NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 7 MARZO 2019

https://www.ilpost.it/2019/03/06/tavola-periodica-degli-elementi-mendeleev/

NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI

7 MARZO 2019

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Principio VII: L’INGEGNERIA DELLE ELEZIONI.

(Tutto si riduce alla capacità di comprarsi le elezioni)

NOAM CHOMSKY, Le dieci leggi del Potere, Ponte alle grazie, 2017, pag. 98

 

http://www.dettiescritti.com/

https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/

 

Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

 

Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com 

 

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SOMMARIO

I “giochi di morte” che trastullano le Élite nostrane e quelle mondiali       

A totale carico del servizio sanitario

In Germania dilaga la criminalità organizzata straniera. 1              

Will Smith non è abbastanza nero

Gli Stati Uniti avvertono l’Italia. Ora si muovono i servizi segreti 1

La Germania ignora ancora le regole per salvare Deutsche Bank. 1

La sfida di Francia e Germania all’Ue chiama in causa anche l’Italia. 1        

Approvata la legittima difesa       

Ecco come il paradiso fiscale Olanda ruba 50 miliardi di euro l’anno

Ecco chi c’è davvero dietro Greta Thunberg. 1

“Software manipolabile e affari privati, l’imbroglio di Rousseau”. 1

La tavola periodica ha 150 anni

 

 

 

EDITORIALE

I “giochi di morte” che trastullano le élite nostrane e mondiali

Manlio Lo Presti – 7 marzo 2019

Il campo di concentramento in cui viviamo, dove crediamo – presuntuosamente – di capire tutto e di pensare di essere liberi, è l’orrore contemporaneo che si aggrava con il satanismo, la pedofilia e il cannibalismo che caratterizzano una catena oscura ed infernale di collusioni ai livelli altissimi delle classi dirigenti delle nazioni coinvolte.

Ad essi viene assicurata la protezione totale ed ininterrotta dei governi, delle magistrature e dei servizi segreti. Va tenuto conto che tale catena miserabile e crudele produce molto danaro con il traffico di organi espiantati da bambini ancora vivi ma moribondi a causa dei “giochi di morte” a loro inflitti!    Sofferenza aggiunta alla sofferenza.

Si tratta di una pratica infame che non si riesce ad estirpare con efficacia perché è connaturata alle élite che governano il pianeta. Il segno distintivo di questi gruppi dirigenti è un profondissimo ed insondabile malsano ODIO PER I BAMBINI ai quali viene esercitata da tempo la pratica farmacologica di cambio di sesso. I bambini sono vestiti come drag queen, sono venduti e comprati, sono triturati da trattamenti infami, sono usati come giocattoli sessuali, sono smontati e venduti a pezzi sono sottoposti a forzati cambiamenti di sesso per i piaceri dei destinatari.

Per il passato, ci sono state prese di posizione da parte di organismi internazionali, quel tanto per salvare la faccia. Ma guai a toccare gli immensi interessi che girano intorno ai bambini anche nel campo della moda, ad esempio.

Oltre non si va.

Non viene arrestato nessuno di quelli che dirigono il “traffico” se non qualche pesce piccolo che ha avuto la stupidità di farsi beccare e, per questo, paga per tutti.

La piramide colossale di traffici e dei correlati interessi economici continua a funzionare. Esiste una fitta rete di organizzazioni che forniscono la “merce” suddivisa in hot dog (bambini) e pizze (bambine).

Questi bambini vengono torturati fino all’agonia mentre affogano nel loro sangue.

Queste pratiche demenziali e violentissime sono definite “giochi di morte” e sono attentamente e professionalmente registrate. I filmati sono venduti ad oltre 30/40.000 euro ciascuno a committenze allocate ai massimi vertici di governo di quasi tutti gli Stati europei e negli USA.

Al momento dell’acquisto del “prodotto”, l’acquirente diventa automaticamente ricattabile. Ecco perché il muro di omertà è praticamente indistruttibile.

Intorno a queste pratiche infami, nessuna indignazione:

  • dell’effervescente inquilino del Colle de’ noantri,
  • delle istituzioni volontaristiche,
  • delle magliette rosse, con e senza Rolex,
  • di EL PAPA che pensa a martellare sulla pseudo immigrazione pilotata e tace inoltre sulle decine di migliaia di cristiani sterminati nel mondo,
  • delle gerarchie ecclesiastiche (sappiamo il perché del loro silenzio, senza fare i finti tonti) tutte dedite al martellamento dell’accoglienza senza nessun controllo né limite, ma loro nella maggior parte dei casi, non ne hanno nessuno nelle parrocchie, salvo eccezioni,
  • del corifeo che conciona dall’appartamento di New York,
  • delle Associazioni in difesa dei diritti dell’uomo (i bambini non sono previsti?),
  • dalle 17-20 trasmissioni politiche, quasi tutte buoniste, neomaccartiste antifa e occupate a snocciolare il “toto-caduta-Salvini-che-va-sparato-mirando-bene” e il mantra ossessivo dell’accoglienza arcobaleno, (tanto paga la popolazione italiana e non certo loro che a Capalbio – quartier generale delle maieutiche buoniste antifa – hanno avuto il panico di accogliere 10 migranti!!!),
  • dalle catene televisive nazionali ed europee, tutte obbedienti al grande piano di sostituzione etnica di 10.000.000 di neoschiavi a 3 euro al giorno,
  • dai 300 periodici finanziati dalla Presidenza del Consiglio,
  • dai periodici online focalizzati sull’attesa che il governo cada,
  • dai servizi segreti nazionali che, forse, riferiscono ad una torma di politicanti che hanno l’ordine di non fare nulla!
  • delle associazioni partigiane che incassano 1.800.000 di euro dallo Stato e sono prontissime a negare le Foibe (nessuno ha alzato urla di indignazione per questo comportamento indegno),
  • dalle strutture di “volontariato”,
  • di governi che vanno e vengono dalla porta girevole della storia,
  • della magistratura che tuona solo per sterminare l’attuale governo, Salvini che va sbranato dalle cavallette e magari sodomizzato da dai nuovi arrivati,
  • degli intellettualoidi nati dalle mefitiche provette del POST TOGLIATTISMO che ha desertificato la cultura italiana.

