NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 18 DICEMBRE 2018

https://www.maurizioblondet.it/sanchez-spende-13-miliardi-in-armi-per-piacere-ad-angela/

NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI

18 DICEMBRE 2018

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

La vita è meravigliosa.

Senza sarei morto!

(LEOPOLD FETCHNER)

in: GINO & MICHELE, Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano, Baldini & Castoldi, 2002, pag. 59

 

http://www.dettiescritti.com/

https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/

 

Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

 

Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com 

 

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SOMMARIO

HOMO UNICUS UNICUS        

Integrity Initiative  1

Caso Telethon: dirigenti pagati più di seimila euro al mese. 1

Strasburgo, Cohn Bendit contro i Gilet: “Vogliono un generale al potere”. 1

Trump e Xi Jinping, la cena delle beffe e il caso Huawei 1

Perché Orwell è superiore ad Huxley 1

Francia terrorista: fa strage a Strasburgo e protegge Battisti 1

Cybersecurity: Ivass e Ania aderiscono al CERTFin. 1

Così l’intelligence di Pechino usa LinkedIn per arruolare spie occidentali 1

Messaggi subliminali e ipnopedia: false credenze psicologiche. 1

Ecco come Trump smaschera l’ipocrisia dem sugli immigrati 1

Sapelli: la resa all’Ue ci farà spazzare via dalla recessione. 1

Gialloverdi che leggono Keynes, ma non lo applicano 1

La storia dei risparmiatori rimborsati dopo i crac bancari 1

Quel paradiso fiscale in Ue di cui nessuno osa parlare 1

A quanto ammontano gli aumenti delle multe nel 2019 1

Baccagliare 1

Quel vizietto della Germania: credersi la padrona d’Europa 1

SANCHEZ SPENDE 13 MILIARDI IN ARMI. Per piacere ad Angela. 1

Bruxelles ci sta facendo perdere la guerra del futuro. Quella tecnologica 1 1

 

 

EDITORIALE

HOMO UNICUS UNICUS

Manlio Lo Presti – 18 dicembre 2018

 

Continua il martellante lavoro della PSICOPOLIZIA per alterare la percezione della realtà.

 

Chi di noi ha la certezza assiomatica che

1) le informazioni non siano falsate;

2) che i filmati diffusi dalla rete informativa stampa- tv siano riferiti ad altri contesti o siano di date diverse;

3) Che le persone coinvolte esistano davvero, dal momento che vengono rapidamente uccise alla loro (presunta) cattura invece di ottenere, come sarebbe logico, da queste informazioni utili;

4) che tutti i terroristi debbano sempre urlare Allah è grande;

5) che tutti i terroristi siano islamici e abbiano documenti di molibdeno che non si bruciano mai e che vengono rapidamente trovati vicino al presunto attentato;

6) che il nome dello pseudo terrorista sia subito diffuso a reti unificate e su stampa invece di essere un indizio istruttorio da tenere riservato per non far fuggire i presunti complici,

7) che pochi, tra i quali io, pensano ad esperti del terrore dei servizi segreti come provocatori di pseudo attentati;

8) che gli pseudo attentati avvengano sempre a ridosso di eventi che pongono i governi in difficoltà o per ridurre la rabbia di popolazioni vittime della distruzione dello Stato di diritto COSTRUITO SULLA NEGOZIAZIONE FRA PARTI SOCIALI CHE GENERANO DIRITTI E DOVERI CONDIVISI, per sostituirlo con:

 

  1. a) la SOCIETÀ DELLA CARITÀ PRIVATA,
  2. b) le donazioni scaricabili fiscalmente
  3. C) la “iniziativa privata”, attenta solo alla ossessiva ricerca del profitto senza condizionamento sociali né vincoli di Stati che devono essere distrutti, né da nazionalismi che devono essere eliminati da invasioni etniche pianificate per creare l’ HOMO UNICUS UNICUS

 

Ne riparleremo purtroppo molto molto presto per le nuove devastazioni sociali ed economiche che arriveranno …

   

 

 

 

IN EVIDENZA

Integrity Initiative

Un’operazione di intelligence militare mascherata da istituzione di beneficenza per creare la “minaccia russa”

Markus 17 dicembre 2018

moonofalabama.org

Integrity Initiative, finanziata dal governo britannico, ha il compito di diffondere propaganda anti-russa e di influenzare, in questo modo, il pubblico, i militari e i governi di un certo numero di paesi. Quella che segue è un’analisi contestuale del terzo lotto dei documenti interni dell’Iniziativa che sono stati resi pubblici ieri da una persona rimasta anonima.

Christopher Nigel Donnelly (CND) è il co-direttore dell’Institute for Statecraft e il fondatore della sua emanazione, Integrity Initiative. L’Iniziativa sostiene di “Difendere la democrazia contro la disinformazione“.

L’Integrity Initiative lo fa diffondendo disinformazione sulla presunta influenza russa tramite gruppi scelti di giornalisti in tutta Europa e negli Stati Uniti.

Sia l’Istituto che l’Iniziativa affermano di essere organizzazioni non governative indipendenti. Entrambe sono finanziate dal governo britannico, dalla NATO e da altri enti statali.

Tra i documenti prelevati dai server dell’Istituto da una persona rimasta anonima, troviamo diversi articoli su Donnelly e anche alcuni appunti di suo pugno. Quella che [questi appunti] mettono in luce è una mentalità russofoba, caratterizzata da una totale mancanza di pensiero strategico-realistico.

C’è anche un file (pdf) con una copia del suo passaporto:

 

Dal suo curriculum vitae (pdf) apprendiamo che Donnelly aveva prestato servizio per molto tempo nel British Army Intelligence Corps, dove aveva fondato e guidato il Centro di Ricerca Studi Sovietici presso la Royal Military Academy Sandhurst. Successivamente, era stato coinvolto nella creazione del Foreign Military Studies Office (FMSO) dell’esercito americano a Fort Leavenworth. Aveva lavorato presso il Ministero della Difesa Britannico e poi come consulente di diversi Segretari Generali della NATO. È direttore dal 2010 dell’Institute for Statecraft. Donnelly  è anche consulente del Ministero degli Esteri della Lituania. È “Mentore Anziano per Sicurezza e Giustizia” dell‘Unità di Stabilizzazione del Regno Unito, che ha il compito di destabilizzare diversi paesi. E’ Colonnello Onorario del Gruppo Speciale dell’Intelligence Militare (SGMI).

Durante il suo periodo di analista di intelligence militare, negli anni’80, Donnelly aveva scritto diversi libri ed articoli sull’Unione Sovietica e sul suo esercito.

Donnelly sembra essere ossessionato dalla ‘minaccia russa’ ed è determinato a combatterla con tutti i mezzi. La sua paranoia è evidente in un rapporto “privato e confidenziale” dello Statecraft Institute dal titolo: The Challenge of Brexit to the UK: Case study – The Foreign and Commonwealth Offices (pdf):

Il nostro problema è che, negli ultimi 70 anni, circa, nel Regno Unito e in Europa abbiamo vissuto in un sistema sicuro e regolamentato che ci ha permesso di goderci una vacanza dalla storia.

Sfortunatamente, questo stato di cose viene ora messo in discussione. Un nuovo paradigma di conflitto sta sostituendo il paradigma del 19° e 20° secolo.

In questo nuovo paradigma, la netta distinzione che la maggior parte delle persone era stata in grado di fare tra guerra e pace, la loro aspettativa di stabilità e un certo grado di prevedibilità nella vita, sono state sostituite da una volatilità imprevedibile e da un permanente stato di instabilità, in cui guerra e pace diventano sempre più difficili da districare. Il concetto “classico” di un conflitto tra due giocatori o tra gruppi di giocatori distinti sta cedendo il passo ad un mondo di competizione darwiniana, dove tutti i partecipanti (stati-nazione, attori sub-statali, grandi multinazionali, gruppi etnici o religiosi, e così via) sono costantemente in lotta l’uno con l’altro in una “guerra di tutti contro tutti”. Il sistema basato sulle regole occidentali, che la maggior parte degli Occidentali dà per scontato e che ha finito per credere “normale”, è sotto attacco da parte di paesi e di organizzazioni che desiderano sostituire il nostro sistema con il loro. Quella che dobbiamo affrontare non è una crisi, è una sfida strategica, [che proviene] da più direzioni contemporaneamente.

In realtà, il “sistema basato sulle regole occidentali “, attuato integralmente dopo la scomparsa dell’Unione Sovietica, è un concetto in base al quale “l’Occidente” stabilisce arbitrariamente le regole e minaccia di far fuori chiunque non le segua. Ne sono una testimonianza le guerre contro la Serbia, la guerra all’Iraq, la distruzione della Libia, il colpo di stato pilotato dall’Occidente in Ucraina e l’aggressione dei mercenari jihadisti contro il popolo della Siria e dell’Iraq. Nessuna di queste azioni era legale secondo il diritto internazionale. Chiedere il ritorno ad una stretta osservanza del diritto internazionale, come fanno ora Russia, Cina ed altri paesi, non è un tentativo di sostituire “il nostro sistema con il loro“. È un ritorno alle normali funzioni della diplomazia mondiale. Non è di certo una “competizione darwiniana“.

