RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 16 APRILE 2021

https://www.maurizioblondet.it/1500-rabbini-contro-lanti-defamation-league/

RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI

16 APRILE 2021

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

A tal punto di follia si deve essere arrivati piano piano, per gradi.

Ogni degradazione è graduale.

ERASMO DA ROTTERDAM, Adagia, Einaudi, 1980, pag. 211

 

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SOMMARIO

CONTINUANO A TORMENTARE GLI ITALIANI  CON AUTORAZZISMO OSSESSIVO
BLACKROCK ALLA CONQUISTA DEL PIANETA (VIDEO)
Riceviamo e pubblichiamo questo video girato a Palermo
I globalisti hanno iniziato la terza guerra biologica mondiale
SI È DIMESSO FRANCESCO ZAMBON RICERCATORE OMS
El Papa scrive a BancaMondiale e Fondo Monetario Internazionale: perchè proclamino “la governance mondiale”
“Il militare sopprime l’umano”. L’ultima boiata radical chic
DAL MORANDI AL SAN GIORGIO PER RIMPALLO DI COMPETENZA
Tensione tra Italia e Turchia: ecco cosa c’è in ballo
Netanyahu sta portando al parossismo lo scontro con l’Iran
IL DRAGO: MITO E SIMBOLO
LE OPERAZIONI NASCOSTE DEGLI AMERICANI, DEI BRITANNICI E DEI FRANCESI IN SIRIA
JO ANN WESCOTT: GLI OLOCAUSTI MADE IN USA
La riserva indiana dei non garantiti
Perché il prezzo dei vaccini rischia di aumentare a causa delle varianti
Attenti alla nuova “tassa occulta” sul conto corrente
Letta col fondatore di OpenArms, ira di Salvini: “Non ho parole”
La maggioranza degli elettori americani considera illegittimo il Governo di Biden
Election Integrity: 62% Don’t Think Voter ID Laws Discriminate
1500 Rabbini contro  l’Anti Defamation League
Tensione tra Usa e Russia per l’Ucraina: si muove la diplomazia
COCAINA DI STATO. CYNTHIA MCKINNEY SULLA DIFFUSIONE DEL “CRACK” NELL’AMERICA DEGLI ANNI ’80

 

 

 

EDITORIALE

CONTINUANO A TORMENTARE GLI ITALIANI  CON AUTORAZZISMO OSSESSIVO

Manlio Lo Presti – 16 aprile 2021

Invece di fermare e contenere l’invasione volutamente caotica di cosiddetti immigrati, una COVERT OPERATION che ha prodotto e continua a produrre MILIARDI DI EURO DI PROFITTI ALLE BEN NOTE FILIERE, COSTORO hanno l’ordine di minacciare ed umiliare la popolazione italiana che produce, paga le tasse e cerca di vivere dignitosamente.

La strategia di controllo degli spazi pubblici (QUELLI PRIVATI ARRIVERANNO A BREVE CON AZIONI DI FORZA NELLE CASE) stanno cambiando la propria operatività. La pressione in aumento sarà adottata perché ESSI sono a conoscenza della resistenza della popolazione che aumenta la propria diffidenza e insofferenza.

RESTA SOLO L’ATTIVAZIONE DI UNA NUOVA STAGIONE DELLE BOMBE CON MIGLIAIA DI MORTI. Gli esecutori saranno la gran parte degli oltre 490 capibastone liberati dal precedente ministro di giustizia. Un evento pericolosissimo di cui nessuno, ripeto NESSUNO, dei partiti si è seriamente occupato.

TUTTI ZITTI

Sono sempre più frequenti vere e proprie azioni di rastrellamento. Automezzi delle forze dell’ordine dappertutto – di solito totalmente assenti nelle zone calde dello spaccio italiano, nordafricano, Rom, balcanico, ecc. ecc. ecc. Un asimmetria comportamentale, questa, che sta raggiungendo livelli di imbarazzante ingiustizia, provocando una maggiore estensione di malumori e malcontento fra gli italiani un segnale che i politici continuano ad ignorare o a minimizzare con rapidi passaggi in Parlamento e nei giornali.

Tutto quseto in nome di una narrazione che tenta di giustificare  –  con martellamento mediatico di terra, di mare, di aria per 76 ore al giorno –  l’esistenza del primo PSYCOVAIRUSS TELEMATICO DELLA STORIA UMANA…

Corre l’bbligo di puntualizza che, se COSTORO avessero eseguito un 25% di azioni simili contro tali ospiti indesiderati invece di tormentare la popolazione italiana, tutto sarebbe MOLTO DIVERSO. GLI ALTI COMANDI continueranno a pianificare caos e depressione economica per facilitare l’acquisto straniero di voci nazionali di bilancio allettanti (risparmi, case di proprietà, maschi industriali e di design, siti turistici attualmente letteralmente distrutti) a due soldi. La storia è sempre la stessa: SEGUITE IL DANARO…

Se questo flmato è autentico, resta da sapere SE LA DONNA E’ STATA PORTATA IN CASERMA CON LA FORZA

Ad un rom non sarebbe stato fatto PERCHE’ SAREBBE STATO RAZZISMO!!!), mentre girano indisturbati migliaia di spacciatori italici e stranieri, migliaia di c.d. immigrati, migliaia di nomadi che possono fare ciò che vogliono perché fermarli sarebbe un atto di razzismo.

Vedere per credere: https://www.facebook.com/PalermoLive.it/videos/188504169597703/

Grazie per la segnalazione all’amico e cittadino Antonino Trunfio

 

 

 

IN EVIDENZA

BLACKROCK ALLA CONQUISTA DEL PIANETA (VIDEO)

Finanza creativa e finanzia speculativa, Manlio Lo Presti (amico e collaboratore de L’Opinione) accompagna Ruggiero Capone nel tortuoso viaggio, iniziato nel 1946, con la nascita degli hedge fund. Questi ultimi mutavano la logica dell’investimento nelle commodity tradizionali (metalli, preziosi, derrate alimentari…) e spianavano la via ai fondi speculativi, figli dei fondi di copertura. Nel 1968 George Soros, allievo di Alfred Winslow, inventa i nuovi hedge fund. Nel 1988 gli allievi di Soros creano BlackRock che, con ottomila miliardi di dollari di capitalizzazione, è il fondo senza regole che controlla tutte le banche occidentali e le multinazionali, la stampa e la politica di lobby nei parlamenti. La plutocrazia della speculazione soppianta così le democrazie tradizionali.

VIDEO QUI: https://youtu.be/NqVY8VtI2IQ

FONTE: http://www.opinione.it/economia/2021/04/15/redazione_ruggiero-capone-manlio-lo-presti-finanza-fondi-speculativi-blackrock-soros-hedge-fund/

Riceviamo e pubblichiamo questo video girato a Palermo: una donna cammina senza mascherina e viene fermata per un controllo…

Abbiamo ricevuto questo video girato a Palermo. Una donna cammina senza mascherina e viene fermata per un controllo… Per tutte le altre notizie www.palermolive.it

FONTE: https://www.facebook.com/PalermoLive.it/videos/188504169597703/

 

 

 

 

I globalisti hanno iniziato la terza guerra biologica mondiale

TRADUZIONE GOOGLE DALL’ORIGINALE

kt.kz/…tyu_mirovuyu_biologicheskuyu_voynu_1377896155.html

LE ILLUSTRAZIONI SONO NELL’ORIGINALE RUSSO

(Autore materiale: Yakov Kedmi – statista israeliano, diplomatico, capo del servizio Nativ nel 1992-1999. Yakov Kedmi appare regolarmente come scienziato politico alla televisione e alla radio russe)
la principale notizia di Analytics
I globalisti hanno iniziato la terza guerra biologica mondiale
24/03/2020 694225

La Russia ha un “ipersound”, l’America ha un “ipervirus”, i globalisti di quest’ultimo e hanno iniziato la guerra senza una dichiarazione. Solo ieri pochissime persone avrebbero potuto immaginare una cosa del genere.

Secondo Cechov: se una pistola si blocca nel primo atto, nell’ultimo spara. Per non sparare “hypersound” e altri tipi di armi avanzate, la Russia ha ripetutamente “trapelato”, avvertito di imminenti ritorsioni non solo ai portatori di armi americane, ma al “centro decisionale”, ha dimostrato nuovi sviluppi militari che non hanno analoghi al mondo.

Il laureato sulla collina “ha stretto i denti, si è scagliato contro le sanzioni e” vacillando il regime “, preparando il suo” burlone “- un’arma biologica in anticipo sui tempi.
I globalisti non hanno messo i loro “jolly in un paniere”. Non appena non è riuscito a superare e piegare la Russia con armi convenzionali e nucleari, il Fashington globale ha tirato fuori dalla manica un “burlone” biologico. È molto conveniente: vista la difficoltà di identificare la fonte della contaminazione biologica, puoi sempre dare la colpa dell’epidemia a uccelli migratori, animali selvatici, insetti o acque sporche in Cina, Iran o altrove.

 

 

La guerra biologica è efficace, inoltre, nella prima fase dello “sciopero disarmante” è invisibile, non distrugge l’infrastruttura economica del territorio occupato, le armi biologiche sono in grado di distruggere selettivamente e rapidamente la manodopera del nemico, il vincitore può solo “rimuovere la spazzatura” sulla ex terra di quegli stati che osano affrontarlo.

Se Washington attacca immediatamente e apertamente la stessa Russia, lei risponderà con quello che può: ritorsioni nucleari, inclusi sistemi di consegna ipersonici e uno tsunami di testate nucleari di sottomarini. Dopo tutto, nelle parole di Putin, “perché abbiamo bisogno di un mondo del genere in cui non ci sarà la Russia?” È tutt’altra cosa iniziare una guerra biologica segreta e non dichiarata contro i suoi nemici geopolitici: Russia, Cina, Iran e concorrenti economici europei, che è sia efficace che “cancellerà tutto” (incluso il collasso economico globale dell’Occidente) .

Per decenni, i biologi militari statunitensi hanno studiato virus da combattimento creati artificialmente in centinaia di laboratori biologici del Pentagono situati in 25 paesi del mondo, compresi quelli post-sovietici.

I biolab americani sono stati finanziati dall’agenzia militare DTRA, un programma con un budget annuale di 2,1 miliardi di dollari – CBEP. I gestori dei programmi militari della DTRA sono i proprietari di società private che non sono direttamente responsabili nei confronti del Congresso degli Stati Uniti e possono eludere qualsiasi legge a causa della loro mancanza di controllo diretto. Sia il personale militare che quello civile di tali laboratori biologici militari godono anche dell’immunità diplomatica. Pertanto, le società private possono operare per conto del governo degli Stati Uniti sotto copertura diplomatica senza il controllo diretto dello Stato ospitante. Si tratta di una comune pratica americana di “egemonia” all’estero che, ad esempio, viene costantemente utilizzata dalla CIA per le attività di agenti segreti.

In una guerra biologica segreta, che è già andata oltre i laboratori militari, sono coinvolti non solo il Pentagono e le agenzie di intelligence, ma anche multinazionali unite nella cosiddetta “Alliance for Biosafety”, spesso chiamata “Big Pharma”. Questa struttura “predentagonizzata” include: Bavarian Nordic, Cangene Corporation, DOR BioPharma, Inc., DynPort Vaccine Company LLC, Elusys Therapeutics, Inc., Emergent BioSolutions, Hematech, Inc., Human Genome Sciences, Inc., NanoViricides, Inc., Pfizer Inc., PharmAthene, Siga Technologies, Inc., Unither Virology LLC.

Pertanto, entro il 2020, gli Stati Uniti hanno avuto tutte le opportunità di iniziare la terza guerra mondiale sotto forma di epidemie dirette contro i suoi principali oppositori: russi, persiani, cinesi. E l’hanno avviato (in ordine inverso).

Dopo che non ha funzionato per “usare” Russia, Cina e Iran con misure economiche e tecnologie “Maidan”, a cavallo del 19/20, Fashington ha premuto il “grilletto” della guerra biologica.

Cosa può fermare i globalisti, cioè quei non umani che “senza esitazione” hanno ucciso duemila “loro” americani nella maldestra messa in scena dell ‘”attacco terroristico” dell’11 settembre 2001? Fermare i demoni in gioco con il dominio del mondo? Sì, la stessa affermazione della domanda è assurda.

Nel 2001 gli Stati Uniti hanno bloccato il meccanismo di controllo reciproco delle armi biologiche, la situazione epidemiologica nel mondo è valutata unilateralmente, e si è preso le distanze dalla Convenzione di Ginevra del 1972 sulla proibizione delle armi batteriologiche. Questo perché attaccare i tuoi avversari geopolitici con armi biologiche, e anche senza prove / motivi per ricevere ritorsioni, è il “sogno americano” del “faro della democrazia” globale.

È noto che solo un paese può farlo, che ha una rete di laboratori biologici segreti in tutto il mondo. Sotto il nostro naso in Ucraina, gli americani stanno testando virus sui nostri, infatti, compatrioti con potenza e forza. Hanno un arsenale completo di armi biologiche … Le armi biologiche rimangono l’unico metodo di distruzione di massa del nemico oggi. Gli americani furono i primi a scoprire quest’arma. Ebola e influenza aviaria sono stati esperimenti per creare un virus di azione selettiva “, ha detto l’ex consigliere del presidente russo, l’accademico Sergei Glazyev.
Per intraprendere una guerra biologica ora, l’America ha circondato Russia, Cina, Iran in anticipo con una rete di laboratori biologici militari nei suoi protettorati / colonie, catturati da “rivoluzioni colorate” o comprando / ricattando “compradors” / il governante “élite”.

I “semplici nativi” di questi “territori per i laboratori” (labrium) e il loro “lohorat dei contribuenti” Fashington “intrecciavano storie” su:

  • ricerca ambientale;
  • Preoccupazione degli Stati Uniti (dopo il crollo dell’URSS) per le condizioni di conservazione dei patogeni e la possibilità di “attacchi biologici contro l’America” (in particolare da Armenia, Azerbaigian, Kirghizistan, Georgia, Uzbekistan, Moldova));
  • contenimento dei virus provenienti da paesi svantaggiati;
  • ricerca scientifica su come alcuni gruppi etnici siano portatori di varie malattie batteriche virali;
  • ingegneria genetica dei patogeni e valutazione del loro potenziale come agenti di bioterrorismo, studio di modi nuovi e non convenzionali di infezione con tali agenti, test di erosione con primati;
  • purificazione dell’acqua del rubinetto (come per gli ucraini “inter-Maidanya”).

E ora è già il palcoscenico in cui i globalisti non si “preoccupano” affatto di spiegare cosa “alla loro” popolazione, cosa agli “aborigeni” delle colonie (gli stessi ucraini post-Maidan). Ma con il “coronavirus sulla padella”, l’Ucraina “ha trepidato di trepidazione” – hanno raccolto firme sotto un appello collettivo al presidente Ze con la richiesta di creare una commissione per “indagare sulle attività di quindici laboratori biologici americani segreti su Territorio ucraino per scoprire la verità sul loro lavoro e determinare il grado di pericolo per la salute dei cittadini “. Cioè, al clown nel ruolo di un “re nativo” a breve termine viene chiesto da sudditi fedeli di verificare cosa esattamente ha fatto la metropoli nella colonia dalla metà degli anni 2000 (a partire dalla “rivoluzione arancione”). Vogliono chiedere: Dove sono i risultati della ricerca “scientifica” per 15 anni e perché il dipartimento della difesa è “improvvisamente” impegnato in tale ricerca?

In connessione con la dichiarazione ufficiale del rappresentante del Ministero degli affari esteri della Repubblica popolare cinese Zhao Lijian secondo cui l’esercito americano ha portato il coronavirus a Wuhan, chiediamo al presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky di creare una commissione per indagare sulle attività di Laboratori biologici americani in Ucraina. Le persone hanno il diritto di conoscere la verità “, dice la petizione. Solo” è troppo tardi, Styopa, per bere Naftusya “. “Borjomi” è già stato bevuto in Georgia, ma qual è il punto?
Diamo uno sguardo ai paesi post-sovietici coperti dall ‘”ombrello biologico” del Pentagono.

https://gloria.tv/post/18Tj96YDUxJWDSzumEEJdKuJu

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/i-globalisti-hanno-iniziato-la-terza-guerra-biologica-mondiale/

 

SI È DIMESSO FRANCESCO ZAMBON RICERCATORE OMS

Si è dimesso Francesco Zambon, il capo dei ricercatori OMS che scrissero un rapporto critico sulla gestione della prima ondata Covid-19 da parte del governo italiano. Il rapporto era stato censurato proprio dall’OMS e fatto sparire frettolosamente dal sito, nonostante avesse il timbro di approvazione di Soumya Swaminathan, capo scienziato dell’ente. Report, grazie alla rivelazione di esclusivi documenti interni, aveva mostrato le pesanti pressioni fatte da Ranieri Guerra, numero due dell’agenzia delle nazioni unite, prima dell’uscita dello studio. Zambon già a maggio scorso aveva denunciato a Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS, le ingerenze subite e i rischi reputazionali per la credibilità scientifica dell’Organizzazione. Ad oggi non solo non è mai stato emesso alcun provvedimento disciplinare verso i responsabili, ma lo stesso Zambon non è stato tutelato, al punto che l’OMS non gli ha riconosciuto nemmeno lo status di whistleblower. Report ha rintracciato Zambon, che conferma la notizia, parlando di un clima di crescente isolamento: “Per me era una situazione insostenibile umanamente e professionalmente”. Alla domanda se sia stato costretto ad andarsene, Zambon ha preferito non commentare. Report tornerà a occuparsi dei gravi conflitti di interesse dell’OMS nella nuova stagione, in onda da aprile.

FONTE: https://www.rai.it/programmi/report/amp/news/2021/03/Censura-Oms-si-dimette-Zambon-Situazione-insostenibile-3dce401e-0b74-4a2e-8f93-577ce27f3aec.html

El Papa scrive a BancaMondiale e Fondo Monetario Internazionale: perchè proclamino “la governance mondiale”

Papa Francesco ha inviato una lettera il 4 aprile ai partecipanti all’incontro di primavera della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale che si tiene attualmente online dal 5 all’11 aprile nel contesto del “rilancio” seguito alla crisi creata intorno al COVID-19 . Il Papa vuole che ci siano soluzioni “nuove”, “inclusive e sostenibili”, in particolare attraverso la creazione o la “rigenerazione” di istituzioni di “governance globale”.

Tutto il repertorio della neolingua Gran Reset e la ripetitivià ideologica: la “pandemia COVID-19” provocata da l degrado ecologico, la perdita di biodiversità, le disuguaglianze, il debito del Nord verso il Sud e anche la solidarietà vaccinale ; c’è altro? ah sì, sviluppo sostenibile, inclusione resiliente, pagamento del debito ecologico da parte dei paesi sviluppati, “cultura dell’incontro e bla bla.

Ma tutto deve passare da istituzioni sovrannazionali, che proprio adesso hanno mostrato la incompetenza e corruzione: l’OMS finanziato quasi integralmente d Bill Gates, la Corte Europea dei diritti dll’Uomo composta di dipendenti di Georges Soros, il CDC finanziato da Big Pharma. Questo sistema apparato pseudo-pubblico (ma posseduto dai miliardari) che proprio la sovrannazionalità rende non indagabile, non criticabile e “santo”, a El Papa va benissimo.

Ovviamente la Santissima Trinità e Nostro Signore Gesù Cristo siano assenti alla lettera del Papa al FMI e alla Banca Mondiale.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/el-papa-scrive-a-bancamondiale-e-fondo-monetario-internazionale-perche-proclamino-la-governance-mondiale/

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

“Il militare sopprime l’umano”. L’ultima boiata radical chic

Dopo la “paura” della Murgia, altri guardano con sospetto le divise e il loro mondo. Ma chi indossa una divisa lo fa con orgoglio

“Il mondo militare sopprime l’umano”. L’ultima boiata radical chic

È sempre difficile commentare un commento. Analizzare cioè il pensiero di chi ha preso carta e penna per comunicare un disagio, raccontare una storia personale, spiegare i suoi perché. Però stavolta è necessario, oltre che interessante. Sarete ormai edotti sulla querelle della settimana, ovvero la “paura” che pare attanagli Michela Murgia ogni qual volta vede il generale Figliuolo indossare la divisa di fronte alle telecamere. Quando lo sente annunciare “fuoco a tutte le polveri” o “fiato alle trombe” le vengono proprio i brividi. La nostra proposta, in questa umile rubrica sui radical chic, l’abbiamo già fatta: la scrittrice sarda dovrebbe farsi un paio di mesi di naja obbligatoria per imparare che dai soldati non s’ha nulla da temere, al massimo da imparare. Dedizione, fedeltà, rispetto, cameratismo: sono tutti valori che temprano gli uomini e le donne. E che renderebbero la nostra società un po’ migliore, se solo ai giovani d’oggi glieli insegnassero invece di farli bighellonare in giro a creare baby gang.

Di critiche contro la Murgia ne sono piovute a iosa. Ma è arrivato pure qualche attestato di stima. Su Domani, ad esempio, lo scrittore Andrea Donaera, figlio di un finanziere, ha difeso la collega rivendicando il “diritto di essere spaventati dal linguaggio militare” e biasimando le “espressioni fuori tempo del commissario Figliuolo”. Ora, non commenteremo il disagio di Doanera per aver vissuto anni in una caserma al seguito di papà. Nè l’imbarazzo che ha provato quando invitava le fidanzatine passando di fronte ad un minacciosissimo cartello giallo con scritto: “Zona militare. Divieto di accesso. Sorveglianza armata” (brrr, che paura!). Ci limiteremo però a dire che sbaglia enormemente quando afferma che per loro natura “i militari devono essere percepiti come una forza in grado di far abbassare la testa. Sono e devono essere la mano severa dello Stato”. E non perché non siamo d’accordo. Ma proprio perché è una corbelleria. Lei ha mai visto un soldato in mimetica effettuare un arresto? No, non possono. Oppure reprime azioni dei cittadini? No, non credo. Certo ci sono i carabinieri, che tecnicamente sono militari, ma allora anche la polizia dovrebbe farci “paura” alla stessa maniera. L’armamentario c’è: pistole, manette, manganelli, scudi.

L’altra baggianata è sostenere che i militari parlino “in modo assertivo” per “creare ordine”, o che usino un “linguaggio violento”, “inquietante e “spaventoso”, instillando così “timore nei cittadini”. Sia chiaro. Da ormai diversi anni chi risiede in una città è abituato a vedere i soldati di Strade Sicure agli angoli dei quartieri. Sarò poco attento io, ma non ho mai visto cittadini tramortiti dal terrore girare alla larga dalle camionette o mettersi ad urlare appena vedono una mimetica. E poi mi scusi, dottor Doanera: ma che vuol dire che la lingua militaresca “troppo spesso combacia con il linguaggio della guerra”? Quali parole dovrebbero usare, mi dica: quelli da centro sociale affumicato di marijuana? L’architetto utilizza termini sulle costruzioni. L’avvocato prosopopee legali. Il medico parole scientifiche. E i soldati, che ovviamente si tengono pronti in caso di conflitto, maneggiano il linguaggio della guerra. Non mi pare uno scandalo.

Infine, piccolo appunto. Per Doanera chi veste una divisa in alcuni casi vive come una doppia vita: una durante il servizio, impettito e gerarchico, l’altra in abiti civili, quando torna a casa. Può darsi. Ma sostenere che “il contesto” militare è per natura “repressivo” perché deve sopprimere “non solo il disordine, ma l’umano”, è eccessivo. E forse è anche offensivo verso i soldati che con dedizione appartengono a quel pianeta. Vada a vedersi suoi social quanti hanno pubblicato immagini del loro servizio militare. Persone che non si sentono affatto “oppresse”, ma pienamente realizzate. E che con orgoglio indossano una divisa.

FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/cronache/mondo-militare-sopprime-l-umano-l-ultima-boiata-radical-chic-1939075.html

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

DAL MORANDI AL SAN GIORGIO PER RIMPALLO DI COMPETENZA

Dal Morandi al San Giorgio per rimpallo di competenza

Il crollo del Ponte Morandi (al pari della strage di Viareggio, dei morti della torre piloti al porto di Genova) scuote ancora le nostre coscienze, ma fortifica l’indignazione verso le logiche del “partenariato pubblico-privato”. I familiari delle vittime (e lo scrivente condivide il loro pensiero) affermano che il silenzio stampa potrebbe favorire chi confiderebbe nelle lungaggini della giustizia italiana. Così le parole del procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio all’indomani dell’incidente probatorio, “verosimilmente le indagini potrebbero essere chiuse in primavera”, allarmano la difesa di alcuni indagati, che temono una giustizia veloce possa allontanare la scappatoia d’una prescrizione per omicidio colposo: come recentemente accaduto in Cassazione per la strage di Viareggio. D’Ovidio coordina l’inchiesta insieme ai sostituti Massimo Terrile e Walter Cotugno: magistrati esperti e determinati, che hanno già affrontato le burrascose acque dell’inchiesta sulla tragedia della torre piloti (sette vittime).

Un mesetto fa, Egle Possetti (presidente del Comitato Ricordo Vittime Ponte Morandi) aveva detto “Autostrade gestisce anche il nuovo ponte San Giorgio”. Emergeva come burocrati, funzionari e dirigenti vari indagati per eventuali omissioni in merito al controllo del Morandi, fossero ora impegnati nella gestione del nuovo ponte San Giorgio. Quindi lo scrivente era intenzionato ad intervistare i vertici di Autostrade: tanti i messaggi e le telefonate all’ufficio stampa di Aspi (Autostrade per l’Italia) ma senza ricevere alcuna risposta. Tramite la Cgil genovese si otteneva il recapito di Paola Setti (addetto stampa Aspi): quindi si domandava con insistenza di poter ascoltare i nuovi vertici di Autostrade, anche in merito all’eventuale entrata di capitali spagnoli in Atlantia (già Autostrade spa).

Paola Setti ci scriveva che l’iter burocratico interno prevede “l’invio d’una mail, con richiesta d’intervista (a ufficiostampa@autostrade.it) specificando testata e motivo dell’intervista”. Dopo l’invio delle mail (due per la verità) non è mai giunta risposta, né un vero e proprio diniego: è il caso di dire che la richiesta è stata ignorata. L’episodio è stato piacevolmente commentato con Egle Possetti e con Dino Frambati (genovese e consigliere nazionale Ordine dei giornalisti): anche perché voci di corridoio Aspi ci hanno confermato che “l’azienda permette siano rilasciate interviste esclusivamente a testate di rilievo istituzionale… ovvero CorriereStampaRepubblica, Rai ed Ansa”. “Una visione della comunicazione – ha spiegato Frambati – comune a molte grandi aziende e multinazionali. Di fatto pretendono una certa istituzionalità, un filtro… ma l’Ordine dei giornalisti non può fare molto. Anche perché agli uffici stampa pare venga ordinato d’operare una discrezionalità alquanto elastica”.

