RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 30 NOVEMBRE 2018

https://comedonchisciotte.org/dove-andra-a-finire-il-gioco-del-nuovo-ordine-mondiale/

RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI

30 NOVEMBRE 2018

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Non è bene essere troppo liberi.

Non è bene avere tutto il necessario.

(Pensiero n. 91)

BLAISE PASCAL, Pensieri, Einaudi, 2004, pag. 51,

 

http://www.dettiescritti.com/

https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/

 

Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

 

Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com 

 

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

IN EVIDENZA

LA RELIGIONE DEL NUOVO ORDINE MONDIALE

7 luglio 2017

 

di Gaetano Sebastiani

Che il progetto verso il Nuovo Ordine Mondiale sia sostenuto da istituzioni di varia natura, apparati mediatici, personaggi pubblici provenienti dal mondo dell’entertainment, centri di propaganda ideologica (economica e politica) è un dato di fatto acclarato.

 

Meno diffusa è l’idea che questo gigantesco processo di trasformazione della società in senso globale e globalizzato, sia influenzato da una vera e propria religione, la cui presenza si muove ambiguamente tra i confini dell’ufficialità e quelli della segretezza.

La principale fonte d’ispirazione di questa dottrina di stampo mondialista è il Lucis Trust.

 

Questo ente (ufficialmente trattasi di una Ong membro del consiglio economico e sociale dell’ONU) è aperto a tutti, esposto alla luce del sole e non nasconde nulla – o quasi, come vedremo in seguito – della propria visione del mondo. Dal sito internet dell’organizzazione, infatti, leggiamo: “Il Lucis Trust è dedicato alla creazione di un nuovo e miglior modo di vivere per tutti nel mondo, e si basa sulla realizzazione del piano divino per l’umanità. Le sue attività educative promuovono il riconoscimento e la pratica dei principi spirituali e i valori su cui si può fondare una società stabile e interdipendente. Nel mondo sono divulgati, in otto lingue diverse, i testi e le attività di Alice Bailey, considerata la fautrice della filosofia esoterica.”

Niente di strano, crederete.

 

La solita ed innocua solfa New Age penserà qualcun’altro. Ebbene, cerchiamo di capirne di più attraverso le vicende alquanto singolari della sua fondatrice ed “ideologa”, appunto Alice Bailey.

Alice Bailey

La nostra nasce nel 1880 in Inghilterra, in una famiglia cristiano-ortodossa. Dopo un’infanzia ed un’adolescenza infelici, contraddistinte da svariati tentativi di suicidio, all’età di 15 anni – mentre era in casa da sola – avverte una presenza estranea che la ingaggia per una missione di capitale importanza: la diffusione di specifici insegnamenti destinati a cambiare l’uomo ed il mondo in cui egli vive. Questo sarà il primo contatto con entità metafisiche, chiamate più tardi “Maestri Ascesi”, che segneranno la vita, l’opera e l’azione di Alice.

Trasferitasi negli USA nel 1907, conosce e poi sposa Foster Bailey (massone di 33° grado) che la introduce agli insegnamenti della Teosofia dell’esoterista H. P. Blavastky. E’ in questo contesto, segnato da studi sull’occulto, la spiritualità e l’astrologia, che avviene il secondo e fondamentale contatto con un altro “Maestro”, il monaco tibetano Djwhal Khul, che attraverso la tecnica dell’”Overshadowing” (traducibile più o meno come “eclissamento”), cioè una tecnica avanzata di telepatia, diffonderà la sua dottrina, usando la Bailey come strumento di scrittura.

Questa collaborazione “telepatica” – molto simile a quella che la Blavastky intratteneva con le sue presenze interdimensionali, i cosiddetti “Capi Segreti” – frutterà la produzione di diversi libri, pubblicati dalla casa editrice fondata nel 1920 dai coniugi Bailey e chiamata inizialmente Lucifer Trust (o Lucifer Publishing Company) e poi modificata nel più rassicurante ed accettabile Lucis (come luce) Trust.

 

Per capire appieno la dottrina della Bailey e del suo mentore, Djwhal Khul, è necessario muovere un passo indietro e svelare il nocciolo centrale della visione spirituale di Madame Blavatsky, vera fonte di tutte le filosofie New Age e colonna portante del pensiero del Lucis Trust. Per

 

Continua qui: https://ladagadinchiostro.com/2017/07/07/la-religione-del-nuovo-ordine-mondiale/

 

 

 

Bifarini: squadristi dello spread, se li smentisci ti oscurano

Scritto il 29/11/18

Le élites europee e italiane vogliono mantenere lo status quo. Lo fanno per propagandare con il controllo dei media questo modello economico che risulta perdente, sminuendo e ridicolizzando ogni piano alternativo e anche chi la pensa in modo differente. Lo fanno fin nel dettaglio con una macchina del fango sistematica. Il piano del nuovo governo italiano non sembra così radicale? Infatti, non lo è, ma occorre comunque ridicolizzarlo.

 

E’ un primo passo e una manovra che va in un’altra direzione rispetto alle precedenti. Ma la ridicolizzazione è architettata fin nei minimi particolari, cosa che fanno anche nei confronti delle persone (è stato fatto anche a me), anche se chi la esercita è minoritario nel paese. La maggioranza degli italiani non crede in queste ricette. Dopo una recente serata a “Otto e mezzo”, su La7, sono stata bersagliata, intimidita, derisa da importanti giornalisti e potenti economisti. Una sorta di bullismo mediatico, così volgare da lasciarmi senza parole. Faccio un esempio su un comportamento che ritengo significativo. Il vicepresidente del Parlamento Europeo, David Sassoli (ex conduttore del Tg1 ed esponente del Pd) si è scomodato per me, bloccandomi su Twitter e taggando il contenuto di un suo tweet al Parlamento Europeo, dove dice che se mi invitano in tv gli italiani potrebbero precipitarsi a ritirare i loro soldi dalla banca. Non pensavo di essere così potente. Si vede che la verità non si può dire in Tv.

In televisione avevo detto che mettere in discussione l’Europa è necessario. Che l’austerity è una ricetta che non ha funzionato e non funziona. E’ un modello adottato su scala universale in modo acritico, e l’Europa ne è in questo momento la portatrice più avanzata. Tutti addossano alle politiche del governo l’aumento dello spread, ma accade principalmente perché il quantitative easing di Draghi e della Bce è agli sgoccioli. Però questo nessuno lo spiega. Perché questi attacchi? Viviamo in una delle società più inique di sempre. Un ristrettissimo numero di persone detiene la maggioranza del potere nel mondo e in questo paese. La loro ricetta di gestione è questo fondamentalismo economico che è il neoliberismo, e anche se non funziona non lo si può mettere in discussione con delle critiche. Chi ha in mano il potere detiene il controllo dei media che sembrano fare di tutto per mantenere lo status quo. Joseph Stiglitz, Premio Nobel per l’Economia nel 2002, spiega che le ricette di Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale, Wto e vari altri organismi sovranazionali producono spesso effetti devastanti nei paesi in cui vengono applicate. Ho moltissimi punti in comune con le teorie di Stiglitz, ma nel contesto maistream la comprensione di questi temi non è passata.

Con un martellamento a tappeto hanno convinto gli italiani che l’economia è sapere ogni giorno quali siano le oscillazioni dello spread e le dinamiche del debito. Ma questa non è economia. L’economia ha il compito di far star meglio le persone. I veri problemi dell’economia sono la

 

Continua qui: http://www.libreidee.org/2018/11/bifarini-squadristi-dello-spread-se-li-smentisci-ti-oscurano/

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

Il Mezzogiorno condannato alla disfatta

20 novembre 2018 – Geppe Inserra

 

“Nell’insieme, in Italia si vive un po’ meglio”, scrive su ItaliaOggi Silvana Saturno, commentando il Rapporto 2018 sulla qualità della vita, realizzato dall’università La Sapienza per conto del quotidiano economico finanziario. Ma non è vero, a meno che non si voglia considerare quale “insieme” del Paese soltanto il Nord.
La verità è che in Italia non c’è più alcun “insieme”: si vive sempre meglio al Nord e sempre peggio al Sud. L’ottimismo del giornale è fondato sul fatto che, rispetto alla classifica 2017 tre nuove province si sono aggregate a quelle in cui la qualità della vita è risultata buona o accettabile.
Ma si omette di dire che, per quanto riguarda il Mezzogiorno, la situazione è ancora peggiorata. Se nel 2017 erano due le province che manifestavano una qualità della vita accettabile (Potenza e Matera), nel 2018 è soltanto una (Matera). Nel biennio, nessuna provincia meridionale denota una qualità della vita buona, e tutte si collocano nella fasce in cui è classificata come scarsa o insufficiente.
Basterebbe ed avanzerebbe per concludere che il divario tra Nord e Sud ha raggiunto livelli insostenibili, ma si preferisce glissare secondo il classico e sempre più collaudato meccanismo della rimozione: la questione meridionale non esiste, e punto.
Osservando la mappa del benessere disegnata dalla indagine, si ha invece la conferma più evidente della intuizione di Pino Aprile, che ha intitolato il suo ultimo libro, “L’Italia è finita”.

Ormai è un luogo comune perfino l’idea dell’Italia come un paese a due velocità. Di velocità ce ne sono almeno tre: quella del ricco Nord Est, poi l’Italia che arranca, a macchia di leopardo, tra Centro e Nord, e infine il Sud, condannato alla disfatta.

L’atto finale del processo è lo scellerato regionalismo differenziato propugnato dalla Lega (e supinamente accettato dall’ala gialla del Governo). Veneto e Lombardia, e a ruota Emilia Romagna, rivendicano competenze fondamentali (tra cui sanità, istruzione, trasporti, ambiente) che propongono di finanziare non soltanto con la spesa storica (che è già di suo squilibrata e a vantaggio del Nord) ma anche con il gettito fiscale regionale. Usare le tasse dei veneti per finanziare gli ospedali veneti significherà meno risorse per gli ospedali del resto d’Italia. E lo stesso discorso vale per le altre regioni e per le altre funzioni che saranno delegate dallo Stato, in forza dell’autonomia differenziata.
“L’Italia è finita – ha scritto recentemente Pino Aprile sul Corriere della Sera –. Un Paese esiste se, nell’equilibrio mondiale, ha un ruolo e relazioni forti; se chi lo abita lo vuole tale, figlio della sua storia, custode del territorio; se i suoi abitanti si sono reciprocamente scelti o accettati.”
Nonostante l’ottimismo ostentato da Silvana Saturno, sono proprio i dati che affiorano dal

Continua qui: https://letteremeridiane.blogspot.com/2018/11/il-mezzogiorno-condannato-alla-disfatta.html#more

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Decenni di bossoli

www.lintellettualedissidente.it

Innanzitutto grazie per aver accettato questa intervista. Durante una conferenza al secondo festival di Libropolis a Pietrasanta, ci hai introdotti ai tuoi esordi da inviato di guerra: ci puoi, intimamente, dire quali sono stati gli altri motivi che ti hanno spinto ad intraprendere questa carriera, oltre a quelli menzionati?

Si tratta di una passione nata quando ero molto giovane, guardando i servizi di Marcello Alessandri, storico inviato della Rai in Vietnam negli anni sessanta. Poi senza dubbio, anche la vicinanza con il confine su cui passava la cortina di ferro, fra l’occidente e il Patto di Varsavia nella seconda metà del novecento, che segnava un po’ la crasi tra la libertà e il comunismo, ha contribuito ad aumentare il mio interesse. Il fatto che Trieste fosse a qualche kilometro dal confine determinava una situazione di rischio, perché è chiaro che in caso di scontro con l’Unione Sovietica, probabilmente Trieste sarebbe stata tagliata fuori; quindi anche questa sorta di presenza della guerra, del suo rischio, da una parte mi angosciava, ma dall’altra mi affascinava. Sono cresciuto in questo clima fino a quando, nel 1979 a diciannove anni, mentre stavo ancora al liceo, la radio diede la notizia dell’invasione dell’Afghanistan da parte delle forze sovietiche. In quel momento, pensai che quella sarebbe stata la guerra in cui avrei realizzato il mio sogno di diventare reporter e infatti, quattro anni dopo nel 1983, andai in Afghanistan con Almerigo Grilz e Fausto Biloslavo.

Parlavi di una sorta di idealizzazione, una immagine della guerra creatasi in fanciullezza e poi divenuta realtà per mezzo dei teatri bellici. Ci puoi parlare dello stacco fra quella idea, quasi romantica e la cruda concretezza? I sogni d’infanzia, corrispondono a ciò che hai potuto constatare sul campo?

Chiaramente da ragazzini noi vediamo la guerra soprattutto da come ce la presentano nei film, con dei buoni e dei cattivi; questa realtà rimane fino alla gioventù. Poi quando si arriva sul campo di battaglia, capisci che la guerra è qualcosa di molto diverso: innanzi tutto è una attività molto noiosa, fatta di lunghe attese, marce snervanti, soprattutto in Afghanistan. Poi dei rapidi, velocissimi scontri a fuoco dove si viene uccisi. Quindi capisci che è qualcosa di molto diverso da quel sogno romantico della gioventù, ma soprattutto capisci che non sempre i buoni stanno tutti da una parte e i cattivi dall’altra. La guerra, più di ogni altra cosa, è fatta da dimensioni umane.