 

P.Q.M.

 

Se queste sono le premesse, sarà bene cominciare da adesso a preparare i sacchi di sabbia per legittima difesa di se e dei propri cari!

 

NE RIPARLEREMO MOLTO MOLTO MOLTO PRESTO!!!!!!!!!!!

 

 

 

 

 

IN EVIDENZA

A TOTALE CARICO DEL SERVIZIO SANITARIO 

(Articolo terrificante da leggere per dovere civico e … per legittima difesa)

Maurizio Blondet  6 Marzo 2019

(MB: Se non vi ribellate nemmeno a “questo”, italiani, tutto è inutile)

“Il #Ministro della #Sanità autorizza la somministrazione, a carico del servizio sanitario nazionale, del farmaco che blocca la #pubertà nei #bambini. Il Governo del cambiamento. Di sesso”

L’Avvocato Filomena Gallo:

Soddisfatti per la nomina al Consiglio superiore di Sanità di Giulio Cossu e Fabrizio Starace, dirigenti storici dell’Associazione Luca Coscioni, ed impegnati per il progresso scientifico”.

 

 

          

C’è qualcosa di terribilmente sbagliato nella linea di abbigliamento per bambini di Caroline Bosmans

 

<https://neovitruvian.wordpress.com/2019/02/27/ce-qualcosa-di-terribilmente-sbagliato-nella-linea-di-abbigliamento-per-bambini-di-caroline-bosmans/> 27 FEB 2019

Pubblicato da <https://neovitruvian.wordpress.com/author/neovitruvian/> neovitruvian

Il sito Web e l’account Instagram di questo marchio di moda sono pieni di immagini inquietanti che alludono all’abuso e alla sessualizzazione dei bambini. Ecco uno sguardo al mondo sconvolgente di Caroline Bosmans

<https://neovitruvian.files.wordpress.com/2019/02/leadbosmans.jpg>
https://neovitruvian.files.wordpress.com/2019/02/leadbosmans.jpg?w=604&h=340

Caroline Bosmans è un marchio di lusso per bambini che è stato elogiato nel suo nativo Belgio e nel mondo della moda. Popolare tra i figli dei ricchi e famosi (ad esempio P. Diddy), il marchio è descritto come “radicale e grafico” dalle fashioniste. Infatti, anche se Caroline Bosmans crea abiti per bambini e bambine, si tratta comunque di essere edgy e alla moda.

 

 

Tuttavia, c’è un problema. Il mondo della moda è malato e contorto. L’aggiunta di bambini al mix è spesso una ricetta infernale.

Un primo esempio è il marchio per bambini NUNUNU che, come si vede nel mio articolo

<https://neovitruvian.wordpress.com/2018/11/16/ce-qualcosa-di-malato-e-sbagl iato-nella-nuova-linea-di-abbigliamento-genderless-di-celine-dion/>

C’è qualcosa di sbagliato nella nuova linea di abbigliamento “Genderless” di Céline Dion, è semplicemente rivoltante: riferimenti all’abuso di minori, alla sessualizzazione dei bambini e persino al satanismo.

Purtroppo, il marketing di Caroline Bosman trasmette le stesse inquietanti vibrazioni.

Quasi tutte le immagini mettono i bambini in contesti bizzarri, opprimenti e spiacevoli in cui si aggiunge un sacco di simbolismo significativo. Oltre a queste vibrazioni negative, tutti i bambini nelle loro foto promozionali sembrano essere tristi, sconvolti, traumatizzati o … morti.

Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/a-totale-carico-del-servizio-sanitario/

 

 

 

In Germania dilaga la criminalità organizzata straniera

 

DAVIDE BARTOCCINI – 6 marzo 2019

La Germania deve iniziare a preoccuparsi seriamente della vasta rete di criminalità organizzata straniera che si è diramata negli anni sul territorio e che rivela la presenza, per la prima volta, della temibile mafia nigeriana. Gli 007 tedeschi hanno segnalato la presenza di reti criminali appartenenti a Cosa Nostra e alle mafie balcaniche, che gestiscono il racket della droga e della prostituzione, ma anche nel traffico di armi e di esseri umani.

L’ultimo rapporto dell’agenzia di intelligence “esterna” della Repubblica Federale Tedesca, la Bundesnachrichtendienst, rivela che anche la mafia nigeriana – controllata dalla Fbi americana anche nel nostro paese – sarebbe riuscita a penetrare in Germania, dove starebbero agendo anche la mafia nigeriana.

Il rapporto dell’intelligence – secretato in alcune parti – allerta le autorità preposte alla gestione dei flussi migratori riguardo l’aumento del 30% di migranti provenienti dallo Stato africano della Nigeria, oltre 10mila solo nell’ultimo anno, e segnala che molti di esse non sono altro che le future schiave del sesso cadute in mano ai trafficanti nigeriani, che in transito dall’Italia finiscono a riempire le fila delle prostitute. Molti invece sono elementi legati alle confraternite nigeriane come le Pyrates ConfraternityBlack Axe e Supreme Eiye, tutte organizzazioni attive nel traffico di droghe pesanti.

