NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 3 APRILE 2019

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NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI

3 APRILE 2019

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Il desiderio è metà della vita,

l’indifferenza è metà della morte

KHALIL GIBRAN, Aforismi, Barbera Editore, 2008, pag. 59

 

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Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

 

Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com 

 

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SOMMARIO

Se sono pochi, allora possiamo imbarcarli senza limiti: porte aperte!

CI STANNO DISARTICOLANDO, SARÀ UNA GUERRA LUNGA E DURA. 1

Quello che non dicono 1

Dimmi come parli, ti dirò che politico sei 1

Alan Friedman, antifascista americano che schifa l’Italia: ma vive e lavora qui 1

“Vi odio”, poi gli sputi e i calci. Denunciata la prof anti-polizia 1

La Cassazione decide a metà: accoglie in parte il ricorso sul divieto di dimora per Mimmo Lucano 1

“Mia madre uccisa a bottigliate. I killer marocchini presto fuori”

Cfa e quelle cose che Macron non vuole si dicano ai migranti… 1

Chi sono i contractors che combattono in Afghanistan e Iraq 1

Quello che i vostri figli impareranno all’università 1

Leali e patriottici. Al via il reclutamento di giovani 007

Guardie di confine e rimpatri: così l’Europa cambia Frontex. 1

Migranti, tornano a sbarcare in Italia: in barca a vela nella notte, il pessimo segnale per Salvini 1

Migranti, le rotte fantasma per sbarcare in Italia 1

Migranti, meno barconi ma ricominciano gli sbarchi autonomi: a Lampedusa arrivate sei piccole navi con 66 a bordo 1

Migranti, quanti ne arrivano davvero in Italia? I 341 sbarchi «fantasma» con altre 5.999 persone 1

GOVERNO GIALLO VERDE – L’ERRORE FATALE. 1

L’Europa dell’austerity è il paradiso dei miliardari 1

Oro di Bankitalia, le amnesie (politiche) di Draghi 1

Bitcoin, balzo del 20% dopo misterioso maxiordine

La strategia del Cremlino in Africa: tra militari e armi 1

“Dio, Patria e famiglia” è fascista? Chi ha ragione tra Friedman e Meloni 1

Otto e Mezzo, Alessandro Sallusti e la bomba sul potere di Sergio Mattarella: “Cosa so su questo governo” 1

Così con Google Translate tutti noi usiamo la filosofia di Wittgenstein

 

 

EDITORIALE

Se sono pochi, allora possiamo imbarcarli senza limiti: porte aperte!

Manlio Lo Presti – 3 aprile 2019

Il buonismo vaticano-immigrazionista-siamoumani-nonunadimeno-antifa-quadrisex-con-rolex non molla. Si fa scudo di ricerche statistiche sfornate ad hoc da istituti (quasi tutti “THINK THANK” di estrazione o a busta paga USA), nelle quali si ribadisce che il pericolo immigrazione non esiste. Si scodellano maree di dati asettici dove quasi mai viene riportato il dato criminalità in rapporto al totale dei c.d. immigrati e non – furbescamente – al totale degli italiani.

Per tutti coloro che fanno finta di non capire, molto diversi sono i dati ponderati allo stesso insieme, senza mescolare insiemi diversi fra loro, cioè le famose pere con le zucchine, per capirci.

Affermare che ci sono 26.000 criminali italiani e 26.000 criminali stranieri non pareggia i conti per far passare il principio che i c.d. immigrati delinquono quanto gli italiani. Un artificio falso che serve per lavare la coscienza di tutti i gangsters-terroristi che hanno causato questo caos sociale.

Non è così:

1.000.000/60.000.000 risulta 0,01666

1.000.000/5.000.000 risulta 0,2.

Come si può notare, 0, 2 è una grandezza molto più alta rispetto a 0,01666.

 

Quindi, i c.d. immigrati delinquono molto più degli italiani alla faccia della truffaldina operazione di far passare lo stesso tasso di incidenza usando termini assoluti invece che relativi, cioè ponderati. La criminalità più alta fra i c.d. immigrati è dovuta alla mancata occupazione di gran parte di loro, ma anche – senza ipocrisie – al loro sistema di valori, di religione, di percezione della trasgressione, del livello di senso civico, ecc. ecc. ecc. ecc. ecc. ecc.

Ma tutto ciò non giustifica affatto i disordini sociali ancora in corso nel nostro Paese a causa dei sopra detti fattori. Non è il caso che l’Italia – all’insegna del buonismo-che-lava-la-coscienza – finisca a ferro e fuoco come la Svezia a causa dei crescenti tumulti nelle città.

NON SI PUO’ ESSERE TOLLERANTI CON COLORO CHE NON CONOSCONO LA TOLLERANZA ED USANO IL METRO DELL’AGGRESSIONE E DELLA VIOLENZA. IN QUESTO CASO, SPARISCE LA TOLLERANZA PER GENOCIDIO DEI TOLLERANTI DA PARTE DI COLORO CHE USANO IL MACHETE INVECE DEL DIALOGO E DEL CONFRONTO…

La disinformazione viene costruita sulla generalizzazione, sull’ipocrisia, sull’occultamento dei calcoli giusti cioè quelli ponderati con i quali la visione delle cose è molto molto diversa!

La paura che si genera da una immigrazione disordinata non pianificata e senza posti di lavoro già contingentati in anticipo, è per i ridetti buonisti una paura immotivata ed alimentata dai politici cosiddetti “populisti. I timori della popolazione vessata dalla criminalità dei c.d. immigrati che non hanno un lavoro sono posti in evidenza da un fronte politico irresponsabile che va estirpato con tutti i mezzi consentiti: la diffamazione, l’ingiuria, le false notizie, i processi ad una direzione gestiti da un apparato giudiziario telecomandato, il bombardamento mediatico in mano alle “anime belle” all’opposizione ma con il 90percento della comunicazione per arrivare alla incitazione all’omicidio che nessun magistrato ancora non ha denunciato!

Si sta diffondendo la certezza che una caduta dei livelli culturali individuali e collettivi ha cambiato – in peggio – la qualità dei rapporti sociali, politici, economici individuali e collettivi. Prevale la logica per la quale tutti coloro che non la-pensano-come-me-e-non-hanno-votato-bene sono corpi estranei che devono essere isolati e infine sterminati.

La logica folle e soprattutto stupida del nemico ha precluso la capacità di cooperazione. Un atteggiamento che produce valore fra tutti i destinatari della collaborazione e che consente di uscire dallo stritolamento del “dilemma del prigioniero” ben descritto in questa pagina web:

(https://areeweb.polito.it/didattica/polymath/htmlS/Interventi/Articoli/DilemmaPrigioniero/DilemmaPrigioniero.htm ).

L’azione di gruppi antagonisti basata sull’esclusivo principio del nemico da abbattere è il migliore agente del caos con il quale i pretoriani della sovversione continuano a stritolare il nostro Paese fino ad arrivare alla ipotesi, sempre più concreta, della disarticolazione del territorio nazionale con una serie di secessioni la cui anticamera è oggi fornita dalla accresciuta autonomia di alcune regioni, per ora più ricche di altre. La Sardegna alla Francia, la Sicilia agli USA che ne farebbero una roccaforte della guerra elettronica-HAARP contro la Russia, il nordest ad influenza austro-germanica.

P.Q.M.

Con buona pace di tutti coloro (numerosi) che fanno finta di non sapere, di non vedere, che girano la testa da un’altra parte ho sempre più il sospetto che l’Italia è in gravissimo pericolo di retrocessione a landa sperduta e desertificata il cui scopo è quello di diventare la sacca razziale dell’unione europea che così avrebbe un ammortizzatore, un contenitore al di qua del limes previsto dal PIANO TRIMARIUM.

Ne riparleremo

 

 

 

 

 

IN EVIDENZA

CI STANNO DISARTICOLANDO, SARÀ UNA GUERRA LUNGA E DURA

Claudio Messora – 2 aprile 2019

La sovranità, a seguito di centocinquant’anni di lotte, coincide con la democrazia, e la democrazia è la libertà di un popolo che possa decidere di sé. Quindi io ritengo che l’imperativo morale cui dovremmo attenerci è considerarci solidali come popolo nella ricerca della nostra sovranità, intesa come dignità sociale degli italiani in quanto tali.

