RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 22 APRILE 2022

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RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 22 APRILE 2022

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

E in generale la sapienza antica dei Greci sembra essere legata soprattutto alla musica.
E per questo giudicava che il più musicale è il più sapiente fra gli Dei fosse Apollo e fra i semidei Orfeo.
PAUSANIA 10, 32, 7 – FONTE: Giorgio Colli, La sapienza greca, vol. I, Adelphi, 1977, pag. 89

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SOMMARIO

Feydeau avrebbe fatto meglio!
Campagna 2016 di Clinton, avvocato, dirigente tecnologico in “joint venture” per diffamare Trump, sostiene Durham
Afroamericano lega ragazza alla macchina e la uccide in diretta Facebook: arrestato
Guerra e scongelamento della crisi globale
GUERRA E PACE: LA LEZIONE DI SERGIO COTTA
Il “buon senso” infatti
Quel sondaggio su Bucha che spaventa il governo dei “migliori”
I nemici della verità
“Non corriamo alcun rischio di default”. Così la governatrice della Banca centrale russa
Digitalizzazione e terza età
“Soy mayor, no idiota”: campaña contra la exclusión financiera de adultos mayores en España
Mariupol. Iniziano le indagini sui crimini di guerra dell’esercito ucraino
Da “week end” a “lockdown”: i 10 anglicismi più inutili della storia
Occulto
Mondo del lavoro: sta arrivando uno tsunami e non siamo preparati
Biden ordina, Zaia esegue
La Cina prende il controllo delle Isole Salomone, e del Pacifico
Il frullato della cospirazione Great Reset
Valutazione d’impatto Privacy: come coinvolgere gli interessati?

 

 

 

EDITORIALE

Feydeau avrebbe fatto meglio!

Manlio Lo Presti – 22 aprile 2022

Georges Feydeau – FONTE IMMAGINE: https://biografies.it/georges-feydeau/ 

 

La Francia sta vivendo una lenta eclisse come l’Inghilterra.
Entrambi sono ex potenze coloniali.
Entrambi sono economie predatorie che da secoli riempiono i loro forzieri con le ricchezze sottratte con la violenza e il fuoco ad interi emisferi del pianeta. Coerentemente con la loro mentalità ladronesca hanno riempito i loro musei con le opere d’arte italiane, africane e asiatiche (cfr il clamoroso caso Malraux ministro di De Gaulle). Ora che la festa coloniale è finita, quale sarà il loro futuro?
Tornando alla Francia, l’attuale disputa elettorale è una commediola recitata malissimo dagli interessati, La sceneggiatura è miserabile. I tempi della pseudo-discussione sono gestiti nel peggior modo possibile.
Perché elenco tutto questo? Per evidenziare che l’intera vicenda è una farsa. La signora recita senza convinzione la parte della oppositrice, Il bambinello viziato cerca di parlare con calma, ma i suoi occhi cerulei e vitrei di cocainomane di lunga data, fanno trasparire impazienza, La sua gestualità emette la tensione di chi è abituato a non essere contraddetto, se non dai Rothschild, Soros, Attali, Gates, Mellon, Goldman, Sassoon, Banche intercontinentali, Finanziarie, Fondi pensione, Assicurazioni  e i loro alacri sodali, committenti che lo hanno insediato per obbedire con lucida acribia alle loro direttive esecutive!

Questo posizionamento del ricco e privilegiato miracolato in cerca di conferma, amico e servo delle élites nazionali e mondiali non è sfuggita alla popolazione francese sempre più schifata dalla situazione. Come da copione, l’opinione dei francesi non avrà alcun peso né sposterà di un millimetro i piani delineati da una corte che lo assedia e lo controlla. E’ partita in grande stile la macchina ricattatoria ed intimidatoria ai danni degli avversari che tacciono in modo imbarazzante. Dove è andata a finire la loro scorza movimentista, sia a destra che a sinistra? TUTTO TACE!

Poco importa che le periferie sono bombe ad orologeria, poco importa che la disoccupazione morde come un cane rabbioso, poco importa che l’ondata razziale sta demolendo gli equilibri sociali, poco importa che la Francia non somiglia più alla sua grande cultura antica ma anche del recente passato! Feydeau avrebbe riso a crepapelle per la ridicola imperizia con la quale la regia conduce queste finte elezioni. Di gran lunga egli avrebbe fatto meglio!
I piani delineati per la ex potenza coloniale da un ristretto gruppo di magnati non muta di una virgola.

L’asse finanziario anglo-franco-USA sosterrà il presidente-bambinello-miracolato perché gli ALTI COMANDI MONDIALI devono continuare ad utilizzare la Francia come martello per spezzare le gambe all’Italia non appena tenta di fare i propri interessi e non quelli anglofrancotedeschiUsa. Infine, utilizzare la Francia come spazzino per le operazioni sporche in Africa e Asia.

Tutto questo non può essere gestito dalla “signora”.

NON RIENTRA NEI PIANI …

È’ la finanza mondiale, Bellezza!

 

TEMI TRATTATI

Elezioni in Francia, Feydeau, campagna elettorale, Francia, Inghilterra, ex potenze coloniali, Africa, Asia, élites, finanza, assicurazioni, fondi sovrani, Soros, Gates, Goldman, Attali, Mellon, Sassoon, Rothschild, André Malraux, De Gaulle, cocainomani, asse anglofrancotedescoUSA, alti comandi mondiali

 

 

 

IN EVIDENZA

Campagna 2016 di Clinton, avvocato, dirigente tecnologico in “joint venture” per diffamare Trump, sostiene Durham

La campagna di Hillary Clinton, il suo avvocato e un dirigente tecnologico hanno preso parte a una “joint venture” per raccogliere e spargere sporcizia su Donald Trump durante la campagna presidenziale del 2016, sostiene il consigliere speciale John Durham in un nuovo deposito.

L’affermazione della bomba è stata presentata in una mozione di 48 pagine depositata lunedì in ritardo sostenendo l’ammissione di ulteriori prove prima del processo in sospeso dell’avvocato della campagna elettorale di Clinton Michael Sussmann per presunto mentito all’FBI.

Al centro del caso c’è un messaggio di testo del 18 settembre 2016 inviato da Sussmann all’allora consigliere generale dell’FBI James Baker, che è stato riprodotto nel deposito di lunedì.

“Jim – è Michael Sussmann. Ho qualcosa di urgente (e sensibile) di cui devo discutere”, ha scritto l’avvocato. “Hai disponibilità per un breve incontro domani? Vengo da solo, non per conto di un cliente o di un’azienda, voglio aiutare l’Ufficio di presidenza. Grazie.”

In effetti, affermano i pubblici ministeri, Sussmann – allora un avvocato di sicurezza informatica presso il potente studio legale democratico Perkins Coie – aveva ingannato Baker e stava agendo per conto della campagna di Clinton quando i due si sono incontrati il ​​giorno successivo.

Durante quella seduta, Sussmann avrebbe fornito a Baker informazioni suggerendo che i server della Trump Organization stavano comunicando con i server dell’Alfa-Bank con sede a Mosca. Questa affermazione è stata amplificata dalla campagna di Clinton per suggerire che Trump fosse in collusione con il Cremlino.

Secondo il deposito di lunedì, la preparazione per l’incontro di Sussmann con Baker è iniziata tra “fine luglio e inizio agosto”, quando “Tech Executive-1”, che da allora è stato identificato come Rodney Joffe , ha iniziato a dire ai dipendenti della Neustar, con sede in Virginia, dove si trovava un vicepresidente senior – per “estrarre e assemblare dati Internet che sosterrebbero una ‘inferenza’ o ‘narrativa’ che lega Trump alla Russia”.

Hillary Clinton
La campagna di Hillary Clinton ha lavorato attivamente per raccogliere e diffondere la sporcizia su Donald Trump durante la campagna presidenziale del 2016.
AFP tramite Getty Images

Joffe, che non è menzionato nel deposito, avrebbe affermato che il punto dello sforzo “era quello di compiacere questi” VIP “”, che secondo Durham si riferisce a Sussmann, al suo collega di Perkins Coie Marc Elias – il consigliere generale della campagna di Clinton – e alla campagna si.

I pubblici ministeri affermano anche che Joffe ha ordinato a un dirigente di altre due società di sua proprietà di fare un’analisi approfondita dei dati su Trump, dicendo che “stava lavorando con una persona in un’azienda a Washington, DC con stretti legami con la campagna di Hillary Clinton e il Partito Democratico .”

Michael Sussmann, un ex procuratore federale, è un avvocato per la privacy, la sicurezza informatica e la sicurezza nazionale riconosciuto a livello nazionale.
John Durham denuncia la campagna di Hillary Clinton e il suo avvocato Michael Sussmann sulla raccolta di informazioni contro Donald Trump.
Perkins Coie

Il documento aggiunge che Joffe ha persino inviato un’e-mail al dirigente con gli indirizzi di casa, gli indirizzi e-mail, gli indirizzi IP e altre informazioni personali di “vari collaboratori di Trump”, inclusi coniugi e altri membri della famiglia.

Secondo Durham, il CEO era “molto a disagio” con la richiesta di Joffe, ma ha obbedito perché “era una figura potente”.

L’immersione in Trump ha ricevuto il nome in codice “Crimson Rhino”.

Alla fine, affermano i pubblici ministeri, Joffe e i suoi soci hanno “sfruttato” il traffico Internet relativo a un fornitore di assistenza sanitaria per raccogliere informazioni dalla Trump Tower e dal condominio di Trump a Central Park West. Tra le accuse fatte da Sussmann c’erano che Trump e i suoi soci stessero usando un tipo di cellulare di fabbricazione russa vicino alla Casa Bianca e in altri luoghi.

Allo stesso tempo, Sussman e Perkins Coie avrebbero collegato Joffe a Fusion GPS, la società di ricerca dell’opposizione che ha assunto l’ex agente dell’MI-6 Christopher Steele per compilare il suo famigerato dossier di accuse esplosive e sfatate sui presunti legami di Trump con la Russia.

La più famigerata di queste affermazioni era che i servizi di sicurezza di Mosca possedevano una registrazione di Trump in una stanza d’albergo di Mosca con prostitute che presumibilmente stavano urinando su un letto dove erano stati precedentemente Barack e Michelle Obama.

briscola
La campagna di Clinton ha suggerito che Donald Trump fosse in collusione con il Cremlino.
AFP tramite Getty Images

La campagna di Clinton ha taciuto sul suo impegno con Fusion GPS, così silenziosa che la scorsa settimana la Commissione elettorale federale ha multato la campagna e il Comitato nazionale democratico rispettivamente di $ 8.000 e $ 105.000, per aver etichettato erroneamente i pagamenti all’azienda che sono stati instradati tramite Perkins Coie come ” consulenza e servizi legali” piuttosto che ricerca di opposizione.

Secondo il deposito, Sussmann ha persino incontrato lo stesso Steele (identificato come “UK Person-1”) e i dipendenti di Fusion GPS negli uffici di Perkins Coie nell’estate del 2016.

I pubblici ministeri affermano che mentre Sussmann ha detto al Congresso nel 2017 che intendeva solo “controllare” Steele, l’ex spia britannica ha testimoniato sotto giuramento in un procedimento legale del Regno Unito che Sussmann condivideva con lui l’accusa di Alfa-Bank e Fusion GPS ha ordinato a Steele di “ricercare e produrre rapporti di intelligence” su Alfa-Bank.

Sussmann
Michael Sussmann è stato l’avvocato della campagna elettorale di Clinton.
CSPAN

Le accuse sull’Organizzazione Trump e sui legami con i server Alfa-Bank sarebbero state condivise anche da Steele con funzionari del Dipartimento di Stato, mentre Fusion GPS le ha trasmesse ad almeno un funzionario del Dipartimento di Giustizia.

Dopo che queste presentazioni sono state fatte, Durham sostiene, i dipendenti di Sussmann e Fusion GPS hanno acquistato le accuse di Alfa-Bank ai media mainstream. Le affermazioni sul traffico dei server tra Trump Tower e Alfa-Bank sono state oggetto di numerosi rapporti contemporanei prima del giorno delle elezioni 2016. La storia più notevole, di Franklin Foer, è stata pubblicata da Slate in ottobre e portava il titolo: “Era un Trump Server che comunica con la Russia?”

Infine, le affermazioni dell’Alfa-Bank sarebbero state compilate da Joffe e Sussmann in un “libro bianco” che Sussmann consegnò a Baker quando i due si incontrarono. Secondo l’accusa di Sussmann, l’avvocato ha fatturato alla campagna di Clinton il tempo dedicato alla stesura del documento.

Lo stesso giorno in cui è uscita la storia di Slate sulla Trump Organization e l’Alfa-Bank, il New York Times ha riferito che l’FBI aveva esaminato le accuse di Sussmann e aveva concluso che “potrebbe esserci una spiegazione innocua, come un’e-mail di marketing o spam, per i contatti del computer.

Secondo l’accusa, Sussmann ha perseguito l’angolo di Alfa-Bank anche dopo la sconfitta di Clinton da parte di Trump nelle elezioni del 2016. Nel febbraio 2017, avrebbe fornito una “serie aggiornata di accuse” sulla banca russa e la sua relazione con la campagna di Trump a un’altra agenzia governativa statunitense che da allora è stata identificata come la CIA.

Sussmann è stato incriminato nel settembre 2021 e si è dichiarato non colpevole dell’accusa di false dichiarazioni.

La mozione di Durham chiede l’ammissione di documenti, comprese le note di conversazioni che altri due funzionari dell’FBI hanno avuto con Baker sul suo incontro del 19 settembre 2016 con Sussmann; e-mail che coinvolgono Sussmann, Joffe, Elias, funzionari della campagna Clinton e dipendenti di Fusion GPS; e una deposizione di Sussmann davanti alla House Intelligence Committee nel dicembre 2017.

In quella testimonianza, a Sussmann è stato chiesto se stesse agendo di sua “propria volontà” quando ha contattato Baker e la CIA in merito alle accuse di Alfa-Bank. Lui ha risposto: “No”.

“Quindi il tuo cliente ti ha indicato di avere quelle conversazioni?” gli è stato chiesto.

