RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 9 LUGLIO 2020

https://www.mereasy.com/2019/08/30/la-statua-di-apollo-e-dafne/?lang=it

RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI

9 LUGLIO 2020

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

La cosa principale , dovunque, è quella di di dubitare di cose che adesso vengono credute senza ulteriore indagine

GEORG Ch. LICHTENBERG, Osservazioni e pensieri, Einaudi,1966, pag. 158

 

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La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.

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SOMMARIO

Rompere la bolla mediatica che ci opprime
MIRANO AL FALLIMENTO DELLO STATO ITALIANO
Vacanze: in Italia 31 milioni di turisti in meno quest’anno
Capestro Mes: quello che Conte, Monti e l’Ue non ci dicono
Malati di COVID inviati alle case di riposo? Il terribile sospetto di un’inchiesta de Il Giornale
«APOLLO E DAFNE» DEL BERNINI: UN ATTIMO DI BELLEZZA ETERNA
Il social distancing (DISTANZA SOCIALE) nella salute durante e dopo la pandemia
Trasformeranno in vittime persino i Benetton
Siria, militari russi denunciano: islamisti pronti a provocazioni nella provincia di Idlib
BREVE STORIA DEI TEMPLARI IN CROAZIA
L’Industria del consenso e la manipolazione delle coscienze
ROUBINI: LA DEPRESSIONE NON E’ UN PROBLEMA DEL 2020, MA DI TUTTI GLI ANNI VENTI….
MES, Gualtieri: l’Italia lo utilizzerà se necessario
SCANDALO WIRECARD: SI CUMULANO 30 MILA CAUSE CONTRO ERNST & YOUNG
CONTINUA LA FEBBRE DELL’ORO E COLPISCE ANCHE LA GERMANIA
Mercati finanziari sempre più dissociati dall’economia reale
Esodo e soggiorni domiciliari estivi dei boss
L’IDEOLOGIA DEL PARTITO DEI PM SE NE FREGA DEI FATTI
Magaldi: Trump salvi l’Italia, se ci tiene ai voti progressisti
Gli Usa fuori dall’Oms: Trump sfida la mafia del coronavirus
Geopolitica del Coronavirus
Giuseppe Conte, Stati Uniti e Merkel vogliono un cambio a Palazzo Chigi: contatti col Quirinale
Uno scenario politico e umano desolante: perché?
La scienza non è democratica. Semmai teocratica

 

 

EDITORIALE

Rompere la bolla mediatica che ci opprime

Manlio Lo Presti – 9 luglio 2020

Le notizie diffuse sono scelte sa una selezione che viene compiuta dalle redazioni che evidenziano un fatto rispetto ad un altro secondo criteri politici, economici, occulti, perché sotto ricatto, ecc. ecc. ecc.

Ad esempio: perché una catena Tv sceglie di parlare di un omicidio rispetto alle migliaia che accadono nel corso di un mese?

Perché parlano di femminicidi e non citano nemmeno un maschicidio fra le centinaia che avvengono in un anno?

Perché la notizia viene sparata con titoloni sensazionalistici sapendo che saranno solo quelli ad essere letti dal 99% dei destinatari? Perché le notizie non informano ma servono per minacciare ben precisi destinatari?

Lo scopo di quanto appena descritto è quello di non far capire nulla al cittadino che deve essere disorientato, calpestato, schiacciato da una melassa di ovvietà e notizie irrilevanti, da una marea di scontri verbali in Tv, da opinioni divergenti fornite dagli esperti che litigano in continuazione.

Sarà quindi necessario cercare di diffondere notizie sostenute da documentazione reperibile e leggibile con facilità dai cittadini lettori.

Diventa particolarmente importante fornire ad ogni notizia di economia e finanza la visura camerale di tutte le società coinvolte dalla informazione  per portare a conoscenza di tutti la composizione degli organi dirigenti, anche se spessissimo sono dei prestanomi.

Dovrebbe fornirsi la biografia dei parlamentari citati reperibile sui siti istituzionali.

Basta poco per fare quanto appena detto. Ma poi, dove va a finire il sensazionalismo in un tempo nel quale la gente (superficiale) legge solo i titoli perché “manca il tempo”!

La fretta ossessiva fa perdere lucidità di analisi e quindi di giudizio che sono giocoforza sostituiti dalle pulsioni emotive, dalla rabbia, dall’odio, dai pregiudizi e, soprattutto, dalla paura.

Come al solito, le vere trasformazioni non verranno mai dalle strutture esterne, ma iniziano da noi stessi quando incominceremo ad analizzare le notizie e – nei limiti del possibile – cercandone ripetutamente le fonti. Cominciare da gesti personali significa far partire un processo di immunizzazione contro la deformazione percettiva delle bolle mediatiche che ci martellano.

Avanti quindi con questo atto di ribellione: troviamo il tempo per leggere con calma, per riflettere.

La FRETTA, scambiata per dinamismo, efficienza manageriale, ecc. ci renderà perdenti in partenza …

PROVOCAZIONE: da domani, invece di abbonarci ad una Tv a pagamento, acquistiamo il servizio di informazioni della Camera di Commercio. Credetemi, troverete una marea di notizie sensazionali che tutte le reti nascondono. Insomma, impareremo ad usare il periscopio per vedere il mondo reale …

 

 

 

IN EVIDENZA

MIRANO AL FALLIMENTO DELLO STATO ITALIANO

– Alberto Bagnai a #Byoblu24

167.473 visualizzazioni
10 apr 2020
Assistiamo allo sfacelo del nostro Paese, senza capire perché il Governo non faccia nulla. Quello che hanno accettato all’Eurogruppo è semplicemente la posizione che Germania e Olanda hanno comunicato (“comunicato”, non “proposto”). Non si può andare ai tavoli negoziali come turisti del dibattito. Ci sono forze che da sempre ci odiano, vogliono distruggerci: è un fatto umano e prima lo si capisce, prima si impara a negoziare. Quello che vogliono è il fallimento dello Stato italiano. Hanno approvato il MES senza condizionalità (in italiano si direbbe senza “condizioni”) solo per quanto riguarda le spese in ambito sanitario, ma è evidente che è un trucco. Noi non abbiamo più bisogno di spendere in ospedali, perché siamo nella fase discendente del picco. Quello di cui abbiamo bisogno è di sostenere l’economia, di dare i soldi alle imprese, di dare i soldi alle famiglie perché comprino da mangiare. Se useremo i soldi del MES a questo scopo, allora potranno chiedere e ottenere la ristrutturazione del debito italiano. E avranno raggiunto l’obiettivo tanto ambito: il fallimento di un intero popolo. Torna Alberto Bagnai, presidente della Commissione Finanze del Senato, a #Byoblu24, intervistato da Claudio Messora. E sono parole che fanno male.
VIDEO QUI: https://www.youtube.com/watch?v=7L9Qg65Ex4A
FONTE:https://youtu.be/7L9Qg65Ex4A

Vacanze: in Italia 31 milioni di turisti in meno quest’anno

8 Luglio 2020, di Alessandra Caparello

Gli effetti della pandemia dal Covid continuano a farsi sentire in vari settori tra cui quello turistico.  Secondo Tourism Economics, i flussi turistici internazionali dovrebbero diminuire del 39% in Europa nel 2020 rispetto allo scorso anno quando il turismo internazionale aveva rappresentato il 35% della spesa per turismo in Europa e le esportazioni di servizi turistici avevano generato un fatturato di 428 miliardi di euro nell’Unione europea, ovvero il 2,6% del PIL dell’area.

Come si legge nel Report sul settore turistico europeo (e italiano) a cura di Jesus Castillo, Senior Economist di Natixis, solo nel nostro Paese è prevista una perdita di 31 milioni di turisti nel 2020 con una perdita che equivale al 5,2% del PIL italiano, pari a 1 milione di posti di lavoro in meno.
Certo, si legge nel report, l’importanza del turismo internazionale varia fra i diversi paesi d’Europa tanto che in Italia, gli europei rappresentavano il 70% dei turisti internazionali (67,9 milioni di persone).

Il rapporto tra la spesa media per visitatore mostra quali nazionalità spendono di più. Per esempio, i turisti provenienti da Paesi più distanti (in particolare dalla Cina, dal Giappone, e dagli Stati Uniti) spendono di più al giorno e per persona rispetto ai turisti di altre origini geografiche. Sebbene arrivino meno turisti da questi Paesi in termini di volumi, essi contribuiscono relativamente di più in termini di fatturato rispetto ai turisti europei. Questo è particolarmente vero per i viaggiatori che arrivano in Francia e in Italia.

Nel dettaglio il pernottamento alberghiero è la più grande voce di consumo tra i turisti non residenti in Italia e Francia (oltre il 30% della spesa turistica non residente nel 2018). Inoltre, i turisti non residenti tendono a spendere di più per questo rispetto ai residenti in tutti e tre i Paesi. In Spagna, ad esempio, la spesa media giornaliera per alloggio nel 2019 è stata di € 112 per i turisti residenti, rispetto a € 197 per i non residenti. Si può quindi prevedere che la ricettività turistica sarà particolarmente colpita dalla caduta dei flussi turistici internazionali. Alcuni segmenti favoriti dai turisti internazionali rischiano di essere colpiti più duramente da questo autunno, in particolare alloggi di mercato e hotel di fascia medio-alta.

La perdita di turisti impatterà anche in alcuni settori indirettamente collegati come ad esempio per i ristoranti visto che la spesa dei turisti internazionali costituisce una quota maggiore delle loro entrate rispetto a quella dei turisti residenti.
I Paesi più colpiti potrebbero essere prima la Spagna, poi l’Italia a causa dell’elevato numero di posti di lavoro in questo settore (oltre 1,2 milioni e quasi 1 milione di posti di lavoro, rispettivamente).

Turisti italiani scelgono il Belpaese

L’89% dei turisti italiani ha dichiarato che  quest’anno trascorrerà le vacanze in Italia. Secondo Bluepillow, oltre la metà degli italiani afferma di voler andare in vacanza quest’estate: l’89% vuole rimanere in Italia.
In Italia e Francia, i turisti domestici continuano a rappresentare la maggior parte della spesa (62% o 103,7 miliardi di euro in Francia e 58% o 68 miliardi di euro in Italia nel 2017), il che potrebbe frenare le perdite del settore.

La spesa all’estero di turisti francesi e italiani, che potrebbero essere parzialmente recuperati quest’anno dal turismo domestico, è stimata rispettivamente a 36,7 e 27,1 miliardi di euro (rispetto a una perdita di entrate internazionali di 23 e 21 miliardi di euro, rispettivamente, secondo alle nostre stime).

FONTE:https://www.wallstreetitalia.com/vacanze-in-italia-31-milioni-di-turisti-in-meno-questanno/

 

 

 

Capestro Mes: quello che Conte, Monti e l’Ue non ci dicono

L’obiettivo del Mes? Farci diventare debitori contro la nostra volontà. Non innanzitutto per ragioni economico-finanziarie (i soldi che mancano), ma squisitamente politiche.

Lo spiega al “Sussidiario” Augustín José Menéndez, docente di diritto pubblico e comparato nell’Università Autonoma di Madrid. E il progetto si sta realizzando, scrive Federico Ferraù: finora Conte ha preso tempo, sul Mes, ma forse non aveva calcolato la resistenza interna di una parte dei 5 Stelle. «È vero, ci sarebbe il soccorso di Berlusconi. Ma il Parlamento risulterebbe nettamente diviso, proprio alla vigilia del Consiglio Ue del 16-17 luglio, un appuntamento cruciale perché si parlerà del prossimo bilancio europeo. E sarebbe un vero guaio, per Conte, parteciparvi con un consenso dimezzato e il partito – i 5 Stelle – che lo ha messo a palazzo Chigi diviso al suo interno». A svelare in modo sorprendente la debolezza del governo è stato Mario Monti, con un articolo uscito il 1° luglio sul “Corriere della Sera”. Monti, riassume Ferraù, ha suggerito a Conte di prendere tempo, facendosi dare un mandato parlamentare in cui il Mes venga solo menzionato, senza un rifiuto pregiudiziale. In questo modo – secondo Monti – il governo può guadagnare tempo, permettendo al Mes di perdere «alcuni dei suoi aspetti totemici», facendo «prevalere il pragmatismo».

Menéndez, ricorda Ferraù (che l’ha intervistato), è coautore di un recente saggio dedicato proprio al Fondo salva-Stati. Titolo: “Mes. L’Europa e il trattato impossibile”. Tra le altre cose, scrive sempre il giornalista del “Sussidiario”, si spiega bene che il Augustín José MenéndezMes “light” non esiste: il Meccanismo Europeo di Stabilità è stato concepito come strumento del creditore per controllare politicamente il debitore, e tale è rimasto. «Avere il sostegno di una maggioranza “bipartisan” nel Parlamento nazionale è sempre una risorsa nelle trattative europee», premette Augustín José Menéndez, a proposito della sortita di Monti sul “Corriere”. Ma perché non approfittare della controversia per riformare le regole europee, coinvolgendo altri paesi? Al di là delle rassicurazioni di Romano Prodi sul carattere innocuo del Mes “sanitario”, «il quadro normativo del diritto europeo sull’assistenza finanziaria rimane invariato, e quindi la condizionalità non è diventata un “optional”», avverte il professor Menéndez. «È un bene che i dirigenti europei leggano più Keynes e meno Alesina. Ma se le cose stanno così, la domanda da fare è perché, invece di fare dichiarazioni politiche, non approvano un bell’emendamento alle norme europee che richiedono la condizionalità?».

«Se un paese accetta il Mes, il prestito sarà senza condizioni», assicura il tedesco Klaus Regling, gestore del Fondo. Le condizionalità sembrano sparite con il Pandemic Crisis Support (Pcs) o Mes sanitario. Tuttavia, osserva Ferraù, anche la dichiarazione di Regling assomiglia a una “condizionalità”: far accettare il Mes ai paesi, come l’Italia, che fanno resistenza. «Tutte le relazioni di credito sono relazioni di potere», conferma Menéndez. «Pertanto, quando viene instaurata una relazione creditizia su insistenza del creditore e con grande riluttanza da parte del debitore, sembra giustificato chiedersi il motivo per cui il creditore attira il debitore in modo così insistente. Tutto il meccanismo dell’assistenza finanziaria nell’Eurozona – aggiunge Menéndez – è orientato a creare un fortissimo vincolo esterno sul debitore controllato dai creditori». Forse le intenzioni di tanti politici europei sono cambiate, «ma le norme e le strutture istituzionali rimangono quelle che si sono create Mario Montidieci anni fa». E quindi: «Le parole se le porta via il vento, mentre le norme giuridiche rimangono». Nello specifico, il regolamento Ue prevede una «sorveglianza rafforzata» sul paese debitore, e a certe condizioni «non esclude l’eventuale imposizione di un programma di “aggiustamento” macroeconomico».

