RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 1 MARZO 2023

RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 1 MARZO 2023

 

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Prima gli presero il sangue.
Poi la voce e le impronte digitali.
Alla fine, gli presero il volto.
Josh Chin e Liza Lin, Stato di sorveglianza, Boringhieri, 2022, Pag. 11

 

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SOMMARIO

LA LENTEZZA RUSSO-CINESE E LA FRENESIA ANGLOAMERICANA
Complimenti alla Plasmon, che ci mostra come sarà l’Italia senza bambini
IL VIOLINO IMMIGRAZIONISTA
GLI INTERVENTI “PACIFICI” DEGLI STATI UNITI
Hersh: il bombardamento Usa del Nord Stream 2
FRANCESCA CACCINI: MUSICISTA E COMPOSITRICE
Grave patrocinio del Governo al corso su “superamente del binarismo sessuale”
IL BAMBINO SURROGATO
L’afonia di un disagio politico-esistenziale. Le società occidentali e la marginalità dell’intelligenza critica
Suor Alfieri: docente colpita da pallini, che c’è di male? Tanto a Sanremo si distruggono le scenografie
SENZA ACQUA, SENZA TUTTO
Altro che “underdog”, ecco chi sono i genitori dell’estremista Elly Schlein: sveliamo tutti gli altarini
Bloomberg: la Nato riformula il concetto di mutua difesa
Turchia e Siria: usare il sisma per spingere il regime-change
LA GUERRA IN UCRAINA: LA QUINTA COLONNA IN RUSSIA E IL CLAN ROTSCHILD
L’incrociatore USA e il sisma in Turchia. “Nessuna correlazione”
Israele: Atrocità ebraiche in corso
PRIMO E UNICO SAGGIO PUBBLICATO IN ITALIA DELL’ANALISTA GEOPOLITICO RUSSO LEONID SAVIN
La guerra si allarga? Ecco cosa succede davvero in Moldavia
The Guardian – Hacker israeliani hanno influenzato i risultati delle elezioni in decine di paesi
C’è vita oltre il liberalcapitalismo?
Dati Sole 24 Ore sulla PA confermano chi è il vero protagonista del declino in Italia
LA DITTATURA MONDIALE DELLA FINANZA: BLACKROCK, VANGUARD E STATE STREET
Cassazione: niente assegno all’ex che non lavora dopo il matrimonio senza motivo
Bollo auto: che succede se non si paga?
IL REATO DI GANG STALKING AD OGGI NON CONTEMPLATO NEL CODICE PENALE ITALIANO
Anche l’italiano come seconda lingua nei concorsi in Europa
Censura, sorveglianza di massa e insetti: il World Economic Forum contro il mondo libero
La farsa degli accordi di Tripoli
Ucraina: la guerra inglese. Sunak sulle orme di Blair
LA SECONDA PIETRA
Perché gli ordini dell’UE sono folli e irrealizzabili
Ohh sorpresa! Ha vinto la Sintetica.
L’ITALIA NELLA TEMPESTA
L’ecologismo impoverisce e uccide
Un’operazione verità sul Risorgimento: non è esistito un Sud passivo

 

 

EDITORIALE

LA LENTEZZA RUSSO-CINESE E LA FRENESIA ANGLOAMERICANA

di Manlio Lo Presti (scrittore esperto di sistemi finanziari)

Non mi pare di aver avuto notizia né di aver letto tanti bollettini medici o psichiatrici contro Xi Jinping quanto quelli contro Putin. Le squadre di tecnologi, prevalentemente anglosassoni, della sovversione sociale e della guerra psichica hanno capito che tale strada non conduce da nessuna parte, con i cinesi che li guarderebbero come dei seleniti con le orecchie a trombetta. La Cina possiede un’alta impermeabilità in quanto dispone 1) di una rete internet propria; 2) di una avionica militare molto avanzata e pressoché sconosciuta agli angloamericani, contrariamente alle arroganti dichiarazioni Nato, Nsa, Pentagono, Rand Corp. ecc.; 3) di una politica di espansione mondiale costruita sulla realizzazione rapida di infrastrutture nei Paesi contattati, in genere ricchi di materie prime e/o di un interessante posizionamento strategico.
Mentre la Russia è una realtà molto vicina al pensiero europeo, la Cina mostra numerose diversità che la rendono totalmente impermeabile a certe “provocazioni” occidentali. Per capire il comportamento dei Cinesi sono di aiuto le analisi geopolitiche, quelle economiche, le coreografiche rappresentazioni che vanno sotto la definizione di “via della seta”, ma non bastano.
Capire i cinesi è un’altra impresa. La chiave di lettura è fondata sulla profonda conoscenza del pensiero confuciano e della manifestazione di un “pensiero laterale” che richiama quello formalizzato da Edward De Bono, ma totalmente diverso nei suoi meccanismi interni. La forma mentis cinese è stratificata da labirinti mentali in gran parte estranei alla nostra maniera di ragionare linearmente convinti che sia la retta la distanza più breve fra due punti. Per il pensiero cinese non è così. Il maoismo, intriso di praxeologia trasformazionale della Realtà che si manifesta sbagliata e da correggere laddove non coincide con l’ideologia, non è riuscito a scalzare il pensiero laterale confuciano frammisto alle riflessioni dello Zen e del Taoismo. Non si tratta di trasformare il mondo e la realtà con la Prassi, ma di ricercare le condizioni che inducono a questa trasformazione! L’insieme dei processi di induzione al mutamento ha una sua espressione: il WU WEI, la finta immobilità e inazione del pensiero Zen.
Tutto quanto appena descritto aiuta ad inserire in un contesto maggiormente intelligibile la presenza recente di un documento intitolato “US Hegemony and Its Perils” con data 2023-02-20 alle ore 16:28. Autore il M.F.A. – Ministry of Foreign Affairs of the People’s Republic of China, che lo colloca all’interno di un elenco di documenti disponibili in questa pagina: (https://www.fmprc.gov.cn/mfa_eng/wjbxw/ ). Appare come un compitino diligente e con un inglese corretto ma privo di qualsiasi emozione o enfasi. Una vera e propria vetrinetta.
Il significato del documento non è nel testo che afferma concetti illustrati da tempo, ma nel modo in cui lo fa conoscere. Il Ministero degli Esteri cinese lo diffonde come un segnale. Il 20 febbraio 2023, appare qui: https://www.fmprc.gov.cn/mfa_eng/wjbxw/202302/t20230220_11027664.html . La sua valenza non ha i crismi ufficiali delle dichiarazioni in sedi internazionali come l’Onu, la Ue, Washington, ecc. Non può averla perché, se emesso con la sola firma cinese, potrebbe sembrare un passo in avanti asincrono rispetto alla sequenza di dichiarazioni congiunte Russia-Cina fin ora diffuse. Pubblicarlo come un comunicato di servizio all’interno del sito di un Ministero, per quanto importante, riveste un significato ben diverso, sia pure con contenuti interessanti ma ampiamente conosciuti.
La Cina e tutti i Paesi del mondo sono osservati e spiati dai Paesi vicini, amici, nemici, concorrenti. Quindi a queste realtà si possono comunicare alcune cose inserite in luoghi sottotono ma visibili. E il gioco è fatto. Poi le agenzie cinesi sparse per il pianeta cominciano a tracciare tutti i soggetti che diffondono rapidamente il messaggio individuando i centri propulsori ai quali dare i prossimi messaggi. Parlare ad Atene perché Sparta intenda. Non è causale quindi che tale documento sia stato sparato e diffuso a macchinetta sui vari canali di un certo Mark Zuckerberg. Coloro che lo fanno hanno interesse ad alzare il livello di paura e di tensione nei lettori del pezzo di carta. Lo scopo? Creare paura che fa dimenticare la necessità di valutare le circostanze che fanno nascere una notizia.
Nel modo più orientale possibile, la Cina ha detto ma non ha detto. Ha parlato ma non ha parlato. Non ha minimamente infranto il patto di cooperazione di coordinazione con la Russia. Qualcuno continua ad affermare che i cinesi non si stanno sbilanciando in difesa della Russia. Ma la mancanza di enfasi cinematografica con cui siamo abituati con la grancassa mediatica americana, non appartiene alla Cina che si muove in modo felpato. Sarebbe un errore interpretare questa lentezza operativa come un distinguo dalla Russia. È un errore pensarlo, come stanno facendo negli USA. Ancora sono tanti quelli che non comprendono che, ad una maggiore fretta degli Usa alla rapida conclusione del conflitto ucraino, la Russia risponde con la tecnica del rallentamento, del dissanguamento dei territori bersaglio, del prolungamento per anni delle operazioni militari (https://www.agenzianova.com/news/xi-jinping-a-putin-la-cina-e-pronta-a-incrementare-la-cooperazione-strategica-con-la-russia/ ).
Russia e Cina sanno benissimo che gli Usa e gli inglesi non sono in grado di controllare la tenuta sociale del fronte interno e la aggressività delle opposizioni politiche interne ed internazionali in presenza di un conflitto prolungato. Non vogliono più ripetere la vergogna di dover correre sui tetti delle ambasciate, per fuggire assieme ai collaborazionisti con gli elicotteri militari (cfr Vietnam, Filippine, Corea, Afghanistan, ecc.). La geopolitica russo-cinese è quella del lento stritolamento del boa constrictor, con buona pace dei notiziari occidentali che spacciano questa lentezza per inadeguatezza militare. Io non ne sarei così sicuro.
La Cina sa benissimo che la coalizione con la Russia scongiura la possibilità che, al verificarsi di un improbabile crollo russo, gli angloamericani possano lanciarsi contro la Cina rimasta da sola.
Pensiamoci!

FONTE: https://www.lapekoranera.it/2023/02/26/la-lentezza-russo-cinese-e-la-frenesia-angloamericana/

 

 

 

IN EVIDENZA

Complimenti alla Plasmon, che ci mostra come sarà l’Italia senza bambini

Il cortometraggio “Adamo”, sull’ultimo bambino che nascerà fra una generazione. Intanto in Giappone il mercato dei pannoloni per anziani da anni surclassa quello per bambini. E a Genova a città più vecchia d’Europa, dove i morti sono il triplo dei nati, non c’è stata nessuna nascita per venti giorni consecutivi

GIULIO MEOTTI  
https://youtu.be/qRKwL-HGNIw
VIDEO QUI: https://youtu.be/qRKwL-HGNIw

Nel 1983, un demografo italiano fu contattato dai capi della Plasmon. L’azienda era interessata alle sue analisi sulla popolazione. I manager della Plasmon si dissero preoccupati su una tendenza che stavano osservando in Italia, principale mercato di sbocco per i loro prodotti alimentari per l’infanzia: “Professore, i bambini italiani stanno diminuendo e, se l’attuale trend dovesse continuare, diminuiranno sempre più rapidamente. Capirà bene che per noi si tratterebbe di una catastrofe. Lei crede sia possibile una qualche inversione di rotta?”. La risposta del demografo fu un secco “no”. I dirigenti della Plasmon allora controbatterono: “Sarebbe corretto diversificare rispetto al mercato dell’infanzia dedicandosi a una linea di prodotti ‘Misura’ per adulti?”. Questa volta il demografo rispose di “sì”.

A fronte dell’“inferno demografico” come lo ha appena definito il ministro Roccella, per la Plasmon ci sono solo due soluzioni: diversificare o chiudere. Per questo, quarant’anni dopo quel colloquio, Plasmon ha realizzato “Adamo”, che non è solo il primo uomo, ma anche l’ultimo bambino che nascerà in Italia, raccontato in un cortometraggio con cui Plasmon ci proietta in un futuro neanche tanto lontano, il 2050, una generazione da ora, dove il numero di nascite è diminuito sempre di più fino ad arrivare appunto a uno. L’ultimo nato in Italia. Adamo.

Si vedono un padre e una madre  che raccontano Adamo che cresce in un mondo senza simili, senza bambini, senza sorelle, senza fratelli, senza nessuno con cui giocare, come il film “I figli degli uomini” aveva “Baby Diego”. Il demografo Alessandro Rosina nel film spiega cosa è successo. E non è fantascienza. 

“Se le nascite in Italia proseguissero il percorso di diminuzione con il ritmo osservato nel decennio scorso ci troveremmo a entrare nella seconda metà di questo secolo con reparti di maternità del tutto vuoti”, ha scritto Rosina giorni fa sul Sole 24 ore. “Lo scenario di zero nati nel 2050 difficilmente verrà effettivamente osservato – le dinamiche reali sono più complesse di una semplice estrapolazione –, ma i dati ci dicono che alto (oltre il livello di guardia) è diventato il rischio di un processo di declino continuo della natalità”. Se questa frana non s’arresta, le conseguenze ultime dell’illusione demografica sorprenderanno un popolo non più capace di riaversi, di riprendersi, di riconquistarsi, quando sarà troppo tardi. Terribile traiettoria segnata per l’Italia da cifre insofisticabili.

Genova, il “ground zero” della denatalità italiana, la città più vecchia d’Europa dove i morti sono il triplo dei nati, per due negozi della linea per bambini Prénatal ci sono una quindicina tra punti vendita e supermercati per animali delle catene Arcaplanet e Fortesan. Anche il Secolo XIX, giornale che da sempre tira la volata al progressismo genovese, si è accorto che qualcosa non va: “Provate a immaginare che Genova sia una città assolutamente morta: tanti funerali come sempre ma, da un momento all’altro, nemmeno una nascita. E questo non per un giorno o una settimana, ma per venti giorni consecutivi, durante i quali tutti i reparti di ostetricia restano vuoti, nessuna neomamma allatta al seno un figlio, nessun sms annuncia un lieto evento. Bene, i numeri dicono esattamente questo…”.

In Giappone, l’occidente che sorge prima, il mercato dei pannoloni per anziani da anni surclassa quello per bambini. Qualche giorno fa, un professore di Yale, studioso con tutti i crismi accademici, ha suggerito il suicidio di massa dei vecchi in Giappone per risolvere il problema dell’invecchiamento. Non era più semplice favorire le nascite e la vita, prima che si compiesse il destino di Adamo?

  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.

FONTE: https://www.ilfoglio.it/societa/2023/02/21/video/complimenti-alla-plasmon-che-ci-mostra-come-sara-l-italia-senza-bambini-4977329/

 

 

 

IL VIOLINO IMMIGRAZIONISTA

Manlio Lo Presti – 13 04 2022                    RILETTURA

Il violino è uno strumento dalle vette trascendentali È uno strumento difficile da costruire e da far suonare.

Il processo di assemblaggio è complesso e frutto di una accuratissima selezione delle essenze lignee, di apposite vernici, stagionatura, ecc.

Lo strumento utilizzato durante la puntata del 10 aprile 2022 di “che tempo che fa” sulla Rai viene narrato come il prodotto di legni di imbarcazioni di migranti. Lo strumento, opportunamente e astutamente ripreso in primo piano coperto di incrostazioni delle vernici di un legno da barca, è pura propaganda in stile neomaoista edificante commovente-al-punto-giusto.

Amici violinisti mi hanno confermato che non è possibile far suonare un violino costruito con legni di barche di migranti nordafricani. Non e possibile con legni esposti al sole e marciti dalla salsedine che si sbriciolano al primo tentativo di curvarli o dare loro la forma dello strumento!

Non parliamo delle incrostazioni di vernice che renderebbero impossibile il rilascio libero delle vibrazioni sonore.

Sorprende la imbarazzante cooperazione di un famoso scrittore che si è prestato al gioco buonista globalista con questi mezzucci!!!

L’IMPERO DELLA FALSIFICAZIONE E DELLA PROPAGANDA COLPISCE ANCORA!

… ma i soldi (tanti) ancora di più!

 

FONTE: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=7293634937373776&id=100001820256565

GLI INTERVENTI “PACIFICI” DEGLI STATI UNITI

24.01.2023

Nel novembre 2022, il Peacekeeping and Stability Operations Institute (che suona già come un ossimoro) ha pubblicato la Defense Support to Stabilization (DSS Practice Guide: A Guide for Stabilization Practitioners – U.S. Army Peacekeeping and Stability Operations Institute (PKSOI), novembre 2022).

Questo documento fa luce su come il Pentagono interagisce con le altre autorità statunitensi e su come le forze armate americane conducano tali operazioni. In generale, si riferisce alle operazioni al di fuori degli Stati Uniti, cioè in altri Paesi.

Il manuale afferma che “la responsabilità principale durante la stabilizzazione è quella di sostenere e rafforzare gli sforzi civili delle agenzie guida del governo degli Stati Uniti, in linea con le autorità statutarie disponibili, principalmente fornendo sicurezza, mantenendo l’ordine pubblico di base e provvedendo ai bisogni immediati della popolazione. Il ruolo del Dipartimento della Difesa nella forza di stabilizzazione si colloca nel più ampio contesto governativo delle leggi, dei regolamenti e delle politiche relative alla Strategia di sicurezza nazionale, alla Strategia degli Stati Uniti per prevenire i conflitti e promuovere la stabilità, alla Stabilization Assistance Review e alla Strategia di difesa nazionale”.

In altre parole, ci sono una serie di politiche e legislazioni che sono alla base delle azioni militari degli Stati Uniti per intervenire in altre nazioni se queste rientrano nei criteri delineati in tali dottrine e statuti.

In generale si afferma che:

1) Gli Stati Uniti e i nostri partner hanno bisogno di un approccio nuovo e più disciplinato per condurre la stabilizzazione nelle aree colpite da conflitti. Questo approccio comprende l’analisi dei rischi e la concentrazione dei nostri sforzi su ciò che è assolutamente necessario per raggiungere la stabilità, piuttosto che perseguire agende disparate tutte insieme. Un primo passo fondamentale verso una maggiore armonizzazione degli sforzi di stabilizzazione è quello di concordare i principi fondamentali del concetto stesso. Nonostante la significativa esperienza internazionale degli ultimi decenni, il concetto di stabilizzazione rimane mal definito e scarsamente istituzionalizzato nelle strutture governative e multilaterali. Questa mancanza di standardizzazione nella definizione e nel processo porta a errori ripetuti, spese inefficienti e scarsa responsabilità dei risultati.

2) I responsabili politici vogliono essere più selettivi e mirati nel modo in cui ci impegniamo negli ambienti di stabilizzazione per massimizzare il valore delle risorse dei contribuenti americani e internazionali. L’approccio rivitalizzato alla stabilizzazione qui delineato può aiutare a indirizzare l’impegno diplomatico in questi ambienti verso l’avanzamento di una strategia legata ai risultati della stabilizzazione, a consentire una maggiore sequenzialità e stratificazione dell’assistenza per sostenere gli attori legittimi a livello locale, a raggiungere un’efficienza che consenta di risparmiare sui costi e a promuovere una migliore divisione del lavoro tra il governo degli Stati Uniti e i donatori e le istituzioni internazionali.

Tenendo conto di queste lezioni, lo Stato, l’USAID e il Dipartimento della Difesa hanno sviluppato una definizione raffinata di stabilizzazione che può guidare i nostri sforzi in questo senso. Definiamo la stabilizzazione come uno sforzo politico che coinvolge un processo integrato civile-militare per creare condizioni in cui le autorità e i sistemi legittimi a livello locale possano gestire pacificamente il conflitto e prevenire una recrudescenza della violenza. Di natura transitoria, la stabilizzazione può includere sforzi per stabilire la sicurezza civile, fornire l’accesso alla risoluzione delle controversie, fornire servizi di base mirati e gettare le basi per il ritorno degli sfollati e lo sviluppo a lungo termine”.

Sono stati indicati i protagonisti della politica estera statunitense: il Pentagono, il Dipartimento di Stato e l’USAID, nota per il suo sostegno alle rivoluzioni colorate in tutto il mondo.

Si dice che “gli Stati Uniti sono interessati a condurre attività di stabilizzazione in uno dei seguenti Paesi: Iraq, Afghanistan, Siria e Somalia e Paesi/regioni identificati nel Global Insecurity Act (GFA): Haiti, Papua Nuova Guinea, Libia, Mozambico e la regione costiera dell’Africa occidentale composta da Benin, Costa d’Avorio, Ghana, Guinea e Togo”.

La metà di questi Paesi è stata attaccata direttamente dagli Stati Uniti e dai suoi partner della NATO. Di conseguenza, il governo statunitense vuole attuare alcune misure per eliminare le conseguenze della propria presenza.

Prestiamo attenzione ai principi fondamentali della Stabilization Assistance Review (un documento quadro per massimizzare l’efficacia degli sforzi di stabilizzazione del governo statunitense pubblicato sul sito web del Dipartimento di Stato americano nel 2018) che è stata menzionata.

In esso si legge che “il governo degli Stati Uniti dovrebbe istituzionalizzare un processo per identificare Paesi e regioni colpiti da conflitti che meritano maggiore attenzione, valutare gli interessi e le priorità degli Stati Uniti per promuovere la stabilizzazione in questi Paesi e deliberare una pianificazione strategica per affrontare le sfide della stabilizzazione”. I criteri chiave per determinare se, quando e come portare avanti una missione di stabilizzazione dovrebbero includere l’interesse nazionale degli Stati Uniti, la partecipazione dei partner nazionali e locali, i rischi, i vincoli e le opportunità dell’ambiente operativo, il livello di rischio che siamo disposti ad assumere e il livello di risorse sostenute che siamo disposti a impegnare.

… Il successo della stabilizzazione inizia con lo sviluppo di una strategia politica basata sui risultati, che delinei i nostri presupposti fondamentali e gli stati finali raggiungibili e che guidi tutte le linee di sforzo – impegno diplomatico, difesa, assistenza estera e impegno del settore privato, ove appropriato – per garantire l’unità di intenti all’interno del governo statunitense.

Nei luoghi di massima priorità per la stabilizzazione, lo Stato, l’USAID e il Dipartimento della Difesa dovrebbero collaborare con l’ambasciata statunitense competente, l’ufficio regionale, i Comandi di Combattimento e le altre parti interessate per sviluppare una strategia politica per la missione di stabilizzazione.

Gli elementi chiave da affrontare nella strategia politica includono: gli obiettivi e le capacità dei Paesi partner; gli interessi definiti del governo statunitense e le aree in cui gli interessi possono competere; la mappatura degli attori chiave; gli stati finali e gli obiettivi politici desiderati; gli interessi e gli obiettivi dei partner; i requisiti previsti per le risorse; il ruolo dei diversi attori del governo statunitense e dei donatori internazionali; i meccanismi per il coordinamento civile-militare; la valutazione dei rischi; e l’analisi strategica per monitorare nel tempo e misurare i progressi”.

Colpisce subito il fatto che gli Stati Uniti non valutino gli interessi dei Paesi e delle regioni colpite dai conflitti, ma i propri. Allo stesso tempo, la responsabilità viene attribuita ai partner (presumibilmente alla leadership dei Paesi in cui si svolgeranno le operazioni di stabilizzazione). In altre parole, le autorità evitano sempre, in un primo momento, di assumersi la responsabilità di eventuali fallimenti e conseguenze, simili a quelle che abbiamo visto in Iraq e in Afghanistan. È abbastanza naturale che Washington faccia lo stesso con l’Ucraina, in cui sta ora riversando armi.

È significativo che sulla mappa dei conflitti, dove negli ultimi cinque anni sono morte più di mille persone a causa dei combattimenti, l’Ucraina sia presente, ma non sia affatto menzionata nel documento stesso. Al contrario, viene regolarmente citato l’Afghanistan e i vari programmi che gli Stati Uniti hanno attuato in quel Paese.

La più recente Strategy to Prevent Conflict and promote Stability [Strategia per prevenire i conflitti e promuovere la stabilità] (pubblicata nel 2020) indica un cambiamento nell’approccio generale degli interventi intrapresi dagli Stati Uniti.

“Piuttosto che un nation-building guidato dall’esterno, gli Stati Uniti sosterranno soluzioni politiche guidate localmente che siano in linea con gli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Piuttosto che sforzi frammentati e su larga scala, gli Stati Uniti si concentreranno sui fattori politici che determinano la fragilità. Piuttosto che sforzi diffusi e senza limiti, gli Stati Uniti si impegneranno selettivamente in base agli interessi nazionali, ai progressi politici della nazione ospitante e a parametri definiti. Piuttosto che implementare una serie di attività disparate, gli Stati Uniti integreranno strategicamente la loro risposta politica, diplomatica e programmatica”.

In effetti, gli Stati Uniti erano soliti praticare il cosiddetto “nation-building” – un concetto proprio, imposto ad altri Paesi come unica ricetta corretta per lo sviluppo dello Stato. L’Afghanistan è un esempio perfetto di quanto questo modello fosse corretto ed efficace. Naturalmente, lì la priorità era data a tutti quegli atteggiamenti liberal-democratici che esistono negli Stati Uniti, senza tenere conto delle specificità culturali e religiose del Paese di destinazione.

Ma nel nuovo approccio, ancora una volta, l’interesse principale è quello di garantire la sicurezza degli Stati Uniti. Quali siano i fattori che contribuiscono all’instabilità dipende interamente dai decisori di Washington. Non c’è dubbio che in Libano, ad esempio, includeranno il partito politico Hezbollah e i suoi alleati tra questi fattori. Ma è improbabile che le Forze di autodifesa curde in Siria, che la Turchia considera un gruppo terroristico e la Siria stessa, almeno, un’opposizione armata, rientrino in tale elenco. Perché si tratta di forze utilizzate come proxy dagli stessi Stati Uniti.

Esaminiamo gli obiettivi specificati in questa strategia. Il primo, denominato “Prevenzione”, afferma che uno degli obiettivi è quello di “sviluppare e/o rafforzare i sistemi di allerta precoce locali, nazionali e regionali e i piani di azione precoce, sostenuti dalla diplomazia preventiva”.

Ricordiamo che la diplomazia preventiva non è altro che un insieme di minacce verbali a un attore. Anche se il sito web delle Nazioni Unite fornisce una formulazione più blanda: “azioni diplomatiche volte a prevenire i disaccordi tra le parti, l’escalation dei disaccordi esistenti in un conflitto, nonché a limitare la diffusione dei conflitti esistenti”.

Può essere fuorviante, così come la dottrina della “Responsabilità di proteggere” che, a giudicare dalla pratica e dalle reazioni di alcuni Paesi, è prerogativa esclusiva dell’Occidente. Poiché nessuno degli autori di questa dottrina si è precipitato a difendere la popolazione russofona nel 2014 dopo il colpo di Stato in Ucraina e la repressione militare iniziata nel sud-est dell’Ucraina, la diplomazia preventiva sarà diretta anche contro quei Paesi e governi che non sono clienti e satelliti degli Stati Uniti.

