RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 11 APRILE 2022

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RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 11 APRILE 2022

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

La gente uccide per il denaro e per il potere.

Ma gli assassini più spietati sono quelli che uccidono per le proprie idee.

ANTHONY DE MELLO, Shock di un minuto, Paoline, 1997, pag.15

 

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SOMMARIO

Guerra e pandemia stessa strategia
LA GUERRA DI RAPINA DEGLI USA ALLA RUSSIA (E ALL’EUROPA)
Sergio Romano sulle finalità della NATO e il bisogno di Occidente della Russia
National Endowment for Democracy cancella i dati sui finanziamenti all’Ucraina
Snowden: l’allarmismo della Casa Bianca sull’Ucraina serve a distogliere l’attenzione dalla CIA
Gli alunni imbrattano i bagni di feci, la maestra li sgrida, i genitori la denunciano. Condannata a 50 giorni di reclusione
Situazione Russo-Ucraina: Perché?
Attenzione alle parole di Khordokovsky
Dieci tesi sul presente conflitto
L’Idea di Equidistanza
QUESITO STRUGGENTE
PUBBLICO ENTUSIASTA PER RHYTHM, CONCERTO DI BARBARA & CLAUDIA.
Concerti da sold out per BARBARA & CLAUDIA
Ucraina ordina di non ballare Cajkovskij, a Vicenza viene cancellato “Il lago dei cigni”
La scelta imposta dalla propaganda non è una vera scelta
Ucraina, dubbi su Hunter Biden e i biolab: le email che lo inchiodano
GUERRA: C’E’ DEL METODO NELLA FOLLIA DELLE CANCELLERIE OCCIDENTALI
LA CASA È SEMPRE DI PIÙ UN LUSSO
Transizione, deglobalizzazione, digitale: il futuro secondo BlackRock
Titanismo
ITALIA ANELLO DEBOLE NEL MEDITERRANEO
2020-2022 – Il Triangolo Geopolitico è in movimento/1
Il “nuovo ordine mondiale” di Biden
McKinseyGate: il governo ombra francese e l’ascesa dello Stato corporativo
C’è un senso alle cose e alla politica italiana?

 

 

 

IN EVIDENZA

Guerra e pandemia stessa strategia

di Alceste De Ambris

Prendo spunto dall’articolo di Pasquale Cicalese, secondo cui “C’è del metodo nella follia delle cancellerie occidentali”.

Le gravi sanzioni economiche e finanziarie alla Russia, in particolare il divieto di utilizzare per i pagamenti il sistema di transazione interbancario Swift e il congelamento delle riserve depositate dalla Banca centrale russa presso le altre Banche centrali, da una parte appaiono esorbitanti e sproporzionate, e d’altra parte sembrano danneggiare di rimbalzo le stesse economie europee. Tale atteggiamento bellicoso delle cancellerie occidentali (compreso l’invio di armi), per nulla orientato a trovare a una soluzione diplomatica al conflitto, fa sospettare che nasconda un’intenzione non dichiarata. Lo stesso si può dire per l’atteggiamento apparentemente “suicida” del governo ucraino, evidentemente eterodiretto, che sembra porsi l’obbiettivo di prolungare e rendere il conflitto più cruento, coinvolgendo i civili, così da suscitare una reazione emotiva anti-russa.

E il piano perseguito, secondo Cicalese, sarebbe appunto quello di “staccare l’Europa dalla Russia” in modo definitivo, e costruire una “cortina di ferro economica” che divida il mondo il due blocchi: il capitalismo occidentale da una parte, e il tutto resto dall’altra parte.

In questa seconda categoria individuo (nell’incertezza su come si collocheranno America latina e Africa) soprattutto il “blocco asiatico”: Russia, Cina, Iran e paesi alleati/satelliti di questi (riuniti nella S.C.O.). La strategia perseguita, implicante una sostanziale de-globalizzazione, metterebbe al riparo i paesi occidentali dalla concorrenza, economica ma anche ideologica e politica, del blocco asiatico. Tale blocco è ora in procinto di acquisire il primato mondiale a livello tecnologico e militare, ma, costretto all’isolamento, perderebbe gran parte del proprio slancio.

L’intuizione mi pare buona. La guerra in Ucraina, se è vero che l’iniziativa è apparentemente russa, d’altra parte è l’effetto di una serie di provocazioni della Nato e del governo ucraino, che rendevano prevedibile, prima o poi, un qualche intervento armato. La “guerra preventiva” è certamente contraria al diritto internazionale (e come tale va condannata), ma non è un’invenzione russa: è stata teorizzata e praticata proprio dagli Stato Uniti (e da Israele).

Vi è qualche legame tra questo piano e “l’operazione Covid”, che ha imperversato negli ultimi due anni, per poi arrestarsi improvvisamente (non sappiamo se sia stata abbandonata o sia solo “in pausa”), proprio in concomitanza con la crisi ucraina? A mio parere si può notare una certa analogia tra le due situazioni, entrambe guidate da campagne mediatiche martellanti e unidirezionali, chiaramente dirette a uno scopo. Nel 2020 si trattava di porre le fondamenta della medesima “cortina di ferro”, ma nei confronti dell’altro nemico, la Cina; una barriera economica (blocchi delle fabbriche, delle catene di approvvigionamento, dei trasporti ecc.) e ideologica (sentimento anti-cinese pompato ai massimi livelli). Già in precedenza si era cercato in ogni modo di ostacolare l’integrazione tra il continente europeo e quello asiatico, boicottando la Nuova via della seta, bloccando la costruzione di gasdotti ecc.

Si trattava inoltre di usare la pandemia come pretesto per introdurre un’involuzione autoritaria nei paesi occidentali, sperimentando una serie di tecniche di controllo sociale (stato di emergenza, arresti domiciliari di massa, confinamenti, coprifuoco, censura, apartheid ecc.), che si suppone rimarranno, anche se dovesse terminare la pandemia, con altri pretesti (crisi energetiche, climatiche ecc.).

La mia teoria è che le Oligarchie finanziarie, che controllano il “blocco atlantista”, considerano i territori asiatici e medio-orientali come ormai “persi” (si veda il ritiro dall’Afghanistan, e l’abbandono della strategia di destabilizzazione dei paesi ostili tramite il finanziamento di movimenti islamisti). Impossibilitati a impossessarsi delle materie prime e dei mercati di questi territori, hanno deciso di “ripiegare” verso l’interno, aumentando il tasso di sfruttamento e di accumulazione nei paesi occidentali sotto il proprio controllo. È una logica da colonialismo: se una colonia non rende più, sarà un’altra a dover compensare le perdite.

Di per sé una minore globalizzazione (intesa come limitazioni alla libertà di movimento dei capitali) sarebbe  un vantaggio per le classi lavoratrici, che possono recuperare “potere contrattuale”; ma è proprio ciò che si vuole evitare. Il progetto è semmai di continuare con il modello liberista nella versione finanziaria e oligopolistica: austerità, tagli della spesa sociale, disoccupazione e precariato, privatizzazioni, tassazione elevata (da cui sono esentati, un po’ come i nobili dell’ancient regime, solo le élite multimiliardarie), “distruzione creativa” della piccola impresa a vantaggio delle multinazionali straniere (magari con pretesti ecologici), Stati deboli e indebitati ecc.

Questo progetto incontra naturalmente l’ostilità delle popolazioni occidentali, in particolare della classe media, in quanto detentrice di patrimoni, accumulati durante i decenni di economia keynesiana, di cui le Oligarchie intendono impossessarsi. Per sedare questa potenziale opposizione, che tipicamente prende la forma di movimenti e partiti “populisti” (in assenza di partiti socialisti che assumano l’egemonia) sono stati messi in campo la strategia della paura e i dispositivi pseudo-sanitari di cui si è detto.

In questa nuova “guerra fredda” va notata un’asimmetria, che sfugge a certe analisi geopolitiche tese a inquadrare ogni scontro in termini nazionali o di civiltà (magari nella forma “terra contro mare”), trascurando il fattore “lotta di classe”. Il blocco asiatico è composto da Stati-nazione tradizionali, che in qualche modo rispondono a propri cittadini, dei cui interessi devono più o meno tenere conto.

In occidente invece gli Stati sono di fatto tenuti in ostaggio da Poteri transnazionali, tramite una serie di meccanismi (soggezione all’Unione europea, ricatto dei “mercati” nel finanziamento del debito pubblico, controllo dei media e quindi dell’opinione pubblica, “stato profondo” occupato dalle oligarchie ecc.). I governi applicano i piani stabiliti dall’esterno, e i parlamenti ratificano ciò che è deciso dai governi (il caso italiano è emblematico). I politici sono tendenzialmente burattini del Sistema, attori che volenti o nolenti devono recitare lo stesso copione. Ciò implica una sostanziale indifferenza dei decisori politici per il benessere dei cittadini: crisi economiche, carenze energetiche, misure liberticide, guerre ecc., se utili, verranno consentite, in quanto gli unici a risentirne sono le popolazioni locali. Il coraggio di prendere decisioni impopolari è anzi considerato segno di maturità degli esponenti politici, sempre pronti ad accettare con eroismo i “sacrifici necessari”, visto che questi sacrifici ricadono sulla gente comune e non sui propri mandanti.

Se Kennedy è riuscito a risolvere la crisi dei missili a Cuba, senza provocare la terza guerra mondiale, è perché aveva a cuore, in qualche modo, la sorte degli Americani. Chi potrebbe dire lo stesso di Draghi o di altri? Per questi motivi occorre che l’Italia mantenga una posizione neutrale nel conflitto, senza farsi trascinare in pericolose avventure dai propri irresponsabili rappresentanti.

FONTE: https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/22758-alceste-de-ambris-guerra-e-pandemia-stessa-strategia.html/

 

 

LA GUERRA DI RAPINA DEGLI USA ALLA RUSSIA (E ALL’EUROPA)

 

 

 

Sergio Romano sulle finalità della NATO e il bisogno di Occidente della Russia

4 giugno 2018
Sergio Romano, ex ambasciatore ed editorialista del Corriere della Sera, ha presentato il suo nuovo libro “Atlante delle Crisi Mondiali” il 16 maggio 2018 presso palazzo Clerici, la sede dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale di Milano.
[Trascrizione del testo del video del 4 giugno 2018:]
È finita la guerra fredda e gli Stati Uniti hanno avuto l’impressione di averla vinta, anzi si sono convinti di averla vinta e il vincitore ha sempre, nella percezione del vincitore più diritti di quanti ne abbia il presunto sconfitto. E allora che cosa è accaduto? E’ accaduto che, dopo qualche tentativo di dialogo all’epoca del vecchio Bush, soprattutto il primo Bush, ma anche il secondo Bush, con il vertice di Pratica di Mare nel 2002, se non sbaglio, avevano in qualche modo un dialogo con la Russia lo avevano tentato. Poi ad un certo punto, ha prevalso nella élite politica diplomatica e militare degli Stati Uniti che c’era un mondo che si era liberato dalla Russia e che ciascuno di quei Paesi ex satelliti aveva bisogno di essere aiutato per sviluppare la propria economia  per ricostruire lo Stato, per modernizzarlo. E allora si sono detti: aiutiamoli e inseriamoli nel quadro di una “alleanza” egemonizzata dagli Stati Uniti. Stiamo parlando della NATO.
E allora hanno accolto uno dopo l”altro tutti i Paesi fino alle vecchie frontiere dell’Unione Sovietica E Sono andati oltre le vecchie frontiere dell’URSS con i Paesi del Baltico. E se ci fossero riusciti, nel 2008 avrebbero fatto lo stesso con la Georgia e l’Ucraina,
Ora, la NATO è considerata un’alleanza, ma è un’alleanza sui generis e non come quelle del passato. Le alleanze ottocentesche erano delle promesse reciproche: ci aiuteremo se abbiamo lo stesso nemico e, soprattutto, diamoci una mano in altre cose, perché no.
La NATO è un’alleanza politico-militare in cui esiste un esercito permanente integrato, esiste un comando che lavora 24 ore su 24 con un comandante supremo, che è in realtà un capo di stato maggiore di tutti i Paesi dell’alleanza atlantica, ma è sempre americano. E questo capo di stato maggiore fa esattamente tutto quello che fanno tutti i C.S.M. cioè preparano la prossima guerra. E per preparare la prossima guerra bisogna sapere con chi farla, perché se lei prepara una prossima guerra, quale che sia, senza avere un’idea precisa di chi sia il nemico, non riesce a programmare niente. E allora bisogna che ci sia il nemico, e il nemico c’è e, guarda caso, l’establishment militare americano non rinuncia a quel nemico. Non ha alcuna intenzione di rinunciare a quel nemico. E allora si mette nei panni di un Paese che vede avanzare verso le proprie frontiere un’alleanza politica e militare il cui scopo è quello di preparare la guerra.
Perché dovremmo continuare a dire che la NATO è un’organizzazione pacifica in cui si studia il mondo, si fanno studi. Non mi semmbra che si possa dire e mi sembra che sia anche ipocrita cercare di farlo credere. Io capisco le reazioni della Russia perché, probabilmente, se io fossi al loro posto, avrei esattamente le stesse reazioni.
Quando si negoziò la riunificazione della Germania, Gorbaciov e l’allora presidente degli Stati Uniti, che era ancora Reagan in quella fase,  poi divenne Bush, quando si trattò di riunificare, fu chiesto il parere dell’Unione Sovietica. Gorbaciov disse di non creare basi militari della NATO nella Germania orientale. In altre parole, voleva un confine militare fra le due Germanie, anche dopo l’unificazione. Che cosa hanno fatto? Hanno tenuto conto di quell’impegno che avevano preso in forma verbale. L’errore fu quello di non averlo trasformato in un trattato, ma l’impegno esisteva. Lo stesso ambasciatore USA ne parla nelle sue memorie e nessuno lo contraddice. Tutti dicono: noi, in fondo, volevamo aiutare, volevamo stabilizzare la regione. Bravi! L’avete destabilizzata non stabilizzata!
Ora, a questo punto non sono sorpreso, direi una bugia se dicessi che sono sorpreso dalle reazioni della Russia. Questo mi da molto fastidio perché conosco un po’ quel Paese. So che la Russia ha uno straordinario bisogno di modernizzazione, È un Paese con potenzialità economiche che non sono mai state veramente sfruttate perché hanno sempre prevalso altri concetti, altre ideologie. Insomma, è un Paese che può e deve modernizzarsi, se vuole continuare a nutrire i suoi cittadini. Modernizzarsi non si può fare senza l’aiuto dell’Occidente perché le tecnologie e le ideologie della modernità vengono tutte dall’Occidente e dell’occidente la Russia ha enormemente bisogno e sa di averne bisogno.
Agli inizi della sua prima presidenza, Putin era chiaramente un modernizzatore . Ad un certo punto ha smesso di esserlo e da sola, non esiste possibilità per la Russia di modernizzarsi. Io non conosco altri due blocchi economici che abbiano una tale complementarietà. La Russia è ricca di materie prime e non soltanto di petrolio, materie prime di cui noi possiamo fare buon uso, ma d’altro canto, ha bisogno di nuove tecnologie e di collaborazione in progetti di modernità. Questo non accade.  Non solo non accade ma la sanzioniamo e sanzionandola finiamo anche per punire  quelle industrie europee che esportano verso la Russia e che hanno con la Russia un rapporto economico positivo. Quindi, è veramente come pestarci i piedi entrambi contemporaneamente. Non mi sembra giusto!
FONTE: https://www.youtube.com/watch?v=oI5hOyJK82U

 

 

National Endowment for Democracy cancella i dati sui finanziamenti all’Ucraina

Jeremy Kuzmarov, CAQ 7 marzo 2022
La cancellazione era necessaria per preservare la grande menzogna dellinvasione russa non provocata
Il National Endowment for Democracy (NED), una propaggine della CIA fondata all’inizio degli anni ’80 per le iniziative di “promozione della democrazia” nel mondo, cancellava tutte le registrazioni dei piani di finanziamento in Ucraina dal loro database “Ricerca delle sovvenzioni concesse”. La pagina web archiviata presa il 25 febbraio 2022 alle 14:53 mostra che NED concesse 22394281 di dollari sotto forma di 334 premi all’Ucraina, dal 2014 ad oggi. La presa alle 23:10 dello stesso giorno mostra “alcun risultato trovato” sull’Ucraina. Al momento, c’è ancora “alcun risultato trovato” sull’Ucraina. La ricerca utilizzando “Ucraina” come parola chiave (al contrario di “Paese del progetto” nelle acquisizioni originali) porta ancora a “alcun risultato trovato”. La ricerca dei titoli dei piani finanziati elencati nell’ultima presa dello schermo “intatta” non produce risultati. Inoltre, gli attuali criteri di ricerca nel database venivano limitati, in precedenza era possibile cercare finanziamenti dal 2014 a oggi, attualmente solo dal 2017 a oggi tramite i menu a discesa. C’erano diverse notizie prima del 25 febbraio confermando l’importo di 22394281 dollari.

Convalida della grande bugia
La cancellazione dei registri della NED è necessaria per convalidare la grande bugia dell’amministrazione Biden, riecheggiata dai media, secondo cui l’invasione russa dell’Ucraina era “improvvista”. In una dichiarazione di solidarietà coll’Ucraina, NED riconosceva di essere “orgogliosa partner dei gruppi della società civile, media e difensori dei diritti umani ucraini dal 1989, prima che il popolo ucraino dichiarasse l’indipendenza nel 1991, quando affrontò enormi sfide nella costruzione di un Paese indipendente e libero”. Il presidente della NED Duane Wilson ammise in un forum NED sull’Ucraina il 4 marzo che l’Ucraina era il quarto maggiore programma di sovvenzioni della NED nel mondo. Wilson affermò che “la dotazione è orgogliosa di avere l’Ucraina come partner principale dal 1989, prima dell’indipendenza, a sostegno delle organizzazioni della società civile ucraina”.

Smascherare i crimini di guerra russi ma non ucraini
L’agenda anti-russa del NED era dettagliata da uno dei relatori al forum del 4 marzo, Olha Aivagurski, che affermò che gran parte del suo lavoro con una ONG finanziata dal NED si concentrava sulla documentazione dei crimini di guerra russi. Furono trascurati i crimini di guerra dell’esercito ucraino, la cui portata è dettagliata in un nuovo documentario di RT News “Donbass, ieri, oggi e domani”. Include video di fosse comuni nel Donbass dove le milizie neonaziste aggregate all’esercito ucraino massacrarono e seppellirono centinaia di civili. [1] Il NED, tuttavia, si impegna a spacciare la narrativa cartoonesca che ritrae l’Ucraina come valoroso Davide che combatte il malvagio orso russo.

Rivoluzioni colorate
Il NED svolse un ruolo fondamentale nell’innescare il conflitto con la Russia sostenendo due rivoluzioni colorate contro il leader filo-russo dell’Ucraina Viktor Janukovich, potenziale successore di Volodimir Zelenskij se la Russia vincesse. La rivoluzione colorata del 2004 sostituì Janukovich con Viktor Jushenko, che favorì l’ammissione dell’Ucraina alla NATO e adottò un programma di aggiustamento strutturale del Fondo monetario internazionale (FMI) a vantaggio degli investitori statunitensi mentre tagliava i programmi sociali. Gli attivisti del NED utilizzarono un’ampia strategia di pubbliche relazioni che includeva: a) trasporto in autobus di manifestanti pagati a Kiev; b) creazione di una stazione di protesta televisiva online e di materiale di agitazione; e c) fornire formazione offshore ai capi studenteschi anti-Janukovich. La strategia si basava sugli scritti di Gene Sharp e sul modello che il NED usò in Serbia col gruppo giovanile “Otpor”, che garantì la sconfitta del socialista Slobodan Milosovic nelle elezioni del settembre 2000.
Un approccio parallelo fu usato durante la rivolta di piazza Maijan del febbraio 2014 che portò alla cacciata di Janukovich, rieletto nel 2010, e all’avvento di un regime filo-occidentale a Kiev. Nell’autunno 2013, il NED nominò un collega di Dante Fascell. Sergej Lessenko, giornalista che accusò Janukovich di aver dato allo stratega del partito repubblicano Paul Manafort 1,2 milioni di dollari come consulente politico. [2] Come segno dell’influenza della NED, il presidente ucraino Petro Poroshenko (2014-2020), uno dei beneficiari del golpe Majdan, ora in attesa di processo per tradimento, aveva conferito alla dottoressa Nadia Diuk l’Ordine della Principessa Olga, una delle alte onorificenze dell’Ucraina, [42] ex-vicepresidentessa e consigliere del NED per Europa e Eurasia.

Preservare la finzione di un’invasione russa non provocata
Nel 2020, NED diede 4,6 milioni di dollari all’Ucraina per scopi che includevano la sensibilizzazione sulle presunte violazioni dei diritti umani da parte della Russia in Crimea e nell’Ucraina orientale e fomentare opposizione e resistenza alla Russia. L’ampia portata del programma della NED chiarisce l’importanza dell’organizzazione. Tuttavia, coll’intento dell’amministrazione Biden di preservare la finzione che l’invasione/controffensiva russa non fosse provocata, censura e cancellazione dei documenti sono necessarie.

1. il giornalista statunitense citato nel film, George Eliason, dichiarò di aver inviato ripetutamente segnalazioni di crimini di guerra ai media nordamericani che le ignoravano.
2. Successivamente Leshenko entrò nel parlamento dove fece pressioni per l’integrazione dell’Ucraina in Europa. All’epoca, Leshenko entrò nel partito di Petro Poroshenko, ma poi sostenne il neoliberista Volodimir Zelenskij. Quando la Russia invase l’Ucraina nel febbraio 2022, Leshenko paragonava Vladimir Putin ad Adolf Hitler.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

FONTE: http://aurorasito.altervista.org/?p=23079

 

 

Snowden: l’allarmismo della Casa Bianca sull’Ucraina serve a distogliere l’attenzione dalla CIA

Resumen latinoamericano, 17 febbraio 2022

L’ex-agente della CIA indicava la notizia che l’agenzia di intelligence è coinvolta nella raccolta di dati dei nordamericani senza l’autorizzazione del Congresso del Paese. Edward Snowden, l’ex-agente di National Security Agency (NSA) e CIA che svelò nel 2013 l’esistenza di massicci programmi di spionaggio elettronico negli Stati Uniti, affermava che la valanga di notizie false sull’invasione dell’Ucraina, con le date esatte e i tempi dell’offensiva, fa parte del piano della Casa Bianca per distogliere l’attenzione da un’altra questione che coinvolge direttamente i servizi d’intelligence. “Ora che l’invasione promessa non si è concretizzata, forse potremmo dare un’altra occhiata alla storia che si diffonde, quando la Casa Bianca fu improvvisamente sopraffatta da un misterioso e inspiegabile desiderio di cambiare le notizie”, scriveva Snowden su Twitter, insieme al collegamento a un articolo del Washington Post.

Ritiro accidentale?
Il materiale rivela che la CIA, nell’ambito delle operazioni d’intelligence estera, sarebbe coinvolta nella raccolta di dati di cittadini statunitensi senza l’autorizzazione del Congresso. Così suggeriva una lettera parzialmente declassificata dai senatori Ron Wyden e Martin Heinrich del Comitato dell’intelligence del Senato. In particolare, i membri del Congresso affermavano nella lettera, inviata il 13 aprile 2021 al direttore dell’Intelligence Nazionale Avril Haines, e al direttore della CIA, William Burns, che detta agenzia ha un programma segreto di raccolta di dati che include informazioni sui cittadini statunitensi. Wyden e Heinrich notavano che il programma opera “del tutto al di fuori del quadro legale che il Congresso e il pubblico ritengono governi tale raccolta”. In considerazione di ciò, il legislatore chiedeva maggiore trasparenza, anche in riferimento alla tipologia delle informazioni raccolte.
Dopo che la lettera fu svelata, la CIA assicurò che “nel corso di qualsiasi riscossione legale” l’agenzia può ottenere “tra l’altro informazioni sui nordamericani in contatto con cittadini stranieri”. Allo stesso tempo, scoprirono che l’ente conserva i dati sui propri cittadini “in conformità con le procedure approvate dal procuratore generale che limitano la capacità della CIA di raccogliere, conservare, utilizzare e diffondere informazioni”. Inoltre, l’agenzia pubblicò una serie di raccomandazioni sul programma redatte da un comitato di osservazione interno.

