RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 31 LUGLIO 2021

https://www.geopolitica.ru/article/progressa-ne-sushchestvuet-eto-zabluzhdenie

RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI

31 LUGLIO 2021

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Per ridurre i lavoratori allo stato di produttori e consumatori “liberi” del tempo-merce, la condizione preliminare è stata l’espropriazione violenta del loro tempo.

GUY DEBORD, La società dello spettacolo, Baldini & Castoldi, 2017, pag. 181

 

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SOMMARIO

Giuseppe De Donno, l’agghiacciante teoria di Alessandro Meluzzi
I montoni di Panurgo
Carotenuto: non ci piegheremo alle vostre minacce
Signor Draghi: a cosa serve esattamente il green pass?
Metti un film sulla trasvolata di Italo Balbo
Cittadini di una sola classe
La fuga di Logan
Il Bugiardino e l’etica della libertà
Un altro leader africano morto giovane…
Vento di tempesta Atlantica nel Mar Nero
Così il disastro Tunisia minaccia l’Italia
I campi estivi del jihad palestinese
LA RUSSIA HA TRASFERITO I CARRI ARMATI AL CONFINE CON L’AFGHANISTAN
NON CI SONO PROGRESSI. È UN’ILLUSIONE
Visioni da un futuro imminente
Karl Popper e i guerrieri della notte
Credenti televisivi medi
L’infermiera Tiffany Dover è morta! Anzi no, ma…
E Speranza aggiunge morti nelle statistiche
Il Covid come arma di distrazione di massa
“Ridurre la popolazione mondiale? Parliamone”
Il ventennio dell’euro: i dati sul disastro economico italiano
I Poteri italiani vogliono rimanere nell’Euro! Ecco la soluzione
Distopia
Ecologia come arma del Globalismo
ELENCO DELLE RIVENDICAZIONI DELL’IRAN CONTRO GLI STATI UNITI
La libertà è come l’aria
La scienza non è democratica. Semmai teocratica
Perché è lecito sollevare delle critiche a questo Green Pass.
Il trattato di Maastricht spiegato da Guido Carli in “Cinquant’anni di vita italiana”

 

 

IN EVIDENZA

Giuseppe De Donno, l’agghiacciante teoria di Alessandro Meluzzi: “Ecco perché è morto”, occhio a questa foto

Una morte, anzi un suicidio, che scatena sospetti e complottismi. Si parla della tragica fine di Giuseppe De Donno, l’ex primario di pneumologia dell’ospedale di Mantova trovato senza vita nella sua casa. De Donno, sostenuto anche da Le Iene di Italia 1, fu uno dei principali fautori della cura al coronavirus con plasma iperimmune, una cura che di fatto non ha mai trovato terreno fertile (ed è proprio questo il fattore che ha scatenato i complottisti). Lo stop alla ricerca sul plasma iperimmune sarebbe stato un duro colpo per De Donno, un dolore che faticava a superare.

Dopo la notizia della sua morte, come detto, ecco le polemiche. In primis Red Ronnie, che ha picchiato durissimo: Lo hanno lasciato solo, lo hanno ucciso. De Donno è una vittima di quelli che hanno deciso questo scempio a cui stiamo assistendo, dovrebbe essere fatto santo”. Quindi, tra i molti, anche Maria Giovanna Maglie, la giornalista che ha puntato il dito contro i virologi e i colleghi che lo hanno calunniato e offeso in televisione. Insomma, una Maglie che sosteneva la cura con plasma iperimmune.

Si arriva poi al terrificante cinguettio di Alessandro Meluzzi, che non può non dire la sua su questa vicenda. E lo psichiatra, schierato da tempo sul fronte del negazionismo più spinto, rilancia sui suoi profilo social ciò che potete vedere qui sotto: l’immagine di un’infermiera con gli occhi coperti da una mascherina improvvisata con una banconota da 500 euro. A corredo, il commento: “De Donno è morto perché non era uno di loro, ma non illudetevi, potete uccidere un uomo ma non le sue idee”, conclude Meluzzi.

 

VIDEO QUI: https://youtu.be/GhWsVRwwVQs

FONTE: https://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/28129730/giuseppe-de-donno-agghiacciante-teoria-alessandro-meluzzi-ecco-perche-morto-occhio-questa-foto.html

 

 

 

I montoni di Panurgo

di Roberto PECCHIOLI

Se il popolo impara troppe cose, inizierà a farsi domande e finirà per ribellarsi. Riflessioni di un filosofo, di un moralista, o di un agitatore di folle? No, le parole a fumetti di un numero di Topolino degli anni 70 del secolo passato, pronunciate dal malvagio di turno. Ma è la triste realtà e Antonio Machado scrisse che la verità è la verità, la dica Agamennone, il gran re, o il suo porcaro.

L’homo sapiens occidentale regredisce per mille motivi; uno è l’avanzata incontenibile di un’ignoranza di tipo nuovo, tronfia, soddisfatta di sé. L’uomo diventa un capo di bestiame e scende rapidamente gli scalini della civiltà che aveva salito con tanta fatica. Non si pone più domande, e, pago del progresso, inginocchiato alla religione apocrifa della Scienza, rinchiuso in un orizzonte da cui è espulsa la trascendenza, da cui lo spirito è fuggito e con esso il pensiero, vive ed aspetta. Arriveranno i pasti, somministrati dal padrone, le notizie ufficiali a cui attenersi, la soddisfazione degli impulsi. Il gregge procede compatto in un’unica direzione, decisa dal padrone.

Nel capolavoro di François Rabelais, Gargantua e Pantagruele, poema dell’eccesso, della vitalità e della materia, è famoso l’episodio dei montoni di Panurgo, un astuto briccone amico di Gargantua. Durante un viaggio per mare alla ricerca dell’oracolo della Divina Bottiglia, Panurgo vuole acquistare da un esoso mercante un montone, il più bello di un gregge destinato al mercato. L’interminabile trattativa mostra la stoltezza dell’arroganza umana, l’attaccamento insensato ai beni materiali. A un tratto, Panurgo accetta il prezzo esorbitante stabilito dal mercante e compra il montone. La sorpresa viene subito dopo.

“Subitamente, e non saprei dir come perché tutto successe in un battibaleno e io non ebbi il tempo di rendermene conto, Panurgo, senza una parola di più, scaraventa in mare il suo montone urlante e belante. Tutte le altre pecore, montoni in testa, urlando e belando sullo stesso tono, cominciano a gettarglisi dietro, saltando in mare una dopo l’altra; perché, come sapete e come dice anche Aristotele, questo animale è il più stupido e il più inetto del mondo, ed è proprio della natura delle pecore seguire la prima ovunque vada. Così facevano ressa e spingevano a testa bassa per essere le prime a seguire il compagno.

Il mercante, preso dal panico nel vedere le sue pecore morire annegate così sotto i suoi occhi, faceva di tutto per frenarle e trattenerle, ma inutilmente. Tutte, una dopo l’altra, si buttavano giù. Alla fine agguantò per il pelo uno dei montoni più grossi sull’orlo della tolda, sperando di tirarlo indietro e salvare così tutto il resto del gregge. Ma il montone fu abbastanza forte per portare il mercante con sé; come i montoni di Polifemo, il Ciclope accecato nel sonno, quando portarono in salvo, fuor della grotta, Ulisse e i suoi compagni. E montone e mercante affogarono insieme. Anche i pecorai che, sull’esempio del mercante, s’aggrappavano alle bestie, chi per le corna, chi per i piedi, chi per il mantello, furono tutti travolti allo stesso modo e affogarono in mare miseramente. “

Poco vale, nei tempi ultimi, lottare contro la corrente: il gregge e i suoi guardiani non sfuggiranno alla loro sorte. Occorre tenersi in piedi tra le rovine, cercare di essere maestri a se stessi e seguire i pochi che rappresentano la tradizione, lo spirito, l’identità. Nella Commedia, Virgilio – la guida – rassicura Dante impaurito, poiché le anime del Purgatorio continuano a indicarlo e a far commenti su di lui, sorprese dalla sua condizione di vivente. “Vien dietro me e lascia dir le genti: sta come torre ferma, che non crolla già mai la cima per soffiar di venti”. L’uomo che si perde in troppe divagazioni non raggiunge l’obiettivo che si è proposto, né incontra se stesso. E’ a sua volta gregge, non differente dai montoni di Panurgo.

Nel presente il gregge umano viene lasciato nell’ignoranza dell’essenziale, invisibile agli occhi, come insegna la Volpe al Piccolo Principe di Saint Exupèry. Il signorino soddisfatto – emblema del nostro tempo, tutto chiacchiere, comodità e progresso – non studia, non si sforza, non si impegna. Sa già tutto e per quello che non sa cerca le risposte su Internet, condensate in tre righe nel Bignami universale. Non c’è più istruzione, solo addestramento a compiere azioni e gesti strumentali previsti dal Dominio: “ciò che serve”. Perciò il gregge umano non ha più coscienza di sé. I montoni di Panurgo si gettano in mare dietro il primo di loro perché hanno rinunciato a vedere con i propri occhi.

In lingua francese “panurgismo” è sinonimo di natura gregaria, conformismo, incapacità di giudizio autonomo. Il vecchio homo sapiens è stato trasformato – e non ha battuto ciglio- in homo digitalis. Si tratta di un essere nuovo, mutato fisiologicamente e antropologicamente. L’aggettivo è la traduzione letterale, alquanto maccheronica, dell’inglese “digit”, cifra, a sua volta originata dal latino digitus, il dito che conta e misura. Digitale è ciò che tutto calcola, ma non sa più dubitare, immaginare, inventare. L’uomo digitale ragiona in termini binari, come il computer, una sequenza di zeri e di uno che sostituiscono la complessità della vita e dell’esperienza. Aperto, chiuso, sì, no: rassicurante, vero? Diventa incomprensibile il verso in cui Amleto afferma l’irriducibile molteplicità della vita: ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne possa comprendere la tua filosofia. Ma non c’è più filosofia: inutile la ricerca e il pensiero, vano esplorare il mondo, porsi domande, lambire il territorio inquietante della metafisica, quell’Oltre che il gregge non vuole conoscere e nemmeno immaginare.

L’erosione del linguaggio a cui assistiamo è l’effetto del declino del senso e dell’insignificanza diffusa: conta solo adesso, qui e ora. La realtà digitale è una sequenza infinita di calcoli che restituisce un panorama irrigidito, che restringe le possibilità e – ahimè- fa dimagrire i pensieri. Mancano – sequestrate, vietate, comunque sconosciute- le parole con cui descrivere la complessità, le possibilità, i sentimenti, i dissensi. Non si discute più, si ingiuria l’altro senza ascoltarlo. Al gregge digitale preme esclusivamente la sicurezza, in cambio della quale offre volentieri la vita spirituale, di cui non sa che fare. Dov’è lo spirito, a che serve, si può mangiare, lo si può compravendere sul mercato? – chiedono muti gli occhi inespressivi dell’homo digitalis.

Profetica è la figura del Grande Inquisitore di Dostoevskij che rimprovera Gesù Cristo: “tu non sei disceso dalla croce quando ti gridavano: scendi dalla croce e crederemo che sei tu. Non sei disceso perché non volevi convincere l’uomo con il miracolo, preferivi una fede libera e non una vincolata al miracolo”. I montoni di Panurgo sono indifferenti alla libertà. Seguono chi sta davanti e credono ciecamente a miracoli chiamati Scienza e Progresso. Per questo, la maggioranza odia con tanto accanimento chi non si sottomette alla volontà del pastore. Ne sono prova gli accadimenti di queste settimane, la divisione – assai gradita al potere, come tutte quelle che contrappongono il popolo-gregge- tra una maggioranza di credenti nella virtù delle misure governative in materia di Covid 19 e una minoranza ribelle.

La prima questione è l’enorme tempesta monotematica che ci ha colti dal febbraio del 2020: si parla, si discute, si ha paura, solo del virus cinese. Ha messo sottosopra le nostre vite e ogni concezione del mondo. Ha prodotto un terremoto nel potere, nei rapporti interpersonali, ci ha modificato, formattato e resettato, come bisogna dire oggi con il linguaggio “digitale” dell’informatica. Eppure, c’è vita – e morte- oltre la Sars-Cov-2. Pare tutto cancellato: la dittatura finanziaria e quella tecnologica, la guerra di classe vinta dagli iper ricchi, la precarietà del lavoro e dell’esistenza, il crollo dei principi morali, la morte di Dio, l’immigrazione sostitutiva, le guerre, gli interessi, la mortalità di tutte le altre malattie, eccetera, eccetera. Sarebbe ora di scrollarci la polvere di dosso e riprendere una vita – personale e comunitaria- non scandita esclusivamente dal virus. Difficile, non solo per le varianti (alfa, beta, delta: sarà lunga sopravvivere sino alla variante Omega!) ma soprattutto per la pressione formidabile del potere, al quale il virus trasmesso per le vie aeree è giunto come il cacio sui maccheroni. Chi vivrà, scoprirà nel tempo se si trattò di una fuga accidentale da un laboratorio riservato – un luogo dove si sperimenta l’indicibile lontano da occhi indiscreti- o un programmato atto criminale.

Intanto, tutto è cambiato e non riusciamo a vivere fuori dalla bolla di cellophane in cui ci ha cacciato l’insignificante esserino. Rancori, timori, contrapposizioni, conditi da un linguaggio violento, carico di odio, si sono impadroniti di milioni di persone. Nessuno è immune, la tempesta è sempre più vicina. La perdita di libertà concrete – movimento, lavoro, azione – lo stringersi delle maglie della sorveglianza di una società che ha mostrato il suo vero volto disciplinare, di controllo e dominio su ex cittadini tornati sudditi, alimenta nuove divisioni.

Si guardano con odio irriducibile una maggioranza di terrorizzati disposti a tutto per paura del contagio e una minoranza sorprendente di resistenti, decisi a rifiutare la nuova condizione di corpi da controllare, immunizzare, trasformare in dati, non solo sanitari. Due mondi che si detestano e non comunicano. Il primo, quello dei convergenti, vive di conformismo e paura, con robuste attenuanti: la potenza e continuità dei messaggi, l’evidenza ripetuta sino all’estenuazione che il virus persiste, la convinzione infondata che scienza e progresso risolveranno tutto. E’ il messaggio unico dell’ultimo mezzo secolo: l’uomo a una dimensione.

Gli altri, i divergenti, hanno ottime ragioni per sospettare del potere e invocare la libertà del corpo conculcata. Eppure, anche loro hanno riflessi condizionati negativi: qual è in concreto la libertà che invocano? Tornare a febbraio 2020, come se il mondo di ieri fosse stato un paradiso, esigere solo il diritto a farsi i fatti propri, la libertà come assenza di responsabilità, indifferenza alle ragioni altrui, l’individualismo menefreghista del consumo? Auspichiamo anche noi il successo delle manifestazioni contro il passaporto sanitario, ma dopo? Sotto il vestito niente, se non un’accusa stucchevole di nazismo rivolta al potere. Ci preoccupa la reductio ad hitlerum (Leo Strauss), l’accusa infamante, l’etichetta definitiva applicata a chi non la pensa in un certo modo, da qualunque parte provenga. In queste condizione, i due eserciti – l’un contro l’altro armati- lavorano inconsapevoli per il re di Prussia, ovvero per il Dominio che avanza e regna sulle macerie di popoli ridotti a greggi. Le navi dei due gruppi di montoni di Panurgo seguono rotte opposte, ma il destino è uguale: l’annegamento.

Più seria ci pare la tesi che da un anno e mezzo sta sviluppando un anziano filosofo studioso del sacro, Giorgio Agamben, ossia che l’appello alla “salute“ sia una trappola per rubarci lo spirito. La pandemia si fa politica e la constatazione dell’uomo di pensiero è che la casa comune brucia. Dopo aver teorizzato la distanza irriducibile tra la vita tutta intera – corpo, anima e spirito – e la semplice esistenza materiale a cui si è ridotto l’Occidente, Agamben parla di cecità, “tanto più disperata perché i naufraghi pretendono di governare il proprio naufragio, giurano che tutto può essere tenuto tecnicamente sotto controllo, che non c’è bisogno di un nuovo Dio e di un nuovo cielo, soltanto di divieti, esperti e medici. Panico e furfanteria. “

L’autoritarismo sanitario è la malattia senile dell’ex mondo libero. Una cultura che si sente alla fine, senza più vita, cerca di governare la sua rovina attraverso uno stato di eccezione permanente. Vi è qualcosa di jungeriano, ma malato, in codesta mobilitazione totale scandita da regole che normano i minimi particolari di ogni istante. La mobilitazione di ieri avvicinava gli esseri umani, quella odierna li separa, li distanzia, li mette l’uno contro l’altro. Ridotti a macchine, prodotti di serie, siamo impegnati spasmodicamente a preservare l’esistenza biologica, il mero funzionamento dell’apparato-uomo, costi quel che costi. “E’ come se il potesse cercasse di afferrare la nuda vita che ha prodotto e tuttavia, per quanto si sforzi di appropriarsene e controllarla con ogni possibile dispositivo, non solo poliziesco, ma medico e tecnologico, essa non potrà che sfuggirgli perché è inafferrabile”

Gli uomini ridotti ad esistenza biologica non sono più umani, mentre governo delle cose e governo degli uomini coincidono. L’evaporazione dell’umano si intuisce all’istante: basta guardarsi in faccia. Scrive Agamben: “il volto è la cosa più umana, l’uomo ha un volto e non un muso o una faccia, perché dimora nell’aperto, perché nel suo volto si espone e comunica. Il volto è il luogo della politica. Il nostro tempo impolitico non vuole vedere il volto, lo tiene a distanza, lo maschera e copre. Non devono esserci più volti, ma solo numeri e cifre.” L’homo digitalis suddito di un tiranno senza volto è costretto all’esistenza delle pecore.

L’emergenza interminabile, malattia essa stessa, diventa il punto terminale, l’anello di congiunzione di un processo avviato da decenni, basato sull’ossessione per la sicurezza, la previsione, la conservazione del corpo, il tutto nella cornice di una religione senza salvezza, la fede nella tecnica che illude di misurare, controllare, sconfiggere anche ciò che non è commensurabile. Il giapponese Yukio Mishima, che si dette la morte del samurai, chiese nel suo ultimo discorso pubblico: avete tanto cara la vita da sacrificarle l’esistenza dello spirito? La risposta occidentale è un sì fragoroso in nome del quale abbiamo scelto un’esistenza sicura, ovvero un’illusione, un miraggio, come dimostra il presente. Abbiamo perduto più della libertà: è fuggito lo spirito.

Lo spirito non è un terzo incomodo tra l’anima e il corpo: è “la loro inerme, meravigliosa coincidenza. La vita biologica è un’astrazione, ma è questa astrazione che si pretende di governare e curare. Sono sempre i poeti a pronunciare le parole definitive”, sottolinea Agamben. Per Schiller, “in un cerchio ristretto lo spirito si restringe. L’uomo cresce con il crescere dei suoi scopi. “E viceversa, naturalmente. Hanno vinto i peggiori e più falsi maestri. L’umanità ha sempre saputo fin troppo bene di avere lo spirito, lamentava Sigmund Freud, mentre si vantava che “era necessario che io le mostrassi che esistono anche gli istinti”. Lo sapeva bene Panurgo. L’istinto gregario è una pulsione di morte anche quando si maschera, come nella narrazione ufficiale “covidiana”, da istinto di conservazione.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/i-montoni-di-panurgo/

 

 

 

Carotenuto: non ci piegheremo alle vostre minacce

No, non ci piegheremo alle vostre minacce. Volete sospenderci dal lavoro? Volete bloccare le nostre libertà di movimento? Volete annichilirci con la paura e poi offrirci briciole di libertà esteriore? Noi vediamo chiaramente il vostro gioco, per spingerci a perdere la nostra libertà. Ma noi non ci piegheremo, alle vostre minacce. State premendo l’acceleratore delle falsità e della repressione perché il virus si sta esaurendo, o sta comunque diminuendo il suo impatto sulle persone. Avete visto che già la gente cominciava a non presentarsi più per le vaccinazioni. Avete visto che i reparti di rianimazione si sono svuotati. E avete visto che il vostro bieco, criminale trucco di non curare le persone per mandarle all’ospedale a morire (invece di curarle bene a casa) non funzionava più. E allora avete lasciato che i vostri media schiavi lanciassero un’offensiva isterica, fatta di blandizie e di minacce, contando sulle paure, sulle ansie, sulle debolezze e l’immaturità di tante persone.

Tante persone, alle quali siete riusciti – con la paura – a mutilare pezzi importanti dei loro processi di pensiero, a mutilare pezzi importanti di lucidità mentale, pezzi importanti di forze di cuore, instupidendole con la paura o pressandole in modo bieco e perverso con le minacce alla Faunolibertà. E siete stati seguiti senza fiatare dal coro ipocrita di un mondo politico e dei media che, mai come in questi mesi, hanno rivelato il loro vero volto di puri esecutori di una democrazia ridotta a finzione, a vera e propria truffa di orribili poteri mondialisti a danno dei popoli. Certo, la vostra azione perversa è pesante e minacciosa, ma noi non ci piegheremo. Volete toglierci delle libertà esteriori? E noi combatteremo per mantenerle. Ma se non sarà possibile, manterremo e rafforzeremo ancora di più la nostra dignità umana e la nostra vera libertà, che è la libertà interiore: quella libertà interiore che è capace di vedere bene le vostre malefatte, senza farsene trascinare.

Quella libertà interiore non ce la potrete mai togliere. E più ci perseguiterete, più questa si rafforzerà: e lo farà proprio per fare la differenza con voi, schiavi di subdole menti nascoste nell’ombra. Non ci piegheremo, di fronte alle vostre schiere di omuncoli, burattini del potere. Non ci piegheremo alle vostre schiere di ciechi esecutori di oscure strategie anti-umane, compensati con il basso, vile prezzo di denari e carriere: anime comprate per tradire i loro fratelli, gli altri esseri umani. Noi, serenamente indignati, vi diciamo che manterremo quella libertà interiore che voi non avete mai provato: perché l’avevate già svenduta sull’altare della vostra convenienza, della vostra insipienza, della vostra ignoranza, della vostra supponenza, del vostro gretto e ottuso egoismo. Voi, resi talmente inetti dalle lusinghe del potere da essere tranquillamente capaci di avvelenare l’acqua della vita che voi stessi ed i vostri figli bevete, inconsapevoli.

