NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 31 OTTOBRE 2019

NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 31 OTTOBRE 2019

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

La ristrettezza mentale si allarga!

STANISLAW LEC, Pensieri spettinati, Bompiani, 2015, pag, 104

 

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La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.

 

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SOMMARIO

L’FBI ha declassificato un documento sui “Finders” (cercatori), un gruppo coperto dall’intelligence accusato di abusi sessuali sui bambini 1

La piaga verde 1

Verso lo Stato etico (e oltre) 1

Lo Stato etico. Vrsione 4.0

La menzogna competitiva 1

L’Italia, un Paese vietato ai minori

Gorbaciov, l’espansione della NATO è Iil maggiore errore dell’Occidente

Papa Francesco, le responsabilità per il caos in Argentina: “Ha aiutato il fronte peronista a risorgere” 1

Vedere l’epoca in cui si vive. Intervista a Philip Di Salvo 1

Russiagate, Occhionero: “Italia coinvolta dall’inizio, Mifsud è ancora qui” 1

L’Europa colpisce ancora l’Italia: l’indagine su Fincantieri-Stx

Problemi falsi, soluzioni vere 1

Il mercato è obsoleto 1

Conte si piega alla Germania: Merkel ci rimanda i migranti 1

Piantiamola con l’ipocrisia. Ipocrita Europa, ipocrita Italia

Reddito di cittadinanza fase 2: trovare il lavoro

“Qual’è” si può scrivere con l’apostrofo. 1

Epifanie alla fine dell’impero d’Occidente

Il mondo nel caos: ondata globale di proteste di piazza, è un nuovo 1968? 1

Un nuovo Muro divide l’Europa? 1

Dentro la realtà: decadenza, caos sistemico, Europa 1

Spazzatura umana 1

Governo italiano e mondo: incominciano a cadere le foglie 1

Eravamo bestie allo zoo La caduta del Muro ci ha liberato di colpo 1

Churchill uccise Mussolini 1

Talal Khrais: la storia dell’Armenia 1

Il grande inganno del liberalismo. 1

 

EDITORIALE

Prendere tempo … tra un tecnico e un altro

Manlio Lo Presti – 31 ottobre 2019

 

Il piano di impedire che il nostro Paese prenda decisioni prosegue senza interruzioni continuando a danneggiarlo. Non è nuova questa lunga stagione di instabilità politica, economica, finanziaria, sociale e geopolitica. Ma rispetto alle vicende politiche antecedenti, da una certa presidenza della repubblica che ha creato la porta girevole dei TECNICI-FATE-PRESTO, i governi esistono e vegetano fra l’irruzione di un tecnico e l’altro. Un ruolo di crescente peso hanno i dibattiti sulla rete: una melassa collosa di notizie irrilevanti e fuorvianti affinché non sia possibile capire come veramente stanno le cose alterando le facoltà cognitive della popolazione.

La sequenza di modifiche costituzionali e di leggi elettorali hanno complicato il quadro politico rendendolo più fragile, nella impossibilità di creare personalità di prestigio ai vertici delle istituzioni.

Quindi, rispetto al passato, abbiamo la creazione di dicasteri cuscinetto guidati da emerite mediocrità, dei signor-nessuno che precedentemente avevano ruoli minori ed ancillari e da tempo coprono incarichi di vertice!

Questa sarabanda, sapientemente orchestrata ai danni dell’Italia, si chiama MEDIOCRAZIA, cioè ci riferiamo ad un gruppone di maggiordomi i cui requisiti devono essere:

 

  • La bassissima cultura accademica (molti governativi hanno meno della terza media);
  • La totale e frontale ricattabilità personale (il ricattato difficilmente tradisce);
  • L’assenza di capacità previsionale e di programmazione di piani politici ed economici di medio-lungo periodo;
  • Il trasformismo più cinico possibile;
  • Un odio sordo verso la popolazione italiana la cui brutalità è difficilmente riscontrabile in altre nazioni;
  • La capacità ossessiva di razziare favori, posti e soldi – tanti soldi – nel più breve tempo possibile, coscienti di durare poco e, per questo, di razziare rapidamente;
  • Capacità luciferina di strisciare TUTTI INDISTINTAMENTE davanti ai poteri anglofrancotedeschiUSA e vaticani
  • Alcuni schierati verso politiche immigrazioniste selvagge, senza collocazione né pianificazione;
  • Alcuni schierati verso politiche neomaccartiste-antifa-quadrisex;

 

Quanto appena descritto è quindi la causa della sistematica emarginazione di personalità di alto profilo e in possesso delle giuste capacità cultura, gestionali, politiche in grado di portare il nostro martoriato Paese fuori da questo inferno senza uscita!

 

TUTTO CIÒ PREMESSO

 

Aspettiamoci l’ennesimo “tecnico” la cui regola d’ingaggio sarà quella di dare il colpo di grazia all’Italia per ridurlo ad una landa distrutta

  • economicamente con la deindustrializzazione,
  • con la frammentazione politica – contrabbandata per gioco democratico – mediante la costituzione di numerosi partitini, gruppi politici, movimenti civici, movimenti di opinione, ecc. e DI CUI NON SI CONOSCONO LE RISORSE MONETARIE CHE LI SOSTENGONO. Ho avuto contatto con diversi capetti di questi “movimenti”, ma nessuno incide veramente sui processi politici aggiungendo ulteriore sciame sismico e caos al disordine presente;
  • socialmente con l’aumento vorticoso di emigranti laureati;
  • con una denatalità sempre più grave;
  • con lo sciamare indisturbato di 8 (OTTO) mafie e bande africane inferocite e assassine per le strade;
  • con la fuga dei risparmi italiani verso la Germania mediante fusioni bancarie su misura;
  • con la svendita del resto delle imprese ancora appetibili;
  • con l’incremento vertiginoso degli attuali circa 1.000 pignoramenti giornalieri di case (le case bloccano la trasferibilità della popolazione vaticinò il superpretoriano ipertecnico Monti che però ne possiede oltre 50);
  • con l’invasione del territorio italiano di migliaia di barchini (che la NSA, la CIA e la NATO non vedono dai satelliti, mentre le case abusive si), di decine di navi ONG con migranti-paganti nordafricani e la prossima ondata almeno di 2.00.000 di migranti provenienti da guerre vere sui quali non guadagnano le ONG, il vaticano, le case-famiglia, le coop, i partiti, le 8 mafie.

 

L’effervescente inquilino del Colle ha mostrato di adempiere con notarile solerzia all’incarico di nominare tecnici fra un governicchio e l’altro – tanto per mostrare una facciata di gioco democratico e parlamentare finché il voto non lede interessi europei.

 

Ora che il voto della piccola e Umbria demmerda-che-non-conta-una-BEATA ha dato risultati inaspettati, bisogna correre ai ripari IMPEDENDO CHE NEL NOSTRO PAESE DI POSSA RITORNARE AL VOTO, ANCHE A COSTO DI ATTENTATI CON MIGLIAIA DI MORTI!!!!!!!!!!!

 

P.Q.M.

 

Si comprende perché non si deve votare prima di aver nominato oltre

400 boiardi di Stato e il prossimo inquilino del Colle

totalmente piegato agli interessi atlantici e pseudocomunitari.

 

Facciamocene una ragione senza infingimenti e – se vogliamo salvarci – prepariamo una vera e propria resistenza ad oltranza, senza fare i soliti pesci in barile!

 

Adesso non è più ora di fare i soliti giochini italico-trasformisti

altrimenti saremo ridotti ad inservienti delle prossime ondate di

MIGRANTI-PAGANTI-VOTANTI

perché gli italiani non voteranno più nessuno di questi criminali

che fingono di litigare fra loro.

 

Ne riparleremo purtroppo molto presto …

 

 

 

 

 

 

IN EVIDENZA

L’FBI ha declassificato un documento sui “Finders” (cercatori), un gruppo coperto dall’intelligence accusato di abusi sessuali sui bambini

NewsPolitica e attualità ottobre 28, 2019ottobre 28, 2019  Di Zachary Stieber

 

Venerdì scorso l’FBI ha pubblicato i documenti che descrivono dettagliatamente un’indagine sui “Finder”, un gruppo segreto presumibilmente collegato al governo degli Stati Uniti.

Le accuse di abusi sui minori commessi dal gruppo sono state portate all’attenzione degli agenti dell’FBI dopo che diverse persone, tra cui il deputato degli Stati Uniti Charlie Rose, hanno inoltrato al Dipartimento di Giustizia un documento declassificato risalente al 27 ottobre 1993.

Gli agenti dell’FBI hanno cercato informazioni sul gruppo e hanno scoperto un file dell’FBI relativo a un arresto di due uomini a Tallahassee, in Florida, nel 1987. Gli ufficiali di polizia trovarono gli uomini trascurati e trasandati con sei bambini che giocavano in un parco.

“I due soggetti con i bambini, inizialmente non furono in grado di fornire informazioni sufficienti sulla custodia legale dei bambini e non collaboravano per quanto riguarda la loro identità e l’identità dei bambini”, afferma il file.

Le informazioni raccolte sugli arrestati e i bambini rivelarono che provenivano dall’area di Washington. Ciò spinse gli agenti di Tallahassee a contattare il proprio ufficio locale e a trasmettere le informazioni al dipartimento di polizia metropolitana di Washington.

Si venne così a scoprire che uno dei due uomini apparteneva ad un’associazione nota con il nome di “Finders” che aveva la propria sede nella capitale della nazione. Il Dipartimento di Polizia Metropolitana aveva già ricevuto informazioni da una fonte confidenziale che un gruppo noto come “Finder”

stava conducendo “tecniche di lavaggio del cervello a [censurato]”.

“La fonte ha riferito che i bambini erano stati utilizzati nei rituali dai gruppi, e che non era stato mai osservato alcun abuso di minori”, affermano i file declassificati.

Il 5 febbraio e il 6 febbraio 1987, gli agenti di polizia di Washington hanno eseguito delle perquisizioni su due immobili di proprietà del gruppo: una residenza e un magazzino.

Durante le ricerche nelle proprietà dei “Finder”, un funzionario del servizio doganale degli Stati Uniti (UCSC) ha affermato di “aver osservato una quantità sostanziale di materiale informatico e documenti che presumibilmente contenevano istruzioni per ottenere bambini per scopi non specificati “,

Ha dichiarato l’FBI. “Le istruzioni presumibilmente includevano l’impregnazione di membri femminili della comunità, l’acquisto di bambini, il commercio di bambini e il loro rapimento (sic).

L’agente ha cercato di ottenere l’accesso alle prove da utilizzare nelle indagini

Continua qui:

http://www.altrainformazione.it/wp/2019/10/28/lfbi-ha-declassificato-un-documento-sui-finders-trovatori-un-gruppo-segreto-accusato-di-abusi-sessuali-sui-bambini/

 

 

 

 

 

 

La piaga verde

25 settembre, 2019

Questo articolo, qui in versione leggermente rivista, è stato pubblicato su La Verità del 24 settembre 2019.