La storia si ripete
Wyden e Heinrich si battono da anni per una maggiore trasparenza delle agenzie di intelligence statunitensi. Nel 2013, Wyden chiese all’allora direttore della National Intelligence James Clapper se la NSA avesse raccolto “qualsiasi tipo di dati su milioni o centinaia di milioni di nordamericani”. La prima risposta di Clapper fu negativa, ma in seguito aggiunse: “Non consapevolmente”. Nello stesso anno Snowden rivelò che la NSA ebbe accesso a vasti volumi di dati da provider Internet e milioni di registri delle società di telecomunicazioni statunitensi. Ed anche rivelò ai cittadini lo spionaggio su larga scala da Stati Uniti e Regno Unito, Snowden denunciò che i servizi speciali di tali Paesi intercettavano illegalmente i leader di altri Stati. Dopodiché, l’ex-contrattista della CIA chiese asilo in alcuni Paesi fino ad averla in Russia, dove vive oggi.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

FONTE: http://aurorasito.altervista.org/?p=22668

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

Gli alunni imbrattano i bagni di feci, la maestra li sgrida, i genitori la denunciano. Condannata a 50 giorni di reclusione

4 04 2022 Di redazione
Una docente è stata denunciata e, dopo oltre quattro anni di processo, il Tribunale di Parma l’ha condannata a un mese e 20 giorni di reclusione (con il beneficio della sospensione condizionale e della non menzione) per “abuso dei mezzi di correzione”.

La ricostruzione della vicenda

Dopo che una collaboratrice scolastica si era lamentata delle condizioni dei bagni imbrattati di feci, la maestra ha redarguito gli alunni che, all’epoca, frequentavano la quinta classe di una scuola primaria di un istituto comprensivo della provincia di Parma dove la docente era stata chiamata per una supplenza.

L’insegnante sostiene di essersi limitata a richiamare gli alunni all’ordine, minacciando di rivolgersi al dirigente scolastico. Alcuni bambini della quinta classe della scuola primaria, invece, raccontarono in lacrime ai genitori di essere stati ricoperti di insulti.

Dopo i richiami fatti agli scolari, alcuni genitori l’hanno denunciata. La donna, che è finita a giudizio per “abuso di mezzi di correzione”, ha avuto la “magra consolazione” che anche l’accusa ne chiedesse l’assoluzione di fronte all’evidente irrilevanza penale della contestazione. Non è stato dello stesso avviso, però, il giudice che l’ha condannata.

La Gilda: “Troppo comodo scaricare tutto sui docenti”

La Gilda degli Insegnanti di Parma e Piacenza, tramite il suo coordinatore Salvatore Pizzo, auspica che l’insegnante “scelga di ricorrere nei successivi gradi di giudizio e ancora una volta rivendica che le autorità preposte non procedano solo e sempre a carico degli insegnanti, anche in questo caso pare che nessuno abbia agito per l’evidente ‘colpa in educando’ contro i genitori”.

“La ‘colpa in educando’ è ben richiamata non solo nel Codice Civile (art. 2048), ma anche nella Costituzione (art.30). Non si è mai vista un’amministrazione pubblica essere così reticente di fronte a fatti evidenti. Troppo comodo scaricare tutto sui docenti”, si legge in una nota del sindacato.

FONTE: https://www.orizzontescuola.it/gli-alunni-imbrattano-i-bagni-di-feci-la-maestra-li-sgrida-i-genitori-la-denunciano-condannata-a-50-giorni-di-reclusione/

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Situazione Russo-Ucraina: Perché?

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Riceviamo e pubblichiamo l’opinione di Daniele Carozzi sul conflitto russo ucraino che, come ha detto ieri Papa Francesco, è stato lungamente preparato con il commercio d’armi.

Con il dissolvimento dell’Unione Sovietica nel 1991, le trasformazioni nei Paesi ex-satelliti furono numerose e talvolta cruente. Nella neonata nazione Ucraina, ad esempio, andava crescendo il distacco dalla lingua e cultura russe, rispetto ad una sempre più forte identità ucraina e democratico-occidentale, che guardava con attenzione e affinità verso l’Unione Europea. Nella mappa sotto si evidenzia la presenza in Ucraina di popolazioni russofone (il che non necessariamente significa russofile) rilevata nel 2001, dove secondo un censimento si definiva di identità ucraina il 78,8% della popolazione. Nel 2015, secondo il Centro Razumkov, gli ucraini erano arrivati all’86%. E oggi la percentuale è salita al 92%. Secondo lo studio, la quota di coloro che si considerano ucraini è più alta tra i più giovani dai 18 ai 22 anni (96,2%). Mentre è invece inferiore al 90% tra gli over 60. Tale fenomeno non solo veniva osservato con preoccupazione dalla Russia la quale, fin dai tempi dell’URSS di Stalin, soffre di “sindrome dell’accerchiamento e dell’invasione” da parte dell’Occidente, ma la situazione creò forti dissonanze fra russofili e non all’interno della stessa Ucraina, fino a scoppiare nella rivoluzione del 2014, che vide la fuga del Presidente russofilo Janukovyc. Una rivoluzione culminata in vera e propria guerra civile tra popolazione russofona (e russofila) e il preminente movimento Euromaidan che guardava ad una forma liberale e democratica vicina alla Unione Europea.

L’occupazione della Crimea

Nella guerra civile ucraina vi furono forze paramilitari del cosiddetto Donbass (le regioni russofone di Donec’k e Luhansh’k) e della Crimea, che si scontrarono con Forze Armate ucraine (o appartenenti al movimento Euromaidan) e ciò provocò da una parte e dall’altra numerosi morti, sia in uniforme che civili. Nel marasma generale, sostenuto con truppe che indossavano una non identificabile uniforme, nel 2014 avviene l’occupazione russa della Crimea. Ciò per i seguenti motivi:

  • La popolazione della Crimea (che oltretutto dispone ancora di una forte comunità di discendenti italiani là rimasti dopo la guerra del 1853 con le truppe inviate da Cavour) è fortemente russofona, e la Russia aveva quindi il pretesto per difenderla dalle provocazioni e dagli eccidi ucraini.

  • Alla Russia interessano i “mari caldi”. I suoi mari sono estesissimi ma freddi, ghiacciati per buona parte dell’anno. Viceversa, con la possibilità del “caldo” Mar Nero, è assicurato l’accesso (attraverso gli stretti dei Dardanelli e del Bosforo del Mar di Marmara) al Mar Mediterraneo. Con il duplice scopo di Commercio civile e… controllo militare.

  • La Crimea ha infine dato alla Russia la possibilità di piazzare armi nucleari in una zona strategica del Sud Europa, diminuendo un poco la sua “sindrome da accerchiamento”. Attualmente si conta che in Crimea siano stanziati circa 40 mila militari del Cremlino.

I dati, gravi in termini di morti e scontri fra le fazioni interne (pur con aiuti sottobanco dalla Russia e dalla NATO) che se le sono date di santa ragione (gli Euromaidan non furono di certo leggeri con i russofoni), non sono stati riportati con la dovuta eco da parte dei media occidentali in quanto ritenuta una questione interna, una rissa civile che avrebbe dovuto comunque risolversi senza ingerenze esterne. Oltre a ciò, la imponente percentuale di russofoni (e russofili) in Crimea lasciava intendere una sorta di diritto alla “autodeterminazione” dei popoli, secondo la (tuttora attuale) visione del Presidente americano Wilson (1856 – 1924).

Le crescenti preoccupazioni della Russia

La Russia avrebbe potuto accontentarsi della occupazione della Crimea senza invadere l’Ucraina? No, almeno per due motivi. Il primo è che il governo ucraino non intende accettare ufficialmente la perdita di una regione come la Crimea, pur se russofona (e russofila). Il secondo è che con il presidente ucraino Porosenko prima (2014 – 2019) e Zelenskyj poi, va crescendo nella nazione la… voglia di Unione Europea e di NATO. Effetti che hanno fatto scatenare l’ira di Putin il quale, già immaginando basi missilistiche USA piazzate in Kiev, rispolvera l’antica e mai dimenticata tradizione da Gengis Khan allo Zar fino a Stalin di convincere con le armi anziché con la diplomazia e mette in campo quello che durante l’imperialismo dell’Unione Sovietica aveva come messaggio “fratelli, amici della Russia, veniamo ad aiutarvi”. Con i carri armati. Dunque il 24 febbraio 2022 le forze militari del Cremlino invadono il territorio ucraino nel tentativo di un blitzkrieg (guerra lampo), in Russia denominato “Operazione speciale”, che però sta ormai durando da oltre un mese senza risultati definitivi.

Ecco le forze in campo nei due schieramenti (immagine). Giusto per fare qualche paragone, con 60 milioni di abitanti l’Italia ha Forze Armate (Aeronautica, Marina ed Esercito) per un totale di quasi 170 mila uomini, di cui 96 mila nell’Esercito. La nostra nazione spende, per la Difesa, l’1,3 % del PIL, leggermente aumentato negli ultimi due anni (ma il Lussemburgo spende l’1,4%…) quando l’accordo NATO prevedeva, fin dal 2014, di raggiungere almeno il 2% per ognuno dei Paesi della U.E. Quota che, nonostante il clima fortemente pacifista, sotto l’effetto del conflitto ucraino verrà da noi raggiunta soltanto entro il 2025. Gli USA spendono il 4,3%, la Russia il 4%, la Cina il 7,5%, il Portogallo il 2,1%, il Regno Unito e la Francia il 2,3%.

(fonte: relazione gen. Arnò, convegno ISPG marzo2022)

Gli obbiettivi della Russia

Tuttavia, nonostante i numeri a confronto, l’avanzata delle Forze Armate russe sembra avere il fiato grosso e una gamba zoppa. La strategia militare dice che se vuoi il blitz rapido devi aggredire con obbiettivi chiari e forze che siano almeno il triplo di quelle dell’avversario. Evidentemente esistono realtà diverse fra i due schieramenti. Ad esempio:

  • La conoscenza del terreno da parte degli ucraini

  • La forte motivazione del popolo ucraino a difendere la propria terra

  • La propaganda ampia, efficace e suadente di Zelenskyj (non priva di qualche fake), che si appella a valori religiosi, patriottici e della tradizione

  • La scarsa motivazione delle truppe russe, che non hanno esattamente compreso il motivo di questa “operazione speciale” verso quella che ritenevano una nazione sorella

  • La simpatia e solidarietà che il popolo ucraino ha attirato su di sé in quanto Stato sovrano vittima di una aggressione

  • Il poco scrupolo dei russi che, pur disponendo oggi di tecnologie che consentono di centrare obbiettivi militari risparmiando il più possibile i civili, sembrano non curarsi di questo problema attirandosi le più aspre critiche da parte del mondo civile

Ipotesi sulle vere finalità

Putin è stato chiaro. Ha messo subito in evidenza che per fermare la sua intromissione armata devono verificarsi questi tre eventi:

  1. La dichiarazione ufficiale, da parte dell’Ucraina, di accettare l’annessione della Crimea alla Russia

  2. La dichiarazione ufficiale che l’Ucraina non apparterrà mai alla Unione Europea e men che meno alla NATO, rimanendo così uno stato “cuscinetto” a tutela dei confini di mamma Russia.

  3. L’annessione del Donbass (Provincie di Donec’k e Luhans’k alla Russia in quanto occupate da popolazione russofona – e russofila -).

In realtà vi sono leciti dubbi che, oltre ad impossessarsi delle provincie del Donbass, Putin voglia annettersi Odessa e, prendendo tempo, spostarsi ancora più a Ovest, fino a raggiungere uno Stato di cui nessuno parla: la Transnistria, capitale Tiraspol. La Transnistria (in rosso nella foto sotto), che sembra avere un nome onomatopeico, è una sottile striscia di terra situata fra la Moldavia e il Sud dell’Ucraina. Essa è russofona e nostalgica dell’URSS. Lì il Cremlino potrebbe avere la sua meta finale perché piazzando armi, anche di tipo tradizionale, con l’alleata Bielorussia, circonderebbe per buona parte l’Ucraina in modo da “tenerla sotto schiaffo” e garantendosi una sorta di “terra di nessuno” a tutela della sicurezza della Russia.

Probabilmente il mostrare i muscoli di Putin non intende arrivare ad una guerra nucleare (sarebbe troppo stupido), ma semplicemente occupare la Transnistria.

I giochi sono ancora aperti, vedremo come andrà a finire. Comunque, la Storia è sempre generata dai rapporti di forza. Vince, e vincerà, sempre il più forte. Potranno essere forze della ragione o dell’errore, ma… con la ragione del più forte. Tutto il resto è utopia.

Si vis pacem, para bellum

Daniele Carozzi

FONTE: https://www.civica.one/situazione-russo-ucraina-perche/

 

 

Attenzione alle parole di Khordokovsky

Tra le righe si legge la serietà della minaccia nucleare di Putin

Voglio essere onesto, questo articolo è un “op-ed“, il termine tecnico usato nella stampa per identificare gli articoli che riportano esclusivamente l’opinione di chi scrive.

Dal giorno dell’invasione russa in Ukraina siamo stati invasi dagli opinionisti: filosofi, imprenditori, politici ed ex-politici, funzionari dell’intelligence, generali, intellettuali e chi più ne ha più ne metta. Mi aggiungo quindi in coda.
Tutti prolifici nel volerci spiegare cosa passi nella mente di Putin e quali saranno le sue prossime mosse, attraverso titoli di giornale che abusavano della parola “vero”: il vero motivo della guerra, quello che passa veramente nella testa di Putin e via dicendo. Probabilmente per la maggior parte tutte ipotesi sbagliate.
Ho avuto la fortuna di vivere e lavorare in Russia proprio a cavallo del periodo tra l’ultimo (e alcolico) Eltsin e il primo Putin, sperimentando per bene il far west che caratterizzava la Russia di quel periodo, specialmente nel settore che mi impiegava ovvero le privatizzazioni immobiliari e in quel periodo non ho potuto che apprezzare l’intervento stabilizzatore di Putin senza il quale la Russia sarebbe ulteriormente precipitata in una situazione di pericolosa instabilità. Ho sempre considerato e apprezzato Putin come uno dei pochi veri statisti oggi viventi. Apprezzamento che, voglio precisare, è scomparso un secondo dopo l’ingresso delle sue truppe in Ucraina, anche io come molti ho pensato che Putin bluffasse e da questo errore di valutazione sia il sottoscritto che l’intero occidente devono trarne lezione.

Ho anche la fortuna di avere una moglie estone, da sempre paranoica nei confronti della Russia essendo sempre stata convinta che la Russia avrebbe tentato di riprendersi i baltici. Le ho sempre dato della matta, poveretta, ma forse alla luce degli ultimi avvenimenti tutti i torti non li aveva. Dico ciò perché alla luce dell’ultima testimonianza d’opinione che ho ascoltato, salta fuori un quadro che non può che scatenare un campanello di allarme, dando ragione a mia moglie.
E’ quella di Mikhail Khordokovsky, l’imprenditore russo che nel 2003 divenne l’uomo più ricco della Russia. Dapprima fu consigliere di Eltsin, posizione che lo aiutò nel processo di privatizzazioni delle aziende statali che determinarono la sua fortuna, in particolare il gigante petrolifero Yukos. Con l’avvicendamento al potere di Putin e la lotta a suo vantaggio con gli oligarchi del periodo, la sua fortuna durò poco e terminò nel 2003 con la condanna e successiva incarcerazione decennale in un campo di lavoro, dopo una personale battaglia con Putin con la quale il presidente russo si appropriò della Yukos.

Khordokovsky nelle sue analisi è credibile perché profondo conoscitore della politica sovietica, avendo partecipando attivamente ad essa nel periodo precedente alla dissoluzione dell’impero sovietico, ma non solo, ebbe infatti modo di scontrarsi più volte con Putin sino ad arrivare a finanziare i partiti di opposizione in occasione della campagna elettorale del 2012. In più è credibile perché le sue affermazioni combaciano con alcuni dettagli emergenti da un mio lavoro di analisi sui trend della propaganda russa, più avanti ne spiegherò il perchè.
Nell’intervista qui sotto riportata, Khordokovsky dice sostanzialmente tre cose:

– che gli oligarchi non hanno nessun potere verso Putin, è vero solo il contrario perchè la Russia non è un’oligarchia bensì una dittatura dove gli oligarchi sono uno strumento della dittatura.

– che la Russia potrà essere obbligata al tavolo delle negoziazioni solo da una combinazione tra il coraggio degli ucraini, le sanzioni e un messaggio di forza militare da parte dell’occidente, in quanto Putin avrebbe una mentalità criminale e i criminali comprendono solo l’uso della forza. In questo senso Putin considererebbe Macron un debole proprio in seguito ai suoi tentativi di negoziazione.

– che la guerra di Putin in Ucraina è in realtà una guerra con tutto il sistema occidentale.
– che non sarà certo Biden a rimuovere Putin dalla presidenza, solo i russi potranno rimuoverlo.

– che l’utilizzo delle armi di distruzione di massa potrà solo essere evitato con una contro-minaccia analoga, citando Biden. Quando Sholz e Macron hanno detto che l’Europa non cerca un confronto diretto con la Russia hanno comunicato a Putin di essere deboli. È una mancanza di comprensione della mentalità di un criminale che è sempre stato circondato da criminali per tutta la vita.

– che la propaganda di Putin ha già cominciato a preparare l’opinione pubblica ad un’eventuale invasione degli stati baltici. Su questo punto in particolare rimando ad un pezzo che sto preparando e che pubblicherò su questa testata nei prossimi giorni dove ho analizzato lo sviluppo e il trend della propaganda russa attraverso il network dei commenti dei finti utenti lettori sia del sito di Russia Today (RT News) che la sua pagina facebook che effettivamente validano l’anticipazione di Khordokovsky.

Alla luce di questa intervista, mi viene quindi da chiedermi se quelle di mia moglie, visti i suoi trascorsi sovietici fossero semplici ma comprensibili paranoie, oppure se ci sia un fondo di verità.
Prendendo per buoni i consigli di Khordokovsky, rimane quindi aperta la questione della minaccia nucleare. Minaccia che Putin ha rivolto con largo anticipo all’occidente, in continuità con il format del mafioso criminale spiegatoci da Khordokovsky stesso.

La questione si aggrava anche alla luce di due fatti specifici. Se fosse vero che Putin soffrisse di una malattia incurabile come paventato da molti analisti, allora è giustificato il fatto che da persona lucida e pragmatica quale è sempre stata, Putin si sia trasformato in qualcuno che vuole lasciare il segno nella storia della Grande Russia, pronto a scatenare il suo lato sociopatico anche sino ad entrare in conflitto con tutto il mondo occidentale.
Il secondo fatto è quello della minaccia nucleare, anche in questo caso anticipo delle considerazioni che svilupperò in un pezzo di prossima pubblicazione: le regole di ingaggio nucleari della Russia sono variate diverse volte negli ultimi vent’anni. Le ultime dichiarazioni del Ministro degli Esteri Lavrov chiariscono che la Russia potrebbe ricorrere all’uso di testate atomiche qualora si sentisse minacciata territorialmente. Non dimentichiamoci che la prima cosa che ha fatto Putin nella sua “operazione militare speciale” è stata quella di far approvare in Parlamento il riconoscimento e l’annessione al territorio russo delle repubbliche di Donetsk e Lugansk. Così facendo Putin ha stabilito le basi legali per autorizzare verso l’opinione pubblica l’uso di armi nucleari a tutela del territorio, nel caso le forze ucraine o NATO cercassero di riappropriarsi dei territori sottratti.

FONTE: https://www.infosec.news/2022/04/08/news/guerra-russia-ucraina/attenzione-alle-parole-di-khordokovsky/

 

 

Dieci tesi sul presente conflitto

Marcello Veneziani, La Verità (28 marzo 2022)

Ma qual è in sintesi il motivo del tuo, del vostro dissenso riguardo alla guerra in corso e alla vulgata dominante in Occidente? La richiesta mi è giunta da alcuni studenti liceali. Provo a riassumerlo in dieci tesi, che non pretendono di essere verità perentorie ma interpretazioni differenti. Vorrei che fossero accolte almeno come dubbi per leggere diversamente il corso degli eventi e non appiattirsi su quel che impone o somministra la Fabbrica del Consenso. Ma con una doppia premessa: l’attacco russo all’Ucraina va comunque condannato, in modo netto; la pietà e il soccorso alle popolazioni ucraine sono sacrosanti.

1) L’America di Biden non lavora per la cessazione del conflitto ma per la sua perpetuazione, perché il suo scopo non è salvare l’Ucraina ma eliminare Putin. Gli attacchi continui a Putin – criminale di guerra, macellaio – uniti al rifornimento di armi imposto anche agli alleati, servono in realtà a prolungare, aggravare e allargare il conflitto, incattivire la Russia e far sentire Putin braccato e pronto a usare le armi della disperazione o a fare blocco con la Cina. Biden fa rimpiangere Trump alla Casa Bianca.

2) I danni procurati alla Russia con le sanzioni e le ritorsioni provocano almeno gli stessi danni all’Europa e all’Italia e in prospettiva ci portano verso un’economia di guerra dagli esiti drammatici. Perché le misure antirusse non ricadono minimamente sugli Stati Uniti ma sui suoi alleati; così come la crisi geopolitica è sofferta dall’Europa e non certo dagli Usa, per la loro lontananza.

3) Se non circoscriviamo il conflitto e non lavoriamo per la sua rapida cessazione, rischiamo di subire una crisi economica, energetica e poi sociale senza precedenti, perfino peggio di quella prodotta dal covid. È necessario attivare tutti i mediatori possibili per una soluzione negoziale, partendo dalla stessa disponibilità espressa da Zelenskij a rendere l’Ucraina zona neutrale, non incardinata nella Nato.

4) Il riarmo dell’Europa, la costituzione di un esercito europeo e l’aumento delle spese militari, potrebbero anche essere una necessità; ma farlo alle dipendenze strategiche e militari della Nato e degli Usa, su loro input e in fondo con le loro finalità, che non coincidono con gli interessi europei, è una sciagurata follia.

5) Putin non minaccia l’Europa e l’Occidente ma l’attacco all’Ucraina può avere due chiavi di lettura, anche intrecciate: nella peggiore delle ipotesi, Putin vuole ripristinare la Grande Russia e l’Unione Sovietica annettendosi l’Ucraina, come del resto è stato negli ultimi tre secoli ed è giusto ostacolare questo proposito; nella migliore delle ipotesi vuole impedire che l’Ucraina diventi spina nel fianco e base militare della Nato puntata contro la Russia. E su questo va intavolata la trattativa. Ma in entrambi i casi il proposito di “attaccare l’Europa” non esiste.

6) I precedenti di questa guerra sono il golpe in Ucraina del 2014, la persecuzione della minoranza russa, lo strisciante revanscismo nazista, l’installazione di laboratori biochimici e centri di addestramento Usa sul territorio ucraino, l’annuncio delle basi militari Nato, oltre che l’ingresso dell’Ucraina in Europa. Che questi motivi siano diventati pretesti per l’aggressione di Putin è possibile; ma non toglie che siano fondati.

7) Se Putin è criminale di guerra lo è almeno quanto i vari presidenti statunitensi e britannici che hanno fatto bombardare città, ospedali e scuole e ucciso popolazioni civili e bambini in Iraq, in Libia, nello Yemen, in Siria, in Serbia, in Kosovo, e in tante altre località. Uccidendoli a volte anche in tempo di tregua con l’embargo ai medicinali e ai generi di prima necessità.

8)-Lo spartiacque tra il bene e il male secondo il metro americano, non è la democrazia, la libertà, la tutela dei diritti civili, ma la convenienza strategica. Gli Stati Uniti non hanno alcuna remora di avere nella Nato un autocrate come Putin, il turco Edogan e di avere come tradizionale alleato, l’Arabia saudita in cui i diritti civili sono calpestati.

