NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 2 MAGGIO 2019

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NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI

2 MAGGIO 2019

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

C’è un concetto che altera e corrompe tutti gli altri.

Non parlo del Male, il cui limitato impero è l’etica:

parlo dell’infinito.

JORGE LUIS BORGES, Testamento poetico e letterario, Giunti, 2004, pag. 50

  

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Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

 

Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com 

 

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SOMMARIO

Una luce in fondo al corridoio

PARLARE (SEMPRE) DI MIGRANTI PER CANCELLARE DIO. ANCHE A PASQUA. 1

PERCHE’ GRETA NON VA IN CINA. 1

LA GUERRA DEI SESSI DEL NEOFEMMINISMO. 1

VANDALI DELLE CHIESE. E LORO MANDANTI 1

L’ESPRESSIONISMO ASTRATTO, OVVERO: COME LA CIA CREA IL NEO-BORGHESE. 1

Come una cellula segreta di Facebook manipola l’opinione pubblica. 1    

La chiesa non può collaora con la nuova di schiavismo che è diventata la migrazione di massa

TRUMP DEMOLISCE IL PAPA: “IMMORALE IL MURO DEL MESSICO?. 1

Il loro progetto: cavalcare il prossimo crack per “più Europa” 1

NON SOLO LA MARY BARRA SBARRÒ LA STRADA A MARPIONNE. 1

Golpe 2011, Tremonti: Monti usò i soldi degli italiani per salvare le banche tedesche 1

DENARO E LIBERTA’ 1   

Ora si è superato ogni limite!

Contro lo sfruttamento del lavoro e il mercato di massa: la storia della studentessa che ha aperto un second-hand shop. 1  

Festeggiare i lavoratori e il lavoro  

Il lavoro ben XXI secolo

QUANDO IL MONDO È SCRITTO IN UNA LINGUA STRANIERA. 1

Soprammercato 1

La collusione dell’Unione europea con l’Iran. 1

Quelli che amano Maduro e le dittature sudamericane 1

Miseria e Libertà. 1  

2 anni fa, tutte le profezie avverate

Antonio Socci, la confessione di Federico Rampini sulla sinistra: “I veri fascisti siamo noi”. 1

Rampini: la notte della sinistra, che ha tradito gli italiani 1

Quelli ossessionati dal populismo 1

La scienza degli zombi: cervelli di maiali decapitati tenuti in vita per 36 ore 1

Quale 25 Aprile e quale Liberazione, nella Colonia Italia?. 1 

Quale 25 aprile. Quale 27 aprile. Quale liberazione

 

 

IN EVIDENZA

PARLARE (SEMPRE) DI MIGRANTI PER CANCELLARE DIO. ANCHE A PASQUA

www.antoniosocci.com

Antonio Socci da “Libero”, 20 aprile 2019

Ma almeno nella Settimana Santa potrebbero parlarci di Gesù Cristo? O chiediamo troppo al Vaticano e a Bergoglio?

Non so se oltre Tevere ci siano ancora cattolici (a parte Benedetto XVI e pochi altri), ma in fin dei conti la ragion d’essere della Chiesa è solo questa e la gente comune ha un desiderio infinito di ascoltare uomini di Dio che parlano di Gesù, del senso della vita e dell’eternità.

Per discettare di clima e ambiente c’è già Greta Thunberg con i suoi seguaci, non c’è bisogno di Bergoglio che, se ci credesse, metterebbe in guardia dalle fiamme dell’Inferno più che dal riscaldamento globale.

Possibile che nella Chiesa sia stata completamente spazzata via la Passione di Cristo che si consegna al massacro per amore nostro, che “si svenerà per voi” come recita un antico canto polifonico, e che risorge, sconfiggendo il male e la morte, aprendo così agli uomini la vita eterna? Quante volte sentite Bergoglio parlare di resurrezione, di eternità, di Inferno, Purgatorio e Paradiso?

Da quando è iniziata la sua stravagante epoca sudamericana (alla messa d’inaugurazione parlò di ambiente), Gesù è diventato il Grande Misconosciuto, ma ancora di più il silenzio assoluto ha riguardato la vita eterna e il mistero di Dio.

Gesù viene ancora, saltuariamente, rammentato, ma solo come pretesto per parlare di migranti. A Natale ci hanno raccontato che Gesù era migrante (anche se non è affatto vero), così – invece della nascita del Figlio di Dio – sono stati celebrati i barconi.

Nella Settimana Santa ecco di nuovo il pretesto della Passione di Cristo per parlare – come al solito – di migranti. Il card. Bassetti, bergogliano presidente della Cei, perfino nella liturgia del Giovedì Santo ha voluto ripetere le solite baggianate farlocche (“I migranti non sono un problema, sono una risorsa”).

Nella Via Crucis del Colosseo, quella con la presenza di Bergoglio, ci informa “Repubblica”, le diverse “meditazioni contestano porti chiusi e lager dei migranti”.

È chiaro che nella Passione di Cristo è compreso tutto il dolore degli uomini, ma anzitutto, almeno di Venerdì Santo, si dovrebbe parlare di lui, perché per parlare di migranti Bergoglio usa già gli altri 364 giorni dell’anno.

Se poi vogliamo proprio parlare di atrocità ci sarebbero le sofferenze dei cristiani perseguitati che però il Vaticano di Bergoglio non ama considerare perché i persecutori sono spesso i regimi dei “fratelli” islamici o quelli comunisti come la Cina che Bergoglio vuole compiacere ad ogni costo (gli ha praticamente consegnato la Chiesa cinese).

Oppure ci sarebbe da parlare dell’attacco alla vita, a cominciare da quella dei “non nati” (molti milioni ogni anno), ma questo non è un tema politicamente corretto, quindi il Vaticano se ne guarda.

D’altronde la questione migranti è del tutto fuori tempo, perché oggi – chi ha a cuore la loro vita – dovrebbe solo rallegrarsi per la fine delle stragi in mare. Tuttavia, non lo fa per non riconoscere i meriti del ministro dell’Interno.

La Chiesa africana considera una sciagura la partenza di tante energie giovani verso l’Europa. Come ha spiegato il card. Robert Sarah, africano: “La Chiesa non può collaborare con la nuova forma di schiavismo che è diventata la migrazione di massa. Se l’Occidente continua per questa via funesta esiste un grande rischio – a causa della denatalità – che esso scompaia, invaso dagli stranieri, come Roma fu invasa dai barbari. Parlo da africano. Il mio paese è in maggioranza musulmano. Credo di sapere di cosa parlo”.

Il cardinale ha anche aggiunto: “Come un albero, ciascuno ha il suo suolo, il suo ambiente in cui può crescere perfettamente. Meglio aiutare le persone a realizzarsi nelle loro culture piuttosto che incoraggiarle a venire in un’Europa in piena decadenza. È una falsa esegesi quella che utilizza la Parola di Dio per valorizzare la migrazione. Dio non ha mai voluto questi strappi”.

Proprio il card. Sarah, grande uomo di Dio, ha spiegato mille volte che la più grande carità verso gli uomini è donare loro Dio, l’annuncio cristiano, ed è questo il compito della Chiesa.

Ma la chiesa progressista ha accantonato Dio e si occupa solo di politica, schiacciata sui temi della Sinistra. Bergoglio è in campagna elettorale permanente.

Sui giornali clericali sono spariti i “principi non negoziabili” e la politica “progressista” dilaga. Il giovedì santo, sulla prima pagina di “Avvenire”, giornale della Cei, campeggiava una grande pubblicità dell’ultimo libro del gesuita padre Bartolomeo Sorge (è tornato anche lui in questo revival degli anni Settanta). S’intitola: “Perché il populismo fa male al popolo”.

Capito? Mica spiega che il laicismo o il relativismo fanno male al popolo,

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PERCHE’ GRETA NON VA IN CINA

Maurizio Blondet  20 Aprile 2019

So che ogni dimostrazione è inutile per i “gretini”, ma qui si vede come nelle emissioni di CO2  (che loro credono erroneamente causa dell’effetto-serra) i paesi europei   contribuiscono comparativamente quasi nulla.

Qui i periodi di raffreddamento (cold) e di rialzo termico (warm) dal 2050 a.C. al 2040.

 

I riscaldamenti nulla hanno a che vedere con l’industria umana; i raffreddamenti hanno una relazione con l’intensità di eruzioni vulcaniche.

Qui sotto: uno studio rivoluzionario attribuisce le variazioni climatiche alla variazione della massa dell’atmosfera (che non è una costante) più che ad altri fattori. Questa teoria è verificata dal fatto che consente di “prevedere” le variazioni climatiche anche su altri pianeti.
Sulla Terra, 750 milioni di anni orsono, la massa atmosferica era tanto sottile che i ghiacci arrivarono fino all’Equatore – e questa glaciazione durò 35 milioni di anni. La terra ha attraversato enormi sbalzi climatici: dalla suddetta glaciazione globale totale (circa 700 milioni di anni fa) a una calda “serra” senza ghiaccio ovunque sul pianeta e vegetazione subtropicale oltre il circolo polare (circa 90 milioni di fa)…

La cosa davvero preoccupante è che se questa teoria è vera, la Terra sta perdendo atmosfera nella spazio, visto che la densità atmosferica non è una costante. Ciò è confermato dalla condizione del pianeta Marte, che 3,5 miliardi di anni fa aveva un’atmosfera e dei mari, ed ha un’atmosfera rarefatta ed è diventato gelido, senza acqua sulla superficie. Ma l’attività vulcanica e la vitalità geotermica pare avere anche l’effetto di “riaddensare” l’atmosfera con le emissioni, specialmente di azoto.

https://www.omicsonline.org/open-access/New-Insights-on-the-Physical-Nature-of-the-Atmospheric-Greenhouse-Effect-Deduced-from-an-Empirical-Planetary-Temperature-Model.pdf

Ma sono spiegazioni inutili per chi vuol credere all’effetto-serra: le migliaia di giovani romani che sono andati ad applaudire Greta dimostrano che, da quando non si crede più in Dio, ogni giorno si rafforza un nuovo “culto”, dall’animalismo al vegetarismo, dall’LGBT all’ecologismo ossessivo, l’ossessione che il riscaldamento climatico è provocato dall’uomo – e specificamente dalle emissioni CO2 – le quali invece sono naturali (prodotte nella fotosintesi clorofilliana) e quando la CO2 è abbondante, la vegetazione diventa più rigogliosa – e quindi accresce anche la produzione di aria “pulita”.

Ovviamente i creduli obbediscono ai “cambi di paradigma” inseriti nelle credenze sociali dai poteri forti. Come dimostra il fatto stesso che Greta venga riucevuta ed ossequieta da tutti i potenti europei, e proposta per il Nobel.1

Chi c’e` dietro Greta Thunberg? (Prima Parte) – Per il Consenso: L’Economia Politica del Complesso Industriale Non-Profit

“La UE ha bisogno del New Deal Verde”

Quale sia l’interesse dei poteri finanziari e delle oligarchie europee a creare l’allarme climatico e la sua urgenza (“Non abbiamo più tempo”, “NEl 2030 finisce il mondo”) l’ha spiegato l’economista Paul De Grauwe: grandi investimenti  con moneta creata dal nulla per una “transizione verde” dell’economia europea psssono salvare l’euro e l’eurozona.

Ora si apprende che questa proposta è abbracciata con entusiasmo di neofita da …. Yanis Varoufakis . Sì, proprio l’ex ministro greco che non ha potuto liberare il popolo ellenico dalla tortura della UE e della BCE.

E’ apparso infatti sul Guardian un suo articolo, con questo titolo:

Il nostro piano per rilanciare l’Europa può riuscire dove Macron e Piketty hanno fallito

Yanis Varoufakis

Macron, “l’ultima speranza dell’establishment europeo” ha fallito, riconosce Varoufakis. “Il presidente francese ha tentato una strategia a due fasi: prima “germanizzare” il mercato del lavoro della Francia (essenzialmente rendendo più facile per i datori di lavoro licenziare e introducendo ulteriori misure di austerità) in modo che, nella seconda fase, egli potesse convincere Angela Merkel a persuadere la classe politica tedesca ad aderire al suo programma minimalista di riforme nell’area dell’eurozona. È stato un errore di calcolo spettacolare. Dopo che Berlino ottiene ciò che vuole nella prima fase di ogni negoziato, si dimostra riluttante o incapace di concedere nulla di sostanza nella seconda fase. […] Così Macron ha visto svanire il suo programma di riforme dell’Eurozona, e dal suo tentativo di germanizzare il lavoro, il movimento dei gilets jaunes”. Buona analisi: Macron è  infatti il più fallito dei governanti europei.

L’economista (neomarxista) Piketty “propone invece che i governi nazionali accettino di raccogliere 800 miliardi di euro (o il 4% del PIL dell’UE) attraverso un’aliquota fiscale sulle imprese armonizzata del 37%, una nuova imposta patrimoniale per le persone con € 1 milione in attivi, e una tassa sull’emissione di C02, a € 30 per tonnellata. ” L’intenzione di tassare i ricchi e

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ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

LA GUERRA DEI SESSI DEL NEOFEMMINISMO

19 Aprile 2019 di Roberto PECCHIOLI

 

In una scuola d’infanzia di Barcellona, le maestre hanno vietato la fiaba di Cappuccetto Rosso in quanto “sessista”. Contemporaneamente, hanno trasformato la leggenda di San Giorgio in quella di Santa Giorgina.

E’ ora di suonare l’allarme e iniziare una controffensiva per smascherare, bloccare e sconfiggere il nuovo femminismo, quello della quarta e quinta ondata. Supportato da tutti i cascami del post marxismo intellettuale alleato con il libertarismo, il femminismo di ultima generazione promuove una antropologia inedita fondata su un’anticaglia, la lotta di classe. Ha sostituito la lotta sociale con la guerra tra i sessi. E’ una deriva pericolosissima con due convitati di pietra, l’omosessualismo e la teoria di genere (gender), all’ombra del potere mediatico, accademico neo liberista, a cui non par vero di realizzare i suoi obiettivi distogliendo uomini e donne dalla lotta collettiva contro le ingiustizie, crimini, diseguaglianze della società di mercato.

Nessuno si oppone frontalmente al nuovo, pernicioso femminismo. Timidezza, paura delle reazioni di chi è padrone del linguaggio corrente, disinteresse da parte dei tanti concentrati sugli affari. Nello spazio impropriamente chiamato destra prevale l’avversione verso lo sforzo intellettuale e culturale. Il risultato è la prevalenza di tesi assurde e antiumane per assenza di contraddittorio. Poiché nessuna battaglia è vinta senza essere combattuta, percorriamo la Via Crucis per conoscere, spiegare e contrastare l’antropologia negativa della guerra dei sessi scatenata dalla quarta o quinta ondata femminista.

La storia del femminismo è caratterizzata da fasi definite ondate. Noi siamo convinti della giustezza delle tesi della prima, tesa a rivendicare l’uguaglianza dei diritti e delle opportunità, che ha conseguito pienamente i suoi obiettivi. Comprendiamo senza condividerle alcune tesi della seconda ondata, inaugurata negli Usa e terminata con gli anni 80 del XX secolo, imperniata sull’indagine dell’oppressione maschile ai danni delle donne.  Le fasi successive sono francamente negative, irricevibili, fondate su concetti come l’emancipazione radicale, i diritti del corpo (Jennifer Baumgardner), l’abortismo, sino alla quarta ondata, caratterizzata dall’idea di intersezionalità, l’’interconnessione di tutti i sistemi di oppressione (Kimberle Crenshaw), l’alleanza con le “lavoratrici sessuali “, le prostitute “delle quali il femminismo ha bisogno e viceversa”.

