NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 20 FEBBRAIO 2019

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NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI

20 FEBBRAIO 2019

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Vorrei tanto avere il senso di colpa dei ricchi.

DIEGO DE SILVA, Superficie, Einaudi, 2018, pag. 39

 

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Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

 

Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com 

 

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SOMMARIO

 

In molti si offrono di scusarsi in nome degli italiani

MILIZIE NIGERIANE SI PRENDONO L’ITALIA: “STANNO ARMANDO I PROFUGHI”. 1

“Noi agenti in 4, i nigeriani in 40. Così fanno guerra allo Stato”. 1

MAFIA NIGERIANA: “SACRIFICI UMANI SUI BARCONI”. 1

Le radici sataniche del rock

Moody’s vede nero per l’Italia: “Si rischiano nuove elezioni”. 1

Anche il Papa attaccato sui social: “I migranti e rifugiati accoglili tu in Vaticano”. 1

Ferrara, guerra dei nigeriani in strada. 1

L’Europa ormai è paralizzata. Governi in crisi e piazze in fiamme. 1

Giordano Bruno, maestro di laicità dignità democrazia. 1

Popper, sull’esistenza del Mondo 3

Quella esercitazione degli Usa che ha “spento” il segnale Gps 1

Quando l’élite inventa “il popolo contro l’élite”. 1

A VERHOFSTADT È PARTITO L’EMBOLO DI LNG. IL ‘BURATTINO’ CONTE NON C’ENTRA.. 1

Dal M5S alla Siria: gli intellettuali italiani non ne azzeccano una. 1

E se nascesse il Partito del Papa?. 1

Odiano il popolo e non vedono che l’Italia non li regge più. 1

Come rimanere sani di mente su Internet 1

“Camerata” Bergoglio. 1

«Le foibe furono pulizia etnica, sono Slovenia e Croazia a doversi scusare». 1

L’ordine di eliminare il Generale dalla Chiesa arrivò a Palermo da Roma. 1

 

 

EDITORIALE

In molti si offrono di scusarsi per conto degli italiani

Manlio Lo Presti

Dopo Grasso che si scusò – a nome ti tutti gli italiani – per le violenze sulle donne facendo diventare di colpo violentatori 30.000.000 di uomini italiani. Anche EL PAPA si lancia con estremo zelo a scusarsi – a nome di tutti gli italiani – per le miserevoli condizioni dei migranti. Nel frattempo, abbiamo il mediocre scrittorello di Porto Empedocle che afferma #non in mio nome. E ha ragione!

Questo slogan deve diventare patrimonio da tutti i cittadini che non hanno chiesto di essere difesi da avvocati d’ufficio nominati dal DEEP STATE DE’ NOANTRI.

Fino a che sarà possibile, cercheremo di difenderci da soli o perlomeno esercitiamo il diritto di sceglierci da soli la nostra difesa.

Essere difesi da avvocati d’ufficio significa essere tutti diventati imputati a nostra insaputa!!!!!!!!!!

Contando sul senso idiota di colpa degli italiani che non hanno colpa di tutti i disastri creati dall’imperialismo del Nobel Obama con 26 conflitti regionali che hanno provocato ben 12.000.000. di morti e delle cosiddette migrazioni pilotate da una sapiente regia che ha fruttato oltre 13.000.000.000 di euro, superando i proventi delle 8 mafie che allignano nella ex-italia, il vaticano martella a più non posso solo gli italiani guardandosi bene dal fare la stessa cosa con Inghilterra, Francia, Spagna né tantomeno con Malta: quelli sono gli avamposti del neomaccartismo mondiale che paga bene e può anche assassinare bene i servi infedeli!

Questa “moda” delle scuse invocate a nome di 60.000.000 di italiani che sono ormai vittime dello sterminio immigrazionista, non ha senso se non quello di rovesciare i termini della percezione della realtà circostante. Un compito, questo, che viene demandato dal tridente disinformativo di massa (GIORNALI/terra; WEB/mare;TV/ aria) strettamente legati al deep state e che nessuno ha avuto intenzione o coraggio di rimuovere usando i sistemi della più brutale rottamazione realizzata dal precedente governo.

Tutti in sella a sparare senza sosta contro gli italiani demmerca che non hanno votato nel modo giusto . Gente, che i padroni di una presunta superiorità morale post-togliattiana mai messa veramente in discussione, ritengono che debba essere internata in campi di rieducazione di massa perché ignorante e perché non non ha votato “nel modo giusto”. Possibilmente, deve essere sostituita a marce forzate con nordafricani docili, sottopagati, sicuro serbatoio di voti da cui ricavare peraltro i famosi 35 euro giornalieri (questo è una erogazione superiore al reddito di cittadinanza, ma i neomaccartisti con il rolex stanno tutti zitti!)

TUTTO CIÒ PREMESSO

Io non voglio “difensori d’ufficio” che finora hanno pensato ad arraffare i titanici flussi rivenienti dalla pseudo-accoglienza travestita da motivi umanitari (restiamo umani, apriamo i porti, accoglienza indiscriminata fino al nostro sangue, ecc.) motivi sui quali lavorano con satanica precisione gli scafisti e le ONG finanziate da poteri transnazionali non certo favorevoli agli italiani scaraventando disordine, violenze e caos sulla popolazione italiana – sempre demmerda, beninteso.

P. Q. M.

Diffidare dagli improvvisi partigiani della equità sociale che ardono dal desiderio di prendere le nostre difese (gratis?).

Il motivo “vero” è:

Sempre

Continuamente

Immarcescibilmente

Martellantemente

Ininterrottamente

Diabolicamente

Pertinacemente

Il DENARO CHE SE NE PUÒ RICAVARE

 

Poco importa che il costo sociale,

  1. di ordine pubblico,
  2. di una media di 500 violenze carnali al mese di cui i buonisti con rolex e le movimentiste quadrisex non parlano,
  3. di spaccio di stupefacenti,
  4. di antropofagia,
  5. di sacrifici umani,
  6. di traffico di organi umani,
  7. di decine di migliaia di bambini scomparsi per la gioia della ferrea catena di pedofili che siedono ai massimi vertici delle catene di comando dell’occidente e quindi coperti e difesi sistematicamente dal settore giudiziario che depista, fuorvia, rimanda, inquina le prove, di traffico di armi,
  8. di riciclaggio di denaro sporco da destinare alle milizie private per eseguire le pulizie etniche nelle zone di guerra.

Le élite così facilmente generose, “umane”, buoniste, accoglienti tuttavia si proteggono con oltre la metà degli organici di polizia e delle altre 6 FORZE DELL’ORDINE: non rischiano nulla.

Un panorama che ricorda i sistemi utilizzati per le megaville della California e per proteggere i pretoriani di tutte le repubbliche sudamericane.

Poco importa che si sia creato un caos ormai permanente ai danni della popolazione che non ha visto un centesimo dei 13.000.000.000 incassati da

ONG,

partiti,

8 mafie,

trafficanti di armi,

trafficanti di stupefacenti,

trafficanti di organi, frange di vari servizi segreti,

riciclatori di denaro sporco per pagare le milizie militari private utilizzate per sterminare popolazioni di intere regioni.

Gli italiani costano come disoccupati, pensionati, malati, affamati, per questo sono rancorosi (come affermato dal buonista sociologo bianco barbuto che presenzia il 90percento delle trasmissioni politiche) e quindi vanno sterminati.

MEGLIO GLI IMMIGRATI SUI QUALI SI GUADAGNA, SI PRENDONO VOTI FACILMENTE, SONO DOCILI (PER ORA) E SI HANNO RICAVI TITANICI.

 

AVVOCATI SIMILI NON FANNO PER ME, MA CREDO CHE NEANCHE VOI NE SENTIATE IL BISOGNO.

Ne riparleremo!

 

 

 

 

IN EVIDENZA

MILIZIE NIGERIANE SI PRENDONO L’ITALIA: “STANNO ARMANDO I PROFUGHI”

FEBBRAIO 13, 2019

“Bande di immigrati si stanno appropriando di intere aree del territorio italiano e si stanno preparando alla guerriglia etnica in stile africano”

“Gruppi di migranti nigeriani che in un primo momento collaboravano con le mafie per lo sfruttamento della prostituzione ed il traffico delle droghe, ora stanno organizzando bande paramilitari per controllare il territorio italiano”, così un articolo del “Times” del 29 giugno 2017, a cui si sono aggiunte pubblicazioni successive del “Guardian”. Parlavano di gang criminali nigeriane e centrafricane che operano in Italia, già soprannominate dall’intelligence britannica “I Vichinghi”:

“I membri sono soliti portare il machete come arma – riferiscono le fonti britanniche – hanno prima controllato il traffico di esseri umani, ed oggi usano il capoluogo siciliano come punto d’approdo e smistamento in Italia per centinaia di migliaia d’immigrati clandestini”.

Tutte ipotesi confermate da fatti di cronaca, ultimi la scoperta del traffico d’organi con fulcro Castel Volturno e lo smantellamento di una cellula della mafia nigeriana nel CARA di Mineo: profughi.

Secondo la stampa inglese il territorio italiano sarebbe ora a forte rischio di “tribalizzazione territoriale”, ovvero le bande di migranti potrebbero appropriarsi di aree e difenderle come usano fare nelle zone del centro Africa già attraversate da guerre civili e atavici conflitti tribali.

Non era una boutade. Innocent Oseghal, Desmond Lucky, Lucky Awelima e i loro fratelli hanno ora mostrato questa realtà al grande pubblico. Negli ultimi anni i nigeriani traghettati in Italia dalle ong sono stati almeno 40 mila. Loro compresi.

Un rapporto della DIA del 2016 faceva riferimento alla criminalità organizzata nigeriana come “la più pervasiva, formata da diverse cellule criminali indipendenti e con strutture operative differenziate ma interconnesse, dislocate in Italia e in altri Paesi europei ed extraeuropei”.

Nonostante questo, i precedenti governi abusivi hanno continuato, per anni, a piazzare i nigeriani in hotel invece di espellerli. Come richiesto anche dal loro presidente. Clandestini trattati da profughi. E questo ha rifornito la mafia nigeriana di migliaia di nuovi membri.

Trattasi di gruppi vasti, ramificati, organizzati su un modello clanico e con un controllo fondato sulle intimidazioni, sulla minaccia della magia nera e sui sequestri di persona. Delle vere e proprie confraternite in quanto per farne parte bisogna sottoporsi a dei rituali di tipo tribale.

Un esempio è quello che riguarda le minacce nei confronti delle prostitute che non solo vengono picchiate, ma che vengono sottoposte a riti voodoo con lo scopo di avere totale controllo su di loro e in molti casi con minacce aggiuntive ai propri familiari rimasti in Nigeria.

Tra le confraternite più note vi sono la Black Axe, quella di cui pare facesse parte il clandestino di Fermo ucciso da un italiano per legittima difesa, i Black Cats e gli Eiye che in Nigeria si sono resi protagonisti di molti omicidi, intimidazioni e reati predatori. Questi gruppi sono presenti anche in Italia. Ce li ha portati il PD.

I principali traffici a cui si dedicano queste organizzazioni sono la prostituzione, l’immigrazione clandestina, la gestione della manodopera per la raccolta nei campi, il traffico di stupefacenti, le truffe telematiche e il racket dell’elemosina. Idoli di Bonino e Boldrini.

La prostituzione nigeriana è oramai presente da decenni sul territorio nazionale e ben noto è il ruolo delle cosiddette “maman”, ex prostitute che hanno fatto “carriera” e si occupano della gestione delle nuove arrivate, sia per quanto riguarda la logistica che la raccolta del ricavato da destinare alle organizzazioni. E l’80 per cento delle nuove leve è sbarcata negli ultimi anni:

Al di là della prostituzione, ci sono alcune attività che saltano particolarmente all’occhio come ad esempio il cosiddetto racket dell’elemosina, recentemente documentato con reportage video a Milano da Tullio Trapasso del Comitato Antiracket e Abusivismo.

Un recente approfondimento del quotidiano Vanguard, con sede a Lagos, fa riferimento a 170mila nigeriani detenuti all’estero, gran parte dei quali per reati legati alla droga, alla prostituzione e al traffico di esseri umani. A questi numeri si aggiungono più di 10mila donne risucchiate nell’inferno della prostituzione in Europa e in molti casi vendute dalle loro stesse famiglie.

Rodolfo Ruperti, capo della polizia di Palermo, aveva dichiarato al Times che “la gang dei Vichinghi è sorta mentre la polizia sgominava l’organizzazione dell’Ascia Nera (struttura mafiosa nigeriana in Italia): quando elimini una gang, subito altre vengono a colmarne il vuoto”. Secondo le fonti britanniche si sarebbe ormai a cospetto di “organizzazioni molto gerarchiche, con capi presenti in ogni città”.

l rischio secondo gli inglesi è che, messi alle strette (o progettando una supremazia sugli italiani) potrebbero anche armare i centri d’accoglienza, e coloro che vivono nei palazzi occupati, per fronteggiare le forze dell’ordine in eventuali focolai di guerriglia urbana: l’esempio dello sgombero nei pressi di Roma-Termini avrebbe potuto avere di queste conseguenze.

L’ulteriore restrizione dei flussi migratori verso la Gran Bretagna sarebbe stata operata dal governo di Londra dopo le relazioni dell’intelligence. Di più, il caso italiano sarebbe oggetto di studio e preoccupazione, al punto che Scotland Yard avrebbe consigliato maggiore controllo sui voli in entrata dall’Italia, e perquisizioni accurate sui vettori su rotaia e gomma che attraversano il canale.

 

Continua qui. https://voxnews.info/2019/02/13/milizie-nigeriane-si-prendono-litalia-stanno-armando-i-profughi/

 

 

 

 

Noi agenti in 4, i nigeriani in 40. Così fanno guerra allo Stato”

Rivolta degli immigrati a Ferrara nel quartiere dello spaccio. La polizia rivela: “È stata una reazione importante. Si sentono impuniti. La loro è una sfida a noi e allo Stato”

Giuseppe De Lorenzo –  17/02/2019

In Gad, dove ieri sera è esplosa la “rivolta dei nigeriani”, i problemi sono all’ordine del giorno. Spaccio, droga, immigrazione, ma anche crimini, aggressioni e violenze. In una parola: degrado. Solo lo scorso luglio le bande di immigrati si sono fronteggiate in una battaglia (in)civile a suon di mannaie. Gli agenti li chiamano “fatti comuni”, eventi quotidiani da fronteggiare con rassegnazione. Non proprio il sinonimo della legalità.

Il Gad della città degli Estensi è un’area limitrofa alla stazione, caratterizzata da un alto grattacelo diventato condominio di numerosi stranieri. “Vivono tutti in quell’area – racconta alGiornale.it David Marinai, segretario provinciale del Fsp Ferrara – E il degrado va avanti da almeno cinque anni”. Di arresti la polizia e i carabinieri ne fanno tanti, peccato che spesso vengano vanificati in breve tempo. Ogni operazione si trasforma in una “goccia nel mare”: chi viene fermato per motivi di droga poche ore dopo è già libero e torna in Gad come se nulla fosse. “È la norma”, dice Marinai. E c’è un motivo.