9) I pericoli che minacciano l’Occidente sono quattro: a) l’espansione globale dei cinesi, la conquista di interi continenti e l’esportazione del loro modello nel mondo; b) l’espansione demografica e migratoria dell’Islam in un Occidente svuotato di nascite e di valori; c) il suicidio assistito dell’Occidente stesso in preda al nichilismo, alla perdita di vitalità, alla vergogna per la propria civiltà. d) La volontà di onnipotenza degli Usa che con i Dem vogliono essere l’Impero del Bene e i gendarmi del mondo che decidono i diritti o gli stati canaglia sulla base dei loro interessi, generando reazioni in tutto il mondo.

10) A differenza di alcuni partner europei che sono recalcitranti e critici verso gli imperativi di Biden, l’Italia di Draghi e dei Dem è il paese che più si è allineato ai Falchi, auspica l’invio di nostre armi e soldati, l’eliminazione di Putin in quanto criminale di guerra. E la grancassa di tv e media, nella loro ossessione monotematica, come ai tempi della propaganda di guerra, si è conformata e non ammette dissensi. Una linea che tradisce la tradizione politica di prudenza e di trattativa che ha caratterizzato l’Italia e la nostra Repubblica, guidata da Moro, Andreotti, Craxi. Avere in tempo di guerra un alto commissario euro-atlantico a Palazzo Chigi anziché un leader politico, ci sta esponendo a questi effetti.

Questi sono i motivi del nostro ragionato dissenso. Chi conclude che siamo filoPutin o è in malafede o è un cretino. Amiamo la verità e siamo per l’Italia, per l’Europa e per un mondo equilibrato, pacifico e multipolare.

FONTE: http://www.marcelloveneziani.com/articoli/dieci-tesi-sul-presente-conflitto/

 

 

 

CULTURA

L’Idea di Equidistanza

Redazione | 31 Marzo 2022 | Attualità, Le riflessioni storiche di Aldo Mola

Imparare a guardare “oltre”

«Noi italiani ricominciamo la grama vita dei secoli passati, parteggiando per paesi stranieri anziché pensare unicamente al nostro paese». Lo scrisse lo statista piemontese Giovanni Giolitti al suo amico Antonio Cefaly, calabrese, vicepresidente del Senato. Era il 5 aprile 1915. Mancavano venti giorni alla firma dell’accordo segreto di Londra che precipitò l’Italia nella fornace della Grande Guerra. Aveva appena compiuto mezzo secolo. All’unità era arrivata con la diplomazia e con la spada: esercito regio e volontari. E anche con “operazioni militari speciali”. Nel settembre 1860 Vittorio Emanuele II invase lo Stato pontificio con un pretesto. Poco dopo irruppe nel regno delle Due Sicilie senza dichiarazione di guerra. Altrettanto fece il 20 settembre 1870 per impedire che nella Roma di Pio IX scoppiasse un’immaginaria rivoluzione repubblicana o garibaldina.

È la storia. Un impasto di atti (irreversibili per quanti ci lasciano la vita) e di piaghe malamente cucite da stipule tra i contendenti. Il conflitto tra il regno d’Italia e la Santa Sede richiese quasi sessant’anni. Si compose con i Patti Lateranensi dell’11 febbraio 1929, inseriti nella Costituzione della Repubblica col voto favorevole del Partito comunista di Togliatti e il no di socialisti, repubblicani, azionisti e liberali. I Patti sono eterni? Anche quelli fra Stato e Chiesa furono revisionati e sono in attesa di aggiornamento. Nulla nella storia è immutabile. I trattati non sono “chiffons de papier” come pare abbia detto la Germania nell’agosto 1914 in procinto di invadere il Belgio, che si considerava al riparo per il trattato che ne garantiva l’immunità. Però non sono eterni. Nascono e muoiono come tutto ciò che è umano. Vincolano gli Stati o i governi che li hanno sottoscritti? Prendiamo il caso dell’adesione dell’Italia alla Nato, un trattato difensivo concepito in una situazione storica circostanziata: la contrapposizione in blocchi, il potenziale conflitto armato tra alcuni Stati “occidentali” e l’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche nel 1948-1949, circondata dai Paesi satelliti. Il governo italiano (ricorda Nico Perrone in Il realismo politico di De Gasperi, BastogiLibri) decise di farne parte l’11 marzo 1949 senza neppure conoscerne lo statuto. Il presidente del Consiglio, il democristiano Alcide De Gasperi, lesse un testo approssimativo. I cittadini non ne sapevano nulla. Il governo, però, aveva le spalle al sicuro perché nelle elezioni del 18 aprile 1948 la Democrazia cristiana aveva vinto molto oltre le sue più rosee speranze (assorbì i voti dei monarchici, orfani dopo la “sconfitta” nel referendum del 2-3 giugno 1946) mentre il Fronte popolare socialcomunista, incorporata un’ala del partito d’azione, subì una durissima sconfitta.

Un’ampia parte dell’elettorato “moderato” era del tutto contraria a vincolare l’Italia a blocco militare. Alla fine della guerra la Democrazia cristiana era per la neutralità. Molti pensatori cattolici distinguevano anzi fra pacifismo e neutralità, in linea con Pio X, che (ricorda il suo biografo Gianpaolo Romanato) morì con l’incubo del “Guerrone” incombente, e con Benedetto XV, ancora sottovalutato dalla storiografia, predicò il pacifismo. Era la missione della Chiesa di Roma in un’epoca che vide i cristiani schierarsi e dilaniarsi in subordine ai governi dei Paesi nei quali vivevano. Accadde per evangelici, riformati e anche per i cattolici. Quelli del Belgio e della Francia si attendevano la condanna pontificia della tracotanza germanica, mentre i bavaresi e gli austro-ungheresi erano ansiosi di ottenere la benedizione del papa per la loro vittoria su gallicani, anglicani e Russia ortodossa. Lo documenta il poderoso volume Santa Sede e cattolici nel mondo posbellico (1918-1922), atti di un convegno promosso dal Pontificio comitato di scienze storiche (Libreria Editrice Vaticana). La guerra divise anche pacifisti, liberi pensatori e massoni, come ha documentato Yves Hivert-Messeca nella poderosa storia dell’Europa sotto l’Acacia (ed. Dervy): un arbusto con poche foglie squassate dai venti di governi che da decenni vivevano per la vendetta.

Non da oggi, dunque, i Trattati sono da un canto e le buone intenzioni dall’altro. Dichiarare (come fa la senatrice Liliana Segre) che dinnanzi al conflitto attuale è impossibile rimanere “equidistanti” e che “non ci si può voltare dall’altra parte” (lo sostiene, fra altri, anche Mario Draghi) e bisogna dunque schierarsi, anche con le armi, è comprensibile nell’ottica dei buoni sentimenti. Ma è retorico sul piano della storia, perché, se davvero così fosse, gli aspiranti “custodi del bene” e della “democrazia” dovrebbero accorrere a raddrizzare i torti quotidianamente perpetrati in tutti i continenti da grandi, medie e talvolta piccole ma bene armate potenze, nonché da pseudostati come l’Isis e da movimenti terroristici vari, contro nemici esterni, veri o supposti, o minoranze interne, in taluni casi realmente presenti, in altri del tutto inventate da chi per rimanere al potere ha bisogno di additare un “nemico”.

Anziché voltarsi verso uno dei fronti in lotta, a cospetto di un conflitto potenzialmente devastante occorre guardare oltre per disinnescare il terreno dalle mine seminate per decenni e così diffuse da rendere difficile il dialogo. Da qualche settimana le operazioni belliche in corso nell’Europa orientale hanno catapultato la generalità dei cittadini dalla pressoché completa indifferenza (o magari anche ignoranza) della “grande politica” (cioè quella estera e militare e la lotta per il controllo delle indispensabili “materie prime”: anzitutto i metalli rari) alla visione quotidiana dei combattimenti: file chilometriche di carri armati, scie dei missili, edifici sventrati, persone chiuse nei rifugi o in fuga, donne, bambini, lacrime. La “guerra”, che dal 1945 non aveva mai cessato di serpeggiare nel pianeta come gramigna inestirpabile, è divenuta un soggetto ordinario. Aveva suscitato qualche apprensione quando divampò nel Vicino e Medio Oriente e persino in Libia, di cui si ricorda il truce supplizio inflitto a Gheddafi ma della cui condizione effettiva odierna si sono perse le tracce. Così come nulla si dice sistematicamente dei feroci conflitti in corso in tanti paesi dell’Africa subsahariana, che fanno notizia solo quando vi cade un cittadino italiano, come avvenne in Congo. Lo stesso vale per vaste aree dell’Asia, già teatro di guerre mai dichiarate e nondimeno atroci, come Vietnam, Cambogia, Laos. Se non fosse per la titolare di un discusso premio Nobel per la pace (venne conferito ante litteram anche a Barak Obama, non proprio una crocerossina), la Birmania sarebbe a sua volta nel cono d’ombra che avvolge lo Yemen, uno tra i più generosi spacci di morte con armi importate da paesi che proclamano di “rifiutare la guerra” ma la fanno fare agli altri.

L’abbondanza di “immagini” sul conflitto soffoca la ricerca delle “spiegazioni”. La “storia”, si sa, è noiosa, perché comporta di colmare il vuoto di informazioni che ha caratterizzato i media (anche in Italia) da quando, ormai da anni, fu chiaro che la Nato si sarebbe ritirata dall’Afghanistan, fallimento strategico di una costosissima “operazione” troppo a lungo narrata come doverosa “esportazione della democrazia”: quasi che principi e costumi che hanno richiesto secoli per affermarsi possano essere “trapiantati”. È la litania anche oggi ripetuta: con l’attenuante che non si parla più di prodotto da esportazione ma di tutela del marchio e del suo uso anche da parte di Paesi, come l’Ucraina, che non ne sono affatto specchio e la cui storia è (o dovrebbe essere) nota a quanti oggi si avvolgono nei suoi colori senza conoscerla.

Sommersi da ripetitivi e infine stucchevoli primi piani dell’orrore (poco o nulla al confronto di quelli che si vedono in film e fiction anche in prima serata), anziché auspicare una rapida composizione diplomatica del confronto militare in corso forse troppi sono ansiosi di vedere il secondo e il terzo tempo (dopo il lancio degli ipersonici Kinzhal, chi sgancerà per primo testate nucleari?), come se i contendenti fossero squadre di calcio o una lotta tra galli o cani da combattimento.

Si è così imboccata una china pericolosa perché la “visione” genera assuefazione e condivisione non delle motivazioni dell’uno o dell’altro contendente ma della guerra in sé: uno “spettacolo” che alterna mestizia e tracotanza, vittime inconsapevoli e armigeri burbanzosi come l’Europa (e non essa sola) ha veduto nel corso dei secoli, in specie nella rovinosa Guerra dei Trent’anni di cui fu matrice nel 1914-1945 e dalla quale uscì prostrata ma non abbastanza morigerata.

Perciò è opportuno riflettere su alcuni concetti ritornati in auge con la tragedia in corso. Tra i suoi ingredienti domina l’endiade confini-autodeterminazione dei popoli.

Autodeterminazione

L’autodeterminazione fu tra gli ingredienti delle lotte per l’indipendenza nazionale in risposta all’espansione della Repubblica francese del 1792 e del suo maggiore beneficiario, Napoleone I, che ne trasse i fondamenti ideologici per affermare l’Impero. Per l’eterogenesi dei fini, l’espansionismo napoleonico, sorretto dai marescialli dell’impero (precursori degli oligarchi odierni: non solo russi…) e il blocco continentale suscitarono la rivolta antifrancese in Spagna, mai tanto unita come nella guerra per l’indipendenza da Parigi, in Germania e in Italia, a cominciare dalla solitamente quieta Milano. L’autodeterminazione ebbe poi enunciazione solenne l’8 gennaio 1918 nei Quattordici punti del presidente degli USA, Wilson, al Congresso americano quale base per la futura pace mondiale. A parte asserzioni che ne mettono a nudo la completa disinformazione (è il caso dell’accoglienza della Russia nella Lega delle Nazioni “sotto un governo che essa stessa avrà scelto”: Lenin era già al potere), Wilson affermò che “i popoli e le province non devono costituire oggetto di mercato e passare di sovranità in sovranità, come fossero semplici oggetti o semplici pedine di giuoco, sia pure del grande gioco, ora screditato per sempre, dell’equilibrio delle forze”. Le aspirazioni nazionali andavano soddisfatte senza suscitare nuovi elementi di discordia suscettibili col tempo di rompere la pace dell’Europa e di conseguenza del mondo.

I confini

Ma l’autodeterminazione in Europa avrebbe portato alla deflagrazione di ogni forma di Stato, sia recente sia antico. Gli Stati si formarono con l’imposizione del centralismo sulla variegata molteplicità delle realtà etniche, linguistiche, religiose e costumali preesistenti. Nacquero dai conflitti interstatuali che favorirono la sovrapposizione delle monarchie sui popoli riottosi al loro interno. Ma le differenze rimasero, pronte sempre a riaffiorare con i pretesti più vari. I casi dell’Irlanda del Nord, dei Paesi Baschi, della Corsica e della Catalogna sono solo i più clamorosi. L’Italia ha temperato le spinte antiunitarie concedendo statuti “speciali”, ormai anacronistici, o larghe autonomie regionali che hanno favorito i potentati locali e paralizzato le istituzioni centrali.

La contraddizione drammatica tra autodeterminazione e certezza dei confini è insita nella labilità dell’identità nazionale nelle terre mistilingue, croce (molto sofferta) e delizia (poca) dell’Europa del Novecento, che registrò continui spostamenti di confini e conseguenti micro pulizie etniche, spesso feroci ma tenuti ai margini dell’attenzione perché “così facevan tutti”. Il caso del confine italo-jugoslavo, italo-austriaco e della valle d’Aosta (ma altro si potrebbe aggiungere sulla scorta del robusto volume di Luigi Iperti Storie di frontiera. Il secondo dopoguerra ai confini occidentali (ed. De Ferrari). Il garbuglio era chiaro a Wilson il cui punto 9 recitò: “Una rettifica delle frontiere italiane dovrà essere effettuata secondo le linee di nazionalità chiaramente riconoscibili”. Un’operazione impossibile senza ricorso alla separazione forzata degli italofoni da germanofoni e slavofoni. Non per caso nelle “terre liberate” l’annessione avvenne sulla base dei trattati di pace, senza plebisciti confermativi. Lo stesso e peggio accadde ripetutamente nell’Europa orientale, in specie ai danni della Germania e con l’invenzione di Stati multietnici che non hanno retto al tempo (come la Cecoslovacchia). Alla luce di questi dati sommari risulta curiosa la proposta di risolvere il caso odierno con una soluzione “alla Cipro”: ovvero l’irrigidimento perpetuo delle diversità, fomite di conflitti permanenti.

La centralità del Parlamento

La bilancia dei poteri istituzionali in Italia dalla proclamazione del regno alla Costituzione del 1948 apparve quale un triangolo scaleno: tre lati di diversa lunghezza. Il maggiore era costituito dal re, capo dello Stato e comandante delle forze armate, dominus della politica estera. Poi veniva il lato minore: il governo, formato da ministri nominati e revocati dal sovrano (art. 65 dello Statuto). Infine il lato ancora più corto, la base del triangolo, costituita dal parlamento, composto di due camere: il senato, di nomina regia, e la camera dei deputati, elettiva. L’ampliamento dell’elettorato parve allungare la base del triangolo e, di conseguenza, la rappresentatività dell’esecutivo, che doveva contare sulla fiducia del parlamento. Se i poteri fossero stati meglio bilanciati, il triangolo sarebbe divenuto isoscele, tendente a trasformarsi in equilatero. Invece il loro rapporto formale e sostanziale continuò a essere squilibrato a vantaggio della Corona e del governo, espressione diretta del sovrano. La Camera dei deputati poté invero ostacolare l’esecutivo e costringerlo alle dimissioni. Lo fece più volte dall’inizio del regno di Vittorio Emanuele III e anche nel corso della Grande Guerra, nel giugno 1916 e nell’ottobre 1917. Però, a Statuto immutato, fu sempre il re a incaricare via via il presidente del consiglio, a nominare ministri e sottosegretari e a decidere il corso della vita politica. Il triangolo rimase dunque scaleno, qual era nel regno di Sardegna dal 1848 e in quello d’Italia dal 1861.

Ma dal 1948 la sovranità risiede nel Parlamento. Lì debbono essere discusse le decisioni supreme di un Paese che sin dalla resa senza condizioni del settembre 1943 e dal Trattato di pace del 1947 ha subìto pesanti limitazioni della propria sovranità e altrettante si è autoimposto.

Pacta servanda? Sì. Il patto tra i cittadini e le istituzioni, e viceversa.

A cospetto della crisi in corso emerge una considerazione finale. Se invece di Camere che si trascinano sino all’estenuazione gli italiani avessero oggi un Parlamento fresco di elezione, sulla base della riforma che il medesimo ha (sconsideratamente) approvato, essi disporrebbero di una maggioranza certamente più rappresentativa di quella che a fine gennaio del 2022, in uno snodo politico-istituzionale cruciale, ha rieletto capo dello Stato il presidente uscente, implicitamente confermando presidente del governo quello in carica. Tutto è accaduto mentre “l’operazione militare speciale” bolliva già in pentola e in Italia vigoreggiava una campagna elettorale strisciante, ma sempre più accanita, tra partiti che, nel migliore dei casi, contano più o meno il 20% dei consensi del 60% di chi ancora va alle urne. Cioè poco più di niente. Pertanto, se il conflitto in corso nell’Europa orientale dovesse perdurare, esso si ripercuoterebbe pesantemente all’interno del Paese, mettendone in luce le debolezze intrinseche.

Nel 1939 l’Italia si guardò dall’entrare in guerra a fianco della Germania e presentò a Berlino la lista di quanto le sarebbe occorso per scendere in campo, compreso il molibdeno, indispensabile come il vanadio e il volframio. Piccole cose rispetto ai bisogni odierni…

Ecco perché urge guardare “oltre”.

Aldo A. Mola

Ferdinando MARTINI  (immagini tratte da http://www.letteraturadimenticata.it/Martini.htm)

Il 28 luglio 1914 Ferdinando Martini (1841-1928), deputato dal 1876, già ministro dell’Istruzione nel primo governo Giolitti (1892-1893), governatore dell’Eritrea (1897-1907) e ministro delle Colonie nel primo governo Salandra, decise di tenere un “Diario” per ricordare «ciò che ho detto ed ho fatto, ciò che fu detto o fu fatto da altri e da me insieme». «Siamo sotto la minaccia di avvenimenti gravissimi. L’Europa rischia di divenire un compiacente morto alla mercé dell’America e dei popoli dell’Estremo Oriente. In sostanza il problema è questo e pare, e forse è, insolubile; l’Italia non può fare la guerra e non può non la fare […] Salus patriae suprema lex».

Il 24 aprile Martini annotò: «Il Re ha il difetto d’esser troppo… come debbo dire? moderno. Non crede egli stesso alla Monarchia o almeno all’avvenire delle monarchie; nato borghese, sarebbe stato repubblicano e forse socialista. È intelligente e colto; ma a furia di non credere nella propria forza ha finito col perderla. […] Oggi nessuno si occupa di lui, di sapere, in momenti così gravi, quale sia la sua opinione, a quale meta egli miri, quale via sia per battere: se alcuno pensa a lui è per lagnarsi ch’egli non si faccia valere, che si nasconda anzi…».

FONTE: https://www.civica.one/equidistanza/

QUESITO STRUGGENTE
Francesca Sifola – 10 04 2022
Per quale motivo c’è questo bisogno irrefrenabile di comunicare senza in fondo comunicare un bel niente? Una vetrina del disimpegno attaccata al nostro nome e alla nostra immagine. Un mostrarsi senza mettere niente in gioco della vera arte delle emozioni, di un modo radioso di penetrare il sentire vero per esporci dalle profondità della propria esperienza di vita.
Mi chiedo, a questo punto, se riusciremo a fare in tempo a recuperare quel legame intenso con il fascino sensoriale delle emozioni e della corposità del pensiero o se siamo stati inesorabilmente inghiottiti da forme scheletriche di esistenza.
FONTE: https://www.facebook.com/francesca.sifola/posts/7282040275199909

PUBBLICO ENTUSIASTA PER RHYTHM, CONCERTO DI BARBARA & CLAUDIA.

 

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RHYTHM, concerto di Barbara Cattabiani e Claudia Agostini piacevolissima conferma.

di Ester Campese

RHYTHM, il concerto di BARBARA & CLAUDIA, duo pianistico composto da Barbara Cattabiani e Claudia Agostini, è stata una piacevolissima conferma della loro bravura. Un duo pianistico, il cui concerto svoltosi lo scorso 4 aprile, all’Auditorium di Roma, ha incassato il sold out già diversi giorni prima della loro esibizione.

Claudia Agostini e Barbara Cattabiani

Lo spettacolo RHYTHM è stata un’edizione del tutto rinnovata e nuova rispetto ad altre precedenti serate. La scelta riuscitissima dei brani con cui si sono esibite, la loro perfetta intesa e sincronia, e l’inclusione di alcune piccole acrobazie, hanno saputo dare quel qualcosa in più che ha entusiasmato i presenti.

Il concerto, diviso in tre parti, ha accompagnato il pubblico in un bellissimo percorso musicale il cui “leitmotiv” è stato appunto il ritmo. Molto belli gli arrangiamenti realizzati appositamente per Barbara e Claudia dal M° Guido D’Angelo. Una fusion decisamente convincente tra classico e stili musicali più “moderni”.

La prima parte, tutta dedicata al jazz, è stata ben interpretata dalle due bravissime pianiste. Nel programma un omaggio ad Allevi, con l’esecuzione in chiusura di questa prima tranche, proprio di un suo brano. A seguire il programma ha previsto musica pop con diversi brani di questo genere. In questo stesso blocco l’omaggio è al Maestro Ennio Morricone con “Se telefonando” brano del 1966, il cui incipit per la genesi fu ripreso da una sirena della polizia di Marsiglia. Il pezzo fu poi interpretato dalla straordinaria voce di Mina. Non meno bella l’interpretazione di Barba e Claudia di “All of Me” di Jon Schmidt, pianista californiano.

Barbara Cattabiani e Claudia Agostini

Spazio anche ai ritmi sudamericani

Nella terza parte del concerto è stato dato spazio ai ritmi sudamericani. Il bellissimo “Moon River” brano che fu la colonna sonora del film “Colazione da Tiffany”, eseguita dal duo Barbara e Claudia a ritmo di chacha. Ancora un omaggio a Morricone con l’esecuzione di “Metti una sera a cena”, colonna sonora dell’omonimo film di Patroni Griffi. Una melodia meravigliosa che con l’interpretazione del duo pianistico, trasporta a tempi nostalgici forse un po’ perduti e da recuperare. Nel programma musicale scelto, non potevano mancare le ritmiche sostenute che vanno dall’Europa al Sud America, ed ecco uno sfrenato tico tico del compositore Zequinha Abreu, dall’incalzante e movimentato ritmo brasiliano. A conclusione anche un mambo, tratto dal film “West side story” con cui è stato direttamente coinvolto anche il pubblico in sala.

Special Guests

Oltre alla bravura delle due protagoniste, anche l’intervento di una special guest, la cantante Simona Farris esibitasi in Can’t Take My Eyes Off of You di Lauryn Hill, che ha arricchito la serata con la sua straordinaria voce.

A sorpresa poi l’esibizione di due ballerini professionisti Fiammetta Valenti e Giampiero Cantone che hanno incantato i presenti con il tango ballato sulle note di Libertango di Astor Piazzolla, perfettamente eseguito da Claudia e Barbara.

Una serata variegata sia in musica che in esibizione, non resta che fare i complimenti e aspettare con impazienza di rivederle al prossimo concerto.