Mi ricordo di un caduto russo, un pilota, che aveva tentato di lanciarsi con il paracadute dopo che il suo aereo era stato colpito, perché si trovava a bombardare una gola dove si trovavano le postazioni dei mujaheddin. Venni portato a vedere le sue budella, che erano rimaste appese all’albero, quasi un segno di trionfo per quei guerriglieri che erano riusciti ad abbattere un aereo russo, simbolo della superiorità sovietica nei confronti dei mujaheddin che ancora combattevano con fucili del diciannovesimo secolo. Pensai a questo ragazzo, un giovane pilota e a sua madre, ai suoi amici che non lo avrebbero rivisto più, caduto in un paese così lontano per una causa che forse lui stesso non conosceva e non comprendeva. Questa è una delle immagini più salienti, che mi fece capire come la guerra fosse ed è tremenda. Non la si può vedere solo da una parte, ma bisogna osservarla dal punto di vista dei due contendenti.

Assieme al collega Toni Capuozzo, parlavate di esotismo e di una necessità di esplorare, addentrarsi oltre a dei confini non solo fisici ma anche culturali. Da triestino, quanto per te il viaggio, le marce dietro le linee del fronte e la ricerca dell’esotico e inedito, hanno influito sulle tue realizzazioni giornalistiche?

Per me hanno influito molto, perché come ti dicevo Trieste era una città che stava ai confini di quell’impero occidentale che si scontrava con l’impero sovietico. Per una città chiusa fra il mare, il confine e il Carso prospicente alla ex Jugoslavia, c’era una sensazione di chiusura, come lo stare dentro un anfratto, dove c’era poco collegamento con il resto della nazione. Mi ricordo che spesso, sentivo le sirene dei bastimenti che partivano dal nostro porto e sognavo di viaggiare. Avevo il grande sogno del viaggio, ma c’era la chiusura del confine;

 

Continua qui: https://www.lintellettualedissidente.it/interviste/gian-micalessin-reporter-guerra/

 

 

 

PROPAGANDA E GIOCHI DI GUERRA TRA RUSSIA E UCRAINA. COL MONDO A GUARDARE.

(di David Rossi) – 29/11/18

“Scrivere un pezzo che riporta la propaganda di entrambe le Parti, Kiev e Mosca, senza prendere posizione” è il compito con cui mi appresto a lavorare, mentre siedo all’aeroporto di Vienna, in una di quelle postazioni di gomma in stile anni Novanta per viaggiatori d’affari che lo rendono così comodo per gli scali di media durata.

Leggo un po’ di propaganda di parte russa e scopro che:

– Le forze navali ucraine avevano più volte tentato manovre “provocatorie” in violazione delle acque territoriali della Federazione russa;

– In particolare, la missione di tre unità navali di Kiev era rivolta a causare la reazione della guardia costiera e dei servizi di sicurezza, l’FSB;

– Sottoposti a interrogatorio, alcuni degli uomini a bordo hanno confermato di aver eseguito ordini precisi del Governo ucraino;

– A tale proposito, documenti scritti a mano e fogli intestati confermano l’intenzione dei leader ucraini di attirare la Russia in una trappola;

– L’obiettivo di Kiev è di innescare una crisi che serva al presidente Petro Poroshenko a riguadagnare consenso, dato che i sondaggi a quattro mesi dal voto lo danno come seconda, terza o quarta scelta degli elettori ucraini;

– Attraverso l’instaurazione della legge marziale, lo stesso Poroshenko mira a influenzare o addirittura annullare le elezioni del prossimo 31 marzo.

La posizione del Governo russo si può ben riassumere nelle parole del presidente Vladimir Putin:

Si tratta di una provocazione orchestrata dal governo ucraino alla vigilia delle elezioni presidenziali di marzo. L’attuale presidente rischia di non andare al secondo turno e quindi pensa di esacerbare la situazione creando ostacoli per i candidati dall’opposizione… (negli anni scorsi) l’Ucraina aveva motivi più seri per imporre la legge marziale nel paese, quando nel 2014 la Crimea decise di unirsi alla Russia, o più tardi, quando il conflitto scoppiò nel Donbass: c’era una guerra ma nessuna legge marziale fu introdotta”.1

Leggo un po’ di propaganda di parte ucraina e scopro che:

– Le forze navali russe e l’FSB da mesi esercitano controlli asfissianti sui traffici navali commerciali nel mare di Azov e nello stretto di Kerch;

– La missione di tre unità navali di Kiev era stata segnalata alle competenti autorità russe;

– Gli “interrogatori” e le “investigazioni” del FSB hanno estorto confessioni sotto ricatti e prodotto documenti falsi;

– A tale proposito, appare palese che Mosca intende rendere impossibile l’esercizio della navigazione nelle acque del Mare di Azov e dello Stretto di Kerch, in violazione degli accordi del 2003;

– Il Parlamento ha accordato solo un mese di applicazione della legge marziale al presidente Poroshenko: questa serve solo a facilitare lo spostamento di uomini e mezzi militari in alcune province senza ogni volta doversi incagliare nella burocrazia interna;

– Le elezioni sono confermate: in Paesi occidentali come l’Italia la campagna elettorale dura 60 giorni, non 120.

Per capire la posizione ucraina, diamo la parola all’Istituto di Studi sul Mar Nero:

“Dallo scorso aprile circa 730 navi ucraine o battenti bandiere straniere in partenza o arrivo da Mariupol e Berdiansk sono state fermate e rallentate dai guardiacoste russi per periodi compresi tra 8 ore e 4 giorni. Si tratta di azioni assolutamente arbitrarie condotte dagli agenti dello FSB (il servizio segreto russo). Alcune navi sono state rallentate più volte nello stesso viaggio. Ciò causa un grave danno alla nostra economia. Dai nostri porti sul Mare d’Azov transita il 40 per cento del nostro export, soprattutto grano e acciaio. In più c’è stata la costruzione del ponte russo che collega la penisola di Crimea alla Russia continentale attraverso lo stretto di Kerch. Un’opera lunga 18 chilometri e alta solo 35 metri, sotto la quale non possono transitare le grandi navi da carico. Metà della nostra flotta non può più passare in quelle acque”.2

Sì, in effetti, quello che i media si trovano a riportare è quasi tutta propaganda ed è molto difficile separare i fatti dalla disinformazione. Per dire, nemmeno sappiamo se i marinai e gli ufficiali ucraini in mano al FSO sono 12, 18 o 23: le fonti sono discordanti. Al cittadino europeo nemmeno importa sapere queste cose: se è pro-Occidente, sa già che il capo dei cattivi sta a Mosca… se è filo-Putin, gli ucraini e gli occidentali non hanno mai smesso di assediare la grande Nazione russa… se non gliene importa nulla, fa parte della vasta maggioranza silenziosa.

Ha davvero senso scrivere un articolo del genere, solo sulla propaganda? No! Mi limito perciò a elencare alcuni fatti:

Pare evidente che esista un tentativo del Cremlino di imporre un’egemonia navale russa sul Mare d’Azov e sullo Stretto di Kerch. Per la propaganda filorussa, è una necessità, non un fatto da nascondere.

Tutti i commentatori concordano nell’affermare che c’è stato un tentativo del presidente ucraino di imporre la legge marziale per un periodo sufficientemente ampio da influenzare le elezioni politiche del 31 marzo, ma non è andato a buon fine perché non aveva la maggioranza parlamentare sufficiente.

Per quello che ne sa lo scrivente, nessuno ha reso note le immagini satellitari di quello che è accaduto: sarebbero state utili per evidenziare se il colpevole sia uno dei due Governo o la sfortuna. Non lo ha fatto la Russia che pure dispone di un sistema di monitoraggio, né per ora lo ha fatto la NATO, che non vuol alimentare il conflitto.

Se di provocatoria violazione delle acque territoriali russe in Crimea si è trattato, per il diritto internazionale la provocazione e la violazione sono solo negli occhi della Federazione russa e dei suoi alleati, in quanto l’annessione della Crimea alla Federazione russa è riconosciuta solo da Afghanistan, Cuba, Nord Corea, Kyrgyzstan, Nicaragua, Sudan, Syria e Zimbabwe. Per tutti gli altri, molto semplicemente non si tratta di acque territoriali russe3.

Siamo di fronte a un conflitto che dura da poco più di quattro anni e ha provocato 10.500 morti (di cui un quarto civili), quasi 25.000 tra feriti e mutilati, 1,7 milioni di profughi che dalle regioni di Crimea, Donesk e Luhansk si sono riversati in Ucraina e 900.000 all’estero.

È ipotizzabile, come nessuno dice apertamente, un conflitto diretto tra le forze ucraine e russe?

Continua qui: http://www.difesaonline.it/geopolitica/analisi/propaganda-e-giochi-di-guerra-tra-russia-e-ucraina-col-mondo-guardare

 

 

 

L’Ucraina inscena una nuova provocazione perseguendo un’agenda nascosta

Peter Korzun SCF 27.11.2018

Il 25 novembre, tre navi militari ucraine effettuavano una traversata non autorizzata delle acque territoriali russe. La Guardia Costiera russa le costrinse a rispettare le regole che non seguirono fatto. Non c’è dubbio che Kiev abbia inviato le navi per provocare deliberatamente la Russia. Ogni nave che attraversa quella via d’acqua deve contattare le autorità del porto marittimo di Kerch, riferire rotta e destinazione e avere il permesso di navigare. È davvero così semplice, ma il gruppo di navi ucraine non comunicò alla Russia i piani. Gli avvertimenti a fermare le loro pericolose manovre non furono accolti. Le navi ucraine ignorarono in modo provocatorio le richieste di lasciare le acque territoriali della Russia. Kiev si è affrettava ad accusare Mosca di “aggressione militare”. L’incidente attraeva immediatamente i titoli dei giornali, coi capi occidentali che alzavano la voce per sostenere l’Ucraina senza nemmeno avere i dettagli su esattamente ciò che era accaduto o su ciò che aveva scatenato tale svolta pericolosa degli eventi. Il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, non perse tempo per esprimere “pieno sostegno ad integrità territoriale e sovranità dell’Ucraina, inclusi i diritti di navigazione nelle acque territoriali ai sensi del diritto internazionale”. Canada, Polonia e Danimarca, oltre ad altri Paesi, furono lesti ad unirsi al coro anti-russo, allo scopo di eliminare dettagli e qualsiasi tentativo di avere informazioni sulle cause reali di tale incidente in particolare o sul deterioramento della situazione nel Mar d’Azov in generale.

Il 26 novembre, il presidente ucraino Petro Poroshenko firmava un disegno di legge che impone la legge marziale. Una volta approvato dal parlamento, rimarrà in vigore per almeno un mese. Successivamente può essere esteso. Il presidente ucraino non sollevò la questione della legge marziale nel 2014, quando la Crimea chiese tramite referendum di aderire alla Russia. Né fece quel passo nel 2015 durante la battaglia di Debaltsevo tra gli intensi combattimenti nella parte orientale del Paese. Il conflitto con le repubbliche non lo spinse mai a considerare lo stato di emergenza. Ma trovava il recente incidente navale abbastanza grave da giustificare l’imposizione della legge marziale prima delle elezioni presidenziali, secondo cui i sondaggi aveva scarse probabilità di vittoria. La mossa ridurrà le libertà civili e conferirà alle istituzioni statali maggiori poteri durante le elezioni previste per il 31 marzo 2019, se non rinviate. Le elezioni presidenziali, parlamentari e locali, così come scioperi, proteste, manifestazioni e manifestazioni di massa sono tutti proibiti dalla legge marziale. L’incidente in mare potrebbe non essere l’unica provocazione. La situazione al confine con le repubbliche cominciò a peggiorare non appena iniziarono a riversarsi le notizie sull’incidente del mare. Nella serata del 26 novembre, furono segnalati pesanti bombardamenti delle forze ucraine sulle zone residenziali dell’Ucraina orientale.

Un altro motivo, la provocazione fu inscenata per accelerare la procedura di adesione alla NATO. L’accordo Russia-Ucraina del 2003, in cui si afferma che il Mar d’Azov è considerato acque nazionali di entrambi i Paesi, può essere annullato. Un disegno di legge per abrogare il

Continua qui: http://aurorasito.altervista.org/?p=3794

 

CULTURA

Filosofia italiana, differenza della ripetizione

Paolo Godani – 25 NOVEMBRE 2018 

 

A scorrere la lista dei libri di ambito filosofico pubblicati nel corso dell’ultimo anno e mezzo si può trovare conferma di alcune direzioni generali che da tempo sembrano caratterizzare in Italia la fragile editoria del settore.

La filosofia in Italia conferma, innanzitutto, la tendenza storica a presentarsi, per lo più, come un’indagine dell’attualità, in presa diretta sugli elementi sociali e politici del mondo contemporaneo, come si vede considerando alcuni dei testi più significativi usciti in questi ultimi mesi: Forza lavoro di Roberto Ciccarelli (DeriveApprodi), Politica e negazion edi Roberto Esposito (Einaudi), Stranieri residenti di Donatella Di Cesare (Bollati Boringhieri), Crisi come arte di governo di Dario Gentili (Quodlibet), Lo sciopero umano e l’arte di creare la libertà di Claire Fontaine (DeriveApprodi), per nominarne solo alcuni, sono tutti testi che cercano di produrre categorie filosofiche a partire dalle contingenze dell’epoca.

