privacy è più ampio
STUPEFACENTI: IL REATO DI LIEVE ENTITÀ
SI STA AVVERANDO la profezia di GUSTAVO ROL
MAROCCHINA: COME VENDEVA PERMESSI FALSI AI CLANDESTINI
Scheggia
Confagricoltura al Governo: “Regolarizzare immigrati? Meglio impiegare i disoccupati”
INFLAZIONE DEL TITOLO DI STUDIO: QUANTO CONTA DAVVERO LA FORMAZIONE?
BREXIT, SOVRANITA’ E TEORIA MONETARIA MODERNA.
WIND TRE: “Credo negli esseri umani”… ma ti faccio parlare con un robot
IL GENOCIDIO CHE NON VOGLIAMO VEDERE: 400 MILIONI DI ABORTI IN CINA (IMPOSTI DALLA LEGGE DEL FIGLIO UNICO)

 

EDITORIALE

Il Mahabharata, la strategia della tensione, l’epidemia e la patrimoniale … per cominciare 

Manlio Lo Presti – 24 aprile 2020

Nubi scure si stanno addensando sopra il cielo italico.

  1. Aumentano i segnali di una ripresa della strategia della tensione. Tempo fa ho ricevuto notizie di un convoglio di un centinaio di TIR intercalati da un furgoncino ogni dieci di essi viaggiare a velocità bassa lungo una strada di un paesino adiacente a Genova di notte, verso le 2,30. Alcuni hanno chiesto alle autorità cittadine del paesello XXX senza avere alcuna risposta. In questi casi, l’efficienza della P.A. è fulminea: probabilmente tutti i comuni attraversati hanno avuto l’ordine tassativo di non dire nulla? Che tipo di carico è stato trasportato? Casse da morto? Armi leggere e/o alimenti a lunga conservazione destinati a forze paramilitari stile Gladio acquartierate in vari punti del nord-nordest italiano per azioni di repressione di eventuali tumulti popolari spontanei e/o pilotati da servizi segreti di Paesi a noi confinanti e nemici da sempre??? ¿QUIEN SABE? La storiella sarà vera, sarà falsa, ma è comunque un sintomo che l’aria sta cambiando in peggio, ovviamente!
  2. Epidemia-pseudo-pandemia. Vengono segnalati in numero esponenziale i comportamenti arroganti e minacciosi e, direi, anche pericolosi, delle pattuglie destinate alla sorveglianza dei tratti viari e degli incroci, che trattano molto duramente cittadini che hanno la colpa di essere italiani e non MIGRANTI-CLANDESTINI-PAGANTI-VOTANTI-RISORSE-INPS, Rom, spacciatori/geometri (riporto la squallida definizione che UN NOTO GIORNALE DEL NORDOVEST, allineato graniticamente con l’asse infernale cattocomunista quadrisex antifa neomaccartista, ha ripetuto per mesi). In osservanza esecutiva delle direttive degli ALTI COMANDI IMMIGRAZIONISTI GLOBALISTI, migranti, Rom, spacciatori non possono essere trattati duramente, GLI ITALIANI INVECE POSSONO ESSERE UMILIATI VESSATI MINACCIATI INSEGUITI DA MIGLIAIA DI DRONI (mai usati però per intercettare barchini e spacciatori clandestini nelle città: SAREBBE STATO RAZZISMO che contro gli italiani non è previsto!!!). L’autorazzismo contro la popolazione italiana è un segnale conclamato di strategia della tensione destinata a limitare e paralizzare reazioni della popolazione che deve rimanere recintata per dare il tempo agli ALTI COMANDI di colpire la ex-italia:
  3. Con la fuga dei risparmi verso l’estero con fusioni ed acquisizioni ad hoc – con il silenzio dell’Avatar del colle, delle autorità di vigilanza e dei servizi segreti italiani;
  4. Alla cessione delle ultime imprese valide – con acquisti a prezzi stracciati grazie alle quotazioni azionarie di borsa in caduta verticale;
  5. Con pilotate secessioni territoriali (Sicilia agli USA per incrementare guerre HAARP contro l’Est; Sardegna alla Francia; Nordest sotto protettorato austro-tedesco).
  6. Tassazione patrimoniale pesantissima delle case di proprietà (si parla del 14% del valore di mercato dei beni colpiti) – per costringere il 45% dei proprietari a svendere il bene a finanziarie nordeuropee. Si    avrebbe il crollo abissale del valore delle restanti proprietà che sarebbero poi rastrellate con minacce, carcerazioni, rastrellamenti ed altra strumentazione classica in uso nelle strategie della tensione e del colpo di Stato.

La situazione economica e sociale si sta deteriorando giorno per giorno. Nessuno cercherà di trovare soluzioni condivise perché:

  • Il Parlamento è totalmente ricattato per cocaina, pedofilia, debiti, corruzione e quindi non può fare una mossa;
  • Il Morping tace: decide di non decidere – ben cosciente che anche l’immobilismo ha i suoi vasti effetti!
  • I servizi segreti italiani cosa stanno facendo? Forse ben poco per il fatto che i suoi vertici sono stati nominati dal ridetto Parlamento neutralizzato ed esautorato e dal ridetto Morphing immobile come un ghiozzo di palude.

La ex-italia è nella zona di influenza dell’asse infernale satanista transumanista tecnotronico demofobico del DEEP STATE DI CLINTON OBAMA SOROS GATES KISSINGER POTESTA PELOSI ROTHSCHILD ZUCKERBERG BEZOS KATZ ABRAMOVICH GIORNALI WEB CINEMA E SPETTACOLO.

Questo asse infernale sta tentando ripetutamente di assassinare Trump (ci hanno già provato dieci volte e hanno incendiato parti del Trump Tower) che, assieme a Putin, sta tentando di eliminare assieme alla Cina alleata dell’O.M.S. e la più GRANDE RICICLATRICE DI DENARO SPORCO DEL PIANETA utilizzando sagacemente Hong Kong, Singapore, Londra e altri paradisi fiscali, anche il massiccio utilizzo della piattaforma BLOCKCHAIN, il 5G e il web profondo dove sciamano indisturbati servizi segreti di tutto il pianeta, banche, imprese, speculatori, trafficanti di armi, trafficanti di materiale nucleare e di altre amenità simili.

P.Q.M.

Per coloro che hanno ancora capito e per coloro ampiamente più numerosi che girano la testa dall’altra parte, l’Italia è al centro di un imminente scontro titanico fra due principali schieramenti planetari.

Forse saremo spettatori di una nuova e forse più micidiale battaglia mondiale rispetto a quella descritta negli 82.000 versi del Mahabbhatha e svoltasi oltre 10.000 anni fa.

NON AVREMO IL TEMPO PER ANNOIARCI!

 

 

 

IN EVIDENZA

LA SOLUZIONE TEDESCA PER I PROBLEMI DELL’ITALIA. UNA SUPERPATRIMONIALE DEL 14%.

14 04 2020

Ecco verso cosa vi porterà il governo Conte…..

 

Una prestigiosa rivista di economia e management tedesca, Manager Magazin, ha pubblicato la soluzione per il problema del debito pubblico italiano, una soluzione, semplice, lineare ed empirica: una bella superpatrimoniale del 14%.

Il discorso è semplice, alla fine ripete il consiglio dato da diversi economisti tedeschi in passato (citiamo dal testo):

Il punto di partenza per le mie considerazioni sono i seguenti fatti (tutti i numeri arrotondati):

  • Gli italiani hanno un patrimonio privato di 9.900 miliardi di euro.
  • Il debito dello stato italiano è di 2500 miliardi di euro.
  • Il PIL italiano prima del coronavirus era di 1.800 miliardi di euro.
  • Una tassa del 20 percento sulla ricchezza privata comporterebbe 1980 miliardi di euro: lo stato avrebbe quindi debiti di 520 miliardi di euro, che corrispondono a meno del 30 percento del PIL. Se si voleva ridurre il debito al 60 percento del PIL, una tassa del 14 percento sulla ricchezza privata era sufficiente per ridurre il debito pubblico.

Perfetto, non è vero? Una bella patrimoniale del 14% e passano tutti i dolori, La perfetta ricetta europea, basata sui saldi netti. Poi il fatto che :

  • non si possa cedere il 14% di un immobile;
  • le famiglie magari non hanno il 14% del valore del proprio immobile in cash e dovrebbero indebitarsi;
  • i beni “Mobili”si chiamano così perchè possono “Sparire”
  • che abbiamo già una patrimoniale, anzi due, la prima si chiama IMU, la seconda bollo sui depositi bancari, e nessuna delle due abbia risolto qualcosa;

Tutto questo passa in seconda fila, insieme al fatto che un’idea del genere farebbe saltare i mercati mobiliari ed immobiliari.

Del resto in una tabella loro guardano solo una colonna, quella del debito pubblico, pur essendo ben coscienti che il debito totale è quello che è importante:

Certo i tedeschi, nemici del debito, sono in una posizione molto migliore di tutti gli altri paesi europei, ma neanche noi saremmo messi male. Un tentativo forzato di far calare il debito pubblico usando la ricchezza privata sarebbe in grado solo di far crescere anche il debito privato. Però questa idea, fondamentalmente stupida, continua a circolare in Germania e nelle menti italiane collegate in modo automatico a Berlino.

Comunque grazie al MES, al SURE ed al futuro Fondo di Ricostruzione, tutti debiti da ripagare con più tasse, l’espropriazione si realizzerà o diventerà necessaria. Sia con aumenti dell’IMU, cioè seguendo la tattica della “Rana Bollita”, o con il taglio secco e brutale, avremo una nuova patrimoniale per pagare i debiti europei. L’importante è che ne siate coscienti.

FONTE:https://scenarieconomici.it/la-soluzione-tedesca-per-i-problemi-dellitalia-una-superpatrimoniale-del-14-ecco-verso-cosa-vi-portera-il-governo-conte/

IL VIRUS È ORMAI LOTTA POLITICA TRA DEEP STATE E PRESIDENTE

VIDEO QUI: https://youtu.be/klzQy1Z1xQU
(di Umberto Pascali, basato in USA e contributore di GlobalResearch)
FONTE:https://www.maurizioblondet.it/il-virus-e-ormai-lotta-politica-tra-deep-state-e-presidente/

 

 

 

 

Gli sciacalli del coronavirus: la loro strategia della tensione

In questi giorni nei quali l’epidemia sta finendo, diventa sempre più evidente come i poteri che ci dominano siano composti da veri e propri sciacalli, pronti a sfruttare la nostra condizione di crisi per i propri bassi interessi. In natura, sciacalli, iene e avvoltoi si nutrono di cadaveri, attaccano gli animali indeboliti per nutrirsi nelle loro carni. Ma nel mondo animale questo corrisponde al mantenimento di equilibri dettati da Madre Natura per mantenere prosperi gli ecosistemi. Non c’è un elemento morale di Bene o di Male nell’istinto animale dettato dalla Natura. Negli esseri umani, privi di un superiore istinto, ed affidati per la loro crescita alle scelte del libero arbitrio, l’elemento morale invece c’è, affidato a noi, e non a Madre Natura.… Quindi quella di avventarsi su una preda indebolita o morente per mangiarne le carni è una scelta morale. E’ il Male, che attraverso di noi si scatena predatoriamente contro la libertà, la salute, i diritti, il Bene di qualcun altro. Gli sciacalli del potere si avventano sulle proprie vittime perché ritengono di poter usare le loro debolezze a proprio vantaggio. Privi di morale, legati solo all’ambizione, al potere, al denaro che viene loro distribuito in cambio dell’obbedienza dalle piramidi del potere mondialista anticoscienza.

Questo gioco degli sciacalli umani diventa più trasparente quando l’umanità nel suo complesso è sottoposta ad una sofferenza: ne sono esempio da sempre le manovre predatorie che sempre si verificano sfruttando situazioni di emergenza e debolezza Hooded man in the shadowdelle masse, come le guerre, le carestie, le epidemie, le crisi economiche… Ogni volta tanti hanno sofferto e pochi sciacalli si sono ingrassati. Quello che avviene è proprio quello che fanno gli usurai o le mafie, che si avventano a mangiare le carni delle proprie vittime, prima mettendole in difficoltà e poi usando nel tempo proprio le loro difficoltà per spremerle, a volte fino all’ultimo. Ed ecco in questi giorni i poteri mondialisti oscuri che si avvalgono dell’Onu e dell’Oms, alimentatori di una depravata Big Pharma, per avventarsi come sciacalli su una umanità indebolita per trarne potere, controllo, obbedienza, manipolazione e denaro. Prima sostengono le strane pratiche dei laboratori cinesi o delle società vacciniste di Bill Gates, poi sono attenti a dare, attraverso i loro pretoriani – gli pseudo-scienziati venduti al potere – una serie di indicazioni sbagliate.

Come quella delle mascherine da non mettere all’inizio, quando servivano per limitare l’infezione, ma da mettere dopo, nei prossimi mesi, quando serviranno solo ad alimentare le ansie e le paure della gente. O come quella per le case di riposo che dovevano ospitare malati positivi usciti dagli ospedali, creando una vera e propria strage di anziani innocenti. E poi lì a fornire dati sempre manipolatti, falsati, usandoli come strumenti di morte fisica e di terrorismo, di strategia della tensione…. In attesa salvifica del Messia Vaccino, che tutto sistemerà. Fino a quel momento, difficilmente molleranno la preda. Almeno, con campagne di strategia della tensione. E allora proprio per questo, per mesi, invece di dare una immagine seria e concreta di questa malattia – che forse, chi lo sa, gli stessi sciacalli potrebbero aver prodotto – la usano come clava per condizionare e schiavizzare l’umanità. Una emergenza iper-evidenziata quasi solo con notizie negative, fomentatrici di paure, per indurre Zingarettiun’accettazione supina di un nuovo dogmatico farlocco papato scientifico. E per continuare ad agitare la gente anche quando è chiaro che tra qualche giorno sarà finita l’emergenza.

Nelle scorse settimana bastava dire: tranquilli, sta per finire, manteniamo il necessario distanziamento sociale, ma stiamo sereni; tra qualche giorno, tra qualche settimana sarà finito questo sacrificio di massa. Ci vuole solo un po’ di pazienza e ripartiremo. Eh no, lo sciacallo non molla alla sua preda… e allora lancia ancora adesso messaggi terrorizzanti: “Dovremo convivere con il virus”, quando è invece molto probabile che si riduca e si depotenzi a normale influenza, come sempre è accaduto nel passato, e come affermano importanti scienziati in tutto il mondo. E invece no: strategia del terrore, così più facilmente accetteremo di essere seguiti elettronicamente, di essere ulteriormente schiavizzati, ipervaccinati, ipercontrollati. E certamente cercheranno di vaccinarci il più possibile: ci vorranno vaccinare tutti, come ha già fatto l’ineffabile Zingaretti, che ha emesso una incredibile ordinanza che obbligherà nel Lazio tutto il personale sanitario a vaccinarsi contro l’influenza pena la sospensione dal lavoro, e tutti gli over 65 a farlo per non vedersi limitati nei movimenti. Così vorranno ipervaccinarci tutti con vari pretesti. Le nostre libertà verranno limitate. E più la preda sarà indebolita e limitata nei suoi liberi movimenti, più sarà facile il gioco degli sciacalli, degli avvoltoi e delle iene.

E su questo grande gioco dei predatori di cadaveri o di esseri indeboliti, si avventano i governi, le fazioni, partiti; gli industriali, i sindacati, i mercati finanziari; i grandi poteri mondiali, europei e nazionali, in lotta tra loro per cercare di sfruttare la situazione per qualche piccolo o grande vantaggio. E poi le spinte fazionali aumentano sulla nostra pelle: teniamo il goveno; no, buttiamolo giù; Mes, non Mes; 5 Stelle contro Pd, spaccature tra destra e sinistra e all’interno della destra e della sinistra. Sciacalli! Tutti solamente alla ricerca di un qualche vantaggio dalla situazione. Tutti a giocare sulla nostra pelle. La verità è che a loro della gente non importa proprio nulla. Siamo guidati da gruppi di umanoidi morali informi, privi di Bill Gatescoscienza, venduti solo alla propria ambizione egoistica. Tutti uguali: presidenti, capi di governi, uomini dei partiti, dirigenti di multinazionali, di sistemi bancari… Tutti uguali, sempre intenti ad ingrassarsi avventandosi sulle carni di qualcuno – da indebolire per divorarne le risorse o i poteri o le libertà. E la gente? La gente che ha vissuto e vive questa esperienza, ridotta a conoscere solo attraverso i media del potere, che fa?

Tanta gente non capisce più niente, e prende le parti, come tifoserie sportive: e ci sono gli elogiatori dello sciacallo tale che combatte contro gli avvoltoi o le iene, e poi i sostenitori delle iene e quelli degli avvoltoi… Tutti intenti ad esaltare e sostenere chi comunque sta mangiando le loro stesse carni, le carni della loro stessa libertà e salute, per ingrassarsi. Smettiamola di prendere le parti su quale degli sciacalli ha ragione, o se hanno più ragione gli sciacalli, le iene o gli avvoltoi. Fanno tutti lo stesso mestiere di cercare di tenerci deboli per mangiare le nostre carni e la nostra psiche. Ma in effetti di cosa si nutrono, mentendoci, manipolandoci, volendoci vaccinare, controllare, impaurire, schiavizzare? Si nutrono della nostra libertà. Reagiamo, resistiamo! Ma facciamolo nei modi giusti. Non cadiamo nella facile trappola di reagire con violenza, con rabbia, con paura, perché un’anima indebolita dai cattivi sentimenti perde lucidità, perde la dimensione vera di ciò che è bene, e diventa una preda ancora pià facile di quegli stessi sciacalli che vuole combattere. E allora? Usiamo questa crisi e l’assedio degli sciacalli intorno a noi per diventare più coscienti, più centrati, meno manipolabili. Più padroni delle nostre azioni. Meno trascinati dalle iene che ci circondano. Più attenti al Bene vero che possiamo fare intorno a noi, proprio là dove siamo, in Carotenutofamiglia, con i vicini, nel lavoro, con gli amici, nelle nostre associazioni.

Usiamo questa crisi indotta e gonfiata per uscirne più forti, più interiormente liberi, più liberi dagli sciacalli che da milleni cercano si divorare e spartirsi le nostre carni e le nostre anime. E’ il tempo di una nuova Resistenza Pacifica, fatta di buoni sentimenti, capace di costruire coscienze nuove più consapevoli e amorose. Non facciamoci divorare le nostre libertà, non facciamoci fare a brandelli l’anima. Se ci vorranno controllare per forza non accetteremo i loro strumenti di controllo; se ci vorranno dare certi farmaci per forza, cercheremo in ogni modo di non farlo; se mentiranno sui loro continui attacchi al nostro sistema immunitario, faremo di tutto per rafforzarlo; se vorranno impaurirci e farci arrabbiare fino alla violenza, faremo di tutto per maneneterci decisi e indignati, ma sempre lucidi ed equilibrati. Non offriremo passivi la nostra anima e il nostro corpo alle loro zanne feroci. Quanto più cercheranno di limitarci esteriormente, di dividersi le nostre spoglie mortali, tanto più rafforzeremo il nostro libero Spirito immortale.

(Fausto Carotenuto, “I giorni dello sciacallo”, video-editoriale da “Coscienze in Rete” del 20 aprile 2020).

FONTE:https://www.libreidee.org/2020/04/gli-sciacalli-del-coronavirus-la-loro-strategia-della-tensione/

 

 

 

BAGNAI: “IL PREZZO DEL TRADIMENTO: 30 MILIARDI DI DENARI”

VIDEO QUI:https://youtu.be/nq2XiJ7FMdQ

Un grido di dolore in una disperata e strenua difesa della libertà politica e della democrazia che stanno per soccombere alla dittatura sanitaria ed eurocratica.

Perché il governo continua a volerimporre Immuni, la app che in tutti cellulari italliani farà conoscere a ignoti controllori ogni nostro spostamento e  altre cose personali di ogni italiano.
Significativa la tentata interruzione del discorso di Bagnai, quando qualcuno urla che la monetizzazione del bilancio statale da parte della banca centrale produrrebbe inflazione. La tesi ordoliberista smentita da deceni dagli economisti, un nome per tutti il Nobel Stiglitz.

Qui è l’ignoranza dei neo-primitivi che si credono sapienti perché ripetono il politicamente corretto vigente a Francoforte. Fra l’altro, gli ignoranti, inconcussi dal fatto che a dire le stesse cose di Bagnai è Stefano Fassina, economista che è deputato di LeU. A dimostrazione che si tratta della difesa della nostra sovranità democratica, nazionalee popolare, in periclo estremo a causa delle forze eversive che dominano a Bruxelles, e qui attraverso i collabò.

FONTE:https://www.maurizioblondet.it/bagnai-il-prezzo-del-tradimento-30-miliardi-di-denari/

 

 

 

DUE PROFEZIE DI GUSTAVO ROL SULL’ITALIA

16 11 2018                      LETTURA NECESSARIA E ATTENTISSIMA

 
“Non temete se dirò delle cose tremende, però vi assicuro che non sono qui per essere cattivo, bensì, per aiutarvi, ammonirvi e finalmente confortarvi per ciò che avverrà in un futuro assai prossimo.”

8 ottobre 1975, estratto di un messaggio avuto durante uno dei famosi “esperimenti” di Rol.Penso che siano in pochi a non conoscere chi sia stato Gustavo Adolfo Rol.
Eviterò pertanto di scrivere inutilmente righe e righe di testo nel tentativo di descrivere questo personaggio, amatissimo dai più, ma anche osteggiato e criticato, da altri.
In rete ci sono migliaia di siti e filmati che parlano di lui e dei suoi prodigi, come esistono altre fonti che cercano di dare una spiegazione razionale a quell’aurea di magia che ha sempre circondato Rol, per tutta la sua vita.

Io ci tenevo ad avere in questo “archivio” di profezie, anche queste attribuite a Rol: una molto famosa e nota, l’altra, forse, un po’ meno.

Partirei da quella meno conosciuta, il cui incipit avete letto ad inizio articolo.

Questa profezia è stata comunicata da uno degli “spiriti intelligenti” di cui tanto parlava Rol, attraverso la scrittura automatica. Nonostante ciò, Rol ci teneva a discostarsi da qualsiasi pratica “spiritista” e “medianica” gli si volesse attribuire.

Ad ogni modo, durante uno dei suoi esperimenti, l’8 di ottobre del 1975, davanti a numerosi testimoni, Rol compie uno dei suoi soliti straordinari, incredibili, miracolistici, giochi con le carte e, in quell’occasione, compare anche un messaggio.

Il messaggio viene attribuito allo “spirito intelligente” di un ex anarchico mangiapreti, come viene definito, che si era già presentato in un’occasione precedente.

Riporto ora la trascrizione di questa che, a tutti gli effetti, è una profezia relativa al nostro paese, l’Italia.

“Non temete se dirò delle cose tremende, però vi assicuro che non sono qui per essere cattivo, bensì, per aiutarvi, ammonirvi e finalmente confortarvi per ciò che avverrà in un futuro assai prossimo.

È perfettamente inutile oggi recriminare e lamentarsi di una situazione alla quale tutti gli Italiani ed anche voi, proprio voi, avete contribuito con la vostra ignavia e per l’egoistico interesse del vivere in pace. 


Così la guerra avrete e con la guerra anche la più sanguinosa delle rivoluzioni.

Francamente ditemelo: se dovreste mai in questo stesso momento presentarvi al cospetto di un giudice supremo, avreste mai il cuore sereno, libero e fiduciosamente certo di essere assolti? 

Che cosa, che cosa avete mai sacrificato del vostro interesse alla necessità del vostro prossimo (alludo a quello povero, il più umile, il più diseredato ed afflitto)? 

Quale, quale è stato l’intento vostro, se non quello di ammassare beni ed orgoglio, egoismo, intemperanza e crudeltà? 

Certamente, crudeltà anche, dal momento che più volte, infinite volte nel corso della vita avete derubato di un gesto di carità od almeno di comprensione coloro ai quali avete venduto, ed a caro prezzo, i frutti della non vostra intelligenza. 

Tutte queste cose non vi seguiranno nella tomba, né le ritroverete se qui dove ora siete dovreste per sventura vostra tornare. Queste mie parole non assurgono ancora al senso di un rimprovero, bensì ad un benevolo, forse paterno ammonimento. 

Ma questa mia voce sarà l’unica, la prima e l’ultima occasione che vi ho offerta

Il denaro accumulato ben oltre i limiti fissati dalla previdenza, il cibo ingerito a squarciapancia, ben oltre le necessità volute da un normale appetito, la libidine di una esaltazione sessuale lungi assai dai soavi aneliti che il vero amore suggerisce e tutto ciò sempre, sempre, sempre a scapito di altri: furto, disordine e lussuria. 

Ditemelo voi, quali cose partoriscono queste cose? Io stesso che vi parlo fui simile a voi e guazzai nell’abbondanza e nel vizio, e forse ancora più di quanto voi facciate. Ho detto facciate, per ben distinguere quali oggi siete da ciò che forse foste o che sarete. Se fu peggio prima o se domani rotolerete maggiormente, lo ignoriamo. 

Sei vite io vissi qui, in questo immondo letamaio che è la Terra satellite del Sole e patria di Dei. Raggiunsi un altro lido finalmente benigno, ove la morte già più non atterrisce, nè l’amore si consuma e si esaurisce nell’abitudine e nel sesso. Finché degno, anche se non redento, ma la coscienza di essere stati creati dà gioia al cuore e conferisce la certezza che l’immortalità è possibile. 

Sublime rivelazione che Dio esiste, ma come esiste, che Dio è presente ai nostri delitti, che Dio può assolvere, che Dio è noi pur che noi l’avessimo voluto. 

Meraviglioso Iddio dell’amore e di tutti i sensi, di tutte le bellezze, ben oltre quelle che il vostro genio ha intuito, ben oltre il sacrificio di santi e di eroi. Dio eterno amore”.

Non c’è molto da commentare perchè queste parole sono di una limpidezza disarmante.

Un piccolo appunto sull’affermazione relativa alle “sei vite” (“Sei vite io vissi qui…) che è in disaccordo, almeno apparentemente, con quanto affermò Rol stesso, che era un cattolico convinto, dicendo che la reincarnazione non esisteva.

La prossima profezia di Rol invece è piuttosto famosa in rete.
E’ stata tratta da una conversazione telefonica con una persona che divenne amica di Gustavo Rol alla fine degli anni Ottanta.

La previsione che Rol fece nel 1991, fu questa:

“che nel 2025 in Italia vi saranno il 60% di persone “di colore” e il 40% di bianchi.”

Attenzione perchè su internet è molto diffusa una versione di questa profezia che riporta erroneamente l’anno 2020.

La conferma di questa seconda profezia e della correttezza dell’anno 2025 viene dallo stesso Franco Rol, cugino di Gustavo, che scrive:

“… l’anno non è il 2020, e purtroppo c’è in rete un video troll i cui amministratori sono inesistenti e non lo tolgono dalla circolazione. A fine dello scorso anno il testimone mi aveva comunicato di essersi sbagliato, e a inizio di quest’anno ha confermato che l’anno è il 2025“.

Siccome lo ritengo valido, riporto anche integralmente il commento che, in rete, viaggia insieme a questa profezia, anche se purtroppo l’autore è andato perso nella marea dei copia\incolla.

“Allo stato attuale siamo ancora ben lontani da questo traguardo, ma certo nel 1991 l’immigrazione era solo agli albori e non era scontato che la situazione sarebbe stata quella odierna. Occorre tuttavia riflettere su un dato forse inquietante: se Rol aveva ragione, allora per arrivare a queste percentuali occorre un qualche fatto molto grave, tra oggi e il 2025 (data corretta, n.d.r.), per accelerare il processo. Gli scenari possibili non sarebbero difficili da identificare, lasciamo però ad altri eventuali considerazioni in merito.”

