RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 1 06 2021

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RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 1 06 2021

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Chi si abitua ad una falsa idea accetterà qualsiasi errore.

J. W. GOETHE, Aforismi sulla natura, SE, 1914, Pag. 38 n. 163

 

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SOMMARIO

Cronistoria italiana del Covid 19 da Febbraio 2020 a Maggio 2021
I vertici Rai li sceglie Draghi. Prendendoli dalle multinazionali e dalla finanza
La dottrina Rumsfeld/Cebrowski
Blood borders
Visitare gli ammalati
Vaccino Obbligatorio. Consigli pratici e giuridici per personale sanitario. Forza!
La cessione di Sovranità é illecita! Il ricorso in Cassazione
Lamorgese incontra le Ong e accoglie le loro richieste. Piena sintonia, ed è bufera
29 Maggio 2021, 09:07
Un sorprendente motivo dietro il divorzio di Bill Gates
Saluti dalla Germania della “Nuova Normalità”
Alabama: vietati i passaporti vaccinali
ESSERI VIVENTI: SIAMO UN ENORME CAMPO ELETTROMAGNETICO

 

 

EDITORIALE

DIRE E FARE A METÀ, MAI DEL TUTTO!

Dire e fare a metà, mai del tutto!

In tema di snellimento delle procedure burocratiche avanzo una lunga sequenza di dubbi sulla realizzabilità. Il non ultimo di una lunga sequenza di politici volenterosi ed onesti, Renato Brunetta ha provato a metterci le mani ma senza esiti apprezzabili.

Con apposita nomina ufficiale, il professor Carlo Cottarelli aveva tentato di eliminare 9.000 (novemila) cosiddetti “Enti inutili” che formano il parastato ma senza esiti apprezzabili. Si tratta di una area intoccabile che serve da sempre come paracadute dove inserire i politici e i boiardi trombati: un apparato che costa 12.000.000.000 l’anno ai contribuenti.

Sono decenni che si tenta di sanificare la palude del potere giudiziario, ma invano! Le conseguenze della putredine che ne consegue è sotto gli occhi di tutti, aggravata da una plateale inerzia del capo dello Stato. Quali sono i motivi di tale immobilismo, quando invece è velocissimo ad agire su altri temi in voga?

Un presidente del Consiglio precedente fu destinatario di un mandato di cattura quando – nell’intento di trovare fonti energetiche a basso costo – tentò di trovare canali energetici verso l’Est europeo. Non parliamo di Adriano Olivetti assassinato con uno spruzzo di cianuro, perché aveva osato comprare una parte della filiera industriale della Underwood Usa e sfacciatamente vendeva il calcolatore Olivetti M10 in territorio americano, di Enrico Mattei la cui storia è ancora in mano ai Fratelli Grimm, di Gabriele Cagliari, del Caso Atlanta/Bnl, del caso Monte dei Paschi con un morto e la scomparsa di 17.000.000.000 (diciassette miliardi) di euro: dove sono finiti? Nessuno parla della destinazione vera dei fondi Monte dei Paschi distribuiti in migliaia di bonifici “intermediati” da quattro banche Usa, casualmente fallite una dopo l’altra e i rispettivi dirigenti suicidati dal trentaduesimo piano.

Non parliamo della cruenta caduta di precedenti capi del Governo presi a monetine in faccia perché si opposero alla installazione di sistemi di guerra elettronica Haarp a Niscemi: una Psyop coperta da una narrazione a cui non crede nemmeno un bimbo di 5 anni, come del resto l’intera storia della ex-Italia dal Dopoguerra ad oggi.

Non parliamo del coinvolgimento italiano nei genocidi balcanici e nelle strane vicende di Telekom Serbia monitorate da ben sedici società private di ascolto elettronico all’epoca dei fatti di proprietà di un ambiguo politico pugliese, incline all’intrigo e abilissimo manovratore crepuscolare e maximo sponsor dell’operazione balcanica, dietro direttive Nato, Nsa e Cia.

Nel frattempo, con sconcertante ed imbarazzante sincronicità, dilaga lo psicovirus. Le economie europee si bloccano, la ex-Italia va a pezzi! Anche questi eventi si iscrivono all’interno del Piano pauperista-green-tecnotronico-sostenibile: uno scenario molto simile alle devastazioni della Louisiana che diventò con questo shock un laboratorio tecno-sociale nelle mani dei Chicago Boys di Milton Friedman. Non a caso, parole simili furono dette dal sodale ultraliberista Mario Monti parlando della Grecia come “il miglior successo” dell’euro!

Anche questa volta nulla sarà concretamente portato a compimento: Brunetta salterà dal suo incarico, il debito pubblico sarà cresciuto affinché diventi impossibile il suo rimborso, consentendo agli alti comandi europei di escutere le garanzie dei pacchetti azionari EniFinmeccanica e di altre decine di società ad alta tecnologia che – in pieno caos pandemico o presunto tale – il precedente governo ha consegnato per avere i soldi. L’offerta in garanzia dei pacchetti azionari dei gioielli di famiglia non sono stati resi noti e sono stati opportunamente celati, nel silenzio generale e nella ignobile omertà della stampa nazionale di terra, di mare, di aria.

Le cosiddette “riforme” ci saranno! Saranno realizzate solo quelle strettamente elencate dal menu di Bruxelles e che consentiranno unicamente di eseguire velocemente l’ultima ondata di saccheggi del nostro patrimonio industriale, finanziario, immobiliare. Di tutto questo rimarranno le solite alluvioni di chiacchiere, le belle intenzioni e, quando i problemi irrisolti cominceranno ad esplodere, cadrà “casualmente” l’ennesimo Governo tecnico a cui sarà ingegnerizzato un altro esecutivo tecnico del tutto aderente e prono ai desiderata degli alti comandi internazionali.

In tutto questo psicodramma ci sarà un grande assente: il voto popolare. Faranno di tutto per evitare il voto. Costoro faranno ricorso ad un’altra stagione delle bombe, forse eseguita dai mafiosi eccellenti “casualmente” scarcerati da un precedente ministro di giustizia? Nessun canale informativo ha mai trattato questa ipotesi infausta ma non del tutto lontana dal vero! Siamo un popolo di arabo-turco-messicano-sefarditi, orientali, doppiopesisti, ambigui. Amiamo le accese dialettiche, l’arroventamento degli animi, l’insulto, il colore, le diatribe. ma niente di più! Diciamo e facciamo. Diciamo a metà e rinviamo. Facciamo e non diciamo.

Non ricordo in quale romanzo Leonardo Sciascia fa dire al pastore siciliano interrogato da un carabiniere che gli chiedeva che fine avesse fatto un suo compaesano: muriu al 75 per cento…

FONTE: http://opinione.it/economia/2021/05/31/manlio-lo-presti_dire-met%C3%A0-tutto-procedure-burocratiche-cottarelli-enti-inutili-brunetta/

 

 

 

IN EVIDENZA

Cronistoria italiana del Covid 19 da Febbraio 2020 a Maggio 2021

Ricostruiamo una breve cronistoria del covid 19, a futura memoria e per fissare alcune tappe fondamentali:

1

Succede che un nuovo e sconosciuto coronavirus (da Wikipedia: il virus del raffreddore) impazza in Cina a fine 2019 e i media rilanciano immagini di gente che sbatte a terra improvvisamente mentre cammina in quel di Wuhan.

La cosa monta e diventa un pericolo globale che – sempre per intervento dei mezzi di comunicazione – allarma il mondo tutto già da inizio 2020.

Il 29 gennaio in Italia viene decretato lo stato di emergenza, ma per tutto febbraio vediamo politici ed esperti e influencer dirci di abbracciare cinesi, mangiare involtini primavera, che le possibilità di esser contagiati nel nostro Paese sono “zero”, che nell’evenienza siamo pronti etc.

A fine febbraio/inizio marzo spuntano i primi turisti cinesi positivi; saltan fuori i pazienti zero (che poi diventano paziente 1, paziente niente e via dicendo).

Nel giro di dieci giorni le rassicurazioni si trasformano in puro, elettrificato, totalizzante, radicale terrorismo mediatico: la provincia di Bergamo e Brescia da Codogno in poi diventa teatro di uno scempio sanitario mai visto. La gente muore a frotte. Gli ospedali sono al collasso. Le interviste e le testimonianze si rincorrono. Bisogna chiudere tutto. Zona Rossa. Quarantena.

La nazione è sotto shock. Un’intera provincia viene blindata. Sta accadendo l’impensabile.

Il nove marzo 2020 – dopo poche settimane di narrazione al cardiopalma – il premier Conte si contrae e si storce in diretta Nazionale richiamando il senso di responsabilità degli italiani e inanellando per la prima volta quelle locuzioni alle quali ci siamo ormai abituati: “due settimane di sacrificio”, “chiudere oggi per abbracciarci domani” e simili.

Italia deve chiudere. Si chiama “lockdown”. Ma andràtuttobene.

Le strade si tingono di atmosfere oniriche sepolcrali. Le saracinesche chiudono. Si distingue tra ciò che è necessario e ciò che non lo è. Si formano code fuori dai supermercati. I parchi chiudono. Le scuole anche. Vengono sguinzagliati i droni per controllare che la gente stia in casa. Le forze dell’ordine controllano borsette, buste della spesa, scontrini. Viene misurata la temperatura. Si parla di “distanziamento sociale”.

La popolazione – costretta in casa davanti alle tv – comincia a masticare parole nuove, parole terrorizzanti: siniciziale, respiratori, polmonite bilaterale, terapia intensiva.

C’è chi canta dai balconi e chi invece intuisce qualcosa di oscuro approssimarsi: i media all’unisono – sinottici come i Vangeli – dicono che niente sarà come prima e che occorre abituarsi a una nuova normalità.

Lo stesso Ministero della Salute – con una circolare – “sconsiglia” (di fatto proibisce) l’esecuzione di autopsie utili a comprendere la natura delle così fitte morti, nel contempo approntando discutibili protocolli che vedono tra l’altro la chiusura della medicina territoriale. I medici di base non possono visitare i pazienti. Si parla di telemedicina e vigile attesa.

I media tutti e i virologi esperti sconsigliano le mascherine: sono inutili. Non proteggono dal virus. Non compratele. Non assalite le farmacie. Lasciamole al personale sanitario.

Dopo due mesi di “lockdown” e popolazione allo stremo, le famigerate “curve epidemiologiche” che venivano propalate ogni sera in diretta dai vertici della Protezione Civile, finalmente calano e “consentono” graduali riaperture da maggio 2020.

L’ossigeno torna a propagarsi nei corpi e nelle menti del popolo. Si torna ad un abbozzo di normalità. Forse è finita.

Dalle regioni carsiche del pensiero e della ragione fioriscono così dissidenze che tentano di portare alla luce alcune incongruenze fondamentali che farebbero tremare la narrazione ufficiale: i numeri dei morti sarebbero gonfiati, le cause di morte artefatte, i protocolli di cura sbagliati. Alcuni medici nei mesi precedenti avevano violato i diktat ministeriali effettuando autopsie e scoprendo che si trattava di morti da tromboembolia intravasale disseminata: la “vigile attesa” cagionava un protrarsi dell’infezione che generava in molti casi trombi, coaguli, che si innestavano nei polmoni impedendo lo scambio di ossigeno. Non erano polmoniti. Erano soffocamenti veri e propri. Le intubazioni facevano il resto andando a “bruciare” letteralmente i polmoni.

Accuse gravi. Accuse suffragate – però – da fatti incontrovertibili.

Manifestazioni di piazza, contronarrazione alternativa crescente, depistaggi coloriti, figure di spicco: tutto concorre a creare un clima di diffidenza verso il cosiddetto mainstream.

Una nuova stagione di propaganda inizia così a passare al contrattacco: chiunque osi sfidare lo storytelling di regime viene etichettato con il termine infamante di “negazionista”. La polarizzazione tra apocalittici e integrati aumenta a dismisura.

Si innesta tra le righe di Stato una nuova astrazione mentale contrologica destinata a cambiare tutto nei mesi successivi: la figura del malato asintomatico.

2

La questione del malato asintomatico si interseca a doppia elica con la torsione pindarica delle mascherine, che prima non servivano affatto e gli studi e l’OMS e i virologi stavan tutti lì a dimostrarlo, fin quando ad Aprile 2020 circa si cominciò a inserirne l’obbligatorietà di utilizzo all’interno degli spazi chiusi facendo larghissimo uso di altrettante torsioni logiche.

Così a maggio, con le riaperture (di tutto fuorchè delle scuole), il primo reale tassello della narrazione pandemica andava sedimentandosi. Si entrava in bar e supermercati e negozi solo con mascherina e previa opportuna igienizzazione delle mani con prodotti idroalcolici.

Il “niente sarà come prima” e la “nuova normalità” avevano conquistato la loro prima casella.

Tuttavia con la bella stagione alle porte e le curve epidemiologiche non più rinfocolabili nemmeno coi più geniali artifici, la Propaganda fu costretta a tornare a lavorare sul proprio terreno: dalla “Scienza” si tornò alla Semiotica. Così dal cilindro rispuntò in maniera coatta il malato “asintomatico” (già usato contro corridori e padroni di cani, nonchè sui bambini) ossia un individuo perfettamente in salute che però potrebbe covare il virus per un tempo indefinito e indefinibile e infettare tutti, perfino l’aria, perfino la sabbia. Perfino il mare!

Non esistevano più persone sane e persone malate, ma solo “malati fino a prova contraria”.

I media sinfonici naturalmente rilanciarono pedestremente a passo d’oca la nuova definizione e tutti inasprirono di conseguenza quella già nutrita diffidenza verso il prossimo che andava escrescendo nella loro psiche da mesi.

“Proteggere gli altri” era un atto di responsabilità. Se non “proteggevi i più deboli” – se avevi dubbi; se volevi respirare – eri un negazionista. Un fascista. Criminale contro l’umanità.

Naturalmente la discrasia prodotta dallo shock schizogenico di una primavera galoppante e vitale ancora però insidiata da un – letteralmente – “invisibile nemico”, non poteva nascondere sotto il tappeto degli sforzi congiunti dei media il fatto che alcune cose proprio non tornavano.

Ecco allora che sempre dal medesimo cilindro vennero fuori alcuni personaggi “dissidenti” utili a calmierare gli scettici traghettandoli verso una versione normalizzata dei fatti: “le terapie intensive sono vuote! Abbiamo lavorato bene! Ora riapriamo tutto e basta sciocchezze! Non terrorizziamo la popolazione. Il virus c’è ma ci sono anche le cure. Lavatevi le mani e mettete la mascherina quando serve. Facciamo ripartire l’Italia. La conta dei morti è stata fatta male. Dobbiamo convivere con il virus”.

Altra casella conquistata: convivere con il virus. Oltre a mascherine e gel igienizzanti.

Con l’estate alle porte, comincia a profilarsi un grottesco susseguirsi di messa “in sicurezza” dei luoghi, di protocolli, di nastri distanziatori tra un ombrellone e l’altro, fino al bieco parossismo dell’igienizzazione tramite prodotti biotossici di intere, desolate spiagge.