Un secondo dato significativo, benché dalla portata ben più limitata, riguarda il fiorire degli studi che si collocano tra psicoanalisi (in particolare lacaniana) e filosofia, ovvero che sconfinano dall’una verso l’altra. Mi limito qui a segnalare due libri estremamente diversi tra loro, che pure pongono in maniera esplicita l’esigenza del dialogo tra le due discipline. Il primo è il testo di Luigi Francesco Clemente, Jacques Lacan e il buco del sapere. Psicoanalisi, scienza, ermeneutica (Ortothes), che a partire dal confronto tra Lacan e Ricoeur perora la causa di un’analisi che non si riduca a una mera ricerca sul senso della vita e delle cose; di una psicoanalisi che dunque non ha niente a che vedere con i dolci sentieri dell’interpretazione, ma che si profila piuttosto come la ricerca di un contatto rischioso e aspro con il reale. Il secondo testo che vorrei qui nominare, a testimonianza della ricchezza di questo dialogo tra psicoanalisi e filosofia, è il lavoro di Yuri Di Liberto, Il pieno e il vuoto. Jacques Lacan, Gilles Deleuze e il tessuto del reale (Orthotes), nel quale si tenta, per così dire, una conciliazione ontologica della discrepanza fondamentale che sembra separare il discorso lacaniano sulla mancanza come causa del desiderio e quello deleuziano sul desiderio che non manca di nulla.

Per entrare nell’ambito dei testi propriamente filosofici, si può notare in primo luogo il declino lento, ma non ancora abbastanza inesorabile, dei testi meramente accademici. L’esplosione di pubblicazioni a soli fini concorsuali, che si era avuta attorno al 2008, tende lentamente a spegnersi sia in ragione del calo sensibile dei finanziamenti ministeriali, sia perché le regole della famigerata Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario (Anvur), secondo una logica mutuata dal sistema anglosassone, scoraggiano la produzione di libri spingendo piuttosto verso la pubblicazione di articoli su rivista. A questo diradarsi delle pubblicazioni accademiche, tuttavia, non corrisponde affatto, a parte le eccezioni di cui diremo subito, la ripresa di una scrittura più libera dai vincoli stilistici e settoriali. Sembra, in effetti, che sia sempre più esiguo lo spazio editoriale per i testi situati tra la saggistica accademica e quella “giornalistica”.

Le eccezioni a questo stato di cose non sono numerose, certo, ma proprio per questo sono ancora più significative. E soprattutto sono eccezioni che disegnano, forse non casualmente, un campo di questioni e problemi comuni: la serialità, l’automatismo, l’abitudine, la ripetizione.

La Filosofia dell’automatismo. Verso un’etica della corporeità di Igor Pelgreffi (Orthotes), ad esempio, pone il problema dello statuto e della genesi dei meccanismi psicologici e sociali della ripetizione e dell’abitudine, per mostrare come le resistenze del corpo possano aprire la via di un’emancipazione intesa come liberazione dalla passività. Su un terreno problematico analogo, benché con una prospettiva storica più ampia e con esiti differenti, si pone Marco Piazza che con Creature dell’abitudine. Abito, costume, seconda natura da Aristotele alle scienze cognitive (il Mulino) ripercorre le trasformazioni che l’abitudine e i suoi derivati hanno subito nella storia della cultura occidentale. Ancora sulla medesima linea, a testimonianza del fatto che forse, finita con la chiusura del secolo scorso la lunga sbornia individualistica e personalistica, si è tornati a pensare seriamente agli elementi che costituiscono la nostra vita comune, Marina Montanelli mette a tema, partendo da Walter Benjamin, Il principio ripetizione (Mimesis), cioè quella tendenza tipicamente umana che forse, se pensata in relazione alle abitudini ludiche dei bambini, non si riduce a mera “coazione”, ma manifesta il carattere della creatività, cioè della produzione del nuovo a partire da materiali dati. Nel testo di Montanelli, come in quelli di Piazza e Pelgreffi, la questione che viene messa in primo piano, come problema centrale della nostra epoca, è quella del modo in cui possiamo conservare la plasticità e le potenzialità innovative dei nostri comportamenti in un contesto nel quale l’automatismo e la ripetizione tendono a produrre effetti di omologazione generalizzata.

Anche uno dei libri più appassionanti usciti in questo periodo, Lo spettacolo di sé. Filosofia della doppia personalità di Barbara Chitussi (Meltemi), sembra poter rientrare in questa linea di tendenza, dal momento che ne svela la questione di fondo. Il problema dell’automatismo e dell’abitudine, in effetti, non esisterebbe se la soggettività umana non avesse la singolare caratteristica di potersi osservare dal di fuori, di potersi cioè rapportare con la propria stessa natura come se non fosse propria o come se fosse un’altra. In questo senso l’imitazione, il fare da sé come un altro, si profila essere una forma di ripetizione primordiale che (come già l’Aristotele della Poetica aveva sottolineato) sta alla base di ogni nostra possibilità di conoscenza. Il che significa, e Chitussi lo mette in luce con grande finezza, che la preziosa autenticità dell’esperienza personale è da cima a fondo dipendente dall’habitus, dal gioco delle maschere ideali e sociali che indossiamo di volta in volta – ovvero, per dirlo con il rovescio di una formula trita

Continua qui: https://www.alfabeta2.it/2018/11/25/filosofia-italiana-differenza-della-ripetizione/

 

L’inganno della Croce: storia di una religione “inventata”

Scritto il 13/10/18

 

 

Si legge questo libro (“L’inganno della Croce”, di Laura Fezia) e ci si chiede: come non concordare? O, quanto meno, come non cominciare a dubitare seriamente? I contenuti sono accurati, frutto di una ricerca che rispetta le regole di quella scienza che si definisce storiografia: tecnica di composizione di opere storiche, fondata sull’interpretazione critica e sulla rielaborazione scientifico-letteraria dei fatti. Questo libro affronta e narra una serie di vicende che della storia hanno fatto scempio; una successione di atti, decisioni, affermazioni, imposizioni che nulla hanno avuto – e hanno – a che vedere con il desiderio di verità così pomposamente proclamato. L’autrice inizia a ripercorrere qui – e promette di proseguire – la nascita e l’affermazione di una istituzione che si perpetua con lo scopo precipuo di nutrire se stessa, il suo potere, la sua ricchezza, fondandoli in modo pretestuoso su basi che di storico hanno poco o nulla. La falsità creata e posta come base per la creazione di quello che appare come il più duraturo ed efficace sistema di potere mai elaborato e imposto: santa romana chiesa, come la definisce Laura Fezia.

Bene fa l’autrice a ricordare che il cardinale Paul Marcinkus, braccio destro di Giovanni Paolo II, per rispondere a una domanda sulla sua disinvolta gestione, affermò candidamente: «La Chiesa non si può mandare avanti con le Avemarie!». Evviva la sincerità! Ma noi ci chiediamo: la Chiesa non dovrebbe essere la prima ad affidarsi in via esclusiva alla Provvidenza. A quella stessa provvidenza che viene spesso ricordata ai poveri e ai sofferenti per far sì che vivano nella speranza di un paradiso in cui trascorreranno la loro eternità con quel dio che la Chiesa stessa ha inventato? Perché i poveri e i sofferenti devono supplire con le Avemarie mentre la Chiesa provvede molto più opportunamente ed efficacemente a sostentare se stessa con la ricchezza? L’autrice evidenzia chiaramente che qualcosa non torna: «Questa non è che una delle contraddizioni talmente evidenti che dovrebbero saltare all’occhio di chiunque, ma i cattolici praticanti e convinti, indottrinati da un’abile, martellante propaganda subliminale, oggi come un tempo preferiscono fingere di non vedere e non sapere, ostinandosi a identificare fede e Chiesa».

Il dominio sulle coscienze nasce da invenzioni che in una sorta di fabula vengono congegnate e concatenate le une alle altre, appunto come anelli di una catena che imprigiona inesorabilmente chi non vuole, o spesso non può, pensare e agire in conformità a quella autonomia che la nostra struttura intellettuale (presunto dono del presunto dio) consente o consentirebbe, qualora la si volesse esercitare. Le falsità sono tante e Laura Fezia le riporta, evidenzia e sottolinea,

 

Continua qui: http://www.libreidee.org/2018/10/linganno-della-croce-storia-di-una-religione-inventata/

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO DISINFORMAZIONE

L’IMPERO ATLANTICO DELLA MENZOGNA. LA PAROLA AL PENTITO ULFKOTTE

Posted on marzo 3, 2015 by marcellodaddabbo in AMERICA.

 

di Marcello D’Addabbo

In Germania il caso Ulfkotte è ormai esploso in tutta la sua enormità. Nei talk show risuonano le parole del corrispondente esteri del più prestigioso quotidiano tedesco, “Frankfurter Allgemeine Zeitung” «per diciassette anni sono stato pagato dalla CIA, io e altri centinaia abbiamo lavorato per favorire la Casa Bianca». Questo è l’inquietante quadro descritto nel libro che Udo Ulfkotte ha da poco pubblicato in patria dal titolo eloquente: Giornalisti comprati. Il libro descrive il controllo dei media tedeschi, e occidentali in genere, attraverso una fitta rete di corruzione e di pressioni esercitate da parte degli americani mediante apparati di intelligence, ambasciate Usa, fondazioni, lobby e istituzioni atlantiste (sono citate tra le tante il Fondo Marshall, l’Atlantic Bridge e l’Istituto Aspen). Il fine di tale incessante attivismo operato nelle retrovie dei mass media, secondo le rivelazioni dell’autore, è quello di costruire una interpretazione degli accadimenti internazionali sempre unilaterale e compiacente verso Washington. Si racconta di programmi specifici per i giornalisti, disposti dalle ambasciate statunitensi in Germania e in Italia, nei quali è previsto un compenso che arriverebbe alla cifra di ventimila euro per scrivere articoli filostatunitensi. Ma non si tratta solo di dazioni in denaro, c’è l’altro mezzo di pressione, quello che solletica di più il narcisismo da cui i giornalisti sono maggiormente affetti, ovvero le gratifiche in campo professionale: premi, collaborazioni, incarichi, convegni nei mitologici e prestigiosi campus universitari americani, viaggi pagati, riconoscimenti pubblici di ogni genere, insomma una tentazione irresistibile. Il volto seducente del potere, cemento a presa rapida per costruire la casa sicura della narrazione mediatica ufficiale con l’aiuto di un esercito di professionisti mercenari dell’informazione a completa disposizione. «Prima di tutto» racconta «è necessario rendere autorevole il giornalista a libro paga, facendo riportare i suoi articoli, dandogli copertura internazionale e premiando i suoi libri. Molti premi letterari non sono altro che premi alla fedeltà propagandistica dell’autore che li pubblica, non molto differentemente dal premio “eroe del lavoro” nella ex Germania Est comunista». Ulfkotte ricorda esperienze personali, come quella, decisamente ridicola, dell’improvviso conferimento della cittadinanza onoraria dello stato americano dell’Oklahoma, in assenza di alcun legame apparente tra il suo lavoro e quel territorio. Poi, sullo sfondo di questa realtà patinata di favori e grandi alberghi, si muovono i servizi segreti e le pressioni quando serve non mancano: «Spesso vengono a trovarti in redazione, vogliono che scrivi un pezzo» rivela nel libro. In occasione della crisi libica del 2011, racconta di quando fu imbeccato da individui dei servizi tedeschi per annunciare sul suo giornale, quasi fosse un dato assodato, che Gheddafi era in possesso di armi chimiche pronte per essere usate contro il popolo inerme, ovviamente senza avere alcun riscontro da fonti verificate. Se invece si trasgredisce la linea filoatlantica le conseguenze sono altrettanto note, ovvero la perdita del lavoro, il triste isolamento professionale, fino alle minacce dirette e alle persecuzioni (lui stesso sostiene di aver subito sei perquisizioni nella sua abitazione con l’accusa di aver rivelato segreti di stato).

Ma perché mai un pezzo da novanta del giornalismo tedesco si esporrebbe in questo modo, ad un’età – cinquantacinque anni – che gli avrebbe consentito di proseguire la sua brillante carriera ancora per lungo tempo, facendo esplodere una simile bomba mediatica e mettendo sotto accusa l’intero sistema mediatico occidentale? Egli stesso ha risposto a questa domanda nel corso delle numerose interviste di questi giorni, parlando di una crisi di coscienza irreversibile, del

 

Continua qui: https://ladagadinchiostro.com/2015/03/03/limpero-atlantico-della-menzogna-la-parola-al-pentito-ulfkotte/

 

 

 

Della Post verità ed altri deliri.

www.conflittiestrategie.it

di A. Terrenzio

La sinistra benpensante e demenzialmente corretta ne ha inventata un’altra.

