RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 23 SETTEMBRE 2020

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RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI

23 SETTEMBRE 2020

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Fare il negativo ci è ancora imposto, il positivo ci è già dato.

FRANZ KAFKA, Aforismi di Zurau, Adelphi, 2004, pag. 27

 

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SOMMARIO

Lo scopo del nuovo lockdown
Italia sotto le Tenebrae
Premiato il governo che lavora col favore delle tenebre
Il ransomware che ha ucciso la donna in Germania era di origine russa
Dall’islam alla patria questa “Commedia” è tutta da censurare
Contattate l’Ambasciata italiana a Bruxelles solo se siete scambisti o erotomani
Lista personaggi politici #USA #Democratici #Repubblicani e affini coinvolti per reati sessuali su minori
Lockdown, dittatura e screening di massa: volete questo?
Il Pentagono ha dirottato i soldi dei contribuenti statunitensi per le misure anti Covid alle spese militari
“Gli USA sono in guerra contro l’intero pianeta”
L’ultima fase del neo-colonialismo negli Usa: “Xi non sia chiamato presidente”
NATO 2030: un piano disperato per preservare il dominio imperiale
Pillole di Bushido, un’analisi del codice dei Samurai
E Avvenire sdoganò Netflix
La neverending (infinita) lotta di classe di Confindustria
Con la sola economia non si può capire cosa c’è dietro il MES: l’Italia e il grande gioco globale
Regionali, attivazione del MES fra le probabili conseguenze del voto
Ieri hanno massacrato Deutsche Bank…
Assange marcisce in carcere ma a scandalizzare è “l’inaccettabile spionaggio di Pechino”
IL GIORNO IN CUI LAMORGESE PRENDE 300 MIGRANTI DALLA GRECIA, L’AUSTRIACO KURZ DICE CHE LE RICOLLOCAZIONI SONO FALLITE
Élite
Il lavoro ai tempi della pandemia: un esercito di disoccupati
Israele ed Emirati firmano gli Accordi di Abramo
Putin: «L’Occidente è controllato da pedofili satanici». La risposta inglese.
Vince il SI al referendum. Il popolo sostiene gli interessi delle èlites
ATTUAZIONE DEL P.R.D. DI GELLI
Suicidio Italia: ebbene Sì, ha vinto il Partito della Catastrofe
MUSK PERDE IL SUO FASCINO: Tesla “Battery Day” è un flop
L’altra faccia di Winston Churchill

 

 

IN EVIDENZA

Lo scopo del nuovo lockdown

Paolo Borgognone
Se vi sarà un secondo lockdown, in autunno, sarà diverso dal primo. Non sarà totale, ma parziale. Più assurdo, per certi versi. Alcune attività saranno stranamente permesse, altre assurdamente vietate.
I divertimenti saranno vietati. Bisogna prendere le persone per stress, bisogna abbassare le difese immunitarie della popolazione aumentando lo stress. Quindi si chiudono i divertimenti, gli svaghi (e il clima autunnale, specie nel Nord Italia, farà il resto).
Si chiudono “gli anni Duemila” (primo decennio). Il modo di ragionare tipico di quegli anni, connaturato al capitalismo di terza età, deve finire.
Il modo di ragionare edonista e insofferente di limitazioni da parte delle “classi basse” non è più, a differenza di 20 anni fa, allineato alle esigenze e ai desiderata di coloro che possono tutto ciò che vogliono.
Pertanto, questo modus pensandi degli “anni Duemila” verrà abolito a suon di restrizioni sui circenses (fino a ieri elargiti e distribuiti a costi relativamente accessibili, previo un po’ di indebitamento privato, a tutti o quasi).
Non esiste più, per la plebe, il “voglio, voglio, voglio”. La società signorile di massa non si adatta allo spirito del capitalismo di quarta fase. Per questo verrà gradualmente revocata, perlomeno limitata.
Si chiudono gli svaghi ma si potrà andare al centro commerciale, al discount a fare la spesa, a passeggiare DA SOLI.
Il secondo lockdown eventuale sarà più selettivo. Non si vuole distruggere l’economia, la si vuole CAMBIARE. Soprattutto, SI VUOLE CAMBIARE LA MENTALITA’ COLLETTIVA.
Deve esserci, nel tessuto sociale del Paese, la percezione di pesantezza, di controllo, di un atteggiamento negativo e pessimista. E soprattutto dev’esserci PAURA. E’ con la paura che si fanno i più grandi affari. Servono ancora un paio di giri di lockdown “mirati”.
Poi, quando i valori culturali saranno sufficientemente cambiati, il virus sparirà come d’incanto. Saranno Gates e Fauci a stabilire il finale di partita, a lavoro sporco compiuto…
La “durezza del vivere”  per la  plebaglia
Tommaso Padoa Schioppa,   Corrire della Sera, 26 agosto 2003:
Nell’ Europa continentale, un programma completo di riforme strutturali deve oggi spaziare nei campi delle pensioni, della sanità, del mercato del lavoro, della scuola e in altri ancora. Ma dev’ essere guidato da un unico principio: attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l’ individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità.
dal Deutsche Wirtschaft Nachrichten
 

Il “Great Reset” è controllato da Blackrock: agli stati è consentito solo assistere

BlackRock, con sede legale nel  paradiso fiscale statunitense del Delaware, è solo la più grande delle  diverse centinaia di “banche ombra” , ufficialmente chiamate così e, a differenza delle banche tradizionali, sono difficilmente regolamentate. BlackRock ha interessi di proprietà, ad esempio azioni, in circa 18.000 società, banche e fornitori di servizi finanziari, principalmente negli Stati Uniti e nell’UE.

BlackRock possiede azioni nelle società più redditizie, come Coca Cola, Goldman Sachs, Exxon, Nestlé, Nike, Bayer, BASF, Siemens, VW, BMW, Daimler, Allianz, Amazon, Google, Apple, Microsoft, Facebook ad esempio presso le più grandi compagnie di armamenti, ad esempio Lockheed, Boeing, Northrop, Raytheon (tutti gli Stati Uniti), Leonardo (Italia), Thales (Francia) e Rheinmetall (Germania).

[…]  BlackRock è l’unico investitore a detenere azioni in tutte le 30 società DAX. Al secondo e terzo posto ci sono “Vanguard” e “State Street”. Va notato che le banche ombra sono collegate in rete tra loro, ad esempio “Vanguard” e “Wellington” sono anche azionisti di BlackRock. Tuttavia, il capo di BlackRock Laurence Fink è il portavoce di questi nuovi giocatori di capitale.

BlackRock è stato advisor delle più importanti banche centrali, ad esempio la Federal Reserve (USA) e la BCE, sin dai tempi del presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Il consiglio include, tra le altre cose, la progettazione dei grandi programmi di salvataggio  provocate dal Covid:  ad esempio da quali paesi e società le banche centrali dovrebbero acquistare obbligazioni….

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/lo-scopo-del-nuovo-lockdown/

Italia sotto le Tenebrae

VIDEO QUI: https://youtu.be/D2q_uIkQnOQ
FONTE: https://www.maurizioblondet.it/italia-sotto-le-tenebrae/

Premiato il governo che lavora col favore delle tenebre

Il premier Conte 77323

«Aprite gli occhi: hanno dichiarato guerra, a tutti noi». In momenti come questo, si fa acuta la nostalgia per una voce che si è spenta lo scorso 26 aprile, quella di Giulietto Chiesa. Si poteva non essere d’accordo con lui su alcune cose, ma non era possibile non riconoscergli l’impegno civile, praticamente titanico, coraggiosamente profuso al prezzo della perdita di molti privilegi. La sua missione, spesso solitaria, era quella di chi dedica la propria vita ad avvertire i prigionieri della caverna, spiegando che – là fuori – c’è chi sta preparando il peggio: per tutti, nessuno escluso, compresi quelli che continuano a illudersi di essere al riparo, di fronte alla catastrofe incombente. Come i non molti intellettuali liberi di questo paese, anche Giulietto Chiesa aveva dato una chance ai grillini, evitando di demonizzarli, fin da quando sembravano vittime dell’insopportabile interdizione mediatica riservata agli outsider. Ed era poi stato sempre tra i primi, Giulietto, a capire di che pasta fosse veramente fatto, quel movimento: moltissimi giovani, animati dalle migliori intenzioni, ma (questa la loro colpa) disposti a tacere di fronte all’autoritarismo di Grillo & Casaleggio, all’imposizione “militare” del consenso interno, al divieto di dissenso. Che democrazia potrebbe mai costruire, un partito-caserma senza democrazia?