Certo, lo sappiamo, continuerete a metterci l’uno contro l’altro: nei posti di lavoro, nelle amicizie, nelle famiglie, come avete fatto in questo periodo e come state facendo ancora di più. Ma noi cercheremo di mantenere l’armonia ad ogni costo, perché noi comunque amiamo la libertà e, contrariamente a voi, rispettiamo le scelte di chi non la pensa come noi, anche se sono dettate da paure, da immaturità, dalle vostre minacciose pressioni e imposizioni. Noi non ci inginocchieremo: né a voi, né ai vostri idoli neri. Noi non tremeremo, e risponderemo con la forza di una ferma ma quieta indignazione. E con ragionamenti pacati e intelligenti, pieni di amore per quel genere umano innocente, anche Carotenutose abbondantemente dormiente, che voi massacrate e sacrificate ogni giorno, il nome del potere, del profitto, della corruzione dei vostri cuori e delle vostre menti. E nemmeno ci faremo prendere dall’odio e dalla rabbia, da quel veleno i vostro padroni oscuri tanto amano immettere nei cuori proprio di chi si sta ridestando, per impedirne il risveglio della coscienza.

No, non ci costringerete ad odiarli; non ci costringerete a perdere quella libertà interiore che ci fa essere capaci di giudicare con serenità e fermezza proprio le vostre nefandezze. Non vi daremo la soddisfazione di rovinare, di sporcare la nostra anima per voi. Più vorrete limitare la nostra libertà esteriore, più ci sentiremo liberi e capaci di vedere quanto è misera, quanto è meschina la vita che ci offrite, così come la vostra stessa vita. Non spegnerete il tesoro che è nel nostro cuore, e che un giorno sarà capace di trasformare questo mondo in un posto migliore, nel quale voi non conterete più nulla, perché verrete pesati in base la purezza del vostro cuore – a meno che il dolore dell’orribile karma che vi state costruendo non riesca a convertirvi al bene, e non vi faccia finalmente ricongiungere (e lo speriamo) con l’umanità cosciente. Una umanità che continua a crescere, proprio rispondendo alle vostre furbe ma miopi trame. Ce la faremo, ce la stiamo facendo. Basta che non ci facciamo travolgere da quei cattivi sentimenti che ci stanno inoculando se non ci vacciniamo. Rimaniamo liberi, il più possibile: fuori, ma soprattutto dentro.

(Fausto Carotenuto, “Non ci piegheremo alle vostre minacce“, video-messaggio sul canale YouTube di “Coscienze in Rete”, 28 luglio 2021).

 

 

FONTE: https://www.luogocomune.net/21-medicina-salute/5825-signor-draghi-a-cosa-serve-esattamente-il-green-pass

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

Metti un film sulla trasvolata di Italo Balbo

Marcello Veneziani – La Verità, 22 settembre 2019

Se il cinema e la tv in Italia non fossero dominati da conformisti un po’ vigliacchi e mezze calzette, dovrebbero dedicare un film, una fiction, a una leggendaria impresa italiana e all’avventurosa esistenza del suo promotore.

Sto parlando di Italo Balbo che diventò un mito in America e nel mondo dopo le sue temerarie trasvolate dell’Atlantico, da Orbeello a Rio de Janeiro e poi a Chicago, a New York, dove fu accolto trionfalmente come il Cristoforo Colombo del Novecento. Nei giorni scorsi sono riemerse le carte inedite di Balbo dall’Archivio centrale dello Stato e si è aperta la misera caccia a mezzo stampa alla frasetta razzista o antirazzista di Balbo. Si dimenticano le sue imprese epiche, la storia e il personaggio per decidere se assolvere o impiccare Balbo a una parolina corretta o sconveniente.

Interventista alpino nella grande guerra, dannunziano a Fiume e nel governo del Carnaro, fascista prima del fascismo; ras di Ferrara e Quadrumviro della Marcia su Roma a soli ventisei anni; poi Comandante generale della Milizia fascista e Maresciallo dell’Aria, Balbo fu il mito vivente dell’aeronautica italiana. Ispirò l’Aeropoema del Golfo di F.T.Marinetti e la passione futurista per i cieli e i voli, entusiasmò giovani, militari e sportivi e diventò il modello di una vita ardimentosa, in terra e in cielo, oltre le nuvole.

Le sue trasvolate prima nei cieli del Mediterraneo e poi nell’Atlantico fino in Canada, non furono solitarie, ma con lui partì un’autentica flotta: per gli Stati Uniti nella celebre Crociera del Decennale del 1932, partirono ben 24 velivoli dall’Italia. In America Balbo fu accolto come un eroe e uno scopritore, suscitò la fierezza degli emigrati italiani, e fu con Primo Carnera il simbolo del riscatto e del ritrovato orgoglio d’italianità tra gli italo-americani. L’Italia raggiunse con lui la punta più alta di ammirazione oltreoceano.

La sua popolarità, dopo le trasvolate, insidiò quella del Duce, che a un certo punto lo mandò in Libia come governatore. Ma anche lì, a Tripoli, Balbo si distinse chiedendo l’integrazione dei libici come cittadini italiani nel rispetto della loro religione islamica. Anche Mussolini nel ’36 aveva brandito la spada dell’Islam, e l’Italia fascista prometteva alle popolazioni indigene di liberarle dalle schiavitù, cantando con Faccetta nera: “ti porteremo a Roma liberata, sarai camicia nera pure tu”. In Libia l’opera di Balbo produsse leggi, opere pubbliche, politica sociale e trasformazioni.

Nel discorso che gli dedicò a due anni dalla sua tragica scomparsa, Giuseppe Bottai disse: “Un’Italia nuova s’avanza con gli aerei di Balbo nella storia del mondo e ne muta, raccorciando le distanze, i termini. L’Italia appena unificata, pone i problemi di una più vasta unificazione. Mari, oceani, continenti, razze si rimescolano al rombo possente della nostra ala; e i popoli, dagli orti conchiusi delle loro nazionalità, intravedono sistemi nuovi di rapporti tra loro”. Superamento delle razze, mescolanza e integrazione dei popoli, nazionalità non più chiuse nei loro orti… Sono parole pronunciate nel giugno del ’42, in piena guerra; parole che Balbo avrebbe sottoscritto. È la globalizzazione, ma sotto l’egida dell’universalità di Roma. Balbo ne fu un precursore.

In Libia Balbo riceveva spesso visite d’italiani illustri e di amici. Una volta, si racconta, andarono a trovarlo Ettore Muti e Leo Longanesi e insieme decisero d’imbastire uno scherzo. Longanesi fu vestito da Re Vittorio Emanuele III, essendo anche lui di bassa statura, e nascosto dietro l’enorme visiera, si spacciò per il Re in visita in Libia e si fece scorrazzare in un’auto scoperta mimandolo in modo buffo. Quando lo venne a sapere il Re fece le sue rimostranze a Mussolini. Il Duce convocò i tre, fece una sfuriata tremenda, ma poi volle conoscere i particolari dello scherzo e non riuscì a trattenere le risate.

Balbo diffidava dei tedeschi allora alleati ed era critico sulle leggi razziali.

A pochi giorni dall’entrata in guerra, nello stesso giugno del 1940, morì in uno strano incidente aereo nei cieli di Tobruk a soli 44 anni, abbattuto da una contraerea italiana. Morì con lui Nello Quilici, direttore del Corriere padano, padre di Folco. Insignito della Medaglia d’Oro, Balbo fu sepolto a Tripoli nel Monumento ai Caduti. Disse di lui Mussolini: “Era un autentico rivoluzionario, il solo che avrebbe potuto uccidermi”, che strano elogio funebre…

Ho tra le mani la biografia che Titta Rosa dedicò nel ’41 a Balbo e che non è stata più ristampata (come del resto l’ironica Vita di Pizzo di Ferro che Curzio Malaparte ed Enrico Falqui dedicarono a Balbo vivente già nel ’31); me l’ha donata Roberto Mugavero, l’editore Minerva, che mi ha fatto visitare anche lo straordinario castello di Balbo a Punta Ala, oggi di proprietà dell’imprenditore Gino Pasotti. Titta Rosa descrisse ai funerali di Balbo “la folla in lagrime, immensa, d’ogni religione, d’ogni razza”. E seguitava: “Era morto il suo Eroe più bello, giovane come un dio antico, che amava la vita, la bellezza, la bontà”. Toni retorici da regime, si dirà e non a torto; ma la commozione per la sua morte prematura e la mitizzazione non solo italiana del personaggio rispecchiavano la realtà.

Una vita straordinaria come la sua tra imprese da primato, così ricca d’intrecci, esperienze esuberanti e mondi nuovi, sarebbe un’epopea degna di un film. Che dite se piuttosto che dedicare film a Stefano Cucchi, a Tommaso Buscetta, a mafiosi, camorristi e delinquenti vari, a Chiara Ferragni, non sarebbe più affascinante e istruttivo dedicarne uno a un italiano speciale come Italo Balbo tra storia, cieli e terre?

FONTE: http://www.marcelloveneziani.com/articoli/metti-un-film-sulla-trasvolata-di-italo-balbo/

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Cittadini di una sola classe

Lettera aperta a Giorgio Agamben

di Stefano Vespo – 29 07 2021
comedonchisciotte.org

Tutti corsero incontro alle loro catene
credendo di assicurarsi la libertà”
J. J. Rousseau, Discorso sull’origine della disuguaglianza tra gli uomini.

Egregio professor Agamben,

Le scrivo per sottoporLe una riflessione che mi ha suggerito il suo intervento dal titolo “Cittadini di seconda classe”. Lei scrive che ogni volta che si istaura un regime d’emergenza, ovvero un regime dispotico, “il risultato è, come è avvenuto per gli Ebrei sotto il fascismo, la discriminazione di una categoria di uomini”.

È evidente che viviamo da quasi due anni in una condizione di continua sottrazione dei diritti giustificata da uno stato d’emergenza; emergenza grazie alla quale profondi istinti missionari hanno potuto scatenarsi, oltre che nei governanti, anche in molti amministratori locali, generando una pletora di ordinanze restrittive prive di qualsiasi fondamento giuridico, e sostenute unicamente dal terrore della propaganda.

Tuttavia, è il termine discriminazione che mi sembra inadeguato ad esprimere la novità di quello che oggi stiamo vivendo. Il termine discriminazione, ovvero la distinzione tra cittadini dotati di diritti e cittadini a cui importanti diritti civili vengono sottratti, non descrive esattamente la situazione alla quale ci consegna il green pass. Il confronto con gli eventi storici del passato ci aiuta a leggere meglio il presente, non solo nei suoi elementi di continuità, ma anche nei suoi elementi di novità

Oggi, credo, non si vuole affatto attuare una distinzione così netta, come quella che si attuò in passato tra Ebrei e non Ebrei. Durante la dittatura nazista e fascista, lo status di Ebreo era una condizione assoluta e immodificabile. Oggi la divisione avviene tra vaccinati e non vaccinati. Tuttavia, lo status di vaccinato non è assoluto, come poteva essere lo status di Ebreo, ma è legato ad una scelta: la vaccinazione. Inoltre, dal momento che già si parla di terze, quarte, e infinite altre dosi per fronteggiare ogni futura variante, lo status di vaccinato finisce per acquistare un carattere fortemente transitorio: richiede la ripetizione periodica della scelta, a confermare infinitamente, ma mai una volta per tutte, il proprio status.

Ma c’è qualcosa di più. Qualcosa che priva i vaccinati della sensazione di appartenere ad una classe eletta, anche se la propaganda mira in ogni modo a presentarla così, ribadendo che i vaccinati sono persone colte e intelligenti, che si affidano alla scienza invece di perdersi in pericolose fantasie negazioniste. In realtà, neanche categoria dei vaccinati gode affatto dei diritti dei quali la categoria dei non vaccinati viene privata. È vero che ai vaccinati i diritti vengono concessi, ma a condizione che si vaccinino. E che, con ogni probabilità, compiano periodicamente quel rito che confermi il loro status.

Il green pass, in fondo, è la negazione che gli uomini possano godere dei diritti fondamentali semplicemente in quanto uomini. E questo vale per tutti, perché la privazione di questo diritto riguarderà tutti: rendere condizionati i diritti di cui i cittadini devono godere il quanto cittadini, vuol dire negarli.

Un diritto condizionato non è un diritto; un diritto concesso a certe condizioni trasforma in suddito chi lo riceve. In concreto, lo priva del diritto a godere dei propri diritti.

Per questo, credo che oggi non si possa parlare di discriminazione, ma di un trasferimento di tutti i cittadini in uno scompartimento di infima classe, ovvero di una trasformazione di tutti in non-cittadini. L’operazione di polarizzazione dell’opinione pubblica tra chi è vaccinato e chi non lo è, operazione alla quale ogni singolo utente dei social partecipa attivamente con enorme dispendio di tempo ed energie, in fondo mira a mascherare questa identità fondamentale, questa pericolosissima trasformazione collettiva.

Certo, sembra una condizione ancora peggiore di quella creata dalle dittature novecentesche, della condizione della discriminazione. E sicuramente è così. Eppure, ciò potrebbe non essere un fatto necessariamente negativo. Dimostra invece il limite oltre il quale la propaganda ben presto non potrà più andare.

I temi sui quali questa ha insistito per spingere quanta più gente possibile a vaccinarsi sono stati quelli della colpevolizzazione e dell’esclusione sociale: vaccinarsi per proteggere gli altri, vaccinarsi per sconfiggere il virus e riavere la libertà sono stati i motivi che hanno spinto moltissima gente ad accalcarsi negli hub vaccinali. Tuttavia, i vaccini sembra che non proteggano dalle varianti, oltre ad esporre ad effetti avversi, di cui i bugiardini si arricchiscono ogni giorno di più; inoltre, non hanno restituito tutte quelle libertà sperate. I vaccinati, più che gli appartenenti ad una classe di eletti, si sono sentiti persone espostesi con generosità ad un sacrificio che non ha dato loro alcun risultato. Mi chiedo: potrà la propaganda insistere indefinitamente sull’identico tema della colpevolizzazione, del sacrificio, della realizzazione del sogno collettivo sempre rimandato? Si potrà vivere indefinitamente schiacciati tra da un’aspettativa perennemente delusa, e il terrore dell’esclusione sociale, della colpevolizzazione?

Per non parlare dell’estrema facilità con cui, in quasi due anni, abbiamo via via sostituito i simboli del male: i ragazzi, gli asintomatici, adesso i non vaccinati. Sempre in modo da renderli funzionali all’interesse del momento: la didattica a distanza, i confinamenti, la vaccinazione obbligatoria.

La ragione è spesso un commento alle proprie passioni, e questa mia riflessione non sfugge alla regola. È forse il bisogno di vedere una fine, un errore nella macchina, che mi spinge a esprimere queste idee.

Viviamo un periodo in cui la vera guerra si combatte all’interno della propria psiche. Un tempo nel quale non possiamo più avere aiuto neanche dalle categorie politiche per vederne il seguito, per immaginarne l’oltre.

Eppure, è un bisogno vitale poter gettare lo sguardo oltre in nostro tempo. Da cosa nasce questo bisogno, questa urgenza? Dal fatto che il tempo attuale è un tempo di massima crisi. È il tempo in cui le strutture materiali su cui si modella la nostra intera esistenza si sono rivelate non solo una complessa architettura burocratica, una immensa macchina che il singolo soggetto non può né conoscere né influenzare; ma anche una struttura oppressiva e ricattatoria, che può compromettere la fruizione dei diritti più elementari. Questo fatto è ormai evidente. Il tempo di massima crisi è il tempo dell’evidenza del fallimento. Per questo lo sguardo ha bisogno di vedere oltre, il linguaggio ha bisogno di nuove categorie di analisi

Il rapporto con la tecnica è la chiave del nostro tempo. Basti considerare il modo in cui viene sfruttato dalla propaganda: lo scienziato, presentato come depositario di un sapere assoluto e indubitabile, occupa costantemente la scena dello spettacolo. Come scriveva Ortega y Gasset all’inizio del Novecento, l’uomo-massa, che è il prototipo dell’uomo attuale, è “un primitivo, che dalle quinte è scivolato sul palcoscenico della civiltà”; cioè, un primitivo che usufruisce della tecnologia come di “un frutto spontaneo di un albero edenico”, ignorando totalmente il processo scientifico che sta dietro ogni conquista. Ignorando totalmente la razionalità della scienza, e incapace di istaurare una relazione razionale e creativa con il mondo. Capace solo di un rapporto di dipendenza passiva e acritica nei confronti della tecnica, di una fede assoluta in ciò che invece è la negazione più radicale di ogni fede e dogmatismo.

La tecnica, a partire da questa visione passiva e acritica, finisce per mostrarsi in una dimensione di assoluta potenza, di fronte a cui ogni limite morale non può che apparire bigotto, reazionario e ipocrita. Ma questo può accadere solo se si è resa la tecnica l’unica dimensione razionale entro cui concepire la vita umana.

Se perduriamo in questo stato di primitivi che semplicemente fruiscono dei frutti della civiltà, rinunciando ad esercitare noi stessi la facoltà razionale, a coltivare una relazione col mondo fondata sulla ricerca soggettiva e creativa di senso, sarà difficile cominciare a vedere un oltre.

Con ammirazione

Stefano Vespo

FONTE: https://comedonchisciotte.org/cittadini-di-una-sola-classe/

 

 

La fuga di Logan

Dove non potranno andare gli over 70? Non partecipano a movidas né ad affollate feste private a base di droga, sesso e rock-and-roll. Gli piace andare ai concerti, ma i concerti non si tengono…

lockdown

di Piotr. – 2 11 2020

Il capitalismo è un sistema che esclude. L’inclusione o l’esclusione sono decise in base all’efficienza nel generare profitto e rendita. Per il resto il capitalismo non si sente vincolato da nessun obbligo verso la società, i suoi uomini e le sue donne. Questa logica può essere dissimulata durante i periodi di espansione, ma quando la crisi morde si riaffaccia poco a poco per poi conclamarsi apertamente.

Il Nixon shock del 1971 segnalò l’inizio della crisi sistemica che ancora oggi, enormemente aggravata, ci avvolge. Seguì quasi un decennio di scontri tra il Potere del Denaro e il Potere del Territorio. Il primo spingeva verso politiche di austerità, di liberalizzazione, di privatizzazione del dominio pubblico, di super sfruttamento dei lavoratori interni e di meticoloso controllo e sfruttamento degli spazi esterni ai centri capitalistici storici. Il secondo cercava di resistere con politiche espansive che rilanciassero l’economia reale (sempre capitalistica, ovviamente) e le sue benefiche ricadute sulla “middle class”, sentendosi vincolato verso la società (Nixon si spinse a dire “Adesso siamo tutti keynesiani” – pochi mesi dopo venne fatto fuori dallo scandalo Watergate).

Alla fine degli anni Settanta questa lotta stava indebolendo entrambe le parti e i due Poteri, di conseguenza, strinsero un patto all’insegna del nuovo paradigma di accumulazione, cioè la coppia finanziarizzazione-globalizzazione. Iniziò l’epoca di Reagan e della Thatcher e tutto quel che ne seguì: una ripresa dell’aggressività imperialistica dopo la breve pausa seguita alla sconfitta in Vietnam e la progressiva concentrazione della ricchezza in mano a una ristretta élite, il famoso “1%”. Un uno per cento, però, che raccoglie attorno a sé ceti ancillari che da questa concentrazione traggono beneficio e/o di questa concentrazione sono i funzionari o di questa élite sono i giullari. Una porzione minoritaria ma ampia della popolazione, come si può osservare, ad esempio, con la polarizzazione dei voti nei Paesi occidentali: grandi centri metropolitani vs provincia, stati costieri vs stati centrali (negli USA), centro della città vs periferia, eccetera. Quindi il famoso “Voi siete l’1% noi il 99%” reso celebre dal movimento Occupy Wall Street ha un senso propagandistico ma se ci si crede non si può far politica.

Infatti, se è vero che non siamo più in presenza del Quarto Stato come soggetto autonomo (la classe operaia, in senso generale), non è invece vero che si è costituito un nuovo Terzo Stato, sebbene l’élite abbia assunto sempre più caratteri neo-signorili e a tratti neo-feudali, con una grande differenza rispetto alle forme originali: un progressivo disconoscimento dell’obbligo di mantenere i propri sudditi.

Quest’ultima caratteristica è costitutiva del capitalismo, ma di fronte alla montante importanza politica, sociale ed economica del proletariato che obbligava la classe borghese a prendere sul serio i propri proclami di libertà, uguaglianza e fraternità, doveva essere tenuta nascosta come una vergogna. In Europa, con la sconfitta dei fascismi e la vittoria dell’URSS, questa sorta di “eugenetica sociale” diventava un tabù impronunciabile.

In particolare gli Stati e le loro istituzioni, sostenuti nella pratica dalla grande ripresa economica del dopoguerra, contrastavano il cosiddetto “spencerismo sociale” fin nelle loro Carte fondamentali, esempio tipico della contraddizione tra il Potere del Territorio (legato al luogo) e il Potere del Denaro (legato ai flussi). Ovviamente se si pensa che questi due poteri coincidano o che il primo sia succube dell’altro e che non ci sia differenza tra auctoritas e potestas, quanto appena detto non ha senso.

Questo breve riassunto degli ultimi 50 anni di storia sono necessari per capire in che contesto questo tabù viene rotto, vuoi in modo diretto, brutale e arrogante, vuoi in modo ipocrita, vuoi con le migliori intenzioni. Il contesto è quello dell’enorme aggravamento della crisi sistemica e il sovra-contesto, oggi, è quello della pandemia e degli sconvolgimenti economici, geopolitici, politici, ideologici e culturali che queste due crisi incrociate stanno inducendo.

Quando si sorpassano i 60-65 anni, l’uomo vive più a lungo di quanto non produca e costa caro alla società. L’eutanasia sarà uno degli strumenti essenziali delle nostre società future. Macchine per sopprimere permetteranno di eliminare la vita allorché essa sarà troppo insopportabile, o economicamente troppo costosa” [1].

Così Jacques Attali, membro importante dell’establishment europeo e internazionale. Non si parlava ancora di pandemie, ma era un ragionamento di freddo efficientismo capitalistico. Non un piano, ma una breve nota, buttata lì con nonchalance; poche righe in uno scritto ben più ampio, per futura memoria.

Ora, con la pandemia, la memoria è riaffiorata, con la sua vergogna coperta da un edificante “mettiamo in sicurezza gli anziani”. [2]

C’era già un che di implicitamente “attaliano” nella proposta di Vittorio Colao di continuare a tenere a casa a oltranza gli over 60. Proposta respinta all’epoca da Giuseppe Conte e giudicata una follia giuridica dal presidente emerito della Corte Costituzionale, Sabino Cassese.

E c’era già un che di implicitamente “attaliano” nella volontà di Ursula von der Leyen di tenere a casa gli over 60 fino a Natale.

Oggi la proposta riemerge, al fine di scongiurare nuovi lockdown generalizzati.

