NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 15 GENNAIO 2019

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NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI

15 GENNAIO 2019

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

 

III Legge del Potere: ridisegnare l’economia.

NOAM CHOMSKY, Le dieci leggi del Potere, Ponte alle grazie, 2017, pag. 40

 

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Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

 

Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com 

 

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SOMMARIO

 

La guerra al populismo 1

Germania: La nuova legge che vieta i matrimoni precoci è stata dichiarata incostituzionale 1

Ma anche il Corriere si diletta in fake news….. 1

Tanti nomi per un solo volto

Dopo Battisti riparte la caccia: “Riscontri su decine di altri terroristi” 1

Virginia Raggi, dietrofront sulle monetine della fontana di Trevi: «Restano alla Caritas» 1

Hathor Pentalpha e Isis, il romanzo criminale che ci attende 1

Immigrazione di massa: la strategia del caos

Trump inizia la sua guerra, infine? 1

“Scacchi” e “Go”, filosofie di gioco a confronto 1

L’allarme del Mit: “Così gli algoritmi potranno manipolare le elezioni” 1

Cybersecurity, l’intelligenza artificiale sfida i dispositivi smart 1

Complottismo e numeri da circo 1

Cospirazioni, l’equazione matematica che smentisce i complottisti 1

Condannato sindaco che rifiuta gli immigrati con malattie infettive 1

The Spectator – L’euro è la moneta più disfunzionale che sia mai stata creata 1

Google, il diritto all’oblio non è globale 1

Nella crisi delle élite globali, più ordine, meno democrazia? 1

Confini sempre più sottili tra i poteri dello Stato. 1

La “Liberazione” è stato uno stupro collettivo

 

EDITORIALE

Il DOMINIO, vero fondamento del Potere

Di Manlio Lo Presti – 15 gennaio 2019

Ancora circola il mantra dell’europa unita, dell’europa coesa, dell’europa dei popoli, dell’europa centro della civiltà mondiale. Sembra un disco rotto, ma le reti stampa, video, web continuano a trasmetterlo a reti unificate in tutte le forme possibili, con tutte le retoriche possibili, con tutte le tecniche psicologiche possibili.

Nonostante sia già stato detto e ridetto con diverse prospettive e profondità di analisi da numerosi studiosi, opinionisti, giornalisti, ecc., è sempre utile riproporre un quadro sintetico, conciso e telegrafico della situazione attuale del vecchio continente:

La retorica totalitaria sull’europa viene palesemente smentita dai dati che abbiamo davanti:

  • oltre 50.000.00 di disoccupati che saliranno a 000.000 con l’inserimento progressivo di robot. La tecnetronica eliminerà popolazione produttiva, non la sostituisce. La caratteristica degli anni a venire sarà il fenomeno delle espulsioni dal lavoro e una immigrazione oceanica che avrà il compito di eliminare le resistenze delle nazioni che non aderiscono “spontaneamente” al progetto di piallamento etnico;
  • oltre 50.000.000 di malati di mente, di cui 20 milioni da camicia di forza. La crisi artificiosamente prolungata da oltre 12 anni produce insicurezza e disagi mentali;
  • riduzione drastica del reddito medio, con uno spostamento delle ricchezze ad una minoranza (1 percento), uno spostamento di entità superiore a quelli avvenuti negli imperi cinese, assiro, romano, mongolo, ottomano;
  • gestione contabile di oltre 500.000.000 di persone per mano di un sinedrio costituito da un ristretto gruppo di mandarini il cui compito è salvaguardare la “stabilità” dell’euro. L’euro è una unità di conto ma non una moneta le cui caratteristiche sono quelle di riassumere la struttura di un popolo, la sua struttura dei prezzi, la sua storia. L’euro è una unità di conto creata da un gruppetto di banche private la cui dirigenza non risponde ai popoli europei;
  • assenza di politiche sociali di medio e lungo periodo: la risposta data da Bruxelles? Non è una competenza dei pasdaran della moneta votati al granitico, occhiuto, ossessivo, permanente, ripetitivo controllo del pareggio del bilancio. Poco importa se questo rigore stupido provocherà oltre 75.000.000 di disoccupati. Abbiamo detto che la crisi è indotta per sterminare le resistenze al N.W.O. monetario europeo;
  • eliminazione dello stato sociale: i soldi spesi dagli Stati si spostano sulle assicurazioni private multinazionali che non rispondono a nessuno se non al proprio profitto. Si tratta di uno spostamento di ricchezza che non si sognava nemmeno Tamerlano!
  • Bomba atomica di teatro: da lanciare contro gli Stati che non accettano il piano di genocidio culturale ed etnico dei pretoriani di Bruxelles teleguidati da mentori bancario-finanziari mondiali gestiti da una ben nota etnia storicamente esperta di finanza, banche, usura e riciclaggio. Si tratta di una proposta recentemente avanzata dal solito condominio anglofrancotedesco, ma ora misteriosamente nell’ombra;
  • Immigrazione senza controllo: in nome del principio umanitario, buonista riassunto nel mantra #restiamoumani e simili, l’europa sarà investita da una prima ondata di 100.000.000 di africani disposti a lavorare per 3 euro al giorno. Una operazione a regia confindustriale continentale mirante a far saltare per aria tutti i diritti acquisiti dai lavoratori nel corso di oltre cento anni con l’utilizzo di neoschiavi, stile impero egizio o assiro;
  • Secessione da attuare negli Stati con popolazione superiore a 20 milioni di persone: il Sinedrio tecnetronico di Bruxelles ha capito che è difficile gestire popoli troppo numerosi. Meglio creare staterelli di dimensioni tali da non potersi gestire in proprio e costretti a chiedere aiuto al Fondo Monetario Internazionale che li stritolerà e schiavizzerà con un debito permanente da non rimborsare MAI (vi ricorda qualcosa?). Il modello è quello seguito nell’est europa, stati baltici e staterelli scissi dall’unione sovietica, ora sotto la gogna dell’usura permanente;
  • Filosofia della depopolazione progressiva: una tesi liberale che da tempo prevede l’applicazione delle teorie di Malthus un pochino modernizzate, per giustificare la eliminazione di oltre 2.000.000.000 di umani entro il 2050. A tale proposito, è altamente istruttivi vedere il video: https://www.youtube.com/watch?v=DkyGqweYvTo . Molto attiva la Fondazione Gates dedita all’uso massiccio di vaccini da sperimentare sulla popolazione – di solito povera e inerme – (si, quello di microsoft) che ha ucciso oltre 90.000 bambini in India che lo vuole vedere morto. Molto letale la diminuzione della salvaguardia sanitaria sociale che ha visto una impennata di morti in tutti gli Stati della cosiddetta unione europea;
  • Eutanasia diffusa socialmente: questa pratica da tempo spacciata per operazione umanitaria, mostrando a suo sostegno, come pressione psicologica, casi estremi di sofferenza individuale. Dietro al profilo umanitario si cela il programma eugenetico di eliminazione dei malati e in particolare della popolazione anziana che non produce, costa con le pensioni, non lavora e si ammala (la stessa strategia nazista delle “bocche inutili” applicata persino ai propri soldati feriti a morte!);
  • Sradicamento sociale, culturale e identitario delle giovani generazioni: il sistema Erasmus ne è la targa più palese. Tutti ragazzoni dal sorriso ebete illuminati dal fulgido sole dell’avvenire senza identità, senza lingua nazionale, senza cultura identitaria, senza possibilità di reagire in caso di abusi ed ingiustizie perché isolati.
  • Ecosostenibilità: un tema condivisibile che dietro nasconde ben altro. All’improvviso assistiamo ad una frenesia ecologica, tutti cadono da cavallo fulminati sulla via di Damasco, tutti di scoprono ecologisti. Ritorna in auge un altro notissimo mantra: il FATE PRESTO, versione ecologica 2.0. Uno slogan che ha prodotto in economia guasti che potranno essere risanati non prima di 50 anni, se tutto va bene! Riflettiamo. Cosa c’è dietro questa campagna giusta, buona, sacrosanta, condivisibile? Perché i poteri forti si stanno impegnando adesso e non hanno fatto prima per un problema che risale ad almeno 50 anni??? Primo motivo VERO, sono i soldi che ESSI hanno fiutato dall’affare: creazione di auto ibride da vendere indebitando masse umane indotte da sapienti lavaggi del cervello all’acquisto compulsivo; secondo, il WHO e simili strutture del potere tecnetronico occidentale, vogliono imporre (non condividere) questi nuovi protocolli etici-ecologici ipertecnologici ai Paesi che hanno da poco intrapreso la strada dello sviluppo con energia fossile usata dall’Occidente. Questi Paesi che non hanno le risorse per acquistare le tecnologie hanno due strade a) indebitarsi ancora di più per comprarli; b) percorrere la strada della ribellione e quindi diventare STATI CANAGLIA (quindi islamici, da sterminare con bombe e missioni militari umanitarie gestite dai CASCHI BIANCHI, dall’ONU, da altre strutture simili).

TUTTO CIÒ PREMESSO

Il panorama che ne deriva costituisce la premessa perché il pianeta imploda su se stesso!

È questo è l’obiettivo delle élite mondiali il cui obiettivo non è la salvaguardia delle persone né l’ecologia del pianeta.

La loro visione di comando è radicalmente diversa da quella a cui siamo abituati, cioè della ossessiva generalizzata ricerca del profitto che muove qualsiasi struttura produttiva e finanziaria.

La catena di comando dei “piani alti” può creare moneta all’infinito e quindi non ha necessità di guadagnarla.

Ma allora, qual è l’obiettivo?

Coloro che controllano la creazione di denaro (prossimamente, mediante il tecnetronico BLOCKCHAIN o simili) non perseguono il profitto.

Essi vogliono il DOMINIO, il TERZO PARALLELO!

Un obiettivo che è FASE ULTERIORE del profitto che è l’obiettivo primario planetario che usano per limitare, strumentalizzare e gestire l’azione dei colossi multinazionali dell’economia reale e finanziaria alla logica della sovragestione del DOMINIO.

DOMINIO, COME FASE AVANZATA DEL CONTROLLO

 

Ne riparleremo

 

 

 

 

 

 

 

IN EVIDENZA

La guerra al populismo

Markus 14 Gennaio 2019

 

C.J. HOPKINS – 10.01.2019

unz.com

Ricordate quando era finita la Guerra al Terrore ed era iniziata la Guerra al Populismo? Non fa nulla, tanto non se ne ricorda nessuno.

Era successo nell’estate del 2016, nota anche come “l’estate della paura.” La guerra al terrore stava andando splendidamente. C’erano stati una serie di “attacchi terroristici” ad Orlando, Nizza, Würzberg, Monaco, Reutlingen, Ansbach e a Saint-Étienne-du-Rouvray, ognuno di essi era stato perpetrato da “terroristi solitari” improvvisamente “auto-radicalizzatisi” (o “terroristi non terroristi“), che non avevano assolutamente avuto alcun legame con altri gruppi terroristici organizzati prima di “auto-radicalizzarsi” di colpo, a causa della fruizione di “contenuti terroristici” su Internet. Sembrava che stessimo entrando in una nuova e ancor più terrificante fase della Guerra Globale al Terrore, una fase in cui ognuno di noi avrebbe potuto essere un “terrorista” e “terrorismo” poteva voler dire qualsiasi cosa.

Questo allargamento della già praticamente priva di senso definizione di “terrorismo” era avvenuto al momento giusto, perché Obama potesse cedere le redini del comando ad Hillary Clinton, che tutti sapevano sarebbe stato il prossimo presidente, che avrebbe dovuto bombardare la Siria fino a spianarla in risposta alla minaccia terroristica non-terrorista. La Guerra al Terrore (o meglio, “la serie di sforzi persistenti e mirati, volti a smantellare le specifiche reti di estremisti violenti che minacciano l’America”, come Obama l’aveva ridefinita), sarebbe continuata, probabilmente per sempre. Il referendum sulla Brexit si era appena svolto, ma nessuno lo aveva ancora veramente digerito … e poi Trump aveva vinto la nomination.

