NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 15 LUGLIO 2019

Ben 30 dei 38 soldati dei Navy Seals che hanno preso parte alla pretesa uccisione di Osama bin Laden in Pakistan nelle settimane successive all’operazione sono morti in incidenti vari. (Nella foto: durante un addestramento)
https://www.voltairenet.org/article206966.html

NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI

16 LUGLIO 2019

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Cose difficili da incartare:

un’aragosta,

mezza dozzina di colletti inamidati,

una spazzola

ORIO VERGANI

In: PROVENZAL, Dizionario umoristico, Hoepli, 1957, pag. 155

 

http://www.dettiescritti.com/

https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/

 

Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

 

Tutti i numeri dell’anno 2018 e 2019 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com 

 

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SOMMARIO

La UE, gli americani, i nemici europei, le invasioni migratorie prossime venture

I misteri del russiagate italiano

Dai rubli a Lucano. 1

RIEDUCAZIONE antifascista 1

L’alleanza tra sinistre e oligarchie

IL LEGAME DI EPSTEIN COL MOSSAD. 1

Roberto Benigni che interpreta Geppetto

EMILIA: IL PD FORZA PER LA LEGGE CHE RENDERE REATO l’OMOFOBIA. NONOSTANTE I LEGAMI CON GLI ORRORI DI BIBBIANO. 1

Castellani, Cagliari, Gardini…Savoini, Salvini….. 1

Argentina: truppe israeliane a guardia del confine con Paraguay e Brasile

Inchiesta sulla nuova criminalità, violenta e pericolosa, che sfrutta i migranti arrivati sui barconi 1

L’Ambasciatore Gaetano Cortese e “La Residenza di Avenue Legrand” sede dell’Ambasciata d’Italia a Bruxelles. 1

Fonti dubbie e poca trasparenza: chi c’è dietro il caso Savoini 1

Migranti, la doppia morale della Francia nei confronti dell’Italia 1

Gli Usa ridefiniscono i diritti umani: “Basta abusare di questo termine” 1

Ecco le 5 menzogne delle ong 1

L’ombra del protezionismo sui mercati e la politica monetaria “preventiva” 1

Banche illegali: ogni anno creano 1.000 miliardi, esentasse 1

LA DITTATURA FINANZIARIA TOTALITARIA PROSSIMA VENTURA. 1

SUPER EX: MA PERCHÉ MONS. PAGLIA TELEFONAVA A PALAMARA? DI DIO NON SI PARLAVA…   1   

I conti con il passato

I Fratelli Mussulmani membri del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca 1

Copenhagen, immigrati islamici in rivolta

Germania: Un livello sconcertante di autocensura 1

Nicola Zingaretti, L’Espresso: “Segretario Pd indagato per finanziamento illecito” 1  

Parlamento UE, Gualtieri (PD) rieletto presidente

Demenza artificiale: fenomenologia e progresso 1

Antonio Canepa e il sogno di una Sicilia libera 1

 

 

EDITORIALE

La UE, gli americani, i nemici europei, le invasioni migratorie prossime venture

Manlio Lo Presti – 16 luglio 2019

La nomina di Gualtieri del PD a commissario per gli affari economici della UE è un’altra offesa ai risultati elettorali del nostro Paese che hanno registrato una netta vittoria dell’alleanza Lega-MoVimento5stelle.

Dopo la nomina di Sassoli – sempre PD – abbiamo un’altra assegnazione che proviene da un partito che ha perso la sua vocazione sociale per allearsi con le oligarchie mondiali che non fanno gli interessi dell’Italia dimenticando lavoratori, lotta alla disoccupazione, stato sociale, diritti sociali, sostegno della domanda interna, investimenti e, anzi, incoraggiando le svendite di interi settori produttivi italiani!

La quarta potenza industriale, con risparmi privati il cui totale è superiore a quello della intera europa messa insieme, con la più vasta proprietà immobiliare privata e diffusa, con imprese che funzionano e non ancora cadute in mano estera e ostile, la nazione fondatrice dell’unione europea è trattata come una colonia di terzo ordine da sottomettere, sfruttare, sbeffeggiare, spolpare, affamare, spingere alla estinzione demografica per far posto a 20.000.000 di sterminatori islamici africani neoschiavi da pagare 2 euro al giorno e sicuri portatori di voti alle ex-sinistre immigrazioniste neomaccartiste antifa quadrisex, VOTI CHE GLI ITALIANI NON GARANTISCONO PIU’.

L’unica eccezione è quella fornita dai voti italiani garantiti

dal sottogoverno del sistema delle case-famiglia foraggiate dall’orribile

commercio di bambini sottoposti ad elettroshock

 di cui non si parla più grazie alla copertura dei rubli a Salvini.

Uno sciame mediatico che ha oscurato anche la feccia innominabile generata dalle vicende del consiglio superiore della magistratura.

Il nostro Paese viene respinto ai margini dalla francia, dalla germania, dagli usa che fingono di aiutarci, dall’unione europea che ha l’intenzione non più mascherata, di far diventare il territorio nazionale un campo di raccolta dove parcheggiare le prime ondate di cosiddetti immigrati che sono più immigrati delle popolazioni denutrite e scheletriche di cui non frega niente nessuno

Questi poverissimi sono i dannati della terra

PERCHE’ NON POSSONO PAGARE ALMENO 3.000 EURO A SBARCO

E POI SAREBERO DA CURARE E RIMETTERE IN PIEDI

PER LAVORARE O – PIU’ FACILMENTE –

ESSERE RECLUTATI DALLA CRIMINALITA’ …

Molti si chiedono perché la nostra classe politica non reagisce con i validi mezzi a disposizione:

  • Uscita dall’unione
  • Blocco dei confini nazionali come del resto fanno da tempo germania che narcotizza i c.d. migranti (e nessuno si azzarda a fare critiche sulla narcotizzazione razzista tedesca fra i #metoo, antifa, sinistre arcobaleno, femministe, movimenti quadrisex, possessori di Rolex, inquilini di attici miliardari a New York, giornalisti targati) e rapidamente ce li rispedisce con ponti aerei stile Berlino 2.0, austria e svizzera con colonne di carri armati dislocati ai nostri confini, e francia molto attiva a respingere i c.d. migranti a Ventimiglia
  • Revoca degli acquisti di materiale bellico usa
  • Revoca della partecipazione ai ben 26 conflitti provocati dal Nobel per la pace Obama dello schieramento Dem NWO che ha prodotto 12.000.000 di morti!
  • Siglare nuove alleanze internazionali
  • Convocare gli ambasciatori di francia, germania, vaticano, olanda, malta, israele e consegnare loro il decreto di espulsione per ingerenze eversive a danno di un Paese straniero.

Questa classe politica italiana non reagirà perché il criterio di reclutamento delle sue fila si è sempre basato sul RICATTO diretto, frontale, individuale.

Una persona ricattata non volta le spalle finché percepisce che il danno del voltafaccia è superiore ai vantaggi sperati.

Il RICATTO diffonde la COLLUSIONE, la collusione favorisce la DOPPIEZZA, la doppiezza favorisce l’OMERTA’, l’omertà ha coperto misteri italiani da oltre quarant’anni. Quello che scrittori come Sciascia hanno dimostrato.

P.Q.M.

Non c’è speranza che il nostro martoriato Paese possa uscire in breve tempo da questo mefitico pantano che rende vana qualsia espressione di voto popolare e per fare sfacciatamente e completamente il contrario!

Occorrerebbe una sostituzione pressocché integrale dei ranghi politici esistenti.

Un ricambio che, come la storia ricorda ma non insegna, non sarà indolore …

Una operazione liberatoria che di fatto è impossibile in un Paese dove allignano indisturbate ben 164 basi atomiche americane NATO, NSA, CIA.

Un Paese dove scorrazzano

  1. oltre 50 servizi segreti,
  2. imperano 8 mafie,
  3. devastano 26 gruppi politici sotto lo sguardo impotente ed anche colluso di
  4. sette polizie e
  5. cinque servizi segreti italiani che sanno tutto e riferiscono inascoltati e in ottuplice copia ai governanti temporanei/precari collusi e venduti che escono tempo per tempo dalla porta girevole della bisca nazionale.

A questi serial killer non importa UNA BEATA della popolazione italiana che deve assolutamente morire in tempi brevi per fare spazio a i più malleabili (forse) milioni di c.d. immigrati islamici.

Ci sarà molto da fare solamente per uscirne vivi!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Ne riparleremo

 

 

 

 

IN EVIDENZA

I misteri del Russiagate italiano e le inchieste fatte per incastrare i “nemici”

Fulvio Scaglione – 15 luglio 2019

A quanto pare, la lezione del Russiagate non è servita. Due anni di indagini di tutti gli organi di sicurezza americani, migliaia di articoli, decine di libri, le indiscrezioni di impiegati pubblici infedeli elevate a baluardi della democrazia, tonnellate di pettegolezzi. Uno sforzo pazzesco per dimostrare che Donald Trump, se non era un agente al servizio del Cremlino, era comunque arrivato alla Casa Bianca grazie agli onnipotenti hacker russi. L’una e l’altra tesi poi clamorosamente smentite dalle conclusioni dello stesso procuratore speciale Robert Mueller, certo. Ma dopo che, in nome della “democrazia” e della “verità” ma in realtà solo in nome del pregiudizio e della rivalità politica, erano state prese per buone, anzi date per scontate, bufale colossali. Che qualcuno aveva interesse a far circolare e che la stampa, senza un minimo di coraggio e dignità, si prestava docilmente a diffondere.

Il “caso Salvini” ripropone molti degli interrogativi già affrontati con il Russiagate. Il leader della Lega dovrà dare spiegazioni e certo pagherà un prezzo politico al maldestro scaricabarile ai danni dell’onnipresente (almeno per quanto riguarda gli incontri con le delegazioni russe) Savoini. Anche la magistratura farà le debite indagini, e vedremo se salterà fuori qualcosa. Dal Rubligate in salsa lombarda, però, si leva anche un profumo di “barbe finte” che non può essere ignorato. A quel che sappiamo, le rivelazioni sui maneggi veri o presunti di Savoini erano già state proposte nel febbraio scorso dall’Espresso. Non è che allora fosse successo granché, anzi: la cosa era passata

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https://it.insideover.com/politica/russiagate-salvini-buzzfeed-servizi.html

 

 

 

 

Dai rubli a Lucano

Alessandro Bertirotti – 15 luglio 2019

È tutta questione di… interessi non universali.

Mentre si cercano i rubli di Mosca, si scoprono gli euro italiani, destinati a gestire l’immigrazione in Calabria. Come al solito, tutto il mondo è paese, e anche noi, che non desideriamo essere secondi a nessuno, specialmente nelle cose peggiori, continuiamo a dimostrare quanto significativi siano i soldi. Ossia, sarebbe meglio dire il potere.

È ovvio che la faccenda della corruzione internazionale, di cui è accusato il signore esponente della Lega della prima ora, come ha dichiarato Maroni, durante un’intervista televisiva, il certo Sig. Savoini, ha una dimensione che supera i confini della nostra nazione. Sono d’accordo in effetti con Paolo Guzzanti, quando afferma che Donald Trump ha tutto l’interesse a portare dalla sua la Gran Bretagna, stimolando una destabilizzazione dell’Unione Europea (con la Brexit), contro la Russia e la Cina. Ed ogni comportamento italiano che vada invece nella direzione di accogliere proposte commerciali russe e cinesi deve essere in qualche modo fermato. Ecco che allora spunta, proprio dagli States, questa serie di intercettazioni. E come abbiamo fatto per far fuori Berlusconi? È intervenuta la magistratura, e quindi, anche in questo caso, si ripete il solito copione. Vedremo come va a finire, ma è chiaramente sotto gli occhi di tutti ciò che ho appena scritto.

Vi sono però varie correnti all’interno della magistratura italiana, e, dico io, per nostra certa fortuna. In effetti, ora si scopre che i soldi destinati alla immigrazione, per far alloggiare poveri esseri umani, abbandonati ad arte nel Mar Mediterraneo, sono destinati, all’interno del meraviglioso modello di accoglienza cosiddetto “lucano”, all’accoglienza di amicissimi attori italiani, insieme alla

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http://blog.ilgiornale.it/bertirotti/2019/07/15/dai-rubli-a-lucano/

 

 

 

 

 

RIEDUCAZIONE antifascista

(CON CENSURA DEL VIDEO)

Maurizio Blondet  14 Luglio 2019

VIDEO QUI: https://youtu.be/YuLu-JRtVlA

VIDEO QUI: https://youtu.be/YuLu-JRtVlA

BAMBINI RAPITI DALLA LEGGE. NELLE MANI DELL’ORCO A SOLI 3 ANNI

 

VIDEO QUI: https://youtu.be/gnfgrtqYp6E

 

NON SOLO REGGIO EMILIA

DI VINCENZA PALMIERI

La Filiera Psichiatrica in Italia e le Riforme necessarie

CONVOCAZIONE DEGLI STATI GENERALI SULLE SOTTRAZIONI DEI MINORI

Emozionati, sorpresi, increduli. Ciò a cui assistiamo oggi è la conferma di decenni di lavoro. Un lavoro fatto di ricerca, ascolto, raccolta di informazioni. E di denunce, richieste di aiuto. Di infinito lavoro nelle aule dei Tribunali, nelle sedi dei Servizi, negli angusti spazi di CTU “terre di nessuno”, arroganti e colluse.