Il waterboarding adoperato alle attività commerciali le aveva costrette ad accettare tutto. E sia: che si riapra alle vostre condizioni, purchè si riapra.

Ripartire dunque, ma “in sicurezza”. Per un’estate che – come vedremo – preparerà il terreno alla “seconda ondata”.

3

Naturalmente ricorrere al cilindro magico della semiologia ha i propri limiti: la Scienza deve suffragare con dati, studi, numeri.

Oltretutto l’estate 2020 è alle porte!

Così viene riabilitato lo strumento – inizialmente dato per indisponibile e costoso (ricordate la scarsità dei reagenti?) – del “tampone”. Un cotton fioc che – tramite la Reverse Transcription-Polymerase Chain Reaction – diagnosticherebbe la “presenza” del virus (benchè il premio Nobel e inventore dello stesso, Kary Mullis, prima di passare a miglior vita sostenesse fosse del tutto inutile come strumento di diagnosi)

Poco importa – dicevano – che siate “asintomatici”: il virus circola e occorre isolare e tracciare. Trapanare e tamponare. Bisogna salvare l’estate.

Gli sforzi della Propaganda per sviare dalla facile intuizione secondo cui se uno sputacchio può contagiare tutti allora non ha senso cercare il frammento di Rna trapanando gola e naso, sono tutto sommato leggeri: Italia sta reagendo abbastanza bene, il gregge si muove secondo pastore. Non si fa domande.

Almeno così pare, perchè poi arriva – di concerto con la smania di tamponare tutti – la famigerata App Immuni, ossia una sorta di grottesco meccanismo di cyberdelazione e autodenuncia che però non attecchisce, non sfonda. Sarà il caldo, sarà il mare, ma la gente pensa a uscire la sera, lasciarsi alle spalle tutto, e preferisce evitare quarantene.

Irresponsabili!

Dopo un’estate all’insegna di mascherine in spiaggia (e perfino in acqua) con tanto di selfie, e di Bonus Vacanza elargiti come un’elemosina alle indegne mani tese di un’italietta di mendicanti senza orgoglio, ecco il caso “Billionaire”: il famoso locale dei VIP in Sardegna diventa un “focolaio” (a nutrire il glossario pandemico della neo-lingua). Il barman viene intubato, il patron e millionario Briatore viene “ricoverato” (per prostatite, ma “positivo” al tampone).

Settembre parte col piede giusto: abbiamo il nuovo nemico e non si chiama più Runner. Si chiama Movida.

“Assembramenti” ha sostituito ormai su tutti i giornali e nel linguaggio comune le parole “gruppi”, “raggruppamenti”, “comitive”. Fotografie scattate con teleobiettivo mostrano folle aggrappolarsi in modo sconsiderato. La politica tutta – a destra e a sinistra – stigmatizza gli irresponsabili.

“Dobbiamo evitare la seconda ondata”, rimbomba il boato ipnopedico.

Ecco che “seconda ondata” entra nel glossario dei pennalai sinottici di regime. Così come vi entrò di prepotenza “negazionisti” in luogo di “scettici”.

Vedere “assembramenti” durante la “movida” rimandava immediatamente alla “seconda ondata”, a dimostrarlo c’erano i tamponi PCR che adesso arrivavano a essere decine di migliaia al giorno per scovare sempre più polli e focolai da dare in pasto alle statistiche.

La seconda metà di settembre – infine – vede chiudersi l’estate e aprirsi le scuole, fino a quel momento dimenticate.

E la palla passa ai bambini. I veri protagonisti dell’Autunno.

Ma questo è un altro capitolo.

4

Dopo sette mesi di assenza, precisamente da fine febbraio 2020, bambini e ragazzi possono tornare a scuola.

Ma facciamo un passo indietro.

Nel periodo precedente, da marzo 2020 a giugno, si era abbozzata la prima, rocambolesca, forma di DAD, o Didattica a Distanza (altro termine a rimpolpare il glossario) che aveva messo in crisi trasversalmente milioni di famiglie costrette a seguire più figli contemporaneamente mentre si lavorava da casa durante il lockdown: nuovi PC, tablet, webcam, contratti con società di telecomunicazioni etc.

In seguito, a ridosso dell’estate – dopo un imbarazzante silenzio del Ministero dell’Istruzione nella persona di Lucia Azzolina – le istituzioni si ricordano che esistono gli studenti, così cominciano a scavillare improbabili protocolli e misure per mettere “in sicurezza” gli studenti, già sapendo (novelli Nostradamus) che il raffreddore letale sarebbe tornato a colpire, scegliendo come luogo privilegiato dei “focolai” per l’appunto le scuole. Poco importava che le stesse statistiche visionabili perfino dall’analfabeta funzionale medio indicassero in maniera incontrovertibile che i bambini non fossero soggetti all’infezione. Potevano però – questa era la risposta – essere “asintomatici”, e mescere l’Rna ferale direttamente nelle narici dei poveri nonni.

Ecco così manifestarsi una delle più tristi pagine del folclore italiano: i “banchi a rotelle” e tutto l’indotto congegnato di concerto con tale Arcuri, Commissario Straordinario, una delle figure più drammaticamente pittoresche di tutta la faccenda, destinato ad essere nei mesi seguenti indagato e silurato (sostanzialmente perché non più utile, ma lo vedremo).

Già in estate inoltrata i media davano manforte alla scaletta di Governo insistendo sulla necessità di protocolli stringenti per queste piccole bombe biologiche: si inizia a parlare di mascherine per bambini e ragazzi. Il fatto lo si dà per assodato, c’è solo da stabilire se per tutta la durata delle lezioni, se solo per pisciare, se chirurgiche o “di comunità” (tenete a mente questo passaggio), e altri “se” variamente pasticciati.

Succede infatti che a scuole aperte (io, per protesta, il giorno dell’apertura me ne andai al mare a vedere i miei divertirsi come matti e ci restai per i successivi dieci giorni) tutti i protocolli concepiti nelle settimane precedenti vengono fatti rispettare con rigore: mascherine nei luoghi comuni. Percorsi obbligati con apposita segnaletica. Misurazione della temperatura (da casa, annotata sul diario. A scuola, se c’è sufficiente personale) Distanziamento. Igienizzazione costante. La scuola – da luogo di apprendimento e scambio – diventa più simile a un carcere minorile in versione chupa-chups, con insegnanti e maestri mascherificati che nel migliore dei casi tentano disperatamente e grottescamente di dare “colore” agli sguardi dei più piccoli, e solerti bidelle a puntare il dito su questo o quel monello che pretende di voler respirare.

Inutili le proteste di quei (pochi) genitori: le parole “focolaio”, “in sicurezza”, “i più deboli”, “negazionista”, “i nonni”, sono strali irrefutabili. D’altra parte la maggioranza dei genitori, leonescamente contraria fino a qualche minuto prima all’idea dei propri bambini ammutoliti da un simbolo tossicogeno per otto ore al giorno, si ritrova invece un minuto dopo a pascersi nelle autoreferenziali giustificazioni come: “guarda come sono bravi. Come si abituano in fretta. Sono proprio resilienti questi bimbi”. I mezzi di Propaganda, all’unisono, confortano questa visione con servizi messi a punto per l’occasione, e mandati H24. In pochi notano che – contestualmente alla stipula di un contratto tra il Governo Italiano e la FCA relativo alla produzione e alla fornitura di circa 30 milioni di mascherine chirurgiche al giorno – viene introdotto l’obbligo di fare indossare agli studenti non più mascherine autoprodotte o di comunità, ma proprio mascherine chirurgiche. Quelle prodotte da FCA. Proprietaria del quotidiano Repubblica. Che tutti i giorni nei suoi articoli demonizza chi non indossa mascherine. In pochi lo hanno notato anche quando è emerso che per difetto di fabbricazione dei pezzi di filamenti tossici e maleodoranti finivano nella bocca e nel naso dei loro figli. La gente, pare, è particolarmente distratta. Ma si comprava – nello stesso periodo – il kit zaino/portapenne/mascherina in coordinata.

A margine annotiamo il fenomeno, seppur secondario, dell’educazione familiare – già esploso dopo le leggi del 2017 – che rinverdisce. Molti genitori ritirano i propri figli dagli istituti di Stato e li istruiscono da casa o, quando ne hanno la possibilità, li mandano a studiare presso associazioni di sostegno all’educazione parentale.

Nelle scuole di Stato, ancora, dopo un primo periodo di assestamento, iniziano a spuntare come funghi casi di intere classi “positive”. La colpa? Che ci crediate o no, è della Movida estiva. La Movida di qualche mese prima. Poco importa che il raffreddore cinereo preveda un’incubazione di quattordici giorni. Andare in vacanza mesi prima ci ha compromessi tutti oggi, bambini compresi.

Le mascherine, in autunno inoltrato e con l’inverno alle porte, diventano così obbligatorie anche al banco per tutti gli studenti. Anche in bagno. Anche all’uscita da scuola. C’è chi vorrebbe che gli studenti ne indossassero due.

Ma non basta. Non basta. I focolai scoppiano ovunque.

I banchi a rotelle, i distanziamenti, le mascherine, le igienizzazioni non sono servite a contenere questo formidabile nemico.

I giornali, la politica, gli influencer, chiedono risposte rapide, soluzioni risolutive: siamo alle porte della tanto prevista Seconda Ondata. Col Natale alle porte – un Natale da salvare – il Governo vara provvedimenti più incisivi: mascherine per tutti, anche all’aperto. Italia in rosso, è il principio del “lockdown soft”: scuole elementari aperte; medie e superiori variamente in DAD.

Non importa che sul provvedimento sia riportata una frase che recita pressapoco ”[…] con possibilità di prevederne l’obbligatorietà di utilizzo anche all’aperto laddove per condizioni del luogo o circostanze di fatto sia impossibile mantenere il distanziamento”. No. Il simbolo ieratico, il totem ideologico, di tutta questa faccenda – la museruola – ora ce l’hanno tutti. Tutti. Dentro e fuori. Perfino sui balconi.

Altra casella conquistata. Altro concetto sedimentato.

Ora non c’è che da salvare il Natale, e aspettare i tre Re Magi: Pfizer, Astrazeneca e Moderna.

5

Dopo circa otto mesi dal primo confinamento, nelle retrocamere pneumatiche dell’inconscio collettivo italiano s’è ormai indiscutibilmente sedimentata l’idea della sospensione non solo dei Diritti Costituzionali, ma perfino di quelli Naturali: tra ottobre e novembre diventano “obbligatorie” le mascherine anche all’aperto – perlomeno così sostiene la stampa sinottica –, si torna a chiudere tutto allo schiocco di dita di improvvisi DPCM senza che si sollevi un fiato, e viene persino introdotta una misura dal sapore decisamente totalitario e marziale, ovverosia il Coprifuoco a partire dalle 22 e fino alle 5. Italia s’è abituata ai toni tanto paternalistici quanto perentori del Premier Conte nelle sue dirette Facebook, e se da una parte fiorisce una fitta e nutrita pletora di contronarratori che alimenta anche diffuse quanto sparute proteste (pacifiche, ma talvolta esasperate) su tutto il suolo nazionale, dall’altra il cosiddetto mainstream pompa a pieno regime una indiscutibile versione ufficiale. Poco importa che si verifichino episodi che in sé smonterebbero tutta la baracca, come la folla oceanica riunita in occasione della morte del giocatore Diego Armando Maradona e stigmatizzata ovunque paventando stragi di lì a due settimane. Stragi che naturalmente non hanno mai avuto luogo.

Oltre a mascherine obbligatorie, coprifuoco e compulsivi DPCM, un nuovo baluardo entra nella narrazione di regime, supportata e mai messa in discussione nelle sue fondamenta da alcuna intellighenzia: si tratta delle “zone colorate”. Sulla base delle “curve epidemiologiche” artefatte e alterate dalla copiosa ricerca di “malati” (asintomatici al 95%) a mezzo tampone, ogni Regione d’Italia può tingersi variamente. La Zona Gialla, ove è consentito (sì, ora è normale che i diritti siano “consentiti”, il che – di converso – implica che possano anche non esserlo a piacimento) muoversi all’interno del territorio regionale, andare al bar o in pizzeria (fino alle 18, poi solo “da asporto”), comprarsi un paio di calzini, delle mutande, andare dal parrucchiere e dall’estetista. In zona gialla la bellezza è consentita; la Zona Arancione prevede l’ulteriore restrizione del confinamento entro i perimetri municipali, bar e ristoranti solo da asporto, mutande ancora acquistabili. Si è un po’ meno belli; la Zona Rossa, infine: un confinamento al rosolio tale per cui ci si può muovere solo con autocertificazione e solo entro non meglio precisati “pressi” rispetto alla propria abitazione. Qui, per decreto, niente mutande e niente bellezza.

A tutti i costi dobbiamo appiattire la curva, dobbiamo salvare il Natale. Il Premier Conte usa parole come “raccoglimento”, “sobrio”, “niente baci e abbracci”.

Chi ci salverà?

I quattro quotidiani sinottici – Repubblica, Corriere, Stampa, Fatto Quotidiano – integrano l’edificazione di una nuova mitologia salvifica intorno ai sieri già in via di definizione da parte delle grandi multinazionali del farmaco, che gareggiano tra loro innescando una sorta di toto-pharma. Il primo arrivato avrà un fortissimo vantaggio sulla concorrenza.

Il Natale si avvicina, le restrizioni diffusamente si allentano per “consentire” di acquistare i regali da mettere sotto l’albero – ma sempre nel rigoroso rispetto delle norme di prevenzione che ormai l’italiano ha pavlovianamente imparato a mettere in pratica con un comodo automatismo.

Italia scarta così i regali, con fare un po’ furtivo – c’è chi si riunisce in clandestinità per festeggiare la ricorrenza, chi invece rinunzia al cospetto della responsabilità collettiva. Ma il regalo più grande passa dal Brennero, scortato da camionette ed elicotteri, ripreso a reti unificate e asperso dei profumi delle più grandi speranze collettive: sotto una splendente cometa, il giorno 25 dicembre 2020 arriva a Roma – custodito all’interno di un delicato furgoncino dei gelati – il nuovo, grande miracolo. Il suo nome è Comirnaty – per tutti Pfizer Biontech.

6

Il nuovo anno si lascia alle spalle quello funesto, marchiato a fuoco nei futuri libri di Storia, aprendosi a speranze collettive dal sapore salvifico rimasticate anche fra le torbide righe dei giornali di regime, che tuttavia non perdono tempo nel sostenere il cambio di passo gattopardesco utile a cristallizzare la nuova visione della normalità in ascolto del polso nazionale, che va controllato, accompagnato, pilotato.

Dopo meno di un mese dall’avvento del primo Re Magio – che prende ad esser pian piano distribuito come un’ostia trascendente, una parusìa, ai fortunati prescelti – il Governo Conte Bis cade a causa di manovre di palazzo che non importa specificare, concentrandoci piuttosto sull’evidenza – che vedremo – di una linea di continuità ideologica, politica e pratica sulla gestione dell’emergenza sanitaria.