In un vecchio articolo coniavo il motto «ubi puer ibi mendacio» per denunciare come l’utilizzo immotivato di testimonial in tenera età serva spesso a veicolare messaggi politici dai moventi opachi. Non sembra fare eccezione il caso di Greta Thunberg, la giovanissima svedese «che fa tremare i potenti della terra» vaticinando catastrofi ambientali e quindi (!) raccoglie gli applausi dei potenti della terra. Le ultime notizie ce la davano a bordo di una barca da 4 milioni di euro governata da un rampollo reale per raggiungere gli Stati Uniti d’America. Lì avrebbe strapazzato i membri del Senato, ma non prima di essere stata ricevuta in gran pompa dall’ex presidente Barack Obama. Ora starebbe dando in escandescenze dal podio delle Nazioni Unite, davanti a centinaia di capi di Stato contriti e ammutoliti, rilanciata nell’etere da mezza Hollywood. Cose normali, insomma, per chi sta sulle scatole al sistema.

Questa non è però l’unica contraddizione, né in fondo la più grave, della risorta retorica «green» che sta investendo l’Occidente. Sotto il profilo del metodo, quella climatica non è che l’ultima di un già lungo elenco di «emergenze» quotidianamente scodellate su tutti i fronti, dal «fate presto!» dell’economia all’«emergenza terrorismo», dalle condizioni di chi bussa ai nostri confini che «precipitano di ora in ora», alle malattie infantili trasformatesi in «epidemie» da contenere militarizzando i giardini d’infanzia, fino alle innovazioni digitali sul cui «treno» bisogna saltare a occhi chiusi per non perdere opportunità, ça va sans dire, irripetibili. Il risultato è uno stato di eccezione perenne che non tollera gli incerti della riflessione, del confronto e della critica, un’incombenza senza tregua dove chi dissente è un nemico da reprimere perché attenta alla sicurezza del branco.

Se l’orientamento generale è chiaro – di indebolire la prassi democratica anteponendole le più variopinte e improcrastinabili urgenze – nel merito è difficile non riconoscere che esiste un problema di sostenibilità dei nostri modelli di produzione e consumo. Non sappiamo quanto dureranno le riserve fossili di energia su cui si regge in pratica tutto ciò che chiamiamo «progresso», ma siamo certi che a) non sono infinite e b) il loro consumo comporta anche danni per l’uomo e per l’ambiente. Nel solco di queste giuste premesse si innestano le moderne crociate verdi, i cui frutti portano però lontano, lontanissimo

Continua qui: http://ilpedante.org/post/la-piaga-verde

 

 

 

 

 

 

Verso lo Stato etico (e oltre)

Uno dei problemi più banali, e insieme più gravi, del denaro elettronico è che non riposa nelle tasche dei suoi proprietari né passa attraverso le loro mani. Per essere conservato e trasmesso ha infatti bisogno di prestatori di servizi che hanno non solo un costo, ma anche la possibilità tecnica di limitare in tutto o in parte l’uso del denaro altrui. Se normalmente questo rischio appare remoto e scongiurato dalle tutele di legge, l’enorme potere che comporta un accesso centralizzato alle transazioni di milioni di cittadini sta già facendo gola a qualcuno.

Il tutto, come sempre accade, partendo da fini sedicenti nobili, per creare un precedente nell’indifferenza o con il plauso dei cittadini.

Apprendiamo dalla testata web Buzzfeed che l’organizzazione no-profit SumOfUs, nata nel 2011 per fare pressione sulle corporation mondiali affinché si impegnino contro il cambiamento climatico, le discriminazioni, la corruzione e altre piaghe del secolo, avrebbe convinto la SEC (Securities and Exchange Commission, omologa americana della nostra Consob) a includere nell’assemblea annuale degli azionisti Mastercard la proposta di istituire una “Commissione per i diritti umani” in seno all’azienda.

La proposta sarebbe motivata dal fatto che “l’esposizione di Mastercard al rischio di agire in conflitto con i diritti umani è significativa, in quanto… opera in oltre 210 Paesi e territori, alcuni dei quali sono caratterizzati da un alto rischio di violazione dei diritti umani”. Questo generico intento si tinge subito dopo di un colore inequivocabilmente

Continua qui: http://denarolibero.org/verso-lo-stato-etico-e-oltre/

 

 

 

 

 

Lo Stato etico. Versione 4.0

giovedì 26 settembre 2019 Piero Visani

Quando, fra il 1969 e il 1973, ero un giovane studente della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, indirizzo Scienze Storiche, ero solito seguire con molta attenzione le lezioni di docenti che erano grandi nomi delle discipline storiche italiane dell’epoca: Alessandro Galante Garrone, Franco Venturi, Aldo Garosci. Tutti storici eminenti, dai quali spero di aver imparato molto a livello di metodo. La loro generale appartenenza alla Sinistra per me non era un problema: sono solito prima ascoltare e poi – se resta tempo – parlare…

Ricordo la generale deplorazione da essi riservata allo “Stato etico” gentiliano e alle parole severe riservate ad un assetto istituzionale che comprimeva pesantemente le libertà del singolo, per sottometterle ai voleri di un Leviatano che – di fatto – incarnava ovviamente le volontà di pochi.

Dopo il crollo del comunismo e la vittoria della democrazia liberale, non avrei mai pensato che l’approdo di quest’ultima sarebbe stato il più rigido dei totalitarismi, una nuova forma di “Stato etico” in cui ai cittadini è consentito di fare tutto ciò che è ritenuto (da altri) buono per loro. Sorge a quel punto spontanea la domanda: “Da chi è ritenuto buono?” e le risposte sfumano, diventano più confuse e incerte.

Non puoi fare questo, perché non ti fa bene. Non puoi fare quello, perché fa male al pianeta. Non puoi usare il denaro contante perché facilita l’evasione fiscale. Non puoi usare l’auto perché inquina (ma il SUV no, chissà come mai…?), e neppure l’aereo. Dunque scopri a tue spese che il “migliore dei mondi possibili” è ciò che maggiormente somiglia a una galera o, al limite, a un riformatorio. Dunque, nel migliore dei casi, sei uno scavezzacollo, un corrigendo, uno non degno di stare al mondo perché non rispetta le regole. Chi le ha stabilite, le regole? E chi custodisce i nostri custodi? Domande retoriche e oziose: è ovviamente il “bene comune”, il “bene supremo”, quello su cui TUTTI sono d’accordo. Ma tutti chi, è come si è formato questo consenso? In base a quali meccanismi? In genere in base a meccanismi finto-plebiscitari, dove pochissimi decidono e gli altri

 

Continua qui: https://derteufel50.blogspot.com/2019/09/lo-stato-etico-versione-40.html

 

 

 

 

 

 

 

La menzogna competitiva

22 Marzo DI DMITRY ORLOV

lesakerfrancophone.fr

 

Nessuno crede che dire delle bugie sia proprio di un comportamento sportivo o onesto. Eccetto nel caso di professioni molto particolari – spia, agente speciale, etc. – mentire è considerato pressoché ovunque una manifestazione di sconfitta. Anche in forme relativamente inoffensive, come il vanto o l’esagerazione, la finzione e la demagogia, è una misera scorciatoia a cui si ricorre quando non si ha una verità favorevole da dire. Poi, ci sono altri tipi di inganni, dettati da un cattivo orientamento, dissimulazione e omissione; motivati dal desiderio di orientare i sentimenti di qualcuno o per evitare uno scandalo, la scelta di mentire raramente è una scelta felice.

Infine, c’è chi produce e diffonde informazioni false e ingannevoli. Quando la società funziona normalmente, queste persone, presto o tardi, sono prese con le mani nel sacco. La loro reputazione è rovinata, le loro carriere rovinate e i danni prodotti riparati. In una società che funziona normalmente, una buona parte dei suoi membri ha una solida conoscenza dei fatti, è capace di ragionare logicamente e ha sufficiente fiducia nell’etica dei giornalisti e di altri professionisti, nell’imparzialità dei funzionari e nel metodo scientifico da permetterle di credere che la verità esista e che si è in grado di giungere ad essa.

Ma queste forme di comportamento sociale, normale, stoico e apparentemente neutro sembrano un po’ noiose, forse sbiadite, difficilmente potrebbero attirare l’attenzione dei geek ultra-connessi. Non sarebbe molto più popolare, moderno e divertente se la fabbricazione di menzogne a fini economici e politici diventasse una forma accettata di comportamento sociale?

E se mentire diventasse sport nazionale? Chi ha bisogno dell’etica giornalistica e professionale quando meno di un terzo degli americani interrogati afferma di fidarsi dei media nazionali? Perché i funzionari dovrebbero rimanere imparziali quando la stragrande maggioranza degli americani politicamente impegnati è divisa in due schieramenti che si odiano apertamente e vogliono distruggersi a vicenda? E chi ha bisogno del metodo scientifico e di inchieste oggettive basate su prove empiriche quando si può fare affidamento sulle voci trasmesse dei media nazionali, arbitro ultimo della verità, «la saggezza dei folli»?

Ed ecco la questione più provocatrice di tutte: e se noi vivessimo già in questo mondo? Come potremmo saperlo? Non dovremmo certamente basare il nostro giudizio su qualcosa di così debole come i «fatti noti» o su nostre nozioni personali: se il nostro mondo è passato in modalità «menzogna competitiva» allora sussistono diverse versioni dei fatti, tutte sbagliate in un modo o nell’altro, e la scelta di uno rispetto a un altro verrà considerato un pregiudizio personale. Vedete la contraddizione di base? Gli antichi metodi d’esplorazione epistemologica non si applicano più nel nuovo mondo della menzogna competitiva. Di conseguenza, dobbiamo trovare un nuovo metodo per determinare se il mondo che noi abitiamo attualmente è l’antico, quello delle verità indiscutibili, o il nuovo, quello delle menzogne competitive.

Smettiamola di guardare nel dettaglio e guardiamo piuttosto ai comportamenti generali, sistemici. Nel vecchio mondo dell’esplorazione epistemologica, le teorie e le storie sono considerate non valide e rigettate qualora si scoprano delle prove che le contraddicano. Questo perché una teoria o una storia non valida non è considerata utile; è solo un peso, e forse un imbarazzo. Ma nel nuovo mondo delle menzogne competitive, le teorie e le storie non sono né valide né non valide. La teoria senza senso della «terra piatta» che circola su Facebook è assurda, ma gode comunque di popolarità (vi spiegherò più tardi perché) e pertanto resiste. Le bugie non sono più merci difettose da buttare; ma rappresentano un prezioso investimento. Di conseguenza, ogni volta che alcuni fatti contraddicono la teoria o la narrativa privilegiata, la risposta non è quella di riesaminare ma di produrre una marea di «fatti alternativi» (ottenuti, prefereribilmente, da una fonte segreta, da una fonte che non può essere

Continua qui:https://comedonchisciotte.org/la-menzogna-competitiva/

 

 

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

L’Italia, un Paese vietato ai minori

27.10.2019 Di Tatiana Santi

In Italia, dove nascono sempre meno figli, non esiste un piano strategico per contrastare la povertà in cui vivono più di un milione di bambini. In 10 anni, secondo i dati di Save the Children, sarebbero triplicati i minori in povertà assoluta.