Sembrava, fino a poco fa, ancora e sempre la protesta di gente inascoltata. Per quanto, a protestare, fossimo: professionisti, ricercatori, accademici, giornalisti, famiglie, bambini. Eppure, erano una protesta e una voce che cadevano costantemente nel vuoto, di fronte al gelo e all’indifferenza delle Istituzioni.

Improvvisamente, oggi, tutto questo non c’è più.
Improvvisamente, tutto appare vero. Tutto appare credibile.
Tutto è credibile.

Lo abbiamo raccontato attraverso le pubblicazioni, i best seller di questi anni: “Mai più un bambino”, “I Malamente”, “Papà, portami via da qui – dedicato ad Anna Giulia, sette anni, cittadina italiana”.

E oggi è doveroso dire grazie a coloro che hanno creduto e condiviso.

Siamo qui perché non ci siamo fermati mai, neanche per un solo momento.
Ma è proprio qui e ora che non possiamo che dire “NON SOLO REGGIO EMILIA”. Non

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https://www.maurizioblondet.it/rieducazione/

 

 

 

 

 

 

L’alleanza tra sinistra e oligarchie: teoria e prassi della “Grande sostituzione”

Roberto Favazzo– Roma, 14 luglio 2019

Una delle tematiche centrali del dibattito politico è certamente quella dell’immigrazione. Tanto da essere finita, immancabilmente, nel cuore sia dei programmi partitici che di riflessioni di natura culturale. In quest’ultimo caso, da tempo ha preso piede il concetto di “Grande sostituzione”. Scrive ad esempio nel 2015 Valerio Benedetti, dalle colonne del cartaceo de Il Primato Nazionale, sottolineando il progetto mondialista di sostituzione secondo il quale “sarebbe molto più opportuno approfondire la dinamica di interessi concreti che legano Soros a Buzzi, gli ambienti confessionali a quelli finanziari, gli industriali alle cooperative e alle ong”.

Alla luce di queste riflessioni non c’è dubbio che i cosiddetti migranti rappresentino uno strumento volto a sradicare, se non a distruggere, l’identità europea. Progetto questo pianificato da organismi nazionali e sovranazionali. Ecco appunto la “Grande sostituzione” in atto. A tale proposito sono significative anche le riflessioni di Adriano Scianca: “La grande sostituzione –

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https://www.ilprimatonazionale.it/cultura/alleanza-sinistra-oligarchie-grande-sostituzione-123727/

 

 

 

 

 

IL LEGAME DI EPSTEIN COL MOSSAD

Maurizio Blondet  15 Luglio 2019

Epstein, fu detto al procuratore Acosta, va lasciato in pace perché “appartiene all’intelligence”.

Adesso diventa sempre più chiaro che “L’intelligence” che lui serviva (senza escludere CIA e FBI ) era quella israeliana. Persino i media mainstream ormai segnalano la ricca britannica, socia e complice di Epstein (“madame”, la chiamano, come la tenutaria di bordelli) che si chiama Ghislaine Maxwell.  Essa è  figli di Robert Maxwell, gran  padrone della stampa britannica  (Mirror Group,  Pergamon Press)  e informatica   (Sinclair)  e notorio agente: gli si attribuisce la segnalazione al Mossad di Mordechai Vanunu, lo scienziato atomico che aveva rivelato  che Israele possedeva l’atomica (e per  questo fu rapito dal Mossad e condannato a 18 anni)  ma soprattutto rubò agli USA e fornì a Sion (e anche al KGB) il  PROMIS, il primo software-spia disponibile ai servizi. Robert Maxwell –  vero nome Ján  Binyamin Hoch   – mori ’  in circostante misteriose nel novembre 1991 alle Canarie, cadde fuoribordo del suo splendido  yacht  e annegò.  Ha avuto funerali di Stato (ebraico) e la sepoltura a Gerusalemme, Monte degli Ulivi. Nell’orazione funebre, l’allora primo ministro, Ytzak Shamir (l’ex terrorista dell’Irgun) disse: “Egli ha fatto per Israele più di quanto si possa dire oggi”.

Il panfilo da cui “cadde”, fortuitamente o no, si chiamava Lady Ghislaine, il nome dell’amata figlia, che ora ha seguito  le sue orme.

E’ il parere di Robert Steele, ex agente della CIA esperto informatico, che con Bill Bonney (informatico della NSA)  schiera la sua competenza dalla parte di Trump contro il Deep State: “Resto dell’idea che Epstein è un agente clandestino del Mossad, assistito dalla  operativa clandestina Ghislaine Maxwell,  con la missione di fare precisamente quel che fanno: incastrare politici statunitensi, magistrati, celebrità, pubblici accusatori e capi di grandi imprese alla sua Lolita Island – col Mossad che ottiene i video.  Penso inoltre che  siccome  Epstein  è “on the job”,  anche CIA e Fbi   si sono associate al “lavoro”:  per loro è più importante essere in grado di ricattare più gente importante possibile , perché così   fanno aumentare gli stanziamenti, che beccare traditori, pedofili e delinquenti in cravatta – e il fatto che ora l’ FBI abbia sfondato la porta di Epstein può significare che i vecchi accordi non sono più attivi, e il nostro presidente potrebbe iniziare una campagna di terra bruciata per prosciugare la palude. Io lo prego di farlo”

Effettivamente, è saltato fuori un documento della polizia federale dove si dice che “Epstein  ha fornito all’FBI le informazioni concordate”  per cui “non ci saranno procedimenti  giudiziari federali finché continuerà a mantenere

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https://www.maurizioblondet.it/il-legame-di-epstein-col-mossad/

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

Uscirà al cinema il giorno di Natale. Roberto Benigni, che interpreta Geppetto, a Riccione rivela uno “scoop”

Simona Santoni – 3 luglio 2019

 

L’atteso Pinocchio, il nuovo film di Matteo Garrone con Roberto Benigni nei panni di Geppetto, comincia a prendere forma. Sono state rilasciate le prime immagini.

Il film uscirà nelle sale italiane il 25 dicembre 2019 distribuito da 01 Distribution.

Ecco il teaser trailer di Pinocchio di Matteo Garrone: https://youtu.be/XtrYzwbp4vE

Dopo film cupi e crudi come L’imbalsamatoreGomorra e Dogman, il regista romano capace anche di aprirsi al sogno e al fantastico, come ne Il racconto dei racconti – Tale of Tales, rilegge la celebre favola di Collodi.

Pinocchio è un progetto che inseguo ormai da anni. Il primo storyboard di Pinocchio l’ho fatto addirittura a sei anni”, ha detto Garrone a Ciné – Giornate di Cinema Riccione 2019. “Il film nasce per essere un racconto rivolto ai bambini,

Continua qui:

https://www.panorama.it/cinema/pinocchio-film-matteo-garrone/

 

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

EMILIA: IL PD FORZA PER LA LEGGE CHE RENDERE REATO l’OMOFOBIA. NONOSTANTE I LEGAMI CON GLI ORRORI DI BIBBIANO.

12 Luglio 2019 Marco Tosatti

In Emilia e Romagna quella che è stata a buona ragione definita una legge liberticida “Contro le Discriminazioni” è passata in commissione Parità.

Stilum Curiae se ne è occupato nei giorni scorsi; cliccate qui, e cliccate qui.

Ma questo progetto di legge oltre a presentare problemi in sé, come si evidenzia dal fatto che sia accompagnato da oltre trecento emendamenti, e dal fatto che Lega e Fratelli d’Italia siano usciti e non abbiano voluto partecipare alla votazione degli emendamenti , “per lasciare traccia della nostra completa contrarietà a questa legge”, come ha chiarito un esponente di minoranza, avviene in un quadro fortemente inquinato dallo scandalo di Bibbiano, della Val d’Enza, e con pesanti ombre politiche e sociali che toccano il Partito Democratico e la prima relatrice di questa legge, Roberta Mori.

È straordinario – o forse non lo è affatto, vista la funzione fiancheggiatrice del Partito Democratico in particolare e della sinistra in generale svolta dai maggiori giornali, Corriere, Stampa e Repubblica, e dai canali televisivi – che le implicazioni politiche dello scandalo affidi non vengano evidenziate. E in questo senso bisogna fare tanto di cappello al lavoro giornalistico svolto da “Radio Spada”, che invece continua a scavare in quella miniera degli orrori.

Vi rimandiamo a un loro ultimo aggiornamento, citando però i primi paragrafi, che mettono in chiaro le vicinanze politiche di Roberta Mori con alcuni dei protagonisti dello scandalo:

“Chiariamo subito, per evitare la girandola di polemiche: qui non si parla né di responsabilità penali, né di connivenze nelle intenzioni. Ma la questione politico-sociale ormai è ineludibile ed esige una rapida e completa spiegazione da parte del Partito Democratico e della stessa Mori.

Roberta Mori è la presidente (PD) della Commissione Parità della Regione Emilia

Continua qui:

https://www.maurizioblondet.it/emilia-il-pd-forza-per-la-legge-che-rendere-reato-lomofobia-nonostante-i-legami-con-gli-orrori-di-bibbiano/

 

 

 

 

Castellani, Cagliari, Gardini…Savoini, Salvini…

14 Luglio 2019 DI CARLO BERTANI

carlobertani.blogspot.com

Ancora una volta. Come se nessuno sapesse che il mondo del petrolio è il mondo della corruzione per antonomasia: ai tempi di Mattei, si portavano nei Paesi arabi bionde “stangone”, molto gradite agli emiri. Poi, gli emiri capirono che non era il caso di farsi turlupinare con due puttane da strapazzo: nacquero i petroldollari, il resto – guerre comprese – lo conosciamo.

Perché il mondo del petrolio e dell’energia è così differente?

Perché c’è una netta differenziazione fra i Paesi che hanno importanti risorse energetiche e quelli che non le hanno: c’è una sorta di differenza di potenziale energetico fra Paesi come l’Arabia Saudita, la Russia, l’Iran…e la Germania, l’Italia, il Regno Unito…una differenza di potenziale che, in Fisica, si definisce Tensione. C’è dunque tensione fra i Paesi produttori e quelli consumatori: normale che sia così.

Per cautelarsi dai rischi della tensione, si fa fluire fra i due poli a diverso potenziale una Corrente, che è quella che scorre nel filo oppure, la sfilza di petroliere del Golfo Persico o gli oleodotti: una corrente d’energia, che fluisce per mantenere basso il rischio. L’Iraq e la Libia insegnano.

La corrente, per fluire in sicurezza, ha bisogno di un impianto che ha le sue regole, ed anche il flusso d’energia ha le sue regole – in genere non scritte ma ben conosciute in quel mondo – cosicché, quando Mattei forzò quel sistema, il sistema lo “staccò” dal circuito. Come Gheddafi o Saddam Hussein: anche la vicenda iraniana ci evidenzia un circuito di scambio al limite di sicurezza e, entrambi i due poli, cercano di guadagnare il massimo possibile senza rompere il giocattolo. Che è il laghetto chiamato Golfo Persico.

L’importanza finanziaria di quel mondo è tale che le vicende economiche di una classe politica siano lillipuziane rispetto ai “rimedi” per mantenere in sicurezza il sistema ma, non sempre, la parte politica sa astenersi dal great game dell’energia, formando strani connubi con chi è destinato a gestirlo, ossia le compagnie petrolifere, nazionali e non.

Una parentesi riguarda l’Italia. Come nazione sconfitta nella 2GM, l’Italia non doveva avere una compagnia nazionale: vuoi per l’intraprendenza di Mattei, vuoi come contropartita della cobelligeranza, il “cartello” anglosassone chiuse un occhio. E fece male, perché, oggi, l’ENI gira attorno al decimo o undicesimo posto nella classifica internazionale delle compagnie energetiche dove, a riprova della stranezza, non c’è nessuna azienda tedesca o giapponese. Ciò è dovuto, soprattutto, al perfezionamento delle tecniche di ricerca dell’ENI e pure, anche se non si potrebbe dire, da una certa “capacità di fluidificazione” delle correnti energetiche. Con quali mezzi? Beh, i soliti di tutte le compagnie…vedete, ad esempio, la vicenda nigeriana, nella quale vi sono “oscuri” pagamenti che rasentano e superano il miliardo di dollari. (1)

Ciò che colpisce è la grande differenza delle cifre: un finanziamento illecito ad un partito può essere d’alcuni milioni di euro, una tangente energetica può salire di un grado (centinaia) molto facilmente, dato il valore dell’oggetto della transazione.

Per scoprire l’arcano, spicchiamo un salto nel 1993, alla famosa “tangente Enimont”.

Si trattò di una tangente pagata da Raoul Gardini (Gruppo Ferruzzi/Montedison) al sistema politico per far “digerire” la nuova Enimont, colosso che doveva nascere dal una joint venture fra ENI e Montedison, nel campo della chimica. La cifra, per l’epoca, fu iperbolica, 10 miliardi e 250 milioni di lire: beneficiari, tutto l’apparato politico dell’epoca, da Bettino Craxi a Umberto Bossi. Oggi, corrisponde tecnicamente a circa 5 milioni di euro, ma – cercando di attualizzarla utilizzando il potere d’acquisto dell’epoca (compito assai arduo) – potrebbe essere una cifra fra i 20 ed i 50 milioni di euro. Riflettiamo che, quella tangente, fu il “cuore” di “Mani Pulite”.

Oggi, Savoini – che mi pare inutile non far coincidere con l’uomo della Lega in terra russa: troppi anni d’incontri, ufficiali e non, con i russi – pare aver concordato un “finanziamento” di 65 milioni di dollari in cambio dell’importazione di 300 milioni di tonnellate di petrolio. Nel passaggio, pare che sia coinvolta anche l’ENI che, però, smentisce.