Era stata adombrata, ad esempio, dalle parole di Matteo Bassetti, dell’ospedale S. Martino di Genova, persona in generale ragionevole e moderata che infatti poi si è corretta specificando che intendeva una “differenziazione di orari, ovvero fasce in cui studenti e lavoratori escono e orari differenziati per le persone anziane” (si vedano [3] e[4]).

È riemersa secca e senza ripensamenti nell’intervista del Fatto Quotidiano all’epidemiologo Martin Blachier, fondatore della Public Health Expertise. Per lui si devono “mettere in una bolla le persone dai 60 agli 80 anni”. Presume quindi che dopo gli 80 nessuno deambuli più [5].

Ma se queste sono dichiarazioni di uno che fa business nel settore sanitario, ben più sorprendenti sono quelle rilasciate a Radio Radio da persone che vedono dietro la pandemia non una circostanza sfruttata ma un disegno mondialista e transumanista (si senta qui: [6] e [7]). Qui si parla addirittura di mettere gli anziani in un “acquario” (spero metaforicamente).

Una variante liberal e politicamente corretta dell’attalitismo è in dirittura d’arrivo in Olanda: un disegno di legge che consente il suicidio assistito agli over 75 sani che però ritengono la propria vita conclusa [8]. Insomma, non un obbligo, ma un incoraggiamento.

Infine, molti Italiani si ricorderanno del sapore vagamente attaliano dei ragionamenti svolti dall’allora presidente dell’INPS, Tito Boeri, in occasione della presentazione di uno studio dell’Ordine degli Attuari nel 2016: se si danno pensioni più basse, i vecchietti sarebbero costretti a curarsi di meno e quindi morire prima, con un gran risparmio (si vedano [9], [10] e[11]).

Ma la spiegazione attaliana nuda e cruda ci è finalmente giunta dal presidente della Regione Liguria, il forzista Giovanni Toti: gli anziani “non sono più indispensabili allo sforzo produttivo del Paese” (chissà se si riferiva anche al suo boss). Poi ha chiesto scusa per questa dichiarazione inqualificabile (o fin troppo qualificabile). Ma tant’è. Le vergogne sono state messe a nudo [12].

Scuse o non scuse i telegiornali e i giornali radio ieri ci avvisavano che la Conferenza delle Regioni avrebbe insistito con Conte anche su questo punto: lockdown per gli over 70 (sembra che 70 sia l’età di base scelta da questi, loro sì, non indispensabili ma visibilmente superflui personaggi che si fanno chiamare pomposamente “governatori”).

E adesso il demos viene solleticato con domande specifiche da parte, per l’appunto, degli istituti demoscopici. Ed è così che la Ixè ci comunica che il 61% degli intervistati è favorevole a vietare gli spostamenti da casa agli over 65 e a chi ha patologie (la Ixè ha quindi deciso per conto suo che la soglia sono i 65 anni) [13].

Insomma, per scongiurare un lockdown generalizzato si suggerisce un lockdown solo per gli anziani e si fa di tutto per ottenere un’adesione popolare a questo macabro provvedimento.

Perché macabro? Leggete qui e troverete tutte le spiegazioni: [14], [15], [16], [17] e [18].

Non sto nemmeno a ripetere domande ovvie alle quali nessuno fornisce nemmeno tentativi di risposte, rifugiandosi in formule fantasmagoriche come “bolla” o come “acquario” per gli anziani, del tipo: cosa succederà a livello sociale (pratico, economico, relazionale e psicologico) quando milioni di nonni e di nonne non potranno più fare i nonni e le nonne? Dove sconteranno i loro arresti domiciliari gli anziani soli? Come faranno a nutrirsi? Verranno raccolti in falansteri? E quelli che vivono in case a volte sovraffollate assieme a persone più giovani che andranno avanti e indietro? Ah, che bella bolla di protezione! Che bell’acquario (lo sanno che se in un acquario metti un pesce malato muoiono tutti gli altri?).

È veramente una protezione impedire agli anziani di fare passeggiate e altre attività fisiche al sole e sintetizzare così vitamina D indispensabile per le loro difese immunitarie? Per non parlare del tono muscolare, dei benefici ortopedici e, di nuovo, del benessere mentale, altro fattore chiave per le difese immunitarie.

E poi fatemi capire una cosa. L’età media delle persone decedute per Covid è 80 anni e la mediana 82 (così dice l’Istituto Superiore di Sanità [19]).

Gli ottantenni e le ottantenni non sono tipici addicted della movida. Almeno non credo. Né frequentatori di feste sovraffollate. Non vanno a lavorare (sì, ho capito anch’io che è questo che dà fastidio!) e non affollano i mezzi di trasporto pubblici. Qualcuno va nelle sale bingo che, scopro oggi dal discorso di Conte, lo scorso DPCM non ha fatto chiudere (i teatri e i cinema sì, le sale bingo no: fantastico!). Ma adesso chiudono anche loro.

Dove si sono contagiati, allora? È ovvio: a casa o nelle RSA. Quindi, ideona: chi non è ancora in una RSA rimanga a casa ancora di più! Con un’accortezza: non chiamiamola “casa”, ma “bolla” o “acquario”.

E i sessantenni (secondo Colao, von der Leyen e Blachier) o i sessantacinquenni (secondo Ixè) o i settantenni (secondo Malvezzi e Amodeo) che sono un po’ die hard, perché mettere anche loro in bolle o acquari? Perché “proteggerli”?

Perché non devono rompere le palle al sistema sanitario nazionale.

È forse questa l’idea di fondo, esplicita o implicita, conscia o inconscia o magari sfuggita per sbaglio: gli anziani sono uno scarto, sono esuberi, non sono produttivi e hanno persino la pretesa di ricevere una pensione cui hanno contribuito per decenni. Forse – voglio sperare – qualche anima candida non ha pensato al costo che il “protetto” dovrà pagare per questa “protezione”.

Non so perché, ma c’è qualcosa di attaliano in tutto ciò. A volte, certo, preterintenzionale, ma sempre più spesso cosciente.

Per ora, a quanto sembra, il governo non ha seguito questo suggerimento. Forse è conseguenza della contraddizione tra i due Poteri di cui si diceva. Ma la cosa, quasi sicuramente, non è finita qui. Il capitalismo ha insita in sé la logica dello scarto.

Agli anziani, quindi, posso solo suggerire di prendere coscienza ed essere pronti per la fuga di Logan.

NOTE

 

[1] Jacques Attali, La médicine en accusation, in AA.VV., L’avenir de la vie, Seghers, Paris 1981.  Attali è un giurista amministrativo, già capo di gabinetto di Mitterand e poi consigliere economico di Sarkozy e Macron, banchiere internazionale, presidente della Banca Europea per lo Sviluppo.

[2] https://www.money.it/pensioni-von-der-Leyen-anziani-casa-tutto-anno

[3] https://telenord.it/bassetti-mini-lockdown-per-anziani-e-persone-fragili-il-picco-dell-epidemia-deve-ancora-arrivare

[4] https://www.today.it/attualita/matteo-bassetti-orari-anziani-orari.html

[5] https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/29/coronavirus-lepidemiologo-blachier-lesplosione-del-virus-e-legata-al-calo-delle-temperature-lockdown-totale-unica-soluzione/5983647/.

[6] https://www.radioradio.it/2020/10/dati-governo-unalternativa-lockdown-totale-amodeo/

[7] https://www.radioradio.it/2020/10/disegno-planetario-lockdown-meluzzi/

[8] https://www.dutchnews.nl/news/2020/07/euthanasia-law-proposed-for-healthy-over-75s-who-feel-their-lives-are-complete/

[9] https://www.huffingtonpost.it/2016/12/13/inps-pensioni-vita_n_13599410.html

[10]   http://www.atdal.eu/wp-content/uploads/2014/11/170112-NL-ATDAL-ALP-XV-01.pdf

[11] http://www.ordineattuari.it/media/223726/161214_intopic.it__2_.pdf

[12]https://www.ilmessaggero.it/politica/toti_anziani_non_indispensabili_tweet_over_70_lockdown_ultime_notizie_news-5559581.html

[13] https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/11/01/cresce-la-paura-del-covid-l88-degli-italiani-e-preoccupato-per-la-propria-salute-sei-su-dieci-favorevoli-a-lockdown-per-gli-over-65/5987409/

[14] http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=4452

[15] https://www.epicentro.iss.it/attivita_fisica/pdf/Guidaall%27attivit%C3%A0fisica.pdf

[16] https://www.epicentro.iss.it/attivita_fisica/Attivita-Fisica-Anziani-2018

[17] http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2828_allegato.pdf

[18] http://www.jgerontology-geriatrics.com/wp-content/uploads/2016/02/08Vitulli1.pdf

 

FONTE: https://megachip.globalist.it/democrazia-nella-comunicazione/2020/11/02/la-fuga-di-logan-2067344.html

Il Bugiardino e l’etica della libertà

Con l’obbligo vaccinale vi è un doppio atto di violenza, sul corpo e sul cittadino, che deve sottomettersi come un suddito, rinunciando al principio di possesso del proprio corpo.

NYT - vaccini

NYT – vaccini

Redazione31 dicembre 2020

di Marco Pitzalis.

Premessa:
Ho fatto tutti i vaccini e li hanno fatti i miei due figli. Non sono No-vax (se non per l’imbecille calunniatore).
Il fatto di dover fare questa premessa, dà il segno della violenza che si sta manifestando in questa discussione contro chiunque metta in dubbio le politiche di questo governo e i discorsi ufficiali della stampa.

Questa violenza chiede una reazione, perché siamo a un passaggio storico che riguarda le libertà individuali.

Lo sciocco in questi giorni utilizza l’esempio del bugiardino per dirci che ingurgitiamo medicine che presentano rischi anche letali senza preoccuparci troppo.
Questa boutade mette in luce un difetto di comprensione profonda del problema:

Infatti, il bugiardino (che tu lo legga o meno) ti offre la possibilità di una scelta libera e informata. A ciascuno rimane infatti la libertà di scegliere tra il mal di testa e il rischio più o meno grave di uno shock anafilattico o altre reazioni allergiche.

Tutto il processo dunque si fonda sul principio di libertà informata. Si ha anche la libertà di non informarsi. Rimane dunque il fatto che ognuno di noi resta padrone del proprio destino e di ciò che più proprio della nostra persona, il corpo.

In secondo luogo la battuta contiene la solita generalizzazione da idioti. Infatti, al contrario di quello che dicono questi ipocondriaci, moltissime persone sono molto parche nel loro rapporto con le medicine. Proprio perché hanno imparato a usarle con responsabilità facendo una scelta continua tra rischio e dolore.

L’obbligo vaccinale di assunzione di un farmaco pone un problema etico: infatti da una parte c’è il problema della responsabilità sociale e dall’altra quello della salvaguardia individuale (della sua integrità fisica e della sua libertà).

L’obbligo vaccinale ci mette di fronte a un paradosso, poiché il rischio di reazioni avverse esiste e tali reazioni posso produrre danni irreversibili, l’obbligo vaccinale attribuisce allo stato un diritto sul corpo di una persona, pena la diminuzione delle sue libertà civili (si reclama l’esclusione dalla scuola per esempio). Vi è dunque un doppio atto di violenza, sul corpo e sul cittadino, che deve sottomettersi come un suddito. Rinunciando di fatto al principio di possesso del proprio corpo.

Il paradosso filosofico è molto interessante e meriterebbe approfondimento da parte di esperti.
Infatti, noi sappiamo che ogni società funziona su un equilibrio tra libertà personali e interessi della società. Qui però non si tratta di pagare le tasse, della proprietà privata o di altre questioni esterne. Riguarda un aspetto centrale della sussistenza stessa dell’individuo come entità intangibile e inviolabile.
Io riconosco che esiste un dovere verso la comunità. E infatti sono a favore dell’intervento dello stato in economia, alla tassazione progressiva e alla tassa di successione.
Mi ritrovo di meno quando si tratta di guerra. Infatti, essendomi formato nell’impegno pacifista, rivendico la libertà di non partecipare alla guerra come soluzione delle controversie internazionali. Quelli come me in guerra verrebbero etichettati come disfattisti o traditori, messi in prigione, licenziati o fucilati.
Non mi ritrovo affatto, quando si tratta di disporre del corpo dell’individuo.
la domanda che faccio è questa: Se sappiamo che statisticamente è molto probabile che un numero benché ridotto di persone potrà morire o subire lesioni permanenti, possiamo imporre un farmaco che salverà altre persone?
Stiamo infatti mettendo in conto che individui sani potranno non esserlo più per permettere ad altri non sani di poter vivere una vita quasi normale.
Se questo fosse, l’obbligo vaccinale equivarrebbe a una decisione unilaterale che provocherebbe un potenziale danno a individui che non vorrebbero assumerlo sulla base delle proprie convinzioni/dubbi. Se una persona costretta ad assumere il farmaco dovesse morire, si tratterebbe di omicidio.
L’unica via di uscita è accettare la scelta. Solo se scelgo liberamente e posso ponderare il rapporto tra rischio e benefici per me e la mia comunità, la mia diventa un’assunzione di responsabilità accettabile che salva i principi fondamentali del rispetto della persona umana e delle libertà fondamentali in una società democratica.
Assisto sgomento allo schierarsi di persone di antica militanza democratica dalla parte della mano destra dello stato. Una crescente militarizzazione delle coscienze che chiede repressione, esprime violenza verbale e simbolica e che chiede anche violenza fisica (ieri un amico di facebook, chiedeva la corte marziale). E’ una deriva morale che va bloccata.
In tutti gli stati diritto il dibattito è stato già risolto in direzione della libertà di scelta. L’Italia invece presenta una deriva autoritaria che va combattuta strenuamente. Questo a dimostrazione che la cultura liberale e quella democratica sono rimaste solo una superficiale crosta, buona solo a coprire gli interessi privati, ma priva di sostanza etica.
Per concludere, negli stati uniti, su circa un milione di persone vaccinate, non ci sono stati morti, ma ci sono stati alcuni casi di reazioni avverse molto gravi.
Negli USA c’è un sito pubblico che riporta i casi reazioni avverse.

Ecco di cosa abbiamo bisogno: libertà e trasparenza.

Tratto da:
https://www.facebook.com/photo?fbid=406938260365942&set=a.142037106856060

FONTE: https://megachip.globalist.it/cervelli-in-fuga/2020/12/31/il-bugiardino-e-l-etica-della-liberta-2071272.html

 

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Un altro leader africano morto giovane…

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/un-altro-leader-africano-morto-giovane/

Vento di tempesta Atlantica nel Mar Nero

La vicenda dell’HMS Defender dimostra che il Regno Unito, e probabilmente gli Stati Uniti, tentano di provocare militarmente la Russia approfittando di esercitazioni che coinvolgono i loro alleati. Non esiste una “minaccia russa”, però è possibile crearla.

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Secondo un documento del ministero britannico della Difesa, di cui è venuta in possesso la BBC, la missione dell’HMS Defender era provocare una reazione ostile della Russia.

Èiniziata ieri la Sea Breeze, Brezza di mare, la grande manovra aeronavale ufficialmente «co-ospitata nel Mar Nero da Stati uniti e Ucraina». Gli Stati uniti, che la pianificano e comandano, fanno quindi da padroni di casa in questo mare a ridosso del territorio russo. La Sea Breeze, che si svolge dal 28 giugno al 10 luglio, è diretta dalle Forze navali Usa/Africa, di cui fa parte la Sesta Flotta, con quartier generale a Napoli. Essa prevede esercitazioni di guerra navale, sottomarina, anfibia, terrestre e aerea.

Da quando nel 1997 è iniziata questa serie di manovre annuali nel Mar Nero, l’edizione 2021 vede il maggior numero di partecipanti: 32 paesi da sei continenti, con 5.000 militari, 18 squadre di forze speciali, 32 navi e 40 aerei da guerra. Vi partecipano non solo paesi membri della Nato – Italia, Gran Bretagna, Francia, Spagna, Grecia, Norvegia, Danimarca, Polonia, Bulgaria, Romania, Albania, le tre repubbliche baltiche, Turchia e Canada – ma paesi partner, anzitutto Ucraina, Georgia, Moldavia, Svezia e Israele.

Tra gli altri che hanno inviato forze militari nel Mar Nero, vi sono l’Australia, il Giappone, la Corea del Sud e il Pakistan, gli Emirati Arabi Uniti, l’Egitto, la Tunisia, il Marocco e il Senegal, il Brasile. Il fatto che nel Mar Nero si schierino forze militari provenienti perfino dall’Australia e dal Brasile, per la grande manovra sotto comando Usa diretta contro la Russia, è in linea con quanto promesso da Joe Biden: «Come presidente farò immediatamente passi per rinnovare le alleanze degli Stati uniti, e far sì che l’America, ancora una volta, guidi il mondo». La manovra di guerra nel Mar Nero, la maggiore finora realizzata, dimostra che i passi del presidente Biden vanno nella direzione di una crescente escalation contro la Russia e allo stesso tempo contro la Cina.

La Sea Breeze 2021 è in realtà iniziata il 23 giugno, quando la nave da guerra britannica HMS Defender, in navigazione dall’Ucraina alla Georgia, è entrata nelle acque territoriali della Crimea. Un deliberato atto provocatorio [1] rivendicato dal premier Boris Johnson, il quale ha dichiarato che la Gran Bretagna può nuovamente inviare sue navi di guerra in quelle acque, poiché non riconosce l’«annessione della Crimea ucraina da parte della Russia» [2]. Questa azione ostile, sicuramente concordata con gli Stati uniti, è stata attuata appena una settimana dopo il Summit Biden-Putin, definito dal presidente Usa «buono, positivo»; una settimana dopo che il presidente russo Putin aveva avvertito nella conferenza stampa a Ginevra: «Noi conduciamo le esercitazioni militari all’interno del nostro territorio, non portiamo i nostri equipaggiamenti e il nostro personale vicino ai confini degli Stati Uniti d’America, come invece stanno facendo ora vicino ai nostri confini gli Usa e i loro partner».

Questa azione ostile è stata attuata dalla Gran Bretagna appena due settimane dopo la firma della Nuova Carta Atlantica con gli Stati uniti, nella quale si assicurano gli Alleati che potranno sempre contare sui «nostri deterrenti nucleari» e che «la Nato resterà una alleanza nucleare».

La deliberata violazione delle acque territoriali della Crimea rende ancora più pericolosa la manovra di guerra nel Mar Nero. Tale atto, se ripetuto, può avere come obiettivo quello di provocare una risposta militare russa, possibilmente con qualche morto o ferito, per accusare Mosca di aggressione. Non a caso nell’amministrazione Biden ricoprono importanti incarichi alcuni artefici del putsch di Piazza Maidan nel 2014, come Victoria Nuland, attuale sottosegretaria di stato per gli affari politici.

Il putsch mise in moto la sequenza di eventi che, con la sanguinosa offensiva contro i russi di Ucraina, spinse gli abitanti della Crimea – territorio russo passato all’Ucraina in periodo sovietico nel 1954 – a decidere, con il 97% dei voti in un referendum popolare, la secessione da Kiev e la riannessione alla Russia. Che è accusata daNato e Ue di aver annesso illegalmente la Crimea e per questo è sottoposta a sanzioni. Ora si vuole passare dal confronto politico a quello militare. Si gioca col fuoco, anche con quello nucleare.

Fonte
Il Manifesto (Italia)

[1] «Classified Ministry of Defence documents found at bus stop», Paul Adams, BBC, June 27, 2021.

[2] “Navy defending our values in Russia dispute, says Boris Johnson”, BBC, 24 June, 2021.

FONTE: https://www.voltairenet.org/article213513.html

Così il disastro Tunisia minaccia l’Italia

Мигранты разных национальностей на борту испанского судна Open после спасения в Средиземном море - Sputnik Italia, 1920, 29.07.2021
Economia a picco, jihadismo dilagante, instabilità crescente e sanità allo sfascio mentre il Covid dilaga. Così l’immobilismo e il fanatismo degli islamisti di Ennahda hanno affondato la Tunisia costringendo il Presidente ad assumere i pieni poteri.
Ma la crisi rischia riverberarsi sull’Italia moltiplicando le migliaia di tunisini in fuga che già rappresentano la nazionalità più consistente tra quelli sbarcati sulle nostre coste. Mentre aumenta il rischio d’infiltrazioni terroriste.
Un disastro per la Tunisia, ma anche per l’Italia che rischia un nuovo disastroso esodo di migranti e potenziali terroristi sulle proprie coste. Un disastro suggellato domenica scorsa dalla decisione del presidente Kais Saied di mettere alla porta il premier Hichem Mechichi, schierare l’esercito e chiudere provvisoriamente il Parlamento. Molti l’hanno chiamato colpo di stato e l’hanno paragonato al golpe con cui nel 2013 il presidente egiziano Sisi si sbarazzò di Mohammed Morsi il presidente della Fratellanza Musulmana* eletto un anno prima.

Bandiera della Tunisia - Sputnik Italia, 1920, 26.07.2021

Tunisia: l’esercito circonda il parlamento, manifestanti contro gli uffici del partito islamista
Ma il comune denominatore tra la fine di Morsi e quella di Mechichi è il fallimento della Fratellanza Musulmana. Un fallimento che – come nel 2013 in Egitto – spinge la maggioranza dei tunisini ad applaudire la decisione del Presidente di appellarsi all’articolo 80 della Costituzione che gli consente di assumere i pieni poteri nel caso di “grave pericolo istituzionale”. Quel pericolo coincide, agli occhi di molti, con la presenza al governo di Ennahda, il partito islamista guidato da Rached Gannouchi, l’80enne storico leader della Fratellanza Musulmana rientrato dall’esilio nel 2011 subito dopo la caduta del regime di Ben Alì Gannouchi.
Ma sono proprio i dieci anni di egemonia politica segnati dai governi di Ennahda e Gannouchi, oggi presidente del Parlamento, ad aver reso sempre più irreversibile la crisi tunisina. Per capirlo basta il numero di tunisini che dal 2019 ad oggi hanno sfidato le onde del Mediterraneo pur di lasciarsi alle spalle un paese dove nulla, dall’economia, alla sanita alla sicurezza, sembra più funzionare. Da tre anni a questa parte i tunisini sono la più consistente fra le variegate rappresentanza nazionali che alimentano gli sbarchi sulle nostre coste. Erano 2600 e passa su un totale di 11mila e 500 migranti nel 2019, l’anno successivo furono 12mila 800 a fronte di 34mila approdi. E quest’anno sono più di 5mila 800 su un totale di 27mila arrivi. Ma altri 15mila, secondo fonti tunisine, sarebbero pronti a partire.
Numeri imponenti capaci di far concorrenza al traffico di umani proveniente dalla Libia. Anche in questo caso il comune denominatore resta l’ondata islamista sollevatasi in Tunisia dieci anni fa e battezzata con il nome alquanto avventato di “primavera araba”. Una primavera che in Tunisia, a differenza di quanto avvenuto in Egitto Libia e Siria, ha assunto le forme di una lenta metastasi che pur non riuscendo a soverchiare l’impalcatura laica della nazione e della sua società ne ha lentamente eroso le fondamenta.
E così, ecco a dieci anni di distanza, il disastro di un paese dove Ennahda, nonostante la promessa di Gannouchi di battersi per una “democrazia musulmana”, resta ostaggio delle sue componenti più radicali dimostrandosi incapace di abdicare all’ideologia islamista e di scendere a compromessi con le altre formazioni politiche. Il tutto senza contare le derive di un Gannouchi che approfitta della sua carica di presidente del Parlamento per far visita ad un presidente turco Recep Tayyp Erdogan ovvero uno dei grandi sostenitori internazionali della Fratellanza Musulmana.
Ma l’immobilismo e le derive di Ennahda, partito di maggioranza relativa, alimentano anche l’immobilismo e l’instabilità del paese. Un’instabilità e una conflittualità politica che fanno da volano ad una decennale crisi economia rendendo la nazione particolarmente vulnerabile alla pandemia. Solo nel 2020 stando agli indicatori della Banca Mondiale il prodotto interno lordo si è contratto dell’8,8 per cento mentre la disoccupazione, ferma secondo le statistiche ufficiali a quota 18 per cento, sarebbe secondo altre fonti ben oltre la soglia del 25. Alla crisi economica corrisponde lo sfaldamento di un sistema sanitario nazionale che dopo una buona risposta all’emergenza Covid nel 2020 è crollato, quest’anno, sotto i colpi della seconda ondata. E così un paese da 12 milioni di anime conta oltre 17 mila vittime e fa i conti una carenza di ossigeno e terapie che trasformano la disperazione in rabbia e violenza.