Proprio come in quella scena di 1984 di Orwell, dove il Partito passa da un nemico ufficiale ad un altro durante l’adunata della Settimana dell’Odio, la Guerra al Terrore era stata ufficialmente cancellata e sostituita con la Guerra al Populismo. Va bene … d’accordo, non era stato un cambiamento così repentino. Ma, seriamente, ritornate indietro e riguardatevi le notizie. Noterete come la “minaccia terroristica islamica,” sotto la cui paura eravamo stati condizionati a vivere fin dal 2001, praticamente tutti i giorni, sembri svanire nel nulla.  All’improvviso, la “minaccia esistenziale” che ci siamo trovati ad affrontare era diventata il “neonazionalismo”, l’”illiberalismo” o il peggiorativo identificatore del giorno, il “populismo.”

Ed eccoci qui, due anni e mezzo dopo, e con la “democrazia” sotto un continuo attacco da parte di una schiera di malevoli “forze populiste”…. soppressori russo-fascisti del voto dei Neri, dissoluti assassini all’eu de Novichok, Bernie Sanders, i Francesi vestiti di giallo, baldanzosi bombaroli che spediscono bombe che non esplodono, il Culto della Morte nazista di Jeremy Corbyn e i grilli mangiacervello russo-cubani . Il Presidente degli Stati Uniti pare sia contemporaneamente un operativo dell’intelligence russa e, letteralmente, la reincarnazione di Hitler. NBC e MSNBC si sono ufficialmente fuse con la CIA. Il Guardian ha rinunciato ad ogni pretesa di giornalismo e sta solo

 

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Germania: La nuova legge che vieta i matrimoni precoci è stata dichiarata incostituzionale

di Soeren Kern – 13 gennaio 2019

Pezzo in lingua originale inglese: Germany: New Law Banning Child Marriage Declared Unconstitutional
Traduzioni di Angelita La Spada

 

La sentenza, che apre di fatto la porta alla legalizzazione in Germania dei matrimoni infantili regolati dalla sharia, è uno dei numerosi casi in cui i tribunali tedeschi stanno – intenzionalmente o meno – promuovendo la creazione nel paese di un sistema giuridico islamico parallelo.

  • “La Germania non può, da un lato, essere contraria alle nozze precoci che si contraggono in altre parti del mondo, e, dall’altro, essere favorevole alla celebrazione di tali matrimoni sul suolo tedesco. (…) In tal caso, non può essere compromesso l’interesse superiore del bambino. (…) Qui si parla della tutela di bambini e minori sancita costituzionalmente!” – Winfried Bausback, legislatore bavarese che ha contribuito a redigere la legge che vieta i matrimoni precoci.
  • “Dovremmo considerare un’altra cosa: i giudizi vengono emessi ‘in nome del popolo’. Questo popolo ha chiaramente detto attraverso i propri rappresentanti nel Bundestag che non vuole più ritenere legali i matrimoni infantili.” – Il giornalista Andreas von Delhaes-Guenther.
La Corte federale di Giustizia (Bundesgerichtshof), la più alta corte tedesca, ha stabilito che una nuova legge che vieta i matrimoni precoci può essere incostituzionale perché tutti i matrimoni, compresi quelli infantili regolati dalla sharia, sono protetti dalla Legge fondamentale tedesca.

Nella foto: L’edificio del Bundesgerichtshof, a Karlsruhe, in Germania. (Fonte dell’immagine: Andreas Praefcke/Wikimedia Commons)

La Corte federale di giustizia (Bundesgerichtshof, BGH), il più alto tribunale di giurisdizione civile e penale della Germania, ha stabilito che una nuova legge che vieta i matrimoni precoci può essere incostituzionale perché tutti i matrimoni, compresi quelli infantili regolati dalla sharia, sono protetti dalla Legge fondamentale tedesca (Grundgesetz).

La sentenza, che apre di fatto la porta alla legalizzazione in Germania dei matrimoni infantili regolati dalla sharia, è uno dei numerosi casi in cui i tribunali tedeschi stanno – intenzionalmente o meno – promuovendo la creazione nel paese di un sistema giuridico islamico parallelo.

Il caso riguarda una coppia siriana – una ragazzina di 14 anni sposata con un cugino 21enne – arrivata in Germania nel bel mezzo della crisi migratoria nell’agosto del 2015. L’Ufficio di assistenza ai giovani (Jugendamt) rifiutò di riconoscere il loro matrimonio e separò la ragazza dal marito. Quando quest’ultimo intentò causa, un tribunale minorile di Aschaffenburg si espresse a favore dello Jugendamt, che affermò di essere il tutore legale della giovane.

Nel maggio del 2016, una corte d’appello di Bamberg annullò la decisione e stabilì che il matrimonio era valido perché era stato contratto in Siria, dove, conformemente alla legge della sharia, i matrimoni precoci sono ammessi.

La sentenza ha di fatto legalizzato in Germania i matrimoni infantili regolati dalla sharia.

Tale sentenza – che è stata definita come un “corso intensivo di diritto matrimoniale islamico siriano” – ha scatenato una tempesta di critiche. Qualcuno ha accusato il tribunale di Bamberg di anteporre la sharia al diritto tedesco per legalizzare una pratica vietata in Germania.

“Le giustificazioni religiose o culturali celano il fatto che gli uomini più grandi abusano di giovani ragazze”, ha detto Rainer Wendt, a capo del sindacato della polizia tedesca.

Monika Michell di Terre des Femmes, un gruppo che opera a favore della difesa dei diritti delle donne, ha aggiunto: “Un marito non può essere il tutore legale di una moglie bambina perché ha una relazione sessuale con lei, il che è un evidente conflitto di interessi”.

Eva Kühne-Hörmann, ministro della Giustizia dell’Assia, si è chiesta: “Se ai minori non è permesso a giusto titolo di comprare una birra, perché il legislatore dovrebbe consentirgli di prendere decisioni così importanti come quella di sposarsi?”

Altri hanno detto che la decisione avrebbe innescato un conflitto culturale in Germania, poiché i musulmani l’avrebbero vista come un precedente per caldeggiare la legalizzazione nel paese di altre pratiche islamiche, tra cui la poligamia.

Nel settembre del 2016, il ministero dell’Interno tedesco, rispondendo a un’interrogazione sulla legge sulla libertà d’informazione, rivelò che 1.475 minori sposati vivevano in Germania dal 31 luglio 2016, e tra questi 361 avevano meno di 14 anni.

Nel tentativo di proteggere le ragazze che si sono sposate all’estero, ma che hanno cercato asilo in Germania, il parlamento tedesco, l’1 giugno del 2017, aveva approvato una legge che vieta i matrimoni precoci. La cosiddetta Legge per combattere i matrimoni infantili (Gesetz zur Bekämpfung von Kinderehen) fissa a 18 anni l’età minima per contrarre matrimonio in Germania e annulla tutte le unioni esistenti, comprese quelle celebrate all’estero, dove uno degli sposi aveva meno di 16 anni al momento della cerimonia nuziale.

La Corte federale di giustizia tedesca, nella sua sentenza, pubblicata il 14 dicembre 2018, ha affermato che la nuova legge potrebbe essere incostituzionale perché ha violato l’art 1 (dignità umana), l’art. 2 (libero sviluppo della personalità), l’art. 3 (uguale protezione) e l’art. 6 (tutela del matrimonio e della famiglia) della Legge fondamentale, che funge da Costituzione tedesca.

La Corte ha inoltre stabilito che la nuova legge non ha effetto retroattivo e pertanto non può applicarsi alla coppia siriana, che si è sposata nel febbraio del 2015.

Infine, la Corte federale di giustizia ha chiesto alla Corte costituzionale federale (Bundesverfassungsgericht) di esaminare la legittimità del divieto assoluto dei matrimoni precoci e di stabilire se alle autorità tedesche spetti il compito di accertare la validità dei matrimoni precoci caso per caso.

La sentenza ignora l’art. 6 della legge introduttiva al codice civile tedesco (Einführungsgesetz zum Bürgerlichen Gesetzbuche, EGBGB), che recita:

“Una norma giuridica di un altro Stato non si applica se la sua applicazione si traduce in un risultato manifestamente incompatibile con i principi fondamentali della legge tedesca. In particolare, non è applicabile se tale applicazione è incompatibile con i diritti fondamentali”.

Proteggendo la coppia siriana dal diritto tedesco, la corte non ha soltanto legittimato l’uso della legge della sharia per determinare l’esito dei casi giudiziari in Germania, ha anche stabilito un precedente che quasi certamente sarà utilizzato in futuro dai difensori dei matrimoni precoci e di altre leggi straniere.

Inoltre, insistendo sul fatto che la legittimità dei matrimoni infantili sia vagliata caso per caso, la Corte ha aperto la porta alle cosiddette eccezioni culturali, ossia quelle sancite dalla sharia, che non fissa alcun limite di età al matrimonio.

Winfried Bausback, un legislatore bavarese, che ha contribuito a redigere la legge che vieta i matrimoni precoci, si è detto indignato per la decisione della Corte:

“A causa della nostra Costituzione e nell’interesse dei minori, nel caso in questione, dovrebbe esserci una sola risposta: questo matrimonio avrebbe dovuto essere nullo sin dall’inizio.

“La Germania non può, da un lato, essere contraria alle nozze precoci che si contraggono in altre parti del mondo, e, dall’altro, essere favorevole alla celebrazione di tali matrimoni sul suolo tedesco. (…) In tal caso, non può essere compromesso l’interesse superiore del bambino. (…) Qui si parla della tutela di bambini e minori sancita costituzionalmente!”

Il giornalista Andreas von Delhaes-Guenther ha scritto:

“Alla fine, è una questione di principio fino a che punto la Germania voglia accettare una legge straniera totalmente contraria alle nostre leggi che regolano questioni importanti. Ci sono voluti secoli per rimuovere il Medioevo dal nostro diritto; non dobbiamo ora riportarlo indietro per motivi di presunta tolleranza o perché occorre ‘vagliare caso per caso’. Piuttosto, dobbiamo dire che in Germania, la legge tedesca vale per tutti, soprattutto per quanto concerne fondamentali interessi giuridici, quali la vita, la salute – oppure il benessere dei minori, il cui limite di età per contrarre matrimonio è immutabile.

“Dovremmo considerare un’altra cosa: i giudizi vengono emessi ‘in nome del popolo’. Questo popolo ha chiaramente detto attraverso i propri rappresentanti nel Bundestag che non vuole più ritenere legali i matrimoni infantili”.

I tribunali tedeschi e la legge della sharia

I tribunali tedeschi fanno sempre più riferimento alla legge della sharia e si rimettono a essa perché gli attori o i convenuti sono musulmani. Secondo gli oppositori, i procedimenti giudiziari – soprattutto quelli in cui la legge tedesca ha un ruolo secondario rispetto alla legge della sharia – riflettono una pericolosa ingerenza della legge islamica nel sistema giuridico tedesco.

Nel novembre 2016, ad esempio, un tribunale di Wuppertal stabilì che sette islamisti che avevano formato una ronda per far rispettare la sharia per le strade della città non avevano violato le leggi tedesche e avevano semplicemente esercitato il loro diritto alla libertà di parola.

Nel settembre del 2014, l’autoproclamata “polizia della sharia” suscitò lo sdegno dell’opinione pubblica distribuendo volantini gialli in cui si annunciava la costituzione di una “zona controllata dalla sharia” a Elberfeld, un quartiere di Wuppertal. I “poliziotti” esortavano i passanti musulmani, e non, a frequentare le moschee e ad astenersi da alcol, droghe, gioco d’azzardo, musica, pornografia e prostituzione.

Il procuratore di Wuppertal, Wolf-Tilman Baumert, affermò che gli uomini, indossando giubbotti di colore arancione con la scritta “SHARIAH POLICE”, avevano violato una legge che vieta di indossare uniformi durante le manifestazioni pubbliche. Questa legge, che proibisce in particolare le uniformi che esprimono idee politiche, era stata inizialmente concepita per impedire ai gruppi neonazisti di sfilare in pubblico. Secondo Baumert, i giubbotti erano illegali perché avevano un “deliberato effetto intimidatorio e militante”.