Oltre alla presenza di questa nuova e temibile mafia di origine africana, il rapporto del Bnd sottolinea la presenza delle altre organizzazioni criminali ormai ben radicate nel tessuto tedesco, come la Mafia siciliana, la ‘Ndrangheta calabrese, la Camorra napoletana, la Sacra corona unita pugliese. Tutte organizzazioni di stampo mafioso italiane che si sono stabilite attraverso piccoli “clan” già dagli anni ’70 per investire e riciclare denaro oltre confine.

Sarebbero migliaia infatti i cosiddetti “colletti bianchi”, ma non solo, ad irrogare nell’economia tedesca denaro sporco proveniente dalle estorsioni e dal racket; denaro che finisce a controllare interi settori del commercio nei Länder, ad acquisire attività e immobili ovunque.

Secondo il report la mancanza di una vera consapevolezza da parte della società tedesca, che fatica ancora oggi ad ammettere la vastità del fenomeno, e i gap nelle legislazioni avrebbero portato allo stabilirsi di vasti imperi mafiosi sotto forma di

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ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

Will Smith “non è abbastanza nero”: polemica sul nuovo film dell’attore

Di Alessandro Della Guglia – 6 Marzo 2019

Un grande attore nero, ma non abbastanza nero per interpretare il padre di due tenniste nere. E’ la grottesca polemica che si sta scatenando sul film King Richard, in cui Will Smith dovrebbe essere il protagonista. Ieri infatti è stato annunciato che l’attore americano, nel biopic in questione, sarà Richard Williams, il padre delle sorelle Williams note campionesse di tennis.

Stando a quanto riportato dal portale Deadline Hollywood, Will Smith dovrebbe essere anche il co-produttore e il regista della pellicola. Nonostante sia lui che il padre delle sorelle Williams siano di origini afroamericane, secondo alcuni commentatori che hanno dato il via alla bufera su Twitter, è evidente che Richard Williams è molto più nero dell’attore che dovrebbe interpretarlo. Di conseguenza sarebbe preferibile vedere in questo ruolo altri attori, come Idris Ebla o Mahershala Ali. Insomma, Will Smith “non sarebbe abbastanza nero”.

Alla base di questa incredibile controversia, c’è il concetto di “Colorism”, che l’autrice

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CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Gli Stati Uniti avvertono l’Italia. Ora si muovono i servizi segreti

Lorenzo Vita – 6 marzo 2019

Gli Stati Uniti hanno avvertito da tempo l’Italia e gli altri partner europei sui rischi del 5G.A Washington non è piaciuta la mossa del governo italiano di pensare alla concessione della rete a un colosso cinese come Huawei. E questo problema è stato sollevato anche durante il viaggio di Giancarlo Giorgetti negli Usa, dove, fra New York e Washington, gli è stato anche segnalato che il Pentagono e la Casa Bianca sono molto preoccupati da quanto deciso nelle stanze di Palazzo Chigi.

Gli Stati Uniti non vogliono che il futuro delle telecomunicazioni sia in mano cinese, un Paese considerato un avversario da parte di Washington. Ci sono problemi di natura commerciale, ma soprattutto di natura strategica. L’intelligence americana non ha intenzione di vedere le reti europee e dei partner internazionali in mano a un governo con cui conduce una vera e propria guerra economica ma anche politica.

E questo “warning” americano è arrivato anche a Roma. Tanto che si iniziano a muovere i servizi segreti. Come riportato da Ansa, il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) ha chiesto in questi giorni un incontro con il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, proprio per discutere del dossier 5G, che rappresenta lo standard futuro per tutte le reti di comunicazione mobile. Un tema particolarmente delicato, complesso e dai forti rischi, tanto che Luciano Carta, direttore dell’Aise, ne ha parlato in audizione al Comitato.

Per l’intelligence italiana, il rischio di concedere in mano straniera la rete non è un problema secondario. Huawei e Zte, i due colossi cinesi che provano a spartirsi le reti mondiali del 5G, continuano a ribadire che dietro la loro politica commerciale non ci sia alcun tentativo di conquistare reti strategiche occidentali. Ma gli Stati Uniti hanno già messo in chiaro che la questione non sia

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FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

La Germania ignora ancora le regole per salvare Deutsche Bank

 

ANDREA MURATORE – 6 marzo 2019

Le regole sono un vincolo per coloro che si trovano in posizione di non poterle fare rispettare. Vale lo stesso, in particolar modo, nell’Unione Europea, dove la rigidità dei parametri, assunti in certi casi come veri e propri dogmi, ha causato più volte problemi ai Paesi che, volenti o nolenti, si trovavano tenuti a rispettarli (Grecia, ad esempio) o i cui governi, per eccesso di solerzia, troppe volte hanno spinto in là il proprio zelo (Italia).

Vi è, in Europa, un peccatore imperterrito che, di fronte alle violazioni altrui ha a lungo interpretato il ruolo del “poliziotto cattivo”, assieme ai custodi della linea del rigore (capitanati da Olanda e Finlandia) ma che, in più occasioni, non manca di commettere violazioni o di interpretare elasticamente regolamenti e legislazioni.

Dal punto di vista pratico, il secondo atteggiamento non è deplorevole in sé: a sconcertare è la palese asimmetria tra la retorica di Berlino, che arriva addirittura a garantire un sottofondo “morale” alla propria immagine integerrima, e la condotta del governo di Angela Merkel. Prendiamo il caso del surplus commerciale tedesco, frutto di instabilità a causa della deflazione interna imposta dalla Germania al suo sistema, che viola i limiti prescritti dai trattati. O, cosa ancora più sconcertante, il caso banche.