Da quando gli immigrati (molti richiedenti asilo, altri irregolari) hanno “preso casa” in quella zona di Ferrara le grandi dosi di coaina o eroina “le tengono negli appartamenti”. Non più in tasca. “Quando li catturiamo – spiega l’agente – li troviamo con addosso solo pochi grammi di droga”. In questo modo, il reato che si configura è quello di possesso e spaccio “di modica quantità”, un “reato minore” che “non prevede il carcere”. È problema di legge, non di giudici. Il traffico si è evoluto, ma la normativa è rimasta “indietro”. Così il risultato è lo stesso: i migranti tornano sempre in Gad liberi di portare avanti la loro attività criminale.

Impossibile fare un blitz negli appartamenti. “Non si riesce a capire dove vivono e così una perquisizione è difficile da realizzare”, spiega Marinai. Basterebbe chiederlo a loro, ma “fingono di non ricordarsi e non si possono mica

Continua qui. http://www.ilgiornale.it/news/cronache/noi-agenti-4-i-nigeriani-40-cos-fanno-guerra-stato-1646791.html

 

 

 

 

 

 

MAFIA NIGERIANA: “SACRIFICI UMANI SUI BARCONI”

12 febbraio 2019

Il reporter Claudio Bernieri, esperto di mafia nigeriana, ha inviato a Vox l’intervista al prof. Vincenzo Musacchio, che dirige sua scuola itinerante, “scuola di Legalità Don Beppe Diana”. Presidente e direttore scientifico dell’Osservatorio Regionale Antimafia del Molise, docente di diritto penale e criminologia in varie Università italiane ed estere tra le quali l’Alta Scuola di Formazione della Presidenza del Consiglio in Roma, il prof. Musacchio forse è lo studioso ed esperto di criminalità organizzata più adatto a spiegare il caso Pamela.

 

Nell’intervista, Bernieri rivela la testimonianza di alcune prostitute nigeriane arrivate coi barconi: sacrifici umani della mafia nigeriana, praticati sui barconi per ‘ingraziarsi gli dei’.

“Tiene corsi sull’ Ascia Nera, professore?

“Sappiamo bene cos’è la Black Axe. Ha di fatto, introdotto in Italia il business del traffico di esseri ed organi umani. Nasce in ambito universitario nel 1970. Con la fusione di varie confraternite, questi gruppi sono divenuti sempre più violenti. Negli anni Novanta si ha l’espansione al di fuori delle Università e con i grandi flussi migratori arrivano in Europa e in Italia ed entrano a pieno titolo tra i grandi trafficanti internazionali di droga”.

“Come arrivano gli affiliati della mafia nigeriana in Italia? Via mare? Via aerea?”

“Certamente arrivano via mare ma anche via aereo. La Dia nella sua ultima relazione semestrale conferma che in Italia opera il clan nigeriano chiamato Black Axe e che sia una consorteria a struttura mafiosa. I gruppi nigeriani, grazie ad una struttura reticolare distribuita su tutto il mondo, riescono a garantirsi, all’origine, l’acquisto delle sostanze stupefacenti. Altrettanto articolate e connotate da particolare violenza, aggiunge la Dia, sono risultate poi le modalità con le quali viene gestita la tratta di persone, la prostituzione e il traffico di organi umani.

“Alcune prostitute nigeriane dicono che sui gommoni vengono praticati sacrifici umani per ingraziarsi gli dei del mare in tempesta… è possibile?”

“L’uso di ritualità magiche e di riti tribali, essendo la simbologia un elemento fondamentale dell’organizzazione mafiosa, è ormai un dato assodato anche in sede giudiziaria. Chi afferma non esistano, non conosce a fondo la mafia nigeriana. Del resto, l’accertamento di simili pratiche potrebbe facilmente appurarsi con le testimonianze delle povere vittime della tratta di persone e di organi umani. I riti voodoo, ad esempio, servono a mantenere legate soprattutto le donne, merce da strada per il sesso a pagamento a costi bassissimi”.

“Cosa sono allora i culti che legano gli affiliati nigeriani alla organizzazione?”

“Come ho detto prima il vincolo associativo è esaltato da una forte componente mistico-religiosa. Uno dei riti di iniziazione più frequenti è il sottoporsi a frustate da parte del Capo dell’organizzazione. Gli affiliati devono obbedienza assoluta al Capo e devono accettare l’ampia discrezionalità nella decisione di sanzioni che vanno da brutali pestaggi e frustate, sino al taglio a colpi di machete di parti del corpo (dita, mano, fino al taglio della testa per chi tradisce)”.

“Cannibalismo e riti tribali…le risulta? Caso Pamela: come spiega che la povera ragazza sia stata disossata e dissanguata da un chirurgo esperto? A quale scopo? Non si trova il collo… come mai?”

“Su questo caso non ho conoscenze specifiche ma credo che si sia trattato di un evento che purtroppo si collega a prassi che nella mafia nigeriana usa spesso, come ad esempio, lo smembramento della vittima. Nella cultura mafiosa nigeriana mangiare, ad esempio, il cuore della vittima simboleggia forza, potere, coraggio. Non ritengo che possa essere coinvolto un chirurgo esperto e lo smembramento probabilmente serviva a incutere terrore nei testimoni e a occultare meglio il cadavere.”

“Quali sono i rapporti tra mafie tradizionali, presenti sul nostro territorio, e questa ultima organizzazione?

“Cosa Nostra in questo periodo collabora con la mafia nigeriana, creando un circuito criminale chiuso in cui molti migranti nigeriani restano intrappolati. Anche la Campania, e nello specifico la zona di Castel Volturno, ad esempio, sta diventando parte di quest’orribile circuito perverso. In Sicilia, Ballarò, una piccola area di mercato, è diventata una roccaforte della mafia nigeriana enormemente redditizia poiché consente alla stessa spacciare droga e di esercitare la prostituzione. Recentissima è anche la collaborazione tra la mafia foggiana e garganica e clan nigeriani. Quest’ultima collaborazione produce frutti nel lavoro nero in agricoltura (caporalato) e nella prostituzione a basso costo. Per quanto riguarda i minori, la mafia nigeriana fornisce “il materiale” per il settore dei trapianti clandestini, in massima parte con eliminazione del “donatore”. I nigeriani uccidono i bambini per asportare i loro organi, spesso, i minori sono presi dalle famiglie giustificando tale condotta criminosa come uccisioni sacrificali o casi di magia nera. Le loro carcasse svuotate degli organi sono seppellite nelle campagne all’interno di fosse comuni.”

“Ma è un fenomeno italiano o internazionale?

“Ogni anno nel mondo 60.000 bambini sono utilizzati nel traffico di organi umani, fruttando un miliardo e mezzo di dollari. Di essi un terzo è gestito dalla mafia nigeriana. Eppure, si nasconde, si minimizza, si nega. Perché? Di certo spinti dal bisogno economico intere famiglie, hanno lasciato la Nigeria e la loro rete di parenti per venire sulle rive dell’Europa, dove non hanno protezione e nessuna prospettiva di lavoro. Il traffico di organi lega indissolubilmente insieme la mafia nigeriana, cui spetta il procacciamento delle vittime e lo “smaltimento dei rifiuti”, e le persone cd. “perbene”.

 

“Chi esegue l’espianto e il trapianto?

“Certamente chirurghi esperti in cliniche attrezzate. Occorrono medici, anestesisti, infermieri. Ci vogliono complici nelle istituzioni, perché una clinica non può funzionare senza di esse, tantomeno una clinica dove si fanno trapianti. Ci sono, infine, i ricchi fruitori dei trapianti clandestini. Gente stimata, rispettata, di successo, che può spendere centinaia di migliaia di euro per il trapianto e che è totalmente priva di scrupoli: la parte peggiore di tutto quest’orrore. Credo che su questo fronte convenga impegnarsi di più e in maniera concreta, particolarmente in collaborazione con la società civile, l’associazionismo – da sempre sul fronte del contrasto alle mafie – per evitare che, un domani non troppo in là da venire, ci possiamo trovare tutti a piangere sul troppo tempo sprecato senza neppure la minima forza di reagire. Di fronte a quest’orrore non ci si può fermare, bisogna continuare a tenere la guardia alta”.

“Ma alcuni giornalisti in Campania e lo stesso sindaco di Castel Volturno, affermano che il traffico di organi umani sia una fake news. Non esisterebbe a Castelvolturno …”

“Sul fatto che i trapianti non si facciano a Castel Volturno credo sia un dato certo. Altrettanto certo è che a Castel Volturno come in altri posti dove regna la mafia nigeriana vi sia il materiale primo per fornire gli organi umani. Quest’ultima affermazione si fortifica oggettivamente laddove si sa per certo che in quel Comune, ad esempio, vi sono circa quindicimila nigeriani in gran parte clandestini. Del resto è la stessa magistratura a confermare che il traffico di organi umani è altissimo in Nigeria e ha il suo mercato e la sua materia prima in Europa , Italia compresa. Perché Castel Volturno dovrebbe essere esclusa?

“Ma dove sarebbero queste cliniche? Sul litorale Domiziano? A Napoli? Finora nessuno le ha trovate”

“No, le cliniche sono nei centri attrezzati o all’estero. Alcune le hanno persino trovate e distrutte come quella del medico tedesco che dirigeva la clinica dell’UCK, nel Kossovo.. e lavorava persino in Germania. Tra i fornitori di organi umani vi erano gli indiani, i pakistani e i nigeriani

 

Continua qui. https://voxnews.info/2019/02/12/mafia-nigeriana-sacrifici-umani-sui-barconi/

 

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

Le radici sataniche del rock

Donald Pahu

Un’immagine presa dal film d’animazione psichedelico Yellow Submarine (1968). Lennon fu il primo ad introdurre nel mondo del rock il gesto della mano cornuta.

 

Nonostante siano ormai più di trenta gli anni che ci separano dal burrascoso 1968, la stragrande maggioranza delle persone non ha ancora compreso appieno l’enorme portata di quell’evento in termini di cambiamento radicale di mentalità e di costumi. Il periodo successivo a quella fatidica data, nel quale tutt’ora viviamo, è stato caratterizzato dalla lenta ma progressiva metabolizzazione da parte della società occidentale degli «ideali» e dei «valori» partoriti dal movimento sessantottino. E chi potrebbe negare che campagne di quegli anni, come ad esempio quella in favore della rivoluzione sessuale (pansessualismo, rivendicazioni omosessuali, scambio dei ruoli tra i due sessi, mode indecenti, libertà di contraccezione, di aborto, di divorzio, ecc…), o della rivoluzione psichedelica (libertà di modificare i propri stati di coscienza alterandola mediante l’uso di sostanze chimiche, legalizzazione delle droghe dette «leggere», ecc…) oggi siano ormai state quasi completamente accolte dalla nostra società? E del resto, come non vedere che i rapporti gerarchici all’interno di ciò che oggi resta dell’istituto familiare o di quello scolastico sono stati guastati dal virus della ribellione a qualsiasi forma di autorità nato in quegli anni? Eppure, malgrado il bilancio tragicamente negativo del ’68, molte persone – tra cui anche tanti cattolici ingenui – tendono ad operare una sorta di artificiosa dicotomia separando gli eccessi del ’68 dallo slancio idealistico in favore dell’amore universale tra i popoli, della pace e della libertà, ritenuto indubbiamente positivo.

Costoro non si avvedono del fatto che le ultime e logiche conseguenze di queste rivendicazioni, apparentemente buone, sono inscindibilmente legate e sono servite da paravento alle rivoluzioni tutt’altro che idealistiche sopra citate, le quali sono le responsabili dell’attuale dissolvimento e decadenza che affligge la nostra società. Quanto poi alla tanto declamata spontaneità della rivolta giovanile, oltre alla lettura delle pagine che seguono, vorremmo ricordare l’enorme supporto fornito a tale rivolta dal noto filosofo di sinistra Herbert Marcuse (1898-1979), l’inventore e l’animatore della contestazione studentesca, dalla Scuola di Francoforte e da tanti politici italiani che oggi siedono nei posti di quello che un tempo era l’odiato potere. Quale che sia il ruolo svolto dalla musica in questo contesto storico non sfugge a nessuno.

Essa è stata il potente catalizzatore mediatico di una trasformazione sociale senza precedenti. Il «messaggio d’amore» (in realtà sovversivo e nichilista») dei «figli dei fiori», antesignani del movimento New Age, è stato messo in musica (e molto spesso anche incarnato) da popstarcome Bob Dylan, Joan Baez, Jim Morrison, Jimi Hendrix e tanti altri.Il risultato di tale connivenza è la distruzione morale (e spesso anche fisica) di un’intera generazione, abbindolata da chimeriche promesse di un «mondo migliore» che non è mai arrivato perché utopistico. Sullo sfondo di questo scenario tutt’altro che promettente, si delinea il profilo di chi sta dietro le quinte, a cominciare dalla CIA che proprio negli anni della «guerra fredda» iniziò, nel quadro della sperimentazione di armi chimico-psicologiche alternative alla bomba termo-nucleare, a testare l’effetto dell’LSD e di altre droghe sugli hippies e su tanti altri «sognatori» che inseguivano paradisi artificiali nell’inferno della droga. Il cerchio si chiude con il risveglio dell’interesse per l’occultismo e per Satana proprio di quell’epoca, di cui si sono fatti portavoce per primi iRolling Stones, seguiti da una serie infinita di bands heavy e death metal in auge anche ai nostri giorni. D’altronde, è proprio in quel periodo che si inizia a parlare di un Nuovo Ordine Mondiale, di una «Nuova Era», quell’Acquario, che dovrebbe subentrare all’Era cristiana intronizzando Dioniso, il dio dell’ebbrezza e dell’orgia, al posto di Gesù Cristo, l’Uomo-Dio, l’unica speranza di salvezza per il nostro disperato pianeta.

Prologo

Oggi, è ormai una cosa normale che nel corso di un concerto di musica heavy metal, il pubblico venga esortato a stuprare e ad assassinare nel nome di Satana. Testi come il seguente, estratto dal brano Demons («Demoni»), dei Rigor Mortis, dall’album omonimo, sono tipici:

 

We come bursting through your bodies

Rape your helpless soul

Transform you into a creature

Merciless an cold

We force you to kill your brother

Eat his blood and brain

Shredding flesh and sucking bone

Till everyone’s insane

We are pestilent and contaminate

The world demonic legions prevail».

Noi ci apriremo un varco attraverso i vostri corpi

Stupreremo la vostra anima indifesa

Vi trasformeremo in una creatura

Spietata e fredda

Vi costringeremo ad uccidere vostro fratello

A mangiare il suo sangue e il suo cervello

A ridurre in brandelli la sua pelle e a succhiare le sue ossa

Finché tutti saranno pazzi

Noi siamo pestilenti e contaminati

Il mondo delle legioni demoniache prevale 2.