Tra i prestigiosi ospiti in sala, anche i giornalisti Paola Zanoni, Maurizio Moretti e Ester Campese. E ancora Conny Caracciolo, Eleonora Altamore, Francesco Ruggero, Riccardo Bramante, Stella Enescu, Bartolomeo Casu, Claudio Berardinelli, Gaspare Maniscalco e il Prof. Andrea Ferretti, voce del programma Omnibus su la 7, Andrea Petrangeli Private Banker di Banca Generali , il Direttore del Conservatorio di Frosinone il pianista jazz Alberto Giraldi e molti altri ancora. Una sala strapiena, impossibile nominarli tutti.

Credito Foto Paolo Pinello

FONTE: https://www.sevennews.it/pubblico-entusiasta-per-rhythm-concerto-di-barbara-claudia/

 

 

 

Concerti da sold out per BARBARA & CLAUDIA

BARBARA & CLAUDIA, il duo pianistico già pensa ad un tour estivo in Italia.

di Ester Campese

Ho avuto modo di assistere al concerto di BARBARA & CLAUDIA il duo pianistico composto da Barbara Cattabiani e Claudia Agostini, svoltosi lo scorso 4 aprile scorso all’Auditorium Parco della musica a Roma. La sala era strapiena e già prima del concerto avevano registrato il sold out. La serata è stata piacevolissima con tante soprese e musica di qualità. Abbiamo voluto incontrarle per conoscerle più da vicino.

Abbiamo chiesto loro di raccontarci come sia nato il loro sodalizio

Claudia Agostini e Barbara Cattabiani

Rispondono che il periodo della pandemia è stata la loro fortuna. Già prima avevano costituito il duo BARBARA & CLAUDIA, ma seguendo un repertorio più classico. Stavano preparando il prossimo concerto, quando per i fatti pandemici fu necessario fermarsi per il lockdown. A questo punto Barbara e Claudia non si sono perse d’animo, ma hanno invece sfruttato il tempo a disposizione per lavorare e ragionare sulla composizione di un nuovo programma. Hanno compreso che era il momento di realizzare qualcosa di nuovo, di non presente sul mercato. Si sono dunque applicate nella ricerca e nello studio di diversi programmi finché è uscito il loro personale repertorio. Una nuova raccolta di musiche accattivanti con spartiti ed arrangiamenti particolari che da subito le hanno distinte dagli altri musicisti e caratterizzate. Nel momento in cui hanno potuto nuovamente esibirsi, già dal primo concerto dopo il lockdown, hanno fatto il tutto esaurito. Una situazione incredibile e molto emozionante, confessano, sia Claudia che Barbara.

Il nuovo repertorio, la strada giusta

Hanno compreso immediatamente che erano sulla strada giusta e che le loro scelte incontravano il gusto del pubblico. Da lì il passo è stato breve e sono giunte in sala di registrazione per incidere un loro CD. Come docente di conservatorio Barbara ha poi avuto modo di confrontarsi con quello che poi diverrà il loro arrangiatore il M° Guido D’Angelo che si era appena trasferito dal Conservatorio di Avellino a quello di Frosinone. Già dal primo pezzo  arrangiato per loro sono state entusiaste per la scelta e l’innovazione degli stili, proposti dal Maestro, che andavano dal blues allo swing passando per la salsa. Qualcosa di entusiasmante che calzava a pennello ad entrambe.

Barbara e Claudia diverse ma complementari

Anche alla vista Barbara e Claudia esprimono caratteri differenti, ma questa diversità risulta vincente. E’ il loro punto di forza. Entrambe ci hanno detto che nella diversità nasce un bellissimo e costruttivo confronto che porta a  risultati eccellenti. Claudia solo in apparenza sembra più pacata ma poi al piano si fa ben sentire. Insomma questa diversità crea dinamismo e le rende complementari anche nella scelta dei brani, dal cui confronto nasce poi il punto di vista perfetto.  Anche sulla tastiera del piano la loro diversità le fa incastrare alla perfezione. Claudia ha una ritmicità pazzesca, Barbara una particolare brillantezza sulla parte acuta. Non hanno avuto nemmeno un momento di esitazione quando hanno definito i ruoli.

Barbara Cattabiani e Claudia Agostini

La continua Sperimentazione come evoluzione e il progetto di un tour fuori Roma

Sia Barbara che Claudia hanno un’anima sperimentale e ad ogni loro incontro pensano sempre a cose nuove da proporre al pubblico. La loro idea di concerto è qualcosa che possa dare degli stimoli sia nel divertire loro stesse che nel coinvolgere il pubblico in un spettacolo di livello ma anche divertente. Non è escluso che non ci sia prossimamente anche l’uso di una look station e la riproduzione di un pezzo di ritmica proiettato sullo schermo e su cui possano suonare sopra contemporaneamente.
Hanno anche in animo di usare la telecamera per inquadrare la tastiera. Infatti per suonare i loro brani a quattro mano, concepiti per creare anche uno spettacolo sulla tastiere, è necessario un gioco di piccole acrobazie e questo è parte integrante dello spettacolo. Nelle loro serate inoltre è sempre incluso un ospite speciale, questo dà un piacevole movimento alla serata.
Ora che hanno raggiunto la notorietà a Roma stanno già progettando un tour estivo in diverse città italiane. In cartellone già la Sicilia e molte associazioni e Enti si stanno interessando a loro.

Note sulle artiste

Barbara Cattabiani

Barbara Cattabiani, pianista è nata a Roma. Ha iniziato giovanissima lo studio del pianoforte diplomandosi con il massimo dei voti sotto la guida del M° Arnaldo Graziosi. Successivamente ha studiato con il M° Sergio Perticaroli, con la pianista Mirco Candeloro, con il M° Norbert Brainin, repertorio per violino e pianoforte, con il M° Ancillotti, repertorio per flauto e pianoforte, con il M° A. Tichy e con il M° Bruno  Canino per la Musica da camera. Ha collaborato in qualità di Maestro Accompagnatore al pianoforte con i Maestri M. Alòs, R. Talarico, D. Dauria, D. Colaianni, D. Surrat, R. Savastano, M. Barton, P. Pellegrino, M. Marasco, A. Persichilli, A. Sciancalepore, G. Ettorre, M. Giorgi.

Ha partecipato a Concerti per il M°E. Morricone eseguendo sue Colonne sonore da film, come solista a Salò in occasione della premiazione del Maestro con il Pentagramma d’Oro, in Teatri Italiani quali Teatro Piccinni di Bari, Teatro dell’Aquila a Fermo, Teatro Verdi di San Severo e in duo con il M° Graziosi.
Si è esibita in diverse formazioni cameristiche in Sale da Concerto e per molte Associazioni Musicali in Italia tra le quali l’Auditorium della RAI a Roma, il Parco della Musica, Teatro Parioli, Teatro Flaiano, Teatro Villa Torlonia, Istituto Pontificio, Teatro Olimpico, Gonfalone, la Sala degli Specchi presso il Teatro di Reggio Emilia, Villa Adriana a Tivoli, Teatro Donnafugata ad Ibla di Ragusa, suonando per Associazioni musicali quali gli Amici della Musica, Gioventù musicale, Agimus, l’Ora della Musica Associazione Il Corretto, Associazione Nino Rota e all’estero in Francia, Lituania, Giordania, Russia, Romania, Repubblica Slovacca, Ungheria, Siria, Svizzera, Gabon, Spagna, Colombia. Ha partecipato a trasmissioni televisive e radiofoniche in Italia e all’estero tra cui Rai 1, Rai 2 ed emittenti private. Attualmente è Titolare di Cattedra presso il Conservatorio Licino Refice di Frosinone.

Claudia Agostini

Claudia Agostinipianista si è diplomata brillantemente presso il Conservatorio di Roma Santa Cecilia in Pianoforte, nella classe della Professoressa N. Virgilio e in Musica da Camera con il massimo dei voti nella classe del M° L. Cerroni). Frequenta anche i Corsi di Musica da Camera in Accademia Chigiana tenuti dal M° R. Brengola. Nel 2006, sempre presso il Conservatorio di Musica Santa Cecilia di Roma si è laureata in Pianoforte, Biennio specialistico di II livello. Fin dagli esordi ha consacrato la propria attività al repertorio cameristico. Numerosissime le collaborazioni in questo ambito sia con solisti di rilievo che con gruppi da camera.
Tiene regolarmente Concerti in Italia e all’estero per le istituzioni musicali in sedi autorevoli, tra cui i recital presso il Teatro Eliseo, Palazzo Barberini, Teatro Parioli, Palazzo Fontana di Trevi, Sant’Ivo alla Sapienza, Sala Umberto, Museo Maxxi di Roma, Teatro Umberto di Lamezia Terme, Teatro Auditorium Manzoni di Bologna, Duomo di Amalfi, Strauss Saal di Lenggries in Germania, Arena Theatron presso Olympiapark di Monaco di Baviera, al Teatro Romano di Benevento, Teatro Piccinni di Bari, al Palazzo Vecchio di Firenze, Palazzo Albrizzi di Venezia. Collabora regolarmente con le orchestre Ensemble le Muse e I Virtuosi dell’Opera di Roma, con le quattro soprano INCANTO quartet.
Da questo ultimo sodalizio innumerevoli i Concerti. Uno dei quali a Montreal nel Settembre 2019 per il Convegno internazionale ENAC, con 54 paesi di tutto il mondo, in rappresentanza dell’Italia. Parallelamente lavora come pianista accompagnatore di cantanti sia nel campo lirico che in quello leggero, come pianista di scena e arrangiatrice in produzioni teatrali. Ha collaborato per anni come pianista accompagnatore nella classe di canto dell’ Accademia d’ Arte drammatica Silvio D’Amico di Roma. Sempre in campo teatrale, è stata in tournee con Angela Pagano con lo spettacolo Caro Eduardo come pianista di scena e arrangiatrice, a Napoli, Ischia, Benevento, Torre Annunziata, Amalfi.

Credito ph Paolo Pinello

FONTE: https://www.vipglam.it/2022/04/10/concerti-da-sold-out-per-barbara-claudia/

Ucraina ordina di non ballare Cajkovskij, a Vicenza viene cancellato “Il lago dei cigni”

Il lago dei cigni

Al Teatro comunale di Lonigo, in provincia di Vicenza, sarebbe dovuto andare in scena l’iconico “Lago dei cigni”, uno dei più famosi e acclamati balletti del XIX secolo. Sarebbe, perché il corpo di ballo ucraino ha cancellato lo spettacolo dopo che gli artisti sono stati contattati dalla National Opera of Ukraine e dal ministero della Cultura ucraino che hanno intimato loro di fermarsi. Il motivo? Il compositore dell’opera è il russo Petr Cajkovskij.

Lo spettacolo era a scopo benefico – Una decisione, secondo quanto si legge nel sito del Comune, presa dopo i gravi fatti occorsi a Bucha, Hostomel e Mariupol. Lo spettacolo, che era tra l’altro a scopo benefico con l’intento di devolvere l’intero incasso a sostegno del popolo ucraino, sarà sostituito con “Giselle”, balletto classico-romantico in due atti del 1841.

La nota del Comune – Il Comune ha poi fatto sapere di accettare “a malincuore” una simile decisione: “Il prezioso contributo degli sponsor ha permesso al Teatro comunale di organizzare l’evento a scopo benefico e di devolvere l’intero incasso a sostegno del popolo ucraino. Confidiamo pertanto nella vostra comprensione e auspichiamo che lo spettacolo possa essere ugualmente di vostro gradimento. Il Teatro Comunale scusandosi per il disagio arrecato si impegna, comunque, a rimborsare il biglietto a coloro che non fossero più interessati a partecipare e che lo richiederanno alla biglietteria”, si legge ancora nella nota.   tgcom24.mediaset.it

FONTE: https://www.imolaoggi.it/2022/04/08/ucraina-ordina-di-non-ballare-cajkovskij-a-vicenza-viene-cancellato-il-lago-dei-cigni/

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

La scelta imposta dalla propaganda non è una vera scelta

di Carlo Freccero

Riceviamo da Carlo Freccero e pubblichiamo il suo intervento di oggi al Seminario della Commissione Dupre

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Oggi siamo qui per parlare di propaganda e censura. Queste pratiche di repressione del dissenso mirano allo stesso risultato, ma funzionano a partire da presupposti diversi. La censura colpisce chi si discosta dal mainstream. La propaganda invece crea il mainstream. Nel passato, nei media, prevaleva la censura. Tutta la storia della Televisione è una storia di censura. Ma, in qualche modo, la censura indica ancora vitalità e dissenso. Si censura chi conserva un pensiero autonomo, mentre la propaganda ha il compito di azzerare del tutto questo pensiero autonomo e divergente.

Il covid prima e la guerra oggi, hanno alterato la comunicazione trasformandola di fatto in propaganda. E in un messaggio propagandistico non c’è niente da censurare.

Il passaggio dalla censura alla propaganda corrisponde ad una presa di parola del potere in prima persona. Nel discorso del potere non deve essere censurato nulla.

Questo spiega il buonismo di oggi, la mancanza di violenza verbale, nei confronti politici e nei talk show televisivi.

Il potere si è reso conto che la censura fa scandalo e, contemporaneamente, può generare opposizione, mentre la propaganda è in grado di creare unanimità.

Questo seminario è dedicato alla propaganda di guerra.

Viene naturale unire la parola propaganda alla parola guerra, quasi si trattase di una forma di riflesso condizionato. Nell’immaginario meanstream la parola guerra è collegata al Nazismo, ed al maggior teorico della propaganda autoritaria: Goebbels.

Goebbels ha spiegato che la propaganda ha le sue radici nella paura. Ed in effetti la propaganda che è stata utilizzata in maniera massacrante dai governi negli ultimi due anni, è una propaganda basata sulla paura: paura della morte per covid, paura del nemico come minaccia alla libertà e democrazia.

Ma per oggettività dobbiamo dire che la propaganda non è un’invenzione di Goebbels e del nazismo. Nasce invece in America nei primi anni del Novecento attraverso l’opera di Bernays. Nel suo libro “Propaganda” (1928) Bernays trattò indifferentemente propaganda e pubblicità. Non a caso fu incaricato dallo Stato americano di dirigere la propaganda di guerra, ma, nello stesso tempo lavorò nella pubblicità dei maggiori gruppi industriali dell’epoca .

La propaganda di Bernays non si basa tanto sulla paura, quanto sulle teorie psicologiche di Le Bon e Freud sulle masse, caratterizzate da un funzionamento proprio ed anomalo rispetto all’individuo. Suoi sono i concetti di “mente collettiva” e “fabbrica del consenso”.

Le masse non sono capaci di autonomia e tendono all’unanimismo. Chiunque dissenta è escluso dal corpo sociale. E’ il meccanismo utilizzato dal marketing, dalla pubblicità e dalla televisione attraverso l’audience. La censura genera opposizione e frattura nel corpo sociale. La propaganda genera il gregge e non a caso le élites parlano del popolo in termini zootecnici.

Vorrei citare per tutti Mario Monti che si espresse tempo fa in questi termini: “la democrazia è una forma di governo sbagliata perché è assurdo che siano le pecore a guidare il pastore”

Il gregge non ammette libero arbitrio. Il potere decisionale deve rimanere saldamente in mano alle élites, che sono i nostri pastori.

Monti è stato uno dei primi ed uno dei più schietti teorici della necessità di un potere indifferente alle richieste della plebe.

Ma è da tempo che il potere ha preso la parola nei confronti di noi comuni mortali per illustrarci ciò che sta facendo per il “nostro bene”.

Chi come me ha abbastanza anni per avere attraversato gli anni ’70 ricorderà che il tema del potere è stato l’ossessione di un’intera generazione di filosofi. Il potere è stato allora identificato col sapere. La filosofia si è fatta archeologia per cercare in filigrana le tracce nascoste del potere, nei documenti e negli archivi del passato.

Proprio perché irraggiungibile ed astratto, il potere era visto sì come antagonista del popolo, ma, nello stesso tempo, come circonfuso di un’aura sacrale che lo rendeva in qualche modo trascendente rispetto alla nostra quotidianità. Noi stessi ne eravamo partecipi introiettandone le regole

Il discorso sul potere divenne così ossessivo che Baudrillard, ad un certo punto, in “Dimenticare Foucault”, decretò la fine del potere con una sorta di sillogismo.

Quando si parla troppo di una cosa è perché questa cosa volge al termine. Oggi si parla solo di potere e quindi il potere è morto .

Ma le cose non stavano così. Se lo spauracchio del potere moriva per la politica progressista e per la critica filosofica, il potere stesso prendeva la parola. La lotta di classe si ribaltava da Servo/Padrone a Padrone/Servo, fino ad arrivare all’assolutismo di oggi in cui il potere non si nasconde più ma, al contrario, si vanta della sua vittoria . E’ celebre la frase di Buffet: “La lotta di classe esiste e l’abbiamo vinta noi”. Noi corrisponde ad élites, ricchi, padroni.

Il potere prende la parola con un libro epocale a partire dagli anni ’70.

“I limiti dello sviluppo” che indica già il nostro presente. “Il rapporto suoi limiti dello sviluppo”, commissionato al MIT del Club di Roma viene pubblicato nel 1972. Nel pieno dell’industrializzazione il libro ci ammonisce sul pericolo che la crescita della popolazione, dell’industrializzazione, dell’inquinamento, della produzione di cibo e di sfruttamento delle risorse, porti il nostro pianeta al collasso. Troviamo già qui tutti i temi dell’agenda 2030 e del Great Reset. Non è casuale.

Aurelio Peccei, fondatore del Club di Roma è un mito per Schwab, ed è intervenuto direttamente, alle origini del WEF, portando il suo contributo teorico.

A parte il bellissimo libro di Cesarano Collu, “Apocalisse e Rivoluzione” che identifica “I limiti dello sviluppo” come “utopia capitalista” la sinistra non sembra registrare l’evento. Al contrario sembra introiettare progressivamente questa utopia.

Da questo momento in poi è tutta una fioritura di congressi, segreti come quelli del Bilderberg ma, più recentemente, pubblicizzati e condivisi da tutti come i dibattiti del World Economic Forum, trasmessi online in diretta.

Quando ho parlato di World Economic Forum sui giornali ed in televisione, sono stato accusato di cospirazionismo e di complottismo, come fossi io ad attribuire al potere le parole che il potere pubblicizza nei suoi forum, stampa nei suoi libri / manifesto, impone alla politica mondiale.

Non si può conoscere la propaganda senza conoscere “l’utopia del Potere”.

Per capire la verità dobbiamo partire da un’indagine globale . Secondo Lukács di “Storia e Coscienza di classe” la totalità è la verità da conseguire.

Nel nostro caso si tratta del progetto globale di Nuovo Ordine Mondiale che il potere non nasconde più, ma pubblicizza in maniera ossessiva a partire dei testi scolastici, nei discorsi dei politici, nei congressi internazionali e che oggi viene espresso nel dettaglio in libri come “Covid 19 The Great Reset”, “La Quarta Rivoluzione Industriale”, “Governare la Quarta rivoluzione industriale” tutti di Klaus SCHWAB.

Questo progetto/ utopia ha assunto nel tempo nomi diversi: Agenda 21, Agenda 2030, Nuovo Ordine Mondiale, Tre Great Reset,

I sostenitori di questa utopia dai risvolti inquietanti e fortemente distopici hanno i loro referenti politici nel partito democratico americano di cui il partito democratico italiano è copia carbone. Il PD ha un atteggiamento schizofrenico del momento che nega nei dibattiti televisivi l’esistenza del Grande Reset, ma pubblica poi nel sito ufficiale del partito, l’articolo di Fiani sul Nuovo Ordine Mondiale.

Utilizza questa tecnica basandosi nel fatto che solo gli addetti ai lavori conoscono chi sia Klaus Schwab.

Ma basta dare un’occhiata su internet sul sito del WEF per capire l’importanza economica del WEF. Sono iscritte a pagamento sulle sua piattaforma tutte le multinazionali.

Il WEF per la prima volta nella storia, funziona come una piattaforma non solo teorica, come le classiche fondazioni, ma è una vera e propria piattaforma operativa per mettere in contatto in tempo reale le maggiori multinazionali, creando progetti di applicazione immediata. La sincronicità con cui il Covid è stato gestito in paesi del mondo tra loro lontanissimi, ha funzionato perché esisteva un coordinamento politico guidato dai forum del WEF ed un coordinamento operativo elaborato nelle sue piattaforme a pagamento in cui le multinazionali farmaceutiche possono interagire con le majors dell’informatica e della comunicazione. Esistono “stanze” virtuali in cui le multinazionali informatiche e farmaceutiche si incontrano in tempo reale per decidere il nostro destino

Questo reticolo rizomatico è oggi il potere, l’insieme di quelli che Schwab definisce: Portatori di interessi”. Il potere non si costruisce oggi sul sapere, ma sulla capacità di estrarre valore da ogni cosa, anche naturale, intoccabile e sacra come la vita stessa o il nostro DNA. La natura non è brevettabile, ma qualsiasi alterazione della natura sì. Per questo, il virus non è immediatamente matrice di interessi, ma “il guadagno di funzione” sì. Il DNA non è brevettabile, ma il DNA modificato attraverso la tecnica RNA sì. Per questo le élites premono in direzione del Transumanesimo, perchè l’alterazione della semplice natura è più profittevole della produzione industriale. Il valore non viene estratto più dal lavoro o dal consumo, ma dai nostri stessi corpi modificati.

Per chi pensa che SCHWAB non sia nessuno vorrei far notare che i partecipanti ai suoi ultimi due forum sono i capi di stato di tutti i paesi del mondo. SCHWAB ha autorità su di loro. L’attuale politica di Draghi in Italia inizia con una visita di SCHWAB che gli dettò la linea a Novembre 2021.

Per chi pensa che i governanti dell’Occidente siano l’espressione delle scelte democratiche del popolo, vorrei elencare quanti di loro sono usciti dalla scuola del WEF. “Young Global Leaders”: Merkel, Sarkozy, Tony Blair, Gordon Brown, Bill Gates, Macron, Troudeau, Chelsea Clinton, Jonathan Soros, Lynn Forester de Rothschild, Nathaniel Rothscild, Giacinda Arden, Jose Manuel Barroso, Matteo Renzi, Jose Maria Aznar, ma anche Zuckerberg, Jeff Bezos, Di Caprio. Quello che colpisce è la trasversalità della scuola tra politica, business ed informazione.

Il Young Global Leaders è un centro ideale di produzione ideologica dove tutte le realtà convergono.

Non a caso tra i forum del WEF il più recente riguarda la narrazione della realtà. Ed è in questa sede che Harari ha dichiarato la mente umana hackerabile.

Non penso ci sia da aggiungere altro. Questa digressione era necessaria, secondo me, per mettere in fila i puntini e tornare a quella totalità che Lukacs identificava colla verità. Ora possiamo tornare all’informazione che dovrebbe rivelarci tutto questo.

Come mai non c’è più conflitto, non c’è più censura nella programmazione televisiva?

Anche qui è rappresentato solo il pensiero unico della globalizzazione. A capo del Tg1 troviamo la maggior opinionista del Bilderberg.

Sempre del Bilderberg fa parte la maggior opinionista della 7.

I più importanti conduttori della 7, sono espressioni del PD. Io credo siamo tutti in buona fede e questa, è la cosa più terribile.

Ma la propaganda televisiva non passa solo attraverso l’informazione. Anzi, al contrario, passa oggi attraverso tutta la gamma delle espressioni televisive, dall’infotainment, ai talent, alle fiction. E se infotainment e talent mirano soprattutto ad inculcarci modelli di comportamento e di costume, la fiction ha un potere fortissimo perché accede direttamente al nostro immaginario.

Da sempre Hollywood è stato l’arma più forte della colonizzazione americana del mondo, perché ha reso desiderabile come unico mondo possibile l’occidente.

Più che le armi consumi e fiction hanno creato la globalizzazione.

Ma col tempo la fiction si è mescolata sempre più col reale, così come nel film “La Rosa purpureo del Cairo”, di Allen, l’attore esce dallo schermo per mescolarsi alla vita vera.

La guerra in Ucraina, che stiamo vivendo in questi giorni, è frutto di una fiction di diverse stagioni che dagli schermi televisivi si è trasformata in reality.