Polizia in Tunisia - Sputnik Italia, 1920, 26.07.2021

Al-Jazeera afferma che la polizia tunisina ha preso d’assalto il loro ufficio a Tunisi
A rendere ancor più preoccupante questo clima di diffuso scontento segnato da continue proteste di piazza s’aggiunge la crescente conflittualità politica. In un Parlamento caratterizzato dalla frammentazione e dall’irrilevanza dei partiti tradizionali gli unici in grado di attrarre l’attenzione dell’opinione pubblica sono gli islamisti di Ennahda e i nostalgici di Ben Ali. Risorti sotto le insegne del Libero Partito Destouriano e la guida di Abir Moussi, una “paisonaria” capace di infiammare le piazze antiislamiste i sostenitori del deposto regime inneggiano alla cacciata di Ennahda e al ritorno al passato.
Ma la già instabile polveriera tunisina deve anche far i conti con la mai sopita minaccia del terrorismo. Una minaccia figlia dell’irresponsabilità di Ennahda che nel 2012 riportò in libertà con un decreto di amnistia migliaia di estremisti islamici. Da quell’amnistia nacque Ansar Sharia il gruppo alqaidista* che portò migliaia di militanti in Libia e confluì poi nelle formazioni dello Stato Islamico presenti a Sirte. Da lì a trasformare i circa 8mila militanti tunisini nella principale componente del Califfato il passo fu breve.
Gli effetti non tardarono a farsi sentire. Gli attentati al museo del Bardo e la strage di turisti sulla spiaggia di Sousse nel 2015 seguiti, nel marzo 2016, dal tentativo dell’Isis di conquistare la città di Ben Guerdane, al confine con la Libia, furono in gran parte il frutto della connivenza tra Ennahda e gruppi jihadisti. Una connivenza non priva di conseguenze per l’Italia e l’Europa. Anis Amri, il terrorista che nel dicembre 2016 fece strage ai mercatini di Natale di Berlino era un tunisino arrivato in Italia su un barcone. E tunisino era pure Brahim Aoussaoui, il terrorista che lo scorso ottobre decapitò tre fedeli nella basilica di Nizza. Un inasprimento dello scontro tra forze islamiste e militari rischia dunque di spingere verso le nostre coste centinaia di estremisti pronti a venir agganciati dalle formazioni terroriste per colpire in Italia e nel resto d’Europa. Anche perché, crollato il Califfato molti veterani del terrore tunisine sono tornati a far proseliti nei confini di casa . Stando a uno studio realizzato nel 2018 da Mobdium, un’organizzazione umanitaria attiva nella periferia di Kram West, una delle più povere e problematiche di Tunisi, almeno il 40 per cento dei giovani della zona ha un conoscente vicino al terrorismo islamista.
Se la crisi si aggraverà rischiamo, insomma, di trovarci con un Califfato alle porte di casa pronto a traghettare i suoi militanti sulle nostre coste.
L’opinione dell’autore potrebbe non coincidere con la posizione della redazione.
*Organizzazione terroristica proibita in Russia.
FONTE: https://it.sputniknews.com/20210729/cosi-il-disastro-tunisia-minaccia-litalia-12311502.html

 

 

 

FONTE: https://it.gatestoneinstitute.org/17593/campi-estivi-jihad-palestinese

 

 

 

LA RUSSIA HA TRASFERITO I CARRI ARMATI AL CONFINE CON L’AFGHANISTAN

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lunedì 26 luglio 2021 – 10:48

La Russia ha trasferito i carri armati al confine con l’Afghanistan, dove continua ad avanzare il movimento talebano (riconosciuto come terrorista nella Federazione Russa).

Le petroliere della 201a base militare in Tagikistan hanno effettuato una marcia di 200 chilometri dal campo di addestramento di Liaur al campo di addestramento di Harb-Maidon al confine con l’Afghanistan, riferisce Interfax, citando il servizio stampa del Distretto Militare Centrale.

Le unità corazzate russe prenderanno parte ad esercitazioni congiunte con Tagikistan e Uzbekistan, previste dal 5 al 10 agosto.

Dopo aver elaborato durante la marcia la protezione da combattimento delle colonne, superando le aree condizionatamente contaminate del terreno, respingendo l’attacco di gruppi di sabotaggio e ricognizione e attacchi aerei del nemico condizionale, gli equipaggi dei carri armati hanno preso l’equipaggiamento tecnico di posizioni e rifugi per veicoli da combattimento.

Attualmente, i militari stanno schierando posti di comando, realizzando attrezzature ingegneristiche per postazioni di fuoco e attrezzature di mimetizzazione.

Lo scopo dell’esercitazione è elaborare “la preparazione per lo svolgimento delle ostilità da parte di un gruppo congiunto di forze per sconfiggere distaccamenti di formazioni armate illegali che hanno invaso il territorio dello stato sindacale”, ha affermato Alexander Lapin, comandante del Distretto militare centrale, di lunedi.

Oltre alle unità della 201a base militare, saranno coinvolte truppe di radiazioni, protezione chimica e biologica e gruppi mobili di guerra elettronica, scrive Kommersant. Il trasferimento dei carri armati è avvenuto dopo il fallimento dei colloqui di pace tra talebani e rappresentanti del governo afghano a Doha.

Fonte: distopia

FONTE: https://www.geopolitica.ru/news/rossiya-perebrosila-tanki-k-granice-s-afganistanom

 

 

 

CULTURA

NON CI SONO PROGRESSI. È UN’ILLUSIONE

27/07/2021

Prima o poi qualcuno doveva dirlo. L’idea di progresso è pura illusione. Fino a quando non ci separeremo da questo pregiudizio, tutti i nostri progetti e piani, analisi e ricostruzioni storiche, tutte le nostre idee scientifiche poggeranno su un falso fondamento. È ora di porre fine ai progressi. Non esiste uno sviluppo progressivo lineare delle società umane.
Una volta riconosciuto questo, tutto andrà immediatamente e istantaneamente a posto.
L’idea del progresso è stata formulata per la prima volta dagli enciclopedisti nel XVIII secolo e ha origine nella teoria eretica di Gioacchino de Flora sui tre regni: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. La tradizione cristiana ortodossa riconosce l’era dell’Antico e del Nuovo Testamento, cioè l’era del Padre e del Figlio, ma la fine della civiltà cristiana è seguita da un breve periodo di apostasia, la venuta dell’Anticristo e poi la fine del il mondo. E non ci si aspetta nessun risveglio spirituale speciale, nessun miglioramento del cristianesimo. Contro. Quando l’era del Figlio finisce, l’umanità cade: degenerazione, collasso e degradazione. Gioacchino de Flora e i suoi seguaci, per lo più cattolici francescani, al contrario, consideravano meraviglioso il futuro e, dopo la caduta della civiltà cristiana medievale, profetizzava l’inizio di qualcosa di ancora più sublime e sacro.
Gli enciclopedisti non credevano più nell’era dello Spirito Santo, così come nella Chiesa e in Dio stesso. Ma la convinzione alla fine della cultura cristiana è stata condivisa e proclamata con gioia la fine della religione come l’inizio di una nuova società – più giusta, più perfetta, più razionale e più democratica. Più avanzato.
E così si sviluppò tra atei e materialisti – Turgot, Condorcet, Diderot, Mercier – la teoria del progresso universale dell’umanità, che fu presto elevata al rango di dogma assoluto. Le persone della New Age furono incoraggiate a dubitare di tutto: Dio, l’uomo, la mente, la materia, la società, la gerarchia, la filosofia, ma dubitare del progresso… No, questo è troppo.
Perché questo è assiomatico? Perché l’opinione di un certo numero di pensatori – e non il più brillante e impressionante – ha improvvisamente acquisito lo status di dogma? E perché non ci si può permettere di criticarlo, discuterlo razionalmente, metterlo in discussione?
C’è una sorta di mistero in questo. Nei tempi moderni, il progresso non può essere confutato categoricamente. Questo è comune a tutte le ideologie politiche – liberalismo, comunismo e nazionalismo, a tutte le scuole scientifiche – idealistiche o materialiste. La credenza nel progresso è diventata una specie di religione. E la religione non ha bisogno di prove. Più è assurdo, più è affidabile.
Così, con riferimento al progresso, il Nuovo Tempo ha scartato l’Antichità, il Medioevo, la teologia, le tradizioni di Platone e Aristotele, la gerarchia, l’Impero, la monarchia, le antiche fondamenta del sacro lavoro contadino.
Naturalmente, c’erano critiche al progresso – sia da parte dei tradizionalisti, sia da parte di alcuni pensatori che aderivano a un’idea ciclica della logica della storia, sia nella scuola degli strutturalisti europei, sia nelle teorie dei nuovi antropologi.
Il mito del progresso è stato sconfitto in modo convincente dall’eccezionale sociologo russo-americano Peterim Sorokin.
Ma nella coscienza pubblica – e anche nell’inconscio collettivo – ha mantenuto la sua posizione dominante. Nonostante tutto, non una serie di catastrofi politiche su larga scala, non un’evidente degenerazione della cultura moderna, non un crollo dei sistemi sociali, non le sinistre scoperte della psicoanalisi, o una critica ironica del postmodernismo, l’umanità crede ciecamente nel progresso. E così continua ad aggravare la situazione.
Ma basta ammettere che si trattava di un’eresia, di un’ipotesi infondata, del tutto confutata dal corso stesso della storia, poiché il quadro della realtà che ci circonda tornerà a focalizzarsi.
La civiltà moderna è piuttosto in uno stato di profondo declino. Questa è una confessione amara, ma non è la stessa cosa della disperazione. Se tutto è andato storto – e tutto è andato davvero storto – torniamo alla pienezza e alla salute, ripristiniamo tutto com’era. Fino a quando non è andata male.
Inoltre, il rifiuto del progresso non vieta affatto il riconoscimento del miglioramento di certi aspetti della vita. Ma semplicemente non lo rende una legge vincolante. Qualcosa sta migliorando. Qualcosa sta peggiorando. Inoltre, una fase può sostituirne un’altra. E in società diverse, questi cicli, ammesso che abbiano un algoritmo universale, potrebbero non coincidere. Da qualche parte ora c’è progresso e da qualche parte regressione. Estate in Russia, inverno in Argentina.
Senza progresso, ripristineremo sia la nostra sobria razionalità che la nostra libertà. Possiamo rendere il mondo un posto migliore, ma possiamo anche peggiorarlo. Devi ripensarci ogni volta. Confronta, analizza, fai riferimento alla storia, ripensa all’eredità del passato – senza alcuna arroganza o pregiudizio.
Quindi rendiamo il nostro essere degno. Sicuramente meglio di adesso. Ma per fare almeno un piccolo passo in questa direzione, è necessario scartare spietatamente l’idea di progresso – questa eresia perversa pericolosa e corruttrice.

FONTE: https://www.geopolitica.ru/article/progressa-ne-sushchestvuet-eto-zabluzhdenie

 

 

di Claudio Martinotti Doria

Oggi ho avuto una visione.

Era l’autunno dell’anno 2023, l’ho rilevato dall’immagine di un calendario segnato dentro un’abitazione. Nel Monferrato Casalese dove vivo, in aperta campagna e nei villaggi alcune famiglie vivevano trincerate in casa, con i confini perimetrali rinforzati da alte recinzioni, palizzate e filo spinato, le sbarre alle finestre. La maggioranza delle case apparivano vuote, abbandonate e depredate, come fossero passati dei vandali o degli sciacalli. Il degrado e il senso di morte aleggiavano ovunque mi spostassi nel mio viaggio eterico o sciamanico che dir si voglia.

Orde di zombies si aggiravano per le strade cittadine e in piccoli gruppi anche nei villaggi. Potevo percepire i pensieri dei sopravvissuti ancora vivi e vegeti, rifugiati nelle loro case, intimiditi e in molti senza possibilità di difesa, essendo privi di armi adeguate. Temevano per la loro vita e quella dei loro cari, perché era sempre più difficile reperire del cibo, se non tramite sortite, le quali divenivano sempre più pericolose, soprattutto essendo privi di armi da fuoco e capacità difensive.

Tutti i sopravvissuti nella loro mente maledicevano l’epoca delle cosiddette vaccinazioni di massa, che nell’arco di pochissimi anni hanno trasformato la popolazione in zombies. Dapprima metaforicamente, in decerebrati, covidioti, ignoranti e stupidi che, investiti del sacro compito di perseguitare i non vaccinati, hanno reso la vita difficile a costoro. Poi col tempo la metafora assunse la consistenza di una vera e propria mutazione, il cervello si atrofizzò del tutto, quei pochi neuroni rimasti cessarono di incontrarsi e produrre sinapsi. Poi mutò anche il corpo, iniziò a decomporsi come un cadavere parecchi giorni dopo la morte, nessuno mai capì se morissero veramente o se si trasformassero in morti viventi, fatto sta che continuavano a muoversi e a imitare alcuni gesti quotidiani della vita precedente, come portare il cellulare davanti agli occhi o all’orecchio o a portare la mascherina …

Alcuni sopravvissuti dotati di competenze scientifiche hanno ipotizzato che il fenomeno sia stato causato dalle nano-molecole contenute nei sieri genici sperimentali, impropriamente denominati “vaccini”, inoculati alla stragrande maggioranza della popolazione. Una conseguenza cioè di nanotecnologie prodotte allo scopo di ridurre demograficamente la popolazione, ma che l’esperimento non abbia sortito esattamente quanto si aspettassero e sia loro sfuggito al controllo.

Gli zombies non erano aggressivi e neppure famelici, come descritti in molti film e serie tv, erano quasi del tutto innocui, rappresentavano un pericolo solo perché cercavano di afferrare i vivi e coloro che riconoscevano come diversi da loro, oppure perché si paravano davanti all’improvviso provocando un trauma al malcapitato, oppure cercavano d’introdursi nelle case facendo danni alla ricerca di chissà cosa. Non si capiva quali dei sensi in loro funzionasse ancora, tranne l’udito sul quale non vi erano dubbi, al minimo rumore di dirigevano verso la direzione da cui proveniva, quindi bisognava evitare di rumoreggiare.

Le armi cui mi riferivo prima, quelle che mancavano a molte famiglie, prudentemente nascoste in casa, sarebbero semmai servite per difendersi dai vivi malintenzionati che a bande si aggiravano per depredare le case approfittando dell’assenza di qualsiasi ordine costituito. Questo parecchio tempo dopo aver partecipato a una specie di breve guerra civile, durante la quale si sono vendicati di tutti coloro che li avevano perseguitati perché non vaccinati, quantomeno di coloro che sono riusciti a raggiungere, perché la leadership politica con tutti i complici mediatici e istituzionali d’alto livello è riuscita a fuggire e a non trasformarsi perché le loro vaccinazioni erano fasulle, avendo fatto un placebo per ingannare il pubblico simulando di dare l’esempio.

C’era come un clima di attesa nei sopravvissuti rifugiati nelle loro case, forse più una speranza, in un intervento divino o extraterrestre di qualche civiltà più evoluta, di quelle che da tempo immemore visita e forse vigila sul nostro pianeta, che potesse salvare questa esigua porzione d’umanità ancora sopravvissuta alla strage e alla barbarie. Ma forse era solo una vana speranza, un’illusione, l’ennesima. Nel frattempo occorreva evitare di produrre rumore, sia per non attirare gli zombies ma soprattutto le bande di predatori che rastrellavano il territorio alla ricerca di cibo e di vittime.

FONTE: https://www.luogocomune.net/28-opinione/5822-visioni-da-un-futuro-imminente

 

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Credenti televisivi medi

di Nestor Halak – 29 07 2021
comedonchisciotte.org

Da qualche tempo mi sono fatto un profilo su facebook, più che altro, lo confesso, per noia e mancanza di interlocutori. Ognuno ha le sue miserie. Uno dei miei amici di quel non luogo, che peraltro conosco anche personalmente, mi pare un prodotto pressoché perfetto della propaganda di regime: pensa esattamente ciò che dovrebbe pensare, è l’esatto cittadino che i pianificatori dell’opera vorrebbero ottenere. Soprattutto la pensa in maniera giusta su tutti i punti principali, il covid, l’immigrazione, la politica di gender, l’aiuto dell’Europa, la NATO, Putin, i cinesi, i dittatori nemici dell’occidente.

E non lo fa perché ha interessi politici personali: ci crede. Quasi troppo perfetto per essere vero. Non è certo un intellettuale, ma comunque è uno che le sue idee le dice, con un po’ di ingenuità, ma senza nascondersi. Trovo che siffatte persone siano molto interessanti da seguire: ti danno il polso della situazione. Perché noi che bazzichiamo siti tipo Come Don Chisciotte, siamo facilmente portati a non comprendere la maggioranza: abituati ad avere a che fare con gli scettici, si può facilmente credere che tutti siano più o meno scettici a modo loro. Ma la maggioranza, non è così. Sarebbe importante parlare proprio con loro, insinuargli dei dubbi, ma è difficile: quelli credono solo ai professoroni, ai ministri, o almeno ai cantanti famosi, a chi si presenta con una qualche autorità. Se non hai autorità, ti schifano, fa niente la logica. Ci si sente, appunto, come Don Chisciotte. Se e quando vedremo vacillare personaggi come il mio amico, sarà il segnale che la propaganda non funziona più e le cose potranno cominciare a cambiare. Giorni fa lui ha previsto una corsa ai vaccini non appena i non vaccinati “cominceranno ad ammalarsi gravemente e a morire”. Io avevo ribattuto che la sensazione che i vaccini non funzionino comincia al contrario a trapelare e i comandanti, abituati a raddoppiare la posta quando le cose non vanno, inaspriranno le pene verso i renitenti.

Manco a farlo apposta, il giorno seguente il leader supremo ha annunciato le nuove pene. Ma non basterà certo una previsione azzeccata a convincere mister TV. Neanche basterà il generale Figliolo in tuta mimetica e penna sul cappello che saltella garrulo e felice vantando un aumento delle prenotazioni del 200% (6000% in Friuli!). Chissà, forse qualcuno può spiegargli che quando si minacciano i soldati di eliminare le licenze, i volontari infine si trovano.

E’ l’italica inclinazione alla farsa: siamo arrivati a Totò: figliolo, volontari si nasce! Ed io, modestamente, lo nacqui!

FONTE: https://comedonchisciotte.org/credenti-televisivi-medi/

 

 

 

L’infermiera Tiffany Dover è morta! Anzi no, ma…

Obiettivo della controinformazione non è uno schema di gioco opposto a quello mainstream eppure perfettamente speculare, con le stesse categorie. Nostro obiettivo è cambiare terreno di gioco.

controinfo

controinfo

di Simone Santini. – 22 DICEMBRE 2020

 

L’INFERMIERA TIFFANY DOVER È MORTA!
Anzi, no, è viva, però è morta lo stesso.

Aveva fatto il vaccino anti-covid da dieci minuti.

È svenuta in diretta tv, poi è morta.

È risorta per dire in diretta tv che stava bene.

Subito dopo è morta di nuovo, ma non per il vaccino.

Pare (sottolineo pare) che uscita dall’ospedale sia stata travolta da un TIR.

La sua giovane vita è stata stroncata brutalmente.

Soffriva di un disturbo per cui, quando provava dolore, sveniva.

Ma rassicuriamo tutti: la morte è stata improvvisa e non ha provato dolore.

Non ha sofferto. È morta senza svenire.

Ora è stata conteggiata tra i morti per covid.

Avrei potuto (e anche voluto) chiudere così questo post. Fare uno sberleffo e basta. Invece mi rendo conto che di questi tempi non basta. Da quel paternalista quale sono, sento il dovere di ergermi in piedi ed elargire qualche insegnamento a voi, popolo!

Ecco, ora mi faccio serio e vi propongo un paio di riflessioni.

Trovo lo stato in cui versa la controinformazione davvero pietoso. C’è chi non crede più a nulla di quello che arriva dal mainstream ma, al contempo, è pronto a dare credito a qualsivoglia sciocchezza, anche la più assurda, che circola in rete purché confermi i suoi pre-giudizi.

Mi sono occupato a lungo di controinformazione, o informazione alternativa, o pensiero critico (lo si chiami come si vuole) e sento di fare ancora parte di questo “mondo” e trovo davvero preoccupante questa situazione. Sembra che anni di impegno siano stati buttati via inutilmente, senza migliorare di una virgola la nostra comune condizione.

Per una quindicina d’anni mi sono occupato prevalentemente di analisi delle fonti informative. Non pretendo di aver capito chissà che, ma alcune cosette di base penso di sì.

La prima di queste è che il mainstream informativo NON mente quasi mai e, quando lo fa, tende a farlo in maniera impercettibile. Poi ci sono i casi di sciatteria giornalistica, di clamore e di enfasi artificiali, ma questo è un altro piano del discorso di cui non intendo occuparmi qui.

Se Mentana dice che domani il sole sorgerà e noi siamo tentati dal riflesso condizionato di pensare che allora il sole domani NON sorgerà, vuol dire che il mainstream ha vinto, ha stravinto, ha completamente occupato il terreno di gioco e noi non abbiamo più armi per difenderci.