La fase presente è quella del genere come obbligo culturale, il rifiuto del fatto biologico dell’esistenza di due sessi fisiologicamente, psicologicamente e funzionalmente distinti (Judit Butler e altre). Su questo versante si gioca una partita drammatica e decisiva, in cui il femminismo è alleato con l’omosessualismo, il transessualismo e la teoria queer.  Queer significa in inglese insolito, eccentrico, fu il vocabolo usato dal padre del giovanissimo amante di Oscar Wilde per stigmatizzare lo scrittore irlandese. Ripreso dal teorico Michael Warner nell’ambito dell’attacco all’” eteronormatività ”, il termine è adesso utilizzato per ricomprendere ogni identità fluida e indefinibile dell’universo sessuale. Judit Butler afferma che femminismo e queer sono rami dello stesso albero.

Gli aspetti visibili di tali curvature ideologiche sono alla base delle ultime parole d’ordine, il “sessismo”, ovvero l’intenzione antifemminile di atti, parole, comportamenti maschili, la richiesta imperativa di leggi che puniscano la cosiddetta violenza di genere, la nascita di movimenti come #Metoo, in cui il sacrosanto rigetto per l’abuso sessuale si trasforma in odio per l’universo maschile e imposizione di una narrazione scientificamente falsa, quella dell’uomo naturalmente incline all’abuso violento.

Un elemento di enorme rilievo del femminismo dell’ultimo ventennio è la sua vicinanza con l’attivismo omosessuale nonché il rifiuto della maternità. Numerose teoriche influenti sono lesbiche; quasi tutte quelle citate, e poi Andrea Dworkin, capofila del femminismo radicale omosessuale. Una delle tesi più diffuse è che tutte le femministe possono e dovrebbero essere lesbiche. Le prime avvisaglie risalgono al 1949, ad alcune asserzioni di Simone de Beauvoir, l’autrice del Secondo Sesso, musa, compagna e complice di discutibili comportamenti privati del marxista nichilista Jean Paul Sartre. Significativo è il percorso esistenziale della psicologa Adrienne Rich, icona femminista a cavallo tra XX e XXI secolo, nota per l’affermazione che l’eterosessualità è stata imposta alle donne con la forza, sposata, divorziata e legata poi sentimentalmente sino alla morte a un’attivista donna.

Ciò che appare all’osservatore esterno, come esito delle idee uscite dai laboratori intellettuali delle università americane e dei più disparati collettivi d’occidente, è una società spappolata nel desiderio senza freni, nei diritti privi di doveri, sino al diritto legale di prescindere dalla natura: l’odium fati, emblema dell’intera postmodernità contrapposto all’antico amor fati. Questa è tuttavia la punta di un iceberg, la sovrastruttura di un cambio di paradigma esistenziale di cui occorre prendere atto. Senza comprendere che siamo immersi in una fase che possiamo chiamare tornante antropologico, non avremo possibilità di opporre un pensiero forte, alternativo e capace di energia propositiva.

Ribadiamo il rigetto di posizioni antistoriche – se ancora esistono –  tese a rifiutare in blocco le tesi femministe e l’avanzata delle donne nei ruoli sociali, concentrando la battaglia culturale sul rigetto  assoluto della guerra dei sessi, la banalizzazione dell’aborto, la tesi che il sesso, ridefinito genere, sia un costrutto culturale, la definizione dell’uomo come violentatore naturale, l’odio verso la maternità, la rivendicazione di leggi che contraddicono il principio dell’uguaglianza davanti alla legge senza distinzioni di sesso. Judit Butler è la più coerente sostenitrice del sesso/genere come prodotto sociale. Per lei, “il genere è un insieme di atti ripetuti”, un’attitudine o abitudine imposta dalla società “eteropatriarcale”, fondata cioè sul primato dei padri eterosessuali.

La crisi, il declino e l’attuale svuotamento della famiglia hamolto a che fare con il femminismo. Scrive Marcello Veneziani: “abbiamo pagato l’emancipazione femminile con la decadenza della famiglia. (…) Ciascuno valuti se il baratto è stato vantaggioso o meno, e si ponga il dubbio se una diversa soluzione – per esempio rigettare la supremazia maschile senza abbattere le differenze – avrebbe potuto comportare una più equa compensazione”. Parole sagge, ma la risposta è no, non ci poteva essere alcuna compensazione, dal momento decisivo in cui si è diffusa la pillola anticoncezionale. Unanime è il giudizio di tutte le correnti femministe: la pillola è stata un mezzo di equità e liberazione, il controllo delle nascite il primo passo verso la libertà. Un’affermazione è assai potente per il suo contenuto veritativo: tutte le politiche sono politiche riproduttive. Questo tema è essenziale. Non c’è dubbio, infatti, che il primo obiettivo di qualunque società è la sua riproduzione, ovvero la trasmissione dei suoi valori e dei suoi costrutti attraverso una serie di mezzi, il più importante dei quali è la nascita di nuovi membri.

L’atto rivoluzionario è stato separare per via farmacologica il sesso dalla procreazione. Contraccezione più la portata esplosiva dell’aborto come diritto. Non c’è dubbio che far accettare come ovvio che il feto non sia altro che un grumo di cellule di proprietà della donna, detentrice del diritto esclusivo di disporne in autonomia e di liberarsene senza limiti, remore, sensi di colpa, anzi come atto supremo di liberazione, è stata dinamite inserita nel corpo sociale. Oggi siamo al passo successivo, la separazione tecnologica (utero in affitto, tecniche riproduttive, utero artificiale) della procreazione dal sesso.

Inoltre, riappare una parola chiave: liberazione. E’ una costante di tutto il pensiero moderno, specie di quello dilagato dopo il 1968. Il femminismo si è nel tempo trasformato da movimento di rivendicazione della parità di diritti e opportunità, quindi di libertà, in elemento di dissoluzione. Liberarsi di qualcosa implica una sottrazione, una cancellazione cui succede una sostituzione di principi. Alla triade del passato, Dio, Patria, famiglia, succedettero Libertà, Uguaglianza e Fraternità, ma il risultato odierno è la fine della fraternità in nome del soggettivismo e dell’estinzione del legame comunitario; la svalutazione della libertà a liberazione; la riduzione dell’uguaglianza a equivalenza tra differenze, ciascuna enfatizzata a detrimento della dimensione comune.

La differenza femminile è rivendicata in forma agonale, rancorosa, senza riguardo per la biologia e la fisiologia. Non è più vera la cosmogonia del Genesi, maschio e femmina li creò, ma “la distinzione binaria è frutto di un sistema normativo che sancisce l’esistenza di due generi distinti e opposti”. Due affermazioni spaventano, una per la sua infondatezza, ovvero che la distinzione non faccia parte della realtà, e l’altra per la sua violenza: i generi sono distinti, ma soprattutto opposti. Preoccupa per il furore e il carico di avversione che diffonde la frase di una leader femminista: le donne hanno un’idea molto vaga di quanto gli uomini le odino. Uomini e donne sanno che non è vero, ma deprime l’inversione che sperimentiamo come elemento del pensiero e della prassi progressista: l’odio che provano loro è attribuito al nemico di cui hanno bisogno.

La carica di disgregazione sociale di convinzioni siffatte è tremenda, giacché trasferisce le differenze di visione politica e civile dal campo del dibattito a quello di un moralismo feroce. Non c’è un avversario, ma il Male, il nemico da estirpare; si torna allo scontro elementare descritto da Carl Schmitt, amico/nemico, trasferito in un’assurda guerra dei sessi. Se uomini e donne sono nemici, devono vivere separati – è tremendo il senso di apartheid per genere di certo femminismo ultimo – poiché i maschi sono istintivamente violenti contro le femmine. E’ una contraddizione: se è una costruzione sociale il genere femminile, lo è anche quello maschile, dunque è insensato attribuirgli comportamenti psicologici naturali, biologici.

Intanto, si diffondono legislazioni che trattano in modo diverso episodi di violenza a seconda se commessi da uomini o donne, in spregio dell’uguaglianza dinanzi alla legge, conquista capitale del pensiero europeo, alla quale il primo femminismo aveva inteso attribuire concretezza. Donne non si nasce, si diventa, insistono le neofemministe, pur se altre ricordano che “la nostra biologia non è stata adeguatamente analizzata”.

Un’altra idea femminista fa sorridere per la sua polemica nei confronti di una sciocchezza diffusa da Sigmund Freud, l’invidia del pene che tormenterebbe l’inconscio femminile. Non si sentiva il bisogno di teorizzare “l’invida dell’utero” di cui sarebbero vittime consapevoli gli uomini, a meno di non considerarla, come è nei fatti, la meraviglia ammirata per il mistero della fecondità. Per moltissimi, questo sentimento confuso ma vivo è alla base del rispetto profondo per la madre.

Più serio è un altro argomento femminista: metà della popolazione lavora per quasi nulla. Questa affermazione è vera, ma si sostiene entro una cornice da combattere, la riduzione di tutto a fatto economico misurabile in unità di conto. Il ruolo essenziale di madre, di educatrice, di direzione delle questioni familiari non è economicamente riconosciuto, non è circondato dal prestigio sociale che merita, appare residuale e ridicolo. Le femministe dimenticano tuttavia alcuni fatti. Uno è che la loro irruzione nelle professioni, arti e mestieri fu una scelta di sfruttamento – il primo “esercito di riserva” del capitalismo furono le donne – non di elevazione, un’altra è che occorre rifondare su basi opposte a quelle vigenti la società affinché le donne possano- se lo vogliono – armonizzare meglio il ruolo professionale e quello familiare e soprattutto scegliere liberamente se dedicarsi alla cura familiare che, nella maggioranza dei casi, è anche orientamento della vita comunitaria.

Il neofemminismo odia gli uomini per il fatto di essere tali, condividendone i tratti peggiori, individualismo, corsa al successo, cinismo. Ma il vero odio, praticato con furia e condito di disprezzo, è nei confronti della donna stessa in

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CONFLITTI GEOPOLITICI

VANDALI DELLE CHIESE. E LORO MANDANTI

Maurizio Blondet  1 Maggio 2019

“In Francia, due chiese vengono profanate ogni giorno in media. Secondo  PI-News , un sito di notizie tedesco, 1.063 attacchi a chiese o simboli cristiani (crocifissi, icone, statue) sono stati registrati in Francia nel 2018. Questo rappresenta un aumento del 17% rispetto all’anno precedente (2017), quando 878 attacchi sono stati  registrati – il che significa che tali attacchi vanno solo di male in peggio”.

Riporto un articolo di Raymond Ibrahim  (un cristiano orientale) dal sito Russian Faith:

“Un rapporto tedesco   dell’11 novembre 2017  –  prosegue –   ha rilevato che solo nelle Alpi e in Baviera sono state attaccate circa 200 chiese e molte croci sono state infrante: “La polizia sta attualmente affrontando più volte le profanazioni della chiesa, i perpetratori sono spesso giovani rivoltosi con un passato migratorio. ” Altrove sono descritti come ” giovani islamisti “. Nelle regioni europee con grandi popolazioni musulmane, sembra esserci un aumento concomitante di attacchi a chiese e simboli cristiani. Prima di Natale 2016, nella regione del Nord Reno-Westfalia in Germania, dove  risiedono oltre un milione di musulmani , circa  50 statue pubbliche cristiane  (comprese quelle di Gesù) sono state decapitate e i crocifissi sono stati rotti.

Nel 2016, in seguito all’arrivo in Germania di un altro milione di migranti per lo più musulmani, un giornale locale ha  riferito  che nella città di Dülmen “non passa giorno” senza attacchi a statue religiose nella città di meno di 50.000 persone, e immediate vicinanze. ”

Feci e ostie calpestate

In Francia sembra anche che dove aumenta il numero di migranti musulmani, così come gli attacchi alle chiese. Uno studio del gennaio 2017 ha  rivelato  che “gli attacchi estremisti islamici contro i cristiani” in Francia sono aumentati del 38%, passando da 273 attacchi nel 2015 a 376 nel 2016; la maggior parte si è verificata durante il periodo natalizio e “molti degli attacchi si sono verificati nelle chiese e in altri luoghi di culto”.

Come esempio tipico, nel 2014 un musulmano ha commesso ” atti di vandalismo ” all’interno di una storica chiesa cattolica a Thonon-les-Bains. Secondo un  rapporto (con foto) egli “rovesciò e spezzò due altari, i candelabri ei leggii, distrusse statue, abbattè un tabernacolo, rigirò una enorme croce di bronzo, fracassò una porta della sagrestia e persino ruppe alcune vetrate”.

Ha anche “calpestato l’Eucaristia”.

La profanazione  delle Sacre Specie e della Presenza Reale è una costante in questi attacchi:   tra le chiese profanate in Francia   nel solo mese di febbraio e marzo, “i  vandali saccheggiarono la chiesa di Notre-Dame des Enfants a Nîmes e usarono  gli escrementi umani per disegnare una croce  lì; il pane consacrato fu trovato gettato fuori nella spazzatura.   Nel Nord europeo, dove la desertificazione cattolica è più  definitiva che da noi , le chiese sono abbandonate  da fedeli e prive di preti, non c’è presidio né  sorveglianza – e tanto meno protezione a parte del popolo, non più cristiano.

Emmanuel Todd, il sociologo,   ha   parlato  di “cattolici-zombie”:  anche in quelle regioni che avevano resistito alla secolarizzaizone rivoluzionaria  –  la Vandea, la Bretagna  – si sono decristianizzate dopo il 1970.   Più severo il saggista  Nicolas Bonnal: “Questi catto-zombi che subiscono la distruzione delle loro  chiese senza reagire è esemplare. Non ne costruiscono più da secoli, e le guardano bruciare l’una dopo l’altra – questi morti viventi ci meravigliano, che hanno anche perduto con questo papa, “vecchio idolo che si adora per abitudine” (diceva Montesquieu) l’apparenza di fusto demografico che era il loro  carattere fino a poco fa”.

Il punto  più allarmante  è che leggi e giudici,  media e politici, coprono questi delitti. Scrive il rapporto:

“Quasi nessuno scrive e parla dei crescenti attacchi ai simboli cristiani. C’è un eloquente silenzio sia in Francia che in Germania sullo scandalo delle profanazioni e sull’origine dei perpetratori … Sui media non una parola, nemmeno il minimo indizio che potrebbe in ogni caso portare il sospetto dei migranti … Non sono i perpetratori che rischiano, ma coloro che osano associare la profanazione dei simboli cristiani alle importazioni di immigrati; vengono  accusati di odio, incitamento all’odio e razzismo “.

Ma il silenzio più assoluto ed eloquente su queste continue a crescenti profanazioni  – dell’Eucarestia! Di Cristo in corpo, sangue, anima e divinità!  –   e  quello della Chiesa gerarchica.

Il Vaticano tace sui crimini musulmani per amore degli “Immigrati” da accogliere “senza discriminazioni”. Ma almeno potrebbe chiedere, esigere magari, dai governi europei una protezione delle chiese – gli edifici – da questi vandalismi, con presidi di polizia?

Nulla. Perché il nome del primo vandalizzatore, lo conosciamo.

Ha cominciato lui. Si danno al vandalismo, allegramenti, i teologi alla moda e i preti popolari.

 

 

 

Atti di vandalismo

 

Il Cristo a testa in giù l’ha appeso non un islamico, ma il vescovo di Innsbruck nella

sua chiesa.  “Il nuovo orologio”, ha detto. 

 

 

E, continuano i prelati.  Perché è vandalismo quello che con dolore accusa

 Costanza Miriano sulla diocesi di Torino

Quindi alla fine la diocesi di Torino è andata avanti, e dopo avere rimandato ha infine tenuto davvero il corso per “insegnare la fedeltà alle persone dello stesso sesso”. 