Analogamente, il secondo obiettivo, intitolato “Stabilizzazione”, recita: “Assistere gli attori nazionali e locali, compresi, tra gli altri, la società civile e le donne leader, per mediare e attuare accordi di pace o cessate il fuoco duraturi e inclusivi e le relative disposizioni in materia di giustizia transitoria e responsabilità”.

La manipolazione delle ONG e dei progetti di genere da parte degli Stati Uniti è nota da tempo. E gli autori qui sottolineano solo questi fattori.

La strategia cita anche gli strumenti delle sanzioni, della pressione finanziaria, dell’intelligence, del monitoraggio e delle comunicazioni strategiche.

Nella guida alla stabilizzazione vengono citati anche altri documenti. Uno di questi è la  U.S. Strategy on Women, Peace and Security [Strategia degli Stati Uniti sulle donne, la pace e la sicurezza] (ultima versione rilasciata nel giugno 2019).

Può essere utilizzata come ulteriore giustificazione per l’intervento, poiché tutte e quattro le linee di impegno possono essere interpretate come giustificazione degli interventi.

  • Cercare e sostenere la preparazione e la partecipazione significativa delle donne di tutto il mondo ai processi decisionali relativi ai conflitti e alle crisi;
  • promuovere la tutela dei diritti umani di donne e ragazze, l’accesso all’assistenza umanitaria e la sicurezza da violenze, abusi e sfruttamento in tutto il mondo;
  • adattare i programmi internazionali degli Stati Uniti per migliorare i risultati in termini di uguaglianza ed emancipazione delle donne;
  • incoraggiare i governi partner ad adottare politiche, piani e capacità per migliorare la partecipazione significativa delle donne nei processi legati alla pace e alla sicurezza e nelle istituzioni decisionali.

Infine, l’ultimo documento chiave citato è la Direttiva del Pentagono sulla guerra irregolare n. 3000.07. In essa si afferma che le attività legate all’IW saranno svolte in base a criteri di sicurezza.

In essa si afferma che le attività legate all’IW saranno integrate con gli sforzi di altre agenzie del governo degli Stati Uniti, di partner stranieri per la sicurezza e di organizzazioni internazionali selezionate, sostenendo:

  • politiche, piani e procedure combinate, tra cui formazione, addestramento ed esercitazioni collaborative che promuovono l’interoperabilità;
  • squadre integrate civili-militari;
  • strategie e operazioni di informazione per neutralizzare la propaganda avversaria e promuovere gli interessi strategici degli Stati Uniti;
  • sforzi per migliorare la condivisione delle informazioni, come appropriato, per sincronizzare la pianificazione, l’esecuzione e la transizione delle attività di IW e mantenere la comprensione condivisa dell’ambiente operativo necessaria per contrastare sfide o minacce irregolari;
  • integrazione dei requisiti e delle capacità collettive negli sforzi di pianificazione unificata per ottimizzare lo sviluppo e l’impiego delle capacità;
  • fornitura di servizi governativi essenziali, ripristino delle infrastrutture di emergenza e soccorso umanitario, se richiesto.

Come si può notare, ancora una volta vengono citati gli interessi strategici degli Stati Uniti, ma anche le azioni delle forze di operazioni speciali, la cui prerogativa è la guerra irregolare, indicano la natura chiaramente non pacifica delle intenzioni stesse, per non parlare delle possibili azioni pratiche.

Traduzione di Costantino Ceoldo

FONTE: https://www.geopolitika.ru/it/article/gli-interventi-pacifici-degli-stati-uniti

Hersh: il bombardamento Usa del Nord Stream 2

Twitt di Radek Sikorski all'indomani del sabotaggio del Nord Stream 2

La ricostruzione del sabotaggio del Nord Stream 2 ad opera degli Stati Uniti scritta dal premio pulitzer Seymour Hersh è molto dettagliata e ben documentata. Rimandiamo alla lettura integrale dell’articolo per i dettagli, limitandoci a commentare alcuni passaggi.

Negoziare per bombardare

Il primo di grande interesse, è che la prima riunione riservata di alto livello, presieduta da Jake Sullivan, nella quale, a nome della Casa Bianca, il Consigliere per la Sicurezza nazionale chiese alla Cia un piano per distruggere il Nord Stream 2 ebbe luogo agli inizi di dicembre del 2021.

Praticamente in concomitanza con l’incontro virtuale del 7 dicembre tra Biden e Putin, nel quale i due leader avevano stabilito di ridurre le tensioni, incaricando le “rispettive squadre [negoziali] di dare seguito” a quanto concordato (bollettino ufficiale della Casa Bianca).

Invece, mentre in apparenza negoziava, l’amministrazione Usa nel segreto dava ordine di distruggere la più importante infrastruttura geostrategica di Mosca… non si tratta solo di evidenziare una tragica ambiguità, quanto di rilevare che le diffidenze di Mosca sulle rassicurazioni Usa – in particolare che l’adesione dell’Ucraina alla Nato non rappresentava una minaccia per la Russia – avevano un certo fondamento.

Il secondo particolare di certa rilevanza è che l’incarico di far saltare in aria il gasdotto, come scrive Hersh, è stato affidato alla Cia perché le operazioni segrete dell’esercito devono essere autorizzate dal Congresso e a questo devono poi eventualmente rispondere organizzatori ed esecutori.

Come scrive Hersh, un’operazione segreta di tale importanza, che avrebbe potuto innescare un’escalation con Mosca (come da obiezioni sollevate da alcuni funzionari investiti da tale responsabilità), non ricadeva sotto la giurisdizione della Costituzione americana, ma sotto la tutela della Corona. Segno del dispregio dell’establishment per la democrazia.

Alto tradimento

Il terzo particolare che ci sembra importante da sottolineare è il ruolo centrale assunto dalla Norvegia nella vicenda. Non solo fu scelto questo Paese come base operativa, ma all’azione ha partecipato attivamente la Marina norvegese (sia i suoi sommozzatori che l’aereo che, al momento opportuno, ha sganciato la boa che ha attivato i detonatori).

Sul punto, Hersh ricorda, non certo a caso, che l’attuale Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg è stato per otto anni primo ministro norvegese. Hersh non trae conclusioni, ma è difficile immaginare che il capo della Nato non sapesse nulla di quanto stava architettando l’esercito del suo Paese con gli Usa.

Peraltro, Hersh annota che la Norvegia aveva un particolare interesse nella vicenda, dal momento che il collasso del gas russo avrebbe incrementato le vendite del proprio gas all’Europa, come infatti è successo. Ma questo è particolare secondario, mentre restano le domande sul ruolo del Capo della Nato nella vicenda.

Dal momento che la Nato non era e non è in guerra con la Russia, l’eventuale (e non tanto eventuale) placet di Stoltenberg all’operazione rappresenta una deviazione dai binari entro i quali dovrebbe svolgere il suo mandato.

Un tradimento nei confronti dei Paesi che dovrebbe rappresentare, con l’aggravante che, nel caso specifico, ne avrebbe addirittura messo a rischio la Sicurezza, cosa che invece è chiamato a tutelare. Ovviamente, nessuno gli chiederà se sapeva né gli chiederà conto di eventuali responsabilità, cioè del crimine di alto tradimento (come tale si configura nell’ambito militare). Tant’è.

Altro punto di certa rilevanza della ricostruzione di Hersh è quando ricorda che se il 51% della compagnia che gestiva il Nord Stream 2 era di proprietà russa, il restante 49% era appannaggio di quattro società europee, una francese, una olandese e due tedesche, le quali avevano diritti sulla vendita del gas russo.

Così gli Stati Uniti hanno bombardato 4 aziende europee, procurando alle stesse danni ingenti. Evidentemente negli Usa il concetto di alleanza si declina in modi alquanto bizzarri.

L’esercitazione e la fiala all’antrace

Infine, l’ultimo punto che rileviamo della ricostruzione di Hersh è che gli ordigni sul gasdotto sono stati piazzati a giugno, nel corso di una delle usuali esercitazioni militari svolte in quei mari, le Baltops (questa era la Baltops 22), che si è svolta come le altre precedenti con l’appendice del sabotaggio.

Come nota anche Hersh, un’esercitazione militare può offrire una copertura perfetta per un’operazione segreta. Particolare che può trovare applicazioni ad ampio spettro.

Quanto documentato da Hersh ha una portata gravissima, dal momento che gli Stati Uniti ufficialmente non sono in guerra con la Russia, mentre quanto accaduto è chiaramente un’azione di guerra e avrebbe potuto avere conseguenze terribili, come si evince facilmente se solo si pensa al corrispettivo. Infatti, se russi distruggessero una delle più importanti infrastrutture americane, come reagirebbe Washington? L’immagine di un Occidente ragionevole che sta combattendo contro il folle Putin appare, in tal modo, rovesciata.

Due annotazioni conclusive. Anzitutto, tale follia evidenzia tutta la vacuità e l’ipocrisia del mantra che vuole che l’America stia supportando l’Ucraina per salvare l’ordine del mondo e le auree regole sul quale si basa. L’operazione in questione ha le caratteristiche di un crimine da gangster o da Terrore internazionale.

Infine, si noti come, ancora una volta, la forza della Menzogna si sia imposta sull’informazione. Non è solo l’America ad aver mentito al mondo, cosa che continua a fare smentendo il documentato dossier di Hersh, ma ha anche imposto tale Menzogna all’opinione pubblica occidentale attraverso i media ufficiali, peraltro ingaggiandoli nell’accreditare la responsabilità dell’accaduto alla Russia (un azione suicida già incredibile allora, oggi ancora più incredibile).

La fiala all’antrace sventolata da Colin Powell all’Onu il lontano 5 febbraio 2013 per dare avvio all’invasione dell’Iraq non è un lontano e isolato episodio del passato. Quell’immagine fotografa più di altre la tragedia presente del potere e della presa del potere sull’informazione.

Colin Powel all'ONU con la filetta di antrace, falsa

Colin Powell all’ONU con la filetta di antrace, falsa

FONTE: https://piccolenote.ilgiornale.it/mondo/hersh-e-il-bombardamento-usa-del-nord-stream-2

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

FRANCESCA CACCINI: MUSICISTA E COMPOSITRICE

Non ci sono date certe per la nascita di Francesca Caccini. Viene chiamata anche Francesca Signorini, Francesca Signorini-Malaspina o Francesca Raffaelli. La sua data di nascita potrebbe essere il 18 settembre del 1587 nei dintorni di Firenze o anche in città. Ha il soprannome di Cecchina. Il padre, Giulio Caccini, detto Romano, è un insegnante e un compositore di rilievo nella musica del Rinascimento. Insegna tutto ad una figlia pronta e con grande voglia di apprendere. Lei acquisisce rapidamente una robusta tecnica musicale che accompagna ad una grande forza creativa. Il ruolo importante del padre le consente di esibirsi in pubblico in un tempo in cui le donne non avevano alcuna possibilità di apparire. È cantante soprano, suona abilmente clavicembalo, liuto, chitarra e arpa a diciotto anni. Studia letteratura, latino, matematica e greco. Ha sempre partecipato attivamente ai concerti organizzati dalla sua famiglia. Appare in pubblico per la prima volta con un ruolo nell’opera Euridice scritta nel 1600 dal padre, in occasione delle nozze di Maria de’ Medici ed Enrico IV di Francia. Il re di Francia la vuole a corte ma lei non può accettare a causa di un veto del Duca di Firenze. Scrive poemi in latino e in italiano. La sua progressione musicale e di carriera è velocissima. Non ha difficoltà a farsi notare alla corte medicea di Firenze. Crea un ensemble musicale detto “Le donne di Giulio Romano”. È la musicista più pagata. È fra le prime donne a firmare con il proprio nome la musica e a cantare in pubblico. La sua prima composizione musicale nasce con il testo di Buonarroti, La Stiava nel 1607, eseguita al Carnevale di Firenze. L’opera è andata perduta. Con Michelangelo scrive altra musica nel 1608 per la Corte di Firenze. Francesca ottiene la stima per il suo talento dal compositore Claudio Monteverdi.

Si sposa il 15 novembre 1607 con Giovanni Battista Signorini, musicista. Hanno una figlia di nome Margherita, nata nel 1622. Si risposa con il nobile Tomaso Raffaelli e si trasferisce con lui a Lucca, sua città natale. Da questa nuova unione nel 1628 nasce Tommaso. Il secondo marito muore nel 1630 anno in cui si trasferisce a Firenze dove assume presso la corte dei Medici il ruolo di insegnante di musica e canto alle principesse e alle altre dame di corte.

Insegna e compone fino al 1627. È apprezzata da Cristina di Lorena. Scrive in musica le poesie di Michelangelo. Diventa una delle esponenti più importanti della musica barocca. Sono scarsi i documenti della sua opera ad eccezione di una commedia-balletto intitolata “La liberazione di Ruggiero dall’isola di Alcina” del 1625. È il primo melodramma scritto da una donna. L’opera è scritta e musicata in onore del principe Ladislao Sigismondo. Diventa esponente del “cantar a voce sola” che è un canto “a una voce reale”, anche se poi in pratica il canto sia eseguito da più voci “fisiche”. Si tratta di una monodia, che è ben diversa dalla polifonia.

Estende le sue capacità alla musica cameristica con il Primo Libro delle Musiche del 1618. Compone e canta opere spirituali “O che nuovo stupor”. Seguendo le linee estetiche del padre, Francesca compone e interpreta brani come “Ch’Amor sia nudo, Non so se quel sorriso, Chi desia di saper che cosa è amore”. Interpreta un diverso percorso musicale con le opere “Il Granduca, Il Ruggero e altre”. Le sue opere esprimono una grande gioia di vivere con sonorità vivaci. Mostra una forte determinazione per la ricerca di tecniche nuove.

È attiva a corte fino al 1637. Altre fonti riferiscono che abbia lasciato nel 1641. Non esiste una documentazione affidabile sulla sua vita nel periodo. Unica certezza della sua morte risiede in un documento del trasferimento della tutela del figlio nel febbraio 1645 a suo zio Girolamo Raffaelli.

Francesca Caccini viene sepolta a San Michele Visdomini vicino alla tomba di suo padre Giulio e della sorella Settimia.

Il suo nome è stato assegnato nel 1994 ad un cratere meteoritico di 38,1 km di diametro nei pressi del pianeta Venere. Le sue coordinate sono: 17°24′N 170°24′E.

Francesca doveva essere di grande avvenenza. Lo testimonia il suo ritratto in un medaglione marmoreo presso il Palazzo Rospigliosi di Pistoia. Eloquente è l’esergo intorno al suo volto: Cechine Pulchritudinis Immortalitati.

(*) Nella foto, anonimo ritratto di Francesca Caccini, Conservatorio di Firenze, 1617 circa

FONTE: https://www.opinione.it/cultura/2023/02/27/manlio-lo-presti_francesca-caccini-cecchina-musica-canto-donne-melodramma/

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Grave patrocinio del Governo al corso su “superamente del binarismo sessuale”

Pro Vita Famiglia:

28 febbraio 2023
«Gravissimo che il Ministero del Lavoro e l’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia si facciano promotori di un corso totalmente impregnato di ideologia gender indirizzato ai docenti delle scuole Medie, Licei e altri Istituti secondari di secondo grado di Brescia.

Si parlerà di “superamento del binarismo” sessuale, e del “processo di transizione e ricadute sulla scuola, nome di elezione, carriere alias”» dichiara Jacopo Coghe portavoce di Provita e Famiglia Onlus. «Proprio la carriera Alias è uno strumento per trattare bambini ed adolescenti sulla base della loro identità di genere, cioè la soggettiva percezione di appartenere a un certo genere: uomo, donna, transgender, genderqueer, non binario, agender o altro, anche non conforme al sesso biologico. Questo regolamento oltre ad essere illegale rischia di instillare negli studenti il dubbio di essere nati nel corpo sbagliato. La scuola non può essere il terreno di propaganda delle istanze LGBTQIA+.

Oltre 72.000 genitori preoccupati per i loro figli hanno firmato la nostra petizione in poche settimane. Per questo chiediamo che il Governo intervenga, ritiri il patrocinio del Ministero del Lavoro all’iniziativa ed emani subito delle linee guida per riportare la legalità nelle scuole fermando la Carriera Alias, prima che sia troppo tardi» così Toni Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia Onlus.

Scrivere a Giorgia

 

scrivere-a-giorgia

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/grave-patrocinio-del-governo-al-corso-su-superamente-del-binarismo-sessuale/

 

 

 

IL BAMBINO SURROGATO

Enrica Perucchietti – 25 02 2023

Per l’esattezza, il “bambino” di Paris Hilton è stato ordinato e “fabbricato” su commissione, tramite utero in affitto.

La maternità surrogata è una pratica disumana che sfrutta e umilia il corpo della donna, ridotto a un forno gestazionale, e mercifica i bambini che vengono “fabbricati” e ceduti a pagamento, come se fossero oggetti, per soddisfare i capricci dei committenti.

Dietro questo mercato globale si nascondono spesso tragedie, morti, abbandoni, condizioni di vita devastanti che spingono donne disperate ad accettare di affittare il proprio corpo per fare figli per i ricchi.

Non mi stancherò mai di ripeterlo.

L’utero in affitto è una moderna forma di schiavitù.

È il compimento dello sfruttamento della donna e della mercificazione dell’individuo.

Una compravendita di neonati… Una fabbrica di bambini.

E dovrebbe essere reso reato universale. Senza se e senza ma. Senza eccezioni.

FONTE: https://www.facebook.com/story.php?story_fbid=pfbid02LJcrZ5BMM2QFykVnG9nhkKKQ8xneGQhz2ueuftXyF86bMTaT6nJ7fJsebKHxSGwAl&id=100047168322973&post_id=100047168322973_pfbid02LJcrZ5BMM2QFykVnG9nhkKKQ8xneGQhz2ueuftXyF86bMTaT6nJ7fJsebKHxSGwAl&notif_id=1677053288674213&notif_t=creators_activity&ref=notif&_rdr

 

 

 

L’afonia di un disagio politico-esistenziale. Le società occidentali e la marginalità dell’intelligenza critica

Le società occidentali contemporanee racchiudono un disagio spesso afono. Un disagio che nasce dalla storia (anche solo quella recente) e da spinosi problemi irrisolti da una società a dominanza neoliberale che reagisce rimuovendoli, equivocandoli o (più o meno dolcemente) reprimendoli. Un’afonia figlia della marginalità sociale, politica e culturale dell’intelligenza critica. Di questo trattano le riflessioni che qui consegno al lettore.

 

  1. Da dove veniamo?

Su quale strada camminano le società occidentali? Quale cultura politica prevale nelle nostre liberaldemocrazie sotto tensione? A partire dagli anni ’70 dello scorso secolo, la cultura politica dominante tra le élites e, progressivamente, anche a livello di massa si è inchinata al modello di vita ispirato dal neoliberalismo. A ritmo incalzante, il neoliberalismo ha impresso il suo marchio al modo di concepire l’economia e la vita politica, il diritto e la cultura, le relazioni collettive e tra le persone.

Dopo la Seconda guerra mondiale, gli Stati occidentali conobbero trent’anni di crescita economica e di diffusione del benessere sociale: sono i “trenta gloriosi” portati alla ribalta dallo storico Hobsbawm nel suo noto Il secolo breve[1]. Siamo all’epoca del “consenso keynesiano”, quando lo Stato interviene massicciamente (e con plauso trasversale tra gli schieramenti politici) a sostegno dei settori strategici dell’economia, a sostegno dell’occupazione, dello sviluppo economico e dei sistemi di tutela sociale delle fasce più deboli della popolazione. Nasce il moderno welfare state e i diritti sociali (istruzione, sanità, pensione, assistenza e sussidi sociali, tutela dei lavoratori) entrano a far parte del sistema democratico della cittadinanza[2]. I diritti sociali si aggiungono storicamente a quelli civili e politici delle libertà e dell’eguaglianza, al fine di dare gambe materiali ai diritti giuridico-formali e mettere la massa dei cittadini in condizione di avere le capacità per esercitare i diritti formali: insomma, l’obiettivo era di integrare gli entitlements (titolarità giuridica dei diritti) con le provisions e le capacities (mezzi, risorse e capacità per esercitare i diritti previsti sulla carta)[3].

Negli anni ’70 quel mondo cessa di esistere. Sotto i colpi della “crisi petrolifera” provocata dalle reazioni dei Paesi arabi produttori contro la guerra israeliana del Kippur e contro l’appoggio dei Paesi occidentali alla guerra, il “Washington consensus” ha il sopravvento sul “consenso keynesiano”, e prende corpo l’inedito combinarsi e sovrapporsi di inflazione e stagnazione economica (stagflazione). Tramontano le politiche di stimolo dell’economia tramite l’intervento dello Stato a favore dell’economia pubblica, tramonta cioè l’“economia pubblica” come fattore di stimolo della crescita economica, che invece viene ora progressivamente perseguita tramite il settore privato; arretra l’“economia mista” (privato-pubblico), che gli stessi politologi liberali valutano come il tipo di economia più adatta per un regime democratico[4]. In Gran Bretagna, Margaret Thatcher, a guida del Partito conservatore, diventa regina del liberalismo. Con i suoi governi vengono ridotte le imposte sui redditi più elevati e aumentata l’imposta sul valore aggiunto (la nostra IVA); vengono ridotti i sussidi alla fasce sociali più deboli; si adotta un “piano di modernizzazione” del Paese basato su politiche di privatizzazione e “liberalizzazione” dell’economia, di deregolamentazione dei mercati finanziari, di esternalizzazione dei servizi pubblici (a partire dalla sanità); si varano leggi anti-sindacali, in concomitanza con la lotta contro i sindacati e con la sconfitta del grande sciopero generale dei minatori (1984), a fronte del quale il governo chiede lo Stato di Emergenza Nazionale – richiesta che viene respinta perché ritenuta una non necessaria e controproducente militarizzazione della protesta[5]. Negli Stati Uniti, sulla falsariga dei governi Thatcher si muove l’amministrazione Reagan, all’insegna del fortunato slogan “Lo Stato non è la soluzione del problema, ma è il problema”. Uno slogan che s’accoppia con quello, altrettanto e forse culturalmente persino più pervasivo, della britannica “Lady di ferro”: “La società non esiste, esistono solo gli individui”. Il “Washington consensus” detta la sua agenda economica, politica e culturale anche alle organizzazioni internazionale e transnazionali, a partire dalla Banca Mondiale, dal Fondo Monetario Internazionale, fino alla stessa Unione Europea (incluso quel World Economic Forum di Davos oggi protagonista dei canali della comunicazione élite-masse): e questa agenda “governa il mondo”[6] e viene prescritta a tutte le latitudini e longitudini della terracqua (e nello spazio cosmico a portata d’uomo).

È nel contesto di questa fase della storia novecentesca che viene coniato l’aggettivo/sostantivo “neoliberale”[7]. Il termine viene riferito a quella componente del Partito Democratico statunitense che andava schierandosi a favore delle Big Corporation e degli apparati militari, componente che da lì a breve, in epoca reaganiana, conquisterà i Democrats e porterà Clinton alla Casa Bianca,

Il prepotente successo di Reagan negli Stati Uniti e della Thatcher in Gran Bretagna, nel volgere di pochi anni, induce i partiti di sinistra, di tradizione socialista e quelli del popolarismo cristiano, ad arretrare fino a ridisegnare il loro profilo identitario e ad abbandonare valori e interessi sui quali avevano costruito la loro storia e i loro successi novecenteschi. La filosofia sociale, la politica e le politiche neoliberali si irradiano anche sul continente europeo, con crescente energia specie a ridosso del “crollo del Muro di Berlino” e della fine dell’Urss, del tramonto del socialismo e della fine del mondo bipolare. Come andrà sottolineando il sociologo Giddens, ideologo della “terza via”, la vecchia socialdemocrazia (così come il vecchio liberalismo) aveva fatto il suo tempo, il mondo era cambiato e con esso la società: è il momento di cambiare anche per le forze di sinistra, per la loro cultura e politica[8]. Le tendenze neoliberali via via guidano i governi della “sinistra di governo” di Blair in Gran Bretagna (1997-2007), di Schroeder in Germania (1998-2005), di Zapatero in Spagna (2004-2011), di Prodi (1996-1998, 2006-2008), di D’Alema (1998-2000)  di Amato (2000-2001) in Italia, e a seguire, per arrivare ai nostri giorni sempre in Italia, quelli guidati da leader o autorevoli esponenti del Pd (Letta, Renzi e Gentiloni tra il 2013 e il 2016 e, non impropriamente, lo stesso Conte 2 tra il 2018 e il 2021). Ma anche altrove in Europa e in Occidente, dove più dove meno, il dettato neoliberale esercita il suo influsso.

Volendo sintetizzare il nocciolo della “visione del mondo” neoliberale e i contrassegni della “società (e della politica) neoliberale”, possono essere messi in rilievo tre principali idea-guida: 1) un’ideologia del mercato-libero capitalista che, recepita a livello politico, ha acquisito forma e contenuto prescrittivi di policies orientate al taglio delle tasse per i più ricchi e alla de-regolazione (deregulation) dei mercati e dell’operare delle grandi imprese e della grande finanza; 2) una concezione della scelta individuale definita e delimitata dentro la cornice e la logica del mercato utilitaristico, una cornice e una logica che assurgono a cifra del governo della vita sociale e umana, dove la libertà economica è il generatore originario e il solo metro di misura di ogni libertà e del valore di ogni altro bene sociale; un aspetto, questo che, non di rado, ha portato il neoliberalismo ad inglobare anche istanze di natura libertaria; 3) il neoliberalismo si propone non solo come ideologia economica, bensì e soprattutto come una dottrina culturale omnicomprensiva, che ispira tanto i leader politici quanto le élite socio-economiche e mass media, ambienti culturali e istituzioni scientifiche, quanto, infine, un coagulo di orientamenti socialmente ed elettoralmente potenti. In altre parole, la visione neoliberale del mercato si ramifica e penetra, in generale, nel modo stesso in cui ormai pensiamo e organizziamo la vita di una società[9].