Si tratta di grandi cifre: 300 milioni di tonnellate, pari circa al carico di un migliaio di super petroliere e corrispondenti, a grandi linee, al fabbisogno italiano per 20 anni! Un accordo più che strategico, diremmo epocale!

L’accusa è quella di corruzione internazionale, che consente ogni tipo di rogatoria ed ogni tipo di intercettazione.

Se i magistrati confermeranno questa vicenda – che ha risvolti strategici importanti, basti pensare al petrolio nigeriano dell’ENI (dove finirà? a chi verrà venduto?) – si tratta non solo di un finanziamento illecito, bensì di una mossa strategica di grande rilievo, che sposta importanti equilibri nel mondo dell’energia.

A favore di chi? A scapito di chi?

Riflettiamo che, a fronte di un mercato europeo delle auto elettriche che segna un mercato del 2% annuo sul totale, l’Italia è allo 0,1% e molto in arretrato sulle strutture necessarie per questo mutamento nella trazione dei veicoli: per ogni auto elettrica che si vende in Italia, se ne vendono 20 in Europa. E le colonnine di ricarica non si vedono.

Le direttive europee impongono ai produttori, per il 2030, una produzione pari al 35% di auto elettriche ed ibride, perché i produttori “frenano” in tutti i modi: vogliono ancora lucrare sul motore a ciclo termico, sia benzina e sia diesel.

Chi è, in Italia, che teme di più il cambiamento?

I consumi di benzina e gasolio, in Italia, sono di circa 70 miliardi di euro (2), mentre le accise (che avevano promesso di azzerare) sono di 25 miliardi annui (3): da notare che è la quarta voce, per importanza, delle entrate, dopo IRPEF, IVA ed IRES.

Come potrete notare, si tratta di numeri da legge Finanziaria, mica di bruscolini da festival dell’unità o dei monti padani: questi sono i numeri di quota 100 o del reddito di cittadinanza, che sono stati le punte di lancia dell’azione di governo.

Una “bufala” creata ad hoc?

Difficile da credere: troppe sono le coincidenze, troppo evidenti i fatti, che Salvini (ingenuamente) ha cercato di negare. La criticità dell’evento sta tutta nella frizione fra i due mondi: una modesta provvigione per chi fa l’affare nel mondo petrolifero, un colpo da novanta per un partito dissanguato economicamente dalla sentenza che impone alla Lega di rientrare dei 49 milioni che

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http://carlobertani.blogspot.com/2019/07/castellani-cagliari-gardinisavoini.html

 

 

 

BELPAESE DA SALVAREL’Italia in mano alla mafia nigeriana

Inchiesta sulla nuova criminalità, violenta e pericolosa, che sfrutta i migranti arrivati sui barconi

 

– Credits: ANSA / UFFICIO STAMPA POLIZIA DI STATO

Il «culto», o, per capirci, la cosca emergente sono i Black Cats: i Gatti neri. Hanno tatuato il felino su una spalla e le profonde cicatrici sull’addome sono il risultato del rituale di affiliazione. Sono l’evoluzione della mafia nigeriana, una delle «più pericolose, aggressive e pervasive tra le mafie transnazionali» come l’ha definita l’ex procuratore antimafia Franco Roberti. I Gatti neri, che vestono di giallo e di verde, sulla dorsale adriatica hanno in mano lo spaccio di droga, la prostituzione soprattutto minorile e la tratta delle bianche: italiane tossicodipendenti adescate con le dosi e poi segregate negli appartamenti. Ne affittano a centinaia, ora li comprano anche, soprattutto nelle zone terremotate, investono in attività commerciali e prestano a usura.

I Black Cats sono una derivazione «colta» dei Black Axe, la più aggressiva tra le mafie nere e hanno la loro cattedrale in Campania sulla costa domiziana a Castelvolturno: 20 mila italiani e 25 mila clandestini africani in un labirinto dove c’è una sola legge, la violenza.

I Black Cats hanno la loro centrale operativa a Padova e lì, a Cadoneghe, il 22 novembre scorso la Squadra mobile ha arrestato il capo dei capi, Fred Iyamu. Lo chiamano «Gran Ibaka». Ci sono arrivati con un’inchiesta partita a Cagliari dove hanno arrestato altri 15 nigeriani. La sua storia è comune a molti mafiosi neri. È arrivato nel 2006 col barcone. Si è sposato a Cadoneghe con una ragazza pugliese, ha ottenuto il permesso e ha sostituito al vertice della mafia il capo dei capi in Italia Osahenagharu Uwagboe, detto Sixco, arrestato nel 2016 a Zivio vicino a Verona. E, ancora, nella città del Santo nel corso dell’operazione che ha acceso la polemica tra l’allora procuratore di Torino Antonio Spataro e Matteo Salvini, accusato dal magistrato di aver favorito i nigeriani annunciando prematuramente l’arresto di 15 pericolosissimi componenti dei Black Axe il 5 dicembre del 2018, sono state messe le manette a Edoseghe Terry, un don (cioè un capo), a Ezuma Christian Onya e a una maman, che gestisce le prostitute, Franca Udeh.

Da Padova la mafia nera ha cominciato una nuova espansione, ma nessuno ne parla per evitare che passi l’idea che con l’immigrazione clandestina importiamo anche la malavita più pericolosa. A definirla così è il procuratore aggiunto di Palermo Leonardo Agueci. Dopo un’operazione condotta a Ballarò, il quartiere di Palermo concesso ai neri da Cosa nostra, che ha portato alle prime condanne per 416 bis di nigeriani, Aguici ha detto: «Questa mafia è più violenta di quella palermitana». Nelle carte del processo per l’uccisione e lo squartamento di Pamela Mastropietro, la ragazza romana ammazzata il 30 gennaio del 2018 a Macerata, che si apre adesso in corte d’Assise, ci sono le rivelazioni di un pentito che indica in Innocent Oseghale – 30enne nigeriano arrivato anche lui come profugo, accusato dell’omicidio e dello scempio del cadavere della ragazza – l’uomo di collegamento tra Castelvolturno e Padova. Oseghale sarebbe stato incaricato di reclutare tra nigeriani e ghanesi nuovi affiliati, di organizzare lo spaccio e la tratta delle bianche. Pamela Mastropietro – il cui corpo è stato sezionato in 24 pezzi (manca il collo) abbandonati in due trolley in una strada di periferia – sarebbe stata uccisa perché si è rifiutata di prostituirsi. I verbali del pentito sono puntualissimi.

Il procuratore capo di Macerata Giovanni Giorgio ne fa uno dei pilastri dell’accusa contro Oseghale, ma le dichiarazioni di questo collaboratore non valgono l’etichetta di antimafia. Il testimone V.M., ora recluso nel carcere di Pescara, che ha consentito anche lo smantellamento di molte ’ndrine resterà privo di qualsiasi protezione e così la sua famiglia.

V.M. è stato preciso nel dire: «Oseghale ha sull’addome i segni dell’iniziazione, mi ha detto che se testimonio che Pamela è morta di overdose mi fa avere 100 mila euro da Castelvolturno perché a loro i soldi non mancano». Nessuno ha controllato, in compenso la figlia di V.M. è stata minacciata da alcuni nigeriani e la moglie vive nascosta, alla fame. Se un collaboratore di giustizia parla dei nigeriani c’è da stare attenti: ci sono in gioco le politiche dell’accoglienza.

Esiste però il «Buscetta dei neri». È il primo pentito dall’interno di Black Axe. Austine Johnbull al sostituto procuratore di Palermo Gaspare Spedale ha dettato a partire dalla primavera del 2016 migliaia di pagine raccontando tutto: dai riti di iniziazione a come e perché la mafia nigeriana composta da Black Axe, Black Cats, Vikings e Supreme Eye, che tra loro osservano una tregua armata, ha scelto l’Italia come trampolino per la diffusione in Europa, facendo di Castelvolturno la base di arrivo ed espansione. Ha raccontato come soprattutto i Black Axe abbiano stretto solidi legami con Cosa nostra e ha rivelato che quelle che appaiono come risse tra immigrati sono invece regolamenti di conti mafiosi: a partire dalla rivolta del 2010 nel ghetto di Rosarno, dove a organizzare il caporalato sono i mafiosi nigeriani che schiavizzano gli altri clandestini. Johnbull ha confermato che il capo dei capi in Italia era Sixco che a Verona nel 2013 organizzò la festa dei «culti». Era il segnale partito da Benin City, in Nigeria, dominio dei Black Axe, che si tornava all’azione. Nel 2009 i capi africani dopo le mattanze tra nigeriani del 2006 e 2007 tra Padova e Torino (il codice di Supreme Eye prevede di uccidere 15 membri della banda rivale per ogni proprio affiliato ammazzato) ordinarono di mettere in sonno l’organizzazione. Poi cominciò la trattativa con Cosa nostra e con le altre mafie nostrane che vendono la droga ai nigeriani e hanno appaltato loro lo spaccio e la prostituzione.

La Dia nella relazione antimafia del primo semestre del 2018 conferma che le cosche nere comandano in almeno sette regioni – Lazio, Campania, Calabria, Piemonte, Puglia, Sicilia e Veneto – dove trattano da pari a pari con la malavita italiana e ci sono otto città che sono i loro capisaldi: Torino, Verona, Bologna, Roma, Napoli, Palermo, Bari, Caserta. Ma i pentiti e le tante operazioni di polizia (gli arresti hanno passato i 300 nel solo 2018) rivelano che anche Padova, Macerata e Ferrara sono entrate a far parte di questo elenco e che in Sardegna, a Cagliari in particolare, c’è un forte radicamento dei Supreme Eye, mentre in Lombardia cominciano a farsi vedere i colletti bianchi della mafia nera nel bresciano, nell’hinterland milanese e nella bergamasca.

A Capriate San Gervasio, dove si stanno facendo strada i Vikings, è stato arrestato un mese fa Anthony Leonard Iezedomni, ritenuto una sorta di «capo mandamento». È la mappa del crimine d’importazione che ha un volume d’affari impressionante: un pusher viene stipendiato 2 mila euro al mese, una prostituta deve rendere almeno 500 euro al giorno, un «baseball cap» incassa non meno di 200 euro al giorno. I soldi vengono versati al don che è il boss locale, il quale a sua volta li versa all’head zone, il «capo zona», che lo compensa con 10 mila euro mensili.

Stando alle ultime indagini la mafia nera avrebbe messo in piedi un altro orribile mercato: il traffico di organi. La «clinica» degli espianti è a Castelvolturno: è lì che deportano i minori non accompagnati? Ne sono scomparsi 15 mila di quelli arrivati con i barconi. A Castelvolturno un rene varrebbe 60 mila euro, le cornee 10 mila, il midollo 15 mila. Il cuore, volendo, si paga 250 mila euro e non è la finzione shakespeariana di Shylock.

Su questi orrori a Lago Patria, una frazione di Giugliano, sta indagando l’Fbi statunitense insieme al Servizio centrale operativo, alla Polizia postale e ai carabinieri.

Pare certo che

il traffico di organi sia gestito sul darknet (il terzo livello, quello oscuro, di internet) da un cartello tra camorra e mafia nera.

Per questo a Castelvolturno sta arrivando l’esercito: 200 uomini.

È un territorio totalmente in mano alla mafia nera, che ha sfrattato i Casalesi,

recluta nei centri di accoglienza «cavie» e prostitute,

e che deve essere riconquistato allo Stato.

Le ragazze le comprano in Nigeria poi via Libia e – anche a bordo delle navi delle Ong – arrivano in Italia. Le maman le radunano a Castelvolturno: le ricattano con riti vudù o ju ju e le smistano a tutti i centri dell’organizzazione. Questa attraverso

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https://www.panorama.it/news/cronaca/italia-mafia-nigeriana-oseghale/

 

 

 

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Argentina: truppe israeliane a guardia del confine con Paraguay e Brasile

di Stella Calloni – La Jornada

Con la scusa di controllare il traffico di droga e merci che arrivano dal territorio paraguaiano quattro cannoniere israeliane Shalgag MKII e consiglieri del paese sono da domenica a Posadas, in Argentina, capitale della provincia di Misiones che compone il cosiddetto Triple, il confine con il Brasile e il Paraguay e prenderanno la custodia di quasi mille chilometri di acque dei fiumi Paraguay e Paraná.

 

Come riferito da La Jornada in questi ultimi due anni, dal marzo 2016 hanno cominciato ad essere firmato accordi militari e di sicurezza tra il governo del presidente argentino Mauricio Macri, gli Stati Uniti e Israele, così come ad effettuare acquisti di attrezzature e armi e la creazione di basi militari, sia nell’estremo sud del paese che nelle zone di confine a nord-ovest e nord-est. Il governo ha autorizzato anche la presenza di truppe statunitensi del Comando Sur, senza passaggio attraverso il Congresso argentino.

 

A Misiones vi è anche una “task force” dell’agenzia antidroga USA, in base a un accordo firmato dal ministro per la Sicurezza Patricia Bullrich nel 2017 negli Stati Uniti, dove sono anche state acquistate queste lance pagate un prezzo superiore a quello che sarebbero costate in altri paesi.

 

Mentre comincia la costruzione di una base militare finanziata dal Comando Sud nella provincia di Neuquen, e l’installazione di almeno due basi militari nella Terra del Fuoco, chiamata isola della fine del mondo, presuntamente per monitorare esplosioni nucleari nelle

 

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https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-argentina_truppe_israeliane_a_guardia_del_confine_con_paraguay_e_brasile/82_29492/

 

 

 

 

CULTURA

L’Ambasciatore Gaetano Cortese e “La Residenza di Avenue Legrand” sede dell’Ambasciata d’Italia a Bruxelles.