Ne deriva che, anche intervistare i tecnici decani delle autostrade liguri (anche qualche geometra forse indagato per il crollo del Morandi) diventi a dir poco impossibile. Fortunatamente, oltre a ficcanasare fisicamente, oggi si riesce anche a contare sul valido aiuto di internet. Così troviamo sul sito BeBeez “il Gruppo Luccini cerca un nuovo socio per crescere nella manutenzione di infrastrutture”. Il Gruppo Luccini era impegnato con le manutenzioni del Morandi, e sarebbe stata una delle ultime imprese con cantiere sulla struttura collassata. “Le aziende del Gruppo Luccini (Mga, Tls e Soteco) – scrive Valentina Magri su BeBeez – sono alla ricerca un nuovo socio per crescere… la famiglia Luccini, cui fanno capo le tre società, intende farle confluire in una holding costituita appositamente per favorire la cessione della quota di maggioranza, preferibilmente a un fondo. L’asta è appena partita e dovrebbe chiudersi nel 2021”. Il modello di business del Gruppo Luccini è incentrato sul meccanismo delle gare pubbliche d’appalto: strumento attraverso cui i committenti (concessionari e gestori come Gavio, Aspi-Autostrade per l’Italia, Anas) sono obbligati per legge ad assegnare i lavori di manutenzione, ma il 40% degli stessi viene assegnato direttamente fuori asta.

Intanto la procura genovese ha appurato che, poco prima del crollo del Morandi, avevano operato manutenzione la Mga (Gruppo Luccini) e la Weico (azienda di Bolzano): ultimi lavori sarebbero stati la posa di nuovi “new jersey”, il posizionamento reti di sicurezza e non chiari “lavori non strutturali” ma alla vigilia del disastro. Torniamo, insieme ad Egle Possetti, a chiederci se i funzionari dell’Aspi responsabili della tratta su cui insisteva il vecchio Morandi avessero mai dato ascolto all’infinità di segnalazioni dei residenti: tutte incentrate su vibrazioni e pezzi di calcestruzzo in caduta. Non certo il primo cantiere Mga osservato per probabili infortuni: prima dei quarantatré morti del Morandi era capitato a Bastia Mondovì, dove l’operaio Silvio Antonelli veniva schiacciato da una lastra per inottemperanza delle norme di sicurezza da parte dell’azienda titolare dei lavori (lo hanno scritto i giudici).

E che dire del crollo a febbraio 2021 della volta della galleria autostradale “della Moranda” nei pressi del casello di Chiavari? Lo scorso marzo lo scrivente s’è recato sul posto, raccogliendo l’indignazione della popolazione locale, ma anche l’impossibilità di visionare in lontananza il casello, poiché presidiato dalla security di Bral srl: che evita si possa curiosare, ma anche che gli operai rivelino i segreti dell’opera.

Anche Luciano Sanna era dipendente della Bral srl, ed ha perso la vita a dicembre 2020 in incidente in cantiere autostradale ligure: cantiere che sarebbe stato della Weico srl, quindi la Bral pare non avesse titolo a stare sul cantiere. Fonti liguri confermano che l’operaio sarebbe stato in distacco formativo presso la Weico: Sanna, ci dicono gli addetti ai lavori, operava da anni in ambito autostradale, non necessitava d’alcuna formazione. Sembra l’incidente sia avvenuto con un mezzo speciale (lo chiamano “By Bridge”) che la Weico aveva noleggiato da una terza società. Anche in caso di subappalto o subaffido Luciano Sanna non avrebbe potuto usare sul cantiere un mezzo della Weico o d’impresa terza? C’è anche qui l’inchiesta della magistratura. Ci conforta che la procura di Genova non operi nello stesso tessuto delle procure calabresi, le cui difficoltà ad appurare le irregolarità nei cantieri della Salerno-Reggio Calabria sono da ritenere ineguagliabili.

Nemmeno paragonabili con le bretelle campane, abbandonate (dopo rimpalli di competenze tra Anas e province) perché “non più ravvisabili gli elementi di pubblica utilità”: nel frattempo hanno avuto corso espropri ed il territorio è stato violentato e cementificato. Soldi che girano e ditte che lavorano nelle pieghe dei subappalti. È terribile anche solo pensare che le stesse logiche potrebbero aver gestito gran parte delle manutenzioni di ponti (più famoso il Morandi) come di gallerie, cavalcavia, caselli, manti stradali, segnaletiche.

L’Aspi (gruppo Atlantia, principale azionista la famiglia Benetton) ci ha messo i soldi e controlla il livello amministrativo-finanziario dell’azienda, ma chi dovrebbe vigilare sui lavori sta in Autostrade dai tempi dell’Anas. Dicono che se qualche Zio Paperone investisse in strade ferrate, si ritroverebbe la stessa burocrazia di Ferrovie ed Anas. Si spera emerga presto una lettura dei fatti genovesi tanto lucida da tagliare il nodo gordiano di vecchie, obsolete e ferali abitudini. Soprattutto una sentenza che rimetta in discussione quel partenariato pubblico-privato, troppo spesso servito a diluire e rimpallare le responsabilità penali, civili ed amministrative.

FONTE: http://www.opinione.it/societa/2021/04/16/ruggiero-capone_morandi-san-giorgio-rimpallo-competenza-strage-viareggio-genova/

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Tensione tra Italia e Turchia: ecco cosa c’è in ballo

Le scintille tra Italia e Turchia non sembrano destinate a spegnersi nel breve termine. Dopo sei giorni di silenzio, è arrivata la risposta di Recep Tayyip Erdogan alle ormai note parole di Mario Draghi con le quali il premier aveva etichettato il leader turco come un “dittatore” con cui era necessario collaborare. Frase che aveva scatenato l’ira dei media turchi ma non del presidente, stranamente silenzioso per parecchi giorni. Poi la domanda di un giornalista mentre si parlava del Canale Istanbul, sogno faraonico del sultano per doppiare il Bosforo, ha riacceso la disfida. E la replica di Erdogan è arrivata in modo estremamente pesante. “Maleducato”, “con poco tatto”, “parole che denotano impertinenza” e che “hanno colpito come un’ascia le relazioni tra Italia e Turchia”. Sono questi i termini con cui il presidente turco si è rivolto al presidente del Consiglio italiano. Frasi decisamente gravi a cui però Palazzo Chigi ha replicato con il gelo. Nessuna risposta, come già avvenuto dopo le accuse rivolte dai media e dai politici turchi nei giorni scorsi. Quasi a voler evitare di calcare la mano dopo che era stata accesa la miccia. Ma è chiaro che ora l’incendio è deflagrato e qualcuno dovrà per forza di cose fare da pompiere.

Due aree di azione quasi identiche

La tensione italo-turca non è un qualcosa che a Roma possono sottovalutare. E nemmeno ad Ankara. I due paesi sono attori fondamentali in quell’area che ormai è nota come il Mediterraneo allargato. E l’area di proiezione di forza sia dell’Italia che della Turchia è sostanzialmente la stessa per molti settore di questa macro-regione. Ankara e Roma sono interessate alla Libia, al Corno d’Africa, al Mediterraneo orientale e ai Balcani (in particolare in Albania). E pur con le divergenze nelle modalità e nelle basi su cui costruire questa fitta rete di relazioni è evidente che questa convivenza forzata abbia comportata nel corso degli anni un rapporti a doppia faccia: coabitazione ma anche avvicendamento. Ankara e Roma dialogano e necessariamente devono cooperare sia sotto il profilo economico che quello strategico, ma è chiaro che sono due Paesi che entrano in conflitto quando uno dei due è di troppo. E se l’Italia, come spesso è accaduto, batte in ritirata soprattutto per miopia verso il nostro estero vicino, è molto spesso la Turchia a prendere il suo posto per il semplice paradigma secondo lui natura aborre il vuoto. E questo avviene anche nella geopolitica.

Una mossa interna?

Per quanto riguarda la reazione turca, le cose sono possono essere lette da punti di vista diversi. Innanzitutto c’è un piano interno: Erdogan è un uomo che da tempo usa la politica estera per colmare le lacune della sua politica interna, in cui la leadership appare sempre più debole e a rischio. L’Akp è un partito forte, certo, ma sopravvive al governo grazie all’alleanza con la parte più estrema e nazionalista. Chiaro dunque che per un uomo che si è costruito la fama di un leader carismatico, sostenuto dalla destra più nazionalista e islamica, le parole rivolte a Draghi rappresentano anche un segnale per compattare il pubblico a cui si rivolge. Tanto è vero che Erdogan ha aspettato un incontro sul Canale di Istanbul e con i giovani dell’Akp per sferrare il suo attacco contro Draghi, quasi per rimarcare la sua immagine verso i giovani sostenitori del suo partito.

Il problema è che la mossa interna non è una semplice fiammata. Quello turco è un sistema complesso e complesso è il popolo rappresentato da Erdogan. E quanto sta avvenendo tra Roma e Ankara potrebbe avere ripercussioni anche più in là nel tempo, che esulano quindi dall’attuale contesto della dialettica politica turca. Lo ha spiegato ad AdnKronos l’ex ambasciatore italiano ad Ankara, Carlo Marsili: “Evidentemente mi auguro che il capitolo delle ritorsioni sia chiuso e che la diplomazia ricucia lo strappo, però so anche che i turchi hanno memoria lunga, anzi lunghissima, e quindi ci vorrà tempo, non credo si possa farlo in breve”. E le prime avvisaglie sugli elicotteri di Leonardo bloccati prima della consegna non sembrano essere di buon auspicio.

Il legame economico

Nonostante la pandemia abbia bloccato il commercio mondiale, l’Italia nel 2020 si è classificata al quinto posto nell’interscambio con la Turchia con 17,3 miliardi di euro. Per capire di cosa parliamo, davanti all’Italia in Europa c’è solo la Germania, poi dobbiamo andare direttamente alle grandi potenze: Cina, Russia e Stati Uniti. Un legame commerciale che si è consolidato nel tempo e che è certificato da un elemento di tipo personale: a guidare la Confindustria turca è un presidente nato in Italia, Simone Kaslowsky. In Turchia, inoltre, operano migliaia di aziende italiane e i contratti sia nel settore energetico che in quello automobilistico e dei macchinari sono estremamente importanti, al pari del settore agricolo e quello tessile. Anche sul fronte del gas, non va dimenticato che è anche attraverso la Turchia che passa l’oro blu che arriva in Italia dall’Azerbaigian. Ed è un problema da non sottovalutare visti i legami tra Baku e Ankara confermati dalla guerra nel Nagorno Karabakh.

Insomma, la Turchia è un partner economico particolarmente importante. Specialmente se si pensa che la Germania è in Europa il nostro unico contendente per il primato commerciale. Ma è anche un partner necessario senza le adeguate garanzie per poter farne a meno. E col rischio neanche troppo celato che ci sia qualcuno pronto a lucrare.

Il problema Libia

Oltre al dato economico, spesso sottovalutato, c’è poi il problema principale: la Libia, in particolare la Tripolitania. La parte occidentale della Libia si può considerare ad oggi un protettorato turco. Draghi è arrivato nella capitale libica per incontrare il nuovo premier del Paese: ma a pochi giorni di distanza è stato lo stesso primo ministro libico a dover imbarcarsi con 14 ministri, capo di stato maggiore e capo della banca centrale per andare a omaggiare Erdogan nella sua corte di Ankara. L’immagine è abbastanza eloquente per capire la gerarchia dei partner di Tripoli nel Mediterraneo.

Ma proprio per quel discorso di convivenza e concorrenza tra i due Stati va sottolineato un altro elemento: vero che la Turchia ha tolto spazio di manovra all’Italia, ma è altrettanto vero che la Turchia è stato l’unico Paese del Mediterraneo che ha supportato Tripoli evitando che essa diventasse un territorio in mano a un governo con cui Roma non aveva lo stesso tipo di rapporti. Per essere estremamente chiari e realistici, la mossa turca di fermare l’assedio di Khalifa Haftar ha evitato che nella capitale libica si insediasse un leader che ha sequestrato dei nostri marittimi come manovra per ottenere un riconoscimento da parte del governo italiano. Può sembrare un discorso ormai vecchio, ma serve per ricordare a tutti come – piaccia o meno – la spregiudicata politica di Erdogan in Libia ha paradossalmente salvato alcuni interessi italiani che sarebbe sicuramente stati messi in discussione da chi sosteneva più o meno segretamente Haftar: a partire dalla Francia (ora folgorata sulla via dell’Onu per un governo di transizione e di unità nazionale).

La collaborazione italo-turca, dunque, in Libia c’è stata. Tanto è vero che anche da Ankara si leva qualche voce per ricordare l’importanza della partnership tra i due Paesi. Huseyin Bagci, professore emerito di Relazioni internazionali presso l’università Odtu di Ankara, ha detto in un’intervista ad Agi che “Italia e Turchia sono troppo importanti l’una per l’altra”, confermando come “i nostri rapporti sono sempre stati eccellenti, a livello diplomatico, commerciale e militare e non ho dubbi che continueranno ad esserlo”. “La differenza con l’Italia e con altri Paesi europei- dice Bagci – è che la Turchia in Libia ha compiuto passi concreti ed ha avuto un ruolo decisivo nel fermare il conflitto. In questa maniera ha guadagnato terreno e oggi ha una posizione privilegiata. Dopo il successo degli accordi del 2019 ora la collaborazione mira allo sviluppo infrastrutturale, di industria della Difesa, energia e all’ambito sanitario. Tutti aspetti rispetto ai quali la Libia ha necessità immediate, a conferma che qualunque tavolo sul futuro della Libia non potrà escludere la Turchia e di questo l’Italia deve tenerne conto”.

Il discorso quindi è molto semplice. Da una parte l’Italia dovrà per forza dialogare con la Turchia perché la Tripolitania ormai parla turco. Dall’altra parte l’Italia è un partner necessario anche per i turchi, che sanno perfettamente che l’importanza di Roma nel panorama libico non è da sottovalutare. Un matrimonio di convenienza che rischia ora di essere infranto propri quando Ankara è riuscita a strappare accordi di natura economica e soprattutto a controllare gran parte della guardia costiera libica: in pratica una delle principali chiavi per fermare il flusso di migranti. Un elemento che Erdogan sa benissimo come far fruttare nelle contrattazioni con gli europei.

Il nodo egiziano

La sfida diplomatica tra Italia e Turchia si arricchisce poi di un altro elemento che aiuta a capire quale sia la difficoltà dell’intero mosaico. E aiuta soprattutto a comprendere perché delle mosse avventate sul fronte del Levante possono essere pericolose, se non controproducenti. Infatti, proprio mentre la tensione tra Ankara e Roma saliva alle stelle, dalla capitale italiana si annunciava che il Senato aveva approvato la proposta della cittadinanza onoraria a Patrick Zaky, lo studente egiziano detenuto in Egitto che da tempo l’Italia chiede di liberare.

La scelta di assegnare la cittadinanza onoraria a Zaky è sicuramente un segnale importante per la nostra diplomazia, ma è anche un segnale di possibili nuove tensioni tra Italia e Paesi del Mediterraneo orientale. E questa mossa si può unire all’affaire turco per diverse ragioni. Innanzitutto perché l’Egitto si sta riavvicinando alla Turchia dopo anni di scontri per la Fratellanza musulmana, il gas e per l’impegno libico. Inoltre, far salire la tensione in contemporanea con Ankara e il Cairo può avere degli effetti disastrosi sia per quanto riguarda la transizione in Libia che per quanto riguarda l’altro nodo del gas. Un equilibrio precario su cui bisogna andare molto cauti: se Egitto e Turchia si mettono d’accordo su alcuni punti essenziali, solo apparentemente distanti dal nostro focus, per l’Italia potrebbero esserci seri problemi in tutta l’area del Mediterraneo centrale e orientale. Con ripercussioni su accordi e contratti di primaria importanza, ma anche nel ruolo nella regione. O ci sono alleati pronti a sostenere l’Italia in questo gioco di equilibri – cosa che la Libia e l’Egitto hanno già smentito – oppure il pericolo di una clamorosa trappola è dietro l’angolo.

FONTE: https://it.insideover.com/politica/tensione-tra-italia-e-turchia-ecco-cosa-ce-in-ballo.html

 

Netanyahu sta portando al parossismo lo scontro con l’Iran

13 aprile 2021

Netanyhu potrebbe scatenare una guerra per conservare il potere. Questo il dubbio esposto su Haaretz da Yossi Verter, che riferisce le preoccupazioni degli ambiti della Difesa israeliana, i quali stanno “perdendo il sonno” a causa di tale rovello.

Netanyahu, scrive Verter, in Israele passa per un fine calcolatore: nella sua lunga reggenza del Paese ha usato la forza, ma ha sempre saputo gestirla. Ha sempre saputo cioè fermarsi al momento opportuno, per evitare conflitti duraturi deleteri per il Paese e la sua immagine personale.

Ma ora sta attraversando il momento più difficile della sua carriera: ha serie difficoltà a dar vita al suo ennesimo governo, con una situazione politica bloccata dai veti incrociati, e il processo a suo carico sta avendo sviluppi pesanti. Tanto che, secondo Verter, è a rischio non solo la sua presa sulla politica israeliana, ma anche la sua libertà personale.

Questo spiegherebbe, secondo Verter, l’avventurismo di questi ultimi giorni, nei quali le forze israeliane non solo hanno compiuto operazioni spericolate contro l’Iran, ma le hanno addirittura rivendicate, anche se non a livello ufficiale, come non ha mai fatto prima per evitare di costringere l’antagonista regionale a una risposta militare.

“La serie di incidenti che coinvolgono l’Iran e le fughe di notizie [riportate dai media internazionali ndr.] che non lasciano dubbi su chi ci sia dietro – scrive Verter -, danno la sensazione che Netanyahu abbia perso l’ultimo controllo che aveva. Nel mondo della politica e della sicurezza si è aperto una dibattito acceso: il primo ministro cerca di iniziare una guerra con l’Iran o con Hezbollah in Libano per dar vita a un governo di emergenza?”.

Sul punto, Verter vede una stretta analogia su quanto avvenuto dopo le elezioni del marzo scorso. Anche quelle avevano dato un esito non favorevole a Netanyahu, consegnandogli una maggioranza relativa, ma non sufficiente a formare un governo.

Secondo Verter, Netanyahu allora usò l’emergenza Covid-19 per sbloccare la situazione: “il Paese posto in un blocco ermetico e draconico quando ancora i pazienti con coronavirus erano pochi. L’atmosfera apocalittica che ha creato (“decine di migliaia di morti”) ha convinto Benny Gantz a entrare nel governo. Ora non ha più la crisi coronavirus, ma ha sempre l’Iran”.

Quanto scrive Verter è corroborato da un altro articolo, sempre su Haaretz, a firma di Yaniv Kubovich, che riferisce la grande preoccupazione che circola negli ambiti della Sicurezza israeliana per il “volume” della fuga di notizie sulle operazioni segrete della sua intelligence, che potrebbe costringere Teheran a rispondere.

Preoccupazioni condivise da Benny Gantz, vice Primo ministro, che ha chiesto un’indagine sulla fuga di notizie, che però, come scrive Verter, è destinata a non dare risultati; ciò secondo Verter, perché la fonte sarebbe “immune” da indagini, alludendo, a quanto pare, allo stesso Netanyahu.

Allo stesso tempo, Gantz, sta cercando di gettare acqua sul fuoco, bollando le indiscrezioni giornalistiche come “favole”. Sa perfettamente di negare l’evidenza, e che tale smentita non avrà alcun credito.

Ma non per questo è inutile. Si tratta di inviare un segnale all’Iran, far sapere all’antagonista regionale che a Tel Aviv c’è chi sta lottando per evitare una guerra aperta, che al di là di altre considerazioni, sarebbe catastrofica per la stessa Israele. Immaginare, infatti, che essa esca indenne da uno scontro aperto con Teheran è pura follia.

Intanto, i responsabili della Sicurezza americana e israeliana, Jake Sullivan e Meir Ben Shabbat, supportati dai capi di varie agenzie di intelligence, hanno dato vita a un summit sull’Iran.

Nel riferire la notizia, Axios spiega che non è la prima volta che la Sicurezza della nuova amministrazione Usa dialoga con la controparte, e che nelle precedenti sessioni si era stabilito che ci fosse uno scambio di informazioni reciproco, tale da evitare “sorprese” all’alleato. Evidentemente il pregresso non è bastato a evitarle, vedremo per il futuro.

FONTE: https://piccolenote.ilgiornale.it/50620/netanyahu-sta-portando-al-parossismo-lo-scontro-con-liran

 

 

 

CULTURA

IL DRAGO: MITO E SIMBOLO

di Carla Amirante

 

Relazione al Convegno internazionale Il simbolo nel mito attraverso gli studi del Novecento, Recanati – Ancona ottobre 2006 – Pubblicata nell’omonimo volume di Atti del Convegno, Ancona 2008

 

Abstract

Il saggio prende in esame la figura del Drago sottolineando la sua origine antichissima – addirittura preistorica – e la sua longevità, che gli ha permesso di giungere fino ai nostri giorni come personaggio mitico simbolo di forza e potenza.

La sua presenza nel passato, anche come divinità, presso tutte le genti del globo è stata caratterizzata in maniera differente, nelle varie epoche storiche e diverse aree

geografiche, per quanto riguarda sia il suo aspetto fisico, sia i suoi tratti psicologici ed intellettuali. Questa varietà di significati di cui è stato caricato, ora come immagine negativa di violenza bruta, primordiale e distruttiva, ora come personificazione di qualità positive, ha permesso a questo animale mitico di nascere con certezza più di seimila anni fa, di giungere vitale ai nostri giorni e di entrare nell‟epoca del futuro in ottima forma come protagonista di storie fantastiche.

Il suo percorso storico, dopo una prima apparizione in epoca preistorica, incomincia con le prime civiltà mesopotamiche ed egizia e prosegue con i Greci, gli Ebrei e le popolazioni del Nord-Europa. Ovviamente si è posta un’attenzione particolare alla cultura dell’Estremo-Oriente, Cina e Giappone, dove il Drago è stato venerato e profondamente sentito, entrando addirittura nel vissuto quotidiano. Infine non si sono volute trascurare le credenze dei popoli ancora primitivi alla fine dell‟800.

La ricerca termina con un rapido excursus sul drago nell’arte, incluso il settore cinematografico.

Generalità

  Il Drago è un animale decisamente fuori dal comune, è l’essere favoloso e grandioso per eccellenza, che raccoglie in sé elementi sia positivi che negativi a seconda delle epoche storiche o dei luoghi geografici presi in esame. Esso, nelle molte storie in cui è presente, non figura come il primo attore ma sicuramente come un comprimario molto importante, ed è sempre una figura di grande prestigio ed autorevolezza che non va sottovalutato mai, sia che agisca a fin di bene sia che procuri devastazioni e morti.

  Il termine drago deriva dalla parola greca drákōn, che a sua volta prende origine dal verbo dérkesthai che significa “guardare”, e dalla parola latina drăco (nom.), dracōnen (acc.): entrambi i termini si pongono in relazione con la vista, infatti una delle caratteristiche più importanti del Drago è quella di possedere uno sguardo acutissimo e paralizzante.

  La sua vita è lunghissima perché inizia in tempi lontanissimi e giunge fino ai tempi nostri rinverdita dal cinema, dalla televisione e dalla narrativa Fantasy. La sua nascita si perde nella notte dei tempi ed è coeva a quella delle divinità più antiche con le quali spesso si trova in lotta per il dominio del mondo. Il suo aspetto del resto, a testimonianza della sua antichità, è molto simile agli unici draghi veramente esistiti, che sono stati i dinosauri, vissuti nel mesozoico, circa cento milioni di anni prima dell’uomo ed estintisi alla fine del cretaceo (65 milioni di anni fa). La credenza della loro reale esistenza si può spiegare, secondo la teoria di F. Dacque, in una memoria originaria di essi che si sia fissata nel DNA dell‟uomo anche se quest’ultimo è venuto al mondo molto tempo dopo.

  Vi può essere anche un’altra teoria che spieghi simile credenza, basata sul fatto che in vari luoghi della terra sono state rinvenute ossa e carcasse di giganteschi animali preistorici. Questi ritrovamenti, inspiegabili per gli uomini del tempo antico hanno creato la leggenda dell‟esistenza del Drago.

  Possiamo anche pensare ad una visione della natura fantasiosa e poetica, doti che certo non mancavano negli uomini primitivi, che hanno voluto vedere nelle forme particolari delle montagne, dei fiumi od anche delle nuvole delle figure straordinarie e favolose simili a persone o animali fantastici, tra cui il Drago.

  Il Drago ha caratteristiche fisiche multiformi: infatti, benché sia in origine nato con sembianze di gigantesco rettile, con il trascorrere dei secoli ha assunto forme più complesse, frutto della fantasia dei vari popoli: converrà quindi prendere in esame tutte le sue diverse manifestazioni.

  La sua prima apparizione sulla scena dell’immaginario umano è quella di enorme serpente, ed infatti la costellazione, che da lui prende il nome di Drago, ha proprio la forma di un lungo rettile ed occupa un posto astronomico di vitale importanza, perché, a causa della precessione degli equinozi, il polo celeste compie ogni 25765 anni il giro completo di una circonferenza il cui centro si trova sul dorso di questa costellazione. Inoltre i due nodi, quello ascendente e quello discendente, i punti degli equinozi, erano visti come la testa e la coda del Drago: il primo è il punto in cui il Sole, all‟inizio della primavera, interseca l’equatore celeste ed il secondo, quello in

cui sempre questo astro lo incrocia di nuovo in autunno, ed inoltre in questi punti le orbite dei pianeti e della Luna si incontrano con l’eclittica dando luogo alle eclissi di Sole. Sappiamo quanto gli uomini antichi fossero superstiziosi e dessero grande importanza ai fenomeni astronomici, per cui nelle eclissi di Sole immaginavano che il Drago divorasse la Luna. Sempre legati all‟immagine del serpente furono i nomi scelti per indicare le stelle più brillanti della costellazione: Eltanin, dall’arabo al-tinnin, “il serpente”, e  Thuban, “la testa del serpente”.