Inizio modulo

BYOBLU TI RENDE LIBERO, SOSTIENILO

Fine modulo

Un monumentale Luciano Barra Caracciolo, magistrato e sottosegretario di Stato agli Affari Europei, in un intervento ripreso da Byoblu al Palazzo del Pegaso di Firenze lo scorso 29 marzo, riannoda i fili dell’occupazione straniera tanto devastante quanto invisibile che siamo costretti a subire ormai da anni. Durante il convegno “Europa, le riforme ai trattati”, il sottosegretario illumina evidenze che molti lettori conoscono già, insieme ad angoli bui ancora inesplorati, e lo fa con la statura dello studioso e la passione dell’uomo incorruttibile che (tra pochissimi) non si vuole arrendere.

VIDEO QUI: https://youtu.be/atUgYElm1yA  

Così, Barra Caracciolo ricorda quando Giuliano Amato si mise a capo di 16 politici che dovevano riscrivere la Costituzione Europea dopo la bocciatura degli elettori francesi e di quelli olandesi, l’Amato Group, e disse che “la cosa buona di non chiamare il Trattato di Lisbona Costituzione è che nessuno può chiedere un referendum” (qui il libro di David Craig che riporta le parole di Amato). Non solo, prima della firma del trattato disse che “i leaders europei hanno deciso che quel documento doveva essere illeggibile. Se non è leggibile, non è costituzionale. […] Se fosse possibile leggerlo con immediatezza, ci sarebbe qualche motivo per un referendum”. E meno male che la disinformazione la fanno i cittadini sui social: qui ci troviamo di fronte a disinformazione di Stato.

Ecco come il magistrato ricorda la questione.

Occorreva rendere i trattati incomprensibili perché gli stessi governati non avessero in media gli strumenti culturali per capire in che diavolo di avventura si stessero imbarcando, e lo vedrete…: vedrete quando arriveranno sulle vostre teste i frutti dell’approccio funzionale generalizzato che sta assumendo l’Europa con un’accelerazione impressionante e in violazione

 

Continua qui:  https://www.byoblu.com/2019/04/02/ci-stanno-disarticolando-sara-una-guerra-lunga-e-dura-luciano-barra-caracciolo/

 

 

 

 

 

Quello che non dicono

Di Nicola Porro – 3 aprile 2019

Zuppa di Porro: rassegna stampa del 3 aprile 2019.

VIDEO QUI: https://youtu.be/VTxy87-uQwQ

00:00 Tutti contro Tria per l’assunzione del figliastro.

01:50 Nel decreto crescita dovrebbe esserci il condono anche per le multe comunali.

02:40 La fuffa del revenge porno e dello spargimento di anni di galera. Feltrino sfotte (giustamente) i politici.

03:55 Lo “sfigato” Di Maio che si fa fotografare abbracciato con

Continua qui:  https://www.nicolaporro.it/zuppa-di-porro/quello-che-non-dicono/?utm_source=Notification&utm_medium=Firebase&utm_campaign=Web-Push

 

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Dimmi come parli, ti dirò che politico sei

Oggi i politici parlano come mangiano. Cioè male. Si è passati dal linguaggio colto a quello popolano. E gli effetti si vedono…

Maria Sorbi – 03/04/2019

In passato il linguaggio della politica era eccessivamente tecnico, colto e (volutamente) esclusivo. Con la seconda Repubblica è diventato più accessibile, inclusivo e sempre più vicino alla gente. Ma in che modo è arrivato a scadere nella volgarità del Vaffa, nei selfie con la felpa, nei post con gli errori di sintassi e nella lingua virale popolaresca? Leviamoci dalla testa che la colpa sia del web e della logica dei tweet.

Non si tratta solo della difficoltà di condensare il messaggio in poche battute. Dietro all’impoverimento dei discorsi dei politici c’è un disegno preciso, che va ben oltre la volontà di essere vicini alla piazza e empatici con l’elettore. E soprattutto che non ha nulla di casuale, anche se ha la forma di un post scritto di getto dal telefonino. «Prima si cercava di parlare in pubblico meglio di come si mangiava – sintetizza Vittorio Coletti, linguista all’università di Genova e consigliere dell’Accademia della Crusca – Oggi ci si vanta di parlare in pubblico come si mangia. Sottinteso che si mangia male». Va bene abbandonare la superiorità elitaria di una volta per fare in modo che l’elettore si rispecchi nei proclami, ma il livello stilistico si è abbassato parecchio. Troppo, a detta dei linguisti italiani che spiegano come la forma sia anche sostanza. E purtroppo anche quella è precipitata, riducendo i contenuti politici a meri slogan che puntano più ad aizzare gli animi e distruggere che a mediare e costruire.

Addio ideologie

Dalla prima alla seconda Repubblica, la comunicazione viene del tutto ribaltata. I protagonisti non sono più i partiti e le ideologie ma è la singola persona. «Lo capiscono bene sia Berlusconi sia Renzi – commenta Coletti – che legano alla loro faccia la garanzia del progetto che propongono». Entrambi parlano in prima persona e non si tirano indietro quando c’è da mostrare la propria vita privata. «Anzi, la messa in mostra dell’intimo è fondamentale nelle loro campagne elettorali. Se ci si pensa, nel passato sarebbe stato impensabile raccontare cosa faceva Nilde Iotti nel tempo libero. Certo, il rischio boomerang di una scelta linguistica del genere è dietro l’angolo, come si è visto».

Il politico non vive più nell’Olimpo ma è raggiungibile con un messaggio sui social in qualsiasi momento. Renzi twitta e posta all’ordine del giorno per cercare consensi in un terreno un po’ più fresco rispetto a quello della vecchia guardia del centrosinistra. Ma il numero uno in questo è Salvini, inseparabile dall’Ipad anche durante le dirette tv. Guai a stare in silenzio troppo a lungo, un messaggio in rete va lanciato costantemente. E allora ecco i post del vicepremier che gioca a flipper o che permette che circoli una sua fotografia tra le lenzuola con la sua ex fidanzata. Nulla è casuale: Salvini usa le tecniche comunicative degli influencer, si nutre delle polemiche della rete e spesso lancia provocazioni create apposta per crearsi nemici e fomentare

 

Continua qui:  http://www.ilgiornale.it/news/politica/dimmi-parli-ti-dir-che-politico-sei-1673399.html

 

 

 

 

 

Alan Friedman, antifascista americano che schifa l’Italia: ma vive e lavora qui

02/04/2019

 

Il giornalista Alan Friedman si è scontrato di recente con Giorgia Meloni, che al Congresso delle famiglie di Verona ha ripreso il motto “Dio, Patria e famiglia”, erroneamente attribuito al fascismo. Ma la lista degli attacchi all’Italia dell’americano è lunga. 

Alan Friedman: giornalista, scrittore e conduttore. Lo si ricorda principalmente per due cose: l’accento americano che lo accompagna in tutte le sue frasi – non se la cava neanche male, a dir la verità – e i suoi continui attacchi all’Italia. Anche negli ultimi tempi non sono mancate critiche al nostro Paese: “L’Italia ora è fuorilegge”, aveva detto manifestando la sua completa opposizione al Governo. Un’opposizione spesso pacata e controllata, con una dialettica come pochi, conseguenza, forse, della sua esperienza lavorativa. Un curriculum di tutto rispetto, da corrispondente di prestigiose testate estere: eppure, in tutti questi anni, non ha imparato l’imparzialità. Ha imparato, tuttavia, a vestire i panni dell’antifascista anche quando fascismo non c’è.

Tanto fissato, tanto ostinato nella sua ricerca del male, che scambia fischi per fiaschi e cade, talvolta, nel ridicolo. E’ successo pochi giorni fa, quando il giornalista ha dato prova di disinformazione scambiando il motto “Dio, patria e famiglia” – citato dall’esponente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni al Congresso delle famiglie di Verona – per una citazione fascista. “Che schifo citare il fascismo”, ha twittato il giornalista sul suo social. E la Meloni ha risposto: “E’ Mazzini, ignorante. Studia la storia italiana se vuoi venire a dare lezioni agli italiani”. Un tweet che fa sorridere ma anche disperare in effetti.

Ci avevano provato già, quelli di Sinistra, a difendere l’infelice caduta di stile dell’ex Ministro Monica Cirinnà, che aveva sfilato alla marcia femminista dell’8 marzo, a Roma, con uno slogan: “Dio, Patria, famiglia… che vita di merda”, salvo poi provare a difendersi utilizzando l’alibi del fascismo. Ci hanno riprovato q attaccando Giorgia Meloni: Friedman non è stato il solo. Anche la Repubblica si ostina a definire la citazione frutto del fascismo. Invece, a dirla era stato Giuseppe Mazzini che pensava a valori comuni per saldare una nazione e doveri verso i propri concittadini, la Patria, e Dio.

