RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 4 SETTEMBRE 2020

https://www.maurizioblondet.it/sparita-la-gioia-di-vivere/

RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI

4 SETTEMBRE 2020

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

“La prosperità della mente è una rovina,

la rovina della mente è una prosperità:

la mente di chi sa scompare,

la mente di chi non sa è una catena.”

Vidyâranya. La liberazione in vita. Jîvanmuktiviveka, Adelphi, 1995, pag. 208

 

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La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.

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SOMMARIO

Gli “onusti” della verità DEM sono dalla parte giusta e possono insultare liberamente
Dove sono finite le passerelle della sinistra a Lampedusa?
L’ipocrisia di “Black lives matter”
2010: UN DOCUMENTO DELLA ROCKEFELLER FOUNDATION ‘IMMAGINA’ LA ‘NUOVA NORMALITA’
Vietato dire “attore” e “attrice”
Sparita la gioia di vivere (il Gran Reset)
Così la Chiesa tedesca impone la linea pro gender al Vaticano
Ci riprovo: quali sarebbero i VALORI dell’Occidente?
Navalny e Merkel: il grande show di ipocrisia della Germania
IL CASO DELLA GUERRA AMBIENTALE
Pensiero critico: Panfilo Gentile
Lo «sporco gioco» dei Servizi
Pandemia e clash of globalization: la “profezia” dell’intelligence USA in un documento del 2004
Italia, per il professor Aldo Giannuli la grande sfida dei servizi segreti, fuori dai luoghi comuni
Migranti: quanto ci costano le navi quarantena
Come distruggere l’economia di un paese?
LO SCANDALO DELLA GIUSTIZIA: PARAGONE E GASPARRI vs BONAFEDE
Decreto Lampedusa: cosa prevede e novità su sbarchi e migranti
Immigrazione, Lampedusa nel caos. Giordano vs Nobili (Italia Viva)
Per favore non credete alla favoletta della felice magazziniera di Amazon!
Fusaro: l’apertura di Ratzinger a Putin – e la sua cacciata
Meno democrazia: fa comodo ai 5 Stelle e ai boss di partito
L’uso politico della pandemia
Magaldi: Di Maio neopiduista, taglia le Camere come Gelli
Mari invasi da plastica? Arrivano i robot spazzini!
In ricordo del partigiano Giorgio Morelli, giornalista-eroe perseguitato dall’Anpi

 

 

 

EDITORIALE

Gli “onusti” della verità DEM sono dalla parte giusta e possono insultare liberamente

Manlio Lo Presti – 4 settembre 2020

https://www.isnews.it/tutte-le-sezioni/media-e-tecnologia/44618-odio-3-0-e-insulti-gratuiti-in-rete-i-famigerati-haters.html

Aumenta a dismisura l’imbarbarimento della vita sociale e di conseguenza della vita politica del nostro Paese. I segnali ci sono tutti e le cause sono sempre le solite:

  • Disordine economico
  • Disordine sociale
  • Disordine sessuale e ossessione gender plurisex (voluto e pianificato)
  • Disordine e guerra sempre più violenta ai nuclei familiari alla natalità. Tanto poi arrivano le risorse-INPS con una media di otto figli a nucleo familiare
  • Disordine giudiziario
  • Disordine criminale interno ed esogeno indotto, crescente in maniera tale da interessare la sicurezza nazionale
  • Disordine politico
  • Disordine internazionale
  • Disordine gestionale della UE (voluto e pianificato)
  • Disordine all’interno dei nostri servizi segreti (voluto e pianificato)
  • Disordine mentale di una crescente parte della popolazione italiana
  • Disordine amministrativo (voluto e pianificato)
  • Disordine delle identità sessuali (voluto e pianificato)

 

TUTTO CIÒ PREMESSO

 

Aumentano vertiginosamente gli insulti e le minacce su tutti i canali in uso: stampa, tv, internet.

La gente ha il sentore che tutti gli schieramenti stiano recitando una commedia macabra dove i cittadini sono la parte sottomessa. La gente percepisce che nessuno dei settori politici vuole realmente migliorare le condizioni di vita. Le finte contese televisive, il proliferare di gruppi di discussione in internet in guerra fra loro, i giornalisti della carta stampata, le 17 e oltre trasmissioni politiche televisive, tutto contribuisce a creare caos avente il chiaro scopo di diffondere massicciamente una deformazione cognitiva.

Insomma, detto informalmente: non vogliono farci capire nulla!

Ma l’odio diffuso ad arte mediante insulti, minacce e plateali dichiarazioni non conosce crisi. La rabbia viene da tutte le parti della commedia appartenenti a tutti gli orientamenti. Una pratica ignobile che va combattuta da qualunque parte provenga.

E INVECE NO!!!!

Cosa è che inceppa il meccanismo della equanime e giusta esecrazione?

Presto detto: i dispositivi informativi, sociali, repressivi, disinformativi sono i seguenti (anche in questo, sempre i soliti):

  • Il bispensiero
  • La doppia verità
  • Il doppiopesismo
  • La post-verità
  • La repressione preventiva (la psicopolizia che si avvale di strumenti elettronici per il controllo di massa)

Fra i fattori bloccanti e deformanti, il più pericoloso la “doppia verità” di fabbricazione gesuitica e molto usata dai Dem monopolisti ed onusti della verità rivelata.

La verosimiglianza contenutistica dei fatti dipende dalla fonte, soprattutto se è quella “giusta”, cioè quella globalista neomaccartista quadrisex antifa. ESSI hanno sempre ragione P.G.R (per grazia ricevuta) non poi da chi se non una autoproclamazione prima divina e geopolitica poi partendo dagli USA gendarmi e ripulitori del mondo, persecutori degli Stati canaglia (quelli che non hanno voluto nel proprio Paese agenzie bancarie e strutture finanziarie gravitanti nella costellazione Rothschild, Goldman Sachs, ecc. ecc. ecc.).

P.Q.M.

 

ESSI possono liberamente scatenare odio, distribuire generosamente e con la necessaria stupida ferocia e crudeltà qualsiasi insulto:

– allusione ai difetti corporei,

– al fatto che coloro che non sono allineati sono ignoranti

– alla inferiorità genetica perché populisti

– all’isolamento sociale

– alle minacce.

Quando queste violenze, l’odio verbale ecc., di contenuto identico provengono da avversari che-sono-dalla-parte-sbagliata, ESSI tirano fuori le oscure legioni di massacratori, partono 160 girotondi, trasmettono rubriche “contro” per 75 ore al giorno a reti unificate per settimane.

ESSI SONO I POSSESSORI UNICI ED ESCLUSIVI DELLA (loro) VERITÀ.

Tutti coloro che non si conformano a tale impostazione devono essere.

  1. Trucidati
  2. Accusati alla sbarra da una presunta ed inesistente Commissione Segre che funziona a senso unico, ovviamente.
  3. rieducati in appositi campi di ricondizionamento mentale, stile Cina maoista (PADELLARO ed altri nelle varie puntate della rubrica politica platealmente unilaterale del canale TV LA7.
  4. Licenziati dalle cattedre
  5. Licenziati dai posti di lavoro
  6. Proscritti in apposite liste gestite dai Servizi Segreti
  7. Intimidazione con “casuali” incidenti stradali

La situazione riflette la palese DITTATURA DI UNA MINORANZA POLITICA E QUADRISEX che sta bloccando la vita sociale e democratica della ex-Italia.

Si tratta di un assetto di POTERE OLIGARCHICO DI UNA MINORANZA CHE DISPONE DI ENORMI RISORSE FINANZIARIE per realizzare velocemente il REGIME CHANGE in Italia e in tutto il pianeta.

La nostra speranza?

  • Il fatto che statisticamente, nessuna operazione di sovversione e di demolizione sociale si realizza perfettamente in tutti i suoi particolari. La complessità genera SEMPRE dispersioni dagli effetti incontrollabili.
  • È la ricorrente contesa fra gruppi interni ciascuno dei quali comincia a pretendere una fetta di potere e/o di soli più consistente. Si creano crepe che portano al crollo della macchina oppressiva. In quel momento, è possibile uno spiraglio di democrazia.

NE RIPARLEREMO …

 

Riferimenti

https://www.isnews.it/tutte-le-sezioni/media-e-tecnologia/44618-odio-3-0-e-insulti-gratuiti-in-rete-i-famigerati-haters.html  

https://www.ilgiornale.it/news/politica/veleno-contro-berlusconi-positivo-virus-magari-volta-buona-1887422.html

https://www.secoloditalia.it/2019/05/in-grecia-morti-700-neonati-in-piu-per-la-crisi-ma-ho-nascosto-la-notizia-video/

https://corrieredelveneto.corriere.it/verona/politica/20_agosto_24/maltempo-verona-colpa-karma-polemica-un-tweet-paolo-berizzi-a0696688-e5e9-11ea-8045-005f551177db.shtml

https://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/24292879/paolo-berizzi-repubblica-verona-maltempo-karma-nazifascisti-razzisti-rivolta-crosetto-lega.html

https://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/13429656/cartabianca-mario-giordano-gino-strada-rissa-insulti-interviene-bianca-berlinguer.html

https://www.secoloditalia.it/2019/02/lite-furiosa-a-cartabianca-giordano-contro-le-ong-e-gino-strada-va-fuori-di-testa-da-guardia-psichiatrica-video/

https://www.ilgiornale.it/news/politica/dem-insulti-choc-salvini-vai-dormire-gas-aperto-1809459.html

https://www.ilprimatonazionale.it/approfondimenti/dirigente-dem-insulta-meloni-vai-fare-casalinga-pd-femminista-121732/

https://www.livornotoday.it/politica/perini-lega-sessismo-lucetti-consigliera-pd-livorno.html

 

 

 

IN EVIDENZA

Dove sono finite le passerelle della sinistra a Lampedusa?

Roma, 3 ago – A Lampedusa arriva di tutto e di più, ma non la sinistra. L’epoca delle grandi passerelle mondane, dei primi piani al porto o sulle spiagge prese di mira da scafisti e clandestini è passata, tempo ormai remoto, perché al governo ci sono loro, gli onnipotenti della sinistra italiana del 2020. Il Partito Democratico, appoggiato dalla costola opportunista chiamata Italia Viva, gestisce in modo paradossale il fenomeno migratorio lasciando intendere a qualsiasi organizzazione privata, più o meno lecita, che l’Italia è terra di conquista.

La battaglia della sinistra contro lo Stato sovrano

Lampedusa, di fatto, è stata espropriata della sua sovranità in quanto porzione dello Stato italiano, poiché se i confini di un territorio cadono o vengono costantemente infranti illegalmente, viene a mancare la delimitazione territoriale entro cui uno Stato sovrano può e deve imporre la propria legge. Costoro, tutti loro, lo sanno, e proseguono in questa eterna battaglia contro lo Stato sovrano a causa dei vecchi ricordi dell’internazionale proletaria che avrebbe abbattuto i confini per creare un mondo governato dalla dittatura del proletariato. Ma, una volta scomparso quest’ultimo, tocca reinventarselo. Ed ecco che in questo caso entrano in gioco la peggiori organizzazioni criminali di mercanti di uomini che, coi loro carichi umani, indeboliscono sempre più le istituzioni dello Stato picchiando con santa pazienza ai suoi fianchi.

La sinistra ha smesso di metterci la faccia perché crede di averne ancora una. Lo scorso anno era tutta un bollore per Lampedusa e i lampedusani, i quali sembravano soggiogati dal cattivo Salvini, bisognosi quindi dei liberal de’ noantri e delle loro scorribande sulle banchine del porto. Il tutto culminato con l’indecente accampamento sul ponte della nave comandata dalla speronatrice Carola Rackete, la quale, sostenuta da parlamentari della repubblica italiana, violò i confini e speronò una motovedetta della Guardia costiera. Il tutto perché c’era quel nazista di Salvini al governo, naturalmente sostenuto dagli altri buontemponi che oggi governano assieme ai sedicenti democratici.

Le passerelle a Lampedusa sono finite

Il popolo di Lampedusa aveva bisogno di loro. Naturalmente, tutto falso, tutto teso verso la narrazione patetica di un’Italia razzista che deve essere rieducata alle buone maniere. Oggi però, con l’invasione in atto che colpisce la stessa isoletta, nessuna di quelle facce si è più vista laggiù. Sarà che i lampedusani hanno già il dente avvelenato col loro sindaco. Sarà che elezioni regionali sono vicine e gli ultimi sondaggi danno contesa addirittura la Toscana. Sarà quel che sarà, ossia che la sinistra nel mondo, e in Italia in particolar modo, è tecnicamente allo sbando, ma di quelle facce ben pasciute e sornione non ve ne è traccia.

Eppure avrebbero la loro nuova Carola Rackete, quella signorina (si fa per dire) corrispondente al nome di Pia Klemp che ha avuto il coraggio di affermare che il salvataggio dei clandestini e il loro riversamento in italia è lotta antifascista. Dimenticandosi, di fatto, che qui governano gli amanti della clandestinità e della promiscuità, quindi di fascismo non ne abbiamo, dovrebbe rivolgersi a qualche altro paese che però, ci spiace per lei, non la farebbe avvicinare alle proprie coste a suon di cannonate.

La demenza che accompagna questo teatrino è la solita di sempre. L’antirazzismo e l’antifascismo, la retorica mondana dell’umanitarismo senza confini e senza criterio, predicato naturalmente da chi, dopo la gitarella in mare, se ne torna a casa propria dove l’unico richiamo all’immigrazione è la cameriera filippina. Possibilmente, anche lontano da questo sciagurato Paese. Ché tanto è nelle mani di quelli giusti.

Lorenzo Zuppini

FONTE: https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/finite-passerelle-sinistra-lampedusa-166720/

L’ipocrisia di “Black lives matter”

Gli amanti della pallacanestro (come il sottoscritto) non aspettavano altro. Finalmente è ripartita la stagione Nba, un appuntamento irrinunciabile per tantissimi appassionati della “palla a spicchi”.

Tuttavia, una stagione bruscamente interrotta dalla pandemia Covid-19 non poteva che riprendere…in ginocchio.

E così giovedì 30 luglio, nella “bolla” di Orlando, sotto l’ala di una Lega molto attenta alle dinamiche del marketing, soprattutto quelle di natura politica, e quindi disposta a chiudere un occhio sul regolamento NBA (che impone agli atleti di ascoltare l’inno nazionale con postura dignitosa), i giocatori degli Utah Jazz e dei New Orleans Pelicans, in segno di solidarietà, hanno deciso d’inginocchiarsi contro il razzismo e l’uso eccessivo della forza da parte della polizia.

Perciò, durante l’inno, tutti i protagonisti (giocatori, allenatori, arbitri), evidentemente avvolti da un unico sentire, si sono presentati sul parquet indossando una maglia nera con la celebre (quanto inflazionata) scritta “Black lives matter”, a sostegno del movimento antirazzista, tornato alla massima potenza dopo l’uccisione di George Floyd, a Minneapolis, il 25 maggio scorso.

Un’immagine indubbiamente toccante che in breve tempo ha fatto il giro del mondo, rilanciata anche dagli atleti delle due squadre di Los Angeles.

Eppure, e lo affermo perché ai cowboy ho sempre preferito gli indiani, se la malapianta del razzismo va combattuta con estrema fermezza, mi chiedo quanto sappiano, fuoriclasse del calibro di LeBron James o Anthony Davies, al di fuori del recinto statunitense, delle discriminazioni perpetrate da neri su altri neri.

Si tratta di vicende poco pubblicizzate, se non da pochi validi colleghi, che non si addicono alla moda del momento.

Perché, ne siamo consapevoli, va bene “Black lives matter”, ma solo se rivolto nella direzione che fa più comodo e scalpore, specie quando un afroamericano è brutalmente ucciso da un poliziotto. Tanto meglio se bianco.

Alle stelle Nba (ma l’intuizione andrebbe rivolta a tutti gli atleti delle varie leghe professionistiche americane), mi piacerebbe chiedere, per esempio, se sono a conoscenza delle violenze (e degli omicidi) che si consumano con puntualità in Sudafrica.

E non sto parlando delle disgustose pratiche cui ci aveva abituato il Paese guidato dal regime razzista condannato dalla Trc[1] per crimini contro l’umanità, ma di quello post apartheid, “multirazziale”, nato dopo la liberazione di Nelson Mandela.

Quasi un anno fa, infatti, un lancio dell’agenzia Ansa[2]allertava in merito a un’ondata di saccheggi, incendi e atti vandalici contro negozi proprietà di stranieri nelle periferie di Malvern e Jeppestown, a sud di Johannesburg e a Pretoria.

In verità, come giustamente riporta Mauro Indelicato, “quello che non si vuole ammettere è che nel Sudafrica post apartheid la violenza xenofoba è ben presente ed è perpetuata da giovani di colore contro altri cittadini di colore. Una guerra civile africana proprio nel Paese della lotta alle discriminazioni”.[3]

Violenze montate come panna che partono da lontano, alla vigilia dell’evento sportivo più importante in assoluto: l’organizzazione dei mondiali di calcio del 2010.

A fare le spese dell’ondata xenofoba sono soprattutto lavoratori somali, del Malawi, dello Zimbabwe e di altri Paesi africani.