  In seguito da enorme serpente primordiale, esso divenne prima mostro marino od altro animale mostruoso, poi, con le civiltà che si evolvevano e tendevano ad antropomorfizzare la natura ed i suoi fenomeni, un essere metà uomo e metà bestia, fino a nascondersi sotto sembianze umane; perciò il suo percorso evolutivo è stato molto eterogeneo: in principio serpente, poi animale di enormi dimensioni e di fattezze mostruose tali da incutere grande terrore, in seguito coccodrillo alato che sputava lingue di fuoco, ed infine uomo o donna nell‟aspetto esteriore.

 Ci sono stati Draghi che, oltre ad avere il corpo di grosso e lungo serpente, hanno avuto le fauci di un coccodrillo, con le corna sulla testa, ma senza zampe ed ali. Altri invece sono completi di tutto, possiedono da due a quattro zampe, due ali, un corpo ricoperto da una corazza di squame che li protegge dai colpi dei nemici rendendoli invincibili, molte teste, che una volta tagliate ricrescono, una cresta dentellata lungo il dorso, lingua e coda biforcute ed inoltre sputano fuoco e fiamme dalla bocca e dalle narici.

  I Draghi celesti, soprattutto di origine cinese, sono provvisti di grandi ali che permettono loro di volare molto in alto e velocemente sino al sole.

Ci sono inoltre varie suddivisioni tra i draghi in base al loro colore, bianco, nero, rosso ecc. oppure in base alle loro scaglie d’oro, d’argento, di bronzo ecc. ed ancora suddivisioni a seconda che le scaglie siano formate da pietre preziose come lo smeraldo, il rubino, l’ametista ecc. . La dimora del Drago può essere, in relazione alla sua struttura fisica, il cielo come l‟abisso dei mari, una profonda caverna, una pianura desolata, un vulcano in piena attività, un bosco, perché egli è, a seconda dei casi, un animale celeste, terrestre o acquatico.

  Queste caratteristiche fisiche hanno un significato ben preciso: in base ai colori ed alla materia di cui sono fatti, i draghi hanno infatti doti diverse, poteri particolari.

Se le differenze in base all’aspetto esteriore possono essere molte, in comune hanno la vista acutissima, lo sguardo paralizzante, l‟udito molto fine ed un olfatto eccezionale, gli artigli e zanne capaci di sgretolare torri, mura e rocce. Altra caratteristica molto importante di questo animale è la sua capacità di nascondersi sotto diverse sembianze comprese quelle umane, come quelle di un bel giovane o di una graziosa vergine, per meglio raggiungere i suoi scopi non sempre encomiabili; ma per poter usare il suo soffio pestifero e mortale deve riacquistare il suo vero aspetto.

  Abbiamo visto sia gli aspetti esteriori diversi che quelli comuni e questa varietà di caratteri riaffiora anche nella personalità del Drago, che in Cina ed in estremo Oriente in genere è un‟entità positiva e si presenta come un essere saggio e sapiente, mentre mano a mano che ci si sposta verso l’Occidente e l’Europa esso perde gli aspetti buoni e diviene addirittura simbolo del male, sotto le cui sembianze si può nascondere il diavolo stesso.

  Si può dire che il Drago incarna negli aspetti positivi i simboli della forza, della sapienza nel dare saggi consigli e giuste risposte, oppure il ruolo di attento custode del tesoro perché protegge ricchezze e cose sacre contro intromissioni non degne, può addirittura svolgere una funzione apotropaica capace di scongiurare sciagure varie come catastrofi, alluvioni, incendi e malanni; invece se visto in senso negativo, esso incarna vari vizi: l’avidità, perché nasconde e custodisce i tesori utili all’uomo, come l’immortalità o la scienza universale; la voracità, perché divora vitelli, pecore ed esseri umani; la concupiscenza, perché gli vengono offerte le fanciulle vergini; ed ancora il male assoluto, perché in lui si cela il diavolo.

  Descritte in grandi linee le caratteristiche fisiche e morali, può affermarsi che il Drago come immagine risponde pienamente al concetto di simbolo perché, analizzando il termine, si evidenziano gli stretti legami che intercorrono con esso.

  Brevemente dirò ciò che già sappiamo del termine simbolo: esso è una parola di origine greca formata dalla preposizione syn e dal verbo ballo, che uniti significano “metto insieme”. In origine con questa parola si designavano le due unità di un oggetto spezzato che poteva essere ricomposto in seguito, così ogni singola parte era riconoscimento dell‟altra. Con il tempo questo termine ha acquistato il significato di “stare in luogo” e perciò di funzione rappresentativa di qualcos‟altro, con forte somiglianza od analogia tra termine ed oggetto simboleggiato.

Analizzando la figura del nostro Drago, la prima impressione che ricaviamo è che la sua persona è fortemente legata alla natura per il fatto stesso di essere un animale. Egli è una grossa bestia primordiale che con la sua forza e la sua mole possente evoca la grandiosità della natura, della terra ai suoi albori gestativi durante le ere preistoriche. Il drago come animale del sottosuolo provoca le eruzioni dei vulcani ed i terremoti, come animale degli abissi marini genera i maremoti e come animale celeste dà luogo a temporali, tuoni ed uragani; il più delle volte egli unisce in sé tutte

queste potenzialità in quanto possiede le tre caratteristiche naturali, di essere marino o lacustre, terrestre e celeste.

Fermo restando lo stretto legame tra il Drago, elemento visibile del simbolo e l‟entità astratta rappresentata, andremo a ricavare altre impressioni e simbologie frutto del pensiero degli uomini, che evolvendosi hanno voluto attribuirgli caratteristiche sempre più complesse.

Spiegare la sua lunga vita è difficile sia per l’estensione del territorio in cui si è mosso, in pratica tutto il pianeta ed anche il cielo sovrastante, sia per la nascita, avvenuta chissà quando, forse in epoca preistorica, e spiegata in maniera diversa dalle religioni antiche, sia infine per le azioni compiute da lui fino ai giorni nostri, tante e multiformi.

Il Medio-Oriente.  Rispettando l‟ordine cronologico ufficiale del sorgere delle civiltà, inizieremo dal Medio-Oriente, e precisamente dalla Mezzaluna fertile con la divinità del Caos acquatico Tiamat e il suo sposo, la divinità dell’abisso Apsu, le più antiche divinità del pantheon religioso babilonese, che rappresentavano l’oscurità, la pericolosità ed il mistero di una natura impossibile da dominare.

  Nel poema epico babilonese della creazione Enuma Elish ( Quando in alto…) si narra che Tiamat ed Apsu erano personificazioni delle acque primordiali, due esseri dai corpi mostruosi simili a draghi, che governavano da soli sul mondo; da essi in seguito ebbero origine tutti gli dei e gli eroi della Mesopotamia. Dalla mescolanza delle loro acque vennero procreati Mannu, “tumulto delle onde” e i due serpenti mostruosi LaKmu e LaKhamu, da questi nacquero altre divinità fino ad arrivare a Marduk; ma tutte queste divinità con il loro comportamento irriverente irritarono profondamente Apsu e Tiamat, che decisero di uccidere la loro progenie. Uno di questi figli, Ea, venuto a conoscenza del loro piano criminoso, rapì il padre e lo castrò, allora la madre, per vendicare lo sposo, procreò undici mostri, enormi serpenti velenosi dai denti aguzzi, provvisti di raggi luminosi: essi erano draghi spietati ed impavidi. Nonostante la difficoltà di vincere simili mostri, il dio Marduk, scelto dalle altre divinità come loro campione, riuscì nell’intento, uccise prima la madre Tiamat in un epico scontro, poi tagliò il corpo della dea in due parti, con una creò il cielo e il firmamento, con l’altra la terra; poi catturò i Draghi, li rinchiuse negli inferi ed infine pose ai suoi piedi uno di questi, Muschchuschu, che rimase lì accovacciato, tranquillo e sereno per sempre.

  Nell‟Enuma Elish l‟epica lotta tra le due divinità viene così descritta:

Il signore gettò la sua rete per afferrarla.

Gettò il vento distruttore, che era dietro di lui,

Sul suo volto,

Non appena Tiamat spalancò la bocca,

Marduk gli soffiò dentro il vento, ed ella non potè più

Chiudere le labbra,

Il vento potente le gonfiò il ventre.

Il suo cuore impazzì; aprendo ancor più la bocca,

Cercava il respiro.

Egli afferrò la lancia e la conficcò nel ventre,

Trafisse le interiora e le spaccò il cuore,

Infine l’afferrò e pose fine alla sua vita.

Scaraventò la sua carcassa a terra e la calpestò.

  Nel sigillo babilonese viene raffigurato il dio Marduk con Muschchuschu ai suoi piedi in ricordo dell’epica lotta sostenuta dal dio in seguito alla quale divenne re degli dei e divinità nazionale di Babilonia.

  Nel caso di Tiamat e dei Draghi da lei generati, il legame simbolico con l’acqua e la natura primordiale violenta e caotica è molto forte e l’origine antichissima di questi mostri è ben evidente, perché con le prime parole del poema epico sopra citato Enuma Elish ( Quando in alto…) si dà inizio al racconto in cui il cielo e la terra non avevano nome in quanto non avevano acquistato ancora una loro precisa identità e collocazione. Fu proprio in seguito alla morte di Tiamat, che Marduk poté vincere il Caos, porre ordine nell‟universo, dare forma al cielo e alla terra e poi con il sangue del mostro-drago Kungu, figlio della dea, creare il primo uomo: così ebbe inizio la vita umana sulla terra.

  Altro mostro-drago famoso del Medio-Oriente fu Humbamba, con identità fisica indefinita, ma che può essere considerato drago perché il suo ruggito era simile al diluvio universale, le faringi erano di fuoco ed il ventre era mortale. Questa è la descrizione che viene fatta del mostro nell’Epopea di Gilgamesh, libro in cui si narrano le gesta di questo eroe, che secondo gli studiosi orientalisti fu il quinto re di Uruk. Il Drago viveva in una foresta dicedri ed era posto a guardia dell‟albero sacro ad Enlil, il dio creatore del mondo. Gilgamesh, tormentato da pensieri di morte e deciso a conquistare la fama prima della fine della vita, insieme al fido compagno Enkidu, scalò sette montagne per giungere nella terra di Zedenberg, dove viveva Humbamba nella foresta a guardia di sacri cedri, qui sconfisse ed uccise il mostro.

  Anche in questo racconto vi è la lotta tra il bene ed il male, tra l’eroe e l’animale; l’eroe è l’uomo che vince ed uccide la bestia (la natura selvaggia), posta a guardia di un tesoro, in questo caso il sacro albero di cedro. Rispetto alla Tiamat mesopotamica il drago Humbamba racchiude in sé una simbologia più evoluta perché, oltre a rappresentare, come abbiamo detto la natura selvaggia, è vigile guardiano di un tesoro, in questo caso gli alberi sacri a un dio, ed inoltre rappresenta la ricerca interiore di Gilgamesh di una risposta alle proprie sofferte e concettose domande sulla morte, l‟immortalità ed il desiderio di guadagnarsi la gloria tra gli uomini.

  Altri Draghi si trovano negli antichi romanzi persiani dell’Iran, come Darabname, Azhi Dakaka, Shahnamah (il Libro dei Re), opera del poeta del X secolo Abu ‘l Qasim meglio conosciuto in Italia come Firdusi, nel cui testo viene citato anche Alessandro Magno in lotta con questi mostri. In tutta questa narrativa dragonesca vi è una struttura del racconto essenzialmente identica: vi è sempre un eroe, spesso un dio, un re, un figlio di re o almeno un nobile che uccide od incatena oppure addomestica con varie astuzie il feroce bestione. Tra questi eroi è ricordato nel folclore armeno il cacciatore di draghi Tigrane che uccise il Drago Azadhak, re della Media; i figli di questi di Anush, madre dei Draghi, in seguito alla morte del padre furono costretti a lasciare il paese ed a trasferirsi in Armenia, a Massis, dove furono chiamati i figli del Dragone. Azadhak è una variante di Azhi Dahaka, demone persiano con tre teste, sei occhi e tre mandibole, che, sconfitto e rinchiuso dall’eroe Traetaoma nel monte Demavend, riuscì a liberarsi e, dopo aver compiuto grandi devastazioni, infine fu ucciso dall’eroe Kerasaspa, che poté introdurre dopo questa fatica un nuovo ordine nel mondo. Il Drago Azadhak è simbolo di malvagità.

L’India. Dall’Asia centrale verso Oriente nel subcontinente indiano giunsero nel II millennio a.C. dei popoli indoeuropei con le loro tradizioni e credenze religiose, tra queste la devozione al dio Indra, dio della tempesta e governatore del tempo, che con il suo fulmine Vajra manda lampi e tuoni e genera la pioggia. Nel Rig-Veda, l’antica raccolta di inni in onore agli dei, viene descritto il duello tra Indra e Vritra, demone della siccità che brucia la terra e tiene prigioniera la pioggia apportatrice di vita. Indra, nella sua prima apparizione pubblica sulla scena, compie questo atto di grande utilità, uccide Vritra e libera le acque fecondatrici. In un inno del Rig-Veda così è scritto:

Dichiarerò le audaci gesta di Indra, che brandisce

Saette; la prima che egli compì.

Uccise Vritra, poi dischiuse le acque,

E separò i canali dei ruscelli di montagna……

Pur senza mani e senza piedi, Vritra sfidò Indra

Che lo colpì tra le spalle con il suo dardo.

Indebolito, eppure vantando maschio vigore, così

Vritra giaceva con le membra sparse.

 

  Mentre nella mitologia mesopotamica la divinità negativa era Tiamat, signora delle acque e del Caos, in quella indiana invece era quella della siccità, che, privando la terra dell‟acqua necessaria, la fa morire. Anche in Vritra si nota una simbologia primordiale legata alle forze naturali.

  Sempre in India, nella mitologia indù si trovano i Naga, esseri fantastici per metà umani e per l’altra metà serpenti, il cui compito è quello di custodire i tesori e soprattutto le perle e spesso sono raffigurati che circondano il Budda.

Gli Ittiti e l’Egitto. Spostandoci verso Occidente e fermandoci presso gli Ittiti, incontriamo Illjanka, il cui nome sembra significare “mostro, serpente o drago”, (come più volte abbiamo detto il Drago viene identificato o paragonato con un grosso serpente). Illjanka, che viveva in mare come sulla terra prendendo anche sembianze umane, si trovò ben presto in conflitto con Teschuh, dio delle tempeste, e venne ucciso dopo alterne vicende, in cui furono coinvolti i figli di entrambi. Sembra che questa leggenda abbia influenzato quella greca di Tifone.

  Passando in Egitto, civiltà antica quanto quella mesopotamica, incontriamo il Drago Apep o Apopi, un enorme serpente (come abbiamo detto prima ildrago può essere un grosso rettile) sotto le cui sembianze si celava Seth.

  Seth nella mitologia egiziana antica era una divinità buona dell’Alto Egitto che regnava sui morti, con il tempo egli diventò il dio del male e rappresentò l’opposizione cosmica delle tenebre contro la luce e venne raffigurato con la testa di una bestia fantastica, con le corna e il muso appuntito come quello di un’antilope oppure di un asino o di un coccodrillo, la cui immagine fu in seguito ripresa dal cristianesimo egiziano per identificare il diavolo. Perciò questo serpente gigantesco era personificazione delle forze nemiche del dio sole Ra, che di notte con la sua barca attraversava la terra dell‟oltretomba, chiamata Dat e dominata dal mostro.

  Ra, che era identificato anche con il dio Ammone ed altri dei solari, aiutato nella lotta contro Apopi-Seth e la sua corte malvagia da un esercito di potenze celesti, sosteneva un lungo duello che durava tutta la notte, finalmente all‟alba riusciva con un incantesimo a immobilizzare il mostro e poteva tornare sulla terra dei viventi ed entrare nel cielo. Il Drago, vinto ed in catene, veniva fatto a pezzi e distrutto dalle fiamme di Ammone-Ra, simbolo del calore del sole che dissolve i vapori e l’umidità della notte. Ma Apopi, ucciso ad ogni spuntare dell’alba, veniva subito ricostituito perché il ciclo della lotta continuasse e con essa l’alternarsi del giorno e della notte.

  A Tebe nel tempio del dio del sole Ammone-Ra i sacerdoti recitavano quotidianamente un rituale, preso dal Libro per rovesciare Apep; nel sacro testo veniva descritta in maniera dettagliata la distruzione del Drago e dei suoi aiutanti Sebau e Nak, anch’essi esseri mostruosi. I sacerdoti allora, per garantirsi ogni giorno il sorgere del sole, dovevano plasmare un serpente di cera con sopra inciso il nome del dio Apep, poi recitare incantesimi e formule magiche ed infine gettare l’oggetto plasmato nel fuoco: la magia funzionò sempre.

  La religione egiziana, anche se regolata in maniera armonica ed unitaria, aveva una struttura molto complessa, per questo motivo i suoi miti risentivano di questa ricchezza ed così i suoi simboli: anche il racconto precedente mostra questa complessità.

  Intanto le due divinità, che si combattevano, erano il risultato dell‟unione di altre divinità, Ammone-Ra quella buona e Apopi-Seth quella cattiva, che erano fratelli e possedevano molteplici caratteristiche fisiche, stanti ad indicare poteri diversi e speciali, acquistati lungo i secoli della storia dell’Egitto e delle sue numerose dinastie. Ammone-Ra aveva fatto carriera, era diventato il dio nazionale dell’Egitto unificato ed il padre dei faraoni, mentre Seth, che era la divinità dell’Alto Egitto, aveva perso importanza ed acquistato un diverso significato rispetto a quello originario in seguito alle guerre perse dai suoi seguaci contro il Basso Egitto, per cui era divenuto il simbolo del male, identificandosi nel drago serpente e nel coccodrillo, entrambi animali particolarmente aggressivi e pericolosi.

  Degli Ebrei e dei draghi dell’Antico Testamento se ne parlerà in seguito, insieme a quelli del Nuovo Testamento (Apocalisse di Giovanni).

 

La Grecia. Trasferendoci in Grecia, ci accorgiamo che in questa terra i Draghi sono numerosi e talora protagonisti di storie che risentono di un influsso di origine orientale come quella che narra le vicende di Zeus e del mostro Tifone.

  Tifone, ultimo dei Titani, figlio di Gaia e di Tartaro, era altissimo, fortissimo e terrificante, un Drago dalla fisionomia molto particolare, con le gambe circondate da vipere, con cento teste che sputavano fuoco e sassi, provvisto di ali, che gli permettevano di spostarsi rapidamente, viveva in Asia Minore e, dovunque andasse, seminava devastazione e morte, d’allora il suo nome andò a significare un vento vorticoso di eccezionale violenza distruttiva.

  Zeus, che dopo l’uccisione del padre Crono era divenuto re degli dei, a differenza delle altre divinità non ebbe paura ed affrontò Tifone; dopo dei primi tentativi andati a vuoto, con i suoi fulmini lo vinse e secondo una leggenda lo seppellì sotto il vulcano Etna, che ancora oggi continua ad eruttare perché lì sotto il mostro è prigioniero, vivo, e quando si agita manda fuori lingue di fuoco e sassi incandescenti.

Tifone, insieme al padre Crono, alla madre Gea ed ai fratelli Titani apparteneva alle divinità più antiche della Grecia, quelle preolimpiche viste come personificazioni delle forze naturali e con forme mostruose; Zeus invece era stato creato sempre da Crono con la figlia Gea, ma in un secondo tempo e con caratteristiche antropomorfiche, frutto di un evoluzione del pensiero umano.

  Tifone, con un aspetto tra il mostro ed il Drago, a sua volta aveva generato altri figli mostruosi come lui e questi erano Cerbero, il cane a tre teste guardiano dell’oltretomba, la Sfinge, dal volto di donna e dal corpo di leone, la Chimera, e infine il leone Nemeo, il cane Ortro e l’Idra del lago di Lerna, l’unica che poteva essere considerata a pieno titolo un vero Drago perché era un grande serpente con sette o nove teste, che tagliate subito ricrescevano. Questi ultimi tre animali vennero uccisi dall’eroe semidio Eracle nelle sue celebri fatiche e tutte le altre divinità preolimpiche sopravvissute, ormai epigoni di un mondo religioso arcaico, furono declassate ad un ruolo secondario.

  Scilla era stata una ninfa molto bella trasformata da Circe per gelosia in un mostro marino, anche Cariddi era stata una ninfa, che per il suo enorme appetito, Zeus aveva tramutato in un mostro che prima divorava tutta l‟acqua, che poteva, per poi sputarla. Entrambe si trovavano presso lo stretto di Messina, tra la Calabria e la Sicilia, e terrorizzavano i marinai che, quando passavano di lì, per non naufragare dovevano evitare le sei teste canine di Scilla ed il gorgo di Cariddi. Da loro ebbe origine il famoso detto giunto fino a noi “tra Scilla e Cariddi”, per dire che per evitare un pericolo si rischia di finire in uno peggiore.

  Pitone era un enorme serpente generato dalla dea della terra Gaia; esso infestava il Parnaso ed istigato da Era, la moglie di Zeus, tentò di uccidere Latona incinta di Febo e di Artemide, avuti da Zeus. La prima azione compiuta dal dio appena nato fu quella di uccidere il mostro con le sue frecce, poi Febo seppellì il corpo sotto l‟onfale del tempio di Delfi e fondò i Giochi Pitici.

  Eracle uccise un altro terribile Drago, Ladone, che aveva cento teste e custodiva i pomi d‟oro che crescevano nel giardino degli dei, detto delle Esperidi dal nome delle ninfe che lo abitavano. Ladone, dopo la sua morte, fu posto da Era tra le costellazioni. Con Eracle terminò il tempo più antico in cui i Draghi si confrontavano con le divinità maggiori per il dominio del mondo ed iniziò quello più modesto in cui essi lottarono e furono sopraffatti da uomini mortali, anche se eroi o figli di re.

  Cadmo, figlio di Agenore re di Tiro e fratello di Europa, fanciulla amata e rapita da Zeus, fu mandato dal padre in cerca della sorella e dopo un lungo ed inutile peregrinare giunse a Delfi per interrogare l’oracolo, qui gli venne detto di fondare una città. Cadmo si mise alla ricerca del luogo giusto dove fondare la città e, quando vide una vacca con il segno della luna sui fianchi, capì che doveva seguirla e la bestia lo condusse in Beozia. Giunto in questa regione, l’eroe greco si rese conto che questo era il luogo dove doveva sacrificare la vacca ad Atena, inviò i suoi compagni a prendere l’acqua per il sacrificio a una fonte vicina, detta la sorgente di Ares, ma la fonte era custodita da un Drago che uccise alcuni degli intrusi. Allora Cadmo venne in aiuto dei superstiti ed uccise la feroce belva e poi, su suggerimento della dea, seminò i denti dell’animale. Da quei denti subito presero vita degli uomini armati molto minacciosi: Cadmo, senza farsi vedere, lanciò in mezzo a loro delle pietre e quelli prima si accusarono reciprocamente, poi incominciarono a battersi finché non sopravvissero che soli cinque guerrieri; dopo questo fatto per penitenza Cadmo dovette servire Ares per otto anni come schiavo, infine egli divenne re di Tebe. Anche in questo caso il Drago si presenta come un temibile custode, che procura la morte a coloro che vogliono impossessarsi del bene a lui affidato, riaffermando anche in questo caso il simbolo che rappresenta.

  Giasone, figlio del re di Tessaglia, fu mandato dal re Pelia alla conquista del Vello d’oro, la pelle di un ariete sacrificato, una reliquia magica che era custodita in Asia Minore, sul Mar Nero, da Eete, re della Colchide, che aveva posto a sua guardia un Drago; Giasone allora organizzò una spedizione di cui fecero parte numerosi eroi del suo tempo, tra i quali anche Teseo, Orfeo e solo al principio del viaggio lo stesso Eracle, arrivato nella Colchide con l‟aiuto della figlia del re, la maga Medea, addormentò con una pozione magica il Drago posto a guardia del Vello d‟oro, e ritornò con Medea e la pelle sacra dell‟ariete a Iolco dal re Pelia.

  Bellerofonte, discendente dalla casa reale di Corinto, fu inviato ad uccidere la Chimera, un essere mostruoso con il corpo di leone, il dietro di drago e la testa caprina, che sputava fuoco e devastava il regno del re della Licia, Iobate. Nell‟azione fu aiutato dal cavallo alato Pegaso, che permise a Bellerofonte di alzarsi nel cielo e piombare dall‟alto sulla bestia uccidendola con un sol colpo decisivo.

  Continuiamo il nostro excursus sui draghi greci parlando di Perseo; alcuni aspetti dell’avventura di questo personaggio sembrano quasi un’anticipazione, anche se decisamente laica, di quella occorsa a San Giorgio molti secoli dopo.

  Perseo, figlio di Zeus e di Danae, dopo avere ucciso la Gorgone Medusa, con i calzari alati donategli da Hermes e volando sul suo cavallo alato Pegaso, ritornava verso casa, quando durante il viaggio vide una bellissima fanciulla legata ad una roccia, che stava per essere divorata da un terribile Drago marino; la fanciulla si chiamava Andromeda ed era figlia del re di Etiopa, Cefeo, e di Cassiopea. Sua madre si era vantata di essere più bella delle Nereidi ed esse, offese da questo insulto, si lagnarono del fatto con Poseidone, che le vendicò inviando a devastare quel paese prima un diluvio, poi un Drago marino. Interrogato, l’oracolo di Ammone vaticinò che l‟Etiopia sarebbe stata liberata dal mostro solo se fosse stata offerta come vittima Andromeda: allora gli Etiopi costrinsero il re a sacrificare la figlia, ma Perseo la vide, se ne innamorò, uccise il mostro e la sposò. Secondo Conone il re padre Cefeo non era re dell’Etiopia ma re della città di Ioppe: con questo nome si indicava sia la città che l’antica Fenicia. In questo mito per la prima volta si vede il legame tra il drago e la fanciulla vergine.

  L’ultimo personaggio alle prese con un simile mostro, di cui parleremo ora, fu addirittura il grande Alessandro Magno, figura storica ma al tempo stesso leggendaria, che, nel Romanzo di Alessandro, testo noto come dello Pseudo Callistene e redatto tra il III sec. a.C ed il I. sec. d.C. con materiali diversi, viene portato in cielo da due uccelli enormi. Durante questo magico volo il Macedone incontra un essere alato antropomorfo che lo esorta a tornare sulla terra, ma dopo aver guardato giù dove si trova un grande serpente arrotolato con in mezzo alle sue spire un piccolissimo disco. Lo strano personaggio così si rivolge a lui: «Punta la lancia nel disco, tra le spire del serpente, perché quello è il cosmo e il serpente è il mare che circonda la terra». (Rom. Alex. II, 41). In questo caso il drago ha ancora la forma del serpente primordiale di origine assirobabilonese.