Alessandra Mussolini contro Friedman

Il fascismo è un’ossessione dei radical, insomma, ed anche di Alan Friedman. Lo dimostrano anche i ripetuti scontri con Alessandra Mussolini. L’ultimo, in ordine di tempo, risale ad ottobre. L’europarlamentare e il giornalista hanno acceso polemica sulla questione dei bambini stranieri esclusi dalla mensa di Lodi e il focus si è poi spostato sulla questione di un lavoratore licenziato dalla Nilfisk, un’azienda di Guardamiglio che aveva annunciato chiusura e delocalizzazione. Solo un pretesto, chiaramente, per accendere il fuoco. I due si mal sopportano ed ospiti entrambi, su la7, non hanno perso occasione di dare spettacolo.

“Lei è la nipote di un dittatore statalista”, le ha detto Friedman. “Io non lo sento proprio, né lo vedo”, ha replicato l’europarlamentare, esibendo il dito medio. I due parlavano della questione mensa ma il giornalista è uscito fuori strada, come sempre, ed è tornato ad attaccare il nostro Paese. “L’Italia che amo e che conosco è un Paese di solidarietà”, commentò ancora Friedman, scatenando la reazione inferocita della Mussolini: “Povero stronzo. Ma perché non te torni in America? Stai in Italia a rompere le cose, ma tornatene in America”.

Un parere condiviso da molti e, in effetti, vista tanta vis polemica, potrebbe prendere in

Continua qui:  https://www.leggilo.org/2019/04/02/friedman-antifascista-contro-meloni/

 

 

 

 

 

 

 “Vi odio”, poi gli sputi e i calci. Denunciata la prof anti-polizia

Dopo gli scontri tra centri sociali e polizia a Padova, fermata una manifestante: è una prof di matematica. Salvini: “Ma può insegnare?”

Franco Grilli – Mar, 02/04/2019

Un nuovo caso, dopo quello della maestra di Torino ripresa dalle telecamere mentre insulta gli agenti in piazza: “Siete vigliacchi, dovete morire”, urlava Lavinia Flavia Cassaro circa un anno fa.

Nemmeno dodici mesi dopo, la storia si ripete: un’altra manifestazione antifascista, stavolta a Padova, e un’altra insegnante nella bufera per aver sputato e insultato agli uomini in divisa.

Questa volta si tratta di Maria Giachi, professoressa supplente di matematica e fisica all’istituto Alberti di Abano Terme. Ha 30 anni e, scrive il Corriere, sarebbe una attivista del comitato “Non una di meno” e del movimento “Lotta per la casa”. Inoltre, secondo il Gazzettino, “partecipa alle iniziative della Marzolo Occupata, ex centro sociale Gramigna”.

La prof, riportano i quotidiani locali, risulta denunciata a piede libero per resistenza a pubblico ufficiale dopo i fatti di venerdì sera, quando un corteo di centri sociali è sceso in piazza contro la manifestazione anti-abortista di Forza Nuova. Tra centri sociali e polizia si è arrivati allo scontro (video). Il bollettino della serata parla di due manifestanti feriti e due fermati, tra cui proprio la Giachi. È accusata – scrive il Gazzettino – di aver “scalciato e sputato verso le forze dell’ordine“. Non solo. Come riporta il Mattino di Padova, durante le cariche della polizia al corteo antifascista avrebbe gridato “vi odio“: “Ha spuntato in faccia al maresciallo dei carabinieri Giancarlo Merli e sferrato calci qua e là, prima di

Continua qui:  http://www.ilgiornale.it/news/politica/voi-odio-poi-sputi-e-i-calci-denunciata-prof-anti-polizia-1673119.html

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

La Cassazione decide a metà: accoglie in parte il ricorso sul divieto di dimora per Mimmo Lucano

Gli ermellini hanno disposto un annullamento con rinvio, ordinando che i giudici del Riesame di Reggio Calabria tornino ad esaminare il caso sulla base di una serie di rilievi.

 

globalist27 febbraio 2019

 

“Nessun commento al momento. Devo parlare prima con i miei avvocati per capire bene i termini della sentenza della Cassazione. Dopodiché valuterò se dire qualcosa”.

Mimmo Lucano, sindaco sospeso di Riace dopo l’arresto del 2 ottobre scorso, non vuole ancora esprimersi sulla sentenza con cui la Suprema corte ha accolto parzialmente il ricorso presentato dai suoi difensori per chiedere l’annullamento del divieto di dimora nel suo comune disposto dai giudici del riesame di Reggio Calabria, rinviando gli atti allo stesso collegio per una

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https://www.globalist.it/news/2019/02/27/la-cassazione-decide-a-meta-accoglie-in-parte-il-ricorso-sul-divieto-di-dimora-per-mimmo-lucano-2038007.html

 

 

 

 

 

 

 

“Mia madre uccisa a bottigliate. I killer marocchini presto fuori”

Sono entrati in casa sua per un bicchiere d’acqua. Poi l’hanno colpita con una bottiglia in testa e l’hanno uccisa. Il figlio: “Mi vergogno di essere italiano”

Angelo Scarano – Mer, 03/04/2019

Sono entrati in casa sua per un bicchiere d’acqua. Poi l’hanno colpita con una bottiglia in testa e l’hanno uccisa portando via oro e contanti per un bottino da 400 euro.

Due marocchini di 19 anni circa due anni fa hanno messo a segno una rapina a Finale Emilia che ha spezzato la vita di Mirella Ansaloni, un’anziana morta per la mano assassina dei due banditi. Adesso dopo il processo, il pm ha chiesto per i due pena abbastanza ridotte: 8 e 12 anni. Il tutto, secondo quanto riporta il Giorno, per dare la possibilità ai due marocchini di reinserirsi nella società dopo aver scontato la pena.

Eppure, questa richiesta della pubblica accusa fa parecchio discutere. Rubare e uccidere può valere così poco sul fronte penale? La rabbia del figlio della signora Ansaloni esplode subito dopo l’udienza: “Ancora non abbiamo la certezza che saranno confermate: la sentenza è attesa per il 12 aprile ma posso dire che sia io sia mio zio, così come il mio legale, siamo

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CONFLITTI GEOPOLITICI

Cfa e quelle cose che Macron non vuole si dicano ai migranti…

di Marco Giannini – 1 aprile 2019

Se chiedessi a tutti voi quali paesi andrebbero “messi a dieta” con massicce dosi di austerità, con tagli ai servizi (Reagan direbbe “affamare la bestia”) ecc. … voi mi rispondereste “gli africani”? Secondo voi sono proprio gli abitanti del “Continente Nero” ad aver “vissuto sopra le loro possibilità” magari in contesti ambientali privi di materie prime e bellezze naturali e/o con margini di sviluppo ormai risicati dato lo stato avanzato dell’economia? Secondo i Governi francesi sì.

Il franco Cfa che la Francia impone in Africa alle sue “ex” colonie infatti è una moneta forte coi deboli e debole coi forti ma se noi italiani lo diciamo troppo, Macron inizia a vendere i Btp italiani e sale lo spread. Io posso permettermelo dato che oltre a grillin fuggiasco sono anche un opinionista “de passaggio” …

Grazie a questa moneta la Francia ottiene dei vantaggi che le permettono di (annaspare ma) resistere nell’euro e di inchiodare nella povertà i cittadini di Togo, Mali, Senegal, Cameroon, Costa D’Avorio, Guinea Bissau, Guinea Equatoriale, Ciad, Gabon, Niger, Burkina Faso, Congo, Benin. Di questo fenomeno a monte del processo migratorio il Pd non parla pur stracciandosi le vesti quando si tratta di immigrazione a valle (tra una manganellata e l’altra dei poliziotti francesi contro i migranti presso il confine italiano).

Il franco Cfa è legato all’euro mediante un sistema di cambi fissi; per capire cosa significhi in modo semplice dovete leggere due premesse:

1) Se io compro merci estere, poniamo Usa, devo cambiare euro in dollari. Ciò significa vendere euro e comprare dollari. Ciò che si vende perde valore, ciò che è richiesto si rivaluta (legge della domanda e dell’offerta). Lo stesso effetto lo provoca il turista straniero se ci pensate…

2) Se un Governo alzasse i salari, aumentasse i servizi pubblici (cioè riducesse il costo della vita ai più svantaggiati), investisse in opere infrastrutturali (ospedali, ponti, scuole, ferrovie, autostrade) che necessitando di manodopera danno lavoro, la moneta inizierebbe a girare e la richiesta di beni (e servizi) oltre a comportare maggior benessere potrebbe avere come conseguenza l’aumento dei prezzi (inflazione).