La Corte distrettuale di Wuppertal stabilì che i giubbotti, che non potevano essere considerati delle uniformi, non costituivano affatto una minaccia. Il tribunale disse che i testimoni e i passanti non avrebbero potuto sentirsi intimiditi da quegli uomini e che condannarli avrebbe significato violare la loro libertà di espressione. La sentenza “politicamente corretta”, che poteva essere impugnata, di fatto, autorizzava la “polizia della sharia” a continuare ad applicare la legge islamica a Wuppertal.

L’11 gennaio 2018, tuttavia, la Corte federale di giustizia ha annullato la decisione del tribunale di Wuppertal e ha sentenziato che i sette subissero un nuovo processo perché avevano violato la legge che vieta l’uso delle uniformi.

La legge della sharia ha interferito con l’ordinamento giudiziario tedesco agendo indisturbata per quasi due decenni. Qui di seguito alcuni esempi:

  • Nell’agosto 2000, una corte di Kassel ordinò a una vedova di condividere la pensione del defunto marito marocchino con un’altra donna con cui l’uomo era anche sposato. Anche se la poligamia è illegale in Germania, il giudice stabilì che le due vedove dovevano condividere la pensione, conformemente alla legge del Marocco.
  • Nel marzo del 2004, un tribunale di Coblenza concesse alla seconda moglie di un iracheno residente in Germania il diritto di soggiorno permanente nel paese. La Corte stabilì che dopo cinque anni di matrimonio poligamico in Germania sarebbe stato ingiusto pretendere che la donna facesse ritorno in Iraq.
  • Nel marzo del 2007, una giudice di Francoforte citò il Corano in una causa di divorzio che coinvolgeva una donna tedesca di origine marocchina che era stata ripetutamente picchiata dal marito connazionale. Anche se la polizia aveva ordinato all’uomo di stare lontano dalla ex moglie, egli continuò ad abusare di lei, minacciandola perfino di ucciderla. La giudice

Continua qui: https://it.gatestoneinstitute.org/13555/germania-legge-matrimoni-precoci

 

 

 

 

 

 

 

Ma anche il Corriere si diletta in fake news…

di Alessandro Avvisato – Riccardo Saporiti * – 4 AGOSTO 2018

 

Oggi sembra la giornata delle fake news dei principali quotidiani italiani. Neanche il tempo di svergognare Repubblica Stampa – veri house organ della Tav – ed ecco che arriva l’impietosa analisi critica di un altro scoop estivo completamente falso. Questa volta ad opera de Il Corriere della Sera.

La notizia è stata ripresa da tutte le tv, senza che un solo redattore venisse impegnato nella verifica – sarebbe il primo comandamento del giornalista professionista: i russi hanno influenzato anche le elezioni italiane, favorendo la Lega e i Cinque Stelle. La prova starebbe in 18.000 dei 3 milioni di tweet lanciati da un gruppo di informatici con base in Russia.

Come ben sanno i nostri lettori, Contropiano è piuttosto feroce con i due partiti attualmente al governo, ma cerchiamo di combatterli per quel che fanno (qualche volta anche per le stronzate che dicono, perché le parole usate da molti ministri creano una “subcultura” pericolosa), senza inventarci niente. Per il buon motivo che le falsità, una volta svelate, si ritorcono contro chi le ha messe in piedi. Dunque, se si vuole “combattere il populismo razzista”, è meglio non dargli alibi…

Un giovane data journalist della versione italiana di Wired si è preso la briga di andare a vedere quei 18.000 tweet, scoprendo che… non c’è niente di vero. Bastava andare a vedere cosa c’era scritto nei tweet “italiani”, che spesso non erano neanche tali.

Riproduciamo qui sotto l’articolo originale e ci limitiamo a segnalare il modo infame con cui lavora la cosiddetta “libera informazione” italiana. Una testata “autorevole” spara un falso, su qualsiasi argomento (nell’esempio precedente le “penali da pagare se non si fa la Tav”), e tutto l’ingranaggio che va dalle tv alle radio, agli altri giornali, riprede, amplifica, copia, cita… dando per certo ciò che andrebbe semmai verificato e caso mai smontato.

Quando diciamo mainstream intendiamo perciò indicare un vero e proprio sistema di disinformazione all’opera per “creare” l’opinione pubblica più coerente con gli interessi economici (sulla Tav, per esempio) o politici (come in questo caso) sostenuti dalla proprietà di quel gruppo articolatodi media.

Quelli che dall’alto di altri organi di informazione “importanti” contestano questo bufalificio in servizio permanente effettivo – come si è visto nella querelle sulla presidenza Rai – non sono affatto migliori dei loro avversari. Come abbiamo provato a spiegare, si tratta di uno scontro tra spin doctor al lavoro per gruppi – fino ad un certo punto – contrapposti. E la cosa più stupida che potrebbero fare soggetti antagonisti a questo sistema sarebbe quella di “schierarsi” con uno dei due contendenti.

Abbiamo da costruire l’opposizione sociale e politica fin dalle fondamenta. E gli unici organi di informazione che ci possono aiutare sono quelli che noi stessi abbiamo messo o metteremo in piedi.

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Qualcosa non torna nella storia dei tweet russi a favore di Lega e M5S

Wired* ha analizzato i tweet russi pubblicati da FiveThirtyEight. Ma gli elementi che fanno pensare ad una loro azione in Italia sono davvero pochi.

Riccardo Saporiti

Data journalist

E se la storia dei 1.500 tweet contenenti fake news diffusi dai russi per sostenere Lega eMovimento 5 stelle alle ultime elezioni fosse essa stessa una fake news? Fino a qui appare una provocazione ma, una volta analizzati i dati, sono tanti gli elementi che non tornano. Intanto, un riepilogo: lo scorso 31 luglio su FiveThirtyEight, testata giornalistica data driven diretta da Nate Silver, è stato pubblicato un dataset contenete tre milioni di tweet.

Cinguettii provenienti da account che la stessa Twitter ha riconosciuto essere legati alla Internet Research Agency. Si tratta della fabbrica di troll finita al centro del Russiagate, l’indagine volta a verificare possibili influenze russe nelle elezioni presidenziali Usa del 2016. Questi dati sono stati raccolti da due professori della Clemson University, Darren Linvill e Patrick Warren. Chi fosse interessato, può scaricarli dalla piattaforma GitHub.

Ora, nell’articolo pubblicato su FiveThirtyEight, l’Italia non viene mai menzionata.

E dunque, vien da chiedersi, che c’entra? A tirare in ballo il nostro Paese è stato un pezzo uscito questa mattina, tra gli altri, sul Corriere della sera, nel quale si dava conto del lavoro di Silver e si spiegava come fosse coinvolta l’Italia.

Wired ha deciso di affrontare la notizia innanzitutto scaricando i dati. Quindi isolando i tweet che, secondo i ricercatori, erano scritti in italiano. Il risultato sono 18mila su più di 3 milioni, lo 0,6%. Numeri a parte, già qui è sorto un primo problema.

Non sempre, infatti, se nella colonna del database dedicata alla lingua compariva il valore “italian”, il tweet era scritto in italiano. Ce ne sono molti scritti in inglese, oltre a qualcuno in tedesco. Circostanza, quella legata all’errore di identificazione della lingua, che anche alcuni utenti di GitHub hanno segnalato.

Altro tema, il tipo di tweet. Più di 13mila su un totale di 18mila sono retweet. Ovvero il rilancio di contenuti prodotti da altri. Ad esempio dall’utente @Elena07617349, il cui account risulta oggi sospeso, citata dal Corsera come figura al centro della vicenda. Il fatto è che il suo nome non compare mai nella colonna che contiene il nome degli autori dei tweet. Appare invece numerose volte nel testo dei cinguettii. Il che significa che questi tweet sono risposte a contenuti da lei pubblicati.

Facendo un passo indietro e tornando alla questione linguistica, per provare a capire meglio da dove arrivino i tweet, ci si può affidare alla colonna region. Nella quale si trova il nome del Paese dal quale è partito il

Continua qui: http://contropiano.org/news/politica-news/2018/08/04/ma-anche-il-corriere-si-diletta-in-fake-news-0106462

 

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

Tanti nomi per un solo volto

Vittorio, Aureliano, Stefano, Massimo. Tanti nomi per un solo volto. La periferia, la suburra, la galera, la City. Tanti luoghi per un unico dispositivo di controllo. Alessandro Borghi percorre le vie del tempo nella città dell’eterna ferocia per ritrovarsi infine altrove: dall’altra parte della Manica, nel distretto finanziario di Londra, al fixed income della grande banca. Il ragazzo di Roma è cresciuto, adesso indossa la camicia bianca e abiti tagliati su misura. Ora è un trader, e basta una sua parola per muovere valanghe di soldi. Ma i tanti nomi corrispondono a un medesimo volto, i tanti luoghi a un medesimo spazio. Il volto e lo spazio della biopolitica. Cioè quei volti e luoghi altri in cui si mettono a nudo le contraddizioni più profonde della società. E in cui un gesto ribelle, forse, è ancora possibile.

 

14 novembre 2018

Vittorio, Aureliano, Stefano, Massimo. Tanti nomi per un solo volto.

Se nasci e cresci in periferia, l’imperativo è soltanto uno: svoltare. Lo sa bene Vittorio, giovane ostiense che, insieme al suo compagno di strada Cesare, nell’ultima pellicola di Claudio Caligari (Non essere cattivo, 2015) alterna piccola criminalità a sgobbi occasionali per tirare su il gruzzolo necessario a calarsi una dose e dimenticare per un attimo l’oblio che li inghiotte.

Ma Ostia è anche il terminale litoraneo di una criminalità più grande, che affonda le sue radici nel centro di Roma, in quella che gli antichi definivano la “suburra”.

E le dirama nei bordi di tutta la città, i cui luogotenenti criminali sono del calibro di Aureliano, detto “Numero 8” e membro della famiglia Adami, sul cui curriculum vitae figurano “narcotraffico e controllo territoriale”. Il film è Suburra di Stefano Sollima, distribuito nelle sale cinematografiche italiane nell’ottobre del 2015, a circa un mese dall’uscita di Non essere cattivo. Due anni dopo, il film diventa una serie Netflix.

Legge della domanda e dell’offerta.

Se alla seconda ci pensano gli Aureliano di turno, la prima è alimentata dai più, destinati a rimbalzare nel flipper letale del potere: da una parte quello criminale, che “soddisfa gli appetiti”; dall’altra quello istituzionale e repressivo, che troppo spesso sceglie di abbattersi – o copre chi si abbatte – con brutalità e abusi sull’anello più debole della catena. Succede a Stefano, ragazzo di Torpignattara che una notte sciagurata viene fermato dai carabinieri con dell’hashish addosso. Il suo arresto preventivo, su cui pendono detenzione e spaccio, si tramuta in un calvario nell’istante in cui la porta di uno stanzino del commissariato si chiude. Quando Stefano risbuca fuori è segnato nel corpo e nell’anima. Ma soprattutto nel corpo, perché le percosse ricevute ne causano, una settimana dopo, il decesso. Una trama tanto asciutta quanto oscura, che scorre nei fotogrammi di Sulla mia pelle (Netflix, regia di Alessio Cremonini, agosto 2018) e si ispira alla nota vicenda di cronaca di Stefano Cucchi.

La caduta e l’ascesa, le altre due leggi che cadenzano il fluire degli eventi.