Non possono dunque non creare turbamento le dichiarazioni del leader nero sudafricano (e marxista) con cognome accostabile a un codice fiscale, passato alle cronache per aver invitato i partecipanti a un suo comizio ad ammazzare bianchi: «Per ogni nero uccideremo cinque bianchi. Uccidi uno di noi, uccideremo cinque di voi. Uccideremo le loro donne, uccideremo i loro figli, uccideremo i loro cani, uccideremo i loro gatti, uccideremo qualsiasi cosa si metta sulla nostra strada».[4]

Probabilmente, ed è comprensibile per carità, dai loro televisori a 1.000 pollici i nostri campioni inginocchiati non trovano il tempo per seguire notizie così lontane, poco interessanti e non utilizzabili ai fini “pubblicitari” indirettamente imposti dalla vulgata del politicamente corretto.

E allora, voltiamo pagina.

Mi piacerebbe chiedere loro se sono in grado di spiegare, prima di sbucciarsi le ginocchia sul parquet, perché in Mauritania, nonostante una recente legge l’abbia abolita, la piaga della schiavitù sia così difficile da curare.

“Non ci sono statistiche affidabili – scrive Chiara Clausi – su quante persone siano schiavizzate in questo Stato dell’Africa. E la sua posizione ufficiale è negare che ci siano schiavi nel paese. Ma il l’indice World Slavery stima che la Mauritania abbia uno dei più alti tassi di schiavitù sulla terra, con oltre l’1% della popolazione impegnata in lavori forzati”.[5]

Mentre ci si ammazza per colpa della crisi economica e di consolidati tribalismi, una guerra civile a bassa intensità sta attraversando Paesi come Sudafrica, Camerun, Nigeria, Congo e Libia, morti che, palesemente, non catturano l’interesse dei milionari di cui sopra.

È forse giunto il momento di allargare la discussione a una riflessione più ampia sul razzismo (soprattutto quello che non ti aspetti) capace di affliggere ogni giorno, nell’indifferenza generale, molte realtà del continente africano.

Non c’è posto, per esempio, nei cuori dei “Black lives matter”, per gli oltraggi subiti dai lavoratori domestici (molto spesso neri) in Libano oppure Arabia Saudita, abusi che in questi Paesi rappresentano la norma.

Insomma, se a praticare la violenza, o peggio, un omicidio non è una divisa indossata da un bianco l’interesse per i maltrattamenti subiti dai neri improvvisamente scema.

Lo conferma anche Najma Fiyasko Finnbogadòttir, attivista somala e fondatrice della piattaforma social Md-Show, che denuncia il trattamento vergognoso riservato ai somali bantu nel suo Paese, discriminati per le loro caratteristiche fisiche: «Paradossale che ci si dimentichi di una questione come questa proprio mentre si scende in piazza per Floyd».[6]

Basterà, cara Najma, aspettare il prossimo omicidio commesso da un poliziotto bianco negli Stati Uniti per ridestare la noiosa ipocrisia dei nostri campioni che, vedrai, morandianamente parlando, torneranno in ginocchio. Ma non certo da te.

D’altra parte a chi interessa dei somali bantu?

 

P.S.: Un ringraziamento sentito a Jonathan Isaac, giocatore di colore degli Orlando Magic, rimasto in piedi durante l’inno senza indossare la maglia nera. Chapeau.

 

 

[1] Truth and Reconciliation Commission (Commissione per la verità e la riconciliazione).

[2] “Sudafrica: attacco contro stranieri”. Ansa.it

[3] Mauro Indelicato, “In Sudafrica i cittadini stranieri vengono cacciati e uccisi”, InsideOver

[4] Simone Pierini, “Politico sudafricano choc: «Uccideremo le donne bianche, i loro figli e i loro cani»”. Leggo.it

[5] Chiara Clausi, “Mauritania, un paese afflitto dalla piaga della schiavitù”, InsideOver

[6] “Black Lives Matter Il razzismo che non ti aspetti”. AfricaRivista.it

FONTE: https://www.orwell.live/2020/08/02/lipocrisia-di-black-lives-matter/

 

 

 

2010: UN DOCUMENTO DELLA ROCKEFELLER FOUNDATION ‘IMMAGINA’ LA ‘NUOVA NORMALITA’


Articolo Nogeoingegneria

Scenario LOCK STEP: un mondo di stretto controllo governativo dall’alto verso il basso, una leadership autoritaria, con innovazione e crescita limitate e respingimento dei cittadini. Suona familiare?

Un documento della Fondazione Rockefeller ha analizzato uno scenario in cui i governi hanno risposto con autoritarismo in reazione a una pandemia di influenza mondiale. Da non crederci, ma hanno previsto e pianificato l’esatto tipo di scenario pandemico in cui ci troviamo in questo momento con il coronavirus COVID-19.  Il documento è stato pubblicato 10 anni fa, nel 2010,  e delinea uno scenario di pandemia, che i governi del mondo usano per espandere la loro autorità e aumentare il loro potere.

Così come Bill Gates assicurava  che il suo Event 201 era solo una “simulazione” e non una “previsione” della pandemia attuale , così anche questo documento della Fondazione Rockefeller ha saputo solo ‘casualmente’ anticipare eventi reali.

Il documento della Fondazione Rockefeller sostiene:

“È importante che gli scenari non siano previsioni. Piuttosto, sono ipotesi ponderate che ci permettono di immaginare, e poi di provare, diverse strategie per essere più preparati per il futuro – o più ambiziosi, come aiutare a plasmare un futuro migliore… gli scenari sono un mezzo attraverso il quale è possibile non solo immaginare ma anche attualizzare un grande cambiamento”.

Uno degli scenari ‘immaginati’ si chiama “Lock Step”

Lo scenario Lock Step è descritto come un mondo con un controllo governativo molto stretto dall’alto verso il basso e una leadership autoritaria, e si basa su una pandemia di un virus (un ceppo influenzale) che infetta quasi il 20% della popolazione mondiale e uccide 8 milioni di persone in 7 mesi.

In questo scenario ‘fittizio’:

 – La pandemia ha avuto un effetto letale anche sulle economie: la mobilità internazionale di persone e merci si è arrestata, debilitando industrie come il turismo e spezzando le catene delle forniture globali. Anche a livello locale, i negozi e gli edifici degli uffici, normalmente affollati, sono rimasti vuoti per mesi, privi sia di dipendenti che di clienti.

 – La politica iniziale degli Stati Uniti di “scoraggiare fortemente” i cittadini dal volare si è rivelata mortale nella sua clemenza, accelerando la diffusione del virus non solo all’interno degli Stati Uniti ma anche oltre confine.

 – Tuttavia, alcuni paesi se la sono cavata meglio, in particolare la Cina. La rapida imposizione e l’applicazione da parte del governo cinese della quarantena obbligatoria per tutti i cittadini, così come la sua immediata e quasi ermetica chiusura di tutti i confini, hanno salvato milioni di vite umane, fermando la diffusione del virus molto prima che in altri Paesi e consentendo una più rapida ripresa post-pandemica.

 – Durante la pandemia, i leader di tutto il mondo hanno imposto regole e restrizioni ermetiche, dall’obbligo di indossare maschere facciali ai controlli della temperatura corporea agli ingressi agli spazi comuni come le stazioni ferroviarie e i supermercati.

– Nei paesi sviluppati, questa sorveglianza intensificata ha assunto molte forme: ID biometrici per tutti i cittadini, per esempio … (In procinto di essere attivata con la vaccinazione obbligatoria – vedi Bill Gates ID2020).

Lo scenario Lock Step discute poi quali tendenze tecnologiche e applicazioni potremmo vedere. Ecco le sue previsioni:

– Gli scanner che utilizzano la tecnologia avanzata di risonanza magnetica funzionale (fMRI) diventano la norma negli aeroporti e in altre aree pubbliche per rilevare comportamenti anomali che possono indicare un “intento antisociale”.

– All’indomani di una pandemia, l’imballaggio più intelligente per alimenti e bevande viene applicato prima dalle grandi aziende e dai produttori e poi adottato per i singoli prodotti e i consumatori.

– Vengono sviluppate nuove tecniche diagnostiche per individuare le malattie trasmissibili. Anche l’applicazione dello screening sanitario cambia; lo screening diventa un prerequisito per il rilascio da un ospedale o da una prigione, rallentando con successo la diffusione di molte malattie.

– Le tecnologie di tele-presenza rispondono alla domanda di sistemi di comunicazione meno costosi, con una larghezza di banda più bassa e sofisticati per le popolazioni i cui spostamenti sono limitati.

– Spinte dal protezionismo e dalle preoccupazioni per la sicurezza nazionale, le nazioni creano le proprie reti IT indipendenti, definite a livello regionale, imitando i firewall della Cina. I governi hanno diversi gradi di successo nel controllare il traffico Internet, ma questi sforzi fratturano comunque il “World Wide Web”. (Era già successo – prima della crisi COVID-19, la Corea del Nord, l’Iran, Cuba e la Russia hanno sviluppato le proprie intranet nazionali).

Come dimostra il Rockefeller Foundation Paper, nulla nel mondo politico accade per caso. Il documento ricorda altri importanti racconti e documenti che hanno anche in qualche modo “predetto” il futuro.

Un ulteriore dettaglio del documento: si prevede per il 2025 che la gente, sempre più stanca di tanto controllo dall’alto e dei leader e delle autorità che fanno scelte per loro, si ribellerà. Prima o poi, qualcosa inevitabilmente sconvolge l’ordine implementato.

Peter Schwartz, che introduceva il documento dei Rockefeller, era co-autore di un’altra previsione – con data precisa:

I VEGGENTI DEL PENTAGONO NEL 2003: SARA’ CATASTROFE CLIMATICA ENTRO IL 2020

COLLEGAMENTO TRA LA FONDAZIONE ROCKEFELLER, JOHNS HOPKINS E LE FONDAZIONI GATES

I ROCKEFELLER E IL LORO PIANO NASCOSTO SUI “CAMBIAMENTI CLIMATICI”

ROCKEFELLER SI FACEVA L’ARCA DI NOÈ. COSA CI NASCONDE?

PERCHÉ I ROCKEFELLER CERCANO DI DISTRUGGERE GLI AGRICOLTORI ?

 

VIDEO

Lock Step: Blueprint For a Rockefeller World – SGT Report

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FONTE: https://www.nogeoingegneria.com/effetti/politicaeconomia/2010-un-documento-della-rockefeller-foundation-immagina-la-nuova-normalita/

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

Vietato dire “attore” e “attrice”

Così il politicamente corretto invade il festival del Cinema di Berlino

Come un fulmine a ciel sereno – si fa per dire – in un’estate incerta e funestata dalla presenza del virus cinese, il mondo liberal e politicamente corretto si è manifestato in tutta la sua follia. Questa volta niente statue distrutte, né libri dati alle fiamme. Tutto è avvenuto nella tranquillità burocratica dell’organizzazione del Festival del Cinema di Berlino, in cui il mondo della settima arte si cimenta alla conquista degli ambiti orsi.

La questione è che, dalla prossima edizione, come hanno fatto sapere gli stessi organizzatori, non verranno più assegnati premi in base a al genere: non avremo più premi al miglior attore o alla miglior attrice. Ci saranno solo categorie “gender neutral”. Gli interpreti, dunque, dovranno accontentarsi delle sole categorie “miglior performance da protagonista” e da “non protagonista”.

Non era mai successo che tali teorie irrompessero nel mondo del cinema e, soprattutto, che lo facessero in una kermesse internazionale. Si tratta di un confine che ora che è stato valicato, potrebbe estendersi ad altre manifestazioni, contaminando definitivamente gli ultimi segmenti rimasti estranei alla follia gender e politicamente corretta, che sembra inarrestabile.

Come se ciò non fosse sufficiente, è stato anche definitivamente eliminato l’Orso d’Argento Alfred Bauer, che fu il primo direttore della Berlinale: questo perché le sue posizioni durante il nazismo lo rendono incompatibile con il nuovo clima inquisitorio che veleggia nel mondo della cultura, con processi postumi che, come avviene anche in Italia, non risparmiano nessuno, come ha ampiamente dimostrato la vicenda della Coppa Volpi, durante la scorsa edizione del Festival del cinema di Venezia.

Non ci resta che attendere il prossimo camaleontico passo del politicamente corretto e degli armigeri LGBTQ, i quali non si limiteranno al festival di Berlino, ma tenteranno di proseguire nella loro insaziabile follia distruttiva, trovando purtroppo terreno fertile e sostegno nel mondo culturale e politico della sinistra postmoderna, ormai priva di ogni fondamento ideologico e alla mercé di ogni battaglia che possa donare un senso ad un mondo ormai in fumo per autocombustione.

FONTE: https://loccidentale.it/vietato-dire-attore-e-attrice-cosi-il-politicamente-corretto-invade-il-festival-del-cinema-di-berlino/

 

 

 

ATTUALITÁ SOCIETÀ COSTUME

Sparita la gioia di vivere (il Gran Reset)

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/sparita-la-gioia-di-vivere/

 

 

 

Così la Chiesa tedesca impone la linea pro gender al Vaticano

I RACCONTI DELL’ERA ATOMICA

La Chiesa cattolica tedesca, rivisitando se stessa, ambisce a modificare il palinsesto dottrinale di Roma, nel senso della Santa Sede. Nella Germania del cardinale Reinhard Marx, che è un ultra-progressista ed un filo-Ong, è in corso un Sinodo biennale che intende apportare riforme significative tanto dal punto di vista dottrinale quanto dal punto di vista gestionale.

La diocesi di Essen, una delle più progressiste nel contesto teutonico, si sta distinguendo per l’atteggiamento propositivo. E tutto questo prescinde dalle preoccupazioni del Vaticano, che ha già esposto più di qualche perplessità per l’iniziativa interna, una sorta di concilio, della realtà episcopale della Germania. Come abbiamo già avuto modo di spiegare, la materia della morale cristiano-cattolica è sì riformabile, ma solo dalla Chiesa universale, dunque dal papa. In Germania pensano tuttavia di poter procedere in maniera autocefala, senza badare troppo a quello che accade dalle parti di piazza San Pietro. Si è arrivati a parlare di “scisma”.

Gramscianamente parlando, si direbbe che la Chiesa cattolica tedesca stia cercando di far passare dei messaggi attraverso i canali che lo sviluppo informatico mette a disposizione. Da Essen, in questo senso, è partita un’iniziativa volta a sfruttare Youtube per comunicare all’interno ed all’esterno le intenzioni rivoluzionarie dell’ambiente ecclesiastico. Quattro protagonisti in video per quattro velleità dottrinali ed organizzative: l’iniziativa della diocesi teutonica è stata ripercorsa pure da La Verità. Ovviamente uno degli accenti riguarda il rapporto tra dottrina ed omosessualità, ma c’è spazio pure per la propagandata omologazione gerarchica tra i ruoli femminili e quelli maschili all’interno del contesto ecclesiastico. Su questo aspetto papa Francesco è apparso aperturista. Poi c’è addirittura un consacrato che fornisce un assist alla cosiddetta teoria gender: “Noi vogliamo una Chiesa che non si interessi al sesso biologico delle persone, ma alla chiamata di Dio. Indipendentemente dal fatto che uno sia un uomo, una donna o un diverso”, afferma nel corso del filmato che lo riguarda.

Dalla benedizione alle coppie Lgbt passando per l’accesso ai sacramenti delle stesse e dei loro figli: la realtà cattolica tedesca, almeno in larga parte, spinge per quella che il “fronte tradizionale” ritiene essere una vera e propria “protestantizzazione”, nel senso della omologazione alla Chiesa protestante. Dal punto di vista squisitamente politico, l’episcopato teutonico in questi anni si è appiattito sull’accoglienza dei migranti, sull’ambientalismo (c’è stato anche un incontro formale tra il cardinale Marx ed il partito dei Verdi) e sulla difesa della Unione europea. Il disegno, insomma, non è solo dottrinale, ma anche politico.

Le anime conservatrici sono scandalizzate ma, per quanto persista l’azione di più di qualche sacca di resistenza capitanata per esempio dal cardinale ed ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Gherard Mueller, i tedeschi continuano a procedere nella direzione individuata ormai un anno fa, con il dibattito che ha preceduto l’inizio del Sinodo interno. Esiste un doppio binario: uno riguarda la Chiesa cattolica del futuro, l’altro il tipo d’impostazione da preferire in chiave ideologica, con la spiccata preferenza che viene riservata alle realtà di centrosinistra che operano nel consesso europeo.

In questo senso, il favour o comunque la mancata contrarietà alla proliferazione del gender rappresenta un simbolo dell’avvenire ecclesiale: “Da tanti anni sono lesbica e convivo con una donna…E immagino una Chiesa futura che si distacchi dal suo insegnamento morale e guardi al valore del singolo”, dice nel video dedicato all’argomento una parrocchiana di Essen, così come si legge sulla fonte sopracitata. Un “distacco” che procede a passi spediti e che non riguarda soltanto il Catechismo, ma anche il rapporto tra gli episcopati nazionali e il Vaticano, dove il papa sembra aver perso parte del potere che gli consentirebbe di frenare fughe in avanti come quella teutonica. La sensazione è che l’esito del Sinodo interno possa alimentare un effetto domino in grado di sconvolgere le logiche e le dinamiche cui siamo stati abituati in relazione al cattolicesimo occidentale.

FONTE: https://it.insideover.com/religioni/cosi-la-chiesa-tedesca-impone-la-linea-pro-gender-al-vaticano.html

 

 

 

Ci riprovo: quali sarebbero i VALORI dell’Occidente?

RILETTURA

Come ogni anno ad inizio scuola è ripartita la polemica sul crocifisso in classe. Allora, ripropongo un estratto di una vecchia riflessione internettiana, maturata qualche anno fa, all’indomani del tragico attentato al Bataclan di Parigi.