Lo scopo del mainstream non è mentire ma creare “frame”, creare categorie dentro cui incasellarci. Lo scopo del mainstream è cancellare il pensiero laterale, libero, scacciare la logica ed il ragionamento indipendente.

Se tu credi che è vero a prescindere perché l’ha detto Mentana, il mainstream ha vinto.

Se tu credi che è falso a prescindere perché l’ha detto Mentana, il mainstream ha stravinto.

Obiettivo della controinformazione non è ricreare uno schema di gioco opposto a quello del mainstream eppure perfettamente speculare ad esso, con le stesse categorie di pensiero.

Il nostro obiettivo è cambiare terreno di gioco. Finché rimaniamo sul loro, saremo perdenti.

Lo scopo è riportare la logica dove la logica salta. È quello di portare accuratezza dove c’è sciatteria. È quello di porre e porsi le domande giuste, non inseguire risposte già preconfezionate.

Le risposte preconfezionate sono create da chi butta in pasto al mainstream la polpetta avvelenata che esso trangugia e poi ci restituisce. Ma non credete che tali polpette non siano confezionate anche per la controinformazione? Se esiste un potere celato che crea un’operazione come quella dell’11 settembre non credete che disseminerà tutto intorno polpette informative che profumano irresistibilmente di “verità che non c’è le dikono” ma sono avvelenate?

Ogni volta che postiamo su facebook un post non verificato, non corretto, solo perché profuma di buono, nutriamo la loro vittoria e la nostra sconfitta. Se non abbiamo strumenti per verificare, per incapacità, per mancanza di tempo o di voglia, meglio non fare nulla. Meglio osservare, meditare, ragionare, ricordare, riconsiderare. Non aggiungiamo voci stridule laddove è già pieno di un chiasso insopportabile.

Tratto da: https://www.facebook.com/simone.santini.92/posts/10221748745780484.
FONTE: https://megachip.globalist.it/democrazia-nella-comunicazione/2020/12/22/l-infermiera-tiffany-dover-e-morta-anzi-no-ma-2070794.html

 

E Speranza aggiunge morti nelle statistiche

Credeteci! Lo dice Sky tg

(peccato che per arrivare alla seconda dose bisogna passare dalal prima)

….hai sempre qualche speranza che ti venga una trombosi, dopo la prima dose ritenta magari sarai piu’ fortunato. Ma veramente credete di rassicurare la gente con questi articoli? (Cit.)

Il Wall Street Journal pubblica inaspettatamente un articolo a firma di due ricercatori e accademici nel quale non solo si difende l’uso dell’IVERMECTINA per combattere il Covid-19, ma si attacca apertamente l’FDA per non averla autorizzata in emergenza
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https://www.wsj.com/articles/fda-ivermectin-covid-19-coronavirus-masks-anti-science-11627482393

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/un-altro-leader-africano-morto-giovane/

 

 

 

Il Covid come arma di distrazione di massa

La notizia del giorno è sicuramente quella del Secolo:

Il fisco guarderà quanto abbiamo sui conti correnti, la Meloni s’infuria: “No agli spioni”

[…]

Il ministero dell’Economia ha messo nero su bianco una proposta di riforma della riscossione coattiva per provare a scalare la montagna dell’arretrato, buona parte del quale, ammette lo stesso ministero, è ormai da considerare inesigibile. Una delle proposte è rendere maggiormente incisivi gli strumenti che sono a disposizione del Fisco, a cominciare da un uso più incisivo delle banche dati sui conti correnti per effettuare dei pignoramenti mirati ai debitori del Fisco”, scrive il “Messaggero“. Secondo il quotidiano, in un documento del ministero si parlerebbe della necessità di analizzare i conti correnti in quanto “buona parte dei pignoramenti non raggiunge alcun risultato, perché i conti correnti dei debitori sottoposti a pignoramento non sono capienti o, addirittura, non hanno un saldo attivo”. Il fisco, dunque, potrebbe effettuare un accesso massivo all’Anagrafe dei rapporti finanziari, in modo da verificare in anticipo, evitando attività manuali, quali dei soggetti iscritti a ruolo (18 milioni in tutto) siano intestatari di rapporti finanziari capienti per procedere ai conseguenti pignoramenti”.

Scandagliare i conti di tutti, dunque, per beccare i pochi che evadono e che svuotano i conti su cui lo Stato va a pignorare. “Il Fisco, insomma, vorrebbe essere autorizzato a un accesso immediato ai conti correnti di 18 milioni di debitori, per pignorare quanto dovuto per le cartelle”, conclude il giornale.

Informazione da unire a questa:

Sorpresa, l’Ue rimanda le decisioni per trovare i soldi del Recovery plan

I 750 miliardi di euro del Recovery plan, almeno nelle “sovvenzioni” da 338 miliardi di euro, dovevano essere finanziati in parte da nuove “risorse proprie”, tra cui la web tax sui giganti digitali e la tassa CO2 alle frontiere.

Il calendario prevedeva che a metà luglio ci fossero proposte approvate in Commissione europea, per poi procedere nel loro iter, che avrebbe dovuto concludersi entro il 2022. Invece, in conferenza stampa il 19 luglio, la Commissione europea ha comunicato di rinviare tutto il pacchetto all’autunno.

Insomma: fantastiliardi del Recovery Fund europeo non arriveranno, quindi la copertura delle spese eccezionali da Covid dello Stato andranno prelevati dai conti correnti di noi italiani.

Smantellare lo stato sociale: lo scopo del Covid

Ieri sera un ragazzo mi chiedeva se fare manifestazioni contro il green pass poi serve a qualcosa. Quello che servirebbe, sarebbe far accorgere gli “altri” – quelli che portano disciplinatamente la mascherina e si vaccinano – di quello che gli viene tolto mentre vengono distratti con il terrorismo Covid. Il terrorismo Covid è essenzialmente una distrazione di massa. I media che ingigantiscono il rischio Covid e ossessivamente invitani ai vaccini, non parlano delle vere informazioni che la gente dovrebbe conoscere assolutamente:

  • Con la scusa del Covid, è stato abolito di fatto il sistema sanitario universale e gratuito. I casi di cancro non vengono più curati, diagnosi e terapie sono rimandate sine die. E di cancro muoiono fra i 4 r i 500 italiani al giorno, altro che le ridicole cifre agitate per spaventarci, “oggi 32 morti di Covid!”.
  • E’ stata abolita la Pubblica Istruzione parimenti universale e gratuita. Con la DAD “una parte degli studenti ha perso letteralmente l’abitudine di studiare”, i liceali sono regrediti al livello delle elementari, gli universitari non fanno nulla da mesi ;ed ora il regime minaccia un’altra stagione di insegnamento “a distanza”: non vi accorgete che stanno deliberatamente facendo allevando una generazione che non potrà trovare lavoro perché non abbastanza istruita e troppo ignorante?
  • La “cultura” è stata azzerata. Teatro, cinema, concerti, musei sono attività che sopravvivevano solo con sussidi pubblici. Spesa inutile, per i miliardari al potere e i loro serventi nei governi.
  • Il turismo – fonte primaria di entrate per la nazione – è stato stroncato; chiusura di alberghi,ristoranti, luoghi di divertimento…e non sarà lasciato tornare come prima, perché nell’ideologia green imposta dalla UE il turismo di massa “inquina” e “aumenta il CO2”.
  • La magistratura? Non esiste più da tempo per come servizio al cittadino.
  • E adesso ecco la notizia del giorno sul Fisco che “guarderà dentro i conti correnti”.
  • Il quadro non è chiaro? Il Covid è stato usato come scusa per sottrarre al popolo italiano mla società del benessere – che i miliardari al potere considerano costi inutili per mantenere bocche inutili.

Ma non è colpa dei mascherinati. E’ colpa delle TV che li distraggono dalla verità, li terrorizza con una “pandemia” scomparsa, li ossessiona con un virus che è curabile ed ha un tasso di letalità trascurabile (anche rispetto ad una “normale” influenza)

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/il-covid-come-arma-di-distrazione-di-massa/

 

 

DIRITTI UMANI

“Ridurre la popolazione mondiale? Parliamone”

Chi avesse osato scriverlo fino a qualche giorno fa sarebbe stato bollato come un complottista criminale da perseguire penalmente. Ora lo dice Le Monde, il progetto è ormai argomento di conversazione mainstream:

Faut-il réduire la population mondiale pour sauver la planète?

Bisogna ridurre la popolazione mondiale per salvare il pianeta? Dal riscaldamento globale, inutile precisarlo. Da Le Monde apprendiamo che i questo piano di sfoltimento, al riparo da tabù mediatico, i signori lo hanno progettato da decenni: “Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) ha affermato nel suo rapporto 2009 sullo stato della popolazione mondiale, presentato alla conferenza di Copenaghen il 18 novembre 2009, che il riscaldamento globale può essere contenuto solo con una massiccia riduzione della popolazione mondiale.

E che “un rapporto, prodotto quasi sincronicamente dalla London School of Economics (LSE) su richiesta dell’Optimum Population Trust (OPT) – una ONG britannica che si batte per ridurre la popolazione mondiale – ha stimato che il modo più economico per risolvere il problema del riscaldamento globale sarebbe quello di ridurre la popolazione mondiale di 500 milioni di persone entro il 2050. Tuttavia, poiché la maggior parte delle proiezioni prevede che la popolazione totale dovrebbe salire a oltre 9 miliardi entro allora, la proposta di ridurre la popolazione mondiale a soli 6 miliardi comporta l’eliminazione di 3 miliardi di persone. In un comunicato stampa del 16 marzo 2009, l’OPT ha scritto sotto il titolo “La Terra si dirige verso una sovrappopolazione di 5 miliardi?” (“La Terra si sta dirigendo verso una sovrappopolazione di cinque miliardi?”), che “sulla base dei dati di impronta ecologica e capacità biologica disponibili da un decennio, l’OPT stima in cinque miliardi la popolazione che il mondo può ora sostenere”.

Sterminio in India e Cina? “il tasso di natalità – chiede giudiziosamente Le Monde – dovrebbe essere ridotto nei paesi in cui la natalità è più alta, ovvero i paesi in via di sviluppo? Non necessariamente perché tutto dipende dall’impronta ecologica degli Stati, cioè dalla moltiplicazione tra il numero di abitanti di un territorio e il loro impatto sull’ambiente. Come ha evidenziato uno studio dell’Università dell’Oregon, ogni bambino nato negli Stati Uniti è responsabile dell’emissione di 1644 tonnellate di CO2, vale a dire 5 volte più di un bambino che viene al mondo in Cina e 91 volte di più di un bambino nato in Bangladesh. Fattore aggravante per gli americani, la loro aspettativa di vita è relativamente alta (78 anni contro i 72,9 anni della Cina ei 62,8 anni del Bangladesh).

Poi il grande giornale dà voce ad un “maltusiano moderato”, come il deputati dei Verdi di Parigi Yves Cochet, “che vuole ridurre gli assegni familiari oltre il secondo figlio. “Preferisco una neutralità del governo rispetto alla natalità. Gli assegni familiari sono solo un residuo di una politica delle nascite ereditata dalla sconfitta del 1870 (contro la Prussia di Bismarck, ndr.) e dalla necessità di avere carne da cannone per la Terza Repubblica per vendicarsi della Germania». E aggiunge: “Il tema demografico è quasi tabù nell’Europa continentale perché è legato a questa religione della crescita: crescita familiare = crescita economica = felicità. Il che era vero, ora è falso”.

Insomma confermando ciò che dice da anni Marco Della Luna: ai padroni i popoli non servono più né forti e sani per le guerre di massa, né istruiti e colti e addestrati al lavoro qualificato per la crescita economica. Ora capite a cosa servono Speranza e Draghi su quelle poltrome, a cosa il mega-contratto Von der Leyen con Pfizer, a cosa tutte le strane morti da nessuna correlazione che punteggiano i nostri mesi, e tutti i poteri che incitano alla puntura? E voi ancora aspettate i favolosi miliardi del Recovery Fund che faranno riprendere l’economia italiana, il turismo, l’export e le discoteche?

Interessante la conclusione di Le Monde: apre una specie di sondaggio. “E tu cosa ne pensi? Sovrappopolazione: malthusianesimo, darwinismo o un vero problema ecologico?”. Insomma l’argomento è sdoganato. E’ mainstream. Se ne parla apertamente. L’eutanasia legale è dietro l’angolo.

(E noi? Noi recitiamo con fede il Salmo 91:

Il Signore, sicuro rifugio

(Pr 18:10Gb 5:19-26Sl 121Sl 34; 62De 33:12, 28
1 Chi abita al riparo dell’Altissimo
riposa all’ombra dell’Onnipotente.
2 Io dico al SIGNORE: «Tu sei il mio rifugio e la mia fortezza,
il mio Dio, in cui confido!»
3 Certo egli ti libererà dal laccio del cacciatore
e dalla peste micidiale.
4 Egli ti coprirà con le sue penne
e sotto le sue ali troverai rifugio.
La sua fedeltà ti sarà scudo e corazza.
5 Tu non temerai gli spaventi della notte,
né la freccia che vola di giorno,
6 né la peste che vaga nelle tenebre,
né lo sterminio che imperversa in pieno mezzogiorno.
7 Mille ne cadranno al tuo fianco
e diecimila alla tua destra;
ma tu non ne sarai colpito.
8 Basta che tu guardi,
e con i tuoi occhi vedrai il castigo degli empi.
9 Poiché tu hai detto: «O SIGNORE,
tu sei il mio rifugio»,
e hai fatto dell’Altissimo il tuo riparo,
10 nessun male potrà colpirti,
né piaga alcuna s’accosterà alla tua tenda.
11 Poiché egli comanderà ai suoi angeli
di proteggerti in tutte le tue vie.
12 Essi ti porteranno sulla palma della mano,
perché il tuo piede non inciampi in nessuna pietra.
13 Tu camminerai sul leone e sulla vipera,
schiaccerai il leoncello e il serpente.
14 Poich’egli ha posto in me il suo affetto, io lo salverò;
lo proteggerò, perché conosce il mio nome.
15 Egli m’invocherà, e io gli risponderò;
sarò con lui nei momenti difficili;
lo libererò, e lo glorificherò.
16 Lo sazierò di lunga vita
e gli farò vedere la mia salvezza.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/ridurre-la-popolazione-mondiale-parliamone/

 

 

 

ECONOMIA

Il ventennio dell’euro: i dati sul disastro economico italiano

Nel 2019 si chiudeva il peggior decennio della storia dell’economia italiana, ma visto che al peggio non c’è mai fine è arrivata la crisi del coronavirus a portarci ulteriormente indietro. In attesa di riprenderci (forse) dall’ennesima crisi, il primo gennaio 2022 ricorrerà il 20° anniversario da quando l’euro divenne moneta a corso legale e il conseguente “pensionamento” della lira.

Per essere pronti ad affrontare qualsiasi discussione sul tema, ecco una carrellata dei principali indicatori macroeconomici italiani da tenere a portata di mano. Che cosa è cambiato dopo quasi vent’anni di euro? Scopriamolo insieme.

LA STAGNAZIONE VENTENNALE DEL PIL

Il prodotto interno lordo misura i beni e servizi finali di una nazione. Prima della pandemia, l’economia italiana non si era mai ripresa dalla doppia recessione del 2008-13. In termini reali (cioè depurati dalla variazione dei prezzi), il PIL del 2019 era rimasto sui livelli del 2004, ma dopo la crisi covid è tornato indietro ai valori del 1998.

FONTE: AMECO – Gross domestic product (OVGD), anno di riferimento spostato al 2020

Nel 2019 il PIL reale era inferiore del 3,9% rispetto al 2007, mentre nel 2020 questo gap è salito al 12,4%. Mai esistita dall’unità d’Italia una crisi così lunga, guerre mondiali incluse. E non è una battuta, basta osservare la serie storica del PIL dal 1861 per rendersene conto.

FONTE: dal 1861 fino al 1994 serie storiche ISTAT, dal 1995 al 2020 dati ISTAT (anno di riferimento spostato al 2020)

Infatti, dopo la devastazione della seconda guerra mondiale, i valori prebellici del 1939 furono recuperati nel 1949 (maggiori dettagli in questo articolo). Mentre oggi stiamo ancora raccogliendo i cocci di tre crisi economiche e la luce in fondo al tunnel è ancora lontanissima.

PIL PRO CAPITE DA “ANNI 90”

Rapportando alla popolazione i dati visti prima del prodotto interno lordo, si ottiene il PIL pro capite. E qui diventa ancora più chiaro il pressoché costante impoverimento degli italiani all’indomani dell’introduzione della moneta unica, però per i “negazionisti dell’euro” non c’è correlazione.

Codice AMECO – Gross domestic product per head of population (RVGDP), anno di riferimento spostato al 2020

Dopo la crisi finanziaria globale del 2008, il nostro pil pro capite reale si è sempre mantenuto sotto i valori del 2000. Nel 2019 l’indicatore si attestava ai livelli del 1999, ma dopo la crisi covid è tornato leggermente sotto ai valori del 1995.

LA DISTRUZIONE DELLA DOMANDA INTERNA

Escludendo dal conteggio del PIL il saldo della bilancia commerciale (che vedremo verso la fine), si ottiene la domanda interna. Probabilmente è l’indicatore che mostra al meglio tutte le legnate che abbiamo subìto durante le crisi economiche.

FONTE: AMECO – Domestic demand including change in inventories (OUNT), anno di riferimento spostato al 2020

Dopo il severo crollo fra il 2008 e il 2013 e la successiva lenta ripresa, nel 2019 la domanda interna era rimasta ai valori reali del 2001 (-6,7% rispetto al 2007), mentre dopo il crollo record del 2020 – di oltre otto punti – è tornata ai livelli del 1998 (-14,5% rispetto al 2007).

PERSO UN QUARTO DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE

Negli ultimi vent’anni la “deindustrializzazione” è stata la regola, infatti nel 2019 la produzione industriale si attestava ai livelli reali dei primi anni 90. Nel 2020 c’è stato un ulteriore balzo indietro a quota 1985, che si traduce in un -25,4% di produzione persa rispetto al 2001.

FONTE: OCSE – total industrial production, anno di riferimento spostato al 2001

Un po’ a sorpresa, la caduta della produzione industriale registrata lo scorso anno (-11,1%) rimane ben lontana dal record negativo del 2009 (-18,6%), pur classificandosi al secondo posto “all times”.

SALARI REALI INDIETRO DI TRENT’ANNI

Arriviamo quindi alla “corsa prezzi salari”, che consiste nel mettere a confronto la variazione percentuale annua delle retribuzioni nominali con quella dei prezzi. Se i salari nominali crescono più velocemente dell’inflazione il potere d’acquisto aumenta, viceversa diminuisce.

FONTE: OCSE Economic Outlook 109 – wage rate

Con la tanto vituperata “liretta” erano rari i momenti in cui i salari non riuscivano a tenere il passo dei prezzi, di questi soltanto una volta è successo in ambiente di alta inflazione (il 1982).

Mentre con l’eurone abbiamo avuto la peggior perdita del potere d’acquisto nel 2012, un record nuovamente battuto l’anno precedente, quando il salario nominale è crollato di quasi 6 punti a fronte di un’inflazione inesistente (-0,1%).

Volendo si possono convertire le retribuzioni da nominali in reali deflazionandole con l’indice nazionale dei prezzi al consumo. Ecco quindi la serie storica espressa ai prezzi del 2020.

FONTE: OCSE – inflation CPI (anno di riferimento dell’indice spostato al 2020)

Se nel 2019 i salari reali viaggiavano sui valori del 1999 (-4,5% rispetto al 2007), dopo il crollo del 2020 siamo tornati ai livelli di fine anni 80 (-10% rispetto al 2007). Non vi sentite tutti più competitivi adesso?

REDDITI E RISPARMI DELLE FAMIGLIE

Vediamo ora il reddito disponibile delle famiglie, cioè l’ammontare di risorse destinate o al consumo o al risparmio, sempre in termini reali (in questo caso deflazionato con l’indice dei consumi privati) e al netto degli ammortamenti.

FONTE: OCSE Economic Outlook 109 – real net disposable income of households

La perdita subìta nel 2020 si classifica come la terza peggiore degli ultimi 30 anni, dietro quella del 1993 e del 2012. Questo perché lo scorso anno son state fatte massicce politiche di sostegno al reddito, che hanno mitigato l’impatto della crisi covid.

Questo indicatore inoltre mette ben in luce il cambio di paradigma economico attuato da Maastricht in avanti. L’altra cosa interessante da segnalare è che, dopo il “salvataggio” di Monti, il potere d’acquisto delle famiglie è rimasto costantemente sotto il livello del 2001.

Per quanto riguarda il tasso di risparmio – cioè la quota del reddito disponibile netto che non è finita nei consumi – dal 1971 fino al 1991 si è sempre mantenuto almeno al 20% dopodiché una costante diminuzione fino a raggiungere i minimi storici della passata decade.

FONTE: OCSE Economic Outlook 109 – net saving ratio of households

Nel 2019 il risparmio delle famiglie si attestava a poco più del 2%, mentre nel 2020 è risalito al 10% ma c’è poco da festeggiare, visto che è stato il risultato delle ben note restrizioni ai movimenti (infatti si tratta di un trend internazionale).

IL “PROBLEMA” DELLA PRODUTTIVITÀ

Quante volte abbiamo sentito in TV che il problema dell’Italia è la produttività? Tantissime volte, vediamo dunque un paio di grafici a riguardo.

FONTE: Elaborazione su dati AMECO, anno di riferimento del PIL spostato al 2020

Cominciamo dal PIL per ora lavorata che, dal 1970 al 2001, mostra un trend complessivo di crescita. Tuttavia possiamo notare dei “segnali di cedimento” che iniziano dal 1996 (chissà che cosa era successo), mentre a partire dal 2002 la curva della produttività oraria diventa piatta.

Nel 2020 si è interrotta questa stagnazione semplicemente perché la contrazione delle ore lavorate (-11% rispetto al 2019) è stata superiore a quella del PIL (-8,9%), si tratta dunque di un’anomalia statistica. La produttività del lavoro si può anche misurare dividendo il PIL reale con il totale degli occupati.

FONTE: elaborazione su dati AMECO, anno di riferimento del PIL spostato al 2020

Osservando la serie storica, anche in questo caso i problemi sembrano cominciare nella seconda metà degli anni 90. Con la differenza che il PIL per occupato, dopo l’introduzione dell’euro, mostra un lento ma inesorabile declino. Molto marcato poi il crollo dello scorso anno – di quasi 7 punti – che ha riportato l’indicatore ai livelli del 1992-93.

MENO LAVORO E PIÙ PRECARIETÀ

Si definisce tasso di occupazione (inattività) il rapporto fra occupati (inattivi) e la popolazione dai 15 anni in su, dunque andremo ad analizzare il totale economia.