Il candidato presidenziale democratico ex Segretario di Stato Hillary Clinton (R) parla mentre il candidato presidenziale repubblicano Donald Trump osserva durante il dibattito in municipio alla Washington University il 9 ottobre 2016 a St Louis, Missouri.
John Durham ha accusato la campagna di Hillary Clinton di guidare uno sforzo di disinformazione su Donald Trump e la Russia durante le elezioni presidenziali del 2016.
Rick Wilking-Pool/Getty Images

“Sì”, ha risposto, prima di tentare di tornare indietro qualche istante dopo.

“[Quando] dici che il mio cliente mi ha indirizzato, abbiamo avuto una conversazione, come fanno gli avvocati con i loro clienti, sulle esigenze e gli obiettivi dei clienti e sul miglior corso da seguire per un cliente”, ha detto. “E quindi potrebbe essere stata una decisione che abbiamo preso insieme. Voglio dire, non voglio insinuare che sono stato in qualche modo diretto a fare qualcosa contro il mio miglior giudizio, o che fossimo in qualche tipo di conflitto”.

Lunedì, in una raffica di documenti, il team legale di Sussmann ha sostenuto che gran parte delle prove ricercate da Durham erano inammissibili per sentito dire o irrilevanti per l’accusa contro il loro cliente.

“Il procuratore speciale non ha accusato un piano sostanziale per frodare il governo, né ha accusato una cospirazione per frodare il governo”, si legge in una mozione. “Il modo in cui i dati [internet] sono stati raccolti, la forza oggettiva e l’affidabilità di tali dati e/o le conclusioni tratte dai dati e le informazioni che Christopher Steele ha fornito separatamente all’FBI non hanno tutte alcuna relazione con l’unico crimine Il consulente legale speciale ha scelto di accusare: se il signor Sussmann ha dichiarato falsamente che non stava agendo per conto di un cliente quando ha incontrato il signor Baker.

John Durham
John Durham sostiene che i dipendenti di Sussmann e Fusion GPS abbiano acquistato le accuse di Alfa-Bank sui media mainstream.
AP

Gli avvocati di Sussmann hanno inoltre accusato Durham di aver cercato di “promuovere una narrativa infondata secondo cui la campagna Clinton avrebbe cospirato con altri per indurre il governo federale a indagare sui legami tra il presidente Trump e la Russia.

“Ma non c’era una tale cospirazione; lo Special Counsel non ha accusato un simile crimine; e allo Special Counsel non dovrebbe essere permesso di trasformare il processo del signor Sussmann con una ristretta accusa di falsa dichiarazione in un circo pieno di spettacoli collaterali che alimenteranno solo il fervore partigiano.

In un deposito separato, gli avvocati di Sussmann hanno sostenuto che il giudice del caso dovrebbe costringere Durham a offrire a Joffe l’immunità dall’accusa o archiviare il caso.

“Sebbene il signor Joffe sia pronto a testimoniare in difesa del signor Sussmann – e a offrire una testimonianza critica a discarico a nome del signor Sussmann, compreso che il lavoro del signor Joffe non era collegato alla campagna di Clinton – lo Special Counsel sta rendendo impossibile per Il signor Sussmann di chiamare il signor Joffe come testimone a discarico al processo”, si legge nel documento. «È semplicemente inconcepibile che il signor Joffe debba affrontare una vera e propria continua esposizione criminale in connessione con l’indagine del procuratore speciale. L’avvocato speciale sta ancora una volta esagerando, e lo fa in violazione dei diritti del quinto e sesto emendamento del signor Sussmann.

FONTE: https://nypost.com/2022/04/05/clinton-2016-campaign-lawyer-tech-exec-in-joint-venture-to-smear-trump-durham-alleges/

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

Afroamericano lega ragazza alla macchina e la uccide in diretta Facebook: arrestato

https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/afroamericano-uccide-ragazza-in-diretta-facebook-arrestato-231137/

Washington, 21 apr – Nell’era dei social tutto è spettacolo, anche la morte. Un caso raccapricciante è avvenuto lunedì scorso, quando un uomo ha ucciso la ragazza in diretta Facebook. Earl Lee Johnson Jr., afroamericano di 35 anni, ha infatti legato al volante della macchina (una Bmw rubata) la ragazza, Janice David, di 34 anni, per poi soffocarla, picchiarla e infine ammazzarla con dieci coltellate. Il tutto, appunto, in diretta social. Meta, l’azienda di Marc Zuckerberg proprietaria di Facebook e Instagram, ha prontamente rimosso il video dell’assassinio dalla propria piattaforma.

«Un atto molto malvagio»

Il misfatto è stato consumato a Baton Rouge, in Louisiana, intorno alle 22 di lunedì. A quell’ora gli agenti del dipartimento di East Baton Rouge hanno ricevuto una chiamata dalla polizia di Stato, che li informava di un video Facebook in cui si vedeva distintamente un uomo accoltellare una donna. Gli agenti si sono precipitati sul posto, ma ormai era troppo tardi: all’interno del veicolo hanno ritrovato il corpo della David ormai senza vita. «Un atto orribile, molto malvagio», lo ha definito un portavoce della polizia in conferenza stampa. Che ha poi aggiunto che l’afroamericano, prima di darsi alla fuga, aveva anche cercato di dar fuoco all’auto per cancellare le tracce del delitto.

L’afroamericano ora in attesa di processo

Gli agenti di Baton Rouge hanno infine rintracciato Earl Lee Johnson Jr., arrestandolo con l’accusa di omicidio. Mentre era sotto custodia della polizia, l’uomo ha confessato di «aver ucciso qualcuno». Come spiegato dalle autorità, le torture sono avvenute sui sedili anteriori di un’auto rubata da Johnson. Il quale ha poggiato il suo cellulare sul cruscotto e si è registrato mentre picchiava la donna, il tutto mentre sembrava «parlare con le persone che guardavano online, facendo menzione di quello che stava facendo», ha aggiunto il portavoce della polizia. Stando alla ricostruzione delle forze dell’ordine, i due erano sotto effetto di droghe, nello specifico eroina e metanfetamina. Martedì pomeriggio l’afroamericano è stato quindi tradotto in carcere, in attesa che venga fissata la data del suo processo.

Vittoria Fiore

FONTE: https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/afroamericano-uccide-ragazza-in-diretta-facebook-arrestato-231137/

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Guerra e scongelamento della crisi globale

di Raffaele Sciortino 15 02 2022

IMG 20220413 003803 119Il mondo che conoscevamo prima del 24 febbraio 2022, oggi, non esiste più.

È a partire da questo dato di fatto, terrificante nella sua chiarezza, che il 2 aprile abbiamo voluto organizzare un momento di discussione, a Modena, sul mondo di domani, la guerra in Europa e il destino della globalizzazione, di cui oggi cominciamo a riportare gli interventi. Due invitati d’eccezione: Raffaele Sciortino, autore di I dieci anni che sconvolsero il mondo. Crisi globale e geopolitica dei neopopulismi (Asterios 2019) oltre che di numerosi altri contributi, e Silvano Cacciari, della redazione di «Codice Rosso» di Livorno e autore di La finanza è guerra, la moneta è un’arma (in uscita a breve per La Casa Usher). Una discussione di alto livello quindi – o tutto o niente, ormai dovreste conoscerci –, per capire quella che è la “temperatura” del sistema capitalistico globale, al netto del riscaldamento climatico e dei “condizionatori spenti”; un “provare la febbre” a una fase che, già prima della precipitazione ucraina, appariva torrida, e che la messa in mora di un nuovo conflitto armato dentro l’Europa, tra attori e potenze mondiali sull’orlo della crisi di nervi, non può che “accompagnare solo” (cit.) al punto estremo di fusione.

Non ci interessa ripetere la cronaca della guerra o dare cristalline indicazioni politiche. Ci muove, per ora, l’urgenza di possedere la complessità di tendenze, traiettorie e scenari. Sebbene questa crisi sia (fino adesso) localizzata in Ucraina, si dispiega infatti su vari livelli – militari, economici, geopolitici – che abbracciano il mondo intero, sia fisico che immateriale; che chiamano in causa l’egemonia del dollaro, l’ascesa della Cina, la decadenza occidentale – anche se ben vedere ci sono tanti Occidenti, e questa crisi mette in luce i diversi loro interessi: l’Europa, dell’Ovest e dell’Est, quella mediterranea, la Russia eurasiatica, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e il resto dell’anglosfera, e via discorrendo.

Tutti attori che stanno giocando delle partite su vari livelli: partite molto pericolose, dove si gioca indiscriminatamente col fuoco e il ferro, oltre che con il nucleare, sulla nostra pelle.

Riassumendo, il grande tema è capire che ne sarà della globalizzazione che abbiamo visto, e vissuto, circa dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991 in poi – per stare mediani tra la crisi degli anni Settanta e quella del 2008. A nostro parere, questa crisi è anche uno degli aspetti lunghi di questa dissoluzione, una delle sue conseguenze lunghe, approfondita dalla frattura del 2008 e che il Covid non ha fatto altro che accelerare. E quindi, cosa ne sarà del mondo che abbiamo abitato fino a oggi? È per questo che abbiamo voluto mettere in relazione la guerra – che dopo decenni ha l’Europa come epicentro (anche se in verità c’era già negli anni Novanta con la guerra nei Balcani, sebbene si tenda un po’ a dimenticarlo), ma che può veramente escalare e diventare mondiale – con il destino del sistema globale, che è il grande punto interrogativo.

L’unica cosa certa, a nostro avviso, è che andiamo verso un nuovo disordine mondiale. L’abbiamo chiamata, non a caso, una nuova “età dei torbidi”. Sta a noi comprenderla, e riuscire ad anticipare il mondo di domani da una prospettiva di parte, o quantomeno autonoma dalle narrazioni dominanti, dalle propagande, dagli “interessi generali” che si si condensano quotidianamente attraverso redazioni, giornali, talkshow, bombardandoci – metaforicamente, s’intende, ma con proporzionale devastazione delle nostre capacità e soggettività. Sempre mossi da cattive intenzioni, con la nostra parte ancora tutta da costruire. Buttiamo, quindi, senza paura lo sguardo nell’abisso: è solo questione di tempo prima che l’abisso guardi noi [kamo].

* * * *

Cercando di non essere troppo lungo, oggi nominerei tre punti, tre considerazioni, e ne approfondirò sostanzialmente uno: qual è la temperatura del sistema mondo da un punto di vista in primo luogo economico, e quindi anche geopolitico e sociale. Le altre due considerazioni sono invece le seguenti: la prima penso che sia di fondo condivisa dai presenti ed è la sovradeterminazione di questo conflitto – che vede ovviamente nell’avanscena la Russia e l’Ucraina – da parte degli Stati Uniti. Permettetemi dunque un breve preambolo.

Mi è capitato di leggere ultimamente Günther Anders, il suo testo L’uomo è antiquato. Riflettendo sulla cecità dell’umanità uscita dalla Seconda guerra mondiale rispetto all’apocalisse possibile, cioè la bomba e l’autodistruzione nucleare, a un certo punto l’autore fa una riflessione, che butta un po’ lì. Dice che la forza di un una concezione non sta tanto nelle risposte che dà, quanto nelle domande che soffoca, che non lascia venire fuori. Ora, se al posto di “concezione” mettiamo “soft power statunitense” – e cioè uno degli effetti fondamentali dell’egemonia imperiale statunitense negli ultimi decenni – mi pare piuttosto che, sebbene embrionalmente, in maniera contraddittoria, per così dire soffocata, stiano venendo fuori numerose domande. Non solo fuori dall’Occidente, dove la cosa è abbastanza evidente, ma anche in Occidente e tra la gente comune (non c’è bisogno qui di parlare di soggettività politica). E la domanda che ci si fa è: qual è il ruolo degli Stati Uniti in quello che sta succedendo? E non è forse che questo ruolo sia fondamentale, se non prioritario? Questa è la prima considerazione che rimando a voi per la discussione che seguirà.

Il secondo punto è quello che toccherò, ovvero la temperatura complessiva del sistema mondo e quindi la gravità di questa situazione. Ancora una volta non possiamo sapere in che misura, ma siamo sicuramente di fronte a un punto di svolta, come si diceva prima. E una terza domanda che vi rilancio è come sia possibile, a quali condizioni, su che basi costruire un movimento contro la guerra. In altri termini, quali sono le difficoltà (anche, ma non in primo luogo soggettive) che derivano dalla situazione che cercheremo cogliere nel suo insieme.

Voglio qui approfondire con voi – approfondire è una parola grossa; diciamo articolare – un ragionamento sul fatto che la guerra ucraina è il precipitato di una situazione più complessiva che, come si notava prima, rimanda quantomeno allo scoppio della cosiddetta crisi finanziaria del 2008. Ora, per essere il più sintetico possibile e spero non troppo didattico, direi che la crisi scoppiata nel 2008 con l’epicentro negli Stati Uniti, e che solo in superficie è una crisi finanziaria, è una crisi in realtà sistemica.

A partire dalle risposte che le sono state date dal sistema finanziario statunitense, dallo Stato statunitense e poi a cascata da tutti gli altri attori globali, è stata sostanzialmente congelata. Congelata però non senza aver innescato due processi fondamentali, di cui oggi vediamo una prima precipitazione forte a livello geopolitico. Il primo processo è quello che l’«Economist» (la Bibbia del capitalismo mondiale da metà Ottocento in poi) ha chiamato la slowbalization, da slow, lento. La globalizzazione ascendente, dell’ultimo trentennio perlomeno, anche prima della caduta del Muro di Berlino, non ha subito interruzioni perlomeno nei suoi tre indici fondamentali, ovvero nel commercio mondiale rispetto al prodotto netto globale prodotto in un anno, nella costituzione di filiere globali della produzione e chiaramente della logistica, e negli investimenti esteri. Non c’era e non c’è stato finora un arresto vero e proprio, ma osserviamo sicuramente un rallentamento degli indici di crescita. Quindi appunto una slow-balization, una globalizzazione che rallenta.

Contestualmente a livello produttivo e più in generale a livello di capacità di rimettere in moto l’accumulazione capitalistica e quindi la macchina dei profitti, con alti e bassi e in situazioni ovviamente differenziate, per quanto riguarda l’Occidente (diverso il discorso per l’Asia orientale e in particolare per la Cina) noi abbiamo assistito a una sostanziale stagnazione. Il termine non è precisissimo perché appunto le situazioni sono differenziate sia tra l’Europa e gli Stati Uniti, sia internamente all’Europa; ma diciamo fondamentalmente una crescita asfittica e ancor più un’incapacità di lanciare l’accumulazione di capitale. Il che è andato insieme, come effetto-che-diventa-causa, con un indebitamento crescente impulsato (proprio per bloccare gli effetti dirompenti economici, e poi sociali e politici della crisi globale) dalle banche centrali, in particolare dalla Federal Reserve e poi a cascata dalla Banca centrale giapponese, britannica e poi, da ultima, dalla Bce allora guidata da Draghi.