La più raggelante delle risposte viene, oggi, dal dossier – presentato dal “Corriere della Sera” – con cui il governo Conte informa Bruxelles su come vorrebbe spendere i soldi dell’eventuale Recovery Fund. Tra le misure escogitate per far uscire il paese dalla crisi economica provocata non tanto dal Covid, quanto dal governo stesso (cioè dal lockdown “cinese” imposto all’Italia, senza una strategia per limitare i danni al sistema-paese), l’ex “avvocato del popolo” messo a Palazzo Chigi dai 5 Stelle pensa di impiegare miliardi di euro per abolire il denaro contante, potenziare la video-sorveglianza sui cittadini e mettere in orbita «una costellazione di satelliti 5G». Vorrebbe anche realizzare la schedatura sanitaria degli italiani, e addirittura «studiare differenti stili di vita delle persone», e quindi «impostare politiche di prevenzione», laddove gli italiani rifiutassero di obbedire, cioè di seguire gli “stili di vita” proposti dal governo. Sempre Giuseppe Conte, quello che «non lavora col favore delle tenebre», vorrebbe pure «potenziare il contrasto alle “fake news”», cioè limitare ulteriormente la libertà di espressione e «regalare altri soldi ai delatori di regime», per dirla con Massimo Mazzucco, che ha condiviso l’ultima stagione di Giulietto Chiesa aprendo insieme a lui l’esperimento di “Contro Tv”, una delle voci che più danno fastidio al governo dei 5 Stelle.

Proprio della libertà di informazione, Giulietto Chiesa – già comunista, poi allontanatosi dalla sinistra – aveva fatto una vera e propria ragione di vita. Che cosa direbbe, di fronte alla situazione di oggi? Si commenta da sola la decisione del governo grillino (unico, in questo, nei paesi occidentali) di istituire a Palazzo Chigi una sorta di Ministero della Verità, una super-commissione orwelliana incaricata di “bonificare” il web da tutte le notizie scomode per l’esecutivo, ovvero per i poteri sovranazionali per i quali lavora, in piena sintonia con le élite cinesi e franco-tedesche, incluse quelle (atlantiche) che hanno proposto prima Greta Thunberg e poi Bill Gates come nuovi eroi per un pianeta post-democratico, popolato da sudditi diligenti, sottomessi e conformati alla religione tecno-psicologica del politicamente corretto. Triste, la parabola dei 5 Stelle: hanno ferocemente tradito le loro promesse elettorali (tutte, dalla prima all’ultima), e per questo hanno visto più che dimezzarsi i loro voti, ma sono riusciti in una storica impresa: assestare un colpo mortale alla democrazia italiana. Lo hanno fatto prima sistemando a Palazzo Chigi l’oscuro Giuseppe Conte, allievo del più influente gruppo di potere vaticano, e ora privando gli elettori della possibilità di eleggere 345 parlamentari. Era il piano di Licio Gelli: l’ha realizzato Beppe Grillo, attraverso Luigi Di Maio.

A sconfortare non è l’aspetto tecnico dell’esito referendario, che premia le richieste esplicite dei grandi poteri finanziari (far dimagrire i Parlamenti, indebolendo in tal modo le possibilità di opposizione). Se un giorno la democrazia italiana dovesse risorgere, il brutale taglio inflitto il 20-21 settembre 2020 potrebbe essere riparato, con un adeguato ridisegno delle istituzioni. Quello che scoraggia, piuttosto, è la cecità di moltissimi italiani: punendo la piccola casta rappresentata dai parlamentari, dotata di scarsissimi poteri, non si sono resi conto di aver fatto un favore immenso alla grande casta, quella che conta e che detta ai governi le sue condizioni. Peggio ancora: quasi tre italiani su quattro non hanno approfittato del voto – che era la prima vera occasione di espressione, loro concessa, dopo mesi di arresti domiciliari e poi di libertà vigilata – per pronunciare apertamente un “no” che arrivasse, forte e chiaro, alle orecchie di chi sta abusando di loro, dopo averli terrorizzati (anziché aiutati) di fronte all’epidemia del coronavirus. Deprime, questo harakiri collettivo. E non solo: la catastrofe referendaria non può che incoraggiare i manipolatori, che infatti già annunciano di voler procedere, a spron battuto, con la loro agenda.

Si tratta di un’agenda che può apparire “infernale”, cioè sinistramente totalitaria, essendo fondata sull’eliminazione delle libertà residue: i prestanome al governo – Conte, Di Maio, Zingaretti – vorrebbero sottoporre la popolazione a un controllo asfissiante, tecno-sanitario, senza più veri diritti, dopo aver opportunamente causato una profonda depressione economica, destinata a tenere in ansia la maggior parte degli italiani, assillati da gravi problemi quotidiani di ordine pratico. A questo si è arrivati per gradi, alimentando a dismisura la paura del Covid. Come valutare altrimenti gli eventi che abbiamo alle spalle? Immagini-simbolo, quelle della parata dei camion militari carichi di bare. Il conteggio degli orrori è fuori controllo, dal divieto di eseguire autopsie all’emarginazione sistematica dei medici (italiani) che annunciavano di aver messo a punto efficaci terapie per ridurre il Covid a malattia “normale”, perfettamente curabile. Inutile ricorrere alle statistiche, come quelle ufficiali che ricordano come l’influenza stagionale del 2017 (per la quale non si adottò nessuna quarantena) abbia prodotto quasi lo stesso bilancio di vittime della cosiddetta pandemia del 2020, presentata come terrificante e invincibile. Non avendo più dati spaventosi da esibire – ricoveri, morti – oggi si agita il numero dei semplici contagiati, ossia persone in buona salute, prive di sintomi. E funziona.

Per chi non l’avesse ancora capito, siamo in guerra. Non è neppure importante scoprire da cosa sia scaturito, il maledetto virus. E’ fondamentale, invece, comprendere come sia stato finora utilizzato in un’unica direzione: contro di noi, come avrebbe detto Giulietto Chiesa. Contro di noi, gente della strada, ieri sparavano i terroristi cosiddetti “islamici”: facevano crollare torri, falciavano passanti. Mai che cercassero di colpire obiettivi simbolici del potere, teoricamente loro nemico: nel mirino c’erano solo e sempre le persone comuni. Oggi, il Covid si presenta come un’occasione d’oro, irripetibile, per chiunque volesse mettere in atto un piano di dominio capace di radere al suolo l’idea stessa di democrazia. Come con il terrorismo, a stravincere è l’arma della paura: la sua efficacia è micidiale, perfettamente dosata attraverso il sistema del mainstream media. Nei suoi ultimi anni, Giulietto Chiesa reiterò spesso il medesimo allarme: una catastrofe sta per travolgerci. Pensava ai bankster, ai sicari economici, ai mandanti in doppiopetto dei terroristi, agli sciacalli della “guerra infinita”. Ora siamo alla palese sovragestione di un virus. La catastrofe tanto temuta è finalmente arrivata: non impugna un mitra, ma indossa un camice.

Avremo ancora un democrazia? Avremo ancora libertà e diritti? Servirebbero parole chiare, dai politici. L’unico personaggio che si sia pronunciato in questi termini, in Europa, negli ultimi mesi, è stato Robert Kennedy Jr. nel suo memorabile discorso a Berlino. Il mondo libero guarda a Donald Trump e alle imminenti presidenziali americane. I nano-politici italiani, incluse le sedicenti opposizioni, si sono limitati all’orticello elettorale delle regionali. Il sistema-paese sta svanendo sotto i nostri occhi, e nessuno sembra disposto a fermarlo, il governo che lavora col favore delle tenebre. Così, l’agenda avanza: l’incredibile Zingaretti, quello che ha fatto spendere alla Regione Lazio 14 milioni di euro per mascherine mai arrivate, e ora vorrebbe imporre ai laziali il Tso del vaccino antinfluenzale, oggi propone all’altro grande statista, Di Maio, di dare la mazzata decisiva all’Italia, a colpi di “riforme” come quella (scandalosa) appena convalidata dagli ignari votanti, impauriti e imbavagliati nelle inseparabili mascherine. A proposito: perché prendersela con Di Maio e Zingaretti, quando sono moltissimi cittadini a non chiedere di meglio che restare chiusi in casa, magari denunciando chi passeggia con il cane? E’ in corso una guerra mondiale, e il grosso della popolazione nemmeno se ne accorge. Ci si domanda da dove possa mai cominciare, la rianimazione di una democrazia ridotta così.

(Giorgio Cattaneo, 22 settembre 2020).

FONTE: https://blog.movimentoroosevelt.com/blog/2603-premiato-il-governo-che-lavora-col-favore-delle-tenebre.html

 

Il ransomware che ha ucciso la donna in Germania era di origine russa

Il ransomware è il delitto più voga e i “riscatti” finiscono nelle tasche del crimine organizzato e del terrorismo

La drammatica morte della donna, il cui ricovero era stato rifiutato dalla clinica universitaria di Düsseldorf a causa di un problema informatico che ne aveva bloccato le attività, ha innescato una serie di indagini che stanno dando i primi frutti.

Il trasferimento forzato a Wuppertal (a circa 30 chilometri dalla città tedesca) dei pazienti da sottoporre a cure ed interventi urgenti ha incluso il decesso di una signora e la circostanza ha sconvolto il mondo, vuoi per l’origine tecnologica della tragedia, vuoi per l’insipienza dei medici che non hanno saputo fare a meno dei computer (manco fosse stato il bisturi…) per fare qualcosa per salvare la vita di quella sventurata.

L’assedio digitale (la struttura ospedaliera era completamente paralizzata per il malfunzionamento degli apparati mandati in tilt dalle istruzioni maligne) risulta essere stato condotto da una banda di criminali russi specializzati nel confezionamento di malware in grado di crittografare e rendere inutilizzabili i dati e i programmi residenti sui sistemi presi di mira.