Nell’ottobre del 2016, Donnelly aveva avuto una discussione privata con il Generale Sir Richard Barrons (pdf), contrassegnata come personale e confidenziale. Barrons è un ex comandante del British Joint Forces Command. La prima riga [del documento] è assolutamente priva di senso: “Il modello di difesa del Regno Unito sta fallendo, il Regno Unito corre un rischio reale”.

Ci sono alcune chicche interessanti, indici, ancora una volta, di una mentalità paranoica. Il discorso è anche abbastanza fedele, in modo realistico, alla postura militare britannica che Barrons ed altri avevano creato:

C’è stata una smobilitazione progressiva e sistematica della capacità militare della NATO ed un abbassamento delle difese di tutti i suoi membri.

Stiamo assistendo a modi di guerra nuovi/reinventati, ibridi, oltre al ritorno in auge della forza bruta nelle attività belliche.

Le portaerei possono essere utili in numerose occasioni, ma non per una guerra contro la Cina o la Russia, perciò dovremmo riequipaggiarle di conseguenza. …
L’Occidente non ha più un vantaggio militare sulla Russia. …
Il nostro programma nucleare prosciuga risorse dalle forze convenzionali e le svuota. …
La brigata britannica in Germania non è un buon deterrente contro la Russia. …
Il nostro battaglione in Estonia è un ostaggio, non un deterrente. …

Il generale lamenta la mancanza di influenza che l’esercito ha sul governo britannico e sulla popolazione. Chiede inoltre più ricerca finanziata dal governo che possa poi essere ritrasmessa al governo:

Perciò, se non arriva nessuna catastrofe a dare la sveglia alle persone e a chiedere una risposta, dobbiamo allora trovare un modo per far sì che il nucleo del governo si renda conto del problema e lo sottragga allo spazio politico. Dovremo imporre cambiamenti che vadano oltre gli interessi acquisiti. NB Lo abbiamo già fatto negli anni ’30.

La mia conclusione è che dobbiamo essere noi a dare il via al dibattito o aspettare che capiti qualcosa di terribile che ci costringa all’azione. Dobbiamo generare un dibattito indipendente al di fuori del governo.

…Dobbiamo chiederci: quando e come inizieremo a rimettere tutto a posto? Abbiamo le capacità/capacità nazionali per farlo? In tal caso, come possiamo migliorare l’utilizzo delle risorse per fare ciò? Abbiamo bisogno di questo dibattito ORA. Non c’è un momento da perdere.

Si trattava di un ordine, proveniente dal cuore stesso del potere britannico, impartito a Donnelly per impegnarlo ancora più a fondo nel business della manipolazione dell’opinione pubblica britannica. Esaltare Russia come una minaccia, in modo che ancora più soldi potessero essere sottratti agli “interessi acquisiti” della gente e gettati nella macchina militare.

Quel particolare consiglio del generale Barrons era stato accettato. Nel 2017, l’Integrity Initiative aveva chiesto finanziamenti al Ministero della Difesa (pdf) per vari progetti volti ad influenzare la popolazione, il parlamento, l’esercito e il governo, nonché le forze di paesi stranieri. La richiesta riporta alcuni “indicatori di performance” che avrebbero dovuto misurare il successo delle sue attività. L’indicatore principale di successo per l’attività proposta dall’Iniziativa al Ministero della Difesa era una

Continua qui: https://comedonchisciotte.org/integrity-initiative-unoperazione-di-intelligence-militare-mascherata-da-istituzione-di-beneficenza-per-creare-la-minaccia-russa/

 

 

Caso Telethon: dirigenti pagati più di seimila euro al mese.

www.kontrokultura.it

Lo scorso 13 dicembre Associazione Animalisti Onlus in collaborazione con Cani sciolti, Fronte Animalista, Attivisti Indipendenti e I.A.L.P. ha organizzato una protesta davanti gli studi della Rai di Parco Sempione, in occasione della presenza in trasmissione di alcuni esponenti Telethon. Gli animalisti con le manifestazioni e l’hashtag #notelethon vogliono sensibilizzare l’opinione pubblica sulle atrocità alle quali gli animali vengono sottoposti nei laboratori, in nome di una scienza che ad oggi continua ad essere l’unica finanziata ma che da anni è in fase di stallo e non sembra arrivare a nessun risultato soddisfacente. Infatti, come sostengono le principali associazioni animaliste e anti-vivisezioniste, la pratica della sperimentazione animale non solo è crudele ma è soprattutto inutile dal punto di vista clinico. Le motivazioni addotte a tale ipotesi si possono trovare consultando il sito di I-care, della Leal, della Lav, ma anche recandosi ai tanti banchetti informativi di queste associazioni. Quello però che ad oggi non è ancora stato possibile è esporre le ragioni di una ricerca di rilevanza umana attraverso le reti nazionali, cosa che invece viene concessa a Telethon e alla ricerca classica. Perché? Questo hanno gridato gran voce gli animalisti, chiedendo alla Rai la possibilità di un contradditorio. Ecco le parole di Alessandro Mosso, presidente di Associazione Animalisti:

“Oltretutto, Telethon utilizza la maggior parte dei proventi non per scopi scientifici ma per sovvenzionare campagne, testi e convegni. La vera ricerca dovrebbe essere quella sana, pura che ha come unico obiettivo il benessere della vita tutta, sia umana che non-umana. Noi vogliamo, anzi esigiamo che il servizio pubblico sia super partes e non dia vantaggi a chi non ne ha diritto”.

Siete sicuri di che i soldi donati a Telethon comprando le migliaia di cuori di cioccolato che simpatici ragazzi vi vendono nelle strade e nelle piazze in occasione delle festività natalizie, vengano realmente investiti nella ricerca volta a curare le malattie terribili e dolorose che purtroppo tutti conosciamo? Se nel cuore dell’italiano medio riesce a fare breccia la tanto inflazionata e insensata frase: “meglio sacrificare un topo che un bambino” (sacrificando un topo non si salva un bambino, è questo il punto) di certo non passerà inosservata la seguente tabella con i compensi dei dipendenti Telethon, dai 6784 euro dei dirigenti ai 1211 euro degli impiegati e dei dipendenti di ultimo livello. Da quello che dichiara la stessa azienda (perché è bene ricordarlo, di azienda si tratta) l’ammontare dei costi di gestione tra iniziative e personale è 5,9 milioni di euro, circa il 13% dei proventi delle donazioni private. Quindi il 13% del cuore di cioccolato costituisce una ‘donazione’ alle tasche di personale che niente ha a che fare con i laboratori di ricerca. Ecco i dati relativi ai compensi aziendali dichiarati dalla stessa Telethon attraverso il sito web

Continua qui: http://www.kontrokultura.it/25964/caso-tel…a-euro-al-mese/

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

STRASBURGO, COHN-BENDIT E I GENERALI DI FRANCIA

www.maurizioblondet.it

La strage islamica di Strasburgo dà a Macron un’occasione d’oro per  vietare assembramenti  di Gilet Gialli. Ciò naturalmente ha dato la stura a un turbine di complottismo sui social  francesi.  E’una tesi da cui ci dissociamo.

La prima foto dell’assassino solitario è stata diffusa dal giornalista israeliano Amichai Stein;

 

ma è del tutto normale dato che Stein è corrispondente diplomatico della Israeli Public Broadcasting Corporation, molto militante  pro-Netanyahu a giudicare dai sui tweet. Che un corrispondente diplomatico abbia relazioni col (o sia del)  Mossad è ovvio.  Amichai Stein è stato anche il primo a segnalare il mega-attentato-strage a Charlie  Hebdo:

 

Ma ciò è normalissimo per un corrispondente. Meno strano comunque di quel Richard Gutjar, giornalista tedesco freelance e sposato ad Einat Wilf,  politica israeliana che era stata tenente della Unità 8200  (intelligence militare israeliano) presente sia all’attentato di Nizza il 14 luglio 2016, dove fu praticamente l’unico a riprendere la scena del camion assassino comodamente da una terrace, e a guadagnare un bel po’ di soldi con l’esclusiva, e  subito dopo, il 22 luglio, si trova  a Monaco di Baviera a riprendere un altro attentato più o meno “islamico” (l’attentatore un tedesco-iraniano sotto cura psichiatrica,  ce l’aveva coi turchi…).

https://www.maurizioblondet.it/lo-giornalista-video-nizza-anche-monaco-filmare-davanti-al-mcdo/

Meno strano anche delle prime foto dall’interno del Bataclàn, pochi minuti dopo la strage, con decine di corpi smembrati in un lago di sangue della pista da ballo, diffuse da  “Israel News Feed” “@IsraelHatzolah” ,  una ONG israeliana di paramedici che collabora con l’esercito di Israele.

E’ appena il caso di ricordare che il 13 novembre, giorno dell’attentato  al Bataclàn (per 70 anni appartenente ad una famiglia ebraica che l’aveva venduto poche settimane prima) , era in corso una esercitazione del SAMU, il pronto soccorso municipale di Parigi,  basata sullo scenario di tre attentati simultanei compiuti da tre gruppi di terroristi,   che prevedeva 50 morti e 150 feriti. SAMU sta per Services Médicales d’Urgence. Dispone di ambulanze ed elicotteri sanitari. Lo scenario è stato elaborato dal vice-capo del SAMU di Parigi, dottor Michel Nahon (J). L’esercitazione era stata programmata mesi prima”  (ne ho  scritto a suo tempo):

Al tempo del Bataclàn, si scrisse che  “i responsabili della sicurezza della comunità ebraica erano stati avvertiti in anticipo dell’imminenza di un grosso attacco terroristico”; secondo il Times of Israele (che poi ha censurato la notizia). Da chi? Dal banchiere barone Edmund De Rotschild, in persona”. Il datore di lavoro di Macron  nella sua prima vita di  banchiere.