Questa situazione si ripercuoterebbe sull’import/export: i cittadini avendo un lavoro comprerebbero inconsapevolmente anche merci estere (import aumenterebbe) e l’inflazione ridurrebbe la competitività (l’export si ridurrebbe) perché i prodotti nazionali inizierebbero a costare di più anche sui mercati internazionali.

In una situazione del genere il franco Cfa si deprezzerebbe sull’euro, cioè salterebbe il cambio fisso.Cosa comporterebbe questo? Comporterebbe che i paesi africani una volta svincolati dall’euro vedrebbero la propria valuta ridursi di valore per raggiungere il suo fisiologico livello (cioè pari alla propria forza economica e non tenuta follemente sopra). Questo innescherebbe una reazione a catena che porterebbe queste nazioni a fare default liberandosi finalmente di un fardello debitorio creato peraltro dagli occidentali (Volker Rule, neocolonialismo ecc).

Fare default comporterebbe la fine della loro credibilità? La credibilità equivale a quanto un cittadino è disposto a rischiare acquistando Titoli di Stato (Bot, Btp ecc.) del paese in oggetto (se questo Stato fallisce il cittadino li perde tutti). La domanda è: voi investireste i vostri risparmi in quei paesi ad oggi? No. Quindi non cambierebbe un bel niente dal punto di vista della credibilità internazionale se non che questi paesi, finalmente, inizierebbero a crescere.

A questo si aggiunge che nei trattati che hanno permesso a queste Nazioni di liberarsi (in apparenza) del giogo coloniale ci sono norme che praticamente li obbligano ad acquistare merci estere non dove più convenienti ma dalla Francia ed a vendere i loro prodotti non dove vengono pagati di più ma… alla Francia.

In ambedue le situazioni non è mai un affare per loro (non è un caso che una merce importata, anche semplice, costi uno sproposito e sia francese). Purtroppo, agli africani francofoni queste cose non sono spiegate ma anzi i loro politici propinano loro la seguente versione di “cretinismo economico”: “Con il franco siamo come gli europei, siamo moderni, nel futuro” oppure “abbiamo una moneta forte così siamo forti pure noi”, una roba che arriva semplice, quindi efficacemente, nel cervello della gente che così finisce per credere proprio a quello che va contro i loro interessi (e va in favore dei neocolonialisti).

Pensate inoltre che la metà degli introiti da export (e la metà delle donazioni filantropiche straniere), soldi in valuta estera, vengono accumulati in una banca a Lione come riserva, risorse che dovrebbero servire a operare politiche espansive, di crescita, di sviluppo. Le riserve servono a mantenere il cambio fisso con l’euro: qualora il paese, per qualche ragione, importasse qualcosina in più (riducendo la forza del Cfa) in Francia venderebbero queste riserve cambiandole proprio in franco Cfa per rivalutarlo e mantenerlo pari all’euro! Avrete capito quindi che le valute sono utilizzate in situazioni eccezionali mentre la regola è l’austerity che queste situazioni eccezionali evita si verifichino: alta disoccupazione e bassi(ssimi) i salari per ridurre i rischi di squilibrio monetario e cioè di default.

La Francia “gode” nel creare in Italia il caos migratorio, siamo noi la valvola di sfogo delle sue azioni (legittime, ci mancherebbe, finché gli è permesso) ma chissà… a qualcuno potrebbe venire in mente di istruire queste persone che entrano da noi, di istruirle su cosa è accaduto davvero loro. A proposito di Francia, ho così a cuore i nostri media, il Pd e LeU (Liberté ed Egalité senza Fraternité non si avesse a intendere qualcosa di sconveniente) che da tempo ipotizzo che operino negli interessi non dell’Italia ma del paese transalpino (mi permetto di chiedere ai

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Chi sono i contractors che combattono in Afghanistan e Iraq

2 APRILE 2019 – DAVIDE BARTOCCINI

 

Il dibattito sulla privatizzazione della guerra in Afghanistan non si è mai placato nonostante l’opzione sia passata in secondo piano dopo l‘apertura dei talebani al tavolo dei negoziati con l’Occidente: che si sono impegnati a combattere l’Isis in cambio del ritiro delle truppe americanee del contingente internazionale.

Mentre il Congresso degli Stati Uniti subisce pressioni per mettere fine alle  cosiddette “guerre per sempre”, i contribuenti stanno scoprendo lentamente i costi nascosti “occulti” della guerra, e questo riguarda anche le cifre che il governo ha sborsato per “contractors” che hanno sostituito mano a mano il personale militare impegnato in Iraq e Afghanistan per garantire la sicurezza dei quelle aree strategiche, siti e installazioni che dovevano rimanere sotto il controllo degli Usa.

Secondo i report già del 2016, 1 su 4 degli “uomini armati” che aveva gli scarponi a terra in Iraq e Afghanistan provenivano da appaltatori privati. Ma il contribuente, che invece attendeva il disimpegno delle truppe – iniziato il 15 febbraio 2019 in Afghanistan e non ancora pianificato per l’Iraq – non è mai stato messo al corrente di questa vera e propria guerra in “outsourcing“.

Tutto questo è possibile perché sia le società di contractors, sia gli appaltatori che operano per il governo, agiscono nell’ombra senza alcuna supervisione da parte di terzi, che continuano a crede che le guerre “per sempre” siano combattute dai contingenti regolari, anche se nelle aree dove spesso si trovano, non c’è più nulla da combattere, solo interessi da sorvegliare. Gli stravolgimenti politici nelle regioni che vedevano una presenza militare americana, le stesse nelle quali si valutava da tempo un disimpegno che portasse alla sostituzione con i cosiddetti “eserciti privati”, ha acceso un riflettore su queste guerre in appalto, e adesso ci si domanda chi siano questi uomini in anfibi e t-shirt, che imbracciano fucili d’assalto in occhiali da sole e prendono il posto delle mimetiche desertiche indossate dai soldati dello “Zio Sam“.

Chi sono dunque i contractors pagati dal governo?

I dati affidabili in questo settore sono assai limitati secondo gli analisti, quello che si può dire è che le maggiori agenzie impegnate nel reclutamento, l’addestramento e la fornitura di contractor (un tempo avremmo detto mercenari, ndr), inquadrano nelle loro fila ex-militari appartenenti alle forze speciali e ai reggimenti d’élite delle forze armate che sono andati in pensione ma conosco bene il mestiere, che hanno servito in Medio Oriente e in Africa del Nord in missioni internazionali, che parlano diverse lingue e possono muoversi in sicurezza sul territorio.

Questo non basta a garantire però la sicurezza per quanto riguarda la scelta di un governo che toglie le bandiere dai suoi avamposti per lasciare il campo a contingenti di uomini dei quali non si possono avere notizie “certe”. Al tempo si parlò di una grande appaltatrice leader del settore a livello globale identificata nella Academi (precedentemente nota come Blackwater), che sarebbe subentrata su vasta scala nei Paesi che prevedevano un ritiro delle truppe americane. Ma la costellazione di società più piccole rendono difficoltosa l’analisi precisa delle deleghe accordate dallo stato e dalle sue sussidiarie, e nessuna di queste agenzie è formalmente obbligata a condividere informazioni sulle proprie azioni.

Per quanto è noto è dal 2008 che Congresso ha incaricato il Dipartimento della Difesa di reperire dati sul personale di sicurezza privato, per avere più informazioni su questi “mercenari” che hanno servito e servono in queste zone “sensibili”. Per avere le informazioni necessaria – come ha fatto DefenseOne.com – spesso si vanno ad analizzare i profili dei contractors americani e britannici caduti in azione in Iraq. Così si è scoperto che sono stati 238 gli operatori di sicurezza privata morti in Iraq tra il 2006 e il 2016. Erano prevalentemente uomini “bianchi” di 40 anniche anno scelto la carriera del contractors dopo aver lasciato l’Esercito, i Marines, reggimenti di paracadutisti e di fanteria di Marina. Molti sono

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CULTURA

Quello che i vostri figli impareranno all’università

1 Aprile 2019 PHILIP CARL SALZMAN

 

Le università, nel 20° secolo, si dedicavano al progresso della conoscenza. Si perseguivano cultura e ricerca e le diverse opinioni venivano confrontate e discusse nel “mercato delle idee.”