Quando le crisi in passato hanno riguardato istituti di altri Paesi, Berlino ha perorato la linea del salvataggio interno e del bail-in come prima linea di difesa dalle crisi bancarie, come testimoniato dalle recenti dichiarazioni del Ministro dell’Economia italiano Giovanni Tria, secondo cui nel 2013 il suo predecessore Fabrizio Saccomanni, esponente del governo Letta, fu costretto ad accettare la normativa sul bail-in proposta dalla Germania dopo essere stato “praticamente ricattato dal Ministro delle Finanze tedesco” Wolfgang Schauble, che gli disse che se l’Italia non avesse accettato “si sarebbe diffusa la notizia che il nostro sistema bancario era prossimo al fallimento”.

Al momento dello scoppio della questione della tenuta del suo sistema bancario, la Germania ha radicalmente cambiato linea, proponendosi di salvare la cassa di risparmio Nord Lb con un’iniezione considerevole di fondi pubblici, mettendo sul piatto la ragguardevole cifra di 3,7 miliardi di euro, 1,2 dei quali garantiti dall’associazione tedesca che riunisce le Casse di risparmio e 1,5 dal governo della Bassa Sassonia, che, si è riservato di staccare un altro assegno da 1 miliardo di euro qualora si rendesse necessario.

Ancora più emblematico il caso Deutsche Bank. Il colosso di Francoforte, “malato d’Europa” ridottosi a detenere una capitalizzazione borsistica compresa tra l’1 e il 2% del suo enorme portafogli da oltre 1,5 trilioni di euro, è oggetto dell’interesse del governo di Berlino, che manovra per una fusione con Commerzbank, di cui controlla importanti asset.

Secondo il Financial Times l’operazione potrebbe dar vita a un colosso con oltre 2.500 filiali, 140.000 dipendenti (dei quali 20.000 a rischio, secondo gli analisti), 2.000 miliardi di asset e 845 miliardi di depositi. Il Ministro delle Finanze Olof Scholz è lo sponsor numero uno della fusione che, secondo indiscrezioni riprese da StartMag, avrebbe come mediatori Goldman Sachs e Bank of America

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La sfida di Francia e Germania all’Ue chiama in causa anche l’Italia

La proposta congiunta vincola al rispetto delle regole la possibilità di accedere alle risorse comuni. E sull’industria Berlino rilancia il ruolo dello Stato nell’economia

06.03.2019 – Andrea Pomella

Osservando la dinamica dell’economia internazionale degli ultimi mesi, ci sarebbe da chiedersi cosa rimane del mainstreamneoclassico e monetarista, che dal 1975 – da quando, cioè, il democratico Jimmy Carter chiamò Paul Volcker ai vertici della Federal Reserve – condiziona le politiche economiche dei principali Paesi occidentali. Naturalmente in discussione non sono solo i fondamenti teorici del paradigma neoclassico e il suo statuto epistemologico, ma piuttosto l’uso strumentale che ne viene fatto.

Un esempio di questo tipo di utilizzo è la proposta congiunta di Francia e Germania di stanziare un budget comune che possa servire per finanziare le riforme strutturali, che nel nome di una legittima ricerca di una “più solida unione monetaria” e di una “maggiore competitività e convergenza”, vincola al rispetto delle regole la possibilità di accedere alle risorse comuni. Finanziamenti in cambio di riforme strutturali in grado di orientare le economie nazionali all’economia di mercato.

A un primo sguardo sembrerebbe la riedizione in salsa europea del Washington Consensus; invece rappresenta un’ulteriore tappa del processo di consolidamento della relazione speciale fra Francia e Germania, le quali, non avendo alcuna intenzione di ripensare in modo collegiale le regole europee, continuano fermamente sulla loro strada. Stiamo assistendo al sorgere di un nuovo paradigma economico, che se, da un lato, impone alla periferia dell’Eurozona i dogmi della stabilità dei prezzi, della lotta all’inflazione e del riaggiustamento della spesa pubblica – i princìpi che devono informare le famigerate riforme strutturali –, dall’altro, programma il futuro industriale dell’Europa core, sancendo il ritorno dello Stato nell’economia. Un ibrido economico, che condizionerà la politica economica europea dei prossimi anni – che a fronte della sua assertività potremmo chiamare l’Aquisgrana Consensus -, in cui coesistono due piani: quello esplicitato dal manifesto franco-tedesco con cui viene pianificata una sfida alle economie di Usa e Cina e uno, di verso opposto, che ribadisce la necessità di seguire la strada del rigore per i Paesi in ritardo. Lo Stato, il ritorno alla pianificazione dell’industrializzazione e la politica di potenza valgono per Francia e Germania, mentre all’Italia e alla periferia spettano riforme, rigore e mercato.

E’ vasta la pubblicistica che rimarca le differenze strutturali fra l’economia francese e quella italiana, ma risulta oggettivamente singolare come venga completamente rimosso dal dibattito pubblico l’ambivalenza dell’atteggiamento della leadership tedesca e francese, mentre invece venga evidenziata l’insipienza della classe dirigente italiana, incapace di inserirsi nel grande gioco economico e diplomatico che le due grandi potenze europee stanno intrecciando.

A ben vedere, però, il vero problema consiste nel fatto che l’Italia, al momento, è fra gli sconfitti della globalizzazione e sembra incapace di proporre un’alternativa credibile al progetto che si va delineando dopo Aquisgrana. Se la risposta viene ancora ricercata nell’italica propensione a civettare sottobanco con la diplomazia francese o tedesca, siamo destinati ad assistere alla definitiva subordinazione dell’Italia agli interessi stranieri.