Cohn Bendit contro i Gilet: “Vogliono un generale al potere”

Il che ci permette di evocare Dan Cohn Bendit, oggi europarlamentare amico personale di Macron  e ritenuto  “un assset dei  Rotschild”.  Ma nel Maggio 1968  era “Daniel il Rosso”, quello  che guidava la rivoluzione culturale  e le proteste studentesche  da cui – alla fin fine – la sovranità francese fu minata alla base. Da allora, si può dire, la Francia cominciò a diventare “europeista” (De Gaulle l’aveva tenuta alla larga dal Progetto Apatride) e rotschildiana.

Orbene: intervistato dal Guardian, Cohn Bendit, lui  l’antico promotore di manifestazioni e scontri di piazza, si dichiara contrarissimo ai Gilet Gialli. “Sono le stesse persone ordinarie che hanno portato al potere Trump” in America, dice.  E poi: “Questo movimento è molto diverso dal Maggio 68. Noi volevamo liberarci di un generale [De Gaulle],  questo vogliono portare al potere un generale”: riferendosi al generale Pierre De Villiers,  che  si è dimesso in  rotta con Macron il luglio 2017.

https://www.theguardian.com/world/2018/dec/08/daniel-cohn-bendit-gilets-jaunes-macron-may-68-paris-student-protest

Questa notazione può indicare ai  complottisti (da cui ci dissociamo) anche un’altra motivazione per l’attentato islamico all’europarlamento di Strasburgo: un omento della lotta degli “apatridi” (senza patria, cosmopoliti) contro “patrioti”, banchieri che hanno tolto sovranità nazionale contro generali. Gli uni che sono al potere e combattono quelli che vogliono sostituirli.

Naturalmente ci dissociamo con la massima energia.

13  generali diffidano Macron sul patto immigrazione.

Segnaliamo soltanto che 13 generali e un ex ministro della Difesa hanno scritto un appello a Macron diffidandolo dal firmare il  Patto Mondiale delle Migrazioni  dell’ONU.

“Signor presidente”, esordisce la lettera aperta,

“Voi vi apprestate a firmare, il 19 dicembre il “patto mondiale sulle migrazioni sicure, ordinate e regolari”  che istituisce un vero diritti alla migrazione. Esso potrà imporsi sulla nostra legislazione nazionale  […].

“Ci appare che la sola sovranità che resterà alla  Francia consisterà nel fissare liberamente il modo di mettere in opera gli obbiettivi del patto. Voi non potete cedere a questo nuovo taglio alla sovranità nazionale senza un dibattito pubblico, dato che  l’80% della popolazione francese ritiene che bisogna bloccare  o regolare  drasticamente  l’immigrazione. Decidendo di  firmare questo patto da solo,  voi aggiungerete un motivo di rivolta supplementare alla collera di un popolo già maltrattato. Vi rendereste colpevole di denegazione di democrazia, per non dire di tradimento verso la nazione.

“Del resto, le finanze  del nostro paese sono esangui e il nostro indebitamento cresce. Dunque voi non potete prendere il rischio di un appello alla migrazione, costoso, senza aver  dimostrato prima che non sarete obbligato a ricorrere a nuove imposte per rispondere agli obbiettivi del patto. D’altra parte, dovete essere capace, in termini di sicurezza, di eliminare le conseguenze legate all’arrivo di popolazioni extra-europee. Infine, non potete ignorare che l’essenza stessa del politico è assicurare la sicurezza  all’esterno e la concordia all’interno.  Ora, questa concordia non si può ottenere che a condizione del mantenimento di  una certa

Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/24335-2/

 

Trump e Xi Jinping, la cena delle beffe e il caso Huawei

12 dicembre 2018, 8:42 | di Claudia Segre

La cena tra Trump e il presidente cinese a Buenos Aires ha spianato la strada a una tregua sui dazi ma l’esplodere del caso Huawei rivela che la guerra commerciale è soprattutto uno scontro sulla supremazia tecnologica che rimane più aperta che mai

In un’atmosfera quasi surreale e dopo la scossa di terremoto che si era avvertita anche a Buenos Aires durante i lavori del G20, l’ormai ex Presidente messicano Pena Nieto è riuscito insperatamente a firmare il nuovo USMCA. L’accordo sostituisce il vecchio NAFTA come trattato Commerciale tra Messico, Canada e Stati Uniti d’America, con grande soddisfazione di Donald Trump per l’esito di questa rinegoziazione che rappresenta un vero successo anche per il settore primario americano. Dei tre Presidenti, sulla carta quello canadese avrebbe dovuto essere il meno soddisfatto, ma il suo ineffabile sorrisino faceva presagire colpi di scena che di fatto non sono mancati.

E mentre gli sherpa delle delegazioni messicana e canadese già festeggiavano amabilmente a margine dei lavori del meeting principale, quelli americani e cinesi avevano il loro da fare a organizzare nei minimi particolari la cena che doveva chiarire una volta per tutte agli occhi del mondo che non ci sarebbe stata nessun remake della guerra fredda tra Cina e Usa e che le trattative per evitare una recrudescenza della guerra commerciale erano fattive e concrete.

La cena di lavoro (così definita nel comunicato ufficiale per distinguerla da una libagione qualsiasi e per accantonare le polemiche sugli stereotipi alimentari cinesi esacerbate dagli spot improvvidi di Dolce & Gabbana) doveva sancire il rinvio dei superdazi americani su 200 miliardi di importazioni dalla Cina a fronte di un minore accaparramento del knowhow tecnologico sulla proprietà intellettuale americana in generale (e sul 5G in particolare) operato sistematicamente dai cinesi.

Lo scontro commerciale già aveva reso evidente un rallentamento economico globale fisiologico dopo un periodo di bonanza, facendo aumentare il VIX, primo campanello d’allarme del periodo di vacche magre e quindi di rischi recessivi. Ma Trump con la firma dell’USMC ha chiarito che non ha nessuna intenzione di piegarsi a un flagello che infici questa seconda parte del suo mandato. Anzi, il Presidente americano vuole aprire una nuova era del commercio internazionale, meno politico e più affaristico, con logiche globaliste opportunamente temperate dagli interessi nazionali, cosa che i cinesi e tutti i Paesi emergenti con loro hanno sempre perseguito sventolando la bandiera della globalizzazione come specchietto per le allodole occidentali.

La settimana prima del G20 Trump aveva attaccato Huawei per il suo ruolo cruciale nei problemi di cybersicurezza. I servizi segreti Usa pare avessero già avviato con i partner inglesi, australiani e neozelandesi un monitoraggio sul colosso delle telecomunicazioni che recentemente ha superato Apple nelle vendite di smartphone. Ma comunque il presidente cinese Xi arriva sornione a quella che sarà ricordata come “una cena delle beffe”, ancora sorridendo al pensiero dell’amico indiano, il Presidente Modi, che con il suo exploit sullo “Yoga per la pace” pre G20, con tanto di seduta condivisa con 4mila persone, non aveva certo incantato gli argentini, che ultimamente rivedono lo spettro di una crisi economica per la quale lo yoga non aiuta certo.

Voci di corridoio dicono che dell’arresto della figlia del Presidente di Huawei Xi fosse già ampiamente informato. Ma la partita commerciale era troppo importante e quindi il Presidente cinese ha raggiunto il tavolo con una sola immagine nella mente: quella della sua Statua alla celebrazione del centenario della Repubblica Popolare nel 2049, dopo i successi raccolti di “Made in China 2025”, a fianco a quella di Deng Xiaoping come il secondo padre di una potenza globale al primo posto nella classifica mondiale del Pil.

Trump è apparso decisamente più corrucciato perché sapeva perfettamente che questa cena era solo l’inizio nella costruzione di un’immaginaria linea Maginot digitale per ridurre l’arrembaggio commerciale cinese e un surplus che vede sempre eccellere i cinesi come buoni risparmiatori e consumatori più oculati e selettivi degli americani. Trump sa tutto questo e conosce le difficoltà da parte cinese di accettare un piano americano ambizioso per entità e vincoli, ma i tempi son maturi e lo strapotere di Huawei, che distribuisce oramai i suoi prodotti in 170 Paesi, va fermato.

 

Trump e Xi cercano una tregua negoziata, non certamente la soluzione, che

https://www.firstonline.info/trump-e-xi-jinping-la-cena-delle-beffe-e-il-caso-huawei/

 

CULTURA

Perché Orwell è superiore ad Huxley

15 dicembre 2018 – COLIN LIDDELL

unz.com

Uno dei confronti più frequenti nella Destra Dissidente è su chi sia stato più corretto o preveggente, Orwell o Huxley.