  I Draghi dei Greci ebbero aspetti multiformi e quasi sempre simboleggiarono il male ed il pericolo, ma furono talvolta, nei casi migliori, degli attenti e fedeli guardiani di tesori e di cose sacre.

Altri popoli europei.

  Gli Etruschi. Di questo popoloi si sa ben poco, ma a Perugia, nell’ipogeo dei Volumni, esiste un bassorilievo dove è riprodotto un Drago marino con i piedi palmati e la coda di ippocampo, che, tenendo sul dorso l’anima di un defunto, lo accompagna nell’aldilà. La raffigurazione di questo mostro marino ci richiama alla mente i demoni dell‟oltretomba dell’Antico Egitto, che erano anch‟essi Draghi e sottoposti a Seth, dio dei morti; ciò fa pensare alla facilità con cui circolavano le idee religiose ed anche gli usi e i costumi nel mondo antico e specialmente in quello che ruotava intorno al mar Mediterraneo, che poi sotto il dominio di Roma divenne il mare nostrum.

  Gli antichi Romani possedevano una religione molto ricca, oltre alle antiche e proprie divinità essi accolsero anche quelle dei popoli che andavano via via conquistando più per motivi politici che religiosi, ma ai Draghi come esseri mitici non si interessarono mai, forse perché erano molto concreti e razionali; però usarono la loro immagine di origine medioorientale, forse presa dagli Sciti o dai Daci, e la posero sugli stendardi. Questi vessilli così dipinti fecero una grande impressione sulle popolazioni germaniche, tanto che queste si appropriarono sia della parola latina draco (drach) e sia della loro immagine, che posero in seguito sulla prua delle loro navi. Solamente Plinio il Vecchio si interessò a questi animali ma molto limitatamente, scrivendo nella sua Storia naturale, che i draghi infestavano l‟Africa. Riferisce inoltre che secondo il medico greco Ctesia c’è in Etiopia un animale chiamato mantichora che ha tre ordini di denti simili ad un pettine ed altre varie brutture; in contrasto con Plinio, Eliano, sofista romano ed autore dell’opera Sulla natura degli animali, colloca questa bestia in India.

  I Celti continentali credevano nell’esistenza di mostri marini, e tra questi il più importante era Afanc, da considerare una sorta di precursore del mostro di Loch Ness. Presso i Germani della Norvegia c’era il feroce e terribile Dragone Nidhhöggr, che rosicchiava con i suoi denti uncinati la corteccia dell‟albero cosmico Yggrdrasil, il frassino del mondo, che si estendeva dalla volta celeste fino alle profondità degli inferi. Questo mostro cercava instancabilmente di distruggere l’ordine della creazione ed ai suoi ordini aveva tre esseri, chiamati Norms, che seduti accanto a lui, simili alle Parche greche, tessevano il filo del destino degli uomini.

  Sempre nella mitologia nordica esisteva il serpente del mondo medio, chiamato il Midgard, dove abitavano gli uomini: esso era un mostro velenoso generato dal dio del male Locki e con il suo corpo circondava tutta la terra riuscendo a mordersi la coda come l’Ouroboros degli gnostici, simbolo dell’eternità. Il dio Thor affrontò e uccise questo Drago di nome Jormumgadr, ma a sua volta morì per il soffio velenoso di questi.

  Le leggende nordiche sono riportate nell’Edda, una raccolta di canti norreni scritti in prosa in antico islandese del XIII secolo dallo scrittore ed erudito islandese Snorri Sturluson; sono 29 carmi, che rappresentano una testimonianza unica della cultura nordica precristiana, e sembrano riportare essenzialmente la materia leggendaria della Germania meridionale, tramandata oralmente fino al secolo VIII.

L’Antico e il Nuovo Testamento. Più volte nell’Antico Testamento si parla di un mostro marino molto simile ad un Drago, e questo è il Leviatano; esso viene citato nel Libro dei salmi, in quello di Isaia, ed in quello di Giobbe:

Ecco là il mare grande, vasto, immenso… e il

mostro che Tu hai creato per scherzar con esso.

(Salmi, 103,25-26)

In quel giorno, con la spada dura, grande e forte,

il Signore, visiterà Leviathan, il serpente tortuoso, e

ucciderà il mostro che è il mare.” (Isaia,27,1)

Dio si vanta di aver generato questo mostro

marino, simbolo della potenza del

Creatore

(Giobbe, 40,20-28)

 

  Nel libro di Giobbe il capitolo 41 è tutto dedicato alla descrizione dell’aspetto fisico e delle potenzialità di questo grande mostro primordiale.

  Il Leviatano ricorda molto da vicino la dea primigenia dei Babilonesi, Tiamat, ed è legato alla mitologia fenicia per l’origine del suo nome, che significa “mostro del caos primitivo”; esso era visto come un serpente marino molto pericoloso, dalla forza spaventosa, nato dal volere di Dio-Jahvé. Riposava in fondo al mare dove non doveva essere risvegliato dal suo sonno, perché il suo risveglio avrebbe portato alla maledizione l‟ordine esistente. Questo grande animale, se eccitato, era in grado di inghiottire momentaneamente perfino il sole e provocare un‟eclissi, ma Jahvé, prima di dare ordine al Caos, l‟aveva vinto e lo teneva in soggezione nel mare in compagnia di altri mostri.

  Il Leviatano come tutti gli animali marini è simbolo dell’inconscio, delle forze istintive, come lo è anche il mare che a sua volta rappresenta la natura indistinta da cui sorgerà la vita, anzi la prima forma di vita; noi sappiamo che senz’acqua non può esserci alcuna possibilità di esistenza, ma questa prima forma di esistenza non ha ancora coscienza di sé, delle sue potenzialità ed al suo inizio non ha ancora regole, le uniche che possiede sono quelle dell’istinto, solo quelle selvagge e naturali che possono evolvere nel bene o nel male, allora Dio con il suo potere controllerà le forze oscure e con la sua grazia riuscirà a guidare la vita del mondo e a portare l‟uomo alla perfezione da Lui prestabilita.

  Il filosofo inglese Thomas Hobbes, nel suo trattato di filosofia politica, paragona addirittura lo Stato al Leviatano, in quanto il primo, per mantenere la pace e l‟ordine sociale, deve possedere una forza pari a quella del Drago marino, che diviene così simbolo di potenza.

  Anche nel Libro di Daniele dell’Antico Testamento si parla di un grande Drago adorato dai Babilonesi, che il profeta riuscì a distruggere (14,23-28). Per questa azione Daniele venne gettato nella fossa dei leoni per sei giorni, e nonostante ciò egli non fu mangiato né toccato dalle bestie.

Nell’Apocalisse di San Giovanni Evangelista il Drago viene descritto in questo modo:

 

Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i piedi e sul capo una corona di dodici stelle. Era incinta e gridava per le doglie ed il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste dieci diademi; la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato… Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamano il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli…..Or quando il drago si vide precipitato sulla terra, si avventò contro la donna… ma la donna fuggì ….Allora il serpente vomitò dalla sua bocca come un fiume d‟acqua dietro la donna,… Ma la terra venne in soccorso alla donna, aprendo una voragine e inghiottendo il fiume che il drago aveva vomitato dalla propria bocca. Allora il drago si infuriò contro la donna e se ne andò a far guerra contro il resto della sua discendenza, contro quelli che osservano i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù. E si fermò sulla

spiaggia del mare. (Apocalisse di Giovanni, 12,1-18).

  Ho preferito riportare il testo così come è stato scritto piuttosto che riassumerlo perché non venisse alterata la forza descrittiva e simbolica in esso contenuta. Di questo pauroso Drago e delle sue azioni malvagie san Giovanni evangelista continua a parlare anche nei capitoli 13 e17 sempre dell’Apocalisse.

  Nel brano dell’Apocalisse la figura del Drago rosso è molto più complessa e va analizzata insieme alla figura della donna ed alla nascita del figlio maschio.

  La donna è vestita di sole, con la luna sotto i piedi e con una corona di dodici stelle sul capo; in questa prima scena i simboli sono tre: il sole che significa la maestà sovrumana della figura femminile, la luna che è la sua forza cosmica, la corona di dodici stelle che testimonia il suo trionfo assoluto.

  Passando ad analizzare il Drago si capisce subito che questi è simbolo del diavolo, incominciando dal suo colore rosso che è quello del sangue e che indica distruzione e guerra; va ricordato inoltre che nel passo dei quattro cavalieri dell‟Apocalisse si parla del cavallo rosso come portatore di guerre.

  La bestia ha sette teste e dieci corna: il numero sette indica grande forza, ma il numero dieci limita questa forza, perché la potenza assoluta spetta soltanto al numero dodici.

  Il mostro trascina giù solo un terzo delle stelle del cielo, perché la sua opera anche se terribile è parziale, non avendo esso il potere assoluto.

  Il bambino nato ovviamente è Gesù, il Messia che sconfiggerà la bestia e salverà il mondo.

  Nel racconto appare l‟arcangelo Michele, che da Dio è posto alla testa delle schiere angeliche, ed insieme ad esse combatte e sconfigge il Drago e gli angeli del male. Il nome “Michele” è di origine ebraica e significa letteralmente “chi è come Dio”, perché la desinenza della sua parola deriva dalla parola Elohim, il nome ebraico di Dio.

  Gli appellativi “grande drago”, “serpente antico”, diavolo, satana, sono in pratica sinonimi che indicano tutti il demonio. La parola “diavolo” deriva dal greco e significa “colui che divide”, l‟altra parola “satana” invece deriva dall‟ebraico e significa “colui che accusa”. Il “serpente antico” invece ricorda quello del peccato originale commesso da Adamo ed Eva, e d‟allora iniziò l‟inimicizia e la lotta tra i discendenti del serpente e quelli della donna.

  Con il Cristianesimo il Drago diventa un essere del tutto negativo, perché perde anche quel poco di significato positivo che, seppure raramente, aveva presso le popolazioni del Vicino Oriente e dell‟Europa, come scrupoloso guardiano di tesori sacri e di inestimabile valore; esso finisce per identificarsi completamente con il diavolo, o comunque con le forze oscure del male che procurano agli uomini solo devastazione e morte e impediscono loro la conquista dell‟immortalità. Per questo il Drago, divenuta la sua immagine simbolo del male ed il suo nome sinonimo di satana, viene combattuto, vinto, imprigionato od ucciso dall‟arcangelo Michele e da san Giorgio per sottrarre l’uomo dalla sua influenza malefica, affrancarlo dalla schiavitù da lui imposta, e portarlo finalmente libero verso la salvezza in Dio.

Il Medioevo in Europa.

  Santi e Draghi. La leggenda di San Giorgio rappresenta molto bene il passaggio dal mondo antico cristiano e pagano a quello medioevale europeo, perché il santo, nato nel III secolo in Oriente, martirizzato nel 303 all’epoca di Costantino, era molto venerato in quell’area geografica, ma la sua fama si diffuse nell’Europa occidentale all’epoca delle Crociate, nel XII secolo, quando la Chiesa di Roma venne a contatto con la Chiesa orientale; allora il suo culto ebbe un grande successo, per cui egli diventò patrono dell’Inghilterra ad opera di Edoardo III, della Germania, di Venezia, e di soldati ed armaioli.

  La sua vita va letta sempre in questa ottica cristiana favolosa, il santo che vince il Drago, sempre simbolo del male e del Demonio, e con lui tutti i rimasugli del paganesimo; nel medioevo il mondo della cavalleria prese a modello san Giorgio perché vide incarnati in lui i suoi ideali: il coraggioso cavaliere difensore dei deboli e vincitore del malefico Drago.

  Nella Leggenda Aurea di Iacopo da Varagine si racconta la sua vita, dove si dice che il santo, nato in Cappadocia, era un cavaliere così valoroso da essere scelto a far parte della guardia del corpo di Diocleziano e da divenire ufficiale delle milizie. In Libia, presso la città di Selem, vi era uno grandissimo stagno dove si nascondeva un Drago, che con il suo fiato mortale terrorizzava la popolazione, la quale per placarlo era costretta a dargli in pasto un giovane od una fanciulla scelti a sorte. Venne infine il giorno in cui fu estratta a sorte la figlia del re che, nonostante le preghiere e le offerte munifiche del regale padre, fu legata ad una roccia; per sua fortuna, proprio quando stava per essere divorata dal mostro, uscito dalle acque sprizzando fuoco e fiamme dalle narici, arrivò sul suo cavallo san Giorgio, che estratta la spada e fattosi il segno della croce, affrontò il drago, lo vinse e catturò. Egli poi chiese agli abitanti di quella città che, in ringraziamento per la liberazione dall’orribile animale rinunciassero alle loro divinità pagane e si convertissero al cristianesimo. Queste furono le sue parole: «Iddio mi ha mandato a voi per liberarvi dal drago: se abbraccerete la fede in Cristo, riceverete il battesimo ed io ucciderò il mostro».

  Come abbiamo già detto il Santo, come pure san Michele, rappresenta il campione che scende in campo per difendere la Chiesa, identificatasi nella figura della principessa, dalle insidie del diavolo, che, a sua volta rappresentato dal Drago, perennemente cerca di divorala, perché esso, simbolo del male, è eterno, come eterno è il bene e la lotta tra le due forze supreme non avrà mai fine. Questa leggenda, nata all’epoca delle Crociate, fu forse influenzata da un’immagine dell’imperatore Costantino, trovata a Costantinopoli, dove si vedeva il sovrano che (possiamo scorgere in questo atto una similitudine con la Madonna) calpestava con il piede un Drago, nemico del genere umano e simbolo di malvagità, permettendo al Cristianesimo di trionfare sul paganesimo, opera del demonio.

  C’è un’altra leggenda, riportata nel Liber Notitiae Sanctorum Mediolani, che riguarda sempre san Giorgio ed è praticamente identica alla precedente, la differenza più importante è che l‟azione si svolge in Brianza, le altre sono il nome della principessa, Cleodolinda di Morchiuso, e che la testa del mostro rotolò nel lago Pusiano.

  Nel Racconto di sant’Efflem, questo santo entrò nella tana del Drago insieme al principe del luogo, troppo impaurito per tentare l’impresa, e solo facendosi il segno della croce, fece fuggire la bestia che scappò verso l’oceano dove vomitò sangue; questa leggenda voleva dimostrare che la fede è più potente della spada.

  Nell’agiografia cristiana ci sono molti episodi di santi che hanno dovuto lottare contro il Drago, tra questi vanno ricordati i santi Bernardo, Marta, Silvestro, Mercuriale, protovescovo e patrono di Forlì, Margherita di Antiochia, che riuscì a salvarsi ed ad uscire dal ventre del mostro grazie alla croce che aveva in mano: come era già successo a sant’Efflem, la croce diviene strumento e simbolo di salvezza.

  Non furono solo i santi a combattere i Draghi, specialmente nell’Alto Medioevo tra le popolazioni ancora primitive della Scandinavia e della Russia furono molti gli eroi che combatterono questi mostri tanto da causarne l’estinzione perché ritenuti terribilmente cattivi. Ancora oggi tante città, paesi e località del nord Europa, portano nel proprio nome, nei propri stemmi o monumenti il ricordo della loro esistenza, come i nomi di luoghi, Drachenburg, Drachenstein, Drachenloch o ancora Drakeford, in Inghilterra Dragon‟s Hill, in Svezia Dragsmork, oppure come la città di Klagenfurt, capitale della Carinzia che ha nel suo stemma una torre con il Drago o come Stoccolma che nel Duomo conserva una bellissima scultura in legno raffigurante san Giorgio, il drago e la principessa.

I Draghi nelle saghe nordiche. Sembra che in Scandinavia intorno all’anno 1000 scoppiò un terribile incendio, che fu all’origine della leggenda di Beowulf, mitico re del popolo dei Geat. Si narra che uno schiavo, fuggito dal regno dei Geat e vagando lungo una spiaggia della Scandinavia si imbatté nella tomba di un antico re, trovò l’entrata e vide all’interno tanti oggetti d’oro, amuleti, monete ed accanto ad essi un Drago terrificante. Molto spaventato l’uomo decise di tornare dal suo padrone e per farsi perdonare della fuga rubò una coppa d’oro, ma il Drago, sentendo l‟odore di carne umana, scoprì il furto, uscì dalla tana e si pose alla ricerca del ladro, e volò sui villaggi distruggendoli con il fuoco che gli usciva dalla bocca. Il re Beowulf, nipote del re dei goti Hygelac, che in gioventù aveva ucciso in Danimarca il Drago Grendel e la Draghessa madre, anche se ormai anziano, accompagnato dal nobile Wiglaf, decise di affrontare la bestia, ma nessuno dei due contendenti sopravvisse al duello, entrambi morirono.

  Altro Drago nordico famoso è Fafnir o Fafner, che fu sconfitto dall’eroe più noto del Nord Europa, il mitico Sigfrido; gli antichi libri, come il Cantare dei Nibelunghi, l’Edda, la Thidrekssaga, tutti del XIII secolo, o in particolare il Lied vom Hürmen Seyfrid od ancora l’ampio testo Volksbuch von dem gehörnten Siegfried, danno più versioni di questo combattimento e diversi nomi all’eroe, come Sigmund, Sigurd, Seyfrid o Siegfried.

  Ma il racconto più conosciuto di questa impresa è quello narrato e musicato da Wagner nell’opera Sigfrido, seconda giornata del ciclo di opere liriche L’Anello dei Nibelunghi, dove gli episodi e le immagini sono quelle del mito solare dell‟eroe con un Sigfrido dotato di superiori qualità fisiche e di purezza morale, ma condizionato da una pericolosa inesperienza. La sua nascita, come si conviene ad un eroe, è eccezionale e misteriosa e così pure la sua adolescenza finché, giunto alla maggiore età, si prepara ad affrontare impossibili ostacoli, e per questo forgia la magica spada con cui potrà affrontare il drago Fafner, custode dell’oro dei Nibelunghi.

  Come nelle altre mitologie e specialmente in quella greca e in quella cristiana, questo duello evidenzia sia la paura ancestrale dell’uomo per la pericolosa grandezza del mostro, sia il coraggio, la forza e la razionalità dell’eroe, che, affrontando un ostacolo impossibile per il comune mortale, ottiene un trionfo per sé e per la comunità; ed in ultimo il contatto con il sangue del drago conferisce a Sigfrido un dono eccezionale: la capacità di comprendere il linguaggio della natura e di leggere il pensiero dentro le menti umane.

  E’ da notare che sia nell’Edda che nel Volkbuch, i Draghi protagonisti in queste due storie, possedevano, oltre ai soliti attributi terribili, anche qualche pregio, come Fafnir che si mostra saggio e gentile verso Sigfrido, o come l’altra bestia che ha rapito Florigunde, la figlia del re di Worms, perché innamorato.

  Altri cacciatori di Draghi famosi furono Dietrich von Bern, le cui avventure sono state narrate nell’antico racconto nordico Tridrekssaga, poi altro grande eroe il figlio del re, Wolfdietrich (Teodorico), ed ancora il gigante Heimo, che combatté in Austria, presso il convento di Wilten, e infine Tristano, meglio conosciuto per l’amore che lo legava ad Isotta.

Continuiamo la ricerca sui Draghi medioevali europei spostandoci in Inghilterra, e precisamente prima nel Galles e poi in Scozia. Della prima regione nel testo Il Mabinogi di Lludd e Llewelys esiste questo racconto: due Draghi, uno rosso, che è il simbolo proprio del popolo del Galles e uno bianco, invece simbolo dei Sassoni invasori, lottavano furiosamente tra di loro; infine entrambi, ebbri d’idromele, vennero sepolti al centro dell’isola di Bretagna, in una tomba di pietra a Oxford e, secondo una leggenda del luogo, fino a quando resteranno sepolti l’isola non subirà invasioni. I due Draghi, tenuti prigionieri sotto la terra, sono simbolo delle forze nascoste e costrette: con il colore livido e bianco dell’uno si vuole rappresentare la morte e con il colore rosso vivo dell’altro la collera e la violenza, ma l’essere stati messi insieme sta a significare un destino comune nella lotta, finita ma pur sempre pronta a risorgere per respingere l’invasore.

Sembra inoltre che questi Draghi siano gli stessi contro cui si cimentò anche il famoso mago Merlino, su richiesta del re d’Inghilterra, Vortigern, in quanto le mura del castello di Salisbury crollavano continuamente, nonostante i continui lavori. Merlino allora spiegò al re che vi erano sotto la fortezza due Draghi, uno rosso ed uno bianco, che tutti le notti si combattevano, e con la sua saggezza allora il mago non li uccise ma li fece sparire.

  In Scozia invece incontriamo uno dei serpenti o Draghi marini più conosciuti, il famosissimo mostro di Loch Ness. Già nel 565 dopo Cristo, il santo irlandese San Colombano parla di un uomo che era stato ucciso in questo lago da un mostro chiamato Nisaeg, il quale, poco dopo, apparve allo stesso santo come un immenso anfibio. Le apparizioni continuarono fino ai giorni nostri, finché il 22 luglio del 1933, il grosso cetaceo fu avvistato dai coniugi Spicer, mentre questi tornavano a Londra.

  Il racconto fatto dalla coppia inglese fu riportato da tutti i giornali con grande successo, suscitando perfino l’interessamento dei parlamentari britannici, in breve la località di Loch fu presa d’assalto dai turisti e nel 1934 si ebbe la prima vera immagine di Nessie: così venne chiamata quella bestia. Con la seconda guerra mondiale calò l‟attenzione sul mostro, ma questa riprese con forza negli anni ‘50, anche perché si verificò un incidente mortale durante una manifestazione di motoscafi ad alta cilindrata in questo lago e venne data la colpa alla presenza della misteriosa creatura.

  Nel 1969, mediante l‟uso dei sonar una spedizione scientifica dell’università di Birmingham rilevò la presenza di grossi animali sul fondo del lago, dal che si poteva dedurre che Nessie non era sola ma aveva una famiglia. Dagli anni ‘70-‘80 in poi gli avvistamenti, le fotografie vere o false, le testimonianze su di lei sono migliaia e la descrivono ora come un grosso serpente marino, ora come una lumaca gigante, ora come un proboscidato.

  Le ricerche più serie sono state effettuate dall’Istituto di Tecnologia del Massachusset (MIT) e dall‟Accademia di Scienze Applicate di Boston, a seguito delle quali con delle fotografie subacquee si è potuto inquadrare un grosso animale che si muove sul fondo del lago. Altri che si sono interessati al caso sono stati lo scettico inglese Adrian Shine con il suo ecogoniometro, Alan Kieler e Rikki Razdan con computer e lanciafiocine, e la Società Americana di Criptozoologia.

I Draghi nell’Alchimia. Per spiegare il Drago alchemico è necessario parlare prima dell’Alchimia, che era la scienza o la pseudo scienza antica e risaliva al sapere religioso dei sacerdoti delle prime civiltà, di quella egiziana in particolar modo, ed alla filosofia dei presocratici e degli aristotelici; lo scopo di questa dottrina era quello di trovare la famosa pietra filosofale, capace di trasformare in oro qualsiasi metallo vile e la panacea universale, in grado di curare tutte le malattie. Molti furono i suoi ricercatori, alcuni famosi e seri studiosi come Alberto Magno e Paracelso, altri veri e propri ciarlatani, ma entrambe le due categorie di persone avevano tutto l‟interesse a mantenere il segreto intorno ad essa anche se per motivi diversi, per evitare scomuniche, condanne a morte, o nei casi migliori critiche e derisioni.

  Proprio nell’uso del linguaggio oscuro, necessario alla protezione dell’Alchimia, intervenne il Drago, usato dagli scienziati come simbolo della materia imperfetta e non rigenerata, e la sua uccisione fu considerata inevitabile per ottenere l’oro di cui questo animale era il perfetto guardiano. Il Drago con le ali era poi considerato l‟elemento volatile della materia, mentre quello senza ali era assimilato al mercurio, dimostrando di essere un animale dalla natura ambivalente, molto più complesso di come era generalmente considerato dalla gente comune, un essere che come il dio Mercurio era capace di salire al cielo quale messaggero tra gli uomini e le divinità.

  L’Uroboro era il drago-serpente che si mordeva la coda ed in questo modo si rinnovava sempre; gli alchimisti vedevano in lui il simbolo dell‟eternità e di lui dicevano: divora se stesso, sposa se stesso, genera se stesso.

L’America e l’Australia Nelle società primitive prive della scrittura, come è il caso degli indiani d’America, degli aborigeni dell’Australia o degli indigeni dell’Africa, per sapere qualcosa sui Draghi bisogna affidarsi alle tradizioni orali e, se si ha fortuna, ad alcuni rari graffiti incisi sulle rocce dagli antichi abitanti del posto.

  Un caso del genere lo troviamo nell’America del Nord, dove anticamente una tribù indiana, quella degli Illini, si stanziò lungo le rive del Mississippi e convisse per un lungo periodo in buona armonia con un Drago, la cui tana si trovava nei monti vicini; di questo mostro dal viso umano, dal corpo pieno di squame con ali e grossi artigli, gli indigeni avevano riportato l’immagine su di un graffito, ormai scomparso, che nel 1673 fu ricopiato fedelmente da padre Jacques Marquette durante un suo viaggio nell’Illinois.

  Purtroppo arrivò sul posto un tribù nemica, ci fu una feroce lotta tra i due gruppi di indiani, che causò molti morti. Il sangue di quei cadaveri attirò la curiosità del Drago che, provato il gusto della carne umana, ne diventò ghiotto tanto da cercarne altra a spese degli abitanti del luogo; gli indiani sopravvissuti furono costretti a tendere un tranello alla bestia per poi abbatterla ricoprendola con tante frecce avvelenate.

  Sul lago Okanagan, abitava il Drago Ogopogo, un mostro marino, un  tempo noto agli indiani del posto e che, secondo una tradizione locale proposta a turisti creduloni, è ancora oggi possibile avvistare; un’altra creatura simile viveva sul lago Champlain, vicino a New York, resso gli algonchini esisteva addirittura un “dio dell’acqua”, riportato in un graffito d‟epoca e chiamato Mishipizhiw.