“Post-verità” è la nuova parola per bollare il pensiero non conforme al politicamente corretto e restringere la libertà di espressione nei blog di libera informazione.

Il pretesto è quello della “diffusione dell’odio” e di fake news, che come recita il Presidente dell’Antitrust Pitruzzella, “favorirebbero l’ascesa del populismo e rappresenterebbero un pericolo per la democrazia”.

Il neologismo è già presente sui quotidiani internazionali, come Gaurdian, Washington post, Times e sui giornaloni della semi-cultura italiana, Internazionale e Repubblica.

Il termine starebbe a significare: bufala, balla, bugia. Così il mondo radical-chic vuole censurare chi non si adegua al conformismo ideologico imposto dai media di regime.

Testimonial privilegiata della nuova iniziativa liberticida, Laura Boldrini che dopo la rivoluzione del lessico, ha pensato bene di annoverare tra le sue battaglie anche “la lotta all’odio e le bufale del web”.

Ora che Madonna Laura, ce l’abbia a morte col mondo degli internauti è anche comprensibile, visto che gliene hanno dette di ogni, ma che desideri istituire una commissione parlamentare contro l’hate speech, in un paese che soccombe tra povertà economica, emergenza migratoria, terremoti, ci lascia quantomeno perplessi.

Il presidente antitrust Giovanni Pitruzzella ha addirittura invocato l’intervento di un’istituzione pubblica, coordinata direttamente da Bruxelles, sostenendo la necessità che le notizie vadano vagliate da un istituto di vigilanza che censuri le fake news.

E’ ovvio a questo punto, cosa si nascondi dietro tale provvedimento: il tentativo di arrestare l’informazione alternativa che negli ultimi tempi, sta totalmente sovrastando la narrazione degli organi mainstream.

La Brexit, è stato il primo campanello d’allarme. Nonostante tutta la propaganda mediatica avesse annunciato, catastrofi finanziarie e economiche incalcolabili, il popolo inglese aveva scelto per il No. La corona è restata li dov’è e nessun cataclisma paventato si è materializzato.

Il secondo schiaffo invece, è stata la vittoria di Donald Trump alle scorse presidenziali americane. Per mesi, i maggiori organi di informazione internazionali e nazionali hanno ripetuto ossessivamente che la vittoria del “Tycoon” repubblicano, sessista e retrogrado, avrebbe rappresentato una catastrofe per il mondo intero … Hanno diffuso numeri totalmente falsi che davano la Clinton come sicura vincente. Persino i divi di Hollywood erano scesi in campo contro il miliardario californiano, da Di Caprio a Clooney. De Niro, gli avrebbe voluto addirittura spaccare la faccia, mentre Madonna avrebbe promesso una fellatio con happy ending, a chiunque avesse votato per Hillary (le vie del femminismo sono infinite). Risultato? Madonna a bocca asciutta e Trump nuovo presidente degli Stati Uniti.

Ed infine anche il No al referendum costituzionale, come sussulto di sovranità da parte del popolo italiano.

Tali risultati, nella loro diversità, sembrano dire una cosa sola alle élite: esse non hanno più presa sulle volontà dei popoli che decidono e selezionano le informazioni tramite circuiti alternativi.

Ma per i giornalisti televisivi alla Lerner o alla Mentana, sono solo “webeti”.

Se quindi vincono i partiti populisti, è solo perché i poveri elettori sono stati gabellati o hanno preso un gigantesco abbaglio.

Ora se tutto ciò restasse confinato nei salotti radical chic di casa nostra, non dovremmo preoccuparci oltre, ma come ricorda F. M. Del Vigo il passo successivo, dopo il bavaglio al web, potrebbe essere quello di dire chiaro e tondo agli elettori che sono una massa di imbecilli e che bisogna abolire il suffragio universale (ricordate come furono trattati gli elettori del Brexit e di Trump?).

Basta una parolina, post/verità ed il gioco e fatto. Perché la colpa è del popolo bue che crede alle bufale, non certo la loro, che non ne azzeccano una e diffondono solo menzogne impostegli dal padrone … Come la favoletta dei “ribelli moderati” in Siria che combattono il regime del sanguinario dittatore Assad oppure della Russia che fa hackeraggio, truccando le elezioni americane.

Detta così, sembra uno scenario fantapolitico, ma il rischio è tutt’altro che remoto. Ricordiamo che Obama, dopo la sconfitta della Clinton

Continua qui: http://www.conflittiestrategie.it/della-post-verita-ed-altri-deliri-di-a-terrenzio

 

 

 

DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI

LA “RISPOSTA” DEL VATICANO ALLA NOSTRA ESTINZIONE

Maurizio Blondet 29 novembre 2018

“Davvero simbolico il video proiettato sulla chiesa di Santa Maria della Minerva per concludere il Sinodo della Gioventù: la chiesa (o piuttosto la Chiesa?) viene scoperchiata, poi demolita, infine dissolta..”, mi scrive il lettore Alberto Piccoli.  E’ accaduto a fine ottobre  ma m’era sfuggito, perché ormai distolgo il pensiero e lo sguardo dal Vaticano occupato dalla junta sudamericana, come si deve fare per  non guardare la madre fattasi, a tarda età, prostituta del “Mondo”.

Il video è qui: https://youtu.be/lKkziFNQuOQ 

e non richiede commenti.

 

Tuttavia, è stato commentato, negli ambienti cattolici americani ed inglesi – evidentemente meno assuefatti di noi dì questo Vaticano mai sazio di profanare – come satanico, demonico, inquietante, una forma di orribile scherno. Il significato è effettivamente inequivocabile: e poiché è stato autorizzato dal Vicariato di Roma, lo leggiamo come la pulsione di morte, lo spasimo di questa chiesa di Bergoglio per l’annichilimento di sé, di ogni soprannaturale e di ogni sacramentale – e   di tutto il passato, duemila anni di arte e di bellezza che ormai odia.

Insaziabile sete di profanazione

L’architettura unica – facciata classica ed interno gotico unico in Roma, epitome integrale della   Tradizione eropea –   viene  mostrata mentre si liquefa bavosamente,  sventrata,  scomposta, per una attimo non è che un teschio,  e infine  polverizzata : ma questa smaterializzazione,  lo si dice chiaro,  è solo “un trucco di fumo e di specchi”,  a trick of smoke and mirrors come Shakespeare chiamava le magie del grande Illusionista, che sostituisce ciò che è stato solido con il vuoto dell’aria di cui è Principe, maceria  –  e tunnel delle tenebre finali.

Nella chiesa così profanata sono conservati i resti mortali di Santa Caterina da Siena, ed è la chiesa titolare dei cardinale Antonio Dos Santos Marto di  Fatima, il cui nome evoca i cari pastorelli  Giacinta e Francisco Marto, cui a Fatima le Vergine Madre avvertì della crisi finale della Chiesa.

Mi ha chiesto se volevo restare per convertire altri peccatori. Le ho detto di sì”.

Insomma, si è sputato sui cari eroici fratellini che tutto han sofferto “per i peccatori”, e la Patrona d’Italia e d’Europa, la sapiente, la dottore della Chiesa per divina grazia evidente, essendo lei illetterata. Questa insaziabile voglia di oltraggiare e disonorare ciò che ci è caro, sacro e necessario, è davvero il più evidente indizio di ossessione satanica della Junta chiesastica.

Ancor più significativo che questo abbia offerto la Junta al Sinodo dei Giovani. Nient’altro che l’immagine della propria volontà di autodistruzione. Come dirlo?  Abbiamo la certezza che –  con la popolazione femminile fra i 15 e i 49 anni diminuita di 900 mila unità – ormai l’estinzione degli italiani è “un processo innescato” e già di fatto  irreversibile; i “giovani” a cui la chiesa rivolge il suo “messaggio” di “accoglienza” secondo le direttive dell’ONU non sono sempre più rari, ma al  ritmo di 250 mila  l’anno devono andare all’estero per trovare da vivere con dignità: il che significa, vivere in un’altra lingua, ossia in un altro universo culturale, spirituale. Alla lunga, assorbiti e integrati in una non-Italia.

“Ciò significa”, cito Gianluca Marletta,” che l’Occidente così come lo conosciamo – da un punto di vista culturale, sociale, etnico, spirituale, sicuramente anche economico col suo corollario di “sicurezze” – è al suo termine. Non è apocalittica o escatologia, sono dati tecnici: pochi giovani significa pochi figli futuri, in ogni caso la FINE di una CIVILTA’.  Possiamo far studiare i nostri figli, sperare per loro, ma una cosa è sicura: l’Italia, l’Europa, l’Occidente, sono clinicamente morti; e la presente è l’ultima generazione che ha la possibilità di vivere il tipo di mondo che noi stiamo ancora vivendo”.

Il “messaggio” ai “Giovani”

Così possiamo a vedere come sia totale il tradimento della chiesa vaticana a questi giovani su cui finge di puntare. Non ha altra risposta che quella di Soros e del Palazzo di Vetro, sostituire il sangue vecchio col sangue nuovo di immigrati africani e mediorientali dalla democrazia tumultuosa, che feroci sbarcano. Come se si trattasse di “sangue”, di materialità meccanica, come se la salvezza fosse nello stupro dei negri o dei musulmani sulle restanti giovani donne per ”fare figli”.

S’intende, non è questione di razza. Se non si hanno più figli naturali, si possono avere figli spirituali o culturali. Dovremmo avere l’ambizione di rendere “italiani” i nigeriani, eritrei o bangla, afghani e turchi, ossia: che sentano “propri” Dante Alighieri e Rossini e Verdi, che si sentano figli, nel proprio sangue, delle chiese romaniche, del barocco romano, il tema centrale dell’architettura per duemila anni. Noi, sterili geneticamente, abbiamo ancora una eredità da

Continua qui: https://www.ilcaffegeopolitico.org/97390/la-francia-litalia-e-il-rebus-libico-come-e-andata-a-palermo

 

 

AIUTARE EUROPEI POVERI NON E’ ABBASTANZA “SOCIAL”

www.maurizioblondet.it

(MB. Ricevo e pubblico)

Una foto “con il bambino africano” vale 200 foto “con il bambino europeo”

Buongiorno Direttore,
è la prima volta che Le scrivo direttamente; con ogni probabilità
avrei lasciato questo commento in calce all’articolo che tra poco citerò, ma comprendo e appoggio la Sua decisione di chiudere le discussioni.
Sono poco più anziano di Silvia Romano, la ragazza rapita in Africa, e sono lombardo come lei (ma immagino che queste sfumature non le  siano interessanti, ma anzi sinonimo di “razzismo nordista”. Se fossi  di una tribù africana e rivendicassi la mia identità, invece, il  discorso sarebbe ben diverso); il mio impegno nell’aiuto umanitario  non è totale, essendo costretto a lavorare per creare una mia realtà imprenditoriale.
Nell’articolo “La più bella virtù italiana…”, Lei, Direttore,  definisce “Africa Milele” una ONLUS “sconosciuta”; una breve ricerca  sulle reti sociali, ed invece si scopre che questa associazione ha un  suo radicamento, tante iniziative di autofinanziamento (5×1000, “pizzate”, etc.), ondate di  fotografie e grandinate di “mi piace” (12mila alla pagina), etc. Queste interazioni da reti sociali aumentano a dismisura nelle fotografie raffiguranti la nuova famiglia “colorata” della presidente di tale associazione; sono sicuro che altrettante ne ha ricevute la fotografia in abiti tribali africani  fatta dalla ragazza rapita. Tutto è pubblico ed ampiamente visibile sui profili ospitati sulla piattaforma Facebook, vedere per credere.
Allorché mi dico: quanta attenzione per il mondo del volontariato!
Sicuramente, mi dico, se la passano bene allora anche i volontari ai quali,  quando posso, allungo un biglietto di carta firmato Draghi.
Nella “razzista” e “padanista” Brescia, scaldata dall’impianto di  termovalorizzatore più grande di Little Italy (che barbari!) esiste  l’associazione EST portiamo, che al motto di “Cercare il pane per se  può essere egoismo, ma cercare il pane per gli altri può essere  spiritualità” in estrema sintesi carica di viveri, attrezzi per lavorare il terreno, per riscaldare, etc., dei grandi TIR (solo quelli che, per un caso o per l’altro, devono tornare a casa loro senza carico, per questo accettano, dietro prebenda, di aiutare i loro indigenti) per poi distribuirli all’estremità d’Europa: Romania, Ucraina, ma anche Libano, Siria, Betlemme… tra le varie cose, si impegna anche a sensibilizzare le donne locali a non praticare l’aborto. Chiaramente è di ispirazione cattolica, ma non si pone nessun quesito sui destini della Chiesa, come invece fa il Suo blog.
Insomma, una candidata ideale per avere altrettanti “mi piace”, condivisioni, etc., quanti quelli di “Africa Milele”.

Ed invece non è così, mi sbagliavo.

La pagina “social” langue di interazioni (Africa batte Est Europa 12mila “mi piace” a 500), figuriamoci quindi di volontari (i quali son sempre gli stessi, ogni anno chiaramente più anziani).