Il Catechismo della Chiesa Cattolica però continua ad annunciare che gli atti omosessuali sono intrinsecamente disordinati, quindi non vedo come una diocesi della Chiesa Cattolica possa permettere che si insegni la fedeltà a un disordine. Come si può insegnare a rimanere in qualcosa che ferisce l’uomo nella sua più profonda identità, come si può aiutare qualcuno a rimanere nel peccato, che vuol dire “sbagliare mira”? E’ come se una mamma che vede suo figlio che si fa del male lo aiutasse a rimanerci sempre più dentro.

E’ legittimo (e anche molto comune) pensarla diversamente, ma non è legittimo insegnare diversamente a nome della Chiesa Cattolica, perché la Chiesa ha duemila anni di storia, si fonda sul sangue dei martiri, consegna un sapere che non è di nessuno se non di Cristo, e nessuno lo può modificare a suo piacimento.

Si può sempre fondare un’altra chiesa, ma non si può fare quello che si vuole della nostra”

E’  il sangue dei martiri, degli apostoli  (che non  ha mai condonato la sodomia)  e di Cristo  stesso che questi prelati vandalizzano.

“Ovviamente l’obiezione più comune, che alcuni fanno persino in buona fede (non chi dovrebbe conoscere la nostra fede, come per esempio padre Martin e molti altri), è che la Chiesa come madre deve amare tutti i suoi figli, inclusi quelli che hanno attrazione verso lo stesso sesso. Ma la Chiesa, proprio perché ama, vuole che ogni uomo realizzi il disegno di Dio, perché sa che solo così potrà essere pienamente felice.

“Dunque un sacerdote della Chiesa cattolica non può fare, in un convento, a nome dell’autorità di cui è rappresentante, un corso per insegnare a essere fedeli a qualcosa che non permette di entrare nel regno dei cieli secondo la stessa Chiesa che gli dà l’autorità di parlare”.

Dunque, questi pseudo-caritatevoli pieni di “amore” per i “diversi” calpestano la carità – se ne infischiano di condannare questi sviati alla dannazione eterna, a cui evidentemente non credono più.  Ma così ovviamente incorrono nella minaccia di Gesù: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare”.

Ma credete forse che il vescovo di Torino sia colpito dalle osservazioni addolorate di una fedele?  Eccolo ì che partecipa ballonzolando ad una manifestazione di pesante doppio-senso omosessuale:

VIDEO QUI: https://youtu.be/xv_ZFtzYgfg

La canzone “YMCA”, infatti  non è una celebrazione musicale della Young Men’s Christian Association ma al contrario ne è uno derisione; nel testo si fa tra l’altro  riferimento all’abitudine, comune fra gli uomini omosessuali  di frequentare le palestre annesse agli ostelli, frequentatissime dai giovani proletari, come luoghi di approccio e incontro a scopo sessuale. La canzone si rivolge infatti a un giovane uomo (”young man“), che viene invitato alla YMCA per scoprirne le gioie. Il tema  affrontato per mezzo di doppi sensi e allusioni maliziose, tali da suonare innocenti per coloro che non fossero a conoscenza della valenza omosessuale che aveva la frequentazione di quelle palestre. Il doppio senso è particolarmente evidente nei versi You can do… whatever you feel! (puoi fare tutto quello che senti), You can hang on with all the boys (puoi andare in giro con tutti i ragazzi), No man does it all by himself (nessun uomo fa tutto da solo).

 

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=1090314554489164&id=256131987907429&sfnsn=cwwa&funlid=qDpRoyrfmtZf6EAh

 

Mancanza  profondissima di carità verso gli ebrei mostra la nuova  Chiesa quando –  nel testo ratzingeriano  – intitolato “I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili”, si respinge, da parte cattolica, la cosiddetta “teoria della sostituzione”, secondo la quale Israele, per aver rifiutato di riconoscere Gesù Cristo come messia, avrebbe cessato di essere portatore delle promesse di Dio, in questo “sostituito” dalla Chiesa.  E dove si sostiene con decisione che tra Dio e il popolo d’Israele perdura una “alleanza mai revocata”.

Il corollario è che gli ebrei non hanno bisogno di credere al Messia chiamato Cristo e possono aspettarne un altro; che non devono essere convertiti, naturalmente.

Così, per fare un atto politicamente corretto, Ratzinger compie una mancanza di carità ssoluta verso  gli  ebrei che vuole compiacere.  Non solo si abbandona a  un suo individualissimo “Libero esame” della “sola Scriptura”    infischiandosene totalmente della Tradizione, che nel cattolicesimo è co-essenziale . Egli rinnega anche la “Scriptura”, perché è negli Atti degli Apostoli  4  che (riferisce San Luca, l’autore), trascinati gli apostoli al Sinedrio per aver guarito uno storpio,

“Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati».

“Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso».
“All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?». E Pietro disse loro: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro».

 Quello che sta dicendo Pietro – il primo Papa – ai dirigenti ebrei non è politicamente corretto.   Dice Cristo che voi avete ucciso  – ciò che la neo-Chiesa vieta ai fedeli di dire, anzi solo di pensare.

Ma soprattutto, Pietro   avverte “che la pietra che voi avete scartato è diventata pietra d’angolo.” Che “c’è salvezza”,  una sola,  non  una per gli ebrei e  una per i cristiani. E quando questi “si sentono trafiggere il cuore”  d’aver ucciso il Messia

 

Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/vandali-delle-chiese-e-loro-mandanti/

 

 

 

 

CULTURA

L’ESPRESSIONISMO ASTRATTO, OVVERO: COME LA CIA CREA IL NEO-BORGHESE

Pubblicato il 5 luglio 2012di quintoelementomusical

Un interessante articolo su Repubblica (segnalatomi dall’ottima Giustina Terenzi) svela (ma solo a chi non lo avesse già capito…) alcuni meccanismi attraverso cui la politica statunitense (l’Impero*) esercita la sua egemonia sull’intero globo, il “soft power” che modifica le forme della società attraverso l’uso di “leve” culturali lunghissime….

Cia mecenate dell’Espressionismo astratto
La prima conferma da un ex funzionario

Pollock, Rothko e Motherwell non lo sapevano, ma la loro corrente fu sostenuta dall’intelligence americana negli anni 50 e 60. Lo rivela l’ex funzionario dell’agenzia Donald Jameson, che spiega anche il perché: bisognava rilanciare l’immagine degli Usa dopo il maccartismo

ROMA – Jackson Pollock, Robert Motherwell, Willem de Kooning, Mark Rothko. Per niente facili e anche scandalosi, i maestri dell’Espressionismo astratto. Corrente davvero controcorrente, una spallata alle certezze estetiche della società borghese, che però aveva dietro il sistema stesso. Perché, per la prima volta, trova conferma una voce circolata per anni: la Cia finanziò abbondantemente l’Espressionismo astratto. Obiettivo dell’intelligence Usa, sedurre le menti delle classi lontane dalla borghesia negli anni della Guerra Fredda. Fu proprio la Cia a organizzare le prime grandi mostre del “new american painting”, che rivelò le opere dell’Espressionismo astratto in tutte le principali città europee: “Modern art in the United States” (1955) e “Masterpieces of the Twentieth Century” (1952).

Donald Jameson, ex funzionario dell’agenzia, è il primo ad ammettere che il sostegno agli artisti espressionisti rientrava nella politica del “guinzaglio lungo” (long leash) in favore degli intellettuali. Strategia raffinata: mostrare la creatività e la vitalità spirituale, artistica e culturale della società capitalistica contro il grigiore dell’Unione sovietica e dei suoi satelliti. Strategia adottata a tutto campo. Il sostegno della Cia privilegiava riviste culturali come “Encounter”, “Preuves” e, in Italia, “Tempo presente” di Silone e Chiaromonte. E forme d’arte meno borghesi come il jazz, talvolta, e appunto, l’espressionismo astratto.

I fatti risalgono agli anni Cinquanta e Sessanta, quando Pollock e gli altri esponenti della corrente non godevano di stampa favorevole negli Usa. Per chiarire il clima nei loro riguardi, basti qui ricordare una battuta del presidente Truman: “Se questa è arte io sono un ottentotto”. Ma proprio il governo americano, ricorda Jameson, in quegli anni si trovava nella difficile posizione di chi doveva promuovere l’immagine del sistema americano e in particolare di un suo caposaldo, il Quinto Emendamento, la libertà di espressione, gravemente appannato dopo il la caccia alle streghe condotta dal senatore Joseph McCarthy nel nome della lotto al comunismo.

Per fare questo, era necessario lanciare al mondo un segnale di senso opposto al maccartismo, forte e chiaro. E di questo fu incaricata la Cia, che in fondo avrebbe operato assecondando una sua coerenza. In quel periodo, paradossalmente, l’agenzia rappresentava una enclave ‘liberal’ in un mondo che virava decisamente a destra. Diretta da funzionari e agenti il più delle volte usciti dalle migliori università, spesso collezionisti d’arte, artisti figurativi o scrittori in prima persona, la Cia rappresentava il contraltare dei metodi, delle convinzioni bigotte, della furia anticomunista dell’Fbi e dei collaboratori del senatore McCharty.

“L’espressionismo astratto potrei dire che l’abbiamo inventato proprio noi della Cia – dice oggi Donald Jameson, citato dal britannico Independent – dopo aver dato un occhio in giro e colto al volo le novità a New York, a Soho. Scherzi a parte avemmo subito molto chiara la differenza. L’espressionismo astratto era il tipo di arte ideale per mostrare quanto rigido,

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https://quintoelementomusical.wordpress.com/2012/07/05/lespressionismo-astratto-ovvero-come-la-cia-crea-il-neo-borghese-pubblicato-il-21112010/

 

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Come una cellula segreta di Facebook manipola l’opinione pubblica

di Shelley Kasli

Cos’hanno in comune AfD (Alternativa per la Germania), Rodrigo Duterte, Mauricio Macri, Narendra Modi, Barack Obama, Partito nazionale scozzese e Donald Trump? Tutti hanno basato la loro campagna elettorale sui buoni consigli di Mark Zuckerberg. Basandosi sul caso delle elezioni in India, Shelley Kasli rivela come Facebook manipola i processi democratici.

RETE VOLTAIRE | BANGALORE (INDIA) | 11 GENNAIO 2018

 

Un recente articolo di Bloomberg ha rivelato come una cellula segreta di Facebook abbia permesso la creazione di un esercito di troll [1] a favore di molti governi nel mondo, compresa l’India, sotto forma di propaganda digitale finalizzata a manipolare le elezioni [2].

Sotto i riflettori, seguendo il ruolo che la sua compagnia Facebook ha svolto come piattaforma di propaganda politica, il suo co-fondatore Mark Zuckerberg ha risposto dichiarando che la sua missione è al di sopra delle divisioni partigiane.

Ma in realtà, Facebook non è solo uno spettatore politico. Quello che non dice è che la sua compagnia collabora attivamente con partiti e leader, anche chi usa la piattaforma per sedare l’opposizione, a volte con l’aiuto di molti troll che diffondono menzogne ed ideologie estremiste [3].

Questa iniziativa è guidata da Washington da un team molto discreto di Facebook, specializzato in questioni di politica globale, con a capo Katie Harbath, l’ex-stratega digitale del campo repubblicano che lavorò nel 2008 per la campagna presidenziale dell’ex-sindaco di New York Rudy Giuliani, nonché alle elezioni indiane del 2014.

Da quando Facebook ha assunto Harbath per guidare questa cellula segreta, sono passati tre anni, durante i quali la sua squadra ha viaggiato in tutti gli angoli del globo (inclusa l’India). Aiutò i leader politici mettendo a disposizione i potenti strumenti digitali della compagnia sotto forma di vero esercito di troll per scopi propagandistici.

In India e molti altri Paesi, i dipendenti di questa cellula si sono trovati di fatto agenti di campagne elettorali. E una volta eletto il candidato, tocca all’azienda sorvegliare i funzionari o fornire assistenza tecnica nella trasmissione digitale durante gli incontri ufficiali tra i capi di Stato.

Negli Stati Uniti, il personale di questa cellula ha lavorato sul campo durante la campagna di Donald Trump. In India, la compagnia ha promosso la presenza sulla rete del Primo Ministro Narendra Modi, che oggi ha più fan su Facebook di qualsiasi altro leader politico mondiale.

Durante gli incontri della campagna, i membri della squadra di Katie Harbath sono affiancati dai direttori delle vendite del settore pubblicitario di Facebook, il cui ruolo è aiutare l’azienda a trarre profitto dal particolare interesse dato alle elezioni dalle masse. Formano politici e leader per creare una pagina Facebook per la loro campagna che autenticano con una tacca blu, per utilizzare al meglio i video per ottenere attenzione, oltre che scegliere gli slogan pubblicitari. Una volta che questi candidati vengono eletti, la loro collaborazione con Facebook consente alla società di estendere significativamente l’influenza politica, con la possibilità di aggirare le leggi.

Il problema s’è esacerbato quando Facebook si pose a pilastro della democrazia in modo anti-democratico. La Freedom House, pseudo-ONG statunitense che si batte per la democrazia nel mondo [4], riferiva lo scorso novembre che sempre più Stati “manipolano i social network per indebolire le fondamenta della democrazia” [5]. Ciò si traduce in campagne diffamatorie, molestie o propaganda sostenute occultamente dai governi, per imporre la loro versione dei fatti, ridurre al silenzio il dissenso e rafforzare il potere.

Nel 2007, Facebook aprì il suo primo ufficio a Washington. Le elezioni presidenziali che si svolsero l’anno successivo videro l’avvento del primo “presidente di Facebook” nella persona di Barack Obama, che con l’aiuto della piattaforma poté raggiungere milioni di elettori nelle settimane prima le elezioni. Il numero di utenti di Facebook è esploso in concomitanza con le insurrezioni della “primavera araba” in Medio Oriente nel 2010-2011, evidenziando l’enorme influenza della piattaforma sulla democrazia.

Durante il periodo in cui Facebook scelse Katie Harbath, ex-sostenitrice di Giuliani, per guidare la sua unità politica, le elezioni divennero un tema scottante sui social media. Facebook gradualmente iniziò ad essere coinvolto nei problemi elettorali in tutto il mondo.

Facebook raggiunse alcuni dei partiti politici più controversi del mondo ignorando il principio di trasparenza. Dal 2011, la società chiede alla Commissione elettorale federale degli Stati Uniti una deroga alla legge che richiede trasparenza riguardo la promozione di un partito politico, che avrebbe potuto aiutarla ad evitare l’attuale crisi relativa alle spese pubblicitarie russe, prima delle elezioni del 2016.

Le relazioni tra l’azienda e i governi sono complicate. Facebook è stata accusata dall’Unione Europea di permettere all’islamismo radicale di prosperare sulla sua rete. La società ha appena pubblicato il suo rapporto sulla trasparenza spiegando che fornirà ai governi solo i dati sui propri utenti se la richiesta è legalmente giustificata; altrimenti non esiterà a ricorrere ai tribunali [6].

Eserciti di troll in India

Il mercato indiano è probabilmente il più vivace oggi per Facebook, superando quello degli Stati Uniti. Il numero di utenti aumenta due volte più velocemente; senza prendere in considerazione i 200 milioni di indiani che utilizzano il servizio di messaggistica WhatsApp, più che in qualsiasi altra parte del mondo.

Alle elezioni indiane del 2014, Facebook aveva già lavorato per diversi mesi su varie campagne. Modi trasse grande beneficio dal supporto di Facebook e WhatsApp nel reclutare volontari che, a loro volta, diffusero il messaggio sui social network. Dalla sua elezione, gli iscritti sono arrivati a 43 milioni; il doppio di quelli di Trump.

Nelle settimane successive all’elezione di Modi, Zuckerberg e la sua chief operating officer Sheryl Sandberg si trasferirono in India per sviluppare un progetto controverso per un servizio internet gratuito che, provocando feroci proteste, infine fu abbandonato. Katie Harbath e il suo team vennero pure in India per condurre sessioni di formazione con oltre 6000 funzionari pubblici.