2. Dove siamo?

Il “nuovo mondo” che è arrivato a noi del XXI secolo ha trovato ancoraggio in un rinnovato ceto medio e nel tramonto della classe operaia tradizionale, nel diffondersi di un “individualismo acquisitivo” e di un certo relativismo morale, nel primato del “privato” e nel passaggio dall’”economia” di mercato alla “società” di mercato, nell’indebolimento del richiamo delle virtù di cittadinanza e del rilievo dei “beni pubblici”, nell’assorbimento della figura del “cittadino” in quella del “consumatore” (anche di politica). Ma ha trovato ancoraggio anche nella frantumazione e dispersione della condizione e della coscienza collettiva dei lavoratori precari, marginali, esclusi o semi-esclusi dal mercato del lavoro e dirottati verso mercati neri. È l’universo della “società dei 2/3 degli inclusi” che si contrappone alla “società dell’1/3 degli esclusi” ovvero del nuovo sottoproletariato vetero industriale o post-industriale.

Nella così detta sfera della “società civile”, le strutture di mediazione tra cittadini e istituzioni dello Stato si moltiplicano, ma anche si polverizzano in un pluralismo di interessi, diritti e identità collettive sempre più settoriali, segmentati ed egoisti, spesso micro interessi e micro appartenenze. I grandi partiti (quelli che restano sulla scena) vanno evaporando, diventano cartelli o macchine elettorali alquanto clanistiche e sempre più personalizzate e “leaderizzate”. La classe politica e la classe dirigente tutta diventano autoreferenziali. In particolare, i partiti perdono le loro storiche funzioni politiche di aggregazione delle domande, di socializzazione delle idee e di rappresentanza di interessi e valori. La chiamiamo disintermediazione. Non molto differente è la sorte dei grandi sindacati, che diventano apparati burocratizzati e quasi integrati nella macchina dello Stato e del sotto-governo.

Questa trasformazione comincia ad arrivare in Italia negli anni ’80, quando in diversi suoi aspetti trova soprattutto interprete il leader socialista Craxi; trionferà poi nella “seconda repubblica”, con il “nuovo corso” berlusconiano presto assimilato anche da gran parte suoi avversari politici, anche nella sinistra postcomunista – a dispetto della contrapposizione frontale. La classica distinzione tra destra, sinistra e centro viene scompaginata, stravolta, di fatto sepolta e talora persino dichiarata tale. La narrazione di una “nuova modernità”, o dell’epoca del post-moderno, pare avanzare inarrestabile, traducendo in un sedicente linguaggio neutro e “non-ideologico”, “oggettivo” e pragmatico, tendenze e orientamenti caratteristici del nuovo liberalismo. Con l’evento simbolico e traumatico del “crollo del Muro di Berlino” trionfa la narrazione della “fine delle ideologie” e della “fine della storia” e si annuncia il trionfo e il diffondersi nel mondo della democrazia liberale, dei suoi pilastri e dei suoi vincoli (nel bene e nel male) costituzionali, del suo libero mercato come meccanismo e valore centrale di ogni aspetto della società e dello stesso funzionamento delle istituzioni politiche.

Così fino ad arrivare ad oggi. O almeno, fino all’esplosione dello “spaesamento” provocato dalle “conseguenze impreviste” della globalizzazione e dell’apertura internazionale dei mercati e dei confini: processi agevolati dalla diffusione delle nuove tecnologie di comunicazione, processi che incidono non solo sui flussi del capitale, della finanza e della delocalizzazione della produzione, ma anche su quelli delle migrazioni intra e inter-continentali di gente in fuga dalla miseria e dalla violenza e che viaggia allo sbando.

3. Politica pro-sistema e politica anti-sistema. Comprendere per cambiare: è necessario, ma non sufficiente

Volenti o nolenti, a seconda dei casi, oggi siamo coinvolti in tali “conseguenze perverse” della globalizzazione, come impietosamente (e malamente) suggeriscono le notizie sugli “esodi biblici” di migranti e povera gente in cerca di rifugio, di un sogno o di una sopravvivenza decente; come suggerisce la frammentazione conflittuale del sistema internazionale, indice del naufragio del vecchio ordine mondiale imperniato sul mondo bipolare (Usa-Urss), ma anche indice dei contraccolpi provocati sia da un preteso ordine unipolare egemonizzato da un Occidente Stati Uniti-centrico (al tramonto), sia da un multipolarismo internazionale arrembante (e instabile) dove sono aumentanti i Paesi pretendenti un posto alla tavola degli equilibri internazionali egemonici o para-egemonici. Lo “scontro di civiltà” tra Mondo alla McDonald’s e Jihadismo che ha surriscaldato l’Europa negli scorsi anni, è scomparso dalla cronaca solo perché al momento ghettizzato in terre lontane.

Per un altro verso, ormai da oltre un quindicennio l’Occidente, e l’Europa in particolare, annaspa attorno alla pietra filosofale di una crescita economica costellata da crisi dette cicliche mentre forse sono condizione endemica delle società dette sviluppate. Ma su questo fronte non va taciuto il fatto che la tanto sbandierata crescita economica, per come concepita e misurata dal capitalismo neoliberale, non pare più essere un serio metro della qualità della vita e del benessere sociale.

Il rifacimento della vita civile, dei diritti, delle libertà e dei meccanismi democratici che ha avuto luogo sotto il regno del Covid è solo l’ultima e amaramente triste espressione di un mondo che pare davvero guasto, forse ben più di quanto anni fa diagnosticava Tony Judt[10], un intellettuale di orientamento socialdemocratico-liberale, non un paladino di una (peraltro malintesa e distorta) politica anti-sistema.

Il mondo che abbiamo costruito, o che ci è stato confezionato, merita di essere attentamente compreso, osservato con lenti differenti da quelle seducenti ma edulcoranti con cui ci è stato e ci viene mostrato. Questo è il nostro problema. A imporci questo lavoro sono, ad esempio, anche milioni di persone (con una importante quota di giovani) che, specie in giro per l’Europa, negli ultimi due-tre decenni[11], quando vanno a votare (sempre meno) votano in misure significative per i così detti, partiti “anti-sistema”, anche se poi sono frustrati nei loro bisogni e nelle loro aspettative dai gruppi politici che si sono candidati alla loro rappresentanza istituzionale. Si è soliti tacciare questi movimenti come populisti o, peggio, come rigurgiti di antipolitica cialtrona e qualunquista, come movimenti fascistoidi quando non nazi-fascisti, vetero-comunisti o anarcoidi perdigiorno: in ogni caso, pulsioni e movimenti inconcludenti. È davvero così? Anche sì, direi. Ma con una postilla solo apparentemente marginale, e che meriterebbe di essere approfondita, perché in essa si annida forse il nodo centrale dei nostri tempi postdemocratici, e che voglio riassumere con una domanda secca: ma le istanze e i soggetti di una politica anti-sistema come potrebbero “concludere” qualcosa se non li si fa nemmeno “cominciare” o camminare e li si irretisce nella “logica dei vincoli dati”, e da rispettare perché altrimenti si resta schiacciati o devitalizzati a suon di rapporti di forza e di asimmetrie del “potere strutturale”[12]? A camminare s’impara camminando, e pure cadendo di tanto in tanto.

Ciò detto, le forze della politica anti-sistema, spesso assai diverse tra di loro, e comunque le si voglia colorare con le categorie ideologiche tradizionali dell’asse destra-sinistra, non sono la causa del malessere democratico e delle società “sviluppate” del nostro tempo. Sono, semmai, i sintomi e le conseguenze della malattia. Poca lucidità e responsabilità mostrano le forze politiche, mediatiche e intellettuali “pro-sistema” quando li liquidano come “vuota protesta” – tolto il fatto che “protestare” è sana attività democratica e spesso la sola carta che si ritrova in mano chi è escluso dalla vita civile democratica o posto ai margini dei circuiti decisionali, o chi sta all’opposizione. L’opposizione è il sale della democrazia e questo perché maggioranza e chi governa sono sempre in qualche modo riconosciuti, tutelati o auto-tutelati, in ogni tipo di regime politico; la specificità e la preferibilità della democrazia consiste invece proprio nel riconoscimento della legittimità dell’opposizione e degli spazi di azione per le minoranze. Opposizione e minoranza non sono acquetta per allungare il brodo di chi sta ai fornelli a cucinare o di qualche circolo di chef. Evocare “guerre civili” o mettere insieme “il diavolo e l’acquasanta” per un’“unità democratica” contro i “barbari” (come è accaduto ripetutamente e nel modo più manifesto in Francia nel corso dell’ultimo decennio di fronte fenomeno politico del Front National), oppure usare il potere finanziario internazionale per riaffermare il dogma “Non ci sono alternative” (come è capitato con la Grecia di Syriza nel 2015), sono dinamiche ben note nella lotta politica interna e internazionale. Servono a mantenere lo status quo dei rapporti di forza e la posizione egemonica dell’establishment contro cui, a ondate, si ribellano i “populisti”. Tali strategie del potere costituito possono riuscire narcotizzare i conflitti e i sintomi della crisi, ma non porre rimedio al malessere sociale, politico e culturale delle democrazie occidentali. Certo, oggi parlare di “rapporti di forza” o di establishment può a taluno suonare anacronistico o blasfemo: altri linguaggi, più acconci e forse meno démodé, hanno saturato lo spazio del pensabile e del dicibile. Lo scienziato sociale Hirschman[13] ha evidenziato a questo riguardo le retoriche e strategie politiche dell’intransigenza e dello screditamento, alle quali fanno tipicamente ricorso le élites e il pensiero conservatore quando vogliono “conservare” equilibri e modelli di regolazione degli affari pubblici e di distribuzione delle risorse. Emblematico di questo è la tesi del disastro a cui porterebbe qualsiasi tentativo di cambiamento che intenda toccare alla base gli equilibri e i modelli di vita esistenti: economici, culturali e politici.

4. Democrazia chiusa, democrazia aperta: Trilaterale e intelligenza critica

Negli anni ’70 dello scorso secolo, il Rapporto sulla governabilità della democrazia[14], commissionato e ispirato dalla Commissione Trilaterale (Stati Uniti, Europa, Giappone), diventa l’architrave intellettuale per la legittimazione scientifica e il sostegno politico a una cultura di orientamento tecnocratico congrua con un’idea di “democrazia chiusa”, tesa a respingere ogni opzione sistemica alternativa fuori dal gioco e dalla lotta per rimodellare i fondamenti della democrazia[15]. Il Rapporto della Trilaterale, tra l’altro, prendeva di mira quella che veniva definita la “cultura antagonista” degli intellettuali critici. Parlare oggi di cultura antagonista può suonare equivoco e anche anacronistico. Però la funzione critica, financo radicale, degli intellettuali è ancora essenziale. Per evitare che le nostre società si richiudano ancora di più in se stesse e da “società aperte” (tanto osannate sulla carta) diventino “società chiuse”, fortezze che si blindano al cospetto di barbari, (s)fascisti, populisti, negazionisti, e via discorrendo. Ma esiste ancora una simile intelligenza, e lo spazio politico e intellettuale dove esercitarla? Esiste ancora un’intelligenza critica in grado di interpretare le dinamiche delle trasformazioni storiche e di orientarle verso una democrazia aperta, un’intelligenza cioè che non si esaurisca in una critica della politica anti-sistema, oppure della destra o della sinistra della politica pro-sistema, a seconda che ci si identifichi con la sinistra piuttosto che con la destra? L’intelligenza critica è necessaria per andare dove si vorrebbe andare – e per evitare di fare i Totò & Peppino che chiedono: “Per andare dove dobbiamo andare per dove dobbiamo andare?” – ma non è sufficiente.

NOTE

[1] Vedi E.J. Hobsbawm, Il secolo breve. Rizzoli, Milano, 1995.

[2] Vedi T.H. Marshall, Cittadinanza e classe sociale, in Id., Cittadinanza e classe sociale, Utet, Torino, 1976. Si tratta di una conferenza tenuta nel 1949.

[3] Sul tema sono istruttive le riflessioni in R. Dahrendorf, Il conflitto sociale nella modernità, Laterza, Roma-Bari, 1989; M. Nussbaum, A. Sen (a cura di), The Quality of Life, Oxford University Press, New York, 1993.

[4] Tra questi politologi mi limito a segnalare Robert Dahl, reputato come una dei padri nobili della teoria politica liberaldemocratica e paladino della “poliarchia” come forma realistica della democrazia.

[5] Una sintesi efficace di questa stagione politica britannica rimane C. Crouch, Postdemocrazia, Laterza, Roma-Bari, 2003.

[6] Vedi ad esempio: S. Strange, Chi governa l’economia mondiale?, il Mulino, Bologna, 1998; G. Corm, Il nuovo governo del mondo, Vita e Pensiero, Milano, 2013; M. D’Eramo, Dominio, Feltrinelli, Milano, 2022; J.-P. Robé, Property, Power and Politics, Bristol University Press, Bristol, 2020.

[7] Il conio è attributo a Charles Peters, all’epoca autorevole editor del Washington Monthly. Vedi Ch. Peters, A Neo-Liberal’s Manifesto, in “The Washington Post” del 5 settembre 1982; per una versione ampliata e in parte modificata vedi Id., A Neo-Liberal’s Manifesto, in “The Washington Monthly”, maggio 1983.

[8] Vedi A. Giddens, The Third way. The Renawal of Social Democracy, Polity Press, Londra, 1998.

[9] Per approfondimenti ulteriori sul tema vedi F. Wong, The Emerging Worldview, Roosevelt Institute, Report del gennaio 2020.

[10] Vedi T. Judt, Il mondo è guasto, Laterza, Roma-Bari, 2011.

[11] Per una radiografia e analisi di questo pezzo cospicuo della società contemporanea vedi ad esempio C. Guilluy, No society, Flammarion, Parigi, 2018.

[12] Sul concetto di potere strutturale vedi S. Strange, Chi governa l’economia mondiale, il Mulino, Bologna, 1998.

[13] Vedi A.O. Hirschman, Le retoriche dell’intransigenza, Il Mulino, Bologna, 1991.

[14] Vedi M.J. Crozier, S.P. Huntington, J. Watanuki, The Crisis of Democracy. Report on the Governability of Democracies to the Trilateral Commission, New York University Press, New York, 1975.

[15] Vedi G. Nevola, Il “fatto democratico”. Democrazia, crisi, trasformazione, in A. Millefiorini (a cura di), Democrazie in movimento, Mimesis, Milano, 2022; Id., Luci e ombre di una democrazia antifascista, Carocci, Roma, 2022.


(Pubblicato su questo sito il 6 febbraio 2023)

FONTE: http://gasparenevola.net/2023/02/06/lafonia-di-un-disagio-politico-esistenziale-le-societa-occidentali-e-la-marginalita-dellintelligenza-critica/

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

Suor Alfieri: docente colpita da pallini, che c’è di male? Tanto a Sanremo si distruggono le scenografie

Di Suor Anna Monia Alfieri – Ritengo che quanto avvenuto sul palco del Festival di Sanremo con il cantante Blanco che sfoga la propria rabbia e il proprio disappunto per un problema tecnico verificatosi durante la sua esibizione sia davvero grave e non abbia scusanti. Quale esempio hanno offerto agli spettatori il cantante e il servizio televisivo pubblico? Certamente un esempio negativo, da condannare senza appello.

Lamentiamo nelle scuole e tra i gruppi giovanili l’esistenza del fenomeno del bullismo, andiamo denunciando da tempo l’aumento dei fenomeni di violenza fra i giovani e il vandalismo che danneggia gli edifici e le aree pubbliche: come
possiamo tollerare un simile atteggiamento? Mi sarei aspettata la squalifica del cantante dalla gara. Invece no.

Torniamo sempre al solito discorso: tutti ma, in particolare, i personaggi pubblici, a qualsiasi settore appartengano, devono essere consapevoli che sono investiti di una responsabilità nei confronti delle persone, specie quei personaggi che devono la loro notorietà al pubblico più giovane. Un qualsiasi studente potrebbe sentirsi autorizzato ad emulare Blanco distruggendo le aiuole nel cortile della propria scuola: tanto cosa succede? Che c’è di male? Probabilmente, e paradossalmente, lo studente sarebbe sospeso, Blanco, invece, continua la sua presenza al Festival. Lo studente colpisce la docente con pallini sparati ad aria compressa. Che c’è di male? Tanto a Sanremo si distruggono le scenografie costate lavoro, impegno e, danaro pubblico. Ma impegno, lavoro e denaro cosa sono di fronte ad un inconveniente tecnico? Nulla, ovviamente, perché hanno danneggiato la performance del grande cantante.

Cosa c’è di peggio nella vita? Tra l’altro l’episodio è avvenuto nella serata in cui si ricordava il 75esimo anniversario della nostra Costituzione alla presenza del Capo dello Stato. Da De Gasperi a Blanco: abisso orrido immenso verrebbe da dire citando il buon Leopardi. Chissà, tra l’altro, se il nostro bizzoso cantante lo ha studiato. Probabilmente no, visti i risultati.

Ma a ognuno il suo, ai posteri l’ardua sentenza, diciamola con Manzoni e concludo le citazioni perché scomodare i Grandi è quasi offensivo. Per i Grandi, di tutti i tempi, ovviamente.

Invito tutti a riflettere sul ruolo educativo che ciascuno di noi ha, sulla responsabilità, sulla coerenza, sugli effetti che il nostro comportamento può avere sugli altri.

Torniamo ad instillare nei nostri giovani la serietà, il rispetto per la fatica ed il lavoro altrui, il senso del bello. La cultura del ma tanto va sradicata con energia, pena il concetto stesso di civiltà.

FONTE: https://www.orizzontescuola.it/suor-alfieri-docente-colpita-da-pallini-che-ce-di-male-tanto-a-sanremo-si-distruggono-le-scenografie/

 

 

 

SENZA ACQUA, SENZA TUTTO
Marco Palladino 23 02 2023

“Per 3,5 milioni di italiani, sarà normale non avere più l’acqua dal rubinetto”.
Non è una barzelletta, né un film.
È quanto ci profetizza il CNR.
Bella questa “normalità”.
La follia sta diventando “normale”.
Iniziarono con la “normalità” di non avere più una moneta nazionale;
Poi fu “normale” svendere l’industria, le banche, gli asset;
Fu “normale” distruggere il lavoro, le pensioni, lo stato sociale;
Ancora più avanti ed è stata “normale” una pandemia, una vaccinazione di massa con segreto militare, il coprifuoco e i lock down;
“Normali” le morti improvvise, gli effetti avversi, il contagio che doveva essersi estinto;
“Normale” il carburante a 2 euro, il gas alle stelle, l’inflazione galoppante;
“Normale” il regalare armi contro il dettato costituzionale, il bloccare la cessione di crediti nati ex legge e vidimati dalla ragioneria generale dello stato, lo svendere l’ultimo nucleo della gloriosa Alitalia;
Ora è “normale” mangiare insetti, spegnere i riscaldamenti e i condizionatori, rimanere senz’acqua.
Piano piano diviene “normale” ogni abominio, ogni ingiustizia, ogni privazione, ogni offesa all’equilibrio naturale, alla vita, all’uomo.
I carnefici di ottant’anni fa, di tutti i colori e le estrazioni, almeno usavano i mitra, parlavano chiaro, non ti prendevano per il culo.
Oggi subiamo l’umiliazione di vestire il male con il bene, la pazzia con la razionalità, la menzogna con la verità, il buio disumano con la luce di una nuova era.
E rimaniamo immobili nel nostro niente, fino ad essere da oltraggio a noi stessi.
Mentre aberrazioni di ogni foggia ci vengono scaraventate addosso ogni giorno che passa.
Incapaci di capire, di reagire.
Di vivere.
Perché questo strisciare ai piedi della più immonda nomenclatura che si sia impadronita delle nostre esistenze è peggio della morte. Fisica.
Perché quella spirituale è già un dato di fatto.

FONTE: https://www.facebook.com/1500896194/posts/pfbid0rRKqjJ2hSZpTHzdtRJDvWKn5eMVr5eAMBe3hJ6yYXLGmnEgRkiv4uPf8F1LPCH1

 

 

 

Altro che “underdog”, ecco chi sono i genitori dell’estremista Elly Schlein: sveliamo tutti gli altarini

Febbraio 28, 2023

Da Il Paragone – Neanche il tempo di finire il conteggio delle schede che subito sono iniziati a fioccare gli osanna per Elly Schlein, nuova segretaria del Partito Democratico. I giornali hanno fatto a gara per incensarla (dopo aver dato per scontato il successo di Bonaccini, tra l’altro) con un termine che ha iniziato a fare il giro dei social, rimbalzando di articolo in articolo: “Underdog”.

Repubblica è stata la prima ad associarlo a Schlein, per sottolineare come la leader dem sia partita dal basso per poi, contro ogni pronostico, scalare ogni posizione fino a prendersi la segreteria di forza, potendo contare soltanto sulle proprie forze. Ma le cose stanno davvero così? Secondo Libero Quotidiano, assolutamente no.

E quell’appellativo, “underdog”, utilizzato anche da Giorgia Meloni al momento del suo insediamento a Palazzo Chigi, non potrebbe essere più sbagliato. La differenza tra le due, secondo Libero, è che Meloni “da sola è riuscita pian piano a scalare le gerarchie della politica. Il tutto aiutando anche la mamma a casa. Una vita difficile che ha poi trovato il ristoro di una carriera politica da vero underdog capace di ribaltare i pronostici all’interno del partito prima e alle politiche poi”

Elly Schlein, invece, avrebbe alle spalle un background completamente diverso. “Proviene da una stirpe familiare che ha avuto rapporti stretti con la politica – ha spiegato Libero – col mondo dell’università e col mondo delle istituzioni. Il nonno materno era Agostino Viviani, antifascista che aderì al Partito d’Azione nel 1937 e nel 1945 entrò a far parte della Consulta Nazionale. I genitori invece fanno parte del mondo accademico”.

“La mamma, Maria Paola Viviani è docente ordinario di Diritto pubblico comparato nella facoltà di Giurisprudenza dell’Università dell’Insubria – ha concluso Libero – e ha insegnato per molti anni nella facoltà di Scienze politiche dell’Università di Milano.

Il padre, Melvin Schlein è un politologo e accademico statunitense. Inoltre, il padre di Elly Schlein è professore emerito di scienza della politica e storia presso la Franklin University di Lugano e in passato è stato anche assistant director nella sede bolognese della Johns Hopkins University. Non proprio origini operaie quella della Schlein”.

FONTE: https://www.rassegneitalia.info/altro-che-underdog-ecco-chi-sono-i-genitori-dellestremista-elly-schlein-sveliamo-tutti-gli-altarini/

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Bloomberg: la Nato riformula il concetto di mutua difesa

Riunione Nato-Otan

Nel corso del summit della Nato di Bruxelles di questi giorni “i ministri della Difesa dovrebbero anche approvare un documento che prevede nuove linee-guida politiche per definire i requisiti per l’investimento degli alleati per prepararsi a una potenziale futura attività militare”.

Aumentare le spese militari, diminuire le pensioni

“Il documento classificato [cioè segreto ndr] serve a pianificare le modalità attraverso le quali la NATO prevede di impegnarsi in modo unitario in un conflitto cosiddetto ad alta intensità previsto dall’articolo 5, con gli alleati chiamati a difendersi vicendevolmente, ma anche nel caso di evento fuori registro, cioè non compreso nell’articolo 5”. Così su Bloomberg in un articolo nel quale viene spiegato che nell’incontro si prevede di superare le resistenze, finora vincenti, dei Paesi europei a investire di più nella difesa.

A tali Paesi si chiede di arrivare a investire il 2% del Pil, che peraltro, come ha detto il Segretario della Nato Jens Stoltenberg, “dovrebbe essere considerato un minimo, non un tetto” massimo.

Ovviamente, come spiega anche l’articolo di Bloomberg, per rafforzare la Difesa, dovrebbero essere stornate in questo settore risorse finora indirizzate verso “le pensioni o altri capitoli di spesa” similari. Insomma, il riarmo andrebbe, com’è naturale, a nocumento della povera gente.

Riformulare la clausola sulla guerra

Ma la cosa che inquieta maggiormente è, appunto, quel cenno che abbiamo riportato nell’incipit della nota, cioè che la Nato dovrebbe riformulare l’articolo sulla mutua difesa ampliandone in maniera indefinita i termini, così che si potrebbe intraprendere una guerra su larga scala per eventi diversi dall’aggressione militare a un singolo Paese membro dell’Alleanza.

Tale cenno è stato alquanto nascosto nell’articolo di Bloomberg, che si dilunga su altro e meno importante, cosa che fa ancora più inquietare data la rilevanza del tema: come se si avesse paura di dare notizia di questo snaturamento dell’Alleanza.

Per entrare nel concreto, la nuova formula sembra indicare che la Nato potrebbe entrare in guerra per una minaccia solo percepita. Se si tiene presente la stretta attualità, che vede l’America ingaggiare una battaglia aerea contro dei palloncini, abbattendone quattro in pochi giorni e spiegando tali operazioni come necessarie alla Sicurezza Usa (vedi Piccolenote), si può intuire la pericolosità di tale cambiamento.

Senza contare la possibilità di manipolazioni, come nel caso della guerra del Vietnam, intrapresa dagli Usa dopo l’incidente del Tonchino, una bufala ormai acclarata; come anche la guerra del Golfo, legittimata dalle inesistenti armi di distruzione di massa di Saddam. Tutti casi nei quali non era in gioco l’aggressione a un Paese Nato, ma una minaccia percepita, nonché inventata, dal suo membro più autorevole (peraltro dominus dell’Alleanza atlantica).

Quando il segreto porta sfortuna

Infine, cosa non secondaria, il fatto che la nuova formulazione del meccanismo che prevede l’ingresso dei Paesi Nato in guerra sia “classificata”, cioè segreta, non può non suscitare timori.

Al di là di altre e molto più importanti considerazioni, tale segretezza rievoca, nella nostra mente, il famigerato Patto di Londra, l’accordo segreto elaborato da Sidney Sonnino che vincolava l’Italia a entrare nella Grande guerra a fianco di Francia e Regno Unito nonostante il nostro Paese ostentasse la propria neutralità.

C’è da sperare che lo scoop di Bloomberg sia una bufala, anche se è difficile che un media tanto importante prenda topiche del genere. Se così non è, se c’è anche un minimo di fondamento in quel che riporta, c’è da preoccuparsi.