 

IL PROBLEMA VERO PER L’OCCIDENTE

I militanti dell’isis hanno ragionato dal loro punto di vista in modo corretto: “noi vogliamo prenderci la Siria con una guerra civile, la Francia è intervenuta contro e noi la colpiamo”. Non ci vedo niente di immorale in questo, francamente. La cosa agghiacciante è però che quella religione, quella filosofia, quella storia, quei costumi… NON SONO I NOSTRI.

 

Questo è il problema. Noi non vogliamo abbracciare quella cultura, ma al contempo non sappiamo qual è la nostra. Noi lo capiamo che quelli non sono i nostri valori, ma non sappiamo quali sono i nostri. Questo mi terrorizza non meno dei colpi di mitraglia.

 

Se fermiamo per strada un individuo qualsiasi e gli chiediamo a bruciapelo quali sono i valori dell’Occidente, vedremo un generale imbarazzo, risposte confuse o fortemente retoriche, qualche ardito proporrà “il cristianesimo”, senza però sapere in concreto di cosa si tratti.

 

In Occidente, ed in Italia soprattutto, si legge poco. Specialmente non si legge di storia, mentre nelle scuole i programmi si perdono nei dettagli e nel solito nozionismo manualistico. Ad una studentessa il giorno dopo l’attentato ho chiesto quale fosse per lei il maggior valore dell’Occidente e mi ha risposto: la ricchezza.

 

Ecco, se in Occidente pensiamo che la ricchezza sia il valore principale,  noi non abbiamo nessuna possibilità di affermare la nostra civiltà e verremo ben presto sostituiti e superati dalle altre. Bombe o non bombe.

 

QUALI SONO I VALORI DELL’OCCIDENTE. Visto che sono avvolti nel mistero, alcuni valori occidentali li svelo qui io, sperando che nessuno di fronte a tali incredibili news non vomiti sul tappeto di casa, non si strappi i peli delle ascelle e non si ingroppi il cane sul tappeto:

 

1. La società occidentale è fortemente autocritica. Grazia alla filosofia –

che andrebbe studiata fin dall’asilo almeno per 1 ora al giorno inginocchiati e rivolti verso Atene 

noi abbiamo sviluppato una cultura dinamica perennemente critica e ricercatrice di verità, sempre pronta a costruire e poi a rimettere in discussione quanto ha costruito. Per fare un paragone, immaginate il sapere come a un’isola che sta emergendo dalle acque. Più la terra emerge e l’isola si allarga, più aumenta la superfice chilometrica delle sue coste. La parte interna dell’isola è la conoscenza, le coste del litorale sono le domande.

Più sai, più chiedi. Più ottieni risposte e più fai domande!

La cultura occidentale è rappresentata da Gesù che dice a Pilato: “io sono la verità” e da Pilato stesso che gli risponde: “e che cos’è la verità?”

 

Non vi riconoscete in questo valore? Male, perchè allora siamo vicini alla nostra estinzione

 

2. La società occidentale affonda le radici nel cristianesimo e sviluppa i rami più robusti nelle rivoluzioni (inglese, francese, russa).

 

Il cristianesimo – anche per i non credenti – è molto importante. Questo perchè si tratta di una religione che arriva a individuare un rapporto speciale – identificativo – tra l’essere umano e il divino. Questo aspetto della centralità dell’uomo lo vediamo svilupparsi chiaramente nell’Umanesimo italiano, in Pico della Mirandola ad esempio (che riprende Platone su questo). L’uomo non è un essere come gli altri; ha la libertà di andare verso il bene o di andare verso il male, egli può scegliere, non ha solo istinti come l’animale. Egli è, appunto, Dio che si è fatto Uomo. Nelle altre religioni, in particolare in quella degli ebrei e in quella musulmana, non è così manco per niente! Per quelle religioni Dio è lontano, è una forza misteriosa, non si è incarnato nell’umanità. Questo ha influito enormemente sulla mentalità e gli usi di queste diverse civiltà ovviamente e in modo molto diverso.

 

3. Le rivoluzioni hanno fortunatamente spento gli eccessi dei fedeli cristiani ed i privilegi ecclesiastici. Il cristianesimo ad un certo momento della storia era decaduto nei suoi riti esteriori più vuoti e liturgici ed i rivoluzionari hanno allora indirizzato l’Occidente verso l’individuazione dei diritti fondamentali dell’uomo.

 

L’uomo ha diritto alla vita e alla libertà (rivoluzione inglese), ha diritto all’uguaglianza civile e alla rappresentanza (rivoluzione francese) ha diritto all’emancipazione economica (rivoluzione russa).

 

Lasciamo perdere che queste idee occidentali poi si siano affermate o meno e in che misura e come (tra l’altro i valori sono molti di più, noi qui abbiamo indicato solo i più importanti…) Ciò che ora conta davvero è capire che questi sono i nostri valori, almeno in teoria, almeno nella nostra mentalità e nel nostro corpus di leggi

 

Li dobbiamo difendere e sostenere promuovendo una operazione educativa e normativa? Dobbiamo costringere i residenti che vivono in Europa da adeguasi ad essi?

 

In altre parole, i nostri valori sono migliori di quelli di altre civiltà?

 

SI

 

ma se manco li conosciamo la vedo un po’ duretta, ed io sarei anche u  po’ stanchino.

FONTE: http://micidial.it/2019/10/ci-riprovo-quali-sarebbero-i-valori-delloccidente/

 

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Navalny e Merkel: il grande show di ipocrisia della Germania

Guido Da Landriano 3 SETTEMBRE 2020

Ormai in Germania, ed in mezza Europa, non si parla d’altro: Navalny è stato avvelenato da Putin con il Novichok, il famoso gas velenoso russo già utilizzato nel Regno Unito, senza grosso successo. Quindi la Germania deve reagire contro la brutalità dei mezzi utilizzati dal “Dittatore” russo.

Questa teoria diventata verità è divertente, anche perchè presenta Vladimir Putin come il più imbranato dittatore dai tempi di Charlie Chaplin e de “Il Grande Dittatore”: infatti zio Vladimiro è un pasticcione che:

fa utilizzare un gas che NON ha funzionato nel Regno Unito per attentare alla vita di un oppositore in Russia. Si vede che lo FSB ha perso le istruzioni per la costruzione del famoso “Ombrello bulgaro” che sparava una microcapsula di ricina con effetto mortale certo, oppure hanno finito le scorte di polonio. Oppure negli ultimi 30 anni sono stati talmente pigri da non sviluppare nessun altro mezzo per uccidere una persona senza lasciare tracce: basterebbe un contatto con un ceppo batterico antibiotico resistente, ad esempio. No, utilizzano il Novichock…..

Putin avvelena una persona, lascia tracce del veleno nel suo corpo, e poi lascia che questa persona sia portata in un paese occidentale per essere curata e, soprattutto, perchè venga rilevato il veleno.

Chiaramente per dire che Navalny sia stato avvelenato da Putin basta crederci, come pare, leggendo i giornali, pare stiano facendo i tedeschi. Il che però fa venire qualche dubbio sulla buona fede di Berlino: se Putin è un tale brutale dittatore perchè comprare il gas naturale direttamente da lui, rafforzando fortemente la sua posizione economica e politica? Perchè completare il Nord Stream 2, che permetterà a Gazprom, emanazione dello stato, di inondare di gas a basso costo Germania, Olanda ed Austria, non pagando i diritti di passaggio a Polonia e Ucraina e fornendo un vantaggio competitivo? Basta interrompere l’opera in cui il colosso russo ha investito 8 miliardi di dollari, per punire Putin.

Però Vladimir è cattivo con Navalny, ma è buono quando vende il gas. Facile prevedere che queste proteste tedesche finiranno nel nulla. Volete che l’avido teutonico rinunci ad un buon affare? Ma figuriamoci. Il gas vale 10 o 100 Navalny.

FONTE: https://scenarieconomici.it/navalny-e-merkel-il-grande-show-di-ipocrisia-della-germania/amp/

IL CASO DELLA GUERRA AMBIENTALE


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IL CASO DELLA GUERRA AMBIENTALE

Il paese di fronte ad uno scenario di conflitto bellico.

Di Marcos A. Peñaloza- Murillo

Gli sviluppi scientifici ed i progressi tecnologici possono essere usati per lo studio e per un uso pacifico dell’ ambiente naturale, traducendosi in risorse che favoriscono il benessere, la salute e la sicurezza internazionale dell’umanità (Golden & DeFelice- 2006)
Dalla scoperta, nel 1946, di Irving Langmuir (Premio Nobel 1946) e di Vicente Schaefer, nel laboratorio della compagnia nordamericana General Eletric, che un pezzo di ghiaccio secco potrebbe creare una tormenta di neve virtuale, molti sono stati i tentativi di riprodurre la pioggia artificiale. Progetti come il Whitetop (Università di Chigago) a fine degli anni 50, il National Hail Research Experiment (Fondazione Nazionale per la Scienza, NSF), il Colorado River Basin Pilot Project (Ufficio Reclami) ed il Florida Area Cumulus Experiment I e II (Amministrazione Nazionale Atmosferica e Oceanica, NOAA) durante gli anni 60 e 70, sono stati portati avanti negli Stati Uniti per far piovere come risultato di iniezioni relativamente piccole di materiali chimici nelle nubi, come lo ioduro di argento (Kerr, 1982a, 1982bb, Lambright & Changnon, 1989).
D’altra parte il progetto nordamericano Stormfury, per controllare la dinamica degli uragani e attenuare le sue minacce, iniziò negli anni 60 e durò fino al 1980 con l’uragano Allen (Kerr, 1982b). Più recentemente, altri studi propongono metodi per mitigare gli uragani introducendo antropogeneticamente cicloni tropicali usando getti liberi comprimibili (Alamaro et al. 2006) o contaminandoli per ridurre la loro intensità (Cotton et al., 2007)
Quello detto precedentemente, nonostante manifesti che le scoperte scientifiche ed i progressi tecnologici, in materia di modificazione e di manipolazione artificiale dell’ ambiente naturale ed i suoi processi (es. tempo atmosferico o meteorologico), possono essere usati anche per scopi militari e ostili di altra indole, che sono incompatibili con il mantenimento della sicurezza internazionale, il benessere e con la salute degli esseri umani.
Come primo esempio di quanto detto, si può citare l’operazione Mangosta dell’ Agenzia Centrale d’ Intelligence (CIA) degli Stati Uniti. Realizzata tra il 1961 e il 1962, questa operazione ha avuto come scopo spargere qua e là funghi nelle piantagioni di canne cubane per causare malattie tra i raccoglitori delle piantagioni delle canne da zucchero. Più tardi la CIA ha ammesso che durante gli anni 60 iniziò una ricerca clandestina per montare una guerra contro le semine di vari paesi sotto il programma MK-ULTRA. Alla fine di quella decade, il governo cubano ha cercato di mobilitare la popolazione per ottenere un raccolto di  milioni di tonnellate di zucchero, ma la CIA fece un sabotaggio contro il raccolto manipolando le nuvole per produrre piogge torrenziali lasciando i campi di canne, secchi (BLUM, 1995).
Come secondo esempio si può citare l’ Operazione Popeye. Tra gli anni 1967 e 1972, gli Stati Uniti hanno proceduto a realizzare il primo uso sistematico e ostile conosciuto nella storia delle tecniche di modifiche ambientali- metereologiche, nel quadro della guerra nel Sud Est Asiatico, in un’operazione segreta che si è realizzata nei territori di Cambogia, Laos e Vietnam del Nord e del Sud. L’origine dei tifoni estremamente forti e delle torrenziali piogge del 1971 nel Vietnam del Nord, sono relazionati con suddetta operazione. L’operazione è stata a carico del 45° squadrone del Riconoscimento del Clima (WRS, in inglese) con il proposito di allargare il monsone sul Vietnam del Nord, principalmente sulla strada Ho Chi Minh. La semina di nuvole si faceva con particelle di ioduro di argento, dando come risultato un’ estensione del monsone nell’area seminata in 30 – 45 giorni. Questo faceva si che intense piogge rendessero difficile  il traffico stradale saturando il suolo e con grandi crescite dei fiumi. Queste missioni sono state portate avanti da aerei modificati C-130, F-4 e A-1, che realizzarono oltre 2300 missioni di semina delle nuvole su quelle strade. Sebbene le piogge aumentarono, la forza aerea degli Stati Uniti non ha mai potuto determinare se quello era dovuto al loro progetto segreto. Il progetto fu considerato come relativamente soddisfacente.
Ed un terzo esempio, è l’emblematico e famoso Programma di Investigazione di Aurora Attiva per Alta Frequenza (conosciuto come HAARP nelle sue sigle in inglese: High Frequency Active Auroral Research Program). Questo programma è stato stabilito nel 1992 dalla forza aerea americana (USAF), l’armata americana (USN) e l’ Agenzia di Progetti di Investigazione Avanzata degli Stati Uniti. Situato in Gokona, Alaska, usa una serie di antenne di alta potenza che trasmettono attraverso onde radio ad alta frequenza una enorme quantità di energia alla ionosfera per riscaldarla ( Metz &Perkins, 1974). Per Chossudovsky (2007), dal punto di vista militare, l’ HAARP è , teoricamente, un’arma strategica di distruzione di massa, che opera dall’atmosfera esterna ed è capace di destabilizzare sistemi agricoli ed ecologici in tutto il mondo. Attualmente il sistema HAARP è pienamente operante e in molti aspetti fa sembrare piccoli i sistemi convenzionali e strategici delle armi. Anche se non esiste un’evidenza certa del suo uso per scopi militari, documenti dell’ USAF suggeriscono che l’ HAARP forma parte integrale della militarizzazione dello spazio. E sarebbe fuori dubbio che le antenne sono già statesottoposte a test di routine ( Busch, 1997)
Altri esempi sono, la distruzione del fiume giallo nel 1938 da parte di forze giapponesi, l’inondazione di terre agricole in Olanda nel 1944 da parte dei tedeschi, i bombardamenti inglesi sulle dighe tedesche nel Tuhr, l’abbattimento di boschi in Polonia dalla forze militari d’occupazione tedesche, la distruzione di sistemi d’irrigazione coreani da parte degli USA, i bombardamenti su installazioni petrolifere durante la guerra Iraq-Iran, lo spargimento deliberato di petrolio da cinque cisterne in Al Ahmadi nel 1991 e l’apertura delle bocche dei terminali del Sea Islanda e Mina al Bakì nel 1991 (Montaz, 1991).
Visti i precedenti, e incoraggiato dal passato con la Guerra Fredda, l’ ambiente naturale di una nazione o stato, considerato ancora come un possibile scenario di conflitto bellico può, potenzialmente, essere usato nell’attualità come bersaglio militare per distruggere indirettamente le forze difensive di un paese o sminuire la capacità di reazione del nemico, mediante un metodo di guerra conosciuto come Guerra Ambientale.
Questo concetto di guerra, riferito anche come Guerra Geofisica è stato introdotto, come una preoccupazione nell’ambito internazionale nella decade degli anni 70, in seno all’ Organizzazione delle Nazioni Uniti (ONU) quando nella sua ventinovesima sessione fu approvato, il 9 dicembre del 1974, numero cinque della risoluzione N° 3264 (XXXIX), d’includere nel programma provvisorio delle sessioni seguenti, cioè, nella sua trentesima ( XXX) sessione dell’anno 1975, un tema titolato Proibizione di influire sull’ ambiente e sul clima con scopi militari e ostili di altra indole che siano incompatibili con il mantenimento della sicurezza internazionale, con il benessere e con la salute degli esseri umani (ONU, 1974). Questo portò l’ ONU, nella sua trentesima sessione, ad approvare il Convegno ENMOD (Environmental Modification) il 10 dicembre 1976, attraverso la Risoluzione 31/72 (ONU, 1976).
Secondo l’ Articolo II dell’annesso unico della prima di queste risoluzioni, l’influenza alla quale si riferisce questa guerra denota l’influenza attiva sulla superficie terrestre, i fondali marini e oceanici, il sotto suolo, l’ambiente marino, l’atmosfera e qualunque elemento dell’ ambiente naturale, è destinato a provocare danni attraverso, tra gli altri, l’alterazione diretta o indiretta di elementi dell’equilibrio energetico e idrico dei fenomeni meteorologici (cicloni, anticicloni, sistemi di fronti nuvolosi) (Lettera d dell’articolo II); la modifica diretta o indiretta dei parametri fisici e chimici delle acque, litorali marittime e fondi marini e oceanici  che conducano alla modificazione del regime idrologico, lo scambio di acqua e dell’ecologia della massa biologica di mari e oceani (lettera e); lo stimolo diretto o indiretto, per qualsiasi mezzo o metodi, di onde sismiche che producano terremoti ed i processi e fenomeni concomitanti, così come quelli che producano ondate distruttive negli oceani, incluso del tipo di maremoti (lettera f); la creazione di campi elettromagnetici e acustici artificiali stabili negli oceani e mari (lettera h); la modifica, con qualsiasi mezzo e metodo, dello stato naturale dei fiumi, laghi, pantani e altri elementi idrici dei continenti che producano la diminuzione del livello delle acque, secca, inondazioni, sommersione, distruzione di installazioni idroelettriche o altre conseguenze negative (lettera i).
Così, l’uso della guerra geofisica o ambientale potrebbe causare uno squilibrio nella ionosfera, la modifica dello strato di ozono (che protegge la terra dai raggi ultravioletti), provocare siccità e tempeste di neve, la distruzione di argini e dighe, compromettere l’equilibrio dinamico del ciclo idrologico e la temperatura in varie parti del mondo, la stimolazione delle onde di marea, tsunami, ecc…
Tuttavia, cambiando dimensioni e modalità, ma nello scenario ambientale come un possibile teatro di operazioni per azioni violente contro la natura, più che un mezzo come un fine, abbiamo il Terrorismo Ambientale.
A luglio del 2000, i lavoratori dello stabilimento chimico Cellatex, al nord della Francia, scaricarono 790 galloni di acido solforico nel Fiume Mouse perché furono negati loro dei benefici lavorativi. Non è chiaro se quello che hanno cercato di fare era di uccidere la fauna selvatica, la gente o tutte e due, ma un analista francese ha segnalato che questa era la prima volta in cui il nostro ambiente e la salute sono stati presi in ostaggio per esercitare pressione, una situazione inaudita fino a quella data (Chalecki, 2001).
Nel 1989 ha avuto luogo un attacco con cianuro contro uve cilene per avvelenarle. Anche questo particolare incidente non ha causato nessun problema sulla salute pubblica ha causato una efficacia psicologica ed economica considerevole. Ha causato il panico nei supermercati ed ha rappresentato grosse perdite per il Cile nell’esportazione di questa frutta, perdite di milioni di dollari dovuta alla mancanza di fiducia da parte dei consumatori. Anni dopo, poco prima del Natale 1994, la minaccia di anatre avvelenate in Vancouver (Columbia Britannica, Canada) ha causato perdite per più di un milione di dollari (Chalecki, 2001).
Un esempio emblematico del terrorismo ambientale, che a sua volta si confonde con la guerra ambientale, è stato quello dell’applicazione dell’agente arancio durante la guerra nel Vietnam. In un’operazione chiamata Ranch Hand, che non ha fatto distinzione tra i combattenti e civili, le forze armate nordamericane hanno distrutto con questa sostanza il 36% delle zone forestali di mangrovie nel Vietnam del Sud, si stima che la stessa non tornerà al suo stato naturale probabilmente per un secolo (Chalecki, 2001).
Secondo la definizione del U.S Code, titolo 22, Sezione 22, il terrorismo, in generale, è la violenza premeditata, con motivazioni politiche, perpetrate contro bianchi pacifici da gruppi sub nazionali o agenti clandestini, generalmente con l’intenzione di influire su un pubblico. Ma considerando che, a parte la definizione precedente, ci sono tante definizioni di terrorismo quanti atti terroristici esistono oggi giorno, il terrorismo ambientale viene definito da Chalecki (2001) come l’uso illegale della forza contro le risorse ambientali in siti per privare le popolazioni dei loro benefici e/o distruggere un’altra proprietà; ma indipendentemente dalla definizione che si adotti, gli atti terroristici, generalmente, hanno quattro componenti essenziali: motivazione, mezzi, bersaglio, nemico.
In questo senso, il nemico crea motivazione o viceversa e, quindi, il o i terroristi scelgono il bersaglio ed i mezzi. Negli esempi precedenti, dipendendo dalle cause, motivazioni o ragioni, le acque del fiume Meuse, la produzione di uve cilene, le anatre canadesi e i mangrovie  vietnamiti, sono stati i bersagli ambientali scelti (e non persone in modo diretto) I mezzi di cui si dispone per perpetrare il terrorismo ambientale generalmente sono veleni ed altri agenti distruttivi, anche se come gli stessi attacchi mostrano , possono essere più creativi e pericolosi di quello che si crede. I loro nemici generici sono organizzazioni governative o private. I loro bersagli con frequenza vengono selezionati in base a ciò che rappresentano: installazioni petrolifere, edifici governativi, laghi, fiumi, raccolti, ecc, con possibili conseguenze negative a lungo termine per le risorse ambientali naturali di qualsiasi zona o paese. (Chalecki, 2001).