(Fonte della prima profezia: Lugli, R., “Gustavo Rol. Una vita di prodigi”, 1995/2008, p. 89-91)

FONTE:http://profezierivelazione.blogspot.com/2018/11/due-profezie-di-gustavo-rol-sullitalia.html?m=1

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

INGMAR BERGMAN, IL TEMPO E L’ESSERE
di Desirée Massaroni
Prefazione di Bruno Roberti

ZONA 2019
pp. 210 illustrate b/n – EURO 19,90
ISBN 9788864387987

In questo saggio illustrato si perlustra il tema del tempo che innerva il cinema di Bergman e in particolare quattro film cruciali: Il posto delle fragole, Il settimo sigillo, Il volto, L’ora del lupo. Da tale angolazione critico-teorica, nella riproduzione ossessiva dell’epopea quotidiana, gli individui che il regista rappresenta appaiono scissi tra il proprio io interiore e il mondo esterno, tra la maschera e il desiderio. La loro inettitudine a vivere si rovescia nell’interrogazione costante sul senso del tempo nel momento stesso in cui essi vivono, in una sorta di messa in abisso tra il sé sociale e la coscienza.

Parola e silenzio in Bergman cortocircuitano proprio rispetto alla biunivocità del tempo e dello spazio all’interno di una divaricazione e di una attrazione tra la presenza dell’attore portatore di parola nello spazio di durata dell’inquadratura e del primissimo piano (i monologhi e le confessioni in macchina così amate dal regista svedese) e la virtualità di una immagine che si rifrange nel tempo silenzioso delle epifanie di visione (il silenzio ovattato dei suoi incubi a occhi aperti, oppure l’enigmatica mutacità dei volti e delle loro risonanze). Desirée Massaroni mette bene in luce questo ricorrere di personaggi muti e della consistenza di “voci che guardano”, di sussurri avviluppati nel compiersi di una cerimonialità misteriosa che appare e scompare improvvisamente (per esempio nelle visioni demoniache incise in quell’ora epifanica tra luce e buio di L’ora del lupo), proprio in connessione con un sentimento di manipolazione del tempo. (dalla prefazione di Bruno Roberti)

Indice del libro
Spazio interdetto e apertura del tempo in Bergman, di Bruno Roberti
CAPITOLO 1
1.1 Il tempo che parla al cinema di Ingmar Bergman e Ingmar Bergman che parla al tempo / Passato, presente e futuro / Il tempo e l’anima
1.2 Il cinema e il tempo / Il triplice tempo e Paul Ricoeur / L’intrigo e il cinema / Fabula e intreccio nel cinema
Note
CAPITOLO 2. IL POSTO DELLE FRAGOLE
2.1 Il tempo della realtà
2.2 Il tempo dei sogni
2.3 Il tempo della memoria
Immagini
Note
CAPITOLO 3. IL SETTIMO SIGILLO
3.1 Il tempo della morte
3.2 Lo spettacolo teatrale. La diegesi nella diegesi
3.3 Lo sguardo: le allucinazioni e il tempo
Immagini
Note
CAPITOLO 4. IL VOLTO
4.1 La magia e la società come manipolazione del tempo
4.2 L’immagine della morte come creazione di verità
Immagini
Note
CAPITOLO 5. L’ORA DEL LUPO
5.1 L’ora del lupo
5.2 Il tempo dei demoni o dell’eros
In conclusione
Immagini
Note
BIBLIOGRAFIA
Testi teorico-metodologici di carattere generale
Testi teorico-metodologici sul cinema
Monografie su Bergman
Riviste
FILMOGRAFIA DI INGMAR BERGMAN

FONTE:http://www.editricezona.it/ingmarbergman.htm

 

 

Ecco perché il 25 aprile non potrà mai essere la nostra festa nazionale (seconda parte)

Roma, 24 apr – Venendo all’esame della tanto decantata “superiorità” morale e civile dei partigiani, rispetto agli avversari “fascisti”, ebbene anch’essa dovrebbe essere rivista, dato che è ormai assodato che i “resistenti” si resero responsabili di atrocità e massacri ai danni degli avversari e non solo durante il conflitto, ma anche a guerra finita (2 maggio del 1945). Queste atrocità, a prescindere dalla tipologia e dall’entità, per il fatto stesso di essere avvenute, dovrebbero confutare l’idea – da sempre considerata “dogma” indiscutibile – di una superiorità morale e politica dei “vincitori” rispetto ai “vinti”, se non altro perché tale “superiorità” avrebbe dovuto essere dimostrata dai “vincitori” – sul piano storico, morale e politico – con i fatti, ossia con azioni di alto profilo etico e, pertanto, di segno diametralmente opposto a quanto viene generalmente imputato alla controparte, generalmente dipinta come un’accozzaglia di “bruti”, assassini e torturatori.

A queste osservazioni, però si potrebbe obiettare – come è stato fatto – affermando che la guerra è, per definizione, “inumana” e “crudele” e che, pertanto, le “crudeltà”, gli “assassinii” non possono essere sempre evitati e, spesso, sono utili per conseguire la vittoria. Perfetto, ma se ciò vale per i “vincitori”, dovrebbe valere anche per i “vinti” che, a quanto sembra, fino ad oggi, non hanno ottenuto molta indulgenza di fronte al “Tribunale della Storia”. La verità storica, al di là della retorica, è un’altra, e cioè che la “guerra” praticata dai partigiani, tra il 1943-1945 (ma anche oltre), non fu esattamente la stessa “guerra” praticata dai “vinti” che, a dispetto dei guerriglieri, costituivano un esercito, con tanto di divise, armi, soggetto a regolamenti interni e regole del diritto internazionale – ius in bello – da rispettare (almeno formalmente), come le convenzioni dell’Aia (1899 e 1907) e la Convenzione di Ginevra (1929). La guerra praticata dai “vincitori”, invece, era la “guerriglia”, cioè una forma particolare di guerra che, per sua stessa natura, è fatta di sabotaggi, uccisioni individuali, attentati dinamitardi, terrorismo militare e psicologico e che, ieri come oggi, sfugge al rispetto di tutte quelle limitazioni etico-giuridiche che, invece, caratterizzano – o dovrebbero caratterizzare – un ordinario conflitto inter-statuale (S. Peli, Storie di Gap. Terrorismo urbano e Resistenza, Torino 2014).

Terrorismo più che resistenza

D’altronde, è ormai assodato che molte delle azioni di sabotaggio e “assassinio” compiute dai gruppi resistenziali noti come Gap (Gruppi d’Azione Patriottica) e Sap (Squadre d’Azione Patriottica) – composti, quasi esclusivamente, da militanti comunisti – avevano un chiaro significato politico, più che militare, e miravano soprattutto a creare le condizioni di un’insurrezione generale contro l’occupante tedesco e il suo alleato fascista che, in realtà, non ci fu mai, come è testimoniato dai noti fatti di Via Rasella, un attentato dal chiaro significato politico – in cui perirono anche civili – progettato ed eseguito, non a caso, il 23 marzo del 1944, cioè nel giorno dell’anniversario della fondazione del Fascismo (G. Pisanò, Sangue chiama sangue, Milano 1962). D’altronde, molti dei combattenti della “guerra di Liberazione” avevano già avuto modo di sperimentare certe “specialità” terroristiche nella “Guerra di Spagna” (1936-1939) e non solo ai danni di militanti falangisti, ma anche di preti, civili, “nemici di classe” e persino “compagni politici”, come avvenne ai trotskisti membri del Poum (Partito operaio d’unificazione marxista) o agli anarchici, vittime di vere e proprie “purghe” interne al fronte repubblicano sul modello staliniano (A. Beevor, La guerra civile spagnola, Milano 2006). Non a caso il motto delle Brigate Internazionali fu “Oggi in Spagna, domani in Italia” e così puntualmente avvenne.

Pertanto, non ci si deve meravigliare se sotto il piombo gappista caddero anche – e prevalentemente – fascisti “moderati”, più disposti al “compromesso”, anche col fronte antifascista, come i federali Igino Ghisellini (novembre 1943), Aldo Resega (dicembre 1943), Eugenio Facchini (gennaio 1944) e Arturo Capanni (febbraio1944), oppure intellettuali, cioè persone per definizione poco avvezze alle armi, come l’antichista Pericle Ducati (febbraio 1944), il filosofo Giovanni Gentile (aprile 1944) e il filologo classico Goffredo Coppola (aprile 1945). Il copione era quasi sempre lo stesso: pedinare, studiare le abitudini della vittima e, poi, assassinarla mentre, disarmata, rientrava a casa o prendeva il tram e comprava il giornale. Un copione già attuato durante un’altra “guerra civile”, quella del 1919-1922, spesso dimenticata, e di cui, la “seconda”, più tragica e violenta, rappresentò – dopo vent’anni “di pausa” – il tragico epilogo (M. Franzinelli, Squadristi, Milano 2003). Molti anni dopo, questi metodi violenti furono fatti propri dalle Brigate Rosse e dalle altre formazioni terroriste “di sinistra” che, consapevolmente, si richiamarono a quegli “illustri” precedenti (A. Saccoman, Le Brigate Rosse a Milano. Dalle origini della lotta armata alla fine della colonna «Walter Alasia», Milano 2013).

Ovviamente, nessuno dei nomi di quegli uomini che caddero sotto il piombo gappista è, oggi, ricordato, eppure ci si potrebbe riempire un libro. La cosa non deve meravigliare, perché si tratta di un “silenzio consapevole”, lo stesso “silenzio” che, nei manuali scolastici, grava sulla già citata “guerra civile” del 1919-1922, e sui suoi morti – Giovanni Berta (+1921), Lucio Bazzani (+1922), Giuseppe Dresda (+1922), Nicola Bonservizi (+1923), Armando Casalini (+1924) – o su tragici episodi di sangue – eccidio del Castello Estense di Ferrara (1920), strage del teatro Diana di Milano (1921), strage di Empoli (1922) – che, oggi, quasi nessuno ricorda, ma che furono imputabili ai “marxisti” italiani (G. Pisanò, Storia del Fascismo, voll. III, Milano 1988-1990, vol. I). Ovviamente, è quasi inutile sottolineare come, nella gran parte dei casi, molte delle eroiche “azioni militari” gappiste – che valsero ad alcuni solenni onorificenze – non ebbero alcun effetto concreto sull’andamento generale della guerra o della “campagna d’Italia”, anzi, furono spesso sconfessate e condannate dal comando alleato o dal governo del “Regno del Sud” e contribuirono ad esacerbare i rapporti tra fascisti, tedeschi e popolazione civile che, nella gran parte dei casi, fu lasciata dai partigiani alla mercé di rappresaglie.

Violenze e viltà

A tutto ciò bisogna aggiungere anche il fatto che le violenze partigiane investirono non solo combattenti o ex combattenti, ma anche individui che non avevano mai impugnato un’arma, cioè simpatizzanti veri o presunti del fascismo, preti, proprietari terrieri, donne. Tutto questo – ormai storicamente provato – dovrebbe far comprendere, ancora di più, come certi “sofismi” di cui, da anni, si nutre il dibattito storico e politico sulla “Resistenza” italiana, siano decisamente stucchevoli, oltre che pervasi da profonda “ipocrisia”. Come non dimenticare, ad esempio, il tributo di sangue pagato dalle Ausiliarie della Rsi? Circa 6000 donne, arruolate su base volontaria nel Servizio ausiliario femminile (Saf), non armate e mai impiegate in combattimento ma che, a guerra finita, subirono “trattamenti” atroci: malmenate, rapate a zero, ricoperte di sputi, stuprate e, molte volte, uccise (G. Pisanò, Sangue cit.). Mai, per la violenza perpetrata contro queste signore, c’è stata una presa di coscienza seria e una posizione di netta condanna da parte di chicchessia, se non altro perché fu vera e propria “violenza gratuita” che non ebbe alcun esito politico se non quello di dare libero sfogo ai più bassi istinti.

Furti e rapine

Ovviamente, i “resistenti” non si macchiarono solo di “reati di sangue” ma, più volte, fecero dell’“illecito” una vera e propria professione: rapine, furti, abigeato ai danni della popolazione civile, costituivano, soprattutto nelle aree rurali, fenomeni assolutamente ordinari, come mise in luce, a suo tempo, quel grande “giornalista d’assalto” che fu Giorgio Pisanò (+1997) – di cui fu debitore, sul piano storiografico, lo stesso Giampaolo Pansa (+2020) – nella sua monumentale Storia della guerra civile (1943-1945) pubblicata nel 1965, in occasione del “ventennale” della “guerra di Liberazione”. Lo storico e giornalista – poi senatore del Msi – dimostrò fonti alla mano come, soprattutto in aree rurali, la popolazione sporgesse regolarmente denuncia alle autorità della Rsi contro le angherie delle brigate partigiane presenti in zona che, abitualmente, confiscavano, senza pagare, bestiame e ogni derrata utile all’approvvigionamento degli uomini, sottraendo ai civili risorse preziose in tempo di guerra. Pisanò, quindi, smontandola pezzo per pezzo, mise in crisi l’idea di un rapporto sereno e felice tra “resistenti” e civili, facendo luce anche su altre abominevoli pratiche, come l’uso della “taglia” per “abbattere” l’avversario politico.

Cacciatori di taglie

Molto spesso, infatti, sui fogli “di partito” antifascisti, stampati clandestinamente, i “resistenti” promettevano laute ricompense a chi “facesse fuori” il noto fascista locale, ovviamente senza preoccuparsi minimamente delle eventuali rappresaglie che, ai danni della popolazione, avrebbero potuto scaturire da quelle azioni, perché ciò rientrava pienamente nella strategia di stampo terroristico da loro adottata e a prescindere dall’inutile querelle – che dura da più di mezzo secolo – sull’esistenza, o meno, di manifesti dei comandi fascisti o germanici che minacciavano ritorsioni in caso di attentati.

Le rappresaglie

Venendo, ora, all’analisi delle rappresaglie operate dai tedeschi sulla popolazione civile – che, molto probabilmente, furono la causa di più di 9 mila morti – si rammenti che il “diritto di rappresaglia” era previsto dalle “leggi di guerra” e che la vulgata tradizionale ha molto spesso taciuto fatti importanti, con l’intento specifico di far apparire gli esecutori di queste misure terribili come dei “pazzi criminali”, impedendo, però, che le dinamiche che sottostavano a certe tragiche vicende venissero a galla (G. Pisanò, Storia della guerra civile cit., vol. II). Ad esempio, la fucilazione di alcuni antifascisti, avvenuta a Milano, nell’agosto del 1944, da parte dei fascisti, su disposizione del comando germanico, e l’esposizione dei loro cadaveri in Piazzale Loreto – dove, l’anno successivo, fu esposto per i piedi anche Mussolini con i gerarchi fucilati a Dongo – avvenne in conseguenza di un attentato partigiano compiuto in viale Abruzzi ai danni di una colonna tedesca che era solita, in quella strada, distribuire viveri alla popolazione (quindi non a depredare o fucilare). L’attentato di viale Abruzzi non ebbe alcuna rilevanza sotto il profilo militare, ma conseguenze disastrose sul piano umano e sociale perché, oltre alla rappresaglia conseguente, causò la morte e il ferimento di molti civili che assistevano alla distribuzione dei viveri (G. Pisanò, Storia della guerra civile cit., vol. III).

Sempre riguardo al “diritto di rappresaglia”, ci si dimentica spesso anche del fatto che, in molte sentenze emesse dalla giurisdizione militare italiana e alleata alla fine della guerra, in vicende giudiziarie specifiche connesse al conflitto, esso fu riconosciuto pienamente legittimo. Infatti, non tutti sanno che, nel 1948, uno dei principali responsabili della rappresaglia seguita all’attentato gappista di via Rasella (nell’attentato partigiano, eseguito il 23 marzo del 1944, erano morti 33 soldati altoatesini, riservisti appartenenti al III battaglione “Bozen”, della polizia militare germanica), cioè il colonnello Herbert Kappler (+1978), capo delle SS e della polizia a Roma, fu condannato all’ergastolo, dal tribunale militare di Roma, non per l’esecuzione della rappresaglia (in tutto 335 Italiani fucilati, tra cui due iscritti al Partito fascista repubblicano e Aldo Finzi, sottosegretario alla Presidenza del primo governo Mussolini) – che fu considerata legittima (sentenza del 20 luglio 1948) – ma perché gli fu imputata, a titolo d’omicidio premeditato, l’uccisione di 5 italiani in più (335 anziché 330), di quelli che avrebbero dovuto essere effettivamente fucilati, in base al criterio applicato dai tedeschi e, cioè, “10 italiani per ogni tedesco ucciso”.  Invece, l’atto terroristico dei gappisti fu giudicato come illegittimo dal tribunale militare, cioè contrario alle “leggi di guerra”, perché eseguito in autonomia, in spregio delle direttive emanate dal governo Badoglio – che, nel 1944, si trovava a Salerno – e che miravano a salvaguardare lo status di Roma “città aperta” e, quindi, ad evitare che l’Urbe continuasse a subire il martellamento dei bombardamenti alleati (G. Pisanò, Storia della guerra civile cit., vol. II). Inoltre, ai gappisti fu contestato, dal tribunale militare, il possesso di alcuni requisiti – richiesti dalla Convezione dell’Aia del 1907 – per l’attribuzione della qualifica di “combattenti” a gruppi di volontari armati.

Le torture

Riguardo poi alla tortura – praticata sui prigionieri nel corso della “guerra civile” – la letteratura e la cinematografia hanno contribuito a diffondere l’idea che essa fosse “prerogativa esclusiva” dei tedeschi e dei fascisti o, comunque, delle formazioni “irregolari di polizia” che agivano nel territorio della Rsi, come le famigerate “bande” Koch e Carità, che operavano spesso, in condizione di semi-illegalità, al servizio dei tedeschi. Questa visione, ovviamente, risente della convinzione, ormai risalente, secondo la quale la “violenza” è connotato “naturale” – quasi antropologico – dei fascisti. In realtà, questa è una mistificazione facilmente smascherabile e non occorre certo rispolverare il solito armamentario anti-Titino sulle Foibe, per scoprire che la tortura era pratica comune anche tra le formazioni partigiane operanti in Italia, ovviamente non per puro sadismo, ma per la necessità di carpire dai prigionieri informazioni militari preziose. Si pensi che, nel novembre del 1944, a Bologna, un rastrellamento fascista e tedesco attuato in località Porta Lame, portò all’occupazione dei ruderi dell’Ospedale Maggiore – distrutto dai bombardamenti alleati – e da tempo utilizzati come “base” di alcuni gruppi gappisti. I fascisti scoprirono che i sotterranei dell’edificio erano stati riadattati dai partigiani a “sale” di tortura dei prigionieri, di cui vennero rinvenuti molti cadaveri, denudati e orrendamente mutilati (G. Pisanò, Il vero volto della guerra civile. Documentario fotografico, Milano 1961). Questi brevi esempi – non esaustivi – rivelano quindi l’esistenza di comportamenti ed azioni, imputabili ai partigiani, certamente non “in linea” con la “superiorità” civile e morale attribuita, da più di mezzo secolo, ai “liberatori”, ma che una più attenta conoscenza dei fatti può facilmente smentire.

Altro che combattenti!

Un altro dato poco noto, ma che accresce ancora di più la complessità del fenomeno resistenziale, è questo: alla fine della guerra, quando molti fascisti ed ufficiali tedeschi furono tradotti davanti alla giustizia militare italiana ed alleata, per rispondere delle loro azioni, molti tribunali riconobbero legittima – alla luce delle leggi vigenti in tempo di guerra – la loro condotta, per quanto umanamente spietata, ma negarono legittimità giuridica a molte azioni compiute dai partigiani cui, in molti casi, fu negato addirittura lo status di “combattente”, per tutta una serie di motivi di rilevanza giuridica quali, ad esempio, la mancanza di una divisa o di segni esteriori che rendessero chiaramente riconoscibile il ruolo di “combattente” degli autori di certe azioni belliche, la mancata impugnazione delle armi, la mancata presenza di “capi”, responsabili delle organizzazioni combattenti, durante l’esecuzione delle “azioni” (G. Pisanò, Storia della guerra civile cit., vol. II).

Questa “giurisprudenza”, elaborata dagli organi giudiziari militari, fu prontamente “ribaltata” dagli organi della giurisdizione ordinaria italiana perché, se fosse prevalsa anche in quella sede, avrebbe offerto il pretesto o, comunque, la motivazione giuridica, ai parenti di centinaia di migliaia di civili coinvolti in rappresaglie causate da azioni partigiane  – più di 9 mila persone – per proporre denunce penali contro i partigiani responsabili degli attentati e per promuovere, in sede civile, domande di risarcimento contro di loro e contro lo stesso Stato italiano (G. Pisanò, Storia della guerra civile cit., vol. II). E questo avvenne, nel secondo dopoguerra, durante i processi svoltisi a Roma, davanti alla giurisdizione militare e ordinaria, per i tragici fatti di via Rasella. I familiari delle vittime della rappresaglia tedesca sporsero denuncia contro i gappisti, autori dell’attentato, anche per ottenere congrui risarcimenti, dato che il tribunale militare di Roma, nel 1948, aveva disconosciuto all’azione partigiana il carattere di “azione di guerra”, per tutta una serie di motivi, riconoscendo, invece, la legittimità della rappresaglia. Magicamente, però, davanti alla giurisdizione ordinaria – in primo grado e in quelli successivi di appello, nel 1954, e di Cassazione, nel 1957 – la sentenza militare venne ribaltata e all’attentato gappista fu riconosciuta la qualifica di “obiettivo fatto di guerra”, paralizzando, così, l’azione giudiziaria dei parenti delle vittime contro i partigiani (G. Pisanò, Storia della guerra civile cit., vol. II).

(2-continua)

Tommaso Indelli

FONTE:https://www.ilprimatonazionale.it/cultura/perche-25-aprile-non-essere-festa-nazionale-154141/

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Ecco perché il 25 aprile non potrà mai essere la nostra festa nazionale (prima parte)

Nell’ultimo numero de Il Primato Nazionale, in un apposito inserto dedicato alla celebrazione del 25 aprile, anniversario della “Liberazione”, ci si è giustamente interrogati su alcuni aspetti problematici della Resistenza che, ancora oggi, a tanti anni di distanza da quegli eventi, sembrano sollevare dubbi e timorose reticenze. Qui di seguito, pertanto, senza inutili ripetizioni, si tenterà di fare alcune riflessioni su quell’insieme di eventi politici e militari e su alcuni aspetti di quel complesso momento storico che, per opportunità politica o quieto vivere, vengono solitamente sottaciuti dalla storiografia ufficiale e dalla manualistica scolastica. Una conoscenza consapevole del passato mira a riportare i fatti stessi alla “giusta” dimensione storica ed obbliga ad un’analisi completa, senza timore di cadere nel pantano della strumentalizzazione politica e, soprattutto, senza alcuna volontà di sminuire il sacrificio o l’eroismo di chi fu protagonista di quella drammatica stagione.

Resistenza sì, ma di chi?

Il concetto stesso di “Resistenza”, dal punto di vista squisitamente militare, fa riferimento ad un insieme coordinato di azioni belliche – attuato da eserciti regolari o da bande di guerriglieri – per impedire o contenere l’invasione o l’occupazione del territorio nazionale da parte di formazioni militari nemiche. Ebbene, se inteso così, il concetto di “Resistenza” più che ai partigiani, è molto più applicabile ai fascisti e ai tedeschi che, tra innumerevoli difficoltà, “resistettero” all’avanzata dell’VIII Armata britannica e della V Armata americana, lungo la dorsale della penisola. Le formazioni partigiane, infatti, nonostante la costituzione, nel 1944, del CVL (Corpo Volontari della Libertà) – cioè di un comando unitario – difettarono sempre di un reale coordinamento e operarono con azioni di sabotaggio e attentati “alle spalle” del fronte vero e proprio, rappresentato dalle formazioni tedesche e fasciste impegnate nella guerra.

Chi fu veramente l’invasore?

Riguardo, poi, all’invasione tedesca dell’Italia – quale evento deflagrante del fenomeno resistenziale e base della vulgata storiografica tradizionale – essa è piuttosto da leggersi come frutto di una ricostruzione “mitologica” a posteriori, in parte derivante da un’errata sovrapposizione di quei fatti agli episodi del Risorgimento italiano – di cui la Resistenza si propose come “continuatrice” – e anche di un’impropria assimilazione del “tedesco” all’“austriaco”. È infatti noto che, il 9 luglio del 1943, quando gli Alleati sbarcarono in Sicilia – Operazione Husky – l’Italia era in guerra contro di loro, in quanto alleata della Germania, pertanto lo status di “invasore”, più correttamente, dovrebbe essere attribuito agli angloamericani, anziché ai tedeschi (A. Saccoman, La Campagna d’Italia, Brugherio 2007). Questi, ben prima dell’annuncio dell’armistizio – l’8 settembre 1943 – quando cominciarono a costituirsi le brigate partigiane e furono compiute le prime azioni di guerriglia contro i Germanici – avevano già truppe della Wehrmacht di stanza in territorio italiano, dove erano giunte su richiesta del governo italiano, per rafforzare la resistenza militare del Regno d’Italia, in vista di un probabile attacco alleato al “ventre molle” dell’Asse, secondo le decisioni prese nel corso della conferenza di Casablanca (gennaio 1943) e che, nel luglio del 1943, fu attuato con lo sbarco in Sicilia. All’indomani dell’8 settembre, quindi, i tedeschi – alleati del giorno prima! – non fecero altro che rafforzare una presenza militare in parte già effettiva, inviando ulteriori divisioni nel paese con l’obiettivo di attuare l’Operazione Alarico, cioè disarmare il Regio Esercito e consentire un rafforzamento militare del fronte meridionale dell’Europa di fronte agli Alleati, perché il governo italiano aveva ormai abbandonato l’alleato germanico, sperando di “tirarsi fuori” dalla guerra (A. Saccoman, La Campagna cit., 2007).

La bufala del «secondo risorgimento»

Oltre al mito dell’“invasore”, dunque, altri miti storiografici, da tempo sedimentati nella coscienza collettiva italiana, sono quello della “unità” dei combattenti antifascisti, della loro presunta “superiorità” etico-politica – rispetto ai fascisti – e della “rappresentatività nazionale” – quindi realmente patriottica – delle formazioni militari partigiane. Tutto ciò, dunque, giustificherebbe la celebrazione annuale del 25 aprile e costituirebbe il fondamento più autentico della Repubblica e dell’Italia, quale Nazione. Ma è, realmente, così? La celebrazione del 25 aprile quale evento fondatore della Nazione, dell’Italia, presta il fianco ad una palese falsificazione storica, perché l’Italia, piaccia o non, si costituì in Stato unitario, in corpo politico nazionale, né per merito dei comunisti, né degli azionisti, né dei fascisti, ma dei “liberali”, e non nel 1945, ma nel 1861! Il 17 marzo di quell’anno – data non più oggetto di celebrazioni ufficiali – l’Italia nacque o, meglio, “rinacque”, dopo secoli di divisioni interne e domini stranieri, e senz’altro non per merito dei partigiani.

