NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 27 FEBBRAIO 2019

https://www.comingsoon.it/film/l-odio/32044/scheda/

NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI

27 FEBBRAIO 2019

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

C’è gente che non ascolta fintanto che le si taglia gli orecchi.

GEORG Ch. LICHTENBERG, Osservazioni e pensieri, Einaudi, 1975, pag. 35

 

http://www.dettiescritti.com/

https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/

 

Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

 

Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com 

 

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

SOMMARIO

 

Continua la scia dell’insulto e della violenza personale cekista dei pasdaran della superiorità morale della sinistra

La retromarcia del libero pensiero 1          

Campagne d’odio

Attaccare Giordano (anche sulla voce): roba da sinistri 1

Luxuria in tv spiega i trans ai bimbi: scoppia la polemica 1      

Ammoreammare

Il test Green Book per capire se l’Italia è razzista 1

Pedofilia: È il Vaticano a “gonfiare” il fenomeno? 1        

Gent.ma Sig.ra Emma Marrone

Maduro: “Gli Stati Uniti dovrebbero dare gli aiuti umanitari ai loro 40 milioni di poveri” 1

Umberto Galimberti: “Psiche e techne. L’uomo nell’età della tecnica”. 1          

Mica siamo cannibali

SERVIZI TEDESCHI ACCUSANO: “ITALIA HA PORTATO MAFIA NIGERIANA IN EUROPA COI BARCONI” 1

Egitto, il sistema che ha sbranato Regeni è ancora vivo. Ma all’Italia non interessa 1             

Ma fatemi capire …        

Quando si insediò il celebre Minniti

Il grande complotto aureo delle banche centrali 1

Parentado. 1               

Venezuela: l’opposiizone finanziata illegalmente con oltre 173 milioni di dollari            

Politicamente corretto    

Squadristi rossi    

I donatori di organi sono vivi quando espiantano i loro organi

Privacy e web reputation 1

 

 

EDITORIALE

Continua la scia dell’insulto e della violenza personale cekista dei pasdaran della superiorità morale della sinistra

Manlio Lo Presti – 27 febbraio 2019

Ieri abbiamo fatto cenno all’atteggiamento maleducato del sindaco di Pesaro contro il criminologo Prof. Meluzzi: batteva il suo dito indice contro una tempia per dargli del pazzo senza invece controbattere sul piano dello scambio costruttivo.

Oggi parliamo della strafottenza violenta e barbarica di Gino Strada bullo contro il giornalista Giordano sfottendolo per la sua voce durante la trasmissione CARTABIANCA su Rai3.

 

Leggi qui:  https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/02/26/attaccare-giordano-anche-sulla-voce-roba-da-sinistri/4997830/.

 

Sta crescendo una campagna di odio mortale contro tutti-coloro-che-non-hanno-votato-bene e contro tutti-coloro-che-non-la-pensano-come-loro, con l’uso sempre più frequente di allusioni all’aspetto fisico, alla voce, allo svilimento delle parole dell’avversario spacciandole per follia, ecc.

 

Il bello è che questi vigliacchi terroristi affermano che l’odio è alimentato dal governo in carica! Il proverbio “Il bue dice cornuto all’asino” è sempre attuale.

 

Non vedo un energico intervento dell’Ordine dei Giornalisti per combattere questo fenomeno veramente pericoloso in un Paese dove la libertà di stampa è ben al di sotto del numero cento nella classifica mondiale!

 

Non vedo un energico intervento dei conduttori delle discutibili trasmissioni politiche, ma sappiamo perché

 

Non vedo un energico intervento dell’effervescente inquilino del Colle che tace quando si tenta di sterminare il governo attuale che egli patisce in gesuitico silenzio più manifesto di ogni parola.

 

Non vedo un energico intervento delle reti televisive che tanto affermano di applicare codici deontologici informati al rispetto reciproco ed al sereno scambio di opinioni.

 

Non vedo un energico intervento da parte degli intellettuali contro questa deriva antidemocratica e di stampo razzista quando fa riferimento all’aspetto fisico Un intervento che non avverrà mai perché figli dell’opzione Togliatti al 90%!

 

TUTTO CIÒ PREMESSO

 

Il perdurare di questa inerzia voluta scientificamente e questa indifferenza miserabile e criminogena che non incontra alcuna resistenza né opposizione decisa, porterà al passaggio successivo che sarà la lesione fisica o anche l’assassinio di tutti coloro-che-non-la-pensano-come-si-deve.

 

Tempi da cekisti, da CIA, da Mossad, da MI5 ecc. stanno arrivando velocemente!

 

Ne riparleremo, purtroppo!

 

 

 

 

 

IN EVIDENZA

La retromarcia del libero pensiero

22 febbraio 2019 – Mauro Mellini

 

Accade talvolta, con una frequenza crescente, di leggere qualcosa sui nostri quotidiani che si direbbe sia stato scritto un paio di secoli fa. E poiché è invece incontestabile che riguarda fatti, avvenimenti, provvedimenti del presente, la triste constatazione di vivere una fase di retromarcia del cammino dello spirito umano nella storia della sua evoluzione ci attanaglia e ci sgomenta.

Leggo su “Il Giornale”, che riporta la notizia data da “Repubblica” che l’Ag.Com., ente che dovrebbe garantire la pubblica informazione, ha messo a punto la fattispecie di una sorta di “reato di odio” che tra non molto potrà essere addebitato a chi gestisce informazione e comunicazione pubblica con modalità, particolari, devianze etc. etc. tali da instillare l’odio nei confronti di categorie. Ci si preoccupa, naturalmente, dei migranti.

E, poi, delle donne oggetto di violenza.

E questo, se è possibile, è una stravaganza ancora maggiore. Perché è fin troppo evidente che chi si è dedicato a questo benemerito compito si preoccupi, semmai di un troppo poco diffuso e troppo poco violento odio contro i violentatori.

Dove sono andati a tirar fuori che le donne oggetto di violenza siano “odiate” dal pubblico stimolato da una stampa da mettere sotto sorveglianza speciale?

Che ci si preoccupi di spegnere reazioni e atteggiamenti di odio nelle contrapposizioni politiche, sociali, culturali è un’ottima cosa.

Anche perché c’è chi autorevolmente predica il “dovere di odiare”. Nella mia infanzia c’erano preti, maestri etc. che ci imponevano l’“atto di costrizione”, preghiera in cui il penitente dichiarava “mi pento dei miei peccati e li odio e detesto…”. Forse ci si è accorti che oramai la gente si pente solo dei peccati altrui così che odiarli è un po’ eccessivo.

Ma, a parte ciò, istituire quello che i giornali definiscono un “reato di odio” è cosa che suscita perplessità ed allarme.

Da più di due secoli il cammino del pensiero umano è andato a stabilire limiti e sbarramenti tra valutazioni morali e valutazioni giuridiche, specie penali.

E la Costituzione ed i principi generali del diritto vietano di considerare reato e, di conseguenza, di considerare chi compia ciò delinquente da punire, anziché fatti specifici, il pensiero, le opinioni, gli atteggiamenti e convincimenti

 

Continua qui: http://www.lavalledeitempli.net/2019/02/22/la-retromarcia-del-libero-pensiero/

 

 

 

 

 

Campagne d’odio

Sisto Ceci 26 02 2019

 

Prosegue ininterrottamente la feroce campagna d’odio contro Salvini. A me, che ho una certa età, ricorda la campagna d’odio contro Bettino Craxi, segretario del PSI e primo ministro. Le somiglianze sono molte.

Quando i compagni percepiscono che una persona con la sua attività politica può mettere in crisi profonda la loro egemonia sulla società italiana si scatena la demonizzazione violenta fino alla eliminazione fisica.

Craxi, come oggi Salvini, era riuscito, perché conosceva i comunisti e sapeva come combatterli, a mettere in crisi il PCI, aveva battuto Berlinguer al referendum sulla scala mobile che i comunisti pensavano già di avere in tasca, come Occhetto

 

Continua qui: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=126687271736623&id=100031860510496

 

 

 

 

Attaccare Giordano (anche sulla voce): roba da sinistri

di Andrea Scanzi | 26 Febbraio 2019

 

Daniel Pennac ha creato, ormai decenni fa, la figura straordinaria del capro espiatorio di professione. Si chiamava Benjamin Malaussène e il suo lavoro era proprio quello di aver torto a prescindere. E dunque prendersi la colpa. Accadeva anche in tivù. Santoro era un gigante nell’invitare le varie Santanché affinché, agli occhi del suo pubblico (nonché dell’umana decenza), assurgessero a “coloro che sbagliano”. Vederli zimbellati da chiunque era rassicurante, appagante e financo divertente.

 

La tivù è ancora questa, solo che nel frattempo è cambiato tutto. Anzitutto la politica. In meglio o in peggio non saprei dirvi. Di sicuro parte della sinistra, oggi, pur di andar contro il governo attuale tornerebbe volentieri con Berlusconi. Mentre tanti ex elettori di sinistra, nonché ex spettatori di Santoro, odiano così tanto il renzusconismo da accettare Salvini. Un gran casino. Ed è qui che irrompe la figura di Mario Giordano. Uno dei più preparati tra i non antipatizzanti del Salvimaio. Sta molto in tivù perché sa parlare, i suoi libri vendono e conosce la materia. Come Belpietro, che non di rado è d’accordo con Travaglio o con me. E questo dice molto. Come molto dice che Sallusti sia spesso d’accordo con Giannini e Carofiglio talora sembri Mulè. Ahi.