Mentre Modi vedeva la propria influenza crescere nei social media, i suoi seguaci lanciarono su Facebook e WhatsApp una campagna di molestie contro i rivali politici. L’India diventava un focolaio di disinformazione, compresa la diffusione di una burla che portò a disordini che causarono la morte di diverse persone. Il Paese è diventato anche un luogo estremamente pericoloso per partiti e giornalisti dell’opposizione.

Tuttavia, non solo Modi o l’Indian People’s Party (BJP) furono indotti a utilizzare i servizi offerti da Facebook. La società afferma di fornire gli stessi strumenti e servizi a tutti i candidati, indipendentemente dal loro orientamento politico, nonché a gruppi più discreti della società civile.

Ciò che è interessante è che Mark Zukerberg stesso vuole diventare presidente degli Stati Uniti e ha già assegnato i servizi a David Plouffe (consigliere della campagna di Barack Obama nel 2008) e a Ken Mehlman (consigliere della campagna di George Bush Jr nel 2004). Attualmente lavora con Amy Dudley (ex-consigliere del senatore Tim Kaine), Ben LaBolt (ex-addetto stampa di Barack Obama) e Joel Benenson (ex-consigliere della campagna di Hillary Clinton nel 2016). [7]

La manipolazione delle emozioni da parte di Facebook

Uno studio pubblicato nel 2014 dal titolo: La dimostrazione sperimentale di un fenomeno di contagio emotivo su larga scala attraverso i social network [8] studia il rapporto tra i messaggi positivi e negativi visti da 689000 utenti di Facebook. Questo esperimento, che ebbe luogo tra l’11 e il 18 gennaio 2012, tentò d’identificare gli effetti del contagio emotivo modificando il peso emotivo delle informazioni diffuse agli utenti target. I ricercatori concludono che per la prima volta hanno “dimostrato che le emozioni possono diffondersi attraverso una rete di computer, (anche se) gli effetti di queste manipolazioni rimangono limitati”.

Questo studio fu criticato per le basi etiche e metodologiche. Nell’accesa polemica, Adam Kramer, uno dei principali istigatori di questa ricerca e membro del team dei dati di Facebook, difese lo studio in una dichiarazione della compagnia [9]. Qualche giorno dopo, Sheryl Sandberg, direttrice operativa di Facebook, fece una dichiarazione [10] durante il suo viaggio in India. Durante un evento organizzato dalla Camera di commercio di Nuova Delhi, dichiarò: “Questo studio è stato condotto nell’ambito delle ricerche effettuate dall’azienda per testare diversi prodotti, né più né meno. La comunicazione su questo argomento è stata pessima e ce ne scusiamo. Non volevamo annoiarvi”.

Quindi, per quale nuovo prodotto rivoluzionario Facebook ha condotto esperimenti psicologici per manipolare emotivamente i suoi utenti? Questi prodotti rivoluzionari sono eserciti di troll digitali che per scopi propagandistici diffondono informazioni false come una scia di polvere per aiutare i propri clienti durante le elezioni.

Poco dopo, il 3 luglio 2014, USA Today riportava che il gruppo EPIC, che promuove campagne per la privacy dei cittadini, presentava una denuncia ufficiale alla Federal Trade Commission affermando che Facebook ha infranto la legge conducendo la ricerca sulle emozioni dei suoi utenti senza il loro consenso, o neanche informarli [11]. Nella sua denuncia, EPIC afferma che Facebook ha ingannato i suoi utenti conducendo segretamente un esperimento psicologico sulle loro emozioni: “Al momento dell’esperimento, Facebook non dichiarò nella sua politica di utilizzo dei dati che le informazioni sugli utenti venivano utilizzate a scopi sperimentali. Facebook omise anche d’informare i suoi utenti che queste informazioni sarebbero state comunicate ai ricercatori”. La maggior parte delle cavie di questi esperimenti di manipolazione emotiva erano indiane [12].

Molti di noi non prestano veramente attenzione a ciò che viene pubblicato sui social network e la maggior parte di ciò che vediamo è piuttosto innocua. Almeno, questo è l’aspetto che ha a prima vista. La verità è che ciò che pubblichiamo in rete ha un impatto spaventoso. Secondo una recente ricerca condotta congiuntamente dal Pacific Northwest National Laboratory e dall’Università di Washington, i contenuti pubblicati sui social media potrebbero essere utilizzati dai software per predire manifestazioni future, forse anche il prossimo primo ministro indiano.

In un documento recentemente pubblicato da ArXiv, team di ricercatori, ha scoperto che i social network possono essere utilizzati per “identificare e prevedere eventi nel mondo reale” [13]. L’analisi di Twitter può prevedere con precisione i disordini sociali, ad esempio, quando persone usano determinati hashtag per discutere determinati problemi prima che la loro rabbia si diffonda nel mondo reale.

L’esempio più noto di questo fenomeno è avvenuto durante la primavera araba, quando evidenti segni di proteste ed insurrezioni imminenti furono avvistati in rete nei giorni precedenti le manifestazioni di piazza.

È vero anche il contrario, nel senso che la rabbia può anche essere generata dai social network e una volta raggiunto un livello ottimale può essere riversata su eventi della vita reale, come si può vedere da almeno due anni in India con casi di linciaggio di gruppo e altro.

Come funziona l’industria della disinformazione in India

In India è emersa un’enorme industria della disinformazione, che esercita un’influenza molto maggiore del tradizionale discorso politico e potenzialmente potrebbe diventare un problema di sicurezza similmente alla primavera araba se non viene padroneggiata. Nel momento in cui il linciaggio del dibattito infuria in India, è importante capire che tali incidenti non avrebbero avuto un impatto così veloce se i giovani non avessero avuto accesso a Facebook, Twitter, Youtube e altri social network. Ciò permette a tale industria della disinformazione di gestire e condividere video e informazioni falsi. Il fenomeno del linciaggio è apparso da alcuni anni come diretta conseguenza di questa industria della propaganda che si diffonde dai social network al mondo reale.

Ciò ha una dimensione completamente nuova ora che è stato rivelato che Facebook e WhatsApp hanno complottato con l’establishment creando “un esercito di troll” ai fini della propaganda digitale, scatenando le violenze in India. È un tipico caso di terrorismo. Quest’ultimo è definito come “l’uso sistematico del terrore o della violenza da parte di un individuo o di un gruppo per fini politici”. In questo caso, tale terrorismo è perpetrato da una compagnia straniera (Facebook) sul suolo indiano attraverso una guerra digitale di (dis)informazione. Cosa aspettiamo per reagire?

Una campagna di disinformazione fu condotta durante le elezioni presidenziali statunitensi. Era parte integrante della campagna ufficiale stessa in collaborazione con aziende leader. Questo stesso metodo fu utilizzato anche per guidare il dibattito sulla Brexit. Mentre parliamo, questa vasta impresa di disinformazione dipana i suoi tentacoli in India. Molti famosi atleti, celebrità,

Continua qui: https://www.voltairenet.org/article199351.html

 

 

 

DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI

La Chiesa non può collaborare con la nuova forma di schiavismo che è diventata la migrazione di massa

www.antoniosocci.com

Antonio Socci da “Libero”, 7 aprile 2019

 

A chi si è addormentato con le chiacchiere monotone e “politicamente corrette” delle élite clericali che lisciano il pelo ai salotti delle ideologie dominanti, il nuovo libro del card. Robert Sarah provocherà uno choc.

E’ sulla linea del magistero di Benedetto XVI e di Giovanni Paolo II non solo sui temi dottrinali, ma anche sulle questioni sociali del presente.

Il cardinale africano giganteggia nella Chiesa attuale per la sua autorevolezza, la sua spiritualità, per il suo distacco dalle lotte curiali e per la sua coraggiosa voce di verità.

Del resto già da giovane vescovo in Guinea  entrò in urto col regime socialista, cioè “con Sekou Touré sempre più inferocito contro questo nuovo pastore indomito difensore della fede. Dopo la morte improvvisa del tiranno, nel 1984, scopriranno che Sarah era il primo sulla lista dei nemici”  (Sandro Magister).

Specialmente sul tema dell’emigrazione  lui, africano proveniente da un villaggio poverissimo, è totalmente controcorrente rispetto al clericalismo di sinistra.

Mette in guardia dalla “barbarie islamista” (come dalla barbarie materialista), appoggia i paesi di Visegrad che difendono le loro identità nazionali e boccia il Global Compact sulle migrazioni.

Ormai – dice –“ci sono molti paesi che vanno in questa direzione e ciò dovrebbe indurci a riflettere. Tutti i migranti che arrivano in Europa vengono stipati, senza lavoro, senza dignità… È questo ciò che vuole la Chiesa? . Se l’Occidente continua per questa via funesta esiste un grande rischio – a causa della denatalità – che esso scompaia, invaso dagli stranieri, come Roma fu invasa dai barbari. Parlo da africano. Il mio paese è in maggioranza musulmano. Credo di sapere di cosa parlo”.

Così, in un’intervista a “Valeurs Actuelles” , ha presentato il suo nuovo libro, appena uscito in Francia (in italiano arriverà a fine estate), che s’intitola “Le soir approche et déjà le jour baisse” , titolo che richiama il passo del Vangelo sui pellegrini di Emmaus.

E’ un grido d’allarme sulla Chiesa, sull’Europa e sulla sua Africa che ritiene danneggiata dall’ondata migratoria: “C’è una grande illusione che consiste nel far credere alla gente che i confini saranno aboliti. Gli uomini si

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https://www.antoniosocci.com/la-chiesa-non-puo-collaborare-con-la-nuova-forma-di-schiavismo-che-e-diventata-la-migrazione-di-massa-dice-il-cardinale-africano-robert-sarah-che-mette-in-guardia/

 

 

 

 

TRUMP DEMOLISCE IL PAPA: “IMMORALE IL MURO DEL MESSICO?

PENSI A QUELLO INTORNO AL VATICANO”

Washington, 4 gennaio 2019

 

Ennesima frecciata di Donald Trump all’indirizzo del Vaticano e di Bergoglio. Parlando ieri alla Casa Bianca dopo l’incontro con i congressisti democratici ha dichiarato che il muro di confine tra Usa e Messico non si può ritenere “immorale” perché anche il Vaticano ha delle mura difensive alte 40 piedi (circa 12 metri). “E’ uno dei muri più alti esistenti!”

“Solo un muro riuscirebbe a fermare il passaggio dei clandestini provenienti dal Messico “, ha ripetuto anche stavolta. Il presidente americano ha richiesto un fondo di 5 miliardi di dollari per costruire la barriera che

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https://www.skytg24news.it/trump-demolisce-il-papa-immorale-il-muro-del-messico-pensi-a-quello-intorno-al-vaticano/?

 

 

 

ECONOMIA

Il loro progetto: cavalcare il prossimo crack per “più Europa”

Maurizio Blondet  30 Aprile 2019

Macron riceve Mattarella il 2 maggio. Non a Parigi ma ad Amboise, paesetto  della Loira,  con la scusa di onorare la tomba di Leonardo.  Gli abitanti non dovranno guardare dalle finestre (decreto comunale).  Il traffico sarà vietato dalle 7 alle 5  pomeridiane alle auto,  dalle 7 alle  13 ai pedoni. Mobilitati  300 gendarmi.

Ormai hanno abbandonato  anche la finzione del curarsi del popolo. Devono preparare  il salvataggio dell’euro-oligarchie e del sistema UE, ad ogni costo,   da tutte le spinte popolari  e gli  scollamenti che il sistema subisce per  i suoi errori e contraddizioni.

Ormai  il fallimento della moneta unica imperfetta è  la constatazione   generale  di ogni  sede autorevole.  Il Wall Street Journal ha parlato dello “incredibile restringimento dell’euro” in un articolo del l’11 febbraio, notando che mentre  tra il 2009 e il 2017  la Cina è cresciuta del 139%,  gli Stati Uniti del 34%, la UE è calato del -2%.

Eurolandia  detiene insieme il tasso di crescita più  basso del mondo e la massima disoccupazione giovanile,  36,6 per cento in Grecia, 34,1  in Spagna, 31,6  in Italia, e  anche in Francia, 24. Cifre da mettere   a confronto con l la Germania (6,1%),  Stati Uniti (12,8), Gran Bretagna (15,3).

Impoverimento delle popolazioni, indebitamento pubblico e privato crescente,   vampirizzazione di capitali e competenze  da parte del Nord a danno del Sud.

La Francia con la pretesa macroniana di non essere confusa col Sud,  ha  un debito pubblico ormai al 99% del Pil,  ma un debito privato  da far impallidire:  le imprese  francesi accumulano un debito di 4 mila miliardi, ossia del  175% del Pil, e  in aumento strutturale: dieci anni fa, all’inizio  della crisi, era del 135%. La Banque de France   stessa  ha segnalato   i rischi di liquidità e di default che potranno accrescersi nei prossimi  mesi.   Contrariamente all’Italia  che esporta ancora, la Francia ha anche un deficit commerciale enorme, e passato da 2,1  miliardi a 59,9 nel 2018.  Il Financial Times  nota che  i mercati possono da un momento all’altro svendere il debito francese, facendo salire lo spread  e  il  Per farla breve, lasciamo perdere le banche tedesche, non senza ricordare che Société Generale non sta meglio di Deutsche Bank..

Nei vent’anni di esistenza dell’euro, ha sancito uno studio del tedesco Centro  di Politica Europea, ogni italiano ha perso 73.65 euro, ogni francese 56.996,  mentre ogni tedesco avrebbe guadagnato 23.116, e un olandese  21300.

Jean Quatremer, il corrispondente di Le Monde a Bruxelles, un tempo europeista convinto, adesso ritiene che l’euro imploderà in un krack devastante, se non avviene  un salto della UE in una vera federazione.

Ora, è proprio questo crack che le euro-oligarchie sentono avvicinarsi.  Una replica  del collasso del 2008, peggiore perché gli ammortizzatori usati all’epoca  –   quantitative easing per le banche, aumento dei debiti pubblici (per le banche) – sono ormai esauriti. Qualcosa di enorme: basta pensare che l’euro è la seconda  moneta di riserva  mondiale, utilizzata da  60 paesi  del pianeta; i contraccolpi della cris dell’euro sarebbero mondiali.

Ma attenzione: nella strategia  di lorsignori, “mai sprecare una bella crisi”. L’Europa loro l’hanno completata chiusa come gabbia di ferro così, approfittando delle crisi,  a spese della popolazione sempre più misera.  Adesso

 

Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/il-loro-progetto-cavalcare-il-prossimo-crack-per-piu-europa/

 

 

 

 

NON SOLO LA MARY BARRA SBARRÒ LA STRADA A MARPIONNE

LA LETTERA CON CUI L’AD FIAT AVREBBE LANCIATO L’OPA OSTILE SU GENERAL MOTORS. NEL LIBRO DI TOMMASO EBHARDT DI ‘BLOOMBERG’, PER 10 ANNI ALLE CALCAGNA DEL MANAGER, SI RACCONTA IL MOMENTO CHE AVREBBE CAMBIATO PER SEMPRE IL MERCATO DELL’AUTO. MA ANCHE LA DIFFICILE SUCCESSIONE TRA ALTAVILLA, PALMER E MANLEY – I RUOLI DI MARY BARRA, ELKANN, OBAMA

Paolo Griseri per “la Repubblica” – 24 aprile 2019

 

Una lettera. Un documento che avrebbe potuto cambiare i destini dell’industria dell’auto.