FONTE: https://piccolenote.ilgiornale.it/mondo/bloomberg-la-nato-riformula-il-concetto-di-mutua-difesa

 

 

 

Turchia e Siria: usare il sisma per spingere il regime-change

Aleppo, Siria, oggiTempo di lettura: 2 minuti

Nessun aiuto ad Assad, queste le dichiarazioni del Segretario di Stato Usa Tony Blinken, che ha spiegato come gli aiuti Usa per il popolo siriano, bombardato del sisma più devastante degli ultimi anni, passeranno dai canali usati finora.

Aiuti solo ad Al Quaeda

Ciò vuol dire che nessun aiuto americano arriverà alla popolazione che ricade sotto il controllo di Damasco, ma solo alla zona di Idlib, controllata dagli epigoni di al Qaeda.

Una dichiarazione che suona come un diktat per l’Occidente a non deviare dalla linea dura tenuta finora, che vede la Siria, ovvero la zona succitata, restare sotto la stretta delle sanzioni internazionali.

Nessun aiuto occidentale, dunque, giungerà ad Aleppo, dove il sisma si è abbattuto su edifici già provati da più di un decennio di guerra (le foto dei palazzi di Aleppo al tempo della guerra danno l’idea di cosa può essere accaduto quando gli stessi palazzi sono stati investiti dal sisma).

Così alla morsa delle sanzioni, varate all’inizio del conflitto (2011), si aggiunge quella del sisma, che quindi è usato per fare ulteriori pressioni sulla popolazione civile, per aumentarne la sofferenza all’indicibile così da renderlo più malleabile alle sirene del regime-change.

In un conflitto ibrido come quello siriano, durante il quale Washington e alleati hanno tentato invano di rovesciare Assad,  non si butta niente, come per il maiale: è stata usata la pandemia, durante la quale le sanzioni non sono state rimosse, ora si usa il terremoto. Nulla di nuovo sotto il sole.

Orrori “indicibili” e lentezza dei soccorsi

Qualcosa di simile si sta registrando per la Turchia. Erdogan è malvisto dalle Cancellerie occidentali, sia per le sue esitazioni a far entrare Svezia e Finlandia nella Nato, sia, soprattutto, perché continua a relazionarsi con il paria Putin e a proporsi come mediatore di un conflitto che si qualcuno vuol far durare all’infinito.

Da qui la possibilità di sfruttare il sisma per erodere il potere di Erdogan, che a giugno prossimo è chiamato a confrontarsi con le urne per restare al potere. Citiamo a titolo di esempio un titolo della BBC: “Erdogan visita l’area del terremoto mentre la rabbia cresce per la scarsa velocità dei soccorsi”.

Ad oggi la spinta a usare la tragedia a fini politici è circoscritta, ma la pressione potrebbe aumentare, con incremento esponenziale se aumenta il numero delle vittime.

I morti, al momento in cui scriviamo, sono già 11mila e potrebbero aumentare di molto perché, come si legge in un comunicato dei caschi bianchi, un’asserita organizzazione umanitaria, “Il numero dovrebbe aumentare in modo significativo perché, a più di 50 ore dal terremoto, centinaia di famiglie sono ancora sotto le macerie”.

Comunicato pubblicato in un articolo di Haaretz nel quale si paventa che il numero delle vittime potrebbe diventare “indicibile”. È ovvio che dar vita a regime-change in Siria e Turchia, o in uno solo dei due Paesi, porterebbe con sé altri orrori, causati dall’ulteriore violenza e dalla destabilizzazione di cui sono forieri tali moti.

La tragedia imprevedibile, già insostenibile, potrebbe provocarne altre, non solo prevedibili, ma addirittura auspicate. Il mondo gira così.

FONTE: https://piccolenote.ilgiornale.it/mondo/turchia-e-siria-usare-il-sisma-per-spingere-il-regime-change

 

 

 

LA GUERRA IN UCRAINA: LA QUINTA COLONNA IN RUSSIA E IL CLAN ROTSCHILD

31.03.2022

Non appena iniziò l’operazione militare russa per smilitarizzare e denazificare l’Ucraina, le reti di influenza sioniste presenti in Russia iniziarono ad attivare tutte le proprie risorse umane per silurare la strategia di Mosca volta a ottenere la sconfitta militare del regime di Kiev. L’elemento chiave che predomina nelle dichiarazioni pubbliche rilasciate da agenti di influenza straniera in Russia è: “Putin, ferma la guerra!”

Curiosamente, questa coorte di pacifisti non si è mai distinta nel tempo nel chiedere la fine del terrorismo di stato praticato da Israele contro i palestinesi. Non abbiamo mai sentito queste persone chiedere agli Stati Uniti di porre fine alla loro aggressione militare in Iraq, Afghanistan, Libia, Siria o Yemen.

La rete sionista in Russia

Tra i rappresentanti della lobby sionista in Russia (che sotto la copertura di messaggi pacifisti, condannano risolutamente le azioni di Vladimir Putin in Ucraina), troviamo:

Maxim Galkin, comico, parodista, star della televisione;

Ivan Urgant, showman, star della televisione;

Matvei Ganapolski, giornalista della radio “Eho Moskvî” fuggito in Ucraina;

Alexander Nevzorov, giornalista, star della TV, ex deputato della Duma di Stato;

Ksenia Sobciak, conduttrice televisiva e radiofonica, attivista civico;

Boris Grebenshchikov, poeta e musicista, compositore, cantante e chitarrista del gruppo rock “Aquarium”, uno dei fondatori della musica rock in russo, conduttore di programmi “Aerostat” su Radio Russia;

Andrei Makarevich, cantante, poeta, compositore, conduttore televisivo, leader del gruppo rock „Maşina Vremeni” (Time Machine);

Valerii Meladze, cantante

Alisher Morgenshtern, rapper e autoproclamato satanista;

Oleg Deripaska, oligarca, miliardario, giornalista;

Mikhail Fridman, oligarca, miliardario, co-fondatore di Alfa Bank, cittadino israeliano, membro della direzione del Congresso ebraico in Russia;

Roman Abramovich, oligarca londinese, miliardario, proprietario della squadra di football del Chelsea;

Andrei Kozirev, ex ministro degli Esteri russo sotto il presidente Boris Eltsin;

Oltre ai vip sopra citati (tutti sedicenti pacifisti), possiamo aggiungere un certo numero di personaggi minori dello spettacolo come Zemfira, Monetochka, ecc., che mantengono l’illusione dell’esistenza di una moltitudine di “opinion leader” i cui l’obiettivo è silurare qualsiasi azione intrapresa dai leader russi in Ucraina.

Allo stesso modo, il recente divieto di due strutture mediatiche russe dall’inizio delle operazioni militari speciali in Ucraina evidenzia anche la massiccia presenza di agenti sionisti all’interno di dispositivi di propaganda volti a ledere gli interessi nazionali russi. Queste sono la stazione radio “Eho Moskvi” (Eco di Mosca) e la stazione televisiva “Dojdi” (Pioggia). Va notato di passaggio che il caporedattore e co-proprietario della stazione radiofonica “Eho Moskvi” non è altro che Alexei Venediktov.

Pochi giorni dopo l’inizio dell’operazione militare speciale russa in Ucraina, è apparsa un’altra “iniziativa civica”. Quest’ultimo è animato da un’intera coorte di espatriati di nazionalità israeliana. Si tratta del cosiddetto Comitato contro la guerra guidato dall’oligarca ebreo Mikhail Khodorkovsky, l’ex proprietario della compagnia Yukos, condannato per innumerevoli reati e graziato da Putin dopo diversi anni di detenzione, dopodiché si è rifugiato in Occidente. È risaputo che dietro questo agente antirusso c’è il clan Rothschild, fatto verificabile da chiunque faccia il minimo sforzo per documentarsi su Internet. Nell’elenco di coloro che sono fuggiti dalla Russia e si sono riuniti in questo comitato, le figure più famose sono il giocatore di scacchi e avversario politico Gari Kasparov,

Nella stessa rete di “dissidenti” fa parte anche Aleksei Navalny, attivista civico e aspirante presidenziale recentemente finito in prigione, chiaro esponente degli interessi collettivi occidentali in Russia.

Si tratta quindi di una vastissima ragnatela tessuta per decenni, fatta di showmen, giornalisti e oligarchi legati alla stessa agenda, che promuove con metodo e perseveranza. Questo programma è completamente estraneo e persino ostile alla Russia. Questo è ciò che si può chiamare la lobby liberale o atlantica, il campo degli occidentali. Il loro tratto distintivo è l’ostilità alla tradizione, più precisamente la sua disgregazione da parte dell’antimusica “moderna” e gli abominevoli trucchi teatrali che praticano, l’ostilità verso la Chiesa ortodossa, la tolleranza (e talvolta “l’appartenenza a”) per le minoranze sessuali, la svalutazione da parte di derisione dei codici culturali russi, ridicolo delle virtù e dei costumi tradizionali.

Questa coorte di maghi e burloni costituisce l’arma di distruzione di massa con effetti devastanti chiamata “cultura di massa”, che ha invaso lo spazio pubblico russo, distruggendo ogni traccia di identità collettiva, decenza, serietà e patriottismo, soprattutto tra le giovani generazioni. E questi oligarchi sono solo il veicolo finanziario per lo stesso atto sovversivo di minare le fondamenta del popolo e dello stato russi. Infatti, in tutti i nostri paesi esistono reti simili di influenza antinazionale.

Il commando ebreo a capo del potere statale in Ucraina

Se teniamo anche conto del fatto che in posizioni chiave in Ucraina, non a caso, si sono insediate alcune personalità ebraiche, tutto è connesso.

Con Volodymyr Zelenski, (presidente), Denys Shmyhal, (primo ministro) e Alexey Reznikov, (ministro della Difesa), la lobby sionista controlla l’Ucraina con il pugno di ferro. E guarda caso, la persona che ha sostenuto finanziariamente, nei media e ha portato il comico Zelenski al capo dello stato è l’oligarca ebreo Igor Kolomoiski.

Allo stesso modo, anche l’ex potere statale aveva una sovrarappresentanza degli ebrei nelle funzioni chiave: Petro Poroshenko (presidente dal 2014 al 2019) e Volodymyr Groysman, (primo ministro dal 2016 al 2019).

Si potrebbe menzionare anche Vadim Rabinovich, noto uomo d’affari, magnate dei media e politico ucraino, presidente del Congresso ebraico ucraino, candidato alle elezioni presidenziali del 2014, cittadino israeliano. In generale, la presenza dell’elemento ebraico nella politica, negli affari e nei media ucraini è massiccia. Di fronte a una così schiacciante sovrarappresentazione dei cittadini israeliani tra la cosiddetta élite ucraina, lo scrittore e pubblicista Eduard Hodos (un ebreo di Lubavitch diventato cristiano ortodosso) ha definito la realtà politica in Ucraina “una roulette ebraica”. A differenza della roulette russa (in cui c’è solo una pallina), la roulette ebraica riempie tutte le camere del barile.

E ciò che è particolarmente significativo in questo contesto è che la maggior parte del debito sovrano dell’Ucraina è detenuto dal 2015 dal fondo di investimento americano Franklin Templeton, che agisce nell’interesse del clan Rothschild.

Le informazioni di cui sopra mostrano chi è in effetti il ​​vero padrone dell’Ucraina e chi continua l’ostilità permanente delle relazioni tra Ucraina e Russia. La grande finanza internazionale, avendo preso completamente il controllo dell’Ucraina, vi ha insediato i suoi rappresentanti in tutte le funzioni importanti dello Stato e così facendo ha preso il controllo dell’economia e dei media dominanti. In una logica di espansione della propria sfera di influenza, il prossimo grande obiettivo di questa mafia plutocratica globale è la Russia.

Sebbene negli ultimi tre decenni le reti di influenza straniera si siano fortemente sviluppate in Russia, riuscendo a imporre una notevole influenza in un certo numero di istituzioni statali, nell’economia, nei media e nel mondo dello spettacolo, la colonizzazione definitiva di questo Paese rimane ancora incompiuta. Sebbene abbia ottenuto il controllo totale dei paesi che costituiscono il blocco della NATO e dell’UE, la Cabala complotta incessantemente per rovesciare lo stato russo a tutti i costi e installare lì i propri burattini a capo di questo paese.

In questo contesto, all’Ucraina è stato assegnato il ruolo di punta di diamante nella guerra totale condotta contro la Russia. Questa élite finanziaria non si accontenta delle mezze misure ed è decisa a estorcere infinite concessioni a Mosca. Mira alla capitolazione finale del Cremlino e alla trasformazione della Russia in una colonia, oggetto di dominazione straniera, priva di qualsiasi vocazione o capacità di tornare mai allo status di soggetto di politica internazionale.

È ovviamente vietato in tutta l’area euro-atlantica esprimere tali analisi. I fautori del “discorso dominante” su scala mondiale non lo tollerano e chiunque violi questa doxa viene subito punito e denunciato come “cospiratore”. La semantica è estremamente regolata e il significato etimologico delle parole gelosamente custodito. Non può essere tollerato alcun slittamento sui dogmi ideologici obbligatori. Escludendo qualsiasi opinione anche leggermente poco ortodossa su questi temi, diventa quindi impossibile comprendere le vere poste in gioco dei grandi conflitti geopolitici.

Al momento, coloro che si arruolano nel campo del regime di Kiev e si atteggiano a pacifisti sono in realtà i mercenari dell’élite globalista cosmopolita, l’élite che non nasconde il suo desiderio di vedere instaurare un Nuovo Ordine Mondiale sotto l’egida di un governo mondiale responsabile dell’imposizione di una dittatura tecnocratica su scala planetaria. Questa mafia globalista mira a inaugurare un’era transumanista e quindi a ricreare un’umanità secondo i precetti prometeici grazie alla cibernetica e alla manipolazione del genoma umano.

Qualunque sia il nome che viene dato ai principi filosofici condivisi da questa élite (“neocominternisti”, trotskisti, globalisti, sionisti, cabalisti, occultisti, luciferini, Illuminati, mamonocrazia, plutocrazia, demonocrazia ecc.): la loro agenda non è in alcun modo legittima per la semplice e buona ragione per cui sono disposti a effettuare un massiccio spopolamento per realizzare le loro ambizioni.

In pochi giorni di guerra venne alla luce tutta la teoria e la pratica del complotto. Si tratta quindi davvero di una “cospirazione aperta” (secondo HG Wells). Ora sappiamo chi ha istituito ed eseguito i due “Maidan” (i colpi di stato del 2004 e del 2014 a Kiev) e quali ruoli il sovrano oligarchico ha assegnato alle sue pedine poste ai vertici di ogni gerarchia statale.

Siamo anche in presenza di una guerra totale di religione (di natura quasi escatologica) la cui espressione visibile si manifesta attraverso l’intero spettro antropologico (guerra politica, guerra economica, guerra mediatica e cognitiva, guerra culturale e – prevale – la guerra assiologica). Negli ultimi giorni si è parlato addirittura di una guerra illimitata condotta da società segrete che si sono impadronite del potere politico soprattutto in Occidente.

Chi pretende di oscurare la dimensione spirituale dell’attuale confronto planetario non può capire nulla dello svolgersi dell’attualità.

L’obiettivo principale del Leviatano globalista è la Federazione Russa non solo per le sue vaste risorse naturali, ma anche perché è l’ultimo baluardo del cristianesimo contemporaneo attraverso l’Ortodossia.

Il conflitto di civiltà/escatologico tra l’Occidente scristianizzato e la Russia è ora entrato nella sua fase militare diretta in quanto l’Occidente sta usando l’Ucraina come ariete contro la Russia.

Da questo punto di vista, al di là della narrazione ufficiale promossa dalla piovra politico-mediatica atlantica, il tema del confronto in Ucraina appare nella vera dimensione planetaria. Il conflitto di civiltà tra l’Occidente egemonico, scristianizzato e mercantile, con pretese di dominio planetario da una parte, e la Russia dall’altra, è ora entrato nella sua fase militare diretta. Per il momento, l’Occidente preferisce attenersi alla strategia della “guerra per procura”, in cui l’Ucraina viene usata ciecamente a scapito dei propri interessi nazionali e contro la Russia.

La Russia è sempre stata l’obiettivo degli strateghi occidentali. Da Halford John Mackinder, le costanti geopolitiche del mondo anglosassone, controllato da banchieri e mercanti, non sono cambiate. La Russia si trova nello spazio chiamato “Heartland”, “cuore del mondo” o “perno geografico della storia”.

La definizione classica di Mackinder è: Colui che governa l’Europa orientale governa l’Heartland; colui che governa l’Heartland governa l’Isola del Mondo; e colui che governa l’Isola del Mondo governa il mondo.

Come abbiamo accennato, la Russia appare anche come l’ultimo baluardo della civiltà cristiana. Secondo la filosofia politica ortodossa, è il ruolo messianico di “Katechon”, questo provvidenziale guardiano che trattiene e rallenta la venuta dell’anticristo (Seconda epistola ai Tessalonicesi di San Paolo, 2, 6).

Il filosofo e scrittore francese di origine rumena Jean Parvulesco ha visto in Vladimir Putin “l’uomo provvidenziale”, che avrà la missione storica di rifiutare l’arrivo del “figlio della perdizione”. L’uomo provvidenziale di cui parla Parvulesco ha poco a che vedere con l’individuo Putin, nel senso che il filosofo tradizionalista distingue tra la forza storica incarnata da Vladimir Putin (destino, senso della storia, manifestazione divina) ei limiti dell’uomo stesso.

Putin diventerà lo strumento di una volontà superiore, spinta al raggiungimento di grandi traguardi spirituali? Questa probabilità rimane aperta. Ma una cosa è certa. In tali momenti storici critici, l’uomo in una carica politica chiave trasgredisce i suoi confini personali.

Il conflitto in Ucraina inaugura una controffensiva globale contro il globalismo satanista, contro i promotori dell’Agenda 21 genocida, contro la dittatura tecnocratica, contro i centri di comando delle forze occulte, che attuano lo spopolamento attraverso iniezioni forzate, fame e impoverimento diffuso.

Riuscirà la Russia a vendicarsi della storia dopo le due grandi sconfitte del 1917 e del 1991? Dio permetterà alle forze della luce di vincere le forze delle tenebre?

È la fine del mondo o la fine di questo mondo? Siamo alla fine della storia o solo alla fine di un ciclo storico, come diceva René Guénon secondo una visione più “indù” della Storia? Siamo alla fine del Kali Yuga, l’ultimo dei quattro cicli, chiamato il “tempo oscuro”, avvolto da un opaco materialismo, conflitto e peccato?

Naturalmente, il ricorso all’induismo qui è solo una figura retorica, non una deviazione dal dogma ortodosso. Eppure il nostro ottimismo cristiano ci porta a sperare che l’esito dell’attuale conflitto possa servire da preludio a un rinnovamento spirituale concesso all’umanità dalla divina provvidenza.

Klaus Schwab afferma che il mondo non tornerà mai ai tempi pre-Covid.

Affermiamo inoltre che non tornerà nemmeno quello che era prima del 22 febbraio 2022.

FONTE: https://www.geopolitika.ru/it/article/la-guerra-ucraina-la-quinta-colonna-russia-e-il-clan-rotschild

 

 

L’incrociatore USA e il sisma in Turchia. “Nessuna correlazione”

Il 28 gennaio, le ambasciate occidentali hanno inviato avvertimenti ai propri cittadini su un possibile attacco terroristico.

1-2 febbraio, vengono chiuse le ambasciate di Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia, Danimarca, Olanda, Svizzera, Svezia e Belgio.

Il 3 febbraio, la USS Nitze equipaggiata con i sistemi HAARP entra nel porto di Istanbul.

Il 3 febbraio, il ministro degli interni turco Suleyman Soylu lancia un attacco all’ambasciatore americano nel suo paese, dicendo: “Togliete le mani sporche dalla Turchia. Sono molto chiaro. So molto bene come vorresti creare conflitti in Turchia. Togli la tua faccia sorridente dalla Turchia.

Dal 5 al 6 febbraio si verifica un terremoto con epicentro sulla stessa faglia tettonica di Istanbul

https://sharktube.info/video/7433/la-uss-nitze-equipaggiata-con-i-sistemi-haarp?channelName=SaDefenza

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FONTE: https://www.maurizioblondet.it/lincrociatore-usa-e-il-sisma-in-turchia-nessuna-correlazione/

 

 

 

Israele: Atrocità ebraiche in corso

I coloni israeliani stanno picchiando e accoltellando i palestinesi, bruciando dozzine di automobili, negozi, case e fattorie.
Hanno attaccato 3 ambulanze.
Oltre 100 palestinesi feriti.
L’IDF pose la città sotto assedio.
Non una parola dal governo israeliano!
Zero condanne internazionali!
Centinaia di coloni stanno attaccando Huwara, scortati e sorvegliati dai soldati israeliani.
I residenti palestinesi sono ingabbiati.
Gli altoparlanti delle moschee chiedono aiuto.
Chiunque cerchi di difendersi viene attaccato da coloni e soldati.
Il fuoco è ovunque!

Dalla nostra corrispondete per la Palestina MOUANA per BECCIOLINI NETWORK&RIE

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FONTE: https://www.maurizioblondet.it/israele-atrocita-ebraiche-in-corso/

 

 

 

CULTURA

PRIMO E UNICO SAGGIO PUBBLICATO IN ITALIA DELL’ANALISTA GEOPOLITICO RUSSO LEONID SAVIN

Savin, La nuova arte della guerra, Idrovolante Edizioni
Lunedì, 2 Dicembre, 2019

La nuova arte della guerra è il primo saggio pubblicato in Italia dell’analista ed esperto di geopolitica russo Leonid Savin.

Copre una vasta gamma di conflitti: dalle operazioni militari e di lobbismo politico, ingegneria sociale e geoeconomia alla propaganda attraverso i media, rivolte civili e atti di terrorismo.

Tutti inseriti all’interno del più generale concetto di Guerra attraverso l’insegnamento (Coaching War).

Nel saggio vengono esaminati diversi casi recenti di guerre ibride o asimmetriche, a partire dal colpo di Stato in Ucraina nel 2011, che ha visto l’uso della tecnologia a sciame per fomentare le rivolte di strada e il finanziamento dall’estero di organizzazioni non governative.

Altri esempi trattati sono la manipolazione di gruppi etnici e le strutture di opposizione durante l’inasprirsi del conflitto armato in Siria o l’applicazione delle tecnologie di genere come strumenti di influenza socio-politica nel Caucaso.

In questi nostri tempi di continui cambiamenti (geopolitici, diplomatici, scientifici, demografici, tecnologici ecc.) sta diventando perciò sempre più difficile determinare e valutare correttamente la sottile linea che separa la cooperazione internazionale e l’azione comune dai tentativi di interferenza e manipolazione.

https://www.idrovolanteedizioni.it/libri/la-nuova-arte-della-guerra/

FONTE: https://www.geopolitika.ru/it/news/primo-e-unico-saggio-pubblicato-italia-dellanalista-geopolitico-russo-leonid-savin

 

 

 

La guerra si allarga? Ecco cosa succede davvero in Moldavia

Da maggio 2022 a febbraio 2023, non cambia nulla per quanto riguarda la Moldavia “trincerata” alla fine della pace, Paese neutrale tra l’Ucraina sotto attacco della Russia e campo atlantico. Il governo e l’opinione pubblica sono divisi. Le spinte neutraliste, il timore di un’infiltrazione di Mosca via separatisti transnistriani e il rischio di essere trascinati in un gioco più grande convivono nella percezione politica dei cittadini della piccola Repubblica ex-sovietica.

Quando nelle scorse settimane la presidentessa Maia Sandu ha lanciato l’ipotesi che Mosca abbia lanciato una “guerra ibrida” per destabilizzare il Paese, riprendendo le dichiarazioni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky in molti hanno iniziato a respirare un clima pesante dalle parti di Chișinău.

“Per Costituzione la Repubblica di Moldavia specifica la neutralità del paese, e qualsiasi modifica a questo statuto richiederebbe un referendum popolare”, ricorda Notizie Geopolitiche. “Presente al Forum Economico di Davos, dove ha chiesto all’occidente di continuare il suo sostegno, Maia Sandu ha affermato che se l’analisi della capacità di difesa della Repubblica di Moldavia porta alla conclusione che è necessaria l’adesione ad un’alleanza, il cambio di neutralità deve essere realizzato attraverso un processo democratico”. Si inizia a pensare esplicitamente a un cambio di passo della posizione del Paese e questo è un grande cambiamento per la Moldavia, ma ad oggi non è possibile alcuno spostamento della posizione del Paese.

La Moldavia non può aderire né alla Nato né all’Unione Europea perché presenta al suo interno questioni legate a dispute territoriali, in questo caso per il secessionismo interno della Transnistria e il conflitto congelato nel 1992 sottoposto a vigilanza internazionale a cui partecipa, ironia della sorte, anche la Russia. A maggio, Inside Over si è recata in Moldavia e ha potuto constatare il fatto che in Transnistria la comunità russofona, quella rumenofona e la minoranza ucraina non vogliano essere investiti dal turbine della guerra. La madre di tutte le battaglie si combatte a Chișinău. Dove Russia e Occidente sono le bandiere con cui si combattono, da un lato, il campo degli aperturisti verso Mosca, guidato dall’ex presidente socialista Igor Dodon, che ha le sue roccaforti nella Gagauzia, e dall’ex premier Ion Chicu guidano il partito della distensione con Mosca, ieri sceso in campo in una grande manifestazione di piazza; e dall’altro gli occidentalisti della Sandu, liberale di centro-destra a lungo membro del Partito d’Azione e di Solidarietà.

C’è sicuramente maretta, di questi tempi, a Chișinău. Da un lato Mosca ha sicuramente subodorato la possibilità di logorare ai fianchi la Sandu e alimentando con propaganda favorevole e azioni di diversione il clima teso nel Paese ha minato il terreno al primo ministro Natalia Gavrilița, dimessasi il 16 febbraio e sostituita da Dorin Recean, ex Ministro dell’Interno e uomo vicino ai servizi di sicurezza. Dall’altro, però, le critiche a Mosca espongono la Moldavia a un’eccessiva acquisizione d’influenza da parte dell’Ucraina sulle sue dinamiche interne. Tanto che già a maggio in Moldavia si poteva constatare l’ipotesi che Chișinău potesse essere trascinata nel conflitto da un “colpo di mano” ucraino, magari rivolto contro la Transnistria.

