NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 15 APRILE 2019

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-le_10_rivelazioni_di_assange_che_hanno_cambiato_il_modo_di_vedere_il_potere/82_27974/

NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI

15 APRILE 2019

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Nelle cose importanti è lo stile, non la sincerità, quello che conta

(L’importanza di chiamarsi Ernesto)

OSCAR WILDE, Detti e aforismi, Rizzoli, 2001, pag. 180

 

http://www.dettiescritti.com/

https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/

 

Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

 

Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com 

 

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https://www.corriere.it/cronache/18_ottobre_08/toto-mio-nonno-principe-risata-deboli-uomo-che-sapeva-pensare-7d91bdbe-cae2-11e8-9a02-946640b28e26.shtml?refresh_ce-cp

 

SOMMARIO

Totò, il Maestro intramontabile

Libia, il dossier segreto degli 007: “6mila migranti verso l’Italia”. 1

Alessandro Meluzzi: “La famiglia Cucchi chieda scusa ai parenti dei giovani a cui Stefano spacciava droga”  1

L’Europa sarà africana. Lo vuole l’élite. 1

PEZZO GROSSO E IL GOVERNO. L’ITALIA È COME ALFIE: QUALCUNO HA DECISO CHE DEVE MORIRE. 1

La notte piena di stelle di Caravaggio a Napoli 1

Il killer era stato condannato. Ma libero di uccidere il carabiniere 1

Greta Thunberg in Italia, mercoledì l’incontro con Papa Francesco 1

MUSULMANI SI ISCRIVONO ALL’ANPI SU RICHIESTA DELL’IMAM.. 1

L’ARABIA SAUDITA HA FINANZIATO IL GENERALE HAFTAR IN LIBIA. 1

“Quel 15 aprile 1967…” 1

Di cosa è morto Totò 1

«Totò, mio nonno»: principe della risata e dei deboli, uomo che sapeva pensare 1

Le 10 rivelazioni di Assange che hanno cambiato il modo di vedere il potere 1

Accogliere gli immigrati: ecco quanto si guadagna. 1

Keynes, così snob così “classico” così (in)influente 1

La grande distribuzione rifiuta la nostra ortofrutta e ci invade di prodotti stranieri. L’attacco della Coldiretti 1

Mentre il papa critica l'”avidità del danaro”, lo Ior raddoppia gli utili

Elezioni in Finlandia: boom dei populisti alleati di Salvini 1

Benedetto XVI: la pedofilia nasce col collasso morale del ‘68. 1

Il vero volto di Mr. Bannon. 1

Il crollo della sinistra europea 1

Quella profezia di Bettino: “L’euro impoverirà l’Italia”. 1

 

 

EDITORIALE

Totò: il Maestro intramontabile

Manlio Lo Presti – 15 aprile 2019

È oggi l’anniversario della morte di Totò.

Esplorando le notizie per il web, con mia sorpresa, non ho visto commenti né commemorazioni di tale evento.  Va riconosciuto che il 15 aprile 1967 non è una data ravvicinata, ma non è tale da implicare l’oblio di un personaggio che ha dato moltissimo alla cultura locale e nazionale nel campo teatrale, cinematografico e letterario.

L’oblio è una polvere finissima che si appoggia su ogni cosa. Imperi, eroi, scrittori, nazioni vengono coperti dal manto indecoroso della dimenticanza.

Voglio sperare che almeno i canali televisivi trasmettano questa sera un film o un pezzo teatrale a scelta dal suo vastissimo repertorio di oltre 50 film e di altrettante commedie, oltre alle composizioni musicali e i testi di canzoni famosissime.

Sento la mancanza dei suoi giochi di parole che sapevano dire tutto senza travalicare la rigida censura di quegli anni, la mimica del viso e del corpo che accompagnavano sagaci silenzi di fortissima espressività. Fortunatamente, esistono registrazioni di ogni sua opera e io le ho raccolte e viste con silenziosa e affettuosa metodicità.

Insomma, il Maestro ci regala una capacità acquisita con anni di gavetta accompagnata da un talento naturale nel padroneggiare la scena, catalizzando l’attenzione degli spettatori facendo sorridere e ridere diverse generazioni.

Ecco, vorrei che questo “passaggio del testimone”, che le generazioni precedenti hanno mantenuto, continuasse anche oggi e nel futuro. Si tratta di custodire una parte importante della nostra identità culturale che costituisce una parte importante della Alma Mater di un popolo e del suo bagaglio culturale e quindi la sua identità.

Totò ha toccato qualsiasi tema sociale individuale e collettivo. È stato capace di mantenere una sottile capacità di ironizzare anche su temi difficili da trattare come la politica, la vita intima o i rapporti umani condizionati da interessi e dal tornaconto che è il tema dominante della gente egoista e di vedute ristrette, che poi sono la maggioranza da sempre.

L’artista dimostra l’indulgenza che proviene dalla lunga esperienza personale umana ed artistica, ma non si concede distrazioni. Ogni evento è descritto con attenzione. Ogni particolare è posto in evidenza.

L’uomo non nasconde, non mistifica.

Le cose vanno così perché sono nella natura umana.

E lui è sempre stato disponibile a farcelo capire senza infingimenti e con maestria.

 

 

 

 

IN EVIDENZA

Libia, il dossier segreto degli 007: “6mila migranti verso l’Italia”

L’allarme dell’intelligence nei dossier portati a Conte. Migliaia pronti a partire dalla Libia. Ma Salvini: “I porti sono chiusi”

Claudio Cartaldo – Dom, 14/04/2019

I dossier segreti sono sul tavolo di Giuseppe Conte. L’intero governo gialloverde è preoccupato, inutile negarlo, per l’escalation di violenza che potrebbe esplodere in Libia

A preoccupare non è tanto, o non solo, il rischio di perdere influenza nel Paese africano in caso di conflitto finale tra Haftar e Al Serraji. All’orizzonte c’è anche e soprattutto la “crisi umanitaria” che il premier e i ministri vogliono scongiurare. In Libia – scriveva Gli Occhi della Guerra – sono presenti circa 800 mila migranti intenzionati a raggiungere l’Europa via Italia.

Secondo i dossier degli 007 italiani, consegnati secondo il Corriere dall’intelligence in queste ore al presidente del Consiglio, la prima ondata potrebbe coinvolgere qualcosa come 6mila stranieri pronti a salire su gommoni guidati da trafficanti senza scrupoli. Sono quelli rinchiusi nei centri di detenzione o in quelli per i profughi. Il pericolo è stato confermato anche dal direttore dell’Aise, Luciano Carta, nella sua audizione al Copasir.

L’Italia non intende cedere alle pressioni esterne in Libia. Salvini lo ha detto chiaramente, invitando in particolare la Francia a non soffiare sul fuoco della guerra. Anche i libici sono scesi in piazza contro Macron, convinti che ci sia lui dietro la nuova crisi in Libia. In effetti gli emissari di Haftar sono andati a Parigi, ma hanno incontrato anche il premier Conte. A Roma sono

Continua qui: http://www.ilgiornale.it/news/politica/libia-dossier-segreto-degli-007-6mila-migranti-verso-litalia-1679180.html

 

 

 

 

 

Alessandro Meluzzi: “La famiglia Cucchi chieda scusa ai parenti dei giovani a cui Stefano spacciava droga”

Scontro di opinioni sul caso Cucchi durante la trasmissione “La Zanzara” di Radio24 tra i conduttori e lo psichiatra Alessandro Meluzzi

12/04/2019

“La famiglia Cucchi chieda scusa ai parenti dei giovani a cui Stefano spacciava droga”, è questa la dichiarazione rilasciata dallo psichiatra e scrittore Alessandro Meluzzi prima in un video diffuso su internet e poi nel corso della trasmissione La Zanzara, condotta su Radio24 da Giuseppe Cruciani e David Parenzo.

A detta di Meluzzi, i familiari del geometra romano – morto il 22 ottobre del 2009 mentre era sottoposto a custodia cautelare – dovrebbero chiedere scusa a tutti i giovani a cui Stefano Cucchi avrebbe venduto dosi di sostanze stupefacenti. “Come il comandante generale dell’Arma ha chiesto scusa alla famiglia Cucchi, per un principio ovvio la famiglia Cucchi dovrebbe chiedere scusa a tutte quelle famiglie di giovani a cui il geometra Cucchi spacciava la droga. È un problema di reciprocità, io amo un principio di giustizia”, ha affermato lo psichiatra.