 

A sinistra: la thrash metal band texana Rigor Mortis. A destra: la raccapricciante cover del loro album Rigor Mortis.

 

Qualsiasi genitore inorridirebbe o rimarrebbe disgustato se sapesse che i suoi figli o le sue figlie stanno ascoltando un simile concentrato di malvagità. Tuttavia, alcuni potrebbero pensare tra sé e sé: «Ah, se solo potessimo tornare ai bei tempi andati, quando si ascoltava la musica dei Beatles». Poche persone sanno che fu proprio con gli «innocenti e puliti» Beatles che i guai cominciarono. La musica moderna elettronica, inaugurata agli inizi degli anni ’60, è – ed è sempre stata – una creatura partorita dai Servizi segreti militari britannici e delle sette sataniche.

Da una parte, i satanisti controllano la maggior parte dei gruppi rock attraverso le droghe, il sesso, le minacce di violenza e perfino l’assassinio. Dall’altra, la pubblicità, le tournée e i dischi vengono finanziati da compagnie strettamente collegate a circoli legati ai Servizi segreti militari inglesi. Entrambe le parti sono intimamente connesse con le più grandi società d’affari del mondo e con il commercio internazionale della droga. Le cosiddette rockstar non sono nient’altro che patetici burattini al servizio di un disegno molto più vasto. Dal momento in cui percepiscono i loro primi diritti d’autore per i dischi venduti, i gruppi vengono pesantemente coinvolti nel consumo di droghe. Ad esempio, star molto ammirate come John Lennon (1940-1980), dei Beatles, o Keith Richards dei Rolling Stones erano eroinomani.

Per ottenere un visto che gli permettesse di entrare negli Stati Uniti, Richards ha dovuto sostituire interamente il suo sangue corrotto dall’eroina sottoponendosi ad un ciclo di trasfusioni 3. Inoltre, le stelle del rock sono delle creazioni totalmente artificiali dei media. La loro immagine pubblica, così come la loro musica, viene costruita dietro le quinte da «supervisori». Ad esempio, quando nel 1964 iBeatles si recarono per la prima volta in tournée negli Stati Uniti, essi vennero assaliti all’aeroporto da centinaia di ragazze che urlavano come indiavolate.

La stampa nazionale annunciò immediatamente che la «beatlemania» aveva invaso il Paese. In realtà, le ragazze provenivano tutte da una scuola femminile del Bronx, ed erano state pagate per la loro prestazione dai promotori dei Beatles. Anche il denaro incassato dai gruppi rock degli anni ’60, che in alcuni casi ammontava ad alcune centinaia di milioni di dollari, era totalmente sotto il controllo degli stessi promotori che organizzavano la clap durante le tournée. Dal 1963 al 1970, i Rolling Stones guadagnarono oltre 200 milioni di dollari; malgrado ciò, i membri della nota banderano quasi sul lastrico. Nessuno di loro aveva la benché minima idea di dove andassero a finire i soldi.

Tra il 1963 ed il 1964, i Beatles e i Rolling Stones misero sotto assedio l’Occidente europeo e la cultura statunitense. Questa bifida invasione proveniente dall’Inghilterra venne pianificata e calcolata fin nei minimi dettagli. L’America era appena uscita dallo shock causato dall’assassinio del Presidente John Fitzgerald Kennedy (1917-1963), mentre le strade di Washington D.C. erano state da poco invase da oltre 500.000 persone aderenti alla manifestazione indetta dal Movimento per i Diritti Civili e guidata da Martin Luther King (1929-1968). La controcultura rock sarebbe stata usata come arma per distruggere movimenti così specificatamente politici. Più tardi, nel periodo 1968-1969, anni che videro una serie di scioperi in massa organizzati dagli studenti e dai lavoratori negli U.S.A. e in Europa, enormi concerti rock dal vivo vennero usati per deviare il crescente malcontento tra la popolazione. Tali concerti furono concepiti come mezzi per il reclutamento di massa nella tossicodipendenza e nella controcultura del sesso libero. Per i milioni di individui che si recarono a questi concerti, migliaia di pasticche di droga allucinogena – l’LSD – vennero messe liberamente in circolazione.

Queste stesse droghe vennero segretamente addizionate a bevande come la Coca-Cola, trasformando migliaia di vittime ignare in psicotici deliranti, molti dei quali si suicidarono. Meno di mezzo secolo fa, i nostri giovani studiavano violino o pianoforte, imparando i grandi compositori classici come Bach, Mozart e Beethoven. Come mostreremo, le stesse case discografiche che oggi promuovono il satanico heavy metal, hanno operato in modo dissimulato per distruggere l’eredità musicale lasciataci da questi grandi compositori. In questi ultimi quarant’anni, la società occidentale è stata al centro di un piano deliberato di guerra culturale con lo scopo, come ben sappiamo, di distruggere la civiltà cristiana. Questo piano non deve assolutamente riuscire. Affinché il lettore possa combattere questo male, ritorneremo con la memoria a quasi quarant’anni fa, quando quei quattro giovanotti di Liverpool, i Beatles, erano agli inizi della loro carriera.

La creazione dei Beatles

I Beatles iniziarono a suonare alla fine degli anni ’50 in jazz club in Inghilterra e nella Germania Ovest. Questi club, sempre situati nei quartieri più malfamati delle città, erano dei mercati della prostituzione e dei punti di vendita della droga. Il biografo dei Beatles Philip Norman scrive: «Il loro unico ingaggio regolare era un club di strip-tease. Il proprietario del club li pagava dieci scellini a testa per strimpellare le loro chitarre mentre un’arcigna spogliarellista di nome Janice si liberava dei suoi vestiti di fronte ad un pubblico di marinai, loschi uomini d’affari e habitué coperti dal loro tipico impermeabile chiuso» 4. Il gruppo ebbe la sua prima vera opportunità in Germania, nell’agosto del 1960, quando ottennero la loro prima scrittura in un noto jazz club di Amburgo, nel quartiere di Reeperbahn.

Descrivendo la zona, Norman annota che essa aveva finestre «rosse illuminate in cui si vedevano prostitute agghindate con diversi tipi di costume e di tutte le età, dalla ragazzina alla nonna […]. Tutto era gratis. Tutto era facile. Il sesso era facile […]. Non dovevi nemmeno cercarlo» 5. Anche durante i loro primi spettacoli, i Beatles, ancora lontani dalla loro immagine innocente, erano sempre sotto l’effetto di una droga denominata Preludin: «John (Lennon) stava schiumando dalla bocca. Aveva ingerito un sacco di pillole […]. Egli iniziò ad arrabbiarsi sul palcoscenico, camminando in modo baldanzoso o strisciando. Siccome il pubblico non capiva una sola parola di quello che diceva, John iniziò ad urlare frasi come “Sieg Heil” o “fottuti nazisti”, alle quali il pubblico rispose ridendo ed applaudendo» 6.

 

I Beatles esibiscono con orgoglio le loro droghe preferite. Quella che tiene tra le dita il batterista Pete Best (vedi ingrandimento), al quale subentrò in un secondo tempo Ringo Starr, è il Preludin.

Giù dal palcoscenico i Beatles si comportavano in modo malvagio. Racconta Norman che ad Amburgo, «ogni domenica John stava in piedi sul balcone schernendo i fedeli che si recavano alla chiesa di San Giuseppe. Egli riempì un preservativo d’acqua, lo dipinse con l’effigie di Gesù e lo espose in modo che i fedeli lo potessero vedere. Una volta urinò anche sulla testa di tre suore» 7. Mentre erano ancora ad Amburgo, nel giugno del 1962, i Beatles ricevettero un telegramma dal loro manager, un omosessuale di nome Brian Epstein (1934-1964), in cui gli diceva di tornare immediatamente in Inghilterra. «Congratulazioni – scrisse Epstein – la EMI vi offre un provino».

La EMI era una delle più prestigiose case discografiche d’Europa, e il suo ruolo nel promuovere in futuro i Beatles sarebbe stato determinante. Sotto la guida severa del direttore di registrazione della EMI George Martin, e di Brian Epstein, i Beatles vennero ripuliti, lavati e i loro capelli vennero tagliati nella tipica foggia beatlesiana. Martin creò i Beatles nella sua sala d’incisione. Egli era un qualificato musicista classico e aveva studiato oboe e pianoforte alla London School of Music. I Beatles non riuscivano a leggere la musica e non sapevano suonare altro strumento che la chitarra. Per Martin, l’abilità musicale dei Beatles lasciava abbastanza a desiderare.

Durante la loro prima registrazione importante, per il brano Love Me Do («Amami davvero»), Martin decise di sostituire Ringo Starr alla batteria con un musicista di studio. «Martin – disse poi Ringo – non voleva che fosse un rullio (di tamburo) a rovinare tutto quanto». Da quel momento, egli iniziò ad ascoltare i piccoli e semplici motivetti che i Beatles avevano ideato e iniziò a trasformarli in brani di successo.

Sir Lookwood e la EMI

La EMI, amministrata dall’aristocratico Sir Joseph Lockwood (1904-1991), vendeva apparecchiature elettriche e meccaniche, ed era uno dei maggiori produttori di strumentazioni elettroniche militari. Martin era direttore della Parlophone, una società controllata dalla EMI. A partire dalla metà degli anni ’60, la EMI – successivamente denominata Thorn EMI – creò un proprio settore musicale che in poco tempo contava già 74.321 impiegati e un fatturato annuo pari a 3,19 miliardi di dollari. La EMI era anche un membro-chiave dell’establishment dei Servizi segreti militari britannici. Nel 1945, dopo la guerra, il responsabile per la produzione europea della EMI Walter Legge (1906-1979) prese il controllo della produzione di musica classica assumendo dozzine di musicisti e cantanti classici tedeschi alla fame. Alcuni musicisti che cercarono di preservare l’interpretazione tradizionale di Beethoven e di Brahms vennero relegati nell’oscurità, mentre vennero preferiti ex membri del Partito Nazionalsocialista. Legge ingaggiò l’ex nazista Herbert Von Karajan (1908-1989) promuovendolo allo status di divo, mentre grandi direttori d’orchestra, come Wilhelm Furtwängler (1886-1954), furono ignorati. Fin dall’inizio, la EMI creò il mito della grande popolarità dei Beatles. Nell’agosto del 1963, in occasione della loro prima apparizione televisiva al London Palladium, migliaia di loro fans sembravano in delirio.

Il giorno successivo, ogni quotidiano inglese a grande tiratura riportava in prima pagina una fotografia e il resoconto del concerto affermando: «La polizia ha faticato a contenere oltre mille adolescenti che strillavano come forsennati». Tuttavia, la fotografia riprodotta in ogni giornale era stata scattata così da vicino che solo tre o quattro degli oltre mille «adolescenti che strillavano come forsennati» erano visibili. La storia era una frode. Secondo un fotografo presente al concerto «non ci fu nessun tumulto. Io ero lì presente. Non ho visto più di otto ragazze, e forse anche meno» 8. Nel febbraio del 1964, il mito dei Beatles colpì anche gli Stati Uniti, con tanto di sommossa orchestrata e inscenata all’aeroporto Kennedy. Per lanciare il loro primo tour, i media crearono il più grande uditorio di massa della Storia.

Per due domeniche di fila – fatto senza precedenti – nel corso dell’Ed Sullivan Show più di settantacinque milioni di americani li videro scuotere le loro teste e ondeggiare i loro corpi in un rituale che in un non lontano futuro sarebbe stato ripetuto da centinaia di gruppi rock. Tornati in Gran Bretagna, i Beatles furono rimunerati da quell’aristocrazia che avevano servito così bene. Nell’ottobre del 1965, i quattro vennero investiti dell’Order of Chivalry («Ordine della Cavalleria») e ricevettero il riconoscimento di Membri dell’Impero Britannico dalle mani di Sua Maestà la Regina Elisabetta IInel corso di una cerimonia svoltasi a Buckingham Palace.

Usciti dalla feccia: i Rolling Stones 

Lo sfacciato e satanico heavy metal dei nostri giorni deriva direttamente da un gruppo inglese: i Rolling Stones. La loro scalata al successo è intimamente legata a quella dei Beatles. Gli Stones – come venivano chiamati – furono largamente descritti come gli antagonisti dei Beatles. Gli Stones erano «cattivi», «sporchi» e «ribelli», mentre i Beatles erano «persone dall’aspetto curato», i «favolosi quattro». Sebbene apparentemente in concorrenza, in realtà essi erano i due aspetti di una medesima operazione. Il primo brano di successo degli Stones fu scritto dai Beatles, e fu il beatleGeorge Harrison (1943-2001) che organizzò gli accordi per il loro primo contratto discografico.

Seguendo lo stesso copione disposto per i Beatles, nella primavera del 1964 gli Stones apparvero in uno dei più popolari show televisivi britannici a carattere familiare: Thank Your Lucky Stars(«Ringrazia le tue stelle fortunate»). Solo che questa volta le reazioni degli spettatori di età media furono assai diverse da quelle destate dai Beatles. Arrivarono centinaia di lettere di protesta contenenti frasi del tipo: «È vergognoso che a zoticoni capelluti come questi sia permesso di apparire alla televisione. Il loro aspetto era assolutamente disgustoso». Il programma ottenne comunque l’effetto desiderato che era stato pianificato. Il manager dei Rolling Stones, Andrew Oldham, rispose a queste critiche in modo euforico e disse al gruppo: «Io farò di voi il contrario di quei graziosi, puliti e ordinati Beatles. E se la maggior parte dei genitori vi odierà, molti più ragazzi vi ameranno. Aspettate solamente e vedrete» 9.

Nel 1964, gli Stones apparvero all’Ed Sullivan Show, come avevano fatto i Beatles qualche tempo prima. Ma questa volta il pubblico statunitense vide lo spettacolo dei fans mentre riducevano a brandelli i vestiti degli Stones. Al termine della trasmissione, Ed Sullivan (1901-1974) disse: «Ve lo prometto: non torneranno mai più nel nostro show». La pubblicità, comunque, fu quella che si voleva ottenere. Dopo alcuni mesi il gruppo vendette milioni di copie di dischi. Il piano era ora quello di usare i Beatles e i Rolling Stones come strumenti per trasformare un’intera generazione in pagani seguaci del New Age, seguaci da poter modellare e inserire in un futuro quadro di un movimento satanico, e successivamente schierare nelle scuole, in organi legislativi e nelle alte sfere del mondo politico.