L’Italia, come Nazione, con tutti i suoi problemi e limiti oggettivi politici, sociali ed economici fu, dunque, il prodotto del Risorgimento, cui non è certo assimilabile la Resistenza che fu, oltre una guerra contro lo “straniero”, soprattutto una “guerra civile”, interna, tra “fratelli”, che causò la morte di centinaia di migliaia di connazionali, vittime di attentati ed omicidi premeditati (mai teorizzati, a quanto risulta, da Mazzini, Cavour o da Cattaneo). Occorre dunque ribadire con forza che, al di là delle azioni militari compiute dai partigiani contro l’esercito tedesco, la Resistenza fu, essenzialmente, una spietata “guerra civile”, in cui italiani uccisero, consapevolmente e volutamente, per scopi essenzialmente politici e non militari, altri connazionali (G. Pisanò, Storia della guerra civile in Italia 1943-1945, 3 voll., Milano 1965-1966, vol. I). Tutto ciò rende un po’ difficile, anche a livello concettuale, attribuire al 25 aprile il ruolo di fondamento granitico della Nazione.

Partigiani divisi

Bisogna, inoltre, rammentare che la “Resistenza” italiana non fu neanche un fenomeno unitario, né dal punto di vista ideologico, né militare, come certa vulgata storiografica o cinematografica ha, a lungo, sostenuto. Le brigate partigiane ebbero un unico elemento coagulante nella contrapposizione armata verso fascisti e tedeschi ma, per il resto, agirono, per lo più, in totale autonomia e anche con esiti catastrofici. Ogni gruppo combattente, detto brigata – escludendo le poche formazioni cosiddette “autonome”, che ebbero scarso peso nell’andamento complessivo del conflitto – aveva un proprio “referente” politico nella galassia dei partiti prefascisti, sciolti durante il regime, ma ricostituitisi all’indomani del 25 luglio del 1943. Questa intrinseca diversità delle componenti resistenziali – comunisti, socialisti, azionisti, democristiani, liberali, repubblicani, demo-laburisti, “autonomi” – più volte presente anche all’interno degli stessi partiti e raggruppamenti militari, viene più volte enfatizzata quasi fosse un elemento “positivo”, se non “costruttivo” e “arricchente” della Resistenza italiana, quando, in realtà, fu causa di aspri conflitti non solo “dialettici” – si rammenti l’eccidio di Porzûs (febbraio 1945) – durante e dopo la conclusione della “guerra civile”.

Più imboscati che militanti

Anche il grado di “consapevolezza ideologica” dei singoli partigiani è stato volutamente enfatizzato, al fine di dare alla lotta contro il tedesco e il fascista una chiara valenza politica, ma non è così (G. Pisanò, Storia della guerra civile cit., vol. I). Nonostante l’esistenza della figura del “commissario di brigata” – quale garante di un’“ortodossia” politica spesso inesistente – e la presenza, all’interno delle medesime formazioni combattenti, di vecchi militanti antifascisti, provenienti dall’esperienza del confino o del carcere, è difficile rintracciare una reale “consapevolezza ideologica” nella gran parte dei giovani cresciuti sotto una dittatura monopartitica e nelle sue organizzazioni giovanili. Pertanto, le reali motivazioni del “salire in montagna”, andrebbero ricercate nella necessità di sfuggire ai bandi di arruolamento della Rsi o, nei casi peggiori, nella necessità di sottrarsi alla giustizia militare o civile, o anche nel semplice desiderio di “avventura”.

Non è un caso che le prime formazioni partigiane si costituirono all’indomani dell’armistizio, in seguito all’aggregazione di “sbandati” del Regio Esercito, che si era letteralmente dissolto al sole. In ogni caso le contrapposizioni ideologiche, già presenti allo stato endemico, durante la guerra, quantomeno tra l’élite dirigente della Resistenza, esplosero alla fine del confitto quando, nel 1947, si arrivò alla scissione tra socialisti del Psiup (Partito socialista d’unità proletaria) e socialdemocratici, che fondarono il Psli (Partito socialista dei lavoratori italiani) poi diventato, nel 1952, Psdi (Partito socialdemocratico italiano). Nel 1948, all’interno dell’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), costituita nel 1944, ed egemonizzata dai partigiani comunisti e socialisti, si arrivò alla scissione dei liberaldemocratici e cattolici – poi riunitisi nella Fivl (Federazione Italiana Volontari della Libertà) – mentre i partigiani repubblicani e socialdemocratici, a loro volta, costituirono la Fiap (Federazione Italiana Associazioni Partigiane). Sempre nel ’48, avvenne la scissione tra le varie componenti ideologiche sindacali – socialista, comunista, cattolica, liberal-repubblicana – confluite, nel 1944, nell’unitaria Confederazione Generale del Lavoro, e che diedero vita a Confederazioni sindacali proprie (Uil e Cisl) (G. Crainz, Storia della Repubblica. L’Italia dalla Liberazione ad oggi, Roma 2016). Questa frammentazione, a tratti litigiosa, all’interno del “fronte resistenziale”, suscita non poche perplessità e mette in dubbio il carattere realmente “nazionale”, cioè unitario, del fenomeno combattentistico partigiano.

La mitologia del 25 aprile inventata a posteriori

Inoltre, le diversità tra i raggruppamenti della Resistenza, al di là di impropri paragoni, non erano certamente assimilabili a quelle che pure contrapposero i patrioti del Risorgimento italiano, perché questi ultimi, al di là delle posizioni personali, furono sempre tenuti insieme dal collante ideologico offerto dal “liberalismo” ottocentesco. Infine, si tenga anche presente che la disomogeneità ideologica, interna alla Resistenza, ebbe modo di manifestarsi non solo sul piano strettamente politico, cioè delle idee, dei progetti secondo i quali il Paese avrebbe dovuto essere in futuro ricostruito – i comunisti, notoriamente, guardavano al modello bolscevico – ma, ed è cosa poco nota, addirittura sul piano del “folclore resistenziale”, che fa spesso capolino durante le cerimonie commemorative dei nostri giorni. Ad esempio, in ambito musicale, tra il 1943 e il 1945, nessun partigiano intonò mai la nota canzone Bella Ciao – oggi considerata l’inno ufficiale della Resistenza – trattandosi di una canzone delle mondine (attestata, la prima volta, nel 1906!) che solo alcuni anni dopo la fine della “guerra civile” – quando iniziava la stagione della manipolazione politica della verità storica e il suo uso propagandistico – fu opportunamente modificata e utilizzata per dare una parvenza d’unità, anche sotto il profilo musicale, ad un fenomeno storico frammentario e magmatico.

In realtà, ogni brigata partigiana ebbe il proprio “inno”, le proprie “canzoni”, come le brigate Garibaldi – di orientamento comunista e costituenti circa il 60 per cento delle forze resistenziali – i cui uomini erano soliti intonare l’Internazionale o Fischia il vento (Ribelle e mai domata. Canti e racconti di antifascismo e resistenza, a cura di  A. Portelli – A Parisella, Milano 2016). È quindi la disomogeneità interna della “Resistenza” italiana e – come si vedrà – l’esiguo numero dei suoi partecipanti, a gettare qualche dubbio sulla reale possibilità che tale evento possa assurgere a cemento unificante dell’Italia, a “collante” spirituale, politico ed etico di un intero popolo che, all’epoca dei fatti esaminati, assommava a circa 44 milioni di individui.

(1-continua)

Tommaso Indelli

FONTE:https://www.ilprimatonazionale.it/cultura/perche-25-aprile-non-essere-festa-nazionale-prima-154129/

BELPAESE DA SALVARE

Comunicato AMPAS del 21/4

Con serenità, ma anche con determinazione, i medici del gruppo della medicina di segnale (735 iscritti all’AMPAS, la nostra associazione, di cui tanti impegnati in prima linea), preoccupati per le possibili derive autoritarie in atto, desiderano fare chiarezza circa la possibilità che siano lesi dei diritti costituzionalmente garantiti per i cittadini.

1. Lesione libertà costituzionalmente garantite

In questo periodo sono stati gravemente lesi alcuni diritti costituzionali (la libertà di movimento, il diritto allo studio, la possibilità di lavorare, la possibilità di accedere alle cure per tutti i malati non-Coronavirus) e si profila all’orizzonte una grave lesione al nostro diritto alla scelta di cura. Tutto questo in assenza di una vera discussione parlamentare, e a colpi di decreti d’urgenza. Ci siamo svegliati in un incubo senza più poter uscire di casa se non firmando autocertificazioni sulla cui costituzionalità diversi giuristi hanno espresso perplessità, inseguiti da elicotteri, droni e mezzi delle forze dell’ordine con uno spiegamento di forze mai visto neppure nei momenti eversivi più gravi della storia del nostro paese.
Ora sta entrando in vigore un’app per il tracciamento degli spostamenti degli individui, in patente violazione del nostro diritto alla privacy, e che già qualcuno pensa di utilizzare per scopi extrasanitari.
Ma tra le lesioni più gravi ai nostri diritti costituzionali spicca quella legata al diritto di scelta di cura, ben definito sia nella costituzione che nel documento europeo di Oviedo. Noi medici siamo colpevoli di non aver adeguatamente contrastato, due anni fa, una legge che toglieva al pediatra di fatto ogni dignità e autonomia decisionale.
Ricordiamoci che una lesione di diritti non giustificata è sempre la premessa ad altre possibili lesioni.

2. Conflitti di interesse

Gli attori “scientifici” della redazione e della promozione della citata legge Lorenzin non sembrano essere molto diversi dai “consulenti” dell’emergenza di oggi.
Ci chiediamo se le informazioni provenienti dalle figure che operano come consulenti del Ministero della Salute siano diffuse con la comunicazione dei conflitti di interesse che essi possano avere con aziende del settore. Non sarebbe etico né lecito avere consiglieri che collaborano con grandi aziende farmaceutiche.
Sempre in tema di conflitto di interessi: è stato il Parlamento a stabilire i componenti della Task force costituita recentemente per affrontare la cosiddetta fase2? Sono presenti possibili conflitti di interesse? Tali soggetti pare abbiano chiesto l’immunità dalle conseguenze delle loro azioni. Ma non dovrebbero essere figure istituzionali a prendere “decisioni” sul futuro del nostro paese? Una cosa è la consulenza, altro è decidere “in nome e per conto”. Con quale autorità?

3. Libertà di espressione e contraddittorio

Il giornalismo dovrebbe essere confronto di idee, discussione, valutazione di punti di vista diversi. Ci chiediamo quanto sia garantita la libertà di espressione anche di professionisti che non la pensano come noi. Vediamo invece giornalisti che festeggiano la “cattura” di un povero runner sulla spiaggia da parte di un massiccio spiegamento di forze, e la sistematica cancellazione di ogni accenno a diversi sistemi di cura rispetto alla “narrazione ufficiale” del salvifico vaccino, si tratti di vitamina C o di eparina, in totale assenza di contraddittorio.
In questo quadro intossicato, le reti e i giornali maggiori mandano in onda continuamente uno spot, offensivo per l’intelligenza comune, in cui si ribadisce a chiare lettere che la loro è l’unica informazione seria e affidabile: il resto solo fake. Viene così creata l’atmosfera grazie alla quale si interviene su qualunque filmato, profilo social, sito internet che non si reputi in linea con la narrazione ufficiale. Nessuna dittatura può sopravvivere se non ha il supporto di una informazione asservita.

4. Vaccino: soluzione a tutti i mali?

Tutti aspettano come una liberazione il nuovo vaccino (che giornalisti e virologi a senso unico continuano a vantare come l’unica possibile soluzione), dimenticando alcuni fatti. Il primo è che il vaccino viene sviluppato sulla base delle proiezioni teoriche sui virus in circolo l’anno precedente, e dunque è una “scommessa” (è esperienza comune ad ogni inverno che molte persone vaccinate si ammalino comunque). Il secondo è la continua forte variabilità di un virus a RNA come il Coronavirus, di cui pare esistano già diverse varianti. Ciononostante, in dispregio anche del rischio di interferenza virale (per cui il vaccino per un virus diverso può esacerbare la risposta ad un altro virus) la regione Lazio propone l’obbligatorietà per tutti i sanitari e tutti gli over65 di effettuare vaccinazione antinfluenzale ordinaria, violando ancora una volta (se l’obbligo fosse reale) il diritto costituzionale alla scelta di cura. E i difensori della costituzione, muti. Facile immaginare cosa succederà non appena sarà reso disponibile, con iter accelerati e prove di sicurezza minimali, il nuovo vaccino salvavita. Da medici vogliamo ribadire l’importanza del rispetto della libertà di scelta di cura così come costituzionalmente definita.

5. Bambini e movimento fisico

Una nota è necessaria per capire la gravità della situazione anche per quanto concerne movimento fisico e chiusura in casa dei nostri bambini. La stessa OMS si è pronunciata nel merito raccomandando l’uscita all’aria aperta e il movimento fisico come indispensabili presidi di salute e di sostegno immunitario. Quasi tutti gli altri paesi europei hanno consentito l’uscita in solitaria per fare sport e la passeggiata con i bambini. Noi no. Con una regola di incredibile durezza, venata di un inaccettabile paternalismo (“se li lasciamo liberi poi non sono capaci di stare distanti”) abbiamo creato disagi psicologici e fisici (obesità e sedentarietà) e costretto a salti mortali i pochi obbligati al lavoro (sanitari, agricoltori, trasportatori, negozi alimentari).
Non possiamo inoltre non rimarcare la totale disattenzione di questi draconiani provvedimenti nei confronti delle famiglie con figli disabili (e in particolare autistici) per i quali il momento quotidiano di uscita all’aria aperta rappresenta un indispensabile supporto alla propria difficile condizione. I più fragili, come sempre, pagano il pedaggio più duro.
Tutto ciò non bastasse è stata scatenata la guerra del sospetto e della delazione tra gli invidiosi delle libertà altrui.
Come lucidamente scrive Noam Chomsky, mettere i propri sudditi uno contro l’altro è uno splendido sistema per qualunque dittatura per distrarre il popolo da quello che veramente il potere sta perpetrando a suo danno.
L’intervento di squadre di polizia con quad ed elicotteri ad inseguire vecchietti isolati sui sentieri non fa che rafforzare l’idea di poter essere tutti sceriffi, a dimostrazione della perfetta riuscita di induzione della psicosi da parte del potere.

6. Danni economici del lockdown: un disastro epocale

Alcuni comparti, come quello del turismo, della ristorazione o automobilistico hanno avuto riduzioni di fatturato vicine al 100%. Questo significherà, come dicono le prime stime, una decina di milioni di disoccupati. Che smetteranno di pagare i mutui in corso. Smetteranno di acquistare beni di consumo. Perderanno le loro attività o le loro aziende costruite in decenni di sacrifici. Noi medici sappiamo cosa significhi questo a livello sanitario: migliaia e migliaia di nuovi decessi. Persone che si ammaleranno, si suicideranno (le prime avvisaglie sono già visibili), ritireranno i propri risparmi in banca. Serve ripartire subito, tutti, senza tentennamenti. Per ridurre i danni, che comunque, anche si ripartisse oggi, saranno epocali. Se domani si dovesse scoprire che qualcuno ha surrettiziamente prolungato il lockdown italiano (ad oggi il più duro d’Europa) per mantenere alto il panico e trovare un ambiente più pronto all’obbligo vaccinale, ci auguriamo solo che la giustizia possa fare il suo corso con la massima durezza. La gente perde il lavoro e muore di fame, e lorsignori pontificano.

7. Le cure

Anche qui l’argomento è imbarazzante. È comprensibile che un virus nuovo possa spiazzare anche i migliori medici per qualche tempo. Ma via via che le informazioni si accumulano occorrerebbe ascoltare coloro che sul campo hanno potuto meglio capire. Un gruppo Facebook di cui molti di noi fanno parte, nato spontaneamente come autoaiuto, e che conta circa 100.000 iscritti, ha elaborato delle raccomandazioni di cura efficaci poi inviate al ministero.
Oggi che pare chiaro e assodato che il decesso avvenga a causa di una forte coagulazione intravascolare molte vite possono essere salvate con l’uso della semplice eparina. Ma non basta: servono anche attenzioni specifiche a seconda del timing della malattia: ai primi sintomi, ai primi aggravamenti, o in fase procoagulativa. In particolare a noi medici di segnale risulta difficile comprendere l’uso massivo di paracetamolo o di altri antipiretici una volta acclarato che la febbre è un potente antivirale per l’organismo. È in preparazione un documento interassociativo anche su questo delicato argomento che merita più ampia trattazione.
Ove qualcuno, tuttavia, si permetta di ritardare l’adozione di sistemi di cura efficaci, per motivi meno che chiari (e alcuni interventi televisivi volti a screditare l’eparina sembrano andare in quella direzione) si aspetti reazioni forti da chi ha rischiato la propria vita in prima linea.
La magistratura sta ora indagando sui gravi errori commessi in alcune regioni nella gestione delle residenze per anziani, veri e propri focolai d’infezione con purtroppo un numero elevatissimo di decessi, stante la fragilità e la polimorbilità degli ospiti, quasi sempre in trattamento con statine, antipertensivi, analgesici, antidiabetici. Al di là delle responsabilità regionali, che la magistratura valuterà, preme fare dei numeri: dei 22000 decessi totali nazionali ben 7000 (il 30%!) sono di degenti in RSA. Un dato sconvolgente, ma che deve farci riflettere sull’incremento importante dei decessi in alcune province.
Gli errori fatti, in buona o cattiva fede, sono costati la vita a più di 100 medici e ad un alto numero di altri operatori sanitari che sono stati mandati allo sbaraglio senza un piano preciso e senza i necessari dispositivi di protezione. A loro va la nostra più profonda gratitudine.

8. Test sierologici ritardati o non autorizzati

Uno dei modi per capire quante persone hanno già incontrato il virus (smettiamo di chiamarli “contagiati”, perché talvolta hanno avuto solo lievi sintomi influenzali e prodotto splendidi anticorpi) è quello di effettuare un test sierologico, che è di costo contenuto e che evidenzia malattia in corso (IgM+) o malattia superata e presenza di anticorpi memoria (IgG+). Chi sia IgG+ potrebbe già serenamente ricominciare a muoversi senza particolari cautele né per sé né per gli altri. Sensibilità e specificità di questi test sono altissime a differenza di quelle dei tamponi. Perché tanta ostilità da parte di governo e istituzioni sanitarie tanto da vietarne l’uso “fino ad approvazione di un test affidabile”? I casi di Ortisei (45% di positivi) e di Vò Euganeo (75%) ci dicono che probabilmente il virus si è già diffuso molto più di quanto pensiamo e che le misure in essere potrebbero non essere poi così necessarie, almeno in alcune zone d’Italia.

9. Qualche numero

Vi prego risparmiateci il teatrino delle 18. Quei numeri non sono affidabili e fanno parte di una consumata regia. A fianco di Borrelli sfilano talvolta alcune figure i cui potenziali conflitti d’interesse non vengono mai dichiarati.
Il numero dei “contagiati” è privo di senso, visto che dipende dal numero di tamponi effettuato. E la stragrande maggioranza della popolazione potrebbe già avere incontrato il virus senza saperlo. Stime della Oxford University parlano di 11 milioni di potenziali positivi già ora. Se questo dato fosse vero la letalità di Sars-Cov2 sarebbe veramente irrisoria: lo 0,05%, anche prendendo per veri i dati di mortalità. Ma anche su questi permane il terribile dubbio sui decessi PER e CON Coronavirus. Diverse testimonianze mettono in forte dubbio il dato, visto che ogni giorno in Italia ci lasciano circa 1900 persone (dati ISTAT) e non si fa fatica ad estrarne 400, tra questi, che siano anche positivi al virus. Tuttavia è dato chiaro a chi lavori in prima linea che la grave coagulazione intravascolare indotta dall’incontro tra il virus e un terreno per lui fertile (età media decessi 78 anni, media 3,3 patologie presenti) possa portare rapidamente alla morte individui fragili che tuttavia avrebbero volentieri vissuto qualche anno ancora. In Inghilterra hanno rilevato che che il 73% dei pazienti ricoverati in Terapia Intensiva per CoronaVirus è sovrappeso o obeso. Come dice il dr. Lustig: “Il virus non distingue chi infetta ma distingue benissimo chi uccide”.
Questi pazienti fragili comunque avrebbero preferito morire tra le braccia dei loro cari piuttosto che da soli in questo modo terribile.
In altri paesi hanno usato modalità di calcolo diverse. Non potremmo chiedere dati più precisi e affidabili evitando di diffondere panico e preoccupazione?

10. Altri Paesi europei e non: lockdown molto diversi

Altri paesi sia in Europa che nel mondo stanno adottando lockdown parziali molto meno rigidi di quello italiano, tanto che il lockdown completo viene ormai tristemente chiamato “all’italiana”. Eppure abbiamo il problema da prima di tutti gli altri e ci stanno facendo credere che lo chiuderemo buoni ultimi. Per colpa dei runner e dei bimbi a passeggio, ovviamente. Peccato che in molti paesi europei la passeggiata di adulti e bambini, la gita al mare, l’accesso alle seconde case sia quasi ovunque consentito, a patto di mantenere il distanziamento sociale. Ma non eravamo nell’Europa unita? Perché questa crudeltà nella sola Italia? Siamo ancora il paese cavia? Richiediamo con forza di allinearci al più presto alle direttive in essere nella maggior parte dei paesi europei.

11. Sostegno al sistema immunitario: i sani proteggono

Un punto chiave, che è sfuggito totalmente ai nostri governanti e ai nostri media è che i sani (quell’85% delle persone che ha incontrato il virus e nemmeno se ne é accorto, o ha subito lievi sintomi, costruendo presto gli anticorpi necessari) conducono uno stile di vita più sano che ne ha irrobustito e forgiato il sistema immunitario. Mangiare sano, fare sport quotidiano, condurre una vita meno stressante (magari abitando fuori città), assumere vitamine e integratori naturali, fare a meno di farmaci inutili, rinunciare a fumare, a drogarsi o a bere senza controllo, rappresenta un impegno che si vorrebbe vedere in qualche modo valorizzato come comportamento virtuoso quantomeno in relazione al risparmio che consente al sistema sanitario nazionale e, in questo caso, alla protezione dalla diffusione del virus e alla non occupazione di un posto letto, lasciato così libero per un altro.
Invece se accendiamo la TV vediamo solo pubblicità di farmaci e di dolciumi. E tra i pochissimi negozi aperti, in pieno lockdown, lo stato ha pensato bene di lasciare le tabaccherie. Fuma, riempiti di dolci, stai sedentario e ingozzati di farmaci: questo il messaggio che lo stato ci ha dato in questo periodo. Tanto, presto, arriverà il vaccino.

12. Le richieste

Consapevoli del fatto che il futuro sarà nuovo e diverso solo se capiremo che la nostra biologia non ci consente di vivere in città superaffollate, inquinate, fumando, drogandoci e mangiando solo cibi industriali e raffinati in completa sedentarietà, vogliamo sperare che il “dopo emergenza” possa essere migliore del “prima”. Ma questo potrà avvenire solo se avverranno molte delle cose che siamo qui a richiedere, alcune immediate, altre a breve.
Richiediamo dunque con forza, a nome dell’associazione AMPAS e dei 735 medici che ne fanno oggi parte (nonché dei numerosi simpatizzanti non medici):
  • L’immediato ripristino della legalità istituzionale e costituzionale, richiamando il parlamento alle sue funzioni democratiche e al dibattito che necessariamente deve scaturirne.
  • L’immediata cancellazione di task force e di consulenti esterni i cui conflitti di interesse potrebbero essere letti, nel momento in cui si affidino loro responsabilità non previste istituzionalmente, come un aggiramento delle regole democratiche.
  • L’immediato ripristino del diritto al lavoro per milioni di italiani, che se non possono avere il proprio stipendio saranno presto alla fame con conseguenze prevedibili di ordine pubblico (nel rispetto delle nuove regole di distanziamento fino a che sarà necessario)
  • L’immediato ripristino del diritto allo studio per milioni di bambini, ragazzi, studenti universitari che sono stati da un giorno all’altro privati di uno dei loro diritti fondamentali (nel rispetto delle nuove regole, fino a che sarà necessario)
  • La protezione del diritto alla scelta di cura, già violato da precedenti leggi, per impedire l’obbligatorietà di ogni possibile nuovo trattamento sanitario. Ogni nuovo provvedimento emesso in emergenza dovrà obbligatoriamente prevedere una data di fine del provvedimento, al fine di non “tentare” alcuni a rendere le restrizioni alle libertà una regola.
  • Il blocco di qualunque “app” o altro dispositivo informatico volto al controllo dei movimenti delle persone in palese violazione della nostra privacy.
  • L’immediata riapertura della possibilità per adulti e bambini di uscire all’aperto a praticare sport, passeggio, vita sociale, seppur nel rispetto delle regole necessarie.
  • Il ripristino immediato di una par condicio televisiva o mediatica, con ospitalità nelle trasmissioni di esponenti, ovviamente qualificati, di diversi punti di vista, con allontanamento immediato (o retrocessione a mansioni diverse) di conduttori che non abbiano saputo tener fede al loro dovere di giornalisti.
  • Dichiarazione dei propri conflitti di interesse da parte di qualunque professionista sanitario che esprima un parere televisivo o partecipi a un dibattito. L’omissione deve essere punita con un allontanamento mediatico proporzionato. Lo spettatore deve sapere se chi sta parlando riceve milioni di euro da un’azienda, o meno.
  • Il divieto di chiudere o cancellare siti o profili social in assenza di gravi violazioni di legge. Eventuali cancellazioni dovranno comunque essere tempestivamente notificate e giustificate. La rimozione di idee ed opinioni solo perché diverse dal mainstream ufficiale non è degna di un paese civile.
  • Il divieto per le forze dell’ordine di interpretare a propria discrezione le regole di ordine pubblico fissate dai decreti. Qualunque abuso, anche minimo, dovrà essere perseguito.
  • Il divieto di radiazione di medici per la sola espressione di idee diverse da quelle della medicina ordinaria. Da sempre il dialogo e il confronto tra idee diverse ha arricchito la scienza, che cambia e si evolve. Non sopravvalutiamo le nostre attuali misere conoscenze.
  • L’attivazione tempestiva di nuovi protocolli di cura in tutti gli ospedali Covid19 che, oltre a garantire la salute del personale sanitario, prevedano l’utilizzo di vitamine, minerali, ozonoterapia e tutte le cure naturali e di basso costo efficaci e documentate, accompagnando via via con farmaci più a rischio di effetti collaterali solo in caso di aggravamento, e attivando solo per la fase di crisi o pre-crisi l’utilizzo dei farmaci immunosoppressori e dell’eparina.
  • La disponibilità immediata e per tutta la popolazione di test sierologici IgM e IgG che possano consentire da subito sia di monitorare lo stato di diffusione del virus nelle diverse aree, sia dare la possibilità a chi sia IgG+ di riprendere la propria vita senza alcuna limitazione.
  • In una ipotesi di graduale diffusione dell’immunità virale, particolare attenzione dovrà essere riservata alla popolazione fragile: anziani, obesi, ipertesi, diabetici, infartuati (le categorie più colpite). Nel rispetto del diritto di scelta di cura nessun obbligo potrà essere dato se non temporaneamente, ma solo forti raccomandazioni e informazioni dettagliate sui rischi di infezione. Un individuo fragile deve poter scegliere se rischiare di morire abbracciando il suo nipotino, o restare vivo recluso in casa senza vedere nessuno.
  • Una forte campagna informativa sui rischi legati ad un cattivo stile di vita e su come tale stile aumenti il rischio di essere infettati. O vogliamo essere costretti a tenere le mascherine tutta la vita e a non poterci più abbracciare per consentire a qualcuno di fumare e di gonfiarsi di farmaci e di merendine zuccherate, disdegnando qualsiasi tipo di movimento fisico? Ciascuno resterà libero di farsi del male ma almeno lo stato non potrà dirsi complice.
  • Il divieto, almeno in questo periodo, di pubblicizzare sulle reti televisive e sui giornali farmaci e prodotti dolciari ingrassanti, al pari di come già in atto con il fumo.
  • Un aiuto immediato alle tante famiglie in crisi che a causa di questo lockdown totale hanno smesso di lavorare e di produrre reddito, con modalità molto semplici (ad esempio ticket a valore per acquisti di derrate alimentari). L’aiuto migliore per le aziende, invece dell’elemosina, sarà una tempestiva riapertura.
Medici migliori, in un paese migliore
AMPAS
FONTE:https://www.medicinadisegnale.it/?p=1052

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Banchieri, Elite, Cabala Mondiale, ecco chi sono i padroni del mondo

Banchieri

Banchieri, Elite, Cabala Mondiale: Il controllo degli Stati Uniti, e della politica globale, da parte delle famiglie più ricche del pianeta,  viene esercitato in maniera profonda, assoluta e clandestina. Questo controllo ha avuto inizio in Europa e ha una continuità che può essere fatta risalire al tempo in cui i banchieri hanno scoperto che era più redditizio fare prestiti ai governi che a singoli individui bisognosi.