Infatti, essendo l’unico, vero gruppo di intellettuali ad essere oppresso, la Destra Dissidente è l’unica a poter offrire una valida opinione sull’argomento, visto che nessun altro gruppo di intellettuali viene censurato, spiato e licenziato dai posti di lavoro allo stesso modo. Al giorno d’oggi, è solo la Destra Dissidente ad esistere nello ‘spazio tirannico’ esplorato da questi due classici della distopia.

Nonostante ciò, il dibattito esiste non solo all’interno della Destra Dissidente, ma va ben oltre. Credeteci o no, anche nella Sinistra e fra i Liberali si discute del problema, come se anche questi gruppi fossero sotto il tallone dell’oppressore. Si considerano infatti talmente oppressi che alcuni di loro si sentono anche in dovere di discuterne sulle pagine del New York Times, ovviamente molto ben retribuiti, come da contratto.

Sia la Sinistra che la Destra Dissidente concordano sul fatto che Huxley sia di gran lunga superiore ad Orwell, anche se, secondo l’articolo del New York Times sopracitato, Orwell ha guadagnato molto terreno dopo l’elezione di Donald Trump. Date un’occhiata a questo ridicolo pezzo ‘Sto letteralmente tremando’ dell’articolista del New York Times Charles McGrath:

E, comunque, il romanzo [di Huxley] descrive il paese in cui viviamo oggi (specialmente quando ritrae una cultura incentrata sul sesso e su insipidi spettacoli pop) in modo molto più accurato di quanto invece non faccia l’inquietante libro di Orwell, che sembra quasi evocare un paese simile alla Corea del Nord. O almeno così è stato fino all’insediamento di Donald Trump.

Di colpo, come hanno notato diversi commentatori, sulla stampa sono apparsi, quasi tutti i giorni, riferimenti ad Orwell… La più evidente connessione ad Orwell era stata la ripetitiva insistenza, da parte del presidente, sulla veridicità anche delle sue più futili e trasparenti bugie, e la giustificazione data dal suo consigliere, Kellyanne Conway, che tali dichiarazioni non fossero falsità ma, al contrario, “fatti alternativi.” Tutti i lettori di “1984” sanno che questo è esattamente in concetto di verità del Grande Fratello: i fatti sono ciò che il capo considera come tali.

… tutte le guerre senza fine di “1984,” durante le quali il nemico continua a cambiare, prima Eurasia, poi Estasia, non sembrano più così inverosimili, come non lo sembrano anche le adunanze all’odio descritte nel romanzo, quelle in cui i cittadini si esaltano fino alla follia contro degli stranieri senza nome.

La smentita di tutto ciò è il fatto che Trump è stato l’unico candidato al di fuori dell’establishment ad essere stato eletto presidente dai tempi di Andrew Jackson, ed è perciò l’esatto contrario di un tiranno imposto dall’alto.

Ma, ritornando al concetto che Huxley sia superiore ad Orwell, la Sinistra e la Destra Dissidente condividono l’idea che Huxley descriva in modo molto più sottile, sfumato e sofisticato quel tipo di tirannia ‘morbida’ che è più in linea con il nostro tempo. Ecco come McGrath sintetizza questo punto di vista, con parole che avrebbero potuto benissimo essere uscite dalla bocca di un rappresentante della Destra Alternativa [Alt-Right], della Alt-Lite [1] o della Destra Affermativa [Affermative Right]:

Orwell, in realtà, non era molto in sintonia con il futuro, che, nella sua immaginazione, era solo una versione diversa del presente. La sua Londra immaginaria non è altro che una versione più triste e grigia della città, non ancora ripresasi dai bombardamenti della guerra, in cui aveva vissuto a metà degli anni ‘40, subito prima di iniziare a scrivere il romanzo. La principale innovazione tecnologica che vi si ritrova è un monitor a due canali, una specie di spioncino elettronico.

Huxley, che scriveva quasi vent’anni prima di Orwell (uno dei suoi studenti ad Eton, tra l’altro), aveva previsto un mondo dove esistevano già i viaggi nello spazio, gli elicotteri privati, i bambini geneticamente modificati concepiti in provetta, un ferreo controllo delle nascite, una popolarissima droga con le caratteristiche del Valium e dell’Ecstasy, una gomma da masticare per il rilascio di ormoni con un effetto molto simile a quello del Viagra, un completo sistema di intrattenimento sensoriale superiore allo stesso IMAX e, probabilmente, anche le protesi al seno. (Su quest’ultimo punto il libro non è molto chiaro, ma in “Brave New World” [Il mondo nuovo] il maggior complimento che si può fare ad una donna è chiamarla “pneumatica”).

Huxley, per quanto riguarda la sua opera, non era serio al 100%. Aveva iniziato “Il mondo nuovo” come  parodia di H.G. Wells, di cui detestava il modo di scrivere, e il suo è rimasto un libro che vuole essere allo stesso tempo gioioso e profetico. In ogni caso, il romanzo [di Huxley] descrive il paese in cui viviamo oggi (specialmente quando ritrae  una cultura incentrata sul sesso e su insipidi spettacoli pop) in modo molto più accurato di quanto invece non faccia l’inquietante libro di Orwell, che sembra quasi evocare un paese simile alla Corea del Nord..

E’ facile intuire come mai alcuni possano considerare Huxley, più di Orwell, maggiormente attinente alla realtà che ci circonda, perché “Il Grande Fratello,” camuffato da Unione Sovietica, aveva perso la Guerra Fredda, o così almeno pare.

Ma, anche se all’inizio sembra convincente, la pretesa superiorità di Huxley può essere smentita con facilità.

L’elemento più importante, l’intuizione più profonda di Huxley: che il controllo [delle masse] si possa attuare in modo molto più efficace con “divertimento, distrazioni e piaceri superficiali piuttosto che con evidenti metodi polizieschi e uno stretto controllo delle fonti di approvvigionamento” non è completamente assente in “1984.

Infatti, sono proprio gli stessi metodi che vengono utilizzati per controllare i Proletari (Proles), a cui è dato libero accesso alla pornografia e alla prostituzione. La pornografia è un mezzo di controllo sociale così importante che i dirigenti dell’IngSoc [il partito di governo] hanno una sezione dedicata alla pornografia, chiamata “PornSec,” il cui scopo è la produzione di massa di materiale pornografico per i Proletari. Uno dei momenti divertenti della versione cinematografica di Michael Radford è quando il sig. Charrington (l’agente della psicopolizia che, per affittare una stanza a Winston e Julia per i loro incontri amorosi, si finge un gentile impiegato del banco dei pegni) li informa, durante il loro arresto, che il video girato mentre erano sotto sorveglianza sarebbe stato riciclato come porno.

Del resto, la visione di Orwell del sesso usato come mezzo di controllo è molto più dialettica e sofisticata di quella di Huxley, dal momento che quest’ultimo, come già accennato, aveva scritto in pratica una parodia delle idee, abbastanza ingenue, del “libero amore” secondo H. G. Wells.

Mentre il sesso è utilizzato come mezzo per indebolire i Proletari, l’antitesi del sesso è usata per rafforzare la mente collettiva dei membri del Partito. Come del resto vediamo oggi, gli elementi più isterici della Sinistra (e, fino ad un certo punto, anche della Destra Dissidente) hanno, per la maggior parte, una libido molto ridotta.

Anche le sostanze che inducono assuefazione non mancano nella visione distopica di Orwell. Se “Il mondo nuovo” ha solo il soma, “1984” ha il Gin della Vittoria, il Vino della Vittoria, la Birra della Vittoria, il Caffè della Vittoria e il Tabacco della Vittoria, tutte sostanze che creano dipendenza e che condizionano l’umore della gente e rendono più sopportabile una realtà spiacevole. Lo stesso

 

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CYBERWAR SPIONAGGIO DISINFORMAZIONE

Francia terrorista: fa strage a Strasburgo e protegge Battisti

Scritto il 16/12/18

Francia terrorista: i servizi segreti di Parigi hanno organizzato la strage di Strasburgo per aiutare Macron, messo in difficoltà dai Gilet Gialli, mentre in Brasile hanno reso improvvisamente irreperibile Cesare Battisti, un attimo prima che venisse arrestato. Perché la Francia dovrebbe proteggere Battisti, evitandogli di essere estradato in Italia, dove lo attenderebbe l’ergastolo per omicidio?

Semplice: «All’epoca degli anni di piombo, sospetto che Battisti sia stato infiltrato dai francesi nel sottobosco dell’eversione italiana». Sono di questo tenore le dichiarazioni rilasciate il 16 dicembre dall’avvocato Gianfranco Pecoraro, alias Carpeoro, in diretta web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Adesso basta», si sfoga Carpeoro: «Se qualcuno a Roma ha le palle, convochi l’ambasciatore francese e gli chieda conto dell’operato dei servizi segreti di Parigi. L’Italia ne ha titolo, anche perché a Strasburgo è morto un ragazzo italiano di 28 anni», Antonio Megalizzi, colpito dai proiettili esplosi all’impazzata, l’11 dicembre, dal giovane Cherif Chekatt, noto pregiudicato, con 27 condanne già rimediate in tre diversi paesi. Classificato “islamico radicalizzato” dalla polizia francese, Chekatt ha ucciso sul colpo 3 persone (salite a 4, con Megalizzi) ferendone altre 16. Carpeoro accusa Parigi: il killer è stato appositamente reclutato attraverso le brigate Al-Nusra, eredi di Al-Qaeda in Siria, stanziate a Idlib e segretamente protette dalla Francia.