Si dovrebbe, piuttosto, riflettere seriamente sul modo in cui la Germania sta provando a disegnare il proprio futuro. Nel piano Nationale Industriestrategie 2030, stilato dal ministro dell’Industria, Peter Altmaier, risulta palese la portata globale della sfida tedesca. Ponendosi l’obiettivo di competere con gli Stati Uniti e soprattutto con la Cina – che ha messo le mani su importanti asset strategici tedeschi e il cui surplus commerciale è l’unico che può rivaleggiare con quello di Berlino – la Germania, in un misto di ordoliberismo e neomercantilismo

Continua qui:

https://www.ilsussidiario.net/news/economia-e-finanza/2019/3/6/geo-finanza-la-sfida-di-francia-e-germania-allue-chiama-in-causa-anche-litalia/1855140/

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

Approvata la legittima difesa: la Camera vota sì alla riforma

La Camera vota sì alla riforma con 373 deputati a favore. Ora il testo deve tornare al Senato, poi sarà legge dello Stato

Bartolo Dall’Orto – Mer, 06/03/2019

Alla fine, è arrivato il via libera della Camera. Nonostante i dossier del M5S e gli strappi di Di Maio, la riforma sulla legittima difesa tanto voluta da Salvini ha ottenuto 373 sì a Montecitorio.

I voti contrari sono stati 104, due gli astenuti. Al momento del voto l’ex grillino Dall’Osso è uscito dall’Aula. Anche la fronda grillina esce sconfitta ma ha fatto sentire la sua voce, disertando il voto dei singoli articoli della legge e a quello finale: da tabulati della votazione, infatti, risultano 29 deputati pentastellati in missione, 165 che hanno votato a favore del provvedimento e 25 che non hanno partecipato al voto.

Il testo ora dovrà tornare al Senato. Durante la prima approvazione a Palazzo Madama, infatti, un errore sulle coperture ha costretto i deputati ad approvare un emendamento. La Costituzione prevede che una riforma, per diventare legge, debba essere approvata con un testo identico sia alla Camera che al Senato.

Insieme a Lega e M5S, hanno votato a favore della legittima difesa anche Forza Italia e Fratelli d’Italia. “Il gruppo di Forza Italia voterà a favore pur sapendo che questa legge non è la panacea di tutti i mali – ha detto in Aula Mariastella Gelmini – Tuttavia questa legge fa segnare un passo in avanti sul tema della legittima difesa”. A Montecitorio gli azzurri, alla proclamazione del risultato, hanno esposto in aula alcuni striscioni con la scritta “Finalmente una cosa di centrodestra“.

Negativo, invece, il commento delle opposizioni. Dal Pd alla sinistra, è tutto un coro di reprimende nei confronti di Di Maio “follower” di Salvini. “Una legge incivice”, dice Nicola Fratoianni. Gli fa eco Riccardo Magi: “Inganno per i cittadini, una pessima modifica del codice penale”. “Bene l’approvazione della legge sulla legittima difesa alla Camera – aggiunge Mara Carfagna – è uno dei cardini del programma del centrodestra. Questa legge però non si trasformi in un alibi: è sempre lo Stato a dover garantire la sicurezza 

 

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PANORAMA INTERNAZIONALE

Ecco come il paradiso fiscale Olanda ruba 50 miliardi di euro l’anno

Di Filippo Burla – 6 Marzo 2019

La Germania con la svalutazione competitiva mascherata da moneta unica. L’Olanda con politiche fiscali predatorie nei confronti delle altre nazioni.

Se vogliamo cercare i motivi per cui Berlino ed Amsterdam sono state le uniche a guadagnare dall’euro, eccoli – in estrema sintesi – spiegati.

Nulla di nuovo sul fronte orientale, verrebbe da dire. La “notizia” – se così si può dire – è che persino dal campo più fieramente europeista finalmente cominciano ad accorgersi che qualcosa non quadra. E’ il caso ad esempio di Federico Fubini, che ieri sul Corriere della Sera ha tuonato contro il Paese dei mulini a vento. L’accusa? “Chiede rigore ma sottrae entrate tributarie agli altri Paesi europei”, spiega Fubini, denunciando un “paradosso” che riesce a vedere solo lui. Ammesso, beninteso, di credere per davvero alla storia dell’integrazione europea. Una favola che si ammanta di buone intenzioni puntualmente disattese dai fatti.

Olanda paradiso fiscale mascherato

Come, per l’appunto, nel caso dell’Olanda. Bravissima a chiedere sempre maggiori dosi di rigore agli altri mentre, allo stesso tempo, ne mette in difficoltà i relativi bilanci con un sistema fiscale che drena risorse dai partner.

L’accusa arriva nientemeno che dal Parlamento Ue, che in un rapporto (pubblicato la settimana scorsa) ha acceso un faro sulle politiche di Lussemburgo, Belgio, Cipro, Ungheria, Irlanda, Malta e, per l’appunto, Paesi Bassi. I quali agirebbero come paradisi fiscali “di fatto”, incuneandosi nelle lacune delle normative nazionali.

A fare la parte del leone in questo “schema” sarebbe proprio l’Olanda che, mentre predica austerità e disciplina di bilancio in lungo e in largo, lavora sottotraccia per attirare le sedi fiscali di multinazionali di mezzo mondo. Che nella maggior parte sono rappresentate da una cassetta delle lettere o poco più. Neanche fossimo in un qualsiasi arcipelago caraibico.