Ora non è più così. Soprattutto nelle scienze sociali, nelle scienze umane, nell’educazione, nel lavoro sociale e nella giurisprudenza, un’unica ideologia politica ha sostituito erudizione e ricerca, perché l’ideologia fornisce risposte prefissate a tutte le domande. E, dal momento che le cose più importanti oggi nelle università sono la diversità di razza, il genere, l’orientamento sessuale, l’etnia, la classe economica e le capacità fisiche e mentali, non esiste più diversità di opinioni. Solo chi si impegna nell’ideologia viene ammesso a far parte del personale accademico o dell’amministrazione.

Le università sono state trasformate dalla quasi universale adozione di tre teorie interdipendenti: postmodernismo, postcolonialismo e giustizia sociale. Queste teorie e le loro implicazioni verranno analizzate qui.

Non esiste la verità; niente è buono o cattivo

Postmodernismo: in passato, agli accademici veniva insegnato a ricercare la verità. Oggi gli accademici negano che esista una verità oggettiva. Al contrario, sostengono che nessuno può essere obiettivo, che ognuno è inevitabilmente soggettivo e, di conseguenza, ognuno ha la propria, personale, verità. Il punto di vista corretto, insistono, è il relativismo. Questo significa non solo che la verità è relativa alla soggettività di ciascun individuo, ma anche che l’etica e la moralità sono relative all’individuo e alla cultura, per cui non esiste un qualcosa come bene e male, o giusto e sbagliato. La stessa cosa vale per i metodi della conoscenza; i vostri figli apprenderanno che non esiste una base oggettiva per preferire la chimica all’alchimia, l’astronomia all’astrologia o i medici agli stregoni. Impareranno che i fatti non esistono, solo le interpretazioni.

Tutte le culture sono ugualmente buone; la diversità è la nostra forza

Anche la nostra coscienza sociale è stata trasformata dal relativismo postmoderno. Dal momento che i principi morali ed etici sono considerati alla stessa stregua della soggettività collettiva della nostra cultura, ora è ritenuto inappropriato giudicare i principi e le azioni di altre culture. Questa dottrina è chiamata “relativismo culturale.” Ad esempio, mentre il razzismo in Occidente è considerato il più alto peccato e la schiavitù il peggiore dei nostri crimini storici, i vostri figli impareranno che non siamo autorizzati a criticare il razzismo e la schiavitù dei giorni nostri in Africa, in Medio Oriente e i suoi equivalenti nell’Asia meridionale.

L’equivalente politico del relativismo culturale è il multiculturalismo, un concetto incoerente che persegue l’integrazione di più culture fra di loro incompatibili. La diversità è lodata come virtù in sé. Immaginate un paese con cinquanta lingue diverse, ognuna derivante da una cultura diversa. Non sarebbe una società, ma una Torre di Babele. Come potrebbe funzionare se ci fossero articoli di legge diversi, che impogono e vietano comportamenti incompatibili: guidare a sinistra e guidare a destra; monogamia e poligamia; predominio maschile e uguaglianza di genere; matrimonio combinato e scelta individuale? I vostri figli impareranno che la nostra cultura non è nulla di speciale e che le altre culture sono fantastiche.

L’Occidente è il Male; tutto il resto è virtuoso

Il postcolonialismo, la teoria oggi dominante nelle scienze sociali, si ispira alla teoria marxista-leninista dell’imperialismo, secondo cui il conflitto tra la classe capitalista e quella del proletariato porterebbe poi allo sfruttamento dei paesi colonizzati. In questo modo, secondo la teoria, l’oppressione e la povertà si spostano nelle colonie, non più a scapito della classe lavoratrice metropolitana. Il postcolonialismo afferma che tutti i problemi odierni nelle società di tutto il mondo sono il risultato di un dominio imperiale e di una colonizzazione occidentale

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CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

«Leali e patriottici», via al reclutamento di giovani 007

01 aprile 2019

Bisogna essere leali, riservati, coraggiosi, ma anche patriottici e sapersi proiettare verso il futuro: sono i requisiti caratteriali per poter aspirare a diventare un agente segreto, oltre naturalmente a poter vantare competenze in settori come le discipline umanistiche, economiche, giuridiche, internazionali.

È quanto si legge nell’avviso con cui riparte oggi il reclutamento dell’intelligence italiana rivolto ai giovani: le candidature si possono presentare attraverso il sito www.sicurezzanazionale.gov.it. C’è tempo fino alle 12 del 10 maggio.

Le figure ricercate

Il Dis (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza), l’Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterna) e l’Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna) cercano «figure tecniche con elevate conoscenze linguistiche» che abbiano «capacità di analisi o esperienze maturate in aree, organizzazioni e/o organismi esteri». Non solo: ai servizi segreti italiani servono anche esperti in cybersecurity,

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DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI

Guardie di confine e rimpatri: così l’Europa cambia Frontex

Primo sì dal Consiglio Ue al rafforzamento dell’agenzia Frontex. 10mila guardie di confine, rimpatri e accordi: ecco come cambia la lotta ai migranti clandestini

Chiara Sarra – Lun, 01/04/2019

Guardie di confine, più rimpatri e maggiore collaborazione con i Paesi vicini. Sono le novità alla base del rafforzamento dell’agenzia Frontex.

Il primo sì è arrivato oggi al Consiglio europeo, con il via libera da parte degli ambasciatori degli Stati membri.

L’accordo raggiunto in mesi di negoziati prevede in particolare l’arrivo di 10mila guardie di confine entro il 2027. Un corpo militare permanente che dovrà aiutare i Paesi come Italia e Spagna – storicamente “assediati” dai migranti – a contenere i flussi migratori. “Una più forte protezione dei confini esterni è essenziale per una sicura area Schengen e una più efficiente gestione dell’immigrazione”, dice Carmen Daniela Dan, ministro degli Affari interni della Romania, “Le nuove regole consentiranno a Frontex di fornire sostegno più veloce e più efficiente agli Stati membri su vari obiettivi, tra cui i controlli al confine e il rimpatrio di coloro che non hanno diritto di restare”.

Entro il 31 dicembre 2023, inoltre, la Commissione presenterà al Consiglio e al Parlamento europeo una revisione del numero e della composizione di questo corpo permanente. La Commissione presenterà quindi, se necessarie, proposte entro il marzo 2024 per modificare il numero, la composizione e i contributi degli Stati membri. Questi manterranno la responsabilità primaria per la gestione delle loro frontiere, con Frontex e il suo personale che forniranno assistenza tecnica e operativa. Inoltre, il personale schierato in uno Stato membro

 

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Migranti, tornano a sbarcare in Italia: in barca a vela nella notte, il pessimo segnale per Salvini

10 Gennaio 2019

Riprendono gli sbarchi di migranti in Italia. Il sito calabrese Ilcrotonese.it pubblica le foto dell’arrivo di una barca a vela sulla spiaggia di Torre Melissa (Crotone), con a bordo 51 persone.

Lo sbarco è avvenuto intorno alle 4 del mattino del 10 gennaio e gli abitanti sono accorsi per soccorrere i migranti, la cui barca si è incagliata e capovolta a pochi metri dalla costa.

Tra i migranti, che hanno detto di essere curdi, ci sono 6 donne e 4

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Migranti, le rotte fantasma per sbarcare in Italia

SET 8, 2017 – MAURO INDELICATO                              RILETTURA

Ben si conoscono oramai le dinamiche di quanto avviene lungo le coste agrigentine una volta registrati gli “sbarchi fantasma”: un barcone di piccole o medie dimensioni arriva in spiaggia, i migranti abbandonano il mezzo e fuggono subito dopo verso l’entroterra e la campagna facendo perdere il più delle volte le proprie tracce; da Agrigento a Siculiana, da Realmonte a Palma di Montechiaro, sono diversi i comuni costieri che hanno registrato lungo i propri arenili questo genere di sbarchi. Ma cosa avviene invece nella dirimpettaia costa tunisina? Quali sono le dinamiche che intercorrono nella genesi del fenomeno degli sbarchi fantasma? Ma soprattutto, da quali località partono i migranti che arrivano poi in Sicilia?

A quest’ultima domanda una prima risposta viene indirettamente fornita dalla stessa Polizia tunisina; l’agenzia di stampa Tap (Tunis Afrique Press), dà conto di alcune operazioni di sicurezza volte ad evitare le partenze dalle proprie coste: in particolare, si parla di arresti compiuti martedì scorso a Cap Zebib, circa 20 km ad est di Biserta e quindi nella parte nord del paese ed a metà strada tra il confine algerino e la capitale Tunisi. Da questa località, una decina di giovani era pronta ad imbarcarsi alla volta delle coste agrigentine; la zona in effetti si presterebbe ad ospitare basi logistiche importanti volte a favorire le partenze di barconi verso l’Italia: Cap Zebib è infatti un promontorio posto quasi sulla stessa linea longitudinale di Capo Bon (il punto più a nord dell’Africa), in cui è presente un porto di medie dimensioni affacciato sul canale di Sicilia e dove, soprattutto, vi sono diversi luoghi costieri isolati e lontani rispetto al centro più vicino che è quello di Metline.