 

Due settimane fa Giordano era in collegamento a Cartabianca su RaiTre. In studio c’era Gino Strada. Si parlava di immigrazione. Ho grande stima di Strada. Eppure, con Giordano, è riuscito ad aver torto da solo. Mentre Giordano esponeva pacatamente il suo punto di vista, a me distante ma contenutisticamente e formalmente più che legittimo, Strada andava fuori giri. Alzava la voce. Addirittura, lo bullizzava, sfottendolo per la voce come uno Sgarbi qualsiasi: “Ma chi è questo qua, sembra una friggitrice”, ripeteva schifatissimo. Colpi troppo bassi, come il Grillo che ha perculato un giornalista perché aveva la zeppola. Roba che può forse fare la satira, ma la politica (e Grillo ormai è politica) no. Bianca Berlinguer ha cercato di riportare la calma: laddove però Giordano non si scomponeva, Gino Strada portava a compimento il suo piccolo suicidio mediatico, plaudito pure sui social da chi è convinto che esser di sinistra significhi dire a chi non la pensa come loro che son tutti idioti e stronzi.

 

Una settimana dopo, Piazzapulita. Ancora Giordano in collegament

 

Continua qui: https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/02/26/attaccare-giordano-anche-sulla-voce-roba-da-sinistri/4997830/

 

 

 

 

Luxuria in tv spiega i trans ai bimbi: scoppia la polemica

Lun, 21/01/2019

L’affondo arriva da Il Giornale che in prima pagina attacca la Rai: «Luxuria spiega ai bimbi come si diventa transessuali» titola il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti. Tempo qualche ora e la polemica divampa con il leghista Simone Pillon, vicepresidente della commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza che parla di «inaccettabili lezioni di gender ad una classe di bambini» e annuncia una interrogazione in Vigilanza Rai.

Mentre dall’altra metà del governo arriva la difesa del sottosegretario con delega alle Pari Opportunità Vincenzo Spadafora, che benedice la scelta dell’azienda pubblica e sottolinea la necessità di lezioni di questo tipo per i ragazzini italiani.

Non serve lo spostamento tattico dalla prima alla seconda serata, per giunta del sabato sera a proteggere dalla bufera mediatica l’ultima puntata di Alla Lavagna! il programma di Rai Tre diretto da Alberto Di Pasquale che dallo scorso novembre porta politici, giornalisti, attori a raccontarsi in una classe di ragazzini delle elementari e che questa volta, dopo Matteo Salvini, Milena Gabanelli, Rita Dalla Chiesa, Claudia Gerini, Beppe Severgnini – solo per citarne alcuni- aveva come protagonista l’ex parlamentare di Leu Vladimir Luxuria, al secolo Vladimiro Guadagno.

Contro la trasmissione, registrata da tempo, e contro la lezione dell’ex parlamentare transgender fioccano le critiche, oltre che della Lega, anche di Fratelli d’Italia, dell’Aiart, l’associazione dei genitori cattolici, gli esponenti del Family Day, le associazioni dei consumatori.
Viale Mazzini non commenta. In difesa della scelta del servizio pubblico interviene Spadafora, che parla di «surreali polemiche omofobe, che non tengono conto della realtà e dei diritti di tutti». E in serata arriva l’appoggio delle senatrici M5s

Continua qui: http://www.ladige.it/news/italia/2019/01/21/luxuria-tv-spiega-trans-bimbi-scoppia-polemica

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

Ammoreammare

Alfio Krancic – 25 febbraio 2019

 

Ho quasi terminato la sceneggiatura di ” Ammoreammare”.  Storia di un mediatore culturale che si innamora perdutamente di Moumar un senegalese che fugge dalla guerra e dalla fame.

 

I due iniziano una relazione profonda osteggiata da bande di neofascisti e leghisti. Grazie al decreto Sicurezza, Moumar viene strappato dalle braccia di Kevin, il mediatore culturale e portato in un centro di raccolta per essere espulso.

 

Kevin disperato cerca di raggiungere il suo amato.

 

All’ingresso del Centro viene aggredito da una banda di omofobi e portato in un ospedale

 

Continua qui: https://www.facebook.com/100022750990570/posts/411787819589581/

 

 

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Il test Green Book per capire se l’Italia è razzista

www.ilfattoquotidiano.it

Stefano Feltri – 25 febbraio 2019

L’Italia sta diventando un Paese razzista? A sentire molti – di solito quelli indiziati di razzismo – la risposta è no: al massimo c’è un po’ di legittima e comprensibile diffidenza per lo straniero, niente di più. E la Lega di Matteo Salvini, con tutti i suoi emuli, non ha peggiorato le cose, ha soltanto dato voce senza filtri a quello che tanti hanno sempre pensato. E poi, un Paese in cui la canzone più ascoltata su Spotify e che ha pure vinto Sanremo è cantata da uno che di nome fa Mahmood potrà mai essere razzista?

Il pubblico – Tra Mississippi e Arkansas Don Shirley ha più successo che Mahmood in Italia. E senza Spotify. Le ricche famiglie bianche lo invitano a casa come ospite d’onore, amano ascoltare le raffinate esecuzioni del suo trio. Ma quando il pianista deve andare in bagno, gli indicano il gabinetto dei “boys”, degli ex-schiavi, in cortile. In quello con i marmi pisciano solo i bianchi. Morale: non è la vittoria di un Mahmood a Sanremo che indica la temperatura di razzismo di un Paese. Si può amare la musica di qualcuno che si disprezza. In Italia, per la verità, siamo forse un po’ più indietro, visto che Matteo Salvini ha fatto sapere che lui, a Mahmood, preferiva il più tradizionalmente italiano Ultimo.

La carriera – Don Shirley dimostra uno straordinario talento precoce. Lui vorrebbe suonare Chopin, Mozart, Brahms. Ma gli spiegano la musica classica non è roba per lui, un “negro” al massimo fa intrattenimento, deve far ballare la gente nei locali, suonando a un pianoforte malmesso su cui tiene sempre un bicchiere di whiskey. Shirley diventerà un grande pianista jazz, forse il migliore della sua generazione, ma pur sempre il migliore in un campo da “negri”. Non riuscirà a sfondare il muro, a fare la carriera “da bianco”. L’Italia passa il test “Green Book”? Qui i “negri” possono soltanto fare lavori da “negri”? A giudicare dalle statistiche sembra di sì. Gli immigrati fanno lavori da immigrati: agricoltura, pulizie, cura degli anziani, quando va bene edilizia. Ma un Don Shirley italiano suonerebbe musica classica o dovrebbe ripiegare sul jazz? A giudicare dal fatto che perfino i calciatori neri vengono ancora fischiati negli stadi, è lecito pensare che al massimo riuscirebbe a fare il musicista di strada.

Le regole – Una delle scene che restano del film è quella in cui un poliziotto ferma Tony Lip, l’autista, e Don Shirley, il passeggero. Il poliziotto non si capacita che a guidare sia il bianco e non il nero. Ma quando Tony Lip dice il suo nome completo, Vallelonga, il poliziotto vede la spiegazione: “Ah, sei un mezzo-negro anche tu”. Tony gli molla un cazzotto e finisce in carcere. Ma pure Don Shirley viene messo dietro alle sbarre, anche se lui non ha fatto proprio nulla. Riesce a uscire solo scomodando Bob Kennedy in persona, procuratore generale degli Stati Uniti. L’Italia passa il test “Green Book” sulle regole e il trattamento? Sono le stesse tra i “bianchi” e gli altri? Sempre più elementi paiono

 

Continua qui: https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/02/25/il-test-green-book-per-capire-se-litalia-e-razzista/4997164/

 

 

 

 

 

Pedofilia: È il Vaticano a “gonfiare” il fenomeno?

25 febbraio 2019 Mauro Mellini

Non sono credente. Sono, da lungo tempo, convinto anticlericale. Non ho mai concepito atteggiamenti persecutori o discriminatori nei confronti dei Cattolici ed ho sempre cercato di essere tollerante nei confronti, se non dell’intolleranza in sé, dei Cattolici intolleranti. Sono cresciuto in una Famiglia di non certo qualificabile come “bacchettona” o “baciapile”, nettamente avversa politicamente “al governo dei preti”.

Ho vissuto in un paesino, in una cittadina e in una città, tra gente di ceti diversi.

Non sono stato mai portato, né ho mai ritenuto vi fosse motivo di farlo, a difendere preti, frati, monache, vescovi e Papi da dicerie e luoghi comuni diffamanti, ma non ho mai ritenuto di dovermi fare di tali diffamazioni diffusore e sostenitore.

Ho sempre provato per le professioni o le prescrizioni celibatarie e sostanzialmente sessuofobiche della Chiesa Cattolica un senso di diffidenza e non ne ho mai compreso appieno la necessità e l’universale valore, che sembra a tali condizioni attribuire la Chiesa di Roma, tra l’altro come condizione distintiva da altre confessioni Cristiane tra l’altro necessarie per accedere al sacerdozio e nella scala della gerarchia clericale.

Ho sempre sentito, da quando ho l’età della ragione e l’orecchio per cogliere voci altrui, storie, insinuazioni, racconti, giudizi, implicite allusioni alle violazioni di tali precetti da parte del clero Cattolico.

Allusioni a certe tendenze omosessuali del clero, magari proprio di quello più “alto” ne ho sempre intese. Spesso ne ho dovuto constatare la mancanza di prove, tale da farle ritenere più corrivi mezzi di dileggio che non convinzioni circa l’entità del fenomeno.

Del resto, anche tra i meno raffinati esponenti di un anticlericalismo popolare, se la castità degli ecclesiastici era considerata non senza ragione una bugia per i gonzi, le allusioni e, soprattutto, le storie di omosessualità del clero erano assai meno diffuse e condivise. La mia familiarità, da lungo tempo acquisita con quella miniera di antica cultura e subcultura popolare che è G.G. Belli, mi ha confermato il convincimento che monasteri, curie e parrocchie non dovessero essere quei luoghi di elevazione dello spirito che si vuole siano, ma nemmeno suole di “perversione” omosessuale come qualche voce andava asseverando.