Negli anni che “abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità” occupazione e inattività hanno conosciuto il loro massimo e minimo storico, rispettivamente nel 1980 (occupazione al 46,7%) e nel 1987 (inattività al 49,1%).

FONTE: dati ISTAT – Lavoro e retribuzioni ➡️ offerta di lavoro ➡️ occupazione/inattività ➡️ tasso di occupazione/inattività

Quasi inutile sottolineare che la performance peggiore del tasso di occupazione è stata nel precedente decennio con il 42,8% del 2014, idem per l’inattività che ha visto il suo massimo storico nel 2011 (51,9%).

Facendo un passo indietro, gli anni 90 furono un pessimo momento per occupati e inattivi, erano i primi risultati del “morire per Maastricht” e per rimediare entrano in gioco le “riforme strutturali“. Infatti la risalita dell’occupazione dal 1997 (Pacchetto Treu) riguardava il lavoro precario, anche quella dal 2015 (Jobs Act) ci fu per lo stesso motivo.

FONTE: OCSE – temporary employment

Negli ultimi anni l’incidenza del tempo determinato (sul totale degli occupati dipendenti) ha toccato valori record! La discesa dal 17% del 2019 al 15,1% del 2020 è dovuta semplicemente alla perdita di quei posti di lavoro, interrompendo così la ripresa dell’occupazione, scesa dal 44,9% del 2019 al 44,1% dell’anno precedente.

Arriviamo dunque al più famoso tasso di disoccupazione, cioè il rapporto fra i disoccupati e la forza lavoro (data dalla somma fra occupati e disoccupati). Nonostante i tentativi di aumentare la quantità dell’occupazione – a discapito della qualità – la disoccupazione tocca ugualmente il suo massimo storico nel periodo 2013-16, con il record del 12,7% nel 2014.

FONTE: dati ISTAT – Lavoro e retribuzioni ➡️ offerta di lavoro ➡️ disoccupazione ➡️ tasso di disoccupazione

A quelli invece che “grazie all’euro abbiamo avuto la disoccupazione minima”, la discesa dal 2003 al 2007 non ha riguardato – come avete visto prima – un significativo incremento dell’occupazione, bensì quello dell’inattività.

Anche nel 2020, a fronte dicevamo di un calo dell’occupazione, la disoccupazione è scesa dal 10% al 9,2% perché si è impennato il tasso di inattività dal 50,1% del 2019 al 51,5% dell’anno scorso.

LE VITTORIE DI PIRRO

In tutta questa storia ci sono pure dei successi, ma che ben difficilmente possono realmente considerarsi tali. Per esempio, il saldo della bilancia commerciale – la differenza fra esportazioni e importazioni di beni e servizi – che dal 2012 è costantemente in attivo.

FONTE: elaborazione su dati AMECO

Com’è stato ottenuto e mantenuto quell’attivo? Con quella macelleria sociale che abbiamo visto fino ad ora: distruzione della domanda interna, crollo dei salari, svalutazione del lavoro e disoccupazione in doppia cifra. In tal modo siamo diventati “competitivi” (perché nella neolingua così si chiamano i poveri) e si è potuto mantenere un livello di esportazioni elevato.

Inoltre tutti questi fattori hanno fatto sì che il livello dei prezzi rimanesse molto basso, infatti dal 2013 ad oggi l’inflazione è stata da “codice binario” (1-0-0-0-1-1-0-0), a fronte ribadiamolo dei peggiori risultati macroeconomici della nostra storia repubblicana, crescita economica in primis.

Del resto lo stesso Mario Draghi ha sempre detto che l’euro è una moneta nata per lottare all’inflazione in assenza di inflazione, che poi è esattamente il mandato della BCE.

FONTE: profilo Twitter BCE (20 luglio 2017)

E spero che qualcuno in parlamento abbia il coraggio di sbattere in faccia questi risultati all’attuale presidente del consiglio, che ricordiamo nella sua tesi di laurea (del 1970) definì l’ipotesi di una moneta unica come “una follia, una cosa assolutamente da non fare“. Questo perché oggi stiamo pagando a caro il prezzo questa follia.

IL VENTENNIO DELL’EURO IN SINTESI

Infine ecco una tabella che ricapitola gli indicatori visti prima, con i dati del 2019 e del 2020 paragonati a quelli del 2001 e del 2007 in termini di variazione percentuale. Per esempio il PIL reale nel 2019 è cresciuto dell’1,95% rispetto al 2001, cioè con una media annua dello 0,12%.

Per pura coincidenza nel 2001 il PIL crebbe proprio dell’1,95% (rispetto al 2000), tradotto ci sono voluti 18 anni di euro per crescere quanto nell’ultimo anno di liretta, ma più in generale il 2% è stata la crescita media annua del PIL fra il 1980 e il 2001.

INDICATORE
IN TERMINI REALI
Variaz. %
2019/2001
Variaz. %
2020/2001
Variaz. %
2019/2007
Variaz. %
2020/2007
PIL +1,95 % -7,09 % -3,86 % -12,39 %
PIL pro capite -3,72 % -11,85 % -6,33 % -14,24 %
Domanda interna
(incluso scorte)
-0,25 % -8,59 % -6,67 % -14,48 %
Produzione
industriale
-16,12 % -25,40 % -18,52 % -27,53 %
Retribuzione lorda
per dipendente
-1,23 % -7,00 % -4,52 % -10,10 %
Reddito disponibile
netto delle famiglie
-2,63 % -5,44 % -7,48 % -10,16 %
PIL per ora
lavorata
+0,60 % +2,97 % +1,12 % +3,50 %
PIL per occupato -6,13 % -12,66 % -4,61 % -11,25 %
FONTE: elaborazione su dati AMECO e OCSE

Alla fine della fiera dopo quasi vent’anni di euro, l’economia italiana non solo non ha mai recuperato i valori pre-crisi del 2007, ma è addirittura rimasta ai livelli antecedenti all’euro (in buona compagnia della Grecia).

Quindi oltre al danno la beffa e con buona pace di quelli che “fuori dalla moneta unica ci sarebbero le piaghe d’Egitto”. Però potete stare tranquilli, che tanto quest’anno arriva l’ennesima ripresa! Ma se poi in autunno il governo richiuderà tutto, potremmo dire addio anche al rimbalzo del gatto morto…

FONTE: https://canalesovranista.altervista.org/il-ventennio-delleuro-i-dati-sul-disastro-economico-italiano/

 

 

 

I Poteri italiani vogliono rimanere nell’Euro! Ecco la soluzione

Salvini&Borghi (Lega). Correva l’anno 2014

Di Megas Alexandros, ComeDonChisciotte.org

 Proviamo a svestire per un attimo i panni di chi studia la MMT da anni e lanciamo una provocazione a coloro che per esclusivo interesse personale continuano a tenerci dentro la gabbia del sistema-euro

 Sono quasi due decadi, che nel nostro paese si dibatte sulle chiare criticità che il sistema-euro presenta e le evidenze degli “orrori economici” che caratterizzano questa unione monetaria, sono ormai sotto gli occhi di tutti. Ma, pur essendo chiaro a tutti le mortali sabbie mobili in cui ci siamo infilati, ancora oggi ci ostiniamo a rimanerci dentro e niente facciamo per cercare di uscirne.

Una cosa è certa: le forze che ancora ci tengono dentro sono le più forti, pur nella convinzione che non sono la maggioranza.

A livello politico, è più che evidente, se escludiamo Fratelli d’Italia (dove ancora resistono flebili segni di patriottismo), ed il new entry (ma ancora acerbo nella credibilità) partito di Paragone, nessuno e sottolineo nessuno, vuole abbandonare la moneta unica.

Per questo, oggi vorrei fare una provocazione, indicando a coloro che vogliono stare nell’euro quale è la soluzione per restarci senza incorrere nella sempre più probabile e vicina implosione del nostro sistema economico.

Per fare questo dobbiamo tener presente quali sono stati gli effetti delle regole europee sulla nostra economia e precisamente sulla ricchezza finanziaria degli italiani.

I continui surplus del settore governativo hanno prosciugato le tasche della maggioranza degli italiani, minandone pesantemente la capacità di consumare.

Oltre a questo dobbiamo aggiungere tutta la spesa in deficit sostenuta per anni che è servita a pagare gli interessi sul nostro debito pubblico. A tal proposito vale ancora la pena ricordare, che non essendo lo Stato italiano emettitore della moneta che utilizza e non disponendo di una banca centrale alla quale poter imporre la propria politica monetaria, tale spesa è stata obbligatoriamente finanziata tramite il prelievo fiscale.

Questo ha portato ancor di più a drenare risorse dal settore privato a quello pubblico, il quale, tramite appunto la spesa per interessi le ha, in una sorta di “gioco delle tre carte” nuovamente girocontate al settore privato stesso, ma con il drammatico risultato di averle spostate dalle tasche di tanti a quelle di pochi. Così facendo, questa scelta di politica fiscale ha compromesso in maniera definitiva i consumi, cosa che ha prodotto il conseguente innalzamento della disoccupazione ai livelli attuali.

Vedasi, nel grafico sotto come, negli anni, i cittadini italiani percettori di interessi si siano quasi azzerati, il tutto a vantaggio del mondo finanziario italiano e degli investitori esteri:

In poche parole, con l’avvento della moneta unica, abbiamo assistito nel nostro paese alla totale distruzione della classe media, quella che aveva fatto la nostra fortuna negli anni passati.

L’Italia ha sempre avuto una struttura aziendale medio-piccola, ma efficace soprattutto nel creare ed esportare qualità, il “Made in Italy” era un marchio riconosciuto in tutto il mondo. Ed era proprio questo benessere diffuso, il principale motivo che aveva permesso alla qualità di eccellere..

E’ quando l’uomo – è libero ed indipendente che riesce a creare e dare il meglio di se stesso; e la tranquillità economica per se stessi e per le proprie famiglie è un elemento essenziale per raggiungere tale status psicologico.

Invece con l’ingresso nell’euro abbiamo di fatto minato le fondamenta del nostro paese, invece di far crescere i pochi che erano rimasti indietro, in modo da portarli al livello della nostra classe media, abbiamo fatto sì, di portare quest’ultima alle soglie della povertà. Tutto a vantaggio di pochi e della finanza speculativa; per intenderci, grande capitale, mondo finanziario, banche in primis, poteri dello Stato e perché no!!!! basta ascoltare le parole del Procuratore di Catanzaro Gratteri, mafie e società segrete deviate.

Oggi il sistema sta implodendo, ma alle forze dell’economia non si comanda. L’austerity infinita non è contemplata dagli “Dei della scienza”, a meno di un non augurabile, ritorno ad una schiavitù che tutti noi speriamo confinata nel passato più remoto.

Stiamo assistendo alla caduta, uno dietro l’altro, di tutti i “mantra” del sistema euro, dal divieto assoluto da parte della BCE di finanziare direttamente gli stati membri, alla favola di non poter controllare gli “spread”, per finire alla bugia più colossale sul fatto che le banche centrali possano finire i soldi. Su tale bugia a metterci sopra una pietra definitiva non è stato Warren Mosler ma bensì la Governatrice della BCE Christine Legarde che con una chiarezza  tale da far cadere dalla sedia i vari economisti nostrani mainstream, ha pronunciato le seguenti parole: “l’eurosistema, in quanto unico emittente della nostra moneta, potrà sempre generare tanta liquidità quanta ne serve. Quindi, per definizione, la Bce non può andare né in bancarotta, né finire i soldi”  (1).

La stessa BCE di fatto ci dimostra da anni che può controllare i tassi di interesse a suo piacimento, lo fa attraverso il “quantitative easing” ed i vari programmi di acquisto titoli che si sono succeduti ed intensificati nel tempo, dall’ormai famoso “whatever it takes” di Draghi fino ad oggi, quand’unque con l’avvento della pandemia, le quantità di debito pubblico dei vari stati membri che la BCE si sta mettendo in pancia indicano una strada senza ritorno. Il tutto con tassi di interesse che addirittura arrivano in zona negativa, anche per chi viaggia con rapporti debito/PIL verso il 200 per cento.

Nessuno e sottolineo nessuno, di tutti quelli che appena si prospetta una spesa ne chiedono immediatamente la copertura, si domanda da dove arrivino tutti questi soldi che la BCE mette a disposizioni quotidianamente per questi programmi. Semplice li crea dal nulla.

Al board della BCE non si sono fatti nessun scrupolo, con una decisione partorita in un notte, a trasgredire tutte le regole ed i regolamenti che per anni ci dicevano inviolabili; tutto per salvare la loro mostruosa creatura, ovvero l’euro.

A paesi come il nostro, sono stati consentiti nel 2020 deficit dell’11 per cento, impensabili fino a poco tempo fa; tutti noi ricordiamo quando per esempio il governo gialloverde fu chiamato dalla commissione europea a rivedere il deficit di bilancio dal 2,4% al 2,04%.

Stanno facendo di tutto per l’euro ma niente per l’economia reale, per questa ci saranno ancora e forse solo i prestiti…. i tanto attesi prestiti del Recovery Fund. Una struttura, seppur questa volta, di debito comune, ma totalmente insufficiente a quelle che sono le esigenze della nostra economia a livello numerico.

Bene… anzi male direi!!!! come si risolve la situazione se ancora ci ostiniamo a rimanere in questa gabbia a 40 gradi sotto il sole e senza acqua???

Secondo gli insegnamenti della MMT, che ormai oggi è main stream (perfino Draghi ne ha fatto uso a parole, per lastricarci di marmo le strade per l’inferno), e ragionando contabilmente sui bilanci settoriali, se i soldi dal settore privato sono passati al settore governativo, per poi da quest’ultimo tornare al settore privato ma nelle tasche di pochi, la soluzione semplice e logica presuppone che all’interno del settore privato avvenga una adeguata e giusta redistribuzione, che logicamente, solo il settore governativo ha la forza e gli strumenti per renderla effettiva.

Per spiegare meglio tutto questo, mi viene in soccorso uno studio riportato tempo fa dai maggiori quotidiani italiani e del mondo: la ventesima edizione del report BCG “Global Wealth 2020: The Future of Wealth Management—A Ceo Agenda”(2).

L’analisi BCG evidenzia come l’Italia sia la nona nazione al mondo per ricchezza finanziaria con 5.300 miliardi di dollari (4.900 miliardi di euro). Il report stima inoltre 400 mila italiani milionari, cioè persone che detengono un patrimonio di almeno un milione di dollari in ricchezza finanziaria, l’1% della popolazione adulta. Se si guarda poi al segmento degli Ultra High Net Worth, di individui che detengono un patrimonio superiore ai 100 milioni di dollari di ricchezza finanziaria, in Italia se ne contano 1.700.

Stando ai dati, ben il 41,1% del patrimonio finanziario nel 2019 è detenuto dai milionari, ma una larga parte della ricchezza appartiene ai cosiddetti clienti affluent e lower private, gli individui con una ricchezza che arriva al milione.

Spostandoci, un attimo, a livello mondiale ed indietro nel tempo, colpisce come negli ultimi venti anni abbiamo assistito al rialzo di mercato più lungo della storia e la ricchezza finanziaria mondiale è triplicata di valore, passando da 80 mila miliardi di dollari nel 1999 a 226 mila miliardi di dollari a fine del 2019.
Solo lo scorso anno si è registrata una crescita del 9,6% nei patrimoni personali, la più forte nell’ultimo decennio.

Questi numeri racchiusi in poche righe, sono la prova madre di come, nonostante un periodo di ventennale austerity, che ha visto la maggioranza degli italiani ridurre notevolmente la loro ricchezza finanziaria, ci sia invece una élite che si è arricchita notevolmente. In effetti come logica contabile vuole, nonostante l’austerity richiesta sfociata nei trentennali “avanzi primari” il nostro debito pubblico è di fatto aumentato notevolmente, grazie al deficit esclusivo per la spesa per interessi.

Ma veniamo al punto, ovvero alla soluzione, perché la gente oggi più che mai vuole risposte immediate e risolutive.

Bene, appurato che quello che serve, per far riprendere la nostra economia, sono i consumi; la soluzione maestra sarebbe aumentare il deficit governativo tramite politiche finalizzate alla piena occupazione. Ma visto il muro eretto da chi tiene le redini del comando nel nostro paese e da Bruxelles, di fronte a questo argomento, un “tabu’” di fatto oggi impossibile da scardinare, non rimane che una soluzione.

Allora se proprio dobbiamo rimanerci in questa disastrata e mortale unione monetaria, buttando il sasso in fondo alla strada, non abbiamo altra soluzione che riequilibrare la ricchezza finanziaria all’interno del settore privato.

L’economia ha molte più probabilità di girare meglio, se si vendono 1 milione di giacche da 100 euro che 100 giacche da un milione di euro cadauna.

Del resto, il tema relativo alle dolorose soluzioni per riequilibrare la ricchezza all’interno del settore privato, non è assolutamente nuovo, autorevoli economisti come Thomas Piketty o Gabriel Zucman e politici come Elizabeth Warren o Bernie Sanders, parlano già da tempo di “patrimoniali” nelle più svariate forme, per non parlare del Presidente della Consob Paolo Savona il quale, alcuni mesi fa, in modo scaltro ed esplicito, prospettò  una vera e propria “patrimoniale nascosta” attraverso l’idea dei “bond perpetual”.

Immaginate una patrimoniale del 25% su questi 400 mila soggetti, frutterebbe nelle casse dello Stato italiano la bellezza di 500 miliardi, pronti subito ed a fondo perduto, altro che Recovery Fund, MES, SURE, ecc.

Questi soldi, se spesi con politiche fiscali ad alto moltiplicatore e finalizzate al raggiungimento della piena occupazione, farebbero in un attimo, capovolgere la situazione economica nel nostro paese e certamente non farebbero morire di fame i “paperoni” che, loro malgrado, sarebbero costretti a versarli.

In fin dei conti, svestendo i panni dello studioso della Modern Monetary Theory e vestendo quelli del Robin Hood dei gironi nostri, vi dico che, come giustizia comanda, si tratterebbe solo di una restituzione della refurtiva.

Come spiegato tecnicamente all’inizio dell’articolo, questi “paperoni” si sono arricchiti solo e soltanto perché hanno avuto la possibilità di gestire le leve del comando, usandole esclusivamente a proprio vantaggio e di fatto espropriandoci dei nostri soldi, tramite un uso privatistico della moneta e della Banca Centrale. Di fatto, contravvenendo a quelle che sono le regole democratiche fondanti del nostro paese e dettate dalla nostra costituzione.

Ora, non farei di “tutta un erba un fascio”, perché l’effetto di una patrimoniale al 25% su chi ha un milione di euro è ben diverso rispetto a chi ne ha 10 o 100 di milioni, e quindi potremmo rimodulare la proposta, dando dei bond perpetual con tasso del 2% a coloro che hanno una ricchezza finanziaria fino a 10 milioni di euro.

Certo, se io fossi il Presidente del Consiglio, terrei ben nascosta la proposta e farei precedere il decreto di attuazione da un blocco dei capitali temporaneo, altrimenti il rischio di non trovare più nessun grande patrimonio in Italia diverrebbe concreto ed immediato; ma per la fortuna di questi 400 mila “paperoni” io non lo sono, e sicuramente tutto questo non avverrà, visto che sono loro stessi a deciderlo. Però li inviterei almeno a fare una riflessione su quanto ho esposto, perché su i loro risparmi, proprio quelli che loro stessi intendono assolutamente mantenere in euro, ormai ci hanno messo gli occhi in molti fuori dal nostro paese. Quante volte leggiamo dichiarazioni ufficiali di esponenti tedeschi e/o dei paesi frugali spingere i nostri governi ad usare tale ricchezza.

Finita la classe media, toccherà a Voi…..!!!! lo spazio fiscale non può essere contabilmente infinito senza una politica fiscale che lo alimenta e sarebbe veramente l’ora di rendersi conto che quello della classe media italiana invece è veramente agli sgoccioli.

E’ la spesa pubblica che crea lo spazio fiscale non l’austerity, contrariamente a quello che vi hanno fatto credere per due decadi.

Allora, vale la pena tenere ancora sotto scacco un popolo intero, perché voi credete o vi fa comodo credere che i vostri risparmi ed i vostri stipendi siano più sicuri, se denominati in euro.

Il sottoscritto e la scienza economica non ne sono affatto convinti.

Di Megas Alexandros, ComeDonChisciotte.org

NOTE

  1. LA CONFESSIONE DELLA LAGARDE (BCE): NON POSSIAMO FINIRE I SOLDI NE’ FALLIRE. DENARO CREATO DAL NULLA – Bing video
  2. Global Wealth 2020: The Future of Wealth Management—A CEO Agenda (bcg.com)

 

FONTE: https://comedonchisciotte.org/i-poteri-italiani-vogliono-rimanere-nelleuro-ecco-la-soluzione/

 

 

 

LA LINGUA SALVATA

Distopia
di-sto-pì-a

SIGNIFICATO Contrario di utopia, realtà massimamente indesiderabile

ETIMOLOGIA termine creato con elementi greci, derivato di utopia letteralmente ‘non luogo’, con mutazione del prefisso u- ‘non’ in dis- ‘cattivo’ (mentre topia è ‘luogo’).

PAROLA DELLE ORIGINI
La distopia si trova in grandissimi esempi di opere letterarie e cinematografiche di ambientazione fantascientifica, anche di alta caratura, in cui la narrazione ha luogo in un contesto distopico. Questa parola, col suo significato di realtà massimamente spiacevole, può indicare un largo spettro di realtà: infatti l’etimologia di distopia ci parla in genere di un ‘luogo cattivo’.

Però spesso e volentieri la distopia immaginata si concretizza in uno Stato totalitario fortemente gerarchico, guidato da un leader carismatico vero o fittizio, che con pugno reazionario non tollera dissidenti né pensiero indipendente, e che si afferma tramite un progressivo e costante plagio mentale dei cittadini.

Fra gli esempi più importanti di distopia, fra le maggiori opere della letteratura che si basano su ambientazioni distopiche possiamo trovare, a braccio: ‘1984’ di Orwell, ‘Farenheit 451’ di Bradbury, ‘Il mondo nuovo’ di Huxley e una gran parte dei libri di Stefano Benni; fra i film distopici possiamo trovare ‘Metropolis’ di Lang, ‘Arancia Meccanica’ di Kubrik, ‘Blade Runner’ di Scott, i ‘Matrix’ delle Wachowski. Ma le liste sono sterminate.

Dopotutto, la ragione dell’importanza e del carisma delle opere sulla distopia, che sfruttano l’ambientazione distopica, è semplice: sta nel potere che ci danno di raffrontarle alla realtà, vedendo meglio che cosa c’è di buio da illuminare. E dire che è un termine attestato solo dalla fine degli anni ’90!