La povertà assoluta in cui versano più di un milione di minori in Italia è accompagnata da una serie di altre problematiche, come la povertà educativa e quella culturale. Sarebbero più che triplicati in 10 anni i bambini che vivono in povertà assoluta, questa è la fotografia dell’Italia scattata dal decimo Atlante dell’Infanzia di Save the Children.

Il bambino è il soggetto più povero e le misure di contrasto della povertà adottate dalla politica non sono pensate in senso stretto per i minori. Manca inoltre un piano strategico complessivo per combattere contro la povertà infantile. Questo è il punto di vista espresso in un’intervista a Sputnik Italia da Ivano Abbruzzi, presidente de L’Albero della Vita, fondazione che si occupa di tutelare i diritti dei bambini e che ha lanciato la campagna “la voce dei bambini” per riflettere sulla povertà infantile.

— Ivano Abbruzzi, di che cosa si occupa la vostra fondazione?

— L’Albero della Vita è una fondazione che nasce a partire da un’Associazione nel 1997, diventa fondazione nel 2004. Da sempre si occupa di bambini con grosse problematiche, all’inizio principalmente di bambini che non potevano vivere in famiglia per maltrattamenti e abusi, poi col tempo abbiamo iniziato a lavorare su molti altri aspetti. Ci siamo incentrati sui diritti dei bambini. Oggi lavora in Lombardia, un po’in tutta Italia con 4 grossi programmi europei e

Continua qui:https://it.sputniknews.com/intervista/201910278228278-litalia-un-paese-vietato-ai-minori/

 

 

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Gorbaciov: “L’espansione della NATO è il maggiore errore dell’Occidente”

28.10.2019

L’ex leader dell’URSS Michail Gorbaciov ha dichiarato che l’espansione della NATO nell’Europa dell’Est è da considerare come uno dei maggiori errori dell’Occidente.

Nel suo nuovo libro dedicato al futuro della pace nel mondo l’ex segretario del PCUS, Michail Gorbaciov, ha rilasciato delle interessanti dichiarazioni sulla NATO.

“Non ho mai nascosto la mia opinione circa il fatto che la decisione della NATO di espandersi (in Europa Orientale ndr) sia stato il maggiore errore dell’Occidente”, ha scritto nel suo volume il Nobel per la Pace del 1990.

Nel suo volume Gorbaciov ha anche raccontato come la possibile espansione della NATO oltre il muro di Berlino era tema di discussione anche negli ultimi anni della Guerra Fredda.

A quel tempo, sottolinea, sia la NATO che il Patto di Varsavia hanno rivisto la loro dottrina militare e i membri di queste alleanze hanno addirittura siglato un accordo per ridurre il numero degli effettivi dei propri eserciti.

L’ex presidente ha affermato che, all’epoca, i suoi detrattori gli chiesero di redigere un documento vincolante con la NATO per impedire che si diffondesse nell’Europa orientale.

Gorbaciov però si oppose, sostenendo che sarebbe stato assurdo

Continua qui:

https://it.sputniknews.com/mondo/201910288230952-gorbaciov-lespansione-della-nato-e-il-maggiore-errore-delloccidente/

 

 

 

 

 

Papa Francesco, le responsabilità per il caos in Argentina: “Ha aiutato il fronte peronista a risorgere”

30 Ottobre 2019 di Maurizio Stefanini

 

In Argentina il peronismo di sinistra torna al potere, con l’ex-presidentessa Cristina Fernandez de Kirchner che ha corso come vice del suo ex-capo di Gabinetto Alberto Fernandez; insieme domenica hanno sconfitto il presidente liberale Mauricio Macri, «il Berlusconi argentino». Fernandez-Fernandez, li chiamano, o anche Effe-Effe. 48,1 contro 40,37: oltre 8 punti di distacco, che sono anche un recupero rispetto ai 16 che c’ erano stati alle primarie dell’11 agosto, ma che non sono bastati. Certamente le difficoltà economiche e la tempesta sul peso hanno contribuito: anche se adesso altre tempeste e difficoltà si annunciano, con un governo che i mercati minacciano di gradire pochissimo. È vero come in molti in riva al Río de la Plata dicono, che Papa Francesco avrebbe avuto un ruolo centrale nel cementare quel “Frente de Todos” che ha vinto le elezioni?

FINANCIAL TIMES

In realtà tracce dirette non ve ne sono: Bergoglio da buon gesuita, è stato attento a non lasciarle. Ma un indizio pesante c’ è, e riguarda un incontro di cui il Financial Times parlò lo scorso 17 agosto, e che «sarebbe stato determinante» per l’inizio del dialogo tra i due Fernández.

«Il momento decisivo in quattro anni di carriera dell’uomo che molti credono che sarà il prossimo presidente dell’Argentina ebbe luogo all’ inizio del 2018, quando ebbe luogo un incontro privato con il Papa Francesco» è il virgolettato dell’ articolo, firmato da Benedict Mander. Un primo passo per la riunificazione del peronismo «dopo la sua umiliante sconfitta alle elezioni di mezzo termine di fine 2017». Perché ancora due anni fa in effetti Macri aveva il vento in poppa.

LE CONFERME

Invenzioni? In effetti una mezza conferma è arrivata dallo stesso Fernandez, in una intervista in cui voleva smentire il Financial Times, e che invece ha finito per ammettere parecchio. «Sempre ho avuto un vincolo di mutuo rispetto con Bergoglio, che mi ha ricevuto varie volte» ha infatti detto. «Per un certo periodo sono stato molto arrabbiato con la Chiesa, perché non pratica valori cristiani come l’amore per i poveri. Ma Francesco mi ha riconciliato con la Chiesa». E tre giorni dopo l’articolo del Financial Times Fernández andò dalla Conferenza Episcopale Argentina: pubblicizzato con molta attenzione dal sito web della stessa Cea: nell’ambito di un «dialogo dei vescovi con i candidati», che di fatto è stato limitato a lui. E i vescovi hanno anche tenuto a far sapere che erano molto interessati alle sue ricette economiche. Vari giornali di sinistra sono andati oltre, assicurando che

 

Continua qui:

 

https://www.liberoquotidiano.it/news/italia/13524732/papa-francesco-argentina-caos-ruolo-vaticano-ricostruzione-fronte-peronista.html

 

 

 

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Vedere l’epoca in cui si vive. Intervista a Philip Di Salvo

“Big data”, IA, capitalismo di sorveglianza. L’avanzamento tecnologico è accompagnato da brucianti contraddizioni, quali le nuove forme di sfruttamento, i “pregiudizi algoritmici” e il controllo pervasivo. Ne abbiamo parlato con Philip Di Salvo, esperto di whistleblowing, sorveglianza e hacking.

24 OTTOBRE 2019

Diavoli: Dopo aver esaurito le risorse del pianeta, l’essere umano è passato a estrarre valore da se stesso, dai suoi comportamenti, dai suoi desideri, dai suoi sogni. Cosa sono i big data, a cosa servono e perché tutti li inseguono?

Philip: La metafora ambientale è molto efficace per illustrare come funziona la creazione di valore dai dati personali degli utenti. Evgeny Morozov, non a caso, parla di data extractivism per spiegare questa logica.

Le grandi aziende tech dipendono letteralmente dall’estrazione di dati da quante più fonti possibili, al fine di poterli monetizzare. Il modello di business di piattaforme come Facebook o motori di ricerca come Google è la pubblicità targettizzata. Dopo averla inventata e portata alle masse, hanno di fatto monetizzato il settore della pubblicità online facendo della sorveglianza un modello di business.

In quest’ottica è vitale per loro trovare costanti fonti di estrazione di dati per accrescere la loro capacità di analisi, targettizzazione e vendita agli inserzionisti. Come per l’estrazione delle materie prime, questo avviene anche per i dati, in modi non sempre del tutto trasparenti, e spesso anche in modalità dannose per l’ecosistema che ospita quelle risorse.

I dati non sono il nuovo petrolio – la metafora non regge fino all’ultimo – ma la corsa alla loro estrazione ricorda quella all’oro nero.

La trasformazione della sorveglianza nel modello di business de facto di Internet, ha cambiato la rete, facendo sì che le dinamiche del surveillance capitalism prendessero il sopravvento su quasi tutti gli spazi abitabili del web. Come i combustibili fossili che dovremmo abbandonare per salvare l’ecosistema dalla catastrofe climatica, anche il modello della pubblicità targettizzata andrebbe progressivamente smantellato, in favore di alternative più sostenibili.

 

Diavoli: Dai dati alla guerra dei dati. Questa nuova dimensione del conflitto globale che segna l’età contemporanea è una guerra tra bande, tra multinazionali, tra stati, o tutto insieme? Si può ancora fare una differenza? Si pensi alla dimensione “elettrificata” e complessa della Via della Seta e alle legislazioni mancanti – per incapacità o per interesse – a livello nazionale e sovranazionale.

Philip: Per anni si è ritenuto che l’economia e la politica non avessero residenza in rete e che il cyberspace vivesse effettivamente di regole sue, distanti. Il “Manifesto per l’Indipendenza del Cyberspazio” di John Perry Barlow è un capolavoro poetico-tecnologico-utopico, ma è anche il manifesto di un’utopia fallita.

Oggi viviamo in una rete ampiamente militarizzata, costantemente sorvegliata per motivi commerciali e di business. I confini tra i due mondi, come hanno dimostrato i file di Snowden, sono estremamente labili ed è chiaro che le trivelle di dati delle grandi piattaforme siano una risorsa primaria per le agenzie di intelligence.

 

Esistono varie guerre dei dati. Le prime sono quelle tra le piattaforme stesse, per consolidare posizioni dominanti sui mercati di riferimento. Quando Facebook lancia il suo servizio d’incontri per cuori solitari – la definizione di distopia, per quanto mi riguarda – lo fa per appropriarsi di una fonte ulteriore di dati e per diventare un’infrastruttura sociale anche in quell’ambito, ai danni degli altri colossi della rete.

Un’altra guerra dei dati è quella hardware tra superpotenze: la centralità della Silicon Valley nelle dinamiche di potere della rete di oggi è messa in discussione dall’ascesa dei produttori cinesi.

Un terzo conflitto in corso invece vede gli strumenti della rete diventare armi di propaganda

 

 

Continua qui: https://www.idiavoli.com/it/article/vedere-lepoca-in-cui-si-vive-intervista-a-philip-di-salvo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Russiagate, Occhionero: “Italia coinvolta dall’inizio, Mifsud è ancora qui”

Pubblicato il: 29/10/2019 di Marco Liconti

 

L’Italia ha avuto un ruolo di primo piano nel fabbricare il Russiagate ai danni di Donald Trump e ora qualcuno sta cercando di coprire il complotto ai danni di colui che, nel frattempo, è diventato il presidente degli Stati Uniti. Ne è convinto Giulio Occhionero, personaggio discusso e temuto, i cui tweet quotidiani mandano in fibrillazione gli addetti ai lavori, arrestato il 9 gennaio del 2017 insieme alla sorella, e nel luglio dell’anno successivo condannato per accesso abusivo a sistemi informatici. Secondo l’accusa, fratello e sorella avevano hackerato migliaia di account email istituzionali, compreso quello dell’ex premier Matteo Renzi. Intorno al nome di Occhionero e alle sue presunte attività illecite si è detto e scritto di tutto per una spy-story complicatissima i cui contorni, al di là del giudizio di primo grado, sono ancora tutti da definire. I fratelli Occhionero si sono sempre proclamati innocenti, puntando il dito sui loro accusatori circa la fabbricazione di prove in loro danno.