Il controllo degli Stati Uniti, e della politica globale, da parte delle famiglie più ricche del pianeta,  viene esercitato in maniera profonda, assoluta e clandestina. Questo controllo ha avuto inizio in Europa e ha una continuità che può essere fatta risalire al tempo in cui i banchieri hanno scoperto che era più redditizio fare prestiti ai governi che a singoli individui bisognosi.

Queste famiglie di banchieri e i loro beneficiari asserviti sono arrivati a possedere  le imprese più importanti, nel corso di due secoli, durante i quali si sono, segretamente e in maniera crescente, organizzati come  controllori dei governi di tutto il mondo e come arbitri della guerra e della pace.

Se non capiremo questo non saremo in grado di comprendere le vere ragioni per le due guerre mondiali e l’imminente Terza Guerra Mondiale [articolo del 2011, ndr] , una guerra che quasi certamente inizierà come conseguenza del tentativo americano di conquistare e controllare  l’Asia centrale. L’unica via di uscita per gli Stati Uniti è fare marcia indietro – cosa che i popoli degli Stati Uniti e del mondo vogliono, ma l’elite no.

Gli Stati Uniti sono un paese controllato attraverso la proprietà privata della Federal Reserve, che a sua volta è controllata da un manipolo di famiglie di banchieri che si sono affermate soprattutto con l’inganno.

Nel suo interessante libro The Secret Team (La Squadra Segreta), il colonnello Fletcher Prouty, l’ufficiale addetto alle istruzioni del Presidente degli Stati Uniti dal 1955 al 1963, narra un importante episodio, in cui Winston Churchill pronunciò delle parole rivelatrici durante la seconda guerra mondiale: “In questa notte particolare c’è stato un pesante raid su Rotterdam. Rimase lì seduto, meditando, e poi, come parlando a se stesso, disse  ‘guerra sottomarina indiscriminata, senza restrizioni nei bombardamenti aerei –  questa è guerra totale’ Continuò a stare seduto lì, a guardare una grande mappa, e poi disse, ‘Il Tempo e l’Oceano e qualche stella polare e la Grande Cabala (High Cabal) ci hanno reso quello che siamo’. “

Prouty afferma inoltre: “Fu una scena memorabile e un’insolita rivelazione della realtà, nella migliore delle ipotesi. Se per il grande Winston Churchill, vi è una ‘Grande Cabala’ che ci ha reso ciò che siamo, la nostra definizione è completa. Chi poteva sapere meglio dello stesso Churchill, durante i giorni più bui della seconda guerra mondiale, che esiste, senza dubbio, la Grande Cabala Internazionale? Questo era vero allora. E’ vero oggi, specialmente in questi tempi di Ordine Globale. Questo onnipotente gruppo ha affermato la sua superiorità perché aveva imparato il valore dell’anonimato”. Questa “Grande Cabala” è la “Cabala Globale” di oggi, chiamata anche l’elite da diversi scrittori.[ David Icke in particolare]

La Grande Cabala e Quello che Loro controllano

L’elite detiene i mezzi di comunicazione, le banche, la difesa e l’industria petrolifera. Nel suo libro Chi è chi dell’Elite, Robert Gaylon Ross Sr. afferma: “È mia opinione che loro detengono i militari americani, la NATO, il Servizio Segreto, la CIA, la Corte Suprema, e molte delle corti inferiori. Essi sembrano controllare, direttamente o indirettamente, la maggior parte delle agenzie dello stato,  delle contee, e le forze di polizia locali.”

L’elite è intenta a conquistare il mondo sfruttando le capacità del popolo degli Stati Uniti. E’ stato nel lontano 1774 che Amschel Mayer Rothschild ha dichiarato in una riunione dei dodici uomini più ricchi di Prussia a Francoforte: “Le guerre devono essere condotte in modo che i popoli di entrambe le parti siano ulteriormente in debito con noi.” Egli ha inoltre dichiarato nello stesso incontro: “panico e depressioni finanziarie alla fine avranno come risultato un Governo Mondiale, un Nuovo Ordine Mondiale.”

L’elite possiede numerosi “think tanks” che operano per espandere, consolidare e perpetuare la loro influenza sul mondo. Il Royal Institute of International Affairs (RIIA), il Council on Foreign Relations (CFR), il Gruppo Bilderberg, la Commissione Trilaterale, e molte altre organizzazioni simili sono tutte finanziate dall’elite e lavorano per essa. Questi gruppi di riflessione pubblicano giornali, come il Foreign Affairs, in cui queste idee imperialiste e contro la specie umana vengono pubblicate, e poi, se necessario, allargate in forma di libri ai quali danno ampia pubblicità.

Zbigniew Brzezinski e Henry Kissinger ed altri, nonché i “pensatori” neo-con, devono la loro posizione e il buon tenore di vita alla generosità dell’élite. Questo è un punto importante che deve essere tenuto in bella vista in ogni momento. Questi pensatori e scrittori sono sul libro paga dell’élite e lavorano per loro.Nel caso qualcuno avesse dubbi su una simile affermazione, potrebbe essere di auto leggere le seguenti citazioni dal libro di  indagini scientifiche approfondite del Professor Peter Dale Scott La strada verso l’11/9 – Ricchezza, Impero, e il futuro dell’America (University of California Press, 2007 ):

… Bundy Harvard pupillo di Kissinger è stato chiamato ad essere consigliere della sicurezza nazionale, dopo aver presieduto un importante “gruppo di studio” presso il Council on Foreign Relations. Come ex assistente di Nelson Rockefeller, Kissinger era stato pagato da Rockefeller per scrivere un libro sulla guerra limitata, per il CFR. Aveva anche lavorato duramente durante la perdente campagna elettorale per la nomination presidenziale di Rockefeller nel 1968. Così Rockefeller e il CFR potrebbero essere stati esclusi dal controllo del Partito Repubblicano, ma non dalla Casa Bianca Repubblicana. (Pag. 22)

La seguente citazione da pagina 38 del libro è molto rivelatrice:

La relazione Rockefeller-Kissinger era complessa e certamente intensa. Come ha scritto il giornalista investigativo Jim Hougan: “Kissinger, sposato con un’ex assistente di Rockefeller, proprietaria di una villa a Georgetown, il cui acquisto fu possibile solo grazie a donazioni e prestiti di Rockefeller, è sempre stato un protetto del suo patrono Nelson Rockefeller, anche quando non era direttamente alle sue dipendenze”.

Il Professor Scott aggiunge:

L’arrivo di Nixon e Kissinger alla Casa Bianca nel 1969 coincise con la nomina di David Rockefeller a presidente della Chase Manhattan Bank. La politica estera  di distensione di Nixon e Kissinger  era altamente congruente con la spinta di Rockefeller ad internazionalizzare le operazioni bancarie della Chase Manhattan. Così nel 1973 la Chase Manhattan è diventata la prima banca americana ad aprire un ufficio a Mosca. Pochi mesi dopo, grazie ad un invito di Kissinger, Rockefeller divenne il primo banchiere americano a parlare con i leaders comunisti cinesi a Pechino.

Come manipolare l’opinione pubblica

In aggiunta a questi strategici “think tanks”, l’élite ha creato una catena di istituti di ricerca dediti a manipolare l’opinione pubblica secondo i desideri dell’elite. Come sottolineato da John Coleman nell’apertura del suo libro rivelatore l’Istituto Tavistock sulle relazioni umane – Un progetto per il declino morale, spirituale, culturale, politico ed economico degli Stati Uniti d’America, l’istituto fu fondato nel 1913 alla Wellington House di Londra per manipolare l’opinione pubblica. Secondo Coleman:

La moderna scienza della manipolazione di massa è nata alla Wellington House, Londra, il robusto infante tenuto a battesimo da Lord Northcliffe e Lord Rothmere. La monarchia britannica, Lord Rothschild, i Rockefeller sono responsabili del finanziamento all’impresa … lo scopo di quelli della Wellington House era quello di effettuare un cambiamento nelle opinioni dei cittadini britannici che erano fermamente contrari alla guerra con la Germania, un compito formidabile che è stato realizzato con l’”opinion making”,  attraverso sondaggi. Lo staff era composto da Arnold Toynbee, un futuro direttore di studi presso il Royal Institute of International Affairs (RIIA), Lord Northcliffe, e gli americani Walter Lippmann e Edward Bernays. Lord Northcliffe era collegato ai Rothschilds tramite il matrimonio.

Bernays era nipote di Sigmund Freud, un fatto mai menzionato, e sviluppò la tecnica della“costruzione del consenso” Quando Sigmund Freud si trasferì in Gran Bretagna, anche lui, di nascosto, divenne associato a questo istituto attraverso l’Istituto Tavistock. Secondo Coleman, Bernays ha “aperto la strada all’uso della psicologia e altre scienze sociali per manipolare  e formare l’opinione pubblica in modo che il pubblico pensasse che tali opinioni fossero spontanee.”

Il Tavistock Institute ha 6 miliardi di dollari di fondi e 400 organizzazioni  ausiliarie che sono sotto il suo controllo insieme a 3.000 think thanks, per lo più negli Stati Uniti. Lo Stanford Research Institute, l’Istituto Hoover, l’Aspen Institute del Colorado, e molti altri, dediti alla manipolazione degli Stati Uniti così come dell’opinione pubblica mondiale, sono emanazione del  Tavistock. Questo aiuta a spiegare perché il pubblico americano, in generale, è così ipnotizzato da essere incapace di vedere le cose chiaramente e reagire.

Il ricercatore del Bildelberg Daniel Estulin cita, dal libro di Mary Scobey Coltivare Umanità, una dichiarazione attribuita al professor Raymond Houghton, secondo cui il CFR è stato chiaro per lungo tempo nel dire che “il controllo totale del comportamento è imminente … senza l’auto Realizzazione dell’umanità una crisi è a portata di mano. “

Si tenga anche presente che attualmente l’80% dei mezzi di comunicazione e di stampa degli Stati Uniti è di proprietà di solo sei grandi aziende. Questo sviluppo ha avuto luogo negli ultimi due decenni. Queste società sono di proprietà dell’elite. E’ quasi impossibile per chi è a conoscenza di ciò che sta accadendo a livello globale, guardare, anche per pochi minuti, le bugie, le distorsioni e falsificazioni, riversate incessantemente da questi media, organi di propaganda e lavaggio del cervello dell’élite.

Una volta che il quadro è chiaro, è anche facile notare il silenzio criminale dei media sui crimini perpetrati contro l’umanità per volere delle élites. Quante persone sanno che i tassi di cancro a Falluja, in Iraq, sono superiori a quelli di Hiroshima e Nagasaki a causa dell’uso di uranio impoverito, e forse di altri dispositivi nucleari segreti, da parte delle forze degli Stati Uniti? Falluja è stata punita per la sua eroica resistenza contro le forze americane.

L’importanza di Eurasia

Perché gli Stati Uniti sono in Asia Centrale? Per capire questo, si devono guardare gli scritti dei tirapiedi dell’élite – Brzezinski, Kissinger, Samuel P. Huntington, e loro simili. E’ importante notare che i membri di questi think thanks pagati dall’elite pubblicano libri come parte di una strategia finalizzata a dare rispettabilità a successive, immorali e predatorie azioni illegali che devono essere intraprese per volere delle élites. Le opinioni non sono necessariamente loro – sono le opinioni dei think thanks. Questi tirapiedi formulano e annunciano politiche e piani per volontà dei loro padroni, attraverso organismi come il Council on Foreign Relations, il Bilderberg Group, ecc

Nel suo libro infinitamente arrogante La Grande Scacchiera, pubblicato nel 1997, Brzezinski ha spiegato la filosofia dietro l’esplosione militare statunitense in corso. Comincia citando i ben noti punti di vista del geografo britannico Sir Halford J Mackinder (1861-1947), un altro lavoratore per l’elite. Mackinder era un membro del ‘Coefficients Dining Club’ istituito dai membri della Fabian Society nel 1902. La continuità delle politiche dell’élite è indicata dal fatto che Brzezinski parte dalla tesi di Mackinder proposta per la prima volta nel 1904: “Chi governa l’Est Europa comanda l’Heartland: chi governa l’Heartland comanda il Supercontinente(Eufrasia): chi comanda il Supercontinente comanda il mondo”.

Brzezinski sostiene che, per la prima volta nella storia umana, una potenza non-eurasiatica è diventata preminente e deve dominare sul continente eurasiatico, se vuole rimanere la potenza globale preminente:“Per l’America il premio geopolitico principale è l’Eurasia … Circa il 75 per cento della popolazione mondiale vive in Eurasia … l’Eurasia rappresenta circa il 60 per cento del PIL mondiale e circa i tre quarti delle risorse energetiche mondiali conosciute”.

Non è solo la posizione geostrategica della regione – è anche la sua ricchezza, “sia delle sue imprese che sotto il suo suolo”, ad esercitare questa attrazione per l’élite la cui avidità di denaro e sete di potere, restano insaziabili, come se fossero afflitti da una malattia.

Brzezinski scrive: “Ma è sul campo da gioco più importante del globo – l’Eurasia – che a un certo punto potrebbe sorgere un potenziale rivale dell’America. Questa focalizzazione sui giocatori chiave e valutazione attenta del terreno deve essere un punto di partenza per la formulazione di una geostrategia americana per la gestione a lungo termine degli interessi geopolitici dell’America in Eurasia”.

Queste linee sono state pubblicate nel 1997. Milioni di persone sono morte negli ultimi due decenni, e milioni hanno perso la  casa in questa regione, ma per Brzezinski essa rimane un “campo” da gioco  e il suo trastullo! Nel suo libro, Brzezinski ha tracciato due mappe molto interessanti – una di queste porta il titolo La zona globale di penetrante violenza (pagina 53) e l’altra (pag. 124) è intitolata I Balcani euroasiatici. La prima di queste racchiude una regione che comprende i seguenti paesi: Sudan, Egitto, Arabia Saudita, Turchia, Siria, Iraq, Iran, tutti gli Stati dell’Asia Centrale, Afghanistan, Pakistan e parti della Russia e dell’India. La seconda ha due cerchi, un cerchio interno e un cerchio più ampio – il cerchio esterno racchiude gli stessi paesi della prima mappa, ma il cerchio interno comprende Iran, Afghanistan, Turchia orientale e le repubbliche ex sovietiche in Asia centrale.

“Questa vasta regione, lacerata da odi esplosivi e circondata da potenti vicini concorrenti, è probabile che sia un campo di battaglia importante …” scrive Brzezinski. Egli scrive ancora: “Una possibile sfida al primato americano dal fondamentalismo islamico potrebbero essere parte del problema di questa regione instabile.” Queste righe sono state scritte in un momento in cui questo tipo di fondamentalismo non era un problema – Successivamente  gli Stati Uniti hanno manipolato le cose e hanno scelto di crearne uno con tattiche provocatorie e ingannevoli. Secondo i suoi pensatori strategici, gli Stati Uniti potrebbero affrontare una sfida seria da una coalizione di Cina, Russia e Iran e devono fare tutto il possibile per evitare la formazione di una simile coalizione.

Per Brzezinski, il “terrorismo” – un concetto in stile Tavistock – è solo una strategia ben pianificata e ben congegnata, una menzogna e un inganno, per fornire una copertura per una presenza militare nella regione eurasiatica Centrale e altrove. Esso viene utilizzato per tenere il pubblico americano in uno stato di paura, per mantenere la Russia in uno stato di insicurezza  riguardo ad ulteriori rotture  (gli Stati Uniti hanno addestrato e sostenuto i combattenti ceceni, completamente “terroristi”) per giustificare la presenza delle truppe statunitensi all’interno e nei dintorni dell’Asia centrale.

Preparazione della Guerra al Terrorismo

Il terrorismo giustifica la trasformazione degli Stati Uniti in uno stato di polizia. Secondo ilWashington Post del 20 e 21 dicembre 2010, gli Stati Uniti hanno 4.058 organizzazioni anti-terrorismo! Queste non sono certamente destinate ai cosiddetti terroristi, che operano in Asia centrale – il numero supera di gran lunga il numero dei cosiddetti terroristi  in tutto il mondo. Lo sfrenato spionaggio interno da parte delle agenzie degli Stati Uniti è ormai un dato di fatto e il pubblico americano, come sempre, ha accettato questo a causa della collusione dei media e di Istituti come il  Tavistock di proprietà dell’elite.

Lo storico statunitense Howard Zinn si esprime molto bene: “La cosiddetta guerra al terrorismo  non è solo una guerra contro persone innocenti in altri paesi, ma anche una guerra contro il popolo degli Stati Uniti: una guerra alla nostra libertà, una guerra al nostro tenore di vita. La ricchezza del paese viene rubata al popolo e consegnata ai super ricchi. Le vite dei nostri giovani vengono rubate. E i ladri sono alla Casa Bianca.” In realtà i ladri controllano la Casa Bianca e lo fanno da lungo tempo.

Nel suo libro eccezionale Crossing the Rubicon, Michael Ruppert sottolinea che gran parte della violenza nella regione asiatica centrale così come in Pakistan, che è stato incluso in due mappe nel libro di Brzezinski, è stata “avviata da delegati degli Stati Uniti”. “Dato che queste mappe sono state pubblicate ben quattro anni prima che il primo aereo colpisse il World Trade Centre, rientrano in una categoria di prove che ho imparato al Dipartimento di Polizia di Los Angeles [Los Angeles Police Department]. Si chiamano ‘indizi’. “Ciò significa che l’esplosione del militarismo degli Stati Uniti dopo l’11/9, e l’evento stesso, erano parte di una strategia pre-pianificata e coerente di dominio globale in cui il popolo degli Stati Uniti è stato “conquistato” attraverso la legislazione totalitaria attuata sulla scia dell’11/9.

Come Brzezinski afferma:

L’America è troppo democratica a casa per essere autocratica all’estero. Questo limita l’uso del Potere dell’America, specialmente della sua capacità di intimidazione militare. Mai prima una democrazia popolare ha raggiunto la supremazia internazionale. Ma la ricerca del potere non è un obiettivo che suscita la passione popolare, eccetto in condizioni di improvvisa minaccia o sfida al senso di benessere nazionale del pubblico… L’abnegazione economica (cioè, spese per la difesa) e il sacrificio umano (vittime anche tra i militari di carriera) richiesti nello sforzo non sono congeniali agli istinti democratici. La democrazia è nemica della mobilitazione imperiale.

Certamente la legislazione post 11/9, la straordinaria espansione delle agenzie di sorveglianza sul pubblico americano è motivo di grande soddisfazione per l’elite – gli Stati Uniti difficilmente possono essere definiti una democrazia, ora. Come riportato dal Washington Post, la National Security Agency intercetta più di 1,7 miliardi di emails, telefonate e altre comunicazioni ogni giorno e le memorizza. Nessuna meraviglia che Bush ha chiamato l’11/9 “una grande opportunità” e Rumsfeld l’ha visto come analogo alla seconda guerra mondiale per “rimodellare il mondo”.

Al fine di raggiungere gli obiettivi dell’elite, gli Stati Uniti hanno distrutto la Jugoslavia, mentre la Russia restava ipnotizzata e impotente, da cambi di regime effettuati in Asia centrale, basi militari costruite in Europa orientale e Asia centrale, ed esercitazioni militari altamente provocatorie per sfidare la volontà della Russia e della Cina.  Hanno costruito una base militare in Kirghizistan che ha più o meno 500 miglia di confine con la Cina. Quando i cinesi hanno protestato per le recenti esercitazioni navali con la Corea del Sud troppo vicine al territorio cinese, un portavoce USA ha risposto: “Le decisioni in questione sono prese da noi e solo da noi … Dove ci esercitiamo, quando ci esercitiamo, con chi e come, con quali risorse e così via, sono decisioni prese dalla Marina degli Stati Uniti, dal Dipartimento della Difesa, dal governo degli Stati Uniti”. “Come nota il giornalista Rick Rozoff: Non c’è modo che un tale polemico, arrogante e volgare linguaggio non sia stato compreso nel suo giusto valore a Pechino. “

Gli Stati Uniti hanno acquisito basi in Romania, Bulgaria, Polonia e Repubblica ceca – e hanno creato la più grande base militare mai costruita nella regione, Camp Bondsteel, in Kosovo. Secondo un rapporto del giornale russo Kommersant, il 3 marzo 2011, un piano in quattro fasi per lo spiegamento di un sistema missilistico americano in Europa sarà pienamente completato entro la fine del 2020. Gli Stati Uniti sono anche impegnati a creare legami militari  bilaterali nel cortile di casa della Russia, con l’Azerbaigian, Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan e perseguono l’obiettivo di una “Grande Asia Centrale”, dall’Afghanistan fino al Medio Oriente, un grande corridoio da cui il petrolio, il gas, e le ricchezze minerarie di questa regione affluiranno nelle casse dell’elite degli Stati Uniti, a prezzo sanguinoso per la popolazione locale.

Come rilevato dal diplomatico di carriera indiano M.K. Bhadrakumar: “Non passerà molto tempo prima che comincino a capire che ‘la guerra al terrore’ sta fornendo una conveniente agenda in base alla quale gli Stati Uniti garantiscono in modo incrementale, a se stessi, una dimora permanente negli altipiani di Hindu Kush, Pamir, nelle steppe dell’Asia centrale e del Caucaso che formano il nodo strategico che domina la Russia, la Cina, l’India e l’Iran. – “La scena di  una grande guerra che coinvolge le grandi potenze del momento – Stati Uniti, Russia e Cina – è stata impostata, su progetto dell’élite. E ‘solo una questione di tempo.

Di volta in volta l’élite degli Stati Uniti ha portato la sua brava gente in grandi guerre attraverso inganni documentati da prove – l’affondamento del Lusitania durante la prima guerra mondiale, Pearl Harbour nella seconda guerra mondiale, e così via. L’élite ci considera “spazzatura umana” – un termine usato per la prima volta dai francesi in Indocina. Sta inoltre creando una buona dose di “rifiuti umani” negli Stati Uniti. Un rapporto della Banca Mondiale afferma che, nel 2005, 28 milioni di americani erano “precari” – nel 2007 il numero era salito a 46 milioni! Un americano su cinque si trova di fronte la possibilità di diventare “indigente” – 38 milioni di persone ricevono buoni pasto!

Michael Ruppert lamenta:

Il mio paese è morto. La sua gente ha ceduto alla tirannia e, così facendo, è diventata il principale gruppo di supporto alla tirannia, la sua base, il suo difensore. Ogni giorno appoggiano la tirannia facendo operazioni nelle sue banche e spendendo il loro denaro preso in prestito nelle corporazioni che lo gestiscono. La grande strategia dei  Neocons di George HW Bush ha trionfato. Convincere le persone che l’America non può vivere senza le ‘cose buone’, poi sedersi e guardare mentre esse avallano crimini sempre più oltraggiosi  mentre  voi gettate loro ossa con sempre men carne. Per tutto il tempo li tenete bloccati nel debito.Distruggete la classe media, la sola base politica che deve essere temuta. Fate loro accettare, a causa della loro colpa comune, misure sempre più repressive da stato di polizia. Fate quello che volete.

Un sistema economico globale eretto su valori inumani e predatori, dove pochi posseggono più ricchezza dei miliardi di affamati messi insieme, si concluderà, ma la fine sarà dolorosa e sanguinosa. Si tratta di un sistema in cui l’elite vive di guerra e miseria umana diffusa, sulla progettazione della morte e della distruzione. Come disse Einstein, “Io non so come  sarà combattuta la terza guerra mondiale, ma posso dirvi cosa useranno nella Quarta – clave e pietre!”

Il Prof. Mujahid Kamran è Vice Rettore, Università del Punjab, Lahore, Pakistan, e il suo libro The Grand Deception – Corporate America and Perpetual War è appena stato pubblicato (aprile 2011) da Sang e pubblicazioni Meel, Lahore, Pakistan.

(Fonte: nocensura.com)

FONTE:http://informazioneinunclick.altervista.org/blog/banchieri-elite-cabala-mondiale-i-padroni-mondo/

 

 

 

Coprifuoco: siamo in guerra, anche se non si sentono spari

(Siamo in guerra, ma non si sentono spari. C’è solo un ronzio quotidiano, che lascia indovinare un colossale imbroglio. Nessuno sa più quello che sta succedendo, ma tutti credono ancora di saperlo e vivono come in tempo di pace, limitandosi a scavalcare macerie)Treni speciali. Spiegarono che le razioni sarebbero finite e bisognava ripensare la propria strategia familiare. Così dissero. Immaginavano che ciascuno fosse già pronto, da tempo, a contare sulle proprie risorse: indumenti, cibo, utensili. Un profugo si fece avanti con una valigia di euro. Dissero che poteva tenerseli: questione di giorni, e il loro valore sarebbe crollato al di sotto di un chilo di manzo, di un litro di benzina. Uno dei portavoce parlò chiaro: fortunato chi ha un campo, un orto, un pezzo di terra. Avevano compreso? Eccome. Tant’è vero che i montanari e quelli delle colline giravano già armati. E noi? Noi che facciamo, adesso? Quando prese la parola il delegato della circoscrizione metropolitana, la riunione si sciolse. Per voi ci saranno treni speciali per portavi al sicuro, disse in modo evasivo quello che sembrava il capo, sistemandosi il cinturone della tuta mimetica.

Isoleremo le linee. Ma certo, un giorno lo faremo: isoleremo le linee, naturalmente. Applaudirono. Il vecchio monarca ne capiva pochissimo, di stregoneria telematica, ma si era affidato a sofisticati assassini, che a loro volta avevano formato giovani Esercito, checkpointpronti a tutto, micidiali sabotatori di provata fede, addestrati alla guerra segreta dei pochissimi contro i molti. Quando ci saremo stancati di spiarli, sorrise il capo delle operazioni, basterà staccare la spina: andranno tutti quanti nel pallone, senza più il loro gingillo sempre acceso. L’alto ufficiale era visibilmente spazientito, a lui interessava solo il punto seguente, quello tradizionale: la sinfonia dei cingoli. Ferraglia pesante sull’asfalto, il silenzio di piombo nelle piazze e qualche lontana esplosione, vecchia maniera, magnificamente cupa e carica di presagi.

Il capitano. E’ già successo, sopravviveremo: se non come individui, almeno come specie. Il padre accatastava utensili in un baule, mentre la donna ultimava i preparativi di sgombero delle provviste. Il piccolo stava sul tappeto e aveva fra le mani dei soldatini di plastica. A modo loro, individui. Il capitano era suo amico, sapeva perfettamente come condurre in salvo la truppa e sterminare i nemici. Catturarli? No, troppo pericoloso: potevano evadere e poi tornare coi rinforzi. Aveva sempre avuto ragione, dei nemici non c’era proprio da fidarsi. Meglio non stare a sentire le loro chiacchiere: perdi tempo prezioso, e intanto quelli ti accerchiano. Adesso metti via, gli disse la madre, passandogli scarpette e mantella: è tardi, dobbiamo sbrigarci. Il capitano finì in una scatola, con tutto il plotone.