L’allargamento della guerra alla Moldavia avrebbe conseguenze devastanti per la piccola Repubblica già colpita da crisi energetica, rincari nel costo della vita e tensioni politiche. E non conviene, ad oggi, a nessuno. La Russia ha sicuramente responsabilità nell’aver esercitato pressioni alla Moldavia dopo l’avvicinamento all’Occidente, ma il disastro politico della presidenza Sandu è sotto gli occhi di tutti: a maggio aveva invitato il Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres a Chișinău in occasione del 9 maggio, per il quale aveva vietato la manifestazione del Giorno della Vittoria temendo fosse la base per un “golpe bianco”. La manifestazione si era comunque svolta, pacificamente e senza incidenti. E Sandu non si era fatta viva al fianco di Guterres, che invece da Chișinău aveva inviato un messaggio di distensione. E nelle scorse settimane ha detto che un presunto golpe pro-Russia sarebbe stato in via di realizzazione con l’aiuto di cittadini di Bielorussia, Serbia e Montenegro. Creando, dunque, ulteriori incidenti diplomatici. E fornendo combustibile all’opposizione che in nome della distensione con la Russia ora cavalca guerre di potere interne con la presidenza. Ma ad oggi c’è da scommettere che difficilmente l’opinione pubblica moldava approverebbe un avvicinamento eccessiva all’una e all’altra parte. Nell’aurea mediocritas Chisinau è riuscita finora, tra mille sofferenze, a resistere. E non vuole precipitare nel gorgo bellico.

FONTE: https://it.insideover.com/politica/la-guerra-si-allarga-ecco-cosa-succede-davvero-in-moldavia.html

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

The Guardian – Hacker israeliani hanno influenzato i risultati delle elezioni in decine di paesi

17 02 2023

Secondo quanto rivela il quotidiano The Guardian, un team giornalistico investigativo ha scoperto un gruppo israeliano responsabile della manipolazione di oltre 30 elezioni in tutto il mondo. Gli hacker hanno portato avanti le macchinazioni attraverso attacchi informatici, sabotaggi e bot di disinformazione sui social network.

Una squadra di contractor israeliani che sostiene di aver manipolato più di 30 elezioni in tutto il mondo utilizzando hacking, sabotaggi e disinformazione automatizzata sui social media è stata smascherata da una nuova indagine.

L’unità è gestita da Tal Hanan, un 50enne ex agente delle forze speciali israeliane che ora lavora privatamente con lo pseudonimo di “Jorge” e sembra aver lavorato sottotraccia nelle elezioni di vari Paesi per più di due decenni.

A smascherarlo è un consorzio internazionale di giornalisti. Hanan e la sua unità, che utilizza il nome in codice “Team Jorge”, sono stati smascherati da filmati e documenti sotto copertura trapelati e fatti arrivare al Guardian.

Hanan non ha risposto a domande dettagliate sulle attività e sui metodi del Team Jorge, ma ha detto: “Nego di aver commesso qualsiasi illecito”.

L’indagine rivela dettagli straordinari su come la disinformazione viene utilizzata come un’arma dal Team Jorge, che gestisce un servizio privato che si offre di intromettersi segretamente nelle elezioni senza lasciare traccia. Il gruppo lavora anche per clienti corporate.

Hanan ha detto ai giornalisti in incognito che i suoi servizi, che altri descrivono come “operazioni clandestine”, erano a disposizione di agenzie di intelligence, campagne politiche e aziende private che volevano manipolare segretamente l’opinione pubblica. Ha detto che sono stati utilizzati in Africa, America meridionale e centrale, Stati Uniti ed Europa.

Uno dei servizi principali del Team Jorge è un sofisticato pacchetto software, Advanced Impact Media Solutions, o Aims, che controlla un vasto esercito di migliaia di falsi profili sui social media su Twitter, LinkedIn, Facebook, Telegram, Gmail, Instagram e YouTube. Alcuni avatar sono anche dotati di account Amazon con carte di credito, portafogli bitcoin e account Airbnb.

Il consorzio di giornalisti che ha indagato sul Team Jorge comprende reporter di 30 testate, tra cui Le Monde, Der Spiegel e El País. Il progetto, che fa parte di una più ampia indagine sull’industria della disinformazione, è stato coordinato da Forbidden Stories, un’associazione francese senza scopo di lucro la cui missione è quella di perseguire il lavoro dei reporter assassinati, minacciati o incarcerati.

Il filmato sotto copertura è stato ripreso da tre giornalisti che hanno avvicinato il Team Jorge fingendosi potenziali clienti.

In più di sei ore di incontri registrati segretamente, Hanan e il suo team hanno parlato di come raccogliere informazioni sui rivali, anche utilizzando tecniche di hacking per accedere agli account Gmail e Telegram. Si sono vantati di inserire materiale in fonti di notizie legittime, che vengono poi amplificate dal software di gestione dei bot Aims.

Gran parte della loro strategia sembra ruotare intorno alla distruzione o al sabotaggio delle campagne rivali: il team ha persino affermato di aver inviato un giocattolo sessuale via Amazon a casa di un politico, con l’obiettivo di dare alla moglie la falsa impressione che avesse una relazione.

I metodi e le tecniche descritte dal Team Jorge sollevano nuove sfide per le grandi piattaforme tecnologiche, che per anni hanno lottato per evitare che attori malintenzionati diffondessero falsità o violassero la sicurezza delle loro piattaforme. Le prove dell’esistenza di un mercato privato globale della disinformazione finalizzata alle elezioni faranno suonare un campanello d’allarme anche per le democrazie di tutto il mondo.

Le rivelazioni del Team Jorge potrebbero causare imbarazzo a Israele, che negli ultimi anni ha subito crescenti pressioni diplomatiche per l’esportazione di armi informatiche che minano la democrazia e i diritti umani.

Sembra che Hanan abbia condotto almeno alcune delle sue operazioni di disinformazione attraverso una società israeliana, la Demoman International, registrata su un sito web gestito dal Ministero della Difesa israeliano per promuovere le esportazioni di armi. Il Ministero della Difesa israeliano non ha risposto alle richieste di commento.

Il filmato sotto copertura

Data la loro esperienza nei sotterfugi, è forse sorprendente che Hanan e i suoi colleghi si siano lasciati scoprire da reporter sotto copertura. I giornalisti che utilizzano metodi convenzionali hanno fatto fatica a far luce sull’industria della disinformazione, che si sforza di non farsi scoprire.

Gli incontri filmati di nascosto, che si sono svolti tra il luglio e il dicembre 2022, offrono quindi una rara finestra sui meccanismi della disinformazione su commissione.

Tre giornalisti di Radio France, Haaretz e TheMarker si sono rivolti al Team Jorge fingendo di essere consulenti che lavoravano per conto di un Paese africano politicamente instabile che voleva aiuto per rinviare un’elezione.

Gli incontri con Hanan e i suoi colleghi si sono svolti tramite videochiamate e un incontro di persona nella base del Team Jorge, un ufficio non contrassegnato in un parco industriale a Modi’in, a 20 miglia da Tel Aviv.

Hanan ha descritto il suo team come “laureati di agenzie governative”, con competenze in finanza, social media e campagne, oltre che in “guerra psicologica”, operando da sei uffici in tutto il mondo. Agli incontri hanno partecipato quattro colleghi di Hanan, tra cui il fratello Zohar Hanan, descritto come l’amministratore delegato del gruppo.

Nella sua presentazione iniziale ai potenziali clienti, Hanan ha affermato che: “Ora siamo coinvolti in un’elezione in Africa… Abbiamo un team in Grecia e un team negli Emirati… Seguite gli indizi. [Abbiamo realizzato] 33 campagne a livello presidenziale, 27 delle quali hanno avuto successo”. In seguito, ha dichiarato di essere coinvolto in due “grandi progetti” negli Stati Uniti, ma ha affermato di non impegnarsi direttamente nella politica statunitense.

Non è stato possibile verificare tutte le affermazioni del Team Jorge durante gli incontri sotto copertura, e Hanan potrebbe averle abbellite per assicurarsi un accordo lucrativo con potenziali clienti. Ad esempio, sembra che Hanan abbia gonfiato le sue tariffe quando ha parlato del costo dei suoi servizi.

Il Team Jorge ha detto ai giornalisti che avrebbe accettato pagamenti in diverse valute, comprese le criptovalute come i bitcoin, o in contanti. Ha detto che avrebbe chiesto tra i 6 e i 15 milioni di euro per le interferenze nelle elezioni.

Tuttavia, le e-mail trapelate al Guardian mostrano che Hanan richiede compensi più modesti. Una di queste suggerisce che nel 2015 chiese 160.000 dollari alla società di consulenza britannica Cambridge Analytica, ora defunta, per partecipare a una campagna di otto settimane in un Paese dell’America Latina.

Nel 2017 Hanan ha nuovamente proposto di lavorare per Cambridge Analytica, questa volta in Kenya, ma è stato rifiutato dalla società di consulenza, che ha dichiarato che “400.000-600.000 dollari al mese, e molto di più per la risposta alle crisi” erano più di quanto i suoi clienti avrebbero pagato.

Non ci sono prove che una di queste campagne sia stata portata avanti. Altri documenti trapelati, tuttavia, rivelano che quando il Team Jorge ha lavorato segretamente alla corsa presidenziale nigeriana nel 2015, lo ha fatto insieme a Cambridge Analytica.

Alexander Nix, che era l’amministratore delegato di Cambridge Analytica, ha rifiutato di commentare nei dettagli ma ha aggiunto: “La vostra presunta comprensione è contestata”.

Il Team Jorge ha anche inviato alla società di consulenza politica di Nix un video che mostra una prima iterazione del software di disinformazione sui social media che ora commercializza con il nome di Aims. Hanan ha detto in un’e-mail che lo strumento, che ha permesso agli utenti di creare fino a 5.000 bot per inviare “messaggi di massa” e “propaganda”, è stato utilizzato in 17 elezioni.

“È un sistema di creazione di avatar semi-automatici e di distribuzione in rete sviluppato da noi”, ha detto, aggiungendo che può essere usato in qualsiasi lingua e che viene venduto come servizio, anche se il software può essere acquistato “se il prezzo è giusto”.

Il software di gestione dei bot del Team Jorge sembra essere cresciuto in modo significativo nel 2022, secondo quanto dichiarato da Hanan ai giornalisti sotto copertura. Ha detto che controlla un esercito multinazionale di più di 30.000 avatar, completi di storie digitali che si estendono per anni.

Dimostrando l’interfaccia di Aims, Hanan ha fatto scorrere decine di avatar e ha mostrato come sia possibile creare profili falsi in un istante, utilizzando schede per scegliere la nazionalità e il sesso e abbinando poi le immagini del profilo ai nomi.

“Questo è spagnolo, russo, vedi asiatici, musulmani. Creiamo insieme un candidato”, ha detto ai giornalisti in incognito, prima di scegliere l’immagine di una donna bianca. “Sophia Wilde, mi piace il nome. Britannica. Ha già l’email, la data di nascita, tutto”.

Hanan è stato schivo quando gli è stato chiesto da dove provenissero le foto per i suoi avatar. Tuttavia, il Guardian e i suoi partner hanno scoperto diversi casi in cui le immagini sono state raccolte dagli account dei social media di persone reali. La foto di “Sophia Wilde”, ad esempio, sembra essere stata rubata da un account russo sui social media appartenente a una donna che vive a Leeds.

Il Guardian e i suoi partner hanno monitorato l’attività dei bot legati ad Aims su Internet. Il bot era dietro a false campagne sui social media, per lo più riguardanti controversie commerciali, in circa 20 Paesi, tra cui Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Germania, Svizzera, Messico, Senegal, India ed Emirati Arabi Uniti.

Questa settimana Meta, la società proprietaria di Facebook, ha eliminato i bot collegati ad Aims sulla sua piattaforma dopo che i giornalisti hanno condiviso con l’azienda un campione di account falsi. Martedì scorso, un portavoce di Meta ha collegato i bot di Aims ad altri che nel 2019 erano collegati a un’altra azienda israeliana ormai defunta, bandita dalla piattaforma.

“Quest’ultima attività è un tentativo di ritorno di alcuni degli stessi individui che abbiamo rimosso per aver violato le nostre politiche”, ha dichiarato il portavoce. “L’ultima attività del gruppo sembra essere incentrata sulla gestione di petizioni false su Internet o sulla diffusione di storie inventate nei media tradizionali”.

Oltre ad Aims, Hanan ha parlato ai giornalisti della sua “macchina per blogger”, un sistema automatizzato per la creazione di siti web che i profili dei social media controllati da Aims potrebbero poi utilizzare per diffondere notizie false su Internet. “Dopo aver creato credibilità, cosa fai? Poi puoi manipolare”, ha detto.

“Vi mostrerò quanto è sicuro Telegram”

Non meno allarmanti sono state le dimostrazioni di Hanan sulle capacità di hacking della sua squadra, in cui ha mostrato ai giornalisti come poteva penetrare negli account Telegram e Gmail. In un caso, ha mostrato sullo schermo l’account Gmail di un uomo descritto come “l’assistente di un personaggio importante” nelle elezioni generali in Kenya.

“Oggi, se qualcuno ha un account Gmail, significa che ha molto di più di una semplice e-mail”, ha detto Hanan mentre cliccava tra le e-mail, le cartelle di bozze, i contatti e le unità dell’obiettivo. Ha poi mostrato come ha affermato di essere in grado di accedere agli account di Telegram, un’app di messaggistica crittografata.

Uno degli account Telegram che ha dichiarato di aver violato apparteneva a una persona in Indonesia, mentre gli altri due sembravano appartenere a kenioti coinvolti nelle elezioni generali e vicini all’allora candidato William Ruto, che alla fine ha ottenuto la presidenza.

“So che in alcuni Paesi credono che Telegram sia sicuro. Vi mostrerò quanto è sicuro”, ha detto, prima di mostrare una schermata in cui sembrava scorrere i contatti Telegram di uno stratega keniota che all’epoca lavorava per Ruto.

Hanan ha poi dimostrato come l’accesso a Telegram possa essere manipolato per seminare zizzania.

Digitando le parole “hello how are you dear”, Hanan è sembrato inviare un messaggio dall’account dello stratega keniota a uno dei suoi contatti. “Non sto solo guardando”, si è vantato Hanan, prima di spiegare come la manipolazione dell’app di messaggistica per l’invio di messaggi possa essere usata per creare caos nella campagna elettorale di un rivale.

“Una delle cose più importanti è mettere dei bastoni tra le persone giuste, capite”, ha detto. “E io posso scrivergli cosa penso di sua moglie, o cosa penso del suo ultimo discorso, o posso dirgli che gli ho promesso di essere il mio prossimo capo dello staff, ok?”.

Hanan ha poi mostrato come, una volta letto il messaggio, potesse “cancellarlo” per coprire le sue tracce. Ma quando Hanan ha ripetuto il trucco, entrando nell’account Telegram del secondo consigliere di Ruto, ha commesso un errore.

Dopo aver inviato un innocuo messaggio Telegram composto solo dal numero “11” a uno dei contatti della vittima dell’hacking, non è riuscito a cancellarlo correttamente.

Un giornalista del consorzio è poi riuscito a rintracciare il destinatario del messaggio e gli è stato concesso il permesso di controllare il telefono della persona. Il messaggio “11” era ancora visibile sul loro account Telegram, fornendo la prova che l’infiltrazione del Team Jorge nell’account era autentica.

Hanan ha suggerito ai giornalisti in incognito che alcuni dei suoi metodi di hacking sfruttavano le vulnerabilità del sistema di segnalazione globale delle telecomunicazioni, SS7, che per decenni è stato considerato dagli esperti come un punto debole della rete di telecomunicazioni.

Google, che gestisce il servizio Gmail, ha rifiutato di commentare. Telegram ha dichiarato che “il problema delle vulnerabilità dell’SS7” è ampiamente conosciuto e “non è unico per Telegram”. Hanno aggiunto: “Gli account su qualsiasi social network o app di messaggistica molto popolare possono essere vulnerabili all’hacking o all’impersonificazione, a meno che gli utenti non seguano le raccomandazioni di sicurezza e prendano le giuste precauzioni per mantenere i loro account sicuri”.

Hanan non ha risposto a richieste dettagliate di commento, affermando di aver bisogno dell'”approvazione” di un’autorità non specificata prima di farlo. Tuttavia, ha aggiunto: “Per essere chiaro, nego qualsiasi illecito”.

Zohar Hanan, suo fratello e socio in affari, ha aggiunto: “Ho lavorato tutta la mia vita secondo la legge!”.

(Traduzione de l’AntiDiplomatico)

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-the_guardian__hacker_israeliani_hanno_influenzato_i_risultati_delle_elezioni_in_decine_di_paesi/39602_48790/

 

 

 

ECONOMIA

C’è vita oltre il liberalcapitalismo?

di Roberto PECCHIOLI

C’è vita oltre il liberalcapitalismo? Ce lo chiedevamo passeggiando- dopo anni di assenza- nel quartiere dove siamo cresciuti. Rivedere le cose a distanza di tempo restituisce la prospettiva. Oltre al deserto commerciale, ci ha colpito vedere in uno spazio limitato ben tre grandi strutture sanitarie private. La privatizzazione di tutto avanza a passo di carica: presto non avremo nulla e saremo felici, secondo i padroni universali. Ci toglieranno l’automobile, la casa, il denaro contante e instaureranno l’impero globale neofeudale della Tecnica. Ai servi dovranno bastare i nuovi diritti nella sfera pulsionale per compensare la riduzione a schiavi.

In Italia, il dibattito economico corrente riguarda il cosiddetto Superbonus, le provvidenze fiscali a favore dell’edilizia introdotte dal secondo governo Conte, che Draghi non poté cassare e che il governo Meloni- la cui continuità con il precedente è impressionante – sta abolendo.  Concentrati esclusivamente sul costo per le casse pubbliche – le cifre tanto diverse fornite da sostenitori e detrattori confermano che neppure la matematica è neutra- si dimentica di valutare due elementi fondamentali. Uno è il carattere di moneta del credito d’imposta cedibile: il banchiere centrale di governo ne comprese in un attimo la portata negativa per gli interessi di cui è dirigente apicale. L’altra è l’impatto generale sull’economia, il “moltiplicatore keynesiamo” che è stato positivo, pur se sovrastimato.

Entrambe le questioni sono rilevanti in quanto contraddicono la narrativa economico-finanziaria dominante, il liberismo senza limiti associato al globalismo e alla mistica delle “autorità monetarie” private, le uniche in grado, secondo la vulgata cara alla finanza, di governare i flussi del denaro. Un credito fiscale cedibile è indubbiamente moneta, quindi sovranità, mentre una misura governativa capace di riattivare un comparto decisivo come quello edilizio è intervento pubblico in economia. Cartellino rosso: la dogmatica liberista non può accettare deviazioni tanto pericolose (per lei).

E’ invece felice di constatare che i posti letto negli ospedali pubblici sono diminuiti del quaranta per cento in vent’anni (da 310 mila a 190 mila). Le lobby hanno lavorato bene; chi può si cura nel privato, magari indebitandosi per la gioia del creditore, degli altri nessuno si occupa. Che muoiano, altro obiettivo delle oligarchie. Un docente giapponese ha apertamente teorizzato l’eutanasia per gli ultrasessantacinquenni: una vera tombola per lorsignori. Meno pensioni, meno spesa sanitaria, in più la soluzione perfetta al problema dell’invecchiamento della popolazione. L’uovo di Colombo: bisognava pensarci.

Una riflessione che torna al punto di partenza: manca, nell’Occidente terminale, il pensiero antagonista in ogni ambito, ma il silenzio diventa assordante in campo economico. L’ordoliberismo, ovvero il liberismo che diventa legge entrando nei codici e nelle costituzioni (pensiamo all’imposizione del pareggio di bilancio che parifica gli Stati a società anonime) ha sostituito il vecchio ordoliberalismo convinto che lo Stato dovesse fornire regole giuridiche – quindi limiti- a tutela dell’equità sociale e di un livello minimo di protezione dei ceti deboli.

Eppure il fallimento del sistema uscito dall’implosione sovietica e dalla vittoria del modello neoliberista è sotto gli occhi di tutti. Non si può accettare un’organizzazione economica, finanziaria, sociale e un modello antropologico in cui poche centinaia di persone hanno una ricchezza pari a quella di miliardi di esseri umani. Occorre ripristinare la dimensione pubblica e statuale- indipendentemente dalle forme e dalle dimensioni- sottraendo alla cupola dei monarchi assoluti del mondo il controllo delle nostre vite e, concretamente, la proprietà di tutto.

Non esistono più beni comuni, neppure la vita umana e la salute. Alla proprietà privata di tutti i “mezzi di produzione” – la definizione marxiana – si è aggiunto il possesso delle grandi infrastrutture, autostrade, ferrovie, porti, oleodotti, reti informatiche- sino alla privatizzazione dell’acqua, senza la quale finisce la vita. Padroni anche della tecnica e della tecnologia- mai così potenti e pervasive- monopolisti della ricerca e delle sue applicazioni, possiedono, attraverso le multinazionali del farmaco e delle sementi, le chiavi della salute e dell’alimentazione. Dal punto di vista finanziario, padroni dell’emissione monetaria, l’imbroglio universale del debito pubblico, che è credito privato dei re senza corona, hanno stretto il cappio attorno al collo degli Stati, dei popoli, perfino di chi non è ancora nato, tutti debitori del Signore per il solo fatto di far parte dell’umanità.

Sotto il profilo comportamentale, costringono miliardi di persone alla competizione sfrenata, la “santa” concorrenza della quale loro si disfano distruggendo ogni realtà estranea all’oligopolio globale. La lotta di tutti contro tutti fomenta inimicizia e divisione; conviene sempre agli stessi. Il filosofo Byung Chul Han spiega che siamo arrivati allo stadio ultimo, quello dell’autosfruttamento. E’ la generazione sfortunata degli “imprenditori di se stessi”, precari della vita, del lavoro, sradicati dalla comunità, individualisti all’eccesso. Per questo, conclude sconsolato, è impossibile una rivoluzione. La coazione a produrre, a competere assume esplicitamente le forme dell’autosfruttamento e dell’autodistruzione, in cui sacrifichiamo volontariamente tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta. Le conseguenze devastanti del capitalismo giunto al suo culmine ricordano la freudiana pulsione di morte.

La malattia di massa postmoderna si chiama burnout, la patologia di chi si sente esaurito, inadeguato, diventando apatico, bruciato dentro. E’ una sindrome che preoccupa l’oligarchia in quanto spesso si manifesta nel lavoro, ma è insieme sintomo e conseguenza della disumanizzazione, della mercificazione di tutto, anche di se stessi; un mondo che consuma e insieme si consuma e ci consuma come candele al lumicino. Ci si sente perdenti dell’esistenza in quanto non si è conseguito il successo, la ricchezza, non si è vinto nell’assurda competizione per tutto. L’orribile vittoria del sistema, che impedisce la lotta oppositiva, è far credere che la colpa è nostra, per incapacità o inadeguatezza: un darwinismo sociale in cui vince il peggiore, il più spietato, il più disumano.

Il colpevole è l’attuale sistema socio economico, diventato antropologia negativa. Va attaccato, disvelato, destrutturato, combattuto a partire dai suoi principi economici, sociali, finanziari. Il liberalcapitalismo non è un sistema come gli altri, è una visione totalizzante della vita, un’ideologia della seduzione: il capitalismo dei “like”. Va demistificato ribaltando innanzitutto i suoi postulati economici. Qui sta purtroppo, la nostra debolezza. Che fare?  Nessuno sembra più discutere i fondamenti. Tutti, o quasi, allineati all’imperativo categorico liberista. In Occidente – e in Italia in particolare- nessuna forza politica e nessuna cultura contesta più il dominio dell’oligarchia privata. Silenzio sulla sovranità monetaria regalata alle banche, applausi per ogni perdita di potere degli Stati- cioè dei popoli – indifferenza o rassegnazione per il trasferimento verso l’alto della piramide della ricchezza, del potere, delle decisioni.

Dove sono finite le elaborazioni socialiste e marxiste, la dottrina sociale della Chiesa, le idee di cogestione, partecipazione, autogestione, cooperazione, quella “senza fini di speculazione privata”, di cui all’articolo 45 della costituzione, il corporativismo cristiano e “nazionale”?  Chi rivendica- il Titolo III della Carta, di impianto solidarista, partecipativo e non liberista?

Occorre che intellettuali di diverse discipline- economia, filosofia, sociologia, scienze umane- tornino a ragionare di massimi sistemi, ossia revochino in dubbio i dogmi ordoliberisti proponendo concrete alternative. Non che manchino le voci critiche- specie sul versante della moneta- ma sono più impegnati in conventicole litigiose e contrapposizioni incapacitanti che nella proposta. Inoltre, non trovano sponde accademiche né politiche. Non conosciamo programmi di governo – per quel che valgono, tenuto conto del “pilota automatico” della governance economico-finanziaria transnazionale privatizzata- che si propongano modelli distinti da quello unico, il liberismo globalista del Washington Consensus. Pure, quella stagione sta finendo, travolta dalla realtà e dal declino dell’unipolarismo americano. Nessuno osa progettare qualcosa che vada oltre il breve termine, l’interesse degli stakeholders, gli azionisti e i portatori di grandi interessi decisi a realizzare profitto immediato senza riguardo per il futuro, le ricadute umane, il bene comune.

E’ diventato difficile- tanto è radicato il discorso ufficiale- affermare che non siamo più depositanti nelle banche, ma investitori con tutto il rischio a nostro carico, sino alla condizione di chi è tenuto per legge a ripianare i fallimenti bancari.

La stessa religione del PIL (Prodotto Interno Lordo) andrebbe in parte rivista, giacché il calcolo è una somma aritmetica comprendente perfino i proventi stimati della malavita. Ad esempio, le spese sanitarie private a cui siamo costretti contribuiscono a gonfiare il calcolo, ma non a dare conto della negatività del fenomeno che si limitano a contabilizzare. Paradossalmente, se usciamo di casa per una passeggiata, ai fini del PIL è preferibile che un’auto pirata ci investa: spese ospedaliere, riparazioni, cure mediche, pratiche assicurative. Strano sistema che misura il ben-avere ma non il ben-essere.  Richard Easterlin dimostrò che l’aumento del reddito non ha effetto sulla felicità, che diminuisce descrivendo una curva verso il basso.