Secondo il quotidiano tedesco Aachener Zeitung il ransonware utilizzato per questo catastrofico evento è il “DoppelPaymer”

La ricostruzione degli investigatori porta a conoscere che gli hacker avrebbero introdotto una sorta di “downloader” in una “macchina” della clinica universitaria molti mesi fa, scegliendo di servirsene solo in un secondo tempo.

Nella notte del 10 settembre i criminali avrebbero “aperto le danze” facendo sì che 20 server dell’ospedale scaricassero il software infetto dall’elaboratore principale della medesima struttura.

La gravità dei danni arrecati da questa scellerata azione di cifratura dell’intero patrimonio informativo del centro ospedaliero è testimoniata dal fatto che a distanza di quasi due settimane non sono ancora stati ripristinati tutti i servizi sanitari normalmente erogati.

FONTE: https://www.infosec.news/2020/09/23/news/tecnologie-e-salute/il-ransomware-che-ha-ucciso-la-donna-in-germania-era-di-origine-russa/

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

Dall’islam alla patria questa “Commedia” è tutta da censurare

Altro che Charlie Hebdo! La critica più feroce a Maometto è stata prodotta non da vignettisti francesi ma da un poeta italiano, si chiamava Dante Alighieri e scrisse un lungo poema intitolato Divina Commedia

Altro che Charlie Hebdo! La critica più feroce a Maometto è stata prodotta non da vignettisti francesi ma da un poeta italiano, si chiamava Dante Alighieri e scrisse un lungo poema intitolato Divina Commedia che, forse per distrazione, è ancora presente nei programmi scolastici.

Per distrazione o totale incomprensione del canto XXVIII dove l’autore getta i «seminator di scandalo e di scisma», tra cui il fondatore della religione islamica, nel fondo della nona bolgia. In versi tra i più sconci e impietosi dell’Inferno il profeta arabo appare «rotto dal mento infin dove si trulla», ossia dove si emettono i peti.

Al confronto appaiono piuttosto rispettose, le caricature che nel 2015 causarono 12 morti nella redazione del settimanale satirico francese (il processo ai complici di quel massacro compiuto in nome di Allah si tiene proprio in questi giorni a Parigi). Il cristianissimo Dante col maomettanissimo Maometto non fa satira, non usa l’ironia, non ricorre a eufemismi e mostrandolo sventrato descrive il «tristo sacco / che merda fa di quel che si trangugia». Molto offensivo! Poco inclusivo! Anche Papa Francesco dovrebbe trovarvi da ridire, lui che ha firmato la Dichiarazione di Abu Dhabi, documento cattolicamente eretico e dunque mondanamente allineato in cui le diverse fedi vengono dichiarate equivalenti. Gesù e Maometto pari sono per l’ineffabile pontefice gesuita che, coi cadaveri di Charlie Hebdo ancora caldi, disse che non si deve ridicolizzare la fede altrui, di qualunque fede si tratti, e che il blasfemo «si aspetti un pugno».

Che cosa dovrebbe aspettarsi ora questo Dante Alighieri?

L’Italia pullula di statue dedicate a un siffatto islamofobo: che farne? Imbrattarle come a Milano è stato imbrattato Montanelli, abbatterle come negli Usa è stato abbattuto Colombo? I nuovi iconoclasti non se ne sono ancora accorti, di un così riprovevole personaggio, ma appena lo faranno sarà a rischio il grande monumento di Trento, simbolo dell’italianità trentina, e quello di Firenze a cui Leopardi dedicò una poesia importante. Alle orecchie contemporanee il suo poema suona insopportabilmente monoculturale, monoetnico. «Diverse lingue, orribili favelle»? Poteva scriverlo solo un reazionario insensibile al fascino del meticciato… Poi se il poeta fosse stato un sincero democratico non avrebbe collocato in Paradiso l’antenato Cacciaguida (un ultrazzista, un suprematista fiorentino), non gli avrebbe fatto da megafono quando dice che «sempre la confusion de le persone, principio fu del mal de la cittade», non gli avrebbe consentito di discriminare perfino gli abitanti di Figline Valdarno, di definire puzzolenti i contadini di Signa. Il trisavolo per giunta fu un crociato: in una Commedia riveduta e corretta, riscritta a misura di sensibilità immigrazionista da un Erri De Luca o da un Franco Arminio, dovrebbe starsene sprofondato nel nono cerchio infernale, assieme a Matteo Salvini e Donald Trump. Aleggia un nuovo Braghettone: come Daniele da Volterra coprì le nudità divenute intollerabili della Cappella Sistina, uno scrittore moralista (i succitati oppure Gianrico Carofiglio) potrebbe coprire i versi capaci di angosciare gli studenti non bianchi. «Ahi serva Italia, di dolore ostello, / / non donna di province, ma bordello!» sono endecasillabi da cui trasuda imperialismo, colonialismo ante litteram: non posso credere che un simile testo sia ancora insegnato tale e quale, senza omissioni, nelle scuole di conformismo che sono le scuole italiane… Oggi la Divina Commedia non si potrebbe più scrivere: fino a quando potremo leggerla?

FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/dallislam-patria-questa-commedia-tutta-censurare-1891210.html

 

 

 

 

 

ATTUALITÁ SOCIETÀ COSTUME

Contattate l’Ambasciata italiana a Bruxelles solo se siete scambisti o erotomani

Un sito web istituzionale ha cambiato la vita di un caro amico che, da anni per ragioni di lavoro, vive in Belgio e che era andato sul sito Internet dell’Ambasciata soltanto per avere informazioni sul calendario scolastico per i figlioli.

Lui, persona di sani principi e di ineccepibile moralità, si è tramutato in un mostro di assatanata sessualità. Il motivo? Semplicissimo.

Gli è bastato digitare l’indirizzo dell’insediamento virtuale della sede diplomatica in lingua inglese e selezionare la voce “contatti” (o “contact us” ad esser più precisi).

Lì – sotto la dicitura “School Department” ha trovato il link di proprio interesse corrispondente a www.ufficioscolasticobruxelles.eu e gli si è aperto un mondo fino ad oggi per lui inesplorato e inimmaginabile.

Il fatidico clic lo ha catapultato in un universo inaspettato, dove – in barba al distanziamento sociale – ci si avvicina più del dovuto e le mascherine vengono portate sugli occhi e non su bocca e naso come tanto viene raccomandato….

Chi fosse interessato all’argomento, magari immaginando una “vacanza studio” nel Regno del Belgio (o nell’Impero dei sensi….) può ripercorrere la sequenza di navigazione e rivivere le emozioni di chi ha fatto la sorprendente scoperta.

FONTE: https://www.infosec.news/2020/09/22/wiki-wiki-news/contattate-lambasciata-italiana-a-bruxelles-solo-se-siete-scambisti-o-erotomani/

 

 

 

Lista personaggi politici #USA #Democratici #Repubblicani e affini coinvolti per reati sessuali su minori

Wikileaks Italian- 22 09 2020

#Pedogate Lista personaggi politici #USA #Democratici #Repubblicani e affini coinvolti per reati sessuali su minori

FONTE: https://www.facebook.com/wikileaksitalian/posts/3855512224478156

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

Lockdown, dittatura e screening di massa: volete questo?

Sono le ventitré e trenta di lunedì 21 settembre. In molti, tramite Facebook e altri social network, mi stanno chiedendo un commento “a caldo” del risultato elettorale. Ebbene, anche se i risultati non sono definitivi e non è stato completato lo spoglio delle schede, un commento “a caldo” ve lo darò, ma potrebbe non piacervi. Premesso che non nutro più alcuna fiducia in una “opposizione” falsa e meschina che è al 100% corresponsabile dello stato di dittatura che stiamo vivendo, oggi vedo solo un popolo indegno di idioti lobotomizzati e totalmente succubi della vulgata “pandemica”, un popolo che ha dimostrato di non meritare alcuna libertà, alcuna giustizia e alcuna democrazia. Un popolo che ha ceduto senza esitare i diritti e la libertà, conquistati con il sangue dalle generazioni che ci hanno preceduto, in cambio di una museruola e degli arresti domiciliari. Un popolo di lemming che si avvia gioiosamente nel precipizio! Cosa volete sperare da un popolo simile? Chiaramente non sto accusando le decine di migliaia di italiani che hanno ben compreso la drammaticità della situazione che da molti mesi stiamo vivendo e le autentiche ragioni che si celano dietro alle azioni e alle politiche di un governo totalmente eterodiretto, che non ha esitato a calpestare la nostra Costituzione e ogni legalità pur di perseguire un’agenda impostagli da lobby di potere sovranazionali.

Molti italiani hanno infatti compreso cosa sta accadendo e dove chi ci governa intende arrivare, e tentano per quanto possibile di reagire e di contrastare questa ignobile deriva totalitaria e tecnocratico-sanitaria. Ma il problema è che sono pochi, ancora Nicola Bizzitroppo pochi. Parliamoci chiaro: non mi aspettavo niente da questa tornata elettorale, se non un minimo di orgoglio da parte di tutti coloro (e sono milioni, non poche centinaia!) che sono stati danneggiati, non solo economicamente, ma anche umanamente, dalla folle politica di questo esecutivo. Speravo forse che un numero consistente di questi Italiani voltasse le spalle, almeno nel segreto dell’urna elettorale, al peggiore governo che l’Italia abbia mai subito dal dopoguerra ad oggi. Ma risulta evidente che milioni di nostri concittadini sono andati a votare come se niente fosse, continuando a dare ciecamente fiducia ai propri partiti di riferimento, dimenticandosi completamente dei soprusi e degli abusi che stanno incessantemente subendo dallo scorso febbraio.