Sono vivo, pensò il ratto. Sono vivo, pensò il ratto, sgattaiolando lungo il viottolo dismesso tra cimiteri petrolchimici. L’aria era nera, senza cielo. Del sole avevano sentito parlare lontani antenati, esseri inconsapevoli che amavano caracollarsi nell’erba, che allora era verde, e crogiolarsi al sole che irradiava luce e riscaldava la crosta terrestre. C’erano vere passioni, i giochi nell’acqua, le rincorse, gli amplessi. C’era persino la folle tempesta periodica di ormoni e neuroni, che a quell’epoca usavano chiamare innamoramento. Erano tutti ricchissimi, e non lo sapevano. Il ratto svoltò in un cantone, alla ricerca di Posto di bloccoresidui di gomma da rosicchiare. Con un po’ di fortuna, avrebbe trovato vecchie suole di vero cuoio e magari il lusso di qualche ammuffita carcassa.

Banane. Il padrone è buono, ci porta banane. Le banane contengono potassio. Generazioni di scimmie, ipotetiche nostre progenitrici, sono cresciute a banane, e senza mai lamentarsi. Mica come ai tempi viziati in cui il mondo brulicava di città, e le città brulicavano di grandi magazzini pieni di carni bovine, prosciutti, salmoni affumicati, verdure a chilometri zero e frutti esotici, succhi e salse, conserve, pasta, riso, scatolette di tonno, montagne di pomodori rossi, vaschette di gamberi e cataste di dolciumi, specialità regionali. Tutto si è, come dire, semplificato: tornando a un ordine naturale, elementare. C’è un padrone, che chiede poche cose chiare, ogni giorno le stesse. E ogni giorno, in cambio, somministra la sua razione di banane. E poi, andiamo, di potassio non è mai morto nessuno.

E poi sono arrivati con tutte le loro mercanzie. E poi sono arrivati con tutte le loro mercanzie, hanno attraccato al molo e hanno detto che bisognava comprarle, o meglio che si poteva comprarle, anche tutte quante, e se non c’erano abbastanza soldi non era un problema, perché i soldi – pure quelli – li avrebbero procurati loro, come tutto il resto; e ci sarebbe stato tutto il tempo di restituirli, con comodo, in moneta sonante e coi dovuti interessi, si capisce, o addirittura in natura, meglio ancora, Mascherinecomprese pianure e coltivi, colline, boschi, fiumi, cavalli, donne e bambini. L’ultimo degli anziani abitava da solo, in cima a un eremo. Gli dissero: è arrivato un bastimento. Il vecchio fece un sospiro, sbirciò dalla finestra e staccò il fucile dal muro.

La verità. La verità è che siamo fuori di qualche trilione. Lo so, ammise il supremo contabile; ma il problema, come sempre, è politico. Occorre ben altro che il pallottoliere: servono narrazioni, e il guaio è che i narratori ormai scarseggiano. Il Supremo aveva superato i sessant’anni ed era cresciuto al riparo dei migliori istituti, poi l’avevano messo alla prova per vedere se sarebbe stato capace di premere il pulsante. Intuì che premere il pulsante era l’unico modo per restare a bordo, e lo premette. Quando poi vide la reale dimensione del dramma, ormai era tardi: c’erano altri pulsanti, da far premere ad altri esordienti. Si fece portare un caffè lungo, senza zucchero, e provò il desiderio selvaggio di tornare bambino. Rivide un prato senza fine, gremito di sorrisi e volti amici, tutte persone innocue. Devo proprio aver sbagliato mondo, concluse, tornando alla sua contabilità infernale.

Vecchi. La commissione decise di cominciare dai vecchi. In base alle prime analisi, risultava che fossero stati in possesso di facoltà anomale. Si isolavano in luoghi deserti, o facevano il deserto attorno a sé anche nel cuore delle città il giorno di ferragosto. A volte allevavano cani, o gatti, o pappagallini ondulati. Sfogliavano giornali con elegante scetticismo, faticavano con le borse della spesa su  scale ripide e sporche, nel ventre di palazzi senza ascensore. Poi si parcheggiavano davanti al televisore, ma solo per misurare in once, a chili, la distanza reale tra vita e morte, verità e menzogna. I più deboli di cuore cedevano a volte alla tentazione della nostalgia, del rimpianto, del rimorso. I forti invece si preparavano a diventare fossili, pietre. La commissione ne era ammirata e cominciò proprio da quelli.

Ti trovo strano. Ti trovo strano, stamattina. E’ vero, ammise, è come se mi mancasse un occhio. Lascia perdere, disse il terzo: io non mi sento più le mani; prima quel maledetto formicolio, e adesso più niente. Altri due, alle loro spalle, si sorreggevano a vicenda, in modo pietoso, arrancando in silenzio. La cosa strana è che non fa nemmeno male, disse l’ultimo, Poliziache chiudeva la fila: mi son dovuto fasciare, precisò, solo per evitare un’emorragia. Sarà qualcosa che hanno spruzzato nell’aria, conclusero, proseguendo. Dietro di loro, indisturbati, li seguivano a una certa distanza gli sciacalli.

Bambini. Aveva sentito quanto bastava e decise che non c’era tempo da perdere. Appena a casa mise qualcosa nello zaino e s’incamminò su per il bosco. Il vecchio vegetava al solito posto, nella sua baracca di betulle. Ho letto che comprano bambini, gli disse. Il fossile vivente si limitò a rimestare la zuppa sul fuoco. Oggi comprano, domani prenderanno senza pagare. Ma il problema sono i genitori, brontolò il fossile, rimettendo a posto il coperchio sul pentolino. I genitori, capisci? Loro sono sempre convinti di farcela, in un modo o nell’altro. Il ragazzo esitava sulla soglia. A pensarci bene era da un po’ che non ne vedeva più, di bambini. Proprio per questo, disse ancora il vecchio, pubblicano annunci come quello che hai letto: pensano di stanarli. Sedettero. La zuppa sapeva di ortiche. E’ tutto quello che ho rimediato, spiegò il padrone di casa.

Tungsteno. L’isoletta era prospera e felice, o almeno così piaceva ripetere al governatore, sempre un po’ duro d’orecchi con chi osava avanzare pretese impudenti, specie in materia di politica economica, magari predicando la necessità di sani investimenti in campo agricolo. Il popolo si sentì magnificare le virtù del nuovo super-caccia al tungsteno, ideale per la difesa aerea. Ma noi non abbiamo nemici, protestarono. Errore: potremmo sempre scoprirne. Il dibattito si trascinò per mesi. I contadini volevano reti irrigue, agronomi, serre sperimentali, esperti universitari in grado di rimediare alle periodiche siccità. Una mattina il cielo si annuvolò e i coloni esultarono. Pioverà, concluse il governatore, firmando un pezzo di carta che indebitava l’isola per trent’anni, giusto il prezzo di un’intera squadriglia di super-caccia al tungsteno.

Sogni. Li ho visti, giurò: li hanno rastrellati casa per casa, poi li hanno trascinati giù all’imbarco e li hanno caricati nella pancia di una nave enorme, un mercantile. Credo che li useranno come schiavi, da qualche parte. La piccola vedetta aveva occhi febbrili e voce concitata. L’uomo che era comparso nella stanza dalle pareti scrostate tirò fuori delle medicine da un tascone e disse al ragazzo di prenderne ancora, perché gli avrebbero calmato i sogni. Il ragazzo allora scosse la testa e confessò che non le aveva mai prese, quelle pastiglie: le aveva gettate tutte. Disse che i sogni, ormai, erano l’unica cosa di cui ci si La lotteria dell'universopotesse veramente fidare. E poi lo sanno tutti: i sogni a volte arrivano proprio dal mare. L’uomo protestò, esasperato: ma laggiù, disse, non c’è nessuna nave. Non ancora, rispose il ragazzo.

Peste nera. Grossi topi dal pelame lucido, nutriti di scarti rimediati chissà dove, dalla collina contemplavano nella sera livida la lunga processione silenziosa, al suono triste delle campanelle della peste nera. I derelitti là in basso andavano e venivano, trascinandosi fino all’arenile dove schiumava ancora il muso enorme della balena arenata. Un vento teso disturbava l’ultima luce dopo il tramonto, ripetendo la sua canzone inutile lungo lo scafo d’acciaio del cetaceo, la grande portaerei venuta a morire sulla spiaggia.

La grande decrescita. Con un sordo brontolio si inclinò lentamente il pontone e i passeggeri cominciarono a scivolare giù; i più pronti resistettero per un po’, aggrappandosi ai rari appigli, ma poi si rassegnarono al tuffo. Quando furono tutti a mollo, l’altoparlante gracchiò qualcosa di incomprensibile. Poco dopo, seguì una cascata di bidoni colorati; toccando la superficie liquida, i bidoni si aprivano istantaneamente, come fiori galleggianti. A fatica, anche l’ultimo dei naufraghi fu issato a bordo: c’era un popolo, su quella flottiglia precaria. I canotti contenevano piccole scorte di cibo, bussole e mappe; su un foglio di plastica, accanto a rituali formule di buon augurio, c’era scritto che la grande decrescita era cominciata.

(Estratti da “La lotteria dell’universo“, di Giorgio Cattaneo; 130 racconti brevissimi, pubblicati nel 2018 da Youcanprint).

FONTE:https://www.libreidee.org/2020/03/coprifuoco-siamo-in-guerra-anche-se-non-si-sentono-spari/

 

 

 

CULTURA

Biglino e l’Israele del Nord: la Bibbia ambientata nel Baltico?

Dove pensate che sia, il Sinai? Giusto: tra Egitto e Israele. E dove scorre, il Giordano? In Palestina, certo. E il Nilo? Che domande: nasce in Etiopia e attraversa il Sudan, prima di lambire la terra dei faraoni per poi sfociare nel Mediterraneo. E se un giorno si scopre che esiste un altro Nilo, le cui acque finiscono tra le onde nordiche del Mar Baltico insieme a quelle dell’altro Giordano, che scorre anch’esso in Finlandia non lontano dal Sinai finlandese, a due passi dai toponimi Sodoma e Gomorra, gemelli di quelli biblici? Fa letteralmente girare la testa, l’ultima fatica editoriale di Mauro Biglino: “Gli dei baltici della Bibbia”, scritto con Cinzia Mele, ribalta letteralmente la geografia storica alla quale siamo abituati. Pagine sconcertanti, che scoperchiano un insospettabile Israele del Nord, perfettamente speculare alla Terra Promessa di Abramo e Mosè. Chi ha dato quei nomi a fiumi, foreste, alture e cittadine scandinave? Mistero: a quanto pare, non esistono spiegazioni a portata di mano. E’ uno stranissimo Medio Oriente quello che vive tra i nomi di località sepolte a due passi dalla tundra lappone: Arabia e Canaan, Cipro, Egitto, Gaza, Gerico, Gerusalemme. E ancora, in ordine alfabetico: Giudea, Golan, Libano, Magog e Mar Rosso, addirittura Nazareth.

Uno scherzo? Architettato da chi, e quando? Tra i fiordi e gli abeti compaiono Tiro, Troia, Sparta e il monte Taigeto: la Grecia degli dei, quella di Omero. E soprattutto le rive meridionali e orientali del Mediterraneo, le sabbie dei profeti. Vertigini: la Aurora boreale in FinlandiaBibbia è una fotocopia segreta della Scandinavia o, al contrario, sulle rive del Baltico fu riprodotta la toponomastica dell’Antico Testamento? Un sospetto: data la debolezza delle conferme archeologiche nell’area mediorientale, non può essere che l’ambientazione egiziana e palestinese del racconto biblico – data per certa dalla tradizione – sia stata completamente inventata? Gli autori non hanno la risposta, ma solo un consiglio: forse, l’archeologia dovrebbe decidersi ad aprire vere ricerche nel Nord Europa, per scoprire cosa c’è dietro quell’affollatissimo presepe di nomi, attualmente inspiegabile. Domanda centrale: è stato il Nord a colonizzare il Sud, o viceversa? Di certo, colpisce in modo immediato la verità che Biglino e Mele documentano: i rapporti tra Mediterraneo e Baltico, nell’antichità, erano intensissimi, più di quanto si possa credere. Lo provano, tanto per cominciare, i relitti di navi egizie scoperti nelle isole britanniche, risalenti al secondo millennio avanti Cristo.

Si tratta di navi che, evidentemente, avevano solcato l’Atlantico fino al Mare del Nord, per poi insediare nelle latitudini boreali una strana dinastia di regnanti, alti di statura, con gli occhi azzurri e i capelli rossi, esattamente come il Noè biblico e gli Elohim, i signori dell’Antico Testamento (di cui lo Yahwè poi divinizzato dai successivi monoteismi, secondo Biglino, altro non sarebbe che uno dei tanti esponenti). Finora lo studioso torinese, già traduttore ufficiale della Bibbia per le cattoliche Edizioni San Paolo, si era limitato, per così dire, alla demistificazione del testo antico, trasformato in testo “sacro” solo successivamente, dalle religioni ebraica e cristiana. Usando la ferrea logica del traduttore, Biglino ha rivelato per intero la nudità dei passi biblici, alla lettera: la storia del patto tra lo spietato dominatore Yahwè e la tribù degli israeliti, in guerra permanente contro tutte le altre tribù ebraiche, protette da Elohim rivali. Ma quella guerra infinita, a colpi di stragi, dove fu combattuta? Nella terra di mezzo tra Egitto, Giordania e Siria o, invece, nelle latitudini oggi freddissime della costa baltica Mauro Biglino (foto di Stefano Fusaro)settentrionale? Premessa: stiamo pur sempre parlando della Bibbia, un insieme di libri privi di fonti. Non si sa chi li abbia scritti, né in che lingua, attorno al V secolo avanti Cristo.

Si sa invece che la Bibbia fu riscritta da cima a fondo nel III secolo, in greco, dagli ebrei della colonia egiziana di Elefantina, ansiosi di farsi rispettare dal mondo ellenistico dopo che l’Impero Persiano li aveva liberati dalla umiliante “cattività babilonese” che aveva comportato, a quanto pare, la sparizione di Yahwè. Secondo i biblisti, la Bibbia dei Settanta nasce dal desiderio degli ebrei mediterranei di vantare un’ascendenza illustre, paragonabile a quella che per i greci si riverbera nell’Iliade e nella Teogonia di Esiodo. Inventandoselo di sana pianta, proprio gli ebrei alessandrini (imbevuti di cultura ellenica, ormai dominante) introdussero il concetto di “spirito” manipolando il testo originario, mentre lo stesso Antico Testamento – poi adottato dal cristianesimo – fu continuamente rimaneggiato fino all’epoca medievale di Carlomagno. A noi è giunta una delle tante versioni prodotte, in aperta “concorrenza” tra loro, cioè il Codice di Leningrado: è la Bibbia riscritta con l’aggiunta delle vocali dai biblisti Masoreti della scuola di Tiberiade. Una narrazione “aggiornata” quindi in un’epoca molto tarda, dopo che la casta sacerdotale ebraica, oltre mille anni prima, aveva comunque cominciato a fornire di quei testi un’interpretazione metafisica, in linea con la filosofia platonica.

La posizione di Biglino è nota: senza nemmeno entrare nell’immenso problema dell’esistenza di una divinità universale, e senza contestare le interpretazioni religiose, simbologiche e cabalistiche di quelle pagine, è bene sapere che, in ogni caso, la lettura in ebraico dell’Antico Testamento – anche nella sua versione attuale, largamente ritoccata – non presenta nessun indizio dei principali concetti metafisici (dunque greci, non ebraici) introdotti più tardi nella nostra cultura. Nel testo ebraico, conferma Biglino, sono completamente assenti le nozioni di divinità, spiritualità, onnipotenza e onniscienza, eternità e immortalità. Quell’aggregato di narrazioni si rivela semmai un ruvido libro di guerra, essenzialmente, nel quale l’El dei giudei – non di tutti gli ebrei: solo dei discendenti di Giacobbe – viene celebrato come valoroso condottiero, feroce coi nemici e temibile anche per i suoi, che infatti non esita a uccidere al minimo segno di disobbedienza, senza alcuna pietà nemmeno per donne e L'Östersjön, il Mar Rosso finlandesebambini. E fin qui, tutto bene – si fa per dire, perché Biglino, pubblicato anche da Mondadori oltre che da UnoEditori, resta un autore controverso, amatissimo e al tempo stesso detestato da schiere di detrattori. Tradotto all’estero in vari paesi, solo in Italia ha venduto oltre 300.000 copie, dando alle stampe una quindicina di volumi.

Generosamente disponibile, per dieci anni ha girato la penisola, isole comprese, animando straordinarie conferenze, le cui visualizzazioni su YouTube sono ormai milioni. Per inciso: nessuno si è permesso di stroncare le sue traduzioni. Lui stesso precisa: «La lettura letterale della Bibbia non è certo l’unica possibile; solo, vorrei che non fosse l’unica sconosciuta, scoraggiata e “proibita”». La tesi: «Se facciamo finta che la Bibbia dica il vero, ne vien fuori ben altra storia: nessun “dio”, ma solo un condottiero dispotico, un guerriero piuttosto anomalo». Letteralmente: un El, appartenente alla categoria degli Elohim, «parola di cui, peraltro, nessuno al mondo conosce l’esatto significato». Un potente personaggio non umano, tecnicamente “alieno” (diverso e distinto da noi), in possesso di tecnologie avanzate. Forse extraterrestre, come gli Anunnaki sumeri e gli altri Figli delle Stelle di cui parlano le tradizioni di tutti i popoli della Terra? Chissà. Ma poi: la Bibbia la dice realmente, la verità? «Anche qui: non possiamo saperlo». E tutto si complica – di moltissimo – se poi si scopre che la toponomastica biblica è riprodotta, in modo prodigioso, nelle regioni baltiche.

Che effetto fa, pensare a Venezia come a una capitale fenicia? Dove scomparvero, esattamente, i grandi marinai libanesi che sfidarono Roma dall’avamposto di Cartagine? Perché i linguisti (e non solo loro) accostano i Veneti ai Finni, da cui poi la Finaldia? Se Baal era il loro “dio”, perché non individuare quella stessa radice fonetica nella parola Baltico? Fenici nel Nord, insieme ad egizi e antichi greci? Suggestioni, tra mille ridondanze analogiche: se lo Jutland danese potrebbe essere tradotto come Giudea (Territorio di Giuda), la stessa Danimarca potrebbe essere letta come Terra di Dan, l’unica tribù ebraica in confidenza con l’arte marinara? E dunque: egizi o forse greci, se non addirittura ebrei, in un unico contesto nordico? O forse: ebrei che in realtà sarebbero sovrapponibili ad egizi, fenici e greci? I Daniti potrebbero esser diventati i Danai, gli “achei” di cui parla l’Iliade. Se Felice Vinci crede di poter scorgere “Omero nel Baltico”, come recita il titolo del suo interessante volume Una riproduzione della regina egizia Scotauscito nel 2008, Mauro Biglino e Cinzia Mele sembrano andare oltre: attorno al Mar Rosso del Nord (cioè il Golfo di Botnia, che separa la Finlandia dalla Svezia) rintracciano, lungo le antiche rotte marittime dell’ambra, anche i legami col Medio Oriente biblico e persino indizi che potrebbero essere all’origine della stessa fondazione di Roma.

L’archeologia recente sembra incoraggiare ipotesi spiazzanti. La tradizione delle isole britanniche celebra l’antico sbarco di Scota: la sorella di Tutankhamon avrebbe dato il proprio nome alla Scozia, estendendo poi il suo dominio su Inghilterra e Irlanda. E a interrogare la storiografia, oltre agli inequivocabili relitti navali, sono comparsi gioielli che, secondo gli esperti, sono identici a quelli rinvenuti nella tomba del celebre faraone. E’ un caso che la radice Dan ricorra nel nome dei Thuata de Danaan, protagonisti della mitologia irlandese? Non è tutto: gli strani regnanti dai capelli rossi, venuti dal Sud, avrebbero fronteggiato per lungo tempo un’altra dinastia di dominatori, insediatisi lungo le coste della Norvegia: il loro nome, Fomoire, può sembrare consonante con quello dei signori delle piramidi, i faraonici antenati di Tunankhamon. Va da sé: “Gli dei Baltici della Bibbia” è una lettura avvolgente e sbalorditiva, specie quando si inoltra nel clamoroso parallelo toponomastico (e tuttora misterioso) tra l’Antico Testamento e la Finlandia occidentale. Attorno allo stupefacente Sinai boreale si dipana, con Il paesaggio della Finlandiaprecisione imbarazzante, l’esatta geografia dell’Esodo, riprodotta nella terra dei lapponi. Non manca niente: dalla foresta affiora persino la Pentapoli dei filistei, a volte appena “finlandizzata” nei nomi delle città.

Re Salomone e le sue famose miniere, i Giganti come Golia, i mitici Iperborei. Nella ricostruzione di Biglino e Mele, tutto si collega: ebrei e fenici cananei, antichi greci ed egizi, in una geografia dove il Nilo nordico – esattamente come uno dei rami di quello africano – nasce dal Lago Tana (solo che quello finlandese non è circondato dall’Acrocoro Etiopico, ma dalla foresta degli abeti e delle renne). Domande, ancora e sempre: da dove vengono, quei nomi? E com’è possibile che persino le distanze tra un sito e l’altro, insieme alla loro disposizione geografica, riproducano alla perfezione la configurazione della latitudine quasi tropicale di vicende che la storia ci ha abituati a considerare solo mediterranee o africane? «Per quanto suggestiva – precisano gli autori – la semplice osservazione della geografia finlandese non può colmare le lacune storico-geografiche che scaturiscono dal testo biblico». Questo scenario, però, «apre alla possibilità di formulare ipotesi e domande fino a oggi improponibili, auspicando che futuri studi e ricerche possano fare luce su quanto sin qui emerso». Il grande problema, a monte? Gli scavi israeliani tendono a non confermare l’ambientazione mediorientale delle vicende veterotestamentarie.

Ribadiscono gli autori: riguardo al Medio Oriente, a lungo sondato dagli studiosi, «i riscontri storici e geografici, tecnologici e archeologici minimizzano la possibilità che il testo biblico (e il Libro dell’Esodo in particolare) possa essere considerato Gli dei baltici della Bibbiaattendibile, dal punto di vista storico, e toponomasticamente riconducibile alla penisola sinaitica». E appena più a ovest, dalle parti dell’antico Egitto, la visione ufficiale sembra ignorare certi tasselli “impossibili” da inserire nel modello storico attuale, benché siano scaturiti da studi accademici: «Ci riferiamo agli studi genetici degli ultimi anni, che indicano la classe dominante egiziana di alta corporatura e dai capelli rossi». Ovvero: i faraoni erano originari dell’Africa o, invece, del nord Europa? Le ultime ricerche tendono a confermare che proprio i “faraoni dai capelli rossi” possano esser stati gli strani padroni delle isole britanniche, e poi magari dell’intera area baltica, a partire dal 1350 avanti Cristo. Da quei presunti faraoni nordici si allontanò l’ipotetico Mosè, tra i canneti sulle rive del “rosso” Golfo di Botnia? Nessuno può dirlo con certezza. Biglino e Mele, intanto, aprono l’orizzonte in modo inatteso: per la prima volta offrono «chiavi di lettura sorprendenti e affascinanti, da cui potrebbero scaturire nuove visioni storiche in armonia con la geografia baltica».

(Il libro: Mauro Biglino e Cinzia Mele, “Gli dei baltici della Bibbia. L’Israele che non ti aspetti”, UnoEditori, 299 pagine, euro 16,90. Il volume è corredato da mappe, illustrazioni e da un prezioso glossario che propone, in parallelo, i toponimi biblici e quelli baltici. Cinzia Mele, co-autrice, è un funzionario della polizia italiana; alla sua prima pubblicazione, è una attenta ricercatrice in campo storico-documentale, con particolare preparazione sui racconti mitologici, spesso fonte di preziosi indizi sulla possibile storia dell’uomo).

 

NOAM CHOMSKY: CHI SONO I PADRONI DEL MONDO

Noam Chomsky
Ed. Ponte alle Grazie
pagg. 354

Chi sono i padroni del mondo?
La verità è sotto gli occhi di tutti, per cui non c’è alcun bisogno di porsi questa domanda, ne tanto meno di cercare la risposta, qualcuno potrebbe pensare. Eppure l’autore del libro si è posto la domanda e ha cercato di dare una risposta. Così si scopre che forse le cose non sono come abbiamo sempre creduto, o come ce le hanno sempre raccontate.

Ogni medaglia ha due facce, un dritto e un rovescio, e non si può mai dire con certezza qual è il dritto e quale il rovescio.

Noam Chomsky è un intellettuale statunitense, di origine ebraica, considerato il massimo esponente di linguistica al mondo, professore emerito al Massachusetts Institute of Technology (MIT), storico e attivista politico. Il suo libro inizia con il chiedersi chi siano gli intellettuali e quale sia la loro funzione per passare poi ad altre domande.

Chi sono i più pericolosi terroristi al mondo?
Perché Russia e Cina si comportano in questo modo?
In America c’è la democrazia?
Ancora domande scontate.
Forse, ma le risposte di Chomsky non sono scontate!

La sua è una analisi storico politica che mette a nudo i reali interessi che vi sono dietro le frasi altisonanti e i programmi politici della Superpotenza per eccellenza, gli Stati Uniti d’America.
Prendiamo alcuni esempi. Che cosa sappiamo di Nelson Mandela, presidente del Sudafrica e premio Nobel per la pace nel 1993? Per quale motivo, per il Dipartimento di Stato statunitense, Mandela fino al 2008 faceva parte della lista dei terroristi?
Che cosa sappiamo dell’attentato terroristico dell’11 settembre? Sappiamo che ha cambiato il mondo. In quell’occasione il presidente Bush dichiarò infatti guerra al terrorismo. Eppure l’11 settembre, del 1973, questa volta in America Latina, “quando gli Stati Uniti riuscirono finalmente nell’impresa di rovesciare il governo democratico cileno di Salvador Allende grazie a un golpe militare che insediò l’abominevole regime del generale Augusto Pinochet“, è stato completamente dimenticato… nonostante i crimini compiuti allora, dagli Stati Uniti, siano paragonabili se non superiori a quelli compiuti il più famoso 11 settembre 2001.

Perché i palestinesi continuano a prendersela con accanimento con gli israeliani? Quanti crimini di guerra sono stati commessi, e da chi, in questa guerra infinita?

Quali motivi inconfessabili hanno spinto gli Stati Uniti ad isolare Cuba dal mondo? Cosa li spaventava al punto da individuare in Cuba e nel suo capo di Stato un pericolo per la democrazia degli Stati Uniti d’America? E per quale motivo i sovietici, nel 1962, cercarono di installare dei missili proprio sul territorio di Cuba, a un tiro di fionda dal confine americano?

E ancora il Vietnam, il Laos, le manovre in acque internazionali lungo le coste cinesi, Saddam Hussein, l’Afghanistan, l’invasione dell’Iraq, la guerra al fondamentalismo islamico e ai nazionalismi, l’estensione della NATO ai confini con la Russia, la guerra al narcotraffico…

Cosa devono dimostrare, continuamente, gli Stati Uniti d’America? Forse che loro sono i padroni del mondo? L’analisi di Chomsky pare condurre proprio in quella direzione.

Naturalmente, occorre fare attenzione. Quando si parla di padroni del mondo si parla di chi tiene le redini del potere in America, una classe politica finanziata dalle grandi potenze economiche, le multinazionali e la finanza.
Il popolo americano non sembra essere tra le priorità dei politici americani più di quanto non lo sia il popolo italiano per i politici italiani.
Chi sono i padroni del mondo. Un grande libro, da leggere con attenzione e su cui riflettere.