Un indebitamento che non ha pari nella storia del capitalismo e che si è ampliato ulteriormente durante la crisi pandemica. I bilanci delle banche centrali hanno raggiunto indici impensabili, per esempio quello appunto della Banca centrale statunitense (adesso non ricordo precisamente la cifra) che si aggira tra i cinque e i sette trilioni di dollari, che equivale a una cifra tra un terzo e la metà del prodotto interno lordo statunitense. Il che – e non è un punto che possiamo approfondire – ovviamente non è senza ripercussioni su quel fenomeno scattato nell’ultimo annetto e mezzo (nel cosiddetto “rimbalzo” postpandemico) che è l’inflazione.

Beh, già solo il nominare questi macro-processi ci indica che quella che è stata la globalizzazione negli ultimi trenta-quarant’anni non può non essere andata incontro a delle incrinature, se non a delle vere e proprie brecce – anche tenuto conto del fatto che in questi dieci anni tra il 2008 e lo scoppio della crisi globale, la Cina è intervenuta se non a salvare l’economia mondiale e l’Occidente, comunque ad agire come una valvola di sfogo delle difficoltà dell’economia. Ma andiamo per gradi e facciamo un passo indietro.

Cos’è stata la globalizzazione? O meglio, cos’hanno costituito – sul piano geopolitico, sul piano sociale e della lotta di classe, sul piano strettamente economico – quegli assemblaggi che hanno dato come risultato la globalizzazione a guida statunitense?

Alla base ci sono almeno tre grandi processi. Il primo è processo geopolitico, che descrive il riavvicinamento Stati Uniti-Cina, avvenuto a partire dall’inizio degli anni Settanta nel passaggio da Mao a Deng, ossia nel momento in cui gli Stati Uniti stavano subendo una grossissima crisi anche a causa della sconfitta in Vietnam e delle lotte sociali del “lungo Sessantotto”.

Sul piano strettamente economico e monetario, è cruciale lo sganciamento del dollaro dall’oro nel 1971, il che ha dato il via alla fluttuazione delle monete senza una base fisica, per così dire. Sintetizzando, nel regime di Bretton Woods post-Seconda guerra mondiale il legame stretto, fisso, tra dollaro e oro e su cui si innestavano tutte le altre monete, aveva fatto del dollaro la moneta di riserva mondiale e il mezzo di pagamento internazionale. Dal ‘71 in poi, invece, il dollaro segue una traiettoria e una dinamica “a fisarmonica”: nel senso che lo sganciamento dall’oro permette alla Banca centrale statunitense di stampare moneta a volontà, a seconda delle esigenze geostrategiche degli Stati Uniti, ora stampando, ora tirando le redini e stringendo. Nel primo caso, scambiando con il dollaro la produzione mondiale, ci si permetteva attraverso di esso un controllo, un comando su una buona fetta del valore prodotto globalmente; per converso nel secondo caso, in situazioni mutate, si chiudeva la fisarmonica, per riattirarlo negli Stati Uniti, di contro a un dollaro che se troppo inflazionato rischia di perdere valore (e perdeva valore). Una tattica abituale consisteva, per esempio, nell’alzare i tassi e quindi riattirare negli Stati Uniti i capitali che rischiavano di volarsene su altri lidi. Ovviamente la questione è molto più complessa di quello che sto dicendo qui, ma è giusto per dare un’idea di come è andata a costituirsi dagli anni Settanta quello che possiamo chiamare (e che è un fenomeno inedito nella storia del capitalismo mondiale) l’imperialismo finanziario del dollaro.

Governare attraverso il dollaro vuol dire anche governare i flussi di valore globali attraverso l’indebitamento. Perché un dollaro liberamente fluttuante, ora inflazionato ora deflazionato a seconda delle vicende geopolitiche ed economiche interne ed internazionali, ha permesso agli Stati Uniti di accumulare un enorme deficit interno e un disavanzo commerciale delle partite correnti con l’estero altrettanto enorme. In breve, per la prima volta abbiamo un soggetto egemone che comanda il mondo attraverso il debito, il suo debito. Ricordo solo che dalla Prima e poi ancor più dalla Seconda guerra mondiale gli Stati Uniti invece erano usciti come primi creditori di quelle che erano le potenze forti di allora, quelle europee e su tutte la potenza egemone di allora, la Gran Bretagna.

Il terzo macrofenomeno che ha contribuito alla nascita della globalizzazione senza che ci sia stata, come dire, una regia condivisa – cosa che nel capitalismo è impossibile, a meno di abbracciare teorie complottiste – è stata la lotta del “lungo Sessantotto” e il suo assorbimento. A tal proposito è importante una precisazione. Non è che sia stata semplicemente una sconfitta della lotta di classe in Occidente per come si era mossa dagli anni Sessanta agli anni Settanta. C’è stato semmai un suo affievolirsi e anche delle sconfitte importanti, ma soprattutto un assorbimento delle istanze del Sessantotto – quelle istanze libertarie e di ricerca di autonomia che in parte si erano rivolte anche contro la dipendenza dal lavoro salariato – che in qualche modo la globalizzazione ascendente era riuscita ad assorbire portandole e declinandole sul proprio terreno, cioè a favore di una ripartita dell’accumulazione capitalistica.

Ora, questo ci spiega anche, o può spiegare e plausibilmente secondo me, anche un altro fenomeno. Cioè il fatto che essendo accidentale il nuovo tipo di dominio che gli Stati Uniti hanno instaurato sul mondo dopo gli anni Settanta, nella fuoriuscita dalla crisi del lungo Sessantotto – un dominio, attenzione, che ha avuto necessariamente come altro pilastro (ovviamente in termini asimmetrici, di potenze e di profitto) la Cina, cioè l’apertura dei mercati occidentali (statunitensi in primis) all’esportazione cinese, il che ha permesso l’internazionalizzazione delle produzioni, la costituzione di filiere globali della produzione che hanno permesso alla Cina di fare quell’incredibile ascesa, in trent’anni sostanzialmente, che gli altri paesi a capitalismo maturo hanno fatto in cento, centocinquant’anni, però sempre con una posizione, ovviamente, asimmetrica, non di predominio comunque quella cinese – ebbene, dicevo, è evidente che in questa architettura, in questo assemblaggio globale – grazie a contraddizioni proprie quali la cosiddetta finanziarizzazione, cioè il fatto che gli Stati Uniti non abbiano deindustrializzato completamente la propria ossatura produttiva, spostandosi piuttosto su segmenti “alti” della tecnologia, mentre il peso dell’economia finanziaria e speculativa cresceva in maniera immane, e attraverso questo controllo della moneta e della finanza che abbiamo descritto – gli Stati Uniti sono riusciti a captare, a catturare una buona parte dei flussi globali di valore, subordinandoli in maniera nuova, inedita. Inedita perché negli anni Settanta si pensava a un declino inesorabile degli Stati Uniti, e non è stato così.

Dunque, è chiaro che questa complessa architettura che ho giusto tratteggiato – spero in maniera non troppo confusa – nel 2008 ha iniziato a mostrare le sue crepe, sia per contraddizioni interne, ma anche perché la Cina a un certo punto è servita a instaurare questo nuovo dominio statunitense, però ha fatto la sua ascesa economica e quindi – sia con l’aumento dei redditi, dei salari, sia con le lotte di classe interne in Cina – ha iniziato in qualche modo, se non a pretendere, comunque ad aspirare a una fetta maggiore di profitti globali.

Che cosa ha comportato tutto ciò? Sul versante cinese, la consapevolezza nelle élites, nei vertici del partito-Stato, di questo rapporto asimmetrico, sbilanciato, eccessivamente sbilanciato, che vuole e voleva sostanzialmente dire fondare la sua ascesa tutta sulle esportazioni per il mercato occidentale. Con la crisi del 2008 questa strategia si rivelava tuttavia una scommessa precaria, il che ha sorpreso la dirigenza cinese, e in un qualche modo hanno subito dovuto farci i conti. Per ovviare alla crisi, la Cina quindi è intervenuta con un’emissione di liquidità pazzesca nel 2009, e in questo modo ha anche aiutato l’Occidente. Ma il suo modello di sviluppo economico non può trapassare a un indebitamento continuo, che creerebbe una bolla simile a quella dell’Occidente e destinata prima o poi a scoppiare, lasciando morti e feriti in un percorso come quello degli ultimi trent’anni che è stato sì eccezionale, ma che comunque è pieno di contraddizioni, economiche sociali e politiche.

Dunque la Cina, a partire grossomodo dall’indomani della crisi globale, ha messo in campo un piano, una politica industriale, una politica economica finalizzata risalire le catene del valore. Per farla breve, si tratta di un ribilanciamento dell’economia interna e del rapporto della sua economia con l’esterno. In termini concreti questo significa dipendere meno dalle esportazioni, incentivare il proprio mercato interno, essere meno esposti agli impulsi finanziari occidentali e proiettarsi all’esterno con le cosiddette Vie della Seta. Ovviamente, in tutto ciò diviene fondamentale per la Cina salire a delle produzioni tecnologicamente più avanzate, soprattutto in un campo in cui è decisamente indietro che è quello dei microchip. Si noti come l’attenzione venga rivolta non tanto e non solo alla produzione digitale per il consumo di massa, quanto al design, alla produzione e alla progettazione dei circuiti integrati che ne stanno alla base (la base poi anche, ovviamente, delle tecnologie militari).

Questo piano di ribilanciamento cinese, se riuscisse, sarebbe per le multinazionali statunitensi e occidentali in generale – e soprattutto per il controllo statunitense attraverso il dollaro – non dico la fine, perché non è questa l’intenzione e neanche la capacità, considerando i rapporti di forza che abbiamo in Cina, ma comunque un serio colpo. È esattamente questa ipotesi che ha scatenato la reazione statunitense, già abbozzata nel corso dell’amministrazione Obama e poi lanciata con la cosiddetta guerra commerciale di Trump. Ricordiamo che la guerra commerciale non ha tanto come vero obiettivo quello di riequilibrare la bilancia commerciale tra Cina e Stati Uniti, perché come dicevo prima non è questo il problema. Gli Stati Uniti dominano il mondo tranquillamente facendo debito. Il problema è mantenere la priorità e il predominio del dollaro, e impedire alla Cina di risalire tecnologicamente a stadi più elevati di accumulazione capitalistica.

E infatti noi vediamo che c’è una perfetta continuità tra l’amministrazione Trump e l’amministrazione Biden. Biden non ha fatto altro che affinare questa strategia che ha preso la forma del cosiddetto decoupling tecnologico selettivo. Con decoupling si intende lo sganciamento della Cina dall’accesso a capitali e tecnologie elevate occidentali, in un contesto internazionale in cui gli Stati Uniti consapevolmente impongono gli stessi meccanismi anche ai paesi dell’Occidente e agli alleati dell’Asia (Giappone e Taiwan). “Selettivo” perché ovviamente per rompere del tutto con la Cina sarebbe per gli Stati Uniti come uccidere la gallina dalle uova d’oro, il che non è, almeno attualmente, né nei piani né fattibile. Contemporaneamente sul piano geopolitico gli Stati Uniti si sono riorientati verso l’Asia orientale e hanno varato una strategia di accerchiamento, di nuovo contenimento, della Cina, il cui fulcro sono il Mar Cinese (settentrionale e meridionale) e Taiwan. Per questo hanno voluto, se non “abbandonare”, almeno rilassare la presenza in Medio Oriente, e allo stesso tempo lasciare l’Afghanistan e buttarsi su quel nuovo versante.

Ora, cosa c’entra la Russia, l’Europa orientale e l’Asia Centrale in tutto questo?

C’entra innanzitutto perché di lì passano alcune direttive strategiche delle Vie della Seta, che per la Cina sono fondamentali perché, essendo stretta sui mari (da cui dipende, per esempio, per l’arrivo del gas, del petrolio e tutta l’esportazione di merci), cerca di spostarsi via terra passando attraverso il centro-Asia e l’Asia meridionale. La Russia è cruciale già solo per questo, e la stessa Ucraina è uno snodo, previsto, fondamentale delle Via della Seta. Ma anche perché da un punto di vista politico e geopolitico è evidente che la Russia ha nella Cina una sponda fondamentale per resistere alla pressione delle Nato e degli Stati Uniti; e a sua volta la Cina ha nella Russia sia una sponda geografica sia una sponda complementare da un punto di vista economico. La Russia esporta principalmente materie prime agricole e minerarie, e la Cina è l’officina del mondo. È intorno a questo rapporto – non un’alleanza ma comunque una partnership strategica – che possono orbitare tutte quelle aree e quei bacini territoriali che non vogliono sottostare completamente al diktat di Washington.

Ora – e vado verso la conclusione – qui emerge la contraddizione di fase che ci accompagnerà ovviamente per qualche decennio se non esploderà prima. La contraddizione di fase sorge dal bisogno, speculare e insieme opposto, per Cina e per Stati Uniti di conservare la globalizzazione; e dalla necessità al tempo stesso di mettere in atto delle strategie che minino la globalizzazione stessa, che quindi tendano verso una sua crisi e poi, eventualmente, verso addirittura un rinculo, una deglobalizzazione.

Cosa voglio dire?  La Cina necessita della globalizzazione perché è in mezzo a un guado. Necessita di continuare ad esportare merci, di importare materie prime da mezzo mondo, ma soprattutto di accedere a tecnologie e capitali che ancora non possiede. Il problema è che la Cina vorrebbe una globalizzazione meno asimmetrica, potremmo dire più multipolarista, multilaterale. “Un’altra globalizzazione”, come si diceva vent’anni fa nel movimento noglobal; il che però produce chiaramente la reazione durissima degli Stati Uniti, di cui però abbiamo visto e stiamo vendendo solo l’inizio. Gli Stati Uniti infatti sono costretti a rispondere con il decoupling, quindi cercando di sganciare e di separare la Cina dal contesto globale (via sanzioni, via dazi, via quello che vedremo), ma al tempo stesso è chiaro che qui il rischio per gli Stati Uniti è di darsi la zappa sui piedi. Cioè di troncare, di interrompere quei flussi, quelle catene del valore che in buona sostanza sono la fonte del dominio mondiale del dollaro e quindi della sua egemonia imperiale mondiale.