La fotografia della ragazza nemmeno 18enne, volontaria al centro pro-life in Transcarpazia che cura il bambino di un’altra donna, evidentemente “piace” meno dei bambini africani con un cartello in mano (come se fossero marionette, poveracci).

La fotografia dell’aiuto alla Caritas greco / cattolica di Maramunes  (dove esistono pregevoli chiese in legno, e l’agricoltura è tutto  meno che meccanizzata e ) con le bambine in abito tipico evidentemente  “piace” meno della foto della ragazzina Y, mentre fa le smorfie in Kenya, con il nulla come sfondo.

 

(Tantissimi “LIKE”. Volontari Africa Milele)

 

(Pochissimi “LIKE” per la Caritas greca)

 

Un piccolo contributo sulle attività pro-vita ai confini d’Europa, a Maramunes, e sulle nuove difficoltà create da…

“Per noi europei occidentali è sorprendente sapere di come in una nazione in cui l’aborto è molto diffuso, per antico e sovietico retaggio, le iniziative e le manifestazioni anche collettive (a volte quasi di massa) dei movimenti – soprattutto religiosi – in difesa della vita, siano bene accetti dalle autorità e dagli organi d’informazione a stampa e radiotelevisivi. Ed è anche marcata la presenza pubblicitaria su questo problema, anche sulle strade urbane con cartelloni, manifesti, poster, volantini, ecc. Non solo: a volte gli stessi medici degli ospedali, per saperne di più su queste iniziative dialogano con gli esperti del locale Movimento per la Vita. Particolarmente positivo è il fatto che questo tipo di azione abbia accesso anche al mondo della scuola, con gli esperti del Movimento invitati a tenere delle lezioni. I nostri amici di là, coi quali siamo in relazione, non hanno però mancato di osservare (ce ne hanno fatto partecipi proprio in questo 2017) che si sta insinuando in modo strisciante dall’Occidente una deleteria mentalità “libertaria”, al punto di far temere che in futuro non sia loro consentito l’accesso alle scuole e alle istituzioni pubbliche per poter parlare di aborto e sessualità responsabile.

E’ questo uno dei motivi per cui l’attività Pro-Life prosegue senza sosta sui siti web, sulle pagine Facebook, e con gli altri mezzi di divulgazione. Situazione paradossale: l’aborto visto dalle autorità come piaga nazionale, e insieme (ma sperando che non sia così) penetrazione dall’Occidente (cristiano?) di una mentalità e di un clima “culturale” che da noi ben conosciamo. ”

Tratto da: http://www.estportiamo.com/brochure2018.pdfbrochure2018 (1)

 

Ad “Africa Milele” e alle sue volontarie con i rasta in testa interessa nulla di questi disperati est europei, sono troppo occupate ad organizzare “Aperitivi Solidali a Palazzo Camozzini” (Fonte https://www.facebook.com/events/1922255488068880/) a Verona (complimenti!

 

Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/aiutare-europei-poveri-non-e-abbastanza-social/

 

ECONOMIA

Vi spiego perché è il momento dell’Italexit

28 novembre 2018 ILARIA BIFARINI

Dopo la bocciatura definitiva della manovra da parte della Commissione europea con la prospettiva dell’apertura della procedura d’infrazione contro l’Italia per deficit eccessivo, da più parti ci si chiede quale strada percorrere. A questo punto, cosa converrebbe fare? Scendere a patti con Bruxelles come sembrerebbe chiedere il ministro degli Affari europei Paolo Savona, o andare avanti con il muro contro muro come chiedono invece Salvini e Di Maio? E soprattutto, è arrivato o no il momento di una rottura definitiva, magari avviando quel percorso di uscita dall’euro da molti auspicato? Lo Speciale lo ha chiesto all’economista Ilaria Bifarini.

Ha senso cercare ancora un accordo con l’Unione Europea sulla manovra?

“Credo a questo punto che non ci siano più le condizioni. C’è un accanimento da parte dell’Unione Europea nei confronti dell’Italia che è motivato più da ragioni ideologiche e politiche che da questioni economiche. La spesa a deficit prevista da questa manovra è assolutamente in linea con quanto attuato dai governi precedenti, anzi anche inferiore. Il debito pubblico, dovuto al pagamento degli interessi sul debito stesso, è cresciuto con lo stesso Monti, a riprova che le misure di austerity non funzionano, così come con Letta, Gentiloni e Renzi. Ma mai come con la coalizione giallo-verde c’era stato un attacco così duro e ostinato da parte sia di Bruxelles che dei media e di tutta la potente macchina della propaganda”.

Siamo come non mai di fronte ad un bivio? Uscire dall’euro o rassegnarsi alla sudditanza perenne?

“Già, è giunto il momento di scelte coraggiose. Continuare a sottostare a regole e parametri infondati assurti a dogmi significa rinunciare per sempre alla propria sovranità economica e politica. Una perdita di democrazia inaccettabile per i cittadini, che alle urne hanno espresso la loro volontà di cambiamento. C’è uno scollamento troppo forte ormai tra le istanze delle popolazioni e quelle dei tecnocrati di Bruxelles, che non le rappresentano.

Attraverso l’imposizione di parametri contabili si è creata una dittatura dei mercati che sta

Continua qui: http://ilariabifarini.com/vi-spiego-perche-e-il-momento-dellitalexit/

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Perquisizioni a Deutsche Bank

Il pubblico ministero di Francoforte sta facendo perquisire diverse sedi della banca per riciclaggio in relazione ai Panama Papers. Intanto il responsabile Usa, Patrick, starebbe lasciando l’incarico. Titolo in rosso

di Elena Dal Maso

Perde il 3,19% a 8,32 euro questa mattina alle ore 11:37 il titolo Deutsche Bank  allo Xetra, dopo la notizia che 170 poliziotti fra Guardia di finanza e polizia federale sono stati inviati in diverse sedi della banca dall’ufficio del pubblico ministero di Francoforte. La stampa tedesca parla di indagini per sospetto riciclaggio di denaro, come ha confermato il procuratore di Francoforte: “Le misure sono relative a sei uffici fra Francoforte, Eschborn e Gross-Umstadt e riguardano un totale di circa 170 funzionari del Bundeskriminalamt, Guardia di finanza e la polizia federale”, ha commentato il procuratore Nadja Niesen.

Le prime foto della sede principale della banca a Francoforte mostrano una lunga fila di auto della polizia parcheggiate con le luci lampeggianti accese.

Le indagini riguardano un maxi-caso di riciclaggio di denaro, collegato all’inchiesta sui cosiddetti Panama Papers.

Secondo quanto riferisce la Procura in un comunicato, i sospetti si stanno concentrando su due dipendenti di 50 e 46 anni. A quanto riportano le agenzie internazionali, Deutsche Bank  avrebbe aiutato i clienti ad aprire conti offshore, senza riferire all’autorità di casi sospetti di riciclaggio

Continua qui: https://www.milanofinanza.it/news/perquisizioni-a-deutsche-bank-201811291106076476

 

 

Panama Papers, 10 cose da sapere sulla più grande fuga di notizie di tutti i tempi

Chi è la fonte dei documenti? E’ legale avere una società offshore? Davvero non ci sono cittadini americani nella lista? Perché sono stati pubblicati solo pochi nomi dei circa 800 italiani coinvolti? Ecco tutto quello che conta per capire il grande scandalo finanziario che fa tremare politici e vip

DI STEFANO VERGINE

Panama Papers è il nome dato agli 11,5 milioni di documenti emersi grazie a un’inchiesta giornalistica, la più grande fuga di notizie finanziarie della storia. L’inchiesta è stata svolta a livello internazionale da 378 giornalisti, appartenenti a testate di diversi Paesi, associate nel “The International Consortium of Investigative Journalists” (ICIJ). Per l’Italia, il lavoro è stato svolto in esclusiva da “l’Espresso”. L’inchiesta ” Panama Papers ” riguarda lo studio legale Mossack e Fonseca di Panama, una delle più grandi “fabbriche” al mondo di società offshore. Il nome Panama Papers è stato scelto in riferimento ai “Pentagon Papers”, i documenti che hanno messo a nudo le menzogne del segretario alla difesa di Nixon sulla guerra in Vietnam, pubblicati nel 1971 dal New York Times.

Cosa vuol dire offshore?

Offshore, in gergo finanziario, significa “all’estero”. Più nello specifico il termine indica paesi in cui si pagano tasse molto basse, a volte pari quasi a zero, e la proprietà di società e conti correnti è segreta. Questi stati sono spesso utilizzati da chi cerca di rendere irrintracciabile una parte o tutta la propria ricchezza. Per avere un’idea di quali sono i più utilizzati, può essere utile scorrere la lista degli Stati inseriti dal governo italiano nella cosiddetta black list .

È la più grande fuga di notizie nella storia della finanza. Undici milioni e mezzo di file segreti su oltre 200mila società offshore. Create dallo studio Mossack Fonseca di Panama. Ecco gli affari riservati degli uomini di Putin, della famiglia Cameron, dei vertici comunisti cinesi. Insieme a star come Leo Messi e Jackie Chan

Da dove arrivano questi documenti?

Una fonte anonima, un “whistleblower”, è entrato in possesso di migliaia di documenti dello studio Mossack Fonseca: 2,6 terabyte di materiale. La fonte lo ha passato al quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung che, di fronte a una montagna di dati, si è rivolto ad ICIJ per condividere la ricerca e scoperchiarne il contenuto. In quanto unico partner italiano di ICIJ, “l’Espresso” ne è entrato in possesso.

Che cos’è Mossack Fonseca?

E’ uno studio legale fondato a Panama nel 1977 e specializzato nella creazione di società registrate nei paradisi fiscali. Lo studio, considerato uno dei cinque migliori al mondo nel suo settore, è stato fondato da due avvocati. Uno è Jurgen Mossack, figlio di un nazista delle Waffen SS, che dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale si trasferì a Panama. L’altro è Ramon Fonseca, panamense, che ha studiato alla London Schools of Economics e ha lavorato nella sede dell’Onu di Ginevra prima di fare ritorno in America Centrale. Lo studio Mossack Fonseca ha 40 uffici nel mondo e circa 500 dipendenti. Fino a qualche tempo fa Ramon Fonseca è stato uno dei consiglieri del presidente panamense Juan Carlos Varela. A inizio marzo lo studio è stato coinvolto nell’inchiesta per corruzione che i magistrati brasiliani stanno conducendo sulla Petrobras, l’azienda petrolifera controllata dal governo di Brasilia. Quando la notizia è emersa,  Ramon Fonseca si è dimesso dalla carica di presidente. Sull’inchiesta Panama Papers, lo studio Mossach Fonseca si è difeso spiegando che non è responsabile di quello che i suoi clienti fanno con le società che lo studio crea per loro.

 

Che cos’è l’ICIJ?

E’ un consorzio internazionale di giornalismo investigativo . Fondato a Washington nel 1997 dal giornalista americano Chuck Lewis, il network conta oggi 190 giornalisti di 65 Paesi. E’ specializzato soprattutto in indagini su corruzione e crimini transnazionali. Il consorzio ha già pubblicato diversi lavori: l’ultimo dei quali, nel 2014, sul Lussemburgo. Intitolata Luxleaks, l’inchiesta svelò per la prima volta gli accordi riservati tra multinazionali e governo del Lussemburgo per ottenere risparmi fiscali. Un sistema che toglie denaro alle economie di diversi Paesi, regalandole invece a quella del Granducato. L’Icij è un’organizzazione non profit che basa il proprio finanziamento sulle donazioni.

Alcuni dei finanziatori sono:

Adessium Foundation,

Open Society Foundations,

The Sigrid Rausing Trust,

the Fritt Ord Foundation,

the Pulitzer Center on Crisis Reporting,

The Ford Foundation,

The David and Lucile Packard Foundation,

Pew Charitable Trusts and

Waterloo Foundation.

Chi è coinvolto?

L’inchiesta Panama Papers riguarda più di 214 mila società offshore collegate a persone residenti in oltre 200 Paesi. Il lavoro di indagine ha permesso di rivelare l’esistenza di società offshore riconducibili, direttamente o indirettamente, a 140 fra politici e uomini di Stato nel mondo. Fra questi, ci sono 12 attuali ed ex leader politici . Tra i più noti emersi finora: i primi ministri di Islanda e Pakistan, i presidenti di Ucraina e Azerbaigian, il re del Marocco e dell’Arabia Saudita, il presidente della Federazione russa, il premier del Regno Unito. Sono

 

Continua qui: http://espresso.repubblica.it/inchieste/2016/04/04/news/panama-papers-10-cose-da-sapere-sulla-piu-grande-fuga-di-notizie-di-tutti-i-tempi-1.256879

 

 

Breve guida alle rivelazioni più importanti dei Paradise Papers

La nuova inchiesta dei giornalisti dell’ICIJ fa luce su una delle più grandi fughe di notizie degli ultimi anni, i cui sviluppi potrebbero avere conseguenze maggiori di quelle di WikiLeaks e SwissLeaks

Di Redazione TPI  07 Nov. 2017

Paradise Papers è il nome dato dall’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ) agli oltre 13 milioni di documenti, sottratti in buona parte da Appleby, un’importante società di consulenza offshore attiva nel settore bancario e finanziario, relativi agli investimenti effettuati da alcuni personaggi di primo piano del mondo della politica, dell’imprenditoria e dello spettacolo in paesi, i cosiddetti paradisi fiscali, che prevedono prelievi di tasse molto bassi o nulli sui depositi bancari.