Un libro di denuncia contro i crimini internazionali commessi dagli Stati Uniti d’America e da Israele, scritto da un americano di origine ebraica.

Dritto e rovescio, due facce della stessa medaglia… ma qual è il dritto e quale il rovescio è tutto da vedere!

Alessandro Rugolo

FONTE:https://www.difesaonline.it/evidenza/recensioni/noam-chomsky-chi-sono-i-padroni-del-mondo

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

IL RITORNO DI RITA KATZ – Stavolta contro il Nazista Mascherato

Hackerati dati sensibili del laboratorio di Wuhan, Oms e Gates Foundation: e se Q esistesse davvero?

Il mondo dei complottisti dilettanti è  eccitatissimo: ignoti hanno hackerato e  stanno diffondendo decine di migliaia di mail della  Gates Foundation di Bill Gates, dell’Organizzazione mondiale della sanità, della Banca Mondiale, dell’Istituto di Virologia di Wuhan ed il Cdc americano (Centro Federale per il controllo e la prevenzione delle malattie)  si aspettano grandi  scottanti rivelazioni riguardanti “il legame tra Bill Gates, Organizzazione mondiale della sanità e responsabilità cinesi in merito alla pandemia Covid-19”  – di cui per laverità si sa già quasi tutto dalle  fonti aperte.

Aspettiamo anche noi con ansia. Moderata. Dal  fatto che a lanciare l’informazione dell’hackeraggio-bomba è la celebre Rita Katz, con il suo SITE.

Ora,  quando uno vuol fare il complottista, non dovrebbe avere la memoria corta come  un frequentatore di movide.  E ricordare chi è Rita Katz:  agente israeliana di basso livello, è l’unica che scopriva i comunicati stampa segreti dell’ISIS (detta anche Daesh) su siti dell’islamismo terrorista e  li  faceva conoscere al mondo, precisamente ai mainstream  media, che se li beveva avidamente. Era la sola che riusciva ad avere una copia della rivista a colori e rotocalco  stampata da Daesh, in inglese, che non si vendeva nelle edicole: Dabiq.

Insomma l’israeliana Rita Katz era l’ufficio-stampa del terrorismo islamico invasore della Siria, di quell’ISIS  che – dovrebbe essere ormai noto –  è stato una creazione americano-israeliana e sauditi.

Adesso, rieccola. In che termini la Katz ha dato notizia dell’hackeraggio che  mette in pericolo  Bill Gates e il deep state?

21  aprile:

“Breaking News! Prominente gruppo neonazista sta  diffondendo  email probabilmente hackerate della ”

@gatesfoundation   & @OMS , due organizzazioni-partner nella lotta al  combattimento #coronavirus. Dati pubblicati per primi sul sito di modifica e incollaggio.

@siteintelgroup –  Dati postati per primi sul board di Chan e pasting site.

@SITE_CYBER attualmente indagando”.

Cerchiamo di  capire:

Perché  non si fa il nome del gruppo neonazista, così “prominente” ? Quanto   a Chan è quasi certamente 4chan, il sito usato da commentatori anonimi che a poco a poco si sono rivelati come patrioti in lotta contro il Deep State, fra i quali primeggia in modo assoluto “Q”, il Patriota con Q Clearance “, cioè  con accesso al livello  Q  dei segreti di Stato. Un esercito segreto di combattenti contro il deep state,  QAnon… Tipica narrativa  immaginaria  americana evocata in infiniti film hollywwodiani,  l’esercito  delle dodici scimmie, larmata Symbionese…. Beninteso: può darsi sia tutto vero;  ma non sappiamo se lo sia. Non sappiamo quanto  di vero e di falso c’è nel QAnon,  quanta informazione e  disinformazione.  La situazione ideale per gabellarvi fake news, che voi   ingenui riposterete come vere, per poi accusarvi di diffondere fake news.

Torniamo alla Katz. Twitter seguente:
Le presunte liste email / pw, che l’estrema destra  tenta  di utilizzare per le campagne di molestie, abbracciano le seguenti organizzazioni

@NIH

: 9,938

@WHO

: 2,732 (also contains non-WHO domains)

@CDCgov

: 6,857 World Bank: 5,120

@GatesFoundation

: 269 Wuhan Institute of Virology: 21

 

 Andiamo avanti. Terzo twitter:

“Il Washington Post cita il nostro SITE intelligence Group sulle email rubate all’OMS e la Fondzione Gates ed altre organizzazioni impegnate nella lotta al coronavirus. WaPo citando@siteintelgroup risultati su e-mail compromesse di@OMS,@GatesFoundation, altre organizzazioni leader nella lotta con #coronavirus. Da come vengo citata [dal Washington Post],  l’estrema destra  s’è impadronita dei dati per avviare una campagna di harassment  come “parte di un’iniziativa lunga mesi” per   usare come arma  la pandemia”.

Da ciò si vede  che, a proposito del  colossale presunto  hackeraggio, anche il  Washington Post usa  come unica fonte  Rita Katz, ; e RitaKatz   cita il WaPo che cita lei, come  fonte  e prova  della sua autorevolezza. Circolarità perfetta, attraverso cui si spera di dare solidità a una notizia… SI potrebbe far meglio.

Quarto  twitter: 

“Sono state citate  le nostre conclusioni  anche  da @VICE, , a cui ho spiegato che, nel pieno della pandemia # COVID19 , l’estrema destra sta sviluppando  una “enorme capacità di divulgare” tali contenuti, dalle teorie del  complotto  ai dati “hackerati” come  quelli https di ieri”

Che dire? Qui Rita scade un po’, dopo il Washington Post,  così autorevole, elencare il sito Vice,  che è un sito personaggi  e spettacoli, è come dire: “Hanno parlato di me Repubblica e Novella Tremila”.  Ma tant’è. L’importante è il titolo che Vice ha postato:  

“I neonazisti stanno diffondendo un elenco di e-mail e password per i dipendenti della Fondazione Gates e dell’OMS

Entrambe le organizzazioni sono oggetto di assurde teorie della cospirazione tra l’estrema destra”.

E  dove, a firma di Di Ben Makuch (…),  apprendiamo che:

“Nelle ultime settimane, gli estremisti di estrema destra si sono particolarmente innamorati della  disseminazione di  disinformazione sulla pandemia di COVID-19, alimentando le proteste e il sentimento anti-stato nella speranza di creare il caos sociale. Molti esperti hanno apertamente messo in guardia sul fatto che gli “acceleratori” – seguaci della violenta dottrina politica che richiede azioni terroristiche per accelerare il collasso della società – hanno visto un’opportunità nell’attuale pandemia di mettere alla  prova  governi già indeboliti che stanno lottando per contenere il virus. […] Come ha affermato la direttrice esecutiva Rita Katz,  “Sia per   accelerare [ il collasso],  che per mentalità cospirativa, i suprematisti bianchi e i neonazisti hanno fatto appello  a vandalizzare gli ospedali, a infettare intenzionalmente gli operatori sanitari e oltre.”

https://www.vice.com/en_us/article/akwxzp/neo-nazis-are-spreading-a-list-of-emails-and-passwords-for-gates-foundation-and-who-employees

E’  chiaro il messaggio:  ci sono potenti gruppi neonazisti, chiamati “acceleratori”, che diffondono notizia false su Bill Gates e l’OMS.

Altro  tweet  ancora. La Katz:

“I  canali d’estrema  destra  hanno visto importanti aumenti negli abbonati. Un canale popolare per condividere le liste è passato da 3.658 a dicembre a 5.317 a partire dal 21 aprile. Altri da 88 a dicembre a 424; 616 in gennaio a 1.146 ora. Pertanto, il loro potere di divulgare contenuti pericolosi sta crescendo”.

Ah Rita, Rita:  d’accordo, vuoi mettere in mezzo “l’estrema destra”, questo lo abbiamo capito;  perché non fa mai un nome? Qual è  il “canale popolare” che ha aumentato tanto i sottoscrittori, e “gli altri”,  quali  sono? Non sei capace di nominarli? Sempre così imprecisa, così  vaga… si capisce perché il Mossad non ti abbia mai voluto assumere.

Sesto twitter di Katz:

“L’autenticità dei dati è ancora oggetto di indagine, ma alcuni sono stati confermati. Gli elenchi di questi crediti, ospitati sul sito di incollaggio, sembrano essere prima pubblicati su 4chan di estrema destra. Dati non chiari sono stati recuperati / compilati da un attore (o attori ) di estrema destra, anche se non è fuori discussione”.

(o attori ) di estrema destra, anche se non è fuori discussione”.

Rita Katz

@Rita_Katz

5) Far-right channels on TG alone have seen major increases in subscribers. One popular channel to share the lists went from 3,658 in Dec to 5,317 as of April 21. Others from 88 in Dec to 424; 616 in Jan to 1,146 now. Thus, their power to disseminate dangerous content is growing.

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Rita Katz

@Rita_Katz

6) Authenticity of the data still under investigation, but some has been confirmed. The lists of these creds, housed on pasting site, appear to first be posted to far right-frequented 4chan. Unclear data was retrieved/compiled by a far-right actor(s), tho not out of the question.

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26 utenti ne stanno parlando

Andiamo al settimo twitter.

“L’estrema destra è   tuttora occupata in modo preoccupante  a compulsare le mail  “hackerate” , benché non ci siano nuove informazioni sulla sua fonte. Gli utenti condividono in modo sfrenato archivi di credenziali e-mail su più canali / gruppi dopo la rimozione da Pastebin. Alcuni hanno sottinteso che erano in grado di accedere ad alcuni account”

Ah povera Rita, povero SITE  intelligence Group,  come vi siete ridotti! Nulla sa di preciso- Sempre più vago e vacuo …  “Alcuni” chi? “Estrema destra”,questo vuoi dire e ripeti: ma  non basta,  bisogna specificare. Non ci riesci? Non hai  in mente la mappa delle estreme destre  americane, che pure  è ben nota? Non hai studiato, Katzettutccia  mia..

Andiamo all’ottavo tweet. Qui Rita Katz finalmente si riscatta. Ecco cosa dice:

Analogamente ai sostenitori dell’ISIS che riciclavano dati disponibili pubblicamente per   fare “elenchi di uccisioni” (kill lists) , all’estrema destra non importa da dove provengano questi crediti email o chi li abbia compilati; l’unica cosa che conta per loro è che è disponibile per i loro scopi (cioè diffondere teorie della cospirazione, ecc.)”.

L’estremista nero mascherato

Adesso sappiamo  almeno una cosa: siccome l’ISIS non rende più  come babau terrorista, Rita   sta cercando di sostituirla  con “l’estrema destra” non meglio identificata –  alla quale attribuisce le teorie del complotto che stanno circolando: che Bill Gates è il secondo finanziatore dell’OMS; che  sta premendo in tutte le sedi mediatiche e politiche per far accettare che solo il vaccino debellerà la pandemia; che è  in combutta con Anthony Fauci  nella operazione? Interessante, ma già noto: e le fonti non sono la vaga estrema destra. .  Ci mostri i messaggid egli “accleratori”, delle Dodici Scimmie, dei Minutemen QAnon… Deve studiare  di più, Rita

Ed anche voi, complottisti da tastiera.

FONTE:https://www.maurizioblondet.it/il-ritorno-di-rita-katz-stavolta-contro-il-nazismo/

Libia, Eni, Cina, porti e tlc. Che cosa si è detto al Copasir con Carta (Aise)

di 

14 01 2020                    DI QUESTA NOTIZIA NON SI PARLA PIÙ?

Onu

Indiscrezioni di Start sull’audizione del direttore dell’Agenzia Informazioni per la Sicurezza esterna (Aise), Luciano Carta, al Copasir (Comitato parlamentare di sicurezza della Repubblica).

Si è tenuta stamattina l’audizione del direttore dell’Agenzia Informazioni per la Sicurezza esterna (Aise), generale Luciano Carta, nell’ambito del programma avviato dal Copasir (Comitato parlamentare di sicurezza della Repubblica).

Non si è parlato soltanto di rischi di scalate estere per le imprese italiane ritenute strategiche.

In primo piano anche la Libia. Infatti, secondo la ricostruzione di Start, si è esplicitamente parlato della sicurezza effettiva dei nostri militari tra Irak e Libia.

Qual è il quadro geografico degli investimenti a rischio e l’instabilità mediterranea che potrebbero incidere sull’Italia?, è stata in sostanza la domanda che ha accomunato diversi interventi.

Qual è la sicurezza effettiva dei nostri militari a Misurata? Ci sono state pressioni sulle milizie di Haftar tramite i russi? Questi alcuni degli interrogativi.

Si è anche approfondita la prosecuzione delle operazioni estrattive e commerciali Eni connesse alla sicurezza. Riferite anche rassicurazioni giunte da parte della compagnia statale libica NOC i cui introiti alimentano la banca centrale libica controllata dal governo di Tripoli.

Discusso anche un fatto inedito e preoccupante: un attacco hacker ha fatto sì che gli account social dell’ambasciata italiana a Tripoli abbiano espresso plauso e sostegno alle avanzate dell’Esercito di Haftar. Tanto che ad esempio l’account Twitter dell’ambasciata ha prima smentito l’appoggio e poi di fatto è stato congelato.

 

Il tema tlc ha fatto capolino quando Carta ha parlato di reti di comunicazione con eventuali infrastrutture tecnologiche cinesi o Stati occidentali ma “senza un reale coordinamento Nato”. Per alcuni parlamentari il riferimento era alla Francia. Dunque a Vivendi, azionista di Tim che controlla i cavi di Telecom Italia Sparkle?

Toccato anche il tema Cina nel giorno in cui il Sole 24 Ore ha dato conto di una notizia che riguarda il porto di Venezia: lo scalo ha dovuto dire addio alla linea diretta di trasporto container con la Cina e il Sudest asiatico.

“La decisione è stata presa da Ocean Alliance, la compagine formata dalle compagnie Cma-Cgm, Cosco Shipping, Evergreen e Oocl, ed è legata al fatto che Venezia non dispone più di pescaggi adeguati a consentire la navigazione delle grandi portacontainer destinate al servizio Aem6, che collega appunto Shanghai (e altre città asiatiche, compresa Singapore) con la Laguna”, si legge oggi sul Sole.

Il terminal portuale di Vado Ligure è finto sotto la lente d’ingrandimento durante l’audizione perché non si farebbe abbastanza per limitare — secondo quanto emerso dalla riunione-audizione — la penetrazione in servizi commerciali e finanziari che finiscono per portare vantaggi a Pechino.

FONTE:https://www.startmag.it/mondo/libia-eni-cina-porti-e-tlc-che-cosa-si-e-detto-al-copasir-con-carta-aise/

 

 

 

 

ECONOMIA

BAGNAI: L’UMILIAZIONE NAZIONALE OTTENUTA DA CONTE.

Il Fondo di Ricostruzione è temporaneo, pagato da eurotasse e senza mutualizzazione del debito

24 04 2020

Vi presentiamo un video chiarificatore di Alberto Bagnai che presenta l’umiliazione nazionale subita da Conte e i punti dell’accordo sul Fondo Europeo per la Ricostruzione, che non c’è, e che quando ci sarà sarà una clamorosa presa in giro. L’Italia, copiando la Spagna, chiedeva un fondo che si basasse, essenzialmente, sulla monetizzazione del debito, con i titoli perpetui. Un’idea che poteva anche funzionare, benché poco chiara. Quello che si è ottenuto è completamente diverso, e non sono neppure gli eurobond.

Leggendo i punti del documento concordatosi viene quindi a sapere che:

  • il Fondo di ricostruzione europeo sarà “Temporaneo” e sussisterà solo per il tempo di esistenza del Covid e per i suoi danni. Per carità, nulla + più definitivo del temporaneo….
  • il fondo emetterà titoli con un rendimento (si presume… perchè viene stabilito fuori dal mercato, pur puntando al mercato..) del 1,5%;
  • ci sarà una parte di prestiti ed una a fondo perduto, ma la parte a fondo perduto saranno PAGATE DA NUOVE TASSE EUROPEE, sulla base
  • la Commissione definirà quali spese e quali politiche saranno finanziate dal fondo, quali sono i progetti idonei. I paesi si impegnano ad utilizzare i fondi SOLO per l’emergenza sanitaria e le sue ricadute economiche. C’è una forte CONDIZIONATILA’;
  • i titoli saranno “Perpetui”, ma l’operazione è temporanea, e le tasse sono perpetue…

Insomma praticamente quasi il contrario di quello che si chiedeva e che sarebbe stato necessario. La via a cui porta questo “Fondo della ricostruzione”, fatto di tasse e di prestiti , è quella del fallimento e di una patrimoniale. Complimenti a Conte.

Grazie invece a Irriverente.

VIDEO QUI: https://youtu.be/nv_SY_P37OE

FONTE:https://scenarieconomici.it/bagnai-lumiliazione-nazionale-ottenuta-da-conte-il-fondo-di-ricostruzione-e-temporaneo-pagato-da-eurotasse-e-senza-mutualizzazione-del-debito/

 

 

 

L’Italia nell’UE ha fallito: le parole di Germania e Austria lo dimostrano

 

Le parole di Merkel e Kurz dimostrano che la strategia sul Recovery Fund di Conte e Gualtieri in occasione del Consiglio UE, per ora, ha fallito.

Di fatto, l’Italia non ha ottenuto nulla dall’attesissimo Consiglio europeo di giovedì.

Sì, si è concordato sullo strumento del Recovery Fund, come richiesto da Conte, ma l’unico aspetto chiaro è che questo sarà correlato al bilancio europeo UE venturo per i prossimi sette anni.

Infatti, come chiarito da Angela Merkel, «tutti d’accordo sullo strumento, il disaccordo è su come finanziarlo », un aspetto non di poco conto. Senza un accordo sulla metodologia di finanziamento del fondo non vi è, al momento, alcuna possibilità che questo possa essere messo in campo molto presto. Il nodo da sciogliere è uno: concedere finanziamenti a fondo perduto oppure procedere con la cessione di prestiti, che per loro natura devono essere ripagati, e con gli interessi.
Quanto intercorre tra queste due possibilità – sulle quali nasce tutto il disaccordo tra gli Stati membri – fa tutta la differenza del mondo.

L’Italia ha così fallito (per ora): l’obiettivo era far sentire la sua voce, pretendere aiuti immediati e un accordo serio e concreto del Recovery Fund, mentre quello che ha ottenuto è l’ennesimo rinvio. Il Consiglio ha infatti passato la patata bollente alla Commissione UE affinché presenti una strategia da applicare sul Recovery Fund entro il 6 maggio.

L’ottimismo di Conte e Gualtieri non tiene conto della discordia sul Recovery Fund

Dal vertice è arrivato il sì al MES per chi ne farà richiesta, per un valore complessivo di 240 miliardi di euro, sì anche al SURE per 100 miliardi ai prestiti che la BEI garantirà per le imprese per un valore di 200 miliardi di euro, il tutto a partire dal 1° giugno. Ricordiamo che le risorse disposte sono da considerarsi complessive e da distribuire per tutti gli Stati membri.

Il premier Giuseppe Conte e il ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualteri sono corsi a plaudere quanto ottenuto dal Consiglio europeo di giovedì 23 aprile mancando di sottolineare che l’Europa è ben lontana da concendere dei finanziamenti a fondo perduto e dal dare l’ok ad una mutualizzazione del debito tramite eurobond o similia.

Il Consiglio Europeo riconosce che il #RecoveryFund è “necessario e urgente” e deve avere risorse significative. Un successo per l’Italia e i paesi che hanno spinto per questa soluzione

twitta Gualtieri, correttamente fiero che il Recovery Fund sia stato ritenuto dall’Europa «necessario e urgente», ma non facendo alcun riferimento alla discordia nata sul suo possibile finanziamento.

Il muro di Austria e Germania: no agli eurobond

A calmare i festeggiamenti sono le parole della cancelliera tedesca Angela Merkel, che in sede di conferenza stampa a margine del vertice specifica che non vi è alcun accordo su come dovrebbe «essere finanziato il Recovery fund», nello specifico non vi è alcuna intesa se procedere con dei sussidi a fondo perduto – contributi che quindi non dovrebbero essere ripagati dallo Stato che ne beneficia, possibilità fortemente sostenuta dal francese Emmanuel Macron nelle sue dichiarazioni di ieri sera – oppure con prestiti.

A sostenere la tesi tedesca arriva l’Austria con il suo cancelliere
Sebastian Kurz, che ha dichiarato su Twitter:

L’Austria è inoltre pronta a mostrare solidarietà per supportare la ripresa delle nostre economie. Dovremmo farlo attraverso dei prestiti. Una mutualizzazione del debito o gli eurobond non sono accettabili. Continueremo a coordinare la nostra posizione con Paesi affini.

Anch’egli, in sede di conferenza stampa a conclusione del Consiglio, ha spiegato che la Commissione UE lavorerà «nelle prossime settimane i dettagli del fondo per la ricostruzione sulla base di un’analisi delle esigenze dei singoli Stati membri», ma ha poi aggiunto:

Deve essere chiaro che i fondi per la ricostruzione dovranno essere successivamente rimborsati dai paesi destinatari e che l’Austria non si assumerà i debiti degli altri Stati membri dell’UE.

FONTE:https://www.money.it/L-Italia-nell-UE-ha-fallito

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

BlackRock, ecco fini e minacce del fondo americano super green di Fink

di 

larry fink blackrock

Che cosa ha scritto Larry Fink, il numero del più grande gestore di fondi al mondo BlackRock che ha aderito al comitato Climate Action 100+ di cui fanno parte anche Arcelor Mittal, Lukoil e China Petroleum

È guerra alle aziende inquinanti (o poco sostenibili, che dir si voglia). La dichiarazione di intenti arriva da Larry Fink, il numero di BlackRock, il più grande gestore di fondi al mondo, che investe 7 trilioni di dollari in numerose attività, in una lettera indirizzata ai ceo delle aziende.

La lotta al cambiamento climatico è diventata una priorità per BlackRock, che nei giorni scorsi ha anche aderito a Climate Action 100+. Andiamo per gradi.

CAMBIAMENTO CLIMATICO PRIORITA’

“Il cambiamento climatico è divenuto per le società un fattore determinante da prendere in considerazione nell’elaborare le strategie di lungo periodo”, scrive Fink nella lettera, aggiungendo: “I dati sui rischi climatici obbligano gli investitori a riconsiderare le fondamenta stesse della finanza moderna. Ricerche di varie organizzazioni – inclusi l’Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite, il BlackRock Investment Institute e molti altri, nonché i nuovi studi di McKinsey sulle implicazioni socioeconomiche del rischio fisico derivante dai cambiamenti climatici – rafforzano la nostra comprensione di come il rischio climatico avrà un impatto non solo sul mondo fisico, ma anche sul sistema globale che finanzia la crescita economica”.

LA GUERRA DI BLACKROCK

E così, alle aziende che non fanno abbastanza da un punto di vista sostenibile, BlackRock promette guerra vera: “Laddove riteniamo che le società e i consigli di amministrazione non stiano producendo informative efficaci sulla sostenibilità – scrive nella Larry Fink nella lettera – o non stiano implementando procedure per la gestione di questi problemi, considereremo i membri del consiglio di amministrazione responsabili. Alla luce del lavoro già effettuato nella divulgazione, e considerando i crescenti rischi di investimento che circondano la sostenibilità, saremo sempre più propensi a votare contro i dirigenti e i consiglieri di amministrazione quando le società non svolgeranno progressi sufficienti in materia di informativa sulla sostenibilità e non predisporranno linee guida e piani aziendali ad essa connessi”.

UNA GUERRA INIZIATA

A dire il vero, la guerra sembra essere già iniziata: l’anno scorso BlackRock ha votato contro o negato i voti a 4.800 amministratori di 2.700 società.

STOP AD INVESTIMENTI NEL CARBONE (E NON SOLO)

La politica di investimento delineata da BlackRock è chiara e gli obiettivi futuri sono delineati: rendere la sostenibilità parte integrante della costruzione dei portafogli e del risk management; uscire da investimenti con elevati rischi legati alla sostenibilità, come nel caso di produttori di carbone termico; lanciare sul mercato nuovi prodotti finanziari che tengono in considerazione esplicitamente l’utilizzo di combustibili fossili e aumentare l’impegno a favore di sostenibilità e trasparenza.

ADESIONE A CLIMATE ACTION 100+

La strategia del più grande fondo al mondo si delinea anche nell’adesione al Climate Action 100+, un gruppo di 370 investitori, che gestiscono un patrimonio complessivo di 41 trilioni di dollari, che promuove azioni rispettose dell’ambiente e spinge le aziende ad allineare le proprie attività all’accordo sul clima di Parigi.

GLI OBIETTIVI DI CLIMATE ACTION 100+

Aziende, investitori e azionisti si impegnano migliorare il loro processo di governance sui rischi dei cambiamenti climatici, a ridurre le emissioni e ad essere più trasparenti di fronte ai propri investitori sul potenziale impatto dei cambiamenti climatici.

NON SOLO BLACKROCK

Se l’adesione di BlackRock è arrivata solo nelle ultime settimane, c’è chi in questa iniziativa c crede da molto più tempo. Tra gli altri, ci sono: Airbus, ArcelorMittal, Basf, Bayer, Boeing, BP, China Petroleum & Chemical Corporation, CNOOC, Daikin Industries, E.ON, Edf, Enel, ENGIE, Eni, Exxon Mobil Corporation, Fiat Chrysler Automobiles, Ford, Lukoil, Nestlé, Nissan, Royal Dutch Shell, Toyota, Volkswagen.

FONTE:https://www.startmag.it/energia/blackrock-ecco-fini-e-minacce-del-fondo-americano-super-green/

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

Immuni: le reazioni ci dicono che il problema della privacy è più ampio

Se ci sono problemi di cultura della privacy, intesa nell’ampio senso della protezione dei dati personali, la discussa app è stata l’occasione che li ha resi evidenti

Una celebre citazione di Wilde recita: “Solo le persone superficiali non giudicano dalle apparenze”.
Restiamo dunque sulle apparenze della app Immuni.

Di conseguenza è importante considerare la reazione diffusa alle notizie. È evidente che sulla app Immuni sono presenti rumors, voci di corridoio, dichiarazioni più o meno coerenti da fonti ufficiali, smentite e chiarimenti, nonché rappresentazione delle implicazioni negative in caso di mancato utilizzo “volontario”. Ad esempio, il commissario Arcuri si esprime in tal senso: “In tutto il mondo alleggerire il contenimento significa essere in grado di mappare tempestivamente i contatti delle persone; l’alternativa sarebbe non alleggerire le misure, privandoci di quote importanti della nostra libertà come in queste settimane è accaduto”.

Sono anche presenti pareri contrari, ovviamente, ma questi lentamente vengono additati sempre più spesso come “nemici della salute pubblica” rievocando memorie giacobine e altrettanti timori circa gli eccessi prospettabili. Ad esempio: ai dubbi riguardanti alcune carenze di trasparenza comunicativa si oppongono argomenti che non investono il merito, ma si limitano ad essere un apodittico tranchant che si appella alla gestione di un’emergenza e all’importanza di tutela della vita e della salute. Insomma: si invoca in soccorso la fallacia logica dell’Argumentum ad misericordiam per forzare un senso di colpa e, sostanzialmente, non affrontare un eventuale problema rappresentato.

Circolano sui social il Drake approves meme per svilire le esigenze di privacy (Rinunciare alla privacy per il tracciamento degli infetti / Rinunciare alla privacy per “Che verdura sei” è un tipico esempio di Reductio ad ridiculum) e il fumetto di Nicky Case esplicativo del contact tracing che sembra quasi suggerire il famoso “ti faccio un disegnino” che si rivolge ad un interlocutore o poco attento o con scarso comprendonio.