Quindi, la contraddizione sta proprio nel produrre effetti che contraddicono quelle che sono le condizioni, ripeto, speculari e opposte per la Cina – una globalizzazione alternativa e meno asimmetrica, meno occidentocentrica, meno dollaro-centrica – e per gli Stati Uniti – interrompere i flussi con la Cina, che però intanto è diventata l’officina globale, senza i quali, come abbiamo visto anche durante la pandemia, si rischiano di bloccare le filiere globali del valore. Contestualmente, e qui veramente vado a chiudere, il problema di fondo è anche quello che, nel frattempo, a ridosso della crisi si è arrivati, attraverso l’indebitamento e ad altri meccanismi, alla creazione di una bolla di capitale fittizio e speculativo enorme che, se l’accumulazione deve riprendere, in qualche modo deve essere sgonfiata, e deve essere sgonfiata anche violentemente. E guardate, con fenomeni come l’inflazione, le guerre (con le distruzioni che comportano, di capitali e ovviamente di esseri umani) e probabilmente passando attraverso una stagflazione (cioè stagnazione produttiva insieme a un’inflazione), si arriverà di nuovo a una grande recessione o comunque una recessione consistente.

Per quanto riguarda l’Europa, leggevo in questi giorni i dati sulla Germania: l’Europa chiaramente è la più colpita da questa crisi ucraina (ma anche gli Stati Uniti non stanno benissimo quanto a inflazione) e be’, tecnicamente è quasi già recessione, soprattutto se confrontiamo i dati con il pre-pandemia, con il 2019. Si avrebbe quindi una grande recessione che comporterebbe svalorizzazioni di capitali, chiusura di aziende, licenziamenti, distruzione: e la distruzione è la conditio sine qua non di una ripresa dell’accumulazione globale. Solo che nel frattempo questo avviene con crisi, guerre, e dove ogni attore a partire dagli Stati Uniti vorrebbe e cercherà di scaricare i costi di questa svalorizzazione sugli altri. Ma lo stiamo già vedendo nella crisi attuale: vediamo chiaramente l’atteggiamento degli Stati Uniti – proseguire la guerra, l’Ucraina deve vincere – e i danni – sia a livello di prezzo dell’energia, ma in generale, con tutto quello che sta rischiando l’Europa – scaricati appunto sull’alleato.

Quindi, e chiudo, può essere (ce lo dirà il futuro, magari anche prossimo) che la guerra in Ucraina sia un primo punto di svolta della situazione; un punto di sblocco, di scongelamento della crisi che ho cercato, forse un po’ male, di descrivere. Un’inversione del ciclo nel quale, non a caso, assistiamo a una politica della Federal Reserve che segna una deviazione (per adesso non proprio a 180 gradi, ma potrebbe comunque arrivarci) rispetto al “denaro facile” di tutti questi anni. Sta infatti innalzando i tassi per ridare forza al dollaro e riattirare capitali negli Stati Uniti: è ancora una volta quell’effetto fisarmonica del dollaro di cui parlavamo prima. Parimenti lo stesso aumento dei prezzi dell’energia danneggia pesantemente l’Europa come fu già nella crisi energetica del 1973; ma a misura che l’energia viene acquistata e scambiata in dollari non penalizza gli Stati Uniti (o non li penalizzerebbe nella stessa misura se non fosse per l’inflazione concomitante). Ripeto, a misura che il dollaro rimanga moneta di scambio internazionale.

E qui, con quello che sta facendo la Russia (per esempio chiedendo di pagare in rubli nel commercio delle materie prime energetiche) e con quello a cui sta puntando la Cina (cioè a sganciarsi un minimo dal dollaro e via discorrendo) per la prima volta, anche se non si arriverà ovviamente alle estreme conseguenze subito, per la prima volta il tabù è nominato, il tabù è infranto. Qualcuno sta pensando a un’economia mondiale non più sottomessa al dollaro, cioè sta pensando a processi di dedollarizzazione. Ora, che cosa ne verrà fuori nessuno lo sa, ma è evidente che il materiale è esplosivo. Tra crisi della globalizzazione e possibile incipiente di deglobalizzazioni, reazione durissima degli Stati Uniti, processi (o comunque intenzioni, strategie) di dedollarizzazione, è evidente – e qui vi lascio – che la crisi ucraina è la precipitazione di un grumo di contraddizioni che sono ormai sistemiche.

FONTE: https://www.sinistrainrete.info/geopolitica/22811-raffaele-sciortino-guerra-e-scongelamento-della-crisi-globale.html

 

 

 

CULTURA

GUERRA E PACE: LA LEZIONE DI SERGIO COTTA

Sergio Cotta è stato uno dei padri della filosofia del diritto in Italia. Ha insegnato questa materia per decenni. Le sue vaste ricerche sono state orientate sul versante conservatore. Ha compiuto studi approfonditi sulla dinamica dell’agire politico in rapporto alla morale. Leggere il suo pensiero consente di arricchire e completare le attuali e prevalenti ricerche di natura geopolitica ed economica, con una prospettiva eminentemente storica e filosofica. Il suo libro Dalla guerra alla pace – oggi di grande attualità – è stato pubblicato nel 1989. La teoria è improntata alla ricerca delle origini della guerra considerata dall’autore uno stato eccezionale, tenuto conto che la pace è una condizione connaturata all’uomo. Una sua riflessione afferma che la pace non viene “pensata”, ma è concepita da sempre come una sospensione della guerra rivestendo un significato negativo.

Il testo ha quindi lo scopo di confutare questa concezione della pace come una parentesi, procedendo a una analisi del pensiero antico, da Sant’Agostino per arrivare a Leibniz. Si discosta così da Eraclito il cui pensiero si appoggia sulla contesa che è il fondamento della guerra, dove l’altro è un nemico da annientare e non una controparte con la quale negoziare, trovare un accordo, una sintesi di diverse visioni del mondo in un confronto pacifico. Sergio Cotta ribadisce il grande e intramontabile valore della fiducia reciproca, della cooperazione e della fratellanza ispirata ai valori cristiani, ma che ha significato anche in una prospettiva laica. Il volume è oggi di grande attualità dal punto di vista etico e umanistico in un’epoca – quella attuale – che è costituita da una cultura di morte.

Il testo si articola in due parti che contengono sette capitoli per un totale di 186 pagine. La trattazione inizia con il polémos di Eraclito, prosegue con i concetti giuridici della guerra come trasgressione e diffusione della paura sulla quale si fonda qualsiasi sistema di potere antidemocratico. Si giunge alla conclusione che la pace è la condizione umana più autentica. La pace si tutela mediante un’architettura giuridica del diritto all’esistenza. Un bel libro da leggere con calma per comprendere lo spirito di una contemporaneità vittima del caos, della falsificazione, dell’eclisse dell’analisi culturale per lasciare il posto alla paralizzante paura. Un libro che deve essere ristampato al più presto! Buona lettura a coloro che riusciranno a trovarne una copia.

“Dalla guerra alla pace” di Sergio Cotta, Rusconi 1989, 186 pagine

FONTE: https://www.opinione.it/cultura/2022/04/21/manlio-lo-presti_dalla-guerra-alla-pace-sergio-cotta/

 

 

Il “buon senso” infatti

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Quel sondaggio su Bucha che spaventa il governo dei “migliori”

Sorpresa! Secondo un sondaggio commissionato da Termometro Politico, imperniato sulla domanda: “Lei crede che i massacri a Bucha e in altre città ucraine vi siano effettivamente stati e siano responsabilità dei Russi”, meno della metà (40,2) degli intervistati risponde “Sì, si tratta di crimini di guerra di cui Putin dovrà rispondere”; il 19,3% esprime dei dubbi ma conferma la sua vicinanza a Kiev; il 13,3% non capisce lo sdegno per i massacri “in quanto gli americani hanno fatto di peggio”; il 18,1% considera i massacri una messinscena per costringere la comunità internazionale ad essere più dura con la Russia.

Un risultato davvero deludente per i media mainstream impegnati, da più di un mese, 24 ore al giorno a diffondere un fiume di fake news anti-russe. Un risultato davvero preoccupante per il Governo considerato che la propaganda bellica, soprattutto se non sfocia subito in una aggressione militare, stile Libia, è destinata a logorarsi.

A tal riguardo, ci piace qui riportare un post davvero cinico messo su Facebook da Carlo Bressan. Anche perché, come attestava lo scrittore antimilitarista Ambroce Bierce, “Il cinico vede le cose come realmente sono e non come dovrebbero essere”.

<<A Bucha, secondo Repubblica on line, hanno stuprato anche le quattordicenni, è emersa la stanza delle torture con i corpi martoriati, i massacratori russi sono in fila per inviare a casa i beni razziati dai cadaveri, mentre ad Irpin riaffiorano i corpi dei bimbi violentati con la superstite “Stuprata accanto a mia madre agonizzante”; (prime quattro notizie) va un po’ meglio invece a Mariupol dove, secondo Rai News, i russi si limitano a distruggere i cadaveri con i forni crematori portatili.

Naturalmente tutte notizie certe, corrette e verificate, ma c’è un po’ di preoccupazione per il futuro dell’informazione. Se in una guerra destinata a durare mesi dopo nemmeno quaranta giorni ti spari in un solo giorno le quattordicenni violentate, la stanza delle torture, la razzia ai morti, i bimbi violentati, lo stupro accanto alla madre agonizzante e i forni crematori, rischi veramente di rimanere a corto di orrori in brevissimo tempo.  Certo, si possono rispolverare, magari rivisitati, dei classici come lo squarciamento del ventre delle donne incinte o l’uccisione dei neonati nelle incubatrici, che andavano di moda con la guerra all’Iraq, però lo stupro accanto alla mamma agonizzante, effettivamente non è facile da superare nemmeno per il russo: cosa potrà fare domani, stuprare il neonato mentre accoltella la madre?

Siamo fiduciosi una soluzione si troverà, basta attendere il nuovo giorno.>>

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-quel_sondaggio_su_bucha_che_spaventa_il_governo_dei_migliori/6119_45917/

I nemici della verità 

«Molte sono le specie di menzogna, e noi le dobbiamo odiare tutte, senza distinzioni, poiché non c’è menzogna che non sia in contrapposizione con la Verità. Verità e menzogna sono infatti cose contrarie fra loro, come luce e tenebre, pietà ed empietà, giustizia e ingiustizia, peccato e opere buone, salute e infermità, vita e morte. Quanto più dunque amiamo la verità, tanto più dobbiamo odiare la menzogna».

Così scriveva Sant’Agostino. San Tommaso aggiungeva: «peccato mortale propriamente è quello che è in contrasto con la carità. Ora, la menzogna può essere in contrasto con la carità in tre modi: primo, per sé stessa; secondo, per il fine cui mira; terzo per accidens».

«Perché non comprendete il mio linguaggio?», chiede Gesù ai Giudei che avevano creduto in Lui (Gv 8, 43). Il prosieguo delle parole di Gesù ha un contenuto agghiacciante per coloro che vivono nella menzogna, perché prefigura una condanna eterna: «Perché non potete dare ascolto alle mie parole, voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può convincermi di peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio: per questo voi non le ascoltate, perché non siete da Dio».

Ogni pagina del Vangelo impone di schierarsi dalla parte del Male o dalla parte del Bene. Dalla parte della menzogna o dalla parte della Verità. Schierarsi impone di dare un giudizio, di manifestare la propria virilità e di abbandonare il vestito della pavidità e della tiepidezza, utile a coloro che in alcun caso vogliono contrapporsi al mondo e ai suoi mali, ma comprenderlo e farselo amico. Per giustificare se stessi e i loro comportamenti. La regola del non giudicare, che la modernità ha imposto, corrisponde ad una perversione rispetto alla Parola di Dio, che è semplice e netta: «Non giudicate secondo le apparenze, ma giudicate con giusto giudizio», dice Gesù (Gv. 7,24). E ancora: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo e così accade. Ipocriti! Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?» (Lu 12, 54-57).

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Il super green pass diventa obbligatorio sul lavoro: a che punto siamo con i vaccini agli over 50?wired

Coloro che vogliono impedire il giudizio, vogliono fare a meno della morale. La disprezzano, la calpestano e istigano i loro simili ad abrogarla, per crearne una addomesticata, buona per tutti gli usi e che si concilii con i desideri individuali. Anche il bambino, – come ha insegnato uno dei più grandi pedagoghi della storia moderna, Jean Piaget – esercita un innato giudizio di carattere morale sulle situazioni e sulle cose che fanno parte del suo mondo. Sottrargli questa possibilità – che gli è propria per il solo fatto di essere persona creata a immagine e somiglianza di Dio – equivale a sottrargli il respiro, ad eliminare la sua autonomia di pensiero. In una parola, ad ucciderlo. La stessa cosa accade quando molti invitano alle buone maniere, ad evitare polemiche, a non disturbatore il manovratore, a comprendere che non conviene esprimersi con parole di Verità per non urtare le altrui suscettibilità, a edulcorare la realtà o ad omettere di citare le responsabilità o di dare un nome e un cognome a persone che sono colluse con il male o che lo praticano loro stesse o che lo assecondano o a situazioni di palese torbidità. Pusillanimi! Sepolcri imbiancati!

La conoscenza della Verità di cui parla Cristo («Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gv 8, 31-32), non è soltanto intellettuale, ma è maturazione nell’anima dell’uomo del seme della Rivelazione divina, che culmina nelle parole di Nostro Signore ed è vera comunicazione di vita soprannaturale: colui che crede in Cristo e, attraverso di Lui, nel Padre, riceve la vita eterna. Conoscere la verità, in definitiva, significa conoscere Cristo medesimo. Questa conoscenza è la sola che può rendere l’uomo libero, perché ci sottrae dallo stato di separazione da Dio, dal peccato e, quindi, dalla schiavitù del demonio e da tutti i vincoli della nostra natura decaduta, per condurci sul sentiero dell’amicizia divina, della grazia e del regno di Dio. Pertanto, questa libertà – l’unica per la quale valga la pena vivere – oltre ad essere luce che indica il cammino da percorrere, è grazia, forza che ci dà la possibilità di percorrere il cammino nonostante i nostri limiti.

Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi. San Tommaso d’Aquino spiega il profondo contenuto di queste parole, in questi termini: «Liberare non vuol dire in questo passo sollevare da una qualche afflizione (…), ma significa propriamente render liberi, e ciò secondo una triplice modalità: prima, la verità della dottrina ci farà liberi dall’errore di falsità (…); seconda, la verità della grazia ci libererà dalla schiavitù del peccato: “La legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte” (Rm 8, 21); terza, la verità dell’eternità nel Signore Gesù ci libererà dalla corruzione (Rm 8, 21)».

Stiano, quindi, attenti coloro che, vivendo nella menzogna, praticano la corruzione nei confronti di loro stessi e del prossimo, per interessi personali o per calcolo o perché devono eseguire piani dettati da altri, continuando a manipolare la realtà e ad imporre di vivere nella menzogna ai loro simili. L’hanno fatto sul virus. Lo stanno facendo sulla guerra. Mistificando e falsificando. Negando la Verità e volendo far credere che non esista. Su tutto.

Costoro non hanno inventato nulla. È solo da qualche secolo che la cosiddetta civiltà occidentale vive nella menzogna. Della sua libertà, che è divenuta perversione e depravazione. Della sua legalità, un paravento con il quale si coprono i peggiori crimini contro la persona umana e i principi del diritto naturale. Della sua fraternità, che è diretta emanazione di quel potere massonico che la guida.

Su questi paradigmi, che hanno comportato l’eliminazione di Dio e, quindi, della Verità, la civiltà occidentale ha costruito la sua dissoluzione. Si sono succedute generazioni di uomini che hanno vissuto immersi nella menzogna, distruggendo tutto quello che le generazioni precedenti avevano costruito.

Alle leggi, una volta giuste – Stato di Diritto, si chiamava – è stata sostituita l’amministrazione arbitraria delle leggi. L’abbiamo visto sul virus, con il protocollo ancora in vigore della tachipirina e della vigile attesa – che ha portato all’ospedalizzazione e alla morte decine di migliaia di persone, negando le cure domiciliari – e con una campagna ostinata e perversa a favore del veleno, che produce, di settimana in settimana, un numero devastante di effetti avversi gravi e l’aumento di malattie tumorali e cardiovascolari. Lo vediamo sulla guerra, quando un Governo, contro la Costituzione, decide di inviare armi all’Ucraina, dichiarando di fatto guerra alla Russia, programmando feroci e ingannevoli razionamenti di gas e energia elettrica, che nei prossimi mesi colpiranno duramente famiglie e imprese, già stremate da politiche repressive e vessatorie dei loro diritti e non compiendo alcun passo a favore della pace – appiattito com’è sulle posizioni guerrafondaie di Biden e del suo cerchio magico – e perfino mettendo nel conto la possibilità di un conflitto nucleare, che vedrebbe l’Italia trasformarsi in uno dei primi obiettivi, considerata la presenza nel nostro territorio, da Nord a Sud, di basi militari della NATO.

È stata distrutta la Vita, con le pratiche omicidiarie dell’aborto e dei sistemi anticoncezionali, che hanno impedito la nascita di centinaia di milioni di donne e di uomini, in nome di un delirio di onnipotenza e di un’ideologia che significa solo morte. È stata distrutta la Famiglia, così come la certezza dell’identità sessuale. Sono state distrutte la Scuola e l’Università. È stato distrutto il Parlamento, ridotto ad avallare le decisioni del potere esecutivo, perché i suoi membri hanno di mira solo il piatto di lenticchie delle loro laute prebende e della loro pensione che maturerà tra qualche mese. È stato eliminato qualsiasi sistema di controllo sui sistemi economici, bancari e finanziari, che vengono usati da pochi intimi, membri di sotto-ordini massonici che hanno di mira il nuovo ordine massonico mondiale.

Uomini che fanno parte della realtà soprannaturale che si chiama Chiesa, stanno tentando di distruggerla. Distruggendo innanzitutto i suoi dogmi,  che costituiscono il corpo della sua dottrina e che derivano direttamente dal Corpo di Gesù Cristo, nato, vissuto, morto e risorto per la Salvezza di coloro che in Lui hanno creduto e credono.

Siamo in presenza di una falsificazione ideologica e intenzionale della Verità, assolutamente inedita rispetto al passato, perché sembra che la quasi totalità degli uomini abbiamo consegnato la loro vita al padre della menzogna, distruggendo se stessi e la vita del prossimo. Chi è ancora disposto a seguire le condizioni rudi, come le definisce Giuseppe Ricciotti nella sua Vita di Gesù Cristo, in base alle quali si può tentare di rimanere nella sequela di Nostro Signore – l’amore per Lui deve prevalere sull’amore per il proprio sangue e per tutte le persone che ne partecipano; deve prevalere sull’amore per la sua propria persona morale e fisica; deve prevalere sull’amore per i beni materiali e sugli argomenti umani, «Vedi che sdegna gli argomenti umani, Sì che remo non vuol né altro velo, Che l’ale sue tra liti sì lontani» (Purgatorio, II, 31-33) – ha il dovere di ammonire questi uomini. Con dolcezza, ma anche con fermezza e nitidezza, come faceva Gesù.

Quando Giuda, conformemente al segnale che aveva dato al gruppo degli armati che intendevano arrestare Gesù, Nostro Signore contempla addolorato il tradimento dell’apostolo, tratta Giuda con somma delicatezza e al tempo stesso gli fa constatare la malizia e l’infamia del suo tradimento. Le parole di Gesù («Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo?», Lc 22, 48) sono l’estremo tentativo per indurre Giuda a recedere dal suo peccato. «Dio», commenta san Tommaso Moro, «diede anche a Giuda molte opportunità di pentirsi. Non gli negò la propria amicizia. Non lo bandì dal collegio degli apostoli. Continuò adaffidargli la cassa pur sapendolo ladro. Nell’ultima Cena lo ammise nella cerchia dei più amati discepoli. Si degnò di chinarsi ai suoi piedi e di lavarli con le proprie mani sacre e purissime, detergendone la sporcizia, simbolo di quella che insudiciava la sua anima (…). E fino all’ultimo, quando egli venne con i soldati per arrestarlo, e gli diede il bacio che siglava il tradimento, lo accolse con pacata dolcezza».

Se Dio si dimostra instancabile nella Sua misericordia anche nei confronti di Giuda, che s’era mutato da apostolo a traditore; se lo richiama tante volte al perdono, se fa di tutto perché non si perda – e si perde solo per essersi abbandonato alla disperazione – è certo che di nessun uomo al mondo, per quanto simile a Giuda, si deve mai disperare, ma nella ferma convinzione che se quell’uomo non si pentirà, pagherà le conseguenze terribili del suo agire. In questa vita o nell’altra.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/i-nemici-della-verita-danilo-quinto/

 

 

 

ECONOMIA

“Non corriamo alcun rischio di default”. Così la governatrice della Banca centrale russa

Roma, 21 apr – Nessun rischio di default, assicura la governatrice della Banca centrale russa, come riportato dall’Ansa.

Elvira Nabiullina, governatrice della Banca centrale russa

“Abbiamo tutte le risorse necessarie” per far fronte agli impegni. Nessun rischio di default per Mosca e la Russia in generale, dichiara Elvira Nabiullina, governatrice della Banca centrale russa, citata dall’agenzia Tass. Il 18 aprile si erano ascoltate dichiarazioni dubbiose da parte della governatrice, che aveva affermato quanto le sanzioni avrebbero avuto “un impatto più forte” sull’economia che “dovrà in questi mesi affrontare dei cambiamenti strutturali”, per adattarsi al contesto di crisi internazionale dovuto alla guerra in Ucraina. Un quadro difficile, nel quale aveva prennunciato anche un taglio dei tassi d’interesse, pur a rischio inflazione, che secondo i dati emersi sarebbe, in Russia, al 17,4%.

Le rassicurazioni di Putin

Successivamente alle affermazioni della Nabiullina, erano giunte dichiarazioni rassicuranti del Cremlino. Qualche ora dopo lo stesso presidente Vladimir Putin era intervenuto sulla questione, affermando che l’economia si stesse “stabilizzando”, allo stesso modo dell’inflazione, e ribadendo che il rublo fosse tornato ai livelli precedenti all’inizio del conflitto. Non solo. Putin ha più volte affermato in queste settimane che il cosiddetto  “blitzkrieg economico” lanciato dall’Occidente contro la Russia attraverso le sanzioni “è fallito”, rimarcando come in realtà le misure contro Mosca si stessero ritorcendo contro l’Occidente, in particolare contro gli Stati europei, dove è in atto “un declino negli standard di vita”.

Alberto Celletti

FONTE: https://www.ilprimatonazionale.it/primo-piano/non-corriamo-alcun-rischio-di-default-cosi-la-governatrice-della-banca-centrale-russa-231146/

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Digitalizzazione e terza età

La campagna “Soy mayor, no idiota” racconta come la banca sia diventata troppo informatizzata.

La campagna “Soy mayor, no idiota” (Sono anziano, non idiota) è stata lanciata su change.org da un cittadino settantottenne di Valencia e sta recuperando moltissimi consensi: in pochi giorni più di 600.000. Di essa ha dato notizia anche Rai news 24.

Zia Biancaneve, da brava vecchietta solidale, ha voluto approfondire e vuole ora condividere con i lettori di Infosec News, non solo quelli anziani, quanto ha trovato. Carlos San Juan, questo è il nome del battagliero pensionato, lamenta come ogni giorno diventi “più complicato ritirare o depositare soldi: le filiali continuano a chiudere, i bancomat sono spesso difficili da usare o sono guasti, alcune procedure possono essere effettuate solo on line; nei pochi posti dove si può ancora parlare con gli addetti è necessario prendere un appuntamento o fare tutto con una app e gli orari sono estremamente limitati.

La banca è diventata troppo informatizzata. Depositare denaro, prelevarlo o pagare una bolletta ora richiede, di fatto, che sia il cliente a fare il lavoro degli impiegati che non ci sono più”. Bravo! E se volete vederlo, e capirete che, come dice giustamente, è anziano ma tutt’altro che idiota, ecco due buoni indirizzi:

oppure

VIDEO QUI: https://www.infosec.news/wp-content/uploads/2022/04/Soy-mayor-no-idiota_-la-revuelta-de-un-anciano-espan%CC%83ol-_-AFP.mp4 

(dove troverete una dichiarazione OOPS! bancaria) ma forse ce ne sono altri che, da smaliziati lettori di Infosec, saprete certamente reperire.

Da noi la situazione non è ancora così drammatica, ma non sarebbe male se le banche riflettessero un po’ sulla varietà dei loro clienti e delle loro esigenze. Zia Biancaneve pensa anche ai posti di lavoro che si perdono… ma forse perché nel ’68 era già grandicella e si ricorda tali cose.

Non bisogna infine dimenticare quanto affermano le associazioni sanitarie: “La digitalizzazione accelerata dalla pandemia lascia molti indietro”, con buona pace dei digitalizzatori compulsivi.

FONTE: https://www.infosec.news/2022/04/20/news/cittadini-e-utenti/digitalizzazione-e-terza-eta/

 

 

 

“Soy mayor, no idiota”: campaña contra la exclusión financiera de adultos mayores en España

El hombre de la campaña "Soy mayor, no idiota", Carlos San Juan, posa junto a un cajero automático en Madrid, España. EFE/ Fernando Alvarado
El hombre de la campaña “Soy mayor, no idiota”, Carlos San Juan, posa junto a un cajero automático en Madrid, España. EFE/ Fernando Alvarado EFE – FERNANDO ALVARADO

Unas 600.000 firmas respaldan la campaña de un pensionado de 78 años que busca que la banca preste mayor atención a las personas mayores en España y reconsidere el cierre de cientos de sucursales físicas.

Para Carlos San Juan, un pensionado español de 78 años, resulta inconcebible que, a pesar de registrar ganancias récord en 2021, cuatro de los principales bancos de su país hayan decidido cerrar el 27% de sus sucursales.

Por eso lanzó la campaña “Soy mayor, no idiota”, con la que busca llamar la atención de la banca y del Ministerio de Economía para reconsiderar lo que ha denominado una “obscena” exclusión financiera hacia los adultos mayores.

Carlos San Juan explica que el despido del 11% de la fuerza laboral bancaria y el cierre de 2.925 en 2021 en Santander, BBVA, CaixaBank y Sabadell perjudica especialmente a los mayores menos habituados a la banca electrónica.

Después de ser replicado ampliamente en la prensa local, su caso llegó a la oficina del regulador financiero. El secretario general del Tesoro, Carlos Cuerpo, lo recibió el martes 8 de febrero en su oficina y le prometió promover medidas concretas que favorezcan la “inclusión bancaria” de personas de mayor edad.

San Juan también coincidió con la ministra española de Asuntos Económicos, Nadia Calviño, quien reconoció que “las personas mayores, incluso en el ámbito urbano, no están teniendo el servicio que merecen”.

La campaña de Carlos San Juan ha reunido alrededor de 600.000 firmas a través de la plataforma de internet “change.org” y logró que el Gobierno se comprometiera a dialogar con el sector financiero para afrontar la problemática.

Con EFE

FONTE: https://www.france24.com/es/programas/econom%C3%ADa/20220209-campa%C3%B1a-exclusi%C3%B3n-financiera-adultos-mayores

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

Mariupol. Iniziano le indagini sui crimini di guerra dell’esercito ucraino

Un gruppo specializzato di pubblici ministeri ed esperti è arrivato nella città di Mariupol per registrare e indagare sui crimini di guerra commessi dall’esercito ucraino.

Come parte del loro lavoro, analizzano i fatti per scoprire in dettaglio cosa sia successo esattamente.

Durante la revisione di un’area della città, da parte di specialisti del ramo militare del Comitato investigativo russo e dei loro colleghi della Repubblica popolare di Donetsk, sono state trovate prove di crimini commessi dall’esercito ucraino contro la popolazione

Decine di corpi sono stati trovati, mentre l’ospedale numero 4 è stato trasformato in un cimitero civile.

Hanno messo le persone negli scantinati, poi hanno sistemato le loro postazioni di tiro nell’edificio, sopra di esso, e quando se ne sono andati, le hanno fatte saltare in aria. Coloro che erano nelle cantine sono rimasti sepolti vivi.