Adam Smith diceva che non è la benevolenza dal macellaio a procurare la carne sulla nostra tavola, ma il suo interesse. Vero, ma non si può ridurre la complessità dell’esperienza umana al tornaconto economico. Nella Commedia, Dante fa dire a Ulisse che l’uomo non è un bruto, ma un essere fatto per seguire “virtude e canoscenza”. Quanto alla concorrenza, fior di liberisti ammettono che non può esistere senza un mercato davvero aperto. I giganti impediscono invece l’entrata di nuovi soggetti mentre espellono progressivamente prima i piccoli, poi i medi, infine anche i grandi agenti economici, determinando ferrei oligopoli e monopoli.

L’ appello è alle forze politiche e culturali, esteso a tutti gli uomini di buona volontà, perché tornino a interrogarsi sulla necessità morale, nonché sulla convenienza pratica, di sistemi economici, sociali e finanziari diversi dall’ ”unico” liberista/globalista. Serve recuperare la dimensione umana: l’economia è per l’uomo, non il contrario, è la lotta eterna dell’homo sapiens contro la scarsità. Il primo passo è individuare i settori da sottrarre al monopolio incontrollato del profitto. Difficile stilare un elenco di beni comuni, ma almeno l’acqua, la salute, le grandi infrastrutture, le reti di comunicazione elettronica e informatica, l’emissione monetaria, devono essere al riparo dalla speculazione. Meglio se sono gestite da strutture che rispondono ai cittadini. In altri ambiti, come la previdenza, deve restare prevalente la mano pubblica: non si può lasciare il denaro dei lavoratori nelle mani dei fondi speculativi, per quante normative possano circoscriverne il campo d’azione.

L’elenco è complesso, e potrebbe comprendere settori economici, servizi e infrastrutture la cui importanza va oltre gli interessi dei governi in carica e delle generazioni presenti, riguardando interessi di lungo periodo che hanno bisogno della decisione politica e richiedono investimenti a debito sostenuti da istituzioni pubbliche sovrane.

Si può e si deve dibattere su tutto, senza preconcetti e senza pregiudizi. Progetto significa speranza, futuro, concretezza. Basta con l’acronimo della menzogna: TINA, there is no alternative. A tutto c’è alternativa, fuorché alla morte; dimostriamo che c’è vita oltre il liberalcapitalismo, presto, subito, o l’operazione di riduzione dell’umanità a gregge neofeudale si compirà con conseguenze che andranno oltre le generazioni oggi viventi. Non possiamo ipotecare la vita dei posteri. Difficile programma in tempi di individualismo, di dittatura del presente. Che cosa hanno fatto per me i posteri? Si chiedeva Marx. Groucho, l’attore, non Karl, il comunista…

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/ce-vita-oltre-il-liberalcapitalismo/

Dati Sole 24 Ore sulla PA confermano chi è il vero protagonista del declino in Italia

La settimana scorsa scrissi un post a proposito del fatto che vi erano fortissimi ritardi sul rilascio dei passaporti, dovuti sia ad una forte richiesta sia a mancanza di personale nelle Questure (negli uffici, non nella Celere…), come affermò lo stesso Ministro della Pa.

Ora Il sole 24 Ore snocciola i dati: spesa reale nella Pubblica Amministrazione in Italia -14.9, media Ue +12, con Francia +9, Germania +13,4, Spagna +27.

Ci sono enormi problemi all’attivazione del PNNR sia per carenza di personale sia perché, con il governo Draghi – non nomino il ministro della PA per carità di patria – si decise di assumere professionisti, ingegneri e architetti a tempo determinato, non avendo appeal presso queste categorie, bloccate anche da salari bassi.

Quel ministro che non nomino nel 2009 attuò il blocco del turn over e il blocco degli stipendi nella PA. Andando avanti, fino al 2018, si tagliarono i buoni pasto da 10 a 7 euro, gli indicatori di performance furono ancora più rigidi, avendo come effetto, assieme a carenza di personale, un’intensificazione dei ritmi di lavoro, la rincorsa agli obiettivi senza considerare la qualità dell’azione amministrativa e, in definitiva, il collasso della PA.

Le conseguenze per il Sistema Paese erano e sono enormi, con Sanità e Istruzione, in primis, che non offrono più i servizi di pochi decenni fa.

Furono l’Unione Europea e la Bce, nel 2011, con la famosa lettera a firma di Draghi e Trichet, a dire che bisognava attaccare, assieme alla deflazione salariale e alle pensioni, la PA, per renderla “più efficiente”.

Si è visto…

La PA non può e non deve essere misurata in termini di “produttività”, tra l’altro in un contesto di plusvalore assoluto e non relativo, ma in termini di offerta di servizi alla collettività, la quale, nel riceverli sia sotto forma di servizi “sociali” – legati cioè al salario sociale globale di classe – sia sotto forma di servizi agli operatori economici, sono protagonisti della produttività totale dei fattori produttivi.

I paesi più moderni hanno un’altissima incidenza di lavoratori pubblici. Nella stessa Cina è così.

Trichet e Draghi disconoscevano questi fattori e i media li incensarono. Vennero “ministri” che seguirono le direttive. Ora siamo al disastro. Complimenti a tutti.

Se tu formi le giovani generazioni, in tutti i campi del sapere, in maniera eccellente, incidi sulla produttività totale dei fattori produttivi futura.

Se tu assumi 10 mila ispettori del lavoro, tu incidi nel passaggio dei settori industriali dal plusvalore assoluto al plusvalore relativo, aumentandone rapidamente la produttività per addetto.

Se tu garantisci prestazioni sanitarie all’altezza, tu incidi sulla salute pubblica e dunque sulla produttività totale dei fattori produttivi (meno giorni di malattia, meno malattie croniche, ecc).

Nel far questo hai bisogno di tanta gente, remunerata bene, ben formata, preparata e ciò è un “costo”. Ma è un costo che ha benefici enormi sulla produttività totale dei fattori produttivi. Spendi 100 per avere un multiplo di 100… E’ un investimento, insomma.

Draghi ha lavorato sin dal 1992, con la distruzione dell’industria pubblica, a favorire il passaggio dal plusvalore relativo – che era presente nella Prima Repubblica – al plusvalore assoluto. Un processo imitato, negli anni successivi, dalla stessa Germania.

Draghi è stato insomma protagonista – forse senza volerlo, forse per ignoranza, o chissà – del declino del Paese.

Complimenti…

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PER APPROFONDIRE LEGGI DI PASQUALE CICALESE: PIANO CONTRO MERCATO 

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-dati_sole_24_ore_sulla_pa_confermano_chi__il_vero_protagonista_del_declino_in_italia/29785_48705/

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

LA DITTATURA MONDIALE DELLA FINANZA: BLACKROCK, VANGUARD E STATE STREET

 

Blackrock, Vanguard e State Street, sono i nomi delle tre società americane che negli ultimi venti anni hanno assunto un ruolo sempre più rilevante nello scenario economico mondiale. Attualmente gestiscono complessivamente un patrimonio stimato di 16 trilioni di dollari e secondo le previsioni di alcuni analisti potrebbe arrivare a 20 nel 2030 e 30 nel 2040 (https://financialpost.com/investing/a-20-trillion-blackrock-vanguard-duopoly-is-investings-future). Questi 3 fondi di investimento hanno raccolto il denaro di piccoli e grandi investitori e nel corso del tempo sono riusciti ad accaparrarsi grandi quote azionarie di tantissime aziende, permettendogli di avere gran voce in capitolo sui processi decisionali aziendali. La triade possiede investimenti in tutti i paesi del mondo ed ha le mani in pasta in ogni settore (https://nitter.net/pic/orig/media%2FFSMs9dqXsAEYhaF.jpg): farmaceutico, finanziario, bellico, elettronico, energetico, informazione.

 

1) I LEGAMI DI BLACKROCK CON I DEMOCRATICI AMERICANI

Nel 2008 il fondatore di Blackrock Larry Fink (https://en.wikipedia.org/wiki/Larry_Fink), da sempre fiero sostenitore del partito democratico, viene ingaggiato da Barack Obama per aiutare a risistemare l’economia tramite l’acquisto di numerosi titoli illiquidi e svalutati durante la crisi finanziaria. Tutto ciò gli permetterà di coltivare i rapporti con numerosi membri dem dell’amministrazione Obama e molti, successivamente, saranno persino assunti nella sua azienda. Durante le elezioni presidenziali del 2016 Fink figura come primo candidato (https://theintercept.com/2016/03/02/larry-fink-and-his-blackrock-team-poised-to-take-over-hillary-clintons-treasury-department/ ) per la carica di segretario al tesoro per Hillary Clinton, ma nonostante la sconfitta a seguito della vittoria di Donald Trump sarà proprio quest’ultimo a richiamare (https://www.bloomberg.com/news/articles/2020-04-17/blackrock-takes-center-stage-with-trump-seeking-to-calm-markets#xj4y7vzkg ) Fink durante la finta pandemia per svolgere le stesse identiche mansioni fatte 8 anni prima.

 

2) LA SVOLTA GRETINA E GENDER

Tramite la sua annuale lettera ai CEO (https://www.minterellison.com/articles/blackrock-annual-letter-to-ceos-2018 ), Fink nel 2018 annunciava per la prima volta la svolta ambientalista e inclusiva di Blackrock e invitava gli amministratori delegati delle sue filiali a promuovere un ambiente di lavoro che fosse il più possibile attento ai cambiamenti climatici (https://t.me/dereinzigeitalia/445 ) e all’inclusione delle minoranze, tra cui la comunità LGBT (https://t.me/dereinzigeitalia/400 ). Con questo cambio di rotta l’azienda si allinea totalmente agli ideali del “capitalismo degli stakeholder (https://www.project-syndicate.org/commentary/stakeholder-capitalism-new-metrics-by-klaus-schwab-2019-11/italian?barrier=accesspaylog)” (o capitalismo socialista) formulato da Klaus Schwab. Non basta più il fatturato, le aziende devono pure contribuire al “bene comune (https://t.me/dereinzigeitalia/113 )”.

 

3) GUERRA IN UCRAINA, OCCASIONE PER ABOLIRE IL CONTANTE

Poco dopo lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, il CEO di Blackrock afferma che “la guerra spingerà i paesi a rivalutare le loro dipendenze valutarie (https://www.blackrock.com/corporate/investor-relations/larry-fink-chairmans-letter)” e permetterà di accelerare ulteriormente l’adozione di valute digitali e l’abbandono del contante (https://t.me/dereinzigeitalia/208 ). Sappiamo che gli stati stanno sviluppando in fretta e furia le CBDC (central bank digital currency (https://www.pagamentidigitali.it/blockchain-dlt/central-bank-digital-currency-cose-e-come-funziona-la-cbdc/)) da somministrare con forza ai cittadini usando la retorica della lotta all’evasione. Mentre alcuni dibattono sui gravi problemi di privacy (https://t.me/dereinzigeitalia/181 ) che questi strumenti possono procurare, altri premono sull’acceleratore e propongono addirittura il pacchetto unico: valuta digitale associata alla propria identità personale. È quello che ha detto (https://reclaimthenet.org/imf-cndcs-tied-digital-ids-push-society/) Cecilia Skingsley, una responsabile della banca dei regolamenti internazionali, durante uno degli incontri del fondo monetario internazionale.

 

4) CONCLUSIONI

Poiché tutti e tre i conglomerati hanno accordi personali tra di loro, tramite strategie coordinate di voto centralizzato possono influenzare tutto ciò che gli gravita intorno e contribuire a decidere verso quale direzione deve andare la società, ossia il globalismo digitale socialista portato avanti dall’agenda del World Economic Forum (https://www.weforum.org/ ). Una volta introdotto il denaro digitale programmabile come e quando lo si potrà spendere dipenderà dal punteggio del proprio credito sociale. Nuovi eventi “catastrofici” come altre finte pandemie (https://t.me/dereinzigeitalia/527 ) o allarmismo climatico (https://t.me/dereinzigeitalia/502 ) verranno creati a tavolino affinché i grandi fondi continuino le loro attività di speculazione finanziaria. E se qualche persona finisce sul lastrico o muore, che gliene importa? L’importante è “seguire i soldi”, dovunque essi vanno.

 

FONTE: https://t.me/dereinzigeitalia/529

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

Cassazione: niente assegno all’ex che non lavora dopo il matrimonio senza motivo

Annamaria Villafrate | 15 feb 2023
L’assegno divorzile deve essere riconosciuto e commisurato sia ai criteri stabiliti dalla legge sul divorzio che a quelli sanciti dalle SU nel 2018, tra questi c’è anche la rinuncia motivata alla carriera dell’ex moglie

Assegno di divorzio e rinuncia al lavoro dopo il matrimonio

Con l’ordinanza n. 4200/2023 (sotto allegata) la Cassazione accoglie il ricorso di un marito a carico del quale la Corte di appello aveva posto l’obbligo di corrispondere alla ex moglie un assegno divorzile di 900 euro senza indagare le ragioni per le quali la donna, operatrice sanitaria, dopo il matrimonio, aveva deciso di non lavorare. Vediamo perché.

In sede di appello viene riconosciuto a una ex moglie il diritto all’assegno di divorzio di Euro 900,00.

Nel ricorrere in Cassazione il marito contesta alla Corte di Appello:

 

  • di non aver indagato sulle ragioni per le quali la ex moglie aveva deciso di non lavorare dopo il matrimonio;
  • di non avere motivato la fissazione dell’importo dell’assegno in 900 euro mensili;
  • di non aver tenuto conto, nella quantificazione della misura, della durata del matrimonio, della qualifica della donna come operatrice sanitaria e della disponibilità, da parte della stessa, di un’abitazione dei genitori.

La Cassazione accoglie il ricorso esaminando congiuntamente tutti i motivi, rilevando come in effetti la cifra dell’assegno di divorzio sia stata determinata senza rispettare gli indici di valutazione imposti dalla legge sul divorzio e dalla Cassazione nella SU n. 18287/2018.

L’importo è stato riconosciuto senza tenere conto della rispettiva situazione economica e reddituale delle parti, della durata del matrimonio, delle potenzialità reddituali della moglie correlate sia alla sua qualifica professionale che alla sua disponibilità immobiliare. La quantificazione dell’assegno divorzile appare pertanto priva di argomentazioni sufficienti al suo riconoscimento.

Leggi anche Assegno di divorzio

Scarica pdf Cassazione n. 4200/2023

FONTE: https://www.studiocataldi.it/articoli/45529-cassazione-niente-assegno-all-ex-che-non-lavora-dopo-il-matrimonio-senza-motivo.asp

Bollo auto: che succede se non si paga?

Annamaria Villafrate | 19 feb 2023
Il mancato pagamento del bollo auto, tassa automobilistica gestita da Regioni e province autonome, comporta l’applicazione di sanzioni e interessi, che però grazie alla rottamazione quater della legge di bilancio 2023, non sono dovuti

Perché si paga il bollo auto

Il pagamento del bollo auto va effettuato da tutti coloro che, in base al P.R.A, risultano possessori di un’auto. Il pagamento del bollo è inoltre a carico di chi stipula un contratto di noleggio a lungo termine.

Trattasi di tributo regionale o delle province autonome che va pagato una volta all’anno, anche se i mezzi non sono circolanti (rileva, infatti, ai fini del tributo, il possesso del mezzo, indipendentemente dal suo utilizzo).

Vediamo, dunque, che succede se non si ottempera al pagamento del bollo alla scadenza.

Ravvedimento operoso per chi paga il bollo auto in ritardo

Chi si dimentica di pagare il bollo alla scadenza o chi, per una momentanea difficoltà economica non riesce a far fronte al pagamento del bollo, può rimediare grazie al ravvedimento operoso, che è molto conveniente se il pagamento viene regolarizzato entro 15 giorni dalla scadenza, meno vantaggioso se effettuato entro il 30° e il 90° giorno dal termine di pagamento.

Chi paga entro il primo termine breve di 14 giorni l’aumento della sanzione è minimo, ossia dello 0,1%. Chi invece se la prende più comoda e decide di pagare decorsi due anni dalla scadenza, si ritrova un aumento del 30% dell’importo della sanzione.

Sanzioni e interessi di mora

I pagamenti effettuati dopo il termine di scadenza comportano infatti, come visto, l’applicazione di sanzioni e interessi di mora che, se restano impagati per un intero anno dopo il termine ultimo di pagamento, danno diritto alla Regione titolare del tributo di inviare al contribuente un avviso bonario, invitandolo al pagamento il prima possibile, per non incorrere in sanzioni.

Cartella e fermo amministrativo

Se poi, anche dopo questo avviso, il contribuente non riesce ancora a pagare il bollo, il tributo viene iscritto a ruolo e la cartella di pagamento affidata a un agente di riscossione.

In questo caso però l’importo da pagare, non viene solo maggiorato da una sanzione elevata e interessi di mora, ma decorsi i 60 giorni di tempo concessi per estinguere il proprio debito, possono essere attivate procedure cautelari ed esecutive (es: fermo amministrativo), per recuperare quanto dovuto dal contribuente.

Prescrizione bollo auto

Il termine di prescrizione del bollo auto è di tre anni. Ciò significa che, se l’ente impositore, non provvede a notificare un atto idoneo a interrompere la prescrizione (sollecito di pagamento, notifica cartella, intimazione agente esattoriale) decorsi tre anni non potrà più pretendere alcunché dal trasgressore.
Attenzione però all’azione per far valere la prescrizione, perché se si riceve la notifica dell’avviso di accertamento relativa a un bollo caduto in prescrizione, si hanno 60 giorni di tempo, che decorrono dalla notifica, per ricorrere all’autorità giudiziaria tributaria competente.

Rottamazione quater e bollo auto

La rottamazione quater prevista dalla legge di bilancio 2023 riguarda anche il bollo auto. Non rileva che la tassa sia gestita dalle Regioni e dalle province autonome, come sottolineato anche dalla Corte Costituzionale, la tassa automobilistica ha infatti natura erariale.
Per aderire alla sanatoria, che consente di pagare l’importo del bollo senza addebito di interessi di mora e sanzioni è necessario aderire entro il 30 aprile 2023 proponendo dal sito dell’Agenzia delle Entrate, domanda online in modalità riservata (accedendo con lo Spid, la CIE o la Carta dei Servizi) o pubblica, compilando il form previsto.
Attenzione però, perché la legge di bilancio prevede anche l’annullamento automatico al 31 marzo 2023, senza che il contribuente debba fare domanda, dei ruoli esattoriali che sono stati affidati dallo 01/01/2000 al 31/12/2015 se di importo residuo non superiore ai 1000 euro.

Vai alla guida Il bollo auto

FONTE: https://www.studiocataldi.it/articoli/29345-bollo-auto-che-succede-se-non-si-paga.asp

 

 

 

IL REATO DI GANG STALKING AD OGGI NON CONTEMPLATO NEL CODICE PENALE ITALIANO

Pubblichiamo il testo che segue perché in Italia ci sono più di otto milioni di cittadini a “povertà irreversibile” per motivi bancari, fiscali, amministrativi, giudiziari e burocratici: sono caduti in questa situazione a causa dello stalking subito da enti pubblici e privati, da tribunali e cosche interne agli apparati burocratici.

a cura della dott.ssa Marilena Favale

Il Gang Stalking è una tortura e come tale offende l’umanità e Dio.
Elenco dei diritti umani negati alle vittime di gang stalking
(Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo)
Negato il diritto alla libertà in quanto questa pratica condiziona pesantamente tutte le scelte quotidiane e spesso prevede la coercizione del bersaglio nell’eseguire determinate azioni o ad assumere atteggiamenti da lui non liberamente scelti. Cfr: art 1, 2, 3, 4,5. (Dichiarazione Universale dei Diritti Dell’Uoomo).
Negato il diritto alla vita relazionale e sociale, in quanto il tipo di stress a cui è sottoposto l’individuo bersaglio lo sfiducia fortemente in questa direzione ed è mirato ad ottenere il suo isolamento. Art 16, 20, 12.
Negato il diritto alla salute e alla sicurezza sociale: lo stress prodotto dal Gang Stalking è una vera arma “psicologica” che priva il soggetto, prima della sua salute psichica e poi di quella fisica; il fatto che non esistano leggi che regolino il fenomeno rende chiunque espsoto a questo rischio, è dunque anche un problema di sicurezza sociale. Art 22, 28, 5.

STALKING DI GRUPPO O ORGANIZZATO IN GANG

Il Gang Stalking è un azione persecutoria organizzata ai danni di un “Individuo Bersaglio” o “Target Individual” che si perpetra attraverso un insieme di atti ostili non singolarmente imputabili come reati o violenze esplicite ma che nell’insieme risultano essere pesantemente lesive per salute psichica e fisica della vittima.
L’azione vessatoria produce stress che, protratto, induce al disturbo da disadattamento (DDS), il quale può provocare, asocialità, aggressività, misantropia, crisi di panico, attacchi d’ansia, insonnia, comportamenti ossessivocompulsivi, e nei casi più gravi indurre al suicidio o all’omicidio. Lo stress prodotto dall’azione vessatoria induce inoltre la sindrome del disturbo post
traumatico da stress nelle sue diverse forme, depressiva e ansiosa (DPTS), cfr Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali. Gli obiettvi che esso si prefigge sono il condizionamento degli individui, il loro controllo, “programmazione” o eliminazione attraverso l’induzione alla paranoia (follia) o al suicidio. Il Gang Stalking ha molte somiglianze con il Mobbing con la
differenza che quest’ultimo viene praticato sul posto di lavoro mentre il secondo abbraccia ogni momento della vita del perseguitato. Il Gang Stalking è praticato e coordinato da “organizzazioni canaglia” che operano secondo criteri del tutto
arbitrari, per perseguire le motivazioni suddette. Questi gruppi si possono attivare per divertimento, fanatismo religioso o settario, persecuzione di genere, di razza, appartenenza politica, ecc. Probabilmente anche la pratica del malocchio e della magia nera si servono di questi mezzi per ottenere efficacia sulle loro vittime.
I gruppi di stalkers operano a più livelli con diversi gradi di consapevolezza degli obbiettivi del nucleo di comando, così come avviene per diverse organizzazioni terroristiche o segrete. Le origini di questo tipo di vessazione organizzata deve essere individuata nelle ricerche compiute su cavie umane dai
servizi di Intelligence di diversi stati, tra cui USA, ex URSS, Germania Est, ecc. Al fine di individuare un metodo efficace e discreto per ottenere agenti segreti
disposti a tutto, eliminare dissidenti o persone che rappresentavano una minaccia all’elite di potere di turno. Tristemente celebri sono le operazioni dell’organizzazione governativa Cointelpro, Red Squad (USA), o della STASI (Germania Est) per le quali venivano reclutati cittadini di ogni strato sociale, la maggioranza di questi erano tenuti all’oscuro dei veri obbiettivi e convinti di essere paladini della giustizia o eroici agenti segreti, il loro scopo era quello di
fornire informazioni sul bersaglio o segnalarne dei possibili. Operazioni simili sono state segnalate in tutto il mondo. Uno dei casi più documentati può essere individuato nel programma del progetto MK ULTRA, segreto e poi divulgato dal coraggioso presidente Clinton, in esso erano previsti esperimenti (a volte vere atrocità) volti a scoprire metodi per il controllo ed il condizionamento degli essere umani. E’noto, inoltre, che tecniche di controllo mentale e lavaggio del cervello sono state utilizzate da diverse sette e organizzazioni terroristiche. Il Target Individual, accortosi della tortura a cui è sottoposto, si trova a vivere un
vero e proprio incubo. Cerca di scoprire le motivazioni di quello che gli sta succedendo senza poterne venire a capo, vorrebbe parlarne ma sa che nessuno gli crederebbe. La sua mente si sforza inutilmente di trovare delle soluzioni ma senza successo. Paranoia, raptus omicidi/suicidi sono i terribili effetti che possono conseguire.
Vi sono diverse tipologie di Target: 1) Bersaglio di allenamento: viene scelto e usato per impratichire il gruppo di Gang Stalking. 2) Bersaglio nemico: una persona considerato dal gruppo di stalking come una minaccia; 3) bersaglio commissionato: il gruppo è ingaggiato da terzi. I metodi attraverso cui viene perpetrato il programma di persecuzione organizzata sono:
• Reclutamento del gruppo di Gang Stalker. Pregiudicati, volontari, civili, familiari, seguaci di leader carismatici a capo di movimenti o sette. La leva usata è il ricatto, il denaro, la promessa di ricompense di altro tipo, la paura, che questo tipo di gruppi incutono. In genere non sanno quali siano i veri obbiettivi dell’azione vessatoria, che, come già detto, sono ben chiari solo all’elite che programma la tortura. Gli stalker si limitano a fornire informazioni o a eseguire piccoli ordini.
• Sabotaggio: nei casi più gravi il gruppo di Gang Stalking arriva a
manomettere l’abitazione, i veicoli e l’attrezzatura usata dal bersaglio per stressarlo in ogni momento della sua vita.
• Privazione del sonno: diversi espedienti vengono utilizzati per privare il bersaglio del sonno. Con dirette conseguenze sul suo equilibrio psicofisico.
• Campagna del rumore: il bersaglio è sottoposto a un forte stress uditivo, attraverso allarmi che suonano continuamente, lavori, clacson, tubature sabotate, cani, ecc. Per aumentare il livello di stress.
• Falsa speranza: a volte si illude il bersaglio che la vessazione sia cessata
solo per frustrare le sue speranze, fino a quando questi non nutrirà più nessuna aspettativa di salvezza.
• Distruzione della vita affettiva: gli stalkers si adoperano per disintegrare la vita affettiva della loro vittima, se il bersaglio ha un partner o amici si elaborano delle strategie per farli allontanare. Se il bersaglio è single lo si illude di aver trovato una persona che lo ama ma si tratta solo di inganno utile a ferirlo ulteriormente.
• Privazioni di mezzi e risorse: per rendere più facile l’organizzazione delle operazini vessatorie si limitano le possibilità di spostamento del bersaglio. Molti vengono ridotti a senza fissa dimora.
• Distruzione dell’autostima: il bersaglio è di continuo colpito con messaggi che lo conducono alla disistima di se stesso.
• Sensi di colpa: il bersaglio viene indotto a pensare che le violenze subite siano giustificate, questo matura in esso un senso di colpa che lo favorisce nelle scelte autolesioniste e riduce la sua capacità di resistenza alle azioni vessatorie.
• Diffusione di calunnie o di fatti intimi e personali del bersaglio presso il vicinato e il posto di lavoro questo sia per favorire la partecipazione alle vessazioni di altri stalkers che per distruggere la reputazione.
• Ricatto da tortura: Quando lo stress è al culmine gli Stalkers possono suggerire al bersaglio un’azione da compiere che verrà interpretata da questi come l’unica via d’uscita per smettere di soffrire. Potrebbe essere chiesta qualsiasi cosa. Si comincia da cose semplici senza sapere dove si possa andare a finire.
• Giocare a pallone: diversi gruppi di stalker possono operare per
motivazioni diverse sullo stesso bersaglio in modo da confondere le
eventuali indagini o tentativi di ricostruzioni. Esempio: un gruppo si
preoccupa di spingere la vittima a fare una determinata azione sotto la leva delle vessazioni al lavoro, mentre un altro, nel vicinato, fa lo stesso per un altra motivazione. Lo scopo unico è aumentare sempre più lo stress del bersaglio.
• Gaslighting: Il gaslighting è un’espressione di violenza psicologica dagli effetti devastanti. Essa prende il nome da un celebre film del 1944 (Gaslight, di Georg Cukor) in cui questa forma di crudeltà è illustrata molto bene. Il manipolatore fa credere alla vittima di percepire la realtà in maniera deformata cominciando con il regolare le lampade a gas in maniera sempre diversa e contraddicendo la reazione e i giudizi della vittima. Il Gaslighter è colui che manipola la mente della sua vittima. La violenza viene messa in atto inducendo la vittima a dubitare fortemente dei suoi giudizi e, in genere, sulla sua percezione della realtà, così da portarlo gradualmente a credere di non avere un’ idea affidabile e oggettiva di ciò che lo circonda, questo comincerà pian piano a credere di stare impazzendo. Una forma particolare di gaslighting è il ghosting che consiste nello spostare oggetti nella camera del bersaglio o fargli scoprire altri segni incomprensibili, facendo credere al bersaglio di stare impazzendo, in questi casi è necessaria la collaborazioni di stalkers molto vicini al bersaglio, collaboratori a lavoro, amici o parenti.
• Adescamento: vengono organizzate situazioni in cui il bersaglio viene spinto a compiere azioni contro la morale o la legge per poi
colpevolizzarlo, farlo arrestare, licenziare o espellere da organizzazioni di cui lui può fare parte. Ad esempio gli si potrebbe far mancare lo stipendio e poi metterlo difronte alla tentazione di rubare.
• Depistamento: indurre la vittima a pensare che il mandante sia una determinata persona o gruppo in modo da depistare le sue indagini e portarlo a pensare che sia tutto frutto di un pensiero delirante.
• Induzione all’odio discriminante: dopo che il bersaglio è stato richiamato alla sua situazione di sofferenza attraverso uno stimolo a cui è stato sensibilizzato, gli si presenta una situazione dove un anziano, bambino,
persona di altra razza ed in genere, un soggetto che può essere vittima di discriminazione, viene associato al tormento che sta vivendo, in modo che questi viene spinto ad un odio ingiustificato verso la particolare categoria scelta dagli stalker. Questo al fine di sviluppare nella vittima una sociopatia, aumentare ilsuo isolamento, e confondere ulteriormente le sue idee.
• Manipolazione affettiva: 1) viene scelto uno stalker che possa risultare attraente per la vittima, il target può essere preso dall’eccitazione indotta dalla produzione di adrenalina 2) La vittima viene fatta sentire amata e benvoluta questo porta alla Produzione di Dopamina che suscita gratificazione e appagamento segue l’Ossitocina che amplifica il senso di affettuosità, attaccamento e protezione. 3) A questo punto subentra l’Innamoramento e la passione che inducendo la produzione di Adrenalina e Fenitellammina porta il target ad un senso di esaltazione e irrazionalità ottimistica, tutto appare meraviglioso, con un conseguente distacco dalla realtà. 4) L’innamoramento è un’emozione che crea dipendenza dalla persona amata la quale, se non presente, conduce presto alla depressione, rabbia, sbalzi di umore, ecc. A questo punto lo Stalker ha in pugno la vittima, che solo la consapevolezza può salvare, la difficoltà nascerà dal fatto che la vittima innamorata farà di tutto per giustificare il comportamento dello stalker.
• L’aggancio è un’amicizia fasulla che viene instaurata con il target al fine di procurarsi tutte le informazioni possibili e manipolarlo, dopo averne conquistato la fiducia, questi la userà per sostenere gli obiettivi degli stalkers.
• Comunicazione criptata e non verbale.
Molti sono i messaggi trasmessi attraverso simboli, gesti, sguardi, che gli Stalker si scambiano fra di loro per coordinarsi.