Ulteriormente, una parte del popolo dei social ribadisce che “tanto le Big Tech già sanno tutto di noi”, o “io non ho nulla da nascondere e dunque non me ne faccio un problema”. Da un lato, c’è una rassegnata accettazione e arrendevolezza. Dall’altro, si confonde la protezione dei dati con un diritto al preservare qualche losco segreto rievocando la famosa provocazione di Posner privacy as fraud, in cui sostanzialmente il mantenimento di segreti nelle relazioni sociali era equiparato al nascondere un difetto del prodotto da parte di un venditore.

Insomma: se ci sono problemi di cultura della privacy, intesa nell’ampio senso della protezione dei dati personali, certamente la app Immuni è stata l’occasione che li ha resi oggi quanto mai evidenti ed apparenti.

Bisogna ricordare che il delicato equilibrio perseguito dalla protezione dei dati personali avviene attraverso il bilanciamento delle (inevitabili) interferenze nella vita privata dell’individuo, nonché con la garanzia di un’elevata sicurezza delle informazioni personali. Forse questa sensibilizzazione diffusa è mancata e tutt’ora manca.

Senza consapevolezza degli scenari digitali, ciascuno è chiuso all’interno di una caverna credendo che le ombre sul muro, o sugli schermi (con tanto di consensi preflaggati), rappresentino l’unica verità e che il pensiero critico altro non sia che un elemento di disturbo.

Se l’individuo non ha percezione del valore dei propri dati, come può essere in grado di valutare i rischi collegati e così decidere non solo come “interessato” ma anche come “cittadino digitale”?

FONTE:https://www.infosec.news/2020/04/24/news/riservatezza-dei-dati/immuni-la-reazione-dei-cittadini-rivela-un-piu-ampio-problema-di-privacy/
– 24 04 2020

Da diverso tempo la regolamentazione penale in tema di illecita detenzione, coltivazione e cessione di sostanze stupefacenti si è trasformata in un complesso ed articolato turbinio di atti legislativi, interventi della Corte costituzionale ed arresti del Giudice di legittimità che hanno finito per mutare lo stesso territorio repressivo in un dedalo di trattamenti diversificati sotto molteplici punti di vista, sostanziali e temporali.

Il primo intervento legislativo italiano, rappresentato dalla legge n. 396/1923, era volto alla repressione del commercio delle sostanze stupefacenti per salvaguardare l’ordine pubblico, inteso come pacifica convivenza, messa in pericolo dalla circolazione di tali sostanze.

Con l’entrata in vigore del Codice Rocco del 1930, furono stabilite misure dirette alla repressione del commercio clandestino di tali sostanze e dell’agevolazione all’uso delle stesse, sempre con l’obiettivo di tutelare l’ordine pubblico. Una radicale svolta nella regolamentazione degli stupefacenti, caratterizzata da una notevole impostazione repressiva, si ebbe con la l. 1041/1954, che puniva gravemente tutte le possibili condotte in materia, compresa la detenzione per uso personale.

La l. 685/1975 introdusse un sistema normativo volto a favorire la libertà di autodeterminazione, strettamente connessa al disposto dell’art. 2 Cost. e del comma 2 dell’art. 32 Cost., intesa come capacità di compiere scelte razionali, ciò presuppone la comprensione e la valutazione della propria azione e del carattere autolesivo della stessa, senza che ciò possa avere rilevanza penale. Infatti, la l. 685/1975, pur vietando la detenzione di sostanze stupefacenti, prevedeva una causa di non punibilità se la sostanza era destinata al proprio uso personale e se si trattava di una “modica quantità”. La genericità e l’aleatorietà del concetto di “modica quantità” condusse ad un necessario riordino della disciplina che si ebbe con il D.P.R. n. 309/1990. Il D.P.R. introduceva l’art.73, norma cardine su cui poggia l’intero sistema penalistico della legislazione sugli stupefacenti. L’art.73 era imperniato sul sistema del doppio binario sanzionatorio che distingueva le “droghe c.d. leggere” e le “droghe c.d. pesanti” e ribadiva la non punibilità della detenzione per uso personale qualora non superasse “la dose media giornaliera”, quantificata dal Ministero della Salute. La Corte Costituzionale, con la sent. 333/1991, dichiarò l’incostituzionalità di tale previsione normativa che fondava il discrimine del penalmente rilevante non sul tipo di condotta, ma sulla “dose media giornaliera”, violando il principio di uguaglianza e di necessaria offensività. Proprio per tali ragioni, nel 1993 si celebrò un referendum abrogativo, che condusse all’eliminazione del concetto di “dose media giornaliera”.

La L. 49/2006 prevedeva un unico trattamento sanzionatorio per tutte le sostanze stupefacenti o psicotrope, spostando il baricentro della tutela costituzionale alle sottocategorie dell’ordine pubblico, quali la quiete pubblica e la tollerabilità sociale delle condotte antigiuridiche.

La scelta della parificazione era stata attenuata dalla riduzione del minimo edittale e dalla possibilità di applicare per i fatti di lieve entità la circostanza attenuante. L’omologazione operata dal legislatore, proiettandosi sulla dimensione offensiva delle condotte penalmente sanzionate, ledeva il principio di uguaglianza poiché equiparava condotte diverse e tipologie di sostanze con effetti diversi. La costituzionalità della norma fu portata all’attenzione della Corte di Cassazione, che, con sent. n. 22643/2008, giustificava l’equiparazione alla luce della diffusa opinione scientifica che considerava pericolose tutte le droghe.

Con la pronuncia n.32/2014, la Corte Costituzionale non ha voluto attaccare la disciplina normativa in sé, quanto piuttosto l’introduzione della stessa mediante decreto legge. A seguito della dichiarazione di illegittimità si verificò una situazione di impasse che portò all’emanazione della l. n. 79/2014, con riespansione della disciplina incriminatrice di cui al testo originario dall’art. 73, prevedendo forbici edittali più miti, rispetto a quelle caducate, per gli illeciti concernenti le cd. “droghe leggere”, e, viceversa, più severe per i reati concernenti le cd. “droghe pesanti”.

La disciplina delle ipotesi di lieve entità è stata novellata, non solo attraverso la riduzione del massimo della pena detentiva edittale, portata a quattro anni di reclusione, ma anche attraverso la modifica terminologica della disposizione che delinea una autonoma ipotesi di reato e non più una circostanza attenuante. Infatti, prima della dichiarazione di illegittimità della Consulta, la Corte di Cassazione, con una pronuncia del 2010, ha riconosciuto all’art. 73, comma 5 della l. 49/2006, natura di circostanza attenuante ad evidente effetto speciale poiché la norma era correlata ad elementi che non inficiavano la struttura delle condotte alternative di cui all’art.73 comma 1 e 1 bis, ma determinavano una minore valenza offensiva. Dalla riconosciuta natura di circostanza attenuante ad effetto speciale ne conseguiva, quale corollario, che, nel caso di concorso con una circostanza aggravante, essa era soggetta al giudizio di comparazione ai sensi dell’art. 69, comma 4 c.p. e che il tempo di prescrizione della fattispecie restava immutato ai sensi dell’art. 157, 2° comma c.p., secondo il quale le circostanze attenuanti non influiscono sul tempo necessario a prescrivere il reato.

I presupposti su cui si fonda il giudizio di lieve entità del fatto -indicati nella norma nel dato qualitativo, quantitativo, nei mezzi, nelle modalità e nelle circostanze dell’azione- devono essere apprezzati sulla scorta di una valutazione globale. In ordine alla quantità della sostanza, il giudice deve tenere conto del valore ponderale del principio attivo contenuto nella sostanza, mentre il dato qualitativo è correlato alla natura e alla purezza della stessa. Con riguardo alle modalità e ai mezzi, la lieve entità del fatto potrà essere riconosciuta in presenza di non allarmanti caratteristiche dell’azione, dell’episodicità della condotta e del ristretto ambito del mercato di riferimento. A fronte di detti parametri di carattere oggettivo, si pongono le circostanze dell’azione, nell’ambito del cui concetto la Corte di Cassazione, con una pronuncia del 2010, ha ricondotto anche le condizioni soggettive dell’agente, e dunque anche la sua personalità, specie se trattasi di soggetto tossicodipendente o comunque di emarginato sociale, e le finalità della sua condotta. Sul punto si è espressa anche la Consulta, la quale, con la pronuncia n. 40/2019, ha ribadito che la fattispecie di lieve entità possa essere riconosciuta solo nell’ipotesi di minima offensività della condotta, deducibile da tutti i parametri richiamati dalla disposizione. La Suprema Corte, discostandosi dall’orientamento precedente, ha statuito, con una sentenza del 2019, che la configurabilità dell’ipotesi lieve non può essere esclusa sulla base di singoli parametri, quali la diversa tipologia delle sostanze cedute o lo svolgimento non occasionale dell’attività di spaccio, astraendo tali elementi dalla ricostruzione fattuale nella sua interezza, fondata su una razionale analisi riguardante la combinazione di tutte le specifiche circostanze.

La norma incriminatrice richiama le condotte, di cui ai commi 1 e 1 bis dell’art.73, idonee ad integrare il reato, le quali possono essere commesse da chiunque, non essendo richiesto che il soggetto agente possieda alcuna particolare qualifica soggettiva: si tratta, pertanto, di un reato comune. Il reato può essere posto in essere sia da un solo individuo che da più soggetti che concorrono nella realizzazione dell’evento delittuoso. Il concorso può essere ravvisato quando il soggetto ha materialmente partecipato all’esecuzione materiale di taluna delle diverse condotte tipiche contemplate dall’art. 73, ovvero quando ha partecipato all’attività riguardante la preparazione del delitto e la messa a disposizione dei mezzi occorrenti alla relativa commissione, ovvero, infine, quando ha fornito un qualsiasi apporto causale concreto all’attività criminosa posta in essere dall’autore materiale, così da consentirne e agevolarne l’azione, assicurando il proprio contributo materiale o anche solo morale alla realizzazione dell’illecito. La Corte di Cassazione, con una sentenza del 2013, ha escluso il concorso nel reato al convivente del soggetto agente che mantenga un comportamento meramente passivo. Nel 2015, la Suprema Corte esclude la punibilità del soggetto trasportato a bordo di un’autovettura che, seppure a conoscenza delle sostanze stupefacenti, rinvenute a seguito di perquisizione dalla polizia giudiziaria, mantenga un comportamento meramente passivo.

Il reato ha natura permanente in relazione alle condotte che presuppongono una prolungata relazione di disponibilità della sostanza stupefacente, e dunque un perpetuarsi dell’offesa al bene protetto che dipende direttamente dalla volontà del reo; in tali casi la consumazione del reato si protrae fino a quando non si interrompe quella relazione di disponibilità. Ha, invece, natura istantanea in relazione alle condotte che integrano ed esauriscono l’offesa al bene protetto; in tali casi la consumazione si ha nel momento in cui viene posta in essere l’illecita condotta.

L’elemento costitutivo del reato è la destinazione di sostanze stupefacenti di lieve entità ad un uso non personale e, dunque, si tratta di un reato di mera condotta commissivo, avente natura di pericolo astratto poiché potenzialmente lesivo dell’integrità psicofisica della persona, intesa quale entità unica, composta da corpo e mente.

Quanto al dato psicologico, l’illecito richiede non un dolo specifico, ma un semplice dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di porre in essere la condotta descritta nella fattispecie incriminatrice, è, infatti, irrilevante lo scopo perseguito dall’agente.

E’ rilevante menzionare la pronuncia del 2016 della Corte d’Appello di Venezia. I giudici, alla luce del principio di ragionevolezza della pena, riconoscono la qualificazione di fatto di lieve entità, qualora ne ricorrano i presupposti, anche allo spaccio esercitato in modo continuativo, discostandosi dalla giurisprudenza precedente. Inoltre, con la stessa sentenza, si riconosce il rapporto fra il piccolo spaccio e l’organizzazione criminale che lo stesso ha necessariamente alle spalle. Se lo spacciatore partecipa a un sistema stabile di approvvigionamento, distribuzione o cessione delle sostanze stupefacenti, la condotta finale dello stesso rimane il fatto autonomo, ma l’organizzazione costituisce un’associazione per delinquere prevista dall’art.74, comma 6.

Infine, il comma 5 bis prevede che il giudice,con la sentenza di condanna o di applicazione pena su richiesta delle parti, per le ipotesi di fatto di lieve entità, può applicare, anziché le pene detentive e pecuniarie previste al c. 5 del medesimo articolo, la pena del lavoro di pubblica utilità, di cui all’art. 54 d.lgs. n. 274 del 2000. La sostituzione con la pena del lavoro di pubblica utilità può avvenire solo a determinate condizioni: il soggetto interessato alla sostituzione della pena, vale a dire l’imputato, deve essere persona tossicodipendente o assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope; il giudice non deve ritenere che possa o debba concedersi il beneficio della sospensione condizionale della pena; l’imputato deve fare richiesta della sospensione della pena e, infine, deve essere sentito il pubblico ministero.La ratio sottesa all’istituto è evidentemente quella di favorire il recupero di persone dedite all’uso abituale di sostanze stupefacenti e che, a causa di questa condizione, si determinano alla commissione di reati in materia di stupefacenti di lieve allarme, impiegandole in attività socialmente utili, così da evitare il loro ingresso in carcere.

Tracciato dal legislatore il quadro esegetico con cui gli interpreti si dovranno confrontare, la sfida sarà quella di individuare i casi concreti in cui l’illecito di cui al comma 5 possa costituire fatto di lieve entità. Lo scenario ora prefigurato avvalora l’idea che la materia in esame è ancora lontana da un definitivo assestamento.

FONTE:http://www.salvisjuribus.it/stupefacenti-il-reato-di-lieve-entita/

 

 

 

IMMIGRAZIONI

SI STA AVVERANDO la profezia di GUSTAVO ROL

Scaglioneranno 200 mila una volta, 200 mila un’altra e cosi via. @repubblica
FONTE:https://www.maurizioblondet.it/si-sta-avverando-la-profezia-di-gustavo-rol/

 

 

 

MAROCCHINA: COME VENDEVA PERMESSI FALSI AI CLANDESTINI

FONTE:https://voxnews.info/2020/04/24/marocchina-come-il-governo-vendeva-permessi-falsi-ai-clandestini/

 

 

 

LA LINGUA SALVATA

Scheggia

schég-gia

SIGNIFICATO Frammento appuntito e rigido staccatosi da un corpo

ETIMOLOGIA dal latino schìdia, prestito dal greco tardo skhídia, plurale di skhídion ‘scheggia’, derivato di schízein ‘fendere, rompere, spezzare’.

Dico che sul monopattino elettrico vado veloce come una scheggia, eppure la scheggia è lenta, quando mi ferisce dal legno ruvido che sto accarezzando. Di che schegge stiamo parlando? Rieccoci davanti a qualcosa di cui facciamo esperienza spontanea, ma il cui nome nasconde delle intimità particolari.

Si parte da un dato che pare semplice: la scheggia è un frammento, specie appuntito, magari tagliente, che apparteneva a un corpo solido, che è finito spezzato o da cui si è semplicemente staccato. È un termine che nasce con l’italiano, germogliando nel volgare: viene dall’antica parola latina schìdia, che fu presa in prestito dal greco tardo (quello che sarebbe sfumato nel bizantino), e che in particolare deriva da un verbo molto fertile, schízein. Questo significa fendere, rompere, spezzare, ed è quello che ritroviamo nello scisma, e in quei composti che iniziano per schizo-.

La rottura da cui scaturisce la scheggia però non è in tutto uguale a quella del frammento, del brandello, del pezzo, della scaglia. Ha delle particolarità sottili che dominiamo senza pensarci. Pensiamo al gomito che inavvertitamente spinge giù il vaso Ming: se si infrange in pezzi di dimensioni simili non diremo che si è ridotto in schegge, diremo che è andato in pezzi; sono più volentieri schegge quelle che saltano da una sbeccatura (quando il resto del corpo resta integro), o i pezzi più piccoli e acuminati fra i frammenti. Dev’essere piccola, solida e rigida, per essere una scheggia — mentre un brandello può essere morbidissimo. E tende ad essere più appuntita rispetto alla scaglia, che è più piatta— vediamo benissimo la differenza fra una scaglia di cioccolata e una scheggia di cioccolata, fra una scaglia di parmigiano e una scheggia di parmigiano.

Ha quindi delle tendenziali peculiarità materiali proprie. Ma soprattutto, più di ogni altro sinonimo sa raccontarsi come risultato di uno schianto. Schegge partono dal legno tagliato con l’ascia, il vetro si rompe e siamo investiti dalle schegge, e ogni colpo di mazza fa schizzare schegge dalla pietra da sgrossare. Qui quasi non si danno sinonimi, e il suono occluso della scheggia contribuisce a tratteggiare questa violenza. E già in queste immagini vediamo il nesso con la velocità che ci porta a dire ‘è una scheggia’ quando s’intende che qualcuno o qualcosa è veloce. Ma non sono quelle che hanno fatto la differenza.

È da quando la guerra ha iniziato ad avere più dimestichezza con gli esplosivi che le schegge hanno preso un altro aspetto: se la scheggia di legno al massimo del peggio può finire in un occhio a qualcuno, con danni relativi, le schegge metalliche di cui sono corredati gli ordigni esplosivi hanno effetti mortali su vasti gruppi, e tutta un’altra rapidità. Se queste schegge si incontrano dall’Ottocento, il paragone in termini di velocità appartiene alla storia recente — e a dirla tutta, espressioni come ‘veloce come una scheggia’ pare abbiano trovato il loro successo nazionale solo negli anni Novanta.

Sinceramente, pare difficile che non ci sia di mezzo la suggestione bellica. Ma le parole seguono la realtà, e meno schegge di granate voleranno per il mondo, più il veloce come una scheggia ci parlerà del lavoro sulla pietra e sul legno, da cui la scheggia può saettare via — o su cui può restare, silenziosa e pacifica, in attesa del nostro dito.

Parola pubblicata il 18 Gennaio 2020

FONTE: https://unaparolaalgiorno.it/significato/scheggia

 

 

 

LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

Confagricoltura al Governo: “Regolarizzare immigrati? Meglio impiegare i disoccupati”

Il ministro delle Politiche agricole, Teresa Bellanova, ha in mente sempre lo stesso obiettivo: regolarizzare i clandestini presenti sul territorio italiano. In piena emergenza Coronavirus, con milioni di italiani senza lavoro, la priorità della ministra renziana del governo sono gli immigrati irregolari.

Così, dopo aver ricevuto un significativo endorsement da parte della titolare del Viminale, Luciana Lamorgese, la Bellanova rilancia: “La regolarizzazione della manodopera è una questione che non può e non deve essere ulteriormente rinviata”. Lo scrive lacnews24.it.

Dello stesso parere anche la Bonino (+Europa): “In Italia abbiamo 300mila colf e badanti irregolari. Sono un sostegno indispensabile per i nuclei familiari. Affidiamo loro i nostri beni più cari ma spesso ce ne dimentichiamo. Non avendo i documenti in regola non possono prendere la patente, aprire un conto in banca e vivono nel terrore constante di essere fermate. Credo sia dunque importante dare un segnale e regolarizzarle.

Sulla necessità di reperire manodopera per le attività estive, si trova d’accordo Angelo Politi, direttore regionale di Confagricoltura, il quale però non condivide la sanatoria che intende attuare il Governo Pd-M5s: “È più facile e immediato – afferma – utilizzare nei campi i percettori del reddito di cittadinanza e di altre forme di sostegno al reddito“.

FONTE:https://stopcensura.org/confagricoltura-al-governo-regolarizzare-immigrati-meglio-impiegare-i-disoccupati/

 

 

 

INFLAZIONE DEL TITOLO DI STUDIO: QUANTO CONTA DAVVERO LA FORMAZIONE?

Chi oggi ha un’età compresa tre i venticinque e i trentacinque anni sa perfettamente di cosa stiamo parlando: l’inflazione del titolo di studio è diventato un must del primo decennio del nuovo millennio e si prepara ad esserlo, forse, anche per il prossimo, lasciandosi alle spalle file infinite di lavoratori precari.

Che cosa vuol dire inflazione del titolo di studio? In parole semplici, vuol dire che il titolo di studio, quello che una volta si chiamava il “pezzo di carta”, ha perso quasi del tutto il suo valore, il suo prestigio.

Quanto conta essere altamente specializzati?

Noi millennial, giovani adulti ma non troppo, che abbiamo studiato e creduto nella formazione post-scolastica, vogliamo essere degli irriducibili ottimisti e non ci accontentiamo mica di ciò che abbiamo visto finora. Vogliamo di più. Vogliamo che il livello di difficoltà si alzi fino al punto in cui cadremo per forza sul fondo e finalmente dovremo trovare una soluzione alternativa.

Sì, perché i giovani adulti di oggi si sono fatti le ossa nel dover cercare qualcosa di alternativo e di sempre più specializzato e a furia di cercare, vedere, provare, tutto ciò che era diverso è diventato normale.

La formazione negli ultimi vent’anni

Bisogna andare per ordine e cercare di capire, con i dati alla mano, che cosa è successo nel mondo della formazione negli ultimi vent’anni, fino ad arrivare ad oggi. I giovani adulti si ritrovano a dover certificare ogni competenza e non con il lavoro sul campo e con l’esperienza, ma con un indice infinito di titoli di studio acquisiti nel pubblico e nel privato.

Secondo i dati ANVUR, la legge 341/1990 prevedeva tra i titoli formativi post-laurea solo i dottorati di ricerca e le scuole di specializzazione. Questa legge fu ampliata, nel 1999 con il d.m. 509/1999 che invece modificava l’assetto formativo dei corsi di laurea in lauree triennali, lauree magistrali o specialistiche che potevano essere sostituite da un master di I livello, a seguito del quale poteva esserci un master di II livello o un dottorato di ricerca o una scuola di specializzazione.

Tutto ciò ha causato una diversificazione potente dei titolo di studio, specializzando all’inverosimile le competenze di un soggetto in formazione che studia con il fine di vedersi garantito un posto di lavoro.

Quanto conta la formazione nel mondo del lavoro?

Un occhio attento, anche non direttamente coinvolto, nota subito che la formazione universitaria e post-universitaria, a seguito della scissione dei corsi di laurea a ciclo unico in corsi triennali e magistrali e il conseguente aumento dei corsi di master di I e II livello sia statali che privati, rischia di dare come risultato una ossessiva specializzazione dei soggetti e un impoverimento della creatività propria dell’essere umano e della sua naturale capacità di adattamento alle situazioni di disagio e di crisi all’interno di un gruppo e di un’azienda.

I master e le assurde specializzazioni di ogni tipo conferiscono le cosiddette hard skills, ma le soft skills si fanno sul campo e non si imparano dalle slide e dalle lezioni in aula.

Ciò nonostante il referto di Almalaurea del 2018 sosteneva che solo l’8,3% dei laureati in un corso triennale decideva di frequentare un master, mentre il restante 62% decideva di iscriversi ad un corso di laurea magistrale. Però, il tasso di occupazione per i soggetti con un master tra le mani era superiore al 50% rispetto a quelli con una laurea specialistica, che invece erano solo al 26%. Dati alla mano, ci dimostrano che un individuo con un master ha più possibilità di entrare nel mondo del lavoro rispetto a chi ha una laurea magistrale.

Inflazione del titolo di studio e overeducation

A seguito di studi e letture sull’argomento, la domanda che si pone è: ma davvero conta così tanto essere altamente specializzati? Davvero conta così tanto frequentare corsi a pagamento per imparare nel minimo dettaglio quelle stesse competenze che si dovrebbero acquisire semplicemente lavorando e “sporcandosi le mani” (e le menti) accanto a chi ha, magari, più esperienza? Davvero si vuole affidare continuamente a terzi la possibilità di formare una mente senza lasciare quella stessa mente libera di seguire il proprio istinto e il proprio talento, un poco secondo il modello di Steve Jobs?

Porsi una domanda o delle domande, in un periodo storico così delicato, è lecito. Alcuni studi americani, come ad esempio quello di George LeefThe overselling of highter education, oppure il report di Joseph B. Fuller e di Manjari RamanDimissed by degrees. How degree inflation is undermining U.S. competitiveness and hurting America’s middle class, dimostrano come l’inflazione del titolo minimo di studio per risultare idoneo al superamento di un colloquio di lavoro ha portato al fenomeno detto dell’overeducation, ovvero di una sovra e non necessaria formazione universitaria e post-universitaria.

Inflazione del titolo di studio: possibili scenari

Soluzioni? Si potrebbe auspicare di ripuntare sul talento personale di un soggetto, quel talento che nessuno ti insegna, ma che ti viene dato in natura e su cui bisognerebbe investire. In questo modo anziché l’omologazione della formazione e quella che gli americani chiamano overeducation, si avrebbe una diversificazione delle competenze, un aumento della creatività e di soluzioni laterali e alternative proposte per la crescita dell’economia e il progresso delle comunità.

Non sappiamo ancora con certezza ciò che accadrà dopo la crisi sanitaria che ha colpito il mondo dall’inzio del 2020, ma la storia ci insegna che le crisi portano sempre qualcosa di nuovo. Probabilmente dovremo modellarci su un nuovo assetto mondiale e puntare sul talento e sulla cura dello stesso, puntare sulla creatività e sulla capacità di adattamento per poter sopravvivere e mettere in atto nuovi modelli lavorativi, educativi, vitali.

FONTE:https://www.frammentirivista.it/inflazione-del-titolo-di-studio-quanto-conta-davvero-la-formazione/

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

BREXIT, SOVRANITA’ E TEORIA MONETARIA MODERNA.

 E se la Brexit fosse un toccasana per l’Inghilterra? E’  quel che teme l’eurogarchia a Bruxelles.  Finora sembra proprio così: economia più fiorente, il controllo delle frontiere, una libertà d’azione che la gabbia degli eurocrati non consente. La moneta propria era stata già conservata, la vecchia sterlina della Banca d’Inghilterra fondata dopo la “gloriosa rivoluzione” alla fine del XVII secolo. Pazienza se torna qualche convulsione scozzese: a nord del vallo di Adriano chiedono l’indipendenza per diventare dipendenti di Bruxelles. Il mondialismo odia gli Stati nazionali forti, promuove il secessionismo di piccole nazioni senza Stato. E’ così anche in Spagna, con l’indipendentismo catalano che vuole staccarsi da Madrid per attaccarsi di più all’Unione Europea.

Intanto, non se ne può più di menzogne, attacchi, ironie e sarcasmi degli europoidi installati nelle maggiori redazioni e nelle università che fanno opinione e, purtroppo, scienza creduta. La prima obiezione che muoviamo loro è l’incomprensione – meglio la tenace negazione – dei sistemi monetari postmoderni fiat. In più, ci annoiano sino all’estenuazione raccontandoci con una lacrimuccia alla Pierrot su quanto siano anti solidali gli inglesi e quanto pagheranno cara l’uscita dal paradiso europeo. Si sbagliano, i prezzolati camerieri del sistema. Nel Regno Unito le cose vanno piuttosto bene, in economia, e probabilmente miglioreranno ancora. Hanno la sovranità monetaria, aumenteranno il salario minimo e presto abbandoneranno l’austerità del bilancio, quell’immonda regola del pareggio che ci hanno costretto a inserire nella costituzione. Peggio per noi dell’Europa mediterranea, Italia, Spagna e Francia. Il modello mercantilista iper esportatore tedesco è in crisi. Le banche tedesche reggeranno se faremo l’errore di approvare il Mes, Meccanismo Europeo di Solidarietà, costruito per distruggere gli ultimi pezzi di sovranità finanziaria e di spesa degli Stati “canaglia” dell’Europa meridionale e, di passaggio, trasferire il nostro denaro ai virtuosi dell’Europa a trazione germanica.