Questa notizia puoi leggerla direttamente sul tuo Messenger di Facebook. Ecco come

Così come già successo con i Panama Papers, i leak sono stati resi pubblici dal quotidiano tedesco “Süddeutsche Zeitung”, che ha lavorato all’inchiesta insieme ad altre testate collegate all’ICIJ come il “New York Times”, il francese “Le Monde”, il britannico “The Guardian” e la rivista italiana “l’Espresso”.

“C’è un’industria globale che organizza gli spostamenti di denaro in tutto il mondo”, ha detto ad Al Jazeera Drew Sullivan, un giornalista dell’International Consortium of Investigative Journalists. “Questi soldi vengono trasferiti in paradisi fiscali per evadere le tasse, nascondere beni e rubare. Non è solo il crimine organizzato a ricorrere a questi metodi, ma anche le più grandi corporation del mondo”.

Cosa c’è nei Paradise Papers

I Paradise Papers rappresentano la seconda più grande fuga di notizie e dati sensibili dai tempi dell’inchiesta sui Panama Papers dell’anno scorso. Il caso appena scoppiato, quindi, potrebbe arrivare ben presto ad avere dimensioni maggiori di quelli relativi a WikiLeaks nel 2010 e SwissLeaks nel 2015.

Le carte rivelano dettagli sugli affari in paradisi fiscali di centinaia di nomi noti e fanno luce su società legali, contabili e istituti finanziari attivi nel settore degli investimenti offshore.

Più di 1.400 gigabyte per 13,4 milioni di file; di questi, quasi sette milioni arrivano dai database di Appleby e del fornitore di servizi per le aziende Estera, fino al 2016 parte della stessa Appleby. Altri sei milioni arrivano da 19 registri commerciali conservati per lo più nei paradisi fiscali nei Caraibi, mentre una parte minore proviene dagli archivi di Asiaciti Trust, una società internazionale di servizi fiduciari con sede a Singapore.

Il ruolo di Appleby

I Paradise Papers contengono informazioni che ricoprono un periodo di tempo molto lungo, che va dal 1950 al 2016. Buona parte dei dettagli ruota attorno al ruolo della società Appleby, uno dei leader nel settore della consulenza offshore, fondata alla fine dell’Ottocento e con sede nelle Bermuda.

Tra i clienti di Appleby, come rivelano i dati raccolti dai 381 giornalisti di 67 paesi diversi che lavorano per l’ICIJ, più di 31mila sono ricollegabili agli Stati Uniti, 14mila al Regno Unito e 12mila alle Bermuda. Non solo persone coinvolte – tra le più conosciute la regina Elisabetta II d’Inghilterra, il ministro al Commercio statunitense Wilbur Ross, il co-fondatore di Microsoft Paul Allen e il frontman degli U2 Bono Vox – ma anche potenti multinazionali come Apple, Nike e Facebook.

I leak illustrano gli innumerevoli modi in cui questi personaggi e compagnie riescono a evitare le tasse affidandosi a strutture artificiali. Se gestiti in maniera corretta, questi sotterfugi non rappresentano un reato; nella maggior parte dei casi, però, le cose vanno in maniera assai diversa. Soprattutto perché si ricorre a questi metodi per non pagare tasse dovute nei paesi in cui persone o società risiedono.

Al momento, in base alle informazioni raccolte da “The Guardian”, Appleby ha negato qualsiasi ipotesi di illecito, sia da parte sua che da parte dei suoi clienti. Nonostante questo, i rappresentanti della società non hanno escluso la possibilità di errori e si sono detti disponibili a collaborare.

Le connessioni tra il Cremlino e gli investimenti in Twitter e Facebook

Le aziende controllate dal governo russo hanno investito silenziosamente in numerose start-up della Silicon Valley, incluse Facebook e Twitter, secondo quanto rivelato dai Paradise Papers.

Gli investimenti sono stati incanalati attraverso la DST Global, la società di capitali di proprietà del miliardario russo Yuru Milner. VTB Bank, di proprietà della Russia, ha versato 191 milioni di dollari per una partecipazione del 5 per cento di Milner a Twitter nel 2013. La Gazprom, azienda controllata anch’essa dal Cremlino, ha collaborato con una società off-shore per finanziare la sua quota dell’8 per cento in Facebook nel 2012. Milner ha poi venduto quelle aziende.

Il miliardario ha detto al New York Times che gli investimenti delle società statali russe erano puramente “un accordo commerciale e non avevano connessioni politiche”. Ma questi accordi saranno probabilmente visti in una luce differente dopo che il governo russo ha utilizzato gli account di Facebook e Twitter per influenzare il voto delle presidenziale statunitensi del 2016.

Tutti i potenti coinvolti

La Regina Elisabetta II d’Inghilterra. Tra i grandi nomi portati alla luce dalle indagini emerge quello della regina Elisabetta II d’Inghilterra. In particolare, l’inchiesta svela che 10 milioni di sterline dei fondi privati di Sua Maestà sono stati investiti in un fondo off-shore, alle isole Cayman, quello che viene identificato come un paradiso fiscale che garantisce l’anonimato oltre all’assenza di tasse, e alle Bermuda dal Ducato di Lancaster, insieme al Ducato di Cornovaglia dell’erede al trono.

La Bbc riporta che il Ducato di Lancaster ha sostenuto di non essere coinvolto nelle decisioni su come vengono investiti i soldi della regina. Decisione prese dai fondi di investimento ai quali l’argent della sovrana sono conferiti. Ma non c’è alcuna prova che Sua Maestà abbia conoscenza di specifici investimenti fatti a suo nome.

Sempre secondo la Bbc, le rivelazioni emerse domenica costituiscono solo una piccola parte di una mole molto più importante di informazioni che verranno diffuse noi prossimi giorni.

Dai documenti spuntano però anche i nomi di personaggi come le star Madonna e Bono, o del generale Wesley Clark, già comandante supremo della Nato in Europa, e del co-fondatore della Microsoft, Paul Allen.

Stephen Bronfman. Per il Canada fa scalpore il nome di Stephen Bronfman, consulente e amico stretto del primo ministro Justin Trudeau. Bronfman avrebbe trasferito diversi milioni di dollari in un trust delle isole Cayman. Le manovre, via offshore potrebbero aver evitato di pagare imposte in Canada e negli Stati Uniti.

Wilbur Ross. A essere coinvolto dallo scandalo dei Paradise Papers c’è anche Wilbur Ross, ministro al Commercio di Trump, noto anche come l’uomo che avrebbe fatto affari con parenti e amici del presidente russo Vladimir Putin.

Ross, in particolare, ha interessi nella Navigator Holdings – di cui è membro del consiglio di amministrazione dal 2012 – che guadagna milioni di dollari ogni anno trasportando petrolio e gas per il colosso energetico russo Sibur, che vede tra gli azionisti il genero del presidente russo, Kirill Shamalov, marito di Yekaterina Putin.

Di Ross si conosce la società WL Ross & Co., specializzata nel prendere aziende sull’orlo del fallimento, risanarle e rivenderle una volta messe a posto. L’indagine dei Paradise Papers rivela come il rapporto tra Ross e la Navigator Holdigs sarebbe continuato attraverso società con sede alle isole Cayman.

Le rivelazioni su Wilbur Ross rischiano di creare nuovi imbarazzi per la Casa Bianca e il presidente statunitense Trump, mettendo in luce nuovi collegamenti che uniscono la presidenza Trump al supporto russo.

Non ci sono prove per affermare che Ross abbia violato formalmente alcuna legge ma politicamente il discorso è di opportunità sul continuare ad avere contatti con la Navigator Holding. Ross è una persona vicina a Donald Trump sin dagli anni Novanta, quando contribuì a salvarlo da una bancarotta per la costruzione di un casinò ad Atlantic City.

A parte Ross, altri membri dell’amministrazione Trump sono stati trovati coinvolti in conti

Continua qui: https://www.tpi.it/2017/11/06/potenti-coinvolti-paradise-papers-file-diffusi/

 

 

Dalla regina Elisabetta a Madonna: vip e potenti del mondo travolti dai Paradise Papers

di REDAZIONE | 05/11/2017

I potenti e i vip di tutto il mondo stanno tremando: è appena stato scoperchiato lo scandalo dei Paradise Papers. Questo il nome dato ai 13,7 milioni di documenti riservati su migliaia di società offshore arrivati nelle mani del giornale tedesco Suddeutsche Zeitung, che li ha poi condivisi con l’International Consortium of Investigative Journalists (Icij), di cui per l’Italia fanno parte l’Espresso e la trasmissione Report.

LA LISTA DEI POTENTI NEI PARADISE PAPERS: DALLA REGINA ELISABETTA AL TESORIERE DI TRUDEAU

Dentro i Paradise Papers ci sono nomi veramente importanti: c’è la regina d’Inghilterra, ma anche quella di Giordania, c’è Madonna, ma anche Bono, c’è il tesoriere del primo ministro canadese Trudeau, ma anche un ministro di Trump. Oltre a loro il co-fondatore della Microsoft Paul Allen,

Continua qui: https://www.giornalettismo.com/archives/2638310/inchiesta-paradise-papers

 

 

L’OFFSHORE E I PANAMA PAPERS, IL PARADISO FISCALE DELL’AMERICA CARAIBICA

Di Riccardo Evangelista – 2 novembre 2016

 

I paradisi fiscali del pianeta sono una gigantesca fonte di attrazione di capitali sottratti al fisco, privando gli Stati di ingenti risorse potenzialmente destinate alla crescita economica e alla riduzione delle disuguaglianze sociali. Le società offshore rappresentano uno tra i più gravi problemi dell’economia globalizzata? 

OFFSHORE, L’ONDA LUNGA DELLA QUESTIONE FISCALE – Gli storici dell’economia raccontano che nella fase decadente dell’impero molti cittadini romani fuggirono nei vicini e minacciosi regni barbarici, generalmente ritenuti ben poco appetibili. La ragione? Essenzialmente il desiderio di pagare meno tasse, dato che la ferrea burocrazia romana difficilmente permetteva di aggirare le ramificate norme fiscali di un’amministrazione pleonastica. Come non ricordare, inoltre, i Padri pellegrini che nel XVII secolo abbandonarono l’Inghilterra per raggiungere le coste nordamericane. Essi furono certamente mossi da rilevanti motivi politici e religiosi, ma probabilmente avevano anche l’obiettivo di giungere in un luogo dove nessuna vessazione fiscale sarebbe stata più permessa. Due esempi tra loro ovviamente molto diversi, eppure sottilmente legati dal filo rosso della ribellione alla tassazione, che continuamente emerge nel rapporto tra il cittadino e l’autorità, diventando talvolta il segnale del fallimento di un’amministrazione o addirittura di un’intera civiltà. La ricerca di un paradiso fiscale diventa, in tali frangenti, la soluzione escogitata da alcuni privilegiati per sottrarsi ad obblighi ritenuti troppo gravosi.

NATURA DELLE SOCIETÀ OFFSHORE – Proprio nel perdurante conflitto tra l’interesse individuale e quello collettivo si innesta, oggi, la questione delle società offshore. Il termine significa letteralmente “fuori dai confini delle acque territoriali” e fa riferimento ad organizzazioni di vario genere che hanno la sede fiscale in un paese diverso da quello in cui normalmente svolgono le proprie attività. La clamorosa pubblicazione nello scorso aprile dei Panama Papers, documenti segreti digitalizzati creati dalla società legale panamense Mossack Fonseca, ha portato finalmente alla ribalta l’entità del fenomeno, svelando numeri e nomi che pochi si sarebbero aspettati. Sarebbero infatti oltre 214.000 le società che non pagano le tasse dove realmente operano, bensì in Paesi il più delle volte microscopici e con una caratteristica comune: regimi fiscali estremamente favorevole ai capitali, talvolta addirittura inesistenti. Se questa è la prima ragione che ne spiega la diffusione, la seconda risiede nel ruolo determinante svolto dal segreto bancario, ossia la garanzia di riservatezza sulla provenienza dei capitali e l’impossibilità (o l’estrema difficoltà) da parte delle magistrature estere di indagare sui flussi di denaro. Dopo il lassismo fiscale dei barbari e il tenace sogno della Nuova Inghilterra, i paradisi fiscali moderni si avvalgono quindi di tutte le possibilità, esplicite o implicite, offerte dalla libera circolazione dei capitali. E i numeri disponibili sono raccapriccianti: alcuni studi parlano di oltre 30 mila miliardi sottratti al fisco: un terzo dell’economia mondiale!

http://gty.im/520819554

COME FUNZIONA UNA SOCIETÀ OFFSHORE – Per spiegare in concreto il modus operandidi una società offshore è illuminante un esempio, divenuto ormai un classico perché più volte citato sia dalla stampa nazionale che internazionale, proposto originariamente dal giornalista del Guardian Nicholas Saxon nel giugno 2015, proprio al culmine dell’indagine sui Panama Papers. Ne riportiamo un estratto: «Mettiamo che una società prepari un container pieno di banane in Ecuador, che costa alla società 1.000 dollari e le vende a un supermercato francese per 3.000 dollari […]. La multinazionale mette su tre società, tutte di sua proprietà: EcuadorCo, HavenCo (in un paradiso fiscale) and FranceCo. EcuadorCo vende il container a HavenCo per 1.000 dollari, e HavenCo le vende a FranceCo per 3.000 dollari […]. Potreste esservi persi cos’è successo: a EcuadorCo è costato 1.000 dollari preparare il container, e l’ha venduto per 1.000 dollari. Quindi EcuadorCo non registra guadagni, e perciò niente tasse. Allo stesso modo, FranceCo lo compra per 3.000 dollari e lo vende al supermercato per 3.000 dollari. Di nuovo, niente guadagni e niente tasse. HavenCo è la chiave del puzzle. Ha comprato il container per 1.000 dollari e lo ha venduto per 3.000, per un guadagno di 2.000 dollari. Ma ha sede in un paradiso fiscale, perciò non paga tasse». Da notare che il paradiso fiscale in questione non ha visto neanche transitare la merce, rappresentando solo il cruciale anello di congiunzione tra il luogo di produzione e quello di consumo.