Il Commissario Straordinario Arcuri – scelto dal Conte Bis per fronteggiare alcune fondamentali incombenze e famoso per sospetti emolumenti nell’acquisto di tonnellate di mascherine, Primule ecclesiastiche dai colori fluo-shock distopici, banchi a rotelle e altre amenità – trasluce pian piano via dalle scene.

La narrazione – già nutrita di nuovi e reiterati lemmi funzionali al caso della caduta del Governo (“E’ tempo di “Costruttori”) – ora lusinga la linea di obsolescenza programmata presentando il teatrino politico “rinnovato”, nuovo di pacca: un competente, un costruttore, un responsabile si fa via via più necessario. E chi, fra tutti, incarna ognuna di queste peculiarità in modo tanto efficace quanto trasversale?

Certo, non è una novità. Il suo nome scivolava via dalle lingue gocciolanti prima ancora che dei politici e dei giornalai di regime, nelle previsioni della contronarrazione “complottara” a cui mai nessuno affida un grammo di credito. Eppure, tant’è, il Presidente della Repubblica incarica – dopo i dovuti rituali di corteggiamento, sceneggiate narrate, adusi e logori tira e molla – il Costruttore dei Costruttori: Mario Draghi.

I Pennalai Sinottici di Corte – i soliti La Stampa, Repubblica, il Corriere della Sera e, marginalmente, il Fatto Quotidiano – intingono il pennino in un magma di glassa e ridipingono, rinnovano, rinfrescano l’immagine dell’uomo che dal 1992 in poi ha collaborato al più grande smantellamento di una nazione (era Presidente del Comitato privatizzazioni post panfilo Britannia, tanto per dirne una), ex Goldman Sachs, ex BCE ma anche nel gruppo dei 30 e tanto, tanto altro. Con un colpo di penna – che arriva ai vertici del grottesco con titoli su lui che vuole bene al suo cane, dunque non può che essere una “brava persona” – il freddo e atarassico burocrate della finanza internazionale si trasforma magicamente nel nuovo, responsabile Padre d’Italia.

Il fasto con cui viene celebrato il Nuovo è secondo solo alle speranze di un reale cambiamento nutrite – ad arte – da tutta la popolazione. L’esacerbazione delle masse che, ancorché dormienti, mostran qualche guizzo di coscienza, qualche innervatura di consapevolezza residua nei recessi animaleschi delle loro minuta memoria collettiva, viene subito sopita con la presentazione della nuova, scintillante e responsabile squadra di Governo. Nella prima metà di Febbraio 2021 viene svelata la Justice League che traghetterà Italia tutta fuori dall’Emergenza.

Naturalmente sarà un Governo di “larghe intese”; un Governo “di tutti”, con rappresentanti di tutte le classi politiche pescate a centottanta gradi dall’emiciclo. Restano tuttavia alcune figure miliari, come il Ministro della Salute Roberto Speranza e saponetta Di Maio.

Spicca ad ogni modo – tra gli accessori di ultima generazione – l’uomo delle Telco globali: Vittorio Colao (Innovazione Tecnologica e Transizione Digitale). Nella ricetta anche DAD Man all’Istruzione, ovverosia Patrizio Bianchi, subito a sperticarsi per introdurre in pianta stabile la didattica a distanza integrata e le somministrazioni ieratiche dei Re Magi direttamente a scuola.

Una nuova figura pittoresca si staglia poi imperiosa nella skyline della gestione emergenziale col suo fiero pennacchio, mezzo chilogrammo di medaglie al valore, una inappuntabile mimetica inamidata e lo sguardo fiero di chi, pragmatico in ogni cellula, non ha tempo da perdere con Primule e fiorellini: il Generale Figliuolo.

Sarà lui a gestire la nuova comunione, distribuire i Magi Astrazeneca, Pfizer e Moderna a tutta la popolazione. Al suon di tromba radunerà le braccia tese di una popolazione implorante sotto un’unica, grande, patria siringa.

Partono le vaccinazioni di massa. E partono col turbo.

7

Già dai primi giorni di marzo il Generale Figliuolo, nuovo Commissario Straordinario per la gestione dell’emergenza sanitaria, mette in moto e a punto – sostenuto con veemenza e in maniera omogenea da pressoché tutti i media irregimentati – la linea di produzione Fordiana delle somministrazioni di massa dei sieri vaccinali. Non dà scandalo, né afflati di seppur vago scetticismo, che egli sia un militare.

Non appena il numero di quelli che vengono definiti a torto – e con malafede – “immunizzati” aumenta esponenzialmente nel corso delle prime settimane dalla partenza dell’apparato, ecco che cominciano a trapelare (quasi sempre da piccole testate locali, ancora parzialmente salve dalle lusinghe del Potere) notizie di reazioni avverse anche gravi, perfino fatali, occorse immediatamente dopo la somministrazione. Si tratta perlopiù di individui ancora giovani i quali, stando ai dati, sarebbero sfuggiti in condizioni normali alle mortifere escrescenze dell’Rna virale nel caso in cui l’avessero contratto: insegnanti, infermieri, militari e forze dell’ordine.

Si apre così una breve stagione di messa in crisi circa l’affidabilità di un siero in particolare, Astrazeneca, il cui funzionamento è tuttavia del tutto simile agli altri due (Pfizer e Moderna) nei suoi elementi fondamentali. Ma questo non viene detto.

Il siero Astrazeneca causerebbe trombosi entro le due settimane dalla sua somministrazione. La notizia emerge con prepotenza anche nel mainstream dopo che ben due militari perdono la vita poche ore dopo aver ricevuto la terapia genica. Dopo di essi, ancora insegnanti, medici, infermieri, personale militare, anziani etc.

Dalle propaggini europee giungono notizie del tutto simili, così anche Italia si adegua variamente a un’attitudine prudenziale che vedrà sospese le somministrazioni di quel siero in particolare fino a quando non verrà “fatta luce” sulla correlazione fra gli eventi trombotici e il preparato.

L’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) prende in carico l’analisi dei dati che dovrebbero stabilire o meno una correlazione: dopo due giorni, in modo perentorio, viene totalmente esclusa questa possibilità. No. Nessuna correlazione.

Sorprende tuttavia che l’EMA sia presieduta dalla Dottoressa Emer Cooke, già membro del consiglio di amministrazione di EFPIA dal 1991 al 1998. EFPIA è “l’organizzazione di lobbying dei più grandi gruppi farmaceutici europei”. Sostanzialmente il controllore è stato alle ottimamente remunerate dipendenze dei controllati – con vari incarichi – dal 1985 al 2020. Ma nessuno si fa domande circa la sua imparzialità.

Così – dopo un breve fermo immagine – la pellicola torna a scorrere a pieno regime, col plauso di tutti coloro che tirano un sospiro di sollievo puntando il dito su quelle categorie che avevano osato mettere in discussione le nuove basi fondanti del BioPotere.

Accade tuttavia che la gente continua a morire dopo le somministrazioni (mica solo di Astrazeneca, che resta però l’unico “bersaglio”). Ma anche – e lo vedremo dopo – ad ammalarsi malgrado abbiano compiuto la trascesa “immunizzazione”.

Si ritorna dunque a interpellare il controllore: il fermo immagine torna a frizzare sugli schermi in maniera un po’ instabile. Anche in questo caso succede che in poco tempo la sentenza è pronta, sebbene un po’ diversa: la correlazione esiste, ma è rarissima. I benefici superano i rischi.

E la pellicola – insieme alle rotative – torna a scorrere più liscia di prima.

Il nuovo Governo Draghi nel frattempo mostra di non scostarsi in alcun modo dal precedente: continuano i DPCM; il coprifuoco è oramai un principio fortemente cristallizzato nell’ossatura normativa; il meccanismo delle zone colorate rimane e anzi viene slogato – in occasione delle festività Pasquali – dalle statistiche e dai dati delle curve epidemiologiche: è lo stesso Draghi a imporre, assurdamente, per tutto il mese di aprile le sole zone Rossa e Gialla indipendentemente dal numero dei contagi (che nel frattempo bastava fossero superiori ai 250/100mila per retrocedere in “lockdown soft”); tutti i locali, già alla canna del gas, chiusi e solo da asporto; le scuole di ogni ordine e grado tornano a chiudere anch’esse a metà marzo e fino al 7 aprile; viene data licenza ai singoli territori di inasprire le misure previste per ciascun “colore” a piacimento, vedendo così rispuntare sigilli su scivoli e altalene, volanti procedere lentamente in ricognizione di parchi e aree verdi, sanzionare innocui pic-nic e via dicendo.

Ma non solo: a mezzo decreto viene anche sancita la cosiddetta “obbligatorietà” alla vaccinazione per personale medico, paramedico e sanitario, pena il demansionamento e/o la sospensione dello stipendio. Una misura che – grazie al brainwashing collettivo adoperato sugli italiani per ben 14 mesi – non induce alcun conato. Non storce nessun volto fra le anime belle. Non indigna i sindacati – che anzi nel frattempo si stracciano le vesti per mettere “in sicurezza” i lavoratori perfino in azienda, ché il Padrone non pensi mica di cavarsela facilmente. Vaccini per tutti! Vaccini proletari!

Il fatto di aver trasformato un’intera nazione in un laboratorio a cielo aperto, che a seguito della somministrazione seguano ampi “focolai” tra gli “immunizzati”, che sui foglietti illustrativi di ciascun siero sia riportato un triangolo rovesciato a cui segue la dicitura “farmaco sottoposto a monitoraggio addizionale” e che quindi la cavia è il somministrando, il fatto che il diritto al lavoro sia subordinato – de facto – a un ricatto che coinvolga il proprio corpo, che la popolazione sia costantemente tenuta sotto scacco da un’impressionante morsa molossoide di paura e terrore che nasconde colpevolmente evidenze e dati e analisi che per sola logica confuterebbero ognuna – ognuna! – delle premesse che tengono in piedi la narrazione, che stia palesandosi all’orizzonte una discriminazione di sapore totalitario tra cittadini che possono e cittadini che non possono, ecco: questo non fa arrabbiare i compagni sindacalisti, né nessun altro.

Anzi viene rincarata la dose: a mezzo della solita tecnica della finestra di Overton, mescolata a sapienti tecniche di manipolazione della percezione collettiva, si fa sempre più strada nel corso della primavera l’idea del cosiddetto “Pass”, ossia di uno strumento (un marchio?) premiante per coloro i quali, perché vaccinati o certificati come “guariti” o negativi al tampone molecolare (insomma a qualsiasi intruzione coattiva al “corpo”), avranno il “diritto” di spostarsi sul suolo nazionale. Di converso, quanti rifiuteranno la somministrazione o non hanno avuto la “fortuna” di aver contratto il virus con certificazione, saranno relegati, segregati, isolati.

Tutto nel nome della Democrazia. Tutto nel nome della Salute. Così come nel nome della Salute è arrivato il Recovery Plan il quale, su quasi 200 miliardi di euro stanziati, ne destina appena 15 alla Sanità e ben 100 tra “Transizione Ecologica” e “Digitalizzazione”: i capisaldi del Great Reset a cui siamo stati assoggettati nostro malgrado. Al cospetto del quale ci hanno piegati.

Arriviamo così in queste prime settimane di maggio 2021 con un mondo stravolto, capovolto, rovesciato, impronunciabile in virtù delle misure adottate per contrastare quel virus del raffreddore che venti mesi prima appariva in una regione cinese intorno a Wuhan? No. Lo scopo è ovviamente un altro.

In nome del Nuovo Mondo, di questo Nuovo mondo, siamo tracciati, reclusi, inseguiti, vessati, ammutoliti, licenziati, affamati, costretti a uno psy-bombing continuo e inarrestabile, incapaci di giudizio e coraggio, incapaci di proteggere i propri figli, sottoposti a torture psicologiche incessanti, distanti gli uni dagli altri, diffidenti, costretti a patire il grottesco susseguirsi di restrizioni e costrizioni illogiche, controintuitive, innaturali, costretti a limitazioni senza posa, una dopo l’altra all’interno di un solco di pensiero unico e monolitico, marchiati e accusati di voler vivere; di essere pericolosi perché vogliamo vivere.

Di essere pericolosi perché vogliamo vivere.

Dunque non c’è altra soluzione.

Se le cose stanno così, amici miei, ebbene: che pericolo sia!

Uriel Crua



Pubblicato da WI in data maggio 09, 2021

FONTE: https://www.weltanschauung.info/2021/05/cronistoria-italiana-del-covid-19-da.html

 

 

BELPAESE DA SALVARE

I vertici Rai li sceglie Draghi. Prendendoli dalle multinazionali e dalla finanza

Decide tutto lui, a partire dagli uomini giusti per ricoprire certe poltrone. Mario Draghi ha fatto capire chiaro e tondo in queste settimane quale sarà la linea, alla quale i partiti sono chiamati ad adeguarsi senza troppo ciarlare: totale autonomia di scelta, come già anticipato dalle sostituzioni ai vertici di Ferrovie dello Stato e Cassa Depositi e Prestiti. Per non parlare dei fondi del Recovery Fund: la cabina di regia sarà a Palazzo Chigi, i ministri più coinvolti quelli tecnici scelti dallo stesso Draghi. Così da garantire all’Europa che non un euro si muoverà senza l’ok di uno dei totem per eccellenza di Bruxelles.

Draghi ha esteso il suo metodo anche alle nomine delle partecipate, con i vertici Rai che, nonostante le pretese di questo o quel segretario politico, saranno rigorosamente scelti dal presidente del Consiglio. In tempi rapidi, con l’obiettivo di identificare un presidente che tutto sommato non faccia storcere troppo il naso ai partiti, mentre a fare l’amministratore delegato sarà chiamato un manager. Secondo Repubblica, il tutto avverrà all’insegna della parità di genre: un uomo e una donna.

Per quanto riguarda l’amministratore delegato, tra i nomi che stanno prendendo quota negli ultimi giorni c’è innanzitutto quello di Raffaele Agrusti, chief financial officer in Rai e in passato ad di Generali. A contendergli il posto potrebbe essere Andrea Castellari, già direttore generale di Discovery, o Marinella Soldi. Si parla anche dell’ex Sky Andrea Scrosati, che però ha detto di no, e della manager Laura Cioli.

Per quanto riguarda la presidenza, invece, il nome ipotizzato è quello di Ferruccio De Bortoli. L’operazione, sempre stando a Repubblica, è pensata da Draghi per traghettare viale Mazzini verso una maggiore digitalizzazione e un rinnovamento dei contenuti, con un occhio però a conti e bilancio. E con una certezza, quella già manifesta: dietro ogni scelta ci sarà sempre e solo lui, il premier che piace tanto all’Europa (e decisamente meno, sondaggi alla mano, agli italiani).