L’ ennesima invenzione è il falso New Deal verde presentato qualche settimana fa dalla Commissione europea. Si tratta di un imbroglio favorito dalle “virtuose” discussioni sul clima e dalla diffusione del Greta-pensiero, destinato a favorire una nuova estrazione di redditi privati europei, con il pretesto di salvaguardare l’ambiente, il cui unico beneficiario sarà il settore industriale tedesco con i suoi satelliti dell’Europa Orientale, l’eldorado del lavoro a basso costo con manodopera e tecnici d’eccellenza. Sorprende che non reagiscano le élite dei paesi mediterranei, donatori di sangue silenziosi di un modello di crescita economica (altrui) dannoso anche alla salute. Tutto in nome di un europeismo falso come l’oro di Bologna che diventava rosso per la vergogna.

Nel Regno Unito mantengono la loro sterlina, Boris Johnson, l’odiato nemico dell’Unione Europea, aumenterà i salari minimi e abbandonerà l’austerità di bilancio imposta dall’ordoliberismo. Ci si dovrebbe attendere una reazione, un cambio di direzione, quanto meno la discussione di bilanci più equilibrati a favore dei cittadini. Silenzio o retorica europeista creduta ormai solo dagli sciocchi e dalle classi alte. Ripetiamo per l’ennesima volta una ricetta molto semplice: i governi che emettono le loro valute non hanno problemi a finanziare ragionevolmente la spesa e non possono rimanere senza denaro.  Il culto del rigore, rectius della scarsità di moneta, dogma fallimentare del monetarismo di Milton Friedman, pilastro del cosiddetto Washington Consensus, deriva da una logica stravecchia tramontata a Bretton Woods, seppellita definitivamente nel 1971, il modello fondato sulla convertibilità in oro.

Il monetarismo ideologico si infrange sui sistemi monetari fiat moderni, ossia la creazione del nulla del denaro virtuale, come hanno dimostrato anni di quantitative easing, miliardi creati con un clic sul server centrale di Francoforte, che la Banca Centrale Europeo ha girato non ai governi o al sistema economico, ma alle banche commerciali. Il Regno Unito post Brexit può diventare la prova inconfutabile dell’insostenibilità a lungo termine del modello tedesco e della distopia dell’euro, la moneta posseduta da una banca privata che non fa la banca centrale – non è prestatrice di ultima istanza e non emette titoli propri– e soprattutto, rappresenta economie, sistemi e Stati tanto diversi, un sistema soffocante di cambi fissi.

Il Regno Unito ha sovranità monetaria, una banca centrale che comprende il carattere endogeno del denaro- ovvero che è una creazione del sistema-  e capisce le moderne teorie monetarie. In più, il governo di Boris Johnson intende rimuovere la camicia di forza dell’austerità di bilancio. Ha preso atto dell’importanza del principio della domanda effettiva, e aumenterà la spesa pubblica nella sanità e nell’istruzione. Il salario minimo salirà in modo significativo. Che pericoloso bolscevico il conservatore BoJo!

I politici dell’Europa mediterranea chiudono gli occhi, specie in Italia e Francia. Compressione delle spese, bassi salari, previdenza al ribasso, lavorio precario e malpagato, sanità sempre più cara. Per queste politiche antipopolari ricevono il soccorso inestimabile di economisti e prestigiosi uffici studi, la cui conclusione è invariabilmente che l’aumento del salario minimo genera disoccupazione. Falso. Con una curva matematica empirica non è difficile dimostrare che non vi è un rapporto negativo tra il livello del salario reale e la domanda di manodopera delle aziende, una volta controllato il debito privato. E’ invece un fatto che l’UE non persegua né la piena occupazione né la giusta retribuzione dei lavoratori, giacché utilizza un indicatore di bilancio, il NAIRU, (Not Accelerating Inflation Rate of Unemployment), volto a individuare il tasso di disoccupazione da mantenere ad inflazione stabile. Promuove cioè la disoccupazione in nome della magica “stabilita”, ovvero la scarsità di denaro circolante, obiettivo statutario della BCE iscritto nei trattati dell’Unione, l’istituzionalizzazione del dominio dei sedicenti creditori sui debitori, i popoli! A Bruxelles non vogliono capire: d’altronde il loro compito è eseguire gli ordini della finanza internazionale.

L’ Unione monetaria europea è un sistema difettoso fin dalle origini. Venne imposta ignorando obiezioni e raccomandazioni dei rapporti Werner (1970) e Mac Dougall (1977), in cui si avvertiva della necessità di un sistema di imposte “federale” e del pericolo di lasciare tutto nelle mani di una banca centrale indipendente da Stati e governi, e stabilire, in tale contesto, un insostenibile cambio fisso. Tutto questo è stato dimostrato dalla Grande Recessione nel 2008. Dall’inizio della crisi, erano possibili soluzioni più eque ed efficienti di quelle messe in opera. Ma la politica tace, quando è al servizio di chi sta più in alto, l’oligarchia globale. Esisteva un percorso alternativo, la cancellazione dei debiti e meno austerità, ma non è stato mai preso in considerazione.

Il debito è stato usato come grimaldello per stringere l’ordine economico neoliberistaUn’ alternativa avrebbe contribuito a preservare il modello sociale europeo e cambiato l’agenda neoliberista. Le conseguenze le conosciamo, qualche paese, come Grecia, Portogallo, Italia le sente sanguinare sulla pelle, ma a Bruxelles vanno avanti, di vittoria in vittoria, fino alla sconfitta finale.

Lamentarsi, tuttavia, serve a poco, come poco vale aver detto la verità con anticipo. Bisogna proporre soluzioni, a partire dall’evidenza che sovranismo e liberismo non possono coesistere. Noi scegliamo il primo, invitando le forze che si riconoscono nell’idea di sovranità a prendere atto che il primo macigno da cui occorre liberarsi è la dipendenza dall’emissione monetaria privata. Poco varrebbe anche l’uscita dall’euro, se la lira restasse in mano a una banca privata con soci esteri, quale è oggi la Banca d’Italia. Esistono diverse teorie economiche fondate sulla sovranità e proprietà pubblica della moneta. In Italia, è nota la scuola che fa riferimento a Giacinto Auriti e alla sua teoria della proprietà popolare della moneta.

Negli ultimi decenni, tuttavia, si è assai diffusa una scuola chiamata Teoria Monetaria Moderna, o MMT (Modern Money Teory). E’ una teoria post keynesiana, convinta che l’obiettivo centrale degli Stati sia garantire la piena occupazione attraverso l’emissione sovrana della moneta, accompagnata da una tassazione redistributiva e da una politica di spesa finanziata dai titoli di Stato. Criticati ferocemente dal mainstream, avversati dalle cupole finanziarie e dai loro terminali accademici e politici, gli economisti della MMT hanno però fatto molta strada, tanto che le loro idee sono entrate nella campagna elettorale negli Usa. La candidatura di Bernie Sanders è osteggiata dall’apparato di potere del Partito Democratico proprio in quanto favorevole alla MMT. Vale quindi la pena conoscerla meglio. Cambiare è urgente e indispensabile; non si possono più utilizzare le ricette fallite da anni che hanno portato povertà, precarietà, disoccupazione e ingiustizie inammissibili. Non si può affrontare un problema con i mezzi e l’approccio culturale che lo hanno generato.

Non tutte le questioni economiche e sociali derivano dalla mancanza di sovranità monetaria statale, ma il suo recupero è la condizione preliminare per affrontarli. Il fronte sovranista deve esprimere un suo modello economico, sviluppare un pensiero antiliberista. Resistono, se i termini hanno ancora un senso, una destra e una sinistra antiglobalisti. Il sovranismo di destra finirà nel nulla se continuerà a credere in ricette economiche liberiste, così come la sinistra non può ignorare la dimensione comunitaria, etica, identitaria che deve sostenere un progetto alternativo. Non esprimiamo giudizi sulla MMT, ma prendiamo atto che ha scosso il mondo accademico. Ne hanno parlato liberisti di ferro come i banchieri Christine Lagarde e Mario Draghi, è inserita nel programma di esponenti politici americani e, in Italia, da un settore del Movimento Cinque Stelle, in particolare da Gianluigi Paragone.

La MMT affonda le radici nel “cartalismo” del secolo scorso, la concezione per cui la moneta serve agli Stati per indirizzare l’economia. Non è quindi neutra, un semplice strumento di misura, come sostiene l’approccio classico. I principi basilari della MMT sono la natura pubblica dell’emissione monetaria, l’importanza del sistema fiscale, la redistribuzione del reddito e il perseguimento della piena occupazione. Lo Stato prima crea la moneta contabile, quindi impone delle tasse modulate allo scopo di spingere la domanda. Le imposte devono fornire margine di manovra per una spesa pubblica equilibrata, che accetti una moderata inflazione e si ponga obiettivi a lungo termine (infrastrutture, scuole, sanità, eccetera), da realizzare a debito, con la formula dell’emissione di titoli di Stato. La recessione viene spiegata con la carenza di domanda interna, un elemento che caratterizza l’Europa da almeno quindici anni, da contrastare con la spesa pubblica e la creazione di liquidità.

In caso di inflazione eccessiva, si agisce attraverso la leva fiscale, orientata a sottrarre denaro dalla circolazione. La condizione preliminare della MMT è che lo Stato si riappropri della sovranità monetaria ceduta alle banche. I paesi che possono emettere moneta sono liberi da vincoli di bilancio esterni, definiti o imposti dal sistema finanziario privato. Altro principio chiave della MMT è quello dello Stato “datore di lavoro di ultima istanza”. Il capitalismo lasciato a se stesso, agli spiriti animali (Keynes) e alla distruzione creatrice (Schumpeter) non è interessato al pieno impiego. Vuole debitori, servi precari e consumatori a credito. Lo Stato, attraverso programmi mirati, (conservazione dei beni culturali, del territorio, ricerca scientifica nei settori cruciali dell’ecologia, dell’energia e dell’innovazione) può fornire lavoro non assistenziale utile alla comunità.

Warren Mosler, uno degli economisti di punta della MMT, ha rovesciato il paradigma dominante degli ultimi decenni con la sua idea del deficit pubblico. È lo Stato a dover prima spendere, altrimenti per i cittadini non vi saranno mezzi con cui pagare le tasse o comprare titoli del debito pubblico. Si sottrae così la giustificazione più grande alla politica di austerità, l’idea che le cose non si possono fare perché “non ci sono soldi”. Uno Stato che recupera la sovranità monetaria ed emette titoli di debito pubblico nella sua valuta non rischia il fallimento.

Occorre un doppio cambio di paradigma, che si accetti la MMT o si ritengano più fondate altre teorie sulla emissione pubblica della moneta. Va cambiato il modello economico culturalmente dominante, il monetarismo sorto alla fine degli anni Settanta del XX secolo. Il mondo cambia a velocità crescente: non può organizzarsi attorno a un’ideologia vecchia di oltre quarant’anni, il cui esito è sotto gli occhi di chiunque voglia guardare. La rivolta c’è, possiede alcune idee-forza e ha capito il fallimento di élite divenute oligarchie autoreferenziali. Secondo un altro padre della MMT, Bill Mitchell, recentemente intervenuto in Italia, è lo stesso sistema bancario a chiedere agli Stati di riprendere in mano la politica fiscale per politiche espansive, ovvero in deficit. L’esempio giapponese è la prova della fallacia monetarista. Il rapporto deficit/PIL è del 250 per cento, il doppio dell’Italia, ma l’economia è in salute e ha contraddetto gli economisti che ne profetizzavano l’implosione.

L’altro paradigma da ribaltare è quello della decadenza degli Stati nazionali. Ci hanno detto che serve un governo mondiale, la globalizzazione e il mondialismo sono il destino inevitabile e non vi è alternativa alla situazione corrente. E’ la menzogna più grande, a cui dobbiamo opporre l’idea di Stato, un’istituzione di cui è dimostrata la necessità e la convenienza economica. Sovranità significa avere in tasca le chiavi di casa e innanzitutto della cassaforte. Il problema è che bisogna credere nello Stato, restituire dignità all’idea di appartenenza, al concetto di comunità etica che si organizza attorno al desiderio di un futuro comune. Tornare Italia, Stato, popolo, nazione.

FONTE:https://www.maurizioblondet.it/brexit-sovranita-e-teoria-monetaria-moderna/

 

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

WIND TRE: “Credo negli esseri umani”… ma ti faccio parlare con un robot

La canzone ascoltata da chi resta in attesa sembrerebbe contraddire la filosofia aziendale del gruppo telefonico

Non so se avete mai provato il brivido di comporre il 159, il numero per gli utenti di Wind Tre.

Altro che fare “base jumping” o surf su un’onda anomala, questa sì che è una roba da brivido.

Ma prima di svelarvi l’emozione estrema, corre l’obbligo di narrarvi il perché ho scelto di chiamare il 159 nonostante i disperati “No, ti prego non farlo” di amici e parenti che, giustamente, mi vedevano impreparato ad una così azzardata avventura.

Una mia vicina di casa, 86 anni ben portati (ma non ditelo a Colao, o ancor peggio a Fontana e a Gallera, sennò la murano viva o la eliminano….), mi rappresenta un problema per lei vitale.

Non riceve più le telefonate, anche se fortunatamente riesce a chiamare.

Armato di cellulare (senza app, ma non ditelo ad Arcuri e a quelli di Immuni e tanto meno a Riccardo Luna…), di mascherina e di guanti scendo a casa della signora Maria Luisa. Provo a comporre il suo numero e vedo il suo apparecchio fisso drammaticamente inerte. Alzo la cornetta e sento il segnale (il tono di centrale come dicono quelli che sanno tutto). La linea c’è, ma per prudenza controllo cavi e connessioni. Tutto in regola, almeno apparentemente.

Ma siamo sicuri che l’utenza riesca davvero a chiamare?

Dal “fisso” chiamo il mio cellulare ma proprio in quel mentre mi giunge un’altra telefonata da un numero che non conosco e che per la sua composizione (06-64***) apparterrebbe a tutt’altra zona della capitale. Chiudo il telefono fisso per rispondere al mio smartphone, ma simultaneamente il mio dispositivo smette di “suonare” (trillare lo si diceva una volta…). Vabbe’, richiameranno, dico tra me e me, e subito riprovo a chiamare con il telefono fisso e – quasi ci fosse un folletto dispettoso – ecco riapparire sul display il numero misterioso “in arrivo”…

Incredulo, abbasso il ricevitore dell’apparecchio di casa e il mio schermo si spegne mentre segnala la chiamata persa.

La signora Maria Luisa – nemmeno fosse parente di Scajola e avesse il destino segnato da qualcosa “a sua insaputa” – aveva cambiato numero. O, a voler esser più precisi, l’operatore telefonico le aveva assegnato un nuovo numero senza avvisarla e senza darle modo di informare familiari e conoscenti della variazione (soprattutto in un momento così critico come quello che stiamo attraversando, durante il quale una mancata risposta al telefono fa subito pensare al peggio e innesca una serie di azioni che vanno dal chiamare l’ambulanza e dal far intervenire i pompieri perché potrebbe esserci necessità di tirar giù la porta…).

Riprovo a telefonare al numero “originario” della signora Maria Luisa e lo 06-81*** squilla libero. Penso subito ad un guasto e quindi – come un eroe di altri tempi – mi arrischio a rivolgermi al 155 (che ricordavo per essere stato cliente di quel gestore), per poi scoprire che devo invece comporre il 159.

Lì si materializza il più straordinario ossimoro sonoro. Appena presa la linea sento una musica, un istante dopo le parole della canzone sono “Credo negli esseri umani” e poi (daiiii…) mi si presenta un robot incaricato come risponditore automatico….

Se fossi Mengoni non chiederei i diritti d’autore a Wind Tre, ma i danni.

Probabilmente il cantante non porterà in tribunale la compagnia telefonica, ma mi auguro (ne sono quasi certo perché l’ho caricata a molla) lo faccia la vivacissima Maria Luisa. Perché? Per mille motivi e, se siete curiosi, continuate a leggere…

Il robot Willy (con cui ho stretto amicizia quasi subito e con cui ho avuto modo di consolidare il rapporto visto che sono stato costretto a chiamare più volte prima che mi venisse passato un operatore invece di ritrovarmi abbandonato senza nemmeno più le note del brano di Sanremo) mi ha detto ad ogni tentativo di collegamento che l’utenza da cui chiamavo risultava morosa. La sua voce digitale mi ha ripetuto ogni volta che la bolletta non era stata pagata e, senza darmi alternative, mi ha chiesto di dire “sì” per regolare i conti. Trovandomi impreparato, ho chiesto alla vicina di casa spiegazioni e lei mi ha detto di avere l’addebito delle utenze sul conto corrente bancario. Rispondo NO a squarciagola e Willy, dopo aver fatto finta di non capire alcune volte e aver ripetuto la filastrocca della mancata corresponsione del canone, mi ha dato modo di accedere al menu delle diverse funzionalità del servizio di assistenza.

I pagamenti erano in regola ma il sistema (come il mio smartphone quando ho fatto la prova) non sapeva di dialogare con l’utenza 06-81***, ma era convinto che fosse lo 06-64*** a chiamare.

La banale intuizione mi è bastata per tranquillizzare la signora che aveva già sulle spalle tre giorni di stress per il suo lockdown anche telefonico. L’ho rassicurata spiegandogli che l’abbonato che non aveva pagato il dovuto non era lei, ma il vero intestatario del misterioso 06-64***.

La chiacchierata con l’operatore in Romania (il call center è lì) mi ha permesso di segnalare la situazione imbarazzante e il momento di pathos è stato raggiunto quando ho dovuto spiegare che la signora Maria Luisa aveva solo cambiato numero e non sesso… Dall’altra parte del filo, infatti, insistevano nel dirmi che l’utenza da cui chiamavo era di un uomo, il signor Giovanni P. e quindi…

Appreso, in barba alla privacy, che il tizio in questione non aveva pagato la bolletta, ho cercato di spiegare la mia ipotesi sull’accaduto e di indicare nella inversione delle utenze la radice del problema.

Con calma quasi zen ho sopportato le spiegazioni sul sovraccarico delle linee in questo periodo e ho finto persino di ringraziare quando mi è stato detto che la riparazione non avrebbe comportato alcun addebito alla signora Maria Luisa.

In attesa che qualcuno provveda ad eseguire gli interventi tecnici del caso, mi sono preso la briga di tranquillizzare subito chi in questi giorni non aveva avuto notizie della mia vicina e, pur preoccupato, non aveva potuto venire di persona per l’evidente blocco dei movimenti sul territorio.

Ho salutato la signora Maria Luisa che credo, dietro la mascherina, abbia sorriso per ringraziarmi. Prima che chiudesse la porta di casa, le ho raccomandato di fare la voce virile in caso qualcuno la chiamasse al telefono. Fino a “riparazione” avvenuta lei è il signor Giovanni….

FONTE:https://www.infosec.news/2020/04/24/news/cittadini-e-utenti/wind-tre-credo-negli-esseri-umani-ma-ti-faccio-parlare-con-un-robot/

STORIA

IL GENOCIDIO CHE NON VOGLIAMO VEDERE: 400 MILIONI DI ABORTI IN CINA (IMPOSTI DALLA LEGGE DEL FIGLIO UNICO)

Antonio Socci – 7 04 2020

Quella dei regimi comunisti, nel mondo, è una carneficina senza fine, che però continua a lasciare tutti indifferenti. Non sappiamo se il prossimo loro crimine sarà una guerra atomica scatenata in Asia dalla Corea del Nord, come si teme in questi giorni.

Ma si sa che l’ultimo orrore è stato perpetrato e quantificato nei giorni scorsi dal regime cinese, protettore di quello nordcoreano, passando quasi inosservato, sebbene si tratti di un numero di vittime oceanico, senza eguali nella storia.

Due settimane fa il Ministero della Salute di Pechino – con i toni trionfali di chi rivendica un grande successo – ha comunicato che negli ultimi quarant’anni, cioè in pratica da quando è stata imposta la famigerata legge sul figlio unico, sono stati fatti in Cina quasi 400 milioni di aborti.

 

RAGIONERIA DELL’ORRORE

 

Il dato diffuso dalle agenzie parla infatti di 336 milioni di aborti (13 milioni nel solo 2012) a cui si dovrebbero sommare – dice l’agenzia Agi China – “403 milioni di donne sottoposte (spesso con la forza) all’introduzione di dispositivi anticoncezionali intrauterini” (le spirali in una certa percentuale hanno anch’essi effetti abortivi).

E’ vero che non si riesce nemmeno a focalizzare col pensiero una strage così immane. Infatti, secondo una cinica affermazione attribuita a Stalin, un morto è una tragedia, milioni di morti sono una statistica.

Tuttavia ci troviamo di fronte a una cifra che deve sconvolgere: basti solo pensare che l’intera Seconda guerra mondiale fece 50 milioni di morti (compresi bomba atomica e lager).

Marcello Flores, nel libro “Tutta la violenza di un secolo”, parlando appunto del secolo XX, indica la Seconda guerra mondiale, “con i suoi cinquanta milioni di morti” come “l’evento più distruttivo del XX secolo e forse della storia umana”.

Ebbene con la notizia diffusa dal regime cinese – per numero di vite umane soppresse – siamo davanti a quasi otto volte la Seconda guerra mondiale.

E’ la più colossale strage di vite umane che sia mai stata compiuta da uno Stato. Infatti in questo caso si tratta di un orrore di stato perché non siamo di fronte ad aborti volontari, ma perlopiù imposti per legge dal regime, non di rado con modalità feroci.

ORRORE QUOTIDIANO

Con 1500 aborti ogni ora le storie orribili sono all’ordine del giorno. Il mese scorso è trapelata la vicenda di una donna di 33 anni e del marito, che vivono nella provincia orientale dell’Anhui.

Avevano già un figlio, ma lei è rimasta di nuovo incinta. Per il regime questo nuovo bimbo era illegale.

Così i due hanno provato a nascondere la gravidanza, che era già al settimo mese, quando un vicino ha fatto la spia e sono arrivati i funzionari.

Per far vivere il bambino il regime pretendeva una multa salatissima che i genitori non erano in grado di pagare così venerdì 22 marzo la donna è stata presa a forza e su ordine delle autorità è stata fatta un’iniezione letale al bambino nel suo grembo.

Il piccolo era totalmente formato e – se non fosse stato soppresso con quell’iniezione – poteva già nascere vivo. Il padre disperato ha fatto una foto al corpo del piccino e l’ha postata su internet facendo grande impressione.

Anche la giovane Feng Jianmei, nella regione dello Shanxi, era al settimo mese di gravidanza. Si era opposta ai funzionari del Family planning arrivati mentre era sola in casa (il marito era a lavoro).

Così fu picchiata e trascinata su un veicolo. Costretta ad abortire poi si trovò il piccolo corpo del figlio nel letto vicino.

Sono storie da un mare di orrore. Chai Ling, coraggiosa voce del dissenso, ha denunciato: “E’ il più grande crimine contro l’umanità attualmente in atto, lo sventramento segreto e inumano di madri e figli, un Olocausto infinito che va avanti da trent’anni”.

La caratteristica orripilante della tragedia cinese è proprio l’obbligatorietà degli aborti. Questo fra l’altro dovrebbe trovarci tutti unanimi nella condanna.

 

MIOPIA E INDIFFERENZA

 

Perché pure i radicali – che hanno sull’aborto le loro idee – si trovano a condannare l’aborto imposto dal regime alle donne cinesi (ricordo di aver sentito Massimo Bordin su Radio radicale). Ma dunque perché, di fronte alle cifre oggi emerse, nessuno denuncia quest’immane carneficina?

Oltretutto la disumanità del regime che sbandiera questa “statistica” come un successo è pure miope perché la voragine demografica che si è così prodotta sta provocando e provocherà in futuro una destabilizzazione, anche economica, oltreché negli equilibri sociali, dalle conseguenze incalcolabili (peraltro, siccome si è trattato perlopiù di un femminicidio, oggi in Cina c’è un eccesso di quasi 40 milioni di maschi e si ricorre a una “importazione” di donne dai paese vicini).

Quello che più colpisce – a distanza di alcuni giorni dalla diffusione della notizia – è l’assoluta indifferenza del mondo.

La Cina sta marciando a tappe forzate verso il traguardo di prima potenza mondiale e nessuno si permette di eccepire di fronte all’orrore.

L’Onu che – con la sua Commissione dei diritti umani – solo due mesi fa ha condannato Israele per gli insediamenti in Cisgiordania invitando la comunità internazionale a valutare perfino sanzioni economiche e politiche contro Gerusalemme, ha forse proferito parola su quei 330 milioni di vite umane soppresse dal regime cinese? No, niente.

E l’Europa dove magari si solleva un caso contro il governo dell’Ungheria in cui non è stata fatta alcuna strage? E i paesi europei, così sensibili ai diritti umani da scatenare addirittura una guerra contro la Libia di Gheddafi che ha portato al rovesciamento del regime?

E un uomo di principi umanitari e di fede cattolica come Romano Prodi – che è stato presidente della Commissione europea e oggi rappresenta l’Onu in Africa – ha forse alzato la sua voce indignata contro una simile tragedia di Stato?

Non ce ne siamo accorti. Eppure Prodi ha rapporti storici con la Cina, come pochi altri leader occidentale (è anche professore alla Ceibs – “China Europe International Business School” – a Shanghai).

Nel sito internet di Prodi c’è il resoconto del suo ultimo viaggio a Pechino, nel gennaio scorso, durante il quale, secondo Radio Cina Internazionale, “il membro dell’Ufficio politico del Comitato centrale del PCC Li Yuanchao ha positivamente valutato le relazioni sino-italiane e sino-europee… Dal canto suo, Prodi ha altamente apprezzato gli enormi risultati dello sviluppo acquisiti dal PCC alla guida del popolo cinese. Egli ha aggiunto che i vari ambienti italiani guardano con attenzione al rafforzamento delle relazioni con la Cina, e continueranno ad impegnarsi per promuovere lo sviluppo dei rapporti fra Italia e Cina e fra Europa e Cina”.

 

APPELLO

 

Dunque Prodi ha “altamente apprezzato” gli “enormi risultati” conseguiti dal Partito comunista cinese. Ma non si potrebbe far sapere ai compagni cinesi che quella legge di cui menano vanto ha provocato un orrore incommensurabile e inaccettabile?

Non si potrebbe sommessamente osservare che un genocidio di 336 milioni di vite umane innocenti è il più vasto crimine della storia che sia stato commesso da uno Stato?

Il presidente Prodi, che da sempre professa saldi principi democratici, la difesa rigorosa dei diritti umani e ha una visione della società improntata a forti valori morali, non ritiene che una simile carneficina meriti almeno una parola di protesta?

E così l’Unione europea e Obama che si prendono i premi Nobel per la pace, ma non si sognano nemmeno di inviare al regime cinese un vagito delle loro diplomazie.

Il cosiddetto mondo democratico digerisce tranquillamente, nella più completa indifferenza, l’orrore. Come l’opinione pubblica: lo facciamo continuando a rappresentarci come anime pure, progressiste e piene di ideali umanitari.

L’antico silenzio degli intellettuali e dei media sui crimini del comunismo si somma oggi alla tranquilla accettazione della Cina comunista come nuovo potere planetario, con genocidi annessi.

Cosa diranno di noi i posteri?

Da “Libero”, 7 aprile 2013

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FONTE:https://www.antoniosocci.com/il-genocidio-che-non-vogliamo-vedere-400-milioni-di-aborti-in-cina-imposti-dalla-legge-del-figlio-unico/

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