“Una ricostruzione che non mi ha convinto neanche un po’ e, anche se lo dico ormai da due anni, la gravità dei fatti non sembra smentirlo: qualcuno – dice Occhionero – sta mettendo a rischio la posizione internazionale dell’Italia per coprire gravissimi delitti che ha commesso verso il nostro principale alleato; delitti che sono anche gravissimi secondo il codice penale italiano. Tutti quelli che partecipano a questa copertura si macchiano di una enorme responsabilità verso il Paese”.

Va ricordato che sull’ipotesi del complotto anti-Trump si basa parte della difesa dei fratelli Occhionero, nel procedimento giudiziario nel quale sono coinvolti a Roma. Nella sua ricostruzione difensiva – che non ha trovato riscontri nella sentenza di condanna a 5 anni – Giulio Occhionero ritiene di essere rimasto vittima di un’operazione che aveva lo scopo di usare i suoi server, situati in territorio Usa, per far rinvenire all’Fbi elementi di collusione tra la campagna di Trump e Mosca. “Siamo stati condannati in primo grado e siamo in attesa di appello. Nelle memorie prodotte in giudizio abbiamo dimostrato che vi è stata una chiara fabbricazione della notizia di reato”.

E’ per questo che Occhionero non crede alla narrativa ufficiale dell’origine del Russiagate, quella contenuta nel Rapporto del procuratore speciale Robert Mueller: il professore maltese Joseph Mifsud ‘agganciò’ a Roma il consulente della Campagna Trump, George Papadopoulos, offrendogli materiale “sporco” su Hillary Clinton, in possesso del governo russo. “Direi che indipendentemente dal mio giudizio, quello che era stato battezzato Russiagate, fino ad oggi, ha visto una

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https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2019/10/29/esclusiva-russiagate-occhionero-italia-coinvolta-dall-inizio-mifsud-ancora-qui_ipJLgljM4zDnjfi2PX2GwI.html

 

 

 

 

 

ECONOMIA

L’Europa colpisce ancora l’Italia: indagine su Fincantieri-Stx

Lorenzo Vita – 30 OTTOBRE 2019

L’accordo Fincantieri-Stx per l’accordo sull’acquisizione dei Cantieri dell’Atlantico sembra proprio non piacere all’Unione europea. E Bruxelles, dopo aver ricevuto la “spinta” da Germania e Francia per indagare (e fermare) l’accordo fra l’italiana Fincantieri e Stx – che comporterebbe l’acquisizione del porto di Saint-Nazaire – ora potrebbe aprire un’indagine estremamente approfondita di cui oggi dovrebbero arrivare i risultati dell’inchiesta preliminare. Una notizia riportata in prima battuta dal quotidiano francese Les Echos e che potrebbe avere ripercussioni molto importanti nell’ambito di un accordo che porterebbe non solo alla creazione di un gigante della cantieristica a guida italiana in grado di competere con i rivali americani e asiatici, ma che dimostrerebbe anche la capacità italiana di concludere un affare vantaggioso per Roma e in grado di far penetrare l’industria del nostro Paese in quella europea, in particolare modo francese.

Un’eventualità che non è mai piaciuta troppo né agli strateghi di Parigi (che da sempre temono un inserimento italiano in un porto strategico come quello dell’Atlantico) né ad alcuni “europeisti” evidentemente poco interessati a vedere unì’Italia attiva sul piano industriale e in grado di inglobare asset strategici di altri partner continentali: a cominciare dalla stessa Francia e dalla Germania. Perché se alcuni segmenti del governo francese e dei sindacati non vogliono che Fincantieri possegga i cantieri di Saint-Nazaire, concludendo così l’affare con Stx, dall’altro lato esistono forti resistenze a Berlino sul fatto di avere un colosso della cantieristica da cui i tedeschi sono di fatto esclusi. Un mix letale che, unito al fatto che prima vi fosse un governo nettamente contrario all’asse franco-tedesco, ha portato così a quella miscela esplosiva che ha reso impossibile proseguire nell’accordo che avevano concluso l’allora governo a guida Pd e la Francia di François Hollande.

Tutto in alto mare quindi. E lo schiaffi di Emmanuel Macron e Angela Merkel all’Italia sembra avere ripercussioni anche se l’esecutivo avversario è caduto e adesso, a Palazzo Chigi, siede un Giuseppe Conte decisamente più ligio al dovere imposto dall’Europa a trazione tedesca (o franco-tedesca) e molto meno vincolato dai niet della Lega. L’anno scorso, quando dalla Francia e dalla Germania partì l’inchiesta dell’Antitrust per bloccare l’accordo – tutto sulla base di una presunta e mai comprovata lesione della concorrenza in ambito europeo -, Roma aveva intrapreso una feroce battaglia sia verso Parigi che verso Berlino. E quell’indagine avviata contro Fincantieri sembrava essere più una vedetta contro l’Italia che una scelta basata su una visione strategica di stampo europeo. I francesi non volevano l’Italia nei suoi porti più importanti. La Germania non voleva un gigante italiano

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https://it.insideover.com/economia/leuropa-colpisce-ancora-litalia-indagine-su-fincantieri-stx.html?utm_source=ilGiornale&utm_medium=article&utm_campaign=article_redirect

 

 

 

 

 

Problemi falsi, soluzioni vere

17 ottobre, 2019

For a problem can only be solved by a principle.
(G. K. Chesterton)

Esiste una percezione diffusa, che la politica oggi sarebbe incapace di offrire soluzioni ai «problemi dei cittadini» perché troppo lontana dalla «gente». È una percezione che anch’io condivido ma in cui si annida un rischio, di credere che esista davvero un «bene del Paese» indistinto e non invece un sovrapporsi di interessi e bisogni che si limitano a vicenda, in certi casi si escludono. Si negherebbe altrimenti la possibilità di esistere di una politica come scelta di campo possibile tra le tante possibili, di un equilibrio più o meno sbilanciato tra le forze sociali secondo visioni, convinzioni e condizioni diverse.

L’idea di considerare il politico come il luogo di risoluzione o lenimento dei problemi «dei cittadini» produce la convinzione che i suoi fallimenti coincidano con il fallimento delle sue soluzioni. Ma è il contrario. L’elaborazione politica si distingue in modo fondamentale dall’amministrazione perché è chiamata a formulare i problemi, non a risolverli, a stabilire cioè un progetto da affidare all’esecuzione dei tecnici. Quel progetto può essere espresso implicitamente indicando, appunto, i problemi che occorre risolvere per realizzarlo progressivamente. L’approccio di dichiarare i problemi e non direttamente gli obiettivi sottesi ha un vantaggio pragmatico: i primi (ad es. i salari bassi, la disoccupazione, la denutrizione, la mancanza di servizi ecc.) sono concreti e presenti, i secondi (ad es. un livello di vita dignitoso per tutti) sono astratti e lontani e devono in ogni caso scomporsi in una visione problematica che fornisca stimoli all’azione.

La formulazione del problema implica anche la sua collocazione all’interno di una rete di relazioni causali che, a sua volta, disegna sullo sfondo una certa visione della realtà tra le tante possibili. Una vita dignitosa per tutti può essere un obiettivo in sé oppure, a sua volta, un problema la cui mancata realizzazione allontana l’obiettivo di una società senza conflitti, di un precetto evangelico, di un mondo più sicuro per i ricchi (cit. Hayek) o altro. La aristotelica causa finale può collocarsi a qualsiasi altezza, fino al limite ultimo del soprannaturale, di una catena logica liberamente componibile che apre spazi infiniti all’elaborazione dialettica. Ogni proposta politica non è quindi che una gerarchia esplicita o implicita di problemi da superare e il suo successo non dipende dal successo delle soluzioni che propone (sempre fallibili, per i più diversi motivi) ma dal consenso che la sua problematizzazione della realtà, e quindi le sue priorità, e quindi il suo modello di società riscuotono tra i destinatari.

***

Ora, può darsi il caso che una proposta sia indirizzata a risolvere problemi che sottendono un progetto inaccettabile per chi è chiamato a sostenerla. In questi frangenti è destinata a fallire oppure a ricorrere all’unica possibilità di salvarsi: quella di dissimulare i suoi fini enunciando falsi problemi. In ciò la soccorrerebbero le già osservate proprietà elusive dell’approccio problematico: da un lato il suo rimandare all’obiettivo senza dichiararlo, dall’altro l’infinita libertà delle sue combinazioni dialettiche e causali. Ad esempio, il falso problema dello «spread» – in sé l’unità di misura di un sistema convenzionale,

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Il mercato è obsoleto

di KARL POLANYI

È appena uscito, a cura di Michele Cangiani, che ne ha scritto anche l’introduzione, Karl Polanyi, “L’obsoleta mentalità di mercato, Scritti 1922-1957” (Asterios), che fra i 24 saggi, articoli e manoscritti del grande studioso ungherese inclusi nel volume presenta due inediti in italiano, “Marx sul corporativismo” e “Il collasso del sistema internazionale”. Ringraziamo l’editore e il curatore per averci concesso di pubblicare questo estratto.

Marx sul corporativismo[1]

… il costituzionalismo prussiano, cioè l’assolutismo appena camuffato dalla presenza dei cosiddetti stati [EstatesStände]; Marx auspicava un governo rappresentativo, il voto popolare e l’abolizione dell’antiquata istituzione degli stati. La parte principale delle sue Note[2] è un attacco al tentativo di Hegel di sancire i metodi dell’ancien régime prussiano quale apogeo della libertà umana.

A questo punto vengono prese in considerazione le gilde o corporazioni. Le Korporationen (com’erano chiamate nella Germania del XVIII secolo) formavano una parte importante della costituzione, poiché erano rappresentate negli stati [Estates]. Nel suo attacco contro gli stati, Marx mette in questione l’insistenza di Hegel sull’organizzazione in gilde dell’attività economica e la presunta necessità di assegnare alle gilde una funzione nello Stato.

Possiamo dunque vedere chiaramente perché il ruolo delle gilde fosse un’importante preoccupazione di Marx e perché egli tenesse a opporsi ad esse in quanto sostegno dell’ancien régime; perché, inoltre, nella lotta contro il corporativismo fosse in gioco la causa della democrazia politica.

Lo Stato corporativo del fascismo contemporaneo è effettivamente un tentativo di adottare caratteristiche essenziali del sistema tradizionale delle gilde in circostanze differenti. Vedremo più oltre quanto diverse siano le condizioni, sia dal punto di vista tecnologico che da quello sociale. Una decisiva analogia con il passato è costituita, comunque, dalla funzione antidemocratica, ora come allora, del sistema delle gilde. Marx indaga questo aspetto con una straordinaria capacità di penetrazione, rivelando, fra l’altro, l’alternativa fondamentale che sta alla base dello sviluppo sociale attuale.