FONTE: https://www.lapekoranera.it/2023/02/20/il-reato-di-gang-stalking-ad-oggi-non-contemplato-nel-codice-penale-italiano/

 

 

 

LA LINGUA SALVATA

Anche l’italiano come seconda lingua nei concorsi in Europa

Annamaria Villafrate | 18 feb 2023
Non solo inglese, francese e tedesco. Tale limitazione, per la Corte UE, è discriminatoria se non sono richieste per motivi di servizio

Discriminatorio limitare la seconda lingua a inglese, francese e tedesco

Con la sentenza del 16 febbraio 2023 (sotto allegata) la Corte UE, rigettando il ricorso della Commissione UE, conferma l’illegittimità di due bandi di concorso dell’Ufficio Europeo per la selezione del personale (EPSO) perché questi limitavano la scelta della seconda lingua ai soli francese, inglese e tedesco. Non è una valida ragione limitare le lingue per la necessità di dover disporre di personale immediatamente operativo dopo la vincita del concorso. Trattasi di una disparità di trattamento non giustificabile.

Ad adire la Corte UE è la Commissione Europea per chiedere l’annullamento della sentenza con cui il Tribunale dell’UE ha annullato due bandi di concorso per la formazione degli elenchi di riserva degli amministratori audit.

Lo Statuto dei funzionari UE vieta discriminazioni fondate sulla lingua, il bando di concorso pubblicato sulla Gu il 12 maggio 2016 prevedeva però, tra le condizioni di ammissione, la conoscenza di una seconda lingua solo tra francese tedesco e inglese.

Da qui la decisione del Tribunale UE di annullare il concorso in quanto lo stesso limita la scelta delle lingue di comunicazione tra i candidati e l’EPSO (European Personnel Selection Office) alle sole francese, inglese e tedesco.

La decisione viene impugnata dalla Commissione Europea la quale precisa che la scelta delle lingue indicate nel bando era giustificata dalla necessità di avere un personale di nuova assunzione immediatamente operativo.

Motivo di doglianza che non convince la Corte UE, che al termine di una sentenza di 37 pagine, respinge l’impugnazione della Commissione Europea precisando, per quanto riguarda la conoscenza delle lingue, che il Tribunale non ha snaturato i dati prodotti dalla Commissione UE. Lo stesso ha constatato, al punto 187 della sentenza emanata, che i dati non sono in grado di giustificare la limitazione delle lingue al fine di disporre di vincitori del concorso operativi nell’immediato.

Scarica pdf Corte Giustizia UE 16 febbraio 2023

FONTE: https://www.studiocataldi.it/articoli/45545-anche-l-italiano-come-seconda-lingua-nei-concorsi-in-europa.asp

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Censura, sorveglianza di massa e insetti: il World Economic Forum contro il mondo libero

 

 

La farsa degli accordi di Tripoli

06 Febbraio 2023

di Antonio Pertuso 

 

Nel panorama scontato e privo di riflessioni dell’informazione italiana sulla visita del Presidente del Consiglio Meloni in Libia due articoli, entrambi apparsi su “L’Antidiplomatico” hanno fornito un minimo di salutare controcanto:

 

Poiché la questione delle forniture energetiche dalla Libia è un tema di vitale importanza per l’Italia è bene rimanere in argomento e correggere per primo alcune imprecisioni ed errori.

Gli otto miliardi del titolo di Severgnini non sono fondi che vanno (anzi, andrebbero) alle milizie ma investimenti in impiantistica per lo sviluppo di un giacimento marino di gas.

In realtà, come vedremo in seguito, questi fondi non si materializzeranno mai, perché gli accordi firmati a Tripoli sotto gli occhi della Meloni non sono che una farsa, una commedia degli inganni dove ciascuno sa di mentire, per la sua parte, e che gli altri pure mentono, ma non sa bene in che cosa mentano.

Per il resto l’indignazione di Severgnini è davvero legittima, lo schiavismo migratorio ha una causa politica ma conviene approfondire meglio anche le dinamiche economiche.

Per inquadrare la situazione, è bene chiarire con chi l’ENI ha firmato gli accordi, il governo di Abdelhamid Dabaiba. L’esecutivo che risiede a Tripoli ha, sì, la “benedizione” dell’ONU, e perciò la “legittimità” internazionale.  In sostanza, però ha l’appoggio più che altro di USA, Turchia, e Qatar, oltre che della Fratellanza Mussulmana, con poi al rimorchio, come di consueto e per quel che ancora contano, di EU e dei franco-inglesi. Viceversa non ha la fiducia del popolo libico, non controlla che un fazzoletto del paese, solo il 20%, circa, e non controlla i giacimenti terrestri di idrocarburi.

Per contro, il governo di Fathi Bashagha, quello con sede a Bengasi, ha avuto la fiducia di un parlamento regolarmente eletto dai libici, ha dalla sua il sostegno dell’esercito regolare libico, controlla la gran parte del territorio ed ha il controllo dei pozzi. Gode, invece, di minori appoggi internazionali: quello dell’Egitto, soprattutto, della Russia, che in Libia non ha tuttavia un ruolo determinante, e della Lega Araba.

Il governo di Dabaiba non dispone di un vero esercito regolare e deve ricorrere perciò alle milizie, che però non può pagare, perché le esportazioni e la produzione di idrocarburi libici sono ai minimi termini, al punto che la produzione di gas locale è insufficiente a coprire i consumi della Libia ed in particolare della Tripolitania. Proprio questa è stata, infatti, la risposta che la NOC, la compagnia di Stato libica, controllata dal governo di Tripoli, ha dato all’ENI che cercava di ottenere forniture addizionali, per tentare di rimpiazzare rapidamente il gas russo. Senza altri introiti, le milizie tripoline si sono dunque date al “commercio di transito”, il taglieggiamento, cioè, e la tratta dei nuovi schiavi, i migranti.

La produzione e le esportazioni libiche sono molto ridotte per due motivi.

Il primo è che, come detto, tutti i giacimenti di gas e petrolio sono sotto il dominio del governo di Bengasi, che però, a causa dell’embargo imposto dall’ONU, non può esportare direttamente se non attraverso la NOC ed il governo di Tripoli. Dopo aver dovuto infatti constatare che dei proventi delle esportazioni non arrivavano che delle briciole, per non continuare a farsi taglieggiare, il governo di Bashagha ha dunque interrotto l’estrazione sia del gas che del petrolio.

Il secondo motivo è più strutturale: l’embargo alle esportazioni libiche decretato dall’ONU, riducendo fortemente gli introiti della NOC, non ha permesso di fare investimenti e mettere a coltivazione giacimenti conosciuti e ricercarne di nuovi. Tuttavia, non è che le possibili e probabili riserve terrestri di idrocarburi, gas e petrolio, siano esaurite, tutt’altro. Ci sono e sono ancora molto abbondanti, basta solo investire – ma non sono necessari grandi investimenti – e trivellare. Per fare tutto ciò occorre però, come è ovvio, che ci sia una soluzione politica alla crisi libica.

Quello di Gabellini è un pezzo che ha il pregio di smontare il trionfalismo dell’informazione a diffusione di massa ed almeno cerca di fornire un minimo di inquadramento storico, politico ed economico della situazione libica – da lui definita un caos – anche in relazione alle forniture di gas naturale. I maggiori appunti che gli si possono muovere – a parte un’imprecisione, per il vero ininfluente, sulla capacità del gasdotto dalla Libia, otto miliardi di m3/anno teorici e non sei – sono due, la mancata menzione del ruolo determinante della Russia di Putin nel precipitare la Libia nel “caos” e soprattutto il suo adeguarsi al mito appunto del “caos” e della guerra tra fazioni libiche, senza prendere in alcuna considerazione le questione di legittimità per mandato popolare tra i due contendenti: per Gabellini, tutto preso dalle sue analisi e considerazioni di politica e strategie internazionali, il governo di Bengasi e le sue forze militari sono “la fazione di Haftar”. Per il resto, possiamo ben dire che, senz’altro, lo scetticismo di Gabellini è fondato. Gli accordi di investimenti siglati dall’ENI a Tripoli alla presenza del Presidente del Consiglio Meloni paiono infatti essere essenzialmente volti a colpire con il sensazionale e l’immaginifico – la produzione di idrogeno da fonti rinnovabili e la cattura e stoccaggio di anidride carbonica in linea con l’obbiettivo di decarbonizzazione che si è dato l’Eni, ad esempio – e non ad altro. Per ottenere tre miliardi di m3/anno di gas non ci sarebbe, infatti, alcun bisogno di mettere in produzione le strutture A ed E, i giacimenti marini di gas non convenzionale (e con costi di estrazione più alti), che hanno fatto oggetto dell’accordo principale per il gas siglato da Claudio Descalzi, AD di ENI. Da subito, o almeno in poco tempo e soprattutto con investimenti minimi per la riattivazione dei pozzi, si potrebbero pompare verso l’Italia fino sei miliardi di metri cubi di gas in più.

Che senso ha investire otto miliardi di dollari per sviluppare e mettere in produzione un giacimento con riserve di gas accertate per 6 mila miliardi di piedi cubici quando la Libia ha già riserve accertate ed inutilizzate per 53 mila miliardi di piedi cubici (oltre a riserve sempre accertate di petrolio per 48 miliardi di barili)? Che senso ha estrarre gas da giacimenti non convenzionali con costi di produzione molto superiori rispetto a quelli terrestri? Perché non investire nella ricerca di nuove riserve terrestri probabili e possibili – da aggiungere a quelle accertate, pure molto abbondanti – per di più in zone già ampiamente note, con costi di prospezione ridotti e che in Libia è noto possono essere ancora molto prolifiche? Perché non ampliare la capacità del gasdotto dalla Libia, visto che costerebbe molto meno degli otto miliardi di investimenti firmati a Tripoli dall’ENI di Descalzi? Il gasdotto dalla Libia, il “Greenstream” è lungo 520 Km: considerando un costo medio al Km di un milione di dollari, sarebbe un investimento di mezzo miliardo di dollari. Supponiamo anche che il costo sia il doppio perché le condotte devono essere posate a grandi profondità – fino a 1200 mt sotto il livello del mare e la Saipem del gruppo ENI è tecnicamente in grado di farlo. Diciamo dunque un miliardo di dollari. Perché investire otto miliardi quando si potrebbe ottenere in tempi più brevi, con un solo miliardo di dollari, un ampliamento di capacità tale da sopperire del tutto al mancato apporto del gas russo al mercato italiano, circa 15 miliardi di m3/anno? Infine, se si volesse pensare anche al fabbisogno dell’intera Europa, circa 28 miliardi di m3/anno di gas venuti a mancare con le sanzioni alla Russia, perché, ad esempio, non proporre la Libia ed anche l’Algeria come snodo di transito per gasdotti, ma anche oleodotti, dall’Africa sub-sahariana, dal Sudan Meridionale, dalla Nigeria, dal Congo ed altri paesi pieni di gas e petrolio che non trovano sbocco commerciale? Stendere condotte in zone disabitate ha un costo per Km molto basso e si convoglierebbero ingenti risorse in molti di quei paesi da cui provengono la maggior parte dei migranti economici che si affidano agli scafisti per cercare di attraversare il Mediterraneo. Perché, dunque, lanciare investimenti multi miliardari, quando con molto meno si potrebbe fare molto di più?

Quando le incongruenze sono così evidenti, è chiaro che da qualcuno è stato violato il principio di verità. In tal caso il dubbio non solo è legittimo, ma anche doveroso. Le ipotesi alternative che si possono formulare, quando la malafede è palese, non sono cospirazionismo, ma un giustificato strumento per giungere alla verità.

In primo luogo, per aumentare le esportazioni di gas e petrolio libico basterebbe, infatti, abolire l’embargo sancito anni fa dall’ONU e di anno in anno rinnovato. A tal fine, è ovvio, occorre che ci sia un governo legittimo in Libia e per fare questo occorre partire da un principio di realtà e da un criterio di legittimità. Il principio di realtà impone di riconoscere che il “caos” libico, delle fazioni e delle differenti milizie cosiddette tribali nasce da vicende storiche plurisecolari.  La Libia, come la conosciamo oggi, fu assemblata così dall’Italia in territori con culture ed ideologie completamente diverse e non può che essere uno stato federale con ampia autonomia tra le tre diverse regioni del paese, Tripolitania, Cirenaica e Fezzan. Si pensi ad esempio che dalla riforma di Diocleziano queste regioni erano separate: la Tripolitania era parte dell’Impero Romano d’Occidente, la Tripolitania di quello d’Oriente ed il Fezzan, il regno dei Garamanti, soggiogato dal console Lucio Cornelio Balbo nel 20 a.C. (che arrivò fino al fiume Niger), era sì tributario di Roma, ma sostanzialmente indipendente. Una tripartizione del paese che sostanzialmente continuò sia sotto il dominio arabo che ottomano. L’unica alternativa ad una tripartizione federale dello Stato potrebbe d’altronde essere solo il ripristino di un regime centrale autoritario come quello della dittatura di Muammar Gheddafi, una restaurazione che nessuno in Libia sembra auspicare, nemmeno il figlio stesso di Gheddafi.

In merito al criterio di legittimità, dopo un decennio di guerre civili occorre prendere atto che quello di Tripoli, pur con il sostegno dell’ONU, non è il governo voluto dai libici, ma soprattutto riconoscere che i compromessi politici da cui scaturiscono le delibere dell’ONU originano da momentanei rapporti di forza e non possono pertanto essere fonte primaria di legittimità. L’unico altro principio di legittimità conosciuto dalla modernità – al di fuori dell’autorità di diritto divino, in ambito islamico quella califfale – è quello della sovranità popolare stabilità tramite libere elezioni. In base a tale principio, pertanto, basterebbe riconoscere che l’unico parlamento libico nato da libere elezioni e quindi con un autentico mandato popolare è quello di Bengasi, che ha dato la propria fiducia a Bashagha. Questa sarebbe, dunque, la soluzione più semplice ed immediata. In alternativa, e magari per trovare conferme della volontà popolare, si potrebbero lasciar indire nuove elezioni, con ogni possibile controllo internazionale, ovviamente. Perché, dunque, non farlo? Perché non se ne parla? Semplicemente perché tutti sanno che a vincere sarebbero i sostenitori del governo di Bengasi, con l’appoggio del gen. Haftar. Soprattutto, però, perché si sa che da nuove e libere elezioni, il consenso, oltre che alle liste del gen. Haftar, con grande probabilità in parte andrebbe anche al figlio Muammar Gheddafi, Seif, che è molto popolare in Libia ed in particolare nel Fezzan. Il riemergere di Seif Gheddafi a distanza di soli dodici anni circa dalla morte del padre è tuttavia inaccettabile per gli USA ed i franco-inglesi. È ancora una vicenda troppo recente e non tutta l’opinione pubblica ha dimenticato le bugie che erano state propagate per giustificare la detronizzazione di un dittatore, su iniziativa dei francesi, principalmente, e dei britannici, con il sostegno del presidente Obama, la resa di Berlusconi (come scrive Gabellini) – il quale, però, inizialmente aveva tentato di evitare l’aggressione militare alla Libia – e senza dimenticare il tradimento di Putin che non sostenne al momento opportuno l’Italia e diede infine il suo non gratuito nulla-osta all’invasione della Libia (in cambio, del riconoscimento alla Gazprom di quote dei giacimenti libici). Ricordiamo anche l’inutile e vile tirassegno degli aerei NATO, quando la totale impotenza delle difese aeree libiche era sotto gli occhi di tutti, la successiva depredazione di un paese, consegnato poi all’ISIS, a partire dall’assalto al consolato USA di Bengasi e la morte – un anno dopo – di un ambasciatore americano abbandonato da Hilary Clinton perché scomodo testimone del traffico di armi con i terroristi jihadisti – in funzione antirussa – ed i loro complici turchi. Troppi sanno ancora infatti di chi fu la responsabilità di una vicenda che costituì l’inizio di una mai finita destabilizzazione della Libia (e poi del resto del mondo con il golpe anti russo nel 2014 di piazza Maidan a Kiev).

Per tutti questi motivi del ripristino del governo legittimo e del principio della sovranità popolare o di nuove libere elezioni in Libia proprio non se ne può parlare.

Insomma, gli accordi firmati dall’ENI a Tripoli nascondono ben altro e si sa già che rimarranno carta straccia.

A prescindere da qualsiasi altra considerazione, sul campo, la situazione militare sta per precipitare e le milizie di aiuto-schiavisti che sostengono l’esecutivo di Tripoli stanno per cedere. Entro la primavera il governo con cui la Meloni è andata a parlare e coi cui Descalzi ha siglato gli accordi cadrà.

Il punto vero, dunque, è che il governo italiano ha puntato sul cavallo sbagliato perché mal consigliato dall’ENI, che qualcuno si ostina a pensare sia ancora la compagnia di riferimento degli interessi nazionali, come ai tempi di Enrico Mattei. Oggi, l’ENI è altra cosa. Anche se l’investitore pubblico, Ministero del Tesoro e Cassa Depositi e Prestiti, detiene circa il 30 % del capitale, l’ENI di Descalzi non persegue finalità pubbliche, ma segue altre logiche, quelle dei fondi di investimento che detengono circa il 54% delle quote. Ovviamente non ci sono fogli d’ordine, ma il meccanismo è semplice: la remunerazione dei vertici delle aziende quotate in borsa è legata all’andamento del titolo. È evidente, fuori da ogni ipocrisia, che Descalzi per suo proprio tornaconto sarà portato a perseguire le direttive non del Tesoro, ma gli umori e le linee guida dei mercati finanziari, cioè dei grandi fondi d’investimento, come, ad esempio Blackrock, Vanguard e State Street, perché questi ed altri fondi simili, con la propria massa critica ed essendo interconnessi tra di loro mediante partecipazioni incrociate, muovendosi di concerto, possono causare un ribasso o un rialzo di valore delle azioni. Nello specifico, se, per esempio Blackrock ed altri fondi impongono indici ed investimenti ESG, le aziende che non si adeguano li vedranno disinvestire dal titolo con un crollo delle quotazioni e sacrificio della remunerazione dei vertici aziendali.

Questa è la ragione per cui Descalzi a Tripoli si è speso soprattutto per i progetti “green” (idrogeno, rinnovabili, cattura della CO2 ecc.) e per lo sviluppo di un giacimento marino, poco conveniente e che tanto non si farà mai. La sua premura è che l’ENI sia in linea con i criteri di “decarbonizzazione” previsti con la ESG, cioè Ecologia, Sostenibilità (ambientalista) e Governance mondiale – vale a dire il Programma della cupola di Davos, del WEF. L’Eni non garantisce l’autonomia italiana col patto di Tripoli, come, invece ha dichiarato Descalzi, anche perché l’ENI, come s’è visto, non è italiana. Non cerca di sviluppare nuovi giacimenti ai costi più bassi possibili perché questo confligge con l’obbiettivo della “decarbonizzazione”. Soprattutto la politica industriale dell’ENI è l’esatto opposto delle strategie di Enrico Mattei ed è cioè di pieno appoggio alle multinazionali petrolifere anglo-franco-americane.

Quella di pochi giorni fa a Tripoli è stata una farsa e Descalzi lo sapeva. A chiunque è chiaro che non ha senso investire otto miliardi per produrre gas da giacimenti in mare quando si potrebbe facilmente e senza alcun investimento far ripartire la produzione da giacimenti terrestri molto più economici.

È una farsa anche perché tra non molti mesi in Libia ci sarà un nuovo governo anche a Tripoli e gli accordi firmati oggi saranno carta straccia.

È una farsa perché se anche i giacimenti marini entreranno mai in produzione non sarà prima di tre anni, mentre per il fabbisogno italiano il gas occorre adesso, tra pochi mesi quando, con la fine dell’inverno bisognerà ricostituire le scorte e mancheranno almeno da dodici a diciotto miliardi di metri cubi di gas annuali.

La farsa finirà in un flop, ma non per Descalzi, che invece avrà conseguito il suo obbiettivo, fare gli interessi di Blackrock Vanguard e degli altri fondi.

Il flop sarà per l’Italia e per il governo, che non sarà in grado di assicurare al paese il fabbisogno di gas ed in generale di idrocarburi e di energia.

Il flop sarà anche di Giorgia Meloni. Su di lei ci si può porre una serie di domande. Perché è andata a Tripoli a trattare con un governo sostenuto dalle milizie tripoline complici degli scafisti e non anche a Bengasi? Perché lei, con la sua storia, non si è espressa per la fine dell’embargo alla Libia, visto che finisce per favorire lo schiavismo migrazionista? Soprattutto, però, come ha potuto la Meloni non accorgersi della farsa e farsi accompagnare in Libia da Descalzi?  Come ha potuto non capire che l’ENI ed “i mercati finanziari” non hanno affatto a cuore il bene dell’Italia e quindi l’approvvigionamento di energia e soprattutto metano a basso costo. La “patriota”, molto probabilmente è in buona fede, ma al dunque si è dimostrata troppo “responsabile” ed anche troppo prudente e dopo decenni di opposizione troppo intimorita dai poteri forti per imprimere un vero cambiamento all’Italia

Forse dobbiamo prepararci ad un prossimo giro di giostra.

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-la_farsa_degli_accordi_di_tripoli/39602_48680/

 

 

 

Ucraina: la guerra inglese. Sunak sulle orme di Blair

Il premier inglese Rishi Sunak con Zelensky. A destra George W. Bush con Tony Blair

Risuonano forti i tamburi di guerra. Nulla importando che si tratta della terza guerra mondiale. A dare il “la” alla nuova spinta verso l’Armageddon è Londra, nella visita improvvisata in tutta fretta per rilanciare Zelensky dopo il suo commissariamento ad opera della fazione realista dell’amministrazione Usa (il riferimento è alla defenestrazione del ministro della Difesa ucraina, sul punto vedi Piccolenote).

Subito dopo il trionfo londinese, il tributo eccezionale del Parlamento dell’Unione europea, nel quale Zelensky ha ripetuto il suo mantra bellicista, cioè che le armi servono a fare la pace, mantra condiviso dai suoi sponsor.