FONTE: https://www.ilparagone.it/attualita/i-vertici-rai-li-sceglie-draghi-prendendoli-dalle-multinazionali-e-dalla-finanza/

 

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

La dottrina Rumsfeld/Cebrowski

Da due decenni il Pentagono applica al “Medio Oriente Allargato” la dottrina “Rumsfeld/Cebrowski. Ha più volte valutato se estenderla al “Bacino dei Caraibi”, ma vi ha sempre rinunciato, concentrandosi sul primo obiettivo. Il Pentagono agisce come centro decisionale autonomo che di fatto sfugge al potere del presidente. È un’amministrazione civile-militare che impone i suoi obiettivi agli altri settori militari.

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Le mappe del Consiglio dei capi di stato-maggiore USA del 2001 − pubblicate nel 2005 dal colonnello Ralph Peters − che ancora oggi, nel 2021, sono il riferimento per l’azione delle forze armate USA.

Amarzo 2002, nel libro L’incredibile menzogna [1] [2] scrivevo che gli attentati dell’11 Settembre avevano l’obiettivo di far accettare agli statunitensi:

- all’interno, un sistema di sorveglianza di massa (il Patriot Act);
- all’estero, la ripresa della politica imperiale, su cui all’epoca non esistevano documenti.

Le cose si chiarirono solo nel 2005, quando il colonnello Ralph Peters ¬− allora commentatore di Fox News − pubblicò la famosa carta del Consiglio dei capi di stato-maggiore: la carta del “rimodellamento” del Medio Oriente Allargato [3]. Fu uno choc per tutte le cancellerie: il Pentagono prevedeva di ridisegnare le frontiere ereditate dalla colonizzazione franco-britannica (gli Accordi di Sykes-Picot-Sazonov del 1916) senza riguardo verso alcuno Stato, nemico o alleato che fosse.

Da allora ogni Stato della regione cercò con ogni mezzo di evitare che la tempesta si abbattesse sulla propria popolazione. Invece di allearsi con i Paesi limitrofi per fronteggiare il comune nemico, ogni Paese tentò di spostare le grinfie del Pentagono sui vicini. Il caso più emblematico fu la Turchia, che più volte cambiò di spalla al fucile, dando di sé la fuorviante immagine di cane impazzito.

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Due visioni del mondo si scontrano: dal 2001 la stabilità è per il Pentagono il nemico strategico degli Stati Uniti, per la Russia invece è la condizione per la pace.

La carta rivelata dal colonnello Peters − che detestava il segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld − non permetteva di cogliere l’insieme del progetto. Subito dopo gli attentati dell’11 Settembre, Peters pubblicò un articolo sulla rivista dell’esercito USA, Parameters [4], ove alludeva alla mappa − che tuttavia pubblicherà quattro anni più tardi − facendo intendere che il Comitato dei capi di stato-maggiore s’apprestava a realizzarla per mezzo di crimini atroci, che avrebbe appaltato per non sporcarsi le mani. Sul momento si pensò a eserciti privati, ma la storia dimostrò che nemmeno questi potevano imbarcarsi in crimini contro l’umanità.

La chiave di volta del progetto era nell’Ufficio di Trasformazione della Forza (Office of Force Transformation) del Pentagono, creato da Rumsfeld nel periodo successivo all’11 Settembre. Lo dirigeva l’ammiraglio Arthur Cebrowski, celebre stratega, ideatore dell’informatizzazione delle forze armate [5]. Si pensò che questo nuovo Ufficio fosse uno strumento per portare a compimento il progetto, benché nessuno più contestasse la riorganizzazione. Ebbene no, Cebrowski era lì per trasformare la missione delle forze armate USA, come attestano alcune registrazioni delle conferenze da lui tenute nelle accademie militari.

Per tre anni Cebrowski tenne lezioni a tutti gli ufficiali superiori USA, dunque a tutti coloro che oggi sono generali.

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Bersaglio dell’ammiraglio Cebrowski non è soltanto il Medio Oriente Allargato, ma tutte le regioni non integrate nell’economia globalizzata.

L’insegnamento impartito da Cebrowski nelle accademie militari era piuttosto semplice: l’economia mondiale si stava globalizzando; per rimanere la prima potenza mondiale, gli Stati Uniti dovevano adattarsi al capitalismo finanziario. Il mezzo migliore era garantire ai Paesi sviluppati lo sfruttamento delle risorse naturali dei Paesi poveri, senza dover affrontare ostacoli politici. Partendo da questo presupposto, divise il mondo in due: da un lato le economie globalizzate (incluse Russia e Cina), destinate a essere mercati stabili e, dall’altro, i Paesi rimanenti, che avrebbero dovuto essere privati delle strutture statali e fatti precipitare nel caos, in modo che le multinazionali potessero sfruttarne le ricchezze senza incontrare resistenze. Per conseguire il risultato, i popoli non-globalizzati devono essere divisi secondo criteri etnici e manovrati ideologicamente.

Il primo obiettivo avrebbe dovuto essere la zona arabo-mussulmana che si estende dal Marocco al Pakistan, a eccezione di Israele, nonché di due micro-Stati contermini, la Giordania e il Libano; questi tre Stati avrebbero dovuto far da barriera alla propagazione dell’incendio. È la zona che il Pentagono ha denominato Medio Oriente Allargato. Una zona definita non in funzione delle riserve petrolifere, bensì dei comuni elementi culturali degli abitanti.

La guerra immaginata dall’ammiraglio Cebrowsi avrebbe dovuto riguardare in prima battuta l’intera regione. Non si dovevano più fare i conti con le divisioni della guerra fredda. Ormai gli Stati Uniti non avevano più gli amici o i nemici di un tempo. Non era più l’ideologia (i comunisti) o la religione (scontro di civiltà) che identificava i nemici, ma solo la loro non-integrazione nell’economia globalizzata del capitalismo finanziario. Niente poteva più proteggere coloro che avevano la sfortuna di non essere pecoroni, ossia di essere indipendenti.

Questa guerra non doveva ottenere lo sfruttamento delle risorse naturali soltanto per gli Stati Uniti − com’era accaduto nelle guerre precedenti − ma per tutti gli Stati globalizzati. Del resto, gli Stati Uniti non erano più prioritariamente interessati all’appropriazione delle risorse naturali; volevano soprattutto dividere il lavoro su scala planetaria e fare lavorare gli altri per loro.

Ciò comportava cambiamenti tattici nel modo di condurre la guerra, visto che non si trattava, come in precedenza, di ottenere la vittoria, ma di portare avanti una «guerra senza fine», secondo l’espressione del presidente George W. Bush. In effetti, le guerre iniziate dopo l’11 Settembre su cinque fronti sono tutt’ora in corso: in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria e Yemen.

Poco importa che i governi alleati interpretino queste guerre come vuole la propaganda statunitense; la realtà è che non sono guerre civili, ma tappe di un piano prefissato del Pentagono.

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Esquire Magazine, marzo 2003

La “dottrina Cebrowski” causò uno scossone nelle forze armate USA. L’assistente di Cebrowski, Thomas Barnett, fece un articolo per Esquire Magazine [5] e in seguito pubblicò un libro per meglio illustrare al grande pubblico la sua teoria: La Nuova carta del Pentagono [6].

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Il fatto che nel libro, pubblicato dopo la morte dell’ammiraglio Cebrowski, Barnett si sia attribuito la paternità della dottrina non deve trarre in inganno. È solo un mezzo del Pentagono per disconoscerne la paternità. Lo stesso accadde, per esempio, con lo “scontro di civiltà”. All’inizio si trattava della “dottrina Lewis”, uno stratagemma comunicativo studiato all’interno del Consiglio di Sicurezza Nazionale per vendere nuove guerre all’opinione pubblica. La dottrina fu poi esposta al grande pubblico dall’assistente di Bernard Lewis, Samuel Huntington, che la presentò come dissertazione universitaria su una realtà ineluttabile.

L’attuazione della dottrina Rumsfeld/Cebrowski è incorsa in innumerevoli disavventure, alcune esito dell’azione del Pentagono stesso, altre per merito dei popoli che il Pentagono voleva annientare. Così le dimissioni del comandante del Central Command, ammiraglio William Fallon, furono orchestrate per punirlo, perché aveva negoziato di propria iniziativa una pace ragionata con l’Iran di Mahmud Ahmadinejad. Furono provocate da… Barnett stesso, con la pubblicazione di un articolo in cui accusava Fallon di discorsi ingiuriosi nei confronti del presidente Bush. Oppure il fallimento della disorganizzazione della Siria, imputabile al popolo siriano e all’entrata in gioco dell’esercito russo. Il Pentagono è arrivato a incendiare i raccolti e a organizzare un embargo per affamare il Paese: azioni di ritorsione che ne dimostrano l’incapacità di distruggere le strutture statali siriane.

Durante la campagna elettorale, Donald Trump si era schierato contro la guerra senza fine e per il rientro dei GI’s in patria. Durante il mandato è riuscito a evitare di aprire nuovi fronti e a rimpatriare qualche soldato, ma non è riuscito a domare il Pentagono. Quest’ultimo ha ampliato le Forze speciali senza “semiclandestine” ed è riuscito a distruggere lo Stato libanese senza far ricorso a uomini in uniforme. È la stessa strategia che sta mettendo in atto anche in Israele, ove organizza pogrom anti-arabi e anti-ebrei sfruttando lo scontro fra Hamas e Israele.

Il Pentagono ha più volte tentato di allargare la “dottrina Rumsfeld/Cebrowski” al Bacino dei Caraibi. Ha pianificato il rovesciamento, non già del regime di Nicolás Maduro, bensì della Repubblica bolivariana del Venezuela, ma è stato costretto alla fine a rinviarlo.

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Gli otto membri del Comitato dei capi di stato-maggiore.

Si deve prendere atto che il Pentagono è diventato un potere autonomo. Dispone di un budget annuale gigantesco, quasi il doppio di quello dell’intero Stato francese (escluse collettività territoriali e sicurezza sociale). In pratica, il suo potere si estende ben al di là degli Stati Uniti, dal momento che controlla l’insieme degli Stati membri dell’Alleanza Atlantica. Dovrebbe rendere conto della propria attività al presidente degli Stati Uniti, ma le esperienze dei presidenti Barack Obama e Donald Trump dimostrano il contrario. Il primo non è riuscito a imporre al generale John Allen la propria politica nei confronti di Daesh, il secondo si è lasciato trarre in inganno dal Central Command. Niente fa supporre che andrà diversamente con il presidente Joe Biden.

La recente lettera aperta di ex generali USA [7] dimostra che più nessuno sa chi dirige le forze armate USA. Quel che conta non è la loro analisi politica − degna della guerra fredda − che non inficia la loro presa d’atto: amministrazione federale e generali non sono sulla stessa lunghezza d’onda.

Le analisi di William Arkin, pubblicate sullo Wasghington Post, hanno dimostrato che, dopo gli attentati dell’11 Settembre, lo Stato federale ha organizzato una nebulosa di agenzie, sottoposte alla supervisione del dipartimento per la Sicurezza della Patria [8]. Nel segreto più assoluto, esse intercettano e archiviano le comunicazioni di tutte le persone che vivono negli Stati Uniti. Arkin ha ora rivelato su Newsweek che il Dipartimento della Difesa ha creato forze speciali segrete, distinte da quelle in uniforme [9]. Sono queste ad avere in carico la dottrina Rumsfeld/Cebrowski, quali che siano l’inquilino della Casa Bianca e la sua politica estera.

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Il Pentagono si è dotato di una Forza speciale clandestina di 60 mila uomini. Costoro non compaiono su alcun documento ufficiale e operano in abiti civili; utilizzati in teoria contro il terrorismo, sono loro stessi a praticarlo. Le forze armate classiche sono impegnate contro i rivali russi e cinesi.

Quando nel 2001 il Pentagono attaccò l’Afghanistan e poi l’Iraq ricorse alle proprie forze armate classiche − non ne aveva altre a disposizione− e a quelle dell’alleato britannico. Durante la “guerra senza fine” in Iraq, ha però costituito forze jihadiste irachene − sunnite e sciite − per far precipitare il Paese nella guerra civile [10]. Una di queste forze, costola di Al Qaeda, fu utilizzata in Libia nel 2011; un’altra in Iraq nel 2014, sotto il nome di Daesh. Questi gruppi si sono progressivamente sostituiti alle forze armate USA per fare il lavoro sporco di cui parlava il colonnello Ralph Peters nel 2001.

Oggi nessuno vede soldati USA in uniforme in Yemen, Libano o Israele. Lo stesso Pentagono s’è fatto vanto del loro ritiro. In realtà, 60 mila uomini delle Forze speciali USA clandestine, ossia senza uniforme, attraverso la guerra civile seminano caos in questi Paesi.

NOTE

[1L’incredibile menzogna. Nessun aereo è caduto sul Pentagono, Thierry Meyssan, Fandango (2002).

[2] Diversamente da quanto generalmente si crede, questo libro non riguarda gli attentati dell’11 Settembre. Soltanto la prima parte (“Sanguinosa messinscena”) dimostra l’impossibilità materiale della versione dominante. Le due parti successive riguardano la politica di controllo di massa (“Morte della democrazia in America”) e sul progetto imperiale futuro (“L’impero attacca”)

[3] “Blood borders. How a better Middle East would look”, Ralph Peters, Armed Forces Journal, June 1, 2006.

[4] “Stability. America’s ennemy”, Ralph Peters, Parameters, #31-4, Winter 2001.

[5Transforming Military Force. The Legacy of Arthur Cebrowski and Network Centric Warfare, James R. Blaker, Praeger Security International (2007).

[6The Pentagon’s New Map: War and Peace in the Twenty-first Century, Thomas P. M. Barnett, Paw Prints (2004).

[7] “Open Letter from Retired Generals and Admirals”, Voltaire Network, 9 May 2021.

[8Top Secret America: The Rise of the New American Security State, William M. Arkin & Dana Priest, Back Bay Books (2012).

[9] “Exclusive: Inside the Military’s Secret Undercover Army”, William M. Arkin, Newsweek, May 17, 2021.

[10Sotto i nostri occhi, Capitolo «La fusione dei due Gladio e la preparazione di Daesh», Thierry Meyssan, edizioni La Vela (2018).

FONTE: https://www.voltairenet.org/article213171.html

 

 

 

Blood borders

June 1, 2006

How a better Middle East would look

International borders are never completely just. But the degree of injustice they inflict upon those whom frontiers force together or separate makes an enormous difference — often the difference between freedom and oppression, tolerance and atrocity, the rule of law and terrorism, or even peace and war.

The most arbitrary and distorted borders in the world are in Africa and the Middle East. Drawn by self-interested Europeans (who have had sufficient trouble defining their own frontiers), Africa’s borders continue to provoke the deaths of millions of local inhabitants. But the unjust borders in the Middle East — to borrow from Churchill — generate more trouble than can be consumed locally.

While the Middle East has far more problems than dysfunctional borders alone — from cultural stagnation through scandalous inequality to deadly religious extremism — the greatest taboo in striving to understand the region’s comprehensive failure isn’t Islam but the awful-but-sacrosanct international boundaries worshipped by our own diplomats.