  Nell’America precolombiana la figura del dio azteco Quetzalcoatl è stata presa in esame da molti studiosi del settore per stabilire se possa essere considerata un drago oppure no; è vero che questa divinità si presenta come un essere sovrannaturale dall’aspetto misto di serpente e di uccello, ma la sua storia personale e gli aspetti del suo carattere ne fanno un personaggio molto diverso da quello del Drago.

  Fra i Draghi serpenti si può annoverare il serpente arcobaleno dell’Australia, conosciuto anche con tanti altri nomi, di questi i più noti sono Taipan del popolo Wikmunkan, Julunggul nell‟Arnhem orientale, Kunmanggur presso la popolazione dei Murimbata. Nella mitologia di questo continente il serpente arcobaleno è raffigurato come un essere gigantesco, il cui corpo, inarcandosi a forma di arcobaleno, riempie di sé tutto il cielo; venerato come Taipan ha donato agli uomini il sangue, si manifesta con tuoni e fulmini, è un grande guaritore invocato da medici e maghi con cristalli di quarzo e conchiglie marine; noto come Julunggul mangia e vomita i giovani ragazzi, simboleggiando così il loro passaggio dalla giovinezza all‟età adulta; con il nome di Kunmanggur invece si presenta in forma bisessuale o di donna o come un uomo provvisto di seni.

  Il Drago Mangun-gali, anch’esso australiano, uccideva gli uomini con il suo veleno finché un piccolo serpente, per salvare la razza umana a rischio di estinzione, riuscì a rubarglielo; cosi la grossa bestia ebbe paura, non si accostò più agli uomini, costretto a mangiare solo erba si miniaturizzò, trasformandosi nel sauro agami, un minuscolo animaletto che ricorda in tutto un piccolo Drago.

  Molto simile al serpente arcobaleno australiano è in Africa la figura di Aido-Hwedo, un rettile creato per servire e portare dentro la sua bocca il dio unico Nana-Buluku in giro per il mondo. Proprio dal movimento tortuoso del corpo del gigantesco serpente presero forma i fiumi, le valli e dal suo sterco le montagne; poi quando tutto fu completato il dio creatore si rese conto che per il gran peso la sua creazione rischiava di capovolgersi, allora chiese ad Aido-Hwedo di avvolgersi intorno ad essa e per alleviargli la sofferenza del caldo, che il serpente mal sopportava, formò l’oceano. Da quel tempo il mostro si trova lì con la coda nella bocca, molto simile all’ uroboro già menzionato, e quando si muove alla ricerca di una posizione più comoda provoca terremoti; inoltre le scimmie rosse furono incaricate da Nana-Buluko di procurare il cibo, delle barre di metallo, al serpente, che finché avrà da mangiare starà buono, ma il giorno che le scorte del suo cibo finiranno, allora si agiterà con terribili contorcimenti e la terra sovraccarica scivolerà e sprofonderà nel mare. Infine in Africa Bulele, un mostro di terra, fu sconfitto a sua perenne vergogna dalla lepre Aromo, che, mangiata da costui, con un coltello riuscì a tagliare il ventre dall’interno ed a salvare tutti quelli che erano stati divorati prima di lei.

 

 

I Draghi dell’Estremo Oriente

  La Cina. Siamo giunti alfine in Cina, spesso indicata come la terra del Drago; abbiamo lasciata per ultima questa civiltà non perché sia l’ultima in ordine di tempo ad avere creduto in questo animale favoloso, ma perché in essa il Drago ha trovato il suo habitat naturale più favorevole, qui è stato adorato, deificato e considerato simbolo dai molti aspetti positivi ottenendo un vero trionfo.

  Da più esperti dragologi è fortemente messa in dubbio l’origine mesopotamica-egizia dell’animale, per un recente ritrovamento, nella provincia di Henan, di una tomba antica di seimila anni, dentro cui è stato rinvenuto un Drago di conchiglie; tale oggetto farebbe pensare alla Cina come patria originaria di questa grossa bestia.

  Si racconta inoltre che, sempre intorno a questa epoca, precisamente nel 2962 a.C., lungo le rive del Fiume Giallo, Fu Hsi, il primo dragologo della storia, incontrò un Drago che gli svelò molti segreti, come comporre musica, usare compasso e squadra, come contare, come addomesticare gli animali. Ma il dono più grande che il favoloso animale poté dare a Fu Hsi, fu quello di insegnargli l‟uso della scrittura, presupposto indispensabile all’umanità per il passaggio dalla preistoria alla storia.

Un’altra antica leggenda cinese inizia parlando di un tempo tanto lontano quando “non v’era ancora un principio e non v’era una fine”, in cui i protagonisti della storia sono l’imperatore dei cieli Tian Ti, un giovane dio di nome Yù, una gigantesca tartaruga nera ed ovviamente un Drago. La storia è questa: il re Tian Ti, disgustato per la cattiveria degli uomini, decise di punirli, mandando sulla terra una grandissima pioggia che in breve la ricoprì tutta e stava per sterminare tutta l’umanità. Ma il dio Yù chiese pietà per gli uomini ed ebbe il permesso dal re dei cieli di intervenire in loro favore; allora Yù chiese aiuto prima alla gigantesca tartaruga, che con una terra magica assorbì tutta l’acqua, e con essa creò pianure e montagne, poi si rivolse al Drago, che, disceso dal cielo, con la punta della coda disegnò sulla terra i corsi d‟acqua necessari per renderla fertile.

  Come dimostra la leggenda esposta prima, fin dall’antichità l’immagine ed il simbolismo di questa creatura sono intimamente legati al cielo, all’acqua, alla terra fertile ed alla divinità; il Lung Wang, il re Dragone, che nella mitologia cinese è la parola generica usata per indicare questo bestione, controllava le acque e la pioggia e, con il suo aspetto decisamente soprannaturale e composito, è poco mutato, nel corso dei secoli, dalla sua nascita fino all’epoca recente.

  Il Drago dei cieli, detto “Long”, cioè il lungo, era il più potente ed era formato da nove animali: come caratteristiche aveva la testa di cammello, le corna di cervo, gli occhi di coniglio o di gamberetto, il corpo di lucertola, le zampe di tigre, gli artigli di aquila, le orecchie di mucca, il ventre di rana, le scaglie di carpa ed inoltre poteva essere di vari colori e, seppure raramente, avere le ali di pipistrello; esso inoltre con il suo potere di metamorfosi era in grado di apparire o di sparire a suo piacimento, per cui la sua visione improvvisa in cielo indicava l’arrivo della pioggia e della fertilità e con esse ricchezza e messi abbondanti.

  Altri Draghi importanti erano: quello denominato “Li”, che si celava nell’oceano e quello “Jiao”, che abitava nelle paludi e nelle grotte delle montagne, questi due, insieme al “Long”, erano tutte creature benefiche, simbolo di buon augurio e di prosperità.

  Per il forte legame che univa questi animali alla pioggia, secondo la comune credenza, i Draghi in aprile lasciavano i loro rifugi terrestri, tipici degli alligatori, o le profondità oceaniche per salire al cielo e da lì con lampi e tuoni facevano cadere la pioggia sui campi per renderli fertili; poi all’equinozio di autunno essi ritornavano nelle loro dimore, sulla terra, sottoterra o nelle acque.

  Addirittura si pensava che la pioggia fosse provocata dal combattimento amoroso tra due Draghi di sesso opposto, a testimonianza di questa credenza i cinesi più discreti non uscivano durante la pioggia per rispetto del loro gioco amoroso; inoltre il giorno 5 del quinto mese lunare si celebrava una festa (la Duanwujie, la festa delle barche-drago) che ricordava questa lotta amorosa con gare e competizioni varie disputate da particolari imbarcazioni. Infatti il popolo cinese credeva che queste creature fantastiche fossero capaci di amare e di sposarsi e vivere in ricche dimore con mogli e figli, non diversamente dall’imperatore o dai nobili.

  Spesso il Drago veniva raffigurato con gli artigli protesi verso un disco, per molti questa immagine voleva simboleggiare il tentativo da parte dell’animale di inghiottire il sole identificato nel disco; essendo il Drago una creatura acquatica, esso solo aveva la possibilità di attutire il calore dell’astro e contrastare la siccità.

  Padre Huc, della metà dell’ ‘800, nel suo libro L’Empire chinois, racconta che la gente, quando c’era una siccità molto lunga e catastrofica, implorava il Drago perché si decidesse a mandar giù una pioggia abbondante e, per impietosire di più l’animale, appendeva delle strisce di carta gialla con sopra scritte formule magiche e sue riproduzioni; se ancora non succedeva nulla, il popolo organizzava processioni stravaganti e burlesche accompagnando con una musica infernale un immenso Drago fatto di legno e carta. Se nonostante ciò non accadeva ancora nulla, allora i fedeli inferociti passavano dagli omaggi alle invettive, gli ossequi si trasformavano in

maledizioni ed il Drago finiva per essere fatto a pezzi.

  Un’altra festa, sempre in onore di questo fantastico essere, è quella che si tiene il 15 della prima luna, dove sotto grandi Draghi di tela e cartone, a forma di bruco, si nascondono dei portatori che procedono per le strade, serpeggiando in mezzo ad una folla di persone festanti, tra grida, risate, petardi e gong; in questa occasione il lungo serpentone vuole simboleggiare le forze sotterranee della germinazione e del ritorno annuale della primavera e, con essa, della fecondità.

  Tra la fine del ‘700 e l’inizio dell‘ ‘800, sotto il regno di Jiaqing, si verificò una lunga siccità, che nessuna cerimonia sempre in onore del Drago era riuscita a debellare; allora il sovrano fece prendere un immenso modellino della bestia conservato in uno dei tanti templi consacrati al Re dei Draghi e lo fece esiliare lontano presso le frontiere del Turkestan, ma dei dignitari di Pechino pregarono l‟imperatore di revocare questa sentenza per evitare disgrazie peggiori.

  Sempre per dimostrare l’importanza che riscuoteva il Drago in Cina, voglio ricordare un ultimo fatto molto significativo avvenuto all’inizio del ‘900: molti contadini si opposero alle costruzioni delle strade ferrate, per paura che i chiodi e le traversine potessero disturbare quegli animali che vivevano sotto terra ed incarnavano per tale motivo le vene dell‟energia cosmica, disseminata lungo le catene e i rilievi montuosi. Tutto questo sta a dimostrare che il drago con la sua onnipresenza era divenuto parte integrante nella vita del popolo cinese.

  Come abbiamo visto finora, il Drago cinese era molto diverso da quello dell’immaginario europeo cristiano e medioevale, non aveva assolutamente un aspetto negativo, terrificante e bellicoso, ed anche quando compariva tra le nuvole o i flutti del mare contorcendosi con veemenza, era per esprimere la sua vitalità, la sua forza e non per mostrare aggressività e volontà di recare distruzione e morte.

  Nella Cina in special modo troviamo Draghi di tutti i colori; così vi erano quelli azzurri, che simboleggiavano la primavera, quelli rossi e neri, i temporali, e quello d‟oro, lo splendore del sole; ed inoltre in base al numero di artigli di cui era provvisto ogni singolo Drago si poteva stabilire la sua importanza e il suo eventuale legame con l‟imperatore.

  Infatti a partire dal Medioevo e soprattutto negli ultimi secoli, il Drago fu associato alla figura ed al potere del sovrano, detto perciò “Figlio del cielo” od anche “Volto di Drago”, finendo per essere considerato addirittura il suo antenato divino, con un rapporto tra i due così stretto che, come il drago assicurava i ritmi stagionali e lo scorrere armonioso della vita della popolazione, così l’imperatore garantiva l‟ordine e la prosperità dell’universo, ed infine, quando questi moriva, ascendeva al cielo in forma di Drago.

  Quando si creò la società feudale, questa bestia divenne simbolo stesso della autorità imperiale, per cui il Drago apparve in effige sui lingotti d’argento di proprietà dello Stato, sul trono imperiale, che fu chiamato “Trono del Drago”, ed inoltre furono promulgate nel XIV secolo delle severe leggi suntuarie, che appunto riservarono l’uso dell’immagine dei Draghi con cinque artigli solo all’imperatore.

Altri due elementi univano questa favolosa creatura alla massima autorità della Cina: la prima, la stessa natura maschile Yang di entrambi, in opposizione a quella femminile Yin dell’imperatrice, la seconda, una perla appesa al collo dell’animale, la quale ricordava la perfezione del pensiero, delle parole proferite e degli ordini emanati dal sovrano, per cui era usanza dire ”Non si discute la perla del Drago” e di conseguenza non si discuteva tutto ciò che usciva dalla bocca dell’imperatore.

  Terminiamo il discorso sui Draghi in Cina con una carrellata su alcune loro raffigurazioni: a Pechino (nella città proibita e nel parco Beihai) ed a Datong, vi sono dei grandi muri a schermo in ceramica policroma molto bella, su cui sono disposti, a fregio ed in colori diversi, nove Draghi che sembrano danzare tra le nuvole. Essi, secondo la tradizione popolare, erano rispettivamente: Pulao, rappresentato sulle campane e sui gong, Qiuniu, amante della musica, Bixi, appassionato di letteratura, Baxia, così forte da sopportare pesi immani, Chiwen, che decora i ponti, il tranquillo Suanmi, scolpito sul trono del Budda, Yazi, raffigurato sulle else delle spade, infine Bi’an, raffigurato sulle porte delle carceri.

  Questi Draghi sono penetrati cosi profondamente nella vita quotidiana del popolo cinese da essere considerati come entità vere e reali, per cui all’inizio del ‘900 ancora si credeva nella loro esistenza ed a tutt’oggi molti genitori continuano a dare ai propri figli il nome di Long, che, come abbiamo detto prima, in lingua cinese significa Drago, ed agli accademici viene conferito il titolo di Drago.

 

Il Giappone. La civiltà giapponese è stata spesso considerata una derivazione di quella cinese, un po’ come era accaduto per quella romana ed europea nei confronti di quella greca, con la conseguenza che alcuni usi, costumi ed idee religiose sono molto simili tra di loro e così pure l‟immagine del Drago, ma qualche differenza vi è, specialmente nelle leggende che andiamo a riportare.

Negli abissi del mare vive il re drago Ryu-wo, dall’aspetto decisamente umano, che abita in un bellissimo palazzo circondato da una corte formata da pesci, serpenti, mostri marini e dagli uomini caduti in mare, che presso di lui hanno la fortuna di continuare a vivere. Oltre all’umanità fisica di questo re drago, altra particolarità del racconto è il fatto che a Kamakura in Giappone, sulla costa del Pacifico, è stato costruito un grande tempio che si dice sia simile a quello di Ryu-wo e che sia stato costruito per commemorare le nozze della dea Benten con un dio serpente.

  Un’altra leggenda dell’antico Giappone narra che una perla, pegno d’amore, fu smarrita in un tratto di mare dove viveva un Drago, ma che una giovane e coraggiosa fanciulla volle ripescare quel pegno d’amore anche a costo di perdere la vita. In questa circostanza non è un eroe od un valoroso principe che affronta il pericolo, ma una figura femminile dolce ed innocua.

Sempre in Giappone, viene narrata una leggenda che in qualche modo richiama alla memoria quella di San Giorgio: una fanciulla di nome Tokoyo si oppose all’usanza in vigore nel suo paese che dava in pasto ad un Drago del mare le ragazze, allora chiese aiuto ad un samurai ed insieme sconfissero la bestia.

  Da questi ultimi due racconti ci accorgiamo che per i Giapponesi questa creatura favolosa poteva anche rappresentare un grave pericolo, ma a parte questi ed altri racconti locali, le affinità ideologiche sui draghi tra le due nazioni erano molto forti, entrambe credevano in suo medesimo aspetto fisico, lo ponevano in relazione con la pioggia e la fertilità, lo consideravano protettore di tesori ed erano sinceramente convinte delle sue qualità sovrannaturali; così pure sono assai simili alcune cerimonie in onore dell’animale ed alcune credenze, tipo “Le vene” o “Le lanterne” o “Le uova” di Drago.

  La stessa setta buddista, chiamata Zen in Giappone, Chan in Cina, come anche quella Taoista vedono nel Drago la visione fugace, istantanea ed illusoria della verità e proprio per questo suo modo di presentarsi solo parzialmente ed in una frazione di secondo lo equiparano ad una manifestazione cosmica dalla forza onnipresente, ma impossibile da cogliere nella sua interezza. Questo animale fantastico, signore nascosto ora negli abissi del mare, ora nelle viscere della terra, ora evanescente tra nubi vaganti, appare all’improvviso: esso, di natura maschile Yang, posto in mezzo a questi elementi invece di natura femminile Yin, simboleggia lo slancio spirituale della potenza divina.

I Draghi nell’arte.

  Si pensa che il Drago sia stato l’animale favoloso in assoluto più sfruttato dagli artisti, anche più dell’unicorno stesso e in un certo qual modo, come ho scritto prima parlando della Cina, la sua vita artistica è incominciata seimila anni fa, con il ritrovamento, in una tomba, di quel manufatto di conchiglie a forma di Drago. È molto difficile poi stabilire l’esatta epoca di quando esso è apparso sui graffiti delle rocce ad opera di artisti primitivi; in seguito con le prime civiltà venne raffigurato nei bassorilievi, nelle pitture od in forma di oggetti, come il muschchuschu sulla porta di Ischtar e sul sigillo babilonese, ed ancora nel bassorilievo dell’ipogeo dei Volumni a Perugia, come il dio serpente Seth-Apopi nelle pitture murali dei templi egizi e nella copiosa produzione di anfore greche su cui venivano raccontate attraverso la pittura

le gesta degli eroi di quella terra.

  Abbiamo anche già detto dell’uso della sua immagine sulle insegne militari da parte degli Sciti, dei Parti, dei Daci e poi dei Romani e dei Germani, sempre con lo scopo di provocare il terrore nei nemici. Gli Sciti in particolare crearono un loro stile molto ornamentale di riprodurre gli animali, compreso il Drago, che venne anche riportato sulle fibbie, sulle spade, sui coltelli e sugli oggetti più svariati.

  Ma di questo animale si può veramente affermare che ha conosciuto il suo trionfo figurativo, a parte l‟Estremo Oriente, nel Medioevo Europeo, dove erano tantissime le località del nord che ponevano una lapide, edificavano una chiesa, creavano una statua a perenne ricordo della lotta sostenuta contro di lui.

  A tal proposito ricordiamo i doccioni a forma di drago delle bellissime chiese gotiche, specialmente della Francia e della Germania, dove si vede questa creatura fantastica e terribile messa lì a guardia contro gli spiriti maligni ed al tempo stesso domata dalla Chiesa Cattolica; ricordiamo di nuovo il già citato “San Giorgio e il drago”, di Bernt Notke (1489) nella cattedrale di Stoccolma, una complessa scultura in legno composta da due distinti gruppi: quello principale, con grande effetto spettacolare, mostra il santo nell‟atto di colpire con la spada il mostro, dopo averlo ferito con la lancia, e quello secondario, con la principessa salvata dall‟intervento miracoloso di San Giorgio. Di grande pregio è anche l’effige scultorea del santo, che si trova a Monaco nella chiesa di Santa Margherita.

  Nel Medioevo del resto, tutto era fantastico e per questo il Drago aveva trovato, in un certo modo, il suo momento d’oro proprio in quest’epoca, in cui la sua non era una semplice presenza ma un’onnipresenza in compagnia di santi e diavoli e, per questo, veniva continuamente raffigurato nelle sculture, negli affreschi, nelle vetrate, nei mosaici, nelle illustrazioni librarie, negli stendardi, negli stemmi nobiliari e perfino nell’arredo liturgico.

  Con l’affermarsi del culto di San Giorgio la produzione di icone, che riportavano l’episodio della lotta contro il Drago, fu veramente copiosa, specialmente in Oriente dove il santo era nato, vissuto ed aveva operato; dall’Asia Minore del resto era incominciata la devozione al santo e da lì si era diffusa in Grecia e nel resto del mondo cristiano, compresa la Russia, dove la sua immagine più amata non fu quella del martire, bensì quella del principe e cavaliere cristiano, simbolo della grazia e della bellezza, vincitore del male impersonato appunto dal bestione talora in versione di lungo serpente terrestre, talaltra di Drago alato. Oltre a queste icone, citerò solo alcuni bellissimi dipinti di epoca rinascimentale che illustrano questo famosissimo episodio: i due quadri di Paolo Uccello, di cui uno è conservato nella National Gallery a Londra, l’altro invece si trova nel Museé Jacquemart-André a Parigi. Molto noti sono pure i dipinti sullo stesso soggetto eseguiti da Raffaello, conservati al Museo del Louvre di Parigi e alla National Gallery of Art di Washington.

Prima di trasferirci in Estremo Oriente ci soffermiamo un attimo presso gli islamici i cui Draghi erano molto ornamentali, con la caratteristica di potere essere interpretati positivamente come custodi dell’albero della vita e simboli del movimento e dell’armonia, negativamente come simboli della morte e dell‟oscurità, perché capaci di divorare il sole e la luna.

  In Cina partendo dal Drago di conchiglie preistorico, lo troviamo riprodotto poco dopo nelle terrecotte neolitiche, nei bronzi arcaici, nelle giade dell‟epoca Shang dal XVI al XI sec. a.C., poi ancora, con una costanza instancabile, continua ad essere presente su ceramiche, lacche, abiti da cerimonia, soffitti, muri, imbarcazioni, altari, grandi pareti schermo ed altro ancora. Ricordiamo un solo bravissimo artista, come esempio valido per tutti gli altri, e questo è Chen Rong del XIII sec., che dipinse ad inchiostro su carta i Nove Draghi, conservati nel museo di Boston, come animali dalla vitalità incredibile, che serpeggiano ora apparendo ora scomparendo in mezzo alle nuvole notturne, perché essi, per il Taoismo, sono la cavalcatura degli Immortali, che viaggiano tra le nuvole. Dei Draghi in ceramica policroma di Datong, di Pechino, nella città proibita e nel parco di Beihai, ne abbiamo già prarlato.

Per la letteratura sui Draghi i testi più importanti da ricordare sono i seguenti:

1) i libri babilonesi; l’Enuma Elish; l’Epopea di Gilgamesh.

2) i romanzi persiani: Darabname; Azhi Dakaka; Shahnamah; Il Libro dei Re di Abu ’l Quasim, conosciuto in Italia con il nome di Firdusi.

3) il libro sacro indiano Rig Veda.

4) il libro sacro egiziano Il libro per rovesciare Apep.

5) la Mitologia greca.

6) il Romanzo di Alessandro, di Callistene o Pseudo Callistene.

7) i libri latini: Storia naturale di Plinio il Vecchio; Sulla natura degli animali di Eliano.

8) i libri cristiani: nell’Antico Testamento: libro dei Salmi (103,25-26); libro di Isaia (27,1); libro di Giobbe (40,20-28 e 41); libro di Daniele (14,23-28);

nel Nuovo Testamento: l‟Apocalisse di Giovanni (12,1-18); inoltre la Leggenda Aurea di Iacopo da Varagine; il Liber Notitiae Sanctorum Mediolanii.

9) i libri delle saghe nordiche: l’Edda di Snorri; il Cantare dei Nibelunghi; il Thidrekssaga; il Lied von Hurmen Seyfrid; il Volksbuch von den gehorntem Siegfried.

10) Il Milione di Marco Polo.

11) L’Empire chinois di Padre Huc.

12) L’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto.

13) i Bestiarii medioevali

14) la favolistica antica, con i fratelli Grimm, e quella moderna.

15) la favola Il Drago di Luigi Capuana.

Nel settore musicale sono da ricordare i Draghi presenti nell’opera ‘Il flauto magico’ di W.A.Mozart e nel ciclo operistico L’anello dei Nibelunghi di R.Wagner.

I Draghi moderni Per quanto riguarda il Drago moderno, esso è stato sfruttato in mille modi, sia nell’oggettistica che nella realizzazione di graziosi giocattoli, anche in peluche per i bimbi più piccoli. E’ presente nelle favole di tanti moderni favolisti e nella narrativa Fantasy: di quest’ultima ricordiamo Il ciclo di Landover di Tery Brooks, gli scritti di J.R.R.Tolkien, Lo Hobbit e Il Silmarillion, ed ancora La storia infinita di Michael Ende e Le Cronache di Dragolance, Il ciclo di Death Gate, Il ciclo della Pietra Sovrana di Weis e Tracy Hickman. Molto interessante è la serie di romanzi intitolata I Dragonieri di Pern, della scrittrice Anne McCaffrey, dove i Draghi, creati con l’ingegneria genetica da una forma di vita indigena, oltre alle loro tradizionali caratteristiche, come sputare fuoco, sono capaci di viaggiare nello spazio

tempo con il pensiero.

  Il Drago inoltre è protagonista in molti cartoni animati, tra i più famosi quelli della Disney, come Elliot, il drago invisibile, buono ed amico dei bambini, o come Dragonheart, con il nome di Draco e la voce inglese di Sean Connery e quella italiana di Gigi Proietti; sono poi da citare il manga e l’omonima serie di cartoons Dragon ball di Akira Toriyama (Giappone,1984), pubblicati in moltissime lingue e programmati dalle televisioni di mezzo mondo.

  Un simpatico draghetto è Grisù, un cartone animato italiano apparso per la prima volta in televisione nel 1975 e creato da Nino e Tony Pagot, gli stessi autori di un altro celebre personaggio molto amato: Calimero. Grisù, protagonista di una serie televisiva di successo, ha un sogno: entrare nel Corpo dei Vigili del Fuoco, nonostante il volere contrario di suo padre, Fumé, discendente da una nobile stirpe di Draghi sputa-fuoco. Ma il piccolo drago rifiuta la brutta fama di bestia malvagia di secolare tradizione e affronta cento mestieri per provare la sua bontà, ma si accorge a sue spese quanto sia difficile andare contro natura. Riesce nonostante tutto a compiere atti eroici e a salvare tante persone dal pericolo, ma proprio quando sta per essere premiato per le sue coraggiose azioni, l’emozione lo tradisce, egli arrossisce e si lascia scappare una grande fiammata, mandando in fumo i suoi progetti di gloria, mentre i presenti furibondi lo cacciano via. Ma il povero draghetto, anche se avvilito, non rinuncia al suo sogno e persevera nel suo intento.

  In questo cartone, che è una favola moderna, l’immagine del drago è molto cambiata rispetto al passato e così anche i simboli che l’animale incarnava: Grisù ha gli stessi sogni di un bambino, vorrebbe incarnare simboli legati a una vita quotidiana di azioni positive e diventare un eroe riuscendoci in parte, ma il legame con il passato e le leggi della natura sono più forti dei suoi sforzi.