Come in altri casi (Reagan, Schwarzenegger), il presidente ucraino eletto è un attore, ma la sua storia è diversa dalle altre perché tra la fiction che l’ha reso famoso ed il suo attuale ruolo internazionale, non c’è soluzione di continuità.

Nel 2015 esce una serie televisiva intitolata “ Servitore del Popolo” prodotta per la Tv 1+1 di proprietà dell’oligarca Igor Kolomoysky allora in rotta col presidente in carica Poroshenko:

Produttore ed interprete è lo stesso Zelensky.

Il successo è tale da indurre nell’immaginario popolare un cortocircuito tra fiction e realtà per cui l’attore Zelensky stesso diventa “servitore del Popolo” e vince le elezioni.

Ancora oggi Zelensky, con i suoi interventi, porta avanti la fiction. Si dice sia in Ucraina, ma le riprese lo mostrano chiaramente sempre in studio, con sfondi sostituiti dallo sfondo verde. I suoi discorsi continuano ad essere scritti dallo stesso sceneggiatore delle serie.

Non è l’unica fiction di questa guerra “senza immagini”.

E’ risaputo che servizi televisivi italiani hanno utilizzato invece che immagini reali, frammenti di videogame, di film ed altro materiale di repertorio: incendi, incidenti, cataclismi del passato e non collegati alla guerra.

Interrogato sul fatto che avesse inserito nel suo servizio lo spezzone di un noto videogioco, un redattore del Tg2 si è giustificato dicendo che di questa guerra non esistono immagini reali per la censura di Putin. Non sappiamo se sia vero. Viceversa esiste un materiale prodotto ad hoc a scopo propagandistico di cui conosciamo l’esistenza, ne è un buon esempio il bombardamento all’ospedale pediatrico con l’influencer incinta, successivamente dichiarata morta e riscomparsa poco dopo, in un’altra storia. Ma già nelle altre guerre avevamo precedenti di ogni tipo, dai falsi salvataggi dei caschi bianchi in Siria ai, filmati dell’Isis girati in studio.

Però, dal punto di vista narrativo la storia del “Servitore del Popolo” è la più completa e la più didascalica perché ci dimostra che nell’epoca del metaverso realtà e fantasia si equivalgono.

Concludendo l’unanimismo del pensiero unico ci viene presentato come la migliore versione possibile del nuovo ordine mondiale, che rappresenta a sua volta il migliori dei mondi possibili: un mondo verde e senza guerra, ma, basato sulla decrescita e il depopolamento .

E’ l’utopia della élites che ci viene imposta per il nostro bene. O meglio il bene di Gaia il nome del nostro pianeta secondo l’ecologia.

Se questo mondo è perfetto cos’é che non possiamo condividere?

Altri decidono per noi e ci guidano verso direzioni di cui neppure siamo consapevoli, perché, se lo fossimo, potremmo ribellarci e dissentire.

Ma se anche potessimo scegliere non saremmo liberi. Le idee che abbiamo in testa non sono nostre, ma impiantate dalla propaganda.

Per esistere democrazia e libera scelta deve esistere anche la possibilità del cittadino di conoscere la verità.

La scelta imposta dalla propaganda non è una vera scelta.

FONTE: https://www.sinistrainrete.info/politica/22754-carlo-freccero-la-scelta-imposta-dalla-propaganda-non-e-una-vera-scelta.html

 

 

Ucraina, dubbi su Hunter Biden e i biolab: le email che lo inchiodano

Hunter Biden ha davvero finanziato bio-laboratori in Ucraina? Se sì, per quale motivo e a quale scopo? Secondo le mail pubblicate in esclusiva dal Daily Mail, l’accusa del Cremlino contro il figlio del Presidente Usa, Joe Biden, potrebbe trovare qualche riscontro nella realtà e non essere una strampalata “teoria cospirativa” volta a gettare fango sulla presidenza Usa. Come scrive la testata inglese, il comandante delle forze di protezione nucleare, biologica e chimica russe, ha affermato che esisteva uno “schema di interazione tra le agenzie governative statunitensi e i bio-laboratori ucraini” e ha sottolineato il “finanziamento di tali attività da parte di strutture vicine all’attuale leadership statunitense, in particolare il fondo di investimento Rosemont Seneca, guidato da Hunter Biden”. Sebbene gli esperti d’intelligence statunitensi abbiano etichettato tali accuse come “propaganda russa”, le e-mail contenute del laptop del figlio del Presidente Usa dimostrerebbero che Hunter Biden ha donato milioni di dollari a Metabiota, un appaltatore del Dipartimento della Difesa specializzato nella ricerca sulle malattie respiratorie.

Le e-mail che inchiodano Hunter Biden e i suoi affari in Ucraina

Hunter Biden avrebbe messo in contatto Metabiota con una società di gas ucraina, Burisma, per un “progetto scientifico” che coinvolge i bio-laboratori in Ucraina; il figlio del Presidente Usa è stato nominato nel cda di Burisma a seguito del colpo di stato di Euromaidan, nel 2014. Nell’aprile dello stesso anno, come si evince dalle e-mail, la vicepresidente di Metabiota Mary Guttieri ha scritto una mail ad Hunter Biden in cui delineava un piano su come affermare “l’indipendenza culturale ed economica dell’Ucraina dalla Russia”. “Grazie mille per aver dedicato del tempo al tuo intenso programma per incontrare Kathy Dimeo, dirigente di Metabiota. Abbiamo apprezzato molto la nostra discussione”, ha scritto Guttieri. Quattro giorni dopo, il dirigente di Burisma Vadym Pozharskyi ha scritto ad Hunter Biden rivelando che il figlio dell’allora vicepresidente aveva lanciato un “progetto scientifico” che coinvolgeva Burisma e Metabiota in Ucraina. “Per favore, trova alcuni punti iniziali da discutere allo scopo di analizzare il potenziale di questo progetto, che hai chiamato ‘Science Ukraine’”, ha scritto Pozharskyi. Le e-mail del governo Usa, qualora si rivelassero autentiche, dimostrerebbero che il Dipartimento della Difesa ha assegnato a Metabiota un contratto da 18,4 milioni di dollari tra febbraio 2014 e novembre 2016, con 307.091 dollari stanziati per “progetti di ricerca in Ucraina”.

L’accusa contro il Figlio del Presidente usa

Come riportato in precedenza da InsideOver, nei giorni scorsi ha fatto molto discutere negli Stati Uniti l’intervento del celebre anchorman di Fox NewsTucker Carlson, che ha ripreso un’inchiesta del sito conservatore National Pulse. La tesi della testata americana di destra è che una società di investimento diretta da Hunter Biden è stata uno dei principali finanziatori di una “società di monitoraggio e risposta alla pandemia” che ha collaborato all’identificazione e all’isolamento di agenti patogeni mortali nei laboratori ucraini, ricevendo nel frattempo fondi dal Dipartimento della Difesa. Si tratta proprio di Rosemont Seneca Technology Partners (RSTP), una sussidiaria della Rosemont Capital fondata da Christopher Heinz, contava infatti sia Hunter Biden che Heinz come amministratori delegati. Heinz è il figliastro dell’ex Segretario di Stato americano, John Kerry. Tra le realtà che quest’ultima finanziava c’è Metabiota, una società con sede a San Francisco ha come mission quello di rilevare, tracciare e analizzare le “malattie infettive emergenti”. I rapporti finanziari rivelano che RSTP ha finanziato per la prima volta Metabiota nel 2015, con un contributo di circa 30 milioni di dollari. Tesi che ora sembrerebbe essere confermata dalle mail pubblicate dal Daily Mail, anche se in questi casi il condizionale è sempre d’obbligo.

Il dubbio sulla figura di Hunter Biden e sui suoi affari in Ucraina rimane, a maggior ragione dopo che, a seguito di mesi e mesi di smentite, è stato il New York Times a confermare finalmente l’esistenza del famigerato laptop del figlio del Presidente Usa, prima prontamente etichettato come “disinformazione russa”. Come ricorda il Premio Putlizer Glenn Greenwald, infatti, il 14 ottobre 2020, meno di tre settimane prima che gli americani votassero, il quotidiano più antico della nazione, il New York Post ha iniziato a pubblicare una serie di rapporti sui rapporti d’affari del leader democratico Joe Biden e su suo figlio, Hunter, in paesi in cui Biden, in qualità di vicepresidente, esercitava una notevole influenza, tra cui Ucraina e Cina. Risultato? Chiunque abbia diffuso notizie su questa storia, è stato brutalmente censurato dai social media della Silicon Valley. Ora il presunto finanziamento dei-lab in Ucraina dovrebbe indurre il Presidente Joe Biden e suo figlio a chiarire, definitivamente, questi controversi rapporti con il Paese ex-sovietico. A maggior ragione ora. Per molto meno – il Russiagate – l’ex Presidente Usa, Donald Trump, è stato messo alla gogna.

FONTE: https://it.insideover.com/politica/ucraina-dubbi-su-hunter-biden-e-i-biolab-le-email-che-lo-inchiodano.html

 

 

 

ECONOMIA

GUERRA: C’E’ DEL METODO NELLA FOLLIA DELLE CANCELLERIE OCCIDENTALI

 

 

LA CASA È SEMPRE DI PIÙ UN LUSSO

La casa è sempre di più un lussoIl 72,9 per cento degli italiani è proprietario di un’abitazione. Una percentuale superiore a inglesi, francesi e tedeschi, anche se lontana dal primato che è detenuto dai rumeni con il 96,4 per cento. Eppure, nonostante la diffusione della proprietà immobiliare, gli italiani si stanno accorgendo sempre di più che la casa è un lusso. Le spese di gestione dell’abitazione assorbono una parte significativa del reddito, fra bollette, tassa sui rifiuti, manutenzione, condominio, assicurazione, mutuo e interessi.

Il caro energia ha acuito l’incidenza della spesa e già prima della crisi energetica il 10 per cento dei proprietari non aveva la capacità di mantenere la casa adeguatamente calda, come ha rilevato il Censis nell’ultimo rapporto annuale. Un numero destinato a crescere notevolmente in seguito agli ultimi rincari. L’intervento del Governo ha contenuto gli aumenti, ma l’aggravio è inevitabile. Le spese correnti legate all’abitazione rappresentano quindi una quota significativa del reddito famigliare e comprimono la capacità di spesa in altri settori. Per i redditi più bassi, la spesa per la casa e quella per l’alimentazione, se sommate, possono eguagliare le entrate.

Alcuni Paesi nordici non si capacitano che gli italiani siano proprietari di case e che, al contempo, abbiano il terzo debito pubblico più alto al mondo, ma la soluzione al problema debitorio non può passare attraverso il depauperamento di un bene primario come l’abitazione. Un aumento delle imposte potrebbe portare alla deflagrazione del mercato immobiliare. Le detrazioni fiscali sulle ristrutturazioni stanno migliorando le condizioni abitative e c’è da sperare che possano continuare ad esserci, anche perché movimentano l’economia e contribuiscono a migliorare l’aspetto dei nostri centri urbani.

In alcuni ambiti è però possibile incidere significativamente: due milioni di case abusive (tante si stima che siano in Italia) sono una zavorra pesante da portare e i Comuni potrebbero fare di più per scovarle e recuperare i crediti maturati. Senza contare che all’abitazione abusiva sono spesso associati anche allacci abusivi, che tutti paghiamo in bolletta. L’inerzia dolosa di tante amministrazioni comunali ha conseguenze gravi, soprattutto sui cittadini onesti che sulla casa pagano fino all’ultimo centesimo.

FONTE: https://www.opinione.it/societa/2022/04/06/andrea-cantadori_casa-di-propriet%C3%A0-italiani-inglesi-francesi-tedeschi-rumeni/

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Transizione, deglobalizzazione, digitale: il futuro secondo BlackRock

di Larry Fink

Il 24 marzo scorso Larry Fink, amministratore delegato del colosso finanziario BlackRock, ha pubblicato una lettera aperta a investitori e azionisti per mostrare la sua personale idea di mondo per l’era aperta dal conflitto ucraino. BlackRock maneggia 10 trilioni di dollari in asset ed è capace di determinare con le sue scelte la condotta di molti investitori in tutto il mondo. Fink non è nuovo a questi esercizi di futurologia: a febbraio, in un messaggio intitolato “The Power of Capitalism”, sottolineò che transizione green, svolte economiche e altri piani di discontinuità avevano senso solo se capaci di portare profitto. Ora nella sua nuova lettera Fink dice che l’era per la profittabilità di questi settori è vicina e accelerata dalla crisi russo-ucraina, che avrebbe posto inizio all’era della “de-globalizzazione”. Abbiamo voluto tradurre la parte più importante e centrale del lungo messaggio di Fink.

Larry Fink’s Chairman’s Letter to Shareholders | BlackRock – Qui il testo originale

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Implicazioni dell’invasione russa dell’Ucraina per aziende, paesi e clienti

Il denaro che gestiamo appartiene ai nostri clienti. E per servirli, lavoriamo per capire in che modo i cambiamenti in tutto il mondo influiranno sui loro risultati di investimento.

Il denaro che gestiamo appartiene ai nostri clienti. E per servirli, lavoriamo per capire in che modo i cambiamenti in tutto il mondo influiranno sui loro risultati di investimento. BlackRock è in grado di offrire servizi ai nostri clienti durante questi periodi di volatilità grazie all’enfasi che diamo alla resilienza. Abbiamo costruito sia una piattaforma di investimento che una strategia aziendale resilienti di fronte all’incertezza. E la resilienza è molto più che resistere a uno shock improvviso dei mercati: significa anche comprendere e affrontare i cambiamenti strutturali a lungo termine, incluso ciò che la deglobalizzazione, l’inflazione e la transizione energetica significano per le aziende, le valutazioni e i portafogli dei nostri clienti.

L’aggressione della Russia in Ucraina e il suo successivo disaccoppiamento dall’economia globale spingeranno le aziende e i governi di tutto il mondo a rivalutare le loro dipendenze e ad analizzare nuovamente le loro catene di produzione e assemblaggio, qualcosa che il Covid aveva già spronato molti a iniziare a fare.

E mentre la dipendenza dall’energia russa è sotto i riflettori, le aziende e i governi guarderanno anche in modo più ampio alle loro dipendenze da altre nazioni. Ciò potrebbe portare le aziende a effettuare più operazioni onshore o nearshore, con un conseguente ritiro più rapido da alcuni paesi. Altri, come Messico, Brasile, Stati Uniti o centri di produzione nel sud-est asiatico, potrebbero trarne vantaggio. Questo disaccoppiamento creerà inevitabilmente sfide per le aziende, inclusi costi più elevati e pressioni sui margini. Sebbene i bilanci delle aziende e dei consumatori siano oggi solidi, offrendo loro più di un cuscino per superare queste difficoltà, un riorientamento su larga scala delle catene di approvvigionamento sarà intrinsecamente inflazionistico.

Anche prima dello scoppio della guerra, gli effetti economici della pandemia – compreso lo spostamento della domanda dei consumatori dai servizi ai beni per la casa, la carenza di manodopera e le strozzature della catena di approvvigionamento – hanno portato l’inflazione negli Stati Uniti al livello più alto degli ultimi quarant’anni. Nell’Unione Europea, in Canada e nel Regno Unito, l’inflazione è superiore al 5%. I salari non hanno tenuto il passo e i consumatori ne sentono l’onere poiché devono far fronte a salari reali più bassi, bollette energetiche in aumento e costi più elevati alla cassa del negozio di alimentari. Ciò è particolarmente vero per i lavoratori a basso salario che spendono una parte maggiore del loro salario per beni essenziali come gas, elettricità e cibo.

Le banche centrali stanno valutando decisioni difficili su quanto velocemente aumentare i tassi. Si trovano ad affrontare un dilemma che non affrontano da decenni, aggravato dal conflitto geopolitico e dai conseguenti shock energetici. Le banche centrali devono scegliere se vivere con un’inflazione più alta o rallentare l’attività economica e l’occupazione per abbassare rapidamente l’inflazione.

Infine, un aspetto meno discusso della guerra è il suo potenziale impatto sull’accelerazione delle valute digitali. La guerra spingerà i paesi a rivalutare le loro dipendenze valutarie. Già prima della guerra, diversi governi stavano cercando di svolgere un ruolo più attivo nelle valute digitali e definire i quadri normativi in ​​base ai quali operano. La banca centrale statunitense, ad esempio, ha recentemente lanciato uno studio per esaminare le potenziali implicazioni di un dollaro digitale statunitense. Un sistema di pagamento digitale globale, progettato con cura, può migliorare il regolamento delle transazioni internazionali riducendo il rischio di riciclaggio di denaro e corruzione. Le valute digitali possono anche aiutare a ridurre i costi dei pagamenti transfrontalieri, ad esempio quando i lavoratori espatriati restituiscono i guadagni alle loro famiglie. Poiché vediamo un crescente interesse da parte dei nostri clienti, BlackRock sta studiando valute digitali, stablecoin e le tecnologie sottostanti per capire come possono aiutarci a servire i nostri clienti.

Gli effetti sul mercato energetico oggi e cosa significa per la transizione netta zero

Man mano che le aziende ricalibrano le loro catene di approvvigionamento globali e man mano che gli alleati occidentali riducono la loro dipendenza dalle materie prime russe, il settore energetico subirà un impatto significativo. I consumatori si trovano ad affrontare costi energetici più elevati poiché abbiamo visto il prezzo del petrolio superare i $ 100 al barile all’inizio di quest’anno per la prima volta dal 2014. Di conseguenza, la sicurezza energetica è entrata a far parte della transizione energetica come una delle massime priorità globali.

Come ho scritto nella mia lettera agli amministratori delegati negli ultimi tre anni, la transizione energetica può funzionare solo se è equa e giusta. È importante sottolineare che non si verificherà durante la notte o in linea retta. Ci richiede di spostare il mix energetico dal marrone al marrone chiaro al verde chiaro al verde.

In risposta allo shock energetico causato dalla guerra in Ucraina, molti paesi sono alla ricerca di nuove fonti di energia. Negli Stati Uniti gran parte dell’attenzione è rivolta all’aumento della fornitura di petrolio e gas, e in Europa e in Asia, il consumo di carbone potrebbe aumentare nel corso del prossimo anno. Ciò rallenterà inevitabilmente il progresso mondiale verso lo zero netto nel breve termine.

A lungo termine, credo che gli eventi recenti accelereranno effettivamente il passaggio a fonti di energia più ecologiche in molte parti del mondo. Durante la pandemia, abbiamo visto come una crisi può fungere da catalizzatore per l’innovazione. Aziende, governi e scienziati si sono uniti per sviluppare e distribuire vaccini su larga scala in tempi record.

Abbiamo già visto i responsabili politici europei promuovere gli investimenti nelle energie rinnovabili come una componente importante della sicurezza energetica. La Germania, ad esempio, prevede di accelerare l’uso delle energie rinnovabili e raggiungere il 100% di energia pulita entro il 2035, 15 anni prima del suo precedente obiettivo prebellico. Più che mai, i paesi che non dispongono di proprie fonti di energia dovranno finanziarle e svilupparle, il che per molti significherà investire nell’energia eolica e solare.

L’aumento dei prezzi dell’energia ridurrà anche significativamente il premio verde per le tecnologie pulite e consentirà alle energie rinnovabili, ai veicoli elettrici e ad altre tecnologie pulite di essere molto più competitive dal punto di vista economico. Tuttavia, i prezzi dell’energia a questo livello stanno anche imponendo un terribile onere a coloro che meno possono permetterselo. Non avremo una transizione energetica equa e giusta se rimarranno a questi livelli.

Ad oggi, la pianificazione dei governi si è concentrata solo sull’offerta senza affrontare la domanda. Abbiamo bisogno che le politiche pubbliche adottino un approccio più olistico e a lungo termine al fabbisogno energetico mondiale. Tra le altre sfide, con l’aumento della domanda di fonti di energia rinnovabili e dell’uso di tecnologie pulite, dobbiamo considerare cosa questo significhi per le materie prime sottostanti da cui dipendono queste fonti di energia e tecnologia verdi. Dovremo anche accelerare gli investimenti nelle infrastrutture per sostenere un maggiore uso di energia e tecnologia pulite. Ad esempio, con l’accelerazione della domanda dei consumatori di veicoli elettrici, il settore pubblico e quello privato dovranno collaborare per costruire più stazioni di ricarica per soddisfare la domanda.

BlackRock si impegna ad aiutare i clienti a navigare nella transizione energetica. Ciò include continuare a lavorare con le società di idrocarburi che svolgono oggi un ruolo essenziale nell’economia e che lo faranno in qualsiasi transizione di successo. Per garantire la continuità dei prezzi dell’energia accessibili durante la transizione, i combustibili fossili come il gas naturale saranno importanti come combustibile di transizione. Gli investimenti di BlackRock, incluso uno alla fine dell’anno scorso, per conto dei nostri clienti nei gasdotti in Medio Oriente sono un ottimo esempio di come aiutare i paesi a passare dal marrone scuro al marrone più chiaro poiché queste nazioni del Golfo utilizzano meno petrolio per la produzione di energia e lo sostituiscono con un combustibile base più pulito come il gas naturale.

Nel passaggio allo zero netto dovremo passare da molte sfumature di marrone a sfumature di verde. Rimango ottimista per il futuro e continuo a credere che le nostre azioni collettive oggi possano fare una differenza significativa negli anni a venire.

Una visione a lungo termine della nostra attività

Passando alla performance di BlackRock nell’ultimo anno, è importante inserirla nel contesto della nostra storia generale. È facile dimenticare che BlackRock è ancora un’azienda relativamente giovane.

Ogni giorno dalla nostra fondazione, abbiamo ascoltato i nostri clienti. Abbiamo cercato di anticipare l’impatto delle tendenze a lungo termine e dello sviluppo macro sui loro portafogli. E ci siamo costantemente evoluti per stare al passo con le loro esigenze.

Quando io e i miei partner abbiamo fondato BlackRock 34 anni fa, credevamo in un nuovo approccio alla gestione patrimoniale: basato su una solida gestione del rischio e guidato dalle esigenze dei clienti. E ogni giorno dalla nostra fondazione, abbiamo ascoltato i nostri clienti. Abbiamo cercato di anticipare l’impatto delle tendenze a lungo termine e degli sviluppi macro sui loro portafogli. E ci siamo costantemente evoluti per stare al passo con le loro esigenze.

Nel nostro sforzo di servire meglio i nostri clienti, abbiamo continuamente rifatto BlackRock e, così facendo, abbiamo sconvolto il settore. Lo abbiamo fatto costruendo e migliorando Aladdin come base del nostro processo di investimento. Lo abbiamo fatto combinando attivo e indice su un’unica piattaforma in un momento in cui molti credevano che un’azienda dovesse scegliere l’una o l’altra, anche se i nostri clienti volevano entrambe. Lo abbiamo fatto riunendo le capacità dei mercati pubblici e privati ​​e fornendo ai nostri clienti un approccio completo e globale.

I clienti di BlackRock sono investitori a lungo termine – che rappresentano pensioni, assicurazioni, governi e, in definitiva, singoli risparmiatori – e adottiamo un approccio a lungo termine per investire nella nostra attività. Man mano che sempre più clienti si rivolgono a BlackRock e siamo cresciuti nel tempo, siamo stati in grado di effettuare investimenti strategici, innovare e migliorare il valore che offriamo loro. Rimaniamo impegnati nel nostro scopo e nei nostri principi come lo eravamo nel 1988. Ecco perché ci concentriamo sul fornire più scelta sulla nostra piattaforma, consentendo l’accesso alla crescita dei mercati dei capitali a più persone e continuando a utilizzare la nostra piattaforma a beneficio di tutti dei nostri stakeholder.

Fornire più scelta sulla nostra piattaforma

C’erano molte persone che avevano dubbi su quelle che sono state le nostre acquisizioni trasformative di Merrill Lynch Investment Managers e Barclays Global Investors negli anni 2000. Queste transazioni ci hanno permesso di raggiungere un maggior numero di clienti in tutto il mondo e di creare intere soluzioni di portafoglio per i nostri clienti offrendo diversificazione tra classi di attività, tra cui azioni, reddito fisso, alternative e liquidità, nonché attivi e indici sotto lo stesso tetto. E tutte queste classi di attività e strategie sono state riunite anche su un’unica piattaforma tecnologica, Aladdin.