Of course, no adjustment of borders, however draconian, could make every minority in the Middle East happy. In some instances, ethnic and religious groups live intermingled and have intermarried. Elsewhere, reunions based on blood or belief might not prove quite as joyous as their current proponents expect. The boundaries projected in the maps accompanying this article redress the wrongs suffered by the most significant “cheated” population groups, such as the Kurds, Baluch and Arab Shia, but still fail to account adequately for Middle Eastern Christians, Bahais, Ismailis, Naqshbandis and many another numerically lesser minorities. And one haunting wrong can never be redressed with a reward of territory: the genocide perpetrated against the Armenians by the dying Ottoman Empire.

Yet, for all the injustices the borders re-imagined here leave unaddressed, without such major boundary revisions, we shall never see a more peaceful Middle East.

Even those who abhor the topic of altering borders would be well-served to engage in an exercise that attempts to conceive a fairer, if still imperfect, amendment of national boundaries between the Bosporus and the Indus. Accepting that international statecraft has never developed effective tools — short of war — for readjusting faulty borders, a mental effort to grasp the Middle East’s “organic” frontiers nonetheless helps us understand the extent of the difficulties we face and will continue to face. We are dealing with colossal, man-made deformities that will not stop generating hatred and violence until they are corrected.

As for those who refuse to “think the unthinkable,” declaring that boundaries must not change and that’s that, it pays to remember that boundaries have never stopped changing through the centuries. Borders have never been static, and many frontiers, from Congo through Kosovo to the Caucasus, are changing even now (as ambassadors and special representatives avert their eyes to study the shine on their wingtips).

Oh, and one other dirty little secret from 5,000 years of history: Ethnic cleansing works.

Begin with the border issue most sensitive to American readers: For Israel to have any hope of living in reasonable peace with its neighbors, it will have to return to its pre-1967 borders — with essential local adjustments for legitimate security concerns. But the issue of the territories surrounding Jerusalem, a city stained with thousands of years of blood, may prove intractable beyond our lifetimes. Where all parties have turned their god into a real-estate tycoon, literal turf battles have a tenacity unrivaled by mere greed for oil wealth or ethnic squabbles. So let us set aside this single overstudied issue and turn to those that are studiously ignored.

The most glaring injustice in the notoriously unjust lands between the Balkan Mountains and the Himalayas is the absence of an independent Kurdish state. There are between 27 million and 36 million Kurds living in contiguous regions in the Middle East (the figures are imprecise because no state has ever allowed an honest census). Greater than the population of present-day Iraq, even the lower figure makes the Kurds the world’s largest ethnic group without a state of its own. Worse, Kurds have been oppressed by every government controlling the hills and mountains where they’ve lived since Xenophon’s day.

The U.S. and its coalition partners missed a glorious chance to begin to correct this injustice after Baghdad’s fall. A Frankenstein’s monster of a state sewn together from ill-fitting parts, Iraq should have been divided into three smaller states immediately. We failed from cowardice and lack of vision, bullying Iraq’s Kurds into supporting the new Iraqi government — which they do wistfully as a quid pro quo for our good will. But were a free plebiscite to be held, make no mistake: Nearly 100 percent of Iraq’s Kurds would vote for independence.

As would the long-suffering Kurds of Turkey, who have endured decades of violent military oppression and a decades-long demotion to “mountain Turks” in an effort to eradicate their identity. While the Kurdish plight at Ankara’s hands has eased somewhat over the past decade, the repression recently intensified again and the eastern fifth of Turkey should be viewed as occupied territory. As for the Kurds of Syria and Iran, they, too, would rush to join an independent Kurdistan if they could. The refusal by the world’s legitimate democracies to champion Kurdish independence is a human-rights sin of omission far worse than the clumsy, minor sins of commission that routinely excite our media. And by the way: A Free Kurdistan, stretching from Diyarbakir through Tabriz, would be the most pro-Western state between Bulgaria and Japan.

A just alignment in the region would leave Iraq’s three Sunni-majority provinces as a truncated state that might eventually choose to unify with a Syria that loses its littoral to a Mediterranean-oriented Greater Lebanon: Phoenecia reborn. The Shia south of old Iraq would form the basis of an Arab Shia State rimming much of the Persian Gulf. Jordan would retain its current territory, with some southward expansion at Saudi expense. For its part, the unnatural state of Saudi Arabia would suffer as great a dismantling as Pakistan.

A root cause of the broad stagnation in the Muslim world is the Saudi royal family’s treatment of Mecca and Medina as their fiefdom. With Islam’s holiest shrines under the police-state control of one of the world’s most bigoted and oppressive regimes — a regime that commands vast, unearned oil wealth — the Saudis have been able to project their Wahhabi vision of a disciplinarian, intolerant faith far beyond their borders. The rise of the Saudis to wealth and, consequently, influence has been the worst thing to happen to the Muslim world as a whole since the time of the Prophet, and the worst thing to happen to Arabs since the Ottoman (if not the Mongol) conquest.

While non-Muslims could not effect a change in the control of Islam’s holy cities, imagine how much healthier the Muslim world might become were Mecca and Medina ruled by a rotating council representative of the world’s major Muslim schools and movements in an Islamic Sacred State — a sort of Muslim super-Vatican — where the future of a great faith might be debated rather than merely decreed. True justice — which we might not like — would also give Saudi Arabia’s coastal oil fields to the Shia Arabs who populate that subregion, while a southeastern quadrant would go to Yemen. Confined to a rump Saudi Homelands Independent Territory around Riyadh, the House of Saud would be capable of far less mischief toward Islam and the world.

Iran, a state with madcap boundaries, would lose a great deal of territory to Unified Azerbaijan, Free Kurdistan, the Arab Shia State and Free Baluchistan, but would gain the provinces around Herat in today’s Afghanistan — a region with a historical and linguistic affinity for Persia. Iran would, in effect, become an ethnic Persian state again, with the most difficult question being whether or not it should keep the port of Bandar Abbas or surrender it to the Arab Shia State.

What Afghanistan would lose to Persia in the west, it would gain in the east, as Pakistan’s Northwest Frontier tribes would be reunited with their Afghan brethren (the point of this exercise is not to draw maps as we would like them but as local populations would prefer them). Pakistan, another unnatural state, would also lose its Baluch territory to Free Baluchistan. The remaining “natural” Pakistan would lie entirely east of the Indus, except for a westward spur near Karachi.

The city-states of the United Arab Emirates would have a mixed fate — as they probably will in reality. Some might be incorporated in the Arab Shia State ringing much of the Persian Gulf (a state more likely to evolve as a counterbalance to, rather than an ally of, Persian Iran). Since all puritanical cultures are hypocritical, Dubai, of necessity, would be allowed to retain its playground status for rich debauchees. Kuwait would remain within its current borders, as would Oman.

In each case, this hypothetical redrawing of boundaries reflects ethnic affinities and religious communalism — in some cases, both. Of course, if we could wave a magic wand and amend the borders under discussion, we would certainly prefer to do so selectively. Yet, studying the revised map, in contrast to the map illustrating today’s boundaries, offers some sense of the great wrongs borders drawn by Frenchmen and Englishmen in the 20th century did to a region struggling to emerge from the humiliations and defeats of the 19th century.

Correcting borders to reflect the will of the people may be impossible. For now. But given time — and the inevitable attendant bloodshed — new and natural borders will emerge. Babylon has fallen more than once.

Meanwhile, our men and women in uniform will continue to fight for security from terrorism, for the prospect of democracy and for access to oil supplies in a region that is destined to fight itself. The current human divisions and forced unions between Ankara and Karachi, taken together with the region’s self-inflicted woes, form as perfect a breeding ground for religious extremism, a culture of blame and the recruitment of terrorists as anyone could design. Where men and women look ruefully at their borders, they look enthusiastically for enemies.

From the world’s oversupply of terrorists to its paucity of energy supplies, the current deformations of the Middle East promise a worsening, not an improving, situation. In a region where only the worst aspects of nationalism ever took hold and where the most debased aspects of religion threaten to dominate a disappointed faith, the U.S., its allies and, above all, our armed forces can look for crises without end. While Iraq may provide a counterexample of hope — if we do not quit its soil prematurely — the rest of this vast region offers worsening problems on almost every front.

If the borders of the greater Middle East cannot be amended to reflect the natural ties of blood and faith, we may take it as an article of faith that a portion of the bloodshed in the region will continue to be our own.

• • •

WHO WINS, WHO LOSES

Winners —

Afghanistan

Arab Shia State

Armenia

Azerbaijan

Free Baluchistan

Free Kurdistan

Iran

Islamic Sacred State

Jordan

Lebanon

Yemen

Losers —

Afghanistan

Iran

Iraq

Israel

Kuwait

Pakistan

Qatar

Saudi Arabia

Syria

Turkey

United Arab Emirates

West Bank

Ralph Peters is the author of the new book “Never Quit the Fight,” to be published on July 4th.

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  1. […] Kurdistan would be the most pro-Western state between Bulgaria and Japan,” in the words of Armed Forces Journal. What Gen. Clark’s unnamed interlocutor called “those old Soviet regimes” are, […]

  2. […] Kurdistan would be the most pro-Western state between Bulgaria and Japan,” in the words of Armed Forces Journal. What Gen. Clark’s unnamed interlocutor called “those old Soviet regimes” are, […]

  3. […] عروج پر تھی امریکی عسکری ماہنامےUS Armed Forces Journal  میں “Blood Borders“(خونی سرحدیں) کے عنوان سے ایک مضمون شائع ہوا تھا جس […]

  4. […] عروج پر تھی امریکی عسکری ماہنامےUS Armed Forces Journal  میں “Blood Borders“(خونی سرحدیں) کے عنوان سے ایک مضمون شائع ہوا تھا جس میں […]

  5. […] عروج پر تھی امریکی عسکری ماہنامےUS Armed Forces Journal  میں “Blood Borders“(خونی سرحدیں) کے عنوان سے ایک مضمون شائع ہوا تھا جس میں […]

  6. […] Ralph Peters wrote in his Blood Borders article for the Armed Forces […]

  7. […] are not from any article written a few days ago. These excerpts are from Ralph Peters’ article “Blood Borders” published in 2006 in the US Armed Forces Journal. If you think it is proving to be a […]

  8. […] that article of a report that the former CIA officer Col. Ralph Peters had prepared and had hinted a specific strategy of changing the borders in the whole Muslim world whereby some new countries were to be created and some old ones truncated to make room for what CIA […]

  9. […] è stata pubblicata nel giugno 2006 dall’ufficiale statunitense Ralph Peters nel suo articolo «Blood borders : How a better Middle East would look» uscito sull’Armed Forces Journal. Essa prevede che, dopo aver invaso l’Irak nel 2003,  […]

FONTE: http://armedforcesjournal.com/blood-borders/

 

 

DIRITTI UMANI

Visitare gli ammalati

Prevenire le malattie con una vita sana e curarle il più possibile a casa o in piccoli ospedali pieni di solidarietà e non troppo lontani dagli affetti.
E’ 
il sogno – che condivido in pieno – di Giannozzo Pucci, ecologista, saggista, giornalista e Direttore della Libreria Editrice Fiorentina.

Non rassegniamoci di fronte a un futuro che oggi appare tetro. Anzi, con la coscienza sveglia e nella gioia nonostante tutto, impegniamoci a vivere bene per cambiare la società, “piccolo passo dopo piccolo passo”, facendo in modo di diventare “un’anima sola”, uniti con chi ha un identico sentire al nostro.
Si può non essere d’accordo su mille cose ma, ad un certo punto, se vogliamo sopravvivere, dobbiamo trovare qualcosa che ci lega, che ci faccia sentire “uno per tutti e tutti per uno” .

E’ difficile, ancor di più nelle macerie in cui ci ritroviamo ora ma, se non ci mettiamo con impegno su questa strada, il cambiamento non avverrà mai. Bisogna allora partire dalle piccole scelte condivise di ogni giorno per arrivare poi alle grandi iniziative.
I centri di potere si cambiano, infatti, gradualmente attraverso i  consumi, l’obiezione di coscienza, le attività quotidiane e, soprattutto «formando comunità di mutuo aiuto: familiari, vicinali, di lavoro ecc.», fino a raggiungere una massa critica tale che il mutamento arriverà a coinvolgere la politica ufficiale e le istituzioni.

La distruzione dell’uomo e della natura è già in stato avanzato, è vero.
Ma  è ancora possibile sognare e provare a realizzare un altro mondo.
A cominciare da una diversa visione della cura degli ammalati.

* * *

di Giannozzo Pucci

Nessun orientamento nell’arte del guarire può avere l’assoluta esclusiva nella cura della salute: esempi positivi di terapie integrate in campo oncologico che, accanto alle metodiche classiche, sostengono l’organismo già stressato dalla malattia e dalle terapie, spesso molto pesanti, con interventi di fitoterapia, omeopatia, agopuntura e altre della medicina tradizionale cinese, in nome della sinergia, si sono rivelate importanti come l’assistenza affettiva di vicini e congiunti a cui, insieme agli angeli, deve essere dai medici lasciato il capezzale quando un paziente si trasforma in morente.

Anche sulla base dell’esperienza dell’attuale pandemia si è verificato che la sanità deve essere organizzata sui medici di base e la medicina del territorio, che riduce il carico dei grandi ospedali tramite poliambulatori rionali di medicine integrate e presidi sanitari diffusi, in cui poter fare un prelievo di sangue, una visita, un elettrocardiogramma, così strutturati:

1. Segreteria, che sollevi il medico di base dai doveri burocratici e gli conceda tempo per una più attenta cura dei pazienti;
2. Spazi per prelievi ematici, ecografie, ECG, terapie manuali, anche di tipo olistico;
3. Presenza, a rotazione, di professionisti delle principali specialità, comprese quelle della medicina complementare;
4. Medico/i di base, che, da compilatore  di ricette o di impegnative per visite specialistiche, dovrebbe tornare a essere figura di primo riferimento nell’attività di visita, raccolta dati (anamnesi, ma anche elementi che caratterizzino il paziente, come allergie, intolleranze, reazioni ai farmaci, che non devono essere una colpa per chi ne soffre, ma una variabile di cui tener conto in caso di ricovero), oltre che figura di collegamento con gli specialisti dell’ambulatorio, perché la presa in carico del paziente sia davvero “integrale”;
5. Nella rete dei medici di base investire sulla prevenzione primaria, compito per cui sono particolarmente versate le medicine complementari, orientate a educare alla salute attraverso:
a. una corretta alimentazione;
b. una gestione consapevole del sintomo, che richiede di essere interpretato, non eliminato;
c. un uso corretto dei farmaci, privilegiando, se possibile, quelli naturali (meno rischiosi dal punto di vista degli effetti collaterali e quindi, in prospettiva, meno economicamente impattanti);
d. un rapporto consapevole con la malattia, che necessita del tempo adeguato per evolvere verso la guarigione, e non sparisce con una compressa magica.