Zelensky a Bruxelles

Nell’uno due Londra-Bruxelles la svolta all’invio dei jet da combattimento, finora negati. Una follia annunciata dalla Gran Bretagna e rilanciata con entusiasmo dalla presidente dell’europarlamento, Roberta Metsola, che forse non comprende appieno che le complessità della sua Malta sono poca cosa rispetto alle complessità del mondo.

D’altronde il rilancio della maltese era ovvio, dati gli storici rapporti tra l’ex Impero britannico e la piccola isola mediterranea. Da vedere se, nel faccia a faccia riservato tra Macron, Scholtz e Zelenky, i leader di Francia e Germania riusciranno a dare una calmata allo scatenato presidente ucraino, che a Bruxelles è stato chiarissimo quando ha detto “Combattiamo insieme contro Mosca“… terza guerra mondiale, appunto.

Compito difficile quello dei due leader europei, sia per la loro non eccelsa levatura sia per l’emotiva standing ovation tributata dagli europarlamentari all’ex comico ucraino. Sempre che i due vogliano davvero evitare l’escalation con Mosca, come hanno detto finora, con conseguenze anche sulla fornitura di armi a KIev, inviate con certa controvoglia e relativa misura.

A dar fuoco alle polveri, comunque, va detto per la Storia, è stata la Gran Bretagna, ripetendo così la tragica dinamica dell’intervento in Iraq, con Blair che, in accordo con i neocon Usa, hanno spinto l’imbelle George W. Bush a iniziare la guerra contro Baghdad. Copione che si vuol ripetere con la debole e riluttante presidenza Biden.

Una riluttanza manifestata più volte, ma che potrebbe non bastare a evitare il disastro, che peraltro si sta consumando non contro la debole tirannia irachena, ma contro la ben più potente nazione russa, il cui armamentario comprende migliaia di testate atomiche.

Musk disarma Space X

A evidenziare che nel cuore dell’Impero ancora qualcuno ragiona, il tweet di Elon Musk, il quale, nello stesso giorno in cui il Segretario generale dell’Onu ha allarmato sui rischi di una terza guerra mondiale, ha risposto così a un utente che chiedeva lumi sulla possibilità di una guerra globale: “La maggior parte delle persone è ignara del pericolo”.

Cenno che ha avuto un risvolto concreto. Di ieri l’annuncio di Gwynne Shotwell, presidente di Space X, la creatura di Musk, sul disarmo dei loro satelliti in orbita sull’Ucraina. Infatti, dopo aver denunciato il fatto che l’Ucraina ha “armato” l’infrastruttura spaziale per guidare meglio i suoi droni, ha dichiarato che ciò non avverrà più, avendo l’azienda preso le contromisure del caso.

Vedremo se riuscirà a tenere la linea, ma resta l’importanza dell’annuncio, che certo non può esser farina solo del sacco del miliardario, il quale, seppur eccentrico, non si metterebbe contro il mondo in stile don Chisciotte. Probabile che abbia cioè le spalle coperte da forze politiche e apparati statunitensi, non tutti entusiasti di dar vita all’Armageddon.

Sunak come Blair

In altra nota avevamo dato conto del briefing riservato della Commissione per i servizi segreti militari della Camera Usa nel quale alcuni alti esponenti del Pentagono avevano manifestato il loro scetticismo sulle reali potenzialità dell’Ucraina.

Evidentemente hanno detto molto più di questo se, concluso il briefing, il senatore repubblicano Mike Rogers, ha affermato in un’intervista che la guerra “deve finire entro questa estate”, aggiungendo che la Nato deve esercitare una “certa pressione” su Zelenky per fargli capire quali siano i termini per proclamare una vittoria. Tale pressione aiuterà a portare Zelensky e Putin al tavolo dei negoziati, ha concluso.

Così, lo scontro aperto in Ucraina corre in parallelo con quello più segreto che lacera tutti i Paesi d’Occidente, al di là dell’unità di facciata. L’unico Paese che appare immune a tale contraddizione interna e unito nell’alimentare le folli visioni di Zelensky è la Gran Bretagna. Così che la guerra ucraina è anzitutto inglese, con l’evanescente premier Rishi Sunak a ripercorrere le nefaste orme del sulfureo Tony Blair.

Colin Powel all'ONU con la filetta di antrace, falsa

Colin Powell all’ONU con la filetta di antrace, falsa

A proposito di quella scellerata avventura bellica, va ricordato che il 5 febbraio ricorreva l’anniversario della famosa fiala all’antrace di Colin Powell all’Onu. Nessuno ha pagato per quella menzogna che ha trascinato l’Occidente in guerra. Gli stessi protagonisti di allora stanno trascinando il mondo nella follia di un conflitto globale.

Ps. In rete l’ennesimo video di prigionieri russi uccisi a sangue freddo. L’Occidente non ha mai chiesto ragione di questi orrori a Kiev, che quindi gode di un’impunità assoluta e la usa con disinvoltura. Ovviamente, tale ferocia è solo la punta dell’iceberg di quanto sta accadendo, dal momento che non si può documentare che qualche singolo episodio sfuggito all’occultamento e alla censura. Inorridisce e allarma.

FONTE: https://piccolenote.ilgiornale.it/mondo/ucraina-la-guerra-inglese-sunak-sulle-orme-di-blair

 

 

 

LA SECONDA PIETRA

DISSPACCIO #20

La morte di Benedetto XVI ha portato alla luce i malumori che regnano fra le mura di Pietro. Dopo il libro di Padre Georg Gänswein ora è il turno del Cardinal Müller.

Sempre a Roma, poco distante dalla Santa Sede, Palazzo Chigi ha le sue gatte da pelare. Il battitore libero Silvio Berlusconi non vuole farsi zittire dall’ultima arrivata. Con la baldanza di chi è appena stato assolto si permette di affermare, lo scorso 12 febbraio, che lui Zelensky non l’avrebbe mai incontrato. E che poi alla fine il conflitto è anche colpa sua, che non ha voluto saperne di lasciare stare le due Repubbliche filo-russe del Donbass. Giorgia Meloni, com’era prevedibile, ha sbottato duramente e in un virgolettato riportato da Repubblica sembra abbia affermato: “Lo fa apposta, vuole indebolirmi”. Da qui la risposta del diretto interessato, il Presidente ucraino, che afferma, durante la conferenza stampa alla presenza del Premier, come “a Berlusconi non abbiano mai bombardato casa, né ucciso i parenti”. Parole poco istituzionali, che ricordano anche una vecchia e celebre battuta dell’ex Cavaliere sulle “venti case di cui dispone”. Una maggioranza frammentata e un Primo Ministro che appare incapace di governare, paradossalmente potendo vantare una maggioranza parlamentare (politica!) come non si vedeva da tempo. Non c’è mistero, tuttavia, sulle motivazioni dietro le tensioni interne al centro-destra. Meloni, nonostante i risultati, gode ancora di scarsa legittimità fra i notabili della destra liberale post 1994, forse anche per la scelta – come definita da Stefano Folli su La Repubblica del 22 febbraio – di darsi totalmente al progetto europeo e all’Occidente atlantico, rifiutando qualsiasi ambiguità sulle sue posizioni. Berlusconi, invece, vede finalmente la fine di una lunga cavalcata, e da buon Cavaliere ha intenzione di godersi ogni singolo momento prima dell’inevitabile. Non c’è altra narrativa applicabile qui, né obiettivi nascosti da parte degli attori: la verità è deludente, purtroppo.

FONTE: newsletter www.dissipatio.it

 

 

Perché gli ordini dell’UE sono folli e irrealizzabili

Fabio Sarzi Amadè

Le nostre case, le nostre automobili, il cibo che possiamo mangiare; l’Unione Europea è sempre più invasiva nella nostra vita quotidiana.

Ma è veramente accettabile tutto questo e soprattutto è legittimo, considerato che la Commissione europea, l’organo preposto a legiferare, è costituito da nominati e non da eletti e l’adesione all’UE non è stata decisa né votata dai cittadini?

Ne parliamo con oggi con FABIO SARZI AMADE’ docente di Diritto del Lavoro, già consulente per la Regione Piemonte a Bruxelles.

Conduce CARLO SAVEGNAGO

VIDEO QUI: https://youtu.be/5k4X96gCUFE

FONTE: https://www.youtube.com/watch?v=5k4X96gCUFE

 

 

 

POLITICA

Ohh sorpresa! Ha vinto la Sintetica.

Tutto così spontaneo, così reale che allega i denti – con Bonaccini che “concede la vittoria” (dice Mentana) come si fa in America doie c’è la democrazia … così certificato da notaio, voti veri…, alle 13 i votanti erano 600000 e alle 20 un milione secondo tale Roggiani

Un milione?

6-milioni

Tutto così autentico, così Obama. Ha vinto “la sinistra” dicono esultanti i media. Il programma della vincitrice: difesa delle “minoranze” – clandestini e diritti dei gay e gender transition – e lotta al riscaldamento climatico. Insomma Agenda 2030 a ritmo accelerato. Hanno fretta.

Tedros (quello pagato da Bill Gates): “Questa settimana, gli Stati membri dell’OMS stanno ospitando discussioni sugli emendamenti al Regolamento sanitario internazionale. La prossima settimana, i paesi inizieranno i negoziati su una ‘Bozza zero’ del nuovo Accordo pandemico”. (Fonte: Disclose)

https://twitter.com/FartFromAmerika/status/1629952021997527044

https://www.maurizioblondet.it/wp-content/uploads/2023/02/austra-5-dose-5009247.mp4?_=1

In Australia si sono portati avanti, sono già alla quinta dose. Fate Presto!

In Australia, uno dei paesi con i più alti tassi di ‘vaccinazione’ (ma stranamente anche tra quelli con i più alti tassi di morti in eccesso) entro fine mese sarà disponibile la quinta dose di ‘vaccino’ per tutte le persone dai 18 anni. Il Ministro della salute (che stranamente a dicembre aveva annunciato l’acquisto di quasi 5 milioni di dosi di ‘vaccino’ bivalente Pfizer) ci tiene ai suoi cittadini ed è preoccupato che con la prossima ondata di Covid, unita al Weather Impact, il sistema sanitario collassi. A Wion News si chiedono se veramente sia necessario questo ciclo infinito di ‘vaccinazioni’, se funzioni (per noi funzionicchia) (https://t.me/buffonatedistato/4250) e chi ci guadagni.

O magari Schlein e Giorgia dovranno vaccinarci contro il Marburg? Il Corriere ha già lanciato l’allarme dell’OMS

E se vi dicessi che il vaccino contro il virus Marburg esiste già da alcuni anni voi mi credereste?
E si, cari miei, per un virus che dal 1967 ad oggi ha provocato meno di 400 vittime AL MONDO, da alcuni anni è già stato brevettato un vaccino….strano vero visto i costi abnormi per poter creare un vaccino…
Ma si vede che qualcuno negli Stati Uniti (li ha sede la piccola casa farmaceutica che ha brevettato il vax), ha la sfera di cristallo….

Leggete i sintomi della febbre emorragica definita MARBURG…magari troverete delle somiglianze con alcuni effetti avversi dei vaccini….
….ma sicuramente sono coincidenze…

coincidenze….

segui la pagina

https://t.me/eremitaV

Lo scopo è sempre quello: Green Pass obbligatorio per tutti

https://twitter.com/QLexPipiens/status/1627258581568352258?s=20

depopulation-vaccination

Elly Schlein ha vinto le primarie.
Adesso gli Aschenaziti Kazari sono alla guida del PD senza più intermediari.
Quando il gioco si fa duro Moloch inizia a giocare

Commento di Andrea Tosatto da cui prendiamo le distanze

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/ohh-sorpresa-ha-vinto-la-sintetica/

 

 

 

L’ITALIA NELLA TEMPESTA

DISSPACCIO #20

Mai come in questi giorni la sensazione è quella che l’Italia sia un vascello preda delle correnti. Nessuno sembra in grado di riuscire a governarla nel momento di massima necessità, proprio quando servirebbe un capitano capace di sentire il vento, spiegando le vele nella giusta direzione, e tenendo il timone con ferma freddezza. È lo spirito del tempo, quello che vuole un mondo ingovernabile vittima della storia, passivamente soggetto alle fluttuazioni del caso, o del predeterminato. È l’epoca in cui ognuno sente di avere un destino manifesto, che inevitabilmente si compirà, senza lotte, o fatica innecessaria. L’Ucraina vincerà, a patto di continuare nel segno dello status quo, mandando armi e combattendo una guerra per procura. La Russia vincerà, perché il sostegno NATO non potrà durare all’infinito, ma soprattutto perché l’Occidente è marcio ed è comunque destinato al fallimento, a prescindere da chi siederà fra qualche anno in Via Bankova.

Nel dettaglio si ritrova il grande disegno. Così l’Italia riproduce le tensioni e le divisioni che in questo momento governano la comunità degli Stati cui appartiene. E si lascia andare alla corrente, senza che alcuno sappia dove essa porterà. Giorgia Meloni visita Kiev e incontra il Presidente Zelensky per ribadire un sostegno forzato dall’ordine delle cose, ma non per questo finto. Nella maggioranza scalpita Berlusconi per riempire le pagine dei giornali, e rimarcare la sua originalità, il suo essere costantemente fuori dagli schemi. Il centrosinistra senza nocchiere si appresta a sceglierne uno, domenica prossima, fra Elly Schlein e Stefano Bonaccini, ma comunque vada c’è un’opposizione da ricostruire, e una base giovanile da formare, possibilmente trovando un punto di contatto con la base più levigata, a tratti democristianamente fedele alla sua perenne ricerca di un mare calmo, sicuro. Nel mezzo c’è il Terzo Polo dove protagonista è l’animosità fra i suoi fondatori – la coppia Renzi & Calenda – ma c’è anche un Movimento 5 Stelle che solo ora, dopo il Covid e dopo i tradimenti dei giovani notabili, si ritrova a fare i conti con gli ultimi dieci anni. Lo fa a teatro, ricercando quella catarsi pubblica propria di un mondo classico di cui Beppe Grillo non sarà grande cultore, ma portatore senza dubbio. La nostra Clara Rosati è andata a vederlo in scena e ne ha scritto.

Cos’hanno in comune i servizi segreti nella Russia degli zar, l’omicidio Moro, un ex hacker vietnamita e la sicurezza informatica degli attivisti che operano nell’era di Assange? Cosa si può imparare oggi, nell’era della sicurezza informatica, da un libro sullo spionaggio scritto all’alba della Rivoluzione russa e mai pubblicato nella sua versione integrale in Italia? La risposta a queste domande è contenuta nella prima versione integrale in italiano del libro Saper Tacere di Victor Serge, finalmente disponibile in una versione completa, ampliata da una sezione postuma sulla sicurezza informatica per attivisti e uomini liberi, e da un saggio inedito sulla provocazione scritto di Ugo Mattei.

Dopo l’uscita a gennaio di “Nient’altro che la verità”, racconto in prima persona firmato Georg Gänswein, il più fedele collaboratore del Papa Emerito Benedetto XVI, a febbraio è la volta della “Seconda Pietra”. Così s’intitola l’ultimo articolo di Michele Saracino, uscito qualche giorno fa, che analizza “In Buona Fede”, libro di memorie scritto dal Cardinale Gerhard Müller. Al di là dei contenuti del suddetto, è interessante notare come venuta meno la figura di Benedetto, stiano cominciando ad affiorare con chiarezza gli schieramenti che fino a poco tempo fa la presenza dell’Emerito probabilmente incoraggiava a restare ‘nel sottosuolo’. Secondo un sondaggio del Die Tagespost «il 36% dei cattolici tedeschi ritiene si stia affrontando una scissione», quando già poco più di un anno fa un tedesco su quattro si dichiarava già pronto a lasciare la Chiesa cattolica in polemica con le posizioni ribadite dal Magistero in materia di celibato e benedizioni alle coppie omosessuali. Müller, citando alcuni esempi eclatanti di vescovi ribelli, non ha dubbi nel paventare come scenario «la fine del cristianesimo in Germania». Dette queste cose, non resta che domandarsi: se davvero sta a cuore a Roma preservare e incentivare l’unità della Chiesa, allora assecondare una «protestantizzazione strisciante», ammiccare all’ambiguità teologica e condurre una politica piuttosto schizofrenica continuamente oscillante fra un estremo giustizialismo interno e un’apparente ‘connivenza diplomatica’ con “regimi dittatoriali” è davvero la cosa giusta da fare?

FONTE: newsletter www.dissipatio.it

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

FONTE: https://it.gatestoneinstitute.org/19423/ecologismo-impoverisce-uccide

 

 

STORIA

Un’operazione verità sul Risorgimento: non è esistito un Sud passivo

“Non è per demonizzare i neoborbonici, ma per ristabilire la verità dei fatti”

 

Le fake news non risparmiano neanche l’unità d’Italia. Con il rischio di creare nuove divisioni e il solito qualunquismo. E di costruire una falsa verità, come quella di un Risorgimento imposto dal Nord e non condiviso con l’anima meridionale.

Lo sostiene Dino Messina, firma del Corriere e autore di libri storici nel suo Italiani per forza. Le leggende contro l’unità d’Italia che è ora di sfatare (Solferino).

”Una inchiesta giornalistica sull’unità d’Italia” che celebra i 160 anni il 17 marzo prossimo, e che già nel 150esimo, ha visto “una vasta pubblicistica e tante iniziative anti unitarie, tradizionalistiche, cosiddette neoborboniche. Con contenuti a volte legittimi, a volte inventati”.

Dino Messina, lucano ma da 50 anni a Milano, tanto “da non sapere più cosa sia ora”, ci tiene a dire che “non è sua intenzione demonizzare la visione tradizionalista dei neoborbonici, ma un lavoro per ristabilire la verità dei fatti”.

Il primo dei luoghi comuni da sfatare è che l’unità d’Italia sia stata imposta dall’alto.

Non c’è un Sud passivo che si sottomette a una guerra di conquista da parte del Nord. Dalla consorteria napoletana riunitasi a Torino attorno a Cavour che avrebbe imposto al Meridione la ‘regola’ piemontese.

In parte è vero che la guerra di conquista c’è stata, però è altrettanto vero che il regno borbonico era già attraversato da una forte corrente unitaria, liberale, costituzionale. Dalla rivoluzione partenopea del 1799, al 1860, come ha sostenuto lo storico Carmine Pinto, c’è stata una lunga guerra civile durata 60 anni segnata anche da aperture costituzionali poi soffocate, come nella repressione del 1848.

Questo conflitto interno alla società meridionale si innesta sulla impresa dei Mille e sulla conquista regia. Per dire, quando Garibaldi arriva a Salerno, Liborio Romano aveva organizzato 9000 guardie nazionali. C’era l’insurrezione lucana. La Sicilia era ‘antiborbonica’ in tutti i suoi gradi.

Poi c’è la congiura massonica al soldo delle potenze europee. 

Le potenze europee fecero il loro gioco, certo. Ma fino al 1859 fecero anche proposte di riconciliazione a Ferdinando delle Due Sicilie, che però rifiutava ogni apertura e finiva per contribuire al suo isolamento.

Cosa che lo spregiudicato e intelligente Cavour aveva capito partecipando invece alla guerra di Crimea per entrare nel ‘Grande gioco’.

Era un regno in difficoltà, tuttavia meno messo male di quanto si narra? Anche l’“esercito di Franceschiello” è leggenda?

Sì lo è. Quello dei Borboni era un regno che stava implodendo, con un esercito potente e molto importante, ma mal gestito. Dopo la battaglia del Volturno poteva contare ancora su 50mila soldati disposti al sacrificio, si pensi alla resistenza di Gaeta.

Comunque l’esercito borbonico – che deve essere inglobato da quello italiano – assume un ruolo centrale nella narrazione di quei giorni drammatici. La celebre frase, “esiste un solo Dio e un solo Re”, pronunciata dai soldati ammassati nel castello sforzesco, venne ripresa dai giornali cattolici Armonia e Civiltà Cattolica, gesuita, e diventa lo slogan dei legittimisti.

Ma non viene citato quello che aggiungono dopo il cui senso era: “Lasciateci andare a casa, e una volta ristabilito l’ordine, arruolateci”. Non c’era opposizione, non poteva esserci, una volta sconfitti e senza Francesco II. Poi dopo Volturno e dopo Capua, alla fine del 1860, c’è stata una fase breve ma drammatica con migliaia di soldati trasferiti a Genova, poi trasferiti in vari forti, tra cui il famigerato Fenestrelle, in Val Chisone.

E qui arriviamo a una delle fake news sul Risorgimento più diffusa.

La leggenda nera del lager di Fenestrelle è significativa. In quel posto oggettivamente duro, esposto al gelo delle Alpi, il 9 novembre del 1860 si presentano 1186 soldati borbonici. Sono laceri, stanchi, affamati e malati.

Sono dei prigionieri ma vengono accolti con l’ordine di vestirli e sfamarli come dei soldati normali. Alcuni di questi non ce la fanno, e nei primi giorni ne muoiono in 5. Dopo alcuni anni, ne muoiono altri 40. Ma questa cosa è stata trasformata in un eccidio di 40 mila soldati.

Per fortuna ci sono stati libri come Le catena dei Savoia di Bossuto e Costanzo e I prigionieri dei Savoia di Alessandro Barbero che hanno dimostrato che c’è stata sofferenza, ma non era un lager. Certo, erano luoghi estremi, di punizione dove venivano mandati gli indisciplinati, luoghi che si sono prestati al fiorire di altre leggende come ‘quella della calce’.

Ce la racconti.

C’è una vasca addossata a una chiesa di Fenestrelle dove durante gli assedi, per evitare il dilagare delle infezioni, i morti venivano ricoperti di calce in attesa della sepoltura. Altra cosa che essere bruciati e gettati nella calce, come raccontato in seguito.

Peraltro queste cose sono state tutte documentate dai verbali dello stato sabaudo che era pignolo, e segnava tutto. Ma le leggende nere non si limitano a Fenestrelle. C’è quella del paese sannita Pontelandolfo, incendiato dal generale Cialdini nell’agosto del 1861 come rappresaglia per la strage di 41 militari uccisi dai briganti e dalla popolazione. Qui si arriva a sostenere, Pino Aprile in primis, un eccidio di 400 o 1.400 persone.

Mentre in realtà le vittime della rappresaglia furono 13. Nonostante questo, si è arrivato a paragonare Vittorio Emanuele a Hitler e Cialdini a Kappler, e anche in virtù di campagne fondate sulla fantasia, arrivate persino in Parlamento, Giuliano Amato andò a chiedere scusa e a deporre una lapide con le parole dell’allora presidente della Repubblica Napolitano.

Dovremmo parlare della diffusione di queste teorie, di come hanno fatto a propagarsi con tanta efficacia. 

Il primo articolo che istituisce il parallelismo tra la Germania hitleriana e il Piemonte sabaudo è del ’93, poi c’è stato Fulvio Izzo con il suo I lager dei Savoia e Terroni di Pino Aprile. Nel dopoguerra ci fu la trilogia revisionista di Carlo Alianello, che negli anni ’70-80 divennero persino sceneggiati Rai.

La cosa curiosa degli anni ’70 è che la vulgata revisionista univa estrema destra ed estrema sinistra. Ma il boom delle fake news è dai Novanta in poi grazie a Internet che ha fatto diventare virali molte storie false.

La Rete oggi pullula di gruppi e gruppuscoli cosiddetti neoborbonici, pagine facebook dedicate. Comunità che si sono autoalimentate nel vuoto lasciato dalla pigrizia della storiografia ufficiale, che solo ultimamente ha ripreso vigore.

Le fake news sono oggi alla base della vulgata del Sud tradito, derubato, vittima, che nasconde una grande delusione e una grande sconfitta storica del Meridione. Il vittimismo fa gioco a una classe dirigente e politica che, finita l’esperienza della Cassa del Mezzogiorno, è stata incapace di colmare il gap economico e sociale con il Nord.

E’ stato anche un brodo di coltura dei populisti? Croce definì la nostalgia del regno dei Borboni “romanticismo legittimistico” e nel 1960 la Stampa parlava di “ennesima manifestazione di quel malumore, un po’ anarcoide, di quella vaga protesta di quel fluttuante malcontento meridionale, che a volta a volta animò il qualunquismo di Giannini, il mito di Achille Lauro, il successo del Msi”. Siamo ancora lì?

Certamente, non è un caso che la proposta di un giorno della Memoria per le vittime meridionali del Risorgimento sia partita da rappresentanti pugliesi dei 5 stelle. Ma era il MoVimento delle origini, ancora non ‘normalizzato’ che vediamo oggi.

Quello del revanchismo meridionale, negli anni ’90, fu una dinamica uguale contraria alla spinta della Lega di Bossi. Sono spinte al qualunquismo e alla disunità che, almeno sinora non hanno prodotto risultati eclatanti.

Ma è veleno che circola nel Paese e che innesca processi politici negativi, specialmente ora che la distanza tra Sud e Nord si è riallargata drammaticamente. E questo è paradossale visto che effettivamente nel 1861 la differenza di Pil tra le due aree era minore di oggi.

Quindi un po’ di verità nella leggenda del “Paese del Bengodi”, del Sud preunitario, c’è.

Che la ricchezza fosse a livelli simili non è del tutto sbagliato, ma le differenze strutturali che produrranno poi percorsi divergenti erano altre e molto importanti: nelle infrastrutture, nell’analfabetismo, nella propensione all’industrializzazione.

Il punto non è l’eterno racconto del primo treno della penisola, il Napoli-Portici, ma di quanti km di binari disponesse il Sud rispetto al Nord. Poi va aggiunto che la differenza vera era, ai tempi dell’Unità, tra la penisola tutta e il resto d’Europa. Ma il problema è un altro.

Prego.

Il problema – e il senso del mio libro d’inchiesta – è che si costruisce una Storia d’Italia fondata su falsi dati. Che non è giusto dire che non c’è stato un Risorgimento meridionale. Che non è vero che nella guerra la brigantaggio non sono state 600mila vittime.

Che non si possono paragonare i piemontesi ai nazisti. Ma vorrei anche precisare una cosa: il mio non è un lavoro contro i neoborbonici, non è un pamphlet contro di loro.

Anzi, gli ho dato anche voce, ho voluto sentire le loro ragioni e le loro fonti, ed esporre le mie.

E li ha convinti che i loro numeri, le loro teorie, sono sbagliate?

No.

FONTE: https://www.vassallidibarbero.it/2021/03/06/unoperazione-verita-sul-risorgimento-non-e-esistito-un-sud-passivo/

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