Parola pubblicata il 22 Gennaio 2011

FONTE: https://unaparolaalgiorno.it/significato/distopia

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Ecologia come arma del Globalismo

di Leonid Savin 28 07 2021
geopolitica.ru

I membri del G7 cercano regolarmente di imporre le loro regole e standard ad altri Paesi, regole e standard che limitano la sovranità e violano gli interessi nazionali. Anche le multinazionali sono coinvolte in questo gioco geopolitico. I miliardari, da Bill Gates a George Soros, utilizzano l’ambiente per il proprio tornaconto, sviluppando strategie a lungo termine a livello nazionale, regionale e globale.

Un certo numero di organizzazioni internazionali che affermano di avere elevate aspirazioni morali sono in realtà coinvolte in sordidi scandali legati ai circoli politici ed economici occidentali.

Il 19 settembre 2013, ad esempio, Greenpeace ha organizzato un incidente contro la Russia quando gli attivisti hanno cercato di attaccare deliberatamente la piattaforma petrolifera russa Prirazlomnaya, di proprietà di Gazprom, utilizzando la nave Arctic Sunrise[1]. Diverse persone hanno cercato di salire sulla piattaforma, due delle quali sono cadute in acqua e sono state salvate da una motovedetta prima di essere arrestate dalle guardie di frontiera russe.

È ovvio che questa azione aveva una chiara agenda geopolitica legata agli interessi della Russia nell’Artico e alla creazione di un’immagine negativa della Russia nella società occidentale.

L’Arctic Sunrise batteva bandiera olandese e la BBC [2], citando Greenpeace, ha riferito che a bordo c’erano cittadini di 18 Paesi: Argentina, Australia, Brasile, Canada, Danimarca, Stati Uniti, Regno Unito, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Ucraina , Russia, Francia, Italia, Turchia, Finlandia, Svizzera, Polonia e Svezia. Quindi è ovvia l’intenzione degli organizzatori di creare uno scandalo internazionale.

L’incidente stesso è avvenuto alla vigilia del vertice artico a Salekhard, quindi il presidente russo Vladimir Putin è stato costretto a esprimere la sua opinione in merito.

È risaputo che alcune multinazionali utilizzano Greenpeace come strumento per raggiungere determinati obiettivi politici. È stato notato più di una volta che molte delle azioni dell’organizzazione sono state, per qualche motivo, dirette contro alcune aziende, mentre i loro concorrenti ne hanno raccolto silenziosamente i benefici. Ciò è dovuto a generose donazioni da parte degli interessati: pagano l’eliminazione dei concorrenti con un pretesto “ambientale”. Allo stesso tempo, molti disastri umanitari, come l’uso da parte della NATO di munizioni all’uranio impoverito durante il bombardamento della Serbia del 1999, sono stati semplicemente ignorati da Greenpeace. Eppure Greenpeace cerca tradizionalmente di affrontare le questioni globali. L’aria pulita sul pianeta, le fonti d’acqua e altri problemi sono sempre nell’agenda degli ambientalisti politici perché giustificano l’interferenza negli affari interni di altri Stati.

Con questo in mente, non si può parlare di morali o valori presumibilmente sostenuti dall’organizzazione. L’etica del lavoro di Greenpeace è caratterizzata da un principio fondamentale: il fine giustifica i mezzi. Greenpeace è stata spesso beccata e perseguita per aver fabbricato prove relative a danni ambientali. I seguenti episodi sono buoni esempi:

• torturare deliberatamente le foche davanti a una telecamera nel 1979;

• pagare un pescatore dell’Africa occidentale per catturare pesce contaminato;

• assumere adolescenti per strappare il feto da un canguro femmina incinta per il film di Greenpeace del 1986 “Goodbye, Joy”;

• raffigurare sabbia pulita come contaminata radioattivamente nel 1996;

• pagare adolescenti di Seattle 5 dollari ciascuno per protestare davanti alle telecamere contro la vendita di pesce islandese nel 1999.

Il co-fondatore di Greenpeace, David McTaggart, è stato anche coinvolto in frodi immobiliari. Ha preso parte alla creazione dell’organizzazione stessa, che è nata da un piccolo gruppo di attivisti devoti. Greenpeace è attenta a tenere nascosti fatti come questi, ovviamente. Ma poi numerosi politici e attivisti liberali in tutto il mondo li aiutano a predicare i loro nobili ideali.

Il finanziamento di George Soros all’attivista ambientale Greta Thunberg è un’ulteriore prova che ci sono interessi ideologici e politici nascosti dietro “eroi” coltivati artificialmente che si adattano ai gusti di un’epoca.

All’inizio del 2020, George Soros ha annunciato che avrebbe donato 1 miliardo di dollari per la creazione di un’università globale per combattere i governi autoritari e il cambiamento climatico. Non dovette aspettare a lungo. Nello stesso anno è stata lanciata un’organizzazione internazionale chiamata Open Society University Network [3]. La rete globale comprende circa 40 istituzioni educative e università di tutto il mondo, non solo Stati Uniti ed Europa occidentale, ma anche Kirghizistan, Serbia, Kenya, Taiwan, Myanmar, Bangladesh, Colombia e Libano. Probabilmente è lecito ritenere che Soros tenterà di espandere questa rete e allo stesso tempo esercitare un’influenza su vari governi attraverso i suoi affiliati esistenti. La Open Society University Network educa i giovani, ha progetti di ricerca (otto in totale) ed è impegnata in programmi di ricerca. Ci sono anche dottorati specializzati e cattedre attraverso la Chatham House Academy del Regno Unito.

Una delle aree di interesse dell’Open Society University Network è “l’impegno civico”, che a sua volta si suddivide in tre componenti: impegno studentesco, apprendimento impegnato e l’impegno istituzionale, che implica l’approfondimento delle connessioni internazionali [4]. Questa iniziativa strategica è chiaramente finalizzata alla creazione di uno “Stato ombra” globale: una rete internazionale di attivisti globalisti con un proprio esercito di giovani manifestanti di strada e strati di accademici e professionisti politici.

Un altro dato da notare è che Mikhail Gorbaciov, il becchino dell’URSS, è il fondatore e presidente della Green Cross International, che è stata costituita nel 1993 e, come si può intuire dal nome, si occupa di questioni ambientali [5]. La sua sede si trova a Ginevra. Dal 2019, Diane Meyer Simon, un’americana che era a capo di Global Green USA, ha ricoperto la carica di presidente dell’organizzazione [6]. Oltre all’accesso all’acqua e ad altre questioni puramente ambientali, l’organizzazione si occupa del disarmo, della non proliferazione delle armi e del controllo dei materiali nucleari e chimici. Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha una mano in questo e, attraverso varie forme, cerca di stabilire monopoli nelle tecnologie a duplice uso e nella produzione di armi.

Le attività coordinate di organizzazioni come queste e dell’élite globalista potrebbero portare a un nuovo modello di rivoluzioni colorate. Mentre il colore per i colpi di Stato organizzati veniva scelto secondo il simbolismo politico dei partiti che hanno preso il potere lavorando per gli Stati Uniti, la zombificazione “ambientale” attraverso programmi educativi, sovvenzioni e manipolazione dei media potrebbe presto creare una certa narrativa “verde”.

[1]https://www.gazprom.com/projects/prirazlomnoye/

[2] https://www.bbc.com/news/world-europe-34045493

[3]https://opensocietyuniversitynetwork.org/

[4]https://opensocietyuniversitynetwork.org/civic-engagement/

[5]https://www.gcint.org/

[6]https://www.gcint.org/diane-meyer-simon-new-chairperson-of-green-cross-international/

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Articolo originale di Leonid Savin.
FONTE: https://www.geopolitica.ru/en/article/ecology-weapon-globalism

Traduzione di Costantino Ceoldo
Pubblicato da Tommesh per Comedonchisciotte.org

FONTE: https://comedonchisciotte.org/ecologia-come-arma-del-globalismo/

 

 

 

ELENCO DELLE RIVENDICAZIONI DELL’IRAN CONTRO GLI STATI UNITI NEI NEGOZIATI SULL’ACCORDO NUCLEARE

giovedì 29 luglio 2021 

Molti analisti mondiali si aspettavano che Stati Uniti e Iran si accordassero sulla piena ripresa dell’accordo nucleare a maggio-giugno. Tuttavia, questo non è ancora avvenuto.

Il rappresentante iraniano presso le organizzazioni internazionali a Vienna Kazem Garib Abadi ha cercato oggi di rispondere alla domanda su quale sia la causa dei problemi durante i colloqui. Ha svelato un elenco di ciò che gli Stati Uniti non accettano di fare e di quali richieste fanno all’Iran.

– Washington chiede che Teheran si impegni a negoziare in futuro sulla sua politica regionale e sul programma missilistico. Questa dovrebbe essere una condizione per il rinnovo dell’accordo nucleare.

– Gli americani non sono pronti a revocare l’embargo sulle armi contro Teheran, che è una violazione diretta dell’UNSCR 2231 e dell’accordo sul nucleare

– Gli Stati Uniti non hanno accettato di revocare le sanzioni imposte sotto Trump a più di 500 individui ed entità iraniani

– Washington ha rifiutato di discutere i danni arrecati all’Iran a seguito del ritiro illegale degli Stati Uniti dall’accordo nucleare

– Gli Stati Uniti hanno avanzato richieste esagerate sugli impegni nucleari iraniani che vanno oltre il Piano d’azione globale congiunto

– Gli americani si sono rifiutati di garantire all’Iran che una situazione simile al ritiro del governo Trump dall’accordo nucleare non si ripeta

– Washington non è d’accordo sul fatto che dovrebbero essere i primi ad adempiere a tutti i loro obblighi derivanti dall’accordo nucleare, e poi, dopo aver verificato ciò, l’Iran torna ai suoi.

Fonte: dazio iraniano

FONTE: https://www.geopolitica.ru/news/spisok-pretenziy-irana-k-ssha-na-peregovorah-po-yadernoy-sdelke

 

 

 

POLITICA

La libertà è come l’aria.

Il discorso di Calamandrei sulla Costituzione (26 gennaio 1955)

Il 26 gennaio 1955, a Milano nel Salone degli Affreschi della Società Umanitaria, Piero Calamandrei partecipò ad un ciclo di sette conferenze sulla Costituzione rivolte agli studenti universitari e medi.

Riportiamo l’audio del suo intervento con relativa trascrizione. Buon ascolto e/o lettura.

 

AUDIO QUI: https://canalesovranista.altervista.org/wp-content/uploads/2021/04/Discorso-sulla-Costituzione-di-Piero-Calamandrei-26-gennaio-1955-milano.mp4

L’art. 34 dice: “I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Eh! E se non hanno mezzi?

Allora nella nostra costituzione c’è un articolo che è il più importante di tutta la costituzione, il più impegnativo… per noi che siamo al declinare, ma soprattutto per voi giovani che avete l’avvenire davanti a voi. Dice così:

È compito della Repubblica RIMUOVERE GLI OSTACOLI di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese“.

È compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana: quindi dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare la scuola a tutti, dare a tutti gli uomini dignità di uomo. Soltanto quando questo sarà raggiunto, si potrà veramente dire che la formula contenuta nell’articolo primo – “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” – corrisponderà alla realtà.

Perché fino a che non c’è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e di studiare e di trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica perché una democrazia in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto una uguaglianza di diritto, è una democrazia puramente formale, non è una democrazia in cui tutti i cittadini veramente siano messi in grado di concorrere alla vita della società, di portare il loro miglior contributo, in cui tutte le forze spirituali di tutti i cittadini siano messe a contribuire a questo cammino, a questo progresso continuo di tutta la società.

E allora voi capite da questo che la nostra costituzione è in parte una realtà, ma soltanto in parte è una realtà. In parte è ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno di lavoro da compiere. Quanto lavoro avete da compiere! Quanto lavoro vi sta dinanzi!

È stato detto giustamente che le costituzioni sono delle polemiche, che negli articoli delle costituzioni c’è sempre anche se dissimulata dalla formulazione fredda delle disposizioni, una polemica. Questa polemica, di solito è una polemica contro il passato, contro il passato recente, contro il regime caduto da cui è venuto fuori il nuovo regime. Se voi leggete la parte della costituzione che si riferisce ai rapporti civili e politici, ai diritti di libertà, voi sentirete continuamente la polemica contro quella che era la situazione prima della Repubblica, quando tutte queste libertà, che oggi sono elencate e riaffermate solennemente, erano sistematicamente disconosciute. Quindi, polemica nella parte dei diritti dell’uomo e del cittadino contro il passato.

Ma c’è una parte della nostra costituzione che è una polemica contro il presente, contro la società presente. Perché quando l’art. 3 vi dice: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana” riconosce che questi ostacoli oggi vi sono di fatto e che bisogna rimuoverli. Dà un giudizio, la costituzione, un giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale, che la costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani. Ma non è una costituzione immobile che abbia fissato un punto fermo, è una costituzione che apre le vie verso l’avvenire. Non voglio dire rivoluzionaria, perché per rivoluzione nel linguaggio comune s’intende qualche cosa che sovverte violentemente, ma è una costituzione rinnovatrice, progressiva, che mira alla trasformazione di questa società in cui può accadere che, anche quando ci sono, le libertà giuridiche e politiche siano rese inutili dalle disuguaglianze economiche e dalla impossibilità per molti cittadini di essere persone e di accorgersi che dentro di loro c’è una fiamma spirituale che se fosse sviluppata in un regime di perequazione economica, potrebbe anche essa contribuire al progresso della società.

Quindi, polemica contro il presente in cui viviamo e impegno di fare quanto è in noi per trasformare questa situazione presente.

Però, vedete, la costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La costituzione è un pezzo di carta: la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile, bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla costituzione è l’indifferenza alla politica, l’indifferentismo… che è – non qui, per fortuna, in questo uditorio, ma spesso in larghe categorie di giovani – un po’ una malattia dei giovani.

FONTE: Quirinale

La politica è una brutta cosa“, “che me ne importa della politica“. Io quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina, che qualcheduno di voi conoscerà, di quei due emigranti, due contadini, che traversavano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime e il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda a un marinaio: “Ma siamo in pericolo?”, e questo dice: “Se continua questo mare, il bastimento fra mezz’ora affonda”. Allora lui corre nella stiva svegliare il compagno e dice: “Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare, il bastimento fra mezz’ora affonda!”. Quello dice: ” Che me ne importa, non è mica mio!” [risate]. Questo è l’indifferentismo alla politica [applausi].

È così bello, è così comodo: la libertà c’è. Si vive in regime di libertà, c’è altre cose da fare che interessarsi alla politica. E lo so anch’io! Il mondo è così bello, ci sono tante cose belle da vedere, da godere, oltre che occuparsi di politica. La politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni, e che io auguro a voi, giovani, di non sentire mai, e vi auguro [applausi] di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, dando il proprio contributo alla vita politica.

La costituzione, vedete, è l’affermazione scritta in questi articoli, che dal punto di vista letterario non sono belli, ma è l’affermazione solenne della solidarietà sociale, della solidarietà umana, della sorte comune, che se va a fondo, va a fondo per tutti questo bastimento. È la carta della propria libertà, la carta per ciascuno di noi della propria dignità di uomo.

Io mi ricordo le prime elezioni dopo la caduta del fascismo, il 6 giugno del 946 [NDR 2 giugno], questo popolo che da venticinque anni non aveva goduto le libertà civili e politiche, la prima volta che andò a votare dopo un periodo di orrori, il caos, la guerra civile, le lotte le guerre, gli incendi. Io ricordo – io ero a Firenze, lo stesso è capitato qui – queste file di gente disciplinata davanti alle sezioni, disciplinata e lieta perché avevano la sensazione di aver ritrovato la propria dignità, questo dare il voto, questo portare la propria opinione per contribuire a creare questa opinione della comunità, questo essere padroni di noi, del proprio paese, del nostro paese, della nostra patria, della nostra terra, disporre noi delle nostre sorti, delle sorti del nostro paese.

FONTE: Corriere della Sera

Quindi, voi giovani alla costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come cosa vostra, metterci dentro il senso civico, la coscienza civica, rendersi conto – questa è una delle gioie della vita – rendersi conto che ognuno di noi nel mondo non è solo, che siamo in più, che siamo parte di un tutto… nei limiti dell’Italia e nel mondo.

Ora vedete – io ho poco altro da dirvi – in questa costituzione, di cui sentirete fare il commento nelle prossime conferenze, c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato. Tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie son tutti sfociati in questi articoli. E a sapere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane.

Quando io leggo nell’art. 2, “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale“, o quando leggo, nell’art. 11, “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli“, la patria italiana in mezzo alle altre patrie, dico: ma questo è Mazzini; o quando io leggo, nell’art. 8, “tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge”, ma questo è Cavour; quando io leggo, nell’art. 5, “la Repubblica una e indivisibile riconosce e promuove le autonomie locali”, ma questo è Cattaneo; o quando, nell’art. 52, io leggo, a proposito delle forze armate, “l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica” esercito di popolo, ma questo è Garibaldi; e quando leggo, all’art. 27, “non è ammessa la pena di morte”, ma questo, o studenti milanesi, è Beccaria.

Grandi voci lontane, grandi nomi lontani. Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti. Quanto sangue e quanto dolore per arrivare a questa costituzione! Dietro a ogni articolo di questa costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta.

Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, questo è un testamento, un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra costituzione. [applausi]

FONTE: https://canalesovranista.altervista.org/la-liberta-e-come-laria-il-discorso-di-calamandrei-sulla-costituzione-26-gennaio-1955/

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

La scienza non è democratica. Semmai teocratica

Un Occidente in decadenza non poteva che sostituire la religione antropomorfica tradizionale con un surrogato. Non ci è andata poi così male, in fondo, perché è un surrogato che ha avuti molti risvolti utili, come l’invenzione della padella antiaderente, la pillola anticoncezionale e le terapie antidolore. Però gira che ti rigira sempre di una religione si tratta. Cioè di ‘quella cosa’ verso la quale la filosofia ha spesso alzato la sua voce tonante di dissenso.

Beninteso, quando la filosofia fece capolino in occidente oramai più di 2500 anni or sono, non era distinta dalla scienza, perché, appunto, non si può distinguere qualcosa che esisteva, la filosofia, con qualcosa che ancora non esisteva, la scienza. Però è agli atti che successivamente filosofia e scienza abbiano fatto tanta strada assieme, come novelli sposini in un lungo e felice viaggio di nozze.

Ma la filosofia e la scienza, ancorché sposi, non sono affatto la stessa persona (non lo sono mai stati) e, tanto per rimanere nella metafora matrimoniale, bene sarebbe che oggi divorziassero definitivamente. La scienza, inoltre, negli anni è cambiata e si è fatta religione assoluta, oggetto di culto. Insomma, non è più quella fresca e avvenente giovinetta che sedusse Democrito e Aristotele, Pitagora e Cartesio, Bacone e Kant, ma ha finito per somigliare alla sua vecchia madre, la Religione. Una madre che però sta diventando suocera invadente, ingrigita, baffuta e soprattutto trinariciuta, e proprio nel senso che alla parola ‘trinariciuta’ diede il compianto Guareschi, quando dopo l’ultima guerra rimproverava la sinistra comunista di ottusità, credulità e sudditanza al partito.

Mettiamo allora le cose in chiaro e sveliamo subito con chi abbiamo a che fare, in modo tale che ognuno possa esprimere la propria preferenza (posto che Filosofia e Scienza rimangono comunque due milfone, alla fin fine, e che uno possa anche giocarsela astutamente per andare a letto con entrambe).

In primo luogo va detto chiaro che la Filosofia è autonoma rispetto alla scienza (e non viceversa). Purtroppo, il fatto che molti le confondano è dato dalla manualistica e da certi professori di Liceo, che insegnano la filosofia ai ragazzi come se essa fosse una scienza ancora “poco precisa”, una proto scienza, o, se preferite, il primo vagito della scienza appena nata.

La cosa più grave è che spiegano questo come un fatto (filosofia ancilla scientiae) come un dato, mentre non hanno alcuna prova credibile di ciò. Al tempo, infatti, gli occidentali non sapevano nulla della Natura, e qualsiasi disvelamento di questo inquietante mistero che è l’ambiente, veniva visto con ammirazione dai più. Ecco allora che fu facile, ex post, sostenere che il problema del principio (l’archè), della materia, del vuoto, della posizione della terra nell’universo fossero i principali problemi di filosofi come Talete, Anassimandro, Eraclito o Parmenide, i quali, invece, erano in primo luogo legislatori i cui studi sulla natura servivano soprattutto per accreditarsi verso gli altri membri della comunità come leader.

Un po’ quello che succede spesso oggi, quando il politico accredita se stesso più facilmente se è un imprenditore, un uomo ricco e di successo. Vantaggio competitivo ben esemplificato da figure come l’italiano Silvio Berlusconi o l’americano Donald Trump, tanto per citare i più noti.

Questo, naturalmente, non significa affatto che i primi filosofi non fossero interessanti alla Natura, ma che erano interessati ANCHE alla Natura, e che, comunque, questo interesse non era primario, come si evince dai frammenti e dalle loro biografie.

L’uomo e filosofo greco era comunitario e problematizzava lo status quo. Non accettava mai come dato di fatto il ‘reale’ nudo e crudo, anche se ai più sembrava scontato.

Il filosofo antico non era interessato alla luna o al moto di Giove tanto quanto l’universalità, l’insieme delle cose,  la totalità, l’indeterminatezza ed il mondo finito, che erano appunto le cifre più significative della ricerca filosofica antica.

Per dirla diversamente, i primi filosofi si interessarono prioritariamente alla realtà come problema, a non dare affatto per scontato ciò che era invece considerato banale per l’opinione comune: l’esistenza degli enti, la morte, il nulla, la convivenza sociale, i rapporti di potere, l’azione. Solo secondariamente i filosofi erano interessati a cose come le eclissi solari. L’aneddoto di Talete che subaffitta i frantoi di olive in occasione dell’eclissi è sintomatico di quanto vado affermando qui.

Dunque, la scienza fu attenzionata perché dava credibilità al filosofo di essere un sapiente, ma Essere, Nulla, Divenire e la socialità gli importavano molto di più delle proprietà del silicio, dei numeri primi o della cura per il mal di schiena.

Oggi, la ricerca filosofica non è molto cambiata da allora. La filosofia ha un oggetto di studio: la totalità, l’unità tra soggetto e oggetto. La filosofia ha un metodo di studio: la dialettica storica.

La scienza ha un suo oggetto: le realtà parziali, colte in sostanziale scissione tra soggetto e oggetto, sulla base di un rispecchiamento con la cosa esterna. La scienza ha un metodo: la verifica sperimentale e la misurazione di queste porzioni di realtà, con particolare riferimento agli aspetti quantitativi della materia.