QUALI SONO I PARADISI FISCALI – Tra le sedi prescelte per la creazione di società offshore, molto gettonate sono alcune delle numerose isole caraibiche che corredano il tratto d’Oceano tra America Settentrionale e Meridionale. Oltre al ruolo strategico di Panama, che sembra fare dell’attrazione di capitali esteri la sua principale politica economica, vanno citate almeno le Bermuda, le Cayman, le isole Vergini Britanniche, Santa Lucia e le Barbados. Da sottolineare che il regime fiscale garantito alle società offshore non sempre è lo stesso goduto dai residenti, per i quali sono spesso vigenti aliquote simili a quelle dei Paesi in cui la multinazionale ha la sede originaria. Un paradosso che tuttavia si spiega facilmente: i paradisi fiscali non esistono indipendentemente dalle società offshore che li scelgono. Tutta la loro architettura istituzionale, cioè, è concepita per diventare luogo d’attrazione di ricchezza prodotta altrove, indipendentemente dagli effetti interni. La diretta conseguenza è che i residenti

Continua qui: https://www.ilcaffegeopolitico.org/47612/loffshore-e-i-panama-papers-il-paradiso-fiscale-dellamerica-caraibica

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

 

Dove andrà a finire il Gioco del Nuovo Ordine Mondiale?

26 novembre 2018 DI BRANDON SMITH

Alt-market.com

Ci sono due schemi che seguono i globalisti: Prima, ci sono gli schemi che piombano sulla gente all’improvviso, come usciti dal nulla, a casaccio, con la speranza che un evento improvviso, insieme allo shock e a un po’ di stupore, confondano le masse e le rendano docili psicologicamente. Questa strategia perde rapidamente efficacia, ma più è lento il modo in cui si vuole implementare il piano, più tempo ci metterà la gente per comprendere che qualcosa sta succedendo veramente e perché questo qualcosa sta succedendo.

Poi, ci sono schemi che hanno bisogno di molto tempo, che per entrare nella psiche collettiva della cittadinanza ci mettono anni e sono molto simili a messaggi subliminali o all’ipnosi. Questa strategia è progettata per far sì che la gente famigliarizzi con certe ideologie o con certe idee distruttive e che con il tempo si convinca che queste idee sono le sue idee.

La truffa delle cripto-valute appartiene a questa seconda varietà.

Ho diffidato  di quello che si diceva sulle criptovalute, cioè che si trattava di una “rivoluzione monetaria decentralizzata e anonima”, fin dal 2009 quando fui avvicinato per la prima volta da persone che affermavano di essere “rappresentanti” del bitcoin e  mi chidevano  di diventare un promotore di quella tecnologia. Dopo qualche domanda molto semplice, e senza  risposte soddisfacenti, mi sono rifiutato sia di salire su quel carro che di fare da frontman.

Quella “valuta” non aveva niente dietro, niente di tangibile (….. la matematica non è una qualcosa di tangibile). Chiunque poteva creare  dal nulla una criptovaluta che avesse attributi identici a quelli dei bitcoin, quindi non esisteva nessun valore intrinseco in quella tecnologia e niente avrebbe potuto frenare la creazione di migliaia di altri sistemi valutari simili, facendo diventare così il bitcoin inutile. L’argomento della scarsità per il cripto era un falso. Nel caso di un blocco elettrico o di un blocco di Internet (come accaduto in passato in nazioni in crisi), il cripto  si rivela inutile perché la blockchain (la tecnologia informatica alla base del Bitcoin) non è più accessibile.

Anche il trading con portafogli privati ​​avrebbe poco senso; quanta gente esiste, tra quella che conosci, che ha un portafoglio con dei bitcoin? Tutto il tempo e l’energia necessaria per accumulare queste nullità digitali mi sembra controproducente, alla luce del fatto che potresti non trovarle nel momento in cui ne avresti veramente bisogno.

Gli unici attributi che hanno reso veramente prezioso il bitcoin sono stati il ​​suo marchio e la quantità di hype che ha permesso di generare. Ma il branding e il clamore non bastano per fare una rivoluzione valutaria. C’è stata un’altra caratteristica preziosa: il presunto anonimato. Nel 2009, non era chiaro se l’anonimato fosse legittimo. Oggi sappiamo che QUALSIASI criptovaluta basata su un blockchain ledger è altamente tracciabile. Non ci sono  transazioni digitali anonime, nemmeno per le persone più accorte.

Mi creava qualche sospetto anche il comportamento di chi proponeva i bitcoin sui forum web. Chiunque avesse presentato critiche concrete alla tecnologia BitCoin veniva immediatamente attaccato in modo aggressivo, tacciandolo da  “barbaro ignorante e adoratore del Dio Oro”, che era troppo stupido per comprendere la “genilità” della blockchain e come funzionava. Si faceva una disinformazione dilagante. Le denunce sull’anonimato che erano state sfatate da un pezzo, venivano ribattute più e più volte. Parlare del valore del bitcoin era diventato inutile, tanto chiunque avesse fatto critiche si sbagliava. Il prezzo di Bitcoin era alle stelle e quindi il bitcoin era legittimo.

Queste erano tattiche che usavano le spie di una volta; gente schierata a favore della Federal Reserve o del globalismo in generale, o gente che diceva che era evidente che il riscaldamento globale fosse provocato dall’uomo. Questo non era il comportamento che mi sarei aspettato da esperti che lavoravano per il movimento di liberazione, che allora avrebbero dovuto focalizzarsi su fatti e prove per vincere la guerra dell’informazione e non su bugie e giochi mentali disonesti.

Conclusione: ci fu una campagna concertata per spingere gli attivisti ad adottare una posizione pro-cripto. Ma oggi chi ci guadagna effettivamente?

Per un certo periodo, certi investitori in cripto hanno fatto bei soldoni con i bitcoin e con altri beni digitali, ma oggi molti ci stanno rimettendo la camicia, perché bitcoin e la maggior parte delle monete-virtuali stanno perdendo valore. Forse non è un caso che le cripto-valute si muovano come se fossero ancorate alla bolla tecnologica dei mercati azionari, perché se le azioni tecnologiche si agitano e perdono valore, lo stesso succede con i cripto-asset, perché le cripto-valute vengono scambiate – al pari delle azioni – in una bolla, non sono veri meccanismi monetari. Molti di noi, che erano contrari a prendere il treno hype dei bitcoin, spesso paragonavano il bitcoin al tulipano olandese, per il semplice motivo che le quotazioni delle criptovalute erano assurde, e ovviamente quell’analogia non si era sbagliata di molto.

Mi chiedo a volte se, chi amava dire che l’alto valore del bitcoin rendeva evidente la sua legittimità, oggi sarebbe disponibile – oggi che il valore del bitcoin sta crollando – a rimettere in discussione questa legittimità. Immagino che probabilmente qualcuno lo farebbe.

Le Crypto sono state anche una distrazione efficace per chi cercava di costruire delle alternative monetarie basate su metalli preziosi per lo scenario economico attuale. Il Bitcoin ha assorbito tutte le energie di attivisti che avrebbero potuto dedicarsi a qualcos’altro di inutile, piuttosto che verso un sistema che potrebbe davvero minacciare l’establishment bancario centrale.

Inoltre tutta questa cripto-tempesta degli ultimi dieci anni ha fatto molto bene una cosa – ha fatto diventare l’idea delle cripto-valute un argomento di discussione molto familiare, e credo che questo fosse il suo vero obiettivo da sempre.  Quando ho cominciato a trovare sempre più prove sul fatto che le banche internazionali e le banche centrali erano profondamente coinvolte nel creare tutte le infrastrutture necessarie per rendere globale e universale la tecnologia blockchain  mi è apparso ovvio che il bitcoin e le altre monete sono solo un test preliminare per l’introduzione di qualcosa piuttosto sinistro.

Nel mio articolo “The Globalist One World Currency Will Look A Lot Like Bitcoin”, pubblicato a a Luglio 2017, e nel mio articolo “The Virtual Economy Is The End Of Freedom” pubblicato a dicembre 2017, ho sottolineato la discutibile natura delle cripto-valute e delle blockchain e perché le élite bancarie sembrano esserne così interessate.

Era strano che il bitcoin fosse costruito attorno ad una certa funzione SHA-256  creata dalla National Security Agency e che l’intero concetto fosse molto simile a quello descritto in un documento della NSA  del 1996, che si chiamava “How To Make A Mint: The Cryptography Of Anonymous Electronic Cash.”

Poi, ci sono state le istituzioni globaliste, come la Goldman Sachs, che hanno pubblicamente fatto elogi alle tecnologie crypto e  alle blockchain  e alla fine, le banche centrali hanno cominciato a parlare dell’ipotesi di un trasferimento sulle cripto-valute, ma senza entusiasmo, come se per loro fosse una specie di  hobby.

Quindi che cosa tiene insieme tutto lo schema del crytpo? Ora il FMI ha rivelato apertamente la propria affinità con la tecnologia cripto, rivelando così dove andrà a finire il gioco del Nuovo Ordine Mondiale.

In un articolo pubblicato la scorsa settimana dal capo del FMI,  Christine Lagarde, intitolato Winds Of Change: The Case For New Digital Currency”, il FMI internazionale spiega le sue argomentazioni sul perché le banche centrali, compreso il FMI, debbano abbracciare la cripto nel futuro della politica monetaria.

Come ho accennato lo scorso anno, il passaggio alla cripto non era affatto una “rivoluzione” contro i globalisti, ma una truffa progettata in parte dai globalisti per far sì che chi parla delle libertà si trasformasse in inconsapevole venditore della fase successiva di quella griglia che controlla l’economia.

Ma come vogliono giocarselo veramente, questo finale di partita?

Nel 1988, The Economist, una pubblicazione globalista, “predisse” (o meglio: annunciò) che  nel 2018  sarebbe stato lanciato un sistema valutario globale. Ora è chiaro che cripto e blockchain sono quel sistema e che, alla fine, dovrebbe usare il paniere speciale sui diritti di prelievo del FMI (Special Drawing Rights ), come una specie di ponte verso una moneta mondiale, che loro chiamano “Fenice”.  Va detto che  qualcuno dice che  i SDR non sono una valuta, ma sembra che i globalisti non siano d’accordo.

Mohamed El-Erian, ex CEO di PIMCO, ha lodato l’idea di usare i  SDR come meccanismo valutario mondiale e come mezzo per contrastare il “populismo”, appoggiando il piano delineato da  The Economist nel 1988.

Nell’articolo de The Economist, è fatto anche cenno  al fatto che il ruolo degli Stati Uniti – come centro economico del mondo e il ruolo del dollaro come valuta di riserva mondiale  – dovranno essere ridimensionati per aprire la via al nuovo sistema di ordine mondiale. Vediamo che questo che si già sta verificando, mentre è in atto una crisi economica che potrebbe facilmente far crollare i mercati azionari, i mercati obbligazionari e persino lo stato stesso del dollaro come valuta-riserva.

L’ultimo pezzo della Lagarde sembra un consiglio per gli acquisti, in cui vorrebbe vendere l’idea della cripto-banca centrale non ai banchieri centrali, ma ai media della finanza che, sicuramente  cominceranno a sostenere tutti i punti proposti dalla Lagarde e a riproporliin mille salse diverse, spiegando come una cripto-valuta-globale controllata dal FMI sarà la soluzione a tutti i nostri problemi fiscali.

Il vero fulcro del movimento verso una cripto-globale, credo, sarà la distruzione dell’anonimato nel commercio

Continua qui: https://comedonchisciotte.org/dove-andra-a-finire-il-gioco-del-nuovo-ordine-mondiale/

 

SCIENZE TECNOLOGIE

Bebé geneticamente modificati, un’altra gravidanza in arrivo

29 novembre 2018, di Alberto Battaglia

He Jiankui, il ricercatore della Southern University of Science and Technology of China finito sulla bocca di tutta la comunità scientifica per aver portato alla nascita dei primi bambini geneticamente modificati, ha difeso il suo operato partecipando al meeting internazionale previsto ad Hong Kong. E ha raddoppiato la scommessa, annunciando che un’ulteriore gravidanza in stadio iniziale potrebbe dare alla luce altri bambini dotati di una caratteristica genetica in grado di rendere immuni dal virus responsabile dell’Aids.