Peraltro, non mi sfuggiva che negli ultimi tempi la Chiesa dovesse aver qualche motivo particolare per sbandierare la sua “crociata” contro l’omosessualità al suo interno, probabilmente, uno strumento di “lotta interna”.

Così, quando sono cominciate ad arrivare notizie di campagne anche giudiziarie per casi di pedofilia e di omosessualità verificatesi nelle parrocchie, seminari, congregazioni, scuole e associazioni giovanili italiane e straniere, più che per i fatti denunciati ho provato un certo stupore per la loro denuncia ed il clamore che la stessa Chiesa ha dato ad esse.

Difficoltà di comprendere la reale portata di quegli avvenimenti, opinioni, polemiche è per me e, certo, per molti altri, dipendenti, anche, dalle caratteristiche che il “contesto americano” dei casi più noti, delle richieste di danno e di cifre delle loro entità, rappresentava e rappresenta per chi è abituato ad altri sistemi di giustizia quale quelli nel nostro Paese.

Sono passati gli anni e quello della pedofilia in seno alla Chiesa Cattolica ha continuato ad essere un grosso problema di attualità.

Contrariamente al solito ed alle abitudini della Chiesa, che aveva sempre “minimizzato”

Continua qui: http://www.lavalledeitempli.net/2019/02/25/pedofilia-vaticano-gonfiare-fenomeno/

 

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

Gent.ma Sig.ra Emma Marrone

Roberto Rettore 24 02 2019

 

mi sento di scriverle queste due righe che – evidentemente – lei non leggerà mai, ma rappresentano il mio pensiero.

In Italia c’è libertà di parola quindi lei – nei limiti delle leggi – può dire, come chiunque, ciò che pensa.

Ora però la inviterei ad alcune riflessioni:

 

1- è probabile che lei ce l’abbia con i c.d. “populisti”, mi dica, cosa c’è di più populista del suo gesto?

2- lei grida “aprite i porti”. Io la inviterei ad informarsi. Questo Governo tiene aperti addirittura gli aeroporti e va a prelevare con aerei militari chi veramente scappa da guerre.

3- i porti sono chiusi per evitare le malefatte di scafisti, di falsi buoni come le ONG e soprattutto per insegnare che in Italia si può essere accolti ma solo rispettando le regole.

4- aprire i porti, come grida lei, porterebbe ad una nuova stagione di stragi in mare che

 

Continua qui: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=1859902744136440&id=100003501961582

 

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Maduro: “Gli Stati Uniti dovrebbero dare gli aiuti umanitari ai loro 40 milioni di poveri”

In un’intervista a ABC News, il presidente venezuelano ha dichiarato che la sua controparte statunitense non vuole aiutare i venezuelani, ma vuole una guerra per il petrolio.

 

26 FEBBRAIO 2019

VIDEO QUI : https://youtu.be/aN9Ys-KZA8Q

Il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, ha concesso un’intervista al giornalista Tom Llamas, di ABC News, dove ha negato che il presidente degli Stati Uniti voglia collaborare con i venezuelani: “Da quando Donald Trump è interessato al destino del mondo?”, ha detto ironicamente, mentre aumenta la tensione tra Caracas e Washington.

VIDEO QUI:  https://youtu.be/fEZCdVLIJC8

Allo stesso tempo, ha aggiunto che “se Trump si preoccupa davvero dei popoli dell’America Latina, dovrebbe aprire le porte del confine ai messicani, agli honduregni, ai guatemaltechi e ai colombiani che premono al confine”. Inoltre, ha insistito sul fatto che il repubblicano avrebbe dovuto concedere permessi di lavoro e visti a milioni di latini, nel caso fosse preoccupato per la loro situazione.

Secondo il leader sudamericano, gli USA in realtà “vogliono una guerra per il petrolio”. Allo stesso tempo, ha avvertito: “Nessuno dovrebbe essere ingannato, tutto questo è uno spettacolo hollywoodiano di presunti ‘aiuti umanitari’, ma nasconde le vere intenzioni di un’escalation per controllare e dominare il nostro paese”.

Disposto a parlare con Trump

Durante l’intervista, il giornalista gli ha chiesto cosa direbbe a Trump se lo avesse di fronte a lui, e Maduro ha risposto: “Avrai sempre in me qualcuno che è preparato, con le nostre differenze, per tendere la mia mano e parlare con un dialogo pacifico” .

In tal senso, il presidente venezuelano ha spiegato che al di là del presidente degli Stati Uniti, la sua paura principale è i suoi consiglieri più stretti: “John Bolton, un estremista e un esperto della guerra fredda, Elliott Abrams, un bugiardo che ha contrabbandato cocaina, armi e droga in America centrale e nel mondo, e ha portato la guerra negli Stati Uniti, Mike Pompeo, un agente della CIA che ha un sistema di intelligence obsoleto, dei tempi della guerra fredda e Mike Pence, un uomo che non conosce la politica del mondo, e ignora la politica latinoamericana”.

Conflitto ai confini

Nei giorni scorsi, il conflitto si è concentrato sui confini che il Venezuela ha con la Colombia e Brasile, dove sarebbero destinati ad entrare gli aiuti ‘umanitari’, bloccati dalle autorità locali: “Abbiamo fatto quello che dovevamo fare per difendere il confine in pace”, ha precisato Maduro. A sua volta, ha aggiunto che si era ideato di “mettere su uno spettacolo” chiarendo la sua idea: “Gli Stati Uniti volevano creare un escalation di violenza per giustificare le successive minacce militari”.

A questo proposito, ha chiesto: “Cosa farebbero gli Stati Uniti se una carovana di camion tentasse di attraversare il confine senza l’autorizzazione delle autorità competenti?” In tal senso, Maduro ha continuato negando il presunto interesse di Washington, per il benessere dei latino-americani ricordando la sua politica di immigrazione, “il presidente Donald Trump, quando la carovana di immigrati provenienti da Honduras è arrivato con più di 200 persone ha detto che se si avvicinavano al confine, li avrebbe sparati”.

“Gli Stati Uniti dovrebbero dare aiuti umanitari ai loro 40 milioni di poveri”

Il giornalista ha anche consultato il leader venezuelano su quei cittadini che stanno soffrendo la fame. Nello specifico, ha descritto: “Abbiamo visto persone mangiare dalla spazzatura a Caracas”. Rapidamente, Maduro ha replicato: “Gli Stati Uniti hanno 40 milioni di poveri, perché non si vedono in televisione Ah, perché si deve mettere su uno spettacolo, scena stile hollywoodiano, mostrando qualcuno mangiare spazzatura in Venezuela?”.

Ed ha insistito: “Se la classe dirigente degli Stati Uniti vuole portare un po’ di aiuto umanitario dovrebbe offrirlo ai 40 milioni di poveri che soffrono, senza fissa dimora , senza salute, sicurezza sociale o lavoro “.

“Guaidó dovrà affrontare la giustizia”

Il leader dell’Assemblea nazionale del Venezuela, Juan Guaidó, che si è proclamato presidente del paese il 23 gennaio scorso e ha ottenuto il riconoscimento dagli Stati Uniti, tra gli altri paesi, è al di fuori del territorio

Continua qui:

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-video_maduro_gli_stati_uniti_dovrebbero_dare_gli_aiuti_umanitari_ai_loro_40_milioni_di_poveri/82_27346/?fbclid=IwAR0V49vcETEX6bwLf36fAgo

 

 

 

 

 

CULTURA

Umberto Galimberti: “Psiche e techne. L’uomo nell’età della tecnica”.

a cura della Redazione      LETTURA ATTENTA E PAZIENTE

 

 

“Ciò che è veramente inquietante non è che il mondo si trasformi in un completo domi­nio della tecnica. Di gran lunga più inquietante è che l’uomo non è affatto preparato a questo radicale mu­tamento del mondo.  Di gran lunga più inquietante è che non sia­mo ancora capaci di raggiungere, attraver­so un pensiero meditante, un confronto ade­guato con ciò che sta realmente emergendo nella nostra epoca”,

 

  1. HEIDEGGER, L’abbandono(1959), p. 36

 

 

INTRODUZIONE

 

  1. L’uomo e la tecnica.

Siamo tutti persuasi di abitare l’età della tecnica, di cui godiamo i benefici in termini di beni e spazi di libertà. Siamo più liberi degli uomini primitivi perché abbiamo più campi di gioco in cui inserirci. Ogni rimpianto, ogni disaffezione al nostro tempo ha del patetico. Ma nell’assuefazione con cui utilizziamo strumenti e servizi che accorciano lo spazio, velocizzano il tempo, leniscono il dolore, vanificano le norme su cui sono state scalpellate tutte le morali, rischiamo di non chiederci se il nostro modo di essere uomini non è troppo antico per abitare l’età della tecnica che non noi, ma l’astrazione della nostra mente ha creato, obbligandoci, con un’obbligazione più forte di quella sancita da tutte le morali che nella storia sono state scritte, a entrarvi e a prendervi parte.

In questo inserimento rapido e ineluttabile portiamo ancora in noi i tratti dell’uomo pretecnologico che agiva in vista di scopi iscritti in un orizzonte di senso, con un bagaglio di idee proprie e un corredo di sentimenti in cui si conosceva. L’età della tecnica ha abolito questo scenario “umanistico”, e le domande di senso che sorgono restano inevase, non perché la tecnica non sia ancora abbastanza perfezionata, ma perché non rientra in simili domande.