Il terrorismo ambientale può essere più efficace di qualsiasi altro attacco con armi convenzionali su bersagli civili o armi di distruzione di massa (chimiche, biologiche, radiologiche o nucleari). I criteri per valutare la possibilità di effettuare danni ambientali molto seri, possono essere valutati cercando di identificare gli attributi di una risorsa o di un sito particolare che lo rende, in qualche modo, vulnerabile al terrorismo ambientale. Le caratteristiche fisiche come la scarsità o il valore della risorsa selezionata, la sua localizzazione fisica, la sua vulnerabilità all’attacco e la sua capacità di ricrearsi costituiscono i fattori centrali. Le risorse che sono relativamente inaccessibili e che contano su equipaggiamenti di rilevamento speciale o che si trovano fortemente protetti, sono attrattivi per essere oggetti di un danno, dato che rappresentano un rischio con meno possibilità di una scappatoia di successo. Le considerazioni geopolitiche giocano anche esse il loro ruolo: i terroristi internazionali o mercenari contrattati che attaccano un altro paese, potrebbero scegliere una risorsa vicina alla frontiera piuttosto ad una che si trova all’interno delle frontiere nazionali. La scarsità della risorsa è anche importante, dato che possono causare maggiori danni economici e incluso fisici se si attacca una risorsa come l’acqua potabile, per la quale non esiste un sostituto. Dall’altra parte, l’abbondanza di una risorsa è anche un aspetto da considerare.

Di fronte ad entrambi i problemi di minacce fattibili e molto realiste di una guerra ambientale e/o di terrorismo ambientale, il Venezuela, paese ricco in risorse ambientali naturali, rinnovabili e principalmente non rinnovabili (idrocarburi), deve considerare tali minacce come possibili, nel suo schema e strategia difensiva, secondo la sua Costituzione Nazionale, alla Legge Organica di Sicurezza della Nazione, alla Legge Organica dell’ Ambiente, la Legge Organica della Forza Armata Nazionale Boliviana e altre leggi e regolamenti della Repubblica. Al riguardo, non si sa fino a che punto questi due problemi sono stati considerati direttamente o indirettamente nella legislazione venezuelana ed in modo particolare per quanto riguarda la normativa nell’ambito militare. Non si sa fino a che punto la Repubblica Boliviana del Venezuela è preparata civilmente e militarmente per prevenire, individuare e/o affrontare un’eventuale deliberato attacco contro il suo ambiente, in qualsiasi di queste due modalità. E sarebbe molto interessante sapere come questi problemi sono stati affrontati a livello globale (convegni) e fino a dove il nostro paese è coinvolto nell’ambito internazionale per prevenire ambe minacce.

Marcos A. Peñaloza-Murillo  è Dottore dell’ Università di Scienze, Dipartimento di Fisica, dell’ Università de: Los Andes, Merida.

Fonte:  http://www.aporrea.org/

Tradotto Voci Dalla Strada da VANESA 

Prima pubblicazione ottobre 2016

FONTE:https://www.nogeoingegneria.com/timeline/storia-del-controllo-climatico/il-caso-della-guerra-ambientale/

 

 

 

CULTURA

Pensiero critico: Panfilo Gentile

Fu il primo a denunciare le «democrazie mafiose» caratterizzate dalle oligarchie clientelari fondate sul «regime della tessera».

Negli ultimi decenni la partitocrazia ha assunto forme diverse, ma uguali sono state le modalità in cui si è espressa: l’occupazione del potere e della vita pubblica da parte delle forze politiche che, in tal modo, hanno travalicato i loro compiti istituzionali.

Fenomeno tutt’altro che nuovo denunciato nella seconda metà dell’Ottocento, tra gli altri, da Francesco De Sanctis, Ruggero Bonghi, Marco Minghetti. Ma è stato nella seconda metà del secolo scorso che la partitocrazia si è sviluppata in forme abnormi tanto che un costituzionalista liberal-conservatore come Giuseppe Maranini ne denunciò la portata devastante nel sistema istituzionale e nella vita civile fin dal 1949 in un libro significativamente intitolato Il tiranno senza volto. Anche don Luigi Sturzo ne fece largo uso in polemica perfino con il suo partito, mentre vi dedicarono attenzione «scientifica» giuristi e studiosi di scienza politica come Carlo Costamagna, Giacomo Perticone, Lorenzo Caboara.

Tuttavia, il polemista più acuto e incisivo che ne ha denunciato la nefasta portata resta Panfilo Gentile, un grande conservatore (1889 – 1971) la cui attualità risulta di una sorprendente attualità.

Lo studioso Alberto Giordano, l’ha colta, qualche tempo fa nel saggio – il solo organico finora dedicato al pensatore e giornalista abruzzese – Contro il regime. Panfilo Gentile e l’opposizione liberale alla partitocrazia (Rubbettino) nel quale non soltanto ripercorre le idee del singolare poligrafo, ma lo situa nell’ambito del vasto (e per tanti versi sconosciuto) dibattito del liberalismo del dopoguerra contro le degenerazioni del partitismo.

Discepolo di Mosca e Pareto, formatosi alla scuola di Giorgio Del Vecchio e idealmente a quella di Alfredo Oriani, appartenente alla destra liberal-nazionale, Gentile attraversò tutte le stagioni politiche del Novecento.

Dopo un lungo oblio, scontato per il suo anticonformismo, se ne riparla per fortuna (per quanto in piccole cerchie) da qualche anno grazie alla ripubblicazione di alcune delle sue opere maggiori. L’attenzione su di lui è stata propiziata dalla felice scelta del quotidiano Il Giornale, che ha riproposto qualche tempo fa il libro più corrosivo di Gentile ed anche il più attuale: Democrazie mafiose.

Poliedrico, originale, proiettato nell’attualità ma conoscitore ed appassionato studioso del passato come pochi della sua generazione, Gentile fu al Avanti! con Mussolini, a l’Unità con Salvemini, al Risorgimento liberale fra il 1945 ed il 1947. Collaboratore de La Stampa, del Mondo, del Corriere della sera, dove lo volle come editorialista il suo amico ed estimatore Mario Missiroli, diresse anche La Nazione per una breve stagione. Ma fu su su lo Specchio di Giorgio Nelson Page, su il Borghese di Mario Tedeschi, su Libera Iniziativa (una delle più belle riviste del dopoguerra) e soprattutto sul Roma di Alberto Giovannini e di Piero Buscaroli che Gentile formulò le sue critiche più spietate al totalitarismo partitocratico.

Scrisse: Storia della dottrina del contratto sociale, La concezione etico-giuridica del socialismo, L’Opera di Gaetano Filangieri, L’Essenziale della filosofia del diritto, Il Genio della Grecia, Storia del cristianesimo, Cinquant’anni di socialismo in Italia e, poi, i tre volumi nei quali passò a un vaglio rigorosissimo le distorsioni del sistema politico italiano: Polemica contro il mio tempo (1965), Opinioni sgradevoli (1968) e, appunto il ricordato Democrazie mafiose (1969), editi da Giovanni Volpe.

L’«oligarchia delle mezze calzette», come scriveva Gentile, trova in questi tre saggi, la più limpida rappresentazione del suo pensiero politico, ma anche del suo disgusto nel vivere in un’Italia che sprofondava nel radicalismo politico e nel nichilismo morale.

Ancora oggi, a riprova dell’acutezza e della preveggenza dell’analisi, non vi è possibilità di contestazione dell’assunto secondo il quale le nomenklature partitiche hanno proceduto: «all’usurpazione degli oligarchi o meglio alla loro istintiva tendenza a frodare la democrazia e a creare dietro la facciata democratica un regime paratotalitario». Contesto nel quale cominciavano a prosperare le «democrazie mafiose» caratterizzate dalle oligarchie clientelari fondate sul «regime della tessera».

Gentile nel definire le democrazie del suo tempo ne denunciava il tradimento dell’ideale democratico e l’instaurazione sostanziale di regimi caratterizzati da un lato dalla selezione d’una classe dirigente inadeguata, formata da personale politico non all’altezza, e dall’altro alla perdita del senso dello Stato. Perciò reputava più civile l’intervento diretto del popolo nella scelta della classe dirigente, anzi del «decisore» e quindi per l’introduzione nell’ordinamento della Repubblica presidenziale da opporre alla «partitopatia» e alle oligarchie partitocratiche.

Per questo si considerava, come disse in un’intervista a Gianfranco De Turris nel 1969, pubblicata sul Conciliatore, «uno dei pochi reazionari che vi siano oggi», perché riteneva che «il governo dei popoli debba appartenere unicamente a chi dimostri di saper governare». Chi potrebbe contraddirlo?

Difficilmente lo si potrebbe contraddire quando sosteneva, in una scintillante prefazione alla prima edizione di Apologia della reazione, di Jacques Ploncard d’Assac (riproposta recentemente dalle edizioni Oaks) che «ci sono delle epoche nella storia in cui si può andare avanti soltanto tornando indietro. Sono le epoche di decadenza, nelle quali una civiltà che si credeva acquisita si viene disfacendo sotti i nostri occhi costernati. Quando un organismo va in putrefazione, non si può niente tra i miasmi. Bisogna ricominciare da capo, tornare indietro e recuperare ciò che si è perduto. Perciò oggi il progresso può significare solo reazione. L’unico modo di essere progressisti è di essere reazionari».

Una reazione conservatrice, naturalmente. Che faccia giustizia delle “democrazie mafiose” e delle oligarchie autoritarie che detestano il popolo per servire gli interessi delle élites economico-finanziarie, proprio quello che accade oggi.

Un motivo in più per rileggere Panfilo Gentile e restituirlo al nostro tempo che ha un disperato bisogno di pensatori radicalmente liberi al punto di imputare alle democrazie che tradiscono la volontà popolare il più orrendo dei crimini associativi.

FONTE: https://www.orwell.live/2020/01/12/pensiero-critico-panfilo-gentile/

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Lo «sporco gioco» dei Servizi: come Conte ed il PD han ridotto l’Italia ad un luogo di intrighi di palazzo. Una vergogna millenaria

Settembre 2, 2020 posted by Guido da Landriano

Finalmente Dagospia, con la sua solita intelligenza, ci presenta una spiegazione dei retroscena dietro il pasticcio che ha obbligato Conte a porre la fiducia contro un emendamento presentato dalla sua stessa maggioranza.

Facciamo degli estratti di un lungo pezzo di Dagospia, che potete leggere per intero a questo link, e commentiamo.
Nel decreto Covid, che allunga lo stato d’emergenza fino al 15 ottobre, Conte ha infilato di nottetempo (all’aula dei parlamentari si è ben guardato di riferirlo, né l’ha comunicato a fine Cdm con la consueta nota di Palazzo Chigi) la famigerata norma che prolunga il suo fedelissimo capo del dis, Gennaro Vecchione, in scadenza il prossimo novembre, di ulteriori quattro anni. Anche con il beneplacito del Pd che vedeva così sanato un problema non da poco che si è formato all’Aisi guidato da Mario Parente, nominato il 29 aprile del 2016 ai tempi del governo Renzi.

marco mancini
Marco Mancini

Parente aveva avuto un primo mandato di due anni e poi un secondo sempre biennale, scaduto in piena pandemia, rinnovato con proroga tecnica il 15 giugno grazie a un Dpcm per un anno, e per la cui posizione o si sarebbe dovuto procedere a una sostituzione o a un rinnovo di 4 anni. Con la nuova norma potrà essere adesso confermato anche solo per un anno. Insomma, con una fava clandestina, Conte prendeva due piccioni: Parente per il Pd, Vecchione per se stesso.

Parente, anche se nominato da Renzi, ha ricevuto un apprezzamento anche dal CdX e, con metodi diversi, avrebbe avuto una conferma ad ampia votazione.

Bene, ieri sera abbiamo rivelato che dietro lo scandaloso blitz c’è la manina di Angelo Tofalo, sottosegretario alla Difesa del M5s…. E che Giggino, Crimi e co. della paraculata di Conte e Tofalo non ne sapessero un bel niente.

Ah, l’eminenza grigia di Conte, anzi l’eminenza gialla, perchè qui l’unica cose che sembra carente e la grigia, materia… Tra l’altro Tofalo organizza tutto all’insaputa del suo movimento e dei suoi dirigenti. Tutta bella gente nel Movimento 5 Stelle….

Oggi possiamo svelare che l’eminenza grigia dell’operazione è un personaggio ben noto alle cronache, anche giudiziarie: il vispissimo Marco Mancini. 60 anni, ex carabiniere, dal 1984 nel Sismi di Pollari, in passato coinvolto in inchieste importanti come quella per il rapimento di Abu Omar, la morte di Nicola Calipari e Tavaroli-Telecom-Sismi, si sta muovendo con insistenza (eufemismo) per assumere la poltrona ai vertici dell’Aise, come vice del nuovo direttore Giovanni Caravelli.

La sua candidatura, sostenuta da Gennaro Vecchione, capo del Dis (il Dipartimento che coordina i Servizi e al quale in questo momento Mancini è assegnato), è stata bocciata all’unanimità da tutti: dal Pd, da Di Maio, da Mattarella, dalla Cia, da Caravelli. Ma Vecchione punta i piedi: Mancini è l’unica spia di cui si fida veramente all’interno dei servizi, che lui considera un nido di serpi, l’unica che si vanta di risolvergli qualsiasi problema, di qualsiasi natura.

Ormai l’Italia è diventata la terra la terra delle “Persone capaci di nulla, ma disposte a tutto“, una specie di “Grande fratello” permanente di gente che si sputtana per fare cose male, e spesso al limite della legge.
Certo, il sogno di approdare alla vice direzione dell’Aise di Caravelli per Mancini è svanito ma c’è un ripiego: prendere il posto di vice direttore generale del Dis, attualmente occupato dal generale Carmine Masiello. Che potrebbe essere spedito alla Nato di Bruxelles. Ma il ciambellone di Mancini-Vecchione-Tofalo-Conte non è riuscito col buco. Cinquanta deputati pentastellati, capitanati da Federica Dieni, hanno sottoscritto un emendamento per sopprimere questo articolo, nella discussione del decreto alla Camera.

Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. Questa volta proprio i Cinque Stelle vogliono una modifica di quella norma che permetterebbe tutte le nomine di questa bella gente ai vertici dei servizi che dovrebbero garantire la sicurezza degli italiani dalle minacce esterne, e che invece sembrano solo un califfato privato di prebende e nomine.

Andato a puttane il tentativo del ministro per i rapporti con il Parlamento, il grillino D’Incà, di trovare un accordo con la Dieni e gli altri 5stelle per far ritirare l’emendamento, preso dall’orgoglio di piccolo borghese qual è che non vuole accettare una sconfitta politica, Conte ha posto la fiducia sul decreto, scatenando le proteste non solo del centrodestra ma anche del Pd (Borghi, membro del Copasir era contrario) e dei dissidenti dei cinque stelle. Ovviamente anche Sergio Mattarella non ha gradito. Ma un incazzatissimo Conte ha ribadito al suo staff: se vengo ricattato una volta, sarò ricattato per sempre.

Ormai L’avvocato Conte sta diventando una specie di cattivo guappo foggiano: il potere è tutto suo, nessuno può contestarlo, nessuno può discutere democraticamente le sue decisioni, perchè, se questo avviene, allora viene “Ricattato”. La politica come arte della discussione, del confronto, della mediazione e dell’accettazione nobile del volere della maggioranza non c’è più., C’è solo la “Guapperia”, la volontà di puro esercizio di potere.

Ma stavolta, a dare il semaforo verde alla ribellione dei 50 deputati a 5 stelle alla norma sui servizi, occorre aggiungere l’Elevato. Essì, Grillo è sempre più “insofferente” nei confronti di Conte. Un’irritazione che ha origine dal ginepraio sulla rete unica che ha dato vita alla Fibercop di Gubitosi con Cdp.

Grillo voleva la “Rete Unica” solo pubblica, invece Conte da il via a Fibercoop con il fondo USA KKR. Anche qui, non ci sono interessi pubblici, ma solo interessi privati di quelli che ritengono la Repubblica “Cosa Propria”, anzi per essere più chiari “Cosa Loro”. Una situazione vergognosa, ma che prosegue per la totale ignavia del Movimento Cinque Stelle. perchè pensate che veramente qualcuno, fra quei tizi, abbia le PALLE, diciamolo chiaramente, per mandare a casa l’avvocato guappo? Fra Uomini, Mezzi uomini, Ominicchi e quaquaraquà le prime due categorie hanno lasciato già il movimento. Sono rimasti solo gli ultimi, mentre l’Italia è ridotta ad un campo di battaglia di consorterie corrotte.

FONTE: https://scenarieconomici.it/lo-sporco-gioco-dei-servizi-come-conte-ed-il-pd-han-ridotto-litalia-ad-un-luogo-di-intrighi-di-palazzo-una-vergogna-millenaria/

Pandemia e clash of globalization: la “profezia” dell’intelligence USA in un documento del 2004

16 MARZO 2020

Una stima della World Trade Organization (WTO) datata 11 marzo 2020 indicava che la crescita del commercio mondiale in servizi (world services trade) abbia continuato ad indebolirsi nell’ultima parte del 2019. L’indice STB (Services Trade Barometer), nella sua ultima lettura (dicembre 2019), ha registrato un valore di 96,8 punti base (pb) rispetto al 98,4 del settembre 2019. In prospettiva, la situazione per il commercio mondiale di beni, nella prima parte del 2020, risulta essere grosso modo simile. L’indice GTB (Goods Trade Barometer) ha infatti segnato (febbraio 2020) un decremento di 1,1 pb rispetto a novembre 2019. La WTO aveva inoltre ritenuto di aggiungere che la crescita del commercio mondiale di merci all’inizio del 2020 potesse essere ulteriormente ridotta da fattori globali di tipo sanitario. Questo aspetto rimanda alle conseguenze che una situazione pandemica come quella connessa alla Severe acute respiratory syndrome coronavirus 2 (SARS-CoV-2), o, come più diffusamente noto, CoViD-19, potrebbe avere sul sistema globale di scambi. La stessa WTO, il 17 febbraio 2020, aveva infatti affermato che: “the performances of these […] indices will also depend on the emerging impact of COVID-19 and how quickly the global economy can recover” [fontewto.org].

Simile timore era stato manifestato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) il 2 marzo 2020, in occasione della presentazione del nuovo Interim Economic Outlook. Il report dell’Ocse prevedeva un best-case e un worst-case scenario. Rispetto al primo, la diffusione dell’epidemia (soprattutto al di fuori dalla Repubblica Popolare Cinese) se efficacemente contenuta era previsto non dovesse produrre un effetto domino ovvero una condizione pandemica. Ciò nonostante – sosteneva l’Ocse – anche nel migliore dei casi veniva prospettato un forte rallentamento della crescita mondiale nella prima metà del 2020, con un indice previsionale del 2,4%, rispetto al 2,9% invece effettivamente registrato nel 2019. Tra i principali fattori di rallentamento connessi alla diffusione del coronavirus l’Ocse contemplava le misure di contenimento che i singoli governi avrebbero potuto attuare e la perdita di fiducia che, colpendo produzione e spesa, avrebbero spinto alcuni Stati, tra cui il Giappone e Paesi dell’area Euro, verso la recessione.

Pressappoco negli stessi giorni, uno dei principali protagonisti del settore finanziario privato, lo statunitense Ray Dalio, creatore dell’Hedge Fund Bridgewater Associates LP, tra i più importanti a livello internazionale con un portafoglio gestionale del valore stimato nel 2019 di (circa) 162 mld di dollari [fonte: statista.com], aveva sostenuto che: “riguardo agli investimenti, spero […] voi immaginiate il worst-case scenario, per proteggervi da esso” [fontefinanzaonline.com]. Questo commento era parte di un più ampio intervento pubblicato da Dalio sul proprio profilo LinkedIn con il titolo My Thoughts About the Coronavirus, in cui sosteneva che l’attuale congiuntura internazionale veda la presenza di potenze emergenti capaci di sfidare quelle attualmente dominanti. Per Dalio, tale condizione sarebbe assai simile a quella già vissuta durante gli anni Trenta del secolo scorso ovvero il decennio che fece da incubatoio alle tensioni economiche, finanziarie e politico-ideologiche che contribuirono al deflagrare della guerra 1939-1945, a sua volta parte di un più vasto conflitto sistemico (1914-1945) che già Charles de Gaulle nel ’46 aveva definito “Seconda guerra dei Trent’anni”. Alcuni punti del pensiero di Dalio ricordano inoltre molto da vicino le argomentazioni già utilizzate da taluni esponenti di una particolare corrente del pensiero geopolitico anglosassone contemporaneo, (Robert Kagan, ad esempio), e ravvisabili in alcuni documenti dell’Amministrazione statunitense, (come la National Security Strategy 2017), che attribuiscono a Cina e Russia la qualifica di “potenze revisioniste”. Purtroppo, la previsione di Dalio ha trovato conferma nella dichiarazione rilasciata l’11 marzo dal direttore generale della World Health Organization (WHO), secondo cui l’epidemia da SARS-CoV-2: “can be characterized as a pandemic” [fontewho.int].

Nel novembre 2019, Dalio si sarebbe già reso protagonista di una previsione attribuitagli dal Wall Street Journal (WSJ) ma da lui immediatamente smentita sul proprio profilo Twitter con queste parole: “It’s wrong. I want to make clear that we don’t have any such net bet that the stock market will fall”.

Secondo il WSJ, paventando il crollo degli indici di Borsa internazionali, il suo Hedge Fund avrebbe sottoscritto con diversi intermediari contratti put options del valore di 1,5 mld di dollari per tutelare il portafoglio gestito [fonte:Corriere.it/MilanoFinanza.it]. Con tale operazione Dalio avrebbe sostanzialmente scommesso che entro marzo 2020 gli indici Standard&Poor’s 500 (S&P500, Stati Uniti) o EuroStoxx 50 (Eurozona) ovvero entrambi, potessero subire un ribasso. Al di là di quanto riferito dal WSJ, l’analisi tecnica condotta su EuroStoxx 50 alla chiusura dell’11 marzo, (data in cui la WTO ha dichiarato la pandemia), ha effettivamente mostrato un -0,15%, con un quadro tendenziale che suggeriva un ampliamento della linea negativa. Dal canto loro, il 12 marzo le principali Borse marcavano, in fase di apertura, indici negativi: S&P500 [New York] -4,89%; Nikkei [Tōkyō] -4,41%; Hang Seng [Hong-Kong] -3,8%; Kospi [Seoul] -4%; S&P/ASX 200 [Sidney] -6%; EuroStoxx 50 [Eurozona] -8,3% [fontefirstonline.info]. Nella giornata precedente le piazze di Francoforte, Parigi e Madrid avevano inoltre chiuso tutte sotto il segno meno. In Italia, la CONSOB, il 12 marzo, vietava le vendite allo scoperto applicando l’articolo 23 del Regolamento UE in materia di short selling. Il provvedimento (non riguardante le attività di market making) diveniva efficace per l’intera giornata di negoziazione del 13 marzo, interessando ottantacinque titoli azionari italiani.

Esplosa tra dicembre e gennaio come epidemia con epicentro la città di Wuhàn [fontencbi.nlm.nih.gov/genbank/], capoluogo della provincia cinese di Hubei e dove hanno sede due importanti centri di ricerca, il Wuhàn Institute of Virology collegato all’Accademia Cinese delle Scienze, e il Frontier Science Center for Immunology and Metabolism dell’Università locale, la SARS-CoV-2 si sarebbe quindi diffusa al di fuori della Cina colpendo, tra gli altri, fortemente Corea del Sud, Iran e Italia. In merito al worst-case pandemico, già considerato da WTO, OCSE e Dalio, merita di essere citato un altro documento che, col senno di poi, rappresenta una testimonianza assai considerevole per quanto attiene agli scenari previsionali sin qui citati, rappresentandone per certi aspetti l’acme. Si tratta del rapporto prodotto dal National Intelligence Council statunitense intitolato Mapping the Global Future. Report of the National Intelligence Council’s 2020 Project, datato dicembre 2004. In esso, a proposito dei rischi cui avrebbe potuto andare incontro il processo di globalizzazione, vi si poteva leggere [pag. 30]:

“The process of globalization, powerful as it is, could be substantially slowed or even stopped. Short of a major global conflict, which we regard as improbable, another large-scale development that we believe could stop globalization would be a pandemic[…]  it is only a matter of time before a new pandemic appearssuch as the 1918–1919 influenza virus […] Such a pandemic in […] China, India, Bangladesh or Pakistan […] would be devastating and could spread rapidly throughout the world. Globalization would be endangered if the death toll rose […] in several major countries and the spread of the disease put a halt to global travel and trade during an extended period”.

Il processo di globalizzazione, per quanto potente, potrebbe essere sostanzialmente rallentato o addirittura bloccato. In assenza di un grande conflitto globale, che riteniamo improbabile, un altro sviluppo su larga scala, che crediamo possa fermare la globalizzazione, sarebbe una pandemia […] è solo questione di tempo prima che appaia una nuova pandemia, come il virus dell’influenza del 1918-1919 [la c.d. “spagnola”, N.d.A.] […] Una simile pandemia in Cina, India, Bangladesh o Pakistan […] sarebbe devastante e potrebbe diffondersi rapidamente in tutto il mondo. La globalizzazione sarebbe in pericolo se il bilancio delle vittime aumentasse […] in alcuni grandi Stati e la diffusione della malattia fermasse i viaggi e il commercio internazionali per un periodo prolungato”.

Foto – Il rapporto del National Intelligence Council datato dicembre 2004

Oltre a squilibri nel comparto geoeconomico, la pandemia rischia di sollevare anche questioni che potremmo definire più squisitamente “geopolitiche”, ingenerando nuove tensioni tra Washington e Pechino. Lo dimostrano alcune dichiarazioni che, se non contestualizzate, potrebbero perfino contribuire ad alimentare ulteriormente ciò che, non senza venature dietrologiche, qualcuno ha già definito “the coronavirus conspiracy”. In Cina, ad esempio, Lijian Zaho, vicedirettore del Dipartimento informazioni del Ministero degli Affari Esteri, il 12 marzo, su Twitter si domandava se fossero state le forze armate statunitensi a portare per prime, quali novelle untrici, i germi dell’epidemia a Wuhàn: il riferimento implicito può, forse, essere ricondotto ai Military World Games, tenutisi proprio a Wuhàn dal 18 al 28 ottobre 2019. Più esattamente, Zaho, il quale chiedeva agli Stati Uniti di essere trasparenti, comunicare i dati esatti dei contagiati e i dettagli sul loro paziente zero, commentava l’intervento, rilasciato l’11 marzo in audizione davanti a tre sottocommissioni della Camera dei Rappresentanti, dal direttore del Center for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti, il virologo Robert Redfield. Questi aveva infatti affermato che, a quella data, l’istituto da lui diretto avesse ricevuto conferma di 990 casi di CoViD-19 negli Stati Uniti, suddivisi tra trentotto Stati più il District of Columbia (Washington capitale), oltre a 31 decessi [fonte: rev.com]. Le velate accuse dell’alto funzionario cinese sono state oggetto di un diplomatico ovvero apparentemente sibillino commento del portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Geng Shuang, che il 13 marzo, rispondendo alla domanda se la posizione del governo cinese fosse quella espressa da Zaho, ha affermato: “There are different opinions in the US and among the larger international community on the origin of the virus. China believes it’s a matter of science which requires professional and science-based assessment” [fontefmprc.gov.cn/]. Peraltro, la posizione statunitense riguardo a tale questione si può ricavare da alcune dichiarazioni di Trump circa l’idea che il CoViD-19 sia “aforeign virus […] started in China and […] now spreading throughout the world” [fonte: Bloomberg, 13 marzo 2020].

Schermaglie diplomatiche a parte, se Atene piange Sparta non ride, poiché, il 10 marzo, il direttore del Dipartimento della Salute dell’Ohio, Amy Acton, aveva affermato in conferenza stampa che la stima dei contagiati in quello Stato risultasse essere di centomila persone. Il 13 marzo, inoltre, Trump, richiamandosi ai poteri concessigli dal National Emergencies Act e dal Social Security Act, ha comunicato al Congresso l’esistenza dello stato di emergenza nazionale sanitaria. Tutto ciò lascia supporre che, complici le recenti controversie generate dal retropensiero sulla pandemia da SARS-CoV-2, nei mesi a venire potremmo forse continuare ad assistere a diatribe tra Stati Uniti e Cina su tale argomento. Benché entrambe siano legate a doppio filo dall’enorme mole di Treasury Securities del debito statunitense detenuti da Pechino, circa 1 trilione di dollari, [fontetreasury.gov, dicembre 2019], ciò non sembra impedire loro di puntare ad una politica che pare aspiri ad imprimere una personale ovvero diversa impronta all’attuale processo di globalizzazione. Tanto che due sembrano essere oggi le formule geopolitiche che si contrappongono: una definibile new american century e l’altra, nota come, belt and road initiative (cin. p.* yī dài yī lù; “un nastro una via”), riproponendo così il cliché di Samuel Huntington circa il clash of civilizations che rischia ora di divenire anche clash of globalization.

 

* pinyin”, sistema di traslitterazione dalla lingua cinese comune c.d. “putonghua”, ratificato dall’Assemblea nazionale della Repubblica Popolare di Cina l’11 febbraio 1958.

Si è formato all’Università Cattolica del Sacro Cuore (sede di Milano) conseguendo la laurea magistrale in Storia con indirizzo specialistico storico-religioso. In qualità di studioso di storia delle relazioni internazionali e geopolitica, si è dedicato soprattutto al Medio Oriente pubblicando due studi brevi per i paper digitali curati dalla Fondazione De Gasperi dedicati all’area mediterraneo-mediorientale: Libia: radici storiche di un caso geopolitico (agosto 2016) e Un Califfato improbabile. Genesi e dinamiche storico- contemporanee di Daesh (febbraio 2017). Nel 2017 ha pubblicato il saggio Medio Oriente conteso. Turchi, arabi e sionisti in un conflitto lungo un secolo, con prefazione dell’ambasciatore Bernardino Osio.

FONTE: http://strumentipolitici.it/pandemia-e-clash-of-globalization-la-profezia-dellintelligence-usa-in-un-documento-del-2004/

 

 

 

Italia, per il professor Aldo Giannuli la grande sfida dei servizi segreti, fuori dai luoghi comuni, è scoprire i veri dati della pandemia.

26 AGOSTO 2020

Nelle settimane scorse, prima che scoppiasse il caos legato ai parlamentari che hanno fatto richiesta dei 600 euro per la propria attività autonoma, a tenere banco sui media era stata la blindatura degli attuali assetti dei servizi segreti da parte del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Il nodo del contendere era stata l’introduzione della possibilità di riconfermarli per una seconda volta, insomma una sorta di secondo mandato. Molte le proteste che si sono levate sia dai banchi dell’opposizione che di molti opinionisti politici. Come Strumenti Politici abbiamo voluto confrontarci su questo tema con il professore Aldo Giannuli politologo, storico, saggista italiano e direttore del centro studi Osservatorio Globalizzazione visti anche i tanti studi compiuti in ambito di servizi segreti.