Mi riferisco qui all’insistenza di Marx sulla tendenza dell’economia di mercato a distruggere l’unità della società mediante l’istituzione in essa di una sfera economica distinta. Un tale sviluppo conduce inevitabilmente, infatti, a una separazione istituzionale fra la sfera politica e quella economica, che può essere solo transitoria e quindi costringe a interrogarsi su quale base l’unità della società debba essere ricomposta. Infine, è stato su tale questione che socialismo e fascismo hanno offerto soluzioni opposte, reciprocamente incompatibili. Marx aveva dunque centrato un problema cruciale, benché non potesse, com’è ovvio, valutarne pienamente l’importanza per il futuro.

Queste osservazioni iniziali inducono a chiederci perché tale questione sia stata finora trascurata. Davvero il corporativismo prussiano del 1842 e quello italiano o austriaco degli anni Trenta del nostro secolo hanno così tanto in comune quanto noi sembriamo presumere? E fino a qual punto si può seriamente pretendere che il pensiero di Marx regga un riferimento puntuale agli svariati problemi posti ai nostri giorni dalle tendenze corporative?

Il manoscritto

Questo voluminoso manoscritto è stato reso disponibile al pubblico dell’Europa occidentale solo in tempi relativamente recenti. Fino alla fine della Grande Guerra era custodito dal Partito socialdemocratico tedesco. Esso fu dapprima pubblicato nel 1927 con il titolo Critica della filosofia hegeliana dello Stato dall’Istituto Marx-Engels di Mosca, sotto la guida di David Riazanov. Solo nel 1932 il testo fu ristampato in Germania, ad opera di Landshut e Meyer, in un’edizione in due volumi delle opere giovanili di Marx[3]. Quest’edizione comprendeva anche i Manoscritti economico-filosofici, fino ad allora completamente sconosciuti, che attrassero giustamente grande interesse.

Tornando alla Critica della filosofia hegeliana dello Stato, gli stessi Landshut e Meyer non mancarono di sottolinearne la rilevanza, situandola, tuttavia, nel campo della filosofia e della logica. Essi hanno messo in evidenza la brillante critica dell’uso mistificatorio della dialettica da parte di Hegel, che indubbiamente segnò un punto di svolta nella formazione del giovane Marx. Il naturalismo di Feuerbach gli veniva ora in aiuto, nel suo sforzo di emanciparsi dalla fascinazione della dialettica idealistica. Macmurray ha commentato il passaggio sulla “democrazia della non-libertà”[4] nel 1935; in seguito Adams ne ha sottilmente analizzato il ruolo nello sviluppo della logica di Marx. Il contenuto politico della Critica della filosofia hegeliana dello Stato

Continua qui: http://ilrasoiodioccam-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2019/10/29/il-mercato-e-obsoleto/

 

 

 

 

 

IMMIGRAZIONI

Conte si piega alla Germania: Merkel ci rimanda i migranti

Si parla di un accordo per due voli charter al mese. Salvini attacca: “l’ennesima fregatura del governo degli sbarchi”

Mauro Indelicato – Mer, 30/10/2019

Vengono chiamati “dublinanti” per via del fatto che i loro destini in Europa sono decisi da quanto previsto dal trattato di Dublino, il cui principio cardine assegna al paese di primo sbarco l’onere della valutazione della domanda di asilo del migrante approdato nel territorio dell’Ue.

In poche parole, un migrante arrivato in Italia e poi giunto in Germania, nella grande maggioranza dei casi viene respinto da Berlino e rimandato nel nostro paese. Ed oggi la questione dei dublinanti è tornata ad accendere gli animi sul tema immigrazione.

Questo perché proprio dalla capitale tedesca è giunta un’indiscrezione, fatta trapelare dal quotidiano Die Welt, secondo cui il governo italiano ha accettato la proposta dell’esecutivo di Angela Merkel di un piano che prevede per l’appunto il ritorno nel nostro paese dei dublinanti presenti in Germania.

Per la verità i voli con a bordo soggetti espulsi dalle autorità di Berlino e rimandati indietro in Italia non sono mai terminati. Anzi, la stampa tedesca nei mesi scorsi ha svelato come le autorità tedesche a volte costringano con la forza i migranti ad imbarcarsi verso il nostro paese. Ma adesso quello accettato da Roma sarebbe un piano più organico, in cui tra le altre cose potrebbe essere prevista la partenza di due voli al mese dalla Germania verso l’Italia con a bordo un massimo di 25 migranti. A girare questa indiscrezione al quotidiano tedesco sopra citato, sono state alcune fonti non precisate del Bundestag, il parlamento federale.

Die Welt ha sottolineato come un simile accordo è stato rifiutato nei mesi scorsi, quando a Palazzo Chigi c’era sì Giuseppe Conte ma al Viminale Matteo Salvini: la linea del governo gialloverde è sempre stata quella di mettere fine ai voli dalla Germania, la quale ha continuato a rimandare indietro migranti verso il nostro paese tramite

Continua qui: http://www.ilgiornale.it/news/politica/governo-conte-pronto-riprendersi-i-migranti-espulsi-germania-1777003.html

 

 

 

 

 

PIANTIAMOLA CON L’IPOCRISIA. IPOCRITA EUROPA, IPOCRITA ITALIA

 

Vergogna Europa che nell’imbarazzo di alzare muri, li fai alzare ai tuoi sgherri internazionali. Vergogna Italia che, con la scusa dell’occasione economica a salvare un’economia depressa, produci armi di difesa, che ammazzano attaccando.

 

William Beccaro Direttore 31 ottobre 2019

 

Lui ci tiene milioni di migranti lontani e noi gli permettiamo di fare quello che vuole. Cancellare i curdi? Cancellare i curdi. Vogliamo davvero fare le anime candide? Il problema sono i terroristi? Ma quando mai? Tant’è che il Sultano i terroristi li sta usando nelle sue truppe d’assalto. Il nord della Siria sarà un protettorato turco non detto. Nel senso che ufficialmente no, ma poi sì. Poi noi ci si gira tutti quanti da un’altra parte e il gioco funziona. Perché?

Davvero vogliamo fare quelli senza memoria? Quelli che non si ricordano che a ben altri personaggi abbiamo permesso la qualunque per fermare per mare i migranti? Gli accordi con la Libia, che oggi vorremmo tanto tanto rinnovare, che cosa altro sono se non accordi di disumanità? Ma le urla delle donne stuprate e degli uomini torturati nei tanti campi di concentramento che si affacciano sul Mare Nostrum abbiamo intenzione ancora a lungo di non sentirle. Davvero pappagallescamente intendiamo fare eco a chi dice che un migrante non imbarcato è una persona salva? Davvero non ci diciamo che queste persone disperate sono pronte a morire affogate pur di abbandonare l’inferno nel quale noi con i nostri accordi, silenzi, eccetera eccetera, li releghiamo?

Certo così è più facile, commozione e indignazione a comando. Noi piangiamo i bambini che morti rotolano sulle spiagge delle nostre vacanze spinti dalle onde e così piangiamo le foto dei subacquei che immortalano l’abbraccio macabro di una mamma e un figlio. E non è diverso per quelli che Erdogan sta fermando. Chiude le porte d’Oriente. Quelle di quelli, ma la notizia magari ce la siamo persa, che si mettono in cammino, poi armigeri a noi solidali tolgono loro le scarpe per

Continua qui: https://estremeconseguenze.it/2019/10/19/ipocrita-europa-ipocrita-italia/

 

 

 

 

 

LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

Reddito di cittadinanza, inizia la fase 2: trovare il lavoro

25.08.2019

Dopo l’assunzione dei navigator, inizia la seconda fase del reddito di cittadinanza: dal 2 settembre, i percettori del sussidio, verranno convocati al centro per l’impiego per la ricerca del lavoro.

Si tratta della fase più importante e allo stesso tempo delicata, quella che dovrebbe concludersi con il collocamento del disoccupato. Chi percepisce il reddito di cittadinanza verrà convocato al centro per l’impiego di competenza territoriale, per firmare il Patto per il Lavoro e  verrà avviato al percorso di reinserimento occupazionale.

Il disoccupato, nell’arco del periodo in cui percepisce il sussidio, riceverà tre proposte di lavoro. Potrà rifiutare le prime due, ma non la terza, pena la perdita del diritto. La misura serve a garantire che la reintroduzione degli inoccupati nella forza lavoro, evitando di creare un ceto di persone che ricevono il reddito, senza però intenzione di svolgere un’occupazione.

Il Patto di Lavoro serve a identificare le competenze del richiedente il sussidio, per poter proporre tre offerte di lavoro congrue, la cui coerenza sarà valutata in base a tre principi: coerenza tra competenze e offerta, distanza dalla residenza e durata dello stato di disoccupazione. Entro i 100 km dalla residenza la prima offerta, entro i 250 km la seconda

Continua qui: https://it.sputniknews.com/italia/201908258019399-reddito-di-cittadinanza-inizia-la-fase-2-trovare-il-lavoro/

 

 

 

 

 

 

LA LINGUA SALVATA

“Qual’è” si può scrivere con l’apostrofo

Anche se la prescrizione sembra monolitica, poggia su piedi d’argilla. Vediamo perché.

 

Giorgio Moretti17 Ottobre 2019

Nell’avvicinarsi alle regole grammaticali si deve tenere alta la fiaccola del dubbio. Le regole da sole non bastano, dobbiamo indagare su che cosa si reggono. Questo ci impone di abbandonare qualche certezza, ma abbandonando i sacri rispetti potremo scoprire che l’incomprensibile bestia della lingua si fa accarezzare, e guadagnare in serenità.

La regola scolpita nella roccia ma proprio bene bene

La regola è fra le più note: “qual è” si scrive senza apostrofo. Ed è anche una regola molto vigorosa, effettiva, visto che ogni volta che viene infranta scatta la sanzione (una correzione pubblica, spesso sarcastica o sminuente, uno scadimento nella considerazione di chi ha commesso l’infrazione). Spesso la correzione dell’errore viene anche accompagnata dalla spiegazione: “qual è” si scrive senza accento perché siamo davanti a un troncamento e non a un’elisione.

Ebbene, si tratta di una correzione a pappagallo che non la dice tutta. Le regole non esistono per sé, non vanno rispettate perché sì. Devono essere giustificate, altrimenti diventano vezzi arbitrari – ed è il nostro caso. Il sabato è stato fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato.

Che differenza fra elisione e troncamento?

La differenza fra troncamento ed elisione è importante, nella nostra lingua, ma va intesa perbene. Il problema non sta tanto nel contenuto, ma richiamiamolo: nel troncamento, a una parola cadono vocali o sillabe finali (a volte sostituite da un apostrofo, a volte no), e la parola così troncata ha una vita autonoma (gran, bel, po’, amor); invece con l’elisione la parola perde solo la vocale finale (sostituita sempre da un apostrofo) quando la parola seguente comincia per vocale, senza dar vita a un termine distinto, al solo fine di evitare iati che ci farebbero parlare come la rana dalla bocca larga (l’elastico, dell’altro, trent’anni).

Troncamento ed elisione esistono in una consuetudine. E può accadere che un termine a lungo troncato cada in desuetudine, e che gli subentri l’omologo eliso.