Arriva Satana

Nel suo libro The Ultimate Evil («Il male estremo»), lo scrittore-investigatore Maury Terry scrive che tra il 1966 e il 1967 la sètta satanica The Process Church tentò di reclutare i Rolling Stones e i Beatles. Durante questo periodo, Terry racconta che una fotografia della cantante Marianne Faithfull, amica di vecchia data del leader dei Rolling Stones Mick Jagger, apparve in un numero diThe Process Magazine, la rivista ufficiale della summenzionata sètta. Nella fotografia, la Faithfull appare supina, come morta, mentre stringe tra le mani una rosa. Il libro di Terry continua parlando del coinvolgimento di The Process Church negli omicidi multipli perpetrati da Charles Manson e dalla sètta satanica Son of Sam. Il punto di collegamento tra i Rolling Stones e The Process Church fu il regista underground Kenneth Anger, un seguace del «padre fondatore» del satanismo moderno, il mago nero Aleister Crowley. Nato nel 1930, Anger, che da bambino era stato una star di Hollywood, divenne un devoto discepolo di Crowley. Quest’ultimo era nato in Inghilterra nel 1875 e si era auto-proclamato «La Grande Bestia 666». Di lui si sa che praticava regolarmente omicidi rituali di bambini in qualità di Gran Sacerdote di Satana o Magus. Egli morì nel 1947 per complicazioni sopraggiunte a causa dell’enorme consumo di morfina che faceva. Prima di morire, Crowley riuscì a fondare molte congreghe sataniche in numerose città americane, compresa Hollywood. Come Crowley, anche Anger è un Magus e sembra essere l’erede diretto del mago nero britannico. Anger aveva diciassette anni quando Crowley morì. In quello stesso anno – il 1947 – Anger stava già producendo e girando lungometraggi che, anche per gli standard di oggi, puzzano di male allo stato puro. Negli anni 1966-1967, mentre The Process Church cercava adepti in Gran Bretagna, anche Anger era sulla scena. Lo scrittore Tony Sanchez dice che gli Stones Mick Jagger e Keith Richards, insieme alla loro amica Marianne Faithfull e all’attrice tedesca Anita Pallenberg, «ascoltavano così affascinati Anger, che questi riuscì a convincerli dei poteri e delle idee di Crowley» 10. Nel frattempo, Anger stava lavorando in Inghilterra ad un film dedicato ad Aleister Crowley dal titolo Lucifer Rising («L’ascesa di Lucifero»). La pellicola coinvolse The Process Church, la sètta The Family (guidata da Charles Manson) e i Rolling Stones. La colonna sonora del film fu affidata a Mick Jagger. L’adepta di The Process Church Marianne Faithfull girò in lungo e in largo l’Egitto per poter girare una rappresentazione nel film della messa nera. La parte di Lucifero venne affidata al chitarrista rock californiano Bobby Beausoleil.

Quest’ultimo era un adepto della Family di Manson e l’amante di Anger, notoriamente omosessuale. Alcuni mesi dopo aver girato in Inghilterra un film diretto da Anger, Beausoleil ritornò in California per commettere il primo di un lunga serie di orrendi omicidi di cui si macchiò la Family di Manson. Beausoleil venne poi arrestato e, come Manson, condannato all’ergastolo. Avendo perso il suo attore principale, Anger chiese a Jagger di interpretare il ruolo di Lucifero. Alla fine, la parte venne affidata ad Anton Szandor LaVey (1930-1997), autore di The Satanic Bible («La Bibbia satanica»; Ed. Avon, New York 1969) e fondatore della Church of Satan («chiesa di Satana»).

Il film uscì nel 1969 con il titolo Invocation To My Demon Brother («Invocazione al mio fratello demonio»). A Londra, Anger era riuscito ad arruolare nel satanismo Anita Pallenberg, la girlfriend di uno degli Stones. La Pallenberg aveva incontrato gli Stones nel 1965. Essa aveva immediatamente iniziato ad avere una relazione sessuale con tre dei cinque componenti della band. Parlando di Anita, Anger ebbe a dire: «Io credo che Anita sia – in mancanza di un termine migliore – una strega […]. Il nucleo occultista all’interno degli Stones è formato da Keith, Anita… e Brian. Si

 

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ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Moody’s vede nero per l’Italia: “Si rischiano nuove elezioni”

L’agenzia: “Riforme rimandate, il Paese non crescerà”. Tornano a fare paura spread e aumento del debito

Rodolfo Parietti – Ven, 15/02/2019

Il consiglio: meglio non smantellare i seggi, dopo il voto di primavera per le europee; le urne potrebbero ancora servire, perché il rischio di elezioni anticipate è in Italia «significativo».

La previsione: nel 2019 il Pil tricolore non andrà oltre una crescita compresa tra lo 0 e lo 0,50%. Se non proprio recessione, stagnazione. Moody’s infila gli occhiali scuri, in attesa di emettere in marzo la valutazione sulla nostra affidabilità finanziaria. Il rating tricolore non sembra correre il pericolo di un nuovo taglio, dopo quello subìto lo scorso ottobre (a «Baa3»), ma l’agenzia Usa mette in guardia dalle ripercussioni che potrebbero derivare da provvedimenti di politica economica insufficienti e da un impianto complessivo della manovra ancora carente sotto il profilo delle riforme strutturali.

Il punto viene fatto da Kathrin Muehlbronner, senior vice president e lead analyst per l’Italia di Moody’s, a margine della Credit Trends Conference. Il lead è la robusta revisione al ribasso delle stime sull’espansione per l’anno in corso, fissate lo scorso novembre a +1,3%. Se il rallentamento della congiuntura globale ha inciso sulla revisione, allargando la forbice rispetto al +1% prospettato dal governo, a pesare è stato anche il fatto che «le misure di riforma sono state rimandate, e questo non è positivo». Invece, occorrerebbe mettere le mani sugli ingranaggi che regolano il mercato del lavoro, la competitività, il sistema giudiziario: l’Italia «ne ha bisogno da molto tempo», spiega Muehlbronner. Moody’s, però, non butta via tutto ciò che finora ha approvato l’esecutivo giallo-verde. Viene per esempio salvata la semplificazione fiscale voluta dalla Lega e il piano di investimenti pubblici, mentre la riforma delle pensioni è vista negativamente. In ogni caso, «non c’è nulla nel programma di governo che modifichi le prospettive di crescita».

In prospettiva, poi, la situazione potrebbe peggiorare. Soprattutto se il voto europeo dovesse cambiare gli attuali equilibri interni alla maggioranza. A quel punto, spiega l’economista dell’agenzia di rating, si presenterebbe «un significativo rischio di elezioni anticipate in Italia». Tornare alle urne non sarebbe indolore: l’instabilità potrebbe di nuovo spingere verso l’alto lo spread tra i Btp e i Bund tedeschi (ieri in risalita a 270 punti, con i rendimenti decennali sopra il 2,80%), con ciò creando tensioni sulle prossime emissioni del Tesoro, allargando il disavanzo

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BELPAESE DA SALVARE

Anche il Papa attaccato sui social: “I migranti e rifugiati accoglili tu in Vaticano”

Insulti e invettive sotto il post pubblicato sul profilo Twitter del Pontefice in cui invitava alla solidarietà verso i migranti

17 giugno 2018                      RILETTURA, LA SITUAZIONE NON È CAMBIATA

ROMA – Alla barbarie di messaggi di hater sui social non sfugge nemmeno il Papa. I commenti a un tweet pubblicato dall’account ufficiale di Bergoglio – in cui invita all’accoglienza e alla solidarietà linkando un’iniziativa della Caritas, Gwa18, che propone di donare un pasto o dare ospitalità a migranti e rifugiati – sono quasi tutti dello stesso tenore: “Ospitali tu in Vaticano” fino a “Pensa anche agli italiani, non solo agli immigrati”.

La stessa ‘rivolta’ sui social si era scatenata nei giorni scorsi quando il Cardinale Ravasi, citando un passo del Vangelo ‘Ero straniero e non mi avete accolto’, per esprimersi sulla vicenda della nave Aquarius e sulla chiusura dei porti decisa dal ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini, è stato sommerso di insulti.

C’è chi come l’utente Anna Visconti, con bandierina italiana vicina al nome, suggerisce al pontefice di portarsi i clandestini in Argentina, la sua vera Patria e non in Italia. Chi invece chiede di accoglierli in Vaticano ‘perché voi della Chiesa predicate bene e razzolate male’.

Te li porti in Argentina, nella tua patria. L’Italia non è la discarica dell’Africa

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https://www.repubblica.it/cronaca/2018/06/17/news/anche_il_papa_attaccato_sui_social_i_migranti_e_rifugiati_accoglili_tu_in_vaticano_-199249261/?refresh_ce

 

 

 

 

Ferrara, guerra dei nigeriani in strada.

Cassonetti rovesciati, minacce ai poliziotti: follia degli immigrati

17 FEBBRAIO 2019

La rivolta dei nigeriani sconvolge Ferrara. Scene di guerriglia urbana nella notte, dopo che intorno alle 21 un immigrato è stato investito in via Po, la famigerata zona Gad in mano agli spacciatori africani, viene investito da una volante delle forze dell’ordine. Trasportato in ospedale di Cona, si sparge la voce che sia morto e qui scatta la rappresaglia.

 

Bande di decine di nigeriani rovesciano i cassonetti in strada, obbligando l’esercito a intervenire per ripristinare l’ordine pubblico. Nonostante si comunichi che il ferito non è in pericolo di vita, i disordini proseguono. “Ci siamo trovati faccia a faccia con circa 100 nigeriani, non è stato facile

 

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CONFLITTI GEOPOLITICI

L’Europa ormai è paralizzata. Governi in crisi e piazze in fiamme

17 febbraio 2019

L’immagine che arriva in queste settimane dai diversi angoli d’Europa non è certamente delle più edificanti. Non c’è un Paese dell’Unione europea che possa dirsi al sicuro da una crisi di governo o da proteste di massa. E da Est a Ovest, le piazze si infiammano e i governi appaiono sempre più fragili. Incapaci di portare avanti la propria agenda e soprattutto pericolosamente inclini a crisi sistemiche e da cui non appaiono mai capaci di uscirne rafforzati.

Le immagini di quanto avvenuto in Albania sono state molto forti. La sede del governo, presa d’assalto nella giornata di sabato, è stato un segnale inequivocabile di quanto il malcontento in Europa stia diventando sempre più violento, feroce. Ma è soprattutto un senso di sfiducia che è sempre più incapace di rimanere incardinato nelle logiche della democrazia liberale. Le strade di Tirana invase da decine di migliaia di manifestanti sono molto simili a quelle che hanno caratterizzato Parigi, ad esempio. I quartieri del centro di Parigi, in questi mesi, sono apparsi non troppo diversi dalle vie della capitale albanese. E i metodi delle proteste sono talmente simili che sembra essersi creato un curioso (e pericoloso) trait d’union fra Paesi e aeree d’Europa che apparivano decisamente distanti sia nei metodi politici che nella cultura democratica.

E invece, l’Europa sta cambiando e sta diventando sempre più evidente questa sorta di unità d’intenti delle popolazioni europee, che hanno intrapreso una strada di rottura e di protesta contro qualsiasi governi e qualsiasi establishment. E queste élite verso cui si rivolge la violenza dei dimostranti sembrano totalmente paralizzate, quasi tramortite da una violenza pura e che ha preso totalmente alla sprovvista le cancelliere d’Europa.

A questa violenza, si contrappone una classe dirigente totalmente incapace di reagire e senza alcuna forza. E i governi iniziano a cadere, come tessere di un domino che sembra non avere fine. Lo ha fatto la Spagna, in cui Pedro Sanchez si è dovuto piegare non solo al voto del Parlamento, ma anche a una piazza che ha dimostrato di non volere più il leader socialista alla guida della Spagna.

Mentre chi non cade, vacilla o rimane in una sorta di lenta agonia, quasi in attesa di un evento (probabilmente le europee) o della fine della legislatura. L’esempio del Regno Unito, in questo caso, è lampante. La Brexit ha lasciato Theresa May priva di qualsiasi tipo di credibilità internazionale per condurre in porto l’uscita di Londra dall’Unione europea. Ma ha anche dimostrato come, a livello interno, le divisioni iniziano a essere enormi. L’Irlanda del Nord è il terreno di scontro di un Regno che appare sempre più disunito. E il rischio

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CULTURA

Giordano Bruno, maestro di laicità dignità democrazia

L’Associazione Nazionale del Libero Pensiero “Giordano Bruno” come ogni 17 febbraio dalle ore 17.00, organizza in Campo de’ Fiori a Roma la cerimonia e il convegno in onore di Giordano Bruno per tenere vivo il pensiero e l’attualità di questo maestro di libertà, dignità, equità, che con la sua filosofia rivoluzionaria ha portato uno degli attacchi più formidabili al sistema di controllo politico, economico, sociale che ha nel confessionalismo religioso il suo alleato maggiore per creare e mantenere soggezione e rassegnazione.

 

Maria Mantello – 16 febbraio 2019

 

«È stoltissimo credere per abitudine, è assurdo prendere per buona una tesi perché un gran numero di persone la giudica vera», era solito affermare Giordano Bruno.
Ed era la premessa per denunciare con forza l’abitudine al conformismo, che imprigiona la mente, che comprime l’intelligenza, che produce rassegnazione, soggezione, obbedienza passiva, riducendo a uno stato di servilismo che schiaccia dignità, autonomia, autodeterminazione.

Un servilismo funzionale a determinare acquiescenza verso chi detiene il potere di controllo politico, economico, sociale.
Contro tutto questo la filosofia di Bruno è un inno alla Libertà che richiede il rigore della conquista individuale e sociale.
Ma la libertà fruttifica solo nella laicità: nemica del dogmatismo, dell’arroganza e del privilegio.

Laicità che chiama all’impegno individuale e sociale per l’affermazione della dignità di ciascuno.
Laicità che è baluardo contro i rapporti gerarchici di potere.
Laicità che vincola lo Stato alla promozione dell’emancipazione dalla sudditanza mentale ed economica (di ciascuno e di tutti) affinché ognuno sia libero e proprietario della sua vita.

Niente è più ambizioso della laicità. La nostra Costituzione non a caso la pone a fondamento della Repubblica. Perché, per uno Stato liberal-democratico, le garanzie di convivenza civile non possono venire da supposte rivelazioni, ma dal patto laico di cittadinanza democratica.

Bruno individua con estrema chiarezza il percorso di liberazione individuale e sociale, e per questo la sua filosofia ha una portata politica formidabile, che ha fatto paura e continua far paura.

Era l’alba di giovedì grasso in quel 17 febbraio del 1600, quando a Piazza Campo dei Fiori Giordano Bruno veniva bruciato vivo.
Il tribunale della Santissima Inquisizione Romana, presieduto dal papa in persona, l’aveva condannato al rogo perché «eretico, impenitente, pertinace», e anche i suoi scritti, posti all’indice dei libri proibiti, venivano dati alle fiamme sulla scalinata della basilica di San Pietro.

Ma chi cercò di liquidare con quel rogo l’uomo e il suo pensiero, non c’è riuscito.
Quel rogo è diventato, infatti, la fiamma della liberazione da dogmi e padroni. E chiama ognuno a costruire un mondo dove la dignità individuale trionfi contro il sopruso.
Giordano Bruno ha lottato contro il dogmatismo, l’opportunismo, la pavidità, la rassegnazione, l’ignavia… che producono -scrive- il «servilismo che è corruzione contraria alla libertà e dignità umana».