In pratica, spiega sempre Menéndez, significa che le condizioni “leggere” inizialmente stabilite «possono rapidamente evolvere nella direzione di una condizionalità ben più incisiva». In altri termini, anche aderendo al Mes sanitario, il rischio del temuto “aggiustamento” macroeconomico c’è ancora, così come l’ipotesi della “ristrutturazione” del debito pubblico italiano (e cioè: tagli devastanti alla spesa pubblica). Ricorda il professore: se la Commissione Ue ritiene che sono necessarie «ulteriori misure», e che la situazione economico-finanziaria dello Stato in questione abbia «importanti effetti negativi sulla stabilità finanziaria della zona euro o dei suoi Stati membri», l’autorità europea «può raccomandare allo Stato membro interessato di adottare misure correttive precauzionali o di predisporre un progetto di programma di aggiustamento macroeconomico». Il problema non sono i 36 miliardi della linea di credito del Mes, chiarisce Menéndez: «L’obiettivo del Fondo salva-Stati e di chi lo difende è rafforzare il Angela Merkel con l'olandese Mark Ruttevincolo esterno, che l’appartenenza all’Eurozona già implica, aggiungendo una nuova leva di controllo».

La cosiddetta “governance” economica europea, dice ancora Menéndez, è un mare di norme informali «fatto di guidelines, memoranda of understanding, letters of intention e via dicendo». Sembra tutto molto “chic”, «ma questa informalità ha un prezzo salatissimo». Quale? «La sicurezza», spiega il professore. «Ricordiamoci che i famosi memoranda of understanding ai quali si condizionò l’assistenza finanziaria a Grecia o Portogallo erano riscritti ogni sei mesi appunto perché “flessibili”. I creditori potevano dettare le condizioni a loro volontà, senza essere vincolati neppure a delle condizioni anteriori». Domani, altri commissari potranno cambiare le condizioni del Mes sanitario. Perché allora non modificare regolamenti e trattati? Menéndez critica «la complessità del processo decisionale europeo», che spiega anche «la frequenza delle decisioni emergenziali», oltre che il ricorso a quella strana “informalità” delle prescrizioni. Di fatto, ribadisce Menéndez, l’Italia ha di fronte “gendarmi” come la Germania e l’Olanda: è altamente improbabile, conclude, che i governi dei paesi cosiddetti “frugali” possano dire sì a una proposta di emendamento dei regolamenti.

FONTE:https://www.libreidee.org/2020/07/capestro-mes-quello-che-conte-monti-e-lue-non-ci-dicono/

 

 

 

Il Giornale pubblica un’esclusiva in cui si accusa un episodio che, se verificato, risulterebbe sconcertante ma spiegherebbe anche la strana incidenza di infezioni da SARS-CoV-2 proprio nei luoghi di maggiore rischio.

L’inchiesta giornalistica è stata svolta alla Residenza sanitaria assistenziale (RSA, casa di riposo per anziani) Madonna della Bomba Scalabrini, a Piacenza.

Dei cento ospiti, tutti sopra i 90 anni, dall’inizio della pandemia, tra i 25 e 30 hanno perso la vita. Normale flusso a quell’età? No, è lo stesso direttore Paolo Cavallo a dover ammettere che l’incidenza è stata molto più alta del normale. Difficile per altro attribuire tutte le morti alla concomitanza del COVID-19 dato che non a tutti gli ospiti della struttura è stato fatto il tampone. Tuttavia, sulla decina di test eseguiti, ben otto sono risultati positivi. Chiaro quindi che li virus nella struttura sia non solo entrato, ma abbia anche dilagato.

Allorché l’epidemia all’interno della struttura divenne una certezza, non più un sospetto, questa venne interdetta al pubblico, ma quando oramai era troppo tardi, tristemente racconta Cavallo agli intervistatori. Il punto è, sono gli stessi responsabili della struttura a lamentarlo, che molto probabilmente l’infezione sarebbe stata lasciata entrare nel modo più maldestro possible:

“Ci hanno mandato degli ospiti, non con patologie importanti, ma con sintomatologia Covid”.

Non è peraltro un mistero che la Guardia di Finanza si sia presentata proprio ieri alla Regione Lombardia per acquisire i documenti sulla gestione delle case di riposo e che in precedenza una direttiva, sempre della Regione, abbia chiesto alle strutture se fosse stato possibile accogliere pazienti di Coronavirus dimessi dagli ospedali.

L’accusa implicita dell’inchiesta è quindi chiara – inviare pazienti di COVID-19, pur se dimessi, in strutture in cui vengono ospitati i pazienti più a rischio in caso di infezione appunto da COVID-19, forse non è stata una buona idea.

D’altra parte anche nel caso in cui l’infezione non fosse entrata per quel motivo lì, le altre ipotesi non sembrano meno preoccupanti e rivelatrici di una certa, quantomeno, scarsa attenzione per quelle categorie invece più a rischio.

“Noi abbiamo circa 80 persone che lavorano qui dentro. Persone che entrano ed escono, incontrano familiari, circolano. Nessuno di loro, tuttavia, è mai stato sottoposto a tampone”, ha rivelato lo stesso direttore della RSA.

“In una struttura come la nostra, l’impatto delle morti tra i nostri anziani è stato molto forte, non solo dal punto di vista sanitario, ma soprattutto delle relazioni tra di noi: in una casa come questa si stabiliscono dei rapporti tra ospiti e personale, che sono quasi familiari”, ha detto Don Campisi che dedica la sua missione alla cura degli anziani e che ha spiegato commosso come in questi momenti senta il proprio lavoro e tutti gli sforzi andare perduti.

FONTE:https://it.sputniknews.com/italia/202004168977486-malati-di-covid-inviati-alle-case-di-riposo-il-terribile-sospetto-di-uninchiesta-de-il-giornale/

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

«APOLLO E DAFNE» DEL BERNINI: UN ATTIMO DI BELLEZZA ETERNA

Non appena si fa il nome di Gian Lorenzo Bernini (1598-1680), tra i massimi esponenti del Barocco romano, chiunque pensa subito a imponenti statue di marmo che lasciano senza fiato per la loro formidabile plasticità. Una tra le più famose è Apollo e Dafne, realizzata tra il 1622 e il 1625 e conservata a Roma, alla Galleria Borghese.

«Apollo e Dafne» di Gian Lorenzo Bernini: analisi dell’opera

Il soggetto di Apollo e Dafne del Bernini è ispirato alle Metamorfosi di Ovidio, in cui si racconta che la ninfa Dafne, per sfuggire alle attenzioni indesiderate del dio Apollo, supplicò suo padre, Peneo, di trasformarla in un albero. Fu dunque tramutata in alloro, che da quel momento diventò la pianta prediletta di Apollo.

In linea con il gusto barocco dell’epoca, Bernini sceglie di rappresentare, in una sorta di “fermo immagine”, il momento di massima tensione drammatica: vediamo Apollo che riesce ad afferrare Dafne proprio nell’istante in cui è cominciata la sua metamorfosi in alloro. La tensione è accentuata dal dinamismo delle forme: Apollo si protende verso Dafne, prova (invano) a trattenerla, mentre lei sembra fare di tutto per sfuggirgli. I movimenti contrapposti dei loro corpi sono rappresentati su due assi obliqui.

Leggi anche:
Fenomenologia di un rapimento: “Estasi della Beata Ludovica Albertoni” del Bernini

La bellezza dell’opera non deriva, però, soltanto dal suo dinamismo. Ciò che colpisce inevitabilmente lo spettatore è la straordinaria naturalezza dei personaggi, nei gesti e soprattutto nella mimica facciale. L’incredulità di Apollo, la paura di Dafne: davanti alla scultura di Bernini proviamo per un attimo le stesse sensazioni.

Apollo e Dafne, come tutta la produzione di Bernini, si pone in netto contrasto con l’armonia classica che aveva caratterizzato il Rinascimento. È spettacolare, punta al coinvolgimento emotivo dello spettatore. Questo ci fa capire che il modello cui si rifaceva Bernini era l’arte greca di età ellenistica, che presentava gli stessi tratti distintivi.

Apollo e Dafne
Gian Lorenzo Bernini, Apollo e Dafne, 1622-1625. Marmo di Carrara, altezza 243 cm. Roma, Galleria Borghese.

A proposito di Gian Lorenzo Bernini

Gian Lorenzo Bernini è una figura centrale del Barocco romano. Si forma sotto la guida del padre Pietro, anch’egli scultore, e ha fin da subito la possibilità di lavorare per committenti importanti, come il cardinale Scipione Borghese. Esclusa una breve permanenza in Francia, alla corte del Re Sole, lavora sempre a Roma. È considerato l’artista che meglio ha tradotto a livello scultoreo lo spirito della Controriforma cattolica.

Tra le sue opere principali, oltre ad Apollo e Dafne, ricordiamo il Baldacchino e la Cattedra di San Pietro, all’interno dell’omonima Basilica, la Fontana dei Quattro Fiumi a Piazza Navona, il Ratto di Proserpina e l’Estasi di Santa Teresa d’Avila.

Immagine in copertina di Alvesgaspar – Opera propria, wikimedia.org


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FONTE:https://www.frammentirivista.it/apollo-e-dafne-bernini/

 

 

 

ATTUALITÁ SOCIETÀ COSTUME

Il social distancing (DISTANZA SOCIALE) nella salute durante e dopo la pandemia

Secondo HANetf le tecnologie digitali in ambito sanitario verranno adottate più rapidamente. Un investimento interessante potrebbe essere anche nelle farmacie digitali ed è probabile che le principali società dell’e-commerce spingano sull’acceleratore per entrare nel mercato della salute

di Anthony Ginsberg, co-ideatore di HAN-GINS Indxx Healthcare Innovation UCITS ETF, di HANetf08/07/2020

Forse non stupirà che con il lockdown (ISOLAMENTO)  imposto per contenere i contagi a fine gennaio a Wuhan, da marzo in Europa e via via in quasi tutti i Paesi del mondo, la domanda di salute da remoto (telemedicina, robotica, dispositivi indossabili) e terapie biotech e geniche sia notevolmente cresciuta.

Considerando il caso degli Stati Uniti, abbiamo notato tutti come la pandemia abbia portato alla luce molte falle nel sistema sanitario, evidenziando i benefici di una normativa semplificata e dell’innovazione nella telemedicina e nelle tecnologie digitali per la salute.

Più in generale, con il coronavirus le aziende che offrono servizi virtuali stanno diventando la norma anche per le cure, visto che medici di base, ambulatori ed ospedali limitano le visite di persona ai casi acuti e alle emergenze. Allo stesso modo, le società che offrono cure tra le mura domestiche hanno visto un incremento di volumi nel momento in cui l’isolamento è diventato più pervasivo sia negli USA che nel mondo.

Prima del Covid-19, l’uso dei servizi di medicina a distanza era stimato ad una sola cifra negli Usa e legato soprattutto all’ambito della salute mentale. Secondo una ricerca condotta da IMS Health (un fornitore di dati del settore sanitario negli Stati Uniti), questi servizi usati da personale medico sono esplosi di oltre il 50% solo ad aprile.

Gli ultimi trend mostrano che le diagnosi principali da remoto riguardano diabete, ipertensione e colesterolemia. Disturbi che colpiscono di norma la popolazione più avanti con l’età, che è anche quella considerata più a rischio di sviluppare una forma grave di Covid-19 ed è quindi sempre stata invitata ad isolarsi nella propria abitazione in modo più stringente.

Se torniamo al sistema sanitario americano, basato in larga parte sulle assicurazioni private, nel lungo termine lo spostamento da reale a virtuale comporterà una riduzione dei costi a beneficio sia dei contribuenti che delle assicurazioni, contando che gli USA spendono pro capite in questo settore già più del doppio rispetto alla media dei Paesi dell’OCSE. Forse nel tentativo di contenere le spese, le regole dei rimborsi tramite il programma di assicurazione del governo americano Medicare sono cambiate per introdurre vari servizi di medicina a distanza. In questo modo l’assicurazione copre i costi delle cure virtuali. Tutto questo ha avuto impulso con lo scoppio della pandemia ma anche per il dopo gli analisti si attendono che più pazienti saranno seguiti tramite la telemedicina.

Un altro esempio di questi cambiamenti da fisico a telematico, dal punto di vista organizzativo, è rappresentato dalla città di New York che ha inserito tutti gli ospedali dell’area in un unico sistema a livello statale che consente lo scambio dei dati relativi ai pazienti, alla strumentazione, ai rifornimenti e al personale sanitario.

Vediamo altre tendenze che chiamano nuovamente in causa la tecnologia, come lo sviluppo accelerato dell’IPR (Individual Patient Record), ovvero le cartelle sanitarie individuali, nel momento in cui le società che operano nel settore iniziano a costruire registri di dati. Le società tecnologiche giocheranno un ruolo sempre più importante nel soddisfare il bisogno di maggiore trasparenza dei dati e di cartelle sanitarie elettroniche per ciascun paziente.

La tecnologia è anche sui polsi di molti ormai, con i braccialetti fitness intelligenti che monitorano attività fisica, battito cardiaco e sonno. Un vero patrimonio di dati la cui utilità potrebbe andare oltre il semplice tenersi in forma ed essere usata per determinare l’esistenza di fattori di rischio o abitudini da modificare per guadagnarne in salute. Alcuni studi in corso cercano di stabilire fattori di causa-effetto per alcune patologie, per arrivare a sviluppare campanelli d’allarme che segnalino al paziente quando il loro stile di vita li espone a rischi e incoraggiarli al cambiamento d’abitudini.

Crediamo che nel post pandemia l’uso dei dispositivi indossabili e di altre tecnologie possa aumentare e portare all’integrazione dei dati da questi dispositivi all’interno delle cartelle cliniche di ciascun paziente. Le piattaforme digitali che fanno leva sull’internet delle cose e permettono di armonizzare macchine e umani, renderanno le cure più efficienti. Di qui in avanti, questo non sarà solo qualcosa di utile da avere anche se non strettamente necessario quanto un’attesa del tutto legittima. Ad esempio, i “consumatori di salute” si aspetteranno che le loro farmacie e assistenti come Alexa si integrino con le loro cartelle cliniche e generino azioni concrete.

Possiamo prefigurare un futuro in cui le cartelle sanitarie, i device indossabili o braccialetti fitness intelligenti e gli assistenti vocali lavorano di concerto e ricordano al paziente esami o visite oppure l’assunzione corretta dei farmaci nell’arco della giornata.

Parlando di salute non si può poi trascurare l’impegno di tante case farmaceutiche nella ricerca di un vaccino per il Covid-19. Un’azienda leader del biotech in prima linea su questo fronte è Regeneron, che ha identificato centinaia di anticorpi che neutralizzano i virus e ha ora in programma di iniziare la produzione su larga scala di terapie con cocktail di anticorpi.

In conclusione, riteniamo che le tecnologie digitali in ambito sanitario verranno adottate più rapidamente. Un investimento interessante potrebbe essere anche nelle farmacie digitali ed è probabile che le principali società dell’e-commerce spingano sull’acceleratore per entrare nel mercato della salute.