  E’ bene ricordare che, tra gli ultimi grandi successi di questo favoloso animale, è inoltre l’essere stato scelto, sempre più spesso, come protagonista di moderni videogiochi per la sua simpatia e versatilità.

  Ricordiamo da ultimo la sua prima apparizione sugli schermi cinematografici come protagonista nel lontano 1954 in un film giapponese con il nome di Gojira, poi trasformato per la produzione americana in Godzilla nel 1956. In seguito è comparso in altri film, come anche di recente nel 2002, in Il Regno del Fuoco, girato negli Stati Uniti dal regista Rob Bowman, dove tanti Draghi entrano in azione prima nell’Undergraund, la metropolitana londinese, poi nel futuro presso il castello di Nortumberland; infine terminiamo citando il film sempre americano campione di incassi Independence Day del 19

FONTE: https://www.academia.edu/39642169/Il_Drago_mito_e_simbolo

 

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

LE OPERAZIONI NASCOSTE DEGLI AMERICANI, DEI BRITANNICI E DEI FRANCESI IN SIRIA

LE OPERAZIONI NASCOSTE DEGLI AMERICANI, DEI BRITANNICI E DEI FRANCESI IN SIRIA

Di Shane Quinn, 8 aprile 2021

Nell’ottobre 2011 e nel febbraio 2012 l’alleanza Stati Uniti-NATO, con il sostegno delle autocrazie del Golfo, cercò di ottenere dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite delle risoluzioni, che con ogni probabilità avrebbero funto da pretesto per un’invasione della Siria.

Questi sforzi replicavano il subdolo gioco che l’America, la Gran Bretagna e la Francia avevano esercitato nell’assicurarsi una risoluzione riguardante la Libia, il 17 marzo 2011, che essi immediatamente violarono bombardando quel paese. Nell’autunno 2011, i russi e i cinesi sapevano che gli Stati Uniti e la NATO stavano tentando di nuovo lo stesso inganno, nel loro desiderio di rovesciare il presidente siriano Bashar al-Assad. Mosca e Pechino perciò opposero il veto alle risoluzioni.

Non scoraggiata da questa battuta d’arresto, la Segretaria di Stato americana Hillary Clinton fece pesanti pressioni nel 2012 per un intervento militare contro la Siria. Clinton disse di avere l’appoggio dell’ex direttore della CIA Leon Panetta, e che gli americani avrebbero dovuto essere “più volenterosi di contrastare Assad”; ella ribadì: “Io credo ancora che avremmo dovuto fare una no-fly zone”, la luce verde per un’invasione Stati Uniti-NATO come fu il caso in Libia.

Clinton disse che ella voleva “muoversi aggressivamente” in Siria e redasse un piano in tal senso, ma esso non venne mai attuato[1]. Ella aveva in precedenza appoggiato le invasioni – guidate dagli Stati Uniti – della Jugoslavia (1999), dell’Afghanistan (2001), dell’Iraq (2003), e della Libia (2011).

Nel loro atteggiamento verso la Siria, Washington e la NATO adottarono una posizione simile a quella di organizzazioni terroristiche come Al Qaeda, che sin dall’inizio sostennero l’iniziativa di rimuovere Assad. Il 27 luglio 2011, il nuovo capo di Al Qaeda Ayman al-Zawahiri sottolineò la sua solidarietà con i jihadisti. Zawahiri auspicò che Assad se ne andasse, ed espresse il rammarico di non poter essere presente egli stesso in Siria. “Vorrei essere tra di voi e con voi”, egli disse, ma continuò dicendo che “vi sono abbastanza mujahidin e coscritti” già in Siria. Egli descrisse Assad come “un partner dell’America nella guerra all’Islam”[2].

Zawahiri dimenticava che il presidente siriano si era opposto alla invasione americana dell’Iraq del 2003. Assad fu, in realtà, il primo leader arabo oltre a Saddam Hussein a condannare l’attacco. Meno di 10 giorni prima dell’invasione, Assad predisse che “gli Stati Uniti e la Gran Bretagna non riusciranno a controllare l’Iraq. Vi sarà una resistenza molto più dura”. Egli, riferendosi alle forze anglo-americane, disse “speriamo che in Iraq non abbiano successo e dubitiamo che l’avranno – vi sarà una resistenza popolare araba e questa è iniziata”[3].

Le rivolte che iniziarono in Siria, durante la primavera del 2011, sarebbero durate solo un paio di mesi se non fosse stato per l’intervento esterno che le radicalizzò[4]. La Siria non avrebbe dovuto sopportare i susseguenti anni della guerra, ma le potenze straniere – in particolare il trio imperiale di America, Gran Bretagna e Francia – le diedero forza [alla guerra] con l’assistenza dei loro alleati dell’Arabia Saudita, del Qatar e della Turchia, per non parlare dei gruppi jihadisti. Le proteste iniziali del marzo 2011 non furono contro Assad, ma erano dirette contro le inadeguatezze del livello provinciale.

Neil Quilliam, uno studioso specializzato in Medio Oriente, ha detto a proposito della sollevazione in Siria che iniziò nella città meridionale di Daraa: “La ribellione all’inizio era molto localizzata. Aveva molto più a che fare con lagnanze locali contro i responsabili locali della sicurezza – riguardava la corruzione a livello locale”[5]. Il malcontento venne erroneamente raffigurato in Occidente come diretto contro l’amministrazione di Assad. Venne quindi sfruttato dalle potenze Stati Uniti-NATO per cercare il cambio di regime in Siria per scopi geopolitici.

Il sito web israeliano di intelligence militare, Debkafile, riferì che dal 2011 le forze speciali britanniche SAS e MI6 addestrarono combattenti antigovernativi all’interno della Siria. Sempre a partire dal 2011, personale britannico appartenente allo Special Boat Service (SBS) e allo Special Forces Support Group (SFSG), unità delle Forze Armate britanniche, addestrò i rivoltosi in Siria. Inoltre, quello stesso anno, agenti francesi appartenenti alla Direction générale de la sécurité exterièure (DGSE) e lo Special Operations Command [americano] incoraggiarono la rivolta contro Assad[6].

Durante il 2011, le rivolte contro Assad vennero infiltrate sempre più da membri di Al Qaeda. Il 12 febbraio 2012, in un video di otto minuti, Zawahiri esortò i jihadisti di Turchia, Iraq, Libano e Giordania a venire in aiuto dei loro “fratelli in Siria”, e a fornire loro “denaro, opinioni, come pure informazioni”. Zawahiri disse che gli Stati Uniti erano insinceri nell’esprimere loro solidarietà[7].

Sempre nel febbraio 2012, Hillary Clinton ammise che Zawahiri “sta sostenendo l’opposizione in Siria”, ed ella lasciò capire che gli Stati Uniti stavano dalla sua stessa parte[8]. Clinton promise che gli americani avrebbero continuato a fornire aiuto logistico ai rivoltosi, così come a coordinare le questioni militari sul terreno.

La richiesta di Zawahiri per la jihad contro la Siria venne sostenuta dal numero due di Al Qaeda, Abu Yahya al-Libi. Egli era un terrorista proveniente dalla Libia che aveva partecipato al recente conflitto contro Muammar Gheddafi, insieme a numerosi altri estremisti. Al-Libi disse in un video del 18 ottobre 2011: “Ci appelliamo ai nostri fratelli in Iraq, Giordania, e Turchia di venire ad aiutare i loro fratelli [in Siria]”[9]. Alla fine del 2011, c’erano dei legami tra i jihadisti che avevano rovesciato Gheddafi, e coloro che cercavano di infliggere un simile destino ad Assad.

A causa dei veti russo e cinese alle risoluzioni delle Nazioni Unite, Washington non potè lanciare un’invasione su vasta scala della Siria, ma la meta dell’amministrazione di Barack Obama e dei suoi alleati rimaneva quella del cambio di regime. Nel corso del 2011 e anche dopo, i leader dell’America (Obama), della Gran Bretagna (David Cameron), della Francia (Nicolas Sarkozy), e della Germania (Angela Merkel), chiesero separatamente ad Assad di lasciare, esprimendo disonestamente preoccupazioni per i guai del popolo siriano.

Merkel, per esempio, che aveva approvato l’invasione americana dell’Iraq, affermò il 18 agosto 2011 che Assad dovrebbe “affrontare la realtà del completo rifiuto del suo regime da parte del popolo siriano”. Questa accusa venne ripetuta da altri leader occidentali, e parimenti dall’Alto Rappresentante dell’Unione Europea Catherine Ashton. Erano ovviamente affermazioni del tutto insensate.

Meno di sei mesi dopo il corrispondente inglese Jonathan Steele, nel citare un sondaggio attendibile, aveva osservato che il 55% dei siriani volevano che Assad rimanesse come presidente. Steele osservò quanto questa scomoda realtà “fosse ignorata da quasi tutti gli organi di informazione in tutti i paesi occidentali i cui governi hanno chiesto ad Assad di andarsene”[10]. Non corrispondeva esattamente alle fantasie fatte girare dai politici e ripetute a pappagallo dalla stampa.

Un grande gioco veniva dispiegato sul suolo siriano, oscurato dalle prestazioni teatrali dei diplomatici alle Nazioni Unite. Come previsto, la caduta di Assad avrebbe aumentato il potere americano nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, mentre avrebbe assestato un colpo alle influenze russa, iraniana e cinese. Il Cremlino avrebbe dovuto abbandonare la sua vecchia base navale di Tartus, nella Siria occidentale, spingendo la Russia fuori del Mediterraneo. Le vie di rifornimento attraverso le quali le armi venivano consegnate a Hezbollah nel vicino Libano sarebbero state parimenti troncate.

Con un’organizzazione [criminale] amica dell’Occidente in Siria, l’anello avrebbe potuto soltanto essere stretto maggiormente attorno all’Iran. Vi sono grandi quantità di petrolio e di gas a cavallo della costa siriana, nel Bacino del Levante, come le grandi potenze sanno.

Tuttavia, la Siria è stato un problema più difficile e complesso per l’alleanza Stati Uniti-NATO rispetto alla Libia: in Siria l’Occidente stava sfidando gli interessi strategici di Russia, Cina e Iran, tre paesi con grandi risorse ed eserciti potenti.

Nel frattempo, i jihadisti stavano iniziando a provocare devastazioni. L’agenzia di intelligence tedesca BND informò il Bundestag (Parlamento) che, dalla fine del dicembre 2011 al luglio 2012, vi furono 90 attacchi terroristici effettuati in Siria da organizzazioni legate ad Al Qaeda e ad altri gruppi estremisti[11]. I “moderati” stavano effettuando attentati suicidi e con autobombe contro le forze governative e contro i civili siriani. Un attentato suicida il 18 luglio 2012 uccise il cognato di Assad, il Generale Assef Shawkat, e il ministro della difesa siriano, il Generale Dawoud Rajiha. L’Esercito siriano libero, sostenuto dagli Stati Uniti, dalla NATO e dalle dittature del Golfo, rivendicò questo attacco terroristico[12].

La jihad è servita solo a danneggiare e a delegittimare gli scopi dei rivoltosi, e in modo eloquente quelli dell’Occidente. I siriani poterono vedere, dopo solo un anno di conflitto, che numeri considerevoli di coloro che cercavano di eliminare la Repubblica Araba Siriana erano degli estremisti. Con una doppia batosta, il terrorismo ebbe l’effetto di porre quasi fine alle defezioni in favore dell’opposizione.

Da quel momento in poi, la maggioranza del personale dell’esercito rimase leale ad Assad. Ulteriori attacchi terroristici all’inizio di ottobre del 2012 uccisero 40 persone, mediante quattro autobombe che danneggiarono il distretto governativo di Aleppo. Questo delegittimò ulteriormente i rivoltosi. Il Fronte Al-Nusra, legato ad Al Qaeda, rivendicò questi atti scellerati che non avevano altro scopo se non quello di infliggere un bagno di sangue a persone innocenti. Gli attentati suicidi crebbero in frequenza.

Quando i generali del Giappone scatenarono gli squadroni dei kamikaze contro gli Alleati a partire dall’autunno del 1944, essi potevano almeno accampare la disperazione; il Giappone imperiale combatteva per la propria vita. Essi non avevano mai sognato di utilizzare i piloti kamikaze due anni prima, nel 1942. Nel 1944, tuttavia, le forze di Tokyo erano posizionate decisamente in ritirata. I terroristi che hanno invaso la Siria non avevano tali scuse, il che mostra quanto più estremisti siano i jihadisti islamici persino rispetto agli intransigenti militari giapponesi.

Le atrocità scioccarono la popolazione siriana e rafforzarono la solidarietà per Assad. Il presidente siriano indubbiamente reagì allo scatenarsi del terrore con il pugno di ferro; la sua dura risposta può essere stata influenzata anche dalla perdurante minaccia di un’invasione Stati Uniti-NATO, poiché i politici occidentali continuavano a chiedere le sue dimissioni.

Il capo dei servizi segreti miliari di Israele, il generale di divisione Aviv Kochavi, disse al parlamento israeliano alla metà di luglio del 2012 che l’”Islam radicale” stava costituendo un punto di appoggio in Siria. Disse Kochavi: “Possiamo vedere un flusso in corso di attivisti di Al Qaeda e della jihad globale in Siria”. Egli era preoccupato che “le Alture del Golan potrebbero diventare un’arena di attività contro Israele”, che era “come una conseguenza del crescente movimento della jihad in Siria”[13]. Le Alture del Golan, 40 miglia a sud di Damasco, sono un territorio siriano sotto occupazione israeliana dal 1967. Kochavi riteneva che Assad “non sopravvivrà allo sconvolgimento”.

L’Esercito siriano libero sostenuto dall’Occidente consisteva in parte di mercenari reclutati dalla Libia, insieme ad estremisti di Al Qaeda, wahabiti e salafiti. Come il capo di Al Qaeda aveva chiesto, i radicali si riversarono in Siria dal vicino Libano e dalla Turchia – che è uno stato membro della NATO – ed erano intenti ad attuare una guerra settaria: mediante il massacro dei gruppi etnici della Siria come gli alauiti, i cristiani, gli sciti e i drusi; vale a dire, coloro che generalmente sostengono Assad e che i jihadisti considerano eretici.

Il Consiglio Nazionale Siriano, una coalizione anti-Assad con sede a Istanbul, in Turchia, venne fondato nell’agosto 2011. Era stato organizzato dai servizi segreti delle potenze occidentali, e venne sostenuto dall’Arabia Saudita e dal Qatar. Il capo della Turchia, Recep Tayyp Erdogan, continuò a sostituire il secolarismo con l’islamismo in Turchia, e venne coinvolto con un ruolo centrale nell’alimentare le fiamme della guerra in Siria. i turchi agivano come una forza mandataria dello schieramento Stati Uniti-NATO.

Erdogan permise all’Esercito siriano libero di usare le basi turche di Antakya e di Iskenderun, ubicate nell’estremo sud della Turchia e vicine al confine siriano. Con l’assistenza della Turchia, le armi della NATO venivano consegnate ai terroristi che conducevano la guerra santa contro i siriani. Agenti dei servizi segreti americani erano attivi all’interno e nei dintorni della città turca di Adana[14].

I jihadisti islamici arrivarono in Siria da lontani paesi europei, come la Norvegia e l’Irlanda; 100 di loro entrarono in Siria dalla sola Norvegia. Musulmani radicali di etnia uigura provenienti dalla provincia dello Xinjiang, nella Cina nord-occidentale, combatterono in Siria a fianco di Al Qaeda dal maggio 2012. I militanti uiguri appartenevano all’organizzazione terrorista Turkistan Islamic Party (TIP), e alla East Turkistan Education and Solidarity Association, quest’ultimo gruppo con sede a Istanbul. Al-Libi, il numero due di Al Qaeda, sostenne pubblicamente la campagna terrorista del TIP contro le autorità cinesi dello Xinjiang.

Complessivamente, si ritiene che siano stati presenti in Siria dall’inizio del conflitto jihadisti provenienti da 14 paesi: africani, asiatici ed europei[15]. Essi provenivano da paesi come la Giordania, l’Egitto, l’Algeria, la Tunisia, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti ecc. Questa fu in parte una conseguenza e un effetto diffusivo dell’invasione della Libia da parte degli Stati Uniti e della NATO avvenuta nel marzo 2011. All’inizio del 2012, più di 10.000 mercenari libici vennero addestrati in Giordania, al confine con la Siria a sud. I militanti venivano pagati ognuno 1,000 dollari al mese dall’Arabia Saudita e dal Qatar, per indurli a partecipare alla guerra contro la Siria. I sauditi consegnavano armi agli elementi più estremisti in Siria, un fatto che Riyadh non ha mai negato.

Nella prima settimana dell’agosto 2012, le forze speciali assadiste catturarono 200 rivoltosi in un suburbio di Aleppo nella Siria nord-occidentale. Soldati governativi trovarono in seguito ufficiali sauditi e turchi che comandavano i mercenari. All’inizio di ottobre del 2012, in un altro distretto di Aleppo (Bustan al-Qasr), le divisioni di Assad respinsero un attacco e uccisero dozzine di miliziani armati. Costoro erano entrati in Siria attraverso la Turchia e tra loro c’erano quattro ufficiali turchi. Vicino alla base aerea americana di Incirlik nel sud della Turchia, i jihadisti ricevettero un addestramento speciale in moderne armi da guerra: missili anti-tank e anti-aerei, lanciatori di granate e missili stinger di fabbricazione americana.

Aerei della NATO, che volavano senza insegne o stemmi, atterravano nelle basi militari turche vicine a Iskenderun, in prossimità del confine siriano. Essi portavano armamenti provenienti dagli ex arsenali di Gheddafi, come pure mercenari libici che si univano all’Esercito siriano libero. Istruttori delle forze speciali britanniche continuarono a cooperare con i rivoltosi. La CIA, e contingenti del US Special Operations Command (Comando delle Operazioni Speciali degli Stati Uniti) distribuivano e azionavano strumenti di telecomunicazioni, permettendo ai “ribelli” di sfuggire alle unità dell’esercito siriano[16]. La CIA fece inoltre volare droni all’interno dello spazio aereo siriano per raccogliere informazioni.

Nel settembre 2012, quasi 50 agenti di grado elevato provenienti dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dalla Francia e dalla Germania furono attivi lungo la frontiera siriana-turca[17]. I tedeschi, per conto del loro servizio segreto BND, erano a bordo della nave spia ‘Oker (A 53)’ nel Mediterraneo, non lontano dalla linea costiera occidentale della Siria. A bordo di questa nave si trovavano 40 commando specializzati in operazioni di intelligence, che utilizzavano strumentazioni elettromagnetiche e idro-acustiche. Poiché la Germania è un membro della NATO, queste attività con ogni probabilità erano state intraprese d’accordo con Washington.

Le forze armate tedesche (Bundeswehr) posizionarono altre due navi spia nel Mediterraneo: ‘Alster (A 50)’ e ‘Oste (A 52)’, raccogliendo informazioni sulle posizioni dell’esercito siriano. Il presidente del BND Gerhard Schindler confermò a proposito della Siria che Berlino voleva “una cognizione solida dello stato del paese”[18].

Il punto di appoggio delle navi tedesche era la base aerea di Incirlik, che contiene 50 bombe nucleari americane ed ospita le forze aeree angloamericane. La missione delle navi tedesche era di decifrare i segnali delle telecomunicazioni della Siria, intercettare i messaggi provenienti dal governo siriano e dallo stato maggiore, e scoprire le ubicazioni delle truppe governative fino ad un raggio di 370 miglia dalla costa, attraverso immagini satellitari. La Germania aveva una postazione di ascolto permanente ad Adana, nella Turchia meridionale, dove poteva intercettare tutte le chiamate fatte nella capitale Damasco[19]. Il governo della Merkel inevitabilmente negò le accuse secondo cui la marina tedesca stava spiando nel Mediterraneo; è il tipo di attività che pochi paesi rivendicano.

Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: https://www.globalresearch.ca/us-british-french-covert-operations-syria/5742124

[1] The Week, “Hillary Clinton: I would have taken on Assad”, 7 April 2012.

[2] Joby Warrick, “Zawahiri asserts common cause with Syrians”, Washington Post, 27 July 2011.

[3] Jonathan Steele, “Assad predicts defeat for invasion force”, The Guardian, 28 March 2003.

[4] Luiz Alberto Moniz Bandeira, The Second Cold War: Geopolitics and the Strategic Dimensions of the USA (Springer 1st ed., 23 June 2017) p. 283.

[5] Sarah Burke, “How Syria’s ‘geeky’ president went from doctor to ‘dictator’”, NBC News, 30 October 2015.

[6] Bandeira, The Second Cold War, p. 246.

[7] Martina Fuchs, “Al Qaeda leader backs Syrian revolt against Assad”, Reuters, 12 February 2012.

[8] Wyatt Andrews, “Clinton: Arming Syrian rebels could help Al Qaeda”, CBS News, 27 February 2012.

[9] Reuters, “Islamist website posts video of Al Qaeda figure”, 13 June 2012.

[10] Jonathan Steele, “Most Syrians back President Assad, but you’d never know from Western media”, The Guardian, 17 January 2012.

[11] Bandeira, The Second Cold War, p. 269.

[12] Matt Brown, “Syrian ministers killed in Damascus bomb attack”, ABC News, 18 July 2012.

[13] Space Daily, “Assad moving troops from Golan to Damascus: Israel”, 17 July 2012.

[14] Bandeira, The Second Cold War, p. 264.

[15] Ivi, p. 265.

[16] Philip Giraldi, “NATO vs. Syria”, The American Conservative, 19 December 2011.

[17] Hürriyet Daily News, “There are 50 senior agents in Turkey, ex-spy says”, 16 September 2012.

[18] Thorsten Jungholt, “The Kiel-Syria connection”, Die Welt, 20 August 2012.

[19] Bandeira, The Second Cold War, p. 268.

FONTE: https://www.andreacarancini.it/2021/04/le-operazioni-nascoste-degli-americani-dei-britannici-e-dei-francesi-in-siria/

 

 

 

 

DIRITTI UMANI

JO ANN WESCOTT: GLI OLOCAUSTI MADE IN USA

7 MAGGIO 2012

 

Dalla mia amica Facebook Jo Ann Wescott, l’attivista con la visione globale, ricevo, traduco e
condivido il seguente intervento (le note a piè di pagina sono mie):

America is
having wars all around the world. And Americans dare ask why were hated?? Our
American government does not care about their people. And they are using the
youth to murder masses and millions of innocent poor people around the wor…ld.
I know it’s wrong to kill an innocent person. They should know better! There
are no excuses. Since most of these young people will do it simply for money
and not so called “Patriotism” This makes this War Operation illegal
and the killers “Hit Men”

VIETNAM:
AMERICAN HOLOCAUST exposes one of the worst cases of sustained mass slaughter
in history, carefully planned and executed by presidents of both parties…

Iraq: American Holcaust exposes another horrid case of mass slaughter of
innocent civilians. Planned by The American Israeli Government.

Palestine: American Holocaust by way of Supporting Israel, also a horrid Ethnic
Cleansing of innocent Palestinians. Suffering and dying of horrible injuries
and hunger etc. Direct U.N. Violation as well!

Lebonon: American Holocaust by way of supporting Israeli Criminals murdering in
a rampage! Horrible Ethnic Cleansing committed by Israelis supported by our
U.S. government.

Afghanistan: American Holocaust in the making……the children and youth are
so terrified and tortured……murdered and still abused more after dead.

Syria: American Massacres by NATO and BLACKWATER FORCES!

Lybia: American Massacres by NATO and BLACKWATER FORCES!

American Native Indian: American Holocaust murdering the entire Native Indian
Nations of America.

Mexican People: American Holocaust Mexicans murdered for their homes and land.
And called Illegal.

Traduzione:

GLI OLOCAUSTI MADE IN
USA

L’America fa guerre in tutto il mondo. E gli americani osano
chiedere perché sono odiati?? Al nostro governo americano non importa del
proprio popolo. E usa i giovani per uccidere in tutto il mondo milioni di
persone, masse di povera gente innocente. Io so che è sbagliato uccidere un
innocente. Loro dovrebbero saperlo meglio! Non ci sono scuse. Poiché la maggior
parte di questi giovani lo fa semplicemente per denaro e non per il cosiddetto “patriottismo”,
tutto ciò rende queste Operazioni di Guerra illegali e gli uccisori dei sicari.

Vietnam: OLOCAUSTO
AMERICANO che rivela uno dei peggiori casi di sterminio prolungato della storia
umana, studiatamente pianificato ed attuato dai presidenti di entrambi i partiti

Iraq: OLOCAUSTO
AMERICANO che rivela un altro orrido caso di sterminio di civili innocenti. Pianificato
dal governo israelo-americano.

Palestina: OLOCAUSTO
AMERICANO perseguito con lo slogan di “Sostenere Israele”, un’altra orrida
pulizia etnica: in questo caso di innocenti palestinesi. Che patiscono e
muoiono a causa di orribili ferite e di fame. Tutto ciò in violazione diretta
delle risoluzioni delle Nazioni Unite!

Libano: OLOCAUSTO
AMERICANO perseguito per sostenere i criminali israeliani scatenati a uccidere!
Orribile pulizia etnica[1] attuata dagli israeliani
sostenuti dal nostro governo americano.

Afghanistan:
OLOCAUSTO AMERICANO in corso … i bambini e i giovani sono talmente atterriti e
torturati … uccisi, e massacrati anche dopo morti.

Siria:
massacri americani compiuti dalla NATO  e
dalle forze della BLACKWATER!

Libia:
massacri americani compiuti dalla NATO  e
dalle forze della BLACKWATER!

Indiani
nativi americani: 
OLOCAUSTO AMERICANO compiuto con lo sterminio
di tutte le nazioni degli indiani nativi americani.

Il
popolo messicano
: OLOCAUSTO AMERICANO dei messicani[2] uccisi per le loro case e
le loro terre. E definiti Illegali.

Afroamericani:
OLOCAUSTO AMERICANO compiuto mediante la tratta degli schiavi africani,
esercitata per il 75% dai giudei – e di cui essi hanno incolpato totalmente i
bianchi – e per il 25% da neri, bianchi, ecc. Le navi della tratta degli
schiavi erano di proprietà degli ebrei, e le piantagioni[3]. Verificate i loro nomi su
qualunque sito[4].
Vedrete. Vennero uccisi circa 11 milioni di africani all’epoca in cui gli ebrei
trasportavano africani negli Stati Uniti per commercio.