Infografica – La biografia dell’intervista Aldo Giannuli

– Professor Giannuli, parliamo della mossa del premier Giuseppe Conte di garantire ai vertici dell’intelligence italiana la possibilità di rinnovo dell’incarico per altri quattro anni. Sono scaturite molte polemiche. Lei come valuta questa mossa?

– Mi sembra un momento nel quale non sarebbe saggio andare a toccare l’attuale assetto dei servizi. Non lo sarebbe per molte ragioni: perchè è in corso un’epidemia della quale sappiamo ancora poco (quanto durerà, quali altri problemi provocherà); perché la maggioranza di Governo è debole, sempre sotto pressione (il referendum, le elezioni regionali, la crisi economica) e non coesa, e a rischio di saltare in qualsiasi momento se dovesse aprirsi un contenzioso. Quindi è un “rinvio” che appare obbligato.

– Un rinvio di natura politica?

– Sì, un rinvio dettato da questioni di opportunità politica.

– E questa scelta di Conte come la leggerebbe in tempi normali e non di ‘emergenza’? 

– In tempi normali, significherebbe che ha prevalso il partito della conservazione; magari ora vi sono candidati forti, ma non ancora maturi in ambito di servizi segreti e che stanno aspettando che si determinino le condizioni giuste; se si facessero ora delle nomine, si precluderebbe loro la strada. Potrebbero esserci quindi ragioni interne, di natura burocratica, di apparato, che in sostanza sono sempre ragioni politiche, anche se con componenti diverse.

– Come è mutato il lavoro dei servizi in piena pandemia?

– Si dovrebbe intanto cercare di capire quali sono i dati veri. Sono molti a barare spudoratamente sotto vari aspetti, come il numero dei contagi, dei defunti eccetera. Poi c’è la questione della corsa al vaccino, che apre altre questioni ancora: occorre comprendere quali siano le aspettative, le posizioni ai nastri di partenza… Il vaccino americano di Moderna è credibile? E il vaccino russo lo è? E perchè i russi hanno avuto tanta fretta di dichiararlo al mondo? Il vaccino cinese promette davvero qualcosa di sicuro? Personalmente ho l’impressione che le cose stiano diversamente da come ce le raccontano, c’è troppa fretta che finisce per confondere i dati e le aspettative. Poi c’è il problema della ricaduta della pandemia sui punti caldi del pianeta: se dovesse peggiorare, sarebbe maggiore il rischio di un conflitto per esempio tra Iran e Arabia Saudita? Ci sono avvenimenti che si incrociano tra loro: l’accordo tra Israele ed Emirati Arabi Uniti fino a che punto è stato condizionato dal COVID-19? Con premesse come queste, il lavoro dei servizi è quintuplicato.

– Vi sono state accuse pesanti verso alcuni Paesi sospettati di avere sfruttato la pandemia per infiltrare agenti: basti pensare a quanto è stato scritto da alcuni giornali sulla vera natura degli aiuti inviati da Russia e Cina. Su questo fronte quanto possono fare chiarezza i servizi e quanto può venire effetivamente reso pubblico?

– Diciamo intanto che se davvero i russi, per fare dello spionaggio, avevano bisogno di mandare tutte quelle squadre di medici e di militari e quel volume di aiuti, allora sarebbero messi proprio male… Invece è più logico pensare che abbiano già la loro rete in Italia, esattamente come noi abbiamo la nostra in altri Paesi, perché è quello che fanno tutti. C’è da capire l’andamento della pandemia, questo sì. Insomma, è ovvio che ogni servizio deve scoprire quello che sta capitando agli altri e difendere la propria area riservata di notizie: si tratta di un meccanismo che rientra nella normalità, perciò non è questo l’aspetto pesante della battaglia dei servizi ai tempi del coronavirus. Il problema maggiore è quello del vaccino o comunque di una terapia. L’invio di squadre di medici, tenuti ovviamente sotto controllo dalle autorità locali, sarebbe con tutta evidenza un canale totalmente inefficace.

– Il COPASIR aveva pubblicato uno studio dal quale risultava il rischio di spionaggio industriale da parte dei cinesi sfruttando le circostanze della pandemia. Che cosa ne pensa?

– Suvvia, i cinesi fanno da sempre spionaggio industriale: e anche noi ricambiamo questa cortesia! Insomma, dopo aver fatto la scelta di delocalizzare le attività, dopo aver spostato le aziende in Cina perché là costa meno, perchè ci meravigliamo se i cinesi hanno approfittato dell’occasione per cercare di carpire i nostri segreti industriali? Non avevano certo bisogno della pandemia per farlo, così come la battaglia su Huawei e il 5G procede indipendentemente dai contagi.

– Lei ha scritto libri su stragi, intrighi, processi. Su Ustica il governo ha deciso di tenere le carte ancora coperte dal segreto di Stato. Come considera questa scelta?

– Non mi sono mai occupato direttamente di Ustica come studioso, perchè in questa vicenda hanno un ruolo importantissimo i tracciati radar e una serie di documenti tecnici che possono essere correttamente interpretati solo dagli esperti di tali materie. Senza tali competenze specifiche, non oso esprimermi. Allo stato attuale abbiamo diversi indicatori, ma andrebbe totalmente riconsiderata tutta la partita dei dati tecnici, sulla quale sono già state dette molte sciocchezze. Se guardiamo al fatto che il governo ha deciso di protrarre il segreto, si tratta di qualcosa di semplicemente indecoroso, a 40 anni dall’accaduto, ma che cosa potevamo aspettarci da un governo senza coraggio e senza polso come questo? È ridicolo che abbiano giustificato la scelta dicendo che aprire le carte sarebbe stato tragico e devastante, anzi è grave perché così si autorizzano i peggiori sospetti. E se venisse fuori che a quasi mezzo secolo di distanza che i nostri alleati avevano commesso scorrettezze, sai che novità!

– Questo governo sarebbe capace di rispondere tecnologicamente agli eventuali cyber-attacchi di altre potenze?

– Nel mondo della globalizzazione tutti spiano tutti. Se fossimo in grado di parare attacchi di cyberwar contro centrali elettriche o telefoniche, sarebbe grasso che cola. Non è un problema solo del governo, che comunque è quello che crea le pre-condizioni, ma riguarda il “parco macchine” di cui dispongono effettivamente i nostri servizi, e che per essere sviluppato e migliorato ha bisogno di tempo e – appunto – di un governo che predisponga gli strumenti necessari.

Nato a Torino il 9 ottobre 1977. Giornalista dal 1998. E’ direttore responsabile della rivista online di geopolitica Strumentipolitici.it. Lavora presso il Consiglio regionale del Piemonte. Ha iniziato la sua attività professionale come collaboratore presso il settimanale locale il Canavese. E’ stato direttore responsabile della rivista “Casa e Dintorni”, responsabile degli Uffici Stampa della Federazione Medici Pediatri del Piemonte, dell’assessorato al Lavoro della Regione Piemonte, dell’assessorato all’Agricoltura della Regione Piemonte. Ha lavorato come corrispondente e opinionista per La Voce della Russia, Sputnik Italia e Inforos

FONTE: http://strumentipolitici.it/italia-per-il-professor-aldo-giannuli-la-grande-sfida-dei-servizi-segreti-fuori-dai-luoghi-comuni-e-scoprire-i-veri-dati-della-pandemia/

 

 

ECONOMIA

Migranti: quanto ci costano le navi quarantena

Il Governo ha disposto l’invio di altre navi quarantena per i migranti che sbarcano a Lampedusa. Ma quanto costano davvero queste imbarcazioni? Tutti i dettagli.

Non si ferma l’emergenza migranti a Lampedusa, alla quale il Viminale ha risposto con l’invio di altre 3 navi quarantena oltre a quelle già attive, per la sorveglianza degli irregolari in arrivo.

Ma quanto costano allo Stato le navi quarantena? Stando ai dati, un’imbarcazione costerà più di 4 milioni di euro per un periodo di 101 giorni di affitto, fino al 31 ottobre 2020. Una spesa sproporzionata rispetto alle strutture a terra. Ecco tutti i dettagli.

Quanto costano allo Stato le navi quarantena per migranti

Stando a quanto si legge nell’avviso del ministero dei Trasporti del 13 luglio, la spesa per le navi quarantena è pari a 4.037.475 euro più Iva

così ripartiti:

1) 3.030.000 euro per il noleggio della nave, che deve stare in rada e che potrà essere costretta a spostarsi “sulla base di esigenze connaturate al servizio prestato”

2) Poco più di 1 milione di euro oltre Iva per il numero di migranti effettivamente ospitati, che può variare ma che ha come parametro 285 persone.

Quanto costa la quarantena a terra

Il costo delle strutture individuate a terra per l’assistenza e la sorveglianza dei migranti soccorsi in mare, invece, è molto più basso. In base agli avvisi pubblicati dal Mit in questo caso parliamo di 30-40 euro al giorno per migrante. Moltiplicando questa cifra per 285, ossia il numero massimo consentito su una nave quarantena, otteniamo 11.400, che moltiplicato per i 101 giorni di affitto dà 1.151.400 euro. Un costo ben al di sotto di quello previsto per la nave quarantena.

FONTE: https://www.money.it/Migranti-quanto-ci-costano-le-navi-quarantena?fonte=leggi-anche&articolo=96258

 

 

Come distruggere l’economia di un paese?
Federica FrAncesconi – 20 agosto 2020
Come distruggere l’economia di un paese?
Come far collassare il suo sistema scolastico?
Come far cadere in depressione il suo popolo senza possibilità di rialzarsi?
Semplice: cavalcando l’onda della paura per un virus spacciato per l’undicesima piaga d’Egitto e usarla per imporre un riassetto dell’ordine mondiale in senso totalitario.
Oggi ricorre l’anniversario della Battaglia di Platea in cui nel 479 a.C. Atenieni, Spartani e altri popoli greci, grazie al sacrificio di Leonida e dei 300 alle Termopili, sconfissero definitivamente l’Impero persiano, simbolo di quel totalitarismo che oggi ha la strada spianata grazie all’ignavia dei più. Altra tempra umana e spirituale viveva nel Greco di 2500 anni fa. Oggi l’orizzonte è lastricato dai cocci della civiltà andata in rovina. Quella vera, quella alimentata dagli ideali dello Spirito, della fierezza di difendere la libertà fino all’ultimo respiro, non la falsa liberta del consumismo e dei nuovi diritti civili, che imprigionano gli esseri umani in un Pensiero unico che fa di loro degli automi senz’anima.
Oggi l’umanità, schiacciata dalla paura, annichilita dagli eccessi consumistici, obnubilata dal canto delirante delle sirene mediatiche, non ha più laforza morale per respingere gli attacchi dei nuovi Serse: Soros, Gates, Draghi…
Siamo veramente all’ultimo atto di una tragedia: la nemesi della civiltà.
Come far collassare il suo sistema scolastico?
Come far cadere in depressione il suo popolo senza possibilità di rialzarsi?
Semplice: cavalcando l’onda della paura per un virus spacciato per l’undicesima piaga d’Egitto e usarla per imporre un riassetto dell’ordine mondiale in senso totalitario.
Oggi ricorre l’anniversario della Battaglia di Platea in cui nel 479 a.C. Atenieni, Spartani e altri popoli greci, grazie al sacrificio di Leonida e dei 300 alle Termopili, sconfissero definitivamente l’Impero persiano, simbolo di quel totalitarismo che oggi ha la strada spianata grazie all’ignavia dei più. Altra tempra umana e spirituale viveva nel Greco di 2500 anni fa. Oggi l’orizzonte è lastricato dai cocci della civiltà andata in rovina. Quella vera, quella alimentata dagli ideali dello Spirito, della fierezza di difendere la libertà fino all’ultimo respiro, non la falsa liberta del consumismo e dei nuovi diritti civili, che imprigionano gli esseri umani in un Pensiero unico che fa di loro degli automi senz’anima.
Oggi l’umanità, schiacciata dalla paura, annichilita dagli eccessi consumistici, obnubilata dal canto delirante delle sirene mediatiche, non ha più laforza morale per respingere gli attacchi dei nuovi Serse: Soros, Gates, Draghi…
Siamo veramente all’ultimo atto di una tragedia: la nemesi della civiltà.

FONTE: https://www.facebook.com/federica.francesconi.3/posts/10220146782757546

 

 

GIUSTIZIA E NORME

LO SCANDALO DELLA GIUSTIZIA: PARAGONE E GASPARRI vs BONAFEDE

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Bonafede, il ministro della Giustizia, e la sua decisione di liberare i boss della mafia e delle altre organizzazioni criminali stanno ancora facendo un grandissimo scalpore, soprattutto dopo che si è saputo che molti di questi membri pericolosi della società, ben 112,  non sono ancora tornati in carcere, nonostante la fine dell’emergenza, ma sono ancora a casa, vivendo una vita tranquilla e beata.

Ricordiamo che questa decisione, per lo meno molto particolare e da molti ritenuta completamente inopportuna, fu presa tramite una semplice circolare ministeriale, che, fatta da un governo diverso, avrebbe portato ad una vera e propria sollevazione popolare oltre alla chiamata all’accordo Stato mafia., Avremmo avuto Travaglio ululante mattino, mezzogiorno e sera. Invece, dato che lo ha fatto Bonafede, un Cinque Stelle , allora va tutto bene, e le voci de Il Fatto quotidiano tacciono, addormentate dal maxi prestito per 2,5 milioni di euro garantito dallo stato concesso al quotidiano.

Qui due video altrettanto indignati contro il comportamento di Bonafede, il primo di Gianluigi Paragone, che da via D’Amelio a Palermo dove venne ucciso Borsellino, e dove viene ricordata la dimissione di PIERA AIELLO, deputato del Movimento 5 Stelle , impegnata contro la criminalità organizzata, che ha lasciato il movimento in cui non si riconosce più

VIDEO QUI: https://youtu.be/MTE7zvX8ubY

Qui invece l’intervento a Radioradio di Maurizio Gasparri, nel quale si contesta tutto l’operato di Bonafede, ricordando i 112 criminali a piede libero, e definendo i Cinque Stelle “La pagina più oscura della politica italiana”. Bonafede scarica la colpa sui magistrati, ma la circolare che li liberò era del ministero.

VIDEO QUI: https://youtu.be/hkDuhosy00U

FONTE: https://scenarieconomici.it/lo-scandalo-della-giustizia-paragone-e-gasparri-vs-bonafede/

 

 

 

IMMIGRAZIONI

Decreto Lampedusa: cosa prevede e novità su sbarchi e migranti

4 Settembre 2020

Approvato un nuovo decreto per aiutare Lampedusa, controllare gli sbarchi e sostenere i cittadini dell’isola. Novità anche sul fronte trasporti in vista della riapertura delle scuole. Tutti i punti del provvedimento.

Il Governo ha approvato un nuovo decreto legge per risolvere l’emergenza migranti dopo gli sbarchi delle ultime settimane. Per questo è stato chiamato decreto Lampedusa.

Il testo non è stato ancora reso noto ma dalle parole del premier Conte si può evincere il contenuto:

  • da una parte il provvedimento prevede l’intervento immediato per decongestionare l’hotspot dell’isola;
  • dall’altra una serie di misure a sostegno degli operatori economici e della cittadinanza della piccolissima isola, soprattutto agevolazioni di tipo fiscale fino al 21 dicembre 2020.

All’interno dello stesso decreto il Governo è intervenuto anche sul fronte Scuola, sciogliendo i nodi legati al distanziamento sui trasporti pubblici per raggiungere gli Istituti e nelle classi. A tal fine saranno implementati gli aiuti economici da parte dello Stato

Decreto Lampedusa: novità in arrivo per aiutare l’isola

L’Esecutivo ha scelto di intervenire sulla questione degli sbarchi a Lampedusa, dopo le proteste dei giorni scorsi del governatore Nello Musumeci. Ieri in tarda serata si è tenuto il Consiglio dei Ministri e – come preannunciato dal premier Conte – il Governo ha concordato l’emanazione di un nuovo decreto.

“Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Giuseppe Conte e dei ministri competenti, ha approvato un decreto-legge che introduce disposizioni urgenti per far fronte a esigenze indifferibili connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Il testo interviene in diversi ambiti, al fine di garantire il regolare avvio dell’anno scolastico, rimodulare e garantire il trasporto pubblico locale e misure di sostegno alle isole Pelagie.”

Ma cosa prevede esattamente il decreto Lampedusa su sbarchi e migranti? Nelle prossime ore si avranno maggiori dettagli, per il momento sappiamo che il nuovo decreto legge interviene su due diversi fronti:

  • liberare e alleggerire l’hotspot sull’isola di Lampedusa, spostare i migranti e intensificare le operazioni di controllo e coordinamento dei centri di accoglienza (soprattutto dopo i casi di positività alla Covid-19);
  • prevedere un piano di aiuti rivolto ai privati cittadini lampedusani, alle imprese e a tutte le attività commerciali dell’isola tra cui l’alleggerimento del carico fiscale.

Come si apprende dal comunicato stampa del CdM:

“In considerazione dell’andamento dei flussi migratori e delle conseguenti misure di sicurezza sanitaria necessarie per la prevenzione del contagio da COVID-19, il testo prevede, per i soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio del Comune di Lampedusa e Linosa, la sospensione fino al 21 dicembre 2020 dei versamenti dei tributi nonché dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali.”