“Ci sono morti, pare siano dell’obitorio, ma c’è qualcuno che mostra segni di morte violenta. Molti corpi con ferite da arma da fuoco sono vestiti con abiti civili, né medici né mimetici. Cioè, erano civili che lavoravano nell’ospedale posto o si è rifugiato qui”, ha affermato Ruslan Yakubov del Centro congiunto per il controllo e il coordinamento.

Da parte sua, lo ha affermato un soldato russo che nelle scorse settimane ha combattuto nella zona, prima dell’arrivo delle Forze armate della Russia, le truppe ucraine controllavano l’area. “La loro postazione di tiro è stata abbattuta da qui, è lì che siamo entrati per la ricognizione e questi cadaveri erano già lì, vuol dire che li hanno gettati in questi fossi. Quindi… se i nostri hanno visto un cratere lasciato da un razzo, loro hanno avvicinato i cadaveri a quello che era vicino, cioè erano già lì quando abbiamo occupato l’ospedale”, ha dichiarato.

“Ci sono molte cantine con cadaveri”

L’uso di civili come ostaggi o scudi umani era, ed è tuttora, molto comune per le truppe ucraine, ma l’elenco delle barbarie è piuttosto lungo.

Yakubov ha osservato che “nella stessa Mariupol ci sono molte cantine con cadaveri”. “Hanno messo le persone negli scantinati, poi hanno sistemato le loro postazioni di fuoco nell’edificio, in cima, quando se ne sono andati, le hanno fatte saltare in aria. Di conseguenza, quelli negli scantinati sono stati sepolti vivi “, ha detto, definendo questo comportamento “spaventoso” e disumano.

Hanno installato i loro mortai e fatto esplodere tutte le case, ci hanno distrutto

A loro volta, gli abitanti di un quartiere hanno indicato che i membri del battaglione Azov hanno terrorizzato le persone per molto tempo. “Hanno installato i loro mortai e hanno distrutto tutte le case, hanno distrutto noi”, ha racontato una donna.

Sfortunatamente, ci sono numerosi casi di aggressione da parte dell’esercito ucraino contro il suo stesso popolo. Ad esempio, i pubblici ministeri russi hanno già aperto un procedimento penale contro i soldati della 36a Brigata, i cui comandanti hanno ordinato l’apertura del fuoco sulle infrastrutture civili e sulla popolazione per seminare il panico.

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-mariupol_iniziano_le_indagini_sui_crimini_di_guerra_dellesercito_ucraino/45289_46023/

 

 

 

LA LINGUA SALVATA

Da “week end” a “lockdown”: i 10 anglicismi più inutili della storia

Di Valerio Benedetti -18 Aprile 2022

Roma, 18 apr – Venerdì scorso, dopo il brunch in una location scadente, sono tornato in ufficio per un briefing. È stato un meeting interminabile in cui, con paper e PowerPoint, ci hanno spiegato la mission e la road-map. Come se non bastasse, il traffico per il ritorno era pazzesco, e infatti ho subito rimpianto i tempi del lockdown e dello smart working. Poi, finalmente, è iniziato il week end. Certo, il mood non era dei migliori, ma l’ho switchato e mi sono fiondato al pub. Mi sarò scolato almeno cinque cocktail, e l’hangover mi ha steso per tutto il giorno seguente. Niente party per sabato, quindi: mi sono dato al delivery e a un film on demand. Non sarà cool, lo so, ma io sono sempre stato un po’ nerd.

Parla come mangi

Quello che avete appena letto è un racconto fittizio, che mi sono divertito a inventare per voi. Benché scritto a tavolino, però, è un testo quanto mai realistico. Il problema, lo avrete notato, è l’irritante abuso di anglicismi, che impedisce a molti parlanti di comprenderne appieno il significato. Si tratta di una deriva linguistica che si sta acuendo soprattutto nell’epoca dei talk show e dei social media (appunto), popolata da opinion makerinfluenceryoutubervlogger e fauna varia. Eppure, la cosiddetta «anglocosmesi» è un fenomeno molto più diffuso, che va ben oltre il gergo giovanile.

forestierismi, per carità, fanno parte di ogni idioma del globo terraqueo. Ma, come diceva il poeta latino Orazio, est modus in rebus: «v’è una misura nelle cose». Un conto è usare un termine straniero difficilmente traducibile nella nostra lingua, per evitare di ricorrere a perifrasi astruse; un altro è infarcire il proprio lessico di anglicismi per darsi un tono e segnalare una presunta «apertura al mondo». L’esterofilia, del resto, è solo una forma più raffinata di provincialismo.

La difesa della propria lingua – lo so benissimo – è sempre più percepita come una cosa reazionaria: una perdita di tempo da vecchie zie. Niente di più sbagliato: l’etnomasochismo linguistico è un fenomeno molto italiano, che non trova riscontro in altre lingue romanze come il francese e lo spagnolo. A Parigi e a Madrid, infatti, si sono peritati di tradurre pure la parola «computer» (ordinateur e ordenador). Anche da noi, però, fino a pochi anni fa le cose non erano tanto diverse: mi ricordo che, da bambino, mio nonno non diceva quasi mai computer, ma lo chiamava «calcolatore» (elettronico). Ma lui, appunto, era cresciuto in un’Italia in cui si tendeva a valorizzare la propria lingua, invece di umiliarla con anglicismi e forestierismi di ogni sorta.

Comunque, bando alle ciance. Ecco a voi i dieci anglicismi – tra i mille possibili – più inutili di sempre. La mia esortazione è semplice: buttiamoli nella pattumiera. E tentiamo di onorare al meglio la lingua di Dante e di Manzoni.

Dieci anglicismi assolutamente da evitare

1. Week end: questo è davvero il più inutile. Perché usarlo quando abbiamo il perfetto equivalente fine settimana? Mistero della fede.

2. Leader: la parola «capo» è una delle più antiche della lingua italiana. Che ce ne dovremmo fare di «leader»? Niente, appunto. Se poi volete dargli una sfumatura particolare, avete decine di altri termini che fanno alla bisogna: capofilacapopartitocomandanteguida e via dicendo. Con così tanta abbondanza, ne converrete, non ha proprio senso.

3. Meeting: quando sento qualcuno che mi dice «sono stato a un meeting», mi viene voglia di schiaffeggiarlo. Poi non lo faccio, beninteso, ma la tentazione è fortissima. Io, al massimo, sono andato a un incontro, a una riunione, a un raduno, a un convegno. Ma a un meeting non ci sono davvero mai stato.

4. Disclaimer: «Non sono razzista ma…», «non sono filo-putiniano ma…». Quante volte lo abbiamo sentito? In questi casi, gli anglofili impenitenti parlano di disclaimer. Che è un modo molto furbo (e spesso patetico) di mettere le mani avanti. Ma anche se usate un termine straniero, la vostra viltà rimane. Quello che i pavidi definiscono disclaimer, infatti, in italiano si chiama molto più prosaicamente premessa avvertenza. Ma non fatevi illusioni: come diceva il povero Don Abbondio, «il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare». Con o senza disclaimer.

5. Location: se io dico «sono andato al ristorante, e il locale era molto carino», credo che tutti capiscano di che cosa sto parlando. Ecco, allora fatevi un piacere: evitate come la peste di dire location. Vi fa solo apparire snob. Che in buon italiano si dice spocchiosoarrogantealtezzoso. Rende pure meglio, tra l’altro.

6. Feedback: «Questa è la proposta, aspetto il tuo feedback». Allora, caro amico, aspetta e spera. Io non fornirò mai un feedback a chicchessia. Al massimo posso dare un riscontro, una risposta, oppure posso lasciare un commento, se si tratta di una recensione in rete. Ma un feedback no, vi prego, proprio non ce la faccio.

7. Hangover: una delle commedie hollywoodiane più divertenti degli ultimi anni è senz’altro Una notte da leoni, con Bradley Cooper e altri amici devastati da un addio al celibato in quel di Las Vegas. Il titolo originale della pellicola è appunto Hangover. Che, in italiano, altro non è che il dopo sbornia o dopo sbronza. Del resto, ci si ubriaca da millenni. E in Italia nessuno ha mai avuto bisogno di usare questo anglicismo dopo una notta brava in osteria.

8. Lockdown: qui entriamo nel lessico pandemico. Di lockdown avevamo già parlato dopo che l’Accademia della Crusca l’aveva sonoramente bocciato. Vi riassumo brevemente la questione: «Lockdown è un prestito integrale dall’angloamericano – ha spiegato Claudio Marazzini, presidente dei cruscanti – che ricorda il confinamento di prigionieri nelle loro celle per un periodo prolungato di tempo, solitamente come misura di sicurezza a seguito di disordini». In pratica, il lockdown è una misura che c’entra poco con le misure anti-Covid messe in campo dal governo Conte II (o forse c’entra pure troppo, ma questo è un altro discorso). «In Italia – ha continuato Marazzini – nessuno è stato pronto a fornire alternative valide a questo termine angloamericano, neanche l’Accademia della Crusca. Con il senno di poi, se potessi riscrivere la storia, direi che sarebbe il caso di seguire gli spagnoli e i francesi che hanno fatto ricorso correttamente a una parola che ha le proprie radici nelle lingue romanze: confinamento». Semplice e lineare.

9. Booster: a sentirla, è una parola che suona molto fica. «Mi sono fatto un booster», come a dire che siete diventati invulnerabili come Achille o Sigfrido. In realtà, vi siete solo sottoposti a un richiamo (vaccinale). Niente di che, insomma. Smettetela di pavoneggiarvi.

10. Smart working: non tutti si sono trovati meglio a lavorare da casa. Tra connessioni ballerine, gente in mutande o sotto la doccia, questa nuova forma di lavoro tutto ci è sembrato tranne che «smart», cioè intelligente. Che poi, appunto, «lavoro intelligente» non vuol dire proprio nulla, men che meno lavoro a distanza. Eppure, una parola per esprimere questo concetto in italiano esiste eccome, ed è pure meglio di quella inglese: telelavoro. L’avverbio greco tele, usato qui come prefisso (tipo televisione, telescopio ecc.), significa esattamente «lontano». Cioè proprio quello che vogliamo esprimere. L’intelligenza, invece, è tutta un’altra cosa. E non sarà una banalissima connessione internet a fornirvela.

Ormai sarà chiaro a tutti che l’abuso di anglicismi non vi rende affatto più brillanti o moderni, ma solo più incomprensibili o antipatici. Ad ogni modo, se avete dubbi, vi consiglio vivamente di consultare l’AAA: si tratta di un eccellente Dizionario delle alternative agli anglicismi. L’italiano è una lingua meravigliosa: facciamone un buon uso.

Valerio Benedetti  

FONTE: https://www.ilprimatonazionale.it/cultura/week-end-lockdown-10-anglicismi-inutili-230881/

 

Occulto
oc-cùl-to

SIGNIFICATO Nascosto, segreto, arcano

ETIMOLOGIA voce dotta recuperata dal latino occultus, participio passato di occùlere ‘nascondere’, derivato di celare con prefisso rafforzativo ob-.

«Quando morì, nella sua libreria trovammo un’intera sezione dedicata a libri dell’occulto.»
Certo che poche parole sono più scure dell’occulto — basta sentirne il suono, così cupo e duro. E però non è quella scurità da foresta tenebrosa, da notte senza luna. È piuttosto lo scuro del penetrale, del latomico, dell’arcano, insomma di un esoterico che resta nascosto alla vista e che sostanzialmente conserva inaccessibile il suo segreto. Un profilo meraviglioso, carismatico, frutto di un’antica somma del celare — un ‘nascondere’ di registro ricercato, ma in sé piuttosto semplice e schietto, perfino episodico — con un prefisso ob- che lo rafforza, che gli conferisce durata, che lo struttura. Ed è questo il tratto che insieme dà profondità e un’aura di inquietudine all’occulto: è un ‘nascosto’ strutturato.

In una lingua letteraria e scientifica può sembrare anche essere un ‘nascosto’ relativamente normale: se parlo delle cicale occulte che friniscono fragorosamente fra i rami, delle lucertole occulte nella sassaia, della lunga eclissi in cui un satellite resta occulto, non sto parlando pianamente di un inconoscibile mistico o paranormale; e però, nella sua elevazione, il tono resta quello di una partecipazione a un segreto, c’è un’impressione vaga di liturgia ermetica, di una sagra, di una vita indecifrabile. È un occulto poetico: di solito, paradossalmente, l’occulto sa essere più prosaico.

Se parliamo delle ragioni occulte che stanno dietro a un certo comportamento, delle cause occulte che hanno influito su un certo esito, l’occulto si mostra in un’accezione piuttosto pratica — comprendendo ciò che resta incognito nell’equazione. Ma adombra qualcosa di ulteriore rispetto al semplicemente non noto. Anzi si fa decisamente più inquietante quando si parla di forze occulte che guidano una situazione, di poteri occulti che giocano a profondità inarrivabili dalla cronaca, perfino di finanziamenti occulti che giungono a foraggiare marionette secondo disegni ineffabili. L’occulto sa adombrare non solo ciò che è semplicemente non evidente, ma un’intera trama, una scienza, un mondo che si dipana in una dimensione impenetrabile.

Questo è di evidenza solare quando si parla dell’occulto in assoluto, volentieri con la ‘O’ maiuscola: è l’àmbito dell’inspiegabile, di ciò che sfugge (o dichiara di sfuggire) alle spiegazioni scientifiche, è lo spazio dei saperi magici, del soprannaturale e del preternaturale — lo spazio che comunemente attribuiamo all’occultismo, in effetti.

Possiamo parlare delle malìe occulte con cui la vicina ci fa seccare le piante, delle allusioni ad agenti occulti con cui l’amabile conversatore ci intrattiene alla fermata dell’autobus, alle omissioni occulte nella ricetta della nonna, che ci viene sempre una ciofeca.

Una parola importante, pesante, che però riesce a trasmettere significati complessi e ricchi di sfumature in una sola pennellata, anche proclive all’ironia.

Parola pubblicata il 22 Aprile 2022

FONTE: https://unaparolaalgiorno.it/significato/occulto

 

 

 

LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

Mondo del lavoro: sta arrivando uno tsunami e non siamo preparati

Sono davvero preoccupato per quello che ci aspetta, fatico a restare ottimista e temo che il mondo del lavoro non sia affatto pronto ad affrontare le grandi sfide del (prossimo) futuro.