La tecnica infatti non tende a uno scopo, non promuove un senso, non apre scenari di salvezza, non redime, non svela la verità: la tecnica funziona, e siccome il suo funzionamento diventa planetario, questo libro si propone di rivedere i concetti di individuo, identità, libertà, salvezza, verità, senso, scopo, ma anche quelli di natura, etica, politica, religione, storia, di cui si nutriva l’età pre-tecnologica e che ora, nell’ età della tecnica, dovranno essere riconsiderati, dismessi, o rifondati dalle radici.

 

  1. La tecnica è il nostro mondo.

Sono questi alcuni temi che nascono dal pensare la configurazione che l’uomo va assumendo nell’ età della tecnica. Le riflessioni qui svolte sono solo un avvio. Resta ancora molto da pensare. Ma prima di tutto resta da pensare se le categorie che abbiamo ereditato dall’età pretecnologica e che tuttora impieghiamo per descrivere l’uomo sono ancora idonee per questo evento assolutamente nuovo in cui l’umanità, come storicamente l’abbiamo conosciuta, fa esperienza del suo oltrepassamento.

Per orientarci occorre innanzitutto farla finita con le false innocenze, con la favola della tecnica neutrale che offre solo i mezzi che poi gli uomini decidono di impiegare nel bene o nel male. La tecnica non è neutra, perché crea un mondo con determinate caratteristiche che non possiamo evitare di abitare e, abitando, contrarre abitudini che ci trasformano ineluttabilmente. Non siamo infatti esseri immacolati ed estranei, gente che talvolta si serve della tecnica e talvolta ne prescinde. Per il fatto che abitiamo un mondo in ogni sua parte tecnicamente organizzato, la tecnica non è più oggetto di una nostra scelta, ma è il nostro ambiente, dove fini e mezzi, scopi e ideazioni, condotte, azioni e passioni, persino sogni e desideri sono tecnicamente articolati e hanno bisogno della tecnica per esprimersi.

Per questo abitiamo la tecnica irrimediabilmente e senza scelta. Questo è il nostro destino di occidentali avanzati, e coloro che, pur abitandolo, pensano ancora di rintracciare un’essenza dell’uomo al di là del condizionamento tecnico, come capita di sentire, sono semplicemente degli inconsapevoli che vivono la mitologia dell’uomo libero per tutte le scelte, che non esiste se non nei deliri di onnipotenza di quanti continuano a vedere l’uomo al di là delle condizioni reali e concrete della sua esistenza.

 

  1. La tecnica è l’essenza dell’uomo.

Con il termine “tecnica” intendiamo sia l’universo dei mezzi (le tecnologie) che nel loro insieme compongono l’apparato tecnico, sia la razionalità che presiede alloro impiego in termini di funzionalità ed efficienza. Con questi caratteri la tecnica è nata non come espressione dello “spirito” umano, ma come “rimedio” alla sua insufficienza biologica.

Infatti, a differenza dell’animale che vive nel mondo stabilizzato dall’istinto, l’uomo, per la carenza della sua dotazione istintuale, può vivere solo grazie alla sua azione, che da subito approda a quelle procedure tecniche che ritagliano, nell’enigma del mondo, un mondo per l’uomo. L’anticipazione, l’ideazione, la progettazione, la libertà di movimento e d’azione, in una parola, la storia come successione di autocreazioni hanno nella carenza biologica la loro radice e nell’agire tecnico la loro espressione.

In questo senso è possibile dire che la tecnica è l’essenza dell’uomo, non solo perché, a motivo della sua insufficiente dotazione istintuale, l’uomo, senza la tecnica, non sarebbe sopravvissuto, ma anche perché, sfruttando quella plasticità di adattamento che gli deriva dalla genericità e non rigidità dei suoi istinti, ha potuto, attraverso le procedure tecniche di selezione e stabilizzazione, raggiungere “culturalmente” quella selettività e stabilità che l’animale possiede “per natura”.

Questa tesi, che A. Gehlen ha ampiamente documentato nel nostro tempo, era stata anticipata da Platone, Tommaso d’Aquino, Kant, Herder, Schopenhauer, Nietzsche, Bergson, dunque da grandi esponenti del pensiero occidentale, indipendentemente dalla direzione del loro orientamento. (Cfr. Parte II: “Genealogia della tecnica: l’incompiutezza umana”.)

 

  1. La tecnica e la rifondazione radicale della psicologia.

Se si accolgono queste premesse, la psicologia deve fare con se stessa dei conti radicali e incominciare a pensare le varie figure, oggetto del suo sapere, a partire dalla tecnica, che è poi quel patto originario tra uomo e mondo che è rimasto “impensato” sia dalla psicologia a indirizzo scientifico-naturalistico, che tenta di “spiegare” l’uomo a partire dall’esperimento sull’animale, sia dalla psicologia a indirizzo fenomenologico-ermeneutico che, in tutte le sue varianti: psicodinamiche, comportamentiste, cognitiviste, sistemiche, sociologiche, tenta di “comprendere” l’uomo a partire dai condizionamenti tipici della cultura occidentale che parla di “corpo”, “anima” o “coscienza”.

Senza un’adeguata riflessione sulla tecnica, pensata come essenza dell’uomo, la psicologia scientifico naturalistica non può che approdare all’ etologia, mentre la psicologia fenomenologico-ermeneutica non può che arrestarsi all’ingenuità del soggettivismo

 

Continua qui: https://www.temenosjunghiano.com/psiche-tecne-luomo-nelleta-della-tecnica/

 

 

 

 

MICA SIAMO CANNIBALI

Carlo Nobili – 24 febbraio 2019

Il cannibalismo è da sempre una delle più grandi ossessioni dell’Occidente: il fenomeno, che non fu di certo messo in luce con la Scoperta dell’America o con i viaggi di Cook nei Mari del Sud, è da sempre nel nostro inconscio. Cannibale è Tideo che a Tebe divora la testa di Melanippo; potenziali cannibali sono nell’Iliade Achille, desideroso di mangiare le carni di Ettore sconfitto, Ecuba, decisa a vendicare Ettore divorando il fegato di Achille; cannibale è Era la quale, rimproverata da Zeus, prova ira verso i Troiani. Cannibale fu il Conte Ugolino della Gherardesca che si cibò dei figli Gaddo e Uguccione e dei nipoti Nino ed Anselmuccio. Cannibale era Enriqueta Marti, detta la strega dei Barcellona, arrestata nel 1912. Cannibale diventò il popolo russo durante la carestia del 1921. Cannibali si mostrarono i soldati finlandesi nei confronti di quelli russi durante la guerra del 1939-1940 tra i loro Paesi. Cannibale era l’imperatore centroafricano Bokassa. Cannibale era persino un personaggio letterario come Hannibal Lecter, impersonato da Anthony Hopkins ne “Il silenzio degli innocenti”. Insomma, il cannibalismo ci riguarda da vicino. I cannibali sono fra di noi. Ma non è di questo che voglio parlare.

Se il fenomeno, come dicevamo, non fu messo in luce per la prima volta con la Scoperta dell’America e con i viaggi di Cook nei Mari, possiamo però certamente dire che l’uomo occidentale cominciò a rendersi conto del fenomeno “cannibalismo” in maniera più netta e cosciente soltanto con le grandi scoperte geografiche. Lo scrittore Stanislaw Jerzy Lec, che amava nei suoi scritti rompere gli schemi e stigmatizzare l’assurdo che circonda e ispira gran parte delle vicende umane, ad un certo si è chiesto: “Se un cannibale mangia carne umana con coltello e forchetta si può considerare progresso?”. Questo apparente paradosso è formulato dall’autore polacco in modo provocatorio allo scopo di dar risalto ad una contraddizione con l’esperienza comune e con i principi elementari della logica.

Tenterò a modo mio di rispondere alla domanda di Stanislaw Jerzy Lec prendendo come esempio l’Oceania, in particolare la Nuova Zelanda e le isole Figi. Ovviamente non è importante stabilire se gli abitanti di quelle parti di mondo fossero già moderni al tempo dei primi contatti con la cultura europea: entrambi questi popoli, Maori della Nuova Zelanda e Figiani, dediti alla pratica dell’antropofagia, banchettavano, così che fosse possibile introiettare l’ “altro” o la minaccia che esso rappresentava, con delle forchette, alla stregua dei moderni commensali dei nostri giorni. Era infatti tabu, per sovrani e capi supremi, toccare con le mani la carne umana destinata al consumo cerimoniale.

Questi utensili erano in genere ottenuti, quelli di più grande valore, da un femore o da altro osso umano. Altri erano in legno, ma tutti erano dotati di lunghi rebbi e recavano incisioni che aumentavano il loro valore sacro ed estetico. Erano conservati nella “Casa degli Spiriti” e la loro vista era vietata allo sguardo di donne e bambini. Più lunga era la forchetta, più potente era il suo proprietario. Tra i Figiani, che la usavano per nutrire il capo, questo utensile era chiamato iculanibokola, mentre tra i Maori era conosciuto come whāka.

La cerimonia vera e propria, che per la crudeltà con cui veniva celebrata non mancò di sconvolgere i Padri Metodisti delle Missioni presenti nell’area sin dai primi anni dell’800, aveva inizio: smembrato degli arti ma ancora vivo, non era raro che il malcapitato fosse costretto ad assistere al banchetto allestito con parti staccate dal suo corpo. La morte avveniva soltanto dopo atroci sofferenze e poteva arrivare nei modi più vari: uno di questi, tra i Maori della Nuova Zelanda, consisteva in un violento colpo inferto con corte mazze in osso di balena o in legno, ossia le wahaika. Queste armi erano veri e propri coltelli a forma di spatola che nella macellazione rituale erano anche usati per smembrare, per intero e con precisione di taglio, un individuo in pochi minuti. Il tutto, compresa ovviamente la cottura dei corpi dei cadaveri e la stessa consumazione potevano avvenire direttamente sul campo di battaglia davanti agli occhi dei nemici ancora schierati nei pressi, così da umiliarli con l’atrocità del gesto.