Le conosce a perfezione Massimo Ruggero, il trader dell’alta finanza che, ancora a partire dalla città eterna, ha cominciato la sua scalata. E adesso che il suo superiore lo ha designato come erede, la vetta massima sembra essere raggiunta. Da Roma a Londra, la City ora si estende ai suoi piedi. Quando le vedi dall’alto, però, le cose cambiano forma, assumono una chiarezza lampante. Abbagliato dalla consapevolezza, Massimo è chiamato a fare i conti con la cruda realtà che la finanza, colmando inconsapevolmente i vuoti lasciati  dalla politica, determina il destino di interi Paesi, modella in modo pervasivo la vita delle persone. È una vera e propria immersione nella “scatola nera” della finanza, quella in cui ci trascina il protagonista de I Diavoli, best seller di Guido Maria Brera (Rizzoli, 2014) di cui è imminente la trasposizione in una serie tv coprodotta da Sky e Lux Vide.

La periferia, la suburra, la galera, la City. Tanti luoghi, attraversati da altrettanti personaggi, per smascherare un unico dispositivo: la biopolitica.

Concetto reso centrale da Michel Foucault nel dibattito filosofico degli anni Settanta, per “biopolitica” si intende quell’insieme di norme teoriche e misure pratiche ideate da un’Istituzione per regolare la vita degli individui nei più disparati ambiti. Sciolto in termini più semplici, suona così: controllo totale.

Ma una membrana sottile separa il volto dell’attore dai personaggi che interpreta.

E proprio grazie a quel viso stropicciato, Alessandro Borghi percorre le vie del tempo –  in una città che, nell’eternità della sua ferocia, consuma continui mutamenti – per ritrovarsi infine altrove: dall’altra parte della Manica, nel distretto finanziario di Londra, al fixed income della grande banca, nei panni di Massimo Ruggero.

Il ragazzo di Roma è cresciuto, adesso indossa la camicia bianca e abiti tagliati su

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BELPAESE DA SALVARE

Dopo Battisti riparte la caccia: “Riscontri su decine di altri terroristi”

La conferenza di Conte, Salvini e Bonafede dopo l’arrivo in Italia di Cesare Battisti: “Oggi è stato un momento importante per tutto il popolo italiano”

Claudio Cartaldo – Lun, 14/01/2019

Ci sono loro tre a raccogliere le domande sull’arresto e l’arrivo in Italia di Cesare Battisti.

Giuseppe Conte, Matteo Salvini e Alfonso Bonafede rispondono alle domande della stampa a Palazzo Chigi poche ore dopo lo sbarco a Ciampino del terrorista dei Pac. I toni sono entusiastici e sottolineano “il grande risultato” dopo 37 anni di attesa.

“Mi limito a osservare che abbiamo garantito il percorso più sicuro e veloce perchè arrivasse in Italia”, ha detto Conte parlando della decisione di non far fare uno scalo tecnico in Brasile a Battisti. In questo modo, infatti, è stato possibile aggirare un accordo (siglato da Orlando) secondo cui se Battisti fosse stato estradato non avrebbe potuto scontare l’ergastolo, ma solo 30 anni di

 

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Virginia Raggi, dietrofront sulle monetine della fontana di Trevi: «Restano alla Caritas»

www.giornalettismo.com

Gaia Mellone – 14 gennaio 2019

 

  • Ogni anno vengono lanciati circa un milione e mezzo in monetine nella fontana di Trevi
  • Le monetine raccolte finivano nei fondi Caritas per finanziare opere benefiche
  • Confusione al Campidoglio per la nuova gestione della raccolta

Chiudi gli occhi, esprimi un desiderio e lancia una monetina nella Fontana di Trevi. E cosi facendo, finanzi anche le opere benefiche. La tradizione del lancio degli spiccioli è al centro di accese polemiche al Campidoglio. La raccolta e gestione del milione e mezzo di euro era competenza della Caritas, ma le nuove delibere lo affidano all’Acea. La sindaca Virginia Raggi però non ci sta: «Quei soldi restano alla Caritas».

Monetine lanciate nella Fontana di Trevi, dalla Caritas all’Acea

Il tesoretto della Fontana di Trevi non è di poco peso: circa un milione e mezzo di euro ogni anno vengono lanciati dai turisti nelle acque della fontana. Quegli spiccioli fino ad oggi venivano raccolti dalla Caritas diocesana di Roma, come previsto da una convenzione istituita nel 2001, che li utilizzava per finanziare opere benefiche e progetti sociali: dalle mense per i poveri fino al finanziamento dei 145 centri di ascolto, passando per assistenza agli immigrati e ai poveri. Un tesoretto su cui Caritas fa un grande affidamento, poiché copre quasi il 15% del bilancio. Ma la raccolta ha una scadenza: il 1° aprile.  Con una memoria di giunta di ottobre 2017 è stata stabilita l’internalizzazione della gestione delle monete, ponendola in capo al Comune. Sarebbe poi il Comune ha stabilire a quali iniziativa destinare i fondi raccolti.

Il Campidoglio vorrebbe introdurre un nuovo sistema, che prevede anche l’entrata in campo di Acea, che dovrebbe gestire il recupero, conteggio e versamento degli spiccioli.  Il Comune ha chiarito che «il dispositivo interviene sull’aspetto burocratico, chi conta le monetine e in quale posta di bilancio vanno inserite. Serve a tutela del processo amministrativo, che prima era lasciato alla buona fede e alla buona volontà di chi interveniva».  Inoltre, «il ricavato della raccolta dovrà essere destinato, al netto di quanto necessario alla copertura delle spese dell’addendum contrattuale con la società Acea, in misura prevalente al finanziamento di progetti sociali e per la restante parte alla manutenzione ordinaria del patrimonio culturale». Parole da cui si discosta fermamente la sindaca Virginia Raggi: «Sono irritata, ho sempre detto che quei soldi sarebbero dovuti rimanere lì» pare abbia detto ai suoi fedelissimi.

Virginia Raggi rassicura la Caritas e convoca una riunione

La sindaca sarebbe in pieno dietrofront. Anche se sostiene di non aver mai accettato che non sia più la Caritas a disporre del tesoretto della Fontana di Trevi. Dal Campidoglio fanno sapere che Virginia «ha deciso di seguire personalmente la vicenda», e ha infatti convocato una riunione con i dipartimenti di Cultura e Politiche sociali «per chiedere chiarimenti sul nuovo dispositivo amministrativo». L’ipotesi, perché ancora un piano operativo non c’è, è quella di far gestire la filiera all’Acea, che già si occupa della manutenzione e pulizia delle fontane monumentali. La commissione tecnica che nell’ultimo anno si è fatta carico del provvedimento vorrebbe mettere a punto dei criteri di valutazione delle proposte per il riutilizzo del denaro raccolto, per destinarlo non solo a fini caritatevoli ma anche ad opere a sostegno del patrimonio culturale. Virginia Raggi però sembra intenzionata a voler tutelare il rapporto con Caritas, complice anche l’ondata di polemiche scaturite dal messaggio condiviso dalla stessa organizzazione. La speranza è che si trovi una soluzione che non scontenta nessuno, come cantava Daniele Silvestri: «Una monetina a te / una a te / una monetina pure a te / così fanno 3»

L’appello di Caritas: «Grazie per il sostegno, noi non ci diamo per vinti»

Durante un’intervista con Radio Vaticana Italia, il direttore  di Caritas don

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Hathor Pentalpha e Isis, il romanzo criminale che ci attende

Scritto il 02/1/15

Globalizzazione violenta, a mano armata. Un progetto criminale, deviato, spietato. Coltivato e attuato da criminali. Attorno a loro, una corte di politici, capi di Stato, economisti, giornalisti. Tutti a ripetere la canzoncina bugiarda del neoliberismo: lo Stato non conta più, è roba vecchia, a regolare il mondo basta e avanza il “libero mercato”. Peccato che il paradiso golpista dell’élite non possa prescindere dallo Stato, l’ingombrante monopolista della moneta e delle tasse. Lo Stato va quindi conquistato, occupato militarmente per via elettorale. Deve capitolare, rinnegare la sua funzione storica, servire le multinazionali e non più i cittadini, che devono semplicemente ridiventare sudditi, pagare sempre più tasse, veder sparire i diritti conquistati in due secoli, elemosinare un lavoro precario e sottopagato. Le menti del commissariamento mondiale sono state chiamate oligarchia, impero, tecnocrati, destra economica, finanza, banche, neocapitalismo. Gioele Magaldi chiama costoro con un altro nome: “Massoni”, come il titolo del suo libro esplosivo. E mette sul piatto 650 pagine di rivelazioni, che stanno scalando le classifiche editoriali nell’assordante silenzio dei media mainstream.

Si tratta di massoni speciali, potentissimi, interconnessi fra loro nel super-network segreto delle Ur-Lodges. Uomini del massimo potere, abituati da sempre a influire nelle grandi decisioni geopolitiche, condizionando istituzioni che – in Occidente, a partire dagli Usa – vengono considerate esse stesse una sorta di emanazione massonica: senza il secolare impegno laico della “libera muratoria” europea nella lotta contro l’oscurantismo vaticano e l’assolutismo monarchico, non avremmo avuto gli Stati moderni, la scienza moderna, la cultura moderna. Erano massoni i maggiori scienziati – da Newton a Einstein – così come i maggiori letterati e musicisti. Massoni anche i padri fondatori degli Stati Uniti. Massone l’americano Roosevelt, spettacolare campione della spesa pubblica vocata allo sviluppo della piena occupazione, secondo il credo del più grande economista del ‘900, il massone inglese John Maynard Keynes, su cui si basa tutta la sinistra europea marxista e post-marxista che ha messo in piedi il grandioso sistema di protezione sociale del welfare, fondato sulla sovranità democratica e monetaria per mitigare gli appetiti antisociali del “libero mercato”.

La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, promossa dalla “libera muratrice” Eleanor Roosevelt alle Nazioni Unite, l’assemblea planetaria eretta sulle rovine della Seconda Guerra Mondiale, prefigura un’umanità redenta, liberata, globalizzata nei diritti e nelle aspirazioni al futuro. Esattamente il contrario dell’attuale globalizzazione neo-schiavistica, aristocratica, mercantilista, neofeudale. Un disegno cinico e reazionario, oggi chiamato semplicemente “crisi”, sviluppato negli anni ‘70 dai ristrettissimi circoli elitari internazionali preoccupati dall’avanzata del loro grande nemico: la democrazia. Da qui il famigerato memorandum di Lewis Powell per stroncare la sinistra in tutto l’Occidente e il manifesto “La crisi della democrazia” promosso dalla Commissione Trilaterale sempre con lo stesso obiettivo: collocare i propri uomini (Thatcher, Reagan, Kohl, Mitterrand) alla guida dei paesi-chiave, per occupare lo Stato e traviarlo, in modo che non servisse più l’interesse pubblico, ma obbedisse ai diktat delle grandi lobby, l’industria delle armi, le grandi multinazionali invadenti e totalitarie.

Una storia già raccontata? Sì, anche, da diversi analisti “eretici”. Ma mai, finora, dallo sconcertante punto di osservazione del massone Magaldi, che fornisce dettagli inediti e spiegazioni spiazzanti, partendo da una rivelazione capitale: tutti gli uomini del massimo potere, nel ‘900, sono sempre stati accomunati dall’iniziazione esoterica. Questo fa di loro gli esponenti privilegiati di un circuito cosmopolita autoreferenziale e invisibile, protetto, ma al tempo stesso profondamente dialettico, non sempre concorde. Anzi, proprio alla guerra sotterranea che ha dilaniato il “terzo livello” del super-potere è dedicata la straordinaria contro-lettura di Magaldi: che nel golpe in Cile, ad esempio, non vede solo il noto complotto delle multinazionali americane per colpire il governo socialista, pericolosamente amico dei lavoratori e dei loro salari, ma anche – e soprattutto, in questo caso – il ruolo decisivo del massone Kissinger nel colpo di Stato promosso dalla Cia contro il massone Allende, come monito all’intera America Latina, da ridurre a periferia coloniale, e anche alla stessa Europa, dove le stesse “menti raffinatissime” hanno organizzato il “golpe dei colonnelli” in Grecia e i tre tentativi di colpo di Stato in Italia, affidati a Borghese e Sogno ma supervisionati da Licio Gelli, emissario della potentissima superloggia “Three Eyes”, quella di Kissinger.