Un libro affascinante, ricco e prezioso, nell’anniversario della Residenza di Avenue Legrand come Ambasciata d’Italia in Belgio (1919-2019).

Carlo Franza 14 luglio 2019

Ho tra le mani il bellissimo volume dedicato alla Residenza di Avenue Legrand/Ambasciata d’Italia a Bruxelles, dell’illustrissimo nostro Ambasciatore italiano Gaetano Cortese (CORTESE Gaetano, Il Palazzo di Avenue Legrand. Residenza dell’Ambasciatore d’Italia presso Sua Maestà il Re dei Belgi, Servizi Tipografici Carlo Colombo, Roma, 2019, pp. 506).

Curatore ammirevole di quella stupenda e dotta collana che dà prestigio all’Italia e al nostro Paese, in quanto esempla da tempo già tutta una serie di Ambasciate italiane all’estero, prestigiose rappresentanze diplomatiche. Collana tesa a promuovere e valorizzare il patrimonio architettonico ed artistico delle proprietà demaniali dello Stato italiano all’estero:

L’Ambasciata d’Italia a Bruxelles,

L’Ambasciata d’Italia a L’Aja,

Il Palazzo di Sophialaan,

La Villa di Inkognitogaten/l’Ambasciata d’Italia a Oslo,

Il Palazzo sul Potomac/ l’Ambasciata d’Italia a Washington

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http://blog.ilgiornale.it/franza/2019/07/14/lambasciatore-gaetano-cortese-e-la-residenza-di-avenue-legrand-sede-dellambasciata-ditalia-a-bruxelles-un-un-libro-affascinante-ricco-e-prezioso-nell/

 

 

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Fonti dubbie e poca trasparenza: chi c’è dietro il caso Savoini

Buzzfeed, il sito americano che ha pubblicato l’inchiesta sui presunti finanziamenti russi alla Lega, è stato duramente criticato negli Usa per l’uso “spericolato” delle fonti e un atteggiamento non sempre etico

Roberto Vivaldelli – Dom, 14/07/2019

Nel giro di pochi giorni, il sito americano Buzzfeed è diventato una sorta di Bibbia per la stampa che ha diffuso l’inchiesta sui presunti finanziamenti russi alla Lega con al centro il presidente di Lombardia-Russia Gianluca Savoini.

Eppure, il giornale online fondato da Jonah Peretti nel 2006 non è certo un campione di trasparenza, soprattutto per ciò che riguarda le fonti, spesso riconducibili alle agenzie d’intelligence. Come osservato da The Hillgiornale politico statunitense pubblicato a Washington, D.C, la pubblicazione del falso dossier su Trump da parte di Buzzfeed“rappresenta una violazione dell’etica giornalistica”. “L’etica è stata sconfessata da un’ossessione per i clic – e le entrate pubblicitarie che li accompagnano – ancora una volta. Perché essere precisi quando puoi essere il primo? E dato che questa storia sta dominando il ciclo delle notizie, BuzzFeed sta sicuramente ricavando un folle traffico da questa decisione”.

In un altro editoriale, sempre The Hill osserva che “la decisione di BuzzFeed di pubblicare un rapporto non verificato sul presidente eletto Trump ha danneggiato la relazione già instabile esistente tra media, politici ed elettori. Il caporedattore Ben Smith ha fatto il giro dei talk show del mercoledì per difendere ciò che ha descritto come la responsabilità giornalistica di BuzzFeed di pubblicare il documento. I media, ovviamente, hanno un ruolo da svolgere quando si tratta di agire da cani da guardia nei confronti del governo. Watergate, Pentagon Papers e persino lo scandalo di Monica Lewinsky sono esempi di quando le organizzazioni giornalistiche hanno avuto ragione a pubblicare informazioni sensibili e verificabili al pubblico”.

Ognuno di questi esempi, osserva il quotidiano di Washington, “conteneva prove che hanno portato a una conferma delle infrazioni. Smith, d’altra parte, ha riconosciuto che la sua squadra ha passato settimane a cercare di verificare le informazioni contenute nel rapporto pubblicato da BuzzFeed, solo per uscirne a mani vuote”. Fu proprio il sito americano a pubblicare, il 10 gennaio 2017, il dossier redatto dall’ex spia britannica Christopher Steele dal quale emergevano contatti frequenti tra lo staff di Donald Trump e gli intermediari del Cremlino durante la campagna elettorale del 2016. Un dossier che poi si è rivelato essere in larga parte infondato e falso, come lo stesso ex membro dell’agenzia di spionaggio per l’estero della Gran Bretagna ha ammesso in seguito. Insomma, la fonte era un ex spia brittanica che ha screditato il suo stesso lavoro.

Anche Jake Tapper, un giornalista della Cnn, sottolineò che la decisione di pubblicare il dossier non verificato fu un “atto irresponsabile”. Sempre sull’uso spericolato delle fonti e dei falsi scoop, a gennaio di quest’anno, come osserva

 

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DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI

Migranti, la doppia morale della Francia nei confronti dell’Italia

Lorenzo Vita – 14 LUGLIO 2019

 

La Francia, si sa, non è un Paese che si contraddistingue per la capacità di scendere a compromessi. Incastonata nella sua innata grandeur, per Parigi esiste solo l’interesse nazionale. E questo vale per l’Europa così come per il mondo.

Il problema è che vale anche nei confronti dell’Italia, che da qualche tempio è entrata nel mirino di Emmanuel Macron diventando il bersaglio privilegiato della campagna mediatica e politica del President francese. Il governo giallo-verde, nemico esistenziale di quell’élite rappresenta dal leader di La Republique En Marche!, ha ingaggiato nel giro di pochi mesi una sfida continua con l’Eliseo. E in questo duello senza esclusione di colpi, l’Italia ha avuto il coraggio di smascherare molti dei tiri mancini realizzati da Parigi. Su un fronte soprattutto: quello dell’immigrazione.

Sia chiaro: nessuno attacca la Francia per il suo pugno duro nei confronti dell’immigrazione clandestina. Giusto e doveroso che un Paese faccia il possibile per avere il pieno controllo del proprio territorio (nel rispetto, ovviamente, del diritti). Ma quello che si è manifestato nel corso di questi mesi è un vero e proprio doppiopesismo d’Oltralpe – perfettamente conosciuto anche in Italia, ma taciuto da chi sostiene la Francia per fare un dispetto al nostro esecutivo – che è esploso specialmente da quando al governo ci sono due forze che sono fisiologicamente all’opposizione rispetto al mondo di Macron. L’ultimo esempio, che però è perfettamente indicativo è il caso di Carola Rackete. La “capitana” della Sea Watch 3 ha fatto di tutto per provocare le autorità italiane riuscendo anche nel ben difficile e pericolo intento di speronare una motovedetta della Guardia di Finanza forzando il blocco del porto di Lampedusa. Un atto che in qualsiasi Paese del mondo sarebbe considerato ala stregua di un gesto di pirateria. E non a caso esiste un’indagine nei suoi confronti. Ma per l’Italia, evidentemente, valgono altre regole: dal momento che al governo non ci sono le forze che piacciono a una certa parte dell’Unione europea, non è Rackete ad aver violato le leggi, ma è il governo ad averla “costretta ad infrangerle”.

Un rovesciamento dei parametri che avvicina Roma al teatro dell’assurdo ma che

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Gli Usa ridefiniscono i diritti umani: “Basta abusare di questo termine”

 

Federico Giuliani  – 15 luglio 2019

Una dichiarazione di Mike Pompeo ha acceso un intenso dibattito sul tema dei diritti umani. Il segretario di Stato americano, pochi giorni fa, ha annunciato che l’amministrazione Trump creerà una Commission on Unalienable Rights, cioè una commissione sui diritti inalienabili. Appurato che la questione dei diritti umani è da sempre legata a doppia mandata alla politica estera statunitense, resta da capire il senso di una simile operazione. L’opinione pubblica si è così divisa in due tronconi: da una parte i sostenitori della scelta, convinti che Washington voglia reinserire gli human rights al centro della linea politica della Casa Bianca; dall’altra gli oppositori, certi che quella di Trump sia invece una mossa per limitarli ancora di più. Dove sia la verità non è ancora dato saperlo.

Rivedere il concetto di “diritti umani”

Di sicuro conosciamo le funzioni della suddetta commissione. Il nuovo organismo avrà un ruolo consultivo, fornirà importanti opinioni e spunti di riflessioni ma non determinerà le scelte politiche degli Stati Uniti. Pompeo ha sottolineato come fosse necessario effettuare un riesame dei diritti inalienabili nel mondo, “il più profondo dalla Dichiarazione Universale del 1948”. Sappiamo già chi guiderà la commissione: Mary Ann Glendon, un giurista di Harvard che in passato ha lavorato sia per la Santa Sede che per il governo americano, a capo di altri 10 membri, portatori di varie competenze intellettuali. L’obiettivo dell’organo sarà quello di chiarire quali sono i diritti fondamentali dell’uomo e fare chiarezza sull’estensione di questo concetto, che dalla Seconda Guerra Mondiale in poi si è espanso a macchia d’olio fino a comprendere istanze “nobili e giuste” ma che tuttavia non dovrebbero rientrare nella categoria.

Perché è necessaria una commissione apposita

Pompeo ha sottolineato come in passato ci fosse un diverso modo di intendere i diritti umani, una causa che “un tempo metteva insieme popoli appartenenti a nazioni diverse, nello sforzo di garantire libertà universali e

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Ecco le 5 menzogne delle ong

Dalla mancanza di carburante alle condizioni sanitarie, ecco tutte le balle usate dalle ong per riuscire a sbarcare in Italia

Andrea Indini – Lun, 08/07/2019

Non è facile dipanare la verità dalla propaganda, specie se di mezzo ci sono le organizzazioni non governative. Da quando le loro scorribande nel Mar Mediterraneo sono state rese più difficili dai provvedimenti restrittivi del governo italiano, si sono dovuti ingegnare e usare mezzucci per giustificare le proprie missioni a ridosso delle coste libiche

Un passaggio in un recente servizio di SkyTg24 ha svelato le bugie raccontate dalla “Mediterranea Saving Humans” per giustificare il trasbordo di una quarantina di migranti irregolari. L’ong fondata da Luca Casarini non è certo l’unica a raccontarle. A metterle in fila appare chiaro che seguono tutte lo stesso schema: il rischio di naufragio, le condizioni sanitarie dei migranti a bordo e la mancanza di carburante o di acqua. Una volta che la navi sono riuscite ad ottenere l’attracco a un porto italiano, la verità viene a galla. E differisce dalla narrazione via social degli ultrà dell’immigrazione.

Ecco alcuni esempi:

  • quando nei giorni scorsi la Alex, la barca “da crociera” affittata da Mediterraneadopo che è stata messa sotto sequestro la Mare Jonio, ha recuperato quaranta immigrati ha spiegato che “per le condizioni psicofisiche delle persone a bordo e le caratteristiche della nave” non era assolutamente in grado di affrontare la traversata verso Malta. Non solo, al momento del “salvataggio”, scrivevano su Twitter che i “naufraghi” erano “in pessime condizioni e che c’era una donna “in gravi condizioni”. Intervistata da SkyTg24, però, Giulia Berberi, medico che si trovava a bordo del veliero, ha raccontato tutt’altra storia (guarda il video): “Noi li abbiamo trovati sul gommone che in realtà erano in buone condizioni”. E ancora: “Il problema è stato che ci trovavamo in zona libica e i libici stavano arrivando a prenderli, quindi immediatamente li abbiamo caricati sulla barca e siamo partiti”. Quando poi dalla Valletta è arrivata l’offerta di attracco, la Alex ha tirato dritto verso l’Italia.
  • anche l’intervento della nave “Alan Kurdi” non è così cristallino come vogliono farci credere. Dal gommone, su cui viaggiavano 65 migranti, non era partito alcun sos perché, come ha rivelato il capo missione Gordon Isler, “gli occupanti non avevano telefono satellitare o gps”“Le persone a bordo hanno avuto una fortuna incredibile a essere stati trovati… probabilmente non avrebbero raggiunto un luogo sicuro e sarebbero scomparsi in mare”, ha poi spiegato ammettendo che il gommone aveva un motore perfettamente funzionante e abbastanza carburante. Anche in questo caso l’ong tedesca Sea Eyeha subito rifiutato di tornare in Libia e di attraccare in Tunisia e ha ingaggiato un braccio di ferro fino ad ottenere l’ingresso alla Valletta.
  • quandoCarola Rackete, la comandante della Sea Watch 3, ha forzato il blocco speronando le motovedette della Guardia di Finanza, ha invocato lo “stato di necessità” per i quarantun migranti che aveva a bordo. Quando, però, questi sono sbarcati, è subito stato evidente che nessuno di loro stava male. Non sono stati disposti accertamenti specifici né trasferimenti in elisoccorso

 

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ECONOMIA

L’ombra del protezionismo sui mercati e la politica monetaria “preventiva”

09 LUGLIO 2019 · EMILIO FRANCO

Le incertezze connesse ai fattori geopolitici si ripercuotono non solo sulla fiducia di imprese e consumatori, ma anche sugli investimenti a livello mondiale. Ma qual è l’atteggiamento assunto dalle principali banche centrali per controbilanciare il rischio di rallentamento della crescita economica?