Giornalista e scrittore, studioso di simbologia e già a capo della più tradizionale obbedienza massonica italiana del Rito Scozzese, non è la prima volta che Carpeoro fornisce clamorose rivelazioni. Di recente, tramite suoi rapporti con logge tedesche, ha svelato l’imbarazzante retroscena dietro alla prima bocciatura di Marcello Foa alla guida della Rai, ottenuta su pressione di Jacques Attali, “king maker” di Macron, che si sarebbe rivolto a Giorgio Napolitano e quindi ad Antonio Tajani per premere su Berlusconi affinché revocasse il consenso sulla nomina di Foa che in prima battuta il Cavaliere aveva già assicurato a Salvini. Non è escluso che la retromarcia di Berlusconi, grazie a cui oggi Foa ha raggiunto la presidenza Rai, sia dovuta anche alle scomode rivelazioni di Carpeoro. Fuoriuscito dalla massoneria, nel 2016 l’avvocato ha pubblicato il saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che denuncia la regia occidentale (non islamica) del “neoterrorismo” europeo targato Isis: opera di manovalanza islamista reclutata da servizi segreti Nato al soldo della “sovragestione” di potere, che interseca trasversalmente governi e apparti di polizia tramite superlogge internazionali come la “Hathor Pentalpha”. Schema classico: strategia della tensione, alimentata da attentati “false flag”, sotto

 

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Cybersecurity: Ivass e Ania aderiscono al CERTFin

15 dicembre 2018, 11:24 | di FIRSTonline

Le due sigle assicurative aderiscono alla struttura specializzata sulla cybersecurity costituita da Banca d’Italia, Abi e Consorzio ABI Lab per rafforzare la collaborazione contro le minacce informatiche legate allo sviluppo delle nuove tecnologie e dell’economia digitale.

 

IVASS e ANIA aderiscono al CERTFin, la struttura altamente specializzata sulla cybersecurity costituita da Banca d’Italia, Abi e Consorzio ABI Lab per rafforzare la collaborazione contro le minacce informatiche legate allo sviluppo delle nuove tecnologie e dell’economia digitale, garantendo una sempre maggiore sicurezza degli operatori del mondo bancario, assicurativo e finanziario italiano e dei servizi digitali offerti a famiglie, imprese e PA.

È quanto stabilito dalla convenzione firmata dal Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, dal Presidente dell’IVASS, Salvatore Rossi, dal Direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, dal Direttore generale dell’ANIA, Dario Focarelli e dal Presidente di ABI Lab, Pierfrancesco Gaggi, ad integrazione dell’accordo sottoscritto alla fine del 2016 per costituire il CERTFin. La nuova convenzione prevede, tra l’altro, l’ingresso di IVASS ed Ania nel Comitato Strategico a cui sono affidate le decisioni di indirizzo dell’organismo.

Basato sul principio della cooperazione tra pubblico e privato, il CERTFin ha il compito di innalzare la capacità di gestione dei rischi cyber degli operatori bancari, assicurativi e finanziari e la cyber resilience del settore finanziario italiano, attraverso il supporto operativo e strategico alle attività di prevenzione, preparazione e risposta agli attacchi informatici e agli incidenti di sicurezza

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Così l’intelligence di Pechino usa LinkedIn per arruolare spie occidentali

27 ottobre 2018 di Redazione

Pechino starebbe usando i social network per reclutare spie occidentali, consapevoli o meno di esserlo. Sul tema, già affrontato negli Stati Uniti e nelle scorse settimane in Europa, in Francia, si sta sviluppando una nuova consapevolezza, con particolare attenzione alla piattaforma professionale per eccellenza: LinkedIn. Quest’ultima è quella che maggiormente incarna il concetto cinese di guanxi (connessione, network), oltre ad essere l’unico social network non vietato in Cina.

Profili falsi, spesso con fotografie di bellissime donne, nasconderebbero agenti cinesi pronti a carpire i segreti, ma soprattutto ad avvicinare fisicamente i propri contatti. Ne ha parlato sull’American Interest Jonas Parello-Plesner, senior fellow all’Hudson Institute. In particolare, ha raccontato la sua esperienza con un contatto LinkedIn, una donna cinese che fingeva di rappresentare una società di recruiting, la Drhr.

L’obiettivo di tale connessione era una ricerca sulle aziende cinesi, che nel momento dell’incontro faccia a faccia si è trasformato in un meeting con alcuni funzionari dell’intelligence. In sostanza il ricercatore ha subito una sorta di tentativo di reclutamento (principalmente a scopo di ottenere informazioni e know-how) che ha fatto appello sia all’importanza di evitare conflitti tra Stati Uniti e Cina sia al suo portafoglio (gli avevano offerto un sostanzioso finanziamento per la ricerca in cambio della collaborazione).

Di recente il social network ha cancellato Drhr e altri profili legati alla Cina in seguito alla denuncia di tali attività da parte di agenzie di intelligence occidentali. Le implicazioni per la sicurezza nazionale americana e europea non sono poche: il caso dell’ex agente della Cia Kevin Mallory, caduto in una trappola delle spie cinesi proprio su LinkedIn, non è risultato finora un efficace deterrente per tutti gli uomini d’affari, studiosi e consulenti che collaborano con la Cina all’oscuro della pervasività dell’intelligence di Pechino. Da qui la necessità di agire.

Oltreoceano stanno prendendo il problema di petto. Molte vicende recenti – tra

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Messaggi subliminali e ipnopedia: false credenze psicologiche

di Nicola Boccola – 23 gennaio 2017

In una esilarante puntata dei Simpson del 1992 Homer si lascia convincere dalla figlia Lisa ad avvalersi di un corso per dimagrire in audiocassetta, da ascoltare nel sonno. Per sua sfortuna, nel magazzino dell’editore la cassetta risulta esaurita ed è rimpiazzata, senza alcun avviso, da quella per l’arricchimento del vocabolario: dopo varie sessioni notturne Homer continuerà a mangiare in modo pantagruelico, sfoderando però un vocabolario degno di Shakespeare per interrogarsi sull’insuccesso.

La trovata degli autori Jay Kogen and Wallace Wolodarsky ben esprime una delle più longeve false credenze psicologiche: secondo i sostenitori dell’ ipnopedia è possibile l’apprendimento di funzioni complesse (una lingua straniera) o la modifica di comportamenti (smettere di fumare) attraverso l’esposizione a stimoli verbali nel sonno. Prova ne sarebbe quel fenomeno, sperimentato pressoché da chiunque, per cui i nostri sogni sono talvolta invasi da stimoli esterni – una sirena, le voci dei nostri familiari –  in grado di inserirsi nella trama onirica; e il fortunato romanzo Brave New World di Aldous Huxley, in cui l’ipnopedia è utilizzata come strumento di condizionamento di massa, non ha fatto altro che affermarne il vigore. C’è da aggiungere che la sperimentazione nel secondo dopoguerra sembrava confermare la sua efficacia: ad esempio nel 1955 alcuni marinai, esposti nel sonno all’alfabeto Morse, in un corso successivo riuscirono ad apprenderlo più velocemente dei loro commiltoni. La spiegazione del fenomeno è arrivata negli ultimi decenni, allorché gli esperimenti condotti con l’elettroencefalografia rivelarono che i soggetti che apprendevano durante il sonno erano quelli che a causa degli stimoli verbali venivano svegliati: la rilevazione delle onde cerebrali dimostrò che chi non era stato svegliato dalle frasi non presentava alcun apprendimento di funzioni complesse.

Anche il fenomeno affine dei messaggi subliminali si è rivelato mito diffuso e

 

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DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI

Ecco come Trump smaschera l’ipocrisia dem sugli immigrati

Roberto Vivaldelli – 16 DICEMBRE 2018

Sull’immigrazione di massa democratici e liberal sono spesso e volentieri ipocriti. All’opposizione accusano gli avversari di essere “disumani” nel contrastare il fenomeno per solleticare i sentimenti umanitari del loro elettorato: poi, al potere, dove prevale la realpolitk, attuano anch’essi politiche stringenti non dissimili da quelle prima criticavano. In Italia, per esempio, ci ricordiamo benissimo quando il governo Prodi ordinò un blocco navale nel 1997 per fermare l’immigrazione proveniente dai Balcani. Negli Stati Uniti il discorso non è tanto diverso se parliamo del famoso Muro con il Messico.

Media e democratici hanno criticato ferocemente il presidente Donald Trump sull’argomento, dimenticandosi però di ricordare che la costruzione delle barriere lungo la frontiera tra Messico e Stati Uniti risale al 1994, sotto la presidenza di Bill Clinton, articolata in tre diverse operazioni messe in atto nei tre stati americani che condividono i 3140 km di frontiera con il Messico: Gatekeeper in California, Hold-the-Line in Texas e Safeguard in Arizona.

A rinfrescare la memoria ai critici ci ha pensato lo stesso presidente Trump – che quel muro lo vuole ostinatamente completare – realizzando un breve videoclip,  pubblicato su twitter, nel quale riporta vecchie dichiarazioni dei dem in tema di immigrazione e mettendo così a nudo tutte le ipocrisie e le contraddizioni del Partito democratico sull’argomento.