Oggi, continuiamo a essere incredibilmente concentrati sul servire i nostri clienti non semplicemente vendendo una strategia di investimento o un’altra, ma esaminando l’intero portafoglio e aiutandoli a identificare le strategie che si adattano alle loro preferenze e obiettivi unici. Ciò include offrire ai clienti una scelta più ampia su come desiderano collaborare con BlackRock, dall’utilizzo di uno dei nostri ETF all’esternalizzazione dell’intero portafoglio di investimenti a noi. Siamo in grado di fornire questo livello di scelta ai clienti perché abbiamo investito nella nostra piattaforma nel tempo e ci siamo radunati attorno a una cultura One BlackRock che scoraggia le guerre per il territorio e premia la collaborazione tra i team in modo da rimanere tutti concentrati su ciò che è meglio per il cliente.

Tale impegno si estende al modo in cui pensiamo di evolvere per il futuro, incluso il nostro lavoro per espandere le opzioni dei clienti su come partecipano alle decisioni di voto per delega. Proprio come l’asset allocation e la costruzione del portafoglio, in cui alcuni clienti assumono un ruolo attivo mentre altri affidano a noi queste decisioni, clienti diversi sono interessati a diversi livelli di coinvolgimento quando si tratta di votare per delega. Dopo aver parlato con i nostri clienti, abbiamo utilizzato la nuova tecnologia e altre innovazioni per offrire la scelta del voto per delega. Questo è ora disponibile per i clienti istituzionali che rappresentano poco più di 2 trilioni di dollari in asset azionari indicizzati, compresi i fondi pensione pubblici che servono oltre 60 milioni di persone. Consideriamo questo solo un primo passo. La nostra ambizione nel tempo è continuare a sviluppare nuove tecnologie e lavorare con i partner del settore per ampliare la scelta di voto per un numero ancora maggiore di clienti.

La maggior parte dei nostri clienti sta investendo per finanziare la pensione. Le persone che servono sono insegnanti, infermieri, vigili del fuoco e operai che stanno salvando per il loro futuro. Poiché le persone vivono una vita più lunga e più sana, il rischio di sopravvivere ai propri risparmi sta accelerando la “crisi silenziosa” dell’insicurezza finanziaria in pensione. Ecco perché BlackRock sta lavorando a fianco dei nostri clienti e partner per affrontare il reddito in pensione. Negli Stati Uniti, nel 2021 abbiamo condiviso che la nostra soluzione di reddito pensionistico, LifePath Paycheck, era stata adottata dagli sponsor del piano. Oggi, sei grandi sponsor di piani i cui piani insieme rappresentano oltre 10 miliardi di dollari in investimenti per la data target e più di 150.000 partecipanti, hanno scelto di collaborare con BlackRock per implementare la nostra soluzione LifePath Paycheck come opzione di investimento predefinita nei piani pensionistici dei loro dipendenti statunitensi, soggetta a approvazioni e condizioni necessarie. Rimaniamo impegnati ad aiutare più persone a sperimentare il benessere finanziario in pensione.

FONTE: https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/22751-larry-fink-transizione-deglobalizzazione-digitale-il-futuro-secondo-blackrock.html

 

 

LA LINGUA SALVATA

Titanismo
ti-ta-nì-smo

SIGNIFICATO Atteggiamento di sfida verso i limiti umani, le leggi di natura, l’ineluttabile

ETIMOLOGIA dal nome dei Titani, schiatta divina della mitologia greca.

E così le divinità dell’Olimpo riuscirono a sconfiggere e sigillare nelle profondità del Tartaro i Titani. Lieto fine stabilissimo: da allora vissero per sempre felici e contente, più meno — e noi restiamo con un titanismo che ha qualcosa che non torna.
Quei Titani appartenevano alla generazione precedente di divinità — la schiatta di Zeus nasceva da Crono e da Rea, una delle sei coppie di Titani (maschi) e Titanidi (femmine), figlie di Urano il cielo e Gea la terra. Si parla e si ricorda spesso l’attacco lanciato dai Titani all’Olimpo, ma era stata in effetti la rivolta di Zeus contro l’opprimente autorità di suo padre ad aver innescato questa guerra. Non era il Titano ad aver lanciato la sfida a Zeus — anzi dal Monte Otri tentava di rifondare lo status quo.

Il titanismo è un atteggiamento di lotta totale contro le forze che limitano l’essere umano, il suo slancio verso l’assoluto, le sue possibilità. Per una certa sensibilità è in effetti una sfida agli dèi, o a Dio, una vocazione a un trasumanare autonomo e libero — e votata a quasi sempre inevitabile fallimento, perché le leggi superne sono invalicabili.

Capiamo bene che questo atteggiamento non è quello di Crono, Iperione, Oceano, Giapeto, o dei loro figli che con loro parteciparono alla guerra contro Zeus, come Atlante: la loro era una guerra di reazione contro la rivoluzione. Quindi quando nei dizionari (quasi tutti) si trova scritto che il titanismo si riferisce alla Titanomachia, alla lotta dei Titani contro l’Olimpo, qualcosa non viene colto. Perché il titanismo ci parla della sfida di un Titano — di cui peraltro abbiamo già avuto modo di parlare, perché è il più famoso.

Prometeo è fratello di Atlante, ma si schiera fra gli olimpici, e perciò non segue la sorte degli altri Titani (le Titanidi invece non parteciparono proprio alla guerra). È contro il divieto posto da Zeus che gli esseri umani abbiano il fuoco, che Prometeo si ribella. Non crede di poterla fare franca, crede solo che la limitazione imposta dal dio sia ingiusta, e così la sfida, e ne paga le terrificanti conseguenze.

Nella corrente artistica del Romanticismo la figura di Prometeo, il Titano, dà frutti abbondanti — perché è allora che matura quella sensibilità per cui il finito è sofferenza. È il filone dei Frankenstein, dei Faust, e in generale di quei personaggi che cercano di spingersi oltre quelle che paiono le leggi fissate inderogabilmente dalla natura, dal potere, dalla società, personaggi che sfidano l’ineluttabile per tentare una liberazione. Non senza una certa forza personale, un certo eroismo. Ma questo titanismo, che si sostanzia in una miriade di profili letterari celebri e alti, si fa riconoscere anche nelle nostre giornate.

Possiamo parlare del titanismo con cui il nonno si ostina a non prendere le medicine perché secondo lui non gli servono, del titanismo con cui ci siamo messi in testa di leggere un’intera biblioteca, del rifiuto titanista della vicina di pagare le spese condominiali perché lei spazza sempre il pianerottolo.

Il titanismo è l’inclinazione alla sfida del grande opprimente limite imposto: a un tempo è facile che susciti stupore — o perfino ammirazione per la forza d’animo che richiede — ed è facile finisca per essere considerata delirante.

Infine ha un paio di pregi d’uso da rimarcare: è una parola che pur avendo un grande retroterra storico riesce a conservare un’immediatezza di significato e una spendibilità notevole, proprio in virtù del suo riferimento, che non richiede la didascalia di Prometeo, ma richiama il più generico Titano — entità che anche solo a naso si fa intuire grande, potente, autocratica. Ed è una di quelle parole che si fa notare, nella frase, con un certo mesmerismo.

Parola pubblicata il 10 Aprile 2022

FONTE: https://unaparolaalgiorno.it/significato/titanismo

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

ITALIA ANELLO DEBOLE NEL MEDITERRANEO

2020-2022 – Il Triangolo Geopolitico è in movimento/1

Covid 19 e guerra in Ucraina, due fasi del Nuovo Ciclo Geopolitico del XXI secolo.

Joe Biden, Xi Jinping, Vladamir PutinPREMESSA

Entrambi gli eventi citati nel sottotitolo non sono avvenuti per caso, ma sono due manifestazioni della lotta espressa dal Triangolo geopolitico che si è venuto configurando negli ultimi 2 decenni. I contendenti sono i Vertici di Potere (e NON i popoli) dei seguenti Paesi:

  1. USA – Gli Stati Uniti sono una delle tre potenze mondiali e la sua egemonia sul mondo occidentale è nata con la vittoria militare della Seconda Guerra Mondiale, che è stata immediatamente seguita dall’occupazione dei vinti – Europa e Giappone – con l’istituzione della NATO (organizzazione militare sorta per la difesa dalla minaccia militare del Patto di Varsavia sovietico). Da allora gli “alleati” non hanno una loro struttura militare (parziale eccezione la Francia).
    Oggi Washington ha ancora la supremazia militare e quella finanziaria (il Dollaro) mentre ha perso quella economica.
    Il Regno Unito – rimpiazzato nella sua posizione di leader mondiale dall’America sempre 80 anni fa – ha mantenuto e tuttora ha un suo importante ruolo internazionale ed è sicuramente il principale partner dell’America.
    Intorno ai due alleati Atlantici (al centro?) ruota Israele, che su alcuni temi ha grande voce in capitolo.
    Dopo lo scioglimento della URSS nel 1991 – e quindi del Patto di Varsavia – la NATO che teoricamente doveva avviarsi almeno ad un parziale ridimensionamento è stata invece potenziata, interprete di diverse guerre “locali”, nonché di una decisa avanzata verso i confini della Russia.
    Il mondo unipolare a controllo americano che si profilava agli inizi degli anni ’90 dopo il crollo sovietico non si è tuttavia concretizzato. Anzi …..
  2. CINA – Creatura geo economica americana/occidentale  (capitali, tecnologia ed esperienza/knowhow delle multinazionali).
    Due date chiave: a) 1995, le autorità cinesi consentono investimenti produttivi stranieri con quote di controllo o addirittura del 100% (fino al 1995 la maggioranza doveva essere cinese) b) 2001 la Cina viene ammessa sui mercati mondiali dal WTO (Organizzazione Commercio Mondiale, a controllo americano), in forte anticipo sulla tabella di marcia. Con gli investimenti e la tecnologia delle multinazionali occidentali la Cina – immenso serbatoio di potenziali, disciplinati lavoratori – decolla rapidamente, assumendo poi attraverso un’espansione commerciale internazionale, il ruolo di centro manifatturiero mondiale e quello di Potenza finanziaria e geopolitica.
    È una economia mista pubblico-privato, simile a quella dell’Italia del dopoguerra (IRI, modello studiato dal PCC) che è da noi durato fino agli anni ’90, quando è iniziato il suo smantellamento sistematico da parte della “nostra” stessa classe “dirigente” (le decantate privatizzazioni, in questi anni stiamo vivendo con TIM, acciao, …. le fasi finali di questo scempio).
  3. RUSSIA – Un decennio dopo la caduta del Muro di Berlino, nel 1999 Putin assume il potere e nei 22 anni trascorsi, grazie ai ricavi delle esportazioni di energia del paese, ha ristrutturato le forze armate, oggi in grado di competere (quanto meno in Europa) con quelle americane.  Nell’insieme, Vladimir riporta la Russia al ruolo di interprete della geopolitica mondiale, riprendendo almeno in parte il precedente percorso imperiale e sovietico. Mantiene e consolida una strategica rete di Alleanze, che fa perno principalmente su diversi Paesi del Medio Oriente (Iran per primo). Con la nascente potenza cinese avvia un cauto disgelo, dopo una lunghissima tradizione storica non proprio amichevole.
    Quello che però Putin non riesce a fermare è l’avanzata della NATO americana verso i suoi confini.
    Interessante questa dichiarazione di Biden nel 1997, che preconizza una “vigorosa reazione” della Russia qualora la NATO dovesse estendersi agli Stati Baltici.
  4. ALTRI – Ho già citato alcuni “interpreti” della rete di Alleanze delle 3 Potenze Mondiali.
    Qui faccio un cenno ad altre 2 particolarmente importanti. La prima è l’Arabia Saudita, ovvero il pilastro su cui si regge il Dollaro come moneta di riserva mondiale (e quindi anche la egemonia americana): qualora la famiglia Saud dovesse cominciare ad accettare altre Valute (Yuan cinese?) in pagamento del petrolio, assesterebbe un gran brutto colpo a Washington. E sembra che ci stia seriamente pensando.
    Il secondo paese, la cui leadership potrebbe contribuire a modificare l’assetto del Triangolo è l’India. In modo più lento e meno traumatico, qualora nei prossimi anni l’India si dovesse schierare decisamente a fianco di uno dei 3 vertici, questo ne sarebbe notevolmente rafforzato.

Premessa finita, potrà sembrare lunga, ma stiamo analizzando avvenimenti che devono essere inquadrati in una prospettiva storica.

Nel sottotitolo ho inserito anche Covid-19 come evento geopolitico. Alla fine della seconda parte di questo articolo ne farò un breve, ma molto significativo cenno, per poi eventualmente scriverne in modo specifico. Ci concentriamo invece adesso sul significato e le prospettive geopolitiche della guerra in Ucraina.

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GUERRA IN UCRAINA – PROSPETTIVE MILITARI.

La attuale guerra in Ucraina ha una lunga genesi, il cui ultimo atto prevedeva a breve l’adesione di Kiev alla NATO. Per il popolo ucraino questa guerra è una grande tragedia, che si aggiunge a quella “a bassa intensità” in corso dal 2014 nel Donbass ucraino, a danno della importante minoranza russa della popolazione.

Non credo che sia intenzione di Putin conquistare l’intero Paese, ma che voglia “solo” assumere il controllo del Donbass e forse di altre zone strategiche per tenere sotto controllo Kiev ed impedire l’avanzamento della NATO ai confini russi.
Non sono da escludere, ma sono a mio avviso improbabili, sviluppi ed allargamenti drammatici del conflitto, anche se sarebbero molto “graditi” al fronte politico-militare all’interno della Cupola di Potere Atlantico.
A cui resta sempre, in sottordine, l’opzione di creare una situazione di stallo militare (tipo Afghanistan) per la Russia e qui ci scommetterei.

Quindi, sotto il profilo strettamente MILITARE, scontata vittoria di Putin (nessun intervento americano/NATO), che segue quella in Siria, ma con successivo possibile impantanamento. Rischio di allargamento del conflitto contenuto (al momento). NOTA-1

Ma come ho illustrato quiqui e qui la guerra è solo una delle 10 modalità in cui si sviluppa lo scontro di potere per l’egemonia mondiale.
Partendo quindi dall’aspetto militare della crisi Ucraina, dobbiamo allargare la visuale e proiettarla nel medio-lungo termine. E vedremo che lo scenario potrebbe mutare radicalmente.

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PROSPETTIVE GEOPOLITICHE – VITTORIA MILITARE DI PIRRO PER PUTIN?

Quali sono i cambiamenti, oltre a quelli militari, degli equilibri tra i 3 vertici del Triangolo Geopolitico? Proviamo a tirare un bilancio.

  • RUSSIA/PUTIN
    VANTAGGI: Blocca espansione NATO/USA ai confini con Ucraina (mossa difensiva). – Vittoria militare – Salvaguardia etnia russa in Donbass/Ucraina –
    SVANTAGGI: Rischio stallo militare in Ucraina – Bloccata l’avanzata geoeconomica russa in Germania/Europa  (stop USA al raddoppio del gasdotto Nord Stream) – Probabile graduale riduzione delle esportazioni di gas/petrolio in Europa – Sanzione finanziaria con congelamento del 50% delle riserve della Banca Centrale della Russia (perché erano all’estero? Piuttosto strano, vero?) – Analogo blocco del patrimonio estero degli oligarchi russi (Putin compreso?) – Limitazione/esclusione della Russia dal circuito dei pagamenti mondiali (made in USA) – Sanzioni commerciali import-export – Disinvestimenti dalla Russia di banche e imprese occidentali – Altre sanzioni in preparazioneBILANCIO positivo nell’immediato (no NATO in Ucraina), ma negativo nel medio termine, rischio di logoramento militare in Ucraina e di eccessiva dipendenza economica e finanziaria dalla Cina. NOTA-2
    La Russia non sarà messa in ginocchio dalle pur pesanti sanzioni americane ed europee (materia in pieno movimento, incluse le reazioni di Putin, vedasi ad esempio la mossa di volere il pagamento del gas in Rubli e non più Euro o Dollari).
    Ma forse il vero scopo delle sanzioni – questa “gaffe” di Biden è alquanto rivelatrice – è creare serie difficoltà alla leadership interna di Putin (es. frizioni Putin-Nabiullina la Governatrice del Istituto di Emissione/Banca Centrale o con Anatoly Chubais o con altri oligarchi colpiti dal blocco dei loro patrimoni all’estero).
    Se l’Europa (la Germania) manterrà la sua “fedeltà” atlantica, Putin si troverà nel tempo stretto in un brutto angolo, come nazione e come Presidente.
  • USA
    VANTAGGI: Raggiunge l’obiettivo perseguito da anni di bloccare l’avvio del raddoppio del gasdotto Nord Stream – ormai pronto – che avrebbe reso la Germania (e l’Europa) ancora più  dipendente e interconnessa con Mosca – Sviluppo esportazione via mare di gas in Europa (reso profittevole dal balzo del prezzo mondiale del gas. Toh, che strano!), che diventerà energeticamente dipendente da Washington.
    SVANTAGGI: Avvicinamento dei 2 rivali geopolitici Russia-Cina che in teoria potrebbe evolvere nel tempo in una vera alleanza anti americana (abbraccio mortale per la Russia?) – Rischio di perdita del quasi-monopolio del Dollaro come moneta di riserva mondiale. È la conseguenza del sequestro delle riserve della Banca Centrale e degli oligarchi russi, mossa gravissima e senza precedenti, che Washington potrebbe replicare in futuro nei confronti di altri ex amici percepiti poi come avversari.BILANCIO positivo nel breve e medio termine (Russia e Putin in difficoltà – Germania ed Europa sempre più dipendente da Washington) ma anche rischioso nel medio-lungo (re Dollaro non più padrone assoluto e accelerazione avvicinamento Russia-Cina. Riprenderò questo ultimo punto più avanti).
  • CINA
    VANTAGGI: Con l’avvicinamento di Mosca, consolida la sua già ampia base di forniture energetiche – Possibile “fidanzamento” con la Russia accogliendola nel suo sistema finanziario di pagamenti internazionali (in grado di affiancare nel medio termine quello americano attuale?) – Crea insieme alla Russia un quasi-monopolio di materie prime strategiche per gli sviluppi tecnologico-industriali dei prossimi 50 anni.
    SVANTAGGI: di consistenti non ne vedo.BILANCIO decisamente positivo, nel breve, medio e lungo periodo
  • EUROPA
    Il Vecchio Continente NON è un interprete geopolitico ma dopo la Seconda Guerra Mondiale è un satellite USA. Tuttavia, visto che ne facciamo parte e che è pesantemente investito dalle conseguenze della guerra in Ucraina lo dobbiamo prendere in esame.
    VANTAGGI: di consistenti non ne vedo.
    SVANTAGGI: Fortissimo aumento del prezzo dell’energia che è destinato a diventare permanente se il gas liquido americano affiancherà/sostituirà quello russo – Perdita esportazioni in Russia – Difficoltà di approvvigionamento di materie prime alimentari – Difficoltà economiche (inflazione), finanziarie e sociali (costo della vita) – Con la dipendenza energetica (Gas liquido via nave) dall’America, la posizione subalterna a Washington diventa irreversibile.BILANCIO negativo sia nel breve termine (difficoltà economiche, problemi e tensione sociale), sia nel medio-lungo qualora il suo Sole-USA dovesse declinare di fronte all’alleanza Cina-Russia. Per l’Italia, pianeta che ruota intorno alla Euro-Germania, piove sul bagnato. Un sentito ringraziamento al nostro governo e classe dirigente.

In sostanza, la scontata e prevedibile risposta militare del Cremlino alla provocazione NATO/Ucraina ha innescato a sua volta una violentissima contro reazione (programmata?) degli StatiUniti verso Russia/Putin , senza esclusione di colpi – eccettuato finora il confronto militare diretto.
Come “effetto collaterale”, l’Europa si troverà in grosse difficoltà (anche questo voluto?).

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CONCLUSIONE – VINCE LA CINA?

Vai alla seconda parte.

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NOTA-1 Anche se relativamente ottimistica la mia valutazione dei rischi militari sottintende comunque un peggioramento significativo del mio personale “bollettino rischio guerra”. L’ultimo che ho formulato risale a fine 2016, all’indomani della elezione di Trump, all’epoca della guerra in Siria (anche questa tremenda per il popolo siriano, ma non generò l’attuale ondata di sdegno e condanna a favore del popolo ucraino).
Anche allora si trattava di una guerra “locale” tra USA (via Isis e Israele) e Russia (intervenuta a difesa dell’alleato Siria) che avrebbe potuto analogamente sfociare in un confronto diretto tra USA/NATO e Russia o addirittura – nel caso di intervento anche della Cina – in una Guerra Globale. Come ricorderete l’azione militare russo ebbe successo e gli avversari dovettero prenderne atto.
Oggi il mio toto-rischio di una escalation di un confronto diretto tra Stati Uniti/NATO e Russia in Ucraina, lo esprimo al 35% (25% nel 2016 dopo la vittoria elettorale di Trump, nel caso di vittoria della sua rivale Hillary Clinton stimavo invece il rischio al 50%).
Da tenere d’occhio il flusso di armi che l’Occidente sta inviando in Ucraina (più probabile che mirino ad impantanare la Russia in Ucraina) e l’eventuale imposizione di divieto di voli sul cielo ucraino, richiesto a gran voce dal presidente Zelenski (avvicinerebbe una guerra aerea Russia-NATO, una pericolosissima accelerazione militare).
Quanto al rischio di un allargamento su scala globale (Cina), oggi lo valuto al 20% in forte aumento rispetto al 5% del 2016.
Nell’insieme non siamo a livelli di guardia, ma è di gran lunga la situazione peggiore dal 1945.

NOTA-2 La strategia geopolitica di Putin ha sempre privilegiato – analogamente a quella della Russia degli zar – la creazione di un blocco euro-asiatico, potenziale formidabile interprete geopolitico, militare, energetico ed economico. La Cina è invece un alleato e vicino di casa troppo scomodo.
La speculare e secolare lotta anglo-americana per evitare una saldatura Russia-Germania è bene illustrata in questo articolo di Federico Dezzani

FONTE: https://ilprof.com/2022/03/26/2020-2022-il-triangolo-geopolitico-e-in-movimento-1/

 

 

FONTE: https://it.gatestoneinstitute.org/18409/il-nuovo-ordine-mondiale-di-biden

 

 

 

McKinseyGate: il governo ombra francese e l’ascesa dello Stato corporativo

In Francia, le società di consulenza sono state pagate miliardi di euro per consigliare i governi sulle politiche dal vaccino contro il coronavirus, al cambiamento climatico, al lancio del vaccino, nonché alla trasformazione digitale, secondo un  nuovo rapporto  pubblicato dal  Senato francese . Mentre le somme finanziarie sono sbalorditive, il vero scandalo è il livello di influenza sulla politica che questi oscuri attori aziendali esercitano nelle profondità delle sale del governo.

Le rivelazioni contenute in questo rapporto sono straordinarie ed espongono il funzionamento interno delle più alte sfere dello stato francese, in quella che può essere descritta solo come la quasi completa presa aziendale della burocrazia.

I risultati della relazione del Senato sono stati poi adottati all’unanimità dai membri della commissione il 16 marzo e saranno tradotti in una proposta legislativa e in un disegno di legge transpartisan che è già stato annunciato.

Ciò che è stato rivelato è mozzafiato e apre le porte a quello che potrebbe essere uno degli scandali più consequenziali degli ultimi decenni.

Rapporto di sintesi dell’inchiesta della Commissione del Senato francese sulla crescente influenza delle società di consulenza private sulle politiche pubbliche

Questo articolo non solo esaminerà l’acquisizione da parte di aziende di interi dipartimenti governativi, ma esaminerà anche l’analisi rischio-beneficio del governo nel suo uso liberale dei servizi di consulenza e delineerà il pericolo che si trova in tali partenariati pubblico-privati. Fornirà inoltre prove concrete dei profondi e problematici legami commerciali delle società di consulenza con il ramo esecutivo del governo francese.