VIDEO – La sorella Ilaria: “Oggi la verità è entrata in aula di giustizia”: blob:https://video.huffingtonpost.it/53c675c2-69fc-45be-9f3b-5f94fd931344 

Quando David Parenzo, prendendo le distanze dall’opinione di Meluzzi, ha ricordato che Cucchi ha trovato la morte mentre era “affidato alle mani dello Stato”, lo psichiatra ha risposto: “Questo lo accerterà la magistratura. Se io avessi avuto mia figlia morta nelle mani dello Stato, mentre faceva la spacciatrice di droga, avrei chiesto innanzitutto scusa alle famiglie a

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https://www.huffingtonpost.it/2019/04/12/alessandro-meluzzi-la-famiglia-cucchi-chieda-scusa-ai-parenti-dei-giovani-a-cui-stefano-spacciava-droga_a_23710679/

 

 

 

 

L’Europa sarà africana. Lo vuole l’élite

Giampaolo Rossi – 4 luglio 2018                           RILETTURA IMPORTANTE                                                                                                                                             

NE STANNO ARRIVANDO 100 MILIONI

Nel 2050 l’Africa avrà 2,5 miliardi di abitanti, oltre 1 miliardo in più di oggi. L’Europa 450 milioni, 50 milioni in meno di oggi. E già ora, mentre parliamo, oltre il 40% degli africani ha meno di 15 anni. Siamo di fronte alla “più impressionante crescita demografica della storia umana”.
Lo spiega Stephen Smith conoscitore profondo dell’Africa in una recente intervista: “nel giro di due generazioni saranno almeno 100 milioni i giovani africani pronti a venire in Europa”.

Smith spiega che è essenziale capire che non sono i poveri a migrare, ma le classi più benestanti che possono permetterselo, coloro che ormai sono “emersi dalla sussistenza” e possono pagare per intraprendere un viaggio oltre il continente; coloro che godono di “reti di supporto”, cioè comunità di africani già residenti in Europa che facilitano la migrazione.

Sono 100 milioni i giovani africani pronti a venire in Europa nel giro di due generazioni

I media occidentali “trasmettono cliché miserevoli” di “disperati in fuga dall’inferno – che sarebbe l’Africa – ma la maggior parte dei migranti oggi proviene da paesi in crescita come Senegal, Ghana, Costa D’Avorio o Nigeria”.

Il processo è imminente perché “milioni di africani stanno per compiere questo passaggio” legato al processo di trasformazione demografica e economica della società africana: “quando famiglie numerose con alta mortalità” (tipiche delle società più povere) “si trasformano in famiglie più piccole con aspettative di vita più lunga la migrazione tende ad avvenire in maniera massiccia e l’Africa non farà eccezione”.

Quindi non profughi che fuggono da guerre o persecuzioni (fattori circoscritti) ma migranti economici che appartengono alle classi più agiate (non i poveri) che si sposteranno a fronte di una pressione demografica senza precedenti e di un miglioramento delle proprie condizioni di vita che li spingerà a salire la scala sociale dell’Occidente.

Ovviamente Smith esclude la possibilità che l’Europa possa chiudersi come una fortezza a questo processo ma avverte del rischio di non affrontarlo e non governarlo: “l’Europa deve essere parte della soluzione (…) ma non può essere la “soluzione”.

Quindi avete capito bene? 100 milioni di essere umani, per lo più maschi di età compresa tra i 18 e i 35 anni, arriveranno in Europa entro il 2050; come si possa non aver paura di questo scenario è cosa incomprensibile che sfiora la follia. E non per un retroterra razzista o per odio nei confronti di questi uomini e di queste donne che cercano il loro futuro; ma perché questo esodo destabilizzerà le nostre società non solo da un punto di vista economico e sociale ma anche culturale, perché “l’integrazione è un processo lungo e il suo successo spesso è visibile solo dopo la seconda o terza generazione”; e a volte neppure dopo quelle se le culture di provenienza sono inconciliabili con quella d’arrivo.

Come sia possibile che leader politici, intellettuali del mainstream, élite dei potenti circoli finanziari ed economici non si rendano conto di quello che sta per avvenire? Forse perché è proprio ciò che vogliono.

UN DISEGNO SEMPRE PIÙ CHIARO
Un anno fa spiegammo in questo articolo come l’immigrazione sia un fenomeno indotto dall’élite globalista che governa processi decisionali e immaginario mediatico, con lo scopo di garantirsi forza lavoro a basso costo in Europa e con l’obiettivo di disarticolare l’attuale ordine sociale.

Lo scopo, scrivevamo, è “generare conflitti endemici (guerra tra poveri), imporre legislazioni più autoritarie, alterare l’equilibrio demografico e generare un appiattimento della stratificazione sociale per ridurre il peso di quella classe media, elemento da sempre in conflitto con le élite”. Questo disegno, per semplificare, l’abbiamo chiamato: “lo schema Soros”.

Il calo demografico dell’Europa mette in crisi il meccanismo del debito/credito su cui si fonda l’intero sistema della finanza globale

Ma c’è un altro fenomeno che spiega le ragioni per cui l’élite favorisce l’immigrazione in Europa; un fenomeno che nessuno aveva previsto nei decenni passati e che ancora oggi non trova soluzione: il calo demografico dell’Occidente.
L’Europa sta morendo per mancanza di figli; questo è il tratto caratteristico della nostra epoca non generato da guerre o povertà ma, al contrario, da pace ed eccesso di ricchezza.

Le società occidentali semplicemente non fanno più figli perché la cultura individualista e consumistica spinge a contrarre la dimensione del futuro.

Un recente articolo su Gefira  analizza le conseguenze: “Tutte le teorie, tutti i modelli che conosciamo di economia, finanza e mercato sono stati sviluppati quando le popolazioni europee crescevano”.

Meno popolazione significa riduzione di consumi e quindi di produzione; non minore qualità della vita, semmai meno circolazione di denaro e meno dipendenza dal meccanismo del debito su cui è costruita l’intera economia finanziaria che domina l’Occidente.
Ecco perché l’élite ha bisogno di integrare la popolazione che sta scomparendo in Europa. Non solo per avere lavoratori a basso costo ma anche per mantenere in piedi gli ingranaggi del sistema debito-credito.

Se il modello economico occidentale si alterasse ne risentirebbe l’intera struttura della finanza globale poiché ancora oggi l’economia mondiale dipende dal mondo industrializzato dell’Occidente (e dell’Asia Orientale occidentalizzata

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PEZZO GROSSO E IL GOVERNO. L’ITALIA È COME ALFIE: QUALCUNO HA DECISO CHE DEVE MORIRE.

7 Maggio 2018 – Marco Tosatti            RILETTURA

Era un po’ di tempo che non avevamo notizie di Pezzo Grosso. Oggi ci ha inviato una riflessione che condividiamo in pieno. Stilum Curiae non avrebbe saputo scriverla meglio.

Da tempo abbiamo la sensazione di vivere – mutatis mutandis – in una situazione prerisorgimentale, con alcune grandi nazioni (loro sì, che sono ancora nazioni, con tanti saluti all’Europa) che dicono parlano e fanno per considerarci come terra non più di conquista, ma di gestione. E, come un tempo, siamo stati venduti e traditi. dai politici, dalla cultura, dall’informazione, dalla scuola. Ai miei figli a scuola non ho mai sentito parlare dell’Italia, se non da qualche professore appassionato di calcio; altri invece, sempre trattando di pallone, parlavano della Roma o della Juventus…e infatti le penne brillanti (per contratto) del regime oggi proprio questo si affannano a ripetere: che l’Italia non esiste. E ne vediamo le conseguenze ogni giorno. Che Dio abbia pietà di questo povero Paese, e dei suoi citrulli abitatori. Tanto intelligenti, di fama, e così bravi nel farsi abbindolare…

“Caro Tosatti, vorrei fare una considerazione sulla formazione del nuovo Governo, sui tentativi del quale, anche oggi sui giornali siamo costretti a leggere “fantasie, intuiti e miracoli”, che sorprendono ormai solamente quando leggiamo qualcosa di logico, realizzabile e opportuno; perciò mai. Ciò di cui sembra non volersi tenere conto è che il nostro paese, rebus sic stantibus, non ha, non sa o non può esercitare più alcuna sovranità e pertanto il voto, ed il risultato del voto democraticamente espresso, non conta più nulla, è solo una illusione gestita in modo teatrale per evitare “autoritarismi” che verrebbero richiesti dalla “piazza”, se lo scoprisse. Pertanto o governa un premier indicato da Bruxelles; o governa un premier che ha trattato e ricevuto un consenso da Bruxelles; o detto premier governa facendo quello che

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ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

La notte piena di stelle di Caravaggio a Napoli

Dalle narrative «Sette opere di misericordia» alla drammatica «Flagellazione» di Capodimonte

Vittorio Sgarbi – Dom, 14/04/2019

Di tante mostre su Caravaggio che nella vita ci è accaduto di vedere, sempre con soddisfazione anche quando apparivano superflue, nel mito del pittore maledetto, o infestate da opere improprie, certamente quella più suggestiva, notturna, come i dipinti che la costituiscono, e come gli anni tormentati della vita del pittore, gli ultimi, a partire dal 1606, è «Caravaggio Napoli» al museo di Capodimonte, nella predestinata sala dedicata a Raffaello Causa (il cui figlio Stefano scrive in catalogo, per merito e dinastia, sulla «mostruosa» fortuna di Caravaggio).