Oggi, 21 settembre, il giornalista Dino Valle ha riportato, tramite il suo sito, una notizia che deve far riflettere e aprire gli occhi a chi fino ad oggi li ha tenuti chiusi: un comune della provincia di Avellino, Sperone, è stato messo in lockdown con il pretesto dell’aumento dei contagi di Covid-19. Un falso aumento, questo è chiaro, poiché si tratta nella stragrande maggioranza di presunti positivi asintomatici, vale a dire persone in perfetta salute. Eppure, il sindaco di questo comune, Marco Alaia, non ha esitato un attimo ad autorizzare delle gravissime misure restrittive: gli esercizi commerciali dovranno restare chiusi, ad Termoscannereccezione di quelli ritenuti di “prima necessità”, saranno chiusi anche i pubblici uffici e gli abitanti saranno costretti ad indossare mascherine anche all’aperto. Ma non è finita qui: il sindaco ha anche annunciato che provvederà, in spregio ai più elementari diritti costituzionali in merito alla regolamentazione dei trattamenti sanitari o diagnostici obbligatori, ad effettuare uno screening di massa.

«In seguito alla richiesta del 16/09/2020 fatta dal Sindaco del Comune di Sperone all’Asl di Avellino circa la necessità di condurre una indagine epidemiologica Covid-19 sul territorio comunale, in virtù delle positività rilevate – si legge nella nota – si rappresenta che presso l’area mercato del comune di Sperone è possibile effettuare tamponi alla popolazione residente per lo screening epidemiologico, a cura dell’Asl di Avellino. Si invita la cittadinanza a collaborare rispettando le norme anti Covid-19», conclude questa allucinante nota del Comune di Sperone. Quando vi sveglierete? Quando capirete che entro pochi giorni o poche settimane centinaia di comuni italiani verranno spinti da questo governo ad agire nel medesimo modo? Quanto ancora sarete disposti a sopportare questi nuovi lockdown a macchia di leopardo, il cui unico scopo sarà quello di effettuare screening e tamponi di massa e di rinchiudervi di nuovo in casa?

(Nicola Bizzi, “Lockdown, dittatura e screening di massa. È questo che volete?”, da “Database Italia” del 21 settembre 2020).

FONTE: https://www.libreidee.org/2020/09/lockdown-dittatura-e-screening-di-massa-volete-questo/

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Il Pentagono ha dirottato i soldi dei contribuenti statunitensi per le misure anti Covid alle spese militari

Il Pentagono ha dirottato i soldi contribuenti statunitensi per le misure anti Covid alle spese militari

Il Pentagono ha reindirizzato la maggior parte del miliardo di dollari di fondi per “prevenire, preparare e rispondere” alla pandemia di coronavirus ai suoi appaltatori della Difesa per pagare forniture militari, come parti di motori a reazione, giubbotti antiproiettile e uniformi militari e altre necessità , riporta il Washington Post. Il denaro dei contribuenti è stato assegnato al Pentagono ai sensi del Coronavirus Relief, Relief and Economic Security Act (CARES), firmato dal presidente Donald Trump alla fine di marzo.

La commissione per gli stanziamenti della Camera, guidata dai democratici, ha indicato nel suo rapporto sulla legge sulla difesa per il 2021 che la spesa del Dipartimento della Difesa del denaro stanziata dalla legge CARES non è stata distribuita come previsto. “L’aspettativa del Comitato era che il Dipartimento avrebbe affrontato la necessità di capacità industriale di DPI (Dispositivi di protezione individuale) piuttosto che utilizzare i fondi per DIB (Base industriale della difesa)”, ha scritto il Comitato. I Democratici hanno chiesto di aprire un’indagine sulla questione.

Il Sottosegretario alla Difesa per le acquisizioni e i mezzi di sussistenza Ellen Lord ha difeso il reindirizzamento dei fondi in una dichiarazione al Washington Post, affermando che “dobbiamo sempre ricordare che la sicurezza economica e la sicurezza nazionale sono strettamente correlate e che la nostra base industriale è veramente connessa”.

Da parte sua, Jessica Maxwell, portavoce del Dipartimento della Difesa, ha dichiarato a The Hill che il CARES Act “non stabilisce alcuna limitazione” all’uso dei finanziamenti “solo nella base industriale delle forniture mediche” e che certe spese per la difesa erano “appropriate. a condizione che affrontassero gli impatti legati al covid sulla base industriale “. Ha aggiunto che gli impatti economici della pandemia “hanno richiesto un’azione rapida (…) per sostenere e rafforzare le capacità essenziali della base industriale nazionale”.

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-il_pentagono_ha_dirottato_i_soldi_contribuenti_statunitensi_per_le_misure_anti_covid_alle_spese_militari/82_37413/

 

 

 

“Gli USA sono in guerra contro l’intero pianeta”

 Ministro degli Esteri di Cuba all’ONU

Bruno Rodriguez, capo della diplomazia cubana, ha accusato gli Stati Uniti di essere la maggiore minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale al mondo.

L’intervento è avvenuto alla riunione di Alto Livello per il 75esimo anniversario dell’Assemblea Generale dell’ONU. Il comportamento irresponsabile di Washington, che continuano la loro politica di guerre commerciali, non hanno partecipato ai tentativi della comunità internazionale per affrontare insieme la crisi coronavirus, e inseguono una corsa agli armamenti in solitaria, con armi di propria creazione:

“Gli Stati Uniti ignorano importanti accordi internazionali, anche sul disarmo e sul controllo degli armamenti, e sembrano essere “in guerra con l’intero pianeta”, “istigano conflitti, guerre non convenzionali e commerciali e impongono severe misure coercitive unilaterali”,

Ovviamente Cuba è uno dei bersagli più colpiti dalle politiche di Washington. Sono ormai sessant’anni che Cuba si vede imposto l’embargo economico, commerciale e finanziario da parte degli Stati Uniti da quando nel 1959, cominciata la rivoluzione castrista, sono state nazionalizzate risorse prima controllate dagli USA: la totalità del petrolio, delle miniere, delle centrali elettriche,  della rete telefonica e un terzo della produzione dello zucchero di canna.

Prima della rivoluzione Gli Stati Uniti rappresentavano il principale partner commerciale di Cuba: il 74% delle esportazioni e il 65% delle importazioni dell’Isola arrivavano dagli USA. Nel 2014 Obama ha annunciato la fine dell’embargo, ma la sua rimozione ha visto l’opposizione del partito repubblicano, e il processo non è mai stato portato a termine. Con le rielezioni di Trump, l’embargo è tornato operativo, e il presidente ha dichiarato che lo sarà fin quando non ci saranno libere elezioni nell’isola.

Dall’inizio dell’embargo, ogni anno Cuba si appella alle Nazioni Unite per porvi fine, senza successo.

Donald Trump ha rinnovato proprio questo mese, in linea con il Trading with the enemy act, le restrizioni commerciali per un altro anno.

Ne parliamo nel TG:

VIDEO QUI:

FONTE: https://comedonchisciotte.org/gli-usa-sono-in-guerra-contro-lintero-pianeta-ministro-degli-esteri-di-cuba-allonu/

 

 

 

 

L’ultima fase del neo-colonialismo negli Usa: “Xi non sia chiamato presidente”

L'ultima fase del neo-colonialismo negli Usa: Xi non sia chiamato presidente

l’AntiDiplomatico ha bisogno del tuo aiuto. Una tua piccola donazione può essere vitale per la nostra battaglia di informazione.di Francesco Erspamer*

Distratta dai pettegolezzi che hanno sostituito la politica, la gente neppure si accorge del neocolonialismo che si sta diffondendo incontrastato, con il patrocinio sia dei libertari di destra che dei liberal di sinistra. Un esempio? La proposta di un repubblicano americano di impedire per legge che il presidente cinese Xi Jinping sia appunto chiamato presidente. Come mai? Perché il modo in cui ha raggiunto il potere non sarebbe democratico, ossia conforme ai riti stabiliti quasi tre secoli fa da un gruppetto di ricchi possidenti e inserito senza reali possibilità di modifiche nella Costituzione degli Stati Uniti. Da notare che il disegno di legge si intitola “Name the Enemy”; chi non si adegua è un nemico. Ma CNN, a chiacchiere antitrumpista, non è scandalizzata né dal nome né dal contenuto della proposta; rileva solo che potrebbe essere inefficace.

Di simili articoli i giornalisti americani e italiani ne sfornano ogni giorno. Per distogliere l’attenzione dal fatto che la Apple è ormai uno stato nello stato, più ricca di molte nazioni, e che Jeff Bezos ha approfittato della pandemia per portare la sua fortuna personale a più di 200 miliardi, cifra così assurda che si tende a non notare che equivale a duecentomila milioni.