La scienza vuole la certezza e/o l’esattezza. La Filosofia vuole la verità, che come tale è frutto di una dinamica umana e storica. La scienza vuole l’oggettività. La filosofia, quando e qualora raggiunga l’oggettività, la contesta immediatamente. Per Nietzsche, ad esempio, e siamo già all’alba del XX secolo, non esistono fatti, ma solo interpretazioni, ed almeno in questo anche il filosofo del martello si staglia sulla lunga tradizione della filosofia classica.

La scienza attesta il reale, lo certifica, ma non lo modifica nè lo crea e quindi si può sostenere che la scienza sia certa, ma non vera. La filosofia, dal canto suo, non si limita ad attestare la realtà, ma la interpreta, in quanto consapevole che essa è filtrata sempre dal soggetto conoscente.

La scienza è “solo” conoscenza.

La filosofia invece è conoscenza, trasformazione e valutazione.

La filosofia è ben lungi dalla sua dipartita. Morirà quando la scienza avrà trasformato l’essere umano in oggetto, cioè in un ente inconsapevole.

Le ipotesi empirico-previsionali vanno bene (ma neanche sempre) per gli oggetti o, al limite, per gli animali, ma non sono certo sufficienti per quel soggetto, l’uomo, che tra l’altro la scienza l’ha inventata.

La filosofia nasce dalla prassi, come modificazione sociale che la verità la costituisce e non la fotografa. Essa è dunque concreta, e non astratta come le scienze particolari. E’ esattamente il contrario di quanto afferma il luogo comune.

Quindi non è vero che la filosofia non raggiunge lo status della scienza, perché non lo vuole manco per niente, quello status: si tratta di altra cosa, e guai se non fosse così.

FONTE: http://micidial.it/2020/06/la-scienza-non-e-democratica-semmai-teocratica/

Perché è lecito sollevare delle critiche a questo Green Pass.

Sei elementi dettati da osservazioni scientifiche e ragionate per demolire l’idea malsana e inattuabile del passaporto Covid e della sua catena di meccanismi discriminatori.

I limiti del green pass

I limiti del green pass

Redazione29 luglio 2021

di Raphael Raduzzi.

Premessa: parlare di vaccini e di green pass è diventato estremamente polarizzante. L’ennesimo tema su cui dividersi in tifoserie delegittimando ogni opinione diversa dalla propria. Chi è a favore diventa un fascista e chi contrario un pericoloso untore novax. E forse anche questo fa comodo a chi vuole una nazione distratta, divisa a parlare sempre e solo di questo tema mentre tutti assieme possono smantellare ogni vincolo ambientale con il decreto semplificazioni, mentre si danno mance e marchette agli amici degli amici, mentre si fanno riforme della giustizia in salsa berlusconiana. E potrei continuare.

Detto ciò, credo vi siano dei motivi più che oggettivi per sollevare delle critiche ragionate a questo green pass:

1 – L’utilizzo del green pass si scontra su evidenti controsensi logici. Come si può solo pensare di permettere la consumazione di caffè e cornetto accalcati al bancone di un bar vietando invece di sedersi ordinatamente ad un tavolo? Al bancone il covid sparisce? Non scherziamo suvvia.

2 – Vengono escluse senza alcuna ragione categorie di persone già immunizzate. Penso ai volontari, ripeto volontari, che per favorire quella scienza di cui tanto i giornaloni si riempiono la bocca, hanno partecipato alla sperimentazione di ReiThera, il vaccino italiano poi sospeso senza troppe ragioni dalla Corte dei conti. Ebbene queste persone ci hanno contattato perché si trovano nella seguente situazione: hanno gli anticorpi, non possono fare altre vaccinazioni; eppure, sono esclusi dal Green Pass. Persone che si sono offerte per dare un contributo a sconfiggere il Covid ed ora sono pure beffate dallo stato. E purtroppo non sono gli unici. Pensate a tutti coloro che hanno fatto altri vaccini non autorizzati dall’EMA per esclusive motivazioni geopolitiche: a San Marino, ad esempio, tanti connazionali con doppia cittadinanza si sono vaccinati con Sputnik ed ora, anche loro, sono esclusi. Forse vanno bene solo i vaccini occidentali? E come non biasimare l’ennesima idiozia fatta sulla pelle di coloro che sono guariti dal Covid, cioè coloro che hanno meno probabilità di tutti – stando a studi e dati – di riprendere la malattia. Infatti, per queste persone il Green Pass varrà solamente 6 mesi che vengono estesi esclusivamente tramite almeno una dose di vaccino fatta dopo 6 mesi dalla guarigione. E tutti coloro che hanno preso il covid in maniera paucisintomatica ma che, a seguito di esame sierologico abbiano sviluppato anticorpi? Esclusi anche loro perché l’esame sierologico non vale, vale solo il certificato di guarigione. Chissà, forse al ministero pensano che queste persone abbiano sviluppato gli anticorpi mangiandoli a colazione, magari al bancone del bar.

3 – I non-vaccinati non sono untori ed i vaccinati non sono non-untori. Su questo punto abbiamo ascoltato le peggiori schifezze in questi giorni dai soliti soloni e giornalisti prezzolati. Draghi si è pure spinto a dire che chi non si vaccina indirettamente fa morire gli altri. Frasi vomitevoli. Perché se è vero che i vaccini sono molto utili, in particolare per gli anziani per prevenire forme gravi della malattia, è ormai sempre più palese che servano molto meno a prevenire la diffusione del virus.

Per fornirvi dei numeri oggettivi ho preso gli ultimi 3 bollettini dell’Istituto Superiore di Sanità. In ogni ‘tabella 7’ inseriscono i dati relativi alla quota di vaccinati, vaccinati con una dose e non vaccinati relativamente alla popolazione, ai positivi covid, agli ospedalizzati ed ai decessi. L’intervallo temporale tra le diagnosi e la popolazione ovviamente non si sovrappone perfettamente (per esempio nell’ultimo bollettino i dati della popolazione sono riferiti al 3 luglio e quella dei positivi tra il 18 giugno ed il 18 luglio) ma offrono una buona indicazione per fare dei ragionamenti. La prima cosa da segnalare è che tra i primi due documenti che ho esaminato, tra un aggiornamento e l’altro, aumentano di 3 milioni i non vaccinati e diminuiscono di 3 milioni i vaccinati: forse qualcuno ha sbagliato a caricare i dati delle tabelle? Sarebbe grave. Ma il dato davvero interessante riguarda la probabilità di contrarre il virus tra vaccinati completi, incompleti e non vaccinati nella fascia 12-39, colore che in questi giorni sono i più demonizzati. Gli untori che si sono vaccinati meno rispetto a tutte le altre coorti. Circa un mese fa eravamo a 5.1 su 100 mila abitanti per coloro che si erano vaccinati, 12.9 per i vaccinati con una sola dose e 33.6 per i non vaccinati. Nel penultimo report si passa a 32.8 positivi ogni 100 mila vaccinati, 68.5 positivi ogni 100 mila vaccinati con una dose e 96.7 positivi ogni 100 mila non vaccinati. Con l’ultimo aggiornamento del 21 luglio troviamo 66.1 positivi vaccinati ogni 100 mila, 124.9 positivi con una dose ogni 100 mila e 146.6 positivi ogni 100 mila non vaccinati. Come vedete purtroppo i numeri sono in crescita, ma gli stessi numeri evidenziano un calo significativo della probabilità di non contrarre il virus da vaccinato rispetto ad un non vaccinato. Si passa dal 79.8% al 54.9% per i vaccinati completi e dal 61.1% al 14.8% per coloro con una sola dose. Ora qualcuno potrebbe obbiettare che sono comunque numeri rilevanti, seppur in calo. Ma è davvero il caso di far passare il messaggio che un vaccinato con una sola dose, quindi abilitato al green pass, possa fare la qualunque quando in realtà ha appena meno del 15% di probabilità di non contrarre il virus rispetto ad un non vaccinato? Questi conti, per quanto rudimentali e senza alcuna pretesa lo ribadisco, sono per altro coerenti con l’evidenza che ci arriva da altri paesi molto più avanti nella campagna di vaccinazione come la Gran Bretagna o Israele. E ci sono anche i primi studi (tra molti segnalo questo: https://www.thelancet.com/…/PIIS0140-6736(21…/fulltext

) che dimostrano una diminuzione dei livelli anticorpali causati dai vaccini col passare dei mesi. In questo senso i vaccini sono una protezione che forniamo a noi stessi, non una garanzia a non infettare gli altri. Questo dev’essere chiaro per impostare qualsiasi politica sanitaria che voglia ridurre drasticamente la diffusione del covid e per evitare inutili discriminazioni.

4 – La campagna vaccinale stava procedendo anche senza questo obbligo mascherato. Addirittura, in questi giorni alcune regioni hanno finito le dosi! Come si può imporre una corsa al vaccino quando il nostro paese non ha la capacità materiale di incrementare il ritmo delle vaccinazioni. Controllatelo anche voi (https://lab24.ilsole24ore.com/numeri-vaccini-italia-mondo/

#) vedete forse una impennata nelle vaccinazioni dopo il decreto sul Green Pass? No.
5 – Il green pass apre a derive pericolose. Lo hanno segnalato in questi giorni due grandi filosofi che sicuramente non si possono ascrivere a pericolosi estremisti novax come Agamben e Cacciari. “La discriminazione di una categoria di persone, che diventano automaticamente cittadini di serie B, è di per sé un fatto gravissimo, le cui conseguenze possono essere drammatiche per la vita democratica (..). Il bisogno di discriminare è antico come la società, e certamente era già presente anche nella nostra, ma il renderlo oggi legge è qualcosa che la coscienza democratica non può accettare e contro cui deve subito reagire.” Ecco in questi giorni mi è capitato di leggere certi paragoni tra green pass e patente di guida o divieto di fumo che definire forzati è (assai) generoso. Qui non si sta discriminando in base ad una abilità che si deve possedere per utilizzare un mezzo potenzialmente letale per gli altri, o di un comportamento che senza ombra di dubbio arreca danni agli altri. Si discrimina sulla base di un farmaco che, come abbiamo visto, serve a sé stessi non agli altri. E appunto, questa voglia di discriminare come scrivono Agamben e Cacciari si sa quando inizia ma non si sa dove finisce: “ogni regime dispotico ha sempre operato attraverso pratiche di discriminazione, all’inizio magari contenute e poi dilaganti. Non a caso in Cina dichiarano di voler continuare con tracciamenti e controlli anche al termine della pandemia. E varrà la pena ricordare il “passaporto interno” che per ogni spostamento dovevano esibire alle autorità i cittadini dell’Unione Sovietica.” Chi ci dice che tra qualche anno, per combattere l’annoso problema del cambiamento climatico, non ci venga proposto ad esempio un ‘green pass’ (un nome che calzerebbe a pennello per altro) sulla base della nostra impronta ecologica? E da qui chi più ne ha più ne metta, come in Cina, dove il sistema dei ‘crediti sociali’ discrimina i cittadini meno meritori facendo in modo che non possano prendere treni e aerei veloci, hotel di lusso o mutui a tassi agevolati. Dritti dritti verso Black Mirror?

6 – Diamo un altro colpo ai settori della ristorazione, della ricezione e del turismo. Con questa mossa si rischia di compromettere la tanto attesa ripresa economica, esaltata dai nostri giornaloni, ma che se rapportata al calo del PIL del 2020 del 8,9% già ci relega ad ultimo paese europeo ad uscire dalla recessione solo nel 2023. Nel turismo già piovono disdette (https://www.lanazione.it/…/con-lobbligo-del-green-pass…)

Un settore già martoriato verrà penalizzato ulteriormente.

Quali alternative? In primis rafforzare la campagna vaccinale, spendendo (perché questo è il tempo di spendere vero Draghi) risorse e mezzi per incrementare le dosi giornaliere. Fare campagne mirate, soprattutto sui più anziani e sulle fasce deboli che ancora non hanno fatto il vaccino. Investire massicciamente su un tracciamento fatto bene: com’è possibile che nel nord Europa i tamponi rapidi che ormai sono di terza generazione e quindi con un’affidabilità che supera il 90% sono totalmente GRATUITI ed in Italia costano tra i 20 ed i 25 euro? Il tracciamento è l’arma più importante per combattere il virus. E ancora, perché non si fa un ulteriore scostamento di bilancio per investire seriamente nell’assunzione di nuovi medici e dottori nei nostri ospedali? Il tema delle cure è poi passato totalmente sotto traccia in questi mesi ma ad ottobre l’EMA potrebbe autorizzare nuove promettenti terapie contro il covid (https://ec.europa.eu/com…/presscorner/detail/it/ip_21_3299

https://ec.europa.eu/…/presscorner/detail/it/QANDA_21_3301

per maggiori info). Come scrive la Commissione “tra questi strumenti terapeutici, 4 sono anticorpi monoclonali oggetto di revisione ciclica (rolling review) da parte dell’Agenzia europea per i medicinali, mentre il quinto è un immunosoppressore la cui autorizzazione all’immissione in commercio potrebbe essere estesa per comprendere la cura dei pazienti affetti da COVID-19.”. Il nostro paese riuscirà per una volta a farsi trovare pronto almeno su questo?

*Raphael Raduzzi è un deputato del Gruppo Misto.

FONTE: https://megachip.globalist.it/politica-e-beni-comuni/2021/07/29/perche-e-lecito-sollevare-delle-critiche-a-questo-green-pass-2084929.html

 

 

 

STORIA

Il trattato di Maastricht spiegato da Guido Carli in “Cinquant’anni di vita italiana”

Lo abbiamo detto in tutte le salse che con il trattato di Maastricht ha segnato l’inizio del declino italiano, per poi concretizzarsi con la piena introduzione dell’euro nel 2002. Coloro che ci hanno portato in questa gabbia era tutti perfettamente consapevoli di quello che stavano facendo.

Come non ricordare le dichiarazioni di Giuliano Amato sulla “faustiana pretesa di una moneta senza stato” in una trasmissione RAI del 2012, oppure Massimo D’Alema che già nel 92 dagli scranni del parlamento definiva Maastricht “distorzione in senso neoliberista del processo di unità europea“.

Oggi invece parleremo di chi ha negoziato e firmato il trattato di Maasticht, in qualità di ministro del Tesoro, ovvero di Guido Carli (nella foto a destra).

FONTE: Canale YouTube BCE – Storia della Banca centrale europea (min 4:44)

Ex governatore della Banca d’Italia, ex presidente di confindustria, prima di morire si fece intervistare dal giornalista Paolo Peluffo che trascrisse le testimonianze di Carli in “Cinquant’anni di vita italiana“.

Questo libro del 1993 è un documento storico straordinario, ci sarebbe davvero tanto da dire, per il momento ecco la trascrizione di due paragrafi inerenti il trattato di Maastricht, seguiti da un breve commento.

Buona lettura.

UNA NUOVA CLASSE DIRIGENTE PER IL DOPO MAASTRICHT (pag 7-9)

Il trattato di Maastricht, le privatizzazioni rappresentano una sorta di imbuto nel quale si ritrovano tutti i fili di questi cinquant’anni italiani. Anche i contenuti del trattato di Maastricht compongono in un disegno razionale tutto ciò che il “vincolo esterno” non è riuscito a far allignare nel ceppo della società italiana: l’idea di uno “Stato minimo”, un conflitto sociale che si snoda nel rispetto della stabilità dei prezzi, esaltando la nuda creatività del lavoro, la capacità di innovare, la flessibilità del lavoro. Il tentativo attuato nel triennio 1989-1992 non ha avuto successo. La mano pubblica non si è ritratta dai territori che impropriamente aveva occupato negli anni precedenti. Tuttavia, un processo di mutamento profondo della cultura economica, della coscienza civile è stato avviato. Altri lo porteranno a termine.

La vastità dell’innovazione giuridica contenuta nel trattato di Maastricht comporta un cambiamento di natura costituzionale. Restituisce all’ordinamento giuridico la funzione di contrastare la distruzione del potere d’acquisto della moneta. Sottrae allo Stato gran parte dei poteri di sovranità monetaria. Li trasferisce a livello sovrannazionale e li restituisce così ai cittadini. Costringe tutti gli operatori che agiscono sul mercato a ripudiare i comportamenti inflazionistici che hanno caratterizzato la società italiana per almeno vent’anni. Si tratta di una costruzione imperniata su quelle nozioni che non avevano trovato albergo nella nostra Costituzione, nell’ordinamento dei codici: tutela della concorrenza, divieto di acquisire posizioni dominanti, obbligo di rispettare gli azionisti minori, pubblicità delle operazioni finanziarie, difesa contro l’uso distorto di informazioni riservate.

Il trattato di Maastricht è stato ratificato dal nostro Paese, prima di altri Paesi della Comunità. Eppure, ancora una volta, dobbiamo ammettere che un cambiamento strutturale avviene attraverso l’imposizione di un “vincolo esterno”. Ancora una volta, come già nel caso del trattato di Roma, come nel caso del sistema monetario europeo, un gruppo di italiani ha partecipato attivamente, lasciando tracce importanti del proprio contributo, all’elaborazione di quei trattati che hanno poi rappresentato “vincoli esterni” per il nostro Paese. Ancora una volta, si è dovuto aggirare il Parlamento sovrano della Repubblica, costruendo altrove ciò che non si riusciva a costruire in patria.

La classe dirigente che oggi sta passando la mano ha molte colpe, ma ha dei meriti: l’aver saputo mantenere l’ancoraggio del Paese all’economia di mercato contro le forze preponderanti che lo volevano distaccare da essa; l’aver insomma mantenuto nel proprio grembo le due anime in lotta fra loro. Oggi è venuto il momento della ricongiunzione. Quando sarà applicato, il trattato sull’Unione Europea renderà irreversibile ciò che fino ad oggi era stato una fragile conquista esposta ad ogni sorta di reazione. Ma proprio nel momento in cui gran parte della sovranità nazionale viene devoluta all’Unione Europea, è tanto più necessaria una nuova classe dirigente che eserciti la sovranità del Parlamento secondo modalità non distorte. L’auspicio con il quale inizio questa carrellata storica è che il nuovo “vincolo esterno” rappresentato dall’Unione economica e monetaria sia anche l’ultimo, e che gli uomini che si troveranno a ricostruire il rapporto tra Stato e cittadini nella nostra repubblica sappiano far scaturire dall’interno dell’ordinamento nazionale quei principi che fino ad oggi abbiamo derivato dall’esterno.

Il concetto del vincolo esterno è il tema che accompagna tutto il libro e, secondo Carli, avrebbe salvato tre volte (Bretton Wood, SME, Maastricht) ma da cosa?

Dalle resistenze che i cittadini facevano dall’accettazione dei principi di un’economia di mercato, che Carli definiva “istinti animali“. In altre parole, il vincolo esterno ci ha “salvato” da noi stessi!

Bellissimo poi il passaggio dove ammette l’antidemocraticità del progetto quando parla di “aggirare il parlamento” per approvare quello che la nostra Costituzione, in particolare nella parte economica, non prevedeva.

Ammette persino le cessioni di sovranità nazionale a livello sovrannazionale, dove per definizione i cittadini non contano nulla. E tutto questo che reazioni ha suscitato in Italia? Andiamo avanti

LE TANGENTI E LA DISINFLAZIONE (pag 435-437)

(…) È stupefacente contrastare l’indifferenza con la quale in Italia è stata accolta la ratifica del trattato di Maastricht, rispetto al clamore che e al fervore interpretativo che si è potuto registrare in Francia, nel Regno Unito, in Germania, in Danimarca, nella stessa Spagna. La cosa è tanto più difficile da comprendere se si considera che per l’Italia, più che per tutti gli altri Paesi membri della comunità, il trattato rappresenta un mutamento sostanziale, profondo, direi di carattere “costituzionale”.

L’Unione Europea implica la concezione dello “Stato minimo”, l’abbandono dell’economia mista, l’abbandono della programmazione economica, la ridefinizione delle modalità di composizione della spesa, una redistribuzione delle responsabilità che restringa il potere delle assemblee parlamentari ed aumenti quelle dei governi, l’autonomia impositiva per gli enti locali, il ripudio del principio della gratuità diffusa (con la conseguente riforma della sanità e del sistema previdenziale), l’abolizione della scala mobile (con la sconfessione del principio del recupero automatico dell’inflazione reale passata e l’aggancio della dinamica retributiva all’inflazione programmata), la drastica riduzione delle aree di privilegio, la mobilità dei fattori produttivi, la riduzione della presenza dello Stato nel sistema del credito e nell’industria, l’abbandono di comportamenti inflazionistici non soltanto da parte dei lavoratori, ma anche da parte dei produttori di servizi, l’abolizione delle normative che stabiliscono prezzi amministrati e tariffe. In una parola: un nuovo patto tra Stato e cittadini, a favore di questi ultimi. Ebbene un cambiamento giuridico di questa portata, con queste conseguenze, è passato pressoché sotto silenzio, senza conquistare le prime pagine dei giornali.

Il trattato sull’Unione Europea ridefinisce i confini dei diritti e dei doveri degli operatori economici e vincola tutti a comportamenti non inflazionistici. Ciascuna categoria, in Italia, era abituata a scaricare l’onere dell’aggiustamento su un’altra categoria. La composizione finale di questa equazione impossibile è sempre avvenuta o a carico dello Stato, ed è dunque riemersa sotto forma di indebitamento, oppure sotto forma di inflazione. La composizione delle istanze, particolari avveniva al di fuori delle aule parlamentari. La politica cessava di scegliere. Sperava nella magia di una rincorsa tra prezzi e salari che, a turno, accontentasse tutti. Oggi si può tornare a scegliere.

Il trattato sull’Unione Europea impone dunque una progressiva bonifica dell’ordinamento giuridico italiano. La classe politica italiana non si è resa conto che, approvando il trattato, si è posta nella condizione di aver già accettato un cambiamento di una vastità tale che difficilmente essa vi sarebbe passata indenne.

In fondo, Tangentopoli non è che un’imprevista opera di disinflazione di un’economia drogata, un completamento inconsapevole del trattato di Maastricht. (…)

Come vedete, il cambio di paradigma economico che c’è stato con il trattato di Maastricht è una verità incontestabile, con buona pace degli euroinomani.

A tutti quelli che “il problema è la produttività”, a quelli che “abbiamo perso il treno della rivoluzione digitale”, a quelli che “anche altri paesi hanno l’euro”, eccovi la risposta: per inseguire il fogno europeo, l’Italia ha abbandonato un modello economico vincente.

FONTE: https://canalesovranista.altervista.org/il-trattato-di-maastricht-spiegato-da-guido-carli-in-cinquantanni-di-vita-italiana/

 

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