CONDIVIDI SE TI INTERESSA.

Via Waseem Ahmed.

Jo Ann Wescott

 

NOTE

[1] Si legga

in proposito l’articolo di Stefano Chiarini Fallito
blitz a Tiro, terra bruciata e pulizia etnica nel sud Libano
http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=10948&print=1

[2] Si legga
in proposito il testo L’emigrazione
messicana è il futuro degli Stati Uniti
http://humanitas.over-blog.com/article-33778471.html
. Sulla “guerra messicano-americana”, consiglierei di integrare l’omonima voce
Wikipedia (fonte non certo antiamericana, ma da cui pur si evince che la guerra
di conquista dei territori messicani venne intrapresa con lo scopo di
estendervi l’economia schiavista) con la lettura, per chi ne ha la possibilità,
del paragrafo “Gli Stati Uniti del Messico” (pagina 169 e seguenti) in UN PAESE PERICOLOSO – Storia non romanzata
degli Stati Uniti d’America, 
di John
Kleeves
, Società Editrice Barbarossa, Cusano Milanino, 1999.

[3] In
realtà, attribuire la proprietà delle piantagioni, sic et simpliciter, agli ebrei,
mi sembra un po’ semplicistico. Più preciso mi sembra il seguente giudizio: “ …
While most Jews were not be found on plantations, their activities made the
plantation a self-sufficient unit” (“ … Se la maggior parte degli ebrei non si
ritrova [tra i proprietari] nelle piantagioni, le loro attività fecero della
piantagione un’unità autosufficiente”): http://www.blacksandjews.com/BlackJewishFAQ.Disproportion.html

[4] Io ho
consultato questo: http://www.blacksandjews.com/JewsSugarSlavery.html

FONTE: https://www.andreacarancini.it/2012/05/jo-ann-wescott-gli-olocausti-made-in/

La riserva indiana dei non garantiti

Del genocidio dei nativi americani conosciamo attraverso film e libri che hanno alimentato un’epopea dai tratti mitici la descrizione fattane dai vincitori ma poco conosciamo, se non da qualche tempo e grazie alle opere di qualche intellettuale coraggioso, della stessa storia vista dalla parte delle vittime così come loro l’hanno vissuta. Il dualismo, che ha portato ad un sostanziale genocidio, è stato tra due strutture archetipiche: l’uomo bianco civilizzato e con “garanzia di diritti” da un lato ed il nativo selvaggio e “non garantito” dall’altro.

Non fu un genocidio pianificato come tale. Anzi. L’inferiorità degli armamenti e dell’organizzazione industriale dei nativi era tale che inevitabilmente il loro perimetro di sopravvivenza veniva sempre più ristretto grazie alle cosiddette “guerre indiane” per consentire ai “garantiti”, agli uomini bianchi, di godere di un sempre maggiore (ed insaziabile) spazio vitale.

Ai non garantiti venivano fatte promesse e concessioni (pomposamente definite trattati) disattese nello stesso istante della firma in un circolo vizioso di ribellioni prontamente sedate da una nuova guerra e da un nuovo trattato immediatamente a sua volta disatteso.

Non che mancassero valorosi capi che intuivano, con drammaticità, l’esito finale dello scontro. Tecumseh degli Shawnee lucidamente si chiedeva: “…Dove sono oggi i Pequot? Dove sono i Narragansett, i Mohicani, i Pokanoket e molte altre tribù del nostro popolo, un tempo potenti? Essi sono scomparsi a causa della cupidigia e dell’oppressione dell’Uomo Bianco come neve al sole d’estate. Ci lasceremo distruggere a nostra volta senza lottare, rinunceremo alle nostre case, al nostro paese assegnatoci in eredità dal Grande Spirito, alle tombe dei nostri morti e ogni cosa che ci è cara e sacra? Sono certo che griderete con me: ‘Mai! Mai!’…”.

Ad oggi la pandemia, nella nostra civiltà capitalistica occidentale, non si declina solo nel suo drammatico versante sanitario bensì in quello, parimenti drammatico se non di più, della pandemia economica, della ingloriosa “morte per soldi”. Ma la “morte per soldi” non ha l’equanimità e la giustizia della morte in senso naturale in quanto destino inevitabile di ogni individuo: la “morte per soldi” risulta selettivamente e politicamente governata in modo da colpire solo una parte della popolazione produttiva: ristoratori, baristi, albergatori, operatori turistici, operatori dello spettacolo, circensi, titolari di palestre, piscine, operatori di cinema e di teatro, liberi professionisti. Tutto quello che in sintesi riepilogativa può essere definito il “popolo dei non garantiti”.

Questo popolo, come i nativi indiani, per scelta politica deve mostrare elementi di “cedevolezza” rispetto al popolo dei garantiti al quale solo deve essere riconosciuto ogni diritto lavorativo, di stipendio, di salute, di stabilità giuridico economica. Mentre il popolo dei non garantiti diviene normativamente “non essenziale” e quindi sacrificabile come l’homo sacer di Agamben senza che alcuno debba rispondere giuridicamente o politicamente della sua eliminazione.

Perché la morte per soldi, per i non garantiti, ha questo di bello e di macabro: che non ti fa morire immediatamente. Ti tiene in vita con la promessa che in un futuro mai precisato il non garantito avrà gli stessi diritti dei garantiti (come gli indiani nelle riserve avrebbero dovuto avere in teoria lo stesso statuto di diritti dell’uomo bianco). E al non garantito viene richiesta un’approvazione giuridica e politica delle misure a suo danno e a favore dei garantiti, pena l’esclusione dalla futura inclusione nell’ambito dei garantiti.

Il non garantito deve essere, in questo paradigma politico, come il “buon selvaggio”: essere deferente nei confronti del padrone, non aver rivendicazioni, non ribellarsi al proprio destino e non compiere alcun atto di insurrezione in particolare collettiva. Perché il terrore di chi politicamente governa tale processo è la “politicizzazione” della disperazione del non garantito.

Per i garantiti i verbi della sopravvivenza si declinano al passato prossimo (abbiamo trovato i soldi, abbiano rinnovato i contratti, abbiamo messo in sicurezza le persone). Per i non garantiti, come gli indiani nelle riserve, i verbi della sopravvivenza si declinano al futuro condizionale (se troveremo i soldi, ci impegneremo, faremo, programmeremo). E tale futuro condizionale ha un prezzo: la rinuncia dei non garantiti ad ogni manifestazione di dissenso politico maturato dalla disperazione economica ed esistenziale.

L’avanzata dei bianchi (e cioè dei garantiti) sostituiva sociologicamente una civiltà di matrice industriale occidentale alla popolazione nativa portatrice di una concezione non fondata sull’economia industriale. Il capo Heinmont Tooyalaket dei “Nasi forati” affermava: “…La terra fu creata con l’aiuto del sole, e tale dovrebbe restare… La terra fu fatta senza linee di demarcazione, e non spetta all’uomo dividerla… Vedo che i bianchi in tutto il paese accumulano ricchezze, e vedo il loro desiderio di darci terre prive di valore… La terra e io siamo dello stesso parere…L’unico che ha il diritto di disporne è chi l’ha creata. Io chiedo il diritto di vivere sulla mia terra e di accordare a voi il privilegio di vivere sulla vostra”.

Del pari, soprattutto in Italia, la pandemia economica risulta lo schema, il “pattern” di sostituzione, da parte soprattutto del PD e dei 5 Stelle, di un assetto sociale di tipo capitalistico occidentale (fondato sulla libera intrapresa e quindi sul lavoro autonomo) con un assetto sociale “post-marxista” fondato sul ridimensionamento della libera iniziativa privata e su un’enorme implementazione del pubblico anche in ambito industriale e di programmazione economica da attuarsi con la cooperazione di una burocrazia amministrativa fidelizzata dalle guarentigie delle “garanzie”. L’unica possibilità che rimane alla borghesia liberale di non essere rinchiusa nelle “riserve indiane” sempre più piccole è il recupero della propria genetica forza “rivoluzionaria” (peraltro riconosciuta dallo stesso Marx ne Il Capitale).

Senza la politicizzazione di tale forza “rivoluzionaria” attuata con l’utilizzo di tutti gli strumenti democratici (ivi incluso il diritto alla protesta) rimarrebbero attualizzate le parole di Alce Nero: “Non sapevo in quel momento che era la fine di tante cose… Lassù morì il sogno di un popolo. Era un bel sogno… Il cerchio della nazione è rotto e i suoi frammenti sono sparsi. Il cerchio non ha più centro e l’albero sacro è morto”.

FONTE: https://loccidentale.it/la-riserva-indiana-dei-non-garantiti/

 

 

 

ECONOMIA

Perché il prezzo dei vaccini rischia di aumentare a causa delle varianti

In Europa sta per iniziare la nuova stagione dei vaccini anti Covid. Il contesto è sempre il solito, tra la penuria ormai cronica di dosi e le campagne di immunizzazione rallentate a causa del taglio delle consegne delle fiale prefissate. Ci sono, tuttavia, almeno tre novità. Intanto, a complicare la situazione, sono comparse le famigerate varianti del Sars-CoV-2, molte delle quali più resistenti agli anticorpi generati dai vaccini fin qui realizzati. Dopo di che, abbiamo dovuto fare i conti con la sospensione dei prodotti anti Covid di AstraZeneca-Università di Oxford e, adesso, con quella che ha travolto le fiale targate Johnson & Johnson. Il motivo? Presunti effetti gravi derivanti dalla somministrazione di quei vaccini. Arriviamo al terzo punto: l’aumento del prezzo che le entità statali di tutto il mondo dovranno pagare alle Big Pharma per accaparrarsi ogni singola dose. Basta unire i tre focus citati per ritrovarsi in uno scenario particolarmente complesso. Già, perché le mutazioni genetiche che hanno “trasformato” il Sars-CoV-2 hanno dato vita a ceppi più ostici da combattere.

Al fine di neutralizzare le forme non tradizionali del virus – che presto, secondo gli esperti, diventeranno la forma dominante in circolazione -, le case farmaceutiche stanno lavorando alla creazione di versioni più efficaci dei loro vaccini. Gli esperti europei, nel frattempo, si interrogano su come bypassare la sfiducia generale generata nei confronti dell’AstraZeneca e del Johnson & Johnson. C’è chi ha pensato di dedicare i vaccini finiti nell’occhio del ciclone soltanto ad alcune, limitate fasce d’età, e chi, come la Danimarca, ha preso decisioni più drastiche. Copenaghen, ad esempio, ha sospeso fino a nuovo ordine l’AZD1222 per un principio di “massima precauzione”.

Ursula von der Leyen è stata chiara. L’Unione europea si affiderà ai vaccini che utilizzano la tecnologia dell’mRNA messaggero. Al momento si contano sulle dita di una mano: il Pfizer-BioNTech e Moderna. Niente da fare, invece, per AstraZeneca, Johnson & Johnson e soci, che continueranno ovviamente ad essere impiegati ma che non saranno più al centro dei piani di Bruxelles. “L’Ue dovrà sviluppare vaccini adattati alle nuove varianti, presto e in quantità sufficienti. Tenendo questo a mente, dobbiamo focalizzarci sulle tecnologie che hanno dimostrato il loro valore: i vaccini Rna messaggero sono un caso chiaro”, ha spiegato von der Leyen, sottolineando indirettamente un ipotetico rischio nel quale potrebbe incorrere l’Europa. Di cosa si tratta? Dell’aumento del prezzo dei vaccini. Visto che le Big Pharma dovranno sviluppare versioni in linea con l’evoluzione del virus, le case farmaceutiche impiegheranno maggiori fondi per restare al passo del Sars-CoV-2. Ma queste ricerche aggiuntive non potranno che ricadere sul costo finale del prodotto. Che sarà pagato, nel caso europeo, proprio da Bruxelles.

Considerando che il vaccino Pfizer-BioNTech ha già cambiato il prezzo due volte nell’arco di pochi mesi – partendo da 12 euro a dose e passando poi a 15.50 e, secondo alcune indiscrezioni, a 19.50 euro – la sensazione è che le Big Pharma possano giocare sulle varianti per decidere il prezzo migliore. Nelle ultime ore l’Ue ha stretto un nuovo accordo con Pfizer. Si parla di una consegna anticipata di 50 milioni di dosi di vaccini. Il terzo contratto Ue-Pfizer prevede inoltre l’invio di 1.8 miliardi di dosi aggiuntive nel 2022 e 2023. Per quanto riguarda le tempistiche, le suddette 50 milioni di dosi “erano inizialmente previste per il quarto trimestre 2021, ora saranno disponibili nel secondo”. In totale, Pfizer-BioNTech consegnerà 250 milioni di dosi nel secondo trimestre. Attenzione tuttavia al prezzo. Sarà importante vigilare sulle variazioni dei costi (nell’ultimo contratto abbiamo assistito a un’impennata di oltre il 60%) inerenti non solo alle dosi Pfizer-BioNTech ma a quelle di tutte le altre Big Pharma.

FONTE: https://it.insideover.com/politica/perche-il-prezzo-dei-vaccini-rischia-di-aumentare-a-causa-delle-varianti.html

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Attenti alla nuova “tassa occulta” sul conto corrente

Secondo una recente indagine di Bankitalia del 2020, il costo annuo per mantenere un conto è aumentato mediamente di 88,5 euro rispetto al 2019. A crescere sono state, in particolare, le spese fisse

Brutte notizie per i correntisti. A penalizzare i clienti delle banche c’è un nuovo balzello, frutto della crisi economica derivante dalla pandemia da Covid-19. La Banca centrale europea (Bce) ha portato in negativo i tassi di interesse per favorire la circolazione di denaro e dei prestiti, con l’obiettivo di rilanciare la crescita economia. Una decisione che, però, ha finito per sfavorire i titolari dei conti correnti, i quali dovranno pagare di tasca loro le strategie della Bce. È facile da capire che, avendo operato questa scelta, le banche seppure garantissero ai propri clienti un mutuo a tasso zero ci rimetterebbero dei soldi. Ma se è difficile pensare che gli istituti di credito possano lavorare gratis, diventa addirittura utopia credere che accettino di perderci del denaro. Ecco perché in loro soccorso, in maniera inconsapevole, arrivano i titolari di conti correnti.

Secondo una recente indagine di Bankitalia del 2020, il costo annuo per mantenere un conto è aumentato mediamente di 88,5 euro rispetto al 2019. A crescere sono state, in particolare, le spese fisse (ossia gli assegni, i prelievi bancomat, i bonifici e i canoni annui), mentre poco meno di un terzo riguarda le spese variabili. Il rischio reale è che più si ha un conto corrente ricco, più si perdono soldi. Al contrario, si rischia di andare sotto se è depositato poco denaro. La situazione potrebbe anche peggiorare dal prossimo anno, quando entrerà in vigore la norma che impedisce i pagamenti in contanti oltre i 999,99 euro. I prelievi allo sportello o al Bancomat aumenteranno inevitabilmente e di conseguenza anche i costi per i correntisti. Ciò vale anche per non usa i contanti, con le commissioni su bonifici e assegni che producono gli stessi risultati.

Aumentando i costi, le banche cercano di ottenere un doppio scopo: da un lato non hanno intenzione di rimetterci soldi, dall’altro spingono i correntisti a chiudere i conti correnti per investirli in titoli. In questo modo si riduce la grande quantità di soldi liquidi presente nei depositi, che produce interessi insignificanti, per ottenere maggiori ricavi. Ciò garantirebbe benefici anche ai clienti, i quali tornerebbero a guadagnare. La speranza delle banche è che la Bce alzi, anche di un solo punto, i tassi di interesse, ma ciò non accadrà in tempi brevi. Questo sarebbe un segnale fondamentale, poiché avvierebbe un circolo virtuoso. Con l’aumento dei tassi di interesse le banche non sarebbero costrette a inserire nuovi balzelli sui conti correnti, anzi potrebbero tornare a premiare chi deposita i propri risparmi.

FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/economia/nuovi-balzelli-sui-conti-correnti-bancari-manovre-bce-1938957.html

 

 

IMMIGRAZIONI

Letta col fondatore di OpenArms, ira di Salvini: “Non ho parole”

Letta incontra Oscar Camps, fondatore di Open Arms. Il leghista: “Vado a processo perché ho fermato i loro sbarchi e il Pd li riceve con tutti gli onori”

Letta riceve il fondatore di OpenArms, ira di Salvini: "Non ho parole"

Certi dissapori non si dimenticano e questo Lega e Pd lo sanno bene. A provocare nuove ruggini è stato l’incontro fra Oscar Camps, imprenditore catalano conosciuto per essere il fondatore della Ong Proactiva Open Arms, e il neo segretario del Partito Democratico Enrico Letta. I due si sono visti al Nazareno, e Letta non ha mancato di esprimere tutto il proprio entusiasmo, postando sul proprio profilo Twitter una foto che lo vede in compagnia dell’attivista. Nell’immagine, fra l’altro, si vede il leader del Pd indossare una felpa della Ong, con tanto di scritta “Open Arms”.

È venuto a trovarmi Oscar Camps, il fondatore di Openarms_fund. Bello scambio di idee. Tante preoccupazioni, e anche qualche elemento di speranza“, cinguetta soddisfatto Enrico Letta. E tanto è bastato a provocare la dura risposta di Matteo Salvini, che al momento si trova ancora a dover affrontare un processo proprio a causa di uno degli sbarchi avvenuti grazie alla organizzazione non governativa Open Arms. “Sabato vado a processo proprio per uno (degli innumerevoli) sbarchi organizzati dagli spagnoli di Open Arms, e oggi il Pd riceve questi ‘signori’ con tutti gli onori”, commenta piccato il segretario del Carroccio sulla propria pagina Facebook, di certo infastidito dal comportamento dei dem. E ancora: “Non ho parole, lascio a voi ogni commento, il tempo è galantuomo”. E i commenti non sono mancati: numerosi gli utenti che hanno risposto al post di Salvini esprimendo tutto il proprio malcoltento nei confronti del partito di centrosinistra.

Il leader della Lega è poi passato ad attaccare anche il gruppo del Pd presente in Toscana, dove allo scandalo dei numerosi “furbetti dei vaccini” che hanno saltato la fila si è aggiunto anche quello di presunti reati ambientali collegati alla ‘ndrangheta. Proprio di oggi la notizia che fra gli indagati risulti anche il nome di Ledo Gori, capo di gabinetto del presidente della Regione Toscana. “Non solo gravissimi ritardi nella vaccinazione degli anziani, con troppi furbetti che hanno saltato la fila: ora nella Toscana del Pd scoppia lo scandalo di presunti reati ambientali in odore di ‘ndrangheta e che vedono indagati anche il capo di gabinetto del presidente della Regione e un consigliere dem”, scrive dunque Matteo Salvini, che infine conclude: “Tutela degli anziani, vaccinazioni, rispetto dell’ambiente e lotta alle mafie sono alcune delle priorità della Lega, mentre il Pd pensa a Ius soli e Ong”.

A bacchettare Enrico Letta ci ha pensato anche la pagina social “Le frasi di Osho”, nota per i suoi commenti di carattere satirico. Intervenendo sotto il post di Letta, infatti, Federico Palmaroli, ideatore della pagina, ha commentato le parole del segretario Pd scrivendo: “Priorità. #openrestaurants”.

FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/politica/letta-col-fondatore-openarms-salvini-tempo-gentiluomo-1939112.html

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

La maggioranza degli elettori americani considera illegittimo il Governo di Biden

Per la precisione:Il 74% dei repubblicani, il 30% dei democratici e il 51% degli indipendenti

14 aprile 2021

In definitiva, questo è il motivo per cui i Democratici agiscono con una mentalità così controllata. Il controllo è una reazione alla paura, anche se la paura è subconscia nell’agente di controllo. I democratici, compresi i loro ideologi di sinistra e marxisti, sanno che l’amministrazione Joe Bama ha imbrogliato. Sanno cosa hanno fatto per usurpare le elezioni federali.

Le recinzioni intorno al Congresso degli Stati Uniti sono essenzialmente una proiezione della propria immagine di sé. Se i Democratici fossero stati le vittime della frode invece dei benefattori, sarebbero diventati violenti contro l’intera amministrazione federale a Washington DC. Hanno costruito la recinzione e prodotto la narrativa per supportare le loro guardie militari, perché stavano proiettando la loro risposta verso la loro opposizione politica.

Rapporto RasmussenCon un margine del 51% a 44%, gli elettori hanno affermato che è “probabile” che la frode abbia influito sul risultato delle elezioni del 2020. Ciò include il 74% dei repubblicani, il 30% dei democratici e il 51% degli elettori indipendenti.

Inoltre, il 47% ha affermato che è probabile che i democratici abbiano rubato o distrutto le schede elettorali per l’ex presidente Donald Trump. Ciò includeva il 75% dei repubblicani e il 30% dei democratici. Anche il 50% ha affermato che è improbabile che le schede elettorali siano state distrutte.

“Alla domanda su quale sia più importante, rendere più facile per tutti votare o assicurarsi che non ci siano imbrogli alle elezioni, il 60% dei probabili votanti afferma che è più importante prevenire gli imbrogli, mentre il 37% ha affermato che è più importante rendere votazione più facile.

Solo il 22% degli elettori afferma che attualmente è troppo difficile votare, mentre il 34% afferma che è troppo facile votare e il 41% afferma che il livello di difficoltà nel votare è giusto.

La maggioranza di tutti i gruppi razziali – il 59% dei bianchi, il 56% dei neri e il 63% degli altri elettori di minoranza – afferma che è più importante assicurarsi che non ci siano imbrogli alle elezioni che rendere più facile votare.

Allo stesso modo, la maggioranza di tutti i gruppi razziali – il 64% dei bianchi, il 59% dei neri e il 58% degli altri elettori di minoranza – respinge l’affermazione che le leggi sull’identità degli elettori discriminano alcuni elettori “.

leggi il rapporto completo: https://www.rasmussenreports.com/public_content/politics/general_politics/april_2021/election_integrity_62_don_t_think_voter_id_laws_discriminate

Cnn presa con le mani nel sacco: lo scopo dei telegiornali e’ provocare intenzionalmente “Paura, paura, paura!”

I giornalisti investigativi di Project Veritas pubblicano il video del direttore della CNN che ammette di usare COVID per provocare paura e depressione costante nei telespettatori e tenere alti gli indici di ascolto.

Di Cassandra Fairbanks

14 aprile 2021 alle 11:30

Mercoledì, Project Veritas ha rilasciato la seconda parte della sua denuncia alla CNN, in cui il direttore tecnico della CNN Charlie Chester ammette di utilizzare lo allarmismo COVID per aumentare le valutazioni.

Durante il video scioccante, Chester spiega come la rete utilizza la “manipolazione” per plasmare l’opinione pubblica.

“Qualsiasi giornalista della CNN – quello che stanno effettivamente facendo è dire alla persona cosa dire … È sempre come guidarli in una direzione prima ancora che aprano bocca. Le uniche persone che noi [CNN] lasceremo in onda, per la maggior parte, sono persone che hanno una comprovata esperienza nel cogliere l’esca “, ha spiegato Chester.

“Penso che la manipolazione sia un’arte … Flessione, dire le cose due volte – ci sono piccole sottigliezze su come manipolare le persone … Voglio dire, è abbastanza per cambiare il mondo, sai?”

Chester ha anche descritto cupamente come spesso vogliono che il bilancio delle vittime COVID sia più alto per “rendere il nostro punto migliore”.

“Tipo, perché non è abbastanza alto, sai, oggi? Come se migliorasse il nostro punto di vista se fosse più alto. E io sono tipo, per cosa sto fottutamente radunando? Questo è un problema se lo stiamo facendo. ”

Chester ha anche descritto come la CNN abbia utilizzato la paura della pandemia COVID-19 per mantenere gli spettatori in sintonia.

“È paura. La paura alza davvero i numeri – [valutazioni TV] “, ha detto Chester. “La paura è la cosa che ti tiene appicciato allo schermo televisivo.”

Ha aggiunto: “COVID? Gangbusters [sensazionalismo stacca tutto]  con valutazioni, capisci? Questo è il motivo per cui noi [CNN] abbiamo costantemente il bilancio delle vittime [COVID] sul lato dello schermo. ”

Lo staff della CNN si vanta con Project Veritas che la rete ha spacciato ‘propaganda’ anti-Trump

“Guarda cosa abbiamo fatto, noi [la CNN] abbiamo   buttato fuori  Trump. Lo dirò al 100% e credo al 100% che se non fosse stato per la CNN, non so che Trump sarebbe stato escluso “, ha detto Chester, a. “Il nostro obiettivo era far uscire Trump dall’incarico, giusto? Senza dirlo, ecco cos’era. “

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/la-maggioranza-degli-elettori-americani-considera-illegittimo-il-governo-di-biden/

Election Integrity: 62% Don’t Think Voter ID Laws Discriminate

Most voters say it’s more important to prevent cheating in elections than to make it easier to vote and, by more than a two-to-one margin, they reject claims that voter ID laws are discriminatory.

The latest Rasmussen Reports national telephone and online survey finds that just 29% of Likely U.S. Voters say laws requiring photo identification at the polls discriminate against some voters. Sixty-two percent (62%) say voter ID laws don’t discriminate. (To see survey question wording, click here.)

A majority (51%) of voters believe it is likely that cheating affected the outcome of the 2020 presidential election, including 35% who say it’s Very Likely cheating affected the election.

Seventy-four percent (74%) of Republicans believe it is likely last year’s presidential election was affected by cheating, a view shared by 30% of Democrats and 51% of voters not affiliated with either major party.

(Want a free daily e-mail update? If it’s in the news, it’s in our polls). Rasmussen Reports updates are also available on Twitter or Facebook.

The survey of 1,000 U.S. Likely Voters was conducted on April 11-12, 2021 by Rasmussen Reports. The margin of sampling error is +/- 3 percentage points with a 95% level of confidence. Field work for all Rasmussen Reports surveys is conducted by Pulse Opinion Research, LLC. See methodology.

Concerns about cheating have plagued President Joe Biden ever since Election Day. In November, a Rasmussen Reports survey found 47% of voters believed it was likely that Democrats stole votes or destroyed pro-Trump ballots in several states to ensure that Biden would win. An overwhelming majority of GOP voters believe Democrats cheated in 2020. Republican officials have responded by launching an election integrity project to make it “easier to vote and harder to cheat.”

Asked which is more important, making it easier for everybody to vote, or making sure there is no cheating in elections, 60% of Likely Voters say it’s more important to prevent cheating, while 37% said it’s more important to make it easier to vote.