E che non venne mai usato. Per opportunità. Perché non puoi entrare nei salotti di Washington e fare a pezzi la cristalleria. Con quella lettera Sergio Marchionne avrebbe lanciato l’ opa ostile sulla General Motors. Ottenendo da banche e investitori linee di credito per circa 60 miliardi di dollari, la somma necessaria all’ operazione. Cifra enorme per un obiettivo ambizioso: creare il più grande produttore mondiale di automobili.

 

MARY BARRA SERGIO MARCHIONNE

 

«Sergio Marchionne sa che l’operazione è molto rischiosa, che in un attacco del genere si potrebbe giocare tutta la carriera», rivela Tommaso Ebhardt nel libro-racconto sui suoi 10 anni di cronista incaricato da Bloomberg di seguire l’allora amministratore delegato di Fiat.

 

Probabilmente il testo definitivo, certamente il più informato sulla parabola del manager di Chieti.

Aggiunge Ebhardt: «Marchionne valuta l’operazione. Parla con diverse banche, americane ed europee. Trova alcuni pronti ad appoggiarlo. Ha in tasca una lettera che gli garantisce il finanziamento necessario a lanciare un’ opa ostile contro General Motors, mi confiderà anni dopo. Una lettera firmata da una banca del vecchio continente disposta a finanziare economicamente la scalata».

 

Nella primavera del 2015, quando Marchionne studia l’operazione, Mary Barra è appena arrivata al vertice di General Motors. È la prima donna a guidare il gigante di Detroit. Nella ricostruzione di Ebhardt, questo è un elemento che finisce per giocare contro la fusione: «Non ci sono le condizioni neanche per Warren Buffett. L’ oracolo di Omaha, uno dei principali azionisti di Gm, è da sempre il punto di riferimento del presidente di Fiat, John Elkann…Buffett fa capire a Elkann che non ha senso buttarsi in un’impesa disperata come quella di scalare Gm. Da Washington arrivano al numero uno degli Agnelli e al manager consigli simili: Mary Barra ha diritto di avere la sua chance senza essere attaccata».

 

Messaggio chiaro: gli uomini dei palazzi di Washington sono contrari alla scalata. Marchionne non porterà mai la lettera delle banche in consiglio di amministrazione. Anzi. Pochi mesi dopo, il 10 gennaio 2016, la sera prima dell’apertura del Salone di Detroit, nel garage della sua casa in Michigan metterà a punto con John Elkann la strategia: «Non parliamo più di fusioni. Ora devo guardarmi in casa e sputare l’anima per far esprimere al gruppo tutto il suo potenziale. Il mio compito è lasciare una cucina in ordine al prossimo chef».

 

La testimonianza di Ebhardt è un’importante conferma di ciò che era trapelato senza dettagli all’ epoca: il manager aveva il colpo in canna per conquistare Gm ma venne fermato dall’ ostilità di Washington e dai dubbi degli stessi azionisti di Fca. Non è solo una storia passata. Perché il tema delle alleanze è attualissimo e lo stesso Lingotto non esclude affatto che si possa arrivare a un accordo con un altro costruttore.

 

Nel libro testimonianza Ebhardt rivela che già nel 2013 erano iniziati i contatti con i francesi di Peugeot, che oggi sembrano tornati d’ attualità. «Quella volta – racconta – l’interlocutore di Fca è Emmanuel Macron. Il futuro presidente della Repubblica è vicesegretario generale dell’Eliseo. L’ opzione interessa a Marchionne e a Elkann. Parigi alla fine decide diversamente, salva Peugeot con un investimento diretto, in un aumento di capitale che porta anche i cinesi di Dongfeng tra gli azionisti».

 

Ma nella vicenda delle alleanze, nel diverso atteggiamento di Marchionne, desideroso di chiudere ad ogni costo, e di Elkann, più prudente, c’ è il nodo di fondo della vicenda personale del manager: l’ossessione per il tempo. È sempre il tempo che lo spinge ad accelerare, a bruciare le tappe. Non solo perché la vecchia Europa viaggia a velocità più lente di quanto accade nel resto del mondo. Ma anche perché lui, Sergio Marchionne, sa che il tempo a sua disposizione sta consumandosi. Il giovane Elkann non solo ha un altro ruolo ma anche una diversa prospettiva.

 

Marchionne non si immaginava che il tempo per lui fosse così breve. La ricostruzione di Ebhardt, le stesse confessioni del manager al cronista confermano che la morte nella clinica svizzera, il 25 luglio scorso, è stata imprevista. Il manager sapeva, e non disse, di avere una grave malattia ma non pensava certo che quella operazione alla spalla avrebbe avuto per lui esiti

Continua qui: https://www.dagospia.com/rubrica-4/business/non-solo-barra-sbarro-strada-marpionne-lettera-cui-201860.htm

 

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Golpe 2011, Tremonti: Monti usò i soldi degli italiani per salvare le banche tedesche

venerdì 29 marzo 15:59 – di Valerio Falerni

Giulio Tremonti torna a parlare e, come d’incanto, l’orologio della politica finisce per riposizionarsi su quel fatidico 2011 che certamente sarà ricordato come l’anno in cui l’economia italiana si ritrovò improvvisamente al centro di un attacco speculativo, il cui esito politico si può riassumere nella fine dell’ultimo governo scelto dagli elettori, quello guidato da Silvio Berlusconi, e l’avvento di quello tecnico affidato a Mario Monti, nominato qualche settimana prima senatore a vita. Tremonti non è tipo da sterili nostalgie. Tutt’altro: i tormenti del 2011

Continua qui: https://www.secoloditalia.it/2019/03/golpe-2011-tremonti-monti-uso-i-soldi-degli-italiani-per-salvare-le-banche-tedesche/

 

 

 

 

 

 

DENARO E LIBERTA’

 22 Maggio 2016 di Juan Manuel Prada

 

In un passaggio particolarmente luminoso della sua opera, lo scrittore Leonardo Castellani, collega direttamente l’ossessione della libertà, propria della nostra epoca, con l’egemonia raggiunta dalle forze economiche senza controllo. 

 

Il grande scrittore argentino segnala che questa ossessione per la libertà avrebbe potuto mantenere le masse imbrigliate come scimmie che si contendono in una gabbia una damigiana di vino, mentre il Denaro (la grande Finanza) si dedicava, a piccoli passi, a gestirsi i propri affari a modo autonomo, operando in forma discreta, senza vigilanza né restrizioni.

Castellani in definitiva ci propone la tesi per cui  tutta questa sagra di diritti e libertà che assaporiamo come se fossero delle golosità non sarebbero altro che delle esche che il denaro ci lancia per mantenere le masse  distratte, come si gettano le carrube ai maiali, mentre il Denaro (la grande Finanza sovranazionale) si concentrava e si moltiplicava in alcune poche mani, mentre circolava liberamente con destinazione ai paradisi fiscali, nel contempo si assicurava la sua intangibilità (e impunità) attraverso trattati e marchingegni giuridici.

Si tratta di una tesi straordinariamente suggestiva. Se gettiamo la vista all’indietro, scopriremo che la “spiritualizzazione” del Denaro (questo è il momento in cui tralascia di essere un simbolo che rappresenta il valore dei beni, per trasformarsi in una nebbia delle finanze, scollegata dai beni che in principio rappresentava) coincide con il tempo e con il tramonto delle libertà come mezzo concreto per ottenere un finalità concreta,  con la sua sostituzione per mezzo di una libertà astratta che è una libertà fine a se stessa e che infiamma le masse con idee utopistiche, imbrigliandole in una splendida e demogrottesca rappresentazione falsata. Le libertà antiche erano collegate concretamente ai lavori svolti della gentealla terra che offriva il sostentamento, alla difesa delle proprie famiglie ed alle loro forme di vita.

La libertà astratta ha riempito la gente di idee stupide ed esaltanti che, a volte gli impedivano di mantenere i piedi per terra (obbligandoli ad abbandonare il proprio lavoro, la propria terra e la propria famiglia), li insuperbivano di tale modo che mai più ritornavano ad elevare la vista al cielo, visto che la loro unica religione, a partire da allora, era costituita dalle stesse successive richieste che la libertà astratta gli forniva, assorti nei loro disdicevoli ideali utopistici, il Denaro si era dedicato a completare la spoliazione, ben sapendo che il suo latrocinio sarebbe passato inosservato; per quanto, se in qualche occasione tale ladrocini risultavano troppo ostentati, il Denaro ha auspicato nuove Dichiarazioni Universali di diritti e nuove libertà o ha ampliato già quelle esistenti, di tale modo che la golosità delle pseudo conquiste che la sua egemonia garantiva, acquistasse una maggiore varietà fino a trasformarsi in un fantasioso negozio di dolcetti.

Così che il Denaro si è inventato un modo fantasmagorico di riproduzione che gli ha permesso di moltiplicarsi in forma esponenziale, mediante mega speculazioni borsistiche e sistemi bancari di riserva frazionaria. Con la particolarità che, ogni volta che il denaro fantasmagorico voleva tramutarsi in denaro fisico, doveva saccheggiare i beni reali, dissanguando la povera gente che neppure si rendeva conto del latrocinio, perché  continuavano ad essere nella loro gabbia, litigandosi fra loro come scimmie.

Il Denaro si è inventato anche l’abuso della persona giuridica e il principio della responsabilità limitata,

 

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GIUSTIZIA E NORME

ORA SI È SUPERATO OGNI LIMITE!

Augusto Sinagra – 27 04 2019

 

L’art. 74 della Costituzione dispone che “Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata”.

Bene, cosa fa Sergio Mattarella? Ben prevedendo che una seconda deliberazione avrebbe nuovamente approvato la legge sulla legittima difesa ed egli sarebbe stato obbligato a firmarla e a promulgarla, la firma e la promulga (non vedendovi – con questo – alcun profilo di incostituzionalità) e pone in essere un atto qualificabile come estraneo all’ordine giuridico costituzionale; cioè, manda uno strano “messaggio” ai Presidenti delle Camere mettendo “paletti”, come riferisce la stampa e indicando – radicalmente fuori da ogni sua competenza istituzionale – quali debbano essere i criteri interpretativi e applicativi della legge!

Non replico nel merito a quel che egli ha detto. Non scendo a certi livelli di discussione in materia giuridica. Su questo piano io discuto con i miei pari. Aggiungo solo che mi rifiuto di credere che egli non sia consapevole del contenuto, della finalità e del “senso” dell’art. 74 Cost.

Il profilo da sottolineare è l’ennesimo episodio posto in essere dal Capo dello Stato ancora una volta di molto personale interpretazione della Costituzione e oggettivamente finalizzato (e questo è l’aspetto più grave per come esso appare) a trasmettere attraverso un atto improprio un “messaggio” alla magistratura, ad una parte della magistratura, anticipando il suo personale, non richiesto ed eccentrico giudizio non solo in quanto Capo dello Stato ma anche in quanto Presidente del Consiglio Superiore della

 

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LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

Contro lo sfruttamento del lavoro e il mercato di massa: la storia della studentessa che ha aperto un second-hand shop

 22 APRILE 2019

Iumjana Sjui ha da poco compiuto 17 anni, ma ha già aperto un proprio negozio dell’usato a Ulan-Ude e ha lanciato una collezione, creata da materiali riciclati. Afisha-Daily ha discusso con la ragazza riguardo al consumismo irrazionale, il danno del mercato di massa e il conflitto generazionale.

Ho capito che non voglio averci nulla a che fare

Da quando ero piccola mi sono interessata all’arte. Ho anche terminato la scuola d’arte e ottenuto un diploma. Quello ovviamente era un indirizzo accademico dove ho appreso delle basi e successivamente ho iniziato a disegnare cosi come mi avevano insegnato.

Ho realizzato il mio primo quadro nell’aprile del 2017. Era un autoritratto. Prima non avevo mai pensato di dipingere determinate cose, perché avevo paura, pensavo potesse essere strano. Ma ad un tratto volevo sfogare tutte le emozioni che avevo dentro. L’autoritratto è stato realizzato in 3 ore, esso mostrava due lati del mio essere: da una parte la Iumjana casalinga, che siede a casa, procrastinatrice, che non ha intenzione di andare da nessuna parte, dall’altra quella energica e divertente. L’autoritratto è stato quindi per me una sorta di introspezione.

L’idea di aprire un second hand mi era venuta già da tempo. Non sopporto per niente il mercato di massa. Viviamo in una piccola città (Iumjana vive a Ulan-Ude) e per questo i negozi più alla moda sono H&M, Zara e altri simili. Tutti si vestono lì, e poi girano, come copie tutte uguali, con gli stessi vestiti.

Col tempo ho iniziato a pensare al consumo irrazionale e al danno del mercato di massa con un significato più ampio. Una volta durante la lezione d’inglese leggemmo un articolo su tutto ciò che si nasconde dietro questa industria. Il racconto era dal punto di vista di una ragazza: lei aveva comprato un vestito, l’aveva messo una volta e poi l’aveva buttato, successivamente era andata in Bangladesh dove aveva scoperto in quali condizioni le persone lavorano su questi capi. 15 ore di lavoro respirando tante sostanze chimiche per guadagnare spicci. Aveva ripensato subito a quel vestito e aveva cambiato completamente il suo atteggiamento nell’acquisto d’abbigliamento. Questo articolo ha fatto riflettere anche me. Poi ho visto il film The true cost: è molto duro, viene mostrato tutto questo sistema dall’interno. E in quel momento ho capito che con questo mondo non volevo avere nulla a che fare.

Non ho mai pensato ai soldi

I miei sogni iniziarono a realizzarsi nella 10 classe. Nella nostra città avviarono il concorso “generazione di leaders”, nel quale insegnavano ai ragazzi le basi del business. Una delle tappe di questa competizione prevedeva la presentazione di un progetto che poi poteva essere realizzato. Decisi di partecipare e presentai il progetto Second hand online. Non vinsi il concorso ma il mio progetto risultò il più originale. Questo avvenne nel febbraio 2018 e un mese dopo lo avevo già avviato su Instagram.

In quel momento non pensavo ai soldi. Avevo raccolto una certa quantità di vestiti: avevo preso qualcosa da vecchie valigie, avevo frugato nel mio armadio e avevo trovato anche lì roba che non mettevo più, avevo preso qualche vestito da amici e conoscenti. Poi li avevo invitati nel grande appartamento di una mia amica e li facemmo la prima sessione fotografica per il progetto. Io lavoro attraverso Instagram: non vedo il senso di aprire un punto vendita e pagare l’affitto se esistono i social media. Da allora prendo roba da conoscenti o semplicemente me la danno loro. Qualcosa la trovo dai parenti. Ma la maggior parte la ricompro dai grandi second hand.

Inizialmente pensavo solo a rivendere vestiti, ma presto questo mi ha stancata. Ho pensato cosa fare e mi sono ricordata di avere un vestito che non riuscivo a vendere da tempo. Ho deciso così di realizzare delle applicazioni sopra con motivi di lavori presi dal mio sketchbook- c’era un uomo montato e smontato e sopra la scritta “ricomponiti”

I miei disegni sono idee e pensieri passati

Ho deciso di dipingere cose, affinché fossero speciali ed esclusive. Per il momento penso a dipingere su quello che mi capita e in questo modo dimostrare come si può rielaborare un vestito inutilizzato. È vero, ci sono vestiti con i quali non so che fare e per ora li vendo così come sono. Oppure succede che semplicemente io non riesca a realizzare l’idea a causa di impegni scolastici e altre cose. A volte però mi faccio aiutare dai miei amici artisti. Spiego loro l’idea, dipingono e successivamente ricevono una percentuale sulla vendita.