La sua rivoluzionaria filosofia faceva paura, fa ancora paura …. perché è dinamite.

– Al principio divino, Giordano Bruno sostituisce la natura: materia madre che non dipende da altri che da se stessa nel suo infinito divenire. Ed è la fine del creazionismo. Quello che ancora oggi dogmatici e reazionari vorrebbero riproporre nell’illusione di oscurare la scientificità del darwinismo, che già Giordano Bruno aveva intuito.
– Alla conoscenza prefissata nel modulo della supposta “anima”, Bruno sostituisce la fisicità della mente – corpo – funzione biologica.
– Contro le morali del precetto, Bruno fonda quella che oggi si chiama etica laica.
– A un’estetica di maniera che ingabbia il pensiero nella pedanteria della regola, Bruno contrappone il “pittore-filosofo”, che espropria all’ombra la realtà… e la definisce … e ridefinisce nella vertigine delle possibilità combinatorie di significato e significante. È la semiologia contemporanea!
– Alla politica del potere di alcuni, Giordano Bruno contrappone una società, dove nessuno sia escluso dal diritto di avere diritti. Dove la dignità è questione politica e sociale.

Giordano Bruno ha alzato la testa. E ci insegna ad alzare la testa per uscire da ogni sudditanza intellettuale, morale, sociale, politica, economica.

Bruno insegna a ribellarci a chi ancora oggi ci vorrebbe «gregge» «asino» «pulcino» «pulledro». Ovvero in uno stato di perenne infantilismo alla ricerca di padri padroni … padreterni, che promettono cieli e miracoli, mentre intanto -scriveva il nostro filosofo- «stabiliscono il mio e il tuo» nelle simoniache alleanze dove sguazzano.

Bruno denuncia i meccanismi psicologici e consolatori, che portano tanti a farsi «guidare -scrive- con la lanterna della fede, cattivando [imprigionando] l’intelletto a colui che gli monta sopra et, a sua bella posta, l’addirizza e guida».

Giordano Bruno odia menzogna e ipocrisia, soprattutto quando vengono da quei molti “intellettuali”, che «vanno a buon mercato come le sardelle, perché come con poca fatica si creano, si trovano, si pescano, cossì con poco prezzo si comprano».
Magari navigano pure nell’oro ma sono corrotti e schiavi: «servi nella libertà, han pena ne i piaceri, son poveri ne le ricchezze e morti ne la vita: perché nel corpo han la catena che le stringe […] ne la mente il letargo che uccide».

Giordano Bruno sbatte in faccia a costoro la responsabilità di tradire il ruolo emancipante della cultura. «La sapienza e la giustizia -scrive nel De immenso et innumerabili bus- iniziarono a lasciare la terra dal momento che i dotti, organizzati in consorterie, cominciarono ad usare il loro sapere a scopo di guadagno. Da questo ne derivò che […] gli Stati, i regni e gli imperi sono sconvolti, rovinati, banditi assieme ai saggi […] e ai popoli».

Bruno denuncia con estrema chiarezza come l’orgia del potere generi corruttela generalizzata: «quel che era già liberale, doviene avar, da quel ch’era mite, è fatto insolente, da umile lo vedi superbo, da donator del suo è rubator ed usurpator de l’altrui, da buono è ipocrita, da sincero maligno […]. Pronto ad ogni sorta d’ignoranza e ribalderia […] che no può essere peggiore».

Bruno denuncia le rendite parassitarie, i privilegi e lo sfruttamento di quanti «dissipano, squartano e divorano»; e chiama all’impegno civico per impedire che a costoro «non gli sia oltre lecito d’occupare con rapina e violenta usurpazione quello che ha commune utilitate».
E il bene comune primario, sappiamo bene, è la salvaguardia della dignità.
E ognuno di noi deve pretendere che non venga mai calpestata. Perché, ci insegna Giordano Bruno. «È la voluntade umana che siede in poppa», ripeteva Giordano Bruno, consapevole che libertà e giustizia non sono un dono, ma conquista civile che chiede impegno, vigilanza … Lotta se occorre.

Bruno spezza i circoli conclusi del ritorno all’identico dell’acquiescienza. La rivoluzione copernicana è il trampolino di lancio per la sua filosofia dell’infinito. Dove, gli individui, fiduciosi nella ragione, nei sentimenti e nelle possibilità e capacità della loro azione, non più «ciechi», non più «muti», non più «zoppi», finalmente non devono più temere di «esplicar gl’intricati sentimenti […] far quel progresso col spirito […] e liberarse da le chimere», perché finalmente «no è più impriggionata la nostra raggione coi ceppi», scrive nella Cena delle ceneri con un linguaggio poetico che è coinvolgente inebriante invito al coraggio di pensare: luce intellettuale che metta in discussione schemi e rapporti di potere consolidati.

Solo in questa prospettiva, secondo Bruno, l’eliocentrismo può essere compiutamente rivoluzionario.
Se la terra gira, infatti, bisogna avere la consapevolezza che «con la terra si muovono tutte le cose che si trovano in terra».
Con l’infrangersi delle muraglie celesti, tutto si dilata, diviene infinito! La Natura, la Vita è infinita trasformazione nel suo particolare caratterizzarsi fenomenico, perché è Essere Tutto, Unico Infinito nella costanza del suo autonomamente farsi, del suo Infinito divenire biologico e storico come il nostro Filosofo argomenta nelle formidabili pagine del De la Causa principio et uno.

Insomma, nell’infinito bruniano niente è eterno e assoluto. Non ci sono verità rivelate che tengano. Non ci sono enti superiori, ma solo la fisicità dell’universale materia-vita che continuamente diviene.
E fisicità è l’essere umano, con le sue funzioni cerebrali e gli atti di volontà che sono fatti concreti con cui struttura se stesso e la società. Azioni-fatti, da analizzare, verificare aggiustare, cambiare (se necessario) a vantaggio del singolo e della collettività.

L’infinito bruniano non solo prospetta quelle che oggi sono acquisizioni scientifiche dell’astrofisica di un cosmo popolato di più mondi e soli, ma offre a ognuno infinite possibilità di stare al mondo come esseri umani liberi e responsabili.
L’umanità allora -scrive Bruno- può smettere di piangere il fatale destino della sua «bassa condizione» e intraprendere il suo volo conoscitivo ed esistenziale assumendosi la responsabilità del suo incidere sugli eventi. Fare storia. Modificare la storia.
E il Nolano chiama ognuno a usare le ali della ragione per sperimentare possibilità di pensare, conoscere, agire al di fuori del pensiero unico, che sogna replicanti di supposte appartenenze identitarie.
E in questo si è maghi. Si è dei a se stessi.

La magia è allora arte della conoscenza, «potenza cogitativa» -afferma Giordano Bruno- per disvelare, scoprire, individuare nessi causali. Per produrre memoria ragionata e sviluppare pensiero problematico. E Bruno ci invita ad addentrarci in sentieri inesplorati, in un continuo processo di trasmigrazioni concettuali, perché –scrive- il pensiero «seleziona», «applica», «forma», «ordina» gli «atomi corporei-mentali».
Un processo dunque tutto fisico, concreto, scientifico, dove la natura risponde ai suoi rapporti causali, alle sue leggi fisiche che non le vengono da altro che da se stessa.
Bruno libera energie per la doverosa azione di ciascuno nel mondo. E lo fa con un linguaggio chiaro e schietto.
Ce n’è abbastanza da far tremare i potenti che sulla terra hanno edificato le gerarchie di potere.

Ecco perché Bruno è scomodo. Ecco perché è stato mandato al rogo.

La sua è una radicale “renovatio”, che non può evitargli lo scontro con il totalitarismo ecclesiastico. Verrà ucciso, lo presagisce e lo denuncia nei suoi scritti. Ma vuole anche con forza, che del suo pensiero rimanga traccia.
Ama la vita, eccome. Ma è meglio morire che vivere da imbecilli, come già dieci anni prima del suo rogo aveva scritto nel De Monade: «Ho lottato, è già tanto, ho creduto nella mia vittoria […]. È già qualcosa essere arrivati fin qui: non aver avuto paura di morire, aver preferito coraggiosa morte a vita da imbecilli. E tuttavia sii tale che, se anche non vinci, tu sia degno di vincere».
Il Nolano è continuamente in fuga dalle vendette dei pedanti, dalla feroce persecuzione della «vorace lupa romana» (così definisce la Chiesa nella sua Oratio consolatoria) che lo vorrebbe, scrive: «forzato ad un culto insano e superstizioso, oppresso dalla violenza della tirannide». Ma non si sottomette, perché sa che questo significherebbe la manipolazione, il riadattamento della sua filosofia.

Egli non rinuncia, insomma, alla libera ricerca intellettuale, perché significherebbe divenire uno dei tanti «asini-pedanti» di cui descrive la metamorfosi involutiva nella Cabala del cavallo pegaseo: «Fermaro i passi, piegaro e dismisero le braccia,

 

Continua qui. http://temi.repubblica.it/micromega-online/giordano-bruno-maestro-di-laicita-dignita-democrazia/

 

 

 

 

POPPER, SULL’ESISTENZA DEL MONDO 3

Polemizzando con i mentalisti e i materialisti, Popper dimostra l’inadeguatezza delle loro teorie e la non riconducibilità del Mondo 3 al Mondo 2 e al Mondo 1.

 

  1. R. Popper, L’io e il suo cervello, vol. I, trad. it. di G. Minnini, Armando, Roma, 1981, pagg. 74-76

 

Che aspetto ha il mondo 3 da un punto di vista materialistico? Ovviamente, la semplice esistenza di aeroplani, aeroporti, biciclette, libri, edifici, automobili, calcolatori, grammofoni, conferenze, manoscritti, pitture, sculture e telefoni non presenta alcun problema per qualsiasi forma di fisicalismo o di materialismo. Mentre per il pluralista queste sono le esemplificazioni materiali, le incarnazioni degli oggetti del mondo 3, per il materialista sono semplicemente parti del mondo 1.

Ma che dite delle relazioni logiche oggettive che si stabiliscono tra le teorie (siano esse scritte o meno), quali l’incompatibilità, la deducibilità reciproca, la sovrapposizione parziale, ecc.? Il materialista radicale sostituisce gli oggetti del mondo 2 (esperienze soggettive) con i processi cerebrali. Tra questi una particolare importanza hanno le disposizioni al comportamento verbale: le disposizioni ad assentire o a respingere, a convalidare o a confutare, o semplicemente a prendere in considerazione – a calcolare i pro e i contro. Come la maggior parte di coloro che accettano gli oggetti del mondo 2 (i “mentalisti”), di solito i materialisti interpretano i contenuti del mondo 3 come se fossero “idee nelle nostre menti”: i materialisti radicali però cercano di fare un passo avanti e di interpretare “le idee nelle nostre menti” – e quindi anche gli oggetti del mondo 3 – come disposizioni al comportamento verbale aventi una base nel funzionamento del cervello.

Eppure, né il mentalista né il materialista riescono in questo modo a rende giustizia agli oggetti del mondo 3, specialmente ai contenuti delle teorie e alle loro relazioni logiche oggettive.

Gli oggetti del mondo 3 non sono soltanto “idee nelle nostre menti” né sono disposizioni dei nostri cervelli al comportamento verbale. Né ci è di qualche aiuto l’aggiungere a queste disposizioni le incarnazioni del mondo 3, come accennavamo nel primo capoverso di questo paragrafo, perché nulla di tutto ciò sa far fronte adeguatamente al carattere astratto degli oggetti del mondo 3 e specialmente alle relazioni logiche esistenti tra loro.

Per fare un esempio, l’opera di Frege Grundgesetze era già scritta, e in parte stampata, quando in base ad una lettera scrittagli da Bertrand Russell egli dedusse che nei suoi fondamenti era implicita un’autocontraddizione. Questa autocontraddizione era esistita, oggettivamente, per anni e Frege non l’aveva notata: non era stata “nella sua mente”. Soltanto Russell rilevò il problema (a proposito di un manoscritto completamente diverso) in un momento in cui Frege aveva già finito di redigere il suo manoscritto. Per anni quindi è esistita una teoria di Frege (ed una analoga, più recente, di Russell) che era oggettivamente incoerente senza che nessuno avesse sentore di questo fatto, ovvero senza che un dato stato cerebrale disponesse nessuno a convenire con il suggerimento “Questo manoscritto contiene una teoria incoerente”.

Riepilogando, gli oggetti del mondo 3 nonché le loro proprietà e le loro relazioni non si possono ridurre ad oggetti del mondo 2. Né si possono ridurre a stati o a disposizioni cerebrali, neanche se dovessimo ammettere che tutti gli stati e i processi mentali possono essere ridotti a stati e processi cerebrali

 

Continua qui. http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaP/POPPER_%20SULL%20ESISTENZA%20DEL%20MONDO.htm

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO DISINFORMAZIONE

Quella esercitazione degli Usa che ha “spento” il segnale Gps

 

PAOLO MAURI – 17 febbraio 2019

Tra il 6 ed il 10 febbraio scorsi un’esercitazione della Us Navy ha disturbato il segnale Gps (Global Positioning System) in una vasta area degli Stati Uniti orientali e del prospiciente tratto di Oceano Atlantico.

Il raggio di interferenza del segnale satellitare che regola la navigazione aerea e marittima è stato enorme come si può vedere dall’avviso Notam (Notice to Airmen) emanato dalla Faa, la Federal Aviation Administration: dal sud della Pennsylvania al nord di Cuba, dal Mississippi al pieno Oceano Atlantico.

A condurre l’esercitazione è stato il Carrier Strike Group 4 composto dalla portaerei Abraham Lincoln(Cvn 72) e dalla sua scorta impegnati nell’addestramento denominato Computex (Composite Training Unit Exercise).

L’esercitazione Computex è il passaggio che ogni Carrier Strike Group effettua prima del suo dispiegamento operativo e prevede un intenso programma di operazioni congiunte con le altre unità navali della sua scorta ed il suo gruppo di volo per amalgamare le capacità operative durante un periodo che va dalle due alle tre settimane. Al termine di tale periodo il Csg ottiene la certificazione ad operare autonomamente in mare.

In cosa consiste il Computex della Lincoln

Il comandante della portaerei Lincoln, capitano Putnam Browne, riferisce che il Csg 4 può ora affrontare scenari marittimi contro avversari virtuali che la portaerei vedrà in zona di combattimento ma che non sono effettivamente in mare. In questo senso è stato simulato il passaggio in uno stretto il giorno sette febbraio.

Il passaggio di una portaerei in un piccolo braccio di mare come può essere quello di uno stretto (ad esempio quello di Hormuz) rappresenta uno scenario particolarmente pericoloso che pone il Csg in un approccio altamente difensivo, da qui la necessità di disturbare il segnale Gps.