L’isola siciliana è in sofferenza economica e “merita una risposta forte dello Stato”, queste le parole del Presidente del Consiglio.

Scuola e trasporti, le novità

Anche se denominato decreto Lampedusa, il nuovo provvedimento ha al suo interno diverse novità riguardo all’avvio dell’anno scolastico e alla gestione dei mezzi di trasporto pubblico dedicati agli studenti. In particolare su quest’ultimo punto il Governo prevede per Regioni, Province autonome e per gli enti locali la possibilità di utilizzare, per il finanziamento di servizi di trasporto aggiuntivi, le risorse previste dal decreto agosto e si introducono misure finalizzate a consentirne l’immediato utilizzo.

FONTE: https://www.money.it/decreto-lampedusa-cosa-prevede-novita-migranti-sbarchi

Immigrazione, Lampedusa nel caos. Giordano vs Nobili (Italia Viva)

VIDEO QUI: https://www.nicolaporro.it/wp-content/uploads/2020/09/Nobili-1.mp4?_=1

Negli ultimi giorni il tema immigrazione è tornato a far discutere, soprattutto dopo il braccio di ferro tra il governatore della Regione Sicilia, Nello Musumeci, e il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese.

La situazione più difficile si registra a Lampedusa dove l’hotspot è ormai al collasso. Proprio ieri si è tenuto il vertice a Palazzo Chigi tra il premier Conte e lo stesso Musumeci insieme al sindaco di Lampedusa, Totò Martello. Il piano del governo sarebbe quello di svuotare l’hotspot in tempi brevi con l’invio di cinque navi e l’assicurazione di aiuti economici e fiscali ai lampedusani.

Ne abbiamo parlato durante la prima puntata di Quarta Repubblica con il governatore della Sicilia Nello Musumeci, Mario GiordanoDaniele CapezzoneLuciano Nobili di Italia Viva e la giornalista di Radio Radio Luigia Luciani.

Dalla puntata del 31 agosto 2020

FONTE: https://www.nicolaporro.it/immigrazione-lampedusa-nel-coas-giordano-vs-nobili-italia-viva/

 

 

 

LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

Per favore non credete alla favoletta della felice magazziniera di Amazon!

il candido spot di Bezos & C. entra nelle nostre case mentre spuntano fuori velenose storie sul trattamento del personale

Amazon lancia il sasso e nasconde la mano. Anzi, fa molto di più. Fa sparire la pietra.

Parliamo della pietra dello scandalo. Niente di minerale: stiamo per prendere in considerazione due annunci di lavoro che il quartier generale di Jeff Bezos ha pubblicato (e poi rimosso) per reclutare analisti di intelligence “senior” che – oltre a dover assolvere a mansioni per altri “argomenti sensibili” – avrebbero avuto il compito di monitorare le “minacce per l’organizzazione del lavoro”.

Il recente bombardamento di spot pubblicitari, in cui una donna (con il curioso cartellino policromo su cui si legge “ambassador”) racconta con toni entusiastici la propria esperienza di lavoro nei magazzini di Amazon, arriva contestualmente allo sconcertante emergere di storie drammatiche e alla diffusione di dettagli sul non proprio idilliaco rapporto tra “padrone” e dipendenti.

La recente ricerca di “cacciatori” (1026060 – analista di intelligence e 1213610 – analista esperto di intelligence) sono state cancellate ma ne rimane traccia sulla storica macchina del tempo (“The Way Back Machine”) che attraverso il sito “archive.org” permette di recuperare 468 miliardi di pagine web che nel tempo hanno fatto capolino su Internet.

L’offerta di lavoro per due posizioni fondamentali è stata fatta sparire perché secondo quanto dichiarato da un portavoce di Amazon alla CNBC “La descrizione del posto di lavoro non era accurata, è stata fatta per errore e richiedeva di essere corretta”.

Chi non si accontenta di questa tanto sintetica quanto sconvolgente notizia può andarsi a leggere le “job descriptions” (ossia i requisiti di cui i candidati avrebbero dovuto essere in possesso e la missione prevista per chi avrebbe dovuto ricoprire l’incarico), così da appurare l’atteggiamento abbastanza aggressivo da parte di Amazon nei confronti delle organizzazioni sindacali e di chiunque possa ostacolarne l’inarrestabile ascesa commerciale compiuta a tutti i costi e anche sulla pelle dei lavoratori.

Le dinamiche aziendali del colosso del commercio elettronico hanno avuto in giro per il mondo una serie di manifestazioni non paradisiache, prima dell’esplosione della pandemia e durante il periodo del coronavirus.

Le tensioni tra il personale di magazzino e l’azienda a marzo sono state motivate dalla consistente opinione dei lavoratori secondo i quali la società non ha fatto abbastanza per proteggere i dipendenti dal contagio.

Ad aprile Amazon ha licenziato tre dipendenti che – avendo manifestato un atteggiamento eccessivamente critico riguardo le pratiche di lavoro – sono stati ritenuti colpevoli di aver violato le regole interne (che probabilmente non prevedono che ci si possa lamentare di condizioni poco accettabili).

Le proteste dei lavoratori durante l’ultimo evento annuale che Amazon organizza per promuovere il Prime Day sono l’ulteriore plateale evidenza di una situazione di disagio ben lontana dalle smancerie che sul piccolo schermo vogliono far credere alla clientela che nei magazzini “vissero felici e contenti”.

L’arruolamento di specialisti (preferibilmente provenienti dal “law enforcement”, ossia dalle Forze di Polizia, e conoscitori delle lingue straniere parlate dai dipendenti di etnie meno fortunate…) per setacciare il web, procedere alla ricognizione di gruppi social o di forum “ostili”, individuare chi vi partecipa, suggerire l’adozione di iniziative, sembra stridere un pochino con le flautate frasi della testimonial scelta per celebrare una armonia lavorativa che potrebbe non esserci.

Dania Rajendra, direttrice della coalizione sindacale Athena, avrebbe dichiarato che quelle due ricerche di impiego sono la prova che Amazon sta “prendendo di mira” i lavoratori. Avrà ragione?

I link inseriti precedentemente nel corpo di questo articolo portano a verificare i compiti ritenuti necessari da Amazon e l’evidente paura di minacce sindacali. Magari è un’impressione personale, magari ci si sbaglia, ma stavolta (e qui possiamo dire “come  sempre”) ognuno può legittimamente e doverosamente farsi la propria opinione in piena libertà.

Il datore di lavoro – già invitato a smentire le aspre critiche e soprattutto gli sbalorditivi report sul proprio conto – non deve dimenticare che lo spazio per replicare rimane a disposizione. Non deve scordare, però, che la Rete non dimentica (archive.org docet) e che le pandemie non sono soltanto quelle che affliggono le vie respiratorie come nel caso del Covid-19. Il contagio della conoscenza e della consapevolezza è destinato ad esser più spietato dei virus, a non guardare in faccia nessuno, a non conoscere antidoti o vaccini, a non fermarsi mai.

FONTE: https://www.infosec.news/2020/09/04/news/logistica/per-favore-non-credete-alla-favoletta-della-felice-magazziniera-di-amazon/

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Fusaro: l’apertura di Ratzinger a Putin – e la sua cacciata

VIDEO QUI: https://youtu.be/b9mKYt_fGbo

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/fusaro-lapertura-di-ratzinger-a-putin-e-la-sua-cacciata/

 

 

 

POLITICA

Meno democrazia: fa comodo ai 5 Stelle e ai boss di partito

Una riforma che per punire la politica punisce il Parlamento equivale a prendere a calci l’automobile perché il pilota è scarso. Il taglio peggiorerà il sistema politico italiano e suoi eventuali sviluppi ulteriori potrebbero essere ancora più gravi, se saranno quelli che vuole il Movimento 5 Stelle. L’unica riforma seria da fare sarebbe quella di sottrarre, alla maggioranza del momento, il potere di scriversi la legge elettorale che gli fa più comodo, imponendo il quorum dei due terzi. Dico No al taglio dei parlamentari, perché a favore del taglio stanno solo motivazioni di tattica politica dei singoli partiti, 5 Stelle compresi, i quali sono riusciti a portare sulle loro posizioni prima la Lega, in cambio dell’autonomia differenziata, e poi il Pd, in cambio del patto di governo del settembre 2019 e della promessa di una nuova legge elettorale. Nel merito, non c’è nessuna evidenza scientifica che il semplice taglio dei parlamentari migliori rappresentatività ed efficienza delle Camere. I risparmi? I 500 milioni a legislatura sono poi 100 milioni scarsi all’anno. E siccome quei 100 milioni sono lordi, si scopre che alla fine i risparmi sono, all’incirca, di 60 milioni all’anno. Che, in un paese di 60 milioni di abitanti, non mi pare proprio un grande argomento. Però lo si ripropone ancora: segno che non c’è molto di più.

Chi vincerà? È chiaro che dopo trent’anni di delegittimazione della politica, la tentazione può essere quella di votare un Sì punitivo. È che, se delegittimi le forme tradizionali della politica, poi che cosa ti resta? Qualcuno che fa politica c’è sempre, Referendum, No al taglio dei parlamentarisolo che la fa in sedi diverse da quelle pubbliche. Il ruolo del M5S? Arrivare a questo referendum è stato un loro capolavoro. Da un sì guadagneranno ossigeno, visto che le previsioni sulle regionali non appaiono per loro troppo rosee. Non mi aspetto una grande affluenza ai seggi, in tempi di Covid, e non vedo nemmeno un grande interesse. È una riforma che rischia di passare in sordina e che, alla fine, porterà solo ad una riduzione dei gruppi parlamentari. Sarà più facile per i partiti – o meglio, per le segreterie di partito – controllare i rispettivi gruppi. E’ così da quando i partiti sono diventati partiti personali, che selezionano i loro rappresentanti sulla base di un criterio di fedeltà al capo. Ha ragione Giulio Sapelli, a dire che ormai la cifra del sistema politico italiano è diventato il “caciquismo” sudamericano. Oggi non abbiamo più partiti strutturati che formano e selezionano un personale politico.

Tangentopoli ci ha lasciato compagnie di ventura guidate da cacicchi locali, che si affrontano senza strategie a lungo termine. E che devono mandare in Parlamento masse di manovra di fedeli. Gruppi più piccoli e compatti sono più facili da manovrare. Viene da qui l’ambiguità delle posizioni dei partiti sul referendum: in fin dei conti, gli fa comodo e gli semplifica la vita. Che poi questo, a lungo termine, significhi un grosso passo avanti verso lo smantellamento del sistema parlamentare, interessa poco: quel che importa sono gli effetti politici a breve. Si dice: la riduzione non ha senso, perché non è inserita in una riforma più ampia, ad esempio quella di un superamento del bicameralismo? È piuttosto vero. In sé il taglio non ha un gran senso. Ma ha senso se collocato all’interno di un triangolo fatto di taglio dei parlamentari, potenziamento della legislazione popolare ed eliminazione o revisione del libero mandato del parlamentare. Nel progetto originario del M5S stavano – e stanno ancora – Fraccaro e Di Maioproprio queste cose. Portare ogni anno i cittadini a votare in referendum su leggi popolari, tagliare i parlamentari e vincolare in Costituzione i parlamentari alle direttive di partito, una sua logica ce l’ha. È la logica della sostituzione della democrazia parlamentare con la democrazia diretta.

In realtà questa è la versione pubblicamente spendibile del progetto, la cui diffusione è affidata ai vari Fraccaro e Di Maio. Alla base di questo discorso sta in realtà un pensiero diverso, a metà tra la futurologia e la cibernetica, per cui i Parlamenti sarebbero destinati alla soffitta, sostituiti dal plebiscito continuo di cittadini connessi dai palmari sui social. Basta vedersi certi filmati in rete su “Gaia” e su “Prometeus” (senza h), della Casaleggio e Associati, per rendersi conto che dietro a certe idee sta un nucleo che non può essere proposto direttamente senza essere confinati nell’ambito dell’irrilevanza visionaria. Ma quello è alla base di tutto. La Piattaforma Rousseau, ad esempio, viene da lì. Quanto al Pd, ufficializzerà la sua posizione sul referendum in una direzione nazionale il 7 settembre (aveva detto di essere per il Sì). Il Pd su questa riforma è in grave difficoltà, visto che la sua base è in larga misura Alessandro Mangiaparlamentarista, e ha avversato questa riforma nei mesi precedenti. Solo che da una parte sta l’accordo di governo, insieme alla promessa di una nuova legge elettorale, e dall’altra un bel pezzo del suo elettorato.

Tant’è vero che il Pd, dopo esser stato per trent’anni maggioritario, ora vuole una legge elettorale proporzionale. E in contemporanea rispolvera certi vecchi discorsi, in cui il taglio dei parlamentari doveva accompagnarsi al maggioritario in una logica da democrazia d’investitura di tipo francese. È la seconda volta che il Parlamento vota per autolimitarsi: la riforma dell’immunità parlamentare nel 1993 e adesso il taglio dei parlamentari. Questa riforma è figlia di Tangentopoli e ne rappresenta in qualche modo il completamento. È da allora che si è risuscitata la tradizione dell’antiparlamentarismo italiano, sulla base dell’equazione tra classe politica e Parlamento. E i frutti di quella resurrezione sono ora sotto gli occhi di tutti. Il messaggio è che per punire la politica bisogna colpire il Parlamento: a questo siamo arrivati. In realtà questa è una riforma che, in mancanza di sviluppi ulteriori, ratificherà soltanto il “caciquismo” del sistema politico italiano e la riscrittura continua della legislazione elettorale, in perfetto stile sudamericano. Altro non produrrà.

(Alessandro Mangia, dichiarazioni rilasciate a Federico Ferraù nell’intervista “Il taglio dei parlamentari è solo la prima di tre riforme pericolose”, pubblicata dal “Sussidiario” il 1° settembre 2020. Il professor Mangia è ordinario di diritto costituzionale all’Università Cattolica di Milano).

FONTE: https://www.libreidee.org/2020/09/meno-democrazia-fa-comodo-ai-5-stelle-e-ai-boss-di-partito/

 

L’uso politico della pandemia

«Sono soliti tradirsi da sé, ancor prima di essere scoperti, quanti ordiscono nell’ombra trame delittuose»: così precisò Sofocle nella sua “Antigone”, passo che pare opportuno non dimenticare poiché se da un lato è vero che il “complottismo” è una delle più nocive mode del momento, è anche pur vero che “l’anti-complottismo” non soltanto è altrettanto di moda, ma non è meno culturalmente fasullo del primo specialmente se, come il primo, anch’esso nega la realtà, soprattutto quella storica che, come sempre, aiuta a leggere e interpretare il presente.

Ciò premesso, occorre altresì precisare il senso della locuzione “uso politico della pandemia”, nella specie quella del Coronavirus, prima di comprendere le conseguenze nefaste che un tale uso può produrre nel corso del tempo, specialmente quanto più lungo sarà il tempo di persistenza di tale pandemia.

In primo luogo: occorre mettere subito in chiaro – quanto meno per il rispetto di coloro che sono rimasti vittime di tale virus – che non si intende qui negare l’esistenza, la pericolosità, o la mortalità del virus, ma proprio per questo non si può altresì negare che una epidemia dal così vasto impatto sociale non può non avere delle ripercussioni di carattere politico, o, non si può negare che possa essere il mezzo per specifiche finalità politiche.

In secondo luogo: non deve suscitare stupore il fatto che una pandemia possa essere utilizzata, specialmente a scopo politico, poiché proprio la storia recente, quella del XX secolo, ha insegnato, e ancora insegna a chi ha buona memoria, che di tutto si può fare un uso politico.

Marx aveva gettato le basi per l’uso politico del diritto come poi avvenne in Unione Sovietica e come molti giuristi, tra cui, per esempio, l’italiano Pietro Barcellona, hanno poi teorizzato; la celebre regista Leni Riefenstahl dimostrò l’efficacia del cinema posto al servizio della propaganda nazista, così come oggi Hollywood è controllata da una specifica lobby che propugna l’ideologia genderista; il noto compositore Dmítrij Šostakóvič ebbe a coniare la sua decima sinfonia per omaggiare la morte di Stalin; il poeta Vladimir Majakovskij fece della poesia uno strumento al servizio del partito e della causa socialista; numerosi pensatori e politici come il socialdemocratico tedesco Alfred Grotjahn propugnarono l’uso politico delle conoscenze biologiche attraverso la promozione e la diffusine delle pratiche eugenetiche.

Insomma, pare che tutta la realtà possa essere piegata, con maggior o minore fantasia e abilità, allo scopo politico che di volta in volta si intende raggiungere. Si sa per certo, infatti, che perfino la dimensione altamente etica della medicina non è rimasta immune da simili contaminazioni, come comprovano i numerosi antiumani esperimenti che dozzine di medici nazisti compirono su migliaia di inermi pazienti di ogni tipo, perfino senza o contro il loro consenso.

Alla luce di questa rapida, ma significativa carrellata storica, sarebbe opportuno chiedersi se anche una pandemia come quella attuale del Coronavirus possa essere utilizzata per fini politici.

A tale quesito la risposta pare essere senza dubbio affermativa, e ciò per vari motivi che pur nella loro complessità si devono necessariamente sintetizzare nella loro sostanza ultima in considerazione degli spazi e dei tempi.

In primo luogo: ad un primo più banale e semplicistico livello l’uso politico della pandemia può essere messo in pratica allorquando si intenda combattere politicamente coloro che propongono di limitare o quanto meno controllare e regolare, proprio per motivi igienico-sanitari, gli spostamenti di grandi masse umane attraverso i confini degli Stati. Ecco, quindi, che si può accusare il proprio rivale politico di razzismo sebbene quest’ultimo non sia mosso da sentimenti o motivazioni di carattere razziale, ma soltanto da semplice e ordinaria prudenza.