Il perdurare delle incertezze connesse a fattori geopolitici e all’inasprimento delle tensioni protezionistiche tra Stati Uniti e Cina grava sul clima di fiducia di imprese e consumatoriripercuotendosi sugli investimenti a livello mondiale e traducendosi in una dinamica debole dell’attività manifatturiera internazionale. A controbilanciare questi rischi crescenti di rallentamento della crescita economica, le principali banche centrali hanno assunto, da inizio giugno, un’impostazione più accomodante, contribuendo a un allentamento delle condizioni finanziarie e stabilizzando i risky asset: mentre i mercati obbligazionari prezzano il rallentamento della crescita economica e quindi il taglio del costo del denaro, i mercati azionari scommettono che le banche centrali avranno successo nel riuscire a risollevare il ciclo economico.

Nella riunione di politica monetaria di giugno la Federal Reserve ha segnalato l’apertura ad un “taglio preventivo” del costo del denaro. L’idea sottostante è quella di sottoscrivere, a un costo relativamente modesto in termini di rischio, una polizza di assicurazione per il rischio di recessione, anche in assenza di imminenti contrazioni della crescita, ma in presenza di rischi rivolti verso il basso. L’analisi storica dei precedenti episodi evidenzia che il ciclo economico attuale non è poi troppo difforme da quello del 1995 e del 1998, quando la Fed tagliò il tasso di riferimento tre volte consecutive in modo preventivo. Sia nel 1995 sia nel 1998 la Fed ritenne che l’intensificarsi dei rischi di scenario, in un contesto di deterioramento della crescita statunitense, potesse tradursi in uno shock significativo per la domanda interna e decise di ammortizzare eventuali shock avversi, tagliando il costo del denaro in tre meeting ravvicinati. In passato, ogni riunione del Fomc, in cui è stato implementato un taglio preventivo, era stata preceduta da una revisione al ribasso della proiezione del tasso di inflazione (o da una revisione al rialzo della disoccupazione). Questo è quanto avvenuto il 19 giugno, quando alla luce della maggior incertezza caratterizzante il contesto economico e, soprattutto, della debolezza dell’inflazione, il Fomc ha eliminato dallo statement il riferimento a un atteggiamento “paziente” nel determinare la futura traiettoria del costo del denaro e ha rivisto marcatamente al ribasso le previsioni di inflazione a 1,5% quest’anno, contro l’1,8% indicato a marzo, e a 1,9% l’anno prossimo, in calo dal precedente 2%. La Fed ha, così, assecondato i mercati che prezzano più di 75 punti base di taglio del costo del denaro nei prossimi dodici mesi, prevenendo il repricing delle aspettative ed un potenziale steepening della struttura a termine.

Analogamente, la Bce nel tentativo di prevenire un rafforzamento dell’euro ha

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FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Banche illegali: ogni anno creano 1.000 miliardi, esentasse

Scritto il 15/7/19

 

Il privilegio di emettere moneta “scritturale”, al di fuori di ogni legge che lo consenta (e anzi, contro l’articolo 128 del Trattato di Lisbona, che riserva la creazione dell’euro alla sola banca centrale) è stato di fatto preso dai banchieri privati, che godono della copertura delle autorità monetarie, e che in Italia ogni anno emettono mediamente 1.000 miliardi di moneta “scritturale”, denominandola “euro” – e non potrebbero farlo, perché violano il monopolio della Bce. La copertura, la protezione di questo privilegio (che in fondo è l’infrastruttura fondamentale del nostro sistema socioeconomico) viene assicurata dalla Banca d’Italia. Ma se solo la Bce ha la potestà di creare l’euro, perché si tollera che l’euro venga creato (mediante i prestiti, ndr) dalle normali banche di credito? E’ una situazione di totale illegalità, contraria al diritto. Viene tollerata perché proprio il privilegio è il fondamento del potere politico-economico. I cittadini che si mettono a loro volta a creare moneta “scritturale”, contro cui di scaglia la Banca d’Italia, in realtà fanno esattamente quello che fa il sistema bancario privato.

Solo che i cittadini, essendo il popolo (che deve essere sfruttato, spremuto e represso) non hanno la copertura delle autorità monetarie. Mentre il cartello bancario privato, che possiede le banche centrali – ne possiede le quote e ne nomina i dirigenti – quella copertura ce l’ha: ha la “legittimazione illegittima” delle autorità monetarie. Se anche venisse legittimata la creazione di euro “scritturali” da parte delle banche private, si avrebbe un grande beneficio: emergerebbe infatti un reddito, ora sommerso, di circa 1.000 miliardi all’anno, in Italia. Il che vorrebbe dire un gettito fiscale di circa 220 miliardi all’anno in più, per lo Stato, e il risanamento di tutti i bilanci bancari – quindi il pagamento di tutte le azioni e le obbligazioni convertibili, il recupero dei risparmi (e naturalmente, anche più soldi per gli investimenti produttivi e per le famiglie). Però non ne parlano, i nostri economisti mezzo-eretici, antisistema solo a metà. Penso a Borghi, Bagnai, Rinaldi e altri: non parlano mai, di questo. Raccontano solo una parte della storia: quella meno pericolosa, meno destabilizzante.

Non dicono nulla di questo, che ormai è un dato di fatto ammesso dalla Banca d’Italia (che pubblica le tabelle, relative alla creazione della moneta “scritturale” da parte delle banche private). Forse, dire questo sarebbe politicamente insostenibile, per il governo: l’esecutivo verrebbe fatto fuori, se qualche suo esponente ne parlasse. Non parlandone, però, si rimane in una situazione di sudditanza, che condanna l’Italia a una morte economica certa e abbastanza lenta. Beninteso: io apprezzo Rinaldi, Bagnai e Borghi. Li ascolto molto volentieri, però questa cosa non la dicono, ed è la cosa più importante: silenzio, sull’essenziale. Certo, l’essenziale può essere troppo forte: svelare questa realtà pubblicamente, attraverso i mass media, significa destabilizzare il sistema. Se queste cose venissero spiegate alla popolazione, o anche solo agli imprenditori, apparirebbe l’illegittimità profonda e irrimediabile di questo sistema monetario (e anche socio-politico, perché l’economia monetaria determina le condizioni di tutta la politica economica).

E poi: da un lato c’è il monopolio privato della creazione della moneta, dall’altro c’è il “monopsonio” di 8 banche, relativo all’acquisto dei titoli del debito pubblico, alle aste marginali. Cioè: alla fine, a tutti gli acquisti viene applicato il rendimento più alto della giornata. Quindi, chi ha acquistato titoli a un rendimento più basso, poi non fa altro che aspettare l’ultimo acquisto, per beneficiare del rendimento più alto: il che vuol dire che queste 8 banche possono mettersi d’accordo tra loro per fare manovre al rialzo, sui tassi di rendimento, e quindi far pagare di più ai contribuenti e guadagnare di più esse stesse. Bisognerebbe che qualcuno spiegasse, almeno ai soggetti impenditorialmente attivi, che cos’è questa tenaglia: il monopolio dell’offerta dei rating monetari e il “monopsonio” dell’acquisto alle aste. E’ una tenaglia che spezza qualsiasi residuo di “cosa pubblica”, perché mette tutto il potere in un numero ristretto di grandi banchieri: tutta la politica viene stretta in questa tenaglia.

L’Italia, come altri paesi, soffre di una carenza artificiale di liquidità, alla quale si ovvierebbe sia col “reddito universale”, cioè creando più moneta per sostenere la capacità di spesa e quindi la domanda interna, sia con una creazione monetaria mirata ad investimenti che aumentino la produzione e la produttività (a patto che l’aumento dei consumi e delle emissioni non comprometta in modo definitivo la salute dell’ecosistema terrestre). Dovrebbe sorgere una rete bancaria parallela, praticamente gratuita, che tolga di mezzo l’attuale sistema bancario, interamente privatizzato. E’ un sistema sostanzialmente vampiresco, che drena risorse dall’economia e le riduce, artificiosamente, per mantenere alto il proprio potere di condizionamento della moneta. Noi viviamo in un sistema al quale viene tolta moneta. Sapete che l’Italia ha a disposizione una quantità di liquidità pro capite che è la metà di quella della Francia e della Germania? Mettete un paese indebitato e in recessione, come l’Italia, accanto a paesi molto meno indebitati e molto meno in recessione, e con il doppio della liquidità, e avrete l’inevitabile: e cioè che i paesi più forti (e con più soldi) si comprano tutto quel che c’è da comprare, dell’Italia. Sono cose di cui non si parla mai. E sono quell’essenza, sottaciuta, dell’economia monetaria.

In qualsiasi società, abbiamo soggetti che da un lato hanno capacità di dare beni e servizi, e dall’altro hanno bisogno di beni e di servizi. Quindi la società richiede lo scambio. E lo scambio, a sua volta, richiede la moneta, come mezzo di regolazione dello scambio. Se però io mi pongo in una condizione di monopolista della creazione e della distribuzione della moneta (che è un simbolo: non è coperto da oro, e non ha un costo di produzione) e impongo a tutti di servirsi, per legge, della moneta da me prodotta, e gliela faccio pagare in termini di interessi, io gradualmente mi impadronisco di tutto il potenziale economico: costringo tutti a pagare con una moneta che prendono in prestito, versandomi gli interessi, per eseguire le loro transazioni. E accumulandosi gli interessi nel tempo, alla fine il mio potere diventa totale: assorbe quello dello Stato. Così io divento padrone dell’intera economia, ed è questo che è avvenuto. A quel punto io faccio scarseggiare la moneta, per mantenerne alta la domanda e alto il prezzo – e per tenere per il collo, al guinzaglio, le istituzioni pubbliche, le imprese e i popoli.

E attenzione: io non do nulla. Ottengo tutto questo senza dare alcun bene reale, alcun servizio reale: semplicemente, approfitto della posizione di monopolio che ho comperato, che ho conquistato in altri modi. Questa è l’economia politica, in essenza. Se prenderà piede Libra, la criptomoneta di Facebook, i giovani capiranno cos’è davvero la moneta: un semplice simbolo, il cui valore dipende unicamente dalla sua accettazione. E quindi capiranno che non ha bisogno di avere alle spalle una garanzia, una copertura in oro. Capiranno anche che la storia del capitale sociale delle banche centrali è una cosa assurda. Le banche centrali, che creano ed emettono la moneta, non hanno bisogno di capitale sociale, perché la moneta la creano. Il capitale sociale è una scorta di moneta, di credito, per far funzionare una normale impresa commerciale, che ha bisogno di prendere moneta dall’esterno: ma le banche centrali non hanno bisogno prendere moneta dall’esterno. E allora perché la Banca d’Italia ha un capitale sociale?

Risposta: per creare il pretesto, lo specchietto per le allodole che giustifichi il fatto di avere dei proprietari, che sono società private e per lo più estere, che controllano la banca centrale italiana attraverso dei prestanome. Questa è la realtà: è tutta una costruzione fatta per ingannare. I giovani che useranno la moneta di Facebook impareranno che la moneta non ha bisogno di riserve e non ha costi di produzione. E capiranno quindi che tutta la narrazione, lo storytelling delle autorità monetarie (europee, italiane e internazionali, incluso il Fmi) è una panzana. E’ un inganno, una truffa, per spremere il prodotto del lavoro e del risparmio della gente e delle imprese. In tanti cominceranno a chiedersi: come mai Zuckerberg può produrre molti miliardi di Libra, se non ha una banca centrale? A cosa serve la banca centrale? A cosa servono le banche?

Mi aspetto che si cominci a dubitare della narrazione monetaria e bancaria, prodotta dalle istituzioni per ingannarli. E poi, la Libra sarebbe davvero una criptovaluta? In greco, “cryptos” vuol dire nascosto. Se è evidente quello che hai nel portafoglio, bisognerebbe chiamarla “fanerovaluta”, moneta palese. C’è da fidarsi, di Facebook? Durante la campagna elettorale per le europee, il social network ha oscurato i miei post: sicuramente manifesta la volontà di tutelare certi segreti. Mi ha tenuto sotto censura per circa un

 

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https://www.libreidee.org/2019/07/banche-illegali-ogni-anno-creano-1-000-miliardi-esentasse/

 

 

 

 

 

 

 

LA DITTATURA FINANZIARIA TOTALITARIA PROSSIMA VENTURA

9, dicembre 9, 2013  DI PIERO VALERIO                       RILETTURA STORICA         


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  1. LA BANCA D’ITALIA

In quanto aderente al sistema SEBC (Sistema Europeo delle Banche Centrali) della BCE, Banca d’Italia è un’autorità monetaria completamente autonoma ed indipendente dal governo, perché in base ai trattati europei e al suo statuto non può finanziare direttamente lo Stato italiano tramite scoperti di conto di tesoreria, acquisto diretto di titoli del debito pubblico o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia. Inoltre, nessun politico o ministro italiano può influire sulle scelte di politica monetaria della Banca d’Italia o può chiedere conto e ragione, in parlamento o in altre sedi, dell’operato del Consiglio superiore o del governatore dell’istituto.
La situazione opposta, invece, è incredibilmente ammessa, come conferma la lettera inviata il 5 agosto del 2011 da Trichet e Draghi al governo Berlusconi. L’unico obiettivo di Banca d’Italia, in linea con quello della BCE, è il mantenimento di un tasso annuo di inflazione prossimo al 2%, mentre l’istituto non si assume alcuna responsabilità né per quanto riguarda la disoccupazione né la crescita economica in generale, lasciando che siano il governo e il parlamento con la sola leva fiscale e tributaria a doversi fare carico della soluzione di questi problemi. Tranne l’elezione del governatore, che avviene su esplicita proposta e indicazione del Consiglio superiore della banca centrale (articolo 17 dello Statuto), i politici non hanno alcuna influenza nelle attività strettamente tecniche o istituzionali di Bankitalia.