Durante l’esercitazione sono state anche simulate diverse minacce come velivoli attaccanti a bassa quota, attacchi di piccoli natanti di superficie, presenza di sottomarini ostili e attività di contromisure mine.

Perché disturbare il segnale Gps?

Il sistema di posizionamento satellitare globale è diventato sempre più importante nella vita di tutti i giorni: basti pensare alla geolocalizzazione dei nostri telefoni cellulari, al tracciamento della posizione sulle mappe, ma anche ai sistemi bancari, finanziari ed alle griglie energetiche che sono tutti allacciati al network Gps per la sincronizzazione dei propri orologi.

Qualsiasi computer, segnale televisivo o radio digitale è infatti dipendente dal sistema Gps, e allo stesso modo lo sono i sistemi elettronici militari.

Ricordiamo, ad esempio, che i sistemi di guida dei missili, delle bombe guidate, così come quelli di navigazione dei velivoli o delle navi, calcolano la propria posizione proprio tramite la costellazione dei satelliti Gps, quindi in un ambiente operativo la capacità di disturbo di tale segnale rappresenta un fondamentale strumento di difesa o di minaccia.

Per questo motivo la Forze Armate americane effettuano, ogni anno, circa 50 esercitazioni che prevedono scenari di disturbo, come avvenuto, ad esempio, a giugno del 2016 quando un’esercitazione presso il poligono di China Lake, in California, ha “spento” il segnale Gps in un raggio di circa 500 miglia.

La Guerra Elettronica è fondamentale

Come anche riportato da The Aviationistnon sappiamo quale tipo di sistema ha causato il disturbo del segnale, ma, come detto, è sicuramente imbarcato.

Quello che sappiamo è che non servono grandi potenze per disturbarlo. Un’antenna ricevitore Gps lavora a basse potenze, inferiori a quella di una lampadina ad incandescenza da 100 W ad esempio, pertanto un emettitore di disturbo non necessita di una grande potenza per interromperne o distorcerne localmente il segnale.

Pertanto è altamente probabile che, se nel caso specifico in esame, dato il vasto raggio d’azione del disturbo, il sistema possa essere stato quello montato sulla portaerei Lincoln, non è da escludere che qualcosa di simile possa essere montato anche su unità minori oltre a equipaggiare velivoli o veicoli di ogni tipo.

Sul campo di battaglia, come già detto, diventa fondamentale avere capacità di disturbare il segnale Gps per mettere in sicurezza i propri asset da possibili attacchi con bombe o missili ma soprattutto è vitale riuscire a condurre attacchi

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PANORAMA INTERNAZIONALE

Quando l’élite inventa “il popolo contro l’élite”

 

11 Febbraio 2019da Federico Dezzani

 

Dalla Brexit alla nascita dei gilets jaunes in Francia, passando per l’elezione di Trump e la nascita del governo pentaleghista, il dibattito pubblico è dominato dal tema “il popolo contro l’élite”: gli stessi media avvalorano la tesi di una ribellione “nazional-popolare” contro le élite trans-nazionali ed il loro sistema socio-economico, ormai insostenibile per l’elettore medio Assodato che la storia è scritta delle élite, i leader populisti rappresentano una “nuova élite” contro la precedente? Sono “il meglio” del popolo che sfida il vecchio ordine? No, semplicemente l’élite angloamericana ha “inventato” una ribellione del popolo contro se stessa e ne ha scelto persino i capi: la funzione dei “populisti” è quella di demolire un sistema internazionale che non fa più gli interessi di chi l’ha costruito.

E crearono i populisti a loro immagine

Correva l’ottobre 2016: la Brexit era già cosa fatta e, di lì a poco, Donald Trump avrebbe conquistato la Casa Bianca. Uscimmo allora con un articolo dal sintomatico titolo “Populismo: quando l’oligarchia perde il controllo della democrazia”, dove anticipavamo di circa uno o due anni un tema che avrebbe poi dominato il tema politico successivo : “la rivolta del popolo contro l’élite”. Allora eravamo giovani ed inesperti e commentavamo le ombre sul muro della caverna: ricorrevamo a valide argomentazioni e brillanti spunti, ma commentavamo pur sempre ombre. A distanza di due anni, è tempo di tornare sull’argomento e correggere gli errori, tanto più che il dibattito “popolo contro élite” domina ancora la scena e sembra ingannare la maggior parte dell’opinione pubblica.

Partiamo dai concetti validi del nostro precedente articolo: qualsiasi forma di governo (monarchico, oligarchico, democratico) si basa su un’élite e, di conseguenza, lo scontro tra diversi Stati non è nient’altro che uno scontro tra élite diverse. L’élite esprime una linea politica di medio-lungo termine, sceglie il modello di sviluppo economico, stabilisce persino ciò che è buono e bello. Il popolo si può definire come uno “strumento al servizio dell’élite”, che teoricamente avrebbe interesse al benessere delle masse non soltanto per “usarle” nello scontro contro le altre élite, ma anche per conservare il potere. Nulla vieta, infatti, che in seno al popolo si formi “una nuova élite” che, sfruttando le debolezze della precedente, si lanci alla conquista del potere: illuminanti, a questo proposito sono le “avanguardie del proletariato” di leninista memoria.

Posto che la storia la storia è fatta dall’élite, possiamo quindi smontare (come peraltro avevamo già iniziato a fare nel 2016) la teoria del “popolo contro l’élite”: il popolo segue, l’élite avanza. La domanda successiva è: i populisti rappresentano una nuova élite, in netta opposizione a quella precedente? Si può parlare di uno scontro tra élite? I brexiters, Trump, i pentaleghisti ed i gilets jaunes sono le nuove “avanguardie del popolo”? Beh, se così fosse, se rappresentassero davvero una nuova élite, dovremmo osservare un qualche cambiamento nel loro approccio in politica estera: lungi dal fare l’interesse del popolo, le “nuove élite” sembrerebbero portare avanti la stessa politica di potenza di quelle precedenti: opposizione alla Cina, contenimento della Russia, sfida alla Germania. Tra “l’Occidente” e gli “sfidanti” non si registra nessun cambiamento, lasciando pensare che i rappresentati del popolo siano soltanto un camuffamento della vecchia élite.

È davvero così? E, se la riposta è affermativa, perché l’élite ha dovuto camuffarsi, creando la falsa (poiché priva di qualsiasi fondamento storico) dialettica del “popolo contro l’élite”?

Una risposta avventata ed errata sarebbe quella di affermare che l’élite ha concesso al popolo quel minimo di cambiamento necessario per tenerlo sotto controllo: dopo anni di impoverimento della classe media e di politicamente corretto, era necessario “raddrizzare” un po’ la rotta per evitare di schiantarsi contro gli scogli del malessere popolare. Niente di più errato: purtroppo i mezzi di manipolazione/repressione sono tali che l’élite avrebbe potuto proseguire indisturbata le proprie politiche. E allora perché inventare i populisti e la “guerra all’élite”? La riposta è: perché all’élite serviva distruggere l’attuale ordinamento internazionale, che non rispecchia più i suoi interessi. Ne è derivata la creazione della dialettica “popolo contro élite”, per radere al suolo ciò che la stessa élite aveva edificato negli ultimi settant’anni. I brexiters, Trump, i pentaleghisti ed i gilets jaunes sono strumenti dell’élite per archiviare “il Nuovo Ordine Mondiale” consolidatosi dopo il collasso dell’URSS nel 1991.

Dopo il collasso dell’Unione Sovietica, l’oligarchia atlantica instaurò un sistema socio-economico, basato sulla libertà di spostamento di persone, merci e capitali, che, ideato per avvantaggiare in primis Londra e Washington, ha finito col beneficiare soprattutto Cina (tramite l’export di prodotti finiti), Germania (sempre tramite l’export di prodotti finiti) e Russia (tramite l’export di materie prime). L’élite atlantica era, in sostanza, “il garante” di un sistema internazionale dove gli altri prosperavano: il progressivo assottigliamento del vantaggio

Continua qui. http://federicodezzani.altervista.org/quando-lelite-inventa-il-popolo-contro-lelite/

 

 

 

 

A VERHOFSTADT È PARTITO L’EMBOLO DI LNG. IL ‘BURATTINO’ CONTE NON C’ENTRA

DI PAOLO BARNARD – 16 Febbraio 2019

Non so se qualcun altro l’ha già scritto. La ragione del rabbioso attacco di Verhofstadt a Conte sta esattamente nelle sue parole dal minuto 0:34 al minuto 1:04 qui, ed è un embolo di gas LNG, piuttosto raro fra gli umani, ma non fra quelli come lui. Roba da tanti, ma tanti soldi.

Al belga sono rimasti piantati a metà trachea il Venezuela e Putin, e soprattutto la mite posizione italiana su di essi. Per questo ci odia, e, ancor più di lui, ci odia la Exmar, che come avrete di certo letto sui giornali è la Corporation navale belga che gli paga le parcelle mentre sto lobbista siede a fare il parlamentare europeo.

Una storia multimiliardaria di LNG (gas naturale liquefatto), le cui maggiori comparse sono: Un incontro dell’ottobre 2017 fra Putin e l’iraniano colosso petrolifero NIOC – Un contratto andato in malora l’anno precedente fra la Exmar e la canadese Pacific Exploration & Production Corporation in Colombia – La Carribean FLNG, che è la mega chiatta per la lavorazione e il trasporto del LNG strapagata dalla Exmar, che oltretutto se la fece recapitare dalla Cina con l’ambizione di farci una montagna di soldi, ma rimasta piantata ad arrugginirsi per via dei sopraccitato contratto andato a vuoto e anche di un secondo contratto andato a puttane, poi graziata all’ultimo dall’odierno arcinemico latino americano del Venezuela, cioè il Presidente argentino Macri – L’ENI che si lavora il LNG di Maduro mentre i belgi della Exmar schiumano alla bocca per vederlo morto.

Il Belgio è un Paese di sfigati, che dopo aver ammazzato 11 milioni di congolesi, per rimanere poi a mani vuote, circa 130 anni fa (il cobalto e il coltan, che oggi nell’IT e nella Smart TV-Smart Phones Industry valgono più dei diamanti, se li sono presi i Kabila, l’americana Glencore e gli israeliani), si sono distinti di recente per aver avvelenato i maiali di tutt’Europa con la diossina, e poi sono rimasti sfigati. Possono vantare solo quella cloaca di politica autocratica e infestata di lobbies che è Bruxelles, ma mica tanto altro. La loro Exmar è dal 1981 che si è fatta un nome nel mondo per i servizi di trasporto navale e di rigassificazione soprattutto di gas naturale, che viene trasformato in LNG. Ne vanno fieri, e che ci sia un Paese in UE che non solo gli piscia in testa sugli idrocarburi con l’ENI, ma che è pure ‘amico’ di due giganti odiosi per la Exmar nel business LNG come Russia e Venezuela, bè, questo per Verhofstadt e per le ambizioni smisurate di chi ce l’ha a busta paga, la Exmar appunto, è stato troppo. Fra poche righe capirete il perché.

Tutto il resto della sua sparata su Italia vs UE, immigrazione, gran valori di Spinelli, Ciampi e Bonino, la recessione, i Populismi, sono stati pretesti. Contano i soldi, follow the money, eh?

Un po’ di background in breve.

Dunque, nel luglio 2017 i padroni di sto Verhofstadt, la Exmar, si fa recapitare dall’altra parte del pianeta questa mega chiatta chiamata Carribean FLNG che avevano costruito a costi stratosferici nella speranza di concludere un accordo multi milionario con l’Iran. Ma nel novembre successivo la Gazprom di Putin arriva a Teheran, incontra la NIOC (la regina degli idrocarburi iraniana) e di colpo tutto per la Exmar va storto. L’Iran, si disse allora, avrebbe usato altri vascelli per il LNG, quelli norvegesi, e gli oleodotti russi dell’amico Vladimir. Questo aprì ulcere gastriche in Belgio dove ci passava un pallone da calcio, soprattutto perché era la seconda volta che la super chiatta della Exmar

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Dal M5S alla Siria: gli intellettuali italiani non ne azzeccano una

Alberto Negri13.02.2019

Gli intellettuali italiani, che sciorinano da anni editoriali su CorseraRepubblica e Stampa si pentono di avere votato i grillini e si accorgono che il Pd ha spianato loro la strada. Ora si svegliano improvvisamente e spalancano gli occhioni come sonnambuli. Ma loro in questi anni dov’erano?

Diciamo che per quanto riguarda la politica estera sono degli incompetenti: hanno appoggiato tutte le più devastanti imprese degli americani, compresa la guerra in Iraq nel 2003, e i raid in Libia nel 2011. Sono dei sonnambuli veri e propri, con movimenti e gestualità complesse ma senza averne assolutamente coscienza.

I nostri intellettuali, affetti da questo benigno e innocente disturbo, hanno una caratteristica fondamentale: non ci beccano mai.

Pur non sapendo nulla di Siria, in cui mai hanno messo piede, si sono accodati per anni alla cantilena occidentale e delle monarchie assolutistiche del Golfo: “Bashar Assad se ne deve andare”. Salvo poi ammettere che la Russia di Putin era diventata un attore di primo piano in Medio Oriente e accettare che Assad resti dov’è.

Se fosse stato per loro, l’Isis e i jihadisti avrebbero fatto colazione sulle rovine di Damasco: non si sono neppure accorti che i pasdaran iraniani e le milizie sciite hanno fermato il Califfato a settanta chilometri da Baghdad, prima che gli americani decidessero di fare la guerra ai jihadisti.

Si dicono portatori della cultura cristiana e occidentale. Evitano persino di ammettere, ma forse non lo sanno neppure, che i cristiani in Siria sono stati salvati dalle milizie sciite libanesi Hezbollah, le quali naturalmente sono da considerare dei “terroristi”. Prima lo erano anche i talebani ma da quando hanno avviato trattative con Washington sono diventati la “guerriglia”.

Devo dire che sulla Siria o l’Iraq brillava negativamente anche la nostra diplomazia, per lo meno quella ufficiale, perché nei corridoi i diplomatici più informati e accorti avevano idee diverse e più realistiche, così come le hanno sull’Iran: soltanto che non possono esprimerle perché sarebbero immediatamente tacciati di anti-americanismo e persino di anti-semitismo.

I nostri diplomatici scrivono dalle loro sedi ottimi rapporti ma nessuno li legge. E non sia mai che i loro resoconti, basati sui fatti, non coincidano con la versione ufficiale della storia: vengono emarginati e messi da parte.

Gli intellettuali del nostro Paese, che dovrebbero in qualche modo sostenere la discussione di idee un po’ diverse rispetto a quelle ortodosse, andate persino contro il nostro interesse nazionale come in Libia, se ne stanno di solito muti e allineati sulle posizioni atlantiste senza osare andare oltre.