Sul fronte opposto, si è mossa nell’ombra la “fratellanza bianca” delle superlogge progressiste, per tentare di rintuzzare i colpi dei “grembiulini” oligarchici.

Come in un romanzo di Dan Brown, in un film di Harry Potter? Non a caso, sostiene Magaldi: proprio nel cinema e nella letteratura, negli ultimi anni, si è concentrata l’azione delle Ur-Lodges democratiche, in attesa di una grande riscossa – pace contro guerra, diritti contro privilegi – di cui lo stesso libro del “gran maestro” del Grande Oriente Democratico, affiliato alla superloggia progressista “Thomas Paine”, è parte integrante. Per credere a Magaldi, all’inizio della lettura, occorre accettare di indossare i suoi occhiali. Poi, però, già dopo poche pagine, diventa impossibile togliergli: quelli che aggiunge, infatti, sono preziosi tasselli che spiegano ancor meglio i passaggi-chiave della storia del “secolo breve”, senza mai discostarsi dalla verità accertata, dalla storiografia corrente. Solo (si fa per dire) Magaldi aggiunge nomi e cognomi. Completa la storia che già conosciamo integrandola con indizi inequivocabili, che illuminano retroscena finora rimasti in ombra.

I riflessi della “grande guerra” che Magaldi racconta li stiamo pagando oggi: la crescita delle masse in Occidente è finita, e il mondo è sull’orlo della Terza Guerra Mondiale. Tutto è cominciato alla fine degli anni ‘60, prima con la morte di Giovanni XXIII e John Fitzgerald Kennedy, poi con il doppio omicidio di Bob Kennedy e Martin Luther King, che le Ur-Lodges progressiste volevano entrambi alla Casa Bianca. Nessuno si stupisca, dice Magaldi, se da allora la sinistra è stata sconfitta in modo sistematico: hanno vinto “loro”,

 

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CONFLITTI GEOPOLITICI

IMMIGRAZIONE DI MASSA: LA STRATEGIA DEL CAOS

 
Di Riccardo Percivaldi – 18 AGOSTO 2015      ATTENTISSIMA RILETTURA

Ci eravamo occupati in precedenza del ruolo degli Stati Uniti e delle centrali mondialiste nel fomentare l’immigrazione di massa come strumento della geopolitica del caos per destabilizzare e tenere sotto l’ombrello della protezione atlantica le province europee dell’impero americano. Approfondiamo ora il discorso analizzando l’evolversi della situazione internazionale. Cominceremo dalla questione greca, facendo un rapido accenno alla tradizionale strategia geopolitica angloamericana, ci concentreremo in particolare sulle origini del Progetto Europeo per dimostrare come l’ondata di sbarchi che sta portando migliaia di clandestini sulle nostre coste sia direttamente collegata all’eurocrisi, per concludere infine con le rivelazioni dei servizi segreti austriaci, che ci forniscono l’ennesima prova che conferma che gli USA sono i responsabili dell’attuale emergenza immigratoria.

INTRODUZIONE

Per prima cosa notiamo come l’ingerenza statunitense nelle trattative tra Grecia e Troika abbia messo pienamente in luce che la vera posta in gioco del Grexit non fosse una questione economica ma geopolitica e come i contendenti in campo non fossero Grecia e Bruxelles ma Washington e Berlino.

Infatti, nonostante gli Usa, durante i negoziati, recitassero la parte dell’osservatore disinteressato, la costruzione europea è sostanzialmente funzionale agli interessi egemonici atlantisti e così come ogni suo allargamento favorisce, attraverso la NATO, l’estensione dell’egemonia statunitense, ogni suo ridimensionamento ne limita il campo d’azione. Per questa ragione Bzrezinski assegnava all’Europa il ruolo di mera “testa di ponte democratica degli Stati Uniti in Eurasia”, sostenendo che:

«Qualunque espansione del campo d’azione politico dell’Europa è automaticamente un’espansione dell’influenza statunitense. Un’Europa allargata e una NATO allargata serviranno gl’interessi a breve e a lungo termine della politica europea. Un’Europa allagata estenderà il raggio dell’influenza americana senza creare, allo stesso tempo, un’Europa così politicamente integrata che sia in grado di sfidare gli Stati Uniti in questioni di rilievo geopolitico, in particolare nel Vicino Oriente»[1].

Da questo punto di vista risultano evidenti le implicazioni che deriverebbero da un’uscita della Grecia dall’Eurozona e da un’eventuale disintegrazione dell’Unione Europea. Tuttavia facciamo un rapido excursus che ci permetterà di inquadrare la questione sotto il profilo storico e di comprendere meglio anche i più recenti fatti di politica estera.

IL CONTROLLO DELL’HEARTLAND

Da oltre un secolo la strategia geopolitica angloamericana consiste nell’impedire con ogni mezzo l’alleanza tra Russia e Germania, che costituisce l’unica seria minaccia alla supremazia planetaria dell’impero talassocratico che un tempo era della Gran Bretagna e oggi degli Stati Uniti. Già Bismarck nell’Ottocento guardava ad Est nella speranza di creare un asse Berlino-Mosca che si sarebbe rivelato invincibile.

Proprio per impedire la creazione di un tale asse, per il teorico della geopolitica britannica, Halford John Mackinder, era indispensabile che la Gran Bretagna si assicurasse il controllo dell’Heartland, ossia della regione eurasiatica compresa tra l’Europa orientale e buona parte dell’Asia, che possedendo la maggior parte di risorse naturali ed essendo inattaccabile dal mare, avrebbe garantito l’egemonia planetaria alla potenza capace di esercitare su di essa la propria influenza.

Quando poi il Kaiser Guglielmo II provò ad affacciarsi ad Est con la ferrovia Berlino-Baghdad la Gran Bretagna fomentò il nazionalismo balcanico per mettere a ferro e fuoco l’Eurasia. Il risultato fu la Prima guerra mondiale[2].

Successivamente, con la Russia fuori gioco dopo la rivoluzione bolscevica finanziata dalle banche di Wall Street – in primis la Kuhn & Loeb di Jakob Shiff, grazie all’intermediazione di Lord Alfred Milner e Sir George Buchanan della Round Table – gli angloamericani riuscirono finalmente a distruggere l’impero zarista e ad assicurarsi il controllo delle vaste risorse della Russia e dell’Heartland.

Tuttavia un nuovo pericolo sorse nel 1938, quando la Germania si annesse l’Austria che apriva direttamente al Reich lo spazio danubiano. Il possesso dello spazio vitale ad Est, il Lebensraum, come affermavano le teorie di Haushofer, avrebbe cambiato gli assetti politici internazionali a favore della Germania. Per fermare il Reich, che nel frattempo aveva raggiunto anche incredibili successi economici e sociali, gli angloamericani scatenarono la Seconda guerra mondiale per soffocare in germe il Nuovo Ordine Europeo, che aveva osato sfidare le oligarchie parassitarie di Londra e Wall Street e il loro sistema usurocratico di dissanguamento dei popoli.

ALLE ORIGINI DEL PROGETTO EUROPEO

Sono proprio queste stesse oligarchie che danno avvio al processo d’integrazione europea, il quale nasce e si sviluppa nel secondo dopoguerra in risposta a delle esigenze precise di natura geopolitica, strategica e militare che gli Stati Uniti si trovarono ad affrontare dopo l’occupazione dell’Europa: impedire la rinascita del nazionalismo tedesco. Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti decisero allora di rendere la Germania economicamente forte ma militarmente e politicamente debole, e per quest’ultimo obiettivo la cessione di parti della sovranità nazionale agli organismi europei sarebbe stata cruciale.

«A Washington avevano colto l’importanza economica, commerciale, politica e militare (in una parola: strategica) di tenere sotto il loro ombrello la parte di Europa che avevano occupato, e che non intendevano mollare. Era imperativo, per stringere d’assedio l’URSS e garantirsi la supremazia mondiale, tenere al guinzaglio l’Europa occidentale […] Lond Hastings Lionel Ismay, primo comandante della NATO, affermava che l’Alleanza atlantica sarebbe servita a tenere l’America in Europa e la Russia fuori, altre che, ben inteso, l’Europa sotto l’Angloamerica […] L’Europa degli Stati Uniti, così ottenuta, si sarebbe qualificata come un ostaggio, una enorme base, testa di ponte foriera di consentire una minaccia diretta all’Unione Sovietica»[3].

Nel 1948 le Fondazioni Ford e Rockefeller finanziarono l’American Committee for a United Europe, con lo scopo di creare una società basata su un socialismo tecnocratico di stampo fabiano, che avrebbe soppiantato gli stati nazionali e segnato la tappa definitiva verso il Governo Mondiale. L’ACUE, il cui presidente era William J. Donovan del’OSS (l’American wartime Office of Strategic Services, che più tardi diventerà la CIA), finanziò il Movimento Europeo, la più importante organizzazione federalista negli anni postbellici. L’idea di federazione è fondamentale per i mondialisti in quanto unione di stati che rinunciano, in parte o in tutto, alla propria sovranità in favore di un’autorità centrale.

Nel 2000 il professor Joshua Paul della Georgetown University ha pubblicato una serie di documenti segreti del Club Bilderberg, che dimostrano come da cinquant’anni la CIA e gli ambienti mondialisti stessero lavorando per creare l’Unione Europea e la moneta unica. Un promemoria, datato 26 Luglio 1950, e firmato da Donovan in persona, dà istruzioni per una campagna atta a promuovere un parlamento europeo pienamente operativo[4].

Inoltre:

«Un promemoria della sezione europea del Dipartimento di Stato americano, datato 11 Giugno 1965, suggerisce al vice-presidente della Comunità Economica Europea, Robert Marjolin, di perseguire l’unione monetaria furtivamente. Vi si raccomanda di soffocare le discussioni fino a quando “l’adozione di tale proposta sarebbe diventata praticamente inevitabile”».

Con la caduta del Muro di Berlino si riaffacciava all’orizzonte per gli angloamericani il rischio che una Germania riunificata potesse ergersi a guida di un’Europa politicamente ed economicamente sovrana, vale a dire sottratta alla poliziesca tutela delle potenze anglosassoni, motivo per il quale erano state già combattute due guerre mondiali. Grazie all’euro le lobby mondialiste potevano disporre di un formidabile strumento di dominio con cui saldare definitivamente la Germania all’Atlantico e imbrigliare l’economia tedesca legandola alle sorti del dollaro, evitando così la nascita di un gigante economico. In questo modo gli Stati Uniti avrebbero reso il sistema UE parte costitutiva di quello nordamericano in vista di un Nuovo Ordine Mondiale fondato sulla supremazia degli USA.