In questo quadro è funzionale la riapertura di piccoli ospedali, in modo che la rete dei medici e presidi sanitari possa appoggiarsi a mini-ospedali più complementari al territorio, anche in prospettiva di una rioccupazione dei borghi e delle campagne aiutata a sua volta da un servizio di ostetricia itinerante che consenta di partorire a casa alle donne con una gravidanza fisiologica.

L’organizzazione ospedaliera potrà seguire i principi della complessità e sinergia:
1. Utilizzo dei dati raccolti dal medico di base, in relazione a patologie, intolleranze, sensibilità, per adeguarli alle terapie;
2. Quando possibile, coinvolgimento del paziente nella scelta della terapia (convenzionale o integrata) e diritto del paziente a fare riferimento anche a un medico che pratichi le medicine complementari, nel rispetto delle proprie peculiarità e sensibilità;
3. Uso del cibo come terapia (quindi biologico), in alternativa al normale cibo ospedaliero.
4.  Quando possibile, uso di sostanze alternative agli antibiotici o a integrazione degli stessi;
5. Riduzione dell’inquinamento elettromagnetico allo stretto indispensabile
6. Clima salubre nelle stanze.

Un’organizzazione simile è compatibile con la collaborazione delle comunità locali, familiari e/o rionali, alla prevenzione delle malattie e all’assistenza nei casi meno gravi, riducendo i costi pubblici anche con accordi sindacali differenziati per il personale del territorio che può usufruire di situazioni di lavoro più vicine a casa, in orari più ridotti ecc.
Questo sistema dovrebbe consentire una sburocratizzazione e migliore specializzazione dei grandi ospedali.

Giannozzo Pucci
FONTE: https://www.ariannaeditrice.it/articoli/visitare-gli-ammalati-14322

Scelto e pubblicato da Valentina Bennati – ComeDonChisciotte.org

FONTE: https://comedonchisciotte.org/visitare-gli-ammalati/

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME·

VIDEO QUI: https://www.facebook.com/1972013502908817/posts/3706750759435074/
FONTE: https://www.facebook.com/1972013502908817/posts/3706750759435074/

La cessione di Sovranità é illecita! Il ricorso in Cassazione

Di Avvocato Marco Mori e Avvocato Giuseppe Sottile

La cessione di Sovranità é illecita!
Questo l’assunto che sta alla base del ricorso in Cassazione, depositato dagli Avvocati Marco Mori e Giuseppe Sottile, componenti di Italexit.

Tra i motivi del ricorso:
la violazione di legge ex art. 360, comma 1° n.3 con specifico riferimento agli artt. 1, 11 e 47 Cost. e all’art. 243 c.p. laddove si è ritenuto che la cessione di sovranità compiuta attraverso i trattati istitutivi dell’Unione Europea specificatamente entrati nel nostro ordinamento con le leggi di ratifica dei trattati di Maastricht e di Lisbona (Legge n. 454/1992 e Legge n. 130/2008), sia un atto consentito ex art. 11 Cost. mentre detta norma costituzionale acconsente unicamente alle limitazioni di sovranità e alle precise condizioni previste dalla norma. La cessione di sovranità non è consentita costituzionalmente ex artt. 1, 11 e 47 Cost. ed è addirittura punita penalmente ai sensi dell’art. 243 c.p.;

La violazione di legge ex art. 360, comma 1° n.3 con specifico riferimento all’art. 2 Cost. laddove si è escluso che il diritto plurisoggettivo alla sovranità attenga ai diritti inviolabili dell’uomo così negando la possibilità di agire in giudizio anche per la mera rimozione della situazione lesiva in essere determinata dalle illecite cessioni di sovranità compiute attraverso i trattati internazionali di cui si dibatte e ciò a prescindere dalla pur formulata richiesta di risarcimento avanzata dall’esponente per violazione di tale diritto. (Continua dopo la foto)

“Nonostante la condanna estremamente punitiva della Corte d’Appello di Genova in termine di spese legali di soccombenza non ci siamo fermati, anche grazie al sostegno di moltissimi italiani che hanno a cuore la difesa della Sovranità e della Costituzione.

Siamo ricorsi in Cassazione contro la sentenza con la quale la Corte di Appello genovese ha affermato incredibilmente che la cessione di sovranità nazionale è legittima in base all’articolo 11 della Costituzione.

Ciò che è certo a questo punto é che la Corte di Cassazione dovrà, una volta per tutte, dibattere sul tema delle cessioni di sovranità conseguenti all’adesione dell’Italia all’UE e di come tale cessione possa essere valutata anche dal punto di vista penalistico.

Comunque vada a finire stiamo tentando di scrivere una pagina importante della storia della resistenza alla dittatura finanziaria”.

FONTE: https://www.ilparagone.it/attualita/la-cessione-di-sovranita-e-illecita-il-ricorso-in-cassazione/

 

 

 

IMMIGRAZIONI

Lamorgese incontra le Ong e accoglie le loro richieste. Piena sintonia, ed è bufera

Mentre la questione migranti torna a far tremare l’Italia, con l’Ue che se ne sta a guardare senza batter ciglio, la ministra Lamorgese invece di alzare la voce in Europa, decide di spalancare le porte del Viminale alle Ong. Come riferito da LaPresse, infatti, i rappresentanti di Emergency, Medici Senza Frontiere, Mediterranea Saving Humans, Open Arms, ResQ-People saving People, Sea-Watch e Sos Mediterranee hanno incontrato la ministra dell’Interno, dichiarando che “prendono atto dell’apertura al dialogo offerta dalla ministra, ribadendo allo stesso tempo come il soccorso in mare non possa essere mai negoziabile”

Come commenta Il Giornale, “nessuna trattativa, quindi, bisogna partire dal presupposto che l’attività di traghettamento delle Ong deve proseguire senza alcun ostacolo, non è contemplata possibilità di metterla in discussione”. Le Ong hanno detto alla Lamorgese che “le discussioni sulle politiche migratorie non possono diventare un impedimento al soccorso in mare, obbligo giuridico oltre che morale. Se è vero che i cosiddetti ‘Stati di primo approdo’ come l’Italia, devono poter contare sulla solidarietà degli altri membri della Ue, l’emergenza in mare non si ferma e anzi diventa ogni giorno più letale”.

Le Ong chiedono all’Italia e all’Europa, come si legge in una nota ufficiale, “di istituire un efficace sistema di ricerca e soccorso che abbia come scopo primario quello di salvaguardare la vita umana nel Mediterraneo”. E ancora: “Abbiamo chiesto alla ministra di riconoscere il ruolo delle organizzazioni umanitarie, colpite dalla criminalizzazione, liberando le nostre navi ancora sotto fermo”, hanno dichiarato ancora i rappresentanti delle Ong. E la risposta della Lamorgese?

Dispostissima a venire incontro alle richieste delle Ong, la ministra dell’Interno ha ribadito “l’esigenza immediata di una più forte solidarietà a livello europeo in materia di ricollocamenti dei migranti, sollecitando in particolare il coinvolgimento dei Paesi di riferimento delle Organizzazioni non governative e degli Stati di bandiera delle loro navi”.

FONTE: https://www.ilparagone.it/attualita/lamorgese-incontra-ong/

 

 

 

LA LINGUA SALVATA

 

LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

 

NOTIZIE DAI SOCIAL WEB

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Un sorprendente motivo dietro il divorzio di Bill Gates

Dr. Joseph Mercola
articles.mercola.com

VIDEO QUI: https://youtu.be/D4lqt_JLrGU

Dopo 27 anni di matrimonio, Bill e Melinda Gates si stanno separando. La richiesta di divorzio del 3 maggio 2021 definisce il matrimonio come “irrimediabilmente compromesso” [1], termine legale per un divorzio senza addebito di colpa.

La missione filantropica della Bill & Melinda Gates Foundation (che ha un valore stimato 50 miliardi di dollari) continuerà come prima, nonostante abbia già elargito 45 miliardi di dollari dal momento della fondazione. La coppia ha inoltre un patrimonio personale che, al netto, vale circa 146 miliardi di dollari, inclusi molti terreni agricoli [2,3].

La reputazione di Gates inizia a vacillare

I pettegolezzi, molti assolutamente infondati, erano iniziati subito dopo l’annuncio del divorzio. Ciò di cui, in ogni caso, possiamo essere abbastanza certi è che tutte le informazioni future su Bill e Melinda saranno sicuramente dichiarazioni di pubbliche relazioni create ah hoc e, se i miei sospetti sono corretti, cominceremo a vedere Melinda dipinta come la santarellina della coppia, mentre dalla testa di Bill sparirà l’aureola.

Credo che la separazione abbia poco a che fare con [pretese] inconciliabili differenze e molto con la necessità di proteggere la Fondazione Gates e le altre attività, proprio nel momento in cui sta diventando di pubblico dominio la vera natura del carattere di Bill.

Dovendo far fronte ad una critica crescente e ad una possible esposizione mediatica per molti aspetti imbarazzante, potrebbe essere una questione di tempo prima che la reputazione di Bill venga infangata; proprio com’era successo poco più di un decennio fa, quando era stato accusato di attività commerciali poco etiche [4] e di pratiche monopolistiche [5].

La situazione di Gates, al tempo, era simile a quella di John D. Rockefeller, il non troppo amato barone del petrolio, che aveva trasformato la propria reputazione di spietato industriale in quella di generoso filantropo creando la Fondazione Rockefeller. Gates, per rinnovare la propria immagine, aveva seguito lo stesso copione: aveva dato vita alla Bill & Melinda Gates Foundation e aveva iniziato a comprarsi il favore della stampa, come spiegato nei minimi particolari in “Gates, il custode del giornalismo.”

Se provassi ad indovinare, direi che il divorzio dei Gates potrebbe essere una manovra preventiva per salvare il nome della famiglia nel caso Bill venisse immischiato in scandali che potrebbero avere un’eco internazionale. Potrei sbagliarmi, ovviamente, ma non mi stupirei se, in futuro, quando la stella di Bill sarà tramontata, Melinda diventasse il nuovo volto dei filantropici intrallazzi della Fondazione Gates.

Purtroppo, non riesco a vedere come i risultati della Fondazione Gates potrebbero migliorare. Molto probabilmente rimarrà un’impresa incentrata solo sui propri interessi e che, per i problemi che dirà di voler risolvere,  offrirà “soluzioni”  che faranno guadagnare un sacco di soldi alla fondazione, ma che  contribuiranno a peggiorare le situazioni che avrebbero dovuto migliorare.

Gates, il padre dell’apartheid sanitaria

Quindi, quali sono questi scandali (autoprocurati) che potrebbero far scendere Bill dal piedistallo di salvatore del mondo? Tanto per cominciare, Gates è sempre più incolpato dell’introduzione dell’apartheid sanitaria a livello mondiale. È stato uno dei principali sostenitori del passaporto vaccinale, con le sue ripetute affermazioni che l’intero mondo dovrà essere vaccinato o non si tornerà mai ad una parvenza di normalità.

In un post dell’aprile 2020, aveva affermato: “dobbiamo realizzare e distribuire almeno 7 miliardi di dosi di vaccino … possibilmente 14 miliardi, se si tratta un vaccino multidose.” Aveva anche detto, “credo che il vaccino per la COVID 19 diverrà parte della nuova routine del programma di immunizzazione” [6].

Ciò di cui però non parla apertamente sono i lauti guadagni che farà grazie al programma di vaccinazione globale, e questo perchè è uno dei principali investitori nei vaccini COVID-19. Si tratta sempre dello schema di cui la Fondazione Gates è (tristemente) famosa: Gates investe in un certo tipo di attività e di industrie, poi ci dice che la migliore e unica via di uscita è usare i servizi e i prodotti creati dalle sue stesse aziende. Tutto qui, un un vero e proprio racket al servizio dei suoi interessi.

Come fa notare la Dr.ssa Vandava Shiva, per ben più di un decennio Gates ha investito in progetti che mettono in pericolo la vita in tutte le sue forme, nel tentativo di prenderne il controllo e di trarne un guadagno. Finanziando ricerche e pubbliche istituzioni, è riuscito ad imporre a quelle stesse istituzioni l’uso delle sue proprietà intellettuali brevettate.

Più Gates prova a salvare il mondo, tramite culture OGM e monocolture sviluppate con sostanze chimiche, carne sintetica, cibo finto o vaccini per ogni disturbo, più vicino ci porta all’estinzione.

I media mainstream affermano che Gates è preso di mira “solo perchè ricco e famoso” [7], ma non credo sia questo il caso. Ci sono molte persone ricche e famose che non sono al centro dell’indignazione globale e con ragione: non si sono arricchite proponendo al mondo false e pericolose soluzioni, pretendendo di essere dei salvatori e nascondendo il loro supporto all’eugenetica.

Le controversie sui brevetti si infiammano

Come riportato da The Nation [8], ci sono sempre più richieste di sospendere i brevetti dei vaccini COVID-19 e di renderli pubblici, in modo da accelerarne la produzione. Eliminare il diritto di proprietà di questi brevetti vorrebbe dire aprire le porte alla produzione di versioni generiche dei vaccini, con una conseguente riduzione dei prezzi e la possibilità di fornire più prodotto alle nazioni a reddito medio-basso. Non c’è da sorprendersi che Gates sia uno strenuo difensore del controllo di questo monopolio da parte di Big Pharma.

“I media hanno sottolineato l’adesione ideologica e programmata ai brevetti, alla proprietà intellettuale e al settore privato da parte dell’ex CEO di Microsoft, ma hanno minimizzato il vero motivo dell’interesse della Fondazione Gates in questo dibattito” scrive The Nation [9].

“Come, ad esempio, l’incredibile numero di [brevetti] di proprietà intellettuali a cui l’organizzazione benefica ha potuto accedere grazie alle sue sovvenzioni e ai suoi investimenti o per il fatto che la fondazione stessa è co-proprietaria di una azienda produttrice di vaccini.

Nell’ottobre scorso, The Nation aveva riferito di un investimento di oltre 40 milioni di dollari con cui, nel 2015, la Fondazione Gates aveva finanziato una start-up chiamata CureVac, che, al momento, sta concludendo gli studi clinici per il suo vaccino COVID …

La fondazione non è più gestita dagli azionisti, ma questo investimento del 2015 potrebbe fruttare centinaia di milioni di dollari, perchè, nel novembre scorso, CureVac ha accettato di fornire 405 milioni di dosi alla Commissione Europea – un accordo che sembra far sorgere nuovi interrogativi sul ruolo di Gates nel perpetuare l’apartheid vaccinale.

Visto che la fondazione Gates ha la possibilità di trarre molti benefici finanziari dalla vendita in esclusiva alle nazioni più abbienti [dei vaccini] di CureVac  e dalla possibilità di conservare le sue proprietà intellettuali e brevettuali, come mai  non sente il bisogno di vaccinare direttamente anche i poveri del mondo, visto che è un’organizzazione caritatevole e visti anche i benefici dell’esenzione fiscale [che ne deriverebbe]? CureVac e la fondazione Gates hanno entrambe evitato di rispondere alle domande su come e se avessero intenzione di fare una cosa del genere.”