FONTE:https://www.milanofinanza.it/news/il-social-distancing-nella-salute-durante-e-dopo-la-pandemia-202007081135497372

 

 

BELPAESE DA SALVARE

Trasformeranno in vittime persino i Benetton

9 LUGLIO 2020

VIDEO QUI: https://youtu.be/aodJb5QZ-hs 

00:00 Tutti contro i Benetton, Conte e governo. Ma intanto gli danno la gestione del ponte Morandi. Un governo incapace di decidere dicono insieme Sallusti, Giannini e Cappellini.

05:00 La folle idea di poter fare a meno dei privati sta bloccando la Liguria…

06:24 Il primo presidente di Cassazione sarà di sinistra racconta il Riformista.

07:18 La modifica dei decreti sicurezza è ormai diventata una priorità. E vogliono ridurre le pene per le Ong.

08:45 Il manifesto dei 150 intellettuali contro la calcel culture.

11:10 La tap che doveva distruggere la Puglia parte ma non si vede come ci racconta Jacopo Giliberto sul Sole 24 Ore.

FONTE:https://www.nicolaporro.it/zuppa-di-porro/trasformeranno-in-vittime-persino-i-benetton/

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

I guerriglieri di Hay’at Tahrir al-Sham* pianificano provocazioni in diversi villaggi della provincia siriana di Idlib per accusare Damasco di usare armi chimiche, ha dichiarato il contrammiraglio Alexander Alexander Shcherbitsky, comandante del Centro russo per la riconciliazione dei partiti siriane in conflitto durante una conferenza stampa.

“Secondo le informazioni ricevute dal centro per la riconciliazione delle parti siriane in conflitto dalla gente del posto, i guerriglieri del gruppo terroristico Hay’at Tahrir al-Sham “hanno in programma di realizzare provocazioni in una vasta area della provincia di Idlib con l’obiettivo di accusare le forze governative di usare armi chimiche”, si afferma nella nota.

Si nota che gli islamisti hanno già fabbricato almeno 15 ordigni esplosivi improvvisati riempiti di sostanze tossiche sconosciute in un laboratorio nella città di Sarmada.

* formazione terroristica bandito in Russia

FONTE:https://it.sputniknews.com/mondo/202007089290152-siria-militari-russi-denunciano-islamisti-pronti-a-provocazioni-nella-provincia-di-idlib/

 

 

 

CULTURA

BREVE STORIA DEI TEMPLARI IN CROAZIA

Gli annali ci tramandano che, oltre settecento anni orsono, l’Ordine dei templari si estingueva, lasciando una nitida impronta nella storia e significative conseguenze sociali, economiche e politiche, in molti Paesi ove la loro presenza fu tangibile. Dopo la prima Crociata e la fondazione del Regno di Gerusalemme, l’Ordine dei templari venne costituito da Hugo de Payens e ottenne il sostegno della Chiesa che gli elargì numerosi benefici. Ciò consentì ai templari di diventare una vera e propria potenza economica e militare con sedi e interessi in gran parte d’Europa. Non fece eccezione la Croazia dove l’Ordine fu ben voluto e appoggiato dai sovrani ungaro-croati e dalla nobiltà locale. Le prime testimonianze della presenza templare in Croazia risalgono al regno del re Stefano III (1162 -1172) che concesse ai Poveri cavalieri di Cristo notevoli appezzamenti terrieri.

In modo analogo si comportarono i successori del sovrano, cosicché, in breve tempo, essi vantarono una vasta rete di proprietà, fortezze e grazie in Croazia, Slovenia, Istria e Dalmazia. All’inizio del XIII secolo, nel regno ungaro-croato, l’Ordine era all’apice della propria potenza, come emerge dalle testimonianze archeologiche e dai documenti coevi. Regnava allora Andrea (1205-1235), un monarca che aveva particolarmente a cuore la causa della Terrasanta cristiana; egli perciò favorì ulteriormente i templari che moltiplicarono gli insediamenti che, in molti casi erano fortificati, dotati di cappelle per le funzioni religiosi e di capienti magazzini o di vaste stalle. L’allevamento dei cavalli era, infatti, fondamentale per i monaci combattenti e la loro cavalleria pesante. Centri strategici dell’Ordine furono i porti di Senia e Zablaće, attraverso i quali si effettuava il commercio con altri porti dell’Adriatico.

Con la perdita di Senia, nella seconda metà del tredicesimo secolo, il porto Zablaće acquistò maggiore importanza e Vrana divenne un possedimento fondamentale come pure Glogovnica, Gora, san Martino, Požega, Našice e Dubica. Le principali attività economiche dei templari, che dovevano finanziare un costoso apparato militare, oltre alle attività finanziarie, erano, in Croazia, l’attività agricola e pastorale che permetteva loro di produrre grano, vino, olio di oliva, bestiame e lana greggia. Come è ben noto, l’Ordine fu soppresso per volontà di Filippo IV di Francia, appoggiato dal pontefice Clemente V, che nel 1307 invitò i Sovrani cristiani a catturare e processare i templari e a confiscarne le loro proprietà. Anche in Croazia l’Ordine, in un primo momento protetto dal vescovo di Zagabria Augustin Kažotić, fu eliminato, ma la repressione si mostrò oltremodo blanda. Ciò fu dovuto al fatto che la nobiltà locale non si era indebitata con i cavalieri, in quanto, un regio decreto le impediva di richiedere prestiti all’Ordine. Di conseguenza, quasi nessun cavaliere fu perseguitato e diversi di loro confluirono pacificamente nell’Ordine degli Ivanov, mentre altri continuarono a operare in segreto. Una sopravvivenza occulta dei templari in Croazia sembrerebbe essere testimoniata da continui ritrovamenti archeologici e secondo alcuni tale presenza avrebbe, in seguito, facilitato il sorgere di numerose organizzazioni neo templari e logge massoniche, anche ora molto presenti e attive in tutto il territorio della Repubblica della Croazia.

(*) Questo articolo è dovuto al particolare contributo di Darko Jagodic e Mario Njegovec, noti ricercatori croati, di cui si riporta in calce un breve profilo.

Darko Jagodić, 62 anni, nato a Sarajevo (Bosnia) e laureato in Economia, vive a Fiume dove è un imprenditore. Appassionato di storia ed esoterismo ha nelle sue ricerche approfondito tradizioni e storia sui Liberi Muratori e sull’Ordine Templare in Croazia. Attraverso una Fondazione studia il simbolismo antico e partecipa su queste tematiche a incontri e conferenze in tutta Europa. Appartiene a diversi Ordini Cavallereschi.

Marijo Njegovec, 41 anni, vive a Zagabria e da sempre studia l’Ordine dei Templari da ogni punto di vista. È membro in Croazia e in altri Paesi di ordini cavallereschi, per i quali, spesso, presta la propria opera.

FONTE:http://opinione.it/cultura/2020/07/07/pierpaola-meledandri_ordine-dei-templari-croazia-de-payens-prima-crociata-fondazione-del-regno-di-gerusalemme-slovenia-istria-dalmazia-senia-zabla%C4%87e-glogovnica-gora-san-martino-po%C5%BEega-na%C5%A1ice-dubica/

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

L’Industria del consenso e la manipolazione delle coscienze

10 DICEMBRE 2016

(…) siamo governati, le nostre menti plasmate, i nostri gusti formati, le nostre idee suggerite in gran parte da uomini di cui non abbiamo mai sentito parlare prima. (Edward Bernays)

Tecniche – o ingegnerie – del consenso e schizofrenia giornalistica.
Quant’appiccicume, quanta ambiguità in questa nostra vita sempre più manipolata dalla propaganda.
Sulla stessa rivista ti puoi ritrovare a leggere una frase di Edward L. Bernays che già nel 1928 aveva capito tutto sulla fabbrica del consenso, poi prosegui con la lettura e nella pagina successiva ti si propone invece lo sponsor

grossolano del proseccaccio di turno che spaccia e propaganda se stesso come per secoli ha sempre fatto l’oste che non può dir certo male del vino che lui stesso tracanna, decanta e vende. Sponsor monolitico che foraggia giornali e giornalisti. Propaganda bella e buona insomma che nel grande giro di giostra d’un’economia del totalitarismo monetario globale imbellettata di liberalismo, può permettersi il lusso d’acquistare lo Spazio Pubblicitario sul Settimanale Nazionale X, N, o Z poco importa, imponendo al lettore e al consumatore finale la propria tanto Gioiosa quanto interessata e quasi sempre per nulla interessante, Falsa Verità.

   

FONTE:http://www.naturadellecose.com/tag/edward-bernays/

 

 

 

ECONOMIA

ROUBINI: LA DEPRESSIONE NON E’ UN PROBLEMA DEL 2020, MA DI TUTTI GLI ANNI VENTI….

 

8 LUGLIO 2020 posted by Leoniero Dertona

 

Buoriel Roubini ha rilasciato un’interessantissima intervista a Yahoo  Finance che potete cogliere, nel suo insieme, al termine del presente articolo. Praticamente nella scelta fra ripresa post covid -19 a V a U a W o al L, Roubini vede un’ampia possibilità di un mix delle varie soluzioni , ed il tutto in un’ottica estremamente pessimistica.

Roubini vede una apparente crrescita a V nel terzo trrimestre del 2020, legata ad un rimbalzo e ad una ripresa dell’economia, ma , nello stesso tempo, il virus viene considerato come uno degli elementi di crisi che verrà ad incrociarsi ad altri elementi, di carattere finanziario ed economico, che porranno un forte stress al sistema economic.

Volendo fare un rapido riassunto possiamo dire che:

  • prima di tutto il livello di indebitamento delle aziende post covid-19 sarà talmente elevato da non rendere  tollerabile l’atttuale valore, portando ad una crisi di carattere finanziario che avrà delle pesanti ricadute anche sul sistema finanziario e bancario americano ed internazionale;
  • inoltre vi sarà anche un problema di risparmio delle famiglie. La maggiore incertezza porterà le famiglie a risparmiare di più, quindi rallentando ulterioremente la crescita economica e quindi causando un danno ulteriore al sistema;
  • se negli anni 30 del secolo scorso l’uscita dalla crisi è stata progressivamente accompagnata da un aumento dell’occupazione. Più l’economia cresceva, maggiore era anche l’occupazione, la ricchezza diffusa ed il benessere sociale. In questo caso la crisi si è innescata su un processo di robotizzazione-informatizzazione che fa crescere la produttività del lavoro facendo quindi crollare la domanda di lavoro. Ci sarà progressivamente una espulsione dal mondo del lavoro e del benesssere non solo dei colletti blu, gli operai, ma anche di una larga fascia dei colletti bianchi, gli impiegati con qualifiche non solo basse, ma anche medie,  che però necessiteranno di una continua formazione;
  • vi sarà una progressiva fine della globalizzazione con la creazione di due blocchi separati ed impermeabili, Cina e USA, economicamente impermeabili per cui chi commercia ed acquista tecnologia da un lato non avrà un accesso a quella dall’altro.  questo si vede dal 5G: se uno utilizza componenti cinesi, meno costosi, non può utilizzare quelli americani, ma questo fenomeno verrà anch’esso a portare ad un calo della crescita economica.

Tutto questo verrà a condurre non ad una ripresa a V, non ad una ripresa a U, ma ad una situazione ad L, quindi con un tasso di svuiluppo molto più basso, un’alta disoccupazione strutturale, ad un livello talmente elevato che vi saranno delle sollevazioni popolari ed una forte turbolenza sociale, e, soprattutto, avremo una depressione decennale. Bisognerà provvedere ad una forma di “Reddito universale” per far ripartire la macchina e placare le rivolte per le strade.

VIDEO QUI: https://youtu.be/PM6ZeC2khTc

Buon ascolto

FONTE:https://scenarieconomici.it/roubini-la-depressione-non-e-un-problema-del-2020-ma-di-tutti-gli-anni-venti/

 

 

 

MES, Gualtieri: l’Italia lo utilizzerà se necessario

9 Luglio 2020

Gualtieri sul MES: l’Italia lo utilizzerà se necessario. Si riaccende il dibattito sul fondo salva-Stati

Le ultime dichiarazioni di Gualtieri sul MES hanno gettato nuova benzina sul fuoco delle speculazioni.

In seguito all’accordo raggiunto in Europa, riguardante la nascita di un fondo salva-Stati light sgravato di condizioni per le spese legate al coronavirus, in Italia è esploso un vero e proprio dibattito sull’attivazione di questo strumento.

Conte ha sin da subito ribadito la propria contrarietà al Meccanismo Europeo di Stabilità, pur rimandando le discussioni in merito per evitare di compiere scelte puramente ideologiche. Altre forze politiche, invece, si sono divise. Le ultime dichiarazioni di Gualtieri sul MES hanno contribuito a chiarire l’attuale posizione dell’esecutivo.

Gualtieri sul MES: Italia lo userà sì o no?

Il titolare del Tesoro ha commentato ancora una volta la questione in occasione dell’ultimo forum di Bloomberg, nel quale ha ricordato la necessità di dotarsi di una vera e propria rete di sicurezza.

Questa rete potrebbe essere il fondo salva-Stati? Difficile dirlo. Per Gualtieri, infatti, il MES sarà attivato solo se si rivelerà indispensabile per l’Italia.

“Utilizzeremo il MES se necessario. Non c’è uno stigma”,

ha dichiarato, allontanando i paragoni con l’attivazione del fondo salva-Stati richiesta tempo fa dalla Grecia. La situazione oggi è diversa e la linea di credito dello “strumento light” non spianerà la strada all’arrivo della troika.

Certo è che se il MES approderà in Parlamento riceverà non soltanto l’appoggio del PD, ma anche quello di Forza Italia.

FONTE:https://www.money.it/MES-Gualtieri-Italia-lo-utilizzera-se-necessario-novita

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

SCANDALO WIRECARD: SI CUMULANO 30 MILA CAUSE CONTRO ERNST & YOUNG

Ernst & Young offices in London, photographed on 14 February 2018.

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Sei mesi fa Ernst & Young festeggiava la sua presenza secolare in Germania. Ora passati i fumi dei festeggiamenti, i dipendenti di EY non hanno più nulla da celebrare. La filiale  tedesca del società globale di  revisori è al centro dello scandalo Wirecard e rischia seriamente di lasciarci le penne. EY ha controllato per anni i conti della società, ma si è resa conto solo a giugno di quest’anno dell’enorme buco di bilancio, per cui la domanda sorge spontanea: che faceva prima?

Appare incredibile che una società di revisione non abbia controllato partite oggettivamente banali come i saldi bancari, Cassa e banca sono i valori base , anche per la semplicità, di ogni procedure di revisione, invece pare che ald EY si siano dimenticati dell’ABC non della fine finanza, ma della ragioneria  . Chiaramente ora tutta la forza lavoro di EY si aspetta delle pensanti ricadute negative di immagine, ma il fatto di avere una immagine di superficiali pasticcioni potrebbe essere il male minore. Huberth Barth, in CEO di EY, dalle ambizioni di dominio nel settore e che voleva stracciare i competitori di PwC rischia di dover rivedere i propri obiettivi verso la mera sopravvivenza.