LA NUOVA OSTPOLITIK TEDESCA

Tuttavia in questi ultimi anni sembra essersi prodotta una frattura tra le élite angloamericane e quelle tedesche, i cui interessi sembrano non coincidere più con quelli atlantici. Ci sono buone ragioni per credere che la Germania potrebbe tornare presto alla sua tradizionale Ostpolitik. In un recente articolo apparso su Foreign Affairs, la rivista del CFR, vale a dire il governo ombra americano, l’autore paventa il rischio che la Germania possa volgere ad Est e recidere i propri legami con l’Occidente. Questo sarebbe dimostrato dall’incremento delle esportazioni tedesche in Cina

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Trump inizia la sua guerra, infine?

da aurorasito

Melkulangara Bhadrakumar, SCF 12.01.2019

Alla fine dello scorso anno, il 5 dicembre, Baghdad ospitava una conferenza interessante quando la missione NATO in Iraq (NMI), recentemente istituita, organizzava un “Introduction Event” al Ministero della Difesa iracheno. Secondo il comunicato stampa emesso dal Comando della Forza congiunta alleata della NATO a Napoli, alla conferenza parteciparono “i principali leader della sicurezza e della difesa iracheni, incluso il capo di Stato Maggiore iracheno Generale Uthman al-Qanimi” e rappresentanti di varie missioni, organizzazioni ed entità partner internazionali come l’Operazione Inherent Resolve della Task Force congiunta, la missione di consulenza dell’Unione europea in Iraq, la missione di assistenza delle Nazioni Unite in Iraq e l’Ufficio di cooperazione per la sicurezza-Iraq e le missioni diplomatiche. Il comandante della NMI, general-maggiore dell’esercito canadese Dany Fortin, introdusse mandato, visione ed obiettivo della missione come “nuova iterazione della relazione di vecchia data” tra NATO ed Iraq, che riunirà “le competenze e le pratiche migliori su sicurezza/difesa per la riforma del settore, sviluppo istituzionale e formazione e istruzione di tutta l’Alleanza e suoi partner”. Dopo una serie di presentazioni e una sessione di domande e risposte, il capo dell’Esercito iracheno, Generale Uthman al-Qanimi, concluse con chiara approvazione del NMI osservano l’importanza di una cooperazione a lungo termine tra Repubblica dell’Iraq e Missione NATO. L’evento ebbe luogo solo due settimane prima che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump facesse il drammatico annuncio sul ritiro delle truppe nordamericane dalla Siria. Esattamente tre settimane dopo l’evento del NMI a Baghdad, Trump fece una “visita a sorpresa” nella base aerea al-Asad, nell’Iraq occidentale tra Baghdad e il confine siriano, assai simbolica, essendo il primo viaggio presso truppe di stanza in una zona di combattimenti. Naturalmente, l’osservazione più importante fatta da Trump durante la visita fu che non aveva intenzione di ritirare le forze statunitensi dall’Iraq, aggiungendo: “In effetti, potremmo usare questo (Iraq) come base se volessimo fare qualcosa in Siria”.

Che questi tre sviluppi a dicembre siano interconnessi non sfugge agli analisti coinvolti nella cacofonia della decisione di ritiro di Trump dalla Siria e successive dichiarazioni mutevoli dagli USA, in particolare l’osservazione scottante del consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton che apparentemente ritirava la decisione del POTUS, mentre era in visita in Israele. L’NMI è un potente veicolo delle strategie regionali degli Stati Uniti. Ma prima di tutto, l’NMI è importante per le relazioni transatlantiche. Affronta una delle principali cause di tensione tra Stati Uniti ed Europa fin dall’inizio dell’impegno dell’alleanza in Medio Oriente. Storicamente, la struttura di comando e le capacità militari dell’Alleanza furono sviluppate per assicurare un’efficace deterrenza coll’ex-Unione Sovietica. Gli Stati europei temevano che il coinvolgimento della NATO in Medio Oriente avesse conseguenze negative per la sicurezza in Europa. Ciò portò allo sviluppo di meccanismi flessibili nell’era post-Guerra fredda a sostegno delle cosiddette operazioni fuori area basate su strutture europee, “coalizioni di volonterosi” e cooperazione coi Paesi partner. Tuttavia, gli sforzi dei Paesi europei andarono dispersi, e trascurati dagli Stati Uniti, portando a maggiore pressione sul coinvolgimento della NATO. L’NMI, al contrario, è una missione corposa, simile alla Missione Resolute Support in Afghanistan, ma in realtà molto più potenziata. In una certa misura, NMI può anche portare alla distribuzione uniforme dei costi legati alla sicurezza tra i membri europei dell’alleanza e gli Stati Uniti. Questa è una considerazione particolarmente importante per Trump. Dal 2014 si prevede che gli alleati della NATO aumentino il bilancio della difesa almeno del 2% del PIL entro il 2024, ma solo la metà di essi dovrebbero raggiungere l’obiettivo. Nel frattempo, gli Stati Uniti intensificano significativamente le spese per rafforzare la propria presenza militare in Europa, da 1 miliardo nel 2015 a 6,5 miliardi previsti nel 2019. L’NMI significa maggiore sostegno dagli alleati degli Stati Uniti per stabilizzare la situazione in Medio Oriente (che incide anche sulla sicurezza europea). Soprattutto, sebbene alcuni membri della NATO percepiscano terrorismo e migrazione incontrollata minacce principali, uno dei principali obiettivi del NMI, dal punto di vista statunitense sicuramente, sarà fornire una piattaforma per costruire il consenso nell’alleanza occidentale su ulteriore adattamento alle sfide di politica estera e sicurezza dalla Russia. Infatti, nel 2014, la NATO istituiva un hub a Napoli per coordinare le attività regionali sul mantenimento della sicurezza nella zona operativa meridionale (che comprende Mediterraneo e Medio Oriente, sebbene tale hub non sia operativo per mancanza di personale). Il NMI può essere presentato come ulteriore supporto alla lotta a terrorismo e migrazione incontrollata, al fine di evitare opinioni divergenti nell’alleanza sulla sua ragion d’essere, e rafforzare la coesione politica tra i membri che avrebbero diverse percezioni delle minacce.

C’è un detto secondo cui ogni presidente degli Stati Uniti nei tempi moderni inizia una guerra. (In realtà, su 12 presidenti repubblicani nel 20° secolo, solo Warren Harding e Gerald Ford furono le uniche eccezioni nobili evitando di aggredire militarmente). L’NMI diventa il precursore di una guerra che Trump avvia? In effetti, questo è ciò che rende la visita di Trump in Iraq, sullo sfondo del

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CULTURA

“Scacchi” e “Go”, filosofie di gioco a confronto

di Federico Giuliani – 14 gennaio 2019

Tanto in Occidente si gioca a scacchi, tanto in Oriente si gioca a Go: due modi di

passare il tempo che, se guardiamo bene le regole, ci dicono qualcosa in più

delle filosofie che si confrontano nel mondo contemporaneo. Nel comparare le

due strategie del gioco praticato nei diversi ambiti culturali si evince una filosofia

dell’attacco che si ritrova anche nelle mosse di politica estera.

L’obiettivo degli scacchi è far cadere il re con un attacco diretto, eliminando le pedine. Il Go prevede invece un piano di accerchiamento dove il

nemico viene neutralizzato dalla forza che lo circonda e gli impedisce di muoversi.

Negli scacchi si punta a dominare il centro del campo per ottenere lo “scacco matto”. I due sfidanti possiedono un esercito di 16 pedine di varia importanza, fra cui un re a testa. Quando uno dei due re finisce sotto la minaccia dei pezzi avversari – e non ha possibilità di evitare la cattura – viene “mangiato” e la partita è finita. Il match termina con l’annientamento dell’avversario. Alla fine della contesa c’è sempre uno schieramento – i bianchi o i neri – che diventa padrone del territorio dopo aver distrutto l’altro.

Il Go (riadattato in Cina con il nome di Weiqi), invece, risponde a un’altra filosofia. Le affinità con gli scacchi non mancano, ma le regole in questo caso sono molto più complesse. I giocatori, sempre due, devono posizionare pedine di stessa importanza su una griglia di 19X19 linee. In tutto ci sono 361 intersezioni, molte di più che negli scacchi. Anche qui le regole prevedono due schieramenti

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CYBERWAR SPIONAGGIO DISINFORMAZIONE

L’allarme del Mit: “Così gli algoritmi potranno manipolare le elezioni”

Il 2019 potrà registrare il boom di tecnologie AI in grado di condizionare equilibri geopolitici, finanza, mondo del lavoro: “Gli esperti di sicurezza si concentrino sulle nuove minacce”

14 Gen 2019

Dagli incidenti con le smart car ai video fake fino all’influenza sul voto in vista delle elezioni. Sono molteplici i rischi principali che l’Intelligenza artificiale si troverà ad affrontare nel 2019. Scatta la fotografia la rivista del Massachusetts Institute of Technology, che richiama a un maggior controllo sulle applicazioni e nuove tecnologie. “Le ultime applicazioni dell’AI sono eccellenti in compiti ‘percettivi’ come classificare immagini e trascrivere discorsi – si legge sulla rivista -, ma il battage dovuto a queste nuove capacità ci hanno fatto dimenticare quanto siamo lontani dal costruire macchine intelligenti quanto noi”.

I rischi paventati dagli esperti derivano da problemi già visti nel 2018, ma che potrebbero ripetersi in misura maggiore.

Tra i pericoli che emergono, quelli riguardanti le auto a guida autonoma: un prototipo che già nel 2018 ha causato un incidente mortale, problema che potrebbe ripetersi dato il boom di sperimentazioni in corso.

Un altro rischio è che le intelligenze artificiali influenzino il risultato di elezioni politiche nel mondo attraverso i bot, algoritmi addestrati a ‘usare’ i social. Questo potrebbe avvenire in paesi con scadenze elettorali quest’anno come la Nigeria, ma può succedere anche negli Usa.

“La lunga corsa verso le presidenziali del 2020 è già iniziata – spiegano gli esperti del Mit -, e potrebbe ispirare nuovi tipi di tecnologie per la disinformazione”. Altro settore molto delicato da tenere d’occhio nel 2019 è quello del riconoscimento facciale, già usato da diverse polizie, che può portare a grandi violazioni della privacy.

Attenzione infine alle discriminazioni di razza e genere intrinseche negli algoritmi, rischio già emerso in molti studi, e che può creare problemi ad esempio se l’AI si usa per le selezioni per un posto di lavoro.

Focus sui deep fake, video fasulli, spesso pornografici, creati con l’intelligenza artificiale, talmente perfetti da sembrare veri, che potrebbero coinvolgere personaggi famosi. Per esempio le e-mail di “phishing” generate dall’AI che mirano a

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Cybersecurity, l’intelligenza artificiale sfida i dispositivi smart

Le previsioni di Avira, società tedesca specializzata in soluzioni per la sicurezza informatica, per il 2019: gli attacchi continueranno a moltiplicarsi, coinvolgendo sempre di piùdevice intelligenti. Travis Witteveen: “Scenario da triplice attacco: contro l’ecosistema Internet, contro la privacy degli utenti e per la diffusione del crypto mining”

 

14 Gennaio 2019

Nuovo allarme per le minacce informatiche, che nell’anno appena iniziato non accenneranno a diminuire: tenderanno anzi a moltiplicarsi e ad aumentare in termini numerici, colpendo imprese e individui che non attiveranno buone pratiche di comportamento oltre ad adeguate contromisure digitali. Avira, società tedesca specializzata in soluzioni per la cyber security, ha esaminato i modelli, i numeri e le tendenze dell’anno scorso e ha delineato dieci possibili previsioni e tendenze per il 2019.

Innanzitutto, i rischi relativi ai dispositivi smart raggiungeranno livelli critici: l’adozione diffusa di dispositivi intelligenti ha il maggiore impatto potenziale sulla sicurezza personale e su Internet in generale. “Ci troviamo davanti a una pericolosa combinazione di scarsa sicurezza dei dispositivi e alta richiesta da parte dei consumatori di questi device intelligenti: ci aspettiamo quindi che i cyber-criminali si inseriscano in questa breccia in modi nuovi e innovativi”, spiega in una nota Travis Witteveen, amministratore delegato di Avira. “Esistono tutte le condizioni affinché si verifichi un triplice attacco: uno generalizzato all’intero ecosistema Internet mediante una botnet simile a Mirai, una possibile violazione della privacy degli utenti attraverso il monitoraggio semi-legale delle loro attività e infine lo sfruttamento delle vulnerabilità degli utenti e della rete con operazioni di crypto mining. Tutti e tre gli scenari potrebbero tradursi in realtà”.

Una seconda tendenza riguarda il crypto mining, che supererà i ransomware in termini di numerosità di attacchi: nonostante il calo dei valori delle criptovalute, il crypto mining non sta perdendo forza. Avira si aspetta infatti un aumento delle iniziative dei miner di criptovalute diretti ai dispositivi intelligenti, dato che questi sono sempre più numerosi e continuano ad essere poco protetti. Le minacce ransomware si presenteranno in prevalenza con attacchi su larga scala e a livello di organizzazioni, prendendo di mira ad esempio comuni e ospedali.