In un’altra operazione compiuta sempre pochi giorni fa, la polizia tunisina ha comunicato di aver fermato un altro gruppo di giovani pronti ad imbarcarsi verso la Sicilia in una località costiera di Ras Jebel, cittadina di circa cinquantamila abitanti più ad est di Cap Zebib e ricca di storia essendo stata una colonia romana; anche in questo caso, il suo territorio si presta alle partenze dei barconi: la città si trova infatti a circa 5 km dal mare, la sua costa è costituita per lo più da boschi che si diradano verso spiagge e località isolate. Cap Zebib e Ras Jebel appartengono entrambe a quella parte del governatorato di Biserta che da secoli costituisce la naturale propensione dell’Africa verso il continente europeo: compresa tra due importanti promontori, quello di Cap Zebib per l’appunto e l’altro più orientale di Capo Sidi Ali El Mekki (conosciuto ai tempi dei romani come ‘Promontorio di Apollo’), questa zona è costituita da alcune paludi e saline oltre che da un lungo litorale posto immediatamente ad ovest del golfo di Tunisi. È molto probabile che la gran parte dei barconi approdati ad Agrigento siano partiti da qui: coste poco rocciose, luoghi perlopiù isolati e difficili da controllare essendo distanti alcuni chilometri sia dalla capitale tunisina che dalla stessa Biserta. La lente d’ingrandimento delle forze di sicurezza del paese nordafricano si concentra proprio qui, sia tra le coste distanti in alcuni punti anche 200 km dalla Sicilia e sia nell’immediato entroterra, dove anche in passato sono stati scovati centri logistici delle organizzazioni criminali che organizzano i viaggi della speranza.

Ma dalla Tunisia si parte anche dalle coste meridionali: nella giornata di martedì, il Ministero degli Interni da Tunisi ha annunciato un altro intervento della Polizia volto ad impedire ad un gruppo di migranti di imbarcarsi per un’ennesima traversata nel Mediterraneo; questa volta, l’azione delle forze dell’ordine è stata svolta a Sfax, seconda città del paese la quale si trova lì dove il golfo di Gabes inizia a curvare verso l’isola di Djerba: da qui le coste siciliane sono molto più lontane, pur tuttavia dai porti del governatorato di Sfax è possibile percorrere molto meno di 200 km per raggiungere l’isola di Lampedusa. In effetti, la più grande delle Pelagie assieme a Linosa ha assistito all’impennarsi del numero degli sbarchi fantasma registrati; a differenza che nell’agrigentino, nelle due isole è impossibile scappare o far disperdere le proprie tracce e la Polizia è riuscita quindi a risalire all’identità di tutti coloro che sono approdati dall’inizio dell’estate tramite piccole imbarcazioni e nella grande maggioranza dei casi si tratta proprio di cittadini tunisini.

Da queste indicazioni si evince dunque che il fenomeno degli sbarchi fantasma viene originato da due rotte ben distinte: la prima trae origine dalle coste del governatorato di Biserta ed in particolare lungo il tratto compreso tra Cap Zebib e l’ex Promontorio di Apollo ed ha, come meta finale, le coste della provincia di Agrigento; l’altra invece si origina dal governatorato meridionale di Sfax ed ha in Lampedusa l’approdo principale. Il fenomeno appare molto diverso rispetto a quello della rotta libica, la quale nel mese di agosto ha fatto registrare il numero più basso di sbarchi degli ultimi mesi ed appare in qualche modo ridimensionata: se quella in Libia infatti è una tipologia di migrazione che coinvolge diversi paesi africani, con migliaia di persone e famiglie provenienti dal Sahel che vedono nell’ex colonia italiana soltanto un punto di partenza verso l’Europa, la rotta che parte dai porti tunisini appare un fenomeno che coinvolge unicamente la Tunisia; in poche parole, chi approda dalla Libia proviene da diversi paesi sub sahariani, chi arriva dalle coste tunisine invece proviene quasi sempre dal paese nordafricano.

Ma tra le due rotte appare un’altra significativa differenza: se in Libia non vi è un governo

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Migranti, meno barconi ma ricominciano gli sbarchi autonomi: a Lampedusa arrivate sei piccole navi con 66 a bordo

In Sicilia primi segnali di un ritorno dei barchini che partono con pochi passeggeri, soprattutto dalle coste tunisine, e riescono a superare le navi di pattuglia. Un gruppo è arrivato tre giorni fa sull’isola su un natante trainato da un peschereccio. Sabato mattina poi in 32 sono arrivati a Crotone su un veliero

 

di F. Q. | 2 Settembre 2018                    RILETTURA

Meno barconi carichi di migranti a causa del pugno duro del governo e della rinuncia delle ong a pattugliare il Mediterraneo. Apparente tranquillità nel canale di Sicilia per quanto riguarda i flussi di chi parte dalle coste libiche rischiando la vita. Ma tra gli uomini che pattugliano l’area marina che va dalle coste Sud dell’isola al Nord Africa c’è il timore che possano ricominciare gli sbarchi autonomi. Piccoli natanti che partono magari dalle coste tunisine con poche persone a bordo e che superano le navi che pattugliano le acque. Come avveniva alla fine degli anni Novanta.

I segnali cominciano ad esserci. Sei imbarcazioni, con a bordo 66 migranti, sono state bloccate la notte tra venerdì e sabato a Lampedusa. I carabinieri hanno prima bloccato tre natanti, con a bordo 30 persone, che erano appena approdati a molo Favarolo e poi un’altra piccola imbarcazione, con sopra altri 14, che era riuscita a spingersi fino a cala Palme. La Guardia costiera, invece, nelle acque antistanti alla più grande delle isole Pelagie, ha intercettato e fermato, altri due natanti con a bordo 8 e 14 tunisini. Tutti i 66 migranti sono stati portati all’hotspot di contrada Imbriacola. Nell’agrigentino gli investigatori continuano a cercare le persone che si trovavano a bordo della piccola imbarcazione lasciata sull’

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https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/09/02/migranti-meno-barconi-ma-ricominciano-gli-sbarchi-autonomi-a-lampedusa-arrivate-sei-piccole-navi-con-66-a-bordo/4597001/

 

 

 

 

 

 

 

 

Migranti, quanti ne arrivano davvero in Italia? I 341 sbarchi «fantasma» con altre 5.999 persone

I dati del Viminale: in parallelo agli sbarchi «ufficiali», nel nostro Paese da mesi sono in aumento gli approdi illegali che avvengono con piccoli gommoni veloci o barchini in vetroresina che trasportano 10-15 persone alla volta

 

Fiorenza Sarzanini – 28 gennaio 2019

 

Piccole imbarcazioni con 10, al massimo 20 migranti a bordo, che sfuggono ai controlli e approdano in Italia sulle spiagge o comunque nei tratti di costa non controllati. Mentre il ministro dell’Interno Matteo Salvini conferma la volontà di non far scendere dalla Sea Watch i 47 stranieri e monta la protesta di chi invece vorrebbe che fosse autorizzato subito lo sbarco, si scopre che ci sono altre migliaia di stranieri giunti sulle nostre coste senza alcun ostacolo. Sono gli «sbarchi fantasma» che — come ha sottolineato qualche giorno fa il presidente della corte d’appello di Palermo, Matteo Frasca — «aumentano in maniera vertiginosa». A confermarlo sono gli stessi dati del Viminale: al 31 dicembre 2018 risultano effettuati ben 341 sbarchi e arrivate 5.999 persone. Di queste, 2.331 sono state trovate appena scese dai barchini e altre 3.668 sono state rintracciate a terra. Ma poi ci sono anche quelle che sono riuscite a non farsi individuare e che — dicono gli analisti — potrebbero essere almeno altre 2.000.