Non una novità, perché la mostra, dopo quindici anni, duplica quella con molte delle stesse opere, e nello stesso luogo, anche se in altre stanze, curata da Nicola Spinosa, «Caravaggio. L’ultimo tempo 1606-1610». Suggestiva certo; ma necessaria? È vero: Caravaggio non basta mai, come Napoli. E i nostri occhi si rinnovano, le nostre conoscenze maturano, gli stessi quadri cambiamo aspetto, o muta la percezione che noi ne abbiamo rivedendoli con diversi stati d’animo, con nuove esperienze, o anche con più efficienti illuminazioni. Per Caravaggio luce alla luce, luce al buio, buio nella luce. Una buona messa in scena delle opere di Caravaggio è come una nuova regia di un’opera lirica, che sempre si rinnova nell’allestimento e nella interpretazione. Quante volte abbiamo visto Don Giovanni, La traviata, Otello, L’elisir d’amore? E quanti Il flauto magico sono possibili? In un certo senso per Caravaggio è accaduto proprio questo: tanti sono gli interpreti e, quanto a lui, anche un solo quadro fa scena, cambia lo spazio in cui vive.

Qui poi ci si è messo Roberto Cremascoli con Flavia Chiavaroli, e hanno inventato la notte, hanno nascosto i nostri volti, quelli che si incrociano fugacemente nei musei, per metterci davanti, nell’ombra complice, ai volti febbrili, dolenti, malati, morbosi, crudeli che Caravaggio ha incontrato nelle strade di Napoli e nelle città di Sicilia. Alcuni sono rimasti a casa: Malta non presta, la Sicilia non presta, e anche Napoli non presta a se stessa. Caravaggio diventa improvvisamente fragile; molte sono le ragioni, molti sono i pretesti. Ma anche molte le competizioni, i protagonismi, i permali. Si capisce che Spinosa, ottimo studioso che, con Ferdinando Bologna, da poco scomparso, curò l’ultima mostra su l’ultimo Caravaggio, non veda di buon occhio questa intrusione, nei suoi storici territori, di un francese sensibile e innamorato di Napoli, con le movenze distaccate dell’Indifferente di Watteau. Si capisce che uno azzeccagarbugli, che preferisce l’interdire al fare, intimidisca e imponga al ministero di non prestare un quadro, non suo, a se stesso.

Capodimonte è un istituto periferico del ministero dei Beni culturali e, senza buone ragioni di conservazione (anche se riabilitando involontariamente il gran teatro del Pio Monte di Misericordia), si è visto negare il dipinto più importante per la mostra e il suo successo, dopo aver avuto l’autorizzazione della Soprintendenza (come era logico), contraddetta (come lo era meno) dagli uffici centrali del ministero. Forme di schizofrenia multiple, non solo perché Capodimonte di quel ministero è parte integrante e vitale, ma perché lo stesso criterio, non privo di logica, di lasciare le cose al loro posto soprattutto per spostamenti così brevi, non è valso a Milano per l’altrettanto importante Canestra di frutta di Caravaggio, conservata alla Pinacoteca Ambrosiana e per sei mesi concessa (dallo stesso ministero che nega il prestito a Napoli), a Palazzo Reale, a quattrocento metri di distanza; e per sei mesi, e per una cervellotica mostra dal titolo «Natura», cui l’opera è del tutto estranea.

Lo strabico moralizzatore, che agisce a Napoli a casa sua, è stato condannato per diffamazione per aver tentato di negare il prestito di un busto di Bernini al Museo del Corso della Fondazione Roma. Ma è anche smemorato perché, mentre difende la pertinenza delle Sette opere di misericordia al Pio Monte dimentica che la Flagellazione trionfante a Capodimonte è stata sottratta, più di quarant’anni fa, dalla chiesa di San Domenico, strappata all’altare che la attende, ed è proprietà non del ministero dei Beni culturali, ma del Fondo edifici di

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BELPAESE DA SALVARE

Il killer era stato condannato. Ma libero di uccidere il carabiniere

Il killer che ha ucciso a sangue freddo il maresciallo dei Carabinieri Vincenzo Carlo Di Gennaro a Cagnano Varano era a piede libero dopo una condanna in primo grado

Angelo Scarano – Dom, 14/04/2019

 

Il pregiudicato Giuseppe Papantuono, l’uomo che ha ucciso a sangue freddo il maresciallo dei Carabinieri Vincenzo Carlo Di Gennaro a Cagnano Varano era a piede libero dopo un condanna in primo grado e attendeva il processo di appello.

Il killer era stato arrestato in flagranza di reato nel febbraio del 207 per porto e detenzione di coltello subito dopo aver accoltellato in un bar un 44enne che aveva riportato una lesione alla schiena. A confermare questa circostanza è stato il pubblico ministero del Tribunale di Foggia, Ileana Ramundo: “E’ stato processato e condannato alla pena di un anno di carcere per lesioni. Attualmente la sentenza di condanna è in fase di appello”. E solo qualche giorno fa il killer era stato denunciato per il porto di coltello. Su questo secondo episodio, il pm ha aggiunto: “Si tratta di un’ipotesi contravvenzionale e una contravvenzione non prevede l’arresto, non prevede una misura cautelare, non lo prevede il codice. È stata avanzata la richiesta di emissione di decreto penale di condanna per legge. Per cui, questi sono i precedenti che

 

Continua qui: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/killer-era-stato-condannato-libero-uccidere-carabiniere-1679291.html

 

 

 

 

 

 

 

 

Greta Thunberg in Italia, mercoledì l’incontro con Papa Francesco

Nell’agenda dell’ambientalista bambina – oltre all’intervento in Senato e in piazza del Popolo – anche un incontro con Papa Francesco

Aurora Vigne – Dom, 14/04/2019

Anche un appuntamento in Vaticano. Greta Thunberg, che la prossima settimana sarà in Italia, incontrerà anche Papa Francesco.

L’udienza – richiesta dalla sua famiglia qualche settimana fa – era stata fissata per giugno. Papa Francesco, però, ha anticipato l’incontro, che si terrà ora il 17 aprile.

All’agenda della bambina ambientalista si aggiunge quindi un altro appuntamento fondamentale. Già in programma, invece, l’intervento in Senato. Il presidente del Senato, Elisabetta Casellati, riceverà il 18 aprile a Palazzo l’attivista svedese diventata simbolo della mobilitazione mondiale giovanile contro i cambiamenti climatici.

Greta Thunberg, al suo primo viaggio in Italia, interverrà al seminario promosso dal

 

Continua qui: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/greta-thunberg-italia-mercoled-lincontro-papa-francesco-1679215.html

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MUSULMANI SI ISCRIVONO ALL’ANPI SU RICHIESTA DELL’IMAM

24 APRILE 2018

Nella conferenza durante la quale hanno esaltato il ruolo delle truppe coloniali francesi in Italia:

 

leggi qui: https://voxnews.info/2018/04/23/marocchinate-anpi-esalta-le-truppe-coloniali-francesi-in-italia/

 

Del resto, non distante dal ruolo degli immigrati musulmani in Italia oggi, i vertici della cosiddetta Comunità Islamica di Piacenza si sono tesserati all’Anpi. Tramite Enrico Battini, e a margine dell’incontro tenuto sabato sera alla sede della Comunità, il Presidente Ylli Kaiku e i suoi membri del direttivo, hanno voluto tesserarsi all’Anpi come esempio per tutti gli altri musulmani.

 

«Già altre richieste di tesseramento ci sono giunte da diversi membri che

 

Continua qui: https://voxnews.info/2018/04/24/musulmani-si-iscrivono-allanpi-su-richiesta-dellimam/

 

 

 

 

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

L’ARABIA SAUDITA HA FINANZIATO IL GENERALE HAFTAR IN LIBIA

 14 Aprile 2019

 

“Il Mufti Sheikh Sadeq al-Gharyani ha rivelato venerdì che l’Arabia Saudita aveva inviato seguaci della studiosa salafita saudita Rabee al-Mudkhali per sostenere Khalifa Haftar.