Il punto ingannevole

Infatti, la domanda che di solito ci si pone per distinguere un caso di elisione da uno di troncamento è: questa parola può stare da sola? Trent non è una parola che si può usare da sola, e quindi è elisione. Bel invece si. Bel tipo, bel furbetto, bel cane. Ma è qui che troviamo il punto che inganna quasi tutti. Che cosa vuol dire che una parola ‘può essere usata da sola’?

Qual può essere usata da sola, è autonoma? Ovvio. Qual è? Qual buon vento. Un certo qual modo. Sono usi noti a tutti, a cui tutti ricorrono. Ma fermi. In questi casi viene effettivamente usata da sola? Oppure è

Continua qui: https://unaparolaalgiorno.it/articoli/grammatica-dubbiosa/qual-e-con-l-apostrofo-e-corretto-4

 

 

 

 

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Epifanie della fine dell’Impero d’Occidente

29.10.2019 Di Giulietto Chiesa

L’Occidente, le sue élites politiche, i suoi centri di ricerca geopolitica, i suoi commentatori, quelli dei maggiori giornali e delle grandi catene televisive che dominano il mainstream, sono tutti in preda all’incertezza, qualcuno vicino al panico. Non capiscono quello che sta accadendo. Naturalmente vi sono eccezioni, ma rare.

L’ultimo infortunio in ordine di tempo — ma ormai clamorosamente evidente — si sta verificando in connessione con l’aggressione turca contro i curdi siriani, che è al contempo una ennesima aggressione indiretta contro la Siria di Bashar el Assad. Si dà il caso che lo stonato acuto baritonale di Erdogan si è verificato in coincidenza con la decisione di Donald Trump di ritirare tutte le sue truppe dal campo della contesa. Decisione accompagnata da un ripudio pubblico, netto, inequivocabile, irredimibile, di tutta la politica medio-orientale degli Stati Uniti nel corso di ben quattro tornate presidenziali: due di George Bush junior, due di Barack Obama. “Ci abbiamo buttato 8 trilioni di dollari”, ha detto il Presidente degli USA. “Che ci stiamo a fare laggiù? Voglio riportare a casa i nostri ragazzi!”.

I ragazzi a stelle e striscie a casa non sono ancora tornati. Qualcuno — come aspettando un ripensamento o qualche evento non meno drammatico — ha deciso che è meglio acquartierarli in Iraq. Un Iraq che è una pentola piena di vapore surriscaldato. Non è chiaro chi ha deciso, ma è chiaro che l’America della “guerra infinita” non c’è più.

Trump non è diventato pacifista. Quella decisione l’ha presa nel bel mezzo di uno scontro all’ultimo sangue contro i suoi nemici interni: il deep state dei suoi servizi segreti, di parte del Pentagono, di parte del suo stesso partito Repubblicano, del Partito Democratico quasi al completo, dei grandi media, di Silicon Valley, di Google, Facebook, Yahoo and company, delle grandi banche internazionali che controllano la Federal Reserve. Rimanere “laggiù” significava rimanere esposto a ogni false flag organizzata dai nemici interni, che agivano e continuano ad agire sul campo. Non da soli, perché appoggiati da Israele che vuole lo scontro finale con L’Iran.

Ma torniamo al tema. L’Occidente intero assiste allibito a una serie di scossoni incomprensibili. A cominciare da una Gran Bretagna in pieno collasso istituzionale. Da una Europa impiccata al palo di Aquisgrana, immobile, squassata da una crisi politica e morale che non è in grado di dominare e che non sa più a che santo votarsi, perché il “santo” che la guidava fino a ieri non è più al comando del mondo e un altro santo non è all’orizzonte.

Cosa sta accadendo? Che l’America non c’è più. Per meglio dire: gli Stati Uniti d’America sono talmente divisi da far pensare a una specie di guerra civile imminente, a un colpo di stato incombente. L’Impero americano, che ha dominato il Pianeta per gran parte del XX secolo, non è più un impero. E non solo perché è apparsa la Cina, che con la sua sola presenza dimostra che gli ordini dell’Impero non sono più vincolanti per essa, e quindi non lo sono più per nessuno. Ma c’è anche la Russia, che non è stata dominata e che si erge, in questo momento, come un ostacolo insormontabile — per la sua potenza militare e

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Il mondo nel caos: ondata globale di proteste di piazza, è un nuovo 1968?

Politiche fallimentari dei governi, economia in frenata ovunque, banche centrali incapaci. Manifestazioni di massa in Francia, Spagna, Algeria, Iraq, Libano, Egitto, Hong Kong, Venezuela, Cile, Ecuador e Bolivia.

29 ottobre 2019 Redazione

Il contesto globale rimane di rallentamento della crescita economica, aumento della vulnerabilità sui mercati e dei rischi finanziari relativamente a molti asset e borse, e un’architettura istituzionale che o nega l’evidenza o non ha una chiara idea di quale mix di politiche economiche e sociali utilizzare per impedire che accada il peggio.

“Economia verso una nuova crisi” senza che nessuno se ne accorga

Ma, soprattutto, in molti, moltissimi paesi le popolazioni locali, che diventano sempre più globali, sembrano voler dire alle classi politiche al governo che non si accontentano di stare tranquilli aspettando qualcosa di meglio che forse alla fine arriverà.

Il popolo è in tumulto a livello globale

Il popolo è in tumulto, come mai era accaduto probabilmente dagli anni 1968-1970, ai tempi delle proteste studentesche. E spesso anche oggi sono i giovani a protestare e scendere in piazza.

In effetti, consideriamo che oggi abbiamo manifestazione pubbliche di massa, seguite spesso da disordini e scontri con le forze dell’ordine e le polizie locali in: Francia per i gilet gialli, in Spagna, a favore dell’indipendenza della Catalogna, in Germania dove non si protesta ma il malcontento contro Angela Merkel è forte (a parte i cortei neo-nazisti sempre più numerosi, mentre ieri il partito estremista di destra AfD ha raccolto il 24% dei voti in Turingia);

c’è poi l’annosa questione Brexit nel Regno Unito; proteste di piazza di massa in Algeria; Iraq, Libano; Egitto; Russia (contro Putin); Hong Kong (da molte settimane, milioni di persone scendono in strada e si verificano episodi di grande violenza, pro indipendenza e contro il controllo politico della Cina);

infine disordini e proteste di centinaia di migliaia di persone si verificano da mesi in Venezuela; Cile; Ecuador; Bolivia, la gente protesta per la recessione e la crisi economica contro i governi in carica.

Ocse: “Economia mondiale mai così male da grande crisi”

Non si può non citare la polarizzazione politica negli Stati Uniti e l’odio tra i seguaci di Donald Trump e i democratici che perseguono l’impeachment, confronti aspri non preludono politicamente a nulla di buono; infine si potrebbero aggiungere anche le manifestazioni di piazza della classe media di Extinction Rebellion in Australia, Canada e le mega-proteste nelle maggiori capitali mondiali organizzate dai seguaci di Greta Thunberg contro l’emergenza climatica.

In breve, non esiste un continente che non accadono disordini in qualche forma, e ci si chiede se il 2019-2020 sarà un nuovo anno (globale) di protesta come lo fu il 1968.

Siamo di fronte a un nuovo 1968 globale di proteste?

Naturalmente, di solito non si possono unire i puntini semplicemente sulla mappa del mondo, ovviamente questa analisi non ha pretese di sistematicità; ma se siamo di fronte a un 1968 globale dovuto alla crisi economica e climatica, i segni di un periodo turbolento dietro l’angolo ci sono tutti. Uno scenario molto più probabile rispetto a quello della pacifica

Continua qui: https://www.economista.info/macro/il-mondo-nel-caos-ondata-globale-di-proteste-di-piazza-e-un-nuovo-1968/

 

 

 

 

 

 

 

 

Un nuovo Muro divide l’Europa?

Matteo Zola 25 ottobre 2019

Un nuovo muro divide l’Europa, la frattura fra l’oriente e l’occidente europeo sembra oggi più profonda che mai. Quindici anni dopo l’allargamento dell’UE verso i paesi dell’area centro-orientale, il solco tra vecchi e nuovi membri si è approfondito al punto da dare luogo a una vera e propria crisi dell’assetto europeo, con una regressione democratica sempre più evidente nella parte orientale del vecchio continente.

Nei paesi fondatori, Francia in testa, si parla sempre più apertamente di “errore” o, più diplomaticamente, si definisce “prematuro” l’allargamento a est. Non a caso la Francia ha bloccato i negoziati per Albania e Macedonia del Nord. In Germania e nei paesi del nord si diffonde l’idea di un’Europa a due velocità nella quale i paesi con le economie più avanzate e meglio integrate possano procedere lungo la via delle riforme senza il gravame dei paesi centro-orientali. Ma quanto questa frattura è reale e quanto percepita? Quali sono le ragioni di questa divisione?

Storia di un malinteso

Più volte abbiamo ribadito su queste colonne quanto sia sbagliato, inutile e deleterio gettare la croce della crisi europea sui paesi dell’Europa orientale, senza nemmeno fare lo sforzo di capire le ragioni e la storia di quella parte d’Europa. Esistono infatti differenti aspettative riguardo al progetto europeo.

I paesi occidentali vedono l’UE come percorso di progressiva unificazione europea. Ai nuovi membri è stato richiesto di aderire a degli standard precedenti, incorporando nel proprio sistema istituzionale le centomila pagine di acquis communautaire di fatto fotocopiando le norme stabilite prima e senza di loro. Non c’è stata reciprocità nell’adesione dei paesi dell’est.

Non c’è stata considerazione per l’idea di Europa che, in cinquant’anni di repressione totalitaria, i paesi dell’est avevano sviluppato. Un’idea che andava molto oltre il semplice “mercato comune” ma che vedeva nell’ingresso UE un “ritorno all’Europa” che era, di fatto, un ritorno a sé stessi, alla propria tradizione nazionale e culturale dopo la cupa parentesi comunista, coltivando al contempo un certo risentimento nei confronti di un progetto che è stato costruito senza di loro. Da qui la convinzione e l’intenzione di poter affermare la propria visione dell’Europa. Una visione in cui l’unificazione politica del continente non è un orizzonte auspicabile.

I paesi fondatori ritenevano invece che, dopo l’allargamento a est, l’Unione sarebbe stata la stessa di prima, solo più grande. E sarebbero stati loro, gli occidentali, a indirizzarla in quanto ‘proprietari’ del progetto sulla scorta di una visione carolingia dell’Europa.

Occorre infine considerare che mentre da un lato i paesi dell’est finalmente liberati dalla

 

Continua qui: https://www.eastjournal.net/archives/100067

 

 

 

 

 

 

 

Dentro la realtà: decadenza, caos sistemico, Europa

L’Italia tra il 2000 e il 2017 fa crescere il PIL del +2,6% contro il +25,9% dell’Europa (senza Italia): siamo di fronte a scelte politiche prolungate e bipartisan, non ad errori. Il contesto generale.