Mentre tra i Maori, organizzati in una società rigidamente stratificata, l’antropofagia (kai tangata) era soprattutto di tipo esogamico, tra gli abitanti delle Isole Figi insieme a quella dei nemici catturati in guerra non si disdegnava nemmeno la carne degli stessi Figiani (endocannibalismo). A questo proposito il viaggiatore inglese Alfred St. Johnston racconta che il loro desiderio di carne umana (bokola) era così grande che quando un uomo veniva ucciso in una disputa e i suoi parenti avevano seppellito il suo corpo, poteva accadere che altri Figiani ne trafugassero dalla tomba il cadavere per mangiarselo. Era quindi consuetudine che i parenti facessero la guardia finché il corpo non era “probabilmente diventato troppo ripugnante anche per l’appetito di un Figiano”. Alcuni autori sostengono che uno dei motivi delle sepolture all’interno delle abitazioni fosse proprio quello di sottrarre il cadavere del congiunto alle brame antropofagiche dei vicini. La natura esogamica dell’antropofagia praticata dai Maori era accompagnata anche dal costume di conservare a mo’ di trofeo, dopo averne divorato il corpo, la testa del nemico vinto. Esposto sulle palizzate che cingevano il pah (il villaggio), questo trofeo costituiva il più ambito ornamento e un efficace talismano di cui non privarsi nei momenti di maggior bisogno di protezione.

Come ogni “fatto sociale totale” caratterizzato dalla eccezionalità, la pratica antropofagica – forma iperbolica del consumo alimentare così come l’incesto lo è dell’unione sessuale –, era un’istituzione fortemente regolata e lo stesso modo di consumare carne umana rispondeva in modo rigoroso a questi requisiti: agli dei era dedicato il primo nemico abbattuto in battaglia, il cuore veniva estratto, quindi cotto dai sacerdoti e offerto al capo supremo; soltanto il sacerdote poteva mangiare parte della carne del secondo nemico ucciso mentre il resto era gettato nella boscaglia. In tutte le culture dedite all’ingestione di carne umana la cerimonia rifletteva una logica sociale decisamente

 

Continua qui: www.facebook.com/carlo.nobili

 

 

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO DISINFORMAZIONE

SERVIZI TEDESCHI ACCUSANO: “ITALIA HA PORTATO MAFIA NIGERIANA IN EUROPA COI BARCONI”

26 FEBBRAIO 20019

Dopo averla importata sui barconi grazie ai traghettamenti di massa del PD, ora esportiamo la mafia nigeriana nel resto d’Europa.

La mafia nigeriana si sta infatti infiltrando in Germania. È quanto sostiene il settimanale tedesco “Der Spiegel”, che afferma di aver visionato un rapporto confidenziale del Servizio informazioni federale (Bnd), l’agenzia di intelligence esterna della Germania.

VIDEO QUI: https://streamable.com/a1cnq

Secondo il documento, “il netto afflusso in Germania di sempre più nigeriani richiedenti asilo provenienti dall’Italia porterà alla proliferazione di strutture del crimine organizzato nigeriano, note per la loro estrema brutalità”.

Nel 2018, riferisce “Der Spiegel”, in Germania hanno richiesto asilo “più di 10 mila nigeriani, pari a un incremento del 30 per cento rispetto all’anno precedente”. Molti ce li rimandano indietro.

Tale aumento, per la polizia tedesca e l’Ufficio federale per le migrazioni e i rifugiati (Bamf), è ascrivibile alla cosiddetta “immigrazione secondaria”. Si tratta di migranti che, giunti in un paese, si trasferiscono successivamente in un altro Stato.

È questo il caso dei numerosi nigeriani che lasciano l’Italia, “dove sono registrati in più di 100 mila, per dirigersi a nord, con la Germania tra le loro destinazioni principali”.

Intanto, in Italia, sono attivi gruppi criminali nigeriani, come la Suprema confraternita Eiye o l’Ascia nera, che “trattano da pari con la criminalità organizzata locale”, nota il Bnd nel rapporto visionato da “Der Spiegel”.

Ora, si legge inoltre nel documento, le organizzazioni criminali nigeriane starebbero

 

Continua qui: https://voxnews.info/2019/02/26/servizi-tedeschi-accusano-italia-ha-portato-mafia-nigeriana-in-europa-coi-barconi/

 

 

 

 

Egitto, il sistema che ha sbranato Regeni è ancora vivo. Ma all’Italia non interessa

www.ilfattoquotidiano.it

Guido Rampoldi – 26 febbraio 2019

La pantomima solita, se non fosse stato per il contesto. Ripetitiva quanto un rituale. Quando esponenti del governo italiano, in questo caso il premier Conte, incontrano l’egiziano al Sisi, ufficialmente si parla soprattutto delle indagini sull’assassinio di Giulio Regeni. Posto questo schermo, dietro si discutono temi attinenti l’interesse nazionale: quel che combina in Libia il protetto del Cairo, il generale Haftar; sviluppi nella geopolitica del gas; investimenti di comune interesse; il correspettivo che al Sisi si attende da Roma. Segue comunicato della parte italiana in cui si cita unicamente Regeni, e sempre nello stesso modo: su nostra pressante richiesta il presidente al Sisi ha assicurato il suo impegno perché giustizia sia fatta. Col che si affermano due falsità, dato che

  1. a) tutti gli sforzi compiuti finora dal regime sono stati diretti a occultare e confondere; e
  2. b) anche per questo pare assai improbabile che al Sisi sia estraneo all’omicidio. Chi ricorderà all’opinione pubblica queste elementari verità? Non il Pd, figuriamoci: con quel che diceva Renzi di al Sisi, “salvezza del Mediterraneo”, non osa. La stampa? Qualcuno. I tg? Escluso.

Beninteso, quando è in gioco l’interesse nazionale mentire è lecito e nessun governo si tira indietro. Però c’è modo e modo. Anche Macron difende l’interesse nazionale, eccome: ma a fine gennaio, incontrando al Sisi al Cairo, gli aveva consegnato una lista delle violazioni di diritti umani commesse dal regime. Conte neppure ha sfiorato l’argomento. Eppure incontrava al Sisi all’ombra della forca sulla quale il regime, pochi giorni prima, aveva impiccato nove ragazzi condannati per aver ucciso con una bomba il procuratore generale egiziano, il magistrato che aveva coperto i peggiori crimini del regime. Era stata un’azione estremamente audace, compiuta da ragazzini poco più che 20enni, alcuni islamisti altri no. Impugnare le armi contro un regime golpista è un’azione considerata legittima da qualsiasi stato di diritto liberale: ma nessun Paese occidentale si è speso per salvare i condannati. Costoro avevano ritrattato in aula le loro confessioni: sono state estorte con la tortura, avevano detto. E avevano raccontato di sevizie efferate, durate settimane. Il sistema che ha sbranato Regeni. Tuttora largamente in uso: chiunque può sparire per mesi nelle segrete della polizia e non riemergerne più. Ma per ammazzare insorti e oppositori il regime ora opta per le esecuzioni capitali, l’impiccagione dei nove sembra essere l’inizio di un massacro a norma di legge: i condannati a morte sono centinaia.

Questo all’Italia non interessa. Non è una novità. Abbiamo buttato le braccia al collo di al Sisi dopo che quello aveva fatto abbattere oltre mille dimostranti, quasi tutti inermi, dai tiratori scelti della polizia. Dopo la morte di Regeni per spostare l’attenzione dell’opinione pubblica lontano dal regime e dai suoi metodi siamo riusciti a inventarci una “pista Cambridge” (oggi a pomparla è rimasta soltanto il sito informazionecorretta.it, così perfettamente allineato al governo Netanyahu che pare una filiazione del ministero degli Affari strategici israeliano). Se domani al Sisi mandasse a processo cinque suoi tirapiedi di quarta fila dimenticheremmo che Giulio Regeni è morto come altri cinquecento egiziani e proclameremmo il dittatore leale amico dell’Italia.

Tempo fa un magistrato che ha l’audacia della verità, Enrico Zucca, osservò che rinunciando a punire i colpevoli delle violenze poliziesche commesse durante e dopo il G8 di Genova, l’Italia si era privata della piena legittimità

Continua qui: https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/02/26/egitto-il-sistema-che-ha-sbranato-regeni-e-ancora-vivo-ma-allitalia-non-interessa/4998107/

 

 

 

DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI

Ma fatemi capire

Walter Buscema, Avvocato –  7 01 2019

 

Degli immigrati ci dispiace 

Delle Navi bloccate in alto mare ci dispiace

                            PERÒ 

Di centinaia di migliaia di Uomini che finiscono a dormire per strada da separati non ce ne frega nulla?

Di centinaia di migliaia di bambini tritati dalla macchina della giustizia italiana ci lascia indifferenti?

Di migliaia di bambini allontanati e chiusi in lager perché provenienti da famiglie povere, facciamo finta che non esistano o non siano un problema sociale?

Sono razzista se sollevo un problema del genere?

Sono Leghista se mi colpisce l’indifferenza della collettività verso le piaghe sociali del nostro Paese?

Sono Fascista se mi indigna sapere che dei Padri Separati che finiscono per strada nessuno piange e nessuno dice una parola?

E poi noi italiani che siamo un popolo dal GRANDE SENSO CIVICO…cosa abbiamo fatto per opporci alle Leggi Razziali?