Ora  EY si troverà a fronteggiare una serie di impressionanti minacce legali. Gli attacchi proverranno da due lati: il primo è quello delle responsabilità di carattere pubblicistico, cioè legati agli oneri informativi di controllo nei confronti delle autorità pubbliche, che potranno pesantemente sanzionare la società con multe milionarie, ma si tratta probabilmente del male minore. Molto più minacciose  sono le azioni per i danni da parte degli investitori e dei rappresentanti degli azionisti. Lo studio legale Tilp di Tubinga, specializzato in diritto dei mercati dei capitali e che ha citato in giudizio Volkswagen, Daimler e Deutsche Telekom per danni agli investitori, sta già raccogliendo interessati a procedere alle azioni legali.

Già oltre 30 mila possibili clienti si sono registrati sul sito dello studio legale per  valutare la possibilità di intraprendere un’azione contro EY, ed il titolare dello studio, l’avvocato Andreas Tilp, si è detto certo di poter provare il comportamento doloso della società di revisione, almeno in alcuni settori di sua competenza. Dato che la somma del rimborso è proporzionale alla differenza fra il valore attuale delle azioni e quello di acquisto si potrebbe arrivare facilmente ad un importo complessivo di danni ultra-miliardario. 

Dato che Wirecard è insolvente e EY ben ricca, lo studio Tilp sta mettendo quest’ultima nel centro del mirino.

Le ricadute potrebbero essere pesantissime, nonostante EY sia anche il revisore di colossi da Lufthansa a Volkswagen a MTU. La resposnabilità pecuniaria in Germania è molto più ampia che in Italia, dove le filiali locali delle sociatà internazionali rischiano di cavarsela con rimborsi di poche decine di milioni per i casi BPVI e Veneto Banca.
FONTE:https://scenarieconomici.it/scandalo-wirecard-si-cumulano-30-mila-cuase-contro-ernst-young/

 

CONTINUA LA FEBBRE DELL’ORO E COLPISCE ANCHE LA GERMANIA

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Molti investitori, alla ricerca di una base sicura, stanno attualmente scommettendo sull’oro mandandone il prezzo alle stelle, con un interesse che sta sbarcando nel vecchio Continente . Il prezzo del metallo prezioso ha superato la soglia di $ 1800 per oncia troy (31,1 grammi) mercoledì per la prima volta in nove anni. L’ultima volta a settembre 2011 è stata a un livello simile: pochi giorni prima, il prezzo dell’oro aveva raggiunto il suo massimo storico di $ 1971,17. Covid-19 e crisi economica hanno fatto crescere il valore del 37% dall’inizio dell’anno.

Prezzo oro in grammi

Il calo temporaneo dei prezzi di martedì si è nuovamente dimostrato di breve durata ed è stato usato come un’opportunità di acquisto ha affermato Carsten Fritsch, analista di materie prime presso Commerzbank . Anche i tedeschi si stanno riscaldando sul tema che va a braccetto con la loro proverbiale avversione all’inflazione, ancora più forte in un momento di QE iperattivo e di mercato azionario incerto.

Anche i  prodotti finanziari espressi in oro come gli ETF stanno crescendo nell’ interesse dei tedeschi, come dimostra la sicurezza Xetra-Gold di Deutsche Börse Commodities, che passa da un record di depositi d’oro fiduciario all’altro. Solo martedì, secondo il servizio di informazione Bloomberg,  i suoi depositi hanno ricevuto 12,5 tonnellate di metallo prezioso, di cui 8 tonnellate nel SPDR Gold Trust,  e gli afflussi sono stati complessivamente pari s 33 tonnellate dall’inizio di luglio. In generale, a livello mondiale, i fondi di investimento in oro hanno ricevuto 104 tonnellate a giugno e 734 tonnellate nella prima metà dell’anno. Ciò significa che gli afflussi record nel 2009 sono già stati notevolmente superati. Gli ETF sull’oro avevano anche acquisito più oro in sei mesi rispetto a tutte le banche centrali di tutto il mondo nel 2018 e nel 2019. A spingere gli acquisti a livello record sono incertezza combinata all’alto livello di debito pubblico e privato raggiunto da tutti i paesi occidentali, Stati Uniti in testa.

Fino a quando potrà continuare questa crescita? Difficile dirlo, perché viene a dipendere anche dalle politiche espansive delle banche centrali. Non può esserci una crescita eterna senza una prospettiva, anche lontana,di  economica. Nello stesso tempo fino a che non saranno superati i timori inflazionistici l’oro non potrà che rimanere il re.

FONTE:https://scenarieconomici.it/continua-la-febbre-delloro-e-colpisce-anche-la-germania/

 

 

 

Mercati finanziari sempre più dissociati dall’economia reale

9 Luglio 2020, di Massimiliano Volpe

a cura di Alessandro Allegri, AD di Ambrosetti Asset Management SIM

La prima parte del 2020 si è conclusa e, guardando a posteriori gli accadimenti, verrà certamente archiviata come una sequenza di eventi con ricadute di natura a dir poco straordinaria sui mercati finanziari. In sei mesi abbiamo vissuto infatti una delle peggiori crisi con gli indici azionari principali arrivati a perdere oltre il 30%, con il petrolio che ha lasciato sul terreno l’80% del proprio valore e con le obbligazioni in difficoltà travolte da oscillazioni raddoppiate rispetto alla norma.

Il tutto in pochissimi giorni ai quali è seguita una reazione altrettanto immediata, anche da parte delle autorità finanziarie, che ha tempestivamente cancellato, almeno in buona parte, il dramma finanziario in atto.
Tutto bene quel che finisce bene! Tuttavia la partita sembra ancora tutta da giocare e ne è la riprova la recente dinamica azionaria caratterizzata da una significativa alternanza di risultati contornata da un riaccendersi della volatilità.

Un rimbalzo selettivo

recuperi degli ultimi mesi sono stati indubbiamente significativi ed hanno riportato le performance da inizio anno su soglie più sostenibili. Gli Stati Uniti viaggiano ora attorno al -4% su base annua con gli altri mercati vicini al -10% o poco oltre.

Ma gli indici globali spiegano solo parzialmente il contesto in cui ci stiamo muovendo che resta caratterizzato da una selettività a livelli straordinari. In questo scenario i numeri si dividono tra temi in forte salute (Technology +13% IT con Healthcare e Consumer Discretionary capaci di azzerare le perdite) contrapposti ad aziende di settori che non riescono ad allontanarsi dal baratro (Energy -37%, Finance -24%, Industrial -14% da inizio anno).

Il tutto viene arricchito da un forte divario a favore del business Growth verso Value con gli elementi intangibili delle singole aziende, difficilmente stimabili con approcci di valutazione tradizionali, sufficienti a giustificare ciò che viene comprato e ciò che il mercato ora non apprezza.

Obbligazioni e materie prime

Anche sul lato Bond il clima è migliorato. Se da un lato i governativi restano stabili dall’altro sembra rientrata l’emergenza credito. Garantita la liquidità infatti, sia Corporate che High Yield si sono riallineati ed ora le valutazioni si spostano se mai sul potenziale rischio solvibilità, sebbene i livelli di default ad oggi risultino in controllo.

Le materie prime seguono il trend di rientro dopo la crisi, il petrolio recupera molto, raddoppiando le quotazioni in pochi mesi e dimezzando le perdite di inizio anno mentre l’Oro dopo l’assestamento si sta proponendo come una interessante alternativa di investimento. Chiudono il quadro le valute con un Dollaro più debole ma ad oggi in generale con oscillazioni assolutamente nella norma.

L’attività economica si sta riprendendo con l’allentamento delle restrizioni di blocco in area Euro e nel nord degli Stati Uniti. Allo stesso tempo, la dinamica del virus è peggiorata in gran parte del mondo e nei Paesi in cui non si riesce a controllare la pandemia, la pressione negativa sui consumi e sugli investimenti rimane elevata come evidente in diverse economie emergenti. I mercati finanziari tuttavia continuano a mantenere la loro dinamica dissociata dall’economia reale.

Allo stato attuale, il parziale miglioramento dei dati economici e soprattutto il forte impegno politico ad intervenire quando richiesto si stanno dimostrando più potenti delle crescenti preoccupazioni sulla pandemia.

Le attività rischiose continuano la loro costante ripresa dopo la depressione di marzo, mentre i titoli di stato “safe” mostrano pochi segnali di direzione. Nei mercati del reddito fisso, dopo aver scontato le decisioni di sostegno da parte della Fed e della BCE, i movimenti sono infatti tornati ad essere modesti.

L’orientamento futuro della Fed sui tassi di interesse e sull’acquisto di attività potrebbe mantenere i mercati dei tassi statunitensi relativamente stabili anche nei mesi estivi. Lo stesso vale per tutti i mercati sviluppati che in un’ottica più di lungo termine tornano a dover convivere con livelli di inflazione minimali e probabilmente duraturi nella loro condizione. Viene da sé che la ricerca di rendimento rimanga uno dei temi più potenti sui mercati obbligazionari, grazie al forte “impegno” delle banche centrali a mantenere bassi i tassi a livello globale.

La strategia da tenere sui mercati

Gli investitori dovranno dunque affrontare nei prossimi mesi un ambiente difficile e sul piatto della bilancia oggi dobbiamo andare a mettere vari elementi, sia potenzialmente costruttivi nel breve termine che preoccupanti nel medio periodo con risvolti attesi diametralmente opposti.

Certamente le rassicurazioni delle Banche Centrali attraverso uno stimolo monetario costante unito alle manovre di sblocco post Corona Virus ed alle attese di grandi e rinnovati pacchetti fiscali rappresentano un indiscutibile elemento positivo.
I mercati continuano a riporre grande fiducia in questo trittico, tuttavia, molta più liquidità e molto più debito concesso al sistema sono solo una soluzione ottima, ma temporanea, che rischia di far diventare insostenibile l’attuale dicotomia fra mercati finanziari ed economia reale. Se il debito è cresciuto ed il suo costo resterà presumibilmente basso a lungo, ora per la sostenibilità del meccanismo dovrà per forza crescere il reddito che deve sostenere e ripagare questo debito.

È qui che ci sono le incognite maggiori circa la capacità e volontà politica di riuscire ad andare nella direzione giusta oltre alla difficile stima dei tempi necessari per il trasferimento di quelle che oggi sono delle aspettative, scontate dalle borse, in effettivi sostegni alla domanda nel ciclo economico reale.

I mercati restano in bilico nelle loro valutazioni di lungo periodo facendo i conti con la possibilità di dover affrontare un ciclo nuovo, di de-globalizzazione, alimentato da guerra commerciale e Coronavirus, con la paura che l’ondata di debito pubblico e societario aumenti le probabilità di una crisi creditizia soprattutto per i paesi più vulnerabili come nel caso di alcuni stati dell’Eurozona o dell’area Emergenti.

Nell’immediato rimane interessante la modalità risk-on e l’appeal degli azionari soprattutto relazionato ad investimenti obbligazionari incapaci di generare rendimenti interessanti salvo la presa di rischio adeguatamente elevata.

FONTE:https://www.wallstreetitalia.com/mercati-finanziari-sempre-piu-dissociati-dalleconomia-reale/

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

Esodo e soggiorni domiciliari estivi dei boss

8 LUGLIO 2020

COMUNICATO STAMPA

Esodo e soggiorni domiciliari estivi  dei boss ormai avallati dai Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e dal Ministero della Giustizia: il più grande scandalo della storia penitenziaria mimetizzato tra le informazioni e distrazioni di massa

Associazione di volontariato

Errare humanum est perseverare autem diabolicum.
Attualmente, in modo imbarazzante, stiamo assistendo, purtroppo, a quella che appare un’inesorabile demolizione del sistema penitenziario e tutto ciò nel più totale silenzio. Una sorta di quotidiana sottrazione di elementi e strutture portanti ai danni di una costruzione che resterà depauperata e svilita fino ad implodere, in beffa all’onestà, alla dignità e allo spirito di sacrificio di milioni di Italiani onesti.
E’ ciò che appare dopo l’ultimo, in ordine cronologico, dei provvedimenti amministrativi che, direttamente o indirettamente, volutamente o involontariamente, favoriscono l’impunità di pericolosi criminali in nome della pandemia Covid19. Dei 500 criminali, titolati e blasonati dalle mafie, 400 restano comodamente accoccolati agli arresti domiciliari dove, indisturbati, possono sfrontatamente tornare alle leve di comando delle proprie organizzazioni criminali, nell’assoluto disinteresse collettivo, favorito da un silenzio giornalistico e di informazione costruito ad arte. Continue sono le notizie di distrazione di massa che depistano da uno degli scandali più inquietanti della storia della Repubblica di cui non si vogliono appositamente delineare confini, portata, dimensioni e conseguenze.