Il video di Trump sull’immigrazione umilia i democratici

Le dichiarazioni degli avversari di Trump riportate nel video non lasciano spazio a dubbi. “I democratici sono degli ipocriti totali. Tutti insieme hanno sostenuto i muri” incalza Donald Trump, parlando dal Rose Garden della Casa Bianca.

 

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ECONOMIA

Sapelli: la resa all’Ue ci farà spazzare via dalla recessione

Scritto il 17/12/18

«La resa del governo all’Ue ci farà spazzare via dalla recessione». Per il professor Giulio Sapelli, storico dell’economia, l’Italia è esposta alle peggiori bufere: da un lato subisce senza anestesia il rigore di Bruxelles, dall’altro starebbe per perdere anche la protezione a distanza finora assicurata dalla presidenza Trump, qualora il presidente Usa venisse sabotato dall’impeachment. Un indizio clamoroso, per Sapelli, è la decisione del Senato statunitense di sospendere lo storico appoggio militare all’Arabia Saudita, fornito dai tempi di Obama per condurre una spietata guerra contro lo Yemen, di cui i media non parlano mai. Su proposta dei democratici Bernie Sanders e Mike Lee (e il sostegno di Lindsey Graham), scrive Sapelli sul “Sussidiario”, il Senato ha deciso di approvare una risoluzione che chiede la fine del coinvolgimento americano nella campagna militare saudita contro lo Yemen e una mozione che dichiara il principe ereditario Mohammed Bin Salman responsabile dell’omicidio del giornalista dissidente Jamal Ahmad Khashoggi, assassinato lo scorso 2 ottobre nell’ambasciata saudita di Istanbul, in Turchia. «Si tratta del primo voto in 45 anni in cui il Senato fa riferimento al War Power Act, legge approvata dal Congresso Usa durante la presidenza Nixon per far ritirare le forze statunitensi dal Vietnam».

Quella legge, del 1973 – aggiunge Sapelli – aveva dato ai deputati e ai senatori il potere di dichiarare guerra e ritirare le truppe nel caso di mancata autorizzazione, restringendo dunque l’autorità di un presidente, costretto a passare per il Parlamento. Legge poi scavlcata regolarmente da Obama, che per i finanziamenti e le armi ai sauditi aveva sempre bypassato l’aula. Tutto questo, spiega Sapelli, mette in crisi Trump, finora sostenitore del governo gialloverde contro l’oligarchia franco-tedesca che ha in pugno l’Ue. È stata la Cia a relazionare al Senato sulla tragedia umanitaria yemenita, e questa relazione «si aggiunge alla rottura esistente tra il segmento dell’establishment Usa favorevole a Trump e tutto il resto del Deep State nordamericano, che vede l’Fbi capofila nella richiesta di ritornare in fondo all’era Bush e Obama», cioè a un’epoca «di pericolosissimo unilateralismo, quando l’Occidente è stato diviso dalla guerra in Iraq con Francia e Germania che si rifiutarono di partecipare a quel disastroso intervento che segnò l’inizio del terrorismo di massa wahabita e jihadista e diede poi il fuoco alle polveri con il discorso di Obama al Cairo».

Il bilateralismo di Trump e il suo tentativo di una “entente cordiale” internazionale per assicurare un “roll back” contro la Cina, «paese che si sta armando e che sta dilavando le fonti tecnologiche occidentali», secondo Sapelli «è stato messo in discussione da un ritorno, di fatto, alle ideologie dei seguaci di Leo Strauss, i “neocon”, che facevano dipendere le scelte di politica estera dai principi morali, secondo, del resto, una secolare tradizione Usa che risale ai padri fondatori». Trump rischia l’impeachment? «Sì, se ne farà un processo lungo e terribile». Tutto questo colossale sbandamento internazionale, aggiunge Sapelli, dipende sostanzialmente «dalle radici degli alberi della foresta Usa, ma altresì dalla savana dell’Unione Europea, che da circa trent’anni si dedica metodicamente a sradicare con la sua gramigna gli alberi europei, distruggendo con il principio della dipendenza monetaria funzionale da divieto del debito pubblico le fondamenta stesse della grandiosa foresta costruita nei secoli e nei secoli dagli europei dopo la morte di Carlo Magno e dopo il Trattato di Verdun dell’843».

Di quella “foresta”, avverte Sapelli, non sta più rimanendo nulla: «Crolla con fragore in Francia, sotto la disgregazione sociale che fa seguito al potere verticale presidenziale che si trova incapace di adempiere ai principi auspicati con l’elezione di un presidente con il solo 26% degli aventi diritto al voto», ed evidenzia «una necessità di far saltare ogni parametro ordoliberista, alias Fiscal Compact». Di lì il disvelamento – storico, quanto la dichiarazione del Senato Usa – dei rapporti di potenza che la tecnocrazia eurocratica non riesce a nascondere. Sapelli si riferisce alle dichiarazioni del commissario Moscovici: «Un patriota francese che è occasionalmente commissario europeo e che dichiara

 

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Gialloverdi che leggono Keynes, ma non lo applicano

11/12/2018 Massimo Bordin

Ho oramai ben pochi dubbi che Salvini, Di Maio, Borghi e Bagnai soffrano della sindrome di KeynesBlog. Come capita sovente ai redattori del noto blog economico, infatti, anche i gialloverdi al governo leggono Keynes, ma capiscono Hayek (suggerimento per Guido Iodice e gli altri: e ribattezzarlo HayekBlog no?).

Bisogna aprire il cervello e fare delle analisi, anche se gli altri politici a confronto di Bagnai e di Borghi fanno vomitare il ragù dell’anno scorso. E per fare analisi servono dei dati; quali abbiamo noi finora? Salvini e Di Maio fanno UN DEFICIT MINORE di Renzi, Letta, Gentiloni e persino di Mario “Dracula Monti… MINORE!!!! ma dichiarano, per bocca di Bagnai che “la manovra ha un impianto espansivo…” . Bè, per quanto – e lo ribadisco – il linguaggio di questo governo sia più accettabile di quello finora sentito,

 

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FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

La storia dei risparmiatori rimborsati dopo i crac bancari

Oltre 300 mila persone avevano perso i soldi in seguito ai guai di Veneto Banca, BpVi, Etruria e non solo. Adesso 854 di loro riceveranno indennizzi parziali. Per un totale di 36 milioni. Inghippi permettendo.

Massimo Morici – 17 dicembre 2018

Nelle tristi vicende di risparmio tradito degli ultimi tre anni c’è anche un lieto fine. Almeno per una piccolissima parte dei risparmiatori travolti dai crac bancari che riceveranno un rimborso parziale delle somme perdute per un totale di 36,1 milioni di euro – 25 milioni dei quali grazie a fondi pubblici. Si parla però solo di 854 persone su oltre 300 mila che hanno visto i loro risparmi, o parte di essi, andare in fumo dal 2015.

NUOVA NORMA CONTENUTA NEL MILLEPROROGHE

Negli ultimi mesi sono stati presentati 976 ricorsi all’Arbitro per le controversie finanziarie (Acf) grazie alla procedura di ristoro parziale avviata a fine estate 2018 e sui quali l’Arbitro, istituito presso la Consob, ha avuto tempo di pronunciarsi nei due mesi successivi, entro il 30 novembre. Il 22 settembre è entrata in vigore, infatti, una norma di legge, contenuta nel Milleproroghe, che ha permesso di richiedere un rimborso a chi aveva perso i propri soldi investendo in titoli (azioni e obbligazioni) emessi da Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca e le loro rispettive controllate (Banca Nuova e Banca Apulia), i due istituti veneti messi in liquidazione coatta amministrativa nel giugno 2017, e anche da Banca delle Marche, Banca Popolare dell’Etruria, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti, che sono le quattro banche poste in risoluzione a fine 2015 e i cui clienti hanno potuto sperimentare in anticipo le regole del bail-in, il salvataggio interno di una banca grazie al coinvolgimento diretto di azionisti, obbligazionisti e correntisti.

MA DIPENDE TUTTO DALLA LEGGE DI BILANCIO

Ma attenzione, potrebbe esserci un inghippo proprio all’ultimo. Gianpaolo Barbuzzi, presidente dell’Arbitro, ha spiegato: «L’intervento attuato con il Milleproroghe potrà consolidarsi se l’iter di approvazione della legge di bilancio si concluderà confermando l’impianto dell’attuale articolo 38, che prevede analoga forma di ristoro per la generalità dei risparmiatori coinvolti nelle stesse vicende». Si tratta di misure che, tutelando i singoli, «hanno anche un fine pacificatorio di sistema. Buona parte dei ricorsi finora pervenuti all’Acf (3.500, ndr) riguardano casi di risparmio tradito collegati alle crisi bancarie degli ultimi anni».