La salute globale è l’ultima appropriazione del monopolio dei Gates

La fondazione Gates ha anche la capacità di influenzare i mercati dei vaccini, e quindi i propri profitti, attraverso tutta una serie di network, tra cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità, di cui è uno dei maggiori finanziatori.

Secondo The Nation, Gates [10]:

– dirige la logistica del trasporto dei vaccini;
– consiglia le delegazioni del G7 sulla gestione della pandemia;
– si incontra con i delegati commerciali americani per discutere dei diritti di proprietà intellettuale legata ai vaccini COVID – 19;
– ha rapporti regolari con i dirigenti delle aziende farmaceutiche e con il Dr. Anthony Fauci;

-ha negoziato contratti vaccinali tra l’Università di Oxford, AstraZeneca e il Serum Institute of India. È riuscito non solo a bloccare il progetto dell’Università di Oxford per la creazione di un vaccino senza brevetto, ma l’ha anche costretta a collaborare con la pro-profit AstraZeneca [11].

Gates fa inoltre parte del consiglio di GlobalFund e Unitaid, ha una stretta relazione con la Banca Mondiale e aveva sostenuto e partecipato personalmente a Event 201, dove era stata simulata una pandemia mondiale scatenata da un nuovo coronavirus. Come ha fatto notare The Nation [12]:

“E’ sempre più urgente chiedersi se i molteplici ruoli di Gates nella pandemia – come benefattore, investitore, uomo d’affari, lobbista – facciano parte del concetto filantropico del fare beneficenza o, probabilmente,  della volontà di acquisizione di un potere sempre maggiore, un potere monopolistico.”

The Nation cita Rohit Malpani, un consulente della salute mondiale e membro del consiglio dell’iniziativa di salute globale UNITAID, che ha detto:

“Ciò che stiamo vedendo è il risultato di 20 anni di volute intromissioni in ogni singolo aspetto della salute globale da parte di tutte le istituzioni, di tutte le aziende che spesso dispongono di queste tecnologie all’avanguardia, così come di tutti quei gruppi di sostegno che parlano del problema e di tutte le istituzioni di ricerca.

Tutto questo riflette inoltre il fallimento della Fondazione Gates: Il fatto, cioè, che abbiano esercitato così tanta influenza e controllo su molti aspetti della gestione [della pandemia]…. e il fatto che stiamo vedendo così tanta disuguaglianza la dice lunga sulla loro influenza, e [fa capire] che le loro strategie non hanno funzionato. E devono assumersi il peso di una tale sconfitta.”

Gates: un non-così-equo tecnocrate

James Love, direttore del gruppo di sostegno Knowledge Ecology International, ha riferito a The Nation [13]:

“Tutto ciò che Gates ha fatto nell’area vaccinale fin dal 1999 è stato cercare di rafforzare i diritti di proprietà intellettuale, la compartecipazione con grandi aziende, accordi segreti e licenze restrittive. Questo è il suo segreto per il successo. Ed è esattamente l’opposto di quanto vorremmo vedere.”

Infatti, come notato in un recente articolo uscito sul Jacobin Magazine [14] a firma di Luke Savage, niente più di una pandemia COVID richiederebbe una cooperazione internazionale. Nonostante ciò, Gates preferisce “il diritto brevettuale alla vita umana.”

Non fraintendetemi: questi cosiddetti “vaccini” sono un disastro già in partenza e non sono raccomandabili. Il punto è che Gates ci sta mostrando la sua vera natura. Quando si arriva al dunque e il mondo chiede una vera generosità (in data odierna ci sono più di cento Paesi che non hanno ancora somministrato una singola dose di vaccino COVID [15]), Gates dice irrevocabilmente di no.

In tutto questo Gates è immischiato solo per i soldi. È ovvio, che non crede che i vaccini salveranno i mondo. Infatti, se così fosse, e se lui fosse un vero filantropo, si sarebbe già battuto per la rimozione dei diritti brevettuali e avrebbe aiutato a riempire il mondo di vaccini. Invece combatte per mantenerli  e si concentra nell’accumulare sempre più proprietà intellettuali per tutte le sue soluzioni globali.

Gates mente sulla necessità di salvaguardare i brevetti vaccinali

VIDEO QUI: https://youtu.be/kZ5DavuOkcM

Krystal Ball, commentatrice politica televisiva, non ha peli sulla lingua quando dice che Gates mente quando afferma che l’eliminazione del diritto brevettuale sui vaccini COVID non aiuterebbe i Paesi in via di sviluppo. Secondo l’autoproclamatosi zar mondiale dei vaccini, non ci sarebbero abbastanza industrie di vaccini per garantire una produzione del genere. Ma questo non è vero, come sottolinea la Ball.

Un’inchiesta dell’Associated Press ha trovato tre industrie in tre continenti diversi con la capacità di produrre centinaia di milioni di vaccini COVID-19 “se solo avessero i progetti e le conoscenza tecniche” [16].

Si tratta di pura cupidigia, dice la Ball, e di mantenere i profitti di Big Pharma i più alti possibile. Il punto è che, nonostante la sua insistenza nell’affermare che i Paesi in via di sviluppo dovrebbero vaccinarsi il più in fretta possibile, Gates sta volontariamente bloccando i processi di produzione e di distribuzione.

L’obiettivo di Big Pharma è quello di generare sempre maggiori profitti. La lobby, negli USA e in Europa, sta spingendo per la protezione dei monopoli brevettuali, in modo che non vengano realizzate versioni generiche dei loro prodotti. Secondo il Corporate Europe Observatory [17]:

“Nel corso della pandemia, molte aziede farmaceutiche si sono impegnate ad anteporre la salute globale ai profitti, ma alcuni documenti rilasciati, dopo lunghi ritardi, al Corporate Europe Observatory rivelano che la EFPIA, l’European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations (Federazione europea delle industrie e delle associazioni farmaceutiche), aveva fatto pressioni per eliminare qualsiasi meccanismo proposto che facilitasse in Europa l’accesso ai trattamenti pandemici ad un prezzo equo.”

Big Pharma incamera i profitti delle ricerche finanziate dai contribuenti

Le agenzie del farmaco affermano che i brevetti sono necessari per proteggere i diritti della proprietà intellettuale, in modo che [le aziende] possano continuare le ricerche e la produzione di trattamenti salvavita; grazie ai brevetti [queste aziende] stanno però raccogliendo soprattutto i profitti di ricerche finanziate dai contribuenti.

Da uno studio [18] dell’Institute for New Economic Thinking (Istituto per il nuovo pensiero economico),  si apprende che, dal 2010 al 2019, negli Stati Uniti il NIH,  National Institutes of Health (Istituti Nazionali americani di Sanità), ha finanziato ricerche per un totale di 230 miliardi di dollari per tutti i farmaci approvati negli Stati Uniti.

Inoltre, sono stati sviluppati grazie alle ricerche finanziate dai contribuenti ben 22.000 brevetti , cosa che ha dato un’escluività di mercato all’8,6% dei nuovi farmaci approvati nel periodo di studio. “[Tutto questo] ha inoltre dimostrato quanto sia limitato il meccanismo che dovrebbe riconoscere il valore creato dagli investimenti iniziali ed assicurare un appropriato ritorno pubblico,” fa notare lo studio.

Anche la tecnologia mRNA usata nei vaccini COVID-19 è il risultato di una ricerca finanziata con fondi pubblici e condotta dal NIH e dal Dipartimento della Difesa [19].

Questo è un vaccino del popolo” ha detto a Scientifican American Peter Maybarduk, direttore del Public Citizen’s Access to Medicines program (Programma di accesso dei cittadini alla medicina) [20]. “Gli scienziati federali hanno dato una mano ad inventarlo e i contribuent ne stanno finanziando lo sviluppo. Dovrebbe appartenere all’umanità.”

Il vaccino COVID di Pfizer, nei primi tre mesi del 2021, ha generato entrate per 3,5 miliardi di dollari e la società si aspetta che la “domanda costante” del vaccino continui nei prossimi anni, così com’era accaduto per il vaccino antinfluenzale. La stime suggeriscono che, entro la fine del 2021, le entrate dovute al vaccino COVID di Pfizer raggiungeranno i 26 miliardi di dollari .

Cosa potrebbe scaturire dal caso Maxwell?

C’è anche la possibilità che vengano alla luce aspetti più oscuri della vita di Gates. Secondo un report della stampa mainstream [23], Melinda si era già consultata con avvocati divorzisti nell’ottobre 2019, lo stesso mese in cui il New York Times aveva pubblicato un articolo sui ripetuti incontri di Gates con Jeffrey Epstein, il famoso sfruttatore di prostituzione minorile [24].

Il New York Post [25] e il Daily Mail [26] avevano in precedenza dedicato diversi articoli alla sua vita di scapolo donnaiolo, citando informazioni prese da James Wallace, il biografo di Gates, secondo cui Gates avrebbe avuto un debole per le spogliarelliste e i piscina-party in costume adamitico.

Il Washington Examiner va oltre, affermando che il “divorzio dei Gates è parzialmente motivato dai rapporti con Jeffrey Epstein” [27]. Un portavoce della fondazione risponde così alle domande riguardanti gli incontri di Gates con il leader della rete di pedofili:

“Gates riconosce che l’aver condiviso con Epstein concetti filantropici aveva concesso ad Epstein un immeritato rilievo, incompatibile con i valori personali di Gates e con quelli della sua fondazione.”

Epstein era morto in circostanze sospette nella sua cella nell’agosto 2019 e la sua socia, Ghislaine Maxwell era stata arrestato nel luglio 2020, con l’accusa di cospirazione, adescamento e trasporto di minori allo scopo di favorire attività sessuali illegali. Più tardi erano stati aggiunti ulteriori capi d’accusa: sfruttamento della prostituzione e reclutamento di ragazze minorenni.

Il processo alla Maxwell inizierà quest’autunno. Vedremo se questa azione legale finirà col rivelarci ulteriori dettagli sul coinvolgimento di Gates con Epstein. In ogni caso, la tempistica della separazione di Gates è interessante, specialmente considerando come la reputazione di benefattore mondiale di Bill si stia improvvisamente sgretolando.

Dr. Joseph Mercola

 

Fonte: articles.mercola.com
Link: https://articles.mercola.com/sites/articles/archive/2021/05/20/the-surprising-reason-for-bill-gates-divorce.aspx
20.05.2021
Tradotto da Robin per comedonchisciotte.org

FONTE: https://comedonchisciotte.org/il-sorprendente-motivo-dietro-il-divorzio-di-bill-gates/

 

 

Saluti dalla Germania della “Nuova Normalità”

CJ Hopkins
consentfactory.org

Il 1° aprile 1933, poco dopo la nomina di Hitler a cancelliere, in Germania i nazisti avevano organizzato un boicottaggio delle attività commerciali ebraiche. I membri delle truppe d’assalto (“die Sturmabteilung” o “reparti d’assalto,” come preferisco chiamarli) stazionavano all’esterno dei negozi di proprietà degli Ebrei con cartelli a caratteri gotici che recitavano “Tedeschi! Difendetevi! Non comprate dagli Ebrei!” Il boicottaggio era stato un disastro totale, la maggior parte dei Tedeschi lo aveva ignorato e aveva continuato la propria vita normale, ma era stato l’inizio della persecuzione ufficiale degli Ebrei e del totalitarismo nella Germania nazista.

La settimana scorsa, qui, nella Germania “Nuova Normale,” il governo (che, va da sé, non ha alcuna somiglianza con il regime nazista o qualsiasi altro regime totalitario) ha inaugurato un sistema di segregazione sociale che vieta a chiunque si rifiuti di conformarsi pubblicamente all’ideologia ufficiale “Nuova Normale” di partecipare alla società tedesca. D’ora in poi, solo coloro in possesso di un “pass vaccinale” ufficiale o della prova di un test PCR negativo saranno autorizzati a sedersi e a mangiare al ristorante, a fare acquisti in negozi “non essenziali,” ad andare al bar, al cinema, ovunque.

Ecco un avviso dal sito web del Prater, una popolare birreria di Berlino:

Naturalmente, non è assolutamente possibile fare alcun paragone tra questi due eventi o tra la Germania nazista e la Germania “Nuova Normale,” né vorrei mai insinuare la fattibilità di un simile confronto. Questo nella Germania “Nuova Normale” sarebbe illegale, proprio come lo sarebbe “relativizzare l’Olocausto,” per non parlare di essere “antidemocratici e/o delegittimare lo stato in modo da metterne in pericolo la sicurezza” o altro. Inoltre, fuori dai negozi e dai ristoranti non ci sono energumeni con cartelli che recitano “Tedeschi! Difendetevi! Non vendete ai non vaccinati e ai non testati!” È solo che ora è illegale farlo, cioè vendere qualcosa a quelli come noi, sistematicamente stigmatizzati come “negazionisti Covid” dai media e dal governo solo perché non ci convertiamo alla nuova ideologia ufficiale e non acconsentiamo ad essere “vaccinati” o “testati.”

Nella Germania “Nuova Normale” è anche illegale protestare contro la nuova ideologia ufficiale. Ok, penso che probabilmente dovrei riformulare la frase. Certamente non voglio disinformare nessuno. Protestare contro la “Nuova Normalità” non è illegale di per sé. Si può tranquillamente richiedere un permesso per organizzare una manifestazione contro le “restrizioni Covid,” a condizione che tutti i partecipanti alla protesta indossino una mascherina sanitaria N95 e mantengano una distanza di 1,5 metri da ogni altro manifestante, ovviamente munito di mascherina sanitaria… che è un po’ come permettere una protesta antirazzista a patto che i manifestanti indossino tutti abiti del Ku Klux Klan ed eseguano un karaoke coreografato cantando Sweet Home Alabama dei Lynyrd Skynyrd.

Chi dice che i Tedeschi non hanno il senso dell’umorismo?

Non voglio dire che i Tedeschi siano i soli. Non c’è nulla di intrinsecamente totalitario o fascista o roboticamente autoritario e iperconformista nei Tedeschi, intesi come popolo. Il fatto che, l’anno scorso, quando era stata introdotta la “Nuova Normalità,” la stragrande maggioranza dei Tedeschi avesse battuto i tacchi e avesse ottusamente iniziato ad eseguire gli ordini, proprio come nella Germania nazista, non significa che tutti i Tedeschi siano fascisti per natura. La maggior parte degli Americani ha fatto la stessa cosa. Anche gli Inglesi, gli Australiani, gli Spagnoli, i Francesi, i Canadesi e l’elenco è ancora lungo. È solo che, beh, si dà il caso che io viva qui, quindi ho visto, da vicino e personalmente, la Germania trasformarsi nella “Nuova Germania Normale” e questo mi ha fatto decisamente impressione.