Non mi riferisco soltanto all’inadeguatezza di gran parte del mondo sindacale, che orma fatica letteralmente a dare un senso alla sua stessa esistenza, tantomeno all’inconsistenza (se non persino alla complicità) di quella parte della politica che tradizionalmente si preoccupava di rappresentare gli interessi del mondo del lavoro.
Nonostante la narrazione ridicola sull’euro, sull’adesione all’architrave union-europeista, siamo all’inizio di un’impennata inflazionistica davvero inquietante: tutto costerà di più, compresi (anzi, soprattutto) beni di primissima necessità. Il mondo del lavoro parte già con le ossa rotte: i dati sull’occupazione sono drammatici, come pure l’andamento delle retribuzioni. Senza considerare i flagelli che si abbattono da tempo sul mondo del lavoro autonomo, soprattutto su quello fintamente autonomo, e sul lavoro sommerso.
Parentesi di questo tipo necessitano di una comunità del lavoro forte, coesa, solidale e, soprattutto, sostenuta: dalla politica, attraverso le istituzioni, e dal sindacato.
Purtroppo versiamo in un contesto letteralmente opposto a quello ottimale: i diritti individuali delle persone sui luoghi di lavoro sono stati letteralmente sciolti nell’acido delle politiche neoliberaliste e, conseguentemente, gli individui sono nudi e completamente esposti alla ritorsione. Non possono partecipare. Il contesto è aggravato dalla disoccupazione, che per anni abbiamo denunciato essere funzionale e strumentale a logiche di potere, la quale impone alla persona di accettare le più meschine condizioni di lavoro.
Lo abbiamo ripetuto per anni che le riforme in materia di lavoro erano riforme di potere e adesso ne avete la prova: il mondo del lavoro non è in grado di reagire a quello che ci sta arrivando addosso. È letteralmente seduto, impotente.
A questo aggiungiamoci l’individualizzazione (intesa come progetto scientificamente perseguito negli anni) della nostra società, come pure la sua letterale dematerializzazione: sono praticamente scomparsi moltissimi “luoghi” (fisici) di lavoro e senza l’occupazione di uno spazio col corpo ogni forma di resistenza è praticamente inesistente.
Complice di questa situazione è l’atteggiamento imperdonabile di una certa sinistrucola intellettualoide: la quale professava l’emancipazione dal lavoro, piuttosto che l’emancipazione del lavoro. La predica secondo la quale tempo e spazio altro non fossero che catene, limiti, piuttosto che protezioni. La narrazione velenosa per la quale la responsabilità collettiva, sociale, dovesse essere letteralmente soppiantata da una totale indeterminatezza individualistica: siamo dinanzi alle macerie provocate da sciocchi pseudostudiosi che adesso se ne staranno nell’ombra a guardare.
Abbandonando un preciso disegno costituzionale si è inteso spalancare un’autostrada ad un nuovo modello sociale, che soppiantasse definitivamente quello del compromesso tra capitale e lavoro di stampo renano, in favore di quello squisitamente (meglio, disgustosamente) neoliberalista che vede nell’individuo solo quanto può estorcergli.
*

Ho scritto “Contro lo smart working”, Laterza 2021 (

https://www.laterza.it/scheda-libro/?isbn=9788858144442) e “Pretendi il lavoro! L’alienazione ai tempi degli algoritmi”, GOG 2019 (

https://www.gogedizioni.it/prodotto/pretendi-il-lavoro/)

Savino Balzano, nato a Cerignola nel 1987, ha studiato Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Perugia. Autore di “Contro lo Smart Working” (Laterza, 2021) e di “Pretendi il Lavoro! L’alienazione ai tempi degli algoritmi” (GOG, 2019). Sindacalista, si occupa di diritto del lavoro, collabora con diverse riviste.

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-mondo_del_lavoro_sta_arrivando_uno_tsunami_e_non_siamo_preparati/43173_45961/

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Biden ordina, Zaia esegue

L’amministratore di Biden estende l’obbligo del vaccino COVID-19 per i non cittadini alle frontiere

 

La Casa Bianca annuncia il secondo vertice globale sul COVID il 12 maggio con l’obiettivo di “portare soluzioni per vaccinare il mondo, tutti, ovunque”

vaccinare-tutti

https://twitter.com/ilpresidenteh/status/1517245639616339969?t=TfCmmcEQAzXfqiqdXzyUjg&s=08

Zaia esegue

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/biden-ordina-zaia-esegue/

 

 

 

La Cina prende il controllo delle Isole Salomone, e del Pacifico

 

 

 

Il frullato della cospirazione Great Reset

Una teoria del complotto virale fonde le critiche legittime con fantasie anti-vaccinazione davvero pericolose e un vero e proprio negazionismo del coronavirus.

SCRIVERE DI “The Great Reset” non è facile. Si è trasformata in una teoria del complotto virale che pretende di esporre qualcosa che nessuno ha mai tentato di nascondere, la maggior parte delle quali non sta accadendo comunque, alcune delle quali dovrebbero effettivamente.

È molto confuso per me sciogliere questo particolare nodo perché al centro di tutto c’è l’imbastardimento di un concetto di cui so qualcosa: la dottrina dello shock.

Ma qui non c’è niente.

FILE - In questa foto del file del 20 gennaio 2020, Klaus Schwab, fondatore del World Economic Forum, consegna un messaggio di benvenuto alla vigilia dell'incontro annuale del World Forum a Davos, in Svizzera. Gli organizzatori dell'evento annuale del World Economic Forum a Davos, in Svizzera, hanno nuovamente cambiato la loro sede prevista per l'edizione del prossimo anno a causa della crisi del COVID-19, annunciando che ora si svolgerà a Singapore a maggio e che dovrebbe tornare a Davos per l'incontro annuale 2022. (AP Photo/Markus Schreiber, File)

Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del World Economic Forum, consegna un messaggio di benvenuto alla vigilia dell’incontro annuale del World Economic Forum a Davos, in Svizzera, il 20 gennaio 2020.

Foto: Markus Schreiber/AP

A giugno, il World Economic Forum, meglio conosciuto per il suo vertice annuale di Davos, ha dato il via a un affondo per la rilevanza organizzativa in un momento in cui era già chiaro che, per il prossimo futuro, ammassare migliaia di persone, iniettata-guancia dopo alzata- jowl, in una stazione sciistica svizzera per parlare di come sfruttare il potere dei mercati per porre fine alla povertà rurale non è stato un inizio.

Lo sforzo è stato chiamato il Grande Sito Web, intendo il Grande Reset. E attraverso articoli, video, webinar, podcast e un libro del fondatore del WEF Klaus Schwab, ha fornito un rebranding a tema coronavirus di tutte le cose che Davos fa comunque, ora frettolosamente riconfezionato come un progetto per rilanciare l’economia globale dopo la pandemia da ” cercando una forma migliore di capitalismo”. The Great Reset era un luogo in cui vendere tecnofix a scopo di lucro a complessi problemi sociali; sentire i capi dei giganti petroliferi transnazionali opinare sulla necessità urgente di affrontare il cambiamento climatico; ascoltare i politici dire le cose che dicono durante le crisi: che questa è una tragedia ma anche un’opportunità, che si impegnano a ricostruire meglio e ad inaugurare un “pianeta più equo, più verde e più sano”. Il principe Carlo, David Attenborough, e il capo del Fondo monetario internazionale figuravano tutti in primo piano. Quel genere di cose.

In breve, il Great Reset comprende alcune cose buone che non accadranno e alcune cose brutte che sicuramente accadranno e, francamente, nulla di straordinario nella nostra era di miliardari “verdi” che preparano missili per Marte. In effetti, chiunque con una conoscenza anche superficiale di Davos parli, e il numero di volte in cui ha tentato di rinominare il capitalismo come un programma di riduzione della povertà e ripristino ecologico leggermente buggato, riconoscerà lo champagne vintage in questa caraffa online. (Questa storia è esplorata in un nuovo eccellente libro e film del professore di diritto Joel Bakan, “The New Corporation: How ‘good’ Corporations Are Bad for Democracy.”)

Attraverso il suo influente Global Competitiveness Report, il WEF ha svolto un ruolo di primo piano nella campagna transnazionale per liberare il capitale da tutti gli oneri (come una rigida regolamentazione, tutele per le industrie locali, tassazione progressiva e — cielo non voglia — nazionalizzazioni). Molto tempo fa, tuttavia, Schwab si rese conto che se Davos non avesse aggiunto un po’ di beneficenza al suo bene, i forconi che avevano iniziato ad accumularsi ai piedi della montagna alla fine avrebbero preso d’assalto i cancelli (come si sono avvicinati a fare durante il vertice 2001).

SUISSE ANTI-WEF DAVOS MANIF
ATTACCO

A sinistra/in alto: i dimostranti camminano su un logo del WEF durante una manifestazione di oppositori della globalizzazione e il Forum economico mondiale a Ginevra, in Svizzera, il 24 gennaio 2003. A destra/in basso: agenti di polizia antisommossa attaccano gli studenti durante una manifestazione per protestare contro un incontro del World Economic Forum vicino allo Shilla Hotel dove il WEF con sede a Ginevra ha aperto un vertice di due giorni a Seoul, il 13 giugno 2004. Foto: Martial Trezzini/Keystone/AP; Ahn Young-Joon/AP

E così le sessioni vertiginose sui nuovi mercati in Malesia e sulle nuove startup in California sono state integrate da cupe sessioni sullo scioglimento delle calotte polari, sugli obiettivi di sviluppo delle Nazioni Unite, sugli “investimenti sull’impatto”, sul “capitalismo delle parti interessate” e sulla ” cittadinanza globale delle imprese “. Nel 2003, Schwab ha introdotto la tradizione che ogni vertice di gennaio abbia un grande tema, a cominciare dall’opportunamente castigato “Building Trust”. Il nuovo tono di Davos, tuttavia, era davvero ambientato nel 2005, quando l’attore Sharon Stone, dopo aver sentito il presidente della Tanzania parlare della necessità della sua nazione di zanzariere per combattere la malaria, si alzò in piedi e trasformò la sessione in un’asta di beneficenza improvvisata per acquistare il reti. Ha raccolto $ 1 milione in cinque minuti e una nuova era di Davos stava arrivando.

Se Davos non stesse “cercando una forma migliore di capitalismo” per risolvere le crisi vertiginose che Davos stesso ha sistematicamente approfondito, non sarebbe Davos.

The Great Reset è semplicemente l’ultima edizione di questa tradizione dorata, appena distinguibile dalle precedenti Davos Big Ideas, da “Shaping the Post-Crisis World” (2009) a “Rethink, Redesign, Rebuild” (2010) a “The Great Transformation” (2012) e, chi può dimenticare, “Creating a Shared Future in a Fractured World” (2018). Se Davos non stesse “cercando una forma migliore di capitalismo” per risolvere le crisi vertiginose che Davos stesso ha sistematicamente approfondito, non sarebbe Davos.

Eppure cercate il termine “reset globale” e sarete bombardati da “esposte” senza fiato di una cabala globalista segreta, capeggiata da Schwab e Bill Gates, che sta sfruttando lo stato di shock creato dal coronavirus (che probabilmente è esso stesso un “bufala”) per trasformare il mondo in una dittatura high-tech che porterà via la tua libertà per sempre: una dittatura verde/socialista/Venezuela/Soros/vaccino forzato se la denuncia di Reset arriva dall’estrema destra, e una Big Pharma/ OGM/impianti biometrici/5G/cane robot/dittatura vaccinale forzata se l’esposizione proviene dall’estrema sinistra.

Confuso? Non dipende da te. Meno una teoria della cospirazione che un frullato della cospirazione, il Great Reset è riuscito a fondere ogni freakout che accade su Internet – sinistra e destra, vero e fuori dal muro – in un meta-urlo incipiente sulla natura insopportabile di vita pandemica sotto il capitalismo vorace. Sono mesi che faccio del mio meglio per ignorarlo, anche quando vari “ricercatori” di Reset hanno insistito sul fatto che tutto questo è un esempio della dottrina dello shock, termine che ho coniato una decina e mezzo fa per descrivere i molti modi in cui le élite cercano di sfruttare profondi disastri per promuovere politiche che arricchiscano ulteriormente i già ricchi e limitino le libertà democratiche.

Dall’inizio della pandemia c’è stato uno tsunami di esempi della vera dottrina dello shock: gli attacchi di Trump all’architettura normativa di Washington; La campagna amplificata del segretario all’istruzione Betsy DeVos per la “scelta della scuola”, piuttosto che, per esempio, fornire alle scuole pubbliche le risorse di cui hanno bisogno per proteggere i bambini; la multitesta presa di potere della Silicon Valley, di cui ho scritto come Screen New Deal ; i crudeli attacchi del governo Modi alla protezione dei prezzi per gli agricoltori indiani (che hanno scatenato un’ondata di proteste eroiche) e molti altri.

Il Segretario americano per l'istruzione Betsy DeVos parla a una scelta di scuola evento nella Sala Roosevelt della Casa Bianca il 3 maggio 2017 a Washington, DC. / FOTO AFP / MANDEL NGAN (Il credito fotografico dovrebbe essere MANDEL NGAN/AFP tramite Getty Images)

Il Segretario americano per l’istruzione Betsy DeVos parla a una scelta di scuola evento nella Sala Roosevelt della Casa Bianca il 3 maggio 2017 a Washington, DC

Foto: Mandel Ngan/AFP/Getty Images

Quello che Schwab e il WEF stanno facendo con il Great Reset è sia più sottile che più insidioso. Schwab, ovviamente, ha assolutamente ragione quando afferma che la pandemia ha rivelato come al solito molti mortali fallimenti strutturali del capitalismo, così come l’accelerazione della crisi climatica e l’aspirazione della ricchezza del pianeta verso la classe di Davos, anche nel mezzo di un pandemia globale. Ma come i primi grandi temi del WEF, il Great Reset non è uno sforzo serio per risolvere effettivamente le crisi che descrive. Al contrario, è un tentativo di creare un’impressione plausibile che gli enormi vincitori in questo sistema siano sul punto di mettere da parte volontariamente l’avidità per prendere sul serio la soluzione delle crisi furiose che stanno radicalmente destabilizzando il nostro mondo.