Hanno cattedre universitarie e spazi sulla stampa che non devono essere messi in discussione: forse, a furia di battere ribattere, ci credono pure nelle loro balzane idee sul mondo. Il che è anche peggio della malafede, proprio non vogliono sforzarsi.

Sull’Iran poi danno la massima prova di asservimento perché Teheran è considerato il nemico numero uno non solo degli Usa ma anche di Israele e delle monarchie petrolifere. C’è da augurarsi che Francia e Germania non si accodino alla conferenza anti-Iran voluta dagli Stati Uniti che comincia oggi in Polonia perché l’Italia è già pronta a inchinarsi a Washington.

Continua qui. https://www.tpi.it/2019/02/13/intellettuali-italiani-m5s-siria/

 

 

 

 

POLITICA

E se nascesse il Partito del Papa?

MV, Panorama n. 4 2019

Prima o poi il Partito Popolare rinascerà. Lo farà Romano Prodi, o il suo erede, Enrico Letta; lo farà Berlusconi, o il suo Antonio Tajani del momento, o lo faranno insieme, i rivali di ieri, all’ombra del PPE che già li unisce. Ma alla fine qualcosa del genere si farà, pensando all’Europa e ai sovranismi, più che a don Sturzo e al centenario del Partito Popolare. Però mentre i tirannosauri del popolarismo si muovono lentamente, indugiando e tergiversando, qualcuno sta bruciando le tappe. È la Chiesa di Bergoglio, è la Chiesa del Cardinal Bassetti, a capo della Conferenza episcopale italiana, è la Chiesa di Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna. Se il Partito Popolare lo fondò un prete perché non dovrebbe pensarci ora un prelato anziché un politico?

La novità è che un Partito del Papa, ossia un Partito dei Cattolici sotto l’egida di Bergoglio avrebbe solo una cosa in comune col Partito Popolare prodiano e/o berlusconiano: nascerebbe contro la presente maggioranza, per sbarrare la strada ai populismi, ai nazionalismi e ai sovranismi. Ma dopo questa concordanza, il Partito del Papa sarebbe inevitabilmente il Partito dell’Accoglienza, il Partito Pro-Migranti, la prosecuzione della Caritas e della Comunità Sant’Egidio in politica. Al limite, sarebbe il partito di Gino Strada e di Mimmo Lucano, per capirci. Una cosa assai diversa da quella che fu da noi il Partito dei cattolici, la vecchia Dc.

Allora lasciamo le polemiche contingenti e vediamo le cose in una prospettiva più ampia, storica. L’Italia riuscì a sopravvivere al fascismo, alla sconfitta della guerra, alle vendette e alle minacce del comunismo, rifugiandosi sotto le mammelle della Dc. Un partito che ebbe la sua forza nella sua debolezza, nel non opporsi a niente in modo radicale e risoluto, nel rispecchiare la realtà in modo duttile e malleabile, garantendo un po’ tutti, o non minacciando nessuno. Organizzò la fuoruscita dalla storia a tariffe convenienti, fu insieme una pomata e una polizza contro i traumi passati e presenti. La Dc fu l’autobiografia della nazione in versione materna, mentre il fascismo era stato l’autobiografia della nazione in versione paterna, virile, guerresca.

La forza della Dc fu quella di garantire una transizione indolore dal fascismo all’antifascismo, dalla Nazione che volle farsi impero al paese che volle accucciarsi sotto l’ombrello atlantico americano e sotto il parasole europeista, ricevendo in cambio aiuti, piani di sostegno e controllo militare. La sua forza fu la paura del comunismo, la voglia di tranquillità. E la Matria al posto della Patria.

Avrebbe senso oggi un partito dei cattolici in un paese fortemente scristianizzato, radicalmente secolarizzato, con le chiese svuotate? Ma soprattutto riuscirebbe a sfondare un partito dei cattolici proiettato sulla linea pontificia di Bergoglio? Non rischierebbe di lasciar fuori troppi cattolici che si riconoscono nella tradizione, nella civiltà cristiana, nella difesa della famiglia? Che posizione assumerebbe un partito papista sui temi dell’aborto e delle adozioni omosessuali, delle nozze gay e dell’eutanasia, delle nascite e della salvaguardia della figura materna e paterna? La Dc resse su un tacito ma duraturo compromesso tra questa componente conservatrice e la componente moderata che riteneva prioritaria la salvaguardia occidentale, l’atlantismo e l’anticomunismo, la difesa del mercato e del privato.

Ma l’avversario principale per un partito cattolico non dovrebbe essere il laicismo radical, lo spirito giacobino e progressista, il materialismo ateo che è oggi il principale sponsor del bergoglismo? E la paura del comunismo

Continua qui. http://www.marcelloveneziani.com/articoli/e-se-nascesse-il-partito-del-papa/

 

 

 

 

Odiano il popolo e non vedono che l’Italia non li regge più

Scritto il 23/1/19

Da diversi giorni su “La Repubblica” va in scena il teatrino dell’assurdo: la Casta spiega al popolo perché ha perso e perché hanno vinto i loro nemici. Fanno autocritica perché non accettano critiche, gli unici abilitati a criticarli sono sempre loro stessi. Hanno la presunzione di sapere solo loro come sono andate effettivamente le cose, perfino la loro sconfitta la capiscono solo loro che l’hanno pur causata, almeno in buona parte. La loro autocritica esclude il presupposto di ogni serio bagno di umiltà: ascoltare. Ascoltare gli altri, ascoltare chi ha vinto e chi ha decretato la vittoria dei populisti e dei sovranisti, ascoltare la gente, ascoltare chi già prima del collasso spiegava le ragioni del cambiamento in corso. Macché. Gli altri non esistono, non hanno diritto di parola, sono plebe, o fascisti, reazionari, sovranisti o loro complici. La stessa cosa ha fatto il Pd. Ma tutta questa presunzione – che il loro Papa laico definisce in modo altrettanto presuntuoso come “albagia” (Eugenio Scalfari dixit di Sé stesso, col Sé maiuscolo) per non confonderla con la volgare arroganza – spiega il crollo delle élite molto più di quanto si possa immaginare.

Infatti, cosa si può rimproverare alle élite, il fatto di esistere e dunque per ciò stesso di tradire la democrazia, cioè l’autogoverno del popolo? Ma no, questo è lo schema puerile, simil-rousseauiano, di chi crede alla favola della democrazia diretta.

C’è sempre stato un governo d’élite, non si conoscono paesi e sistemi politici in cui i governati coincidano coi governanti, nemmeno a rotazione, e tutto si decide a colpi di referendum e di plebiscito, persino le manovre economiche si fanno al balcone e poi si firmano in piazza tra bandiere, abbracci e tric-trac. Il problema vero, la malattia del sistema, è che non si sono viste in campo le élite, al plurale, in competizione tra loro, come si addice a una vera democrazia, ma una sola oligarchia, un blocco di potere compatto e uniforme benché ramificato. I teorici delle élite, da Mosca a Pareto, parlavano di circolazione delle élite, per loro la storia è un cimitero di aristocrazie; sono le minoranze che governano, ma sono minoranze in competizione, che si rinnovano.

Da noi invece è avvenuta la stipsi delle élite. O se preferite una metafora meno cacofonica, l’arteriosclerosi delle élite, l’indurimento delle arterie che non consentivano la loro fluida circolazione. Si formano i trombi nel sangue e i tromboni nella società. E fermano il flusso. È lì che la classe dirigente si è chiusa a riccio, diventando solo classe dominante, e casta sovrastante. Non c’è stata circolazione, non c’è stata competizione tra élite divergenti, e non c’è stato filtro selettivo per consentire il ricambio tramite la meritocrazia. Si è bloccato l’ascensore sociale, si è chiuso l’accesso dei capaci e dei meritevoli. Si accedeva alle élite solo per cooptazione, per affiliazione alla cupola elitaria, per conformità

 

Continua qui. http://www.libreidee.org/2019/01/odiano-il-popolo-e-non-vedono-che-litalia-non-li-regge-piu/

 

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

Come rimanere sani di mente su Internet

Una lista di consigli utili (ma difficili da seguire) che lo scrittore inglese Matt Haig ha messo insieme nel suo libro “Vita su un pianeta nervoso”, pubblicato da E/O

15 FEBBRAIO 2019

Statisticamente per le persone che vivono nei paesi sviluppati – e in una certa misura anche per chi no – il mondo non è mai stato un posto bello come oggi: lo dicono gli indici su salute, alimentazione, istruzione e ricchezza. Molte volte però leggendo i giornali o facendo un giro sui social network si ha un’altra impressione, e leggendo certe notizie o discutendo online con persone che hanno idee diverse ci si può far prendere da un senso di ansia. Secondo lo scrittore inglese Matt Haig, sono in generale la società contemporanea e il modo in cui comunichiamo a renderci più ansiosi. A questo fenomeno ha dedicato il libro Vita su un pianeta nervoso, che quest’estate si è fatto notare nelle classifiche dei libri più venduti nel Regno Unito e ora è stato pubblicato in Italia da E/O.

È un libro di auto-aiuto, come si dice, e come tale ripete spesso gli stessi concetti, ma potrebbe interessare anche chi non ha mai pensato di leggere un libro del genere o addirittura si è trovato a snobbare chi lo fa. Si propone di dare buoni consigli su come affrontare le preoccupazioni alimentate dall’accumulo di informazioni a cui siamo sottoposti attraverso internet. È diviso in 18 capitoli, a loro volta divisi in sottocapitoli di una, due o tre pagine: alcuni sono elenchi di consigli, altri sono brevissimi aneddoti o frasi incoraggianti. Haig lo ha scritto in questo modo pensando a come la nostra attenzione oggi sia abituata soprattutto a un gran numero di contenuti che durano poco. È lungo 400 pagine, ma è più breve di quanto sembri: gli elenchi prendono poco posto e il testo è molto rientrato rispetto al bordo della pagina.

Da un capitolo all’altro, si passa ad argomenti solo parzialmente legati: la struttura è volutamente disordinata, come il succedersi di post su un social network, ma letti uno dopo l’altro danno una chiara visione d’insieme. Molte considerazioni non sono particolarmente originali, ma Haig ha fatto una buona sintesi mettendole insieme in modo accattivante. Il fatto che lui stesso faccia fatica a seguire i propri consigli – per esempio restando fino a tardi su Twitter, preoccupandosi delle risposte ai suoi tweet e tenendo il telefono sul comodino di notte – lo avvicina al lettore e rende il libro un manuale onesto, piuttosto che fissare obiettivi irraggiungibili.

Pubblichiamo tre estratti del libro: i primi due parlano di come ci comportiamo sui social network, il terzo del rapporto di dipendenza che abbiamo con la tecnologia.

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Specchi

I neurobiologi hanno stabilito che il “rispecchiamento” è uno dei percorsi neurali che si attivano nel cervello dei primati, noi compresi, durante l’interazione con i propri simili.
In un’era interconnessa come la nostra gli specchi diventano più grandi.
Quando la gente ha paura dopo un evento terrificante, quella paura si propaga come un incendio digitale.
Quando la gente è arrabbiata, la rabbia si moltiplica.
Persino quando persone che nutrono opinioni opposte rispetto alle nostre manifestano un’emozione anche noi ne avvertiamo una simile. Per esempio, se qualcuno si infuria con noi in rete per qualsiasi motivo, è improbabile che aderiamo alle sue opinioni, ma è molto probabile che ci lasciamo contagiare dalla sua furia. Lo si vede tutti i giorni sui social network: gente che litiga, rafforzando così le opinioni opposte dell’interlocutore, eppure nel contempo rispecchiando il suo stato emotivo.
Ho commesso questo errore molte volte, ed ecco il motivo per cui Andrea era arrabbiata con me. Mi sono lasciato coinvolgere in discussioni con individui che mi avevano definito “buonista” o progrescemo, o avevano proclamato a gran voce che «essere di sinistra è un disturbo mentale» in un tweet contro di me. So bene che litigare su Internet non è la maniera più appagante per trascorrere il limitato numero di giornate di cui disponiamo su questa Terra, eppure l’ho fatto, senza riuscire a controllarmi. Adesso lo riconosco. E ho bisogno di smettere.

Comunque, quello che mi preme sottolineare è che sebbene abbia idee politiche molto diverse dalle persone con cui litigo, dal punto di vista psicologico ciascuno di noi alimenta i sentimenti di rabbia dell’altro. Contrasto politico ma rispecchiamento emotivo.

Una volta, mentre ero in preda all’ansia, ho twittato una frase stupida.
«L’ansia è il mio superpotere» ho scritto.
Non intendevo affermare che l’ansia fosse un fatto positivo. Volevo solo dire che si tratta di un sentimento incredibilmente intenso, e che noi che la proviamo in eccesso attraversiamo la vita come un angosciato Clark Kent o un tormentato Bruce Wayne, conoscendo il segreto di chi siamo in realtà. E tutto questo può rappresentare un fardello di pensieri vorticosi, incontrollabili e disperati, eppure, di tanto in tanto, riusciamo a convincerci che abbia anche un lato positivo.
Per esempio, personalmente sono grato del fatto che l’ansia mi abbia costretto a smettere di fumare e a condurre uno stile di vita sano; che mi abbia aiutato a capire cosa mi facesse bene, chi mi volesse bene davvero e chi no. Sono felice che mi abbia spinto ad aiutare altre persone che hanno sperimentato le stesse situazioni mentali, e, nei periodi in cui sto meglio, a vivere la vita con maggiore intensità.
Fondamentalmente è quello che ho scritto in Ragioni per continuare a vivere. Ma in quel tweet non avevo espresso molto bene il concetto. E poi, all’improvviso, mi trovai a ricevere una dose notevole di attenzione.

Decisi di cancellare il tweet, ma ormai molti avevano catturato la schermata e stavano ingrossando le fila degli arrabbiati di Twitter per dirigere la propria ira contro di me. «SUPERPOTERE? MA CHE CAZZO DICI!». «@matthaig1 È TOSSICO». «Cancella il tuo account». «Idiota di merda» e così via. E tu te ne stai lì, terrorizzato, a guardare quell’enorme schianto creato da te, mentre la tua timeline si riempie di decine, centinaia di individui arrabbiati convinti che, dato che stavano toccando un nervo scoperto, allora avevano ragione. Tra parentesi “toccare un nervo scoperto” è una frase priva di senso per chi soffre di ansia. Ogni nervo è scoperto.
La rabbia divenne contagiosa: la avvertivo quasi come una forza fisica che si irradiava dallo schermo. Il mio cuore raddoppiò i battiti. Mi sembrava che la stanza mi si stesse chiudendo addosso. L’aria si fece rarefatta. Ero stretto all’angolo. Cominciai ad avere la sensazione che la realtà si stesse dissolvendo. «Merda, merda, merda». Caddi preda di un breve attacco di panico. Provai una malsana mescolanza di senso di colpa, paura e rabbia difensiva e decisi solennemente che non avrei mai più affidato a Twitter le mie riflessioni su come uscire dall’ansia.