I criminali informatici inizieranno poi a servirsi dell’Intelligenza artificiale, rendendo il terreno della sicurezza informatica ancora più complesso. Queste offensive combineranno infatti una serie di tecniche diverse che aiuteranno gli aggressori a creare attacchi più inaspettati e mirati, aumentandone anche l’incidenza.

Le minacce mobili diventeranno più sofisticate: le campagne malware saranno più difficili da riconoscere e bisognerà fare attenzione soprattutto ai nuovi trojan bancari e ai nuovi tentativi di furto dei dati personali.

La frode sui clic (in particolare di pubblicità online mirata) non sarà più un problema solo per inserzionisti, editori e reti pubblicitarie. È importante fare attenzione alla maggiore diffusione di particolari software proxy installati sui dispositivi degli utenti. Queste app prima venivano distribuite tramite un codice dannoso e applicazioni potenzialmente indesiderate: di recente però i criminali informatici tendono ad utilizzare software “dal doppio uso”, come le applicazioni “proxy web” o “easy profit”.

I dati rubati verranno usati più attivamente: gli attacchi via email rimarranno un grande problema, alimentati dal crescente incremento di dati personali rubati e violati. Dal momento che i dati sono sempre più facilmente disponibili, si può ipotizzare un incremento degli attacchi di social engineering e spear phishing sempre più mirati e impiegati in una vasta gamma di reati economici.

I malware fileless che risiedono nella memoria di un dispositivo piuttosto che sul disco rigido continueranno ad aumentare: questo tipo di attacco è più difficile da rintracciare e quindi molto vantaggioso per i criminali. Sarà quindi

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Complottismo e numeri da circo

03 Febbraio 2016      RILETTURA

 

Nei giorni scorsi “Il Fatto Quotidiano” ha pubblicato un articolo intitolato “Cospirazioni, l’equazione matematica che smentisce i complottisti”, nel quale si racconta che il fisico inglese David Grimes “ha elaborato una formula con cui si può ipotizzare la possibile durata nel tempo di una cospirazione: dovrebbero essere meno di mille gli individui coinvolti affinché il segreto resista per più di dieci anni”.

“E così, viene dimostrato – prosegue l’articolo – che il “finto” sbarco degli americani sulla Luna è una delle tante infondate teorie di complotti che circolano su Internet. Lo studio di Grimes dell’Università di Oxford confuta questa e le altre presunte cospirazioni ricorrendo a una formula matematica. Si è scoperto infatti che sarebbe impossibile mantenere all’oscuro il mondo intero, anche per pochi anni, riguardo a fatti che hanno visto coinvolte migliaia di persone, qualcuna delle quali prima o poi avrebbe denunciato l’inganno. Nel progetto per la conquista della Luna, ad esempio, la Nasa aveva oltre 410mila addetti. Prima o poi qualcuno avrebbe parlato se ci fosse stata una messa in scena dello sbarco.”

Il nostro Grimes sarà certamente un ottimo fisico, ma forse conosce poco la storia (specialmente quella americana). Se la conoscesse, infatti, saprebbe come queste complesse operazioni – specialmente quelle segrete – vengano compartimentalizzate in modo tale da evitare proprio che i segreti più preziosi si diffondano involontariamente.

L’esempio più classico è quello del Manhattan Project, il progetto militare segreto che portò, fra il 1942 e il 1945, alla costruzione delle prime bombe atomiche, poi utilizzate su Hiroshima e Nagasaki. Come è noto, il Manhattan Project coinvolse circa 130.000 persone, sparpagliate in tutta la nazione. Eppure…

Da Wikipedia leggiamo“In un articolo di Life del 1945 si stimava che prima del bombardamento di Hiroshima e Nagasaki “probabilmente non più di poche dozzine di persone in tutta la nazione conoscessero il significato reale del Manhattan Project, e forse al massimo un migliaio di loro erano appena a conoscenza del fatto che il lavoro svolto riguardasse la ricerca sugli atomi”. La rivista ha scritto che gli altri 100.000 ed oltre impiegati del progetto “lavoravano come topi al buio”. Avvisati che la rivelazione di

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Cospirazioni, l’equazione matematica che smentisce i complottisti

www.ilfattoquotidiano.it – 29 GENNAIO 2016

È stato il fisico David Robert Grimes a elaborare questa formula con cui si può ipotizzare la possibile durata nel tempo di una cospirazione: dovrebbero essere meno di mille gli individui coinvolti affinché il segreto resista per più di dieci anni

Segreti, bugie, complotti e cospirazioni. Era il 1997 quando nelle sale arrivò un film, con Mel Gibson e Julia Roberts, che svelava come quasi dietro ogni mistero ci fosse un complotto. Ebbene probabilmente Hollywood non potrebbe produrre più un film su questo argomento perché un fisico ha elaborato una equazione che esclude la possibilità della durata di segreti così importanti.

Ecco quindi l’equazione che stabilisce quanto a lungo può durare qualcosa che nessuno deve sapere. È stato il fisico David Robert Grimes a elaborare questa formula con cui si può ipotizzare la possibile durata nel tempo di una cospirazione: dovrebbero essere meno di mille gli individui coinvolti affinché il segreto resista per più di dieci anni. Insomma meno persone sanno più possibilità c’è che il segreto resista. Grimes, impegnato anche nella ricerca sul cancro, ha affrontato la questione a causa dell’altissimo numero di segnalazione ricevute da coloro che sono convinti dell’esistenza in ambito scientifico.

E così, viene dimostrato, che il “finto” sbarco degli americani sulla Luna è una delle tante infondate teorie di complotti che circolano su Internet. Lo studio di Grimes dell’Università di Oxford confuta questa e le altre

Continua qui: https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01/29/cospirazioni-lequazione-matematica-che-smentisce-i-complottisti/2417551/

 

 

DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI

Condannato sindaco che rifiuta gli immigrati con malattie infettive

Il sindaco di Alassio emana un’ordinanza per vietare l’ingresso in città agli immigrati con malattie contagiose. Il gip lo condanna: “È discriminazione razziale”

Sergio Rame – Ven, 23/12/2016   CHE FINE HA FATTO QUESTO SINDACO CANCELLATO DAI NEOMACCARTISTI ANTIFA?

Condannato, senza se e senza ma. Il sindaco di Alassio Enzo Canepa è finito nei guai per un’ordinanza emessa l’estate del 2015.

Per proteggere i propri cittadini aveva siglato un provvedimento che vietava “l’ingresso sul territorio alassino a migranti sprovvisti di certificato sanitario che attesti l’assenza di malattie infettive e trasmissibili”.

 

Adesso dovrà sborsare 3.750 per aver tutelato i propri cittadini.

 

Nell’estate del 2015 espletava, per la prima volta, l’emergenza immigrati a Ventimiglia. La Francia aveva da poco bloccato il passaggio al confine e gli immigrati bivaccavano, giorno e notte, sugli scogli. Le forze di polizia avevano segnalato, in più di un’occasione, casi di scabbia. Da qui la scelta di Canepa di blindare Alassio.

 

Ma quell’ordinanza, che vietava “l’ingresso sul territorio alassino a migranti sprovvisti di certificato sanitario che attesti l’assenza di malattie infettive e trasmissibili”, gli è costata cara. Contro di lui si sono schierate alcune associazioni che difendono gli immigrati. Hanno presentato subito un esposto a cui il gip del tribunale di Savona ha dato ragione condannando il primo cittadino per “discriminazione razziale”.

 

“Lo rifarei altre mille volte per tutelare i miei cittadini – spiega Canepa a Libero – una

 

Continua qui: http://www.ilgiornale.it/news/politica/condannato-sindaco-che-rifiuta-immigrati-malattie-infettive-1345701.html

 

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

The Spectator – L’euro è la moneta più disfunzionale che sia mai stata creata

di Henry Tougha – gennaio 14, 2019

Un articolo di Matthew Lynn, uscito sia sullo Spectator americano che su quello britannico, elenca i quattro maggiori risultati, tutti ovviamente negativi, che l’euro (ovvero un sistema irrevocabile di cambi fissi) è riuscito a raggiungere negli ultimi vent’anni anni: la più grave depressione della storia economica mai registrata da quando esistono misure attendibili (in Grecia), la prima economia “post-crescita” del mondo (in Italia, che dopo vent’anni di euro si trova con un’economia inferiore a quando la lira fu sostituita), i più ampi squilibri di credito-debito mai registrati (in Germania) e un sistema bancario in pezzi (in tutta Europa, Germania compresa).

 

 

di Matthew Lynn, 04 gennaio 2019

 

Perfino in rapporto ai suoi stessi standard di auto-satira, Jean-Claude Juncker è stato sorprendente già a capodanno. Mentre stappava l’ultima bottiglia di vino del 2018, il presidente della Commissione europea ha trovato il tempo di sparare un tweet a celebrazione del ventesimo anniversario dell’euro. Secondo Juncker l’euro sarebbe diventato “un simbolo di unità, di sovranità e stabilità”, che ha portato “prosperità e protezione” al popolo europeo.

 

Su una cosa in effetti Juncker aveva ragione. La moneta unica ha effettivamente compiuto vent’anni questa settimana. Fu lanciata il 1° gennaio del 1999, almeno per le transazioni finanziarie, mentre il contante è entrato in circolazione più tardi. Junker ha avuto ragione anche sul fatto che l’euro ha portato conseguenze significative. Il problema è che queste conseguenze non hanno molto a che vedere con “l’unità” né la “stabilità”, né tanto meno con la “prosperità”. In realtà l’euro è riuscito a centrare quattro obiettivi che la maggior parte degli economisti mainstream avrebbero considerato praticamente impossibili. L’inizio del terzo decennio dell’euro è un buon momento per fare una pausa di riflessione ed elencarli.

 

Per prima cosa, abbiamo visto la peggiore depressione che sia mai stata registrata. È vero, forse ci sono state battute d’arresto più gravi nel corso della storia, ad esempio la peste nera. Ma da quando si è iniziato a registrare le statistiche economiche in modo attendibile, la peggiore depressione economica che sia mai stata osservata è stata quella della Grecia nell’ultimo decennio. Secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale pubblicati nel 2018, la Grecia ha avuto una caduta nella produzione più grave di quella degli Stati Uniti durante la Grande Depressione degli anni 30, e più lunga di quest’ultima. Considerato l’avanzamento delle conoscenze macro-economiche da allora ad adesso, e la maggiore comprensione del ruolo della gestione della moneta e della domanda aggregata, quello che abbiamo visto in Grecia è un risultato davvero sbalorditivo.

 

Secondo punto, l’euro ha creato la prima economia “post-crescita” del mondo. I Verdi continuano a dirci che dovremo svezzarci dalla nostra dipendenza, così infantile e distruttiva per il pianeta, dalla crescita economica. Quindi forse l’euro è stato tutto un ingegnoso complotto ambientalista. Perché? Perché l’Italia è diventata la prima grande economia sviluppata a giungere a una condizione di “post crescita”, con un’economia che al momento presente è inferiore a quella del momento in cui, due decenni fa, la lira fu sostituita con l’euro. Certo, molti italiani non sono molto contenti di questo risultato. Ma bisognava pure che il processo di espansione iniziato con la rivoluzione industriale giungesse a una fine, no?

 

Inoltre, abbiamo assistito ai più grandi squilibri del mondo. La Cina è una macchina da esportazione, ha i fondi di investimento più sfrenati, e le banche centrali che stampano moneta sono generalmente riconosciute come le principali fonti di instabilità finanziaria nel mondo. Ma il surplus commerciale tedesco, a oltre l’otto percento del PIL nazionale all’anno, conseguenza del fatto che l’euro è [per la Germania, NdT] una moneta perennemente svalutata, è il più grande squilibrio che il mondo abbia mai visto. Il risultato? Ogni anno più di 300 miliardi di dollari devono essere riciclati dal sistema bancario per tenere in piedi l’euro, creando in questo modo

 

Continua qui: http://vocidallestero.it/2019/01/14/the-spectator-leuro-e-la-moneta-piu-disfunzionale-che-sia-mai-stata-creata/

 

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

Google, il diritto all’oblio non è globale

L’Europa non può decidere per il mondo intero

www.ilfattoquotidiano.it

Guido Scorza – 14 gennaio 2019

Paese che vai, storia che trovi. È questo più o meno il senso delle conclusioni con le quali l’avvocato generale della Corte di giustizia Maciej Szpunar ha suggerito ai giudici europei di decidere che quando Google deindicizza un contenuto in accoglimento di una richiesta di “oblio”, il contenuto in questione deve divenire inaccessibile, via Google, dall’Europa ma non anche dal resto del mondo.