 

He si è dovuto difendere da numerose domande durante la conferenza, in quanto la sua ricerca sollecita numerosi interrogativi bioetici. “Se l’embrione fosse stato il mio bambino, avrei aderito alla sperimentazione”, ha dichiarato, sostenendo che le coppie che si sono sottoposte al test sarebbero state informate dei possibili rischi della modifica genetica. Le due gemelle, ha poi precisato, rimarranno sotto osservazione medica fino ai 18 anni. Ma non è stata fornita alcuna risposta sui finanziatori della ricerca.

Quanto alle condizioni di necessità rispetto a un trattamento del genere, He ha dichiarato che

Continua qui: http://www.wallstreetitalia.com/bebe-geneticamente-modificati-unaltra-gravidanza-in-arrivo/

 

 

L’esperimento totalitario “digitale” della Cina

di Gordon G. Chang – 10 novembre 2018

Pezzo in lingua originale inglese: China’s ‘Digital’ Totalitarian Experiment
Traduzioni di Angelita La Spada

Il sistema di “credito sociale” della Cina, che assegnerà a ogni persona un punteggio costantemente aggiornato, sulla base dei comportamenti osservati dal governo, è volto a controllare la condotta dei cittadini dando al Partito comunista al governo la possibilità di infliggere pene e distribuire ricompense. L’ex vicedirettore del centro di ricerca e sviluppo del Consiglio di Stato afferma che il sistema dovrebbe essere gestito in modo che “le persone screditate finiscano in bancarotta”.

I funzionari hanno impedito a Liu Hu, un giornalista, di prendere un volo perché aveva un punteggio basso. Secondo il Global Times, controllato dal Partito comunista, a partire dalla fine dell’aprile 2018, le autorità hanno impedito alle persone di prendere 11,14 milioni di voli aerei e di fare 4,25 milioni di viaggi in treni ad alta velocità.

I funzionati cinesi usano le liste per stabilire altro, oltre alle condizioni di accesso ai servizi aerei e ferroviari. “Non posso acquistare immobili. Mio figlio non può frequentare una scuola privata”, ha dichiarato Liu. “Ti senti costantemente controllato dalla lista”.

I leader cinesi sono da tempo ossessionati da ciò che Jiang Zemin nel 1995 chiamava “informatizzazione, automazione e intellighenziazione”, e sono soltanto all’inizio. Viste le capacità che stanno accumulando, essi potrebbero, a rigor di logica, impedire sostanzialmente la ribellione. Resta ora da vedere se i cinesi sempre più sprezzanti accetteranno la visione globale del presidente Xi Jinping.

Entro il 2020, i funzionari cinesi intendono investire circa 626 milioni in telecamere di sorveglianza attive in tutto il paese. Queste telecamere, tra le altre cose, faranno convergere le informazioni in un “sistema di credito sociale” nazionale.

Tale sistema, quando sarà in vigore fra due anni, assegnerà a ogni cittadino cinese un punteggio costantemente aggiornato sulla base dei comportamenti osservati dal governo. Ad esempio, un attraversamento pedonale illegale, ripreso dalle telecamere, comporterà una riduzione del punteggio.

E pur sperando di contenere il fenomeno dell’attraversamento illegale pedonale, i funzionari sembrano anche avere ambizioni molto più sinistre, come garantire l’osservanza delle richieste politiche del Partito comunista. In breve, il governo sembra determinato a creare ciò che l’Economist ha definito “il primo stato totalitario digitale al mondo“.

Questo sistema di credito sociale, una volta perfezionato, sarà sicuramente esteso ad aziende e individui stranieri.

Al momento, ci sono più di una dozzina di liste nere nazionali, e circa una trentina di località hanno utilizzato in fase sperimentale sistemi di punteggio di credito sociale. Alcuni di questi sistemi sono falliti miseramente. Altri, come quello in vigore a Rongcheng nella provincia dello Shandong, sono considerati di successo.

Nel progetto pilota partito a Rongcheng, a ogni residente vengono inizialmente assegnati mille punti e in base all’aggiornamento si può passare da una valutazione massima A+++ a un minimo D. Il sistema influenza il comportamento dei cittadini: incredibilmente per la Cina, i conducenti devono fermarsi quando i pedoni transitano sugli attraversamenti pedonali.

I conducenti che in questa città si fermano davanti alle strisce pedonali quando i pedoni si accingono ad attraversare su di esse, come ha riportato Foreign Policy, “hanno aderito” al sistema di credito sociale. Ad alcuni piace così tanto il sistema da aver creato nelle scuole, negli ospedali e nei quartieri dei microsistemi di credito sociale. Ovviamente, questi microsistemi rispondono a una esigenza di ciò che le persone in altre società danno per scontato.

Ma ciò che funziona in una città può essere esteso a tutta la Cina? Visti i progressi realizzati in campo tecnologico, a cui si aggiungono le banche dati, i piccoli programmi sperimentali e le liste nazionali finiranno per fondersi in un unico sistema nazionale. Il governo ha già iniziato ad avviare la sua “Piattaforma integrata per le operazioni congiunte“, che aggrega dati da varie fonti come telecamere di sorveglianza, controlli d’identificazione e “wifi sniffer” [strumenti in grado di tracciare gli spostamenti e la posizione di cellulari, smartphone e computer in relazione alle reti wifi, N.d.T.].

Quindi, come sarà il prodotto finale? “Non sarà una piattaforma unificata in cui si potrà inserire il proprio numero ID e ottenere un punteggio a tre cifre che deciderà la propria vita”, afferma Foreign Policy.

Nonostante le rassicurazioni della rivista, questo tipo di sistema è esattamente ciò che i funzionari cinesi affermano di volere. Dopotutto, ci dicono che lo scopo dell’iniziativa è quello di “consentire a chi è affidabile di vagare ovunque nel mondo e rendere difficile a chi è stato screditato muovere un solo passo”.

Questa descrizione non è una esagerazione. I funzionari hanno impedito a Liu Hu, un giornalista, di prendere un volo perché aveva un punteggio basso. Il Global Times, un tabloid che appartiene al People’s Daily, organo ufficiale del Partito comunista, ha riportato che, a partire dalla fine dell’aprile 2018, le autorità hanno impedito alle persone di prendere 11,14 milioni di voli aerei e di fare 4,25 milioni di viaggi in treni ad alta velocità.

I funzionari cinesi, tuttavia, usano le liste per stabilire altro, oltre alle condizioni di accesso ai servizi aerei e ferroviari. “Non posso acquistare immobili. Mio figlio non può frequentare una scuola privata”, ha dichiarato Liu. “Ti senti costantemente controllato dalla lista”.

Il sistema è volto a controllare la condotta dei cittadini dando al Partito comunista al governo la possibilità di infliggere pene e distribuire ricompense. E il sistema potrebbe finire per essere spietato. Hou Yunchun, ex vicedirettore del centro di ricerca e sviluppo del Consiglio di Stato afferma che il sistema dovrebbe essere gestito in modo che “le persone screditate finiscano in bancarotta”. “Se non aumentiamo il rischio di essere screditati, incoraggeremo le persone screditate a perseverare nel loro comportamento”, ha dichiarato Hou. “Questo distrugge l’intero standard”.

Non tutti i funzionari hanno un atteggiamento così vendicativo, ma sembra che tutti condividano il presupposto, come ha asserito il moderato Zhi Zhenfeng dell’Accademia cinese delle scienze sociali, secondo il quale “le persone screditate meritano di subire conseguenze penali”.

Il presidente Xi Jinping, l’ultimo e forse l’unico arbitro in Cina, è stato chiaro in merito alla disponibilità di seconde opportunità: “Una volta che qualcuno è considerato inaffidabile, sarà sempre soggetto a restrizioni”.

Cosa succederebbe, allora, in un paese in cui solo a chi è ligio alle regole è consentito di imbarcarsi su un aereo o essere ricompensato con sconti per i servizi governativi? Nessuno lo sa, perché mai prima d’ora un governo ha avuto la capacità di valutare ogni persona e poi di far rispettare la propria volontà. La Repubblica popolare è stata più meticolosa nel tenere un archivio e classificare i residenti rispetto ai precedenti governi cinesi, e la capacità di calcolo e l’intelligenza artificiale conferiscono ai funzionari cinesi straordinarie capacità.

Pechino è quasi certa di estendere alle aziende straniere il sistema di credito sociale, che ha radici nei tentativi di controllare le imprese nazionali. Non dimentichiamo che quest’anno i leader cinesi hanno sfidato l’industria turistica mondiale costringendo le catene alberghiere e le compagnie aeree a mostrare Taiwan come parte della Repubblica popolare cinese, e in tal modo hanno dimostrato la loro determinazione a intimidire e punire. Una volta che il sistema di credito sociale è attivo e funzionante, sarebbe un piccolo passo includere i non cinesi in questo sistema, estendendo il totalitarismo tecnologico di Xi Jinping al mondo intero.

La narrativa dominante nelle democrazie liberali mondiali è che la tecnologia favorisce il totalitarismo. È sicuramente vero che, non essendo condizionati da preoccupazioni per la privacy, i regimi autoritari sono maggiormente in grado di raccogliere, analizzare e utilizzare i dati, il che potrebbe offrire un vantaggio determinante nell’applicazione dell’intelligenza artificiale. Un governo democratico potrebbe essere in grado di compilare una lista nera, ma nessuno potrebbe mai

Continua qui: https://it.gatestoneinstitute.org/13274/cina-sistema-credito-sociale

 

 

Freeman Dyson e Mike Adams sono d’accordo: l’aumento di CO2 è un grosso beneficio per la vita sulla Terra

DI TONGUESSY – 28 NOVEMBRE 2018

comedonchisciotte.org

Ma davvero il diossido di carbonio (CO2) è quell’inquinante che sta distruggendo il pianeta che i sostenitori dei cambiamenti climatici affermano? Naturalmente no. Secondo uno dei maggiori esperti mondiali di fisica il CO2 è in realtà un supporto per il pianeta, ipotesi che Mike Adams, soprannominato Health Ranger, dice da un bel po’.

Nella prefazione del nuovo rapporto sul CO2 pubblicato dalla rivista Science and Environmental Policy Project, Freeman Dyson, fisico teorico e professore emerito di Mathematical Physics and Astrophysics presso l’Institute for Advanced Study in Princeton, spiega come senza CO2 il pianeta Terra e tutto ciò che vi è sopra collasserebbe.

“Per qualsiasi persona senza pregiudizi che legga il rapporto, i fatti dovrebbero risultare ovvi: gli effetti non climatici del diossido di carbonio in qualità di supporto alla vita delle piante sono di grande beneficio mentre i possibili effetti dannosi del CO2 per il clima sono stati talmente esagerati, che i benefici superano di gran lunga i possibili danni” scrive Dyson riferendosi all’autore del rapporto, Indur Goklany.

Il rapporto di Goklany porta prove scientifiche secondo le quali il CO2 difficilmente può essere quella molecola “maligna” e “pericolosa” che la Chiesa del Riscaldamento Globale afferma essere. E’ piuttosto vero il contrario: il CO2 è l’elemento centrale di tutte le forme di vita. L’Health Ranger lo scriveva già nel 2017, spiegando come l’intero ecosistema fosse destinato al collasso in assenza di CO2.
“Non è necessario essere un Nobel in campo biologico per comprendere l’importanza del CO2 in questo mondo. Ma per qualche ragione molti dei climatologi più importanti negano il bisogno di CO2 per sostenere la vita del nostro pianeta- e Dyson è convinto che nessuna prova riuscirà mai a fare cambiare loro opinione.”
“I cosiddetti esperti che affermano di comprendere la scienza sono persone estremamente cieche davanti alle prove date” scrive. “I miei colleghi scienziati che credono al dogma imperante del diossido di carbone non troveranno mai le prove di Goklany convincenti”
“Spero solo che alcuni di loro facciano lo sforzo di esaminare le prove nel dettaglio e verificare come contraddicano il dogma imperante, ma sono anche certo che la maggioranza resterà cieca. Questo per me rappresenta il mistero principale della scienza del clima”

Dato che gli uomini tendono ad possedere una mentalità “tribale” quando si mette in dubbio ciò in cui credono – cosa che non trovo necessariamente negativa- c’è la tendenza a semplicemente lasciarsi andare lungo la corrente: credono a qualsiasi cosa la narrazione imperante dica su qualsiasi soggetto e materia.
Nel caso del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici, gli scienziati che aderiscono alla dottrina di tali teorie sono più propensi a volere stare nella squadra vincente piuttosto che stare nella squadra che ha argomenti vincenti. Tutto questo continua ad essere un serio

 

Continua qui: https://comedonchisciotte.org/freeman-dyson-e-mike-adams-sono-daccordo-laumento-di-co2-e-un-grosso-beneficio-per-la-vita-sulla-terra/

 

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°