A spingere le società a domiciliarsi nella terra dei polder è soprattutto il sistema di

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Ecco chi c’è davvero dietro Greta Thunberg

 

ROBERTO VIVALDELLI – 2 MARZO 2019

Chi c’è davvero dietro Greta Thunberg, la 15enne attivista svedese che ha iniziato la scorsa estate a manifestare una volta la settimana davanti al parlamento di Stoccolma chiedendo un impegno maggiore del suo governo su clima e ambiente? L’adolescente affetta dalla sindrome di Asperger che lotta contro il cambiamento climatico è diventata un simbolo globale, citata di recente anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Nelle scorse ore, come riporta l’Ansa, l’attivista era ad Amburgo, in Germania. “Scioperiamo perché noi abbiamo fatto i nostri compiti a casa e i politici no”: lo ha detto l’attivista al termine del corteo degli studenti organizzati da Fridays for Future. “Siamo arrabbiati perché le generazioni più vecchie ci stanno rubando il futuro e non lo accetteremo più” ha proseguito Greta. “Noi continueremo finché non faranno qualcosa, saremmo pazienti perché è il nostro futuro ma se non faranno niente, dovremo fare qualcosa noi, e lo faremo” ha continuato.

Chi c’è davvero dietro Greta Thunberg

Ogni venerdì mattina, Greta si reca di fronte al Riksdag, il parlamento svedese, e rimane lì, con un cartello in mano: Skolstrejk för klimatet, sciopero scolastico per il clima. All’inizio era da sola, supportata solo dai genitori, poi la sua protesta è diventata virale. Tanto che a dicembre ha partecipato alla Cop24, la ventiquattresima conferenza sul clima che si è tenuta a Katovice, in Polonia. Lì ha tenuto un discorso che ha fatto il giro del mondo.

Di lei, il presidente Sergio Mattarella ha detto: “Greta, la giovane svedese sta sottoponendo le istituzioni europee a una forte sollecitazione sui temi ambientali. Il suo discorso – ha sottolineato il presidente della repubblica parlando a Viterbo – sia una spinta per le istituzioni”. La domanda è: come ha fatto Greta Thunberg a diventare un fenomeno globale di questa portata? Si tratta di un fenomeno così spontaneo?

Secondo Andreas Henriksson, giornalista d’inchiesta svedese, c’è chi sull’immagine di questa ragazza adorabile ci ha marciato, eccome. Secondo la sua ricostruzione, lo sciopero scolastico altro non era che parte di una strategia pubblicitaria più ampia per lanciare il nuovo libro della madre di Greta, la celebre cantante Malena Ernman – che nel 2009 partecipò anche all’Eurovisione vanta diverse apparizioni televisive. E il grande stratega mente di questa campagna sarebbe Ingmar Rentzhog, esperto di marketing e pubblicità, che ha sfruttato a sua volta l’immagine della ragazza per lanciare la sua start up.

La ricostruzione del giornalista svedese

“Ora posso dire che la persona che sta dietro al lancio del libro e lo sciopero scolastico, e la successiva campagna di pubbliche relazioni sul problema del clima, è il Pr professionista Ingmar Rentzhog” scrive il giornalista Andreas Henriksson sul suo profilo Facebook.

La bella storia di Greta Thunberg inizia il 20 agosto 2018. Rentzhog, che è fondatore della start-up We Do not Have Time, incontra Greta di fronte al Parlamento svedese e pubblica un post commovente sulla sua pagina Facebook. Siamo al primo giorno dello sciopero iniziato da Greta. Curiosamente, quattro giorni più tardi, il 24 agosto, esce il libro dei genitori di Greta, Scenes from the Heart, che racconta i dettagli della vita privata della coppia e della figlia. Una banale coincidenza? Forse. 

I rapporti con la start up

Per capire chi è Ingmar Rentzhog occorre fare un altro passo indietro. Nel maggio 2018, è stato assunto come presidente e direttore del think tank  Global Utmaning, che promuove lo sviluppo sostenibile e si dichiara “politicamente indipendente”. Sarà, ma

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POLITICA

“Software manipolabile e affari privati, l’imbroglio di Rousseau”

22 Febbraio 2019 DI FEDERICO FERRAU’

ilsussidiario.net

Si scrive Movimento 5 Stelle, ma si legge “sistema Casaleggio”. Ovvero come si tradisce una rivoluzione. Non perché al governo c’è Di Maio piuttosto che di Battista, ma perché il calcolo e l’inganno hanno dato il benservito al desiderio di rinnovamento e alla passione politica. A dirlo è Marco Canestrari, sviluppatore e blogger. Canestrari seguiva Grillo ovunque, oggi vive e lavora a Londra. Ha visto nascere, per avervi collaborato e lavorato, la macchina organizzativa di M5s. Quello che sa lo ha scritto con Nicola Biondo in Supernova. Gli abbiamo chiesto come vede l’attuale momento di M5s, alla vigilia di un passaggio delicato per il governo come il voto degli iscritti sull’autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini.

“Premesso – dice Canestrari – che il voto ha valore zero, non è certificato da nessuno e si svolge attraverso un software manipolabile, insicuro e privato, la domanda è: i parlamentari quando si voterà in Parlamento rischieranno di far cadere il governo? Secondo me no. Poi quale sarà il modo in cui questa volta prenderanno in giro i propri elettori lo sanno solo loro”.

Dopo il voto in Abruzzo, tra Tav, riforme e caso Diciotti, M5s appare incerto, frastornato.

C’è una cosa che spiega tutto, i due giorni di assenza di Di Maio dopo il voto in Abruzzo, l’incertezza, il cambio di marcia, l’idea di una struttura più tradizionale. Siamo ancora abituati all’idea del Movimento che aveva Casaleggio. Gianroberto intendo.

E invece?