Da anni la nostra Associazione, poiché portatrice degli interessi di quelle Vittime del Dovere tragicamente colpite da efferati assassini e criminali, presta particolare attenzione al complesso e delicato tema del sistema penitenziario.
Le esperienze dolorose, che le nostre famiglie testimoniano in prima persona, hanno diretto in modo motivato l’impegno dell’Associazione in questo ambito. Ci ritroviamo pertanto non solo a stigmatizzare inaccettabili azioni, scientemente studiate a tavolino volte a depotenziare la certezza della pena, ma a concertare proposte fattive, adeguatamente mediate, utili per riequilibrare quell’attenzione sproporzionata del Ministero della Giustizia che è esclusivamente concentrata sugli autori di reato e non appare altrettanto sensibile alla tutela e agli interessi delle vittime.
La visione di chi subisce un reato non viene considerata ed è esclusa da qualsiasi dibattito in ragione di un pregiudizio, ormai sedimentato e usato strumentalmente, secondo cui coloro che abbiano subito un torto, debbano necessariamente essere vendicativi. In realtà come Associazione evitiamo di pontificare a sproposito e piuttosto studiamo la normativa, valutiamo le conseguenze e predisponiamo relazioni, osservazioni, emendamenti, interrogazioni parlamentari e note di intervento per denunciare criticità, proporre modifiche e predisporre integrazioni normative riguardanti l’ordinamento penitenziario e il processo penale. Tutto ciò affinché non venga vanificato il sacrificio di tante vite umane di appartenenti alle Istituzioni, e non si ceda il passo a ideologie che elargiscono impunità a piene mani. Particolare attenzione è volta verso quegli istituti, quali il regime detentivo 41bis, nato per contrastare le manifestazioni più violente di gravi fattispecie criminose.
Negli ultimi mesi abbiamo posto in essere molteplici azioni, finalizzate ad ottenere un immediato intervento da parte del Governo, orientate ad impedire la scarcerazione di pericolosi boss mafiosi in seguito all’emergenza Covid-19. Fummo infatti i primi che, in data 9 marzo, a seguito delle sconcertanti rivolte nelle carceri, allertarono le Istituzioni e il mondo della politica riguardo ai pericoli di ricatti e di strategie ad alto impatto emotivo, veicolate da detenuti facinorosi attraverso una brutale violenza che è stata foriera di distruzione e sangue. Una vera e propria estorsione di impunità giustificata strumentalmente dall’emergenza Covid e materializzatasi in un’emorragia di scarcerazioni. A nulla sono valsi i nostri tempestivi suggerimenti di intervento legislativo ed amministrativo, palesati alla cabina di regia del Ministero della Giustizia mediante la redazione di emendamenti e correttivi formulati dal nostro ufficio legale. Dopo svariati appelli e comunicati stampa, mai ripresi dai quotidiani a tiratura nazionale, in data 22 maggio, alla vigilia dell’Anniversario della strage di Capaci, ci siamo determinati ad inoltrare una nuova missiva alle più alte cariche dello Stato e ai vari gruppi parlamentari invitando a adottare immediate ed improcrastinabili misure concrete di lotta alla criminalità organizzata.
In particolare, abbiamo suggerito le seguenti proposte di intervento:

  • Accoglimento delle proposte di emendamenti nel primo provvedimento normativo di prossima approvazione:
    1. “i detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41 bis II comma O.P., quelli in regime di Alta Sicurezza nonché i detenuti con fine pena non superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena, salvo che la pena già scontata afferisse a reati di cui all’art. 4 bis della legge 26 luglio 1975 n. 354 e successive modificazioni, non possono usufruire della beneficio di cui all’art. 123 del D.L. n. 18 del 17.03.2020, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27”
    2. “i permessi di cui all’art. 30 bis nonché la detenzione domiciliare di cui all’art. 47 ter della Legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificata dal D.L. 30 aprile 2020, n. 28, possono essere disposti solo previo parere vincolante del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo in ordine all’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed alla pericolosità del soggetto”
    3. “le disposizioni relative ai colloqui di cui all’articolo 4 del D.L. 10 maggio 2020 n. 29 non sono applicabili ai detenuti sottoposti ad art. 41 bis II comma o.p. e a quanti condannati per reati di cui all’articolo 4 bis o.p.”
  • Introduzione di un nuovo reato per il possesso e/o l’utilizzo in carcere di cellulari da parte dei detenuti
  • Ritiro della circolare DAP del 21 marzo 2020
  • Revoca della concessione all’utilizzo di Skype disposta da DAP per i detenuti del circuito detentivo Alta Sicurezza
  • Revoca della detenzione domiciliare o del differimento della pena per quei detenuti che ne siano stati ammessi
  • Accertamento, verifica e sanzionamento delle responsabilità di coloro che a vari livelli hanno ignorato e/o omesso segnalazioni di pericolo e non hanno posto in essere concrete azioni di intervento

Questi nostri insistenti appelli, fatti di lettere, comunicati stampa, interrogazioni parlamentari inviati ripetutamente al Ministero della Giustizia e al Governo sono stati totalmente inascoltati.
L’assoluta e incontestabile bontà del nostro operato risiede nella capacità di intervenire anche quando i più tacciono e ogni nostra proposta si adagia su un attento esame normativo che evita sterili polemiche e presenta proposte percorribili, se pure perfettibili.

Tanto che Legge 25 giugno 2020, n. 7 di conversione del Decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 ripropone il contenuto del Decreto-legge 10 maggio 2020 n. 29, ricordandosi finalmente di citare i sottoposti al regime 41 bis e stabilendo una limitazione chiara all’uso della corrispondenza telefonica.
Purtroppo non si può dire lo stesso dei detenuti in Alta Sicurezza che rappresentano il vero braccio operativo della criminalità e che, come avevamo già previsto, ora pretendono che l’uso di tali forme di comunicazione diventino una misura ordinaria, così come prevista per la Media Sicurezza.

Certo è che il DL 29 del 10 maggio, nel tentativo di riparare alle scarcerazioni fiume, ha posto in essere un complesso insieme di procedure invasive del potere giudiziario ed estremamente burocratiche tanto da finire al vaglio della Corte costituzionale.

Altrettanto vero è che l’ultima Circolare del Dap, del 30 giugno, non fa ben presagire poiché riporta un allegato stilato da un Comitato del Ministero della Salute, che potrebbe essere (come già successo in passato) travisato e usato per una lettura estensiva delle norme ancora vigenti.

La Bozza di Protocollo redatta stabilisce che sia opportuno “favorire l’applicazione di misure alternative alla detenzione per tutte le persone che presentano gravi patologie che possono essere significativamente complicate dal Covid 19.”

I nostri timori sono comprensibili se si tiene in considerazione la superficialità e la scarsa attenzione dimostrata fino ad oggi dal Governo e dalla Politica, che hanno provocato l’ecatombe del sistema penitenziario con un inquietante esodo di boss, terroristi, mafiosi, assassini attuato grazie alla distrazione dell’opinione pubblica concentrata su problematiche di sopravvivenza sanitaria ed economica.

Alla luce di quanto esposto ci si deve solo auspicare che nel necessario passaggio di modifica di tale Bozza si tenga conto di quanta strada è stata percorsa, di quanto le buone intenzioni possono venir presto frustrate da soggetti destinatari privi di scrupoli e di buona creanza. Senza dimenticare che il sistema carcerario fornisce comunque idonea assistenza sanitaria, intra ed extra muraria, consentendo il ricorso alle misure alternative secondo quanto già previsto dalla Legge.

L’emergenza sanitaria ci ha insegnato che non è necessario intervenire in una materia così delicata con ulteriore normativa emergenziale, che di danni ne ha già provocati e di cui si aspetta l’amaro conto (se mai arriverà perché di impunità ne sono piene le pagine della cronaca) ma basta applicare le disposizioni esistenti, con attenzione al caso specifico e con il supporto degli organi ad esso deputati.

Solo un nuovo sforzo immane delle Forze di Polizia, che hanno visto in questi mesi azzerare le loro indagini e i loro sacrifici, potrà riportare in carcere i boss e gli assassini, attraverso l’accertamento di nuovi crimini ed orrori, a riprova del fatto che la mafiosità è un modo di pensare e di essere: il lupo perde il pelo ma non il vizio!

ASSOCIAZIONE VITTIME DEL DOVERE

FONTE:http://www.vittimedeldovere.it/comunicati.php?id=3389

 

L’IDEOLOGIA DEL PARTITO DEI PM SE NE FREGA DEI FATTI

L’ideologia del partito dei pm se ne frega dei fatti

Dicono: “introdurre in Italia la separazione delle carriere provocherebbe ineluttabilmente anche in Italia una subordinazione dei pubblici ministeri al potere esecutivo, come avviene in altri Paesi europei. E ciò sarebbe un disastro”. Dicono anche: “l’ordinamento giudiziario italiano è un modello che altri Paesi vorrebbero imitare. Non c’è quindi quasi nulla da cambiare”. Sono questi due dei “tormentoni” dell’ideologia conservatrice del “Partito dei pm”; un’ideologia che diffonde ragionamenti di carattere ideale e dottrinario del tutto astratti dalla realtà fattuale, dimenticando allegramente i fatti che mostrano che quel presunto modello italiano produce effetti perversi che sono ormai sotto gli occhi di tutti e proprio quel disastro che si dice di voler evitare. Se i fatti contraddicono l’ideologia e la dottrina – secondo i pm-ideologi – “tanto peggio per i fatti”. Come al solito. Affermano che gli ordinamenti giudiziari negli altri Paesi europei mostrerebbero l’equazione, e anzi una sorta di connessione causale, tra separazione delle carriere e dipendenza del pm dall’esecutivo. E presentano poi quest’ultima come uno spauracchio: come l’anticamera di un inferno di malagiustizia (che in realtà non esiste certo in Paesi dove come la Germania, la Francia e la Spagna il pm devono rispondere al ministro della Giustizia!). Ma la loro ideologia fa acqua. In primo luogo nulla impedisce che i pm, pur separati nella carriera dai giudici restino parte della giurisdizione conservando autonomia e indipendenza e senza diventare dipendenti dal potere esecutivo. Lo dimostra, tra l’altro, il caso del Portogallo, dove vige la separazione delle carriere e, dove, tuttavia, il pm non dipende affatto dall’esecutivo.

Inoltre l’ideologia dei pm nasconde un fatto: oggi in Italia nessuno vuole istituire la dipendenza del pm dal ministro della Giustizia (esclusa anche dalla Costituzione). In realtà chi propone oggi la separazione delle carriere tra pm e giudici, (come fa la proposta di legge dell’Unione camere penali italiane in discussione al Parlamento), non intende affatto privare i pm delle caratteristiche di indipendenza proprie della giurisdizione. Continuare ad agitare lo “spettro” della dipendenza del pm dal potere esecutivo, quando nessuno la propone e quando essa non è affatto nelle reali possibilità, è un segno del carattere ideologico e strumentale delle posizioni del Partito dei pm. Semmai è la loro ideologia che suscita perplessità. In quella ideologia c’è posto solo per l’indipendenza del pm, come se essa fosse tutto, come se da essa discendesse ogni bene e come se tutto il resto fosse nulla. Da quella indipendenza, che sarebbe garantita dall’unità di carriera tra pm e giudici, discenderebbe (sulla carta) “l’arricchimento culturale reciproco dei magistrati requirenti e giudicanti” italiani che risulterebbero così “i più colti del mondo”. Che meraviglia! Dall’indipendenza dei pm deriverebbe anche l’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge e la perfetta realizzazione della Giustizia in terra italica. Grazie all’unità delle carriere l’ordinamento giudiziario italiano diventerebbe magicamente “un modello” e l’Italia sarebbe un paradiso giudiziario che gli altri Paesi europei cercherebbero di imitare. Un vero film fantastico quello dei pm ideologi.

La realtà effettuale è, purtroppo, molto diversa dalle prefigurazioni astratte e cartacee degli ideologi del partito dei pm. Non basta dire che sulla carta il sistema giudiziario italiano è un paradiso per nascondere l’inferno reale che esso produce nei fatti. È ormai chiaro a tutti che il sistema giudiziario italiano, oltre alle patologie carrieristiche e all’uso politico del potere giudiziario, emersi nel caso Palamara produce tra l’altro un’inflazione di indagini e di carcerazioni preventive, una patologica lunghezza dei processi civili e penali, una prevalenza di processi penali indiziari (senza vere prove “al di là di ogni ragionevole dubbio” complice il persistente principio del “libero convincimento del giudice”), sentenze contraddittorie nei vari stadi del processo. Basti citare il fatto che circa il 65 per cento delle sentenze di primo grado vengono riformate o in Appello o in Cassazione o in entrambi. Questo dato è un indice degli errori giudiziari in un senso o nell’altro. Quel dato è anche indice di una estrema incertezza del diritto in Italia. Un’altra misura degli errori giudiziari è data dai frequenti e costosi casi di ingiusta detenzione nonché dalle condanne dell’Italia da parte delle corti europee per violazioni del giusto processo e della sua ragionevole durata.

Al superamento di alcune di queste patologie del sistema giudiziario in Italia contribuirebbe certamente un regime di separazione delle carriere tra pm e giudici. Riteniamo che sia possibile (oltre che urgente) una riforma che preveda la separazione delle carriere e realizzi finalmente la “terzietà” del giudice prevista dall’articolo 111 della Costituzione conservando la piena autonomia ed indipendenza ai pubblici ministeri, i quali potrebbero benissimo organizzarsi in un proprio Csm. Ed è proprio questo l’obbiettivo della proposta di legge costituzionale promossa dall’Unione delle Camere penali italiane, in discussione attualmente alla Camera. Dall’esame dei vari ordinamenti giudiziari occidentali emerge una marcata anomalia italiana nel mondo occidentale. L’Italia è l’unico Paese in cui il pubblico ministero è dotato di poteri e garanzie non presenti contemporaneamente e nella stessa ampiezza nei procuratori di nessun Paese occidentale. Il pm in Italia ha il monopolio e gode di un’ampia discrezionalità politica di fatto (che si cela dietro il feticcio formale, la finzione, della obbligatorietà) dell’azione penale; dispone ampiamente della direzione della polizia giudiziaria, e gode dell’autonomia, indipendenza e inamovibilità che altri ordinamenti riservano solo ai giudici. Inoltre per le imperfezioni del processo accusatorio in Italia, di fatto la formazione della prova, avviene non nel dibattimento attraverso il contraddittorio – come prevede la Costituzione – ma nella fase delle indagini preliminari, per cui il pm diventa il vero Deus ex machina del processo. Le indagini preliminari si prolungano poi spesso indefinitamente, dando luogo a lunghissime misure cautelari e a prescrizioni spesso almeno potenzialmente pilotate dagli stessi pm. La metà circa delle prescrizioni avviene infatti nella fase delle indagini preliminari, il che è fonte potenziale di un altro potere discrezionale del pm.

A ciò si aggiunga una particolare irresponsabilità di fatto dei pm che in teoria sono passibili di provvedimenti disciplinari da parte del Csm, ma che, di fatto, se appartengono ad una corrente di maggioranza nell’Anm e nel Csm, anche in casi di gravi mancanze, finiscono con il ricevere come sanzione – nei casi più gravi – solo il buffetto di un semplice “ammonimento” o di una semplice “censura”. In nome poi di una concezione assoluta e radicale dei diritti individuali di libertà di espressione e di associazione al magistrato italiano, e in particolare al pm italiano viene, ormai riconosciuto anche il diritto di “fare politica” mentre esercita i poteri dell’accusa al riparo dei privilegi della giurisdizione. Il pm ha ormai acquisito il diritto di presentarsi, senza un periodo di decantazione, alle elezioni regionali o nazionali, inducendo al legittimo sospetto di un uso politico della sua funzione accusatoria e giurisdizionale (oltre che del potere di fatto di archiviazione), restando magistrato e spesso per giunta nella stessa circoscrizione dove ha svolto le funzioni di magistrato, e dove si riserva persino il diritto di tornare a svolgere quelle funzioni una volta terminato il suo mandato.