Nulla ci siamo girati dall’altra parte quando potevamo insorgere.

Sono felice che a distanza di 60 anni ci siamo trasformati in un popolo che

 

Continua qui: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10215709976096030&id=1641624691

 

 

 

QUANDO SI INSEDIO’ IL CELEBRE MINNITI

 

Sisto Ceci – 26 febbraio 2019     RILETTURA

 

I vertici della COOP e della Caritas stanno scrivendo a 4 mani un nuovo capitolo della saga “Il nostro agente al Viminale” oggi nella persona di Marco Minniti, PD, ex presidente COPASIR, servizi segreti, l’uomo che sussurrava a James Bond, decisionista, competente.

 

Lo stesso ministro è autore di uno storico trattato con la Libia per stoppare – ma quando mai – il flusso degli immigrati.

 

Non riesce però a capire, o già ci ha rinunciato, una cosa semplicissima: basterebbe un Decreto legge per impedire alle navi straniere che raccolgono, strada facendo, migliaia di immigrati dai barconi per poi scaricarli da noi e salutarci con il fazzolettino bianco bagnato da lacrime di commozione per la nostra generosità.

 

Infatti, l’altro giorno, una nave norvegese che aveva raccolto centinaia di profughi dai gommoni, ha fatto rotta su un porto italiano e ci ha scaricato una grande quantità di immondizia indifferenziata da assistere e mantenere a nostre spese come fosse la cosa più normale del mondo, ora visto che ogni nave è considerata, in qualsiasi parte del globo, dal diritto internazionale, un pezzo del territorio nazionale

 

Continua qui: https://www.facebook.com/100031860510496/posts/126693755069308/

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Il grande complotto aureo delle banche centrali

26 febbraio 2019

Il 24 febbraio, sul Sole, è uscito un articolo a firma del vice direttore Alessandro Plateroti, dal titolo tanto intrigante quanto poco comprensibile: “Banche, l’oro in bilancio vale più dei titoli di Stato“. Ancor più intrigante e meno comprensibile è l’occhiello (“Basilea 3 reintroduce il gold standard – Banche, l’oro nei bilanci diventa moneta“). Mosso dalla curiosità per questa evidente titolazione-esca, mi sono letto l’intero articolo, che credo faccia parte del filone investigativo del giornale. Quello dietro il quale si cela di solito un enorme complotto ai danni dell’Italia.

Partiamo dal sommario del pezzo, per tentare di inquadrare di cosa stiamo parlando:

Il 29 marzo gli istituti di credito potranno contabilizzare il metallo giallo come «cash equivalent», cioè senza rischi: nessun assorbimento di liquidità. Ma l’operazione potrebbe pesare sui bond sovrani a basso rating

D’acchito non mi pare affatto, ma vediamo. Il dato principale è che le banche centrali hanno comprato nel 2018 oltre 640 tonnellate di lingotti d’oro, quasi il doppio rispetto al 2017 e nuovo massimo di acquisti da quasi mezzo secolo.

Pare che il 29 marzo, lo stesso giorno della Brexit (“solo un caso? Io no kreto”), accadrà qualcosa, per mano delle regole di Basilea III fissate dalla Banca dei Regolamenti internazionali (BRI). E cosa?

L’operazione della BRI, secondo quanto ricostruito dal Sole24Ore, porta la firma della FED, della BCE, della Bundesbank, della Banca d’Inghilterra e della Banca di Francia, il G-5 delle grandi potenze monetarie globali. Nel 2016, quando furono definite le nuove regole del sistema bancario inserite nel pacchetto «Basilea 3», il Comitato dei banchieri centrali ha inserito una norma di portata epocale che nessuno ha mai però discusso apertamente in pubblico. In pratica, l’oro in lingotti “fisici” – quindi non sotto la forma “sintetica” come i certificati – torna ad essere considerato dai regolatori come l’equivalente del dollaro e dell’euro in termini di sicurezza patrimoniale, eliminando così l’obbligo di ponderarne il rischio ai fini dell’assorbimento di capitale, come avviene con ogni altro asset finanziario, esclusi (per ora) i titoli di Stato dell’Eurozona.

In sintesi, al netto del fatto che queste decisioni sono annunciate con ampio anticipo e non c’è alcun blitz né imboscata, si prevede la ponderazione a rischio zero per le banche commerciali che acquisteranno oro. Cioè per investimenti nel metallo giallo non servirà accantonare riserve. Una domanda sorge dunque spontanea: la “promozione” dell’oro ad asset free risk è forse la premessa per applicare un coefficiente di ponderazione del rischio ai Titoli di Stato posseduti dalle banche?

Forse si e forse no. Sarebbe anche ora, diciamo, ma questa è mia opinione personale. Ho l’impressione che la ponderazione zero serva per soddisfare l’enorme domanda di safe asset da parte delle banche commerciali, data la relativa penuria di bond a rating massimo, cioè tripla A, e l’imperativo regolatorio a investire in attivi sicuri. Questa penuria è oggi attenuata dalla crescita del debito americano, ma proprio per questo motivo il regolatore internazionale potrebbe arrivare a porre limiti di concentrazione al debito di qualsiasi emittente sovrano.

Quindi si arriverebbe a gestire a livello integrato globale il tema del soddisfacimento della domanda di safe asset e della concentrazione del rischio sovrano nei portafogli delle banche. Il tema è ovviamente rilevante anche per l’Eurozona, visto che i tedeschi (e non solo loro) puntano i piedi ponendo il veto al completamento dell’unione bancaria sin quando non saranno diminuiti i picchi di sofferenze bancarie nazionali e non verrà attenuato il cosiddetto nesso banco-sovrano, cioè la concentrazione eccessiva di rischio sovrano nazionale, che vede l’Italia in prima fila.

Poiché, come sapete, in Italia abbiamo deciso che moriremo, piuttosto che diversificare il portafoglio titoli delle nostre banche (e ci stiamo pure avvicinando ad essere esauditi), la consegna è quella di lottare sino all’ultimo giornalista a difesa dei nostri prodotti tipici, tra cui ci sono i Btp in portafoglio alle banche:

Che cosa succederebbe allora, se venisse applicata a ponderazione per il rischio sui BTP come vuole il Comitato di Basilea? Le conseguenze dipendono dal livello di ponderazione del rischio applicato sui BTP: se fosse alto, alcune banche potrebbero essere costrette a sostituire i titoli con altri asset finanziari, oro compreso, oppure a procedere ad aumenti di capitale. In un momento in cui il mercato è restio ad acquistare azioni bancarie, il rischio di ripercussioni sulla stabilità del sistema bancario potrebbe essere alto.

A me però non risulta che “il Comitato di Basilea” abbia calendarizzato l’applicazione ai titoli di stato di una ponderazione per il rischio. Ma transeat. Le cose si complicano ulteriormente sulla frase immediatamente successiva:

Basta guardare i Credit default swap (l’assicurazione dal rischio di default) sulle banche italiane: secondo i dati di Bloomberg, i Cds a 5 anni di alcune tra le maggiori banche italiane hanno avuto un’impennata dalla primavera del 2018, anche triplicando in alcuni casi il valore. E’ in questo contesto che la data del 29 marzo si avvicina rapidamente.

Curioso, però: credevo che l’impennata dei Cds sulle nostre banche dalla primavera del 2018 derivasse da quella dello spread sovrano, dopo l’avvio del “governo del cambiamento”, e che quindi dipendesse proprio dal nesso banco-sovrano, cioè dai troppi titoli di stato italiani in pancia alle nostre banche. Devo essermi distratto.

Ma non distraetevi, almeno voi. Ecco la pistola fumante, come individuata da Plateroti:

I Paesi che hanno rimpatriato l’oro dall’estero riconquistandone il controllo e la gestione si sentono già al riparo dal rischio di trovarsi dopo il 29 marzo a corto d’oro fisico da mettere a disposizione delle proprie banche in caso volessero sostituirlo ai bond sovrani.

Vorrei sommessamente segnalare all’autore di questo commento che non serve aver rimpatriato fisicamente l’oro, per metterlo a disposizione delle banche commerciali nazionali: è sufficiente un contratto di vendita da parte delle banche centrali, nei limiti delle quantità liberamente cedibili. Non solo: le banche commerciali possono comprare l’oro fisico sui mercati internazionali, e il problema è risolto.

Ma torniamo ai volumi record acquistati nel 2018 dalle banche centrali:

Nel 2018, ben 641 tonnellate di lingotti d’oro sono state acquistate dalle autorità monetarie di ogni continente, ma soprattutto in Europa: è il livello più alto dal 1971. La manovra non ha precedenti e va inquadrata nel fenomeno dei rimpatri di lingotti di Stato affidati in custodia.

Confesso che mi difetta la fantasia ma proprio non riesco a capire quale sia il legame tra acquisti e rimpatri. Mio evidente limite. Ma il problema vero, secondo Plateroti, è un altro: i conti non tornano:

Negli ultimi anni, ma soprattutto nel 2018, un balzo del prezzo dell’oro sarebbe stato nell’ordine delle cose. Al contrario, l’oro ha chiuso l’anno scorso con un ribasso complessivo del 7% e un rendimento finanziario negativo.

Cosa sarebbe il “rendimento finanziario” di un metallo prezioso, che per definizione non ha rendimento? Non solo: come si arriva al “ribasso complessivo del 7%”? Se guardiamo le quotazioni dell’oro spot, espresse in dollari Usa per oncia Troy, vediamo che al 29 dicembre 2017 era a 1.302 dollari, mentre al 31 dicembre 2018 era a 1.282 dollari. Con un complesso algoritmo, sarebbe una perdita di circa l’1,5%.