Si guardano bene, i giornalisti, dal ricordare che negli Stati Uniti il presidente viene scelto, sì, da tutti i cittadini che vanno a votare (peraltro poco più della metà degli aventi diritto), ma solo fra due candidati, selezionati da un numero ristretto di elettori (meno del 20%) nelle primarie, americanata entusiasticamente importata in Italia per consentire l’occupazione del Pd da parte del democristiano Renzi; e che alla fine a vincere può essere, come nel caso di Trump, il candidato che abbia ottenuto meno voti (nella fattispecie, tre milioni). Per non dire del fatto che il ruolo determinante del denaro viene ormai accettato come inevitabile, se non glorificato in nome del libero mercato – e dei profitti che arrivano ai giornalisti stessi.

L’unico universalismo è questo, quello dei soldi; chi si riempie la bocca di valori “umani”, ossia decontestualizzati e destoricizzati, o più trasparentemente di destini manifesti di crescita e di globalizzazione, è un profeta del pensiero unico liberista. Penso che invece non esista una singola forma “giusta” di governo o di società, e che a nessuno debba essere permesso di sindacare sul modo in cui i cinesi decidono chi sia il loro presidente. Fatti loro. Lo stesso gli americani, e se il meglio che sanno trovare sono Trump e Biden, ne subiranno le conseguenze. Ma non dovremmo subirle noi.
La politica, come la morale, ha senso solo a livello locale; il resto è imperialismo, cioè il dominio del più forte. Non si tratta solo delle basi militari ospitate in Italia; le vere forze di occupazione, nel nostro paese, sono Amazon, le banche straniere, le catene commerciali. Serve una nuova Resistenza, una nuova lotta di liberazione, un nuovo anticolonialismo.

*Professore all’Harvard University

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-lultima_fase_del_neocolonialismo_negli_usa_xi_non_sia_chiamato_presidente/27802_37254/

 

 

 

NATO 2030: un piano disperato per preservare il dominio imperiale

Rainer Shea, 20 settembre 2020

In questi ultimi quattro anni da quando Donald Trump è stato eletto, gettando il Paese centrale dell’impero NATO tra crescente incertezza e volatilità, la classe dirigente dell’impero rispose cercando di riconquistare l’equilibrio geopolitico dell’era Obama. Col sabotaggio dei trattati internazionali, la retorica belluina e guerre commerciali anche cogli alleati, Trump accelerava il disfacimento dell’ordine globale nordamericano, minando il rapporto di Washington coll’Europa. Ciò spinse i sostenitori dell’ordine liberale a cercare di riparare tali legami sempre più fragili nel blocco imperialista, mentre si muovono a consolidare il potere nei Paesi che l’impero statunitense controlla ancora saldamente nel suo declino. L’isteria anti-russa che attanaglia i principali Paesi imperialisti negli ultimi anni serve a radunare le forze scioviniste imperialiste attorno al programma per una rinnovata guerra fredda, centrale nell’obiettivo della NATO di riconquistare l’Eurasia dal crescente potere dell’alleanza Russia/Cina. Il rafforzamento militare contro Russia e Cina è continuato, mentre la paranoia xenofoba sui rivali di Washington giustificava una censura sempre più severa delle voci antimperialiste. E lo scandalo “Russiagate”, recentemente rianimato con affermazioni infondate dei media secondo cui la Russia pagasse taglie ai taliban, fu utilizzato per fare pressione su Trump affinché accetti tutta la nuova guerra fredda. Ma per proteggere ulteriormente gli interessi nell’instabile periodo geopolitico degli anni ’20, gli imperialisti devono assicurarsi il dominio completo dei Paesi della regione forse più geopoliticamente importante attualmente: l’Indo-Pacifico. È qui che entra in gioco la NATO 2030.
In un evento di giugno sponsorizzato dal think tank neoconservatore Consiglio Atlantico, il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg annunciò un progetto di riforma chiamato NATO 2030. Si tratta di un piano per assorbire Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Corea del Sud nella NATO, nonché ad espanderne l’influenza oltre al mero ruolo militare e a renderla strumento per influenzare le sfere politiche dei Paesi sotto sua giurisdizione. La spiegazione di Stoltenberg dell’esistenza di tale piano rifletteva perfettamente la recente spinta liberale contro l’isolazionismo nazionalista trumpiano: “dobbiamo resistere alla tentazione delle soluzioni nazionali e dobbiamo essere all’altezza dei nostri valori: libertà, democrazia e stato di diritto. Per fare ciò dobbiamo rimanere forti militarmente, essere più uniti politicamente e adottare un approccio ampio a livello globale”. Tale piano non si limita a garantire la cooperazione imperiale nella regione in cui gli Stati Uniti espandono il rafforzamento militare contro la Cina. Si tratta di cercare di aggirare una delle grandi contraddizioni dell’imperialismo, la tendenza delle potenze imperialiste a combattersi cercando il dominio. Nei Fondamenti del Leninismo Stalin descrive tale dinamica: “contraddizione tra i vari gruppi finanziari e potenze imperialiste nella lotta per le fonti di materie prime, per il territorio straniero. L’imperialismo è l’esportazione del capitale verso le fonti di materie prime, la lotta frenetica per il possesso monopolistico di queste fonti, la lotta per ridividire il mondo già diviso, una lotta condotta con particolare furore da nuovi gruppi finanziari e potenze che cercano “un posto al sole” contro i vecchi gruppi e potenze, che si aggrappano tenacemente a ciò che hanno usurpato. Questa frenetica lotta tra i vari gruppi capitalistici è notevole in quanto include come elemento inevitabile le guerre imperialiste, le guerre per l’annessione di territori stranieri. Tale circostanza, a sua volta, è notevole in quanto conduce al mutuo indebolimento degli imperialisti, all’indebolimento della posizione del capitalismo in generale, all’accelerazione dell’avvento della rivoluzione proletaria e alla necessità pratica di questa rivoluzione”.
Il deterioramento delle relazioni avvenuto tra Stati Uniti ed Europa nell’era Trump ovviamente non è una guerra interimperialista, ma rappresenta un esempio di tale contraddizione. Per promuovere i propri interessi politici e aiutare la sezione isolazionista della classe dirigente statunitense, Trump ritirava gli Stati Uniti dall’accordo sul clima di Parigi, rinunciava alla Trans-Pacific Partnership e avviava la lotta commerciale coll’Europa. Tali recenti controversie interimperialiste sul bottino dell’impero ebbero proprio le conseguenze descritte da Stalin: mutuo indebolimento delle potenze imperialiste nordamericane ed europee, con la NATO meno funzionale e l’egemonia di Washington ridotta. La stessa contraddizione fu all’opera nel caso della Brexit, la campagna della fazione reazionaria della classe dirigente britannica per staccarsi da quella che ritiene l’influenza priva di potere dell’Unione europea. Come i dazi di Trump danneggiano l’economia degli Stati Uniti, la Brexit danneggia l’economia del Regno Unito, favorendo le contrazioni del capitalismo nelle potenze imperialiste che hanno deciso di divenire canaglia. L’intero ciclo è un caos di contraddizioni capitaliste che si accumulano e causato certi sviluppi che portavano ad altre crisi; il successo del voto sulla Brexit e l’elezione di Trump furono parte della reazione sociale al declino economico neoliberista nel tardocapitalismo.
I tecnocrati dell’impero NATO cercavano freneticamente di sovvertire i danni, rattoppare le alleanze imperiali tede e ripristinare il paradigma dell’egemonia liberale del XX secolo. Quando Henry Kissinger parla di quanto sia importante “salvaguardare i principi dell’ordine mondiale liberale”, parla di fermare la contraddizione imperialista che Stalin descrisse come destabilizzante in modo inevitabile per la corporatocrazia incentrata sugli Stati Uniti. E la NATO incarna tale desiderio di mantenere unità e controllo imperiali. Gli strateghi dell’élite imperialista globale credono che le potenze imperialiste dovranno cooperare per avere la possibilità di sottomettere le potenze antimperialiste emergenti. Perciò che Andrés Oppenheimer, l’editore imperialista del Miami Herald concorda con Stoltenberg sul fatto che la strategia ultranazionalista di Trump danneggiasse la politica estera degli Stati Uniti. Oppenheimer e il resto dell’intellighenzia neoconservatrice anti-Trump quindi spera nella vittoria di Biden, credendo che l’approccio da cooperazione internazionale di Biden permetterà a Washington di avere il cambio di regime in Venezuela e di contrastare l’ascesa di Russia e Cina. Ma il potere di reprimere gli elettori repubblicani, così come la natura reazionaria della popolazione votante degli Stati Uniti, rendono assai dubbio cacciare Trump. Le contraddizioni capitaliste degli Stati Uniti continueranno a tradursi in un ordine mondiale sempre più frammentato. Il nazionalismo reazionario di Paesi come la Gran Bretagna continuerà a provocare il deterioramento delle condizioni proletarie nel mondo neoliberista, specialmente nei Paesi imperialisti centrali. L’espansione della NATO agli Stati leali agli statunitensi nell’emisfero del Pacifico non annullerà tali processi del collasso del capitalismo globale, non più di quanto fermeranno la tendenza a un mondo multipolare in cui la Cina sarà la prima potenza. Questo è il motivo per cui i tecnocrati della NATO mirano a continuare ad intensificare la propaganda anti-cinese e anti-russa, inasprendo la censura e militarizzando ancor più i Paesi che controllano; l’accentuarsi delle contraddizioni capitalistiche ed imperialistiche si traduce in maggiore potenziale di una rivolta proletaria.
La reazione imperialista all’ascesa del mondo multipolare porta maggiori investimenti nelle forze armate e maggiore isolamento economico dai rivali di Washington. Questo porta più austerità, salari più bassi e aumento dei prezzi dei beni. Già assistiamo al pronunciarsi sempre più di tale tendenza in Australia, dove la guerra fredda con la Cina ne danneggia le industrie che dipendono pesantemente dai rapporti coi cinesi. L’Australia potrebbe presto far parte della NATO, ma questo non impedirà alla rivoluzione proletaria di diventare necessità pratica, sia in Australia che nel resto del mondo neoliberista.