La mia collezione è collegata al mondo del buddismo, poiché la Burazia (Ulan Udė è la capitale della Repubblica) è il centro del buddismo in Russia. La nostra mentalità è strana per i locali, in quanto recepiamo tutte queste tradizioni religiose, proverbi e credenze popolari molto seriamente. Tutto questo è interessante da studiare e ciò è per me fonte di ispirazione. Per esempio, c’è un golf con una scritta sulla schiena: “Malelingue”. Da una parte è una frase puramente russa, dall’altra abbiamo una pratica ad essa legata. Al tempo del Datsan (una università e monastero presso i russi buriati) vivevano i lama (i monaci buddisti) , tra i quali vi erano i lama-astrologi, dai quali si poteva andare e chiedere della propria vita. Dopo averlo studiato, sono venuta a sapere che proprio loro usavano nelle loro pratiche la frase: “Malelingue alle spalle” e volevo quindi ricamarla sul vestito.

Come nell’arte figurativa i miei disegni sono idee e pensieri passati, che esprimo sui tessuti. Ci sono jeans degli anni ’90, sui quali abbiamo disegnato gli occhi dei lemuri. Questi sono collegati non solo con il buddismo, ma anche con la cultura tibetana. Mi sono riusciti molto bene. Avevo poi una giacca di pelle con caratteri cinesi, che dicevano “colui che sta tornando a casa”. Questa riguardava la situazione tra il Tibet e la Cina. Io appoggio pienamente la questione dell’autonomia del Tibet, in quanto sembra che la Cina stia distruggendo la cultura di questo Paese, ripiegandola sotto di sé.

A volte le persone non capiscono i miei disegni o i ricami sul vestito, pensano che sia semplice

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http://russiaintranslation.com/2019/04/22/contro-lo-sfruttamento-del-lavoro-e-il-mercato-di-massa-la-storia-della-studentessa-che-ha-aperto-un-second-hand-shop/

 

 

 

 

 

Festeggiare i lavoratori e il lavoro

Marco Paladino – 1 05 2019

Se in questo paese si ha l’ardire di festeggiare i lavoratori e il lavoro come un diritto, quando tutte le componenti, politica e sindacati in testa, hanno prodotto in questi decenni, il massimo sforzo per tentare di distruggerlo, allora vuol dire che si può festeggiare di tutto.

 

Da domani verranno introdotte le seguenti festività:

 

1) Festa della sconfitta definitiva della mafia e dei poteri criminali;

2)  Festa della sconfitta definitiva di tutte le malattie;

3) Festa della sconfitta definitiva dei terremoti e delle calamità;

 

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Il lavoro nel XXI secolo

Federica Francesconi – 1 05 2019

Il lavoro, nella fattispecie quello del XXI secolo, le cui fu forme sono allineate alla dottrina neoliberista, non nobilita affatto l’uomo, anzi, lo degrada ad animale che deve sopravvivere in una giungla a lui ostile dove la legge che domina è quella dello sfruttamento e della competizione tra simili. Il darwinismo sociale è penetrato in tutte i gangli della società, persino nel DNA umano. Vediamo il darwinismo sociale agire indisturbato in tutte le professioni, da quella di imbianchino a quella di professore.

 

Mors tua vita mea. Che cosa penso del 1 maggio? Oggi è solo una ricorrenza intrisa di retorica vuota, come vuote ed annichilite sono le coscienze di chi si appella alla difesa dei valori costituzionali, calpestati quotidianamente e mai applicati alla veramente in 70 anni di storia repubblicana.

 

Siamo in mano a un branco di cyborg neoliberisti spietati e ancora meniamo il can per l’aia? Scendere in piazza una volta all’anno per ostentare principi di uguaglianza serve solo ad illudersi di essere ancora liberi dietro le sbarre di una gabbia dorata. La chiave per aprirla è stata buttata da tempo ma noi continuiamo ad ingannarci sulla possibilità di una nuova liberazione dalla schiavitù che

 

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LA LINGUA SALVATA

QUANDO IL MONDO È SCRITTO IN UNA LINGUA STRANIERA

“Dove finiscono le parole” di Andrea Delogu

di Cristiana Saporito / 23 aprile 2019

 

Ne sono sempre stata convinta. Prima ancora di saperlo. Quello che chiamiamo “mondo” è solo una macchia di pagine, un’occasione di voci e tempeste su cui la vita nevica, come una fitta continua, inseparata dal suo odore e dalla febbre del suo inchiostro. Insomma, io che non ho conosciuto quasi niente che non fosse rinchiuso da un libro, io che non ho mai imparato a pedalare, ma sfreccio su un romanzo senza frenare gli occhi perché su quella pista proprio non posso deragliare, non riesco a immaginare neanche una scheggia d’universo che non sia fatta di parole. Uno scarto di sbadiglio che non ci chieda l’urgenza di essere letto, dato che è lì, appollaiato nel suo imperativo. Per me leggere è un prurito, una tosse convulsa, uno spasmo amoroso che trasuda dai polmoni. Diciamo un atto involontario camuffato da lavoro. Quindi, avvicinarsi al testo di Andrea Delogu è stata certamente un’esperienza un po’ straniante. Siamo in terra di antipodi, nell’emisfero opposto a quello di avvitamenti e fiction in cui sento di giocare in casa.

Dove finiscono le parole (Rai Libri, 2019) è semplicemente la storia non facile della sua autrice. Non si racconta qui per la prima volta. L’ha fatto già nel 2014 con La collina (Fandango Libri)realizzato insieme ad Andrea Cedrola, in cui squaderna la sua infanzia a bordo della bolla di San Patrignano, comunità di recupero per tossicodipendenti. Il suo passato da figlia di figli fragili, frantumati dalla droga e ricomposti dal coraggio, viene esperito e narrato come una rara avventura. Un privilegio d’incontri che le è rimasto addosso.

Questo è un altro angolo della sua stanza. Come esplicita già il sottotitolo, quello della sua dislessia. Quello di una persona per cui leggere è tutto tranne che un istinto.

Andrea è una ragazzina brillante, pronta a cogliere, a discutere, curiosa di fiutare le correnti e le domande che piovono per innaffiare le cose. Ma da subito si accorge che le parole, quelle scritte, impattano su di lei come un pianetoide. Sono un corpo estraneo, roccioso, un incontro oscuro in cui “mamma” si confonde con “mucca”, mentre per il suo migliore amico quei primi istanti di lettura sembrano provenirgli dalla pelle, così naturali, così destinati alla sua bocca. «All’epoca stavo appena cominciando a rendermi conto che qualcosa non funzionava nel mio rapporto con le lettere, perché lui le gestiva benissimo e non mostrava alcuna esitazione, mentre io stavo lì a riflettere, a guardarle, a capovolgerle, ribaltarle, e continuavo a faticare da matti per dar loro un senso».

Andrea inizialmente non si allarma, vuole salvare il suo guscio e si convince solo di conoscere un piccolo prodigio.

Ma la scena a scuola non cambia. Quando si tratta di leggere, il confronto con la pagina si tramuta in una prova a cronometro, una scalata contro una vetta pensata per scivolarci sopra e il giudizio che si forgia su di lei, in classe, in un contesto educativo di fine anni ottanta totalmente impreparato a riconoscere i disturbi dell’apprendimento, è quello di un’alunna svogliata, intorpidita dalla noia, incapace di sintonizzarsi con i ritmi del gruppo, intelligente ma incostante, solo per sua volontà.

E col tempo, con i passaggi di grado, questa percezione non s’inclina. “Dislessia” è ancora un termine alieno, che nessuno pronuncia accanto al suo caso. Andrea si diploma con fatica, schivando ogni anno lo spettro della bocciatura, sorretta dall’appoggio dei suoi compagni di studio che, al contrario di quanto spesso avviene, si attivano per sostenerla senza additarla.

Per fortuna, parallelamente a un mondo codificato per farla sudare e sentire in crisi, esiste un sistema in costante espansione, quello della comunicazione mediale, della tv, da cui fin da piccola impara la sua lingua, e poi quello della Rete, una piattaforma di occasioni sempre nuove, di canali audiovisivi in cui Andrea riesce ad esprimersi senza impigliarsi negli spigoli. Un giorno, un semplice video su YouTube intercettato da sua madre, le permette di appurare che tutti quegli stenti, quei decenni di

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Soprammercato

so-pram-mer-cà-to

SIGN Usato solo nella locuzione ‘per soprammercato’, col significato di ‘per giunta’

composto di sopra e mercato.

Questa parola, dopo una normale imperscrutabile incubazione, è attestata per iscritto nella prima metà del Cinquecento, quando l’italiano stava convergendo su un canone più definito (anzi, curiosamente è attestato dalla penna di Bembo, proprio uno dei protagonisti del dibattito sulla lingua da adottare in Italia). Sono secoli che viene data per morta o moribonda, ma continua ad essere usata – per quanto nella sola locuzione ‘per soprammercato’.

Ora, questa locuzione ha il significato semplice di ‘per giunta’, un’espressione delle più comuni, che affolla i nostri giorni. Proprio per questo avere un’alternativa che, se non spiazza, almeno sorprende con un gusto diverso, è piuttosto importante. Inoltre ciò che descrive non è un’aggiunta astratta: l’immagine sintetica del ‘soprammercato’ disegna insieme la base e l’aggiunta. Intercorre già un mercato, si sta già ricevendo qualcosa e sopra di questo si riceve altro – tant’è che ai tempi in cui viveva per conto suo il soprammercato era

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PANORAMA INTERNAZIONALE

La collusione dell’Unione europea con l’Iran

di Judith Bergman • 29 aprile 2019

  • L’obiettivo principale dell’Instex, lo Strumento a sostegno degli scambi commerciali, è quello di garantire che l’Europa – e potenzialmente i Paesi terzi – possa continuare a fare affari con i mullah in Iran senza rischiare sanzioni da parte degli Stati Uniti per aver violato delle sanzioni americane.
  • Federica Mogherini, il capo della politica estera dell’Ue, sembra fortemente impegnata a garantire che l’Iran e l’Europa continuino a beneficiare di vantaggi economici dall’accordo sul nucleare iraniano illegale, non firmato e non ratificato. La Mogherini ha ribadito che l’Iran sta rispettando il PACG. Non è così. Il segretario di Stato americano Mike Pompeo, riferendosi ai documenti sequestrati da Israele, ha dichiarato che l’accordo sul nucleare è stato “costruito sulle menzogne”.
  • Nessun tipo di violazioni dei diritti umani, per quanto atroci possano essere – o di azioni terroristiche contro i propri cittadini o di inganni per acquisire una tangibile capacità nucleare da scatenare contro Israele, gli Stati Uniti per poi infine minacciare l’intero Occidente – si direbbe scoraggiare l’Ue dalla sua collusione criminale con l’Iran. L’Europa pare determinata ad andare incontro alla distruzione in piena consapevolezza.

L’Unione europea ribadisce che l’Iran sta rispettando il PACG. Non è così. Il segretario di Stato americano Mike Pompeo, riferendosi ai documenti sequestrati da Israele, ha dichiarato che l’accordo sul nucleare è stato “costruito sulle menzogne”.

Il 31 gennaio, Gran Bretagna, Francia e Germania hanno annunciato un nuovo meccanismo di pagamento, il cosiddetto Strumento a sostegno degli scambi commerciali (Instex). Questo meccanismo è finalizzato a preservare il Piano d’azione congiunto globale (PACG) noto anche come accordo sul nucleare iraniano, dopo che gli Stati Uniti si sono ritirati dall’accordo nel maggio del 2018 e poi hanno deciso di ripristinare – e di ampliare – le sanzioni a carico di Teheran, nel novembre del 2018. L’obiettivo principale dell’Instex è quello di garantire che l’Europa – e potenzialmente i Paesi terzi – possa continuare a fare affari con i mullah in Iran senza rischiare sanzioni da parte degli Stati Uniti per aver violato delle sanzioni americane.

“Instex appoggerà il legittimo commercio europeo con l’Iran, focalizzandosi inizialmente sui settori più essenziali per la popolazione iraniana, come quello farmaceutico, dei dispositivi medici e dei prodotti agro-alimentari”, hanno affermato in una dichiarazione congiunta i ministri degli Esteri di Gran Bretagna, Germania e Francia. A lungo termine, Instex punta ad aprire ad altri paesi che desiderano intrattenere scambi commerciali con l’Iran, si legge nella dichiarazione congiunta. Federica Mogherini, l’Alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza e vicepresidente della Commissione europea, ha dichiarato che Instex è “essenziale per la continua e piena attuazione dell’accordo sul nucleare”.

La Mogherini sembra fortemente impegnata a garantire che l’Iran – e l’Europa – continuino a beneficiare di vantaggi economici dall’accordo sul nucleare iraniano illegale, non firmato e non ratificato. “Oltre all’attuazione [dell’accordo] da parte dell’Iran, la rimozione delle sanzioni legate al programma nucleare è parte essenziale dell’accordo, pertanto continueremo a lavorare per preservare i dividendi economici della revoca delle sanzioni”, la Mogherini ha affermato di recente. “La nostra sicurezza collettiva richiede una solida architettura multilaterale per la non proliferazione e il disarmo. Per questo motivo l’Unione europea continuerà a lavorare per preservare l’accordo sul nucleare iraniano”, ha aggiunto la Mogherini, la quale ha sottolineato che Teheran sta rispettando il PACG.

Non è così. Il segretario di Stato americano Mike Pompeo, riferendosi ai documenti sequestrati da Israele, ha dichiarato che l’accordo sul nucleare è stato “costruito sulle menzogne“. Inoltre, come si legge in un articolo dell’esperto iraniano Majid Rafizadeh, il capo dell’Organizzazione iraniana per l’Energia atomica, Ali Akbar Salehi, in una recente intervista alla tv di Stato iraniana Channel 2ha affermato chiaramente che il fragile “accordo sul nucleare”, promosso dall’allora presidente americano Barack Obama, non ha fatto niente per impedire all’Iran di fare progressi nell’ambito del proprio programma nucleare. “Gli ultimi report sul progresso del programma nucleare di Teheran”, ha scritto Rafizadeh, “mostrano anche che l’Iran è sul punto di modernizzare il proprio sistema di produzione di uranio altamente arricchito che può essere utilizzato per costruire un’arma nucleare”.

I paesi membri dell’Ue come Francia, Germania e Regno Unito continuano a sostenere che l’Iran sta rispettando i suoi accordi: tali paesi evidentemente vogliono continuare a fare affari con i mullah. I dati ufficiali dell’Ufficio federale di statistica tedesco hanno rivelato che le esportazioni tedesche verso l’Iran sono aumentate del 4 per cento raggiungendo i 2,4 miliardi di euro nei primi dieci mesi del 2018 e i volumi delle esportazioni mensili dovrebbero attestarsi in media tra i 200 e i 250 milioni di euro al mese nel 2019. Nell’ottobre del 2018, le merci tedesche esportate in Iran ammontavano a quasi 400 milioni di euro, registrando un aumento dell’85 per cento rispetto all’ottobre precedente e costituendo il più alto volume mensile dal 2009, secondo la Reuters.

Un rapporto dell’intelligence tedesca ha inoltre rilevato che “l’Iran ha continuato a portare avanti il suo ambizioso programma di acquisizione della tecnologia necessaria per sviluppare il proprio programma missilistico”. Gran parte di questa attività a quanto pare ha avuto luogo in Germania: gli sforzi di Teheran finalizzati a sviluppare i suoi programmi nucleari e missilistici hanno comportato “32 tentativi di acquisire illegalmente tecnologia nucleare (…) che di certo o con buona probabilità sono stati intrapresi a beneficio dei programmi di proliferazione” nel land del Nord Reno-Westphalia, ha reso noto Fox News nel 2017.

La Germania si rifiuta perfino di rivelare i tentativi iraniani di ottenere armi nucleari e tecnologia missilistica, e afferma che non divulgherà più tali dati statistici, ha di recente riportato Fox News.