In secondo luogo: di uso politico della pandemia si può parlare anche quando si mettono in essere misure e decisioni politiche e giuridiche la cui portata traligna dagli ordinari caratteri di una generale politica sanitaria emergenziale, potendosi piuttosto annoverare tra le operazioni di vera e propria ingegneria sociale o, peggio, di modificazione del comportamento individuale e di gruppo all’interno della popolazione.

In questa direzione si possono annoverare le decisioni che in un modo o nell’altro esasperano – cioè lo attuano ben oltre la stretta necessità per cui è pensato – il cosiddetto distanziamento sociale specialmente in quegli ambiti, come per esempio la scuola, in cui la socialità, intesa anche come inserimento individuale in un ambito umano e civico più ampio rispetto alla famiglia, è elemento primario dell’istituzione scolastica e della natura stessa dell’istruzione concepita come qualcosa di più del mero nozionismo.

In terzo luogo: ad un livello ancora superiore, si può parlare di uso politico della pandemia allorquando nell’azione politica e giuridica intervengono soggetti sovranazionali non democraticamente legittimati con la pretesa di determinare i criteri guida della suddetta azione politica e giuridica.

Si pensi, tra i tanti esempi possibili, all’OMS che, pur senza alcuna legittimazione democratica, può influire direttamente o indirettamente sulle scelte dei governi, per esempio sulle politiche economico-sanitarie che un dato governo dovrebbe o non dovrebbe intraprendere o finanziare. In questa direzione, preoccupa non poco la recentissima nomina di Mario Monti, paladino dell’austerity e del taglio delle risorse pubbliche alla sanità, al ruolo di Presidente della Commissione Paneuropea della Sanità avente la funzione di ripensare le priorità dei sistemi sanitari alla luce della pandemia da coronavirus.

Insomma, con tutta evidenza, senza bisogno di aderire alle teorie complottiste, si può fare un uso politico della pandemia rischiando all’un tempo di ledere non soltanto i canoni ordinari della dialettica politica di un sistema democratico, ma di minare alle fondamenta l’intero edificio dello stesso Stato di diritto.

Oltre che sul virus, dunque, occorre massimamente vigilare affinché esso non diventi un microscopico cavallo di Troia attraverso il quale introdurre logiche politiche e legali tese a indebolire la democrazia e le più basilari garanzie e libertà giuridiche.

FONTE: https://loccidentale.it/luso-politico-della-pandemia/

 

 

 

Magaldi: Di Maio neopiduista, taglia le Camere come Gelli

Con il taglio delle poltrone voluto da Di Maio (600 seggi in tutto, 400 alla Camera e 200 al Senato) il Belpaese diverrebbe il fanalino di coda, in Europa: quello con meno parlamentari in assoluto rispetto alla popolazione. Un’idea originale? Niente affatto: «Era scritta nero su bianco nel famigerato Piano di Rinascita Democratica redatto dalla Loggia P2 di Licio Gelli. Ed è strano che a caldeggiarlo, oggi, sia proprio il Movimento 5 Stelle, nato con l’intento dichiarato di ridare la parola ai cittadini». Lo afferma Gioele Magaldi, che nel libro “Massoni” (Chiarelettere, 2014) ha svelato la regia occulta di 36 superlogge nel retrobottega del potere mondiale. Spiega Magaldi: «L’iniziativa di Gelli era solo il riflesso casareccio dell’input partito dalla Ur-Lodge reazionaria “Three Eyes”, che affidò alla Commissione Trilaterale il compito di dare un segnale globale con il saggio “La crisi della democrazia”», uscito nel 1975 a firma di Samuel Huntington, Joji Watanuki e Michel Crozier. La tesi: di troppa democrazia si muore. «Curare l’eccesso di democrazia con dosi ancora maggiori di democrazia sarebbe come tentare di spegnere un incendio gettando benzina sul fuoco». Ergo: si facciano dimagrire i Parlamenti, per togliere punti di riferimento ai cittadini. «In questo, Di Maio si comporta come un neo-piduista», accusa Magaldi. Un sospetto: siamo di fronte a un caso palese di gatekeeping, dietro a tanto populismo inutilmente gridato?

I numeri non depongono certo a favore di una riforma che, secondo i calcoli, comporterebbe per lo Stato un risparmio irrisorio: solo lo 0,007% della spesa pubblica. Già oggi, l’Italia è penultima in Europa per rappresentanza democratica: ha un Licio Gellisolo parlamentare ogni centomila abitanti. Ben 23 paesi hanno più parlamentari, in relazione al numero dei cittadini. Con il piano del “neo-piduista” grillino, il Palazzo si allontanerebbe ancora di più. «Ho sempre difeso i 5 Stelle dall’accusa di gatekeeping», premette Magaldi: «Non ho mai creduto che il movimento fondato da Grillo e Casaleggio sia nato solo per depistare il dissenso, convogliando la protesta verso esiti innocui per il potere». Certo però che il risultato è lo stesso: i grillini hanno praticamente rinunciato a tutte le promesse di trasparenza sbandierate in campagna elettorale. Sono persino stati determinanti a Strasburgo nel far eleggere alla Commissione Europea la tedesca Ursula von der Leyen, emblema vivente del massimo rigore Ue. E ora, con l’ultra-demagogico taglio dei parlamentari (spacciato per riforma anti-casta) secondo Magaldi si apprestano a indebolire ulteriormente la democrazia italiana, già pesantemente condizionata dai diktat dell’eurocrazia che adesso vezzeggia Giuseppe Conte, docilissimo con Macron e la Merkel.

E’ irriconoscibile, oggi, il Di Maio che agita il taglio dei parlamentari per tentare di far dimenticare agli elettori i clamorosi “tradimenti” a catena dei grillini: Tap e Tav, Ilva, Muos, vaccini, spese militari e trivelle in Adriatico. Un anno e mezzo fa, Di Maio evocava l’impeachment per Mattarella, che aveva impedito a Paolo Savona di accedere al ministero dell’economia. Motivo: il professore, già ministro con Ciampi (e assai temuto da Draghi) sarebbe stato “sgradito ai mercati”. Secondo il presidente della Repubblica, il parere degli “investitori” e dei “signori dello spread” contava ben più di quello degli elettori. Di fronte all’iniziale entusiasmo per il successo delle forze gialloverdi, provvide il tedesco Günther Oettinger a ribadire brutalmente il concetto: «Saranno i mercati a insegnare agli italiani come votare». Oggi, il cerchio si è chiuso: Grillo va a braccetto con Renzi, mentre il Conte-bis ha ricominciato a garantire piena sottomissione agli eurocrati. All’ormai quasi irrilevante Di Maio, contestato dalla fronda interna e “giubilato” al ministero degli esteri, resta la battaglia sulla riduzione dei Gioele Magaldiseggi parlamentari: riforma peraltro già approvata anche dalla Lega, e ora appoggiata da Pd e renziani. Più che trame cospirative, Magaldi vede insipienza e catastrofica incapacità politica: piccole pedine, probabilmente inconsapevoli del grande disegno antidemocratico che le manovra.

E’ mai possibile che chiunque esordisca con propositi rivoluzionari poi finisca sempre per annacquare le proprie idee, fino agli esiti decisamente incresciosi dei grillini? E non è tutto: a insospettire Magaldi è anche la generosa visibilità offerta dai media mainstream al filosofo torinese Diego Fusaro e alla sua iniziativa politica, “Vox Italia”, che promuove il comunista Gramsci e al tempo stesso l’ideologo fascista Gentile. «Un rossobrunismo sostanzialmente fasciocomunista», che propone «l’uscita dall’euro e dall’Unione Europea», riesumando anche i “valori” dell’antico tradizionalismo provinciale (Dio, patria e famiglia). «Fusaro – dice Magaldi, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights” – è l’antagonista perfetto per l’eurocrazia: stravagante e ampolloso, il filosofo è divertente e soprattutto innocuo, dato che avanza proposte irrealizzabili». Non è un caso, aggiunge Magaldi, che i grandi media non diano spazio al Movimento Roosevelt, da lui fondato e presieduto: «Cosa potrebbero rispondere, i signori dell’Ue e i loro partner mediatici, di fronte a richieste ragionevoli ma Claudio Messorascomode come le nostre? Esempio: una Costituzione Europea finalmente democratica, bilanci flessibili (con investimenti non più computati nei deficit) e una Bce pronta a emettere eurobond per sostenere l’economia reale e cancellare lo spettro dello spread».

Non si corrono pericoli, invece, con il rassicurante “sovranismo rossobruno” di Fusaro, «chiamato spesso in televisione a fare da sparring partner ai politici e ai giornalisti del circo mainstream». Non solo: «Noto che anche Claudio Messora, animatore di “ByoBlu”, si sta spendendo massicciamente per “Vox Italia”, divenendone quasi il megafono». In questi anni, “ByoBlu” ha presentato regolarmente voci alternative, svolgendo un ottimo servizio di informazione e ospitando ripetutamente lo stesso Magaldi. «Poi, su di noi è sceso il silenzio», insiste il presidente del Movimento Roosevelt, quasi evocando una sorta di ostracismo “suggerito” dall’alto. «Sono interrogativi che mi pongo, in attesa di risposte», precisa. Messora, peraltro, aveva aderito al Movimento 5 Stelle, svolgendo anche la funzione di comunicatore parlamentare. «Non vorrei che, svanita l’esperienza gialloverde, qualcuno avesse deciso di puntare proprio su “Vox Italia” per sostituire, in qualche modo, il populismo dei 5 Stelle, ormai sbiadito». L’interrogativo di Magaldi lascia aperta la possibilità che lo stesso (benemerito) video-blog di Messora possa trasformarsi, a sua volta, in uno strumento di gatekeeping. Sovragestione? Tanta improvvisa enfasi su Fusaro – che ha possibilità pari a zero di impensierire il potere che domina l’Italia – non può che lasciare perplessi, almeno secondo il presidente del Movimento Roosevelt.

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

Mari invasi da plastica? Arrivano i robot spazzini!

Dal consorzio costituito dalle università di Monaco, Dubrovnik, Delft, Marsiglia e Cluj-Napoca una soluzione innovativa per ripulire i mari soffocati dalla plastica

L’inquinamento da plastica sta diventando un problema sempre più impellente per i nostri mari. Per rendersene conto non serve spingersi a largo, andando alla ricerca delle cosiddette isole di plastica. Affacciandosi da tutti gli 8mila km di costa del Bel Paese risulta subito in modo chiaro che la questione ci sta sfuggendo di mano. A guardare l’inquinamento superficiale fa rabbrividire pensare che circa il 90% della plastica che abbiamo riversato in mare in questi anni si trovi sui fondali, nascosta dagli sguardi dei bagnanti ma ben visibile alle persone che in mare ci lavorano e agli animali che ci vivono.

Come arginare dunque la montagna di 86 milioni di tonnellate che ogni anno viene abbandonata in mare? Ultimamente si stanno moltiplicando le iniziative da parte di università e startup innovative per l’impiego di robot spazzini che, sebbene ancora in fase di sperimentazione, promettono di dare presto un grosso contributo.  L’intero processo richiede tempo, risorse e competenze ma la sua applicazione è ormai divenuta irrinunciabile: il World Economic Forum stima che entro il 2050 si potrebbe passare dal rapporto di uno a cinque tra plastica e pesce nel 2014, al rapporto uno ad uno.

Tra i vari progetti in campo SeaClear è tra i più promettenti. Per la pulizia del fondale marino vengono impiegati più robot che interagiscono tra loro. Un sistema di controllo multi-agente assicura che le azioni compiute da ciascuno, come un cambio di posizione e orientamento, siano coerenti e sincronizzate con quelle di tutti gli altri. Telecamere tradizionali, segnali acustici e telecamere spettrali compongono la complessa rete di sensori a disposizione di ogni robot. L’apparato attuatore è invece costituito da pinze e dispositivi di aspirazione che si interfacciano con un bidone centralizzato.

Per distinguere i rifiuti marini dagli organismi animali e vegetali, oltre che per classificare la tipologia di rifiuto che viene prelevato, sono implementati algoritmi basati sull’apprendimento. Questi ultimi risulteranno sempre più efficaci in futuro grazie alla crescente disponibilità di dati come riprese sottomarine e al ricorso a lunghe sessioni di allenamento.

I robot spazzini non sono certo lasciati a loro stessi nel vastissimo ambiente marino. Per tutto il corso dell’attività sono supportati da un veicolo telecomandato e da un drone, i quali forniscono indicazioni precise sulle zone di interesse su cui agire.

Se è vero che in alcune zone all’interno dei porti si riesce più facilmente a fare questo tipo di sperimentazioni, perché limitate a piccole aree, d’altra parte non mancano ulteriori elementi di sfida quali la visibilità più scarsa del solito e la necessità di adottare stringenti misure di sicurezza.

Il consorzio costituito da diverse università europee per finalizzare il progetto denota una sensibilità al problema divenuta trasversale e senza confini. La salute dei nostri mari nei prossimi anni dipenderà dallo sviluppo di idee come questa e dalla volontà politica di popolare il mare di nuovi protagonisti, i robot spazzini.

FONTE: https://www.infosec.news/2020/09/03/news/protezione-e-difese/mari-invasi-da-plastica-arrivano-i-robot-spazzini/

 

 

 

STORIA

In ricordo del partigiano Giorgio Morelli, giornalista-eroe perseguitato dall’Anpi che raccontò gli orrori del Pci

Sono passati 73 anni da quando, il 9 agosto 1947 moriva a 21 anni il giornalista e partigiano Giorgio Morelli, nome di battaglia Il Solitario. Reggiano, nato ad Albinea, Morelli entrò a 18 anni prima nella Brigata Garibaldi e poi nelle Fiamme Verdi e nella Brigata Italo di don Domenico Orlandini. Il 23 aprile 1945 Giorgio Morelli fu il primo partigiano ad entrare nella Reggio Emilia liberata dai nazifascisti. Dopo la Liberazione, ancora piegato dall’uccisione dell’amico Mario Simonazzi (il comandante Azor, partigiano ucciso con un colpo alla nuca e le mani legate nel 1945 da partigiani legati al Pci) fondò con Eugenio Corezzola un settimanale indipendente, La nuova Penna.
Morelli aveva già avuto esperienze giornalistiche durante la Resistenza ed era stato per questo duramente attaccato dai fascisti. Ma col suo nuovo giornale investigò sui numerosi delitti politici e insabbiamenti operati dai comunisti reggiani. «C’era gente che sapeva, che aveva sentito, che sospettava, che forse aveva anche visto, ma tutti si erano rinchiusi in un ostinato silenzio, avevano paura di loro, degli armati».
Il giornale era autofinanziato come emerge ad esempio dai ringraziamenti ad un liceo classico che offrì 800 lire. Uscirono 4 numeri a ciclostile in clandestinità (“la Penna”) dal ’45 al ’47, e dopo la Liberazione altri 25 a stampa (“la Nuova Penna”).
I Comunisti e l’Anpi fecero di tutto per chiudere il foglio di Morelli. Cambiò 11 tipografie, una subì atti di sabotaggio e altre furono minacciate, tre edizioni distrutte e una bruciata. Per continuare ad uscire dovette essere stampato presso i Padri Benedettini di Parma.
«Il dubbio atroce, che gli era sorto e al quale non aveva voluto credere, si trasformava in certezza – scriverà La nuova Penna dopo la sua morte -. Azor era stato ucciso, perché non era comunista e quindi perché ai comunisti dava fastidio».

Dopo appena sette giorni dall’uscita del primo numero il giornale di Morelli venne messo al bando dal Partito comunista reggiano. Didimo Ferrari, capo partigiano col nome di Eros e presidente locale dell’Anpi, definì La nuova Penna ‘l’organo dei nemici del popolo’. Ma Morelli non si fece intimidire e continuò le sue inchieste. Insieme a Corezzola venne espulso dall’Anpi e Morelli replicò con un articolo memorabile: «Eros, per chi suonerà la campana? La nostra espulsione dall’Anpi, da te ideata, è per noi un profondo motivo d’onore… La nostra voce, che chiede libertà e invoca giustizia, è una voce che ti fa male e che ti è nemica».

La sera del 27 gennaio 1946, mentre tornava a casa a piedi dopo uno spettacolo, Morelli venne aggredito da due sicari che gli spararono sei colpi: un proiettile gli perforò la spalla, gli altri lo presero di striscio. Dopo l’attentato scrisse una lettera alla madre dove identificava i suoi aggressori come gli assassini di Azor. La ferita subita gli provocò un danno polmonare che lo portò alla morte il 9 agosto del 1947. Aveva appena 21 anni.
Morelli nell’anno di vita dopo l’attentato proseguì comunque la sua inchiesta su Azor, sfoggiando il soprabito bucato dalle pallottole. Il 15 marzo partecipò ad una manifestazione, dove tenne un comizio improvvisato, ma giunsero camion organizzati di operai delle “Reggiane” che aggredirono gli intervenuti e picchiarono il giovane giornalista.
E’ sepolto ad Arco in un piccolo cimitero di montagna, secondo la sua volontà.

FONTE: https://loccidentale.it/in-ricordo-del-partigiano-giorgio-morelli-giornalista-eroe-perseguitato-dallanpi-che-racconto-gli-orrori-del-pci/

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