Certe cose è meglio tenerle per sé.
Ma, soprattutto, decisi di trovare un modo per impedire che l’immagine di me che avevano gli altri diventasse quella che avevo io. Volevo crearmi una sorta di immunità emotiva. Quando ti lasci coinvolgere troppo i social network ti danno la sensazione di trovarti dentro una borsa valori in cui la merce di scambio sei tu, ovvero la tua personalità in rete. E quando gli altri cominciano a infierire ti sembra che il tuo personale valore di mercato precipiti. Volevo liberarmi da tutto questo. Volevo scollegarmi psicologicamente. Volevo diventare, dal punto di vista psichico, un mercato autosufficiente. Accettare i miei errori, consapevole che ogni essere umano è più degli errori che commette. Rendermi conto che conosco il funzionamento della mia mente meglio di un estraneo qualunque. Imparare ad accettare che qualcuno possa considerarmi una mezza sega senza sentirmi male per questo. Interessarmi
agli altri, ma non alle loro errate interpretazioni di me all’interno della matrice di pensiero di Internet.

 

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Come rimanere sani di mente su Internet: una lista di comandamenti utopistici che seguo di rado, perché è molto difficile farlo

  1. Praticate l’astinenza. Astinenza dai social network, in particolare. Resistete a tutti gli eccessi malsani da cui vi sentite attratti. Rafforzate i muscoli dell’autocontrollo.
  2. Non cercate sintomi medici su Google a meno che non vogliate trascorrere sette ore a convincervi che sarete morti prima di cena.
  3. Ricordate che a nessuno in realtà interessa il vostro aspetto. Gli interessa il loro. Voi siete l’unica persona al mondo che si preoccupa della vostra immagine.
  4. Rendetevi conto che ciò che può sembrare vero a volte non lo è. Quando nel 1982 il romanziere William Gibson immaginò per la prima volta in Neuromanteil concetto di quello che lui stesso battezzò “ciberspazio” lo definì una «allucinazione vissuta consensualmente». Trovo utile questa descrizione ogni volta che mi lascio coinvolgere troppo dalla tecnologia, ogni volta che la tecnologia arriva a influenzare la mia vita non digitale. L’intera Internet è un passo indietro rispetto al mondo fisico. I suoi aspetti più potenti sono specchi del mondo fuori dalla rete, ma le copie del mondo esterno non sono il mondo esterno. Sono la vera Internet, ma nient’altro che questo. Certo, è possibile stringere vere amicizie in rete. Ma la realtà non digitale è sempre un ottimo test. Appena vi disconnettete, per un minuto, un’ora, un giorno o una settimana, è sorprendente constatare la rapidità con cui Internet scompare dalla vostra mente.
  5. Rendetevi conto che le persone sono più di un post sui social network. Pensate a quanti pensieri in conflitto tra loro vi attraversano la mente in un giorno. Pensate a tutte le idee diverse e contraddittorie che avete sostenuto nel corso della vostra vita. Replicate alle opinioni espresse online, ma non permettete mai a un pensiero postato frettolosamente di definire per intero un altro essere umano. Il fisico Carl Sagan ha detto: «Se un essere umano non è d’accordo con voi, lasciatelo vivere. In cento miliardi di galassie non ce n’è un altro».
  6. Non perseguitate mai con il vostro odio le persone in rete. Questo è il mio proposito per l’anno 2018, e finora sta funzionando. Sfogare odio sugli altri non fornisce un obiettivo alla vostra giusta rabbia. La alimenta. Stranamente, contribuisce anche a rinforzare la vostra personale camera dell’eco, dandovi la sensazione che tutte le opinioni diverse dalla vostra siano estremiste, e la vostra no. Non andate a cercare le cose che vi rendono infelici. Non misurate il vostro valore paragonandovi agli altri. Non sforzatevi di definire voi stessi contro. Cercate di definirvi a favore. E poi navigate di conseguenza.
  7. Non cadete nel gioco dei rating. Internet li adora, sia che si tratti di recensioni su Amazon o TripAdvisor o Rotten Tomatoes, sia che si tratti degli indici di gradimento di foto, poster e tweet. Like, preferiti, retweet.
    Ignorateli. I rating non misurano il valore. Non giudicatevi mai su questa base. Per piacere a tutti dovreste essere la persona più insignificante della Terra. William Shakespeare è probabilmente il più grande scrittore di tutti i tempi. Però su Goodreads il suo punteggio medio è un misero 3,7.
  8. Non passate la vita a preoccuparvi di ciò che vi state perdendo. Non che io voglia fare il buddhista (beh, un pochino sì), però la cosa importante nella vita non è essere felici di ciò che si fa, ma di ciò che si è.
  9. Non rimandate mai un pasto, né l’ora di andare a dormire, solo per stare su Internet.
  10. Restate umani. Resistete agli algoritmi. Non lasciatevi spingere a diventare una caricatura di voi stessi. Disattivate le notifiche popup. Uscite dalla vostra camera dell’eco. Non permettete all’anonimato di trasformarvi in una persona che fuori dalla rete vi vergognereste di essere. Siate un mistero, non una statistica. Siate qualcuno che nessun computer riuscirà mai a conoscere veramente. Mantenete viva l’empatia. Rompete gli schemi. Resistete alle tendenze robotiche. Restate umani.

 

Mai abbastanza

Niente è mai abbastanza.
Sono sempre stato dipendente da qualcosa.
Quel qualcosa cambia, ma non la sensazione di bisogno.
Un tempo era il bere. Non facevo altro che bere in continuazione.
Quando lavoravo in un palazzo di uffici e vendevo spazi pubblicitari sui media sotto i cupi cieli di Croydon, sognavo solo di fuggire.
Le tre pinte che bevevo tutte le sere, seguite da una vodka cola, attutivano il colpo della serata solo per renderlo ancora più forte quando mi risvegliavo al mattino.
Qualche anno dopo il mio crollo nervoso all’improvviso mi è venuto facile smettere di bere. E di fumare. E dare un taglio a tutto il resto. Ho eliminato tutte le sostanze stimolanti. Perfino il caffè, il tè e la Coca-Cola. Ero in preda a un dolore e a una sofferenza continui, e avrei fatto qualunque cosa per distogliermi dalla mia stessa mente, ma ormai sapevo che l’alcol non funzionava. E ritenevo che neanche i medicinali avrebbero funzionato. Mi ero convinto che evidentemente andavano bene per altri, ma io ero uno degli sfortunati a cui non erano di alcuna utilità. Inoltre, sapevo di aver avuto in passato una predisposizione alla dipendenza. È stato più difficile capire che ce l’avevo ancora, ma che mi stavo rivolgendo verso dipendenze “positive”. Per esempio, correre, come mi aveva consigliato mio padre. Lo yoga. La meditazione. Il lavoro. Il successo.

Altri anni dopo, quando stavo un po’ meglio, ricominciai a bere. Non bevevo tutti i
giorni, e nemmeno tutte le settimane, ma quando capitava lo facevo in maniera irresponsabile. La differenza era che ormai capivo in che modo l’alcol influenzasse la mia mente. Come funzionasse il ciclo. Mi sentivo un po’ male (non in preda ad attacchi di panico, ma solo a una depressione generica di basso livello), bevevo e il mio umore migliorava. Poi, quando arrivavano i postumi, mi sentivo in colpa. E quel sentimento indugiava dentro di me minando la mia autostima, il che a sua volta creava un ulteriore bisogno di distrazioni. Di bere. Otto pinte e un gin cocktail. Ma era pericoloso. Mi era impossibile essere un buon marito, un buon padre, un bravo scrittore quando ero perennemente in preda ai postumi di una sbornia, e l’ironia era che quella sensazione di inadeguatezza e disprezzo di sé rendeva più probabili le sbornie future. Ho imparato che, per quanto forte possa essere il bisogno, il senso di colpa che ne consegue sarà sempre più forte. Però è difficile. E provo una sconfinata solidarietà per coloro che hanno cercato di annegare la propria inesorabile disperazione in un mare di alcol. E per di più hanno subìto la condanna di chi non ha mai provato in vita sua quel doloroso bisogno di sfuggire a se stesso.

Quando si sostiene che i pregiudizi contro le malattie mentali stanno diminuendo, forse questo vale per chi soffre di depressione o attacchi di panico. Ma probabilmente non per l’alcolismo, l’autolesionismo, le psicosi, il disturbo

 

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STORIA

“Camerata” Bergoglio

C’era una volta in Argentina un gesuita, Jorge Mario Bergoglio, che era schierato contro la teologia della liberazione, vicina al castrismo e negli anni ’70 aderì alla Guardia de Hierro, un’organizzazione peronista, di stampo nazionalista, cattolica, ferocemente anticomunista. In quegli anni a chi gli faceva notare che l’organizzazione a cui aderiva si richiamasse alla Guardia di Ferro, il movimento romeno del Comandante Corneliu Zelea Codreanu, nazionalista e fascista, Bergoglio replicava “Meglio così”. Della sua vicinanza alla Guardia de Hierro ne parlò dopo la sua elezione il quotidiano argentino Clarin, mentre a Buenos Aires apparivano manifesti che ricordavano Bergoglio peronista. Per la cronaca, la Guardia di Ferro era un movimento di legionari, molto popolare in Romania negli anni Trenta, ritenuto antisemita e filonazista, di cui si innamorarono in molti, non solo in Romania. Uno di questi fu Indro Montanelli che pubblicò sul Corriere della sera una serie di entusiastici reportage pieni di ammirazione per Codreanu, nell’estate del 1940, a guerra inoltrata, smentendo la sua tesi postuma che dopo il ’38 si fosse già convertito all’antifascismo. Testi ripubblicati di recente, Da inviato di guerra (ed. Ar). Evidentemente anche nell’Argentina dei Peron il mito di Codreanu, barbaramente assassinato, e del suo integralismo cristiano, aveva proseliti. Nel ’74, dopo la morte di Peron, il movimento legionario si sciolse. Era un gruppo di 3500 militanti e 15mila attivisti. Si opponevano ai guerriglieri di sinistra peronisti infiltrati dai castristi, seguaci di Che Guevara; loro erano, per così dire, l’ala di estrema destra del giustizialismo. Il gruppo della Guardia de Hierro era stato fondato da Alejandro Gallego Alvarez. Era un movimento che teneva molto alla formazione culturale dei suoi militanti e alla presenza tra i diseredati e gli ultimi.

A Bergoglio fu poi affidata un’istituzione in difficoltà, l’Università del Salvador. Bergoglio la risanò e l’affidò a due ex-camerati della Guardia de Hierro, Francisco José Pinon e Walter Romero. In quegli anni Bergoglio era avversario dichiarato dei gesuiti di sinistra da posizioni nazionaliste e populiste. La sua avversione alla teologia della liberazione gli procurò l’accusa di omertà da parte del premio Nobel Perez Esqivel e poi di collaborazionismo con la dittatura dei generali argentini, dal 1976 a 1983. Lo storico Osvaldo Bayer dichiarò ai giornali “Per noi è un’amara sconfitta che Bergoglio sia diventato papa” e Orlando Yorio, uno dei gesuiti filocastristi catturato e torturato dai servizi segreti del regime militare, accuserà: “Bergoglio non ci avvisò mai del pericolo che correvamo. Sono sicuro che egli stesso dette ai marinai la lista coi nostri nomi”. Solo dopo la caduta della dittatura militare Bergoglio iniziò a prendere le distanze dal peronismo nazionalista.

Ho tratto fedelmente questa ricostruzione dalle pagine del libro di Emidio NoviLa riscossa populista, appena uscito per le edizioni Controcorrente (pp.286, 20 euro). Novi sostiene che la deriva progressista e mondialista di Francesco nasca da questo passato rimosso. Secondo Novi “Papa Bergoglio vuol farsi perdonare il suo passato “fascista”

Continua qui. http://www.marcelloveneziani.com/articoli/camerata-bergoglio/

 

 

 

 

«Le foibe furono pulizia etnica, sono Slovenia e Croazia a doversi scusare»

15 febbraio 2019

TRIESTE – «Chi deve chiedere scusa sono i governi dell’ex Jugoslavia, all’Italia, agli esuli e agli infoibati. Vorremo che i presidenti di Slovenia Croazia imitassero il grande gesto di Willy Brandt a Varsavia, quando il cancelliere tedesco si inginocchiò davanti al memoriale del ghetto di Varsavia».

Stavano per placarsi le polemiche divampate tra l’Italia e i Paesi limitrofi dopo le dichiarazioni dei politici italiani domenica scorsa alla foiba di Basovizza in occasione del Giorno del Ricordo, che l’assessore all’Ambiente Fvg ed esponente dei Fratelli d’Italia Fabio Scoccimarro ha dato fuoco alle polveri. A Scoccimarro non sono affatto piaciute le lettere, le iniziative di “ricucitura” anche dal Quirinale, che hanno il sapore di scuse, di retromarcia dopo le parole del presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, del ministro dell’Interno Matteo Salvini e all’ acceso discorso del sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza.  «Tajani va interpretato – dice Scoccimarro – perché come diceva Almirante

Continua qui. https://www.ilgazzettino.it/nordest/primopiano/foibe_polemica-4302543.html

 

 

 

 

L’ordine di eliminare il Generale dalla Chiesa arrivò a Palermo da Roma.

 21 settembre 2018

 

Durante l’audizione dinanzi alla Commissione parlamentare antimafia in relazione ai legami mafia-massoneria, lo scorso 8 marzo, Roberto Scarpinato procuratore generale di Palermo, ha dichiarato:

“L’ordine di eliminare dalla Chiesa arrivò a Palermo da Roma. Dal deputato Francesco Cosentino”.

“Sono stato informato di progetti di attentati, nel tempo, nei confronti di magistrati di Palermo orditi da Matteo Messina Denaro per interessi che, da vari elementi, sembrano non essere circoscritti alla mafia ma riconducibili a entità di carattere superiore”.

Quello che a tutti era chiaro, ovvero che dietro agli attenti di Cosa nostra si nascondesse un entità superiore, politica e massonica, è dunque confermata.

Nell’ambito di quell’audizione, poi secretata, Scarpinato aveva descritto anche i legami tra Cosa nostra e le logge massoniche, in particolare i rapporti dei boss Stefano Bontade, Bernardo Provenzano e Messina Denaro con le logge, sottolineando la loro appartenenza a una loggia segreta che era un’articolazione in Sicilia della P2 di Licio Gelli.

Bisogna ricordare anche l’operato del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, lui stesso prima di partire  per iniziare il suo lavoro in Sicilia, secondo quanto scritto nel suo diario personale, disse a Andreotti“Non avrò alcun riguardo per la parte inquinata della sua corrente”, tanto che il generale scrisse poi nel suo diario che il “Divo” Giulio “sbiancò”.

Dietro il suo assassinio, ucciso insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro, ora si

Continua qui. http://www.politicamentescorretto.info/2018/09/21/lordine-di-eliminare-il-generale-dalla-chiesa-arrivo-a-palermo-da-roma-2/

 

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