Al-Gharyani, che stava parlando al canale televisivo libico Al-Tanasuh , ha detto che questa gente aveva precedentemente sostenuto Al-Gheddafi e attualmente sta sostenendo Haftar, accusando sia Al-Gheddafi che Haftar di “avere il sangue sulle loro mani”.

Inoltre, il mufti ha accusato le Nazioni Unite di rivendicare la pace in Libia, ma hanno invece “installato Haftar, che mina la pace nel paese”.

Riguardo alla questione dei migranti, ha detto; “Se l’ONU vuole fermare l’afflusso di migranti in Libia, allora proteggerà i confini della Libia”.

Al-Mudkhali, dovrebbe essere notato, è uno sceicco saudita salafita che crede che l’Islam non consenta l’opposizione ai governanti o che dia loro consigli pubblici.

I suoi seguaci hanno una presenza enorme in Libia e le loro milizie hanno combattuto in diverse battaglie a sostegno di Haftar “.
e da al Jazeera:

“Giorni prima che il generale rinnegato della Libia Khalifa Haftar lanciasse un’offensiva sulla capitale del paese, Tripoli, l’ Arabia Saudita ha offerto decine di milioni di dollari per contribuire a pagare l’operazione, come ha riportato il Wall Street Journal .

L’offerta è arrivata durante una visita di Haftar alla capitale saudita, Riyadh, in vista della sua campagna militare del 4 aprile, ha detto il Journal venerdì.

Citando alti consiglieri del governo saudita, il giornale ha detto che l’offerta di fondi – accettata da Haftar – era destinata ad acquistare la lealtà dei leader tribali, reclutare e pagare combattenti e altri scopi militari.

L’ultimo conflitto nel paese nordafricano contrappone l’Esercito nazionale libico di Haftar (LNA) alle forze alleate al Governo di Accordo Nazionale (GNA) sostenuto dalle Nazioni Unite.

Il GNA controlla Tripoli, situata nella Libia nordoccidentale, mentre l’LNA è alleata di un’amministrazione parallela situata nell’est del paese ricco di petrolio, che si è frammentato in un mosaico di basi di potere in competizione dopo il rovesciamento dell’ex leader Muammar Gheddafi nel 2011.

Crisi della Libia: il combattimento riguarda i residenti di Tripoli (2:18).

Secondo le ultime cifre delle Nazioni Unite, almeno 75 persone sono state uccise nei combattimenti tra le parti in guerra mentre altre 320 sono rimaste ferite. Anche 9.500 persone sono state costrette a lasciare le loro case.

Aerei da guerra su Tripoli Khalil Jahshan, direttore esecutivo del Centro arabo di Washington DC, ha detto che i sostenitori e affiliati di Haftar erano ben noti prima della pubblicazione dell’articolo del Journal.

Diversi paesi del Medio Oriente, tra cui l’Egitto e gli Emirati Arabi, hanno appoggiato Hafter come baluardo contro i gruppi islamisti, in particolare i Fratelli Musulmani, che hanno assunto un ruolo di primo piano in Libia dopo la rivolta del 2011 e hanno continuato a partecipare alla politica libica sotto il governo di Tripoli.

“C’è stato un aumento nel supporto, chiaramente, ma non un cambiamento nel ruolo

 

Continua qui: https://www.controinformazione.info/larabia-saudita-ha-finanziato-il-generale-haftar-in-libia/

 

 

 

 

CULTURA

“Quel 15 aprile 1967…”

Il funerale di Totò

VIDEO QUI: https://youtu.be/LkzUUO_rAHU

La sera del 13 aprile all’autista,Carlo Cafiero,che lo accompagnava a casa a bordo della sua Mercedes, Totò confessò:”Cafie’, non ti nascondo che stasera mi sento una vera schifezza”.
A casa il sorriso di Franca gli restituì un po’ di serenità, ma dei forti dolori allo stomaco lo costrinsero a chiamare il medico, che giunto subito gli somministrò dei medicinali raccomandandogli di stare tranquillo.
Trascorse l’intero pomeriggio del 14 aprile in casa a parlare con Franca del futuro, dell’estate che sopraggiungeva e del suo desiderio di godersi le vacanze a Napoli, sopra Posillipo. A sera consumò una minestrina di semolino e una mela cotta, poi i primi sintomi: tremore e sudore.
“Ho un formicolio al braccio sinistro” mormorò pallidissimo. Franca capì subito: era il cuore. Fu avvertita la figlia Liliana, il medico curante, il cardiologo professor Guidotti, il cugino-segretario Eduardo Clemente.
Gli furono somministrati dei cardiotonici, ma le condizioni non

Continua qui: http://www.antoniodecurtis.com/15aprile.htm

 

 

 

Di cosa è morto Totò

26 aprile 2017

 

Non molti giorni fa è scoccato il cinquantesimo anniversario della morte di Antonio Grifo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfiro-genito Gagliardi de Curtis di Bisanzio, noti a tutti come Totò; il grande artista napoletano si spense a Roma nel 1967, ma ancora oggi i suoi film e e le sue performance riescono a strappare emozioni e risate; la sua eccezionale carriera la conoscono più o meno tutti, ma di cosa è morto Totò?

La carriera del grande artista

Totò (nato a Napoli nel 1898) viene tutt’oggi considerato come il comico italiano più popolare di tutti i tempi: nonostante una carriera lunga e ricca di successi, gran parte della critica cinematografica l’ha rivalutato solo dopo la morte, infatti lui stesso disse che il suo funerale sarebbe stato molto bello perché ci sarebbero stati elogi e grandi paroloni che lo avrebbero descritto come un grande attore, perché l’Italia è un bellissimo Paese dove per essere riconosciuti in qualcosa bisogna morire.

Qualche riga fa è stato fatto un accenno alla sua carriera: giusto per fare qualche

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«Totò, mio nonno»: principe della risata e dei deboli, uomo che sapeva pensare

Parla la nipote dell’attore napoletano, Elena Anticoli de Curtis: «Mi ha insegnato i valori della famiglia e il rispetto del prossimo. Amava il suo lavoro, ma non si dimenticò le sue origini. Ricordava bene la miseria, quella che definì lo Chanel di tutta una vita»

 

di Silvia Morosi

Erano le 7 del mattino del 15 febbraio 1898 quando, al secondo piano del rione Stella, quella che oggi conosciamo come Sanità, in un palazzo appartenuto fino al Seicento al barone Stanislao Campagna, nacque Antonio de Curtis. Figlio illegittimo del principe Giuseppe de Curtis e della giovane Anna Clemente, fu registrato all’anagrafe con il cognome materno, e sarà riconosciuto come figlio dal principe soltanto nel 1941. Solo nel 1946, un anno dopo la morte del padre, il Tribunale di Napoli lo autorizzò a fregiarsi del nome e del titolo di Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Commeno Porfirogenito Gagliardi de Curtis di Bisanzio, Altezza Imperiale, Conte Palatino, Cavaliere del Sacro Romano Impero. Per tutti resterà sempre Totò, il principe della risata, uno scugnizzo che amava fare il bagno negli scogli davanti a Mergellina e, adulto, mangiare davanti a Castel dell’Ovo, perché «aveva bisogno di vedere il mare». A raccontare il lato più intimo del nonno, attraverso i ricordi e i luoghi della sua Napoli, è Elena Anticoli de Curtis, terzogenita di Liliana de Curtis, unica figlia dell’attore, in occasione dell’uscita del libro A Napoli con Totò (edizioni Giulio Perrone) per i 120 anni dalla nascita. Un testo rivolto a tutti: ai potenziali turisti, agli amanti di Napoli, agli appassionati di cinema, a quanti nel Sud Italia riconoscono il valore del sacro e della tradizione popolare, viva ai tempi di Totò e oggi.