Se guardiamo i grafici dei prezzi, sia dell’oro spot che degli Etf che operano su oro fisico, vediamo che l’andamento è identico: lo spot galleggia fino a maggio 2018 in un corridoio largo tra 1.300 e 1.350 dollari l’oncia, poi inizia un precipitoso ribasso, che lo porta ad agosto ai minimi di 1.160 dollari l’oncia. Segue stabilità e poi una volata in corrispondenza al forte rialzo dei rendimenti sul dollaro e del crash sui mercati, prima che la Fed getti la spugna e si dichiari “paziente” rispetto ad ulteriori rialzi.

Dov’è l’anomalia? Di certo non nel fatto che l’oro sia sceso durante la fase di aspettative di sostenuta sequenza di rialzo dei tassi americani. Questo è esattamente quello che ci si attenderebbe. Non c’è alcun complotto, in sintesi. Mi pare del tutto plausibile e razionale che, durante le fasi di ribasso dell’oro, causate delle attese di rialzo dei tassi sul dollaro, le banche centrali abbiano comprato oro, anche per finalità di ricomposizione delle proprie riserve. Di solito, quando si ha una prospettiva di allocazione strategica di portafoglio, si compra quando i prezzi scendono. Incredibile, vero?

Non solo: il Dollar Index, che rappresenta l’andamento del biglietto verde contro un paniere di divise, in cui l’euro ha peso elevato, si è rafforzato tra la metà di aprile e la metà di agosto, per circa il 10%. Quando il dollaro si rafforza, ad esempio per aspettative di aggressivo rialzo dei tassi, il prezzo dell’oro tende a deprimersi, perché una banca centrale aggressiva stronca le aspettative di inflazione, che sono uno dei propulsori del prezzo dell’oro. Dopo che la Fed ha capitolato sui tassi, a novembre, il prezzo dell’oro è risalito vigorosamente

Continua qui: https://phastidio.net/2019/02/26/il-grande-complotto-aureo-delle-banche-centrali/

 

 

LA LINGUA SALVATA

Parentado

pa-ren-tà-do

SIGN Rapporto di parentela; insieme dei parenti

secondo alcuni dal latino tardo parentatum, in origine ‘cerimonia funebre in onore di parenti defunti’, secondo altri attraverso l’ipotetica forma del latino volgare parentatus, ma sicuramente derivato da parens ‘parente’, dalla stessa radice di pàrere ‘generare’.

Per quanto ci possa sembrare che in questa parola suoni un po’ di spagnolo, è italianissima. Secondo alcuni è il risultato di un passaggio dal latino volgare, attraverso la forma parentatus non attestata; Secondo altri, e con un interessante mutamento di significato, scaturisce dal parentatum, la cerimonia funebre in onore dei parenti defunti. Ad ogni modo si tratta di un recupero dotto: ‘parentado’ si trova attestato in italiano nei primi decenni del Duecento, negli scritti del grammatico, retore e latinista bolognese Guido Faba.

Dapprima descrive in genere il rapporto di parentela: posso dire che sono sempre cortese con Tizio solo perché siamo legati per parentado, posso parlare di un’eredità inattesa che arriva da un lontano parentado. In questi casi è semplicemente quella che oggi, più comunemente, chiamiamo parentela. Un secolo più tardi, però, si è affermata la forma ‘parentado’ (sul precedente ‘parentatu’) per significare l’insieme dei parenti – e qui arriviamo al nocciolo più importante, che nasconde una finezza superiore a quel che si sospetterebbe.

Il parentado non è la famiglia. La famiglia, per quanto allargata, è un gruppo preciso, ha un’identità precisa: si appartiene a una data famiglia. Il parentado cambia da persona a persona: non è l’insieme dei parenti nel cui organigramma sei incluso, è l’insieme dei parenti che converge su di te, in una formazione irripetibile. Non cognomi aviti, non casati, non genealogie esauriscono il parentado, che

Continua qui: https://unaparolaalgiorno.it/significato/P/parentado

 

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

VENEZUELA: L’OPPOSIZIONE FINANZIATA ILLEGALMENTE CON OLTRE 173MLN DI DOLLARI 

Gianfranco La Grassa 26 02 2019

 

Un’indagine condotta dalle autorità finanziarie svizzere ha rivelato che l’opposizione venezuelana ha ricevuto milioni di dollari dalla società di costruzioni brasiliana Odebrecht su conti correnti in paradisi fiscali. Secondo il rapporto, almeno dieci campagne elettorali dei gruppi di opposizione sono state finanziate da risorse illegali della società tra il 2006 e il 2013.

Uno dei principali beneficiari sarebbe stato il gruppo di uomini d’affari e di alleati di Henrique Capriles Radonsky, per importi superiori a $15MLN.

In un documento stilato dagli svizzeri nel 2017, le autorità affermano che “Capriles avrebbe ricevuto tangenti relative a lavori svolti a Miranda, uno stato in cui il gruppo Odebrecht ha realizzato investimenti importanti”. Parte dell’inchiesta si basa su documenti di banche svizzere trasferiti alle autorità venezuelane due anni fa.

Il flusso di danaro attraverso una serie di società di copertura è arrivato nelle casse dell’opposizione alleata a Capriles, tra cui spiccano Rómulo Lander Fonseca e Juan Carlos Briquete Marmo, il fratello Armando Briquet, politico dello stato di Miranda , dove Capriles è stato governatore.

Uno dei conti identificati e sospettati di far parte di un regime di sostegno all’opposizione è quello della società di copertura Link Worldwide Corp, con sede a Panama. Tra il 26 agosto 2011 e il 10 aprile 2013, il conto ha ricevuto 940 mila euro e 3,9 milioni di dollari dalla Odebrecht che ha utilizzato le proprie società di facciata, tra cui Klienfeld e Trident, identificate anche nell’operazione Car Wash (Lava Jato).

Gli aspetti salienti del rapporto:

Tra il 24 ottobre e il 14 novembre 2012, la società Blue Skies Investments, con sede a Panama e beneficiario Fonseca, ha ricevuto oltre 785 mila dollari in Svizzera. Il denaro è stato depositato dagli intermediari di Odebrecht.

Briquet Marmol appare ancora come beneficiario della società di facciata Briq Corp, anch’essa con sede a Panama. Tra maggio e giugno 2012, sono stati effettuati pagamenti su quel conto pari a 2,6 milioni di dollari dagli intermediari di Odebrecht

 

Continua qui: https://www.facebook.com/1535134691/posts/10213926606749362/

 

 

 

POLITICA

Politicamente corretto

Federica Francesconi – 26 02 2019

 

È scoppiato un nuovo caso marchiato con il bollino del politicamente corretto. Una mamma ha denunciato via FB un esercizio per alunni di II Elementare, che secondo la signora avrebbe un sapore sessista e bigotto. In pratica nell’esercizio bisognava associare un soggetto a un predicato tra tre opzioni di scelta. L’autore dell’esercizio ha scelto per la mamma le seguenti opzioni: cucina, stira, tramonta; per il papa: lavora, legge, gracida. Fulmini e saette da parte del mondo disastrato del femminismo da operetta!

 

Scommetto che se al posto di “la mamma cucina/stira” ci fosse scritto “la mamma ha una fidanzata che si chiama Lucia”, “il papà tira coca”, “la colf filippina stira”, “il migrante congolese raccoglie i pomodori” nessuno si sarebbe scandalizzato gridando al complotto patriarcale.

È innegabile che oggi siamo schiavi del politicamente corretto. Guai fare riferimento alla realtà! Non la realtà deformata immaginata dagli agit prop del mondialismo e confezionata ad uso e consumo dei disperati che gridano “porti aperti come il mio culo”, ma la realtà che bambini e bambine respirano nella quotidianità. Ma oggi la quotidianità non è chiamare i propri genitori mamma e papà. Oggi i bambini devono essere indottrinati ai nuovi consumi del mondialismo. Per usufruire di tali consumi i bambini sono costretti ad estraniarsi

 

Continua qui: https://www.facebook.com/1165264657/posts/10215654854622150/

 

 

 

 

 

 

SQUADRISTI ROSSI

Ancora una volta i fantomatici collettivi universitari fanno irruzione durante una lezione di Angelo Panebianco e lo costringono a interrompere. Rimproverano a uno dei nostri pochi politologi di spessore di rigettare l’ideologia pacifista e terzomondista. E lo fanno con metodi intolleranti e cretini

di Corrado Ocone – 26 febbraio 2019

Gli studenti dell’Università di Bologna, la più antica del mondo, che hanno fatto irruzione in aula e interrotto la lezione del professor Panebianco, andrebbero subito processati e condannati. Non da un tribunale civile o penale, ma da quel tribunale dell’intelligenza che tutto può perdonare ma non l’ignoranza e stupidità umana. “Peccato contro lo spirito”, il più imperdonabile fra i peccati umani, è quello di cui si son resi responsabili i membri del fantomatico “Collettivo universitario autonomo” (Cua) e oggi anche altri gruppi analoghi che, inconsapevoli della loro crassa ignoranza, hanno apostrofato col termine “assassino” uno dei pochi politologi di grande spessore scientifico e per ciò stesso anticonformista che abbiamo sulla piazza italiana. Il torto di Angelo Panebianco è di aver ragionato sui problemi della pace e della guerra nel nostro tempo con gli strumenti della sua scienza e non con quelli di un‘ideologia pacifista e terzomondista sempre pronta ad accusare l’Occidente delle peggiori nefandezze. E di aver riportato i suoi ragionamenti, nello stile semplice e diretto che lo contraddistingue, in un fondo del Corriere di qualche giorno fa.