Oggi siamo in un mondo completamente diverso. Il capo non è più Gianroberto, è Davide. Il Movimento non è più l’evoluzione dei MeetUp, ma il ramo d’azienda politico di un’entità più grande che io chiamo “sistema Casaleggio”.

E la democrazia diretta?

Il modo in cui M5s raccoglie e amministra il consenso può anche cambiare, ma questo in fondo è un problema secondario. Fatto sta che mentre Gianroberto voleva mettere alla prova nella realtà le sue teorie sulla rete, a Davide interessa solo mantenere e sviluppare il controllo del sistema. E lo fa attraverso la piattaforma Rousseau, con cui conosce tutto, ma proprio tutto, di iscritti ed eletti M5s.

Insomma, M5s è solo una parte del sistema Casaleggio.

Sì. Verrebbe da pensare il contrario, invece è il sistema Casaleggio ad avere al suo interno M5s. Il Movimento, l’Associazione Rousseau, la piattaforma: si tratta di vere e proprie unità organizzative aziendali.

Nel frattempo, è come se la democrazia diretta via web e la politica di M5s al governo fossero realtà ormai divaricate.

Non deve sorprendere. Qualche giorno fa Wired americano ha rilanciato una notizia interessante: la conferma di un incontro tra Steve Bannon e Davide Casaleggio in Italia ai primi di giugno 2018. Perché gli aderenti al movimento e gli eletti non l’hanno saputo? Di cos’hanno parlato i due? La verità è che ad avere in mano il pallino è Davide, non altri. Lo fa come presidente della Casaleggio Associati e dell’Associazione Rousseau, seguendo un’agenda sconosciuta a tutti gli altri.

Allora è la piattaforma Rousseau la leva dell’ingranaggio.

In apparenza sì, nella sostanza è solo uno specchietto per le allodole che serve a profilare gli utenti, siano essi iscritti, candidati o parlamentari. La sua gestione è segnata da episodi controversi, è stato il Garante della privacy a dire che i gestori sapevano come votavano gli iscritti alla piattaforma perché i dati erano conservati in chiaro. Davide Casaleggio sa tutto, è questo il segreto del suo “soft power”, che in M5s non è paragonabile a quello di nessun altro, nemmeno Di Maio, figuriamoci Grillo.

Come sono oggi i rapporti tra Casaleggio e Di Maio?

Sono ottimi, per il semplice motivo che gli interessi sono convergenti. Quello di Davide è mantenere il controllo della struttura, e ricordiamoci che l’Associazione Rousseau incassa quasi 9 milioni di euro a legislatura dai parlamentari e dalle donazioni a M5s. Ma se M5s volesse liberarsi di Rousseau non potrebbe farlo, perché nessuno può rimuovere Casaleggio dal suo ruolo: la sua carica nell’Associazione non è elettiva, la può occupare solo un socio fondatore e Davide è l’unico rimasto dopo la morte del padre.

Alla luce di tutto questo Di Maio che ruolo ha?

E’ l’amministratore delegato del ramo d’azienda politico del sistema Casaleggio. E’ evidente che alla luce di tutto questo le dispute sulle correnti di Fico, Di Battista e via dicendo sono solo accademia. Ciò che conta è chi resta e chi se ne va. E a restare sarà Davide Casaleggio.

Nel tuo blog parli di evidenti conflitti di interessi. Puoi darci un esempio?

Nel novembre scorso Di Maio ha detto che il governo intende dare riconoscimento legale alla tecnologia blockchain (ad uso del Made in Italy, ndr) della quale, va detto, a parte i bitcoin non ci sono altre applicazioni coronate da

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https://www.ilsussidiario.net/news/politica/2019/2/18/sistema-casaleggio-software-manipolabile-e-affari-privati-limbroglio-di-rousseau/1849305/

 

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

La tavola periodica ha 150 anni

La gran storia di come Dmitrij Ivanovič Mendeleev pubblicò la prima versione della tabella che risolve l’intricatissimo puzzle su tutto ciò che esiste

di Emanuele Menietti – @emenietti – 6 marzo 2019

Ogni anno milioni di studenti delle scuole superiori in tutto il mondo si trovano davanti a una tabella variopinta, piena di lettere e numeri, che in un certo senso racconta tutto l’Universo. Questa incredibile testimonianza di cosa siamo e di cosa è fatto tutto è la tavola periodica degli elementi, che proprio oggi compie 150 anni. Fu il chimico russo Dmitrij Ivanovič Mendeleev a trovare il modo di ordinare ossigeno, carbonio, ferro e tutti gli altri elementi scoperti – e ancora da scoprire – in una tabella per poterli classificare. La sua intuizione fu resa pubblica per la prima volta il 6 marzo del 1869, ma la storia della tavola periodica era iniziata molto prima e racconta molto di come funziona la ricerca scientifica: il modo in cui cerchiamo di capire il mondo.

La lista di Lavoisier

La maggior parte degli storici della scienza fa risalire le origini della tavola periodica agli studi condotti dal chimico francese Antoine-Laurent de Lavoisier, alla fine del XVIII secolo. Prima di fare una bruttissima fine, condannato a morte per decapitazione dal tribunale rivoluzionario francese, Lavoisier fu l’artefice di alcuni dei progressi più importanti nella ricerca scientifica del suo tempo. Insieme alla moglie Marie-Anne, dedicò molti anni allo studio degli elementi: le sostanze come l’ossigeno e il carbonio che non possono essere “smontate” per reazione chimica in altre sostanze. Lavoisier enunciò inoltre la prima versione della legge di conservazione della massa, dopo avere compreso che in una reazione chimica la somma dei pesi delle sostanze di partenza deve essere uguale a quella delle sostanze che si ottengono dopo la reazione.