 

Un viaggio mano nella mano con l’artista e l’uomo, nato da un’amicizia inaspettata con la giornalista Loretta Cavaricci, coautrice del testo, entrambe a caccia delle proprie radici. Il libro racconta dell’amore di Antonio de Curtis per la sua terra, il lavoro, gli ultimi, dei quali ha sempre preso le difese, Napoli materia prima della sua arte, teatro a cielo aperto di persone e storie. «Era in grado di trasformare la quotidianità in materia per la sua opera: iniziò nei vicoli raccogliendo i topi morti e facendo loro un funerale con carretti giocattolo e bare finte», racconta al Corriere della Sera la nipote. Amava il suo lavoro, ma non si dimenticò mai le sue origini: «Soffrì l’essere bistrattato dalla critica e non apprezzato per quello che era. Ricordava bene la miseria, quella che definì lo Chanel di tutta una vita». Si accontentava di compensi modesti pur di realizzare guadagni immediati, sostenendo che i soldi li preferiva «pochi, maledetti e subito». Si faceva pagare a forfait, e questo ha creato problemi nel riconoscimento dei diritti. «Ci sono giorni che me lo sento ancora addosso e allora mi riprende una paura e la smania di arraffare, arraffare contratti, buoni o cattivi, denaro, perché oggi mi vogliono, domani chi lo sa e io di una realismo così ne ho avuto a iosa», disse. Sono centinaia gli aneddoti che Elena conserva, appresi attraverso i racconti di sua madre, ma anche da libri, fotografie, documenti, oggetti, accessori e, naturalmente dal suo tesoro più grande, donato alla gente: la sua arte, i suoi film. Nata in Sudafrica, trasferita a Montecarlo a 9 anni, in Italia a 18 anni ha iniziato ad accostarsi alla figura del nonno, raccogliendo attraverso l’Associazione Antonio de Curtis-in arte Totò, l’eredità di un personaggio che ha segnato e continua a segnare l’immaginario dell’Italia da Nord a Sud: un attore, e un uomo, che ha saputo interpretare come pochi altri carattere e anima profonda degli italiani.

«Non l’ho conosciuto direttamente, ma mi ha insegnato i valori della vita come la famiglia e il rispetto del prossimo, oltre che l’umiltà e il non giudicare dalle apparenze», spiega timidamente. «È sempre stato presente nella mia vita, come tra gente che parla con le sue battute. Per me è un essere soprannaturale che guardo con rispetto e responsabilità, mi manca il suo bianco e nero. Un angelo custode sulle spalle». Il principe della spontaneità, continua, «andava verso il prossimo e a ognuno chiedeva se voleva favorire di quanto possedeva». Come il caffè sospeso. Un uomo semplice e spontaneo, spiritoso e rivoluzionario, che non aveva mai bisogno di alzare la voce, critico nei confronti di chi vessava i deboli, che aveva a cuore il destino dei più fragili, dei perdenti e degli sfortunati, dei quali spesso assumeva le «sembianze» nei film, mettendo alla berlina chi invece era dedito alla sopraffazione e alla prevaricazione. I caporali dei suoi film, coloro che sfruttano, che tiranneggiano, che maltrattano, che umiliano. Un napoletano a 360 gradi, che «oggi avrebbe cantato per le strade senza imbarazzo, capace di guardare la vita con altri occhi, sempre pronto a ricominciare, senza mai lasciarsi andare alla malinconia. Un uomo che sapeva pensare», ricorda ancora Elena, con le parole di una suora incontrata in un doposcuola del rione Sanità (sotto lo sguardo vigile di un ritratto del nonno, affisso al muro, ndr). La sua comicità pensante, la capacità di regalare una risata e di trovare una morale anche nelle situazioni ironiche lo hanno reso grande. «Quando tornava la sera si nascondeva all’interno del cappotto, dietro la schiena, un sacchetto di gianduiotti, creando una gobba».

Un uomo religioso e riservato: pregava il suo santo, Antonio, e lo «ammoniva» per essere morto il giorno 13. «Una grande mancanza di rispetto», ironizzava, scaramantico. Aveva un attaccamento intimo e pagano alla religione, che Elena ha ritrovato in sua madre: «In casa nostra c’era un altarino con tutti i santi e se qualcosa andava storto, l’immagine de quadretti veniva voltata verso il muro, come un castigo, o messa nei cassetti». Ma con la fede sapeva anche scherzare: sembra che una delle ultime frasi prima di morire sia stata: «Lasciatemi in pace, fatemi morire», «Sto male, portatemi a Napoli», «Ricordatevi che sono cattolico, apostolico, napoletano». Morirà a Roma il 15 aprile del 1967 e verrà ricordato con tre funerali, a Roma e Napoli, e il terzo alla Sanità, in occasione del trigesimo. Il rione dove questo libro ci accompagna, tra vita privata e lavoro dell’artista, nei vicoli della sua infanzia, tra i volti della sua gente che non lo dimentica, nemmeno quando

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CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Le 10 rivelazioni di Assange che hanno cambiato il modo di vedere il potere

 

Nei suoi quasi 15 anni di attività, WikiLeaks ha diffuso oltre 10 milioni di documenti classificati. Tra questi, la maggior parte ha a che fare con piani segreti del governo degli Stati Uniti nei suoi programmi di intelligence, sicurezza e guerra.

 

La fondazione guidata dal detenuto Julian Assange è stata l’avanguardia in termini di informazioni classificate per anni. Tanto che i suoi principali portavoce sono stati perseguitati da governi alleati con Washington come Svezia e Gran Bretagna. Assange stesso è stato rifugiato dal 2012 in una piccola stanza dell’Ambasciata dell’Ecuador a Londra, fino a quando il governo di Lenin Moreno ha smesso di concedergli questo status.

 

  1. Gli archivi di Guantanamo

 

Nel 2007, hanno pubblicato migliaia di documenti sotto forma di manuali e informazioni sul carcere inaugurato dall’amministrazione Bush nel 2002 a Guantánamo Bay, a Cuba. Gli archivi sono pieni di dettagli sui prigionieri e sui metodi di tortura utilizzati quotidianamente contro di loro nell’ambito di un programma di procedure per il trattamento di persone sospettate di essere terroristi. La Croce Rossa ha confermato che non tutti i prigionieri di Guantanamo sono terroristi e le critiche al funzionamento di questa struttura sono aumentate nel corso degli anni. Qui puoi controllare l’archivio di WikiLeaks sull’argomento.

 

  1. Notizie segrete sulle guerre all’Afghanistan e all’Iraq

 

War Diaries è stato lanciato nel 2010 con quasi 400 mila resoconti riguardanti la guerra in Iraq dal 2004 al 2009. Possiamo trovare tutto, dalle attrezzature militari utilizzate dall’esercito USA in dettaglio, alle informazioni sugli obiettivi militari e civili uccisi, più abusi e torture di prigionieri di guerra nei rapporti. Per indagare sui file inviati, clicca qui.

 

  1. Cablegate: una lente d’ingrandimento sulla diplomazia statunitense

 

Nel 2010, WikiLeaks ha lanciato milioni di cable diplomatici scritti tra il 1966 e il 2010 e pubblicati in diversi media internazionali che mostrano le opinioni dei capi della diplomazia di Washington (tra cui Henry Kissinger) e le istruzioni ai loro diplomatici per spiare politici stranieri, meglio noti come CableGate. I cable confermano la battuta: “Perché non ci sono golpe negli Stati Uniti? Perché non c’è un’ambasciata statunitense”. Puoi controllarli qui.

 

  1. Collateral Murder

 

Gli archivi filtrati grazie a Chelsea Manning, nel 2010 WikiLeaks hanno portato alla luce un video dal titolo Collateral Murder che mostra come le forze armate statunitensi sparano dagli elicotteri Apache contro obiettivi civili a Baghdad (capitale dell’Iraq), tra cui un giornalista della Reuters, che cadono fulminati al suolo. La registrazione risale al 2007.

VIDEO QUI: https://youtu.be/5rXPrfnU3G0

  1. I documenti di Stratfor

 

Tra il 2012 e il 2013, oltre 5 milioni di e-mail sono trapelate dall’intelligence

 

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https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-le_10_rivelazioni_di_assange_che_hanno_cambiato_il_modo_di_vedere_il_potere/82_27974/

 

 

 

 

DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI

Accogliere gli immigrati: ecco quanto si guadagna

Accogliere un immigrato fa guadagnare 240 euro al mese che diventano 540 in caso di minore. Ecco si arricchisce

Giovanni Neve – Sab, 06/09/2014                        RILETTURA

 

Per ogni immigrato accolto in un istituto, anche se clandestino, lo Stato elargisce 35 euro, che diventano 45 se è un minorenne non accompagnato.

Ma qual è il loro reale costo della vita all’interno di una struttura? A rispondere alla domanda ci ha pensato Libero.