Notiamo che non può sorprendere il fatto che molti pm europei (in specie francesi) invidino i privilegi e le guarentigie del pm italiano! Chi non invidierebbe un funzionario pubblico che, grazie ad un semplice concorso, diventa un piccolo sovrano superiorem non recognoscens? In quale altro ordinamento ciò verrebbe ritenuto “normale” se non in Italia? Secondo l’ideologia del partito dei pm, il cosiddetto “modello italiano” sarebbe poi addirittura, proprio grazie all’unità delle carriere, l’unico che garantirebbe una premurosa quanto fantomatica “cura” di sapore garantista da parte di pm, verso le ragioni degli indagati e degli imputati. La sua appartenenza alla “cultura della giurisdizione” garantirebbe che il pm usi dei suoi poteri di polizia giudiziaria nella fase dell’indagini per cercare indizi e prove a favore dell’indagato. Il che è vero solo in astratto e sulla carta, ma risulta del tutto falso nella realtà. Questo film mentale viene diffuso da vari procuratori sulla base di ragionamenti astratti e dottrinali a prescindere dai fatti reali: “la cultura della giurisdizione” comune a procuratori e giudici avrebbe questo effetto taumaturgico, come se si trattasse di una pozione magica. La realtà – come tutti sanno – è molto diversa. Di solito si assiste a procuratori che non solo non cercano quasi mai (le eccezioni ci sono, ma restano eccezioni) attivamente le prove a discarico degli indagati, ma tendono addirittura a nasconderle (e, in qualche caso persino a creare indizi e prove a carico). Altro che pm parte della “cultura della giurisdizione”! Altro che modello italiano! A memoria d’uomo si contano pochissimi casi e pochissimi pm che spingono il loro scrupolo di magistrati titolari della giurisdizione (alla stregua dei giudici) fino a quel doveroso compito garantista.

La realtà italiana purtroppo mostra un costume ed una pratica reale assolutamente contraria. Ma ecco, sommariamente, la situazione nei Paesi occidentali. Nei Paesi anglosassoni la funzione esercitata dai pubblici ministeri è, per sua natura ed organizzazione, basata su un principio di netta separazione tra la magistratura giudicante e la magistratura inquirente, ed è tale da escludere l’idea stessa di una comune organizzazione di carriera, ma anche di comune reclutamento e formazione. I procuratori provengono spesso dall’avvocatura e sono specie negli Usa fortemente responsabilizzati rispetto all’efficienza ed alla correttezza del loro operato. In Gran Bretagna, anche dopo l’istituzione della figura dell’Attorney general (avvocato generale) nel 1985, le indagini penali vengono svolte principalmente da Scotland Yard. Anche nei Paesi dell’Europa continentale la regola è la separazione almeno di fatto (come in Francia) delle carriere e delle funzioni, se non anche di diritto (come in Germania e Spagna). È vero anche che quasi dovunque vi sia anche una connessione tra pubblico ministero e potere esecutivo. Tuttavia, esiste nella maggior parte di questi Paesi la figura del giudice istruttore indipendente.

Così è in Francia (dove le carriere sono in linea di principio unificate, ma separate di fatto) e Spagna (dove le carriere sono separate sia in linea di principio e sia di fatto) ove il ruolo investigativo del pubblico ministero italiano è esercitato (talvolta in polemica con i pubblici ministeri e spesso a favore degli indagati) dal giudice istruttore, figura soppressa nel sistema italiano dove è stata sostituita dal Gip che, però, è privo dei poteri investigativi ed è strutturalmente più debole del pm del quale subisce l’iniziativa se non anche l’influenza. Il giudice istruttore è un organo investigativo totalmente indipendente dall’esecutivo che rimedia ed equilibra la dipendenza del pm dall’esecutivo e il suo ruolo di parte d’accusa nel processo e ne controlla le possibili esondazioni di carattere giustizialista e di protagonismo personale, che invece nel cosiddetto modello italiano, si sono rilevate frequenti e patologiche. Quindi nel panorama occidentale fa eccezione l’Italia perché non c’è né la separazione delle carriere né la dipendenza del pm dall’esecutivo. Da un altro lato fa eccezione, per ragioni opposte, il Portogallo, dove c’è la separazione delle carriere, ma non c’è la dipendenza del pm dall’esecutivo.

La particolarità del Portogallo

La situazione portoghese è particolarmente interessante perché dimostra che la separazione delle carriere può convivere con l’indipendenza del pm dal potere esecutivo. In Portogallo, infatti, vige un sistema di separazione delle carriere tra giudicanti e requirenti, senza che questi ultimi siano sottoposti al potere esecutivo. A questa obiezione dei fatti gli ideologi della magistratura associata italiana, in particolare i pm italiani, rispondono denunciando il fatto che in Portogallo vi sarebbe stato nel tempo un affievolimento della cultura giurisdizionale dei “fiscal” (i pm portoghesi). La separazione delle carriere, congiunta con l’indipendenza dall’esecutivo del fiscal, avrebbe prodotto una tendenza giustizialista a valorizzare eccessivamente gli obiettivi della sicurezza a detrimento dei valori della giustizia. Insomma il fiscal sarebbe diventato un “superpoliziotto” particolarmente repressivo e giustizialista. Non diversamente da quello è avvenuto in Italia con i pm del caso Tortora, dell’operazione Mani pulite ed in successive indagini coinvolgenti uomini politici e semplici cittadini. Tutte queste argomentazioni relative al Portogallo inducono gli ideologi della magistratura associata italiana ad opporsi comunque alla separazione delle carriere in Italia in nome di una retorica di un pm slegato dalla dipendenza ad ogni altro potere, ma legato ad una “cultura della giurisdizione”, che in Italia esiste solo, purtroppo, solo sulla carta e nelle prefigurazioni ideali, ma non nella realtà.

In conclusione, è evidente che si possa giungere in Italia ad un regime di separazione tra magistratura requirente e giudicante con pieno rispetto dellindipendenza dei magistrati requirenti, che possono benissimo dotarsi di una forma di autogoverno propria, un proprio Csm. Il problema vero è di garantire la terzietà del giudice, prescritta dall’art. 111 della Costituzione, che elimini ogni pericolo derivante non solo dalla contiguità, ma in Italia anche dalla enorme influenza dei pm e del loro “partito” (praticamente egemone nell’Anm e nel Csm) sui magistrati giudicanti. Nulla impedisce di realizzare, dunque, in Italia una riforma nella struttura dell’ordinamento giudiziario, impedendo – una volta per tutte – ogni devianza verso forme di giustizia politica e quelle derive giustizialiste che hanno segnato le attività dei pm negli ultimi decenni in Italia. Bisogna insomma operare costruttivamente per cancellare questa anomalia tutta italiana costituita dalla non separazione della carriere. L’esempio da seguire è quello degli ordinamenti occidentali, nei quali, in forme diverse, è generalmente assicurata la netta distinzione tra le funzioni e le carriere degli inquirenti e quella dei giudicanti. Nei regimi democratici e liberali occidentali, la regola è quella della separazione. Occorre però anche evitare la dipendenza del pm dal potere esecutivo, esclusa anche dalla Costituzione italiana. Il caso portoghese mostra che ciò è possibile. Esso è probabilmente perfezionabile con una statuizione costituzionale dello status giurisdizionale del pm e del suo conseguente obbligo ad attivarsi nella ricerca delle prove a discarico degli indagati.

La gran parte delle motivazioni degli oppositori alla separazione delle carriere in Italia sembra frutto di una ideologia che non si confronta mai con la realtà dei fatti e che mira a conservare in Italia l’ordinamento anomalo del pm, diventato nel tempo di fatto una sorta di piccolo sovrano assoluto (legibus solutus). È ormai innegabile che negli ultimi decenni più che alla cultura della giurisdizione e all’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, i pm hanno badato piuttosto all’estensione dei loro ambiti e dei loro poteri, fino a costituire un quarto potere (o contropotere) superiorem non recognoscens e di fatto non controllato e limitato da alcun altro potere dello Stato. L’ideologia del partito dei pm opposta alla separazione delle carriere sembra nascondere il vero obbiettivo eminentemente politico: quello di voler conservare con la carriera unica, soprattutto il suo strategico potere di influenza sulla magistratura giudicante, ergendosi così a rappresentante dell’intera magistratura e a un ruolo improprio di contropotere rispetto a tutti gli altri poteri dello Stato. Un contro-potere che si è mostrato capace persino di selezionare la classe politica dirigente, esprimendo persino veti verso questo o quel leader politico, senza avere la legittimazione della rappresentanza e restando al riparo nella botte di ferro di una quasi totale irresponsabilità verso ogni altro potere dello Stato.

FONTE:http://opinione.it/societa/2020/07/08/lucio-leante_pm-italia-paesi-europei-francia-germania-spagna-portogallo-ministro-della-giustizia-costituzione-appello-cassazione-unione-delle-camere-penali/

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Magaldi: Trump salvi l’Italia, se ci tiene ai voti progressisti

Cosa sta succedendo? Giuseppe Conte annaspa, tra i malumori di chi ormai vorrebbe scaricarlo, di fronte a un’Italia che sta prendendo nota di quanto fossero vane le sue promesse. Impietoso l’ultimo report di Bankitalia: il lockdown più severo d’Europa, non compensato da veri aiuti economici per chi è stato rinchiuso in casa, sta colpendo il reddito di metà della popolazione. Un vero massacro sociale, a partire dai lavoratori autonomi: «Un terzo delle famiglie ha riserve per soli 3 mesi, e nel 40% dei casi gli italiani sono in difficoltà con il mutuo», riassume l’Ansa. Di fronte a una catastrofe come la pandemia – chiarì Mario Draghi a fine marzo, sul “Financial Times” – c’è un’unica strada: metter mano al bazooka e spargere miliardi a fondo perduto, come in tempo di guerra. Dove trovarli? Chiedendo all’Ue di fare la sua parte, smettendo quindi di accettare i diktat dei signori di Bruxelles. Oppure, Piano-B, l’ipotesi caldeggiata dal “rooseveltiano” Nino Galloni: emissione a costo zero di moneta parallela, non a debito, spendibile solo in Italia. Un toccasana, per puntellare stipendi e consumi. Giuseppe Conte? Non pervenuto: dopo aver preso in giro gli italiani anche coi prestiti bancari (mai erogati) e la cassa integrazione (tuttora attesa), seguita a cianciare di chimere solo ipotetiche come il Recovery Fund, che scatterebbe soltanto nel 2021 e solo dopo l’accettazione, da parte dell’Italia, di un prestito-capestro come quello del Mes. La soluzione? Più che a Roma, probabilmente risiede a Washington.

Ad affermarlo è Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt nonché esponente italiano del network massonico che appoggiò Trump nel 2016 contro Hillary Clinton, progressista solo a parole. «Se vuole essere rieletto alla Casa Bianca con Trumpl’aiuto dei massoni democratici, come già avvenne quattro anni fa – avverte Magaldi – il presidente uscente si impegni a cambiare volto all’Europa sostenendo l’Italia, inguaiata dal lockdown imposto da Conte e frenata dall’oligarchia Ue, dominata dai kapò franco-tedeschi che usano Olanda e Austria come “cani da guardia” del rigore». Le affermazioni di Magaldi, rilasciate il 7 luglio nell’ambito della trasmissione in web-streaming “Pane al pane”, su YouTube, risuonano in una giornata particolare, in cui “Libero” dà per imminente la caduta di Conte dopo presunti contatti riservati fra Trump e Mattarella. Altro segnale, quello lanciato dal viceministro alla sanità, Pierpaolo Sileri: «Non ci sarà una seconda ondata di coronavirus, in autunno», ha detto, a “La Verità“: «E comunque, quand’anche fosse pronto un vaccino anti-Covid, non dovrà in nessun caso essere imposto alla popolazione». Parole seccamente dissonanti rispetto a quelle appena pronunciate dal ministro Roberto Speranza, giunto a ventilare la possibilità di sottoporre a Tso gli italiani contagiati dal virus.

In altre parole, Sileri ha l’aria di sfilarsi da un bastimento che sembra stia per colare a picco: lo stesso Speranza è stato denunciato, insieme al resto del governo Conte, dai 2.000 medici, avvocati e giudici dell’associazione “L’Eretico”, guidata dal ricercatore Pasquale Bacco, dal virologo Giulio Tarro e dal magistrato Angelo Giorgianni. Gravissima l’accusa, inoltrata alla Procura di Roma: il governo avrebbe ostacolato le cure per il Covid, nel frattempo messe a punto, obbligando i sanitari a insistere nel trattare i pazienti con terapie sbagliate, che ne avrebbero provocato la morte, trasformando così in una strage (35.000 vittime) un’epidemia che sarebbe stata facilmente controllabile con un’oculata politica sanitaria. Tanti i medici, come Alberto Zangrillo, che rilanciano le accuse: assurdo reiterare allarmismo e restrizioni, per un virus che ormai non uccide più nessuno, e per il quale i medici italiani hanno trovato, da mesi, tutte le contromisure cliniche. Perché allora Speranza insiste – come la stessa Oms – a parlare di seconda ondata, e addirittura di Tso? «Scoveremo i contagiati stanandoli casa per casa», Sileriavvertiva minaccioso il governatore emiliano Stefano Bonaccini, altro campione – come il veneto Zaia – del terrorismo psicologico provocato cavalcando il Covid.

«Quella costruita attorno al coronavirus è stata una psicosi alimentata dallo stesso Conte», ricorda Magaldi: «Il governo stava per cadere già a inizio anno, e così ha scommesso sull’emergenza per prolungare la sua vita politica». Solo che adesso, a quanto pare, è arrivato al capolinea. «Probabilmente cadrà fra pochi giorni, entro luglio», scommette lo storico Nicola Bizzi, editore di Aurora Boreale, tra i primi a leggere – tra le righe della cronaca – il destino di “Giuseppi”, la cui caduta sarebbe accelerata dagli Stati Uniti: «Si può scorgere la mano dell’intelligence di Trump dietro le due grandi bombe a orologeria che stanno squassando l’establishment italiano succube dell’Ue, che finora ha sorretto Conte: l’Obamagate e lo scandalo Palamara». Due terremoti: il primo indebolisce Renzi e Gentiloni, che avrebbero chiesto ai servizi italiani (su ordine di Obama) di fabbricare prove false contro Trump per il Russiagate. Il secondo sisma, che Bizzi paragona alla Tangentopoli degli anni ‘90, è quello che sta travolgendo la magistratura: il verminaio delle correnti, della giustizia a orologeria, degli scambi di favori di cui avrebbe beneficiato soprattutto l’area Pd.

«E’ impossibile – dice Bizzi – che dietro alla pubblicazione di tutte queste intercettazioni non vi sia l’opera dei servizi Usa, decisi a colpire e abbattere un sistema corrotto che ha sacrificato l’Italia per favorire interessi stranieri, e in occasione dell’emergenza Covid ha fatto anche di peggio: ha sospeso le libertà costituzionali, obbedendo alle direttive dell’Oms ispirate direttamente dal regime cinese». A Washington guarda anche Magaldi, indossando i panni del massone progressista ben inserito nel circuito sovranazionale delle superlogge. Un mondo parallelo, che lo stesso Magaldi ha svelato nel saggio “Massoni”, edito da Chiarelettere nel 2014: un bestseller italiano divenuto ormai un long-seller, nonostante il tenace silenzio dei grandi media. «In Italia – accusa l’autore – si scade invariabilmente nel ridicolo, quando si parla di massoneria: i giornali strillano periodici titoloni su ipotetiche infiltrazioni mafiose tra logge che non contano niente, mentre continuano a ignorare il carattere supermassonico dei maggiori player politici». Che Monti, Napolitano e lo stesso Draghi siano esponenti di Martin Luther Kingimportanti Ur-Lodges «non è certo un mistero, per i giornali: e il fatto che non ne parlino mai dimostra la loro sostanziale insincerità».