Nel 1789 Lavoisier pubblicò una prima lista dei 33 elementi fino all’epoca identificati, sapendo che probabilmente molti altri dovevano essere ancora scoperti (il suo elenco ne mostrava circa un quinto di quelli oggi noti). Oro, ferro e zolfo erano conosciuti fino dall’antichità, mentre altri erano stati scoperti più di recente. Benché incompleta, la lista era il primo tentativo di mettere ordine tra gli elementi, un puzzle molto complicato che avrebbe richiesto più di un secolo per essere risolto e molti altri decenni per essere completato con quasi tutti i suoi pezzi.

Proust e Dalton

Cinque anni dopo la pubblicazione della sua lista, Lavoisier fu condannato a morte dal tribunale del popolo rivoluzionario e decapitato. Era il 1794, lo stesso anno in cui un altro scienziato, Louis-Joseph Proust, era arrivato alla conclusione che se la legge della conservazione di Lavoisier era valida, allora se ne doveva aggiungere un nuovo pezzo legato alle “proporzioni definite”. Proust enunciò la sua nuova legge nel 1799: quando due o più elementi reagiscono tra loro, formando un composto, si compongono sempre secondo proporzioni in massa definite e costanti.

Nonostante la sua legge suggerisse che i composti chimici dovessero essere fatti di particelle con peso differente, ciascuna riconducibile a un dato elemento, Proust non ci arrivò. Fu lo scienziato britannico John Dalton (al quale dobbiamo il termine “daltonismo”: non vedeva alcuni colori e fu tra i principali studiosi di questa condizione) a dimostrare all’inizio dell’Ottocento che quando due elementi si combinano tra loro per formare composti, una quantità di un elemento si combina con quantità multiple dell’altro, che stanno tra loro come numeri piccoli e interi.

In pratica, se combino 12 grammi di carbonio con 16 grammi di ossigeno ottengo monossido di carbonio (CO), ma se combino i primi con il doppio dell’ossigeno, allora ottengono anidride carbonica (CO2). Con la stessa massa di carbonio, l’anidride carbonica contiene una quantità di ossigeno doppia rispetto a quella del monossido di carbonio. Ne consegue che il valore del rapporto di combinazione è la metà.

Per spiegare la sua legge, Dalton assunse che ogni elemento fosse composto da minuscole cose invisibili all’occhio umano, aventi tutte lo stesso peso. Le chiamò “atomi”, riprendendo la parola greca utilizzata per definire qualcosa di indivisibile.

Mettere ordine

In pochi anni Lavoisier, Proust e Dalton avevano formalizzato le tre leggi classiche della chimica (leggi ponderali), dimostrando le potenzialità del metodo scientifico e i rapidi avanzamenti in una disciplina fondamentale per capire come funziona il mondo, ma occorreva fare ordine tra così tante novità.

Tra i primi a farlo ci fu il chimico svedese Jöns Jacob Berzelius, che introdusse le abbreviazioni per gli elementi, utilizzando una o due lettere come “C” per carbonio e “Fe” per il ferro. Alle abbreviazioni aggiunse i numeri, per indicare le proporzioni dei vari elementi: come il “2” in H2O, che indica le due parti di idrogeno legate a una di ossigeno per formare la molecola dell’acqua. Quelle lettere e quei numeri sarebbero finiti nella tavola periodica degli elementi e ancora oggi sono essenziali.

Berzelius era un tipo piuttosto creativo e curioso. Dopo essere venuto a conoscenza della pila elettrica inventata dall’italiano Alessandro Volta, e che produceva elettricità tramite una reazione chimica, iniziò a sperimentare per provare a ottenere l’effetto contrario. Utilizzò l’elettricità proveniente dalla batteria per indurre reazioni chimiche nelle soluzioni, l’elettrolisi.

 

Questa tecnica, ripresa da diversi altri scienziati, si rivelò fondamentale per scoprire un’ampia varietà di elementi chimici, prima ignoti. In pochi anni furono identificati elementi la cui esistenza ora ci sembra da sempre scontata, come il sodio, il magnesio, il potassio e il calcio. Decine di nuovi elementi si aggiunsero alla trentina di quelli elencati da Lavoisier, portando a nuove domande: quanti elementi ci sono davvero in natura? Come possiamo scoprirne altri? Ci sono sostanze che pensiamo essere frutto dell’unione di altri elementi e che invece sono da soli elementi?

La tavola periodica

Mentre proseguiva la corsa agli elementi, diversi scienziati iniziarono a interrogarsi su come ordinare e dare un senso alle nuove scoperte. Per farlo si dovevano esaminare le singole sostanze e confrontarne le caratteristiche alla ricerca di cose in comune. Si scoprì che alcuni elementi potevano essere raggruppati in terzetti e ordinati per peso atomico: l’elemento al centro aveva sempre un peso pari al peso medio tra i suoi due compagni più leggero e più pesante.

Nei primi anni Sessanta dell’Ottocento i chimici avevano a disposizione tre leggi fondamentali, decine di elementi, la conoscenza di qualche caratteristica ricorrente tra loro, ma nessun sistema di catalogazione per orientarsi nel mondo che avevano scoperto. Mettere ordine nella chimica divenne quasi un’ossessione per un professore di chimica presso l’Università di San Pietroburgo in Russia: Dmitrij Ivanovič Mendeleev. Tra fine febbraio e i primi giorni di marzo del 1869, Mendeleev lavorò per dare un senso agli elementi. Fu letteralmente un impegno senza sosta: lavorò giorno e notte, finendo per perdere la cognizione del tempo e arrivando a dire, in seguito, che l’intuizione definitiva per risolvere il puzzle della chimica

 

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