Se i tentativi iraniani di dotarsi di armi nucleari non scoraggiano le maggiori potenze dell’Ue dall’intrattenere relazioni commerciali con Teheran, allora esse che ne pensano della terrificante situazione dei diritti umani in Iran? L’Europa, dopotutto, ama vantarsi di essere impegnata a favore dei diritti umani. “L’Unione europea”, sostiene l’Ue, “si è assunta l’impegno di promuovere e tutelare i diritti umani. (…) I diritti dell’uomo rivestono un’importanza decisiva nelle relazioni dell’Ue con altri paesi e regioni del mondo. (…) La politica dell’Ue punta a:

  • promuovere i diritti delle donne, dei bambini, delle minoranze e degli sfollati
  • combattere la pena di morte, la tortura, la tratta di esseri umani e le

Continua qui: https://it.gatestoneinstitute.org/14160/collusione-ue-con-iran

 

 

 

 

Quelli che amano Maduro e le dittature sudamericane

Nicola Porro – 1 maggio 2019

Zuppa di Porro: rassegna stampa del 1° maggio 2019.

VIDEO QUI: https://youtu.be/NyldoxrmzBg

https://www.nicolaporro.it/quelli-che-amano-maduro-e-le-dittature-sudamericane/?utm_source=Notification&utm_medium=Firebase&utm_campaign=Web-Push

 

 

 

POLITICA

Miseria e Libertà

MV, La verità 28 aprile 2019

Non si è ancora spenta l’eco del 25 aprile, col monito di Mattarella di non barattare la libertà con l’ordine. Risuona nelle mie orecchie l’unica vera, sensata obiezione alle opinioni qui espresse sul 25 aprile: come ricordò l’antifascista Vittorio Foa al fascista Giorgio Pisanò, tu oggi sei libero di parlare perché vincemmo noi il 25 aprile. Ancor più vero sulla bocca di Vittorio Foa che fu un antifascista contro il regime imperante, finì in carcere, non fu un antifascista postumo, quando era facile e vantaggioso esserlo.

Però io vorrei capire che ne è adesso della libertà, com’è concepita e vissuta oggi dalla gente comune. Vorrei cioè provare su strada le declamazioni sulla libertà di Mattarella o nel nome di Foa. Provo a mettere la modalità silenzioso al chiasso sulla Resistenza e l’antifascismo e a concentrarmi sulla libertà presente e corrente. Ma cos’è oggi questo Valore assoluto, la Libertà, che non va barattato né con l’ordine né con nessun altro bene o principio? Come viene di fatto intesa e praticata la sullodata libertà dalla gente comune, dai ragazzi, dalle fabbriche d’opinione dei nostri giorni?

Giravo da solo tra la gente nel dì di festa, il 25 aprile, sentivo i discorsi ai bar o dei ragazzi appollaiati sui motorini, ho fumato un sigaro in un angolo appartato dove spinellavano i ragazzi e c’era un viavai di immigrati. Ascoltavo le loro chiacchiere e mi ricordavano altri discorsi già sentiti altrove. Cambiano i linguaggi, ma non gli orizzonti. E alla fine sento di poter rispondere in questo modo alla domanda, cos’è mai la libertà per la gente, per i giovani, per l’opinione corrente? È la libertà di fare tutto quel che io mi sento di fare, che mi gira in testa; libertà è non avere limiti, salvo quelli economici, liberarsi di regole, obblighi morali e confini, liberare i propri desideri, vivere come mi va, io sono ciò che voglio essere; senza seguire nessuna prescrizione, nessuna tradizione, nessuna regola. Anche se poi, di fatto, segui la moda, i trend, i riflessi condizionati, i consumi veicolati, le opinioni prefabbricate. E poi, niente da pensare, solo cose da comprare.

Alla fine, anche i grandi discorsi umanitari e moralistici che vengono allestiti in tema di accoglienza, di libertà sessuale, di diritti degli omosessuali o lgbt, di liberalizzazione della cannabis e via crescendo vanno a finire lì, vengono tradotti nella pratica corrente e nella vita quotidiana con questo senso largo, illimitato, spicciolo, singolo e sguaiato, della libertà. Ma si, ognuno può fare quel che vuole, se vuol andarsene dal suo paese o dalla sua famiglia è libero di farlo e va accolto in ogni caso, anche se non è in regola; se vuol far uso di sostanze e praticare il sesso come preferisce, salvo alcune precauzioni tecniche, è libero di farlo; se vuole cambiar sesso, natura, destinazione d’uso alla sua vita e ai suoi legami, in corso d’opera, sottrarsi alle responsabilità di genitore, di figlio o d’altro, ha diritto di farlo. È questa la libertà, nel puro volere, diritto di mutare e di negare, non porre limiti alle proprie voglie, evitando solo di commettere i reati; ma anche in quel caso c’è indulgenza, c’è giustificazione sociale e giudiziaria, i detenuti vanno capiti e perfino osannati, come ha mostrato il Papa pasquale; devono star dentro il meno possibile, le carceri son piene, è inutile arrestare i delinquenti. Non dicevamo che la libertà non va barattata con la tutela, con la sicurezza, come ricordava pure il Mattarella? Insomma, quel bene prezioso e assoluto rispetto a cui siamo pronti a sacrificare ogni altra cosa, ogni principio, fede, legame, verità, responsabilità, è questa libertà. Ognuno viva come vuole, anche se le vecchie zie di un tempo li avrebbero chiamati Porci Comodi. Ma ogni giorno tv e media ci sgranano il rosario arcobaleno; ho visto perfino in una seduta spiritica del Maurizio Costanzo show una specie di carnevale trans-omo-lgbt, con le sue star redivive, ripetere questi Sacri Principi, “L’importante è stare bene con me stesso” e via ripetendo il repertorio di banalità libertarie, libertine, libertose.

Allora torno a Foa e dico: ma era questa la libertà per cui lui si è battuto ed è finito in galera, è questa la libertà di cui dobbiamo esser grati e alla quale sacrificare ogni altro principio? È questa, Presidente Mattarella, la libertà che non

Continua qui: https://www.marcelloveneziani.com/articoli/miseria-e-nobilta/

 

 

 

 

 

2 ANNI FA. TUTTE LE PROFEZIE AVVERATE. È ANDATO TUTTO COSI’.

Sisto Ceci – 1 maggio 2019

Il vento sta cambiando

I sondaggi elettorali danno il PD in forte calo a livello Italia , se continua così perderanno le amministrative nelle grandi città , poi perderanno il referendum di conferma costituzionale a dicembre e le politiche del 2018 .Renzi non si rende conto che gli italiani sono terrorizzati e sempre più incazzati per l’invasione degli immigrati , che condannano sempre più numerosi la folle , criminale, antinazionale gestione della politica dell’accoglienza indiscriminata, che il problema immigrazione ormai è al primo posto, più della crisi economica, nei pensieri e nelle preoccupazioni degli italiani perché ad essa è legata la questione sicurezza e dell’ordine pubblico delle città, del decoro urbano ,un lontano ricordo del welfare ormai in via di collasso per l’assistenza gratuita a milioni di inutili immigrati, a tutti i livelli ,

 

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Antonio Socci, la confessione di Federico Rampini sulla sinistra: “I veri fascisti siamo noi”

31 Marzo 2019 di Antonio Socci


www.antoniosocci.com

 

«Debuttai come giornalista (in nero e senza un contratto di lavoro, proprio come si usa oggi) nel 1977 alla Città futura. Era il giornale della Federazione giovanile comunista italiana». Così impietosamente Federico Rampini – oggi firma di punta di Repubblica – ricorda il suo esordio professionale nel suo ultimo libro, “La notte della sinistra”, dove affonda il coltello nelle contraddizioni, nelle ipocrisie e negli errori della sua parte politica, che elenca: «dall’ immigrazione alla vecchia retorica europeista ed esterofila, dal globalismo ingenuo alla collusione con le élite del denaro e della tecnologia».

 

Il libro di Rampini in pratica demolisce la Sinistra.

 

L’ autore invita anzitutto a smetterla di «raccontarci che siamo moralmente superiori e che là fuori ci assedia un’orda fascista».

Invita anche a smetterla «di infliggere ai più giovani delle lezioni di superficialità, malafede, ignoranza della storia.
Si parla ormai a vanvera di fascismo, lo si descrive in agguato dietro ogni angolo di strada, studiando pochissimo quel che fu davvero… Si spande la retorica di una nuova Resistenza, insultando la memoria di quella vera (o ignorandone le contraddizioni, gli errori, le tragedie)».
Poi l’ autore ricorda le orribili assemblee studentesche degli anni Settanta, dove «gli estremisti, decidevano chi aveva diritto di parola e chi no. “Fascisti”, urlavano a chiunque non la pensasse come loro. L’ élite di quel momento (giovani borghesi, figli di papà, più i loro ispiratori e cattivi maestri tra gli intellettuali di moda) era una Santa Inquisizione che sottoponeva gli altri a severi esami di purezza morale, di intransigenza sui valori».

FILASTROCCHE
Attualmente sembra si sia disinvoltamente cambiato tutto, ma «nel politically correct di oggi sono cambiate solo le apparenze, il linguaggio, le mode. Tra i guru progressisti ora vengono cooptate le star di Hollywood e gli influencer dei social, purché pronuncino le filastrocche giuste sul cambiamento climatico o sugli immigrati. Non importa che abbiano conti in banca milionari, i media di sinistra venerano queste celebrity. Mentre si trattano con disgusto quei bifolchi delle periferie che osano dubitare dei benefici promessi dal globalismo».

Le parole d’ordine e gli slogan dell’attuale Sinistra vengono demoliti con chirurgica precisione. I sovran-populisti sono accusati di alimentare la paura? «Da quando in qua» si chiede Rampini «la paura è una cosa di destra, anticamera del fascismo? Deve vergognarsi chi teme di diventare più povero? Chi patisce l’insicurezza di un quartiere abbandonato dallo Stato?».

E le parole identità, patria, interesse nazionale? Rampini sconsolato scrive: «dobbiamo smetterla di regalare il valore-Nazione ai sovranisti…». A loro – dice – «abbiamo lasciato» la parola Italia: «certi progressisti» si commuovono per le grandi cause come «Europa, Mediterraneo, Umanità» mentre ritengono la nazione «un eufemismo per non dire fascismo».

Solo che la liberal-democrazia è nata proprio «dentro lo Stato-nazione» e Mazzini e Garibaldi «erano padri nobili della sinistra», la quale peraltro ha «venerato tanti leader del Terzo Mondo – da Gandhi a Ho Chi Minh a Fidel Castro –

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https://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/13446227/antonio-socci-la-confessione-di-federico-rampini-sulla-sinistra-i-veri-fascisti-siamo-noi.html?fbclid=IwAR1uQ5ieLEZU3Z1Vn6R9CkYGK_QqYdgjX4TaB0sAVqtIEtGywVqCJ_0XX6k

 

 

 

 

 

 

Rampini: la notte della sinistra, che ha tradito gli italiani

Scritto il 04/4/19

«Debuttai come giornalista (in nero e senza un contratto di lavoro, proprio come si usa oggi) nel 1977 alla “Città Futura”. Era il giornale della Federazione giovanile comunista italiana». Così impietosamente Federico Rampini – oggi firma di punta di “Repubblica” – ricorda il suo esordio professionale nel suo ultimo libro, “La notte della sinistra”, dove affonda il coltello nelle contraddizioni, nelle ipocrisie e negli errori della sua parte politica, che elenca: «Dall’immigrazione alla vecchia retorica europeista ed esterofila, dal globalismo ingenuo alla collusione con le élite del denaro e della tecnologia». Il libro di Rampini in pratica demolisce la sinistra. L’autore invita anzitutto a smetterla di «raccontarci che siamo moralmente superiori e che là fuori ci assedia un’orda fascista». Invita anche a smetterla «di infliggere ai più giovani delle lezioni di superficialità, malafede, ignoranza della storia. Si parla ormai a vanvera di fascismo, lo si descrive in agguato dietro ogni angolo di strada, studiando pochissimo quel che fu davvero… Si spande la retorica di una nuova Resistenza, insultando la memoria di quella vera (o ignorandone le contraddizioni, gli errori, le tragedie)».

Poi l’autore ricorda le orribili assemblee studentesche degli anni Settanta, dove «gli estremisti decidevano chi aveva diritto di parola e chi no. “Fascisti”, urlavano a chiunque non la pensasse come loro. L’élite di quel momento (giovani borghesi, figli di  papà, più i loro ispiratori e cattivi maestri tra gli intellettuali di moda) era una Santa Inquisizione che sottoponeva gli altri a severi esami di purezza morale, di intransigenza sui valori». Attualmente sembra si sia disinvoltamente cambiato tutto, ma «nel politically correct di oggi sono cambiate solo le apparenze, il linguaggio, le mode. Tra i guru progressisti ora vengono cooptate le star di Hollywood e gli influencer dei social, purché pronuncino le filastrocche giuste sul cambiamento climatico o sugli immigrati. Non importa che abbiano conti in banca milionari, i media di sinistra venerano queste celebrity. Mentre si trattano con disgusto quei bifolchi delle periferie che osano dubitare dei benefici promessi dal globalismo». Le parole d’ ordine e gli slogan dell’attuale sinistra vengono demoliti con chirurgica precisione. I sovran-populisti sono accusati di alimentare la paura? «Da quando in qua», si chiede Rampini, «la paura è una cosa di destra, anticamera del fascismo? Deve vergognarsi chi teme di diventare più povero? Chi patisce l’insicurezza di un quartiere abbandonato dallo Stato?».

E le parole identità, patria, interesse nazionale? Rampini, sconsolato, scrive: «Dobbiamo smetterla di regalare il valore-nazione ai sovranisti». A loro, dice, «abbiamo lasciato» la parola Italia: «Certi progressisti» si commuovono per le grandi cause come «Europa, Mediterraneo, Umanità», mentre ritengono la nazione «un eufemismo per non dire fascismo». Solo che la liberal-democrazia è nata proprio «dentro lo Stato-nazione», e Mazzini e Garibaldi «erano padri nobili della sinistra», la quale peraltro ha «venerato tanti leader del Terzo Mondo – da Gandhi a Ho Chi Minh a Fidel Castro – che erano prima di tutto dei patrioti». La sinistra nostrana si entusiasma solo per il sovranismo altrui. Rampini osserva: «Non si conquistano voti presentandosi come “il partito dello straniero”. Negli ultimi tempi in Italia il mondo

 

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http://www.libreidee.org/2019/04/rampini-la-notte-della-sinistra-che-ha-tradito-gli-italiani/

 

 

 

 

 

 

 

Quelli ossessionati dal populismo

Nicola Porro – 24 aprile 2019

Speciale zuppa di Porro internazionale. Grazie a un nostro amico analista che vuole mantenere l’anonimato, il commento degli articoli tratti dai giornali stranieri.

Martin Wolf dopo una carriera brillante da economista, è da tempo condirettore del Financial Times e capo della sezione dei commenti economici, e con questo ruolo ha scritto negli anni tanti scenari, in gran parte con punti di vista originali e spesso singolarmente acuti.

Da qualche anno a questa parte è diventato, però, uno dei tanti ossessionati dal pericolo del sovranismo e del populismo. In questa chiave un suo articolo sul quotidiano della City (e del Nikkei) del 23 aprile denuncia l’emergere, anche in democrazie ben consolidate, di figure carismatiche tendenzialmente (e talvolta fattualmente) dispotiche, figlie della rabbia e della

Continua qui:https://www.nicolaporro.it/quelli-ossessionati-dal-populismo/

 

 

 

 

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

La scienza degli zombi: cervelli di maiali decapitati tenuti in vita per 36 ore

23 Aprile 2019  DAGNY TAGGART

Sembra che gli scienziati ultimamente stiano oltrepassando numerosi confini, il che fa sorgere una domanda: il solo fatto che possano fare una cosa, significa che dovrebbero farla?