Nel fingere di non conoscere il ruolo democratico della massoneria, ribadisce Magaldi, l’Italia sconta la sua storia, a partire dallo scontro col Vaticano – che arrivò a sostenere Mussolini pur di colpire i massoni democratici che avevano voluto l’Unità d’Italia e la fine dello Stato Pontificio. «Da noi resiste ancora un tenace atteggiamento massonofobico e ipocrita, dovuto al culturame del retaggio clerico-fascista, cui si è aggiunta l’altrettanto liberticida tradizione comunista». Tra massoneria e politica, invece, «in paesi come la Francia e il Regno Unito intercorrono normalissimi rapporti alla luce del sole». E questo è tanto più vero negli Usa, aggiunge Magaldi: chi regge quel paese sa bene che gli Stati Uniti, con la loro Costituzione, sono una costruzione interamente massonica. Non fa eccezione il “fratello” Trump, che nel 2016 fu preferito alla “sorella” Hillary Clinton. «Se vuole, Donald Trump sa essere molto sollecito nel recepire le nostre indicazioni, pubbliche e riservate», dice oggi Magaldi: «Abbiamo infatti apprezzato il richiamo a Martin Luther King che ha espresso il 4 luglio nel suo discorso ai piedi del Monte Rushmore».

«Sono stati proprio personaggi come Martin Luther King a “fare grande l’America”, insieme a Roosevelt e ai Kennedy», precisa Magaldi: «Certo, Trump non ha la loro statura, e come massone non è né progressista né reazionario. E’ un Maverick, un “cavallo pazzo”: noi massoni progressisti lo ritenemmo adatto a sparigliare le carte, smontando l’ipocrisia finto-progressista dei democratici, troppo legati all’esuberanza dei grandi poteri finanziari». Missione compiuta? «Prima del disastro-Covid, l’economia americana viaggiava a gonfie vele: sono stati costretti ad ammetterlo anche gli avversari di Trump». La politica della Casa Bianca? Meno tasse, e maxi-deficit. Risultato: crollo della disoccupazione, a beneficio dei lavoratori americani. Ovvio che la regia “cinese” della crisi Covid, esplosa un minuto dopo lo stop imposto da Trump alla Cina con l’instaurazione dei dazi, rischia di complicare la sua rielezione. «Se ci tiene a essere riconfermato a Washington con il nostro appoggio – Gioele Magaldiafferma Magaldi, a nome del circuito massonico progressista – è bene che Trump si impegni a farla “tornare grande” davvero, l’America: recuperi il terreno perduto, a livello geopolitico, dall’insipiente Obama, a cominciare dall’Europa e dall’Italia».

«Con l’aiuto americano – sostiene Magaldi – il nostro paese può essere il punto da cui far ripartire un vero progetto europeo, pienamente democratico e social-liberale, che sappia far dimenticare l’austerity imposta dai sovranismi franco-tedeschi». Sono gruppi di potere «pilotati da élite massoniche di segno reazionario, più affini all’oligarchia cinese e alla “democratura” di Putin che non al liberalismo occidentale, difettoso fin che si vuole ma fondato pur sempre sui diritti democratici, inclusi quelle delle minoranze». I neri, per l’appunto: «Proprio il Martin Luther King citato da Trump sarebbe potuto diventare il vicepresidente degli Stati Uniti, se non fosse stato ucciso insieme al candidato alla presidenza, Bob Kennedy». Era il “ticket” su cui puntava la massoneria “rooseveltiana”, che tanti anni dopo – archiviata «la fiction del terrorismo globale recitata dai Bush» e le ambiguità finto-democratiche di Obama e Hillary – ha scommesso su “The Donald”, per mettere fine al dominio di un progressismo solo di facciata, asservito all’élite finanziaria speculativa, braccio operativo dell’oligarchia massonica reazionaria che ha promosso i diritti civili affossando i diritti sociali, fino a imporre la Cina come modello per un Occidente non più democratico.

Bene ha fatto, Trump, a evocare Martin Luther King – dice Magaldi – per smarcarsi dalle accuse strumentali di chi gli rinfaccia di non aver fatto nulla per eliminare il razzismo che ancora serpeggia in vasti settori della polizia. «Un problema rispetto al quale Obama, il primo presidente “nero”, in otto anni di presidenza non ha fatto assolutamente nulla: e questo va ricordato, per onestà intellettuale». Attenzione: «La massoneria neoaristocratica è filo-cinese, e quindi avversa a Trump». Se vuole essere rieletto, avverte Magaldi, il presidente uscente dovrà prestare ascolto ai “grembiulini” progressisti, che negli Usa restano molto influenti: «Parliamo di grandi elettori, deputati, governatori, circoli e associazioni, ma anche militari: la Black Lives Matterpresenza di tanti massoni progressisti tra i vertici del Pentagono è dimostrata dal rifiuto di impiegare le forze armate per reprimere le proteste, pure violente e inaccettabili, contro gli abusi della polizia nei confronti degli afroamericani». L’appoggio degli Usa, sottolinea Magaldi, è di fondamentale importanza per aiutare l’Italia a non subire più i diktat dell’oligarchia finto-europeista che – attraverso l’austerity – ha creato una Disunione Europea composta da paesi che ormai si guardano in cagnesco.

L’alternativa? «Una sola: far nascere, davvero, l’Unione Europea. Chi oggi chiede “più Europa” – sostiene Magaldi – parla di qualcosa che non esiste». Altrettanto vuote, per il presidente “rooseveltiano”, sono le posizioni velleitarie di chi invoca l’uscita dall’Ue, e magari dall’euro e dalla Nato, «magari senza accorgersi di essere sapientemente manipolato da quella stessa oligarchia massonica sovranazionale che negli Usa scommette su Joe Biden e in Europa sulla Merkel, strizzando l’occhio a Putin e aprendo le porte dell’Europa all’egemonia della Cina». Per gli Usa, la situazione non è confortante: come riporta Angelo Panebianco sul “Corriere della Sera“, l’ultimo sondaggio Demos rivela che solo il 31% di italiani dichiara simpatie per gli Stati Uniti, mentre è cresciuta la fiducia nei confronti della Cina (26%) e della Russia (28%). In più, lo stesso sondaggio dimostra che il favore degli italiani verso l’Ue è sceso al di sotto del 50%. «In occasione dell’emergenza coronavirus – ricorda Magaldi – Donald Trump accolse con prontezza i nostri consigli, affrettandosi a inviare aiuti concreti all’Italia». Oggi, la partita è doppia: da un lato le presidenziali americane di novembre, dall’altro il baratro in cui l’Italia sta sprofondando dopo il severo Di Maio e Xi Jinpinglockdown imposto dal governo Conte, a cui il Movimento Roosevelt sta per inviare un “ultimatum” con la richiesta di misure urgenti per tamponare il disastro economico.

«A Trump – ribadisce Magaldi – come massoni progressisti chiediamo di lanciare segnali precisi già da adesso, in campagna elettorale, per un impegno concreto». Patti chiari, amicizia lunga: «Deve impegnarsi a recuperare lo storico legame privilegiato con l’Italia: è la premessa per fare del nostro paese un protagonista della rinascita democratica di un’Europa più giusta e più forte, fondata su precisi diritti sociali». Obiettivo: «Uscire da questa lunghissima crisi e mantenere le distanze da regimi come quello russo e cinese, dove sarebbe impensabile assistere a proteste contro la polizia come quelle che abbiamo appena visto negli Usa». Anche per questo, Magaldi diffida dei “fronti popolari per l’alternativa” che fioriscono da ogni parte, spesso animati dalle migliori intenzioni: «Intanto, i gruppetti “alternativi” non hanno mai ottenuto niente. E spesso il loro radicalismo, nutrito anche di antiamericanismo, è usato sapientemente proprio dall’oligarchia reazionaria che credono di combattere». Un po’ come per il complottismo: chi detiene il potere non ha nessuna paura chi le spara grosse, perché sa che otterrà invariabilmente la diffidenza della maggioranza. Magaldi ragiona da insider, e ha il pregio di parlare chiaro: si sappia che l’Italia uscirà dal tunnel solo se sarà aiutata dagli Usa, nel caso rivincesse Trump. E a sua volta, il presidente è avvisato: se vuole essere rieletto, ascolti le richieste dei massoni progressisti.

Gli Usa fuori dall’Oms: Trump sfida la mafia del coronavirus

Se qualcuno non l’avesse ancora capito, siamo in guerra: lo chiarisce nel modo più drastico Donald Trump, che ha ritirato formalmente gli Stati Uniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. In primavera, il gelo era sceso con il primo annuncio statunitense: stop alla contribuzione annuale da parte degli Usa, mezzo miliardo di dollari nel 2019. Poi le critiche sempre più accese alla gestione dell’organismo Onu, accusato di colpevole negligenza durante lo scoppio dell’epidemia di coronavirus in Cina. Infine, il 6 luglio, la decisione ufficiale comunicata al Congresso e alle Nazioni Unite: gli Usa sono ufficialmente fuori dall’Oms. La mossa di Donald Trump accende inevitabilmente i riflettori su quelli che ora sono i primi finanziatori dell’organizzazione: la Cina, poco trasparente al momento dell’esplosione pandemica, e un privato come il miliardario Bill Gates, patron della Microsoft e oggi trasformatosi nel maggior propagandista mondiale dell’obbligo vaccinale. Il figlio di Bob Kennedy, l’avvocato Robert Kennedy Jr., gli rivolge accuse terribili: Bill Gates foraggia l’Oms ma in cambio intasca molto più denaro, grazie ai vaccini che fanno capo alla sua holding, prescritti in vari paesi dai programmi vaccinali raccomandati dalla stessa Oms (recentemente espulsa dall’India con l’accusa di aver rovinato quasi mezzo milione di bambini, attraverso vaccini pericolosi per la salute).

Ombre cinesi si allungano da tempo sullo stesso direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, che deve a Pechino buona parte della sua carriera politica in un paese come l’Etiopia, strategica porta Tedros Adhanom Ghebreyesusd’ingresso della Cina verso il continente africano. «Nel mese di maggio – ricorda il “Giornale” – l’Oms era stata accusata dalla stampa Usa e da testate come il “Wall Street Journal” di essere asservita all’influenza di Pechino, che fece sentire il proprio peso geopolitico nell’elezione dello stesso Ghebreyesus nel maggio 2017». Secondo il “Financial Times”, l’Oms è «un’istituzione compromessa», proprio perché «manca di indipendenza dai suoi paesi membri, e “non solo dalla Cina». Le sfide per la salute globale, infatti, «richiedono che l’Oms superi tali interessi parrocchiali», perché «un’istituzione internazionale indipendente e obiettiva» può servire al meglio «anche gli interessi nazionali». Il problema non sono solo i ritardi e la malagestione del Covid-19 ma anche, per esempio, nel 2009, la sua gestione “opaca” dell’epidemia di H1N1, comunemente nota come influenza suina. Il vero problema è che, attualmente, l’80% del bilancio dell’Oms proviene da contributi volontari.

Come lo stesso Trump ha più volte sottolineato nelle scorse settimane, l’organizzazione ha sbagliato «ripetutamente» difendendo Pechino dalle accuse di scarsa trasparenza all’inizio della diffusione del Covid. «Quegli errori reiterati – sottolinea Trump – sono stati estremamente gravosi per il mondo». Secondo il presidente Usa, «molte vite avrebbero potuto essere salvate» se l’attuale direttore «avesse seguito l’esempio» di uno dei suoi predecessori alla guida dell’Oms, la norvegese Harlem Brundtland, che nel 2003 riuscì a bloccare la diffusione della Sars. Quello che Trump non può dire apertamente, ma che invece da più parti si sospetta, è che l’attuale gestione dell’Oms – di concerto con la Cina – abbia deliberamente lasciato esplodere il problema Covid, per paralizzare l’Occidente e mettere Trump in difficoltà alla vigilia delle presidenziali americane. Una sorta di rappresaglia, dopo la decisione di Trump di frenare l’egemonia economica cinese, imponendo dazi sulle esportazioni di Pechino. Quello che l’Italia ha già pagato, sulla sua pelle, è intanto l’imposizione del “modello Wuhan” Donald Trumpraccomandato proprio dall’Oms: un blocco severissimo ma tardivo, che ha provocato un vero e proprio disastro economico. Ad aggravare la situazione, la decisione italiana di attenersi alle erronee disposizioni – sempre dell’Oms – per contenere il contagio e curare i pazienti.

Ora gli italiani fanno i conti con il lockdown “cinese” consigliato dall’Oms: il 50% della popolazione, secondo Bankitalia, è alle prese con difficoltà economiche. Nel frattempo, medici e magistrati denunciano il governo per aver ignorato cure salva-vita, insistendo nell’imporre terapie addirittura deleterie, come l’ossigenazione forzata: quelle, e non il virus, avrebbero provocato migliaia di vittime. Sullo sfondo, si delinea uno scontro geopolitico paragonabile a una nuova guerra fredda. La sfida di Trump ha per bersaglio un’organizzazione, l’Oms, che è stata usata come “arma letale” dall’oligarchia internazionale, anche occidentale e statunitense, che ha permesso alla Cina di realizzare il suo boom economico (con regole truccate) per far trionfare un modello da esportare poi in un Occidente non più democratico. In altre parole: colpendo l’Oms, Trump si scaglia contro il potere apolide, neoliberista, che ha permesso alla Cina di fare concorrenza sleale ai lavoratori e alle imprese occidentali, con prodotti a basso costo grazie a condizioni di lavoro prive di tutele, in un sistema senza democrazia e senza leggi a salvaguardia dell’ambiente. Ecco perché oggi Trump si sfila dall’Oms “cinese”, che probabilmente ha manipolato la stessa pandemia, trasformando il coronavirus in un’arma contro la libertà e la democrazia.

FONTE:https://www.libreidee.org/2020/07/gli-usa-fuori-dalloms-trump-sfida-la-mafia-del-coronavirus/

 

 

Geopolitica del Coronavirus

Mentre in Italia il Coronavirus produce i suoi pesanti e scontati effetti economici/finanziari, nell’ottica di una più ampia destabilizzazione dell’Europa, altri Paesi risultano essere particolarmente investiti dalla virus: in primis Corea del Sud e Iran. Il diffondersi della malattia segue dunque criteri squisitamente geopolitici e si inserisce nella più ampia strategia delle potenze marittime anglosassoni contro la massa continentale afro-euro-asiatica.