Le scarse conoscenze finanziarie e la passività degli investitori hanno concorso a creare un humus ideale per comportamenti scorretti

L’INFORMAZIONE MANCANTE SUI TITOLI NON QUOTATI

Stando alla relazione del presidente dell’Acf, le banche fallite hanno violato di principi fondanti nella prestazione dei servizi d’investimento. A ciò si aggiungono le scarse conoscenze finanziarie e la passività degli investitori, che hanno concorso a creare «un humus ideale per comportamenti scorretti, supportati da set informativi suggestivi ma anche decettivi». Secondo Barbuzzi «emblematica è l’informazione somministrata a ignari clienti, secondo cui un titolo non quotato è meno rischioso, non essendo soggetto alle oscillazioni di un titolo invece quotato. Omettendo, però, di precisare che un titolo non quotato, oltre al resto, è decisamente a maggior rischio di illiquidità, con quel che ne consegue quando si vorrà poi disinvestire».

RIMBORSI PARZIALI E FINO A UN MASSIMO DI 100 MILA EURO A TESTA

Alla fine sono state accolte oltre l’87% delle domande e gli 854 risparmiatori, per i quali l’Acf ha riconosciuto irregolarità da parte degli intermediari nel collocamento degli strumenti finanziari

 

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Quel paradiso fiscale in Ue di cui nessuno osa parlare

Andrea Muratore – 16 DICEMBRE 2018

Ammonterebbe a 4.500 miliardi di euro la quantità di denaro transitata in Olanda nel 2016 per semplici motivazioni fiscali, frutto delle attività delle multinazionali di tutto il mondo nei singoli Paesi europei, i cui proventi sono in larga parte indirizzati in Olanda dove molte di queste hanno la loro sede fiscale, attratte dalle regole favorevoli stabilite dal governo dell’Aja. 

Il governo del primo ministro Mark Rutte ha un bel piglio nel suo atteggiamento da fautore della linea del rigore sui conti pubblici nei confronti dell’Italia, ma di recente è finito sul banco degli imputati in sede europea e ha dovuto procedere a una seria analisi della condizione interna del Paese per il suo regime fiscale. Nonostante un tasso d’imposta corporate pari al 25% degli utili, il regime fiscale olandese prevede un sistema di esenzioni per gli utili di imprese straniere operanti nel Paese che rendono di fatto l’Olanda il centro nevralgico europeo dell’elusione delle imposte.

Il viceministro delle Finanze Menno Snel ha dovuto di recente ammettere ciò che nel mondo economico-finanziario già si sapeva: l’Olanda è di fatto un enorme paradiso fiscale. Dei 4.500 miliardi di euro transitati nel Paese (oltre 5 volte il Pil dell’Olanda), infatti, lo Stato ha potuto esercitare la sua capacità impositiva solo su 200 di essi.

“A descrivere per la prima volta questo scenario è stato lo stesso governo olandese in un documento inviato il 6 novembre di quest’ anno al Parlamento dell’Aja”, hanno scritto sul Sole 24 Ore Angelo Mincuzzi e Roberto Galullo, ripresi da Dagospia. Ma le sorprese non finiscono qui. Per la prima volta il governo olandese rende anche noto che nel paese ci sono circa 15mila società “bucalettere”, vale a dire cassette postali dietro le quali la maggior parte delle volte non esiste una vera e propria struttura organizzata né tantomeno unità produttive. In sostanza, dividendi, royalties e diritti intellettuali – grazie ad un fisco amico delle società e delle multinazionali – vengono “blindati” in Olanda invece che nei singoli Paesi europei.

Lussemburgo, Belgio, Irlanda, Cipro, Malta e Ungheria sono, assieme all’Olanda, i principali osservati speciali della Commissione europea per le politiche di dumping fiscale che causano uno squilibrio di primaria grandezza nel contesto comunitario. Ma nessuno dei primi sei Paesi può permettersi l’azione a lungo raggio dell’Olanda. Per comprenderlo, basti pensare ai nomi di spicco tra i colossi dell’economia che hanno la sede fiscale o la ragione sociale basate in Olanda.

A importanti player nazionali come Philips, Heineken e Randstad, infatti, si

 

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GIUSTIZIA E NORME

A quanto ammontano gli aumenti delle multe nel 2019

Le stime dell’Asaps, confermate dall’Istat, prevedono una crescita del 2,2%. Attesa soltanto la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

17 dicembre 2018

Arriva a inizio 2019 l’aumento biennale degli importi delle sanzioni al Codice della strada. Lo ricorda l’Asaps, associazione sostenitori e amici della polizia stradale, che nei giorni scorsi aveva provveduto ad avanzare una proiezione che stabiliva un aumento del 2,4%. Nei giorni scorsi, l’Istat ha comunicato l’indice biennale che è propedeutico a quanto previsto dall’art. 195 del Codice della strada comma 3: «La misura delle sanzioni amministrative pecuniarie è aggiornata ogni due anni in misura pari all’intera variazione, accertata dall’Istat, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (media nazionale) verificatasi nei due anni precedenti».

ATTESA L’UFFICIALITÀ CON LA PUBBLICAZIONE IN GAZZETTA UFFICIALE

Istat ha comunicato un aumento del 2,2% tra dicembre 2016 e novembre 2018. «Ovviamente», precisa l’Asaps, occorre attendere l’ufficialità con la pubblicazione del decreto del ministero dell’Economia sulla Gazzetta Ufficiale a fine anno e gli incrementi entreranno in vigore dal primo gennaio 2019». Se fosse confermato l’aumento del 2,2% – stando a quanto calcolato

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LA LINGUA SALVATA

Baccagliare

bac-ca-glià-re (io bac-cà-glio)

SIGNVociare, gridare litigando; corteggiare, tentare un approccio

probabilmente dal latino bacchare ‘schiamazzare’, derivato di Bacchanàlia ‘Baccanali’, attraverso l’influenza di forme ipotetiche come bacchàlia.

Curioso come i due significati di questa parola – uno forse recessivo, uno forse in ascesa – sembrino fra loro piuttosto scollati, e come in fondo non lo siano.

‘Baccagliare’ è attestato in italiano davvero tardi: negli anni ’40. E pare strano che una parola di ascendenza latina così marcata – si parla direttamente di feste in onore di Bacco! – si manifesti solo a metà Novecento, no? forse non così tanto, se consideriamo che i dialetti possono avere un ruolo d’incubatori, conservando parole antiche che infine, con calma, possono passare nella lingua nazionale.

Il baccagliare è innanzitutto un gridare, un vociare, specie litigando. Un gran baccano, giusto per stare sul pezzo etimologico. Quindi baccaglio con quella che butta la cicca per terra e vuole aver ragione, i due

Continua qui: https://unaparolaalgiorno.it/significato/B/baccagliare

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Quel vizietto della Germania: credersi la padrona d’Europa

lORENZO vITA- 10 OTTOBRE 2018

Il lupo perde il pelo ma non il vizio, dice il proverbio. E in Germania, in particolare in Baviera, quello di pensare all’Europa come terra di conquista è un vizio che non sembra destinato a interrompersi. Lo ha dimostrato Horst Seehofer, il leader e candidato della Csu per la guida della Baviera, in un comizio a Ingolstadt. Davanti alla platea dei suoi colleghi di partito, il ministro dell’Interno tedesco se n’è uscito con una provocazione infelice riguardo la Grecia: “I bavaresi hanno governato la Grecia per un po’, ma sarebbe stato meglio se fosse durato di più”.

L’ironia del politico tedesco faceva riferimento al regno di Ottone di Grecia, principe di Baviera, e che governò sul popolo ellenico dal 1832 al 1862. Monarca anche abbastanza disprezzato dal popolo greco, visto che finì la sua vita in esilio fuggendo su una nave da guerra britannica.

Ma evidentemente la storia non ha insegnato molto a Seehofer, se ha usato questo esempio per ricordare a tutti come l’amministrazione germanica, in quel caso bavarese, fosse nettamente migliore di quelle nazionali. Una battuta infelice che ha trovato ovviamente la reazione critica di molti esponenti politici greci, che, dopo aver incassato per anni le imposizioni volute da Berlino, adesso non vogliono sentirsi anche oggetto di scherno per ottenere qualche centinaio di voti in più in un’elezione locale.

Storia a parte, la battuta del ministro tedesco non è però un fulmine a ciel sereno. Non è un mistero che in Germania molti considerino la loro politica e la loro amministrazione come migliore rispetto alle altre dell’Unione europea. E non è neanche un mistero che la stessa Unione europea possa essere considerata una sorta di costruzione di un’Europa a immagine a somiglianza dei sogni egemonici di Berlino.

E la Grecia forse è l’esempio più evidente di questa malcelata idea della Germania di essere la potenza leader dell’Europa “unita”. In questi anni, le manovre imposte dalla Troika e con il supporto della Bundesbank, hanno non solo impoverito i cittadini greci e mandato sul lastrico un intero Paese, ma hanno anche dato il via a una privatizzazione e successiva svendita senza precedenti del patrimonio greco che, in larga parte, è finito in mani tedesche. Prova più eclatante gli aeroporti turistici, vero volano dell’industria ellenica, diventati quasi tutti di proprietà tedesca.

Ma Atene è solo una delle “vittime” dell’ideale tedesco. In realtà sono molti i Paesi che subiscono quest’idea non troppo remota di Berlino di essere il Paese che vuole controllare l’Europa. L’Italia è sicuramente una delle vittime preferite da parte dei ministri e dei politici tedeschi, accusata di essere una sorta di ventre molle dell’Europa a trazione franco-tedesca. E il fatto che la nostra economia si basi sullo spread tra Btp e Bund è già di per sé un indizio. Ma sono in genere i Paesi mediterranei a essere quelli più additati dalla Germania come nemici

 

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SANCHEZ SPENDE 13 MILIARDI IN ARMI. Per piacere ad Angela.