FONTE: http://aurorasito.altervista.org/?p=13721

 

 

 

CULTURA

Pillole di Bushido, un’analisi del codice dei Samurai

Quanto hanno da insegnare, a noi occidentali imborghesiti, i valorosi samurai. Hanno da istruire tutti coloro i quali non hanno un’ideale, la forza di combattere e di morire, se necessario, per ciò in cui si crede. Hanno da istruire ai più facinorosi che non sempre la via della violenza equivale alla retta via, che non sempre la strada del furore conduce alla vittoria. Hanno da istruire a tutti la connessione con la natura, con ciò che ci circonda, con la più piccola forma di vita.

La forza dei samurai risiedeva nel loro codice: il Bushido. Quest’ultimo è simile al concetto romano del Mos Maiorum e a quello europeo di cavalleria. Vi sono raccolte le norme disciplinari, militari e anche quelle morali che il Samurai deve seguire. Il Bushido si fonda su 7 principi ineluttabili, ai quali i samurai dovevano scrupolosamente attenersi:

  • ONESTÀ E GIUSTIZIA = ogni samurai deve essere onesto e credere nella propria giustizia, non in quella altrui.
  • EROICO CORAGGIO = elevazione al di sopra della massa tramite l’utilizzo di un coraggio che non è cieco, ma intelligente e forte.
  • COMPASSIONE = continua ricerca di una via per aiutare i camerati che si ritrovano in situazioni di pericolo
  • GENTILE CORTESIA = la crudeltà porta alla rovina, il miglior combattimento è quello evitato
  • COMPLETA SINCERITÀ = la menzogna è l’arma dei deboli, per un samurai parlare ed agire sono la medesima cosa
  • ONORE = solo tu sei giudice del tuo onore, non puoi nasconderti da te stesso
  • DOVERE E LEALTÀ = fedeltà e dedizione totale nei confronti di coloro i quali il samurai è responsabile

“Il miglior combattimento è quello evitato.” Inusuale stile di vita per un’élite militare. Ma i samurai questo furono, reali portatori di pace, stabilità e prosperità. Essi compresero che la pace non poteva essere mantenuta con i fiori, bensì con l’onore e la katana. Un senso dell’onore proveniente dalla morale di ciascun guerriero, così limpido da comprendere che, allo stesso modo dei fiori, la crudeltà non sarebbe mai stata in grado di far trionfare l’ordine nella millenaria guerra contro il caos.

Non furono solo guerrieri, furono innanzitutto cittadini del grande impero giapponese. Dedicarono la loro vita al sostegno della propria gente, in particolar modo quella più bisognosa. Scortarono gli anziani, distribuirono alimenti a chi non aveva di che vivere, aiutarono i pastori con i carichi più pesanti, furono una vera e propria élite, non solo militare. Le loro gesta ci obbligano a pensare, ci illustrano come la sicurezza e la difesa del proprio popolo partano dai gesti più semplici, più sinceri, più umili.

La fine dell’ordine dei samurai arrivò con la battaglia di Shiroyama, il 24 settembre 1877. Il generale Saigo ed i suoi uomini, colpevoli di essere rimasti fedeli alla morale ed alle tradizioni del Giappone feudale, tentarono un inusuale colpo di stato per far rinsavire il loro imperatore, (il quale aveva svenduto la loro patria agli americani), diventando così fuori legge trattati alla stregua dei peggiori nemici della patria. I samurai, inevitabilmente mutati rispetto alle loro origini (nel combattimento, non nell’anima), combatterono con moschetti di scarsa qualità e con pallottole forgiate da statue buddhiste. A Shiroyama si scontrarono l’onore e la crudeltà, la katana e le gatling americane, 400 samurai e 20.000 giapponesi/marines, ma soprattutto si scontrò il sangue contro l’oro.

All’alba del nuovo giorno, l’esercito imperiale aveva cinto d’assedio le esigue forze della tradizione giapponese,  le quali avevano già subito ingenti perdite a causa dei bombardamenti americani. In 20.000 circondarono i ribelli e li attaccarono con il preciso obiettivo di non lasciarli fuggire, anche a costo della loro stessa vita. Gettati i moschetti, i samurai estrassero le katane e sferrarono un assalto frontale alla prima linea imperiale. Impreparati e nettamente inferiori nel corpo a corpo, la prima linea cadde sotto le bianche lame del Bushido, mandando in rotta un intero contingente americano. Verso sera, il Generale Saigo, ferito all’arteria femorale e con una pallottola nella gamba, trovò un luogo degno dove commettere seppuku, impedendo così al nemico di privarlo del proprio onore. Gli ultimi 20 samurai rifiutarono la resa e, rimanendo fedeli alla morale del Bushido, si lanciarono nell’ultima folle carica contro le gatling americane.

Fu così che finirono i samurai, in un impeto d’onore dettato da quello stesso Bushido che secoli dopo arrivò ad animare e ad ispirare l’esercito imperiale, che aveva contribuito alla distruzione dei suoi “fondatori”. Fu proprio verso il termine della Guerra del Pacifico (durante la Seconda guerra mondiale) che le forze giapponesi, ormai di fronte a sconfitta certa, consacrarono i loro ultimi istanti al Giappone ed al codice morale dei samurai. Si istituirono corpi volontari di kamikaze, con il solo obiettivo di fermare le navi americane dirette verso la loro madre patria. Alianti che, dal cielo, si schiantarono come saette divine sul metallo dell’invasore, giovani imbottiti di esplosivo per liberare i propri villaggi dagli occupanti, baionette che caricarono, come secoli prima, le mitragliatrici ed i mortai degli yankees.

Ma il Bushido sopravvisse anche alla Seconda guerra mondiale e oggi vive nel cuore di ogni singolo giapponese che non ha mai smesso di amare la sua storia ed il suo glorioso paese.

FONTE: https://www.rivistapraesidium.it/2020/07/30/pillole-di-bushido-unanalisi-del-codice-dei-samurai/

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

E Avvenire sdoganò Netflix

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/e-avvenire-sdogano-netflix/

 

 

 

ECONOMIA

La neverending lotta di classe di Confindustria

La lettera che il neopresidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha inviato ai presidenti delle associazioni confederate ha fatto capolino sulle pagine dei giornali, attirando l’attenzione anche dei sindacati, per il provocatorio riferimento ai “nuovi contratti rivoluzionari” che gli industriali vorrebbero firmare. L’espressione ha fatto giustamente scalpore, ma una lettura complessiva della lettera fa emergere, in maniera ancora più limpida, la visione di Confindustria nella sua interezza, e ci suggerisce quali saranno i temi su cui lottare nel prossimo futuro e quali i fortini da difendere. L’armamentario retorico padronale, infatti, emerge in tutta la sua limpidezza – condito dalle parole d’ordine dell’antistatalismo e del parassitismo che da sempre contraddistinguono il capitalismo italiano – ma è sulle relazioni sociali e sulla struttura istituzionale del mercato del lavoro che Bonomi indugia con particolare interesse.

Cogliendo l’occasione di criticare il blocco dei licenziamenti e l’estensione della Cassa Integrazione, strumenti di tutela dei lavoratori invisi ai capitalisti e ai loro portavoce politici, Bonomi richiede un’accelerazione della riforma degli ammortizzatori sociali. Richiede dunque, il completo passaggio – in buona parte, a dire il vero, già compiuto dal governo Renzi – da un sistema di ammortizzatori sociali cosiddetto in costanza di rapporto di lavoro ad un sistema basato interamente sulle politiche attive e sulla ricerca di un nuovo lavoro da parte del disoccupato. Fare un po’ di ordine ci servirà non solo a scopo esplicativo, ma anche al fine di segnalare quali sono gli interessi che si vogliono intaccare dietro la retorica edulcorata del riformismo del mercato del lavoro.