È importante esaminare come queste potenti società di consulenza siano alla base di una rete transnazionale molto più ampia. Ciò solleva una serie di importanti domande: qual è la probabilità che si verifichi un conflitto di interessi e rappresentano un pericolo per la sicurezza nazionale dei paesi? Funzionari eletti e dipendenti pubblici stanno passando in secondo piano rispetto a privati ​​non eletti e alle loro aziende a cui è stato consentito di orientare la politica pubblica a favore di un’agenda aziendale transnazionale molto più ampia?

Dopo un’indagine parlamentare di quattro mesi che esamina contratti redditizi concessi a società di consulenza come Accenture, Bain & Company, Boston Consulting Group (BCG), Cap Gemini, Deloitte, Eurogroup, EY, McKinsey & Company, PwC, Roland Berger e Wavestone, la Commissione del Senato francese ha pubblicato i suoi  risultati  – e il risultato è piuttosto arginato. L’inchiesta è stata condotta dai senatori e dal banco dell’opposizione del governo francese.

Il ricorso a società di consulenza da parte dell’amministrazione francese è più che raddoppiato dall’inizio del mandato presidenziale quinquennale di Macron. Secondo il rapporto della commissione del Senato, nel 2021 è stato individuato un notevole aumento del 45%, parte dei quali da attribuire alla pandemia di Covid-19.

Molte domande e risultati seri sono emersi dal rapporto d’inchiesta della commissione del Senato, inclusa la probabilità che  Karim Tadjeddine , un direttore associato di  McKinsey & Company , possa essersi spergiuro durante un’audizione al Senato quando, secondo la senatrice Éliane Assassi, ha affermato sotto giuramento che McKinsey era pagare le tasse in Francia.

Nonostante McKinsey abbia ottenuto molti contratti in Francia, l’indagine della commissione su questo argomento, con l’aiuto del dipartimento del bilancio del governo, rivelerà che McKinsey non ha pagato tasse in Francia per almeno 10 anni. Come può essere?

In una conferenza stampa, Eliane Assasi ha descritto l’uso da parte del governo di queste società di consulenza come un ” riflesso ” e ha delineato come queste società siano integrate ai massimi livelli all’interno del governo e integralmente coinvolte nella maggior parte dei grandi progetti di riforma del governo, compresa la pensione regime di riforma, la riforma dei benefici abitativi e diversi aspetti chiave del piano di ripresa economica del governo.

La conclusione del rapporto di 350 pagine è molto allarmante. Naturalmente, il popolo francese vuole risposte.

La Porta Girevole Pubblico-Privata

Dopo l’elezione del presidente Nicolas Sarkozy nel 2007, l’uso di società di consulenza è diventato un fenomeno con aziende come McKinsey, Deloitte, Cap Gemini, BCG e Accenture che si sono assicurate accordi per un valore di circa  250 milioni di euro  durante il suo mandato. Le imprese hanno cercato di creare un mercato in crescita con fattori di crescita del governo, al fine di compensare la crisi nel settore delle imprese.

Livelli senza precedenti di pagamenti a società come McKinsey fanno parte di un budget molto più ampio che è stato stanziato dal governo francese per assumere società di consulenza per assistere nella progettazione e attuazione (anche operativa) di progetti di politiche pubbliche a sostegno del  DITP  (direzione interministeriale per la trasformazione pubblica) e la direzione digitale interministeriale ( DINUM ), e la modernizzazione di tutti i suoi dipartimenti.

Più allarmante è il fatto che tali società siano state assunte per lavorare direttamente sulle riforme legislative. Sebbene queste aziende possano affermare che la loro ricerca per assicurarsi contratti governativi redditizi non è motivata da un guadagno finanziario, ma piuttosto come un investimento in un partenariato pubblico-privato, la realtà è che questa è una forma di lobbying che garantisce che numerosi funzionari governativi di alto livello sono ben seguiti poiché alla fine tornano nel mondo aziendale per alcuni anni ricoprendo la prima posizione nelle prime 40 aziende francesi del CAC, prima di tornare sulla scena politica. Questa “porta girevole” tra il governo e l’industria della consulenza è il luogo in cui vengono fatti i soldi veri per le società di consulenza ei loro direttori. In realtà, solo il 5% dei ricavi di McKinsey viene generato nel settore pubblico, il resto è garantito da grandi conti aziendali. Tuttavia,

Il cosiddetto “Pantouflage” è stato sempre più al centro di molti scandali in Francia; Il costante avanti e indietro incestuoso dei funzionari governativi tra il mondo aziendale e il governo ha gradualmente eroso le basi della democrazia, consentendo il verificarsi di tutte le forme di conflitto di interessi. Naturalmente, possiamo accettare il fatto che i politici debbano, a un certo punto, tornare a lavorare nel settore privato, il che non è un crimine in sé, ma tornare alla scena politica in seguito non dovrebbe nemmeno essere un’opzione.

” Pantouflage”  è il luogo in cui un alto funzionario pubblico lascia il suo incarico presso lo stato e si unisce a una società privata, un esempio di corruzione dell’élite istituzionale.

Nel contesto della pandemia di COVID-19, possiamo vedere i governi di tutto il mondo ricorrere a società di consulenza di alto livello per formulare e attuare strategie di vaccinazione, il controverso programma di lancio e il relativo approvvigionamento e logistica.

Il governo Macron ha speso 2,4 miliardi di euro in società di consulenza

Negli Stati Uniti, McKinsey si è assicurata contratti per un valore di 19,3 milioni di dollari che si sono rivelati un semplice acconto, poiché 10 giorni dopo la US Defense Health Agency ha aggiunto ulteriori finanziamenti, portando il  valore del contratto VA a 22,5 milioni di dollari e tutto questo solo nei primi mesi della pandemia, secondo il sito investigativo  ProPublica .

Per quanto riguarda il Regno Unito, le bollette del  Boston Consulting Group  , alias BCG, ammontavano a 10 milioni di sterline, per 40 persone che lavoravano al programma di test Covid del governo. Gli onorari dei consulenti sono stati stimati a £ 6.250 al giorno nel corso di quattro mesi, secondo un rapporto del  Guardian .

È importante notare qui le centinaia di milioni di euro che i fornitori aziendali privilegiati hanno ricavato da questi test senza precedenti, app track and trace, DPI e programmi di vaccinazione, con società di consulenza straniere incorporate al centro del processo governativo per la selezione e l’assegnazione di questi super contratti.

Tra i migliori risultati del mercato tedesco ci sono Boston Consulting Group e Bain & Company che hanno registrato i loro migliori anni di sempre durante la pandemia. 550 miliardi di euro sono stati stanziati per proteggere l’economia dagli effetti del nuovo coronavirus in Germania secondo  il dashboard DEVEX  Interactive che tiene traccia di dove stanno andando tali finanziamenti, chi sta fornendo i soldi e l’obiettivo strategico per il finanziamento.

Come riportato da  Consultancy.eu  nel marzo 2020, una forte crescita nei mercati di consulenza più grandi d’Europa aveva portato il settore della consulenza del continente a un fatturato record di 45 miliardi di dollari durante questo periodo, con le centrali di consulenza europee Francia e Germania in testa.

Durante la crisi della “salute pubblica”, la richiesta di assumere più società di consulenza non si è limitata solo alla prima ondata della pandemia di Covid, periodo in cui lo Stato si è mostrato impreparato e in cui l’Europa è apparsa sorpresa dalla portata il presunto contagio. Tuttavia, il ricorso a consulenti privati ​​è proseguito per tutta la durata della crisi. Entra McKinsey, che è stato arruolato per intervenire risolvendo tutta l’organizzazione logistica e il monitoraggio della campagna nazionale di vaccinazione francese, che va da novembre 2020 al 4 febbraio 2022. Si è visto che i nuovi “gabinetti McKinsey” hanno dato una mano allo Stato sugli aspetti chiave della crisi, e sono ancora in carica oggi.

I rapporti del Senato indicano anche che  Accenture è  intervenuta per dirigere l’implementazione di sistemi informativi come il passaporto vaccinale o un  ‘pass sanitaire’  francese (che è una versione del nuovo Certificato Covid digitale dell’UE), mentre i consulenti  Citywell hanno  consigliato lo Stato sulla fornitura e gestione dei dispositivi DPI come le mascherine, da marzo a ottobre 2020.

Secondo un rapporto depositato da  Mediapart  (giornale investigativo online indipendente francese) Accenture è stata selezionata per risparmiare 800 milioni di euro sui servizi statali, per una missione il cui importo è stimato in 25 milioni di euro, secondo l’indagine. Non sorprende che McKinsey sia riuscito a ottenere la seconda parte di quel mercato la cui missione era quella di ottenere risparmi in 484 istituzioni pubbliche per un importo minimo di risparmio stimato da  Bercy a 200 milioni di euro. Il rapporto del Senato rivela circa 68 ordini effettuati dallo Stato a diverse società di consulenza, per un importo complessivo di 41,05 milioni di euro di compenso. Secondo i senatori, sulla base della pratica di fatturazione di cinque società di consulenza, sono stati in grado di determinare che i singoli consulenti fatturavano al governo francese una stima di 2.168 euro al giorno.

Nel 2021 si è registrato un  minimo di   oltre 1 miliardo di euro di spese  per consulenze per ministeri e operatori pubblici (tenendo presente che l’Inchiesta del Senato ha indagato solo il 10% degli operatori pubblici francesi). La domanda rimane: dove sono finiti questi soldi e cosa dobbiamo mostrare per questo? Qual è stato l’impatto notevole su tutte queste presunte strategie di riduzione dei costi del governo?

Considera quanto segue: mentre gli Stati Uniti chiedono a McKinsey di pagare un risarcimento di  573 milioni di dollari  per risolvere una controversia sul loro coinvolgimento nel disastroso scandalo degli oppiacei, il governo francese assume McKinsey per gestire il lancio del suo vaccino nazionale.

È giusto che ci si interroghi sui motivi per cui una quantità così sbalorditiva di denaro dei contribuenti è stata assegnata a queste aziende ben collegate, e in particolare a McKinsey (incassando circa 250.000 euro a settimana lavorativa, 50.000 euro al giorno) per fare un lavoro il nostro Ministero della Salute è più che attrezzato per intraprendere. Lo stato francese è ora  ConsultoDependent ?

I problemi non finiscono qui. Diversi funzionari eletti sospettano gravi conflitti di interesse e stretti legami tra alcune società di consulenza e membri del governo, incluso lo stesso presidente  Emmanuel Macron  , sospettato di tali legami.

In effetti, ci sono stati collegamenti durante la campagna presidenziale tra Macron e McKinsey, come evidenziato in un rapporto del media francese LeMonde, che ha pubblicato un  articolo esplosivo  in cui apprendiamo come il programma della campagna di Macron è stato scritto “gratuitamente” da 20 dipendenti della McKinsey.

Eliane Assassi (relatore) e Arnaud Bazin (Presidente) della Commissione d’inchiesta del Senato hanno ricordato a tutti la loro conclusione, che lo scopo della loro indagine non era mettere in discussione l’utilizzo di società di consulenza private, ma valutarne prima la pertinenza e documentare qualsiasi interferenza delle società di consulenza private nella formazione delle politiche pubbliche. Il loro obiettivo è porre fine all’opacità che circonda il rapporto tra le società di consulenza e il nostro governo.

Ripartizione delle spese di consulenza durante la crisi sanitaria
(esclusa Public Health France e in milioni di euro)

Fonte. Rapporto del Senato

Qual è stato il ruolo di McKinsey nella strategia di vaccinazione francese? 

Organizzazione Logistica  – Studio degli scenari logistici per la distribuzione dei vaccini, monitoraggio delle consegne, scorte, iniezioni e appuntamenti

Indicatori  e strumenti di monitoraggio  – Produzione quotidiana di indicatori di performance management della campagna vaccinale , follow  -up di un registro di circa 250 azioni e decisioni chiave

nalisi di settore  è richiesta dal Ministero  della Salute  –  Piano d’azione per la campagna di richiamo della 3a dose, aggiornamento sui territori d’oltremare nell’estate 2021

Project  Management – ​​Preparazione  incontri, supporto alla ristrutturazione della task force “vaccini”.

Il Senato conclude il suo rapporto accusando le filiali francesi della McKinsey & Company con sede negli Stati Uniti di elusione fiscale, e la denuncia è stata ora trasmessa al pubblico ministero.

Il fatturato francese di McKinsey ha raggiunto i 329 milioni di euro nel 2020, di cui circa il 5% è nel settore pubblico, e impiega circa 600 dipendenti con sede nel Paese, eppure per più di 10 anni non hanno mai pagato le tasse sulle società in Francia.

Il ministro della Salute francese  Olivier Véran  è stato  intervistato  nel febbraio 2022 dalla commissione del Senato sull’uso eccessivo e la potenziale influenza di società di consulenza come McKinsey, che sembrano controllare i meccanismi decisionali chiave relativi alla strategia di vaccinazione francese (e altre aree strategiche francesi).

 

 

Chi è McKinsey in Francia?

L’azienda, soprannominata “The Firm”, a quanto pare non ama i riflettori, eppure si trova sugli Champs sopra un centro commerciale, con una vista mozzafiato su Parigi. È stata a lungo considerata un’azienda che coltiva la segretezza nei suoi 100 anni di storia dopo la sua fondazione negli Stati Uniti. In qualità di partner del World Economic Forum (WEF),  McK insey è una società di consulenza  per capi di borsa, capi di stato e ministri di governo francesi del CAC40.

Sul suo sito Web, l’azienda afferma di essere “impegnata nelle trasformazioni decisive dei suoi clienti” e “Migliorare il mondo”. La trasformazione digitale  è il percorso intrapreso dal governo Macron dal 2017 in poi, che sembra essere semplificato con l’agenda del WEF nota come “Great Reset” e la cui pubblicazione sul tavolino da caffè può essere trovata sulla scrivania presidenziale di molti leader mondiali. È logico quindi che l’adescamento di Macron come Young Leader del WEF a Davos, in Svizzera, avrà una certa influenza sulla direzione in cui vengono prese iniziative governative così radicali.

In che modo McKinsey è riuscito a sfuggire alle autorità fiscali francesi?

“McKinsey è effettivamente soggetta all’imposta sulle società in Francia, ma i suoi pagamenti sono stati pari a zero euro per almeno 10 anni”, ha affermato l’  inchiesta della Commissione del Senato   sulla “Crescente influenza delle società di consulenza private sulle politiche pubbliche”.

I documenti esaminati dalla commissione si riferiscono al periodo compreso tra il 2011 e il 2020 e riguardano “le due principali entità McKinsey registrate in Francia: McKinsey & Company Inc. France e McKinsey & Company SAS”.

McKinsey utilizza un meccanismo di “ottimizzazione fiscale” diffuso da molte multinazionali: la dichiarazione dei “prezzi di trasferimento” delle sue entità in Francia alla società madre con sede nello stato del Delaware, paradiso fiscale registrato negli Stati Uniti. L’azienda garantisce che molte spese, come i costi di amministrazione generale o la fornitura di personale, appaiano come spese nei conti annuali dell’azienda e le consente di ridurre a zero le imposte sulle società.

I legami di McKinsey con l’intelligence

In un articolo  di Politico del luglio 2019  , apprendiamo che “Negli ultimi quattro anni, la potente azienda  McKinsey and Co.  ha aiutato a ristrutturare la burocrazia di spionaggio del paese, con l’obiettivo di migliorare i tempi di risposta e una comunicazione fluida” presso agenzie chiave come la CIA , l’Agenzia per la sicurezza nazionale (NSA) e l’Ufficio del Direttore dell’intelligence nazionale. In questo articolo, un insider ha rivelato come “gli sforzi di McKinsey abbiano ostacolato il processo decisionale in queste agenzie”, descrivendo ulteriormente gli sforzi di McKinsey come una colossale perdita di tempo e denaro.

Per quanto riguarda la Francia, la domanda è se McKinsey possa essere utilizzato o meno anche come una porta sul retro per le agenzie di intelligence statunitensi per raccogliere informazioni politiche ed economiche, o influenzare o guidare la politica politica, commerciale o estera della Francia.

Matthieu Aron  e  Caroline Michel-Aguirre  co-autori del libro “ Les infiltrés ” hanno pubblicato una lettura obbligata per capire come queste società di consulenza abbiano ora preso il controllo dello Stato.

Aron ha recentemente commentato: “È questa azienda [riferendosi a McKinsey] che ha pilotato la strategia di vaccinazione in Francia. Decine di consulenti sono arrivati ​​a Public Health France [Ministero della Salute] e hanno preso il posto dei dipendenti pubblici e hanno deciso come organizzare questa vaccinazione in tutto il paese. Non è mai successo prima, perché adesso?”

Sottolinea inoltre come McKinsey, un’azienda statunitense, abbia ricevuto una missione strategica dal Ministero della Difesa francese, facendo scattare nuovi campanelli d’allarme dalla comunità della sicurezza nazionale. Questo è stato motivo di grande preoccupazione in quanto espone la nostra struttura di sicurezza nazionale e la nostra difesa strategie ad agenti stranieri del tutto irresponsabili.

Dobbiamo mettere in discussione la natura di tutti questi contratti, compreso il motivo e il modo in cui sono stati aggiudicati. Pertanto, è estremamente difficile trascurare il fatto che il direttore associato della McKinsey,  Karim Tadjeddine ,  l’uomo responsabile dell’appalto dei servizi pubblici, è da tempo stretto collaboratore del presidente francese Emmanuel Macron.

A quanto pare, i due si conoscono da molto tempo e sono probabilmente amici intimi. Tadjeddine ha anche co-scritto un libro con la prefazione di Emmanuel Macron ed è stato anche molto coinvolto nella campagna presidenziale 2016-2017 di Macron.

Matthieu Aron ha aggiunto in un’intervista rilasciata a Léa Salamé su France Inter nel febbraio 2022:

“Ciò che noi di queste consulenze forma le impronte digitali in tutti i nostri ministeri, compreso il settore delle Forze Armate, della Salute o dell’Istruzione, e che non può più essere ignorato? Come può il governo giustificare 496 mila euro spesi per una relazione sulla “valutazione della futura professione di insegnante” o 235 mila euro per “una guida al telelavoro”. È diventato sistematico che lo Stato non possa più fare nulla da solo senza chiedere un rapporto”.

I risultati e le conclusioni di tali rapporti sono estremamente discutibili e giustamente. Quindi, molti cittadini francesi lottano per vedere i benefici.

Ma cosa stanno vendendo esattamente questi consulenti?

In generale, stanno vendendo le strategie di trasformazione, ripristino e sostituzione all’ingrosso per i ministeri, con il pretesto di risparmiare denaro e aiutare l’amministrazione “rimanendo un fornitore di servizi competitivo”.

Gabriel Attal, portavoce del governo di Macron, ha confermato il 18  marzo 2022 durante un’intervista a BFMTV che stavano pianificando di ridurre la propria dotazione di consulenza e creare un ufficio di consulenza guidato dal governo interno, sostenendo ancora una volta che si trattava di uno sforzo per ridurre i costi  .

 

 

Il progetto “Consulenza consultiva” è guidato da Amelie de Montchalin, il ministro francese della Trasformazione e dei servizi pubblici, il cui marito ha appena trascorso 10 anni nel settore della consulenza, presso gli uffici parigini del Boston Consulting Group. Un’altra coincidenza?

IMMAGINE: Il presidente francese Emmanuel Macron con il ministro francese della Trasformazione e dei servizi pubblici, Amelie de Montchalin.   

Dopo l’aprile 2016, quando Emmanuel Macron ha lanciato il suo movimento politico  “La Republique En Marche”,   appena due mesi dopo,  Guillaume de Montchalin , allora principale e ora partner del Boston Consulting Group, ha proposto nel giugno 2016 al giovane team di En Marche, che Emmanuel Macron partecipa a uno dei suoi “ Office Fridays ”. Lo scambio è stato organizzato tra il personale dell’azienda e personalità di spicco (imprenditori di alto livello, filantropi e politici).

Secondo un articolo del ” consulente  “, la richiesta era indirizzata a un  certo Stéphane Charbit,  persona vicina alla campagna e attuale amministratore delegato della Rothschild Bank,  Stéphane Charbit , che lo ha poi sostenuto con Cédric O, il tesoriere di En Marche all’epoca – che ora è Segretario di Stato per la trasformazione digitale. Sapendo che Macron è stato addestrato e curato nel ramo fusioni e acquisizioni della Rothschild Bank, ci si potrebbe chiedere se i banchieri volessero tenere d’occhio il loro promettente candidato presidenziale o semplicemente monitorare il loro investimento.

Questo non è solo un segno di interesse da parte delle società di consulenza strategica. Guillaume Kasbarian,  allora manager della società di consulenza  PMP  ed ex consulente di Monitor, ricorda di essere stato tra le “prime 100 persone ad aderire” alla campagna di Macron.

“Sono stato dietro Emmanuel Macron dal primo giorno”, ha detto Kasbarian.

A quanto pare, nel 2016,  Karim Tadjeddine  ed  Emmanuel Macron della McKinsey  erano entrambi membri di spicco del consiglio di amministrazione di ” En Temps Réel ” (In tempo reale), un think tank francese di alto livello sulla tecnocrazia presieduto da EURO NEXT L’amministratore delegato Stéphane Boujnah fino a settembre 2016. Da agosto 2014 ad agosto 2016, Macron è stato ministro francese dell’Economia, dell’industria e degli affari digitali prima di assumere la carica presidenziale il 14 maggio 2017. Questo incredibile calendario è una coincidenza?

IMMAGINE: Think Tank “En Temps Réel” con Macron al fianco di Karim Tadjeddine di McKinsey.

Chi è questa misteriosa azienda McKinsey, che accompagna Macron dalla creazione del suo partito politico “En Marche”, alla strategia nazionale di vaccinazione francese?

IMMAGINE: Emmanuel Macron in un simposio co-organizzato dallo studio McKinsey, a Parigi, 23 giugno 2016.

Il primo incontro di Emmanuel Macron e McKinsey & Co nel 2007

I legami tra Emmanuel Macron e l’azienda McKinsey risalgono al 2007. Emmanuel Macron, allora ispettore finanziario, aveva solo 29 anni. A questo punto è diventato vice relatore generale della “Commissione per la liberazione della crescita francese”, nota come  Commissione Attali , dal nome del suo leader, politologo ed economista  Jacques Attali , considerato un attore centrale nello stato profondo francese, il cui il ruolo era quello di proporre riforme economiche all’allora presidente Nicolas Sarkozy su come modernizzare il governo e renderlo “più efficiente”. Macron ha impressionato il pubblico i cui membri includevano Éric Labaye, un veterano della  Promozione X di Macron ( per chi lo sa)  e poi regista di McKinsey in Francia.

Un ex membro della Commissione Attali è stato intervistato da  Le Monde  che ha dichiarato:

«Ci ​​siamo incontrati la sera fino a mezzanotte in un’aula del Senato con Attali e Macron. Nei posti pubblici c’erano tre o quattro giovani del McKinsey. Stavano facendo simulazioni su Excel. Il loro leader era così brillante che la gente lo ascoltava come  se fosse un membro a pieno titolo. Il loro manager era un uomo chiamato Karim Tadjeddine”.

Questa serie di eventi non è stata sicuramente   una coincidenza.

La grande porta girevole: da McKinsey ai ministeri

La relazione tra Macron e McKinsey va ancora più in profondità.

Un altro stretto collaboratore di Emmanuel Macron è  Éric  Labaye  (immagine, a sinistra), ex Senior Partner di McKinsey & Company e presidente del McKinsey Global Institute noto come  MGI ; un braccio strategico della ricerca economica globale dell’azienda. Labaye è stato anche Direttore Generale di McKinsey France nel 2002.

Éric è rimasto con McKinsey fino al 16 settembre 2018.  Una volta eletto Emmanuel Macron nel 2017, i giovani consulenti di McKinsey stavano già circondando il nuovo Presidente, poiché avevano svolto un ruolo cruciale nel metterlo in carica.