Il giornale diretto da Belpietro, infatti, ha pensato bene di chiedere agli istituti e agli ospedali alcuni costi, in modo da verificare se i 35 euro che dà lo Stato possano bastare per il mantenimento di un profugo. La risposta è chiara: non solo bastano, ma avanzano anche. Prima di tutto occorre fare una distinzione tra gli istituti che ricevono la beneficenza e quelli che vanno avanti senza alcun tipo di aiuto. Per i primi, naturalmente, il guadagno è anche maggiore, mentre per i secondi il profitto è minore. Comunque parliamo di un “utile” di circa 8 euro al giorno. Come si arriva a questo risultato? È presto detto. Un pasto scolastico o nelle mense cliniche costa, mediamente, 4 euro, e dato che gli istituti forniscono tre pasti al giorno, il totale è di 12 euro. Dopo aver sentito un ospedale lombardo, inoltre, si apprende che il costo per lenzuola e coperte è di circa 2 euro al giorno. A questi vanno aggiunti 2,50 euro di pocket money (il denaro per le piccole spese), e 2,50 euro al giorno (75 euro al mese) per scarpe e vestiti. In più bisogna calcolare le spese di gestione degli edifici – acqua, luce e gas – che ammontano a 6 euro al giorno e le

 

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ECONOMIA

Keynes, così snob così “classico” così (in)influente

Redazione – Dom, 14/04/2019

John Maynard Keynes (1883-1946), purtroppo, è sempre più attuale. E in fondo bene fa Mondadori a dedicargli un prestigioso «Meridiano», che uscirà in libreria la prossima settimana.

È del tutto evidente che per molti anni non vedremo un’operazione simile, che so’ con Hayek, Friedman, Ricossa. Solo per citare tre grandi economisti liberali che non sono mai stati apprezzati dalla cultura mainstream. Troverete tutti gli approfondimenti di questo mondo su Ciano, Petacci, Mussolini, Grandi e chi vi pare a voi, ma un liberista è pur sempre un liberista e le sue ricette adattate oggi sono per definizioni pessime, neoliberiste (e per fortuna che Alberto Mingardi con il suo ultimo libro ha cercato di confutare quest’ultima baggianata).

Ma ritorniamo a Keynes, ai suoi baffi, alla sua eleganza, alla sua capacità di scrittura, alla sua favolosa moglie e ballerina russa, ai suoi giri goderecci. Resta un personaggio epico, ha saputo influenzare generazioni di economisti, di pensatori, gli si deve riconoscere l’invenzione della macroeconomia: oggi anche l’uomo della strada in fondo pensa che basterebbe scavare qualche buca con i soldi pubblici per far ripartire l’economia. Si tratta di una di quelle mostruose idee economiche, nel senso che costano poco, che non moriranno mai. E d’altronde proprio nella Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta che troveremo nel «Meridiano» sarà possibile leggere: «Le idee degli economisti e dei filosofi politici, tanto quelle giuste quanto quelle sbagliate, sono più potenti di quanto

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La grande distribuzione rifiuta la nostra ortofrutta e ci invade di prodotti stranieri. L’attacco della Coldiretti

DI STOPEURO —  11 LUGLIO 2017                   rilettura

“Grande scelta di prodotti ortofrutticoli comunitari ed extracomunitari sui banchi degli ipermercati pugliesi. Stamani abbiamo acquistato uva indiana, pesche, insalate e nespole spagnole, clementine e fagiolini del Marocco. Ci chiediamo se siano più fidati in termini di sicurezza alimentare ed eticità dei rapporti di lavoro i prodotti indiani e marocchini che quelli pugliesi”.

E’ il Presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele, ad elencare i prodotti stranieri venduti sui banchi degli ipermercati pugliesi, proprio nelle ore in cui si stanno rifiutando di ritirare ciliegie pugliesi in mancanza dell’adesione volontaria alla ‘Rete del Lavoro agricolo di qualità’.

“Nella settimana dall’11 al 17 aprile – insiste – il fatturato della GDO è tornato a scendere soprattutto al Sud, con il tonfo dell’1,89% segnato anche in Puglia secondo i dati Nielsen. Evidentemente le politiche esterofile attuate sinora non sono riuscite a stimolare adeguatamente i consumi, nonostante le ‘offerte’ di prodotti civetta. L’enorme quantitativo di prodotto proveniente dall’estero ha trovato molto spazio sui banchi delle catene della grande distribuzione organizzata ed essendo ormai gli ipermercati il veicolo maggiore di

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FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Mentre il Papa critica “l’avidità del denaro”, lo Ior raddoppia gli utili

Di Eugenio Palazzini – 16 Giugno 2017

Roma, 16 giu – “L’avidità del denaro è la radice di tutti i mali”. Fu il monito pronunciato da Papa Francesco nella sua omelia a Santa Marta il 19 ottobre 2013. Il pontefice argentino in quell’occasione colpì i media per aver puntato il dito anche contro i cultori del denaro all’interno della Chiesa: “L’amore per il denaro fa commettere peccati anche a sacerdoti e vescovi. Quando questa avidità prende il sopravvento, ecco che gli uomini diventano corrotti nella mente e privi della verità, e tendono a considerare la religione come fonte di guadagno”. La cosiddetta Banca Vaticana, tecnicamente non lo è ma poco importa, ha voluto parafrasare il messaggio del Papa due giorni fa: il guadagno è fonte della religione.

Lo Ior, l’Istituto per le Opere di religione, ha più che raddoppiato il proprio bilancio nel 2016: l’esercizio si è chiuso con un utile netto di 36 milioni di euro (16,1 nel 2015). Un aumento netto rispetto allo scorso che secondo l’Istituto “è imputabile al miglioramento del risultato dell’attività di negoziazione, alla rideterminazione di una passività stimata nel 2015 inerente l’esposizione fiscale nei confronti di altri paesi ed alla diminuzione delle spese amministrative. La diminuzione del margine di interesse e delle commissioni nette hanno parzialmente controbilanciato il risultato positivo”. Lo dice la nota dello Ior, presieduto da Jean Baptiste de Franssu.

“Noi ci allontaniamo dall’amore di Dio quando andiamo alla ricerca ossessiva dei beni terreni e delle ricchezze, manifestando così un amore esagerato a queste realtà”. Tuonava Papa Francesco lo scorso 26 febbraio in visita alla parrocchia anglicana All Saints. Guai all’amore per la ricchezza, niente ricerca ossessiva dei beni terreni. Probabilmente allora lo Ior non si sarà affannato

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PANORAMA INTERNAZIONALE

Elezioni in Finlandia: boom dei populisti alleati di Salvini

Le elezioni legislative finlandesi sanciscono un sostanziale testa a testa tra socialdemocratici e populisti. Le previsioni rispettate e gli auspici di Matteo Salvini

Giuseppe Aloisi – Dom, 14/04/2019

Arrivano i primi risultati, quelli parziali, delle elezioni finlandesi: un appuntamento importante anche per comprendere cosa accadrà, nel paese scandinavo, quando si voterà per il rinnovo del Paramento europeo.

Un test, seppur parziale, per la tenuta dei partiti tradizionali del Vecchio continente. Secondo i dati che erano arrivati fino a poco fa, il partito socialdemocratico, che guida attualmente un governo di coalizione, si confermava saldo al primo posto, con il 19.1% dei voti. Un risultato positivo, ma non troppo soddisfacente.

La vera sorpresa è costituta dal “partito di coalizione nazionale”, che si piazzava al secondo posto, potendo vantare il 17,2% dei consensi. I Veri finlandesi, che fanno parte del “fronte sovranista”, si fermavano al 15,1%. Vuol dire che, con ogni probabilità, non dovrebbero avere chance di far parte dell’esecutivo. Il populismo, insomma, in Finlandia pareva attecchire, ma non sfondare. Le schede già scrutinate, mentre apprendevamo queste informazioni, erano pari al 35% del totale. A riportarle l’Agi. Poi, però, è arrivato lo scossone, con i Veri finlandesi in recupero e secondi in quello che sarà la classifica finale. Un ribaltamento delle sensazioni iniziali, che è stato confermato pure da Matteo Salvini: “Gli amici ‘populistì del Partito dei Finlandesi diventano secondo partito in Finlandia!!! Il 26 maggio, insieme alla Lega, finalmente si cambia l’Europa”. Questo è stato il commento a caldo del leader del Carroccio.