La facilità con cui le autorità tedesche avevano implementato la nuova ideologia ufficiale e con quanto fanatismo era stata condivisa dalla maggioranza dei Tedeschi, era stato una sorta di shock. Avevo ingenuamente creduto che, alla luce della loro storia, i Tedeschi sarebbero stati tra i primi a riconoscere un nascente movimento totalitario basato su alcune grandi bugie da manuale goebbelsiano (le statistiche manipolate dei “casi” e dei “morti” da Covid) e che avrebbero resistito in massa o che almeno avrebbero riflettuto e messo in discussione le bugie che i loro leader stavano istericamente sbraitando contro di loro.

Non avrei potuto sbagliarmi di più.

Eccoci qui, più di un anno dopo, con camerieri e commessi che “controllano i documenti” per imporre il rispetto della nuova ideologia ufficiale. (E, sì, la “Nuova Normalità” è un’ideologia ufficiale. Quando si toglie l’illusione di una piaga apocalittica, non c’è altra descrizione).

Persone perfettamente sane e munite di mascherina sanitaria si mettono in fila per la strada per essere “vaccinate” in via sperimentale. Negozi e ristoranti chiusi al pubblico vengono convertiti in “ambulatori per i test PCR.” Il governo sta discutendo la “vaccinazione” obbligatoria per i bambini dell’asilo. Squadre di sicari arrestano ottuagenari rei di aver fatto un picnic sul marciapiede senza permesso. E così via. A questo punto, me ne sto qui seduto ad aspettare la notizia che si stanno allestendo “campi di disinfezione” di massa per risolvere la “questione dei non vaccinati.”

Ops… ci risiamo, “sto relativizzando l’Olocausto.” Devo veramente smettere di farlo. I Tedeschi prendono queste cose molto seriamente, specialmente con Israele sotto l’incessante attacco da parte di tutta quella gente disperata e impoverita che ha chiuso dentro un enorme ghetto murato e che sta sterminando per autodifesa.

Ma, seriamente, non c’è alcuna somiglianza tra la Germania nazista e la Germania “Nuova Normale.” Certo, entrambi i sistemi avevano sospeso la costituzione, dichiarato uno “stato di emergenza” nazionale che permetteva al governo di legiferare per decreto, inondato le masse con propaganda demenziale e “fatti scientifici” manipolati, messo fuori legge le proteste, criminalizzato il dissenso, implementata una varietà di riti e di simboli pubblici e un sistema di segregazione sociale per imporre l’adeguamento alle ideologie ufficiali e demonizzato chiunque si rifiutasse di conformarsi … ma, a parte questo, non c’è alcuna somiglianza e chiunque suggerisca il contrario è un pericoloso estremista socio-deviante che probabilmente ha bisogno di essere messo in quarantena da qualche parte o forse trattato in qualche altro modo “speciale.”

In più, le due ideologie sono completamente diverse. Una era una fanatica ideologia totalitaria basata su un’immaginaria superiorità razziale e l’altra è una fanatica ideologia totalitaria basata su un’immaginaria “piaga apocalittica“… quindi di che diavolo sto parlando? Per di più, niente svastiche, giusto? Niente svastiche, niente totalitarismo! E nessuno sta uccidendo in massa gli Ebrei, che io sappia, e questa è la cosa più importante, dopo tutto!

Quindi, non importa. Ignorate tutte le cose folli che vi ho appena detto sulla Germania “Nuova Normale.” Non preoccupatevi nemmeno della “Nuova Normale” America. O della “Nuova Normale” Gran Bretagna. O della “Nuova Normalità” ovunque. Fatevi “vaccinare” in modo sperimentale. “Vaccinate” sperimentalmente anche i vostri figli. Dimostrate la vostra fedeltà al Reich… scusate, volevo dire al capitalismo globale. Ignorate le segnalazioni di persone che muoiono e soffrono di orribili effetti avversi. Indossate la vostra mascherina. Indossatela sempre. Dio solo sa quali altri virus ci sono là fuori, che aspettano solo di contaminare i vostri fluidi corporei e causarvi una malattia simile all’influenza o di abbattervi nel fiore dei vostri settanta o ottant’anni… e, Gesù, avevo quasi dimenticato il “long Covid.” Questo, di per sé, è certamente sufficiente a giustificare una radicale ristrutturazione della società in modo da farla assomigliare ad un parco a tema ospedaliero di lusso, gestito da sorridenti fascisti paranoici in fantasiose tute Hazmat firmate.

Oh, e tenete in ordine i vostri “documenti di vaccinazione.” Non si sa mai quando dovrete mostrarli a qualche funzionario all’aeroporto o in un negozio o al ristorante o al vostro capo o al vostro padrone di casa o alla polizia o alla vostra banca o al vostro Internet Provider o al vostro appuntamento su Tinder… o a qualche altra figura autoritaria “Nuova Normale.” Voglio dire, non vorrete mica essere scambiati per un “negazionista Covid” o un “anti-vax” o un “teorico della cospirazione” o per qualche altro tipo di deviante ideologico ed essere banditi dalla società, vero?

CJ Hopkins

Fonte: consentfactory.org
Link: https://consentfactory.org/2021/05/25/greetings-from-new-normal-germany/
24.05.2021
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

FONTE: https://comedonchisciotte.org/saluti-dalla-germania-della-nuova-normalita/

 

Alabama: vietati i passaporti vaccinali

Il governatore Kay Ivey firma il divieto dei passaporti vaccinali in Alabama

Calvin Freiburger – LifeSiteNews – 28 maggio 2021

Con effetto immediato, agli enti governativi sarà vietato emettere “passaporti vaccinali” e alle aziende private sarà vietato richiedere la prova della vaccinazione come condizione per ricevere beni o servizi

Montgomery, Alabama – Il governatore repubblicano dell’Alabama Kay Ivey ha firmato lunedì una legge che proibisce agli enti pubblici e privati di obbligare i residenti dello Stato “dello zigolo giallo” a scegliere tra sottoporsi ad un vaccino Covid-19 o partecipare alla vita sociale.

Con effetto immediato, agli enti governativi sarà proibito di emettere “passaporti vaccinali”, e alle imprese private sarà proibito richiedere la prova della vaccinazione come condizione per la fornitura di beni o servizi, riferisce la CNN. La legge non influisce sulle disposizioni di immunizzazione per le scuole pubbliche che esistevano prima del gennaio 2021, purché consentano esenzioni mediche o di coscienza.

“Sono favorevole a un vaccino volontario e firmando questa legge, non faccio che consolidare ulteriormente questa convinzione”, ha dichiarato Ivey. “Ho scelto di farmi vaccinare contro la Covid-19 e sono felice per la tranquillità che comporta. Incoraggio tutti gli abitanti dell’Alabama che non hanno fatto il vaccino a rimboccarsi la manica, e se avete domande, consultate il vostro fornitore di assistenza sanitaria”.

Alla data del 27 maggio, più di 1,4 milioni di abitanti dell’Alabama, circa il 29% della popolazione dello stato, è stato sottoposto a vaccinazione Covid-19 completa. Dopo un’ondata iniziale di vaccinazioni in tutto il paese, i tassi di vaccinazione hanno rallentato nelle ultime settimane, a causa di una combinazione di mancanza di paura della Covid-19 e della preoccupazione che dei tre vaccini Covid attualmente disponibili negli Stati Uniti non siano stati sufficientemente studiati gli effetti negativi.

Mentre molti personaggi pubblici e dei media incolpano la “disinformazione” online per la persistente esitazione verso il vaccino, molto meno si è riflettuto su come le azioni del governo stesso contribuiscano alla sfiducia, dalle linee guida contraddittorie dei funzionari della sanità pubblica su ogni aspetto della pandemia (comprese le mascherine, le chiusure, e il distanziamento sociale) alla messaggistica mista sulle persone vaccinate che possono ancora trasmettere il virus ad altri.

Inoltre, molti osservatori critici del vaccino Covid sottolineano il fatto che gli studi clinici per i vaccini Covid-19 attualmente autorizzati sono stati eseguiti in meno di un anno, quando tali studi richiedono tradizionalmente un minimo di due o quattro anni. Una delle innovazioni dell’operazione Warp Speed dell’amministrazione Trump è stata la conduzione di vari aspetti del processo di sviluppo simultaneamente piuttosto che in sequenza, ma questo non spiega completamente la condensazione delle fasi di sperimentazione clinica – ognuna delle quali può richiedere da 1 a 3 anni da sola – a soli tre mesi ciascuna.

I difensori dei vaccini fanno notare che il numero di decessi segnalati a seguito dei vaccini Covid è una percentuale estremamente piccola dei destinatari complessivi del vaccino, e che essere [il fatto di essere] elencati nel sistema di segnalazione VAERS non stabilisce necessariamente un legame causale con il vaccino.

Ma altri, tra cui numerosi esperti medici, sottolineano il numero insolitamente alto di morti e di effetti collaterali riportati. In passato, i vaccini erano stati sospesi per un numero significativamente inferiore di morti segnalate in seguito alla vaccinazione. Essi sostengono anche che la diffusa preferenza dei leader a fare pressione sugli americani per farli conformare e a chiudere il dibattito sull’argomento evidenzia una mancanza di interesse a guadagnare la fiducia degli americani andando a fondo di queste morti.

In una rara eccezione alla narrativa dominante sui vaccini dei media mainstream, il 19 maggio Bloomberg ha pubblicato un editoriale di Faye Flam, che sottolineava come “gli studi clinici originali [per i vaccini Covid] sono stati impostati per ottenere le informazioni minime necessarie per ottenere l’approvazione di emergenza, e lo studio di follow-up è stato meno che sistematico“. Flam chiede un monitoraggio più rigoroso degli effetti collaterali, specialmente per “le donne che sperimentano cambiamenti inquietanti nei loro cicli mestruali“.

La legge dell’Alabama segue leggi o ordini esecutivi simili per vietare i passaporti dei vaccini in diversi stati, tra cui FloridaTexas e South Carolina.

Link: https://www.lifesitenews.com/news/gov-kay-ivey-signs-ban-on-vaccine-passports-in-alabama

Scelto e tradotto da Arrigo de Angeli per ComeDonChisciotte

FONTE: https://comedonchisciotte.org/alabama-vietati-i-passaporti-vaccinali/

 

 

POLITICA

 

SCIENZE TECNOLOGIE

ESSERI VIVENTI: SIAMO UN ENORME CAMPO ELETTROMAGNETICO

Esseri viventi: siamo un enorme campo elettromagnetico

La ricerca si concentra oggi sulla grande unificazione: dalla cosmologia e dalle particelle elementari ai sistemi biologici e al cervello. Si cerca la teoria unificata che renda conto di tutti i fenomeni osservati in natura, dalle stelle all’atomo. Aiutano a capire la scoperta delle onde gravitazionali ipotizzate da Albert Einstein e il bosone di Higgs. Le onde gravitazionali, come è stato nel caso della scoperta del telescopio, hanno allargato ed allargano il nostro orizzonte di indagine e si offrono quale strumento per osservare l’universo che ci circonda.

Il bosone di Higgs ci aiuta a comprendere meglio la struttura della materia e conferma che il cosiddetto “vuoto quantistico” è rilevante per le proprietà della materia. Oltre che per la fisica delle particelle, ciò è fondamentale per la micro-elettronica e per l’ottica quantistica, per i computer quantistici che ci cambieranno le vite. Oggi il Dna e i neuroni sono studiati insieme da biologici e fisici. E, facendo ciò, si è scoperto che i meccanismi di comunicazione tra le cellule non sono solo di tipo biochimico ma biofisico, ovvero si basano sullo scambio di informazioni elettromagnetiche. Ciò spiega il comportamento sincrono di milioni di neuroni, compreso perfettamente il quale influisce in maniera fondamentale sulla cura di patologie neurologiche, e contro l’invecchiamento.

Dobbiamo conoscere e capire la nostra forza vitale, che ci anima. Decifrare e percepire la vitalità che soggiace alla nostra essenza, che la fa “funzionare”, pervadendola. Aggiogare la nostra consapevolezza alla parte di noi che è immutabile, mai nata perché sempre esistita. Legare la consapevolezza al nucleo immutabile del nostro essere, quello che consente il costante pulsare radiosamente vitale e vibrante della vita. Non c’è infatti un centro o una periferia, perché noi siamo infiniti e senza limiti. Dobbiamo cercare la fonte di ciò che ci rende vivi. Le scoperte dei fisici moderni sono simili in modo sconcertante a quelle dei saggi yogici: individuano entrambi la forza vibrante che si irradia, risuonante.

Fino ad Albert Einstein la massa era ritenuta correlata solo al peso dell’oggetto, tale era il principio della fisica classica, tradizionale. Grazie alla genialità di Einstein ed alla fisica quantistica nata ai primi del Novecento del secolo scorso grazie a lui, la massa è una espressione dell’energia. L’energia cioè è una forma della massa, della materia. Il Premio Nobel contemporaneo, Carlo Rubbia, ha dimostrato come il nucleone, cioè il concentrato della materia o meglio la massa concentrata in un punto, costituisce solo un miliardesimo rispetto alla realtà. Ciò significa che se uno è la materia, il miliardo è energia, che si esprime in fotoni o quanti di energia. L’energia è la stragrande maggioranza del tutto, per intendersi. Tutti gli esseri viventi – siano esseri umani, animali o vegetali – sono (siamo) fatti di energia rappresentata attraverso onde elettromagnetiche. Tutti gli elementi che ci compongono sono caratterizzati da carica elettromagnetica e si muovono per onde elettromagnetiche. Grazie a tale verità, è oggi possibile “incidere” sulla materia “gestendo” e con l’uso di onde e campi elettromagnetici.

Si può cioè influenzare la materia vivente. Sappiamo oggi che, con il nostro stesso pensiero, si può influenzare ed “incidere” – gestire – sulla materia vivente. Perché il pensiero – i nostri pensieri – sono essi stessi onde elettromagnetiche che possono fare risuonare, “incidere” ed influenzare un’altra – ed altre – struttura cerebrale. Ogni essere vivente ha un proprio campo elettromagnetico, che può essere potenziato, corretto e curato “colpendolo” con le onde che risuonano alla sua stessa frequenza, andando così a correggerlo, stimolare, resettare, grazie al meccanismo della risonanza. Lo stesso, ad esempio, può essere fatto in presenza di parassiti, o funghi o batteri: esseri viventi cioè che possono essere sconfitti grazie alla risonanza alle loro frequenze, senza medicine, o nel caso ad esempio di colture, senza additivi o veleni.

Le onde elettromagnetiche – campo elettromagnetico ultra-debole – possono cioè essere guidate con campi elettromagnetici adatti in grado di portare informazioni positive, come quelle rappresentate dai pensieri, da simboli, dall’amore, dalle parole, dalla musica. Le informazioni fornite curano, eliminano virus batteri e funghi, ci resettano. Grazie alla interazione delle onde sonore, ad esempio. Grazie ai campi elettromagnetici ed all’acqua informata. I benefici sulla nostra materia vivente sono positivi e rivoluzionari quanto incommensurabili.

FONTE: https://opinione.it/hi-tech/2021/05/26/francesca-romana-fantetti_esseri-viventi-campo-elettromagnetico-cosmologia-particelle-elementari/

 

 

 

STORIA

 

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