La proprietà della banca centrale è al 95% privata, anche se l’istituto viene ipocritamente definito di diritto pubblico, perché si è appropriato giuridicamente di un’attività regolamentata per legge: l’emissione della moneta (sotto forma di banconote e riserve bancarie). Siccome noi siamo obbligati per legge dal corso forzoso ad accettare l’euro come moneta di stato, la Banca d’Italia, che ha l’esclusivo privilegio di emettere le banconote e le riserve elettroniche in euro, malgrado la sua proprietà e funzione privatistica ha acquisito negli anni una chiara posizione dominante nell’assolvimento di un diritto pubblico. I banchieri privati si sono gradualmente, con il tacito consenso o l’approvazione unanime di tutti i politici, impossessati di un istituto giuridico pubblico, la moneta, cercando di ricavarne nel corso del tempo un maggiore profitto privato. E visto che un’istituzione o è pubblica (nel senso che non è orientata ai profitti ma a garantire un diritto della cittadinanza) o è privata (nel senso che antepone il raggiungimento del profitto al benessere dei cittadini), Bankitalia da questo punto di vista è un ente assolutamente privato, perché antepone il profitto dei suoi azionisti banchieri (inflazione bassa, dividendi, prestiti agevolati agli amici della cricca) a quello dei cittadini (occupazione, bassa tassazione, regolarità del credito a famiglie e imprese). Tuttavia, questo esproprio di fatto della funzione monetaria un tempo subordinata al governo democratico, fino ad oggi veniva quantomeno ricompensato versando gran parte degli utili di gestione alle casse dello Stato (e per come viene gestita oggi una banca centrale, gli utili sono sempre assicurati, mentre è praticamente impossibile avere delle perdite). Da oggi invece, tramite la scandalosa proposta di trasformare Banca d’Italia in una public company, anche gran parte di questi utili verranno veicolati verso gli azionisti bancari privati.

  1. I PROFITTI DEI BANCHIERI PRIVATI

Ma vediamo nel dettaglio cosa si nasconde dietro questa incredibile truffa legalizzataspulciando il documento redatto da tre consulenti di Banca d’Italia (uno dei tre relatori è il famigerato ex-presidente del consiglio fantoccio della GreciaLucas Papademos, governatore della banca centrale ellenica ai tempi dei trucchi di bilancio organizzati insieme a Goldman Sachs per fare rientrare il paese nei parametri di Maastricht: con un consulente così siamo in una botte di ferro!!!). Innanzitutto, partiamo dall’assetto proprietario attuale, che è diviso in quote fittizie per un valore complessivo del capitale sociale simbolico di €156.000, di cui Banca Intesa, Unicredit e Assicurazioni Generali insieme detengono quasi il 60% del totale. Il fatto che si sia creata una tale concentrazione di capitale sociale in pochi grandi gruppi dipende dal processo di trasformazione e fusioni successive avvenute nel sistema bancario italiano a partire dai primi anni novanta.

In base alle rispettive quote e al valore nominale delle stesse, secondo quanto disposto dall’articolo 39 dello Statuto, i dividendi dovuti agli istituti finanziari e assicurativi privati ammonterebbero al 10% dell’intero capitale sociale, ovvero a soli €15.600. Tuttavia i banchieri sono già riusciti in passato ad inserire un comma all’articolo 40 dello Statuto, secondo cui oltre ai risibili dividendi figurativi di cui sopra, spettano agli azionisti privati altri dividendi aggiuntivi pari ai profitti degli investimenti del valore massimo del 4% delle riserve detenute nell’anno precedente (per il 2012 l’aliquota è stata piuttosto bassa, 0,5%, che tradotta in soldoni equivale a €70 milioni regalati alle banche). Il resto dell’utile netto (€2,5 miliardi nel 2012) viene invece ripartito fra accantonamenti a riserve statutarie(€1 miliardo) o girato direttamente al ministero del Tesoro (€1,5 miliardi). Considerando che l’utile lordo è stato di poco superiore a €7 miliardi e sottratta la quota versata in anticipo al fondo rischi generali, ciò significa che lo Stato incassa all’anno all’incirca altri €2 miliardi di tasse sugli utili. E in totale si tratta di €3,5 miliardi entrati nelle casse dello Stato nel 2013. Una bella somma, che giustifica le enormi pressioni dei banchieri sul governo per accaparrarsi una fetta molto più grande del bottino. Dato il contesto istituzionale e politico favorevole (dall’inizio della crisi del 2011 i banchieri sono riusciti ad infiltrare nei governi tecnici Monti e Letta una quantità considerevole di propri dirigenti, affiliati e simpatizzanti) e la situazione di emergenza in cui versa l’Italia, era chiaro che fosse arrivato il momento di sferrare l’attacco decisivo.

  1. LA TRUFFA LEGALIZZATA

La proposta dei banchieri è la rivalutazione del capitale sociale, ricalcolato in base ai flussi di reddito che esso genera, il quale si collocherebbe in un intervallo compreso fra i €5 e €7,5 miliardi. Questi soldi verrebbero spostati contabilmente dalle riserve di Banca d’Italia, prendendo a pretesto il fatto che le banche per 14 anni di fila non hanno sfruttato fino in fondo le potenzialità dell’articolo 40, utilizzando sempre un valore di riserve investite inferiore al 4%. Come dire, non solo lo Stato ha fatto annualmente un regalo alle banche (i 70 milioni di euro di cui sopra), ma adesso i banchieri pretendono pure di farci pesare la colpa che il gentile omaggio non fosse all’altezza delle loro aspettative. Inoltre verrebbe fissato un limite del 5% alle quote possedute da ogni singolo azionista e a coloro che, adesso o in futuro, dovessero ritrovarsi con quote in eccesso, verrebbe concesso un periodo di tempo prestabilito per sbarazzarsene, vendendole ad “investitori istituzionali con un orizzonte di lungo periodo” (definizione generica che significa tutto e niente, ma che alla fine si ridurrebbe a privilegiare i ben noti colossi finanziari mondiali “too big to fail”, tipo Goldman SachsMorgan StanleyJP MorganBarclays, Deutsche Bank e così via).

In pratica si verrebbe a creare un vero e proprio mercato internazionale delle quote di Banca d’Italia, difficile se non impossibile da gestire e monitorare (se Goldman Sachs acquisisce o scala un altro azionista, chi si deve prendere la briga di obbligarla a cedere le sue quote in eccesso?), a cui potrebbero accedere soltanto gli istituti finanziari abilitati ed autorizzati (come avviene oggi con il consorzio degli “specialisti” in acquisto di titoli di stato). In nessun altro contesto internazionale, in cui la banca centrale è in tutto o in parte controllata dai privati, esiste un mercato regolamentato delle quote di partecipazione al capitale di una banca centrale, dato che queste ultime rappresentano ovunque una semplice certificazione azionaria fittizia che non può essere trasferita, venduta, prestata, acquistata. L’Italia sarebbe all’avanguardia in questo settore, visto che il progetto in questione prevede chiaramente che le quote siano “facilmente trasferibili e in grado di attrarre potenziali acquirenti”.

La smania di incentivare l’arrivo di capitali esteri ha contagiato pure uno dei settori in cui la presenza straniera non è affatto necessaria (gli stranieri sanno per caso “stampare” le banconote meglio di noi? O azionare i computers dei funzionari della banca centrale in maniera innovativa?) e creerebbe invece dei paradossi difficilmente risolvibili senza innescare infiniti intoppi diplomatici ed istituzionali: cosa succederebbe se un giorno Banca d’Italia diventasse interamente di proprietà straniera? Potrebbero istituti finanziari esteri pretendere tutto l’oro e il patrimonio accumulato da Banca d’Italia in passato, grazie soprattutto ai privilegi di gestione concessi dallo Stato

 

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GIUSTIZIA E NORME

SUPER EX: MA PERCHÉ MONS. PAGLIA TELEFONAVA A PALAMARA? DI DIO NON SI PARLAVA…

Maurizio Blondet  13 Luglio 2019

Marco Tosatti

Super Ex (ex di Avvenire, ex di Movimento per la Vita e di altre robe cattoliche, ma ancora non ex della Chiesa cattolica, apostolica e romana, tutt’altro) è così: scompare per settimane, e poi per qualche giorno ti tempesta di riflessioni e commenti. Oggi ha mandato un articolo su mons. Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Ma non ci ha scritto per commentare l’ineffabile articolo con cui Paglia, su Famiglia Cristiana di fronte all’assassinio di Vincent Lambert, ucciso per fame e sete, afferma, come riporta nel titolo Famiglia Cristiana (sic) che “Nel dramma il conflitto non aiuta”. Incredibile, vero? Eppure, è così. No, ci parla invece delle frequentazioni così poco conflittuali del fondatore di Sant’Egidio con le stanze del potere e in particolare con quelle del CSM ora sotto inchiesta. D’altronde mons. Vincenzo Paglia era lo stesso che pensando di parlare con Matteo Renzi, in una telefonata organizzata da la Zanzara gli diceva: “Tieni duro, tenete duro” riferendosi al Governo dopo aver ricoperto di elogi lo stesso (finto) Renzi: “sei bravissimo” “complimenti per tutto”.

Mi chiama un amico giornalista e mi dice: “Visto le novità su monsignor Paglia? Guarda Il Fatto quotidiano…”. Vado a vedere ed ecco cosa scopro: che il monsignore tanto caro a Bergoglio, tanto amico di Pannella, incontrava segretamente Palamara, il magistrato intrallazzone di cui si discute da giorni e giorni. Abbiamo ora le intercettazioni del loro colloquio!

Ma perché un magistrato dialoga con un vescovo, presidente della Pontificia accademia per la Vita, di questioni che con la fede e la Chiesa non hanno nulla a che vedere?

Il lettore ricordi anzitutto la provenienza di Paglia: Comunità sant’Egidio, congrega di catto-piddini di ferro

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I conti con il passato

IL LIBERO PENSIERO DI VITO SCHEPISI·SABATO 13 LUGLIO 2019

di Vito Schepisi

Tiziana Parenti per chi non lo ricorda o per chi non era ancora nato è stata un PM di Mani Pulite.
Fu messa da parte quando, al contrario di altri che si facevano dettare l’agenda da una intelligence che ne stabiliva l’indirizzo politico-mediatico-giudiziario, capì che il sistema delle tangenti era più diffuso, quasi totalitario, più di quanto si volesse far credere.
Fu lei che indagò sulle tangenti al PCI, si deve a Tiziana parenti l’emergere dei soldi incassati da Primo Greganti, sospettato di portare le valigette piene di soldi nella sede romana di Botteghe Oscure (luogo in cui il PCI, indisturbato, tesseva la sua tela, come un mostruoso e venefico ragno, per catturare l’Italia e la sua democrazia e FOTTERCI tutti).
Botteghe Oscure era anche la sede in cui si sospettava che allora, senza la tecnologia di oggi, quindi senza intercettazioni e tecniche di controllo remoto, funzionasse una centrale di collegamento con l’Unione Sovietica che di fatto ne gestiva, sia economicamente che politicamente, le azioni.
Il “centralismo democratico” (absit iniuria verbi), per chi non sa cosa sia stato, obbligava tutti gli aderenti e gli eletti del PCI a rispettare fedelmente gli indirizzi dei suoi vertici. Lo facevano persino i mandatari dei comportamenti sotto copertura che mai e poi mai avrebbero svelato i nomi e le funzioni dei loro mandanti. Tra questi, per merito di Tiziana Parenti, con coraggio e senza farsi intimidire dalle insormontabili barriere, sembra che sia stato beccato Primo Greganti.
La Parenti, donna di sinistra, era stata persino iscritta al PCI. Pagò questo suo amore per i’imparzialità della giustizia con l’emarginazione. Fu costretta ad uscire dalla magistratura, perché con quel clima che si era creato non era facile lavorare in una Procura che voleva girare l’Italia come un calzino.
Sarà la storia, quando sarà scritta senza pressioni e convenienze, a dirci se quella Procura agiva per rendere un favore al PCI che con la caduta del Muro di Berlino (9 novembre 1989) perdeva la sua maschera, facendo emergere l’orrore e la disperazione in quei paesi in cui sosteneva esservi situazioni paradisiache, con tanta gioia e felicità. E, come è evidente, non cambiò nulla, anzi venne meno solo la legittimità popolare sostituita da quella ideologica e giudiziaria.
E’ lei, Tiziana Parenti, che oggi ancora ammonisce che “se il Paese è in balia degli ignoranti è perché il Pd ha un’eredità sula quale non ha mai riflettuto seriamente. Abbiamo perso la memoria delle tangenti di una volta. Il finanziamento illecito ai partiti da parte di una potenza straniera, allora come oggi, è un fatto destabilizzante. Invece di riflettere sul passato si ridicolizzano vicende che invece sono molto serie. Galleggiamo su un enorme punto interrogativo. E questa è la condanna del Paese. O facciamo i conti seriamente con quel passato o finiamo nel nulla».
Facciamoli i conti con il passato!
Solo così si potrà uscire dalla confusione che c’è, e magari chiudere i conti anche con i tanti marioli che l’hanno fatta franca e con i tanti imbecilli che, dall’alto della loro somma ignoranza, ancora oggi farneticano sui nuovi paradisi.

https://www.facebook.com/notes/il-libero-pensiero-di-vito-schepisi/i-conti-con-il-passato/2539810072730656/

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

I Fratelli Mussulmani membri del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca

di Thierry Meyssan

“SOTTO I NOSTRI OCCHI” (5/25)

Continuiamo la pubblicazione del libro di Thierry Meyssan, Sotto i nostri occhi. In questo episodio l’autore riesamina il primo semestre 2011 quando, con il sostegno di Stati Uniti e Regno Unito, i Fratelli Mussulmani si avvicinarono o ebbero accesso al potere in Tunisia, Egitto e Libia.