I sondaggi, nelle scorse settimane, avevano parlato di un affiancamento tra sovranisti e socialdemocratici. Uno scenario che, stando ai numeri attuali, sembra essersi verificato. Ma per i risultati definitivi di queste legislative bisognerà attendere ancora qualche ora. Bene, infine, pure il partito centrista, che può festeggiare per il raggiungimento del terzo posto sul podio delle

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Benedetto XVI: la pedofilia nasce col collasso morale del ‘68

Ratzinger interviene sul tema degli abusi: la ragione per cui il problema ha assunto simili proporzioni in ultima analisi è l’assenza di Dio. Il nodo del Concilio. E ringrazia Francesco

 

IACOPO SCARAMUZZI – 11 APRILE 2019

CITTÀ DEL VATICANO

Il «collasso» dei costumi avviati dalla rivoluzione sessuale del 1968 ed il «processo di dissoluzione del concetto cristiano di moralità», al quale non è estranea la ricezione del Concilio Vaticano II, sono all’origine dell’attuale crisi degli abusi sessuali sui minori nella Chiesa, secondo Benedetto XVI.

In un testo inedito, scritto dopo il vertice voluto da Papa Francesco con i presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo, a febbraio, e pubblicato integralmente in lingua inglese e tedesca da diverse testate (tra le altre, Catholic News Agency Catholic Herald), il Papa emerito torna ad intervenire pubblicamente su un tema di attualità della Chiesa, peraltro sviluppando una diagnosi della pedofilia già abbozzata nella sua lettera del 19 marzo 2010 ai cattolici irlandesi.

Nel lungo articolo, Joseph Ratzinger, che precisa di aver pubblicato queste «note» dopo aver sentito il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin e lo stesso Papa Francesco, esordisce tracciando dapprima un quadro complessivo della società e afferma che «nei venti anni dal 1960 al 1980, i precedenti standard normativi relativi alla sessualità sono collassati interamente, ed è nata una nuova normatività che da quel momento è stata il soggetto di elaborati tentativi di spaccatura». Nella seconda parte «sottolineo gli effetti di questa situazione sulla formazione dei preti e nelle vite dei preti». E nella terza parte «vorrei sviluppare alcune prospettive per una risposta appropriata da parte della Chiesa».

Benedetto XVI si concentra innanzitutto sul «processo preparato da lungo tempo e ancora in corso di dissoluzione del concetto cristiano di moralità» che è stato «segnato da un radicalismo senza precedenti negli anni Sessanta». Il Papa emerito parte da alcuni ricordi personali, come la fila davanti a un cinema porno: «Ricordo ancora di aver visto un giorno, mentre stavo camminando per la città di Regensburg, folle di persone in fila davanti a un grande cinema, qualcosa che avevamo visto in tempo di guerra solo quando c’era qualche discorso ufficiale che si sperava di ascoltare. Mi ricordo anche di essere arrivato in città il Venerdì Santo nel 1970 e di aver visto cartelloni con un grande poster di due persone completamente nude abbracciate. Tra le libertà che la rivoluzione del 1968 ha tentato di combattere c’era la totale libertà sessuale, una libertà che non concedeva più alcuna norma. Il collasso mentale era anche connesso ad una propensione alla violenza. È per questo che sugli aerei non sono erano più ammessi film di sesso perché poteva esplodere la violenza tra la piccola comunità dei passeggeri. E poiché anche l’abbigliamento di quel tempo provocava aggressione, anche i presidi delle scuole hanno tentato di introdurre uniformi a scuola per facilitare un clima di apprendimento. Parte della fisionomia della rivoluzione del ’68 è stata che la pedofilia è stata diagnosticata come permessa e appropriata».

Secondo Joseph Ratzinger, «il vasto collasso della generazione successiva di preti in quegli anni e l’altissimo numero di riduzioni allo stato laicale sono stati una conseguenza di tutti questi sviluppi» e dopo il Concilio Vaticano II (1962-1965) «la teologia morale cattolica ha sofferto un collasso che ha reso la Chiesa indifesa contro i cambiamenti nella società». In particolare «nella lotta del Concilio per una nuova comprensione della Rivelazione, l’opzione della legge naturale è stata in gran parte abbandonata, e si è richiesta una teologia morale basata interamente sulla Bibbia». Alla fine, «è prevalsa l’ipotesi che la moralità fosse determinata esclusivamente dalle istanze umane».

Joseph Ratzinger ricostruisce gli eventi di quegli anni, dalla «dichiarazione di Colonia» firmata da un gruppo di professori di teologia nel 1989 alla «contestazione del magistero della Chiesa» e delle posizioni di Giovanni Paolo II, dall’enciclica Veritatis Splendor alla opposizione del teologo morale Franz Böckle, al quale «Dio misericordioso» risparmiò di andare fino in fondo alla sua contestazione perché morì prima, infine all’idea che «il magistero della Chiesa dovesse avere l’ultima competenza solo in materie relative che riguardavano la fede stessa», una ipotesi che «ha conquistato crescente accettazione» e che ha «probabilmente qualcosa di giusto», senza però scordare che «c’è un insieme minimo di morali che è indissolubilmente legato ai principi fondativi della fede e che devono essere difesi se non si vuole ridurre la fede ad una teoria». Per questo, secondo Ratzinger, «coloro che negano alla Chiesa una competenza di insegnamento finale in quest’ambito la obbligano a rimanere in silenzio proprio laddove sono in discussione i confini tra verità e bugie».

Nella seconda parte del suo contributo, il Papa emerito si concentra sul tema della preparazione al sacerdozio, denunciando una decadenza sempre a partire dagli anni Sessanta: «In vari seminari si erano stabiliti gruppi omosessuali che agivano più o meno apertamente ed hanno significativamente cambiato il clima dei seminari. In un seminario in Germania meridionale i candidati al sacerdozio e i candidati al ministero laico della pastorale vivevano insieme. Mangiavano insieme, sacerdoti e laici sposati accompagnati dalle mogli e dai bambini o occasionalmente dalle fidanzate».

«Il clima nei seminari non poteva fornire sostegno alla preparazione della

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https://www.lastampa.it/2019/04/11/vaticaninsider/benedetto-xvi-la-pedofilia-nasce-col-collasso-morale-del-UcJF02r4VDT39J1JDzcNyH/pagina.html

 

 

 

 

Il vero volto di Mr. Bannon

 

Forse non unico al mondo, ma certamente primo in Italia, il volume collettivo “Inganno Bannon”, edito da Cinabro Edizioni, cerca di smascherare l’ambigua strategia messa in atto dall’ideologo del trumpismo per stringe ancora di più il cappio a stelle e strisce intorno al collo dell’Europa che sorgerà dalla dissoluzione del modello tecnocratico.

www.lintellettualedissidente.it – Daniele Perra – 13 aprile 2019

Il segreto dell’agitatore politico è quello di rendersi stupido come i suoi ascoltatori in modo che questi credano di essere intelligenti quanto lui. Così recita uno dei più celebri aforismi dello scrittore satirico austriaco Karl Kraus. Un motto che sembra calzare a pennello per personaggi come Olavo de Carvalho, Steve Bannon e, sotto certi aspetti, anche Aleksandr Dugin, lasciatosi più o meno volontariamente coinvolgere nella gabbia ideologica del trumpismo a causa di certa retorica isolazionista abilmente sfruttata in campagna elettorale e dalla quale, dopo il più che evidente fallimento di certe aspettative, non riesce ad uscirne nonostante l’elaborazione di astruse teorie geopolitiche come quella dell’Heartland diffuso.

Un motto che sembra calzare a pennello anche per quella strategia neocon di cui Steve Bannon, protagonista/antagonista di questa raccolta di saggi e approfondimenti che spazia dalla geopolitica al tradizionalismo, altro non è che un fine e più avveduto prosecutore. Tale strategia si è infatti sempre fondata su di uno strumentale utilizzo di certe tematiche al mero scopo di costruire consenso ed egemonia. Leo Strauss, padre fondatore di questa particolare teologia ateo-nichilistica, come ben descritto da Gianluca Marletta, uno degli autori di questo ‘pamphlet di battaglia’, insisteva infatti sull’idea che la religione (verità essoterica) dovesse essere consentita alle masse e sfruttata come strumento di potere, mentre la verità esoterica (il nulla, l’assenza stessa di verità) dovesse essere la religione dell’iniziato che, disprezzando le credenze ufficiali, ne simuli al contempo formale adesione per farsi beffe delle masse. Dunque, non sorprende affatto, che in certi ambienti politici sia tutto un agitare vangeli, rosari, crocefissi e un blaterare di presunti valori giudaico-cristiani condivisi dall’intero mondo occidentale.