I progressi nella tecnologia legata al cervello stanno raggiungendo livelli distopici. Gli scienziati hanno recentemente sviluppato la capacità di prevedere le nostre scelte prima ancora di quanto faremmo noi ed ora riescono a trasformare i pensieri umani in parole. Chip intelligenti che creeranno esseri umani superintelligenti sono in via di sviluppo e la Cina sta estraendo dati dai cervelli dei suoi cittadini.

Mentre esistono usi legittimi per alcune di queste tecnologie, non ci vuole molto per capire che molte di esse potrebbero anche essere utilizzate per scopi nefandi.

Gli scienziati stanno spingendo qualche ricerca troppo in là?

Gli sviluppi nell’intelligenza artificiale sono affascinanti e allo stesso tempo terrificanti, ma impallidiscono rispetto ad una recente scoperta nel campo delle neuroscienze.

Questo titolo aveva attirato la mia attenzione alcuni giorni fa:

Yale Scientists Kept Decapitated Pigs’ Brains Alive for 36 Hours [Gli scienziati di Yale hanno mantenuto in vita per 36 ore cervelli di maiali decapitati]

L’articolo continuava illustrando lo studio:

Nel marzo 2018, il neuroscienziato di Yale, Nenad Sestan, ha illustrato ai suoi colleghi una importante scoperta durante una riunione del National Institutes of Health (NIH): era riuscito a ‘tenere in vita’ il cervello di alcuni maiali al di fuori dai loro corpi fino ad un massimo di 36 ore.

La notizia era rapidamente trapelata al di fuori della riunione fino ad arrivare ai media. Ed ora, più di un anno dopo, i dettagli di questo importante lavoro sono stati finalmente pubblicati dalla prestigiosa rivista Nature, confermando che ciò che inizialmente sembrava fantascienza era in realtà vera e propria scienza, sollevando nel contempo dubbi allarmanti su ciò che significa veramente essere “morti.” (fonte)

Un comunicato stampa dal titolo Pig brains kept alive outside body for hours after death[Cervelli di maiale tenuti in vita al di fuori del corpo per ore dopo la morte] chiarisce i dettagli dello studio:

I ricercatori della Yale University di New Haven, nel Connecticut, hanno collegato i cervelli dei suini ad un sistema che li ha perfusi con un sostitutivo del sangue. La tecnica ha ripristinato alcune funzioni critiche, come la capacità delle cellule di produrre energia e rimuovere i prodotti del catabolismo e ha contribuito a mantenere [integre] le strutture interne del cervello. (fonte)

Sestan voleva sapere se un cervello completo poteva essere rianimato alcune ore dopo la morte, così aveva deciso di scoprirlo:

… utilizzando le teste mozzate di 32 maiali macellati a scopo alimentare vicino al suo laboratorio. La sua equipe aveva rimosso i cervelli dai crani e li aveva riposti in una camera speciale, inserendo successivamente un catetere in ogni organo. Quattro ore dopo la morte, i ricercatori avevano iniziato a pompare nelle vene e nelle arterie dei cervelli una soluzione conservante calda.

Il sistema, che i ricercatori chiamano BrainEx, imitava il flusso sanguigno facendo arrivare sostanze nutritive ed ossigeno alle cellule cerebrali. La soluzione conservativa utilizzata dal team conteneva anche sostanze chimiche che impedivano ai neuroni di generare scariche elettriche, proteggendoli da eventuali danni ed impedendo il riavvio dell’attività elettrica cerebrale. Nonostante ciò, gli scienziati hanno constatato la presenza di attività elettrica nel cervello durante l’esperimento e si sono tenuti pronti a somministrare anestetici se avessero avuto il dubbio che l’organo stesse riprendendo qualche forma di coscienza. (fonte)

I ricercatori hanno testato l’andamento dell’attività cerebrale per un periodo di sei ore.

Ecco cosa hanno trovato:

… i neuroni e le altre cellule cerebrali hanno ripreso le normali funzioni metaboliche, come il consumo di glucosio e la produzione di anidride carbonica, ed anche il sistema immunitario del cervello sembrava funzionare. Le strutture delle singole cellule e le diverse stratificazioni della corteccia si sono conservate, mentre le cellule nei cervelli di controllo, che non avevano ricevuto la soluzione ricca di sostanze nutritive e di ossigeno, erano collassate. Quando gli scienziati hanno stimolato elettricamente i campioni di tessuto prelevati dai cervelli trattati, hanno scoperto che i singoli neuroni potevano ancora trasmettere segnali.

Ma la squadra dei ricercatori non ha mai rilevato in tutto il cervello un’attività elettrica coordinata, che indicherebbe un’attività cerebrale sofisticata o persino un livello di coscienza. Gli scienziati affermano che per il riavvio dell’attività cerebrale potrebbe servire uno shock elettrico, o conservare il cervello in soluzione per periodi prolungati, per consentire alle cellule di riprendersi dai danni subiti dalla carenza di ossigeno.(fonte)

Questa ricerca ha rivelato alcuni dati scioccanti.

Sembra che la morte delle cellule cerebrali possa non essere così improvvisa, o irreversibile, come si era precedentemente creduto. Le cellule del cervello erano ancora vitali sei ore dopo, contrariamente a quelle del gruppo di controllo non conservate tramite il procedimento appena messo a punto, hanno riferito i ricercatori.

Questo studio ha rivelato un sorprendente grado di resilienza nelle cellule di cervelli che erano stati privati di sangue e di ossigeno, ha affermato Sestan. “La morte cellulare cerebrale avviene attraverso una finestra temporale più ampia di quanto pensassimo in precedenza,” ha spiegato.

“Anche se l’esperimento era terminato prima di arrivare ad un [eventuale] ripristino della coscienza, ha comunque sollevato interrogativi sull’etica dell’approccio e, essenzialmente, sulla natura stessa della morte. Le attuali definizioni legali e mediche della morte sono alla base dei protocolli per la rianimazione [1] e per il trapianto di organi,” afferma il comunicato stampa.

“Per la maggior parte della storia umana, la morte è stata una cosa molto semplice,” afferma Christof Koch, presidente e ricercatore capo dell’Allen Institute for Brain Science di Seattle, Washington. “Ora, dobbiamo interrogarci su ciò che è [veramente] irreversibile.”

Nella maggior parte dei paesi, una persona è considerata legalmente morta quando

 

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STORIA

Quale 25 Aprile e quale Liberazione, nella Colonia Italia?

Scritto il 29/4/19

Ho superato il 25 aprile uscendo dalla culla di questo eterno presente, dalla quale, a noi pupetti, i pupari non fanno né vedere passato, né prospettare futuro. Eterna sospensione tra l’unico pensiero possibile, quello attuale, e l’unica tecnologia disponibile, quella digitale. Ho afferrato una radice e mi sono ritrovato sotto il monumento sul Gianicolo alle vittorie di Garibaldi sui francesi e alla memoria della Repubblica Romana (1848), poi annegata nel sangue dei patrioti e del popolo romano dalle monarchie francese, borbonica, austroungarica che Pio IX aveva invocato dal suo esilio a Gaeta (i bersaglieri gli avrebbero reso la pariglia a Porta Pia, vent’anni dopo). Priorità assoluta delle potenze, non diversamente da oggi, stracciare una Costituzione che a quella di esattamente cent’anni dopo poco aveva da invidiare e, dato l’ambiente europeo e la sua affermazione di sovranità, era perciò anche più meritevole. Un monumento che mi proteggeva dallo scroscio di toni enfatici e parole declamatorie grandinate dal Quirinale e rimbombate nella camera dell’eco che è la stampa italiana. Toni e parole all’apparenza del tutto rituali, generiche e banali, altisonanti, proprio come si retoricheggiava ai tempi di Lui, prendendo fiato a ogni periodo, passando dal grave all’imperativo nobile e finendo sull’intimidatorio per chi non dovesse darsela per intesa.

Insomma, discorsi da Balcone, dalla cui pomposa prosopopea cerimoniale, nel caso specifico del tutto abusiva, immancabilmente esalano i vapori dell’ipocrisia e dell’autorità fondata su chiacchiere e distintivo. E a volte, su felpe e giubbotti, abusivi pure questi. Tutte cose che con i fasti evocati da lontano, sempre senza averne i titoli, abusivamente, hanno il compito di coprire i nefasti del presente e dei presenti. Non ho partecipato ad alcuna celebrazione, ufficiale o ufficiosa, trovandole tutte spurie e inquinate. Dal Quirinale a un’Anpi che condivide con tutte le sinistre la perdita di sé e che si mette ad arzigogolare sull’equivalenza tra nazifascismo e quello che i super razzisti dell’Impero e delle sue marche definiscono razzismo. Mistificando per tale quello di chi smaschera l’operazione colonialista, detta globalizzazione, ai danni dei dominati del Sud e del Nord. Gli sciagurati sovranisti, identitari, refrattari alla levigatezza dell’uniformato. Seppure lo definiscano tale, non ne fa sicuramente parte Matteo Salvini, sovranista farlocco e sfascia-Italia del “prima gli italiani”, purchè si tratti di trafficoni eolici, trivellatori di terre e mari, sfondatori di valli e montagne, magna magna di ogni genere, cravattai lombardoveneti, insomma tutti i missi dominici dell’Impero.

Genìa che è stata decisiva perché i risultati del 25 aprile fossero consegnati nelle mani e nelle borse dei nuovi invasori. Genìa maledetta. E’ stato lo spirito dei tempi coronati dal 25 aprile e subito successivi che ha innalzato l’Italia – dal fascismo squadrista frantumata in giovani obnubilati, popolo plebeizzato e impecoranato, federali in stivali e loro mignotte, intellettualità sedotta, asservita e abbandonata, brutalità ed elementarietà di azione e pensiero (salvo grandi architetti) – ai livelli di un passato come quello dei Leopardi e dei moti ottocenteschi. Che ha prodotto i Fenoglio, Calvino, Pavese, i De Sica, Rossellini, Monicelli, giganti che hanno nanificato, moralmente e culturalmente, tutto quello che è venuto dopo e che formicola a petto in fuori nei Premi Strega e Bancarella. Si può dire, e spiacerà ai nonviolenti, di vocazione o altro, che quello Zeitgeist, così generoso, è uscito dalla canna di un fucile.

Da ex-direttore responsabile e inviato di guerra del quotidiano “Lotta Continua” e militante (a lungo latitante) di quell’organizzazione, che contro il fascismo aggiornato del consociativismo di regime, con il suo terrorismo di Stato, pure qualcosa ha fatto, mi permetto, nel mio piccolo e intimo, di ringraziare i partigiani tutti. Formazione di popolo. Più di tutti quelli garibaldini, e rigettare nel buco nero dell’esecrazione gli Alleati, che ai primi hanno sottratto e pervertito la vittoria, poi procedendo a sottrarre e pervertire ciò che di ogni vivente fa quello che è: la sovranità sua, della sua comunità, del suo passato, presente, futuro, nome. Di questo gli antifascisti da terrazzo, antisovranisti del re di Prussia, non sanno e non dicono, bisognosi come sono dei cartonati in camicia nera e saluto romano per occultare il fascismo global-digital-finanziario che li ha reclutati e di cui si sono inoculato il virus. Il che non mi impedisce, sia detto per inciso, di trasecolare a fronte di chi insiste a definire Piazzale Loreto “giustizia di popolo”.

Stessa matrice. Oggi si vedono sul palcoscenico della commedia nazionale e occidentale, in grande spolvero, nuovi “antifascisti”. Ce ne sono addirittura di patrocinati da George Soros, che non si fa scrupoli di affiancarli all’altra sua creatura: “Me too”. Come sempre quando il pifferaio riesce a riunire e riconciliare in un’unica truppa ratti e bambini ignari, li si trovano, schiamazzoni e autocertificati, dall’estrema sinistra a quella vera destra che si dice vuoi centrosinistra, vuoi centrodestra. Virgulti, balilla e giovani italiane del Nuovo Ordine Mondiale, puntano quello che in artiglieria viene chiamato “falso scopo” (e il puntamento indiretto verso un obiettivo non individuabile a vista). In parole semplici, additando un chihuahua ringhiante nei bassifondi ideologici urbani, si urla “al lupo, al lupo”, con l’effetto di distogliere la nostra mira dal lupo mannaro vero che tiene al guinzaglio chi urla. (Chiedendo scusa al lupo per la becera metafora fiabesca. E ricordando che il ministro dell’ambiente 5 Stelle, Costa, proibisce di abbattere i lupi, mentre Salvini, forte di mitraglietta, ne autorizza l’abbattimento: fatto che contiene in nuce tutto il significato delle temperie in cui il post-25 aprile, tradito come nemmeno il presunto Giuda il presunto Gesù, ci ha ingabbiato e nelle quali, o i 5 Stelle staccano la spina, o rischiamo il corto circuito e il blackout loro e di tutti noi).

Il discorso della Liberazione va ripreso ab imis fundamentis. È per questo che ho spostato le mie commemorazioni-celebrazioni a due giorni dopo, il 27 maggio del 1937. E il giorno tristissimo della morte di Antonio Gramsci (io c’ero già e ricordo una serie di quaderni di mio padre con sopra, imparai dopo, le immagini, tra altre, di Marinetti, D’Annunzio, Gozzano, Leopardi e Gramsci). Non significa niente, ma sono contento di esserci già stato quando ancora viveva Gramsci. E’ insensato, ma mi pare che così sono in qualche modo

 

Continua qui: http://www.libreidee.org/2019/04/quale-25-aprile-e-quale-liberazione-nella-colonia-italia/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quale 25 aprile. Quale 27 aprile. Quale liberazione.

venerdì 26 aprile 2019

 

 

 

 

https://www.youtube.com/watch?v=ZJFF0f8geaE

 

Il link è l’omaggio a una donna, venuta da un altro mondo per dare una mano al nostro, la sua vita per l’amore del suo uomo, della repubblica, della democrazia, della giustizia, della libertà. Per me anche lei è 25 aprile. Canzone che amo e che, volendo, potete sentire a sottofondo di quanto ho scritto.

 

Ho superato il 25 aprile uscendo dalla culla di questo eterno presente, dalla quale, a noi pupetti, i pupari non fanno né vedere passato, né prospettare futuro. Eterna sospensione tra l’unico pensiero possibile, quello attuale, e l’unica tecnologia disponibile, quella digitale.  Ho afferrato una radice e mi sono ritrovato sotto il monumento sul Gianicolo alle vittorie di Garibaldi sui francesi e alla memoria della Repubblica Romana (1848), poi annegata nel sangue dei patrioti e del popolo romano dalle monarchie francese, borbonica, austroungarica che PioIX aveva invocato dal suo esilio a Gaeta (i bersaglieri gli avrebbero reso la pariglia a Porta Pia, vent’anni dopo). Priorità assoluta delle Potenze, non diversamente da oggi, stracciare una costituzione che a quella di esattamente cent’anni dopo poco aveva da invidiare e, dato l’ambiente europeo e la sua affermazione di sovranità, era perciò anche più meritevole.

Un monumento che mi proteggeva dallo scroscio di toni enfatici e parole declamatorie grandinate dal Quirinale e rimbombate nella camera dell’eco che è la stampa italiana. Toni e parole all’apparenza del tutto rituali, generiche e banali, altisonanti, proprio come si retoricheggiava ai tempi di Lui, prendendo fiato a ogni periodo, passando dal grave all’imperativo nobile e finendo sull’intimidatorio per chi non dovesse darsela per intesa. Insomma, discorsi da Balcone, dalla cui pomposa prosopopea cerimoniale, nel caso specifico del tutto abusiva, immancabilmente esalano i vapori dell’ipocrisia e dell’autorità fondata su chiacchiere e distintivo. E, a volte, su felpe e giubbotti, abusivi

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