 

7 maggio 2019 di Piotr

 

«Ma mentre sulla scena politica si seguono queste banali rappresentazioni, nelle quali tutte le ambizioni umane intessono la loro menzogna, sullo sfondo giganteggia la maschera sghignazzante della realtà. Ardono per le vie, nelle case, nell’intimità tutte le passioni di cui si sente capace l’anima umana. L’individualismo ha preso il sopravvento sull’armonia delle collettività operanti ad un fine. La vita collettiva si è spezzata in tante singole tragedie. Delitti che abbassano e riconducono l’uomo allo stato selvaggio; violenze truccate di legalità che rivelano, sotto la mano inguantata dell’uomo colto e aristocratico, il callo e l’artiglio del negriero; torture morali e materiali che strappano gli ultimi veli alle ipocrisie del diritto; arbitrii che spezzano i rapporti sociali ma non osano mettere a parte i ciarpami delle tradizioni e lanciare la grande definitiva parola di sfida»

(A. Gramsci: Fuori della realtàL’Ordine Nuovo, 17 giugno 1921)

Quanto segue era iniziato come un commento all’interessante articolo di Giuseppe Masala sulla decadenza europea nella ricerca e sviluppo (https://megachip.globalist.it/kill-pil/2019/04/02/l-ocse-un-club-di-sadomasochisti-2039574.html).

 

Ma poi si sono sovrapposte molte cose, tra le quali l’inasprirsi della crisi venezuelana, le continue minacce di crisi di governo in Itala e l’avvicinarsi delle elezioni europee, che mi hanno spinto a rivedere quel problema specifico da un punto di vista più ampio.

Volevo inizialmente fare un solo appunto a quell’articolo, del quale condivido lo spirito. L’appunto è questo: io non credo che i “soloni di Parigi” dell’OCSE non conoscano la situazione del debito pubblico del Congo (bassissimo, a fronte di una situazione socio-economica tra le meno invidiabili del pianeta) e del Giappone (altissimo, a fronte di una situazione socio-economica ultra-privilegiata). E non credo che “sbaglino” a continuare a insistere come bufali sulla austerity. La categoria di “errore” si applica al livello logico-concettuale ma qui siamo in presenza di un livello differente, dominato da categorie relative al Potere e ai meccanismi di Accumulazione, non alla Logica.

Siamo infatti di fronte a una delle classiche contraddizioni di questa crisi: la rapina di ricchezza per riempire la sacca (o bolla) vuota della finanziarizzazione, questa rapina di ricchezza reale a favore di quella fittizia, porta all’austerità, perché uno dei suoi strumenti è proprio il possesso del debito sovrano dei Paesi subalterni nella gerarchia informale politica internazionale con il conseguente azzannamento della loro giugulare per dissanguarli col servizio del debito. Si ha così l’effetto di bloccare gli investimenti e la produzione di nuova ricchezza (cioè i flussi) e la rapina si sposta sempre più ferocemente sulla ricchezza già accumulata (gli stock) in una sorta di orgia di cannibalismo e autocannibalismo. Così si è vista, ad esempio, la rapina negli USA delle case da parte delle banche dopo la crisi dei subprime. Così si ha l’enorme pressione per la messa all’incanto del dominio pubblico (leggi “privatizzazione di beni e servizi e in definitiva quella che io chiamo “finanziarizzazione dei diritti garantiti dalla Costituzione”). Così si ha la svendita della ricchezza industriale e intellettuale.

 

  1. A sua volta la finanziarizzazione non è né il frutto di un complotto né un’opzione economica, bensì l’effetto della crisi sistemica. In grandissima sintesi è una reazione al declino dei profitti in commercio e industria nei Paesi del vecchio centro capitalistico ad egemonia statunitense.

 

Ma siccome l’accumulazione basata sulla finanziarizzazione procede a ritmi esponenziali, la carne fresca (reale) non basta per tutti e mai potrà bastare, e ognuno sa che il risultato finale sarà il patatrac di quelli che nel casinò finanziario saranno rimasti con in mano il cerino acceso dei crediti non esigibili (un’enorme quantità: i soli “derivati” sono pari a circa 15 volte il PIL mondiale, cioè non valgono un tubo). E soprattutto sarà la rovina della classe media e salariata, cioè, in buona sostanza, delle società dei centri capitalistici occidentali così come le abbiamo conosciute finora.

La gran parte degli eventi che ci passano sotto gli occhi – che disegnano sia uno scontro di potere mondiale sia una crisi di civiltà – si spiega col tentativo di rimandare il redde rationem, anche col tentativo di far fluire nel casinò finanziario i capitali eccedenti che si accumulano nei nuovi centri capitalistici e mantenere il controllo dei processi sistemici globali di accumulazione. Questo tentativo ha come condizione la subordinazione politico-militare del mondo e in particolar modo delle grandi nazioni eurasiatiche, Russia e Cina.

In subordine e parallelamente assistiamo ai tentativi delle singole nazioni e delle varie fazioni delle élite di lasciare il cerino acceso in mano ad altri e riempire quanto più possibile la propria quota parte di bolla di ricchezza fittizia

 

Continua qui:

https://megachip.globalist.it/pensieri-lunghi/2019/05/07/dentro-la-realta-decadenza-caos-sistemico-europa-2041087.html

 

 

 

 

 

 

Spazzatura umana

Alessandro Bertirotti – 28 ottobre 2019

È tutta questione di… sporcizia.

Certo, i gretini

  • ci dicono che il clima sta cambiando ed è solocolpa nostra, con loro una serie di scienziati, o sedicenti tali, che confermano la cosa;
  • ci dicono anche che l’economia si deve trasformare in qualche cosa di circolare, affinché si impari a riciclare con intelligenza ciò che rimane del nostro sfrenato consumismo;
  • ci dicono ulteriormente che milioni di persone continuano a morire di fame, e cercano una soluzione al loro segnato destino, trasferendosi in qualche nazione dove credono, e sperano, di sopravvivere almeno da Natale a Santo Stefano.

In questo incompleto e sintetico elenco di alcune amenità del nostro mondo globale, si leggono notizie come questa.

Ho la sensazione che continueremo a leggere cose di questo genere per molto tempo, con un aumento in progressione geometrica di due atteggiamenti mentali generali: il primo, legato ai sentimenti di impotenza, disgusto e sconcerto di fronte ad eventi di questa inaudita crudeltà; il secondo, legato al rifiuto di continuare a rendersi conto che stiamo andando verso un punto di non ritorno, in cui la sofferenza che stiamo infliggendo ai nostri simili si ritorcerà a brevissimo (quando ancora non lo stia già facendo…) verso coloro che restano indifferenti.

Mi riferisco, ovviamente, rispetto a questo ultimo punto, ai politici del mondo, di tutto il mondo, siano quelli occidentali oppure orientali. Oramai, il livello di menefreghismo, di criminalità diffusa

Continua qui:http://blog.ilgiornale.it/bertirotti/2019/10/28/spazzatura-umana/

 

 

 

 

 

POLITICA

Governo italiano e mondo: incominciano a cadere le foglie

Con il nuovo esperimento di governo, così stravagante in termini politici ma benedetto da Bruxelles, Parigi e Berlino, l’Europa sta riconsiderando le sue relazioni approfittando della debolezza USA?

 

21 settembre 2019 di Piotr                            RILETTURA

 

1) Cadono le foglie nazionali

Lo scisma renziano ha svelato uno dei motori che fanno e faranno funzionare, o funzionicchiare, il governo Conte bis: le poltrone (Ops! Gli ‘incarichi’”, direbbe Lucia Annunziata sorniona).

Un governo come si deve, un governo che meriti rispetto, si deve basare su un accettabile programma e su un’accettabile base etica, dove per “etica” non bisogna intendere la “morale” ma ciò che tiene insieme una comunità, dà ad essa valori di base condivisi e un orizzonte comune (si parla di un governo non rivoluzionario, ovviamente, ma anche un governo rivoluzionario deve fare i conti con la tenuta della comunità).

Avete notizia di un qualche programma di questo governo, a parte espressioni così vaghe che potrebbero essere formulate da un qualsiasi adolescente (tipo “più attenzione all’ecologia”, “crescita”, “giustizia sociale”)?

E in quanto ad etica, che spettacolo danno forze politiche che per anni si sono insultate nei modi peggiori, che fino ad un attimo prima dicevano “Mai con quello! Mai con questo!” e un attimo dopo si sono avviluppate sotto le lenzuola?

“Mai coi 5 Stelle!” urlava Renzi. “Alleanza subito coi 5 Stelle!” urlava un nanosecondo dopo in vista della sua scissione e dei vantaggi che poteva trarre da tutto ciò.

“Mai con Renzi”, urlavano i 5Stelle. Ma ora Renzi sta formando rapidamente la terza gamba del Conte bis (già iniziano i travasi da Forza Italia in Italia Viva). E la terza gamba – o quarta se intendiamo Conte come una gamba a sé – siederà a tutti i tavoli, per forza, e i 5Stelle siederanno agli stessi tavoli, per forza. Di Renzi si può dir tutto, ma non che non sia un animale politico (anche se non nel senso più nobile del termine).

Fanno veramente ridere – e arrabbiare – i commentatori che dicono che l’Italia ha recuperato il suo prestigio internazionale e che quindi ora Bruxelles, Parigi e Berlino useranno con noi toni più amichevoli e concilianti.

Intanto fanno arrabbiare perché queste affermazioni sono segnali di una mentalità politica preoccupante: gongolare per l’esistenza di un potere che limita drasticamente la nostra libertà. Noi non possiamo sceglierci nessun governo – esultano – ed è un bene che sia così, perché o il popolo vota come vogliono certi centri di potere, oppure è bue ed è meglio che non si esprima (è stata ad esempio la posizione esplicita di Renzi e della Boschi dopo il voto sulla Brexit). Ovviamente – piccolo corollario – non potremmo sceglierci liberamente un governo neppure se per caso fosse un governo socialista guidato dalla reincarnazione di Gramsci.

Dato che questo potere (o meglio insieme di poteri sovranazionali anche in contrasto tra loro) esiste, felicitarsi per la sua esistenza è tradimento, fellonia, disprezzo per la democrazia, incoscienza.

E questi felloni/incoscienti sono così felici che non si rendono conto che, tra l’altro, non ci verrà nemmeno fatto nessun favore. L’ex cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, già ci ha strigliato richiamando il rigore di Maastricht: “Non rompete i coglioni. Noi non pagheremo mai i vostri debiti”. Così ha detto l’ex premier di una nazione dove è fallita in malo modo una banca dietro l’altra! Che faccia di bronzo!

Gentiloni fa sapere che sta spuntando maggiore flessibilità? Davvero? Intanto una Francia in difficoltà da tempo e una Germania ormai in recessione (e non c’era economista di vaglia, da Stiglitz a Krugman – premi Nobel – che non avesse previsto che la fissazione ossessivo-compulsiva tedesca sull’austerity avrebbe avuto questo esito e trascinato lei Germania e l’Europa nella rovina), questi due paesi, dicevamo, la flessibilità se la concederanno a se stessi, in primis, e forse ai loro vassalli

 

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https://megachip.globalist.it/politica-e-beni-comuni/2019/09/21/governo-italiano-e-mondo-incominciano-a-cadere-le-foglie-2046668.html

 

 

 

 

 

 

STORIA

Eravamo bestie allo zoo La caduta del Muro ci ha liberato di colpo

Il poeta tedesco in visita a Milano racconta come trent’anni fa finì l’incubo della Ddr

Matteo Sacchi – Ven, 25/10/2019

 

Durs Grünbein, nato a Dresda nel 1962, è uno dei massimi poeti di lingua tedesca: ha ricevuto il Büchner-Preis a soli 33 anni e nel 2008 ha ricevuto a Berlino l’ordine Pour le mérite per la Scienza e le Arti.