RETE VOLTAIRE | DAMASCO (SIRIA) | 12 LUGLIO 2019

Questo articolo è estratto dal libro Sotto i nostri occhi.

 

Ben Ali (Tunisia), Gheddafi (Libia) e Mubarak (Egitto), nel 2011 erano tre capi di Stato agli ordini di Washington (Gheddafi dopo il voltafaccia del 2003, gli altri da sempre). Nonostante i servizi resi, furono spazzati via a vantaggio dei Fratelli Mussulmani.

L’INIZIO DELLA “PRIMAVERA ARABA” IN TUNISIA

Il 12 agosto 2010 il presidente Barack Obama firma la Direttiva presidenziale per la sicurezza n. 11 (PSD-11). Avvisa tutte le ambasciate statunitensi del Medio Oriente Allargato di prepararsi a «cambiamenti di regime» [1]. Per coordinare sul campo le operazioni segrete nomina, quali membri del Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, dei Fratelli Mussulmani. Washington sta per mettere in atto il piano britannico della “Primavera araba”. È il momento di gloria della Fratellanza.

Il 17 dicembre 2010 un fruttivendolo ambulante, “Mohamed” Bouazizi (Tarek), si dà fuoco in Tunisia dopo che la polizia gli ha sequestrato il carretto. La Fratellanza coglie la palla al balzo e fa circolare false notizie secondo cui il giovane, uno studente disoccupato, sarebbe stato schiaffeggiato da una poliziotta. Subito gli uomini del National Endowment for Democracy (NED, la falsa ONG dei servizi segreti dei cinque Stati anglosassoni) pagano la famiglia del defunto per non svelare l’inganno e scatenano la ribellione nel paese. Mentre esplodono le proteste contro la disoccupazione e la violenza della polizia, Washington esorta il presidente Zine El-Abidine Ben Ali a lasciare il paese, mentre l’MI6 organizza il rientro trionfale da Londra della Guida dei Fratelli tunisini, Rashid Ghannushi.

È la “rivoluzione dei Gelsomini” [2]. Il piano di tale cambio di regime rimanda a quello dello Scià di Persia, seguito dal ritorno dell’imam Khomeini, e a quello delle rivoluzioni colorate.

Rashid Ghannushi, che ha istituito la filiale locale dei Fratelli musulmani, ha già tentato il colpo di Stato nel 1987. Arrestato e imprigionato più di una volta, si ritira in esilio in Sudan, dove riceve il sostegno di Hasan al-Turabi, poi in Turchia, dove si avvicina a Recep Tayyip Erdoğan (allora capo del Millî Görüs¸). Nel 1993 ottiene asilo politico nel Londonistan, dove vive con le sue due mogli e i figli.

 

Due personaggi che si presentano come “antiamericani”: Moncef Marzouki (di estrema sinistra, al servizio del NED – USA) e Rashid Ghannushi (membro dei Fratelli Mussulmani che lavora per la Westminster Foundation – UK).

 

La Lega per la Protezione della Rivoluzione (LPR) è l’equivalente tunisino dell’Apparato Segreto egiziano. Il capo della LPR, Ihmed Deghij, riceve da Rashid Ghannushi istruzioni sulle personalità da eliminare.

Gli anglosassoni contribuiscono a migliorare l’immagine del suo partito, il movimento di tendenza islamica chiamato Movimento della Rinascita (“al-Nahda”). Per placare i timori della popolazione nei confronti della Fratellanza, il NED utilizza i suoi agenti di estrema sinistra. Moncef Marzouki, presidente della Commissione araba per i diritti umani, si gioca la carta dell’etica, assicurando che i Fratelli sono parecchio cambiati, diventando “democratici”. Viene così eletto presidente della Tunisia. Ghannushi vince le elezioni politiche e guida il governo dal dicembre 2011 all’agosto 2013, introducendo altri agenti del NED come Ahmed Najib Chebbi, ex maoista e trotskista convertito da Washington. Seguendo l’esempio di Hasan al-Banna, Ghannushi crea quindi la milizia del partito – la Lega per la protezione della rivoluzione – che commette diversi assassini politici, tra cui quello del leader dell’opposizione Chokri Belaid.

Tuttavia, nonostante il supporto innegabile di una parte della popolazione tunisina al suo ritorno, il partito al-Nahda viene presto messo in minoranza. Prima di lasciare la carica, Rashid Ghannushi fa approvare alcune leggi fiscali volte a rovinare la borghesia laica, nella speranza di trasformare l’assetto sociale del suo paese e ritornare presto sulla scena.

Nel maggio 2016 il decimo congresso di al-Nahda viene inscenato da Innovative Communications & Strategies – una società creata dall’MI6 – per assicurare che il partito è diventato “civile”, separando le attività politiche da quelle religiose. Ma questa evoluzione non ha nulla a che fare con la laicità; viene semplicemente richiesto ai funzionari di condividere il lavoro e non farsi contemporaneamente eleggere imam.

LA “PRIMAVERA ARABA” IN EGITTO

Il 25 gennaio 2011, ossia una settimana dopo la fuga del presidente tunisino Ben Ali, la festa nazionale egiziana si trasforma in una manifestazione contro il potere. Le proteste sono guidate dal “collaudato” sistema statunitense delle rivoluzioni colorate: i serbi formati da Gene Sharp – teorico della NATO specializzato in delicate transizioni di regime, ovvero senza il ricorso alla guerra [3]– e uomini del NED. Fin dal primo giorno vengono ampiamente distribuiti i loro libri e opuscoli, tradotti in arabo, tra cui le disposizioni per le manifestazioni (la maggior parte delle spie sarà successivamente arrestata, processata, condannata ed espulsa). I manifestanti vengono mobilitati principalmente dai Fratelli musulmani – che hanno il supporto del 15-20% del paese – e da Kifaya (Basta!), gruppo creato da Gene Sharp. È la “Rivoluzione del Nilo” [4]. Le proteste si svolgono principalmente in piazza Tahrir, al Cairo, ma anche in altre sette città principali. Tuttavia, la loro entità resta molto lontana rispetto all’ondata rivoluzionaria che ha fatto insorgere la Tunisia.

Fin dall’inizio, i Fratelli usano le armi e conducono i loro feriti a piazza Tahrir, in una moschea attrezzata a pronto soccorso. Le reti televisive delle petro-dittature del Qatar – Al Jazeera – e dell’Arabia Saudita – Al Arabiya – invitano al rovesciamento del regime e trasmettono informazioni strategiche in diretta. Gli Stati Uniti nominano l’ex direttore dell’Agenzia per l’energia nucleare, il premio Nobel per la Pace Muhammad al-Baradei, presidente dell’Associazione nazionale per il cambiamento. Al-Baradei ha il grandissimo merito di aver placato l’ardore di Hans Blix che ha denunciato, per conto delle Nazioni Unite, le bugie dell’amministrazione Bush per giustificare la guerra contro l’Iraq. Presiede per oltre un anno una coalizione creata sul modello della Dichiarazione di Damasco: un testo ragionevole, con firmatari di ogni dove oltre ai Fratelli musulmani, il cui programma, in realtà, è completamente opposto.

Per il portavoce dei Fratelli Mussulmani in Egitto, Essam Elarian, gli Accordi di Camp David hanno poca importanza, urge invece criminalizzare l’omosessualità.

In sostanza, la Fratellanza è la prima organizzazione egiziana a chiedere la caduta del regime. Le reti TV di tutti gli Stati membri della NATO o del Consiglio di cooperazione del Golfo prevedono la fuga del presidente Hosni Mubarak, mentre l’inviato speciale del presidente Obama, l’ambasciatore Frank G. Wisner – patrigno di Nicolas Sarkozy –, finge dapprima di sostenere Mubarak per poi allinearsi alla folla ed esortarlo a ritirarsi. Infine, dopo due settimane di disordini e una manifestazione di un milione di persone, Mubarak riceve l’ordine da Washington di cedere e si dimette. Tuttavia, gli Stati Uniti intendono cambiare la Costituzione prima di mettere la Fratellanza al potere, che quindi resta momentaneamente nelle mani dell’esercito. Il maresciallo Mohammed Hoseyn Tantawi presiede il Comitato militare che gestisce gli affari urgenti del momento, nominando una commissione costituzionale di sette membri, tra cui due Fratelli musulmani: uno di loro, il giudice Tarek El-Bishr, presiede i lavori.

Tuttavia, la Fratellanza porta avanti le dimostrazioni ogni venerdì, all’uscita dalle moschee, perpetrando linciaggi di cristiani copti senza che la polizia intervenga.

NESSUNA RIVOLUZIONE IN BAHREIN E YEMEN

Anche se la cultura yemenita non ha alcuna relazione rispetto a quella del Nord Africa – a parte la stessa lingua – un’importante manifestazione scuote per diversi mesi Bahrein e Yemen. La concomitanza con gli eventi in Tunisia e in Egitto rischia di confondere le carte in tavola: il Bahrein ospita la base della V Flotta degli Stati Uniti e regola il traffico marittimo nel Golfo Persico, mentre lo Yemen controlla – con il Gibuti – l’ingresso e l’uscita per il Mar Rosso e il Canale di Suez.

La dinastia regnante teme che la rivolta popolare possa rovesciare la monarchia e, di riflesso, ritiene l’Iran il principale responsabile. In effetti, nel 1981 un ayatollah (sciita) iracheno ha cercato di esportare la rivoluzione dell’imam Khomeini e di rovesciare il regime fantoccio istituito dagli inglesi al momento dell’indipendenza, nel 1971.

Il segretario della Difesa, Robert Gates, si reca sul posto e consente all’Arabia Saudita di stroncare sul nascere queste rivoluzioni. La repressione è guidata dal principe Nayaf, del clan dei Sudayri, come il principe Bandar – suo nipote – anche se Nayaf è più anziano e Bandar è figlio di una schiava. La divisione dei ruoli tra i due è ben definita: lo zio mantiene l’ordine reprimendo i movimenti popolari, mentre

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https://www.voltairenet.org/article206966.html

 

 

 

 

 

 

Copenhagen, immigrati islamici in rivolta mettono a ferro e fuoco la città (Video)

Di Cristina Gauri – 17 Aprile 2019

 

Copenhagen, 17 apr – Più di 20 persone sono state arrestate dopo la violenta rivolta degli immigrati di fede islamica avvenuta domenica notte a Copenhagen. Gli abitanti dei quartieri multietnici si sono scatenati in scontri, vandalizzando le vie della città in seguito alla provocazione di Rasmus Paludan, fondatore del partito antiimmigrati Hard Line. Paludan, nel corso di una manifestazione, ha gettato a terra una copia del Corano. Uno sfregio gravissimo: una regola prescrive infatti che il testo

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https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/copenhagen-immigrati-islamici-rivolta-ferro-fuoco-citta-video-113699/

 

 

 

 

 

 

Germania: Un livello sconcertante di autocensura

di Judith Bergman  •  14 luglio 2019

  • Sembra esserci un divario significativo tra ciò che i tedeschi dicono in pubblico e ciò che pensano. (…) Il 57 per cento dei tedeschi dichiara di essere infastidito dal fatto che “sempre più spesso viene detto loro cosa dire e come comportarsi”.
  • “Fa una grande differenza (…) se i cittadini sentono di essere sempre più osservati e giudicati. (…) Molti cittadini lamentano una mancanza di rispetto, nel senso che desiderano che le loro preoccupazioni e le loro posizioni vengano prese sul serio, [e] che gli sviluppi importanti siano apertamente discussi. …”. – Da un sondaggio sull’autocensura in Germania, condotto dall’Institut für Demoskopie Allensbach.
  • Queste restrizioni [alla libertà di espressione] sono culminate nella legge sulla censura entrata in vigore nel 2018, che impone alle piattaforme dei social media di rimuovere o bloccare qualsiasi presunto “reato” online, come i commenti offensivi e diffamanti o i contenuti che incitano all’odio, entro 24 ore dalla ricezione di un reclamo da parte di un utente. Se le piattaforme non provvedono a farlo, il governo tedesco può elevare multe fino a 50 milioni di euro, per mancata osservanza della norma. In Germania, le persone sono state perseguite per aver criticato le politiche migratorie del governo. ….
  • Nel Regno Unito, i Liberal-democratici hanno sospeso dal partito il candidato Dániel Tóth-Nagy, per aver affermato che “l’islamofobia non esiste” e per aver risposto a un tweet scrivendo: “E le mutilazioni genitali femminili? I delitti d’onore? I matrimoni forzati? Cosa ne pensa delle proteste delle donne in Iran, in Arabia Saudita e in altri paesi islamici contro l’uso obbligatorio dell’hijab? E la Sharia in Gran Bretagna? I diritti e l’educazione LGBT negati dai musulmani a Birmingham?”

Un nuovo sondaggio sull’autocensura in Germania ha mostrato che i cittadini tedeschi censurano la loro libertà di espressione in modo strabiliante. Alla domanda se sia “possibile esprimersi liberamente in pubblico”, un mero 18 per cento ha risposto “sì”. Per contro, il 59 per cento dei tedeschi intervistati ha dichiarato di esprimersi liberamente in presenza di amici e conoscenti.