Maurizio Blondet 16 dicembre 2018

Cosa fa Pedro Sanchez, il capo del governo in Spagna, tanto europeista e amato da Merkel e Soros da poter sforare il deficit del 3 % senza suscitare procedure punitive di infrazione?

Spende quasi 13 miliardi  di euro in nuovi armamenti. In sei mesi. Una vera campagna di riarmo accelerata, come ci racconta ABC.

“All’improvviso verranno approvati tre nuovi programmi con impatto diretto sull’industria della difesa nazionale: la costruzione di nuove fregate della nuova “classe F-110” per la Marina spagnola; i primi 348 VCR 8 × 8 veicoli corazzati per l’esercito; e la modernizzazione dell’attuale flotta di 70 caccia Eurofighter . In totale, sono circa 7 miliardi e 331 milioni, secondo fonti confermate dal Ministero della Difesa.

Le cinque fregate della “classe F-110” saranno costruite presso i cantieri navali di Navantia a Ferrol

(La Coruña). Valutato a circa 4.300 milioni di euro, questo programma è la spina dorsale del cantiere

nazionale per le esportazioni future con particolare attenzione alla digitalizzazione del sistema di

produzione. Le fregate saranno consegnate tra il 2023 e il 2027

 

Questa spesa sostanziale, da distribuire in rendite successive nel decennio successivo nei bilanci della Difesa e dell’Industria, si aggiunge ai 5,4 miliardi di euro che il governo di Pedro Sánchez ha precedentemente approvato in programmi come la costruzione di quattro sottomarini S. 80, la modernizzazione dei 17 elicotteri Chinook, l’uso di due nuovi satelliti militari o un nuovo ordine di 23 elicotteri NH-90.

“Vale a dire, a metà anno di mandato, il Consiglio dei ministri ha siglato spese per l’industria militare per un importo di circa 12,9 miliardi di euro”.

Attenzione alla motivazione data:

“Questa strategia di investimento nell’industria militare serve a sostenere tre pilastri fondamentali: la forza lavoro in aziende chiave come Navantia, Santa Bárbara Sistemas, Indra e Airbus ; soddisfare i requisiti delle Forze armate dopo anni di tagli severi (un terzo del bilancio è scomparso con la crisi); e aumentare la percentuale di investimenti militari in Spagna, come la NATO ha richiesto dal 2014, che attualmente si attesta allo 0,9% e prevede di passare al 2%”.

Capito? Anzitutto non disperdere la forza-lavoro specializzata e le competenze tecniche di queste entità: Navantia è il complesso cantieristico  essenzialmente militare, è di Stato (Juncker non ne esige la privatizzazione?)  ed occupa quasi 6 mila dipendenti.  La Santa Bàrbara Sistemas è un conglomerato di tutte le industrie militari pubbliche recentemente privatizzato (2001) e venduto all’americana General Dynamics, che l’ha “reso efficiente” riducendo del 60% il personale, ora sui mille addetti. Pochi e che producono di tutto, dai fucili mitragliatori per l’esercito fino alla polvere da sparo e munizioni, esplosivi, missili,  blindati  ed anfibi.

Indra è una multinazionale quotata con circa 35 mila dipendenti   che provvede a “tecnologie duali” (civili-militari), automazione, controllo e comunicazione, elettronica, e attività spaziali.

Keynesismo militare

Il governo “europeista” insomma reagisce alla recessione con il “keynesismo militare”,   vince la disoccupazione facendo lavorare (a deficit) le decine di migliaia di lavoratori   del settore Difesa. Molto meglio di ciò che raccomandava Keynes nella depressione, pagare i lavoratori per scavare buche e poi riempirle. Quanto meglio   rispetto al reddito di  de-cittadinanza, i grillini e il loro Stalin  della Rumenta non lo capiranno mai.

ABC mette in rilievo il  ritmo degl’ investimenti militari del Nostro , a tappe forzate  nel giro dei sei mesi.  Pedro Sanchez diventa capo del governo (di minoranza) il 2 giugno 2018.

20 luglio: decreta l’ammodernamento del missile da crociera Taurus per 30 milioni.

27 luglio: pagamenti all’operatore Hisdesat per l’utilizzo di due nuovi satelliti per le comunicazioni militari tra il 2023 e il 2037 per 1.397 milioni.

27 luglio: il tetto massimo della spesa del sottomarino S-80 sale in altri 1,706 milioni.
3 agosto: manutenzione aeromobili per 21,6 milioni.
31 agosto: acquisizione di un elicottero di salvataggio e soccorso Súper Puma per 18 milioni.
7 settembre: ammodernamento dei 17 elicotteri Chinook per 1.060 milioni di euro.
16 novembre: 23 nuovi elicotteri NH-90 per 1.381 milioni.
14 dicembre: cinque fregate F-110, 348 veicoli 8 × 8 e modernizzazione di 70 caccia  eurofighter

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SCIENZE TECNOLOGIE

Bruxelles ci sta facendo perdere la guerra del futuro. Quella tecnologica

14/12/2018 Massimo Bordin

Secondo il sociologo bielorusso di fama internazionale Evgeny Morozov il mondo sta transitando da una guerra commerciale di tipo classico ad una nuova guerra fredda, ma la vecchia Europa risulta già fuori e già perdente.

Le rivoluzioni tecnologiche hanno sempre avuto anche conseguenze geopolitiche e l’intelligenza artificiale oggi sta ridefinendo l’economia mondiale e i suoi centri di potere.

Coloro che padroneggiano questa nuova tecnologia, caratterizzata dall’Intelligenza artificiale e dalla realtà aumentata diventeranno le superpotenze di questo secolo, lasciando ai margini le produzioni tradizionali (tessile, meccanica, ecc).

Secondo Morozov (ma anche Alberto Forchielli qui sostiene una tesi simile) noi europei siamo stati la metropoli centrale durante le rivoluzioni industriali, ma oggi stiamo diventando una colonia tecnologica digitale. Cina e Stati Uniti stanno conducendo quella battaglia che l’UE avrebbe dovuto iniziare con loro dieci anni fa.

Perché non gareggiamo?

Perché ci aspettavamo che, com’era successo in passato, gli Stati Uniti ci avrebbero fatti diventare un fornitore di tecnologia. Mentre credevamo questo Bruxelles, invece di garantirci una posizione da potenza tecnologica, si è preoccupata solo di proteggere il consumo e il libero mercato.

Mentre la Ue faceva e predicava liberismo, gli altri si organizzavano in modo radicalmente diverso.

Washington e Pechino hanno difeso i cittadini anche nei loro interesssi geostrategici.

Si poteva, ad esempio, impedire alle aziende cinesi di acquistare le più avanzate tecnologie della UE e tornare al protezionismo, come gli Stati Uniti, quando la situazione lo richiede.

In Europa noi ora soffriamo il monopolio della FANG: Facebook, Amazon, Netflix, Google, ma non è solo un  problema di monopoli classici.

È più complesso. Se l’Europa non vuole diventare un semplice mercato passivo, proprio come lo era per lei la Cina stessa e l’Asia o l’Africa, deve riformulare le regole nel campo dell’intelligenza artificiale.

L’UE non ha grandi piattaforme che forniscono i grandi dati (big data), come Google o Alibaba e gli altri cinesi e americani.

Sembrava che gli Stati Uniti fossero da tollerare solo per quello: è stato il nostro grande partner commerciale per 70 anni. Ma ora l’UE dovrebbe avere una propria agenda e – tramite il potere politico ed i meccanismi istituzionali – fare in modo che questi giganti tecnologici permettano alle imprese e agli imprenditori locali di accedere ai propri dati.

Per evitare di diventare una colonia, le leggi dovrebbero socializzare i big data, che sono la base dell’intelligenza artificiale, e metterli a disposizione di imprenditori, ricercatori e imprenditori locali nell’UE.

In caso contrario pagheremo il prezzo dell’arretratezza tecnologica, che alla fine si rivelerà anche una perdita di benessere. In Germania questo è un dibattito che preoccupa seriamente.

Dovremmo allora avere una UE più unita e meno riluttante a usare il suo potere politico?

Se proprio non si riesce a toglierla di mezzo, che almeno faccia leggi che costringono le multinazionali tecnologiche a pubblicizzare i dati strategici.

Internet è stato un investimento militare statunitense e Washington continua a vigilare sulla sua egemonia sostenendo la ricerca sull’intelligenza artificiale grazie alle grandi piattaforme che accumulano i big data. Per quanto riguarda la Cina … ha già annunciato che la sua priorità principale è l’intelligenza artificiale.

Infine, non possiamo dimenticare gli altri grandi player di questo gioco dirompente, che sono i fondi sovrani e la loro scommessa da miliardi di dollari per mettere al loro servizio il sistema produttivo europeo (quello che Forchielli chiama “messicanizzzazione” del sistema Italia, per intenderci)

I fondi extraeuropei anno tasche molto grandi. Oltre ai fondi asiatici e cinesi, i fondi dei paesi del

 

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