Ieri era a Milano, nell’aula magna dell’Università statale, per incontrare gli studenti nel trentennale della caduta del Muro di Berlino (nell’incontro, condotto da Rosalba Maletta, ha anche ricevuto una pergamena al merito da parte dell’amministrazione cittadina). Grünbein, nato e cresciuto nella Deutsche Demokratische Republik, ha vissuto la privazione di libertà di cui il Muro era il simbolo, e ha partecipato alla lotta per abbatterlo. È quindi un testimone d’eccezione non soltanto di quegli eventi ma di come si è evoluta la Germania e l’Europa dopo il 1989. Come ha spiegato ai ragazzi, nonostante quello resti un momento trionfale, non tutto è andato come ci si sarebbe potuto aspettare: «A quel tempo, noi insorti abbiamo salutato la libertà da lontano. Noi, gli illusi del socialismo corrotto, vedevamo in essa qualcosa per cui valeva la pena morire. Oggi tutto ciò è come spazzato via; le celebrazioni per la Caduta del Muro, con la regia dello Stato sono soltanto un risveglio coi postumi della sbornia… Il credo politico nel progresso è andato in frantumi; tutte le visioni del mondo ora corrono nella direzione opposta: retrotopia, reazione, regressione su tutta la linea». Il Giornale si è fatto raccontare cosa resta e cosa no di quell’evento che ha cambiato la Storia.

Grünbein come era vivere nella Germania est, un Paese che spendeva le sue energie per creare un confine non per difendere i cittadini ma per imprigionarli?

«Era paradossale. Ci sentivamo come all’interno di uno zoo. Quando arrivavano

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http://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/eravamo-bestie-zoo-caduta-muro-ci-ha-liberato-colpo-1774556.html

 

 

 

 

 

 

 

 

Churchill uccise Mussolini

Garibaldi: “voleva coprire piano anti-Stalin col Duce”

29.10.2019 – Niccolò Magnani

 

Winston Churchill diede l’ordine di fucilare Benito Mussolini: secondo Luciano Garibaldi, il Premier Uk non voleva si conoscesse il piano anti-Stalin con il Duce

Non se l’è inventata oggi Luciano Garibaldi la teoria che lega Winston Churchill alla morte di Mussolini eppure nel libro “La pista inglese” forse lo spiega meglio di tutti: lo storico e saggista, più volte intervenuto anche per il nostro quotidiano, in una bella intervista con Giovanni Terzi su “Libero” tratta uno dei punti più “misteriosi” della nascita della Repubblica italiana. Per Garibaldi fu proprio il premier inglese Winston Churchill ad ordinare la fucilazione di Benito Mussolini e dell’amante Claretta Petacci: il motivo, manco a dirlo, il voler coprire il piano che esisteva tra lo stesso Churchill e il Duce per fermare Stalin usando il Führer Adolf Hitler. «Sulla morte del Duce e della sua amante iniziai a indagare nel 1994 con una serie di servizi giornalistici per il quotidiano La Notte e il settimanale Noi della Mondadori, che ebbero risonanza internazionale. Poco tempo dopo, il grande storico Renzo De Felice dichiarò, nel libro-intervista scritto con Pasquale Chessa, che la “vulgata” era falsa e che il capo del fascismo era stato ucciso per ordine di Churchill», racconta Garibaldi ai colleghi di “Libero”. Secondo lo studio di anni su documenti, storiografie dimenticate e archivi “segreti”, la verità che emergerebbe è ben diversa da quella “vulgata storica” che sussiste ancora oggi: «La sua morte non era stata programmata da nessunoNon era prevista, né voluta. Addirittura, il suo nome non era compreso nella lista dei prigionieri consegnata dal comandante partigiano “Pedro” (Pier Luigi Bellini delle Stelle) al “colonnello Valerio” (Walter Audisio). Ma il “colonnello Valerio”, nello spuntare i nomi della lista, disse, anzi esclamò, come testimoniato da tutti i presenti: «Mussolini: a morte! Clara Petacci: a morte!». Perché? Perché, al pari del Duce, l’aveva trovata cadavere quella mattina, ma soprattutto perché “doveva” assumersi l’onere di una uccisione del cui carico i suoi veri artefici – i servizi britannici – preferivano liberarsi».

LA “PISTA INGLESE”, CHURCHILL E L’ANTI-STALIN

Niente partigiani o americani, dietro tutto ci fu l’Inghilterra che con Mussolini intratteneva da tempo un rapporto epistolare anch’esso oggetto dei misteri storici più discussi e studiati negli ultimi 70 anni: «Il timore che i due, interrogati dai giornalisti americani (gli unici veramente liberi e più interessati agli “scoop” che agli ordini dall’alto), rivelassero i contatti esistiti fino all’ ultimo tra Mussolini e Churchill e aventi lo scopo di spingere Hitler a cessare la resistenza in Occidente per volgersi unicamente contro l’ Armata Rossa e impedire così a Stalin di impossessarsi di una buona metà dell’ Europa. È facilissimo immaginare che cosa avrebbe potuto accadere se Stalin fosse venuto a conoscenza di quelle manovre sotterranee di Churchill», racconta Garibaldi citando le sue prove portate a corredo di quella “pista inglese”, «testimonianze, per decenni in pratica ignorate, sui contatti segreti tra Mussolini e gli inglesi. Testimonianze che portano le firme di Dino Campini, segretario del

 

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https://www.ilsussidiario.net/news/churchill-uccise-mussolini-garibaldi-voleva-coprire-piano-anti-stalin-col-duce/1943056/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Talal Khrais: la storia dell’Armenia

10 Aprile 2016                              RILETTURA

 

Talal Khrais, giornalista di politica internazionale e corrispondente per il Medio Oriente, conosce l’Armenia e la fermezza del popolo che con coraggio, nonostante le difficoltà degli ultimi giorni, guarda al futuro.

La storia millenaria dell’Armenia è piena di splendori e di momenti tragici. L’Armenia, lontana regione per più secoli contesa tra Romani, Parti, Bizantini e Sassanidi, divenne la prima nazione ad adottare il Cristianesimo come religione di stato (301), prima ancora dell’Impero Romano e dell’Europa le cui radici sono cristiane. Gli Urartu occuparono buona parte del Caucaso tra l’800 e il 600 a.C.: il primo impero che si stabilì nel territorio armeno dopo gli scontri contro gli Ittiti.

Tra il IX e l’XI sec. Il popolo armeno ebbe modo di dimostrare forza e resistenza nei confronti degli invasori conquistando l’indipendenza dopo valorose lotte. Seguì un tempo di straordinaria rinascita economica, sociale e culturale, interrotta dall’arrivo dei turchi nel 1071. Senza dubbio quest’epoca può essere definita una delle più tristi, non solo per l’Armenia, ma per tutta l’Asia rimasta, in parte, sotto la dominazione ottomana fino alla fine del ‘700.

Nel 1375 la sovranità armena in Cilicia terminò quando i Mamelucchi d’Egitto approfittarono della sua debolezza per invaderla, ma non riuscirono a mantenerne il possesso. Alcune tribù turche riuscirono a penetrare e stabilirsi nella regione, dando la possibilità di anticipare la conquista della Cilicia a Tamerlano. Molti armeni furono uccisi, altri scapparono e si stabilirono in diversi paesi dell’Europa orientale, nei Balcani, in Medio Oriente. A Mosca, Sochi, Odessa, Sebastopoli e nella regione della Crimea. In Ucraina a Tiflis, in Georgia a Batumi, a Plovdiv in Bulgaria. A Beirut, Atene e Aleppo. Una delle comunità armene vive da più di un millennio in Terra Santa, e a Gerusalemme uno dei quattro quartieri del centro storico è il Quartiere Armeno. Troviamo armeni a Cipro, rimasto sotto il governo veneziano fino al 1489. In Cilicia rimasero pochi armeni

Continua qui: http://assadakah.com/talal-khrais-la-storia-dellarmenia/

 

 

 

 

 

 

Il grande inganno del liberalismo

di Angelo d’Orsi – 25 ottobre 2019



Il liberalismo è un grande inganno. Più i suoi teorici parlano di libertà, meno essa viene garantita alle masse popolari. Più i governanti dei Paesi “liberali” si riempiono la bocca di grandi parole, meno viene garantita la libertà di espressione a chi dissente. Più si finge trasparenza, nei sistemi liberali, più il potere vero è nascosto. Più si declamano le magnifiche sorti e progressive delle nazioni, più si scopre che si allarga la forbice tra la ricchezza (in aumento) dei pochi (che diminuiscono), e la povertà (crescente) dei molti (che diventano sempre più numerosi). Più si proclama la legge, più il potere liberale opera al di fuori dei limiti della legge. Il liberalismo si rivela la foglia di fico del capitalismo che del rispetto delle leggi, anche quelle che i suoi parlamenti corrotti e inetti approvano, se ne infischia. Più si declama la pace, più si fomentano guerre, si vendono armi, si pratica colonialismo e imperialismo. E si perseguitano i migranti additati come il nuovo capro espiatorio, per nascondere le magagne del sistema liberal-liberistico, e addomesticare i popoli europei.

In nome del profitto, tutto viene sacrificato: onestà, libertà, dignità dei popoli, che peraltro vengono imboniti ben bene da manipolatori professionali, ormai sistemati in agenzie di comunicazione che di fatto decidono i risultati elettorali attraverso procedure di “profilazione” degli utenti, ossia degli elettori, inducendoli a portare le loro preferenze su un candidato o un altro, o addirittura a votare o a non votare. La democrazia è morente, e le libertà rimarranno sepolte sotto le sue macerie. Pensiamo al Brasile dove una presidente, Dilma Roussef, è stata detronizzata in modo illegittimo, un ex presidente che ha fatto tanto per il suo Paese e il suo popolo, Lula, incarcerato illegalmente (e giace in prigione da quasi 600 giorni), e un militare, l’orrido Bolsonaro, è andato al potere con i metodi sudescritti, e ora sta facendo strame della democrazia, mentre minaccia di sterminio i popoli indigeni, e distrugge la grande riserva dell’Amazzonia.

Pensiamo al Cile, dove un certo Pinera, un miliardario giunto alla presidenza, sempre con quei sistemi estranei alla dialettica democratica, sta facendo in pochi giorni quello che Pinochet ha fatto in settimane e mesi, nel silenzio dell’Occidente. Pensiamo all’Ecuador, pensiamo alla Colombia, pensiamo all’Argentina (nella speranza che il suo popolo non si lasci ingannare e voti per il cambiamento). Pensiamo alla patria della democrazia, modello per il mondo occidentale e non solo

 

Continua qui:http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-grande-inganno-del-liberalismo/

 

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