“Quasi due terzi dei cittadini sono convinti che ‘oggi occorre fare molta attenzione agli argomenti sui quali esprimersi’, perché ci sono numerose regole non scritte in merito a quali opinioni sono accettabili e ammissibili”, secondo l’indagine condotta dall’Institut für Demoskopie Allensbach per il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ).

“La questione dei migranti è uno degli argomenti più delicati per un’ampia maggioranza degli intervistati, seguita dalle opinioni espresse sui musulmani e sull’Islam”, afferma il sondaggio. Al contrario, “la situazione è diversa quando si tratta di argomenti come la salvaguardia climatica, le pari opportunità, la disoccupazione o l’educazione dei figli, tutte tematiche sulle quali ci si può esprimere con franchezza, secondo la stragrande maggioranza”. Ad esempio, il 71 per cento dei tedeschi sostiene, secondo il sondaggio, che ci si può limitare a commentare “con cautela” la questione dei rifugiati.

Tra gli argomenti considerati tabù, uno sviluppo significativo si è verificato nel corso degli ultimi due decenni. Nel 1996, soltanto il 16 per cento dei tedeschi riteneva che il patriottismo fosse una questione delicata. Oggi, questa percentuale è aumentata, attestandosi al 41 per cento.

Secondo l’indagine demoscopica, “il patriottismo, il cosmopolitismo e il sostegno offerto all’Europa”, (ossia il sostegno a favore dell’Unione europea) non si escludono a vicenda. Oggi, tuttavia, “la popolazione non è più così sicura che le élite, con il loro forte sostegno all’integrazione europea e in una economia globalizzata, tengano ancora in grande considerazione la nazione (…) i cittadini temono sempre di essere considerati di destra se si dichiarano patrioti. Inoltre, un terzo della popolazione afferma che i politici dovrebbero essere cauti nel proclamare l’orgoglio nazionale, se non vogliono esporsi a duri attacchi”.

Si ravvisa una notevole discrepanza tra ciò che i tedeschi considerano essere tabù nella sfera pubblica, anziché nelle conversazioni private tra amici e conoscenti. Ad esempio, il 62 per cento dei tedeschi è convinto che un politico che afferma che l’Islam esercita troppa influenza in Germania si espone a dure critiche, ma solo il 22 per cento crede che dire apertamente questo nelle conversazioni private possa recare offesa. Allo stesso modo, l’opinione secondo la quale “viene fatto troppo per i profughi in Germania” viene considerata una dichiarazione pericolosa da esprimere pubblicamente, ma solo il 31 per cento ritiene sia un problema esprimerla in privato. In altre parole, sembra esserci un divario significativo tra ciò che i tedeschi dicono in pubblico e ciò che pensano.

“Sorprendentemente molti [tedeschi] hanno l’impressione che il controllo sociale sia stato rafforzato in fatto di opinioni espresse nella sfera pubblica e che le dichiarazioni e i comportamenti individuali sono sempre più sotto osservazione”, osserva il sondaggio. “La metà dei cittadini è convinta che oggi si presta molta più attenzione a come ci si comporta in pubblico e a ciò che si dice. Il 41 per cento afferma che la correttezza politica è esagerata e il 35 per cento arguisce perfino che la libertà di espressione è possibile soltanto nelle cerchie private”.

Il fatto che i cittadini tedeschi credono che la correttezza politica sia diventata esagerata è dimostrato dai risultati del sondaggio, secondo cui due terzi dei tedeschi pensano che le speciali espressioni politicamente corrette impiegate per i migranti come “persone con background migratorio” non dovrebbero rimpiazzare nelle dichiarazioni pubbliche termini comuni “straniero”. Il 57 per cento dei tedeschi dichiara di essere infastidito dal fatto che “sempre più spesso viene detto loro cosa dire e come comportarsi”. I tedeschi dell’ex Repubblica democratica tedesca comunista si lamentano maggiormente di questo rispetto al tedesco medio, in quanto hanno “fresca memoria storica di regole e costrizioni”, secondo il sondaggio, che termina con quest’ultima considerazione:

“Fa una grande differenza se una società complessivamente accetta e si sottomette a norme significative, o se i cittadini si sentono sempre più osservati e giudicati. (…) Molti cittadini lamentano una mancanza di rispetto, nel senso che desiderano che le loro preoccupazioni e le loro posizioni vengano prese sul serio, [e] che gli sviluppi importanti siano apertamente discussi. …”.

Agli occhi degli osservatori non sorprendono affatto i risultati del sondaggio, i quali mostrano come in Germania, negli ultimi anni, la libertà di espressione ha subito delle limitazioni. Queste restrizioni sono culminate nella legge sulla censura, entrata in vigore in Germania nel 2018, che impone alle piattaforme dei social media di rimuovere o bloccare qualsiasi presunto “reato” online, come i commenti offensivi e diffamanti o i contenuti che incitano all’odio, entro 24 ore dalla ricezione di un reclamo da parte di un utente. Se le piattaforme non provvedono a farlo, il governo tedesco può elevare multe fino a 50 milioni di euro, per mancata osservanza della norma.

In Germania, le persone sono state perseguite per aver criticato le politiche migratorie del governo. Nel 2016, due coniugi, Peter e Melanie M., hanno subito un processo penale per aver creato un gruppo su Facebook che criticava la politica migratoria del governo. Secondo quanto riportato, la pagina Fb diceva: “I rifugiati per motivi di guerra e i migranti economici si stanno riversando nel nostro paese. Portano terrore, paura, angoscia. Stuprano le nostre donne e mettono i nostri figli a rischio. Si ponga fine a tutto questo!”

Al processo, Peter M. ha difeso i suoi commenti online e ha dichiarato: “Non si può nemmeno esprimere un’opinione critica sui rifugiati senza essere etichettato come nazista. Volevo creare un forum di discussione in cui poter esprimere la propria opinione sui rifugiati…”. Nel suo verdetto, il giudice ha dichiarato che “il gruppo si definisce con una serie di generalizzazioni con un chiaro background di destra”. Peter M. è stato condannato, con sospensione della pena, a nove mesi di reclusione e sua moglie al pagamento di una multa di 1.200 euro. Il giudice ha poi aggiunto: “Spero che voi capiate la gravità della situazione. Se vi vedrò nuovamente qui davanti a me, finirete in carcere”.

Nel settembre del 2015, Die Welt ha riportato la notizia che chi diffonde sui social media idee “xenofobe”, rischia di perdere la custodia dei propri figli. Non occorre che un genitore debba commettere necessariamente un reato penale per indurre un giudice a stabilire che il benessere dei figli viene messo in pericolo e a limitare il diritto dei genitori di vedere il proprio figlio o la propria figlia o ad ordinare a “un educatore” di essere presente agli incontri tra il genitore e il figlio, con la possibilità di “intervenire come richiesto”. È anche possibile impedire certe azioni, espressioni o incontri in presenza del bambino. In ultima istanza, il giudice può pronunciare la decadenza della responsabilità

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https://it.gatestoneinstitute.org/14539/germania-autocensura

 

 

 

 

 

 

POLITICA

Nicola Zingaretti, L’Espresso: “Segretario Pd indagato per finanziamento illecito”

Al momento, puntualizza il settimanale, non sono state trovate prove delle presunte “erogazioni” da parte di Fabrizio Centofanti, di cui ha parlato in un interrogatorio l’avvocato siracusano Giuseppe Calafiore. Il legale ha detto ai pm: “Centofanti mi disse che non aveva problemi sulla Regione Lazio perché Zingaretti era a sua disposizione”. La replica: “Meri pettegolezzi”

di F. Q. | 19 Marzo 2019

 

Nicola Zingaretti è indagato per finanziamento illecito in un filone dell’inchiesta della procura di Roma, nata dal caso delle presunte sentenze comprate al Consiglio di Stato. Il neosegretario del Pd, stando a quanto riportato da L’Espresso, è stato accusato dall’avvocato Giuseppe Calafiore, presunto deus ex-machina con l’ex legale di Eni Piero Amara del giro di giudizi pilotati. Lo scorso luglio, nel corso di un interrogatorio, Calafiore ha citato Zingaretti in merito ad alcune domande dei pubblici ministeri su Fabrizio Centofanti, ex capo delle relazioni istituzionali di Francesco Bellavista Caltagirone.

Centofanti, anche lui arrestato a febbraio 2018 e poi liberato in attesa del processo, è stato descritto da Calafiore come “un lobbista che a Roma è dotato di un circuito relazionale di estrema importanza: magistrati, politici, appartenenti al Consiglio superiore di magistratura”. Centofanti “era sicuro di non essere arrestato – ha aggiunto l’avvocato davanti ai pm – perché riteneva di essere al sicuro in ragione di erogazione che lui aveva fatto per favorire l’attività politica di Zingaretti”.

A quel punto, ricostruisce L’Espresso, i Pm chiedono se si tratta di erogazioni lecite e ottengono questa risposta da Calafiore: “Assolutamente no, per quanto egli mi diceva – è l’accusa “de relato” dell’avvocato – Non so con chi trattasse tali erogazioni. Lui mi parlava solo di erogazioni verso Zingaretti. Mi disse che non aveva problemi sulla Regione Lazio perché Zingaretti era a sua

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https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/03/19/nicola-zingaretti-lespresso-segretario-pd-indagato-per-finanziamento-illecito/5048813/

 

 

 

 

 

 

 

Parlamento UE, Gualtieri (PD) rieletto presidente della commissione Affari economici

 

10 luglio 2019

L’esponente socialdemocratico ha guidato l’organismo parlamentare nella precedente legislatura. Confermato per acclamazione

Bruxelles – Roberto Gualtieri è stato confermato alla guida della commissione Affari economici del Parlamento europeo.

L’italiano, esponente del PD, è stato eletto per acclamazione, a conferma dell’accordo politico raggiunto tra i gruppi la settimana scorsa a Strasburgo.

“Lavorerà per più investimenti, completamento dell’Unione economica e monetaria, e giustizia fiscale”, assicura il gruppo dei socialdemocratici (S&D). Dopo l’elezione di David Sassoli alla presidenza

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https://www.eunews.it/2019/07/10/parlamento-ue-gualtieri-pd-rieletto-presidente-della-commissione-affari-economici/119034

 

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

Demenza artificiale: fenomenologia e progresso

16 gennaio, 2019

Questo articolo è apparso, in forma ridotta, su La Verità del 12 gennaio 2019.

Non basterebbero molte pagine per commentare l’ultima moda improvvisa e globale della digitalizzazione a tappe forzate, che per qualcuno – i soliti – dischiuderebbe «l’opportunità per pensare un mondo nuovo e per pensare anche un umano nuovo». Qui si può solo abbozzare una ricognizione preliminare sul tema, con l’intento non certo di chiosare le pretese «rivoluzioni» tecnologiche che lo rimpolpano, ma di raschiarne la patina retorica per ritrovarvi le dinamiche più antiche e familiari di un progetto di dominio degli uomini sugli uomini. Di cui la macchina è, insieme, lo strumento e il pretesto.

Da questa ricognizione emergerà che l’«e-government», il governo digitale, è esattamente ciò che dice di essere: l’ultima carnevalesca livrea della tecno-crazia, del potere sedicente tecnico che nel promettere la svolta storica di sottrarre le decisioni alle debolezze degli uomini… le sottrae agli uomini deboli per riservarle ai forti, come è sempre accaduto. Copertasi di sangue e di ridicolo nei campi dell’economia, svelatasi tribale e violenta in quelli della scienza e della medicina, darà spettacolo di sé con gli ultimi gingilli dell’ingegneria.

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http://ilpedante.org/post/demenza-artificiale-parte-i-fenomenologia-e-progresso

 

 

 

 

STORIA

Antonio Canepa e il sogno di una Sicilia libera

17 giugno 2019 – Giovanni Sorbello

Quella che vi raccontiamo oggi è una storia tutta siciliana vecchia di 74 anni, ma rimasta colpevolmente rilegata nel dimenticatoio da uno Stato italiano complice di crimini contro il suo stesso popolo. A 74 anni dal suo assassinio, vogliamo ricordare la figura eroica e poco conosciuta di Antonio Canepa, il Professore Guerrigliero, fondatore e comandante dell’Evis (Esercito volontario indipendentista siciliano), che trovò la morte in circostanze mai realmente chiarite a Murazzu Ruttu (Randazzo) ufficialmente il 17 giugno del 1945. Canepa, venne ucciso insieme ad altri due militanti dell’Evis, Carmelo Rosano e Giuseppe Lo Giudice, in un agguato condotto dai carabinieri. Il sogno di libertà dell’Evis preoccupo anche l’America che non esitò ad attivare la Cia per stanare gli indipendentisti siciliani.

 

 

Figura carismatica dell’indipendentismo siciliano, sin dall’inizio, rappresentò l’ala sinistra del progetto indipendentista e con tale orientamento, nel dicembre 1942 pubblicò l’opuscolo “La Sicilia ai Siciliani” divenuto il manifesto politico della sua idea di separatismo siciliano, in quanto egli riteneva, a ragione, che l’indipendenza siciliana fosse il mezzo per l’emancipazione delle classi popolari.

Nella sua La Sicilia ai Siciliani egli afferma che “la Sicilia si è trovata male

 

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https://www.ilfarosulmondo.it/antonio-canepa-intellettuale-e-guerrigliero/

 

 

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