Virus lungo la Via della Seta

Sono trascorsi poco più di sette giorni dalla nostra ultima analisi sul diffondersi del Coronavirus in Italia e gli avvenimenti intercorsi ne mostrano la validità: a fronte di un numero relativamente basso di vittime (circa 80 su 2.500 casi) ed una mortalità di poco superiore alla normale influenza, questa acuta forma di polmonite ha prodotto, produce e produrrà enormi danni economici e finanziari, vero obiettivo dell’attacco asimmetrico di cui è vittima l’Italia. Le regioni più produttive d’Italia sono soggette a misure che restringono la circolazione delle persone e delle merci; il clima di incertezza ha congelato gli investimenti e le assunzioni; i voli aerei da/per l’Italia sono stati oggetto di limitazioni; il turismo, una voce che vale il 5% del PIL, ha incassato forse il colpo più dura, grazie anche al clima d’emergenza creato ad hoc attorno all’Italia dai media esteri. Ci sono volute poche ore perché la crisi si trasmettesse ai titoli di Stato italiani ed è molto probabile che il circolo vizioso (panico>crisi economica>crisi del debito) debba produrre ancora i suoi effetti peggiori. L’Italia è, infatti, il “ventre molle” dell’eurozona e l’attacco bioterroristico angloamericano mira sopratutto a destabilizzare l’eurozona e l’Unione Europea nel suo complesso: l’operazione è facilitata anche dalle dinamiche messe in moto dal virus: la tentazione di ripristinare le frontiere in Europa e procedere in ordine sparso è fin troppo evidente. Va da sé che un collasso violento dell’Unione Europa, con la conseguente crisi politica ed economica, rallenterebbe non poco il tentativo cinese di “agganciare” il Vecchio Continente alla Via della Seta.

Già, perché il Coronavirus sembra proprio studiato per destabilizzare non soltanto l’Europa, ma la massa afro-euro-asiatica nel suo complesso, massa che Russia e Cina stanno tentando di organizzare con una rete di infrastrutture sempre più fitta ed intricata. Il primo e più potente colpo è stato sferrato dagli angloamericani ovviamente in Cina (80.000 casi) che, per fare fronte al propagarsi dell’epidemia, ha dovuto adottare contromisure senza precedenti: come nel caso italiano, i danni umani sembrano contenuti, ma quelli all’attività economica sono ingenti e si attende per questi mesi un brusco calo dell’attività produttiva: il sistema-Paese non dà comunque segni di cedimento, grazie alla solidità della macchina statale centralizzata e alla consapevolezza, molto diffusa tra tutti gli strati della popolazione, di dover fronteggiare un vero e proprio assalto statunitense. Ovviamente le ripercussioni economiche sono pesanti anche per gli Stati Uniti, ma è errato in questa nuova fase storica attribuire troppa importanza al “business”: la geopolitica, intesa come duello tra colossi continentali e potenze marittime, domina ormai l’agenda di Washington e Londra e una destrutturazione violenta della globalizzazione (velocizzata da un collasso delle piazza finanziarie che si fa giorno dopo giorno più concreto) coincide perfettamente con i piani delle potenze anglosassoni, accortesi di aver perso il primato  economico in troppi campi (dal 5G ai treni superveloci).

Tra Italia e Cina, i principali focolai di Coronavirus agli estremi opposti dell’Eurasia, due Paesi risultano essere stati particolarmente colpiti, attraverso i soliti canali “misteriosi” dietro cui si celano attacchi biologici mirati: Iran e Corea del Sud. Sull’Iran (90 morti e 2.900 casi), specie dopo il recente omicidio del generale Souleimani, si è troppo scritto per doverne parlare ancora: ci basti qui dire che Teheran è un ottimo fornitore di greggio alla Cina, è parte integrante del corridoio centrale della Via della Seta che dovrebbe unire le regioni occidentali cinesi all’Europa via Istanbul, consente alla Russia di affacciarsi, se necessario, all’Oceano Indiano. Più interessante, perché ne abbiamo sinora parlato meno, è il dilagare del Coronavirus nella Corea del Sud, dove sinora si contano circa 5.000 casi ed una trentina di vittime ed il governo di Seul si è visto costretto a dichiarare “guerra” al virus. Colpire l’Italia per destabilizzare l’Europa e punirla per aver aderito alla Via della Seta, colpire l’Iran perché un tradizionale nemico, ma perché colpire anche la Corea del Sud? Chi avesse seguito la politica dell’Estremo Oriente in questi ultimi anni, dominata dalle tensioni attorno al nucleare nordcoreano, avrà certamente notato il progressivo “ritorno” (perché così è stato per millenni) anche della Sud Corea nell’orbita cinese. Il dislocamento nella penisola coreana del sistema antimissilistico THAAD, uno strumento neppure troppo velato di “contenimento” della Cina, aveva inasprito nel 2017 i rapporti tra Pechino e Seul; da allora, fungendo da mediatore tra le due Coree, Pechino si è riavvicinata al piccolo, ma altamente industrializzato, paese asiatico, sino alla decisione del dicembre 2019 di “normalizzare” i rapporti, chiudendo i recenti dissapori dovuti al dispiegamento del THAAD. Seul, come molti altri Paesi del sud-est asiatico, sta dunque anch’essa convergendo verso l’Impero Celeste e non ha alcuna intenzione di fungere da “testa di ponte” degli angloamericani sul continente asiatico: come molti altri Paesi del sud-est asiatico (si veda il caso della Malesia), anche la Corea del Sud ha quindi avuto la sua “punizione”. Il Coronavirus appunto.

Chiudiamo la nostra analisi sulla geopolitica del Coronavirus con un accenno all’Africa. Nelle ultime settimane, prima che il virus si diffondesse in Italia, si è molto parlato del rischio di un’epidemia in Africa, dove peraltro mancherebbero le strutture per contenerla. Pare che il clima caldo disincentivi il propagarsi della malattia e ciò metterebbe dunque almeno parzialmente al sicuro le regioni africane tropicali: non c’è alcun dubbio, infatti, che se gli angloamericani dovessero sferrare un attacco biologico anche nel Continente Nero, sceglierebbero certamente il Corno d’Africa e la regione compresa tra Gibuti e l’Etiopia: i Paesi, cioè, toccati dal corridoio marittimo della Via della Seta.

POLITICA

Giuseppe Conte, Stati Uniti e Merkel vogliono un cambio a Palazzo Chigi: contatti col Quirinale

07 luglio 2020a a a
Giuseppe Conte non fa più parte dell’esclusivo club di Donald Trump e persino Angela Merkel sta pensando di scaricarlo. Lo scrive Italia Oggi, secondo cui la posizione del premier è sempre meno stabile, anche a causa delle pressioni che arrivano dall’estero. E in particolare dalla Casa Bianca, il cui inquilino sarebbe parecchio infastidito per l’asse sempre più forte tra Italia e Cina. Al punto che, molto discretamente, gli Usa starebbero sondando il Quirinale con la speranza di avere al più presto dei cambiamenti al vertice del governo italiano.

“Da tempo infatti – sostiene Antonellis – nei palazzi del potere capitolino fioccano sussurri e indiscrezioni sul disamoramento di Trump nei confronti di Conte con tanto di contorno quirinalizio”. Ma un cambiamento a Palazzo Chigi potrebbe incontrare anche il favore di Angela Merkel: “La Cancelliera – si legge su Italia Oggi – ancora non si capacita come mai l’Italia si rifiuti di aderire ‘senza se e senza ma’ al Mes dopo che è stato fatto senza condizionalità come richiesto dall’Italia stessa e dopo il ‘patto tacito’ tra Roma e Bruxelles”. Il quale prevede prima la sottoscrizione al Mes e poi la discussione su tutto il resto, a partire dal tanto agognato Recovery fund.

FONTE:https://www.liberoquotidiano.it/news/politica/23649278/giuseppe-conte-donald-trump-angela-merkel-vogliono-sostituirlo-sondato-quirinale.html

Uno scenario politico e umano desolante: perché?

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VIDEO QUI: https://youtu.be/Yu94Wet0Ob4

Uno spettacolo politico e umano desolante nel mentre di una crisi emergenziale inaudita, che ci vorrebbe sottomessi a uno dei più vasti esperimenti di cambiamento antropologico: come mai non riusciamo a organizzarci e a coordinarci?

FONTE:https://scenarieconomici.it/uno-scenario-politico-e-umano-desolante-perche/

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

La scienza non è democratica. Semmai teocratica

Un Occidente in decadenza non poteva che sostituire la religione antropomorfica tradizionale con un surrogato. Non ci è andata poi così male, in fondo, perché è un surrogato che ha avuti molti risvolti utili, come l’invenzione della padella antiaderente, la pillola anticoncezionale e le terapie antidolore. Però gira che ti rigira sempre di una religione si tratta. Cioè di ‘quella cosa’ verso la quale la filosofia ha spesso alzato la sua voce tonante di dissenso.

Beninteso, quando la filosofia fece capolino in occidente oramai più di 2500 anni or sono, non era distinta dalla scienza, perché, appunto, non si può distinguere qualcosa che esisteva, la filosofia, con qualcosa che ancora non esisteva, la scienza. Però è agli atti che successivamente filosofia e scienza abbiano fatto tanta strada assieme, come novelli sposini in un lungo e felice viaggio di nozze.

Ma la filosofia e la scienza, ancorché sposi, non sono affatto la stessa persona (non lo sono mai stati) e, tanto per rimanere nella metafora matrimoniale, bene sarebbe che oggi divorziassero definitivamente. La scienza, inoltre, negli anni è cambiata e si è fatta religione assoluta, oggetto di culto. Insomma, non è più quella fresca e avvenente giovinetta che sedusse Democrito e Aristotele, Pitagora e Cartesio, Bacone e Kant, ma ha finito per somigliare alla sua vecchia madre, la Religione. Una madre che però sta diventando suocera invadente, ingrigita, baffuta e soprattutto trinariciuta, e proprio nel senso che alla parola ‘trinariciuta’ diede il compianto Guareschi, quando dopo l’ultima guerra rimproverava la sinistra comunista di ottusità, credulità e sudditanza al partito.

Mettiamo allora le cose in chiaro e sveliamo subito con chi abbiamo a che fare, in modo tale che ognuno possa esprimere la propria preferenza (posto che Filosofia e Scienza rimangono comunque due milfone, alla fin fine, e che uno possa anche giocarsela astutamente per andare a letto con entrambe).

In primo luogo va detto chiaro che la Filosofia è autonoma rispetto alla scienza (e non viceversa). Purtroppo, il fatto che molti le confondano è dato dalla manualistica e da certi professori di Liceo, che insegnano la filosofia ai ragazzi come se essa fosse una scienza ancora “poco precisa”, una proto scienza, o, se preferite, il primo vagito della scienza appena nata.

La cosa più grave è che spiegano questo come un fatto (filosofia ancilla scientiae) come un dato, mentre non hanno alcuna prova credibile di ciò. Al tempo, infatti, gli occidentali non sapevano nulla della Natura, e qualsiasi disvelamento di questo inquietante mistero che è l’ambiente, veniva visto con ammirazione dai più. Ecco allora che fu facile, ex post, sostenere che il problema del principio (l’archè), della materia, del vuoto, della posizione della terra nell’universo fossero i principali problemi di filosofi come Talete, Anassimandro, Eraclito o Parmenide, i quali, invece, erano in primo luogo legislatori i cui studi sulla natura servivano soprattutto per accreditarsi verso gli altri membri della comunità come leader.

Un po’ quello che succede spesso oggi, quando il politico accredita se stesso più facilmente se è un imprenditore, un uomo ricco e di successo. Vantaggio competitivo ben esemplificato da figure come l’italiano Silvio Berlusconi o l’americano Donald Trump, tanto per citare i più noti.

Questo, naturalmente, non significa affatto che i primi filosofi non fossero interessanti alla Natura, ma che erano interessati ANCHE alla Natura, e che, comunque, questo interesse non era primario, come si evince dai frammenti e dalle loro biografie.

L’uomo e filosofo greco era comunitario e problematizzava lo status quo. Non accettava mai come dato di fatto il ‘reale’ nudo e crudo, anche se ai più sembrava scontato.

Il filosofo antico non era interessato alla luna o al moto di Giove tanto quanto l’universalità, l’insieme delle cose,  la totalità, l’indeterminatezza ed il mondo finito, che erano appunto le cifre più significative della ricerca filosofica antica.

Per dirla diversamente, i primi filosofi si interessarono prioritariamente alla realtà come problema, a non dare affatto per scontato ciò che era invece considerato banale per l’opinione comune: l’esistenza degli enti, la morte, il nulla, la convivenza sociale, i rapporti di potere, l’azione. Solo secondariamente i filosofi erano interessati a cose come le eclissi solari. L’aneddoto di Talete che subaffitta i frantoi di olive in occasione dell’eclissi è sintomatico di quanto vado affermando qui.

Dunque, la scienza fu attenzionata perché dava credibilità al filosofo di essere un sapiente, ma Essere, Nulla, Divenire e la socialità gli importavano molto di più delle proprietà del silicio, dei numeri primi o della cura per il mal di schiena.

Oggi, la ricerca filosofica non è molto cambiata da allora. La filosofia ha un oggetto di studio: la totalità, l’unità tra soggetto e oggetto. La filosofia ha un metodo di studio: la dialettica storica.

La scienza ha un suo oggetto: le realtà parziali, colte in sostanziale scissione tra soggetto e oggetto, sulla base di un rispecchiamento con la cosa esterna. La scienza ha un metodo: la verifica sperimentale e la misurazione di queste porzioni di realtà, con particolare riferimento agli aspetti quantitativi della materia.

La scienza vuole la certezza e/o l’esattezza. La Filosofia vuole la verità, che come tale è frutto di una dinamica umana e storica. La scienza vuole l’oggettività. La filosofia, quando e qualora raggiunga l’oggettività, la contesta immediatamente. Per Nietzsche, ad esempio, e siamo già all’alba del XX secolo, non esistono fatti, ma solo interpretazioni, ed almeno in questo anche il filosofo del martello si staglia sulla lunga tradizione della filosofia classica.

La scienza attesta il reale, lo certifica, ma non lo modifica nè lo crea e quindi si può sostenere che la scienza sia certa, ma non vera. La filosofia, dal canto suo, non si limita ad attestare la realtà, ma la interpreta, in quanto consapevole che essa è filtrata sempre dal soggetto conoscente.

La scienza è “solo” conoscenza.

La filosofia invece è conoscenza, trasformazione e valutazione.

La filosofia è ben lungi dalla sua dipartita. Morirà quando la scienza avrà trasformato l’essere umano in oggetto, cioè in un ente inconsapevole.

Le ipotesi empirico-previsionali vanno bene (ma neanche sempre) per gli oggetti o, al limite, per gli animali, ma non sono certo sufficienti per quel soggetto, l’uomo, che tra l’altro la scienza l’ha inventata.

La filosofia nasce dalla prassi, come modificazione sociale che la verità la costituisce e non la fotografa. Essa è dunque concreta, e non astratta come le scienze particolari. E’ esattamente il contrario di quanto afferma il luogo comune.

Quindi non è vero che la filosofia non raggiunge lo status della scienza, perché non lo vuole manco per niente, quello status: si tratta di altra cosa, e guai se non fosse così.

FONTE:http://micidial.it/2020/06/la-scienza-non-e-democratica-semmai-teocratica/

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