Only 22% of voters say it is currently too hard to vote, while 34% said it’s too easy to vote, and 41% say the level of difficulty in voting is about right.

Majorities of all racial groups – 59% of whites, 56% of Blacks and 63% of other minority voters – say it is more important to make sure there is no cheating in elections than to make it easier to vote.

Likewise, majorities of all racial groups – 64% of whites, 59% of Blacks and 58% of other minority voters – reject the claim that voter ID laws discriminate against some voters.

Sixty-one percent (61%) of Democrats say it is more important to make it easier to vote, a view shared by just 15% of Republicans and 34% of unaffiliated voters.

Among voters who say it’s Very Likely that cheating affected the 2020 election outcome, 92% say it’s more important to prevent cheating than to make it easier to vote.

President Biden’s strongest supporters are least likely to say preventing cheating in elections is a higher priority. Among voters who strongly approve of Biden’s job performance as president, just 17% say it’s more important to make sure there is no cheating in elections than to make it easier to vote. By contrast, among voters who strongly disapprove of Biden’s performance, 79% say it’s more important to prevent cheating.

Seventy-five percent (75%) say requiring voters to show photo identification such as a driver’s license before being allowed to vote is necessary to “a fair and secure election process.”

After Georgia passed a new election law, Major League Baseball (MLB) decided to punish Georgia by moving the annual All-Star Game from Atlanta to Denver. Most Americans think it’s a bad idea to mix sports and politics, but a majority of Democratic voters say MLB made the right decision.

Additional information from this survey and a full demographic breakdown are available to Platinum Members only.

The survey of 1,000 U.S. Likely Voters was conducted on April 11-12, 2021 by Rasmussen Reports. The margin of sampling error is +/- 3 percentage points with a 95% level of confidence. Field work for all Rasmussen Reports surveys is conducted by Pulse Opinion Research, LLC. See methodology.

FONTE: https://www.rasmussenreports.com/public_content/politics/general_politics/april_2021/election_integrity_62_don_t_think_voter_id_laws_discriminate

1500 Rabbini contro  l’Anti Defamation League

(Cose mai viste in America. In Italia ancor meno)

Notizia significativa,  per la politica   interna Usa:

“Una coalizione di 1.500 rabbini ebrei ortodossi ha condannato l’Anti-Defamation League (ADL)   dopo che la  temuta organizzazione ebraica   del B’nai B’rith  aver chiesto a Fox News di licenziare  – niente di  meno  –   il giornalista  e  popolare animatore di talk shows  Tucker Carlson, accusandolo di antisemitismo”.

Cosa aveva detto Tucker Carlson? Aveva detto che il Partito Democratico preme per il diritto di voto agli immigrati perché  vuole sostituire  l’elettorato americano che  ha perso, con “gente nuova, elettori più obbedienti dal Terzo Mondo  –  Io come cittadino ho meno potere politico  perchè loro stanno importando un elettorato nuovo di zecca”.   Nel fare  questa denuncia –  che possiamo ben rivolgere identica anche alle  sinistre nostrane) Carlson aveva usato il termine “replacement”,   divenuta un termine-tabù in quanto l’idea che il potere globale sta “sostituendo”  popolazioni evoca,   grazie al battage dei media, “la teoria  della  sostituzione  del suprematista bianco”:  l’idea che la cospirazione ebraica sta sostituendo i bianchi   con  le  popolazioni di colore

Immediatamente il direttore dell’ADL, Jonathan Greenblatt, che (per puro caso) è stato prima nell’amministrazione Clinton, poi consigliere speciale di Obama oltre che mostro tecnologico di Sylicon Valley ha chiesto a Fox la testa di Carlson – letteralmente – perché “ha abbracciato una teoria fondamentale della supremazia bianca”. In verità, in trasmissione Carlson aveva avuto l’accortezza di condannare questa teoria, come risulta dalla registrazione , ma a Greenblatt non la si fa: “ Il tentativo di Carlson di respingere in un primo momento questa teoria, mentre nella frase seguente la condivide sotto il pretesto di una “questione sui diritti di voto”, non gli dà la licenza per invocare un tropo suprematista bianco, senza pagare il prezzo “, ha scritto Greenblatt.

Ebbene: non solo la Fox non ha obbedito a Greenblatt (il che è già un atto di coraggio di fronte all’ingiunzione ebraica) ma i rabbini della Coalition for Jewish Values ​​(CJV) hanno inviato una lettera per condannare l’ADL. ” “La Coalition for Jewish Values, che rappresenta oltre 1.500 rabbini tradizionali e osservanti nella politica pubblica americana, è rattristata dalle grossolane accuse di antisemitismo grossolanamente mosse dalla vostra organizzazione. Il vostro recente attacco a Tucker Carlson di Fox News, da voi definito “suprematista bianco” per il fatto che s’è chiesto se particolari scelte politiche consentano agli immigrati illegali di annullare i voti dei cittadini americani, è solo un esempio “, si apre la lettera. La quale è stata pubblicata sul Jerusalem Post ed anche questo è istruttivo del continuum ebraico americano, che può usare un media israeliano per influire sulla politica interna USA.

La  lettera dei rabbini  è una sconfessione esplicita di Greenblatt, che è capo dell’ADL da pochi anni. L’organizzazione  del B’nai B’rith, scrivono,  era “giustamente considerata come il principale baluardo della comunità ebraica contro l’odio   antisemita  proprio perché non era legata a nessuna particolare persuasione, movimento o causa.  Ahimè, l’ADL è diventata notevolmente partigiana sotto la   sua  guida”, si legge nella lettera. “La vostra organizzazione ha pubblicato   una lista nera [di antisemiti] ,  Naming the Hate , che presenta oscuri neonazisti dell ‘” alt-right “, ma non dice nulla riguardo ai ben più pericolosi aderenti di sinistra dell’Islam radicale.  Ha  ripetutamente tentato di incolpare l’amministrazione Trump  di  una ‘ondata’ di incidenti antisemiti, anche se questo è stato contraddetto dai dati stessi dell’ADL. In un rapporto ampiamente diffuso, l’ADL ha citato 163 minacce di bombe a organizzazioni ebraiche. Un’ispezione più attenta ha rivelato che 150 di queste minacce erano state perpetrate da una sola persona,   per giunta  un  ebreo ”, osservava la lettera. “L’ADL ha cercato instancabilmente di nascondere la verità prontamente nota alla maggior parte degli ebrei in America: la stragrande maggioranza degli atti antisemiti si verificano nelle città controllate dai Democratici e nei campus universitari dominati da correnti progressiste”, ha accusato CJV.

La Coalition for Jewish Values ​​(CJV)   ha concluso esortando l’ADL of B’nai B’rith “smetterla con  le posizioni di parte  e ad intraprendere una correzione di rotta urgentemente necessaria“.

L’ADL è  da sempre temutissima da ogni  candidato ad ogni carica politica:  una frase  di un candidato deputato senatore, governatore, che l’organizzazione giudichi antisemita  (per esempio un’espressione di simpatia   per i palestinesi) rende impossibile ogni speranza di essere eletto;  l’ADL   organizza il boicottaggio   attraverso la  diversione  di fondi  dal candidato che ha voluto liquidare  dirigendo i finanziamenti ebraici al candidato avversario. Per una volta,  la macchina del fango che sa suscitare in modo altrettanto efficace, ha  fatto cilecca.  Un eccesso di partigianeria l’ha rivelata come uno dei  mastini del Deep State, ciò che diminuisce la sua utilità alla causa ebraica.

“In realtà”, scrive l’amico Umberto Pascali da Washington, “l’assalto contro Carlson e’ motivato dalle denunce circostanziate e regolari di Carlson sulla corruzione di Big Pharma e di cosa si nasconde dietro l’operazione COVID.   Molte fonti riportano che Cnn e i grandi media del Deep State stanno ricevendo una valanga di denunce da parte delle vittime (finora silenziose) delle loro calunnie. Il partito democratico, di cui i Big Media sono i grandi complici e apologisti, potrebbe rimanere senza la  protezione dei professionisti della manipolazione di massa. Vedi le prove della corruzione della Cnn ottenute da Project Veritas.

https://ussanews.com/News1/2021/04/13/the-adl-attack-on-tucker-carlson/

Sembra proprio che la macchina del discredito, arma preziosa per un Deep State e un’oligarchia  indebolita, stia perdendo il suo potere intimidatorio”.

Per fortuna,  nulla di indebolito in Italia :

Zaki lavorava per la “Egyptian initiative for personal rights” (EIPR). La EIPR  è  una ONG di copertura della Open Society di George Soros. https://www.opensocietyfoundations.org/newsroom/challenges-religious-freedom-egypt

E ancor meno nella UE, dove il replacement   è politica ufficialmente promossa:

Da noi vige lo stato di diritto, mica come in Ungheria. Possiamo aver fiducia dell’altezza morale della nostra magistratura:

Colpo di scena: il trojan era attivo la sera della famosa cena fra Palamara e Pignatone (con rispettive famiglie), ma della registrazione non c’è traccia…

PieroSansonetti  @PieroSansonetti
I magistrati ci inondano di querele e richieste di risarcimenti (più di venti). Scarpinato ci porta a processo addirittura due volte e l’Ordine dei giornalisti non ci difende, anzi, ci censura…

Sappiamo  a chi rivolgerci con fiducia, se questo articolo ci susciterà contro l’accusa di antisemitismo, e viene violato   il nostro Diritto  – che qui vogliamo ricordare a futura memoria: 

Art. 19 Dichiarazione Universale Diritti dell Uomo
Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/1500-rabbini-contro-lanti-defamation-league/

Tensione tra Usa e Russia per l’Ucraina: si muove la diplomazia

Le ultime ora hanno visto un’impennata nella tensione tra gli Stati Uniti e la Russia per la questione ucraina: sono stati segnalati importanti movimenti di truppe su entrambi i fronti che potrebbero essere il preludio a uno scontro armato di grossa entità che andrebbe a innestarsi sugli sporadici combattimenti che, nelle ultime settimane, si sono avuti nel Donbass, la regione dell’Ucraina orientale dove i distretti filorussi di Lugansk e Donetsk si sono autoproclamati “repubbliche indipendenti”.

Gli antefatti: perché è tornata a crescere la tensione

Il cessate il fuoco nel Donbass è ormai solo un ricordo. Numerosi sono stati i brevi combattimenti e bombardamenti a colpi di mortaio durante tutto il mese di marzo, e sempre nello stesso periodo sono stati segnalati i primi movimenti di truppe ucraine verso il fronte. Parallelamente la Nato e gli Stati Uniti hanno intensificato le manovre navali e i voli di ricognizione nel Mar Nero: lo scorso 19 marzo un incrociatore statunitense classe Ticonderoga, l’Uss Monterey (Cg-61) appartenente al Csg (Carrier Strike Group) della portaerei Eisenhower ha attraversato il Bosforo seguito il giorno successivo da un cacciatorpediniere della classe Arleigh Burke, lo Uss Thomas Hudner (DDG 116) facente sempre parte della scorta della “Ike”.

Le navi statunitensi in quella occasione sono entrate nel Mar Nero per partecipare all’esercitazione Sea Shield guidata dalla Romania. La Flotta Russa allora è stata subito messa “in allarme” prendendo il mare per seguire le manovre della Nato: sappiamo, infatti, che tutti i sottomarini hunter-killer russi (Ssk) hanno preso il mare lasciando la loro base di Sebastopoli in un’unica grande prova di forza.

Nei cieli, quasi quotidianamente, i velivoli spia e da pattugliamento marittimo di Nato e Usa lambiscono lo spazio aereo russo sulla Crimea e sui confini orientali dell’Ucraina, per osservare attentamente i movimenti dell’avversario. A terra, in una regione che va dal Mar Adriatico alla Romania, si sta effettuando la più grande esercitazione annuale dell’Alleanza Atlantica: Defender Europe 2021. Il “fronte russo”, se durante l’amministrazione Trump era attivo ma del tutto secondario rispetto a quello cinese, ora, con l’avvento del presidente Biden, è diventato centrale, o quanto meno è stato elevato al livello di importanza di quello Estremo Orientale.

Come sta evolvendo la situazione

Nelle ultime 24 ore un militare dell’esercito ucraino è stato ucciso e altri tre sono rimasti feriti nei nuovi combattimenti nel Donbass, come riporta Agenzia Nova citando fonti di Kiev, mentre gli osservatori dell’Osce hanno riferito di attacchi dell’esercito ucraino con mortai e lanciagranate contro le postazioni delle milizie secessioniste di Lugansk.

A margine dei combattimenti, Russia e Nato stanno riposizionando il loro meccanismo militare nella regione. Da Mosca il ministro della Difesa Sergei Shoigu fa sapere che “c’è un movimento di truppe in Europa verso i confini russi”, probabilmente riferendosi anche a Defender Europe, e che “le forze principali sono concentrate nel Mar Nero e nella regione baltica”. Il ministro Shoigu ritiene che “in totale, 40mila militari e 15mila altri appartenenti a unità varie, compresa l’aviazione strategica, saranno concentrati vicino al nostro territorio”. La Russia sta prendendo provvedimenti da tempo, spostando truppe dai distretti orientali verso i confini con l’Ucraina e in particolare in Crimea: “in risposta all’attività militare dell’Alleanza che minaccia la Russia, abbiamo preso misure appropriate”, ha detto ancora il ministro, sottolineando che nell’arco di tre settimane, due corpi di armate e tre divisioni delle forze aviotrasportate sono stati schierati con successo ai confini occidentali della Federazione Russa.

Sappiamo che questi movimenti di truppe russe non sono ancora terminati: un’altra divisione è arrivata a Voronezh e sappiamo che il 13 aprile la 35esima brigata di fucilieri motorizzati delle guardie è stata schierata ad Aleysk, molto probabilmente per prendere parte all’ennesima esercitazione a fuoco che si è tenuta lo stesso giorno nella regione di Rostov sul Don. Dal fronte ucraino ci arrivano immagini di colonne di mezzi corazzati diretti verso est: carri armati e altri mezzi corazzati sono stati dislocati a Mariupol.

Il Mar Nero continua a essere, in queste ore, il centro dello scontro a distanza tra Stati Uniti e Russia: in risposta al previsto arrivo, il 14 aprile, di due cacciatorpediniere Usa (si presume l’Uss Donald Cook e l’Uss Roosevelt), un’aliquota della Flotta del Mar Nero ha salpato da Sebastopoli. La Voenno-morskoj Flot ha infatti avviato un’esercitazione, con anche mezzi aerei, che vede la partecipazione della fregata Admiral Makarov, delle corvette Graivoron e Vyshny Volochyok, e dell’hovercraft da assalto anfibio Samum, accompagnato dal dragamine Ivan Golubets e alcune altre unità da sbarco. Non sappiamo se a questa esercitazione prenderanno parte anche le unità sottili giunte nelle scorse ore dal Mar Caspio attraverso il canale che collega i fiumi Volga e Don: risulta, come riferisce lo stesso ministero della Difesa russo, che una piccola flottiglia composta da motocannoniere, alcuni mezzi da sbarco e una nave appoggio sia giunta nel Mar d’Azov.

Il tentativo di dialogo

Quelli che potenzialmente potrebbero essere dei preparativi per un conflitto non hanno fermato i massimi livelli della diplomazia. La Nato terrà oggi un vertice ministeriale per discutere il crescente rischio di un conflitto militare in Ucraina, proprio il giorno dopo la proposta di un vertice faccia a faccia in un Paese terzo avanzata dal presidente Biden al suo omologo russo Putin. Il pericolo di un’escalation nel Donbass è solo una delle numerose questioni sul tavolo che l’inquilino della Casa Bianca intende discutere con il capo del Cremlino, al quale ha telefonato ieri.

La prima conversazione tra i due leader dall’insediamento di Biden è arrivata un mese dopo l’intervista nel quale Biden aveva definito Putin “un assassino” suscitando il sarcasmo del Cremlino, che augurava all’inquilino della Casa Bianca “buona salute”. Gli Stati Uniti, per bocca del presidente, hanno avvertito Mosca che agiranno con fermezza in difesa di Kiev, ribadendo quanto detto recentemente dal Segretario alla Difesa, e hanno esortato il Cremlino ad “allentare la morsa”.

Profonda preoccupazione per l’aumento del contingente militare russo sul confine orientale ucraino è stata invece manifestata dall’Alto Rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell e dal segretario di Stato Usa, Antony Blinken. Da Bruxelles, Blinken ha ribadito il sostegno degli Stati Uniti all’integrazione euro-atlantica dell’Ucraina di fronte alle “aggressioni” di Mosca nel Donbass e in Crimea, dopo un incontro con il ministro degli Esteri ucraino, Dmitro Kuleba. Abbiamo già avuto modo di sottolineare come questa possibilità potrebbe far precipitare la situazione spingendo la Russia nell’angolo, evidenziando come lo status di conflitto nel Donbass – che di fatto è ancora una regione dell’Ucraina – possa essere lo strumento che ha Mosca in questo momento per evitare un’evenienza simile, stante le clausole di adesione formale di uno Stato nell’Alleanza Atlantica che non prevedono l’esistenza di conflitti in corso.

La Casa Bianca sembra quindi tendere la mano al Cremlino che, in merito alla proposta di un incontro al vertice, risponde che “studierà” la proposta. Lo ha dichiarato il portavoce Dmitry Peskov aggiungendo che “è ancora prematuro parlare di questo incontro in maniera concreta”. Oggi Putin ha discusso della proposta di Biden con il presidente finlandese, Sauli Niinisto, ma non è stato chiarito se Helsinki si sia già candidata a ospitare l’incontro.

Frattanto, a Mosca, l’ambasciatore Usa, John Sullivan, è stato invitato ad avere un colloquio con l’assistente presidenziale Juri Ushakov: secondo l’agenzia di stampa Sputnik i due avrebbero discusso della risposta di Mosca in caso di eventuali nuove sanzioni da parte degli Stati Uniti, ma riteniamo che in agenda sia stato messa anche la questione del vertice “d’emergenza” tra i due capi di Stato.

FONTE: https://it.insideover.com/politica/tensione-tra-usa-e-russia-per-lucraina-si-muove-la-diplomazia.html

 

 

STORIA

COCAINA DI STATO. CYNTHIA MCKINNEY SULLA DIFFUSIONE DEL “CRACK” NELL’AMERICA DEGLI ANNI ’80

Cocaina di Stato. Cynthia McKinney sulla diffusione del “crack” nell’America degli anni ’80

Quando la droga – in questo caso, la cocaina – è di Stato. Mai, come in questi casi, l’espressione Stato Leviatano è appropriata. Pubblico qui, con relativa traduzione, un significativo contributo di Cynthia McKinney  sulla
diffusione governativa del crack nell’America degli anni ’80. La storia (agghiacciante) raccontata dalla ex deputata americana può essere vista come una continuazione di due precedenti post, che riguardavano la diffusione dell’eroina (in America e in Italia) negli anni ’70:

Blue Moon contro Radio Alice https://www.andreacarancini.it/2013/08/blue-moon-contro-radio-alice-leroina-di/
e

Operazione Blue Moon –
Eroina di Stato 
https://www.andreacarancini.it/2013/09/operazione-bluemoon-eroina-di-stato/
.

Ricordo, in particolare, che il secondo post è un documentario, di circa 45 minuti (trasmesso a suo tempo da La storia siamo noi), su come il governo italiano e i vertici delle forze dell’ordine decisero, all’inizio degli anni ’70, di diffondere la droga – quella vera, quella pesante – presso i giovani, per massacrare il maggior numero possibile di potenziali nemici del sistema[1]. Tutto ciò, sulla falsariga dell’Operation Chaos[2]
già decisa dal governo americano per i propri contestatori. Penso che dovrebbero essere questi i filmati da far vedere nelle scuole, invece delle solite banalità sulla Shoah.

A seguire l’intervento di Cynthia McKinney (via Facebook) e
la mia traduzione:

Cynthia McKinney

Remember
Iran-Contra and the cocaine connection? There was nothing called “crack
cocaine” until the U.S. government wanted to stop the inevitable change
coming to Nicaragua and defeat the Sandinistas that had overthrown the U.S.’s
favorite dictator, Anastasio Samoza. The U.S. policy was to support the
military opposition to the Sandinistas that had been recruited by the U.S., the
Contras. After Congress cut off the funding, well, the White House felt that
operation had to be funded somehow. So, in the bowels of the White House,
political operatives decided to hook millions of Black people on a new,
affordable cocaine concoction: “crack.” Cocaine sales financed the
weapons that the U.S. supplies to the Contras. Oliver North was the point
person. Gary Webb told on the CIA, and then the walls came crashing down all
around him. I met him; I asked him to come and work with me in Congress and
together to ferret out the dirt in Washington, D.C. Imagine what U.S. policy
COULD be like if we had real investigations, with REAL truth telling, with
honest and courageous people elected and on Congressional staffs. The people of
the U.S. are being shortchanged. Big Time!

Ricky “Freeway” Ross, the Black lackey
who distributed the crack so that almost every Black family in the U.S. was hit
with tragedy, went to prison; Gary Webb is dead (suicide); John Millis who
investigated the allegations for the House Intelligence Committee is dead
(suicide); White House counsel under Clinton, Charles Ruff (who reportedly read
the report at the urging of the lead Democrat on the Intelligence Committee) is
dead; the lead Democrat Member of Congress on the Intelligence Committee at the
time, who reportedly took the matter to the White House because of its gravity,
Julian Dixon, is dead. Celerino Castillo was imprisoned on fake charges.
Despite bringing intense pain to millions of Americans, who became addicted to
“crack,” Oliver North and the White House gang were not punished at
all. Despite the wreckage of the Reagan-Oliver North years, Daniel Ortega,
leader of the Sandinistas, is back as President of Nicaragua. But this time, he
has company with Maduro in Venezuela, Morales in Bolivia, Correa in Ecuador,
and Castro in Cuba. The U.S. needs to leave Latin America alone and concentrate
on taking care of its own citizens; the people of the U.S. need to vote in a
revolutionary government as has been done in many countries in Latin America.
We still can do with ballots what we cannot in bullets achieve. Now, we need to
find the right candidates to support!

Kudos
to those willing to make revolution in the streets as well as in the voting
booths!

Traduzione:

Ricordate
la connection Iran Contra-cocaina? Non c’era mai stata una cosa chiamata crack
fino a quando il governo americano volle fermare il cambiamento inevitabile che
veniva dal Nicaragua e sconfiggere i sandinisti che avevano rovesciato il
dittatore preferito dagli Stati Uniti: Anastasio Somoza. La politica americana
fu di sostenere l’opposizione ai sandinisti, quella opposizione che era stata
reclutata dagli americani: i contra. Dopo che il Congresso aveva tagliato i
fondi, ebbene, la Casa Bianca ritenne che l’operazione doveva essere finanziata
in qualche modo. Così, nelle viscere della Casa Bianca, gli operativi della
politica decisero di invischiare milioni di neri con una nuova miscela di
cocaina a buon mercato: il crack. Le vendite della cocaina finanziarono le armi
che gli Stati Uniti fornivano ai contra. L’elemento chiave fu Oliver North.
Gary Webb[3] parlò
della Cia e allora i muri incominciarono a cadergli tutt’intorno. Lo incontrai;
gli chiesi di venire a lavorare con me al Congresso e di scoperchiare la
sporcizia di Washington D. C. Immaginate cosa POTREBBE essere la politica americana
se avessimo delle vere indagini, con diagnosi VERE, con persone oneste e
coraggiose elette [come deputati] e nei loro staff. La gente negli Stati Uniti
viene fregata. Alla grande!

 

Ricky
“Freeway” Ross[4],
il lacchè nero che distribuiva il crack così che quasi ogni famiglia nera in
America venne colpita dalla tragedia, è finito in prigione; Gary Webb è morto
(suicidio); John Millis che indagò sulle accuse per conto della House
Intelligence Committee[5] [l’equivalente
americano del Copasir[6]]
è morto (suicidio)[7]; il
consigliere della Casa Bianca sotto Clinton, Charles Ruff[8] (che si
dice avesse letto il rapporto su sollecitazione del capogruppo democratico in
commissione) è morto; il capogruppo democratico in commissione, che si dice
avesse portato la questione alla Casa Bianca, a causa della sua gravità, Julian
Dixon[9], è
morto. Celerino Castillo[10] è stato
imprigionato in base a false accuse. Nonostante abbiano provocato grandi
sofferenze a milioni di americani divenuti schiavi del “crack”, Oliver North e
la cricca della Casa Bianca non sono mai stati puniti. Nonostante le rovine
degli anni di Reagan e North, Daniel Ortega, leader dei sandinisti, è tornato a
essere Presidente del Nicaragua. Ma questa volta è in compagnia di Maduro in
Venezuela, di Morales in Bolivia, di Correa in Ecuador e di Castro a Cuba. Gli
Stati Uniti devono lasciar stare l’America Latina e pensare a prendersi
cura dei propri cittadini; gli americani devono votare per un governo
rivoluzionario come è stato fatto in molti paesi dell’America Latina. Possiamo
ancora fare con i voti quello che non possiamo fare con le pallottole. Ora,
dobbiamo scoprire i candidati giusti da votare!

Gloria
a quelli che vogliono fare la rivoluzione nelle strade così come nei seggi
elettorali!

[1] Se ne
parla anche qui: http://www.altrestorie.org/print.php?news.1107

[2] Se ne
parla anche qui: http://www.ritaatria.it/Portals/0/Documenti/PiazzaFontana/Atti_2.pdf

[3] http://it.wikipedia.org/wiki/Gary_Webb
. I riferimenti a Wikipedia, qui, come nelle note seguenti, sono meramente
orientativi e non implicano una condivisione delle eventuali inesattezze e
imprecisioni contenute nelle voci in oggetto.

[4] http://en.wikipedia.org/wiki/%22Freeway%22_Rick_Ross

[5] http://en.wikipedia.org/wiki/United_States_House_Permanent_Select_Committee_on_Intelligence

[6] http://it.wikipedia.org/wiki/Comitato_parlamentare_per_la_sicurezza_della_Repubblica

[7] http://www.scribd.com/doc/129840433/House-Intelligence-Committee-HPSCI-staff-director-John-Millis-commits-suicide-June-4-2000

[8] http://en.wikipedia.org/wiki/Charles_Ruff

[9] http://en.wikipedia.org/wiki/Julian_C._Dixon

[10] http://en.wikipedia.org/wiki/Celerino_Castillo_III

 

FONTE: https://www.andreacarancini.it/2013/10/cocaina-di-stato-cynthia-mckinney-sulla/

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