Il partner di McKinsey Labaye è stato anche direttore generale di La Republique En Marche di Macron, ed è stato infine nominato presidente del  Polytechnique  dal Consiglio dei ministri nell’agosto 2018 (sostanzialmente nominato da Emmanuel Macron). Polytechnique è la scuola di ingegneria più prestigiosa di Francia. Forse il lavoro di Éric era finito: McKinsey è stato integrato nel governo per sempre, ed Éric è stato ricompensato per questo con questa nomina molto ambita (un altro scandalo di per sé, ma per ora lo salterò perché voglio rimanere in pista) .

Qui abbiamo un diagramma della connessione di Macron con McKinsey, ma anche delle connessioni tra McKinsey e altre istituzioni governative in Francia e oltre.

(NOTA: non sono riuscito a trovare il nome della persona che ha effettivamente redatto questo diagramma, mi è stato inviato senza una fonte di riferimento, ma il diagramma è accurato, quindi mi sento a mio agio ad aggiungerlo qui. Il merito va ovviamente a lui/lei )

Considerando tutto ciò, non è stata una grande sorpresa quando la commissione del senato francese alla fine ha deciso di avviare un’indagine di 4 mesi sull’influenza di McKinsey negli affari dello stato francese.

Il diagramma sopra è il motivo per cui il Senato parla di “connessioni tentacolari” quando parla di McKinsey in Francia. Sembra che se la CIA avesse pianificato di infiltrarsi nel governo francese (indipendentemente dal fatto che lo avesse già fatto o meno), ora è molto chiaro che McKinsey sarebbe il loro punto di ingresso ideale.

L’influenza di McKinsey sulle politiche pubbliche, così come le loro motivazioni, è davvero in discussione in questa fase, e il popolo francese sta diventando irrequieto e ora vuole risposte.

Quindi,  McKinseyGate , insieme alle conclusioni preliminari dell’inchiesta del Senato è uno scandalo di Stato e ci si aspetta che le teste rotolino.

Un altro esempio di flagrante conflitto di interessi è  Victor Fabius , figlio di  Laurent Fabius , presidente del Consiglio costituzionale francese, un’istituzione cruciale il cui ruolo è proteggere la cittadinanza francese dall’abuso di potere del governo. Incredibilmente, Victor ha anche lavorato per McKinsey – la stessa azienda che spinge il lancio del vaccino contro il Covid – nonostante un massiccio respingimento da parte di milioni di francesi, inclusi 300.000 operatori sanitari e personale medico costretti a prendere il controverso vaccino al fine di mantenere il loro lavoro, e molto altro ancora. Stranamente, il Consiglio costituzionale  non si è presentato durante il processo di approvazione dei disegni di legge di Macron per l’emergenza pandemica implacabile, nonostante il fatto che tali disegni di legge siano stati ritenuti incostituzionali da molti esperti legali in Francia e anche nell’UE.

È importante ribadire che nessuno del popolo di McKinsey è eletto funzionario in Francia, e quindi la domanda è: perché dovrebbero avere voce in capitolo nella politica di immunizzazione del nostro paese, o nelle politiche abitative, o in qualsiasi questione fondamentale di politica pubblica in Francia?

Ora stiamo vedendo emergere un quadro vivido e altamente inquietante con McKinseyGate: sotto gli auspici dell’innocua “Private Public Partnership”, ora possiamo vedere la formazione di un governo ombra in Francia – una vera quinta colonna aziendale straniera saldamente installata all’interno la struttura del governo francese.

Quando Macron creò il suo partito politico  En Marche  nell’aprile 2016, quell’estate, erano già stati istituiti gruppi di lavoro con non meno di una dozzina di dipendenti McKinsey in fila per prendere in considerazione proposte per l’economia o importanti questioni sovrane, secondo la rivista  Le Monde . Allo stesso tempo, Macron è stato visto organizzare una “grande marcia” in Francia per simboleggiare la raccolta delle lamentele dei francesi. Un ex McKinsey,  Guillaume Liegey , uno dei famigerati “tre bostoniani” che hanno preso parte alla campagna presidenziale di Barak Obama nel 2008, era responsabile della raccolta e dell’elaborazione dei dati. McKinsey ha quindi formattato il rapporto. La candidatura presidenziale ufficiale di Emmanuel Macron è stata quindi annunciata il 16 novembre 2016.

La corporativizzazione del governo

Prima dell’elezione di Emmanuel Macron, ogni ministero era responsabile dell’organizzazione delle proprie gare, ma Macron non ha perso tempo nel lanciare la sua “riforma” delle strutture burocratiche dello Stato e ha creato una Direzione interministeriale  per la trasformazione pubblica  (DITP) la cui il ruolo era quello di sovrintendere a tutte le missioni commissionate dallo Stato a ditte private al fine di prevenire qualsiasi posizione dominante di una qualsiasi società di consulenza. È stato in questo particolare contesto che la strategia vaccinale francese è stata assegnata a McKinsey & Co.

L’agente embedded di McKinsey per il contratto DITP all’epoca non era altro che  Karim Tadjeddine,  il leader che aveva tanto impressionato la  Commissione Attali,  e che oggi si trova al centro di un nuovo scandalo statale in Francia.

Strano come ci sia voluta un’indagine della Commissione del Senato per scoprire che la sede centrale di McKinsey & Company France non è registrata a Parigi, ma negli Stati Uniti e in uno stato di paradiso fiscale chiamato Delaware. Quanto conveniente!

Ormai, non sorprenderebbe molti in Francia se McKinsey abbia effettivamente lavorato incessantemente per portare avanti la rapida attuazione del World Economic Forum e del “Great Reset” di Klaus Schwab in Francia, poiché il nostro stesso governo ha consentito a McKinsey di infiltrarsi nel cuore dell’amministrazione francese e giudiziosamente posto al timone della nostra strategia di vaccinazione, così come di altri progetti strategici in settori come l’istruzione e la difesa.

È stato Macron a scegliere McKinsey o McKinsey a scegliere Macron?

A parte  Guillaume Liegey, Arthur Muller  (attualmente CEO e co-finanziatore  eXplain ) ed  Eric Labaye di  cui abbiamo già accennato sopra, bisogna dare uno sguardo all’aprile 2016, data di creazione del partito di Emmanuel Macron,  En Marche , in cui sono stati coinvolti una dozzina di dipendenti di McKinsey France, inclusi consulenti senior e junior che hanno preso parte alle cene di raccolta fondi per la campagna di Macron nel 2016 e 2017, da Londra a Parigi e da Madrid a Bruxelles.

Chi altro aveva un background McKinsey?

  • Mathieu Maucourt vicedirettore della segreteria Digital State, viene da McKinsey
  • Ariane Komorn capo del dipartimento del progetto LREM (partito politico di La Republique en Marche Macron), proviene da McKinsey
  • Paul Midy, direttore generale di LREM (La Répulique en Marche), viene dal McKinsey
  • Martin Bohmert, l’ex presidente delle giovanili di Macron, è entrato a far parte del McKinsey nel 2020
  • Guillaume de Ranieri, leader dell’Aerospazio e Difesa presso McKinsey & Company
  • Jean-Christophe Pierron, responsabile del coinvolgimento di McKinsey
  • Maël de Calan, Associate partner di McKinsey dal 2018 ex direttore finanziario del biotech ManRos

Mathieu Maucort, ex project manager di McKinsey, è senza dubbio l’esempio più significativo di questo fenomeno. È stato responsabile della strategia di comunicazione nel 2017 presso En Marche prima di diventare  capo di gabinetto di Mounir Mahjoubi  presso la Segreteria di Stato per il digitale, posizione che ricopre tuttora.

Anche il movimento incessante tra En Marche e il Consiglio di Stato è una strada a doppio senso. Alcuni che non erano consulenti di strategia lo sono diventati dopo il maggio 2017. Un’ulteriore prova della compatibilità tra i due mondi: l’arrivo, annunciato a fine settembre, dell’ex consigliere di Emmanuel Macron,  Ismaël Emelien ,  come consulente di strategia, in particolare nel il settore ambientale, con il magnate degli affari Bernard Arnault, ne è un brillante esempio. Mi fermo qui per ora, poiché credo di aver illustrato il mio caso.

Ci si può solo interrogare sull’enorme peso di McKinsey nelle decisioni che sono state, e sono tuttora, prese nella gestione della crisi del Covid-19 in Francia, tutte fatte dietro l’opaco bunker aziendale eretto da Macron e McKinsey.

McKinsey e il Consiglio di difesa della salute

Durante le prime ore della pandemia di COVID, il primo passo compiuto dal presidente Macron è stato quello di istituire un ” Consiglio di difesa della salute “, l’ennesimo livello di burocrazia che forniva la segretezza necessaria per operare al buio, con ogni partecipante soggetto a un forma di nulla osta di sicurezza che il segreto della difesa e l’apparato di sicurezza nazionale hanno loro concesso. Questa non può essere una coincidenza, in quanto garantisce che tutte le riunioni si terranno senza divulgazione e con una “necessità di sapere”.

Naturalmente, può essere richiesta la revoca del livello di segretezza della difesa e, legalmente parlando, l’Eliseo non può porre il veto. Tuttavia, d’altra parte, politicamente, il ministro della Difesa cercherà l’approvazione del Presidente della Repubblica, il che significa che Macron avrebbe comunque avuto l’ultima parola.

Stavano lavorando in un vuoto completamente irresponsabile,  lontano da tutti i controlli e gli equilibri, liberi e a loro agio per fare quello che volevano. Normalmente, questo sarebbe inaccettabile, ma con il pretesto della “pandemia globale”, i governi hanno effettivamente sospeso i normali processi burocratici e legali, godendo dei loro ritrovati poteri statutari e di emergenza. Ma questo velo di segretezza deve essere sollevato immediatamente per ripristinare la trasparenza e per vedere se si è verificato un superamento del potere.

Qui dobbiamo porci una domanda cruciale: queste società di consulenza e produttori di vaccini erano ammessi in queste cosiddette “riunioni del Consiglio di difesa della salute”? Quali sono stati i veri motivi dietro la scelta di Macron di tenere questi incontri sotto un completo velo di segretezza? Cosa stavano nascondendo al pubblico? Man mano che le ricadute del lancio globale del vaccino continuano e i dati sulla sicurezza e sugli studi clinici di aziende farmaceutiche transnazionali come Pfizer vengono sottoposti a un maggiore controllo, la causa contro lo spaccio di influenza, illeciti aziendali e frode diventa più convincente.

L’inchiesta del Senato ha appena avviato un dibattito che avremmo dovuto tenere 10 anni fa, e sicuramente proprio all’inizio della pandemia. Queste società di consulenza hanno svuotato il caveau della repubblica francese per anni e hanno certamente contribuito a molti requisiti cosmetici del governo, ma che dire del popolo francese? Che cosa abbiamo veramente ottenuto da questa radicale ‘riforma’ delle strutture decisionali e di formazione delle politiche del nostro paese?

La McKinsey sarà probabilmente costretta a pagare le tasse sulle società che ha evitato per un lungo periodo di tempo, ma questo non risolve in alcun modo il vero problema della collusione presente in questa tendenza molto popolare di erigere un  partenariato pubblico-privato .

I modelli “Cut & Paste” di McKinsey che costano milioni ai contribuenti francesi

La Commissione d’inchiesta del Senato sull’influenza delle società di consulenza sulle politiche pubbliche ha espresso le sue conclusioni giovedì 17 marzo, dopo quattro mesi di lavoro. La senatrice Éliane Assassi porta alla luce un “fenomeno tentacolare”, nelle sue parole, e rivela il sostegno delle società di consulenza su “interi settori delle politiche pubbliche”. Incredibilmente, pochi al di fuori delle sale del potere erano anche a conoscenza di questo silenzioso colpo di stato aziendale.

Nel video seguente, (sotto, sottotitolato in inglese), Assassi conferma di avere in suo possesso documenti creati da McKinsey Australia che servivano a consigliare i ministeri della salute australiani, prima di continuare spiegando che questi stessi documenti sono stati utilizzati da McKinsey France, con l’unico cambiamento era che la nuova versione mostrava il logo del Ministero della Salute francese dove in precedenza era stato il logo McKinsey. Usa il termine “taglia e incolla” per descrivere come i documenti McKinsey vengono percepiti come un’opera emessa dal Ministero della Salute francese, quando in realtà non potrebbe essere più lontano dalla verità.

Il problema non si ferma nemmeno qui, poiché tali documenti vengono poi inoltrati al Consiglio di difesa della salute che si è riunito sotto un rigoroso velo di segretezza vietando ai contribuenti francesi di vedere chi partecipa a questi incontri di difesa della salute e di cosa si sta discutendo.

Di seguito, la senatrice Éliane Assassi parla dell’inadeguatezza etica di questo incredibile farago.

 

 

In effetti, l’opacità del governo di Macron è diventata un marchio di fabbrica della sua amministrazione. In sostanza, è una scatola nera burocratica.

Macron e Zelensky: battute di attori sceneggiate da McKinsey

Macron & Co. incontra Zelensky & Co.

Considerando le prove presentate in precedenza, si può affermare che McKinsey ha creato da zero i fenomeni Macron, con la stesura della controversa legge “ Macron 2 ” nel 2015, e la creazione del suo partito politico En Marche. Questo è ormai indiscusso.

Alla luce dell’attuale conflitto nell’Europa orientale, se si dovesse guardare seriamente all’Ucraina e al suo governo, non troveremmo nientemeno che McKinsey & Co., che riproduce gli stessi schemi con il governo di Volodymyr Zelensky. In questo modo, questi due “capi” di stato non sono altro che attori che rigurgitano perfettamente scenari prefabbricati sceneggiati da McKinsey.

Molti hanno osservato il livello palese di controllo e influenza sul governo di Kiev da parte dell’Ambasciata degli Stati Uniti a Kiev, Victoria Nuland e il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, ma pochi hanno notato dove le leve di controllo occidentali sono installate all’interno del governo stesso. Prendiamo l’esempio di  Oleksandr Danylyuk , l’ex segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale e ministro delle finanze dell’Ucraina.

Sotto la guida di Zelensky e lo stretto consiglio di Oleksandr Danylyuk, il governo ucraino è precipitato in amministrazione controllata accumulando un enorme debito con il Fondo monetario internazionale (FMI) e ha ideato una strategia mortale nella regione del Donbass, infiammando ulteriormente la violenta guerra civile nell’Ucraina orientale.

Incredibilmente, Danylyuk aveva già lavorato tre anni negli uffici di McKinsey a Londra e Mosca. I suoi progetti includevano la riforma del sistema fiscale britannico, nonché lo sviluppo di strategie e l’ottimizzazione delle operazioni nei settori dell’energia e delle telecomunicazioni.

Inoltre, Danylyuk e McKinsey hanno sviluppato la strategia per il  Centro di coordinamento delle riforme economiche dell’Ucraina . L’azienda ha redatto l’accordo di cooperazione con il FMI ed è stato Danylyuk a sostenere attivamente la firma dell’accordo di associazione UE-Ucraina, nonostante l’opposizione attiva all’interno del governo da parte dei lobbisti filo-russi.

Non finisce qui, poiché le impronte digitali di McKinsey sono visibili ovunque, incluso il loro tempestivo intervento dietro le quinte per fermare il progetto congiunto di gasdotto Nord Stream 2 della Germania e della Russia.

Ancora una volta, è stato Oleksandr Danyliuk, segretario del Consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa dell’Ucraina, che ha potuto essere sentito dire in diverse occasioni che “Vediamo il Nord Stream 2 come una minaccia alla sicurezza”.

“Polonia, Stati Uniti e Ucraina considerano il gasdotto North Stream 2 una minaccia alla sicurezza nazionale nella regione”, ha esclamato Danyliuk.

Il punto in cui l’UE si approvvigiona di energia non sarebbe normalmente di interesse per un paese come l’Ucraina, ma è una questione centrale per realizzare gli obiettivi di politica estera di Washington e Londra.

In effetti, i commenti di Danyliuk risuonano lontano, e oggi possiamo vedere gli ovvi risultati osservando il nuovo impegno degli Stati Uniti e della Commissione europea per ridurre drasticamente la dipendenza dell’Europa dall’energia russa.

La loro ultima  dichiarazione congiunta rilasciata  durante la visita di Biden a Bruxelles è una chiara indicazione che attraverso l’azione europea congiunta per un’energia più conveniente, sicura e sostenibile ( REPowerEU) , l’UE ha confermato il suo obiettivo di diventare completamente indipendente dai combustibili fossili russi. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, senza ombra di dubbio, approfitteranno della situazione e cercheranno di aumentare le loro più costose esportazioni di gas GNL in Europa nel tentativo di sostituire il carburante russo.

L’ annuncio  della Casa Bianca  del 26 marzo 2022  conferma l’intenzione degli Stati Uniti di aumentare rapidamente le esportazioni di gas naturale liquefatto verso l’Europa, mentre la Germania e altre nazioni dell’UE cercano disperatamente di ridurre la loro dipendenza dai combustibili fossili russi.

Per molti versi, questa recente revisione della politica energetica europea si sta armonizzando anche con l’agenda “Great Reset” del World Economic Forum e con gli impegni di decarbonizzazione “Net Zero” dei governi delle parti interessate. Qui possiamo ricordarvi ancora una volta che McKinsey & Co. è il principale consulente strategico del WEF.

Dirigere il complesso medico-industriale

La loro vicinanza con i produttori di farmaci e vaccini offre spazio per ulteriori conflitti di interesse. Se solo fosse finita lì.

Secondo il  sito web di McKinsey , l’azienda sta anche supportando i principali attori del settore farmaceutico e dei dispositivi medici per aiutarli ad anticipare i cambiamenti nel settore, progettare approcci innovativi e sviluppare le competenze che garantiranno le loro “prestazioni sostenibili” e una crescita più redditizia.

Ad esempio,  Aamir Malik,  Executive Vice President e Chief Business Innovation Officer di Pfizer, è responsabile della strategia dell’azienda e dello sviluppo del business. Ma esaminando la sua esperienza professionale, scopriamo che era il Managing Partner dell’operazione negli Stati Uniti di McKinsey & Company e in precedenza era a capo della Global Pharmaceutical and Medical Products Practice dell’azienda.

Un dirigente senior di McKinsey presso Pfizer dovrebbe far scattare molti campanelli d’allarme, soprattutto sapendo che McKinsey è stato nominato dal governo Macron e dal Ministero della Salute francese per pianificare e attuare la strategia nazionale di vaccinazione.

Chi sarebbe così ingenuo da credere che non ci sia alcun conflitto di interessi qui?

La pandemia di COVID-19 è stata la partnership pubblico-privato più redditizia mai concepita?

E perché ci rimane la sensazione che tutto questo sia stato orchestrato per aiutarci a ingoiare un’altra pillola blu; chiediti, come mai McKinsey, Macron e Zelensky sono tutti membri attivi del World Economic Forum?

Nell’era moderna, la trasparenza e la responsabilità nel governo sono state a lungo considerate i pilastri stessi della nostra democrazia, e oggi posso affermare con sicurezza che la Francia, il mio bel paese, è stata vittima di un  colpo di stato  iniziato nel 2017, quando un gruppo di cospiratori ha aiutato Macron a salire al trono, e con l’aiuto di individui senza scrupoli, società di consulenza, banche e rappresentanti del governo, hanno promosso e attuato un programma pernicioso guidato dal World Economic Forum di Davos e da una potente lobby farmaceutica transnazionale e redatto dal blocco aziendale McKinsey-Accenture.

McKinseyGate è appena iniziato.

Continua….

21st Century Wire serve un pubblico di nicchia che crediamo fermamente non sia soddisfatto dal più ampio mercato occidentale dei media aziendali e finanziati dallo stato.

Puoi effettivamente partecipare agli sforzi globali per paralizzare la capacità di genocidio della cabala criminale organizzata del Deep State, godendo allo stesso tempo della libertà sanitaria, boicottando definitivamente Big Pharma .

FONTE: https://geopolitics.co/2022/04/02/mckinseygate-frances-shadow-government-the-rise-of-the-corporate-state/

 

 

 

POLITICA

C’è un senso alle cose e alla politica italiana?

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Sul Debito pubblico italiano in vorticosa crescita

Non c’è alcun dubbio che sia un pericolo. L’enorme debito pubblico contratto dallo Stato nei decenni passati da un lato è servito per finanziare la crescita e lo sviluppo, ma dall’altro ha alimentato corruzione, clientele e interessi particolari. Il fatto che nel dopoguerra il nostro fosse un regime politico bloccato ha sicuramente contribuito in maniera determinante: ai partiti di governo servivano soldi per mantenere il consenso e per combattere gli avversari comunisti, finanziati fino al 1977 da Mosca. Ma ne abbiamo pagato e ne paghiamo ancora tutte le conseguenze. Nella prima metà degli anni Settanta, Il vincolo finanziario fu una delle leve per condizionare le strategie di Aldo Moro e impedire la modernizzazione del nostro sistema. Dopo la caduta della Prima Repubblica, è stato il pretesto per smantellare l’industria di Stato, uno dei punti di forza dell’Italia post-bellica, attraverso la svendita dei cosiddetti gioielli di famiglia. E in tempi più recenti, per controllare partiti (io continuo a definirli simulacri di partiti) e governi, costringendoli a tenere basso il profilo geopolitico del nostro Paese.

La colpa è innanzitutto italiana, sia chiaro. Ma gli altri cercano ovviamente di trarne ogni profitto.

Ho stampato, incorniciato e appeso alla parete del mio studio una frase attribuita a Mayer Amschel Rothschild (o un suo successure), capostipite di una delle più potenti e trasversali famiglie di banchieri.

Consiglio di fare altrettanto a chiunque coltivi un qualche interesse per la politica e la gestione della cosa pubblica: mettendo da parte le teorie del complotto, spiega tuttavia in modo semplice e brutale come funziona il meccanismo. Di questi tempi, poi… Eccola:

«La nostra politica è quella di fomentare le guerre [militari, politiche o economiche], ma dirigendo Conferenze di Pace, in modo che nessuna delle parti in conflitto possa avere guadagni territoriali. Le guerre devono essere dirette in modo tale che le Nazioni, coinvolte in entrambi gli schieramenti, sprofondino sempre di più nel loro debito e, quindi, sempre di più sotto il nostro potere».

Molto istruttiva!


Quanto dura questo conflitto…

Chiunque abbia orecchie e occhi ben aperti non può non accorgersi che a più di un mese dall’inizio della guerra in Ucraina sta crescendo un atteggiamento di disaffezione. C’è una netta inversione di tendenza di cui andrebbero individuate e discusse le cause.

Dilaga la propaganda filo-Putin? Non credo. Non interessa più a nessuno il destino dell’Ucraina? Non mi pare. E allora?

Parlo con chiunque, ovunque. E soprattutto, ascolto. Una ragione è che l’opinione pubblica comincia a interrogarsi. Sì, avete capito bene: si pone delle domande. La più ricorrente: ma possibile che non ci fosse un modo per impedire che si arrivasse fino a questo punto? Un’altra: a quali conseguenze rischiamo di andare incontro? Una terza: il gioco vale la candela? E potrei continuare.

Può piacere o no, ma sono domande che ormai prescindono dai torti e dalle ragioni. Nascono da stati d’animo molto profondi, che per loro natura sono irrazionali: l’incertezza per il presente, la paura per il futuro. Ma attenzione, non sottovalutarli. La gente comune non ne può più del pervasivo (e invadente) pollaio televisivo che, lungi dal fornire risposte, accresce solo l’ansia. E neppure dell’atteggiamento ossessivamente pedagogico e spocchioso di gran parte della stampa scritta, che provoca fastidio, insofferenza. L’opinione pubblica è ormai oltre. Per citare l’agente Cia Ed Hoffman (Russell Crowe), il co-protagonista di “Nessuna verità”, lo splendido film di Ridley Scott sulla minaccia del terrorismo mediorientale, l’opinione pubblica ora vuole solo sentirsi dire che è finita.

FONTE: https://www.civica.one/ce-un-senso-alle-cose-e-alla-politica-italiana/

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