TAIWAN E IL CONSENSO INTERNO DELLA CINA

TAIWAN E IL CONSENSO INTERNO DELLA CINA

di Manlio Lo Presti (scrittore ed esperto di banche e finanza)

Sul piano economico, Pechino continua ad acquistare tutto ciò che vuole pagando le merci di Taiwan prevalentemente tramite intermediari di Hong Kong e/o Singapore e certamente a prezzi di favore. L’operazione militare avrebbe costi economici notevoli e costi sociali incalcolabili se pensiamo ai rapporti di parentela esistenti fra i cinesi di entrambe le sponde.
Il disegno cinese di invasione dell’isola è sorretto da una base ideologica. L’attuale gruppo dirigente appare in difficoltà in tema di politica interna. Lo confermano le centinaia di arresti giornalieri, l’incremento delle fucilazioni, l’incremento vertiginoso di dispositivi di sorveglianza in tutto l’impero giallo, e un sostanzioso rallentamento dell’andamento economico.
Pochi dimenticano o più probabilmente occultano, che la Cina moderna si concentra sulle coste mentre all’interno permangono vaste zone di arretratezza. Il titanico sforzo per garantire livelli di vita accettabile ad un miliardo e mezzo di umani non è stata un’operazione da poco. Contrariamente a quanto la propaganda angloamericana diffonde è la Russia che sostiene la Cina e non il contrario. Il motivo è quello di accusare la Russia di qualsiasi cosa per 76 ore al giorno, secondo i dettami della dottrina Nato aggressiva e non difensiva e di fare della Cina uno spauracchio per far abbassare le penne ad alcuni Stati asiatici che cercano di sottrarsi all’adempimento di futuri impegni militari nell’area.
Tutto ciò premesso, l’invasione dell’isola è necessaria per dare in pasto alle opposizioni interne di Pechino un successo militare indiscutibile. Lo schema è antico e continua ad essere pericoloso. Le dichiarazioni Usa di inviare risorse militari in Asia costituirebbe un ulteriore gravame per l’attuale amministrazione Usa totalmente ostaggio della Nato a sua volta teleguidata da un ristretto numero di mega imprese mondiali interessate alle risorse della Russia. La pressione Nato potrebbe avere maggiore presa su un governo americano in scadenza e con un peso politico in caduta libera ed un premier inglese in bilico per le sue posizioni granitiche sui migranti da deportare in Ruanda e molti dei quali relegati a marcire in ex petrolieri usate come campi di raccolta galleggianti.
Nell’inopportuno convegno tenutosi al Senato il 14 dicembre 2023 gli angloamericani e i suoi vassalli come la ex-italia, sperano nello spezzettamento in 26 staterelli che finirebbero per subire le ricette ultraliberiste del Fondo monetario internazionale. Si ipotizzerebbe una Russia esposta al selvaggio saccheggio delle sue risorse naturali. Video qui: https://www.radioradicale.it/scheda/715607/i-vantaggi-di-un-mondo-post-russia. Nel frattempo, anche a Mosca continua da tempo una accurata operazione di “pulizia” dei vertici da coloro che avrebbero intenzione di giocare su due tavoli sperando di ottenere maggiori vantaggi personali dalla disgregazione russa. I tempi di Eltsin sono finiti e l’attuale compagine dirigente di Mosca è più attenta perché la perdita di autonomia questa volta significherebbe l’immediata estinzione del Paese. L’azione della Nato e dei colossi multinazionali tecnologici e soprattutto finanziari porterebbero alla totale estinzione fisica di ben 185 milioni di russi in pochi anni. Ad oggi, è un obiettivo scritto nel libro dei sogni, con buona pace del finanzcapitalismo violento angloamericano e della Nato.