Come mai? Per lo stesso motivo continuo a sentire annunci di Facebook sui podcast di NPR che mi dicono quanto Facebook voglia essere regolamentato. Perché se i nostri sovrani aziendali possono creare questa impressione, è meno probabile che i governi ascoltino il coro di voci che li invita a fare ciò che è necessario per combattere effettivamente la spirale della povertà, la disoccupazione, il crollo climatico e la degenerazione informativa: regolamentare le aziende che hanno creato queste crisi e le tassano, le smantellano e, in alcuni casi, le mettono sotto il controllo pubblico.

The Great Reset è un tentativo di creare un’impressione plausibile che gli enormi vincitori in questo sistema siano sul punto di mettere da parte volontariamente l’avidità per prendere sul serio la soluzione delle crisi furiose che stanno radicalmente destabilizzando il nostro mondo.

Quindi no, il Great Reset non è solo un altro nome per il Green New Deal, come sostengono assurdamente molti di destra con una lavagna digitale e una malsana ossessione per il COA. Si tratta, prima di tutto, di bloccare un vero Green New Deal, che sicuramente non avrebbe il supporto di BP , Mastercard, del Principe di Galles e di tutti gli altri partner di Great Reset.

Eppure, nelle ultime settimane, una sfilza di commentatori di destra su Fox News, così come il  ministro degli Affari esteri brasiliano e importanti politici dell’opposizione in Australia e Canada , hanno affermato di essere confusi su questo e stanno improvvisamente dando ossigeno a ciò che era , fino a poco tempo fa, una cospirazione marginale. Laura Ingraham, Tucker Carlson e Ben Shapirohanno tutti terrorizzato il loro vasto pubblico affermando che il socialismo verde sta per essere messo in gola attraverso il Great Reset di Schwab, che, spiegano, è la stessa cosa del piano “Build Back Better” del presidente eletto Joe Biden, che è di per sé una sottile copertina per Green New Deal della Rep. Alexandria Ocasio-Cortez. (Come uno dei primi fan di una band indie punk, Glenn Beck ha usato il suo trespolo al The Blaze per sottolineare che stava declamando sul Great Reset quando era solo un lampo negli occhi di Schwab.)

Queste persone pensano onestamente che Schwab sia in combutta con AOC e stia usando la pandemia per far cessare l’attività di BP, con la piena collaborazione di BP? Ovviamente no. Ma il presidente Donald Trump sta uscendo e il Green New Deal è popolare, proprio perché è il più lontano possibile da Davos, fondato su un’etica “chi inquina paga” e su programmi come la garanzia del lavoro e l’assistenza sanitaria universale che godono di un ampio sostegno della classe operaia. Per i politici di destra e le compagnie petrolifere che li sostengono, più l’azione per il clima può essere confusa con un’organizzazione nota per i suoi ingorghi di jet privati ​​e il suo fondatore del cattivo Bond , più facile sarà resistere a qualsiasi piano climatico. Ecco perché il primol’allarmismo sul Great Reset è arrivato dall’Heartland Institute, ground zero della macchina per negare il cambiamento climatico.

Jason Kenney, leader del Partito conservatore unito, parla durante una conferenza stampa a Calgary, Alberta, Canada, venerdì 5 aprile 2019. Kenney ha affermato che creerà una società della corona da 1 miliardo di dollari canadesi (750 milioni di dollari) per sostenere i progetti di risorse indigene compresi gli oleodotti se sarà eletto alla guida del governo dell'Alberta questo mese, secondo una dichiarazione inviata via e-mail. Fotografo: Todd Korol/Bloomberg tramite Getty Images

Jason Kenney, leader del Partito conservatore unito, parla durante una conferenza stampa a Calgary, in Canada, il 5 aprile 2019.

Foto: Todd Korol/Bloomberg/Getty Images

Questo messaggio sta guadagnando terreno non perché le persone siano degli idioti, ma perché sono pazze e hanno tutto il diritto di esserlo. Le politiche di blocco hanno richiesto mesi di sacrificio individuale per il bene collettivo senza fornire le protezioni collettive più elementari per impedire alle famiglie di scivolare nella fame e senza fissa dimora, o per mantenere a galla le piccole imprese. Nel frattempo, sono stati spesi trilioni per sostenere i mercati e salvare le multinazionali, e il profitto della pandemia è dilagante. C’è da stupirsi che così tanti trovino del tutto plausibile che le stesse élite che si aspettano che ingoieranno tutti i sacrifici legati al coronavirus mentre fanno festa negli Hamptons e sulle isole private sarebbero anche disposte a esagerare i rischi della malattia per prenderli accettare più amara medicina “verde”, per il bene comune? Come ha chiarito il primo tema di Davos, la fiducia tra le persone e la cima della montagna è stata infranta e sicuramente non è stata ricostruita.

Per dare un’occhiata a come tutto questo combacia, dai un’occhiata a cosa sta succedendo in Alberta, in Canada, sotto il suo premier davvero riprovevole, un certo Jason Kenney. Kenney salì al potere promettendo di servire come un cameriere spudorato per la zona petrolifera dell’Alberta, in particolare le sue sabbie bituminose a cottura ultraveloce del pianeta. Ha promesso di sfondare tutti i gasdotti, indipendentemente dall’opposizione, e di creare una “stanza della guerra” per sorvegliare tutti gli oppositori.

A marzo, nei primi giorni della pandemia, ho osservato che Kenney meritava il premio per il più vile capitalista di disastri causati dal Covid-19 perché aveva appena licenziato 20.000 lavoratori dell’istruzione, presumibilmente per coprire i costi della pandemia, anche se ha elargito 7 miliardi di dollari in sussidi pubblici sull’oleodotto Keystone XL, nonostante i blocchi abbiano creato un massiccio eccesso di petrolio greggio. Ha proseguito in autunno licenziando 11.000 operatori sanitari , un chiaro tentativo di utilizzare la crisi del Covid-19 per aprire le porte a una parziale privatizzazione dell’assistenza sanitaria in stile statunitense.

Non ha sorpreso nessuno che Kenney abbia anche presieduto un’esplosione di coronavirus in stile americano , con il tasso di positività della provincia che ha recentemente superato il 10% (superiore alla media a sud del confine). Ora Kenney, un autoproclamato libertario che attacca il grande governo, è stato ridotto a chiedere al primo ministro Justin Trudeau fondi per costruire ospedali da campo.

C’è da stupirsi che abbia cercato di cambiare argomento? La scorsa settimana, Kenney ha fatto esattamente questo, selezionandouna domanda sul Great Reset durante un live streaming di Facebook. Il premier ha finto inorridito all’idea che Klaus Schwab potesse vedere il Covid-19 come un’opportunità per far avanzare gli obiettivi politici, descrivendo il piano come un “raccoglitore di idee di sinistra per meno libertà e più governo” e “idee politiche socialiste fallite .” Scaldandosi sull’argomento, ha dichiarato: “Non prenderò alcuna direzione politica da Klaus Schwab e dai suoi simili. … Diamine no! Non sfrutteremo o approfitteremo di una crisi per portare avanti un’agenda politica. … È molto sgradevole e deplorevole che persone influenti cerchino esplicitamente di trarre vantaggio da una crisi come questa per promuovere la propria visione politica e i propri valori”.

La destra online ha esultato: “Jason Kenny mostra una vera leadership rifiutando il nuovo ordine mondiale di Klaus Schwab!” ha dichiarato uno sfogo, e non sopporto di collegarmi ai tanti, molti altri.

Purtroppo, l’avversione di Kenney per l’opportunismo di crisi arriva in ritardo per le migliaia di nuovi disoccupati nel settore dell’istruzione e dei lavoratori ospedalieri nella sua provincia, o per le centinaia di pazienti che presto riceveranno cure nei suoi ospedali da campo. E anche se Kenney si è affrettato a dire che il Great Reset non era una teoria del complotto e che il coronavirus è reale, le sue affermazioni sono state immediatamente colto dal numero crescente di persone che sono seriamente convinte che il Covid-19 sia una bufala inventata da Davos globalisti per eliminare la loro proprietà privata, avvelenare i loro cervelli con il 5G e togliere loro il diritto di andare in palestra.

In Alberta, migliaia di queste persone hanno partecipato la scorsa settimana alle marce senza maschera “Walk for Freedom”. Non ho dubbi sul fatto che Kenney lo intendesse quando ha detto loro di eliminarlo , proprio come senza dubbio vuole che il Covid-19 smetta di devastare la sua provincia, insieme alla sua reputazione. Ma quello che vuole molto di più è fermare lo slancio verso l’azione per il clima nei piani di ripresa del coronavirus in modo che le compagnie petrolifere che sottoscrivono il suo partito e il governo possano strappare qualche trimestre più redditizio. E lui, insieme a un numero crescente di politici altrettanto vigliacchi in tutto il mondo, vede alimentare la cospirazione del Grande Reset come il mezzo più efficace per raggiungere quell’obiettivo.

Niente di tutto questo vuol dire che la spinta Reset di Schwab sia benigna e indegna di essere esaminata. Tutti i tipi di idee pericolose sono in agguato sotto la sua ampia falda, da una spinta sconsiderata verso una maggiore automazione nel mezzo di una crisi di disoccupazione, alla mossa costante per normalizzare la sorveglianza di massa e gli strumenti di tracciamento biometrico, al problema molto reale (anche se non nuovo) del potere unico di Bill Gates sulla politica sanitaria globale. L’ironia, tuttavia, è che il fatto-Vitamix attualmente ronzante attorno al Great Reset rende in realtà più difficile ritenere il set di Davos responsabile di tutto ciò, dal momento che le critiche legittime ora sono state mescolate insieme a fantasie anti-vaccinazione davvero pericolose e al vero coronavirus negazionismo.

Rende anche più difficile parlare del profondo riallineamento di cui le nostre economie e società hanno un disperato bisogno, una visione che un gruppo di noi ha presentato nel cortometraggio che abbiamo pubblicato lo scorso ottobre chiamato “The Years of Repair” – perché ora tutti parlano di come cambiamo in meglio in risposta alle crudeltà che il Covid-19 ha svelato e viene immediatamente diffamato come parte del Great Reset. Come ha scritto di recente lo storico Quinn Slobodian, anni dopo la pubblicazione di “The Shock Doctrine”, “la destra ora si stava appropriando di questa narrativa per i propri fini”. Nel frattempo, le manovre della dottrina shock meno fantastiche ma estremamente reali che attualmente fanno guerra alle scuole pubbliche, agli ospedali, ai piccoli agricoltori, alla protezione dell’ambiente, alle libertà civili e ai diritti dei lavoratori ricevono una frazione dell’attenzione che meritano.

È tutto un piano, un altro tipo di elaborata cospirazione? Niente di così elegante. Come ci ha gentilmente detto Steve Bannon, la strategia informativa dell’era Trump è sempre stata quella di “inondare la zona di merda”. Quattro anni dopo, possiamo vedere come appare in pratica. Sembrano cospirazionisti di estrema sinistra e di estrema destra seduti su un vassoio di panini di merda di informazioni per parlare di come il Great Reset sia il piano di Gates di utilizzare il DNA dei nostri test Covid-19 per trasformare gli Stati Uniti in Venezuela.

Non ha senso, e va bene anche per artisti del calibro di Bannon e Kenney. Perché se si vuole continuare a fare la guerra all’ecologia che sostiene la vita della Terra, un ottimo modo per farlo è inquinare deliberatamente la sua ecologia dell’informazione che sostiene la democrazia. In effetti, l’inquinamento è il punto.

FONTE: https://theintercept.com/2020/12/08/great-reset-conspiracy/

 

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

Valutazione d’impatto Privacy: come coinvolgere gli interessati?

Le modalità per la raccolta di opinioni dei titolari del trattamento

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La conduzione di una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati avviene tramite alcuni step individuati dalla norma, liberamente declinabili dal titolare del trattamento per ampiezza e profondità secondo il criterio principe dell’adeguatezza per garantire l’efficace attuazione dei principi del GDPR. L’art. 35.9 GDPR indica proprio uno dei principali punti di raccordo con le tutele sostanziali, ovverosia il coinvolgimento degli interessati: “Se del caso, il titolare del trattamento raccoglie le opinioni degli interessati o dei loro rappresentanti sul trattamento previsto, fatta salva la tutela degli interessi commerciali o pubblici o la sicurezza dei trattamenti.”.

La raccolta delle opinioni può avvenire in vario modo, tenendo sempre conto del contesto operativo dei trattamenti oggetto di DPIA: l’invio di commenti/critiche tramite form dedicato all’interno di un Kickstarter in via di sviluppo; la presentazione alla rappresentanza sindacale del progetto di un sistema che riguarda il trattamento dei dati personali dei lavoratori; un’interlocuzione con i cittadini per quanto riguarda un sistema di Smart Citizenship. Quanto le Linee guida WP248 raccomandano è ovviamente assicurare una base giuridica valida per il trattamento dei dati relativi alla raccolta di dette opinioni che, il più delle volte, sarà costituita dal legittimo interesse del titolare del trattamento mentre il consenso “non è ovviamente un modo per raccogliere le opinioni degli interessati”.

Dal momento che tale fase non è un elemento accessorio del processo decisionale del titolare del trattamento, è bene ricordare che la scelta di non procedere alla raccolta delle opinioni degli interessati o altrimenti di differirla ad un momento successivo deve essere adeguatamente documentata, alla pari della decisione finale che si discosta da tali opinioni o dal parere del DPO. Le motivazioni a riguardo devono essere non generiche e riferite ad elementi comprovabili e valutati in concreto, quali ad esempio i costi (economico-finanziari, strategici, operativi) sproporzionati o i rischi insostenibili.

Il coinvolgimento successivo degli interessati nella DPIA in cosa consiste? Da un lato può essere una richiesta di feedback differita rispetto alla raccolta di opinioni (e dunque: partecipazione degli stessi), dall’altro in un atto di trasparenza informativa. Sebbene la pubblicazione della valutazione d’impatto non sia richiesta dalla norma, rendere disponibile un estratto della stessa che evidenzi in modo chiaro e sintetico rischi, garanzie e conclusioni è una buona prassi che andrebbe promossa soprattutto in ambito pubblico. Sempre secondo le Linee guida WP248, infatti, tale azione ha lo scopo “di contribuire a stimolare la fiducia nei confronti dei trattamenti effettuati dal titolare del trattamento, nonché di dimostrare la responsabilizzazione e la trasparenza”.

FONTE: https://www.infosec.news/2022/04/22/news/riservatezza-dei-dati/valutazione-dimpatto-privacy-come-coinvolgere-gli-interessati/

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