Prima del Jobs Act, infatti, il sistema di assicurazione sociale contro la disoccupazione in Italia era sostanzialmente basato su forme di trasferimento – cassa integrazione guadagni (CIG) e indennità di mobilità – non condizionate alla ricerca del lavoro, e che mantenevano comunque il lavoratore in prossimità del proprio posto di lavoro. Questa logica è stata superata quasi definitivamente dal Jobs Act che con la NASPI ha introdotto clausole stringenti per cui si perde il diritto al sussidio e ha spezzato il legame tra lavoratore e posto di lavoro. Prima del Jobs Act, infatti, il sistema di assicurazione sociale contro la disoccupazione in Italia era sostanzialmente basato, oltre che sulla cassa integrazione guadagni, sull’indennità di mobilità per i lavoratori licenziati. L’indennità di mobilità non era condizionata alla ricerca di un’occupazione e manteneva comunque in vita la possibilità del reintegro nel rapporto di lavoro, in quanto per i primi sei mesi dalla cessazione i lavoratori avevano una sorta di “diritto di prelazione”, avendo l’azienda l’obbligo, in caso di nuove assunzioni, di assumere prima i lavoratori in mobilità. Questa logica è stata superata quasi definitivamente dal Jobs Act, che con la NASPI, oltre ad aver eliminato il diritto di prelazione, ha introdotto clausole stringenti, in base alle quali se il lavoratore non accetta determinate offerte di lavoro, perde il diritto al sussidio. In tal modo, la riforma ha contribuito a rendere più labile il legame tra lavoratore e posto di lavoro. Inoltre, sono state introdotte condizionalità anche per i beneficiari di CIG con una sospensione o riduzione superiore dell’orario di lavoro superiore al 50%.

Ammortizzatori sociali e sussidi di disoccupazione così come le tutele contro il licenziamento e i contratti a tempo indeterminato sono da anni sotto costante attacco da parte delle Istituzioni internazionali ed europee e dunque dei governi nazionali. In particolare, sussidi e ammortizzatori hanno subìto uno drastico ridimensionamento (nelle eligibilità e nelle prestazioni) poiché si ritiene, in accordo con la teoria economica dominante, che sussidi troppo generosi possano indurre il lavoratore a permanere nello stato di disoccupazione. Emerge quell’odioso approccio al problema della disoccupazione la cui colpa ricadrebbe interamente sul lavoratore. Secondo questa logica, dunque, ridurre la durata del sussidio, accompagnarlo a clausole di condizionalità e alla ricerca ‘attiva’ di una nuova occupazione ridurrebbe l’azzardo morale del lavoratore e lo incentiverebbe a trovare un nuovo lavoro – indipendentemente dal fatto che tale lavoro ci sia o meno. Proprio le clausole di condizionalità, vale a dire l’obbligo di partecipare alla formazione professionale e di non rifiutare un’offerta di lavoro definita ‘congrua’, rappresentano un vero e potente strumento di indebolimento del potere contrattuale del lavoratore. Il rischio di perdere il sussidio, infatti, impedirà di continuare la ricerca di un impiego meglio retribuito costringendolo ad accettare un lavoro indipendentemente dalle proprie aspirazioni. Il corollario di tali misure – e qui entriamo nel campo dell’inganno semantico – sono le famigerate politiche attive del lavoro a gran voce richieste da Bonomi. Esse, lungi dall’essere la panacea per i mercati del lavoro saturi di disoccupati, rappresentano il modo in cui la fiscalità generale si fa carico della formazione professionale dei lavoratori secondo l’interesse delle imprese, nella vana speranza che ciò serva a creare posti di lavoro quando invece non si fa altro che fornire manodopera formata con soldi pubblici al servizio dei profitti privati. Su di esse fa particolare affidamento proprio chi dà una spiegazione della disoccupazione dal lato dell’offerta, vale a dire chi ritiene che la disoccupazione dipenda dalle caratteristiche proprie del disoccupato, e che basterebbe dunque avere caratteristiche in linea con la domanda di lavoro per essere occupati. Ma quando la domanda di lavoro stagna a causa di una domanda aggregata azzoppata dalle rigide regole di bilancio e dal contenimento dei salari, non vi è speranza di aumentare l’occupazione.

Il mondo padronale naturalmente stravede per queste misure e, per voce di Bonomi, richiede che ci si muova ulteriormente su questo solco affinché, si legge, vengano nettamente distinte la parte dell’importo del sussidio di natura assicurativa e la parte strettamente condizionata all’attività formativa. Non solo superare completamente quel “retaggio novecentesco” rappresentato dalla CIG, ma aggravare le condizionalità che gravano sulle spalle dei lavoratori.

Come gran parte della letteratura accademica di stampo liberista e del suo corollario politico, Bonomi chiede esplicitamente di rifarsi alle riforme Hartz, che tra il 2002 e il 2005 misero prepotentemente mano al mercato del lavoro tedesco. Oltre a favorire la diffusione dei mini-job (lavori ultra precari, mal pagati e privi di qualsiasi tutela previdenziale), l’obiettivo di tali riforme è stato quello di ridurre il costo del lavoro tedesco per favorire la competitività delle merci: uno dei metodi attraverso cui ciò è stato perseguito è stato la riduzione delle prestazioni dei sussidi e l’aggravamento delle clausole di condizionalità, logica pedissequamente seguita nel 2014 dal governo Renzi.

Mentre l’evidenza ha ormai smentito l’utilità di tali riforme nel determinare un miglioramento delle dinamiche occupazionali, è ben chiaro cosa esse abbiano prodotto in termini di distribuzione del reddito e di dinamica salariale. La quota salari tedesca, vale a dire la parte del prodotto nazionale che va al lavoro, è diminuita nei primi anni successivi alla riforma, tra il 2002 e il 2008, di ben 4 punti percentuali e ha recuperato il livello del 2001 solo nel 2018, segnando da allora un nuovo trend di decrescita. Una dinamica speculare è stata seguita dal costo del lavoro per unità di prodotto (il rapporto tra il costo e la produttività del lavoro) diminuito di 6 punti percentuali fino al 2008 e tornato ai livelli precedenti soltanto nel 2018. È la logica della deflazione salariale che le politiche europee vogliono estendere a tutta Europa, che il Jobs Act ha decisamente implementato in Italia e che Bonomi invoca prepotentemente. Invocazione che viene condita dalle lagnanze di chi si strappa le vesti per un Paese bloccato poiché i padroni non sono liberi di implementare la “riorganizzazione industriale” (tradotto, licenziare) né di effettuare investimenti. È il ben noto scambio tra riduzione delle tutele e aumento degli investimenti, da sempre promesso, ma, come è logico aspettarsi, verificatosi solo in una direzione: quella della precarizzazione del lavoro.

Al contrario, il volano della crescita economica e occupazionale del Paese è una vigorosa ripresa della spesa pubblica, al di fuori della logica dei vincoli europei, e la ripresa di una grande stagione di contrattazione salariale che restituisca ai lavoratori il potere di acquisto e i diritti perduti e rimetta in discussione la distribuzione del reddito tra salari e profitti. Del resto, a ricordarci quanto ciò sia cruciale è proprio Bonomi. Quella sua roboante, ma in fondo laconica richiesta di contratti rivoluzionari slegati dalla logica novecentesca salario-orario di lavoro, suona come un avvertimento ai lavoratori e ai sindacati: dopo più di un decennio di blocco sostanziale della contrattazione, per cui tra il 2005 e il 2018 le retribuzioni reali sono cresciute di circa il 2%, non illudetevi di vedere aumenti significativi nei vostri salari. Confindustria è pronta e decisa a non consentirlo, e anzi, continua a chiedere al Governo sgravi e sussidi, oltreché il famigerato taglio del cuneo fiscale.

Una posizione emersa con ancora più chiarezza nell’incontro con i sindacati confederali della settimana scorsa in cui il presidente di Confindustria ha chiuso a qualsiasi ipotesi di riduzione dell’orario di lavoro e ha rilanciato una vecchia battaglia: coniugare aumenti salariali e produttività. Come se quest’ultima dipendesse dai lavoratori e non dalla dinamica economica del Paese e dunque dagli investimenti delle imprese.

La lettera di Bonomi, dunque, ci indica a suo modo la via, ricordandoci che i padroni non hanno mai deposto le armi della lotta di classe e indicandoci quali siano i nostri interessi da difendere: tutela contro i licenziamenti, contrattazione salariale e tutela del reddito dei disoccupati. Allo stesso modo ci chiarisce anche il quadro economico istituzionale in cui queste battaglie troveranno terreno più fertile: un quadro in cui lo Stato riprenda in mano le fila dell’azione economica e si impegni in politiche pubbliche per la piena occupazione. Un quadro senza dubbio inconciliabile con quello attuale.

FONTE: https://coniarerivolta.org/2020/09/18/la-neverending-lotta-di-classe-di-confindustria/

 

Con la sola economia non si può capire cosa c’è dietro il MES: l’Italia e il grande gioco globale

Con la sola economia non si può capire cosa c'è dietro il MES: l'Italia e il grande gioco globale

E’ assolutamente necessario allargare lo sguardo provando ad interpolare la mera tecnicalità economica con questioni di natura culturale, storica, diplomatica e militare

di Giuseppe Masala

Non è possibile comprendere ciò che sta accadendo in Italia, a partire dai suoi rapporti con una mera analisi di natura economicista. E’ assolutamente necessario allargare lo sguardo provando ad interpolare la mera tecnicalità economica con questioni di natura culturale, storica, diplomatica e militare, in una parola bisogna abbracciare il campo della geoeconomia per riuscire a comprendere ciò che sta accadendo. In altri termini è necessario capire che il Mes che i fratelli-coltelli europei vorrebbero somministrarci non è un fine, ma è un mezzo.