Non si tratta quindi di un semplice attentato alla libertà di opinione e espressione di un docente atipico e, appunto, non conformista. Si tratta di un attacco alla scienza e alla sua avalutatività. E all’Università come luogo franco ove, secondo l’originaria (e ormai sempre più tradita costituzione) le ideologie non dovrebbero entrare e dove anche i professori dovrebbero tenersi ben lontano (così purtroppo non è) da quella militanza che gli scellerati reclamano a piè’ sospinto. Panebianco, oltre ad essere un sincero liberale formatosi alla

 

Continua qui: https://www.facebook.com/corrado.ocone

 

 

 

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

I DONATORI DI ORGANI SONO VIVI QUANDO ESPIANTANO I LORO ORGANI

Venus Came 29 02 2019

 

I donatori di organi sono vivi quando i loro organi vengono prelevati! E gli somministrano solo un paralizzante ma non un anestetico, ma loro sentono tutto!

Prima del 1968 una persona fu dichiarata morta solo dopo l’ultimo respiro e il cuore fermo per un determinato periodo di tempo.

L’attuale terminologia “Morte Cerebrale” era inaudita.

Quando i chirurghi si resero conto di avere la capacità di prendere gli organi da una persona apparentemente “vicina alla morte” e di impiantarli in un’altra persona per mantenere vivo il ricevente più a lungo, fu aperto un “vaso di Pandora”.

All’inizio, attraverso prove ed errori, hanno scoperto che non era possibile eseguire questo “miracoloso” trapianto di organi prelevati da qualcuno veramente morto, anche se il donatore era senza circolazione per solo pochi minuti, perché il danno d’organi si verifica in brevissimo tempo dopo la fine della circolazione.

Per giustificare le loro procedure sperimentali è stato necessario per loro trovare una soluzione che fosse il modo in cui il termine “Morte Cerebrale” è stato ideato.

 

Fanno molto per ottenere i tuoi organi.

Perché un organo sia adatto per il trapianto, deve essere sano e deve provenire da una persona vivente.

Una volta che DBD (Donazione dopo morte cerebrale) o DCD (Donazione dopo morte cardiaca) è stato verificato e il permesso è stato strappato da familiari sconvolti, il “donatore di organi” “subisce ore, a volte giorni, di trattamento tortuoso per proteggere e preservare nel contenitore i ” pezzi di ricambio! ”

Il “donatore di organi ” è costretto a sopportare lo straziante e doloroso trattamento chimico in corso di preparazione all’asportazione di organi.

 

Il “donatore” ora è un deposito di organi e utilizzato per il solo scopo di preservare organi fino a quando un destinatario compatibile può essere localizzato.

La donazione dopo la morte circolatoria (DCD) può essere eseguita su donatori neurologicamente intatti che non soddisfano i criteri di morte neurologica o cerebrale prima dell’arresto circolatorio. Questo commento si concentra sui problemi più controversi relativi ai donatori previsti dall’implementazione obbligatoria di DCD per la morte imminente o cardiaca negli ospedali di tutto il territorio degli Stati Uniti.

 

La verità del trattamento orribile e la MORTE DEL “DONATORE”

La rimozione dell’organo viene eseguita mentre al paziente viene somministrato solo un agente paralizzante ma SENZA ANESTESIA!

L’estirpazione di organi multipli, in media, richiede da tre a quattro ore di operazione durante il quale il cuore batte, la pressione sanguigna è normale e la respirazione si sta verificando anche se il paziente è su un ventilatore. Ogni organo viene tagliato via prima che il cuore si fermasse.

È ben documentato che il battito cardiaco e la pressione arteriosa salgono quando si fa l’incisione. Questo vuol dire che durante l’anestesista nella chirurgia di tutti i giorni spesso accade che l’anestetico è insufficiente. Ma, come indicato, i donatori di organi non sono anestetizzati.

 

C’è un numero crescente di infermieri e anestesisti, che protestano per la reazione, movimenti del presunto “cadavere”.  A volte questi movimenti sono così violenti da rendere impossibile continuare a prelevare gli organi. Per questo motivo molti nella professione medica si sono completamente allontanati da questo programma.

 

Gli ospedali di New York stanno ordinariamente, di rutin “raccogliendo” gli organi dai pazienti prima che siano addirittura morti.

La denuncia accusa enti di trapianto senza scopo di lucro. Per esempio nel The New York Organ Donor Network i medici sono prepotenti nel dichiarare i pazienti cerebralmente morti quando in realtà sono ancora vivi.

 

Il querelante, Patrick McMahon, 50 anni, afferma che un paziente su cinque mostra segni di attività cerebrale quando i chirurghi lo dichiarano morto e iniziano a distruggere le parti del suo corpo.

“Stanno giocando a Dio”, ha detto McMahon, un ex coordinatore di trapianti che sostiene di essere stato licenziato a soli quattro mesi dal ruolo per aver parlato della pratica.

Ha detto che il Network di trapianti porta moltissimi soldi” vendendo gli organi che ottengono dagli ospedali.

“Cuori, polmoni, reni, articolazioni, ossa, innesti di pelle, intestini, valvole, occhi: sono tutti soldi”.

 

Il veterano dell’Aeronautica militare e l’ex infermiera hanno aggiunto che gli ospedali finanziariamente tesi sono facilmente influenzabili per dichiarare che un paziente è morto cerebralmente perché sono desiderosi di liberare spazio.

La causa, depositata nella Corte Suprema di Manhattan nel 2012, cita una vittima di un incidente automobilistico di 19 anni che stava ancora lottando per respirare e mostrava segni di attività cerebrale quando i medici davano il via libera per raccogliere i suoi organi.

Funzionari della rete, tra cui il direttore Michael Goldstein  ha molestato il personale del Centro medico dell’Università di Nassau per dichiarare che l’adolescente è morto, affermando durante una teleconferenza: “Questo ragazzo è morto, hai capito?” Ma secondo McMahon il diciannovenne avrebbe potuto riprendersi.

 

La causa cita altri tre esempi di pazienti che erano ancora aggrappati alla vita quando i medici hanno dato una “nota” – una dichiarazione ufficiale da parte di un ospedale che un paziente è cerebralmente morto.

La causa sostiene che un uomo è stato ammesso all’ospedale della contea di Kings a Brooklyn, e un mese dopo ha mostrato di nuovo attività cerebrale.

McMahon ha protestato ma alla fine l’uomo è stato dichiarato cerebralmente morto ei suoi organi sono stati raccolti.

 

Nel novembre 2011, una donna ricoverata all’ospedale universitario di Staten Island dopo una overdose di droga è stata dichiarata cerebralmente morta e i suoi organi stavano per essere raccolti quando McMahon si accorse che le veniva dato un “anestetico paralizzante” perché il suo corpo stava ancora sobbalzando. “Aveva il cervello in funzione quando le stavano tagliando sul tavolo”, ha detto a MailOnline.

“Le avevano dato un paralizzante e non c’è motivo di dare a un morto un paralizzante”.

Ha detto che ha affrontato la persona che glielo ha dato ed è rimasto senza parole.

“Alla fine ha detto che gli è stato detto di farlo perché mentre le tagliavano il petto aperto, muoveva il petto.

E un paralizzante ti paralizza solo, non fa nulla per il dolore”, ha detto. McMahon ha aggiunto che i chirurghi “prendono tutto” per quanto riguarda le parti del corpo. “Le hanno preso gli occhi, le articolazioni.

Secondo la causa, quando McMahon indagò ulteriormente sul caso, un altro dipendente del Network disse al personale ospedaliero che era “un piantagrane non addestrato con una storia di problemi e domande frivole”.

McMahon ha aggiunto che i membri dello staff che raccolgono più organi durante l’anno si qualificano per un BONUS natalizio.

“Se i consiglieri fanno bene il loro lavoro, prendono molti organi, riceveranno un BONUS a dicembre”, ha detto.

Il veterano, che ha lavorato presso il Network di donatori di organi tra luglio

 

Continua qui: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=367691577386626&id=100024373602475

 

 

Privacy e web reputation

10 consigli per tutelare la nostra identità digitale

25 febbraio 2019

Più la nostra vita diventa digitale, più è necessario prestare attenzione alle informazioni personali che condividiamo in rete, per evitare il rischio di truffe creditizie con furto di identità o che una cattiva reputazione sul web possa ripercuotersi anche nella vita reale.

 

Ecco 10 semplici e preziosi consigli per tutelare la nostra identità digitale:

  • Scegliamo password a prova di hackere custodiamole con attenzione, evitando di diffonderle o comunicarle ad altri.

    • Condividiamo solo le informazioni personali strettamente necessarie.

    • Evitiamo di comunicare in tempo reale dove siamo e cosa stiamo facendo.

    • Controlliamo ciò che i nostri contatti pubblicano su di noi e concediamo l’amicizia solo a persone che conosciamo.

    • Meglio avere pochi account tenuti bene che molti non curati.

    • Non pubblichiamo commenti volgari o foto inappropriate e riflettiamo sempre prima di postare qualcosa, soprattutto se potrebbe crearci imbarazzo ora o in futuro, perché anche se la cancelliamo, potrebbe comunque spuntare fuori con abili ricerche.

    •  Se abbiamo dubbi sull’uso delle informazioni che ci vengono richieste da un sito o da un’applicazione, meglio lasciar perdere e tenere i nostri dati per noi.

  • Se vogliamo lasciare meno tracce durante la nostra attività online, utilizziamo la modalità “navigazione in incognito”, presente su tutti i principali browser: eviteremo così la memorizzazione dei cookie (gli elementi che

Continua qui:

https://blog.mistercredit.it/2019/02/25/privacy-e-identita-digitale/?fbclid=IwAR1jZu2u41e_lGrgO2HV5vbVW98YiO_wGacOxXU3q4H-XNv11DtHB3zMCd0

 

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°