Le nuove rotte

Attraversano il Mediterraneo, ma soltanto una parte arriva dalla Libia. Altri sono gli Stati dove vengono organizzate le partenze e quindi è diverso anche l’approdo. Attraverso gli interrogatori di chi è stato rintracciato, le indagini contro i trafficanti e gli accertamenti svolti grazie al pattugliamento del mare, si è scoperto che sono quattro le rotte battute. Un punto di ritrovo è in Grecia, e chi si imbarca lì arriva in Puglia. Alternativi ai «punti di ritrovo» libici sono quelli della Tunisia, dove le organizzazioni criminali talvolta si spostano proprio per evitare i controlli. Oppure da dove partono autonomamente i giovani che vogliono tentare la fortuna in Europa. Giungono tutti in Sicilia, a Lampedusa, ma molti anche nell’isola di Pantelleria. Chi si muove dall’Algeria punta invece dritto verso la Sardegna, mentre dalla Turchia l’approdo più diretto è quello della Calabria.

L’anno scorso sono stati 1.229 gli stranieri arrivati in questo modo in Sicilia, e ben 659 sono stati fermati al momento in cui hanno toccato terra in Puglia, 275 in Calabria e 168 in Sardegna. Poi ci sono coloro che sono stati rintracciati addirittura giorni dopo lo sbarco: 2.157 in Sicilia, 634 in Calabria, 585 in Sardegna, 292 in Puglia. Numeri ben più alti di quelli trasportati sulle imbarcazioni delle Ong o

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https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/19_gennaio_28/i-341-sbarchi-fantasma-un-anno-arrivati-altri-5999-migranti-187346c6-2345-11e9-9543-1916afeb08d9.shtml

 

 

 

 

 

 

ECONOMIA

GOVERNO GIALLO VERDE – L’ERRORE FATALE

Maurizio Blondet  2 Aprile 2019  172 commenti

Un uccellino mi ha detto il motivo per cui Paolo Savona se n’è andato: voleva levare 50 miliardi di risparmio, con BTP,  titoli di debito riservati ai risparmiatori italiani, per fare investimento;  un “prestito per la vittoria”  con cui  lanciare grandi infrastrutture.

I grillini hanno detto no. Perché, è ovvio: non vogliono infrastrutture, non vogliono crescita reale . Pensano che basta mettere quattro soldi nelle tasche dei miserabili improduttivi per far rifiorire l’economia.

Col reddito di cittadinanza “sarà un 2019 bellissimo, ripresa incredibile”, disse Conte  ai primi di febbraio.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/02/01/crescita-conte-premesse-per-un-2019-bellissimo-ripresa-incredibile-confindustria-crescita-poco-sopra-lo-zero/4940708/

Ma il punto è  che anche Salvini è stato d’accordo, mi ha detto l’uccellino.  Sembra, dopo consultazione con Arcore. I minibot come li spiegano Paolo Becchi e Zibordi su 24 Ore anche di recente, e che   sono urgenti almeno da 8 mesi.

 

La proposta di minibot di Becchi e Zibordi: “Una moneta fiscale parallela per crescere senza fare debito”

 

Ma non subito; dopo maggio, dopo le elezioni europee che – si illudono – cambieranno tutto in Europa,  la cosca oligarchica oggi dominante a Bruxelles , e  la sostituirà  una classe più favorevole alla spesa espansiva. Tutto nei fatti hanno rimandato a “dopo maggio”.

Il guaio è che la ricaduta nella recessione è arrivata prima.  Occorrono misure urgenti; e nemmeno in reddito di cittadinanza  è arrivato ancora nelle tasche di nessuno; misura già insufficiente,  non sono capaci di sbloccarla, finirà per rivelarsi una promessa fallita. Uguale

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L’Europa dell’austerity è il paradiso dei miliardari

2 Aprile 2019 DI ROSANNA SPADINI

comedonchisciotte.org

Jean Claude Juncker nel suo incontro odierno con il Presidente Conte ci ha mazzolato ben bene: “Preoccupato per l’economia italiana. Servono altri sforzi”. Servirebbe dunque altro sangue della classe media diversamente asfaltata. Vuoto di memoria però, impossibile crescere mentre si è sottoposti a vincoli di deficit e mentre tutta l’Eurozona si sta rivelando come un’area di depressione economica permanente, provocata dalle stesse condizioni imposte dai trattati e dalla scarsità di moneta circolante.

Anche l’altra sera, chez Fabio Fazio, aveva tirato in ballo i problemi di debito pubblico italiano, trascurando da sbadato che il suo piccolo Lilliput è lo Stato più indebitato al mondo, nel sottobosco del debito privato in particolare.  Dichiarazione apparentemente sobria: “Penso che l’Italia sappia quali sono i suoi problemi. La crescita italiana è in ritardo rispetto all’Europa, e da vent’anni a questa parte, bisognerà dunque che l’Italia torni a scoprire gli strumenti che le permetteranno di rilanciare la propria crescita, ma dire che l’Italia costituisce un rischio mi sembra un’esagerazione, anche se i livelli del debito pubblico sono pericolosamente alti. Il 130% è uno dei livelli di debito pubblico più alti al mondo e bisognerà correggerlo, ridurlo“.

Però, nel mondo androide dell’Unione europea avvengono cose strepitose, neppure ipotizzabili dai lontani bastioni di Orione, tanto che nei bilanci delle casse statali mancano all’appello ogni anno più di mille miliardi di euro, tra elusione ed evasione fiscale. Infatti mentre i comuni mortali pagano fino all’ultimo centesimo di tasse, le multinazionali smistano decine di miliardi verso altri paradisi, grazie a contratti finanziari inaugurati in Lussemburgo, i famigerati ‘tax ruling’, strumenti finanziari che consentono alle corporations di concordare preventivamente il trattamento fiscale per un periodo predeterminato.

Così gli accordi preventivi provvedono ad evitare possibili contenziosi con gli Stati su alcune pratiche societarie tipicamente elusive, come quella che manipola i prezzi infra-gruppo (transfer mispricing), o ricorre a trasferimenti di utili da uno

Rosanna Spadini

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FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Oro di Bankitalia, le amnesie (politiche) di Draghi

03.04.2019 – Paolo Tanga

 

Secondo Draghi la Banca centrale europea ha il pieno diritto di gestire le riserve auree. La storia invece riconosce ai cittadini la proprietà dei depositi d’oro

La recente risposta data dal presidente della Bce, Mario Draghi, a Marco Valli e Marco Zanni, deputati del Parlamento europeo, in merito all’oro della Banca d’Italia mi costringe a ritornare sull’argomento.

Mi giovo del fatto di aver pubblicato sul Sussidiario alcuni altri articoli sull’origine storica dell’accumulo di tanto oro, monetato e non, presso i banchi meridionali.

Nel primo articolo descrivevo che l’oro depositato in Banca d’Italia non era altro che il frutto di un’astuta sottrazione dai banchi meridionali della ricchezza economica aurea dagli stessi intermediata a fronte dell’emissione di certificati di deposito e perciò di proprietà dei depositanti; nel secondo articolo evidenziavo che, nonostante tale artifizio e il passaggio al corso forzoso, era intenzione dell’Autorità dell’epoca mantenere in capo ai cittadini la proprietà dell’oro; infatti, se non fosse stato così, per quale motivo la gestione dell’oro era stata affidata a un altro ente pubblico, l’Ufficio Italiano dei Cambi, anziché alla stessa Banca d’Italia?

Invero, come avevo spiegato nel secondo articolo, l’oro dei cittadini non aveva alcuna evidenza contabile nell’attivo patrimoniale dell’Istituto centrale e soltanto in momenti più recenti iniziò l’acquisto di altro oro, a cui successivamente seguirono le fasi di rivalutazione e di riclassificazione contabile. Il cerchio fu chiuso con la fusione tra la Banca d’Italia e l’Ufficio Italiano dei Cambi.

Da quanto precede vorrei rilevare che, nonostante l’Istituto nel quale ho lavorato abbia avuto una diffusa e costante tradizione di correttezza e professionalità, alcuni soggetti ricoprenti ruoli di alta responsabilità non ne hanno assimilato le caratteristiche, improntando il loro comportamento all’astuzia.

Quello che mi meraviglia è che quello che contabilmente ho evidenziato riviene

 

Continua qui:  https://www.ilsussidiario.net/news/economia-e-finanza/2019/4/3/finanza-oro-di-bankitalia-le-amnesie-politiche-di-draghi/1865345/

 

 

 

Bitcoin, balzo del 20% dopo misterioso maxiordine

–di P.Sol. 02 aprile 2019

Era da un anno che bitcoin non vedeva una seduta così animata, che ha riportato la criptovaluta più famosa a un paio d’anni fa, quando erano normali sbalzi di quotazione in doppia cifra percentuale. I prezzi sono arrivati stamane, nel corso del primo pomeriggio asiatico, a superare per qualche minuto la soglia dei 5mila dollari, con un balzo di quasi il 20% rispetto al giorno prima. Ora il bitcoin si è assestato attorno a quota 4.800, mantenendo comunque un guadagno del 15% sulle 24 ore, sufficiente a trascinare l’intero comparto delle criptovalute, quasi tutte con rimbalzi sopra il 10 per cento.