Quella bannoniana, tuttavia, è un’evoluzione più astuta, pragmatica (in puro stile nordamericano) e dinamica del neoconservatorismo. Questo modello ideologico-culturale, fondato sullo sfruttamento di concetti chiave del pensiero europeo volgarizzati (diremmo ‘americanizzati’) e privati della loro autenticità, trova facile presa in una Europa il cui vero essere (inteso in termini heideggeriani) è in stato di latenza ed il cui spirito sembra totalmente azzerato: una condizione di oblio dovuta ad oltre due secoli di progressismo culturale, di decenni di egemonia nordamericana, ed un ventennio di dittatura liberal-tecnocratica.

Bannon, astuto plagiaro, quasi un secolo dopo Carl Schmitt (ampiamente marginalizzato dagli studi accademici nell’Europa odierna), si è reso conto dell’intrinseca inconciliabilità tra liberalismo (ideologia totalitaria e culturalmente razzista) e democrazia. L’ex animatore di Breitbart News ha infatti costruito l’intera corsa elettorale del magnate newyorkese alla Casa Bianca sul rigetto dei paradigmi global-progressisti sui quali si era fondata la dottrina Obama-Clinton, e su di un rinnovato isolazionismo di cui ad oggi, dopo tre anni, ancora non si vedono tracce.

Così, l’elezione di Donald Trump venne salutata con gioia, anche da molto poco avveduti analisti geopolitici europei, come un passo verso la distruzione di quell’odiato ordine liberal-globalista, prodotto dell’istante unipolare post Guerra Fredda, i cui esiti più infausti sono stati i cosiddetti ‘bombardamenti umanitari’, l’ordoliberismo economico e la sottocultura immigrazionista volta ad abbracciare in toto il fenomeno migratorio come inevitabilità storica ignorandone le reali cause.

E così, chi oggi si schiera contro il trumpismo, nonostante questo abbia dato prova di essere ben poco differente rispetto ai suoi predecessori, viene inevitabilmente tacciato di ‘globalismo’, nel migliore dei casi, e di essere un agente ‘sorosiano’, nel peggiore. In questo consiste il principale successo dell’operazione bannoniana; nell’essere riuscita a polarizzare uno scontro tra due fazioni all’interno del medesimo sistema: il sovranismo (contenitore dentro il quale vengono fatti confluire fenomeni diversissimi tra loro e che dunque ben

 

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POLITICA

Il crollo della sinistra europea

21 MAGGIO 2018             RILETTURA

Il modello partitico socialdemocratico ha raggiunto il punto più basso della sua storia. In Europaproliferano i cosiddetti “populismi”. Gli operai, il ceto medio, gli statali: le categorie politiche tradizionalmente ascrivibili a quell’universo politico, cercano risposte diverse, più pragmatiche, alle domande di sempre.

 

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Gli elettori che abitano nelle periferie delle grandi città si sentono abbandonati. I “centri metropolitani”, le concentrazioni cittadine in cui vengono governati i processi della globalizzazione, sono gli unici luoghi dove la sinistra europea continua a mietere consensi. A dirlo sono i flussi elettorali.

 

L’establishment neoliberal,

come segnalato da Cristopher Lasch nel suo La rivolta delle élite,

è “slegata” dai processi produttivi, dal “sentore popolare” e dalle priorità

di quelli che erano soliti andare a votare con il garofano sul cannoncino della camicia. L’appiattimento sull’economia finanziarizzata non ha pagato.

Non si tratta di casi isolati. Il collasso elettorale interessa l’intero territorio coperto dall’Unione europea. La Francia si è dovuta “inventare” Emmanuel Macron per impedire al Front National di salire al governo. Altrimenti, con i soli partiti tradizionali in campo, sarebbe stato un trionfo lepenista targato Marine. Gerhard Schröder doveva riformare il modello di stato sociale tedesco. La sua creatura politica è stata “costretta” a un’alleanza di governo con la Merkel, una nemesi, dopo aver fatto registrare il peggior risultato elettorale dalla fine della Seconda guerra mondiale. L’artefice di questo disastro ha un nome e cognome: Martin Schultz.

Benoit Hamon, il successore di Hollande per le presidenziali francesi, è arrivato quinto: 6% dei consensi. Alle successive elezioni per l’Assemblea Nazionale, il Ps ha preso il 7% dei voti: venti punti in meno rispetto al precedente elettorale per Parlamento transalpino. Parte del consenso perso è finito nelle “sacche” di En Marche! Il partito di Macron, però, ha poco a che fare con le piattaforme socialdemocratiche. Un partito liquido, che guarda più al centro che a sinistra. Stando alla definizione di Giovanni Sartori, si potrebbe parlare di “partito pigliatutto”.  Gli elettori di sinistra si sono rifugiati per lo più in Jean – Luc Mélenchon e nella sua “France Insoumise”. Segno di come la questione del capitale, riletta in chiave marxista, sia percepita come ancora attuale.

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La storia, quella che per Francis Fukuyama doveva essere finita con il trionfo

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STORIA

Quella profezia di Bettino: “L’euro impoverirà l’Italia”

In un libro gli inediti del leader Psi sulla politica estera I sospetti su Prodi amico dei golpisti anti Gorbaciov

Stefano Zurlo – Mar, 02/10/2018

Col senno di poi paiono profezie. Fra gli anni Ottanta e Novanta Bettino Craxi tornò più volte sull’Europa e sull’euro, mettendo in guardia dalla retorica delle magnifiche sorti e progressive.

Craxi osservava con la matita rossa limiti e scricchiolii di un’integrazione complessa e difficile e lanciava avvisi ai naviganti quasi sempre caduti nel niente. Temi spinosissimi che affiorano dalle pagine del libro Uno sguardo sul mondo, in uscita da Mondadori il 9 ottobre: una raccolta degli appunti e degli scritti di politica estera del leader socialista scomparso nel 2000. Più alcuni documenti internazionali su di lui. In quelle pagine c’è un po’ di tutto. Gli euromissili e i rapporti fra de Benedetti e l’Urss. Il nodo iracheno e il ruolo dell’Italia nell’Alleanza atlantica. Il caso Ocalan e l’eterna crisi mediorientale. Ma quel che più colpisce è il corposo capitolo che riguarda il cantiere europeo. Craxi, con le sue potenti antenne, elabora in anticipo le critiche che oggi sono diventate moneta corrente e pone domande cui nessuno finora ha risposto.

L’euro non sarà un miracolo

Fra l’86 e l’88, come nota Nicola Carnovale, segretario della Fondazione Craxi e autore della prefazione, il leader Psi «torna a riflettere sulla fanfara europeista italiana mettendo a fuoco i limiti e pericoli rappresentati da una visione acritica dell’Europa». «Euforia ulivista in Italia – ironizza Craxi nelle sue carte – Il candidato della Spd alla cancelleria Gerhard Schröder è di tutt’altro avviso. E Craxi riprende le sue parole: «L’Unione monetaria fatta in modo precipitoso è condannata a una nascita prematura, malaticcia». Ancora, sempre giocando il paragone con il bebè in fasce: «Perché un piccolo nasca e faccia la gioia dei suoi genitori, noi dobbiamo curare rapidamente le condizioni politiche adeguate e innanzitutto degli standard paragonabili in materia di politica fiscale, sociale e dell’ambiente. Diversamente – prosegue Craxi – si porrà il problema della concorrenza: chi è pronto a lavorare per salari più bassi e peggiori prestazioni sociali?»

L’Europa è in ritardo

Ma non è solo l’euro che sbanda prima di venire al mondo. È l’Europa ad essere in ritardo, come il segretario del Psi sottolinea in un convegno del Pci nell’aprile ’88: «Sarà difficile per tutti porre argine a ridurre le sacche della disoccupazione se non si vaglierà adeguatamente tutta l’importanza della dimensione sociale nel processo di integrazione economica. Rispetto a questi problemi tutta l’Europa è in ritardo e la stessa scadenza del 1992, con l’attuazione del mercato unico, non fa che sottolineare la necessità e l’urgenza di una rinnovata attenzione ai problemi dell’europeismo».

La paralisi europea

«I dirigenti europei – scrive Craxi – hanno tenuto un vertice per quasi niente». Sembra il 2018 e invece siamo all’indomani del Consiglio europeo tenutosi a Vienna l’11 e il 12 dicembre 1998. Craxi è sferzante: «Uno spruzzo di sociale. Un giro di pista sul finanziamento della Comunità. Qualche accenno alla detassazione e un pranzo con i candidati all’ingresso nell’Unione». Non c’è altro da segnalare. Ma per l’allora primo ministro lussemburghese e oggi numero uno della Commissione Jean-Claude Juncker «non si può inventare il mondo tutti i giorni». Certo, il problema è se non si inventa mai niente. Così si va avanti con discussioni defatiganti su dossier specifici che peraltro

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