L’Europa non può decidere – è la posizione dell’avvocato generale – a quali contenuti i cittadini del mondo intero abbiano o non abbiano diritto di accedere, perché si tratterebbe di un’ingerenza sproporzionata nelle regole globali sulla libertà di informazione. È, più o meno, la posizione che Google aveva sostenuto davanti alla Cnil – il Garante francese per la protezione dei dati personali – che, al contrario, l’aveva addirittura multata perché si era rifiutata di garantire la deindicizzazione globale dei contenuti.

E in effetti – come si era già scritto su queste stesse colonne – l’idea che in ossequio a un principio europeo, per quanto proiezione di un diritto fondamentale dell’uomo come il diritto alla privacy, il nostro continente potesse dettare legge in tutto il mondo in fatto di diritto a informare, a informarsi e, soprattutto, diritto alla storia sembra, davvero, una pretesa eccessiva. Senza dire – nelle conclusioni dell’avvocato generale della Corte di giustizia questa preoccupazione non è celata – che pretendere che siano le regole di casa nostra a fissare l’asticella del compromesso tra privacy e libertà di informazione in tutto il mondo rischierebbe di rappresentare un precedente del quale potremmo pentirci presto.

Basta immaginare a cosa diremmo, se domani un Paese meno democratico del nostro ordinasse a Google di deindicizzare un contenuto – magari in forza di qualche norma che noi considerassimo censoria – e pretendesse da Google la condanna all’oblio di quel contenuto nel mondo intero, incluso il nostro Paese. Siamo certi che non grideremmo allo scandalo, alla censura, alla libertà di informazione condannata al macello in nome di una regola che non condividiamo e, magari, persino al complotto tra Google, nostro signore dell’informazione globale, e il Paese in questione? E allora è giusto così, e c’è anzi da augurarsi che la Corte di giustizia segua le indicazioni dell’avvocato generale. O, per essere più chiari, così è meno sbagliato.

Perché l’idea che il diritto all’oblio possa e debba essere amministrato – almeno in prima istanza – da una corporation di giusto non ha e non avrà mai nulla. È solo il portato di un enorme malinteso, di un errore di prospettiva e di un fraintendimento. Una vittoria di Pirro: vero che abbiamo imposto a una corporation americana il rispetto delle nostre regole, ma l’abbiamo anche trasformata – più di quanto già non fosse – nell’arbitrio incontrastato e incontrastabile della nostra storia che sarà accessibile ai posteri in maniera integrale, nella misura in cui i singoli non eserciteranno il loro diritto all’oblio e/o Google non sarà troppo di manica larga nell’accogliere le richieste di oblio.

E, tuttavia, dall’indomani della decisione della Corte di giustizia – se dovesse andare

Continua qui:

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/01/14/google-il-diritto-alloblio-non-e-globale-leuropa-non-puo-decidere-per-il-mondo-intero/4890722/

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Nella crisi delle élite globali, più ordine, meno democrazia?

14 Gennaio 2019 di Mario Bozzi Sentieri

 

Un giorno, un vecchio comunista, di quelli di una volta, formatosi politicamente, durante i primi Anni Sessanta del ‘900, a Mosca, presso la scuola politica del PCUS e poi diventato, in Italia, uomo d’apparato e buon assessore provinciale del PCI, mi disse: “Cosa vuoi che interessi ad un proletario dei diritti borghesi, quando deve fare i conti, tutti i giorni, con la sua condizione sociale. Certamente preferirebbe meno libertà e più giustizia”. Era la visione ideologica della sinistra radicale: l’idea di una libertà non squisitamente individuale – come si leggeva sui vecchi testi comunisti – ma “socialmente attiva”, in grado cioè di spezzare le catene dell’oppressione sociale sui singoli uomini, al punto di limitarla, se non abolirla.

Cambiano i tempi, cambiano – per dirla alla vecchia maniera – i rapporti di forza politico-culturali ed ora ecco emergere – dati alla mano – gli orientamenti di un’opinione pubblica pronta a sacrificare un pezzo di democrazia per la sicurezza. Parole di Nicola Piepoli, a margine di un recente sondaggio: di fronte “all’avanzata del populismo in Italia, dovuta al fatto che la sicurezza economica è diminuita, la disparità tra ricchi e poveri è aumentata, la sicurezza personale è ritenuta insufficiente e, soprattutto, le espressioni tradizionali della politica sono, per i bisogni degli italiani, fuori del nostro tempo” la sintesi dell’opinione pubblica è che – per il 44% degli intervistati – “in Italia è meglio meno democrazia e più ordine”. Non siamo ancora alla maggioranza assoluta, ma poco ci manca.

La questione non è da sottovalutare o da archiviare con sufficienza, anche perché essa è sintomo di un disagio profondo, che – come ha scritto recentemente Ernesto Galli della Loggia, sul “Corriere della sera” – evidenzia gli errori delle élite globaliste del continente europeo, con il conseguente fallimento delle promesse di sviluppo e di democrazia, che, da qualche decennio, ne avevano accompagnato le scelte.

Non a caso la domanda di sicurezza e la voglia di uno Stato presente (non onnipresente) che faccia il proprio dovere, tutelando i cittadini ed i confini, la legalità ed il territorio, si coniuga con la volontà di partecipazione reale da parte dei cittadini (rispetto a quella che è stata ribattezzata una “democrazia recitativa”, dove il popolo entra in scena solo al momento del voto). Altrimenti il popolo si ribella (alla maniera dei gilets gialli d’Oltralpe) o comincia a manifestare il proprio disagio, al punto da volere meno democrazia e più sicurezza.

 

 

Proteste contro migranti

Certi sondaggi non scoprono niente di nuovo. Sono numerosi gli studi che, nell’ultimo

 

Continua qui: https://www.controinformazione.info/nella-crisi-delle-elite-globali-piu-ordine-meno-democrazia/

 

 

 

 

 

 

POLITICA

Confini sempre più sottili tra i poteri dello Stato

di Franco Astengo – 14 gennaio 2019

 

 

Felice Besostri, campione della lotta contro l’incostituzionalità delle leggi elettorali, sollecita un dibattito intorno ai temi sollevati da Azzariti in un articolo apparso il 12 gennaio sul “Manifesto”.

Allo scopo di centrare al meglio il tema riporto di seguito tre citazioni dirette dal testo in questione:

In principio:

Anomalo il comunicato della Corte costituzionale sul conflitto tra poteri dello Stato presentato dal gruppo del Pd al Senato contro le modalità di approvazione della legge di bilancio.

Il comunicato dichiara l’inammissibilità, ma poi ci tiene a dire che i singoli parlamentari possono fare ricorso. Giustifica la compressione dei lavori parlamentari, ma poi paventa una futura incostituzionalità se si dovessero adottare di nuovo simili modalità”.

Di seguito:

Non mi sembra, dunque, che si possa confidare più di tanto in futuro sul ruolo del giudice costituzionale per dirimere tale genere di conflitti.

In una certa misura è questo un esito inevitabile. Lo è nella misura in cui la politica chiede alla giurisdizione (quella costituzionale, ma spesso anche a quella ordinaria) di supplire alle sue debolezze. La giurisdizionalizzazione del conflitto politico è un male in sé, poiché segnala l’incapacità dei cittadini associati liberamente in partiti di svolgere il ruolo che la costituzione assegna loro, ovvero di «concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».

Infine:

Ogni volta bisogna ricordarlo: i garanti della Costituzione – la Corte costituzionale, ma anche il Presidente della Repubblica – sono l’ultima fortezza a difesa della superiore legalità costituzionale. In questo ruolo decisivo di salvaguardia, però, non possono essere lasciati da soli. Quando la politica tace, ovvero fa solo spettacolo, non può pretendersi che siano i garanti a urlare. Forse non è neppure auspicabile. Non è ai soli giudici che spetta la difesa dei principi della costituzione, in primo luogo spetta a tutti noi. E questo è il vero problema di oggi: la politica assente”.

Definito così il quadro delineato da Azzariti è il caso di riprendere appieno il filo complessivo del discorso.

In realtà da lungo tempo si stanno sempre più confondendosi i confini che segnavano la tripartizione dei poteri di derivazione illuministica e adottata dalle Costituzioni liberali in Occidente e segnatamente dalla Costituzione Italiana.

La pressione per questo restringimento arrivato fin quasi ad annullare i confini è di duplice natura: da un lato l’invasione del legislativo da parte dell’esecutivo avvenuta non attraverso modifiche costituzionali (nel frattempo tutte fallite) ma per via dell’uso improprio della leva del governo.

Il governo è stato sempre più protagonista– almeno dagli anni’80 del XX secolo, – dell’uso della legiferazione d’urgenza.

All’epoca il tema dominante era quello della governabilità.

Un tema vieppiù trasformatosi nel tempo in quello di un accrescimento di peso di un ritorno alla vocazione autoritaria.

Vocazione autoritaria che, per un certo periodo, ha assunto anche le sembianze di una torsione presidenzialista almeno nella visione della riforma costituzionale tentata prima dalla Bicamerale (1997) e successivamente dal progetto del centrodestra respinto dal voto popolare nel 2006.

Dall’altro canto si è verificata la crescita di un impegno di supplenza svolto da parte della Magistratura a partire dalla “questione morale”.

Anche in questo caso siamo agli anni’80 del secolo scorso con l’avvio delle inchieste riguardanti malversazioni a Torino e in Liguria (in ogni caso differenti nelle modalità tra di loro) per poi esplodere sul piano nazionale all’inizio del decennio successivo.

Elementi che hanno portato a quella deprecabile giurisdizionalizzazione della politica cui fa cenno Azzariti nel suo articolo: un giudizio sicuramente condivisibile.

Così come appare corretto l’accenno ai partiti: la loro trasformazione, in particolare al riguardo dei soggetti a radicamento e integrazione di massa, è risultata sotto quest’aspetto decisiva perché si è innestato un processo di cambiamento del concetto stesso di rappresentanza politica.

Sotto l’aspetto della struttura istituzionale retta dai partiti l’Italia ha sempre costituito un caso molto particolare (dal punto di vista dell’analisi basta citare Scoppola): la nostra Costituzione è stata costruita proprio sulla base della presenza, nel corpo dell’Assemblea che ebbe il compito di redigerla, dei tre grandi partiti di massa; fu questo fattore decisivo per far sì che si evitasse di

Continua qui: http://contropiano.org/news/politica-news/2019/01/14/confini-sempre-piu-sottili-tra-i-poteri-dello-stato-0111415

 

 

 

STORIA

La “Liberazione” è stato uno stupro collettivo

 

identità.com – 25 APRILE 2018

 

Oggi una minoranza ha celebrato il 25 aprile. Una data in cui dovremmo ricordare. E piangere. Non tanto o non solo perché non vi è stata alcune ‘liberazione’, a differenza di cosa racconta la vulgata che da quasi un secolo ci riempie la testa di menzogne, ma soprattutto, perché i lutti più grandi, in Italia, non li hanno portati gli occupanti tedeschi, ma i liberatori alleati.

 

Si potrebbe scrivere per ore sul numero delle vittime delle marocchinate. Gli stupri di massa delle truppe coloniali francesi, alle quali, addirittura, si è permesso di riposare in cimiteri italiani e alle quali si sono eretti monumenti di

 

Continua qui: http://identità.com/blog/2018/04/25/la-liberazione-e-stato-uno-stupro-collettivo/

 

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