A dare il via al rialzo sarebbe stato, secondo quanto ricostruito da Reuters, un ordine complessivo da 100 milioni di dollari, piazzato su tre diversi exchange – Coinbase, Kraken e Bitstamp – sulla base di un algoritmo, ma riconducibile a una stessa entità: «Guardando ai volumi su ciascuno dei tre exchange, si registra un’impennata sincronizzata di volumi di crica 7mila bitcoin in un’ora», afferma un trader.

Come spesso succede per le criptovalute, non ci sono motivi specifici alla base degli

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PANORAMA INTERNAZIONALE

La strategia del Cremlino in Africa: tra militari e armi

APR 2, 2019 – DAVIDE BARTOCCINI

La Russia sta adottando una vecchia dottrina della Guerra fredda per riportare la sua influenza in Africa. Il Pentagono – che monitora la situazione attraverso l’Africa Command – è in allarme per i flussi di armi e personale paramilitare russo che riguardano almeno dieci Stati africani, che in cambio di questo genere di “aiuti” potrebbero garantire a Mosca l’accesso alle loro risorse economiche e vantaggi geopolitici e riporterebbero la sfida con l’Occidente ai tempi della decolonizzazione. Quando l’Unione Sovietica offriva supporto militare agli stati in via di sviluppo per ottenere in cambio un accesso economico e politico al Continente.

Secondo quanto riportato dal New York Times e ripreso daLa Stampa , il Cremlino avrebbe aperto un nuovo fronte nella sfida mai terminata con l’Occidente. Dopo gli aiuti militari e logistici offerti al generale Haftar in Libia, che hanno spostato l’equilibrio interno e preoccupato sensibilmente anche il governo italiano, adesso la strategia si è ampliata all’Africa Sub-sahariana. Repubblica Centrafricana, ma anche paesi come Sudan, Mali, Niger, Chad, Burkina Faso, Mauritania, Mozambico, Angola. È qui che Mosca vuole portare le sue armi e i suoi uomini per ottenere in cambio tutti i vantaggi che i governi africani possono offrirle.

L’allarme, lanciato dal generale Thomas Waldhauser a capo dell’Africa Command, verrà messo all’attenzione dell’Alleanza Atlantica durante il vertice Nato che si terrà a Washington questa settimana. Il generale americano sostiene la tesi secondo cui la Russia “rappresenta una sfida crescente e ha scelto un approccio più militaristico all’ Africa”, mente il consigliere per la Sicurezza Nazionale John Bolton ha dichiarato: “Il Cremlino continua a vendere armi ed energia in cambio di voti all’Onu, che tengono in piedi i dittatori e minano la pace, la sicurezza e gli interessi degli africani”.

La Casa Bianca, già in contrasto con Mosca per l’appoggio dato al presidente Maduro nella crisi venezuelana e per l’invio di personale militare a Caracas, teme che Putin possa davvero riportate nel cuore dell’Africa le tensioni della Guerra Fredda.

A differenza del sud-est asiatico, l’Africa fu un teatro di scontri e guerre per procura che vide il blocco occidentale prevalere sempre sull’Unione Sovietica, che batté in ritirata perché non aveva abbastanza mezzi e risorse per arrivare al conseguimento di obiettivi geopolitici in cui nel frattempo aveva perso interesse, e nei quali le ex-potenze coloniali europee, ben radicate nel tessuto locale dei loro “dominion”,

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POLITICA

“Dio, Patria e famiglia” è fascista? Chi ha ragione tra Friedman e Meloni

Lunedì, 1 aprile 2019

 

Al Congresso di Verona, la leader di Fratelli d’Italia cita una frase attribuita al Duce, ma è davvero così?

di Marco Zonetti

Al Congresso di Verona, Giorgia Melonileader di Fratelli d’Italia e attualmente impegnata nella costruzione di un nuovo polo di Centrodestra con Giovanni Toti Raffaele Fitto, è apparsa più determinata e agguerrita che mai e, di fronte alla nutrita platea accorsa alla Conferenza Mondiale, ha sfoderato uno slogan storicamente noto: “Difenderemo Dio, Patria e Famiglia”. 

La citazione ha attirato immediatamente gli strali dell’economista americano Alan Friedman che, su Twitter, ha attaccato la Meloni invitandola a vergognarsi per la citazione di uno slogan appartenente al fascismo. La deputata romana ha replicato quindi a stretto giro ricordando a Friedman che le parole “incriminate” sono in realtà di Giuseppe Mazzini e incalzando il suo interlocutore a studiare la Storia italiana.

Ma ha davvero ragione la Meloni? Lo slogan “Dio, Patria e Famiglia” è realmente ascrivibile al Padre Nobile Giuseppe Mazzini? Per svelare l’arcano ci viene in aiuto Angelo Panebianco che, qualche anno fa sul Corriere, spiegava per filo e per segno l’origine della frase. Scriveva Panebianco: «Mazzini, spirito imbevuto di religiosità, pensava a una nazione la cui saldezza fosse assicurata da un solido ancoraggio a valori comunitari e nella quale la cittadinanza non fosse solo un catalogo di diritti ma anche un insieme di doveri verso i consanguinei, verso la patria, verso Dio».

E ancora, la formula Dio, Patria e Famiglia si riferisce «a un ideale di “buona società” nella quale le virtù civiche sono trasmesse da una generazione all’altra grazie al calore e alla stabilità dei rapporti famigliari, sono sostenute da salde credenze religiose e sono indirizzate a tutelare il benessere, materiale e spirituale, della comunità allargata (la patria). Quelle virtù civiche, inoltre, guidano, dandole un senso e una prospettiva, la libertà personale».

La citazione di Mazzini fu, in epoca fascista, effettivamente riesumata e, attualmente,

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Otto e Mezzo, Alessandro Sallusti e la bomba sul potere di Sergio Mattarella: “Cosa so su questo governo”

2 Aprile 201

Siamo a Otto e Mezzo, tra gli ospiti nel salottino di Lilli Gruber su La7 c’è Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale. Si disquisisce del rapporto tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio, dunque la conduttrice chiede a bruciapelo: “Ma chi comanda nel governo?”.

Peculiare la risposta di Salluti: “Penso che comandino i sondaggi. Questo è un governo mediatico. Ogni giorno ce n’è una, viene misurato il numero di like e l’effetto sull’opinione pubblica: in base a quello la polemica dura due ore, due giorni o due settimane”.

Dunque, il direttore picchia duro contro l’esecutivo e aggiunge che “a parte

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SCIENZE TECNOLOGIE

Così con Google Translate tutti noi usiamo la filosofia di Wittgenstein

–di Enrico Marro 1 aprile 2019

Ci sono voluti più di sessant’anni, ma alla fine le intuizioni di Ludwig Wittgenstein sulla filosofia linguistica sono diventate una realtà utilizzata da miliardi di persone in tutto il mondo. Il tutto grazie ai programmatori di Google, che nel migliorare gli algoritmi del loro utilizzatissimo “Translate” hanno tenuto conto proprio delle massime del filosofo austriaco: non esistono significati fissi delle parole, tutto cambia a seconda del contesto.

“Word2vec”, l’algoritmo creato a Mountain View per Google Translate, crea “rappresentazioni vettoriali”, ossia rappresentazioni numeriche di ogni singola parola, per cercare di mutarne il significato a seconda del contesto. Esattamente come scriveva Wittgenstein, ma attraverso l’algebra (in particolare la linguistica computazionale).

Per migliorare la qualità delle traduzioni, i programmatori di “Big G” hanno creato reti neurali, una forma di “machine learning” che addestra gli algoritmi a capire come tradurre correttamente le singole parole tenendo conto di come si relazionano l’una con l’altra. Pensiamo per esempio a “sei”, che può essere il numero o il verbo essere, oppure a “sole”, persone senza compagnia o stella a noi più vicina: per capire qual è la corretta traduzione, l’intelligenza artificiale di Google Translate deve cogliere il contesto della frase.

Le reti neurali, “leggendo” milioni di testi, mettono in relazione le singole parole con i lemmi che le precedono o le seguono, in modo da poter calcolare le probabilità di connessione tra ogni singolo termini in quella che è – appunto – uno spazio vettoriale multidimensionale di dimensioni colossali.

Non solo. Come spiega Patrick Hebron, che ha studiato la filosofia di Wittgenstein

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