 

Ricapitolando quanto detto in altre circostanze, l’Italia vive una grave crisi economica esacerbata dal Lockdown dovuto alla crisi pandemica. Tutto ciò sta provocando un crollo del pil a due cifre che rende difficilmente sostenibile il suo debito pubblico nel quadro delle regole europee esistenti. Sia chiaro, fuori da queste regole europee tendenti a comprimere la spesa pubblica e il costo del lavoro rendono insostenibile ciò che con una moneta sovrana e il controllo dei movimenti dei capitali è sostenibilissimo: l’Italia è creditore netto verso l’Estero e ha un saldo delle Partite Correnti e una Bilancia Commerciale in attivo da anni.

E’ certamente vero che quelle regole europee che tanto ci penalizzano le abbiamo (sciaguratamente) accettate ma l’inflessibilità tedesca nella richiesta della loro pedissequa applicazione (tramite Mes) senza tener conto dei nostri conti con l’estero non è spiegabile con razionalmente con il luogo comune che i tedeschi rispetterebbero sempre le regole, sarebbero delle persone non flessibili. C’è dell’altro. Come ho detto prima il Mes non è un fine ma è un mezzo. Perchè allora i tedeschi avrebbero l’urgenza di commissariare l’Italia riducendone quasi a zero gli spazi di autonomia non solo finanziaria ma anche nell’utilizzo a suo vantaggio delle infrastrutture grazie ad un piano di privatizzazioni alla greca?

Per comprendere questo bisogna riuscire a valutare il quadro internazionale che si è creato:

  1. L’uscita della Gran Bretagna dalla UE toglie al blocco dei paesi centrali dell’area europea quello “sbocco ai mari del mondo” (parlo di mari in senso figurativo) che la Gran Bretagna è in grado di dare sia dal punto di vista diplomatico che storico. Le capacità europee di intrattenere rapporti diplomatici con i paesi del Commonwealth e con l’India si riducono quasi a zero;
  2. Le crescenti tensioni tra Cina e Usa pongono i “paesi centrali” di fronte alla necessità di una scelta tra i due grandi contendenti. Questa è una scelta dolorosa, soprattutto per la Germania che vede sia nella Cina che negli Usa due grandi clienti finali delle sue produzioni;
  3. A Est la penetrazione dell’Europa ha trovato in Putin un avversario irriducibile che non ha esitato a prendere le armi per evitare che l’Ucraina diventasse un protettorato europeo e soprattutto con la presa della Crimea ha reso insicuro il progetto europeo di corridoio commerciale che doveva aprire una rotta commerciale tra l’Europa e la Cina bypassando sia il Mediterraneo sia la Russia attraverso l’Asia Centrale (International transport corridor Caspian Sea-Black Sea ITC-CSBS) e quindi in pieno controllo geostrategico da parte dell’Europa e dei suoi padroni. Progetto, sia detto per inciso estremamente pericoloso, perchè prevede di fatto l’uscita del Kazakistan dalla sfera di influenza di Mosca per abbracciare il mondo occidentale “democratico”. Inutile sottolineare il gioco pericoloso e irresponsabile dell’Eu in questa partita che porterebbe a reazioni inimmaginabili da parte di Mosca. Lo dico per chi dice l’Eu ci ha dato “settanta anni di pace”. Le cose sono più complesse.

 

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In questo scenario geopolitico che si è venuto a creare con l’uscita della Gran Bretagna dalla UE ad Ovest e con il blocco russo in Ucraina e nel Mar Nero come si può capire la capacità di proiezione europea sono ridotte a zero mandando le cassetto, sine die, i sogni di grandezza del Ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas che vedevano l’UE (e la Germania, che della UE è il paese egemone) giocare finalmente sul tavolo dei potenti del mondo.
Ora, cosa c’entra la situazione italiana con questa grande partita che si gioca nello scacchiere internazionale? Semplice, per non rimanere rinchiusi i paesi del nucleo centrale europeo hanno la necessità di assoggettare l’Italia e guadagnare quella capacità di proiezione in quello che si chiama “mediterraneo allargato”.
Innanzitutto bisogna chiarire che il Mediterraneo sta ridiventando centrale nello scacchiere mondiale. E’ il mare che unisce l’Africa, l’Europa e l’Asia in un unico crogiolo. Dopo decenni in cui la sponda nord e la sponda sud sono state separate da una cortina di fuoco fatta di guerre di aggressione e di rivoluzioni colorate si vedono spiragli promettenti sia dal punto di vista politico che dal punto di vista commerciale.

Partiamo dall’OvestMed, il Mediterraneo Occidentale:

  1. Dopo la sostituzione di Bouteflika in Algeria la nuova leadership apre agli investimenti internazionali anche europei. L’Italia che coltiva da sempre rapporti ottimi (mai dimenticare il ruolo svolto dall’ENI e dal Partito Comunista Italiano nella guerra di liberazione algerina dal giogo colonialista francese, noi forse l’abbiamo dimenticato, gli algerini no, per loro siamo un popolo amico e fraterno) è il primo partner commerciale dell’Algeria nella UE e ovviamente gli investimenti italiani nel paese hanno autostrade aperte.
  2. Sono partite le trattative tra Italia e Algeria per delimitare le Zone Economiche Esclusive (ZEE) nel Mediterraneo Ovest. Una trattativa attesa che non riguarda come forse molti pensano la pesca del tonno, ma la possibilità di esplorare i fondali del Mediterraneo alla ricerca di importanti giacimenti di gas.
  3. In Tunsia assistiamo anche ad un fenomeno interessante: ben 890 imprese italiane hanno trasferito in tutto o in parte le loro produzioni. Insomma si sta creando una interessante catena globale del valore con a capo aziende italiane. Inutile dire che i rapporti commerciali tra la Tunisia e l’Italia sono fiorenti, siamo il loro secondo partner commerciale.

Spostiamoci nell’EstMed, il Mediterraneo Orientale;

  1. I rapporti con l’Egitto sono ottimi nonostante i tentativi di sabotaggio che molti tentano strumentalizzando il Caso Regeni. Da rilevare che l’ENI ha scoperto e messo a produzione il più grande giacimento di gas del Mediterraneo che si trova in acque egiziane (giacimento denominato Zohr) e che farà dell’Egitto non solo un paese indipendente dal punto di vista energetico ma anche un esportatore netto.
  2. Inoltre sempre ENI ha scoperto un altro grande giacimento (denominato Noor) sempre in acque egiziane di dimensioni ciclopiche;
  3. L’Italia grazie ad Eni gioca un ruolo di primo piano in tutte le scoperte di gas fatte nell’est del Mediterraneo e nei gasdotti che ne permetteranno la commercializzazione e che avranno sbocco in Italia;
  4. L’Italia gioca anche un ruolo fondamentale nel mega cavo sottomarino che collegherà l’India all’Europa attraverso l’Oman, l’Arabia Saudita e Israele. La parte mediterranea del cavo sarà costruita dalla Telecom Italia e sboccherà naturalmente a Catania per poi proseguire fino a Genova. Di questa infrastruttura digitale di primaria importanza per l’economia del futuro ne ha parlato tutto il mondo, tranne ovviamente i giornali italiani, talmente provincialotti da raccogliere ogni alzata di sopracciglio dell’insignificante Dombrovskis ma incapace di vedere le vere partite.

Si potrebbero fare tanti altri esempi, ma ciò che importa è che si capisca la rinascita del Mediterraneo e il ruolo di leadership che ha l’Italia. Un ruolo invidiato dai nordeuropei che come ho scritto sopra si trovano senza la minima capacità di proiezione ne ad est né ad ovest e che guardano al Mediterraneo come uno sbocco naturale per non morire d’inedia. Basti pensare che la Germania sta tentando di inserirsi nella partita mediterranea ma come facilmente si capisce sempre attraverso l’Italia dovranno passare. Il problema è che loro non vogliono passare in Italia né da amici né da soci in affari, ma come loro solito da padroni. Ecco perchè per loro è fondamentale sottomettere l’Italia con qualsiasi strumento compreso quello del whaterbording finanziario attraverso il Mes che andrebbe a minare qualsiasi spazio di autonomia italiana e che trasformerebbe la penisola in una semplice piattaforma logistica ad uso e consumo della Kerneuropa o se preferite dei paesi centrali.

Ma la partita mediterranea è ancora più importante, e il ruolo dell’Italia ancora più strategica. Il Mediterraneo è la porta che apre all’Europa la strada verso il possibile nuovo eldorado: l’India.

Gli statunitensi vedono nell’India il contraltare sia militare che economico allo strapotere cinese in Asia, in Africa e in Europa e stanno provando a sostenerne la crescita in chiave anticinese. Una partita ghiotta che garantisce promettenti ritorni commerciali per chi saprà inserirsi basti pensare che solo oggi la Apple ha siglato in India un accordo da 40 miliardi di dollari per spostare le sue produzioni dalla Cina. Sia detto per inciso che il sostegno americano all’India in chiave anticinese sta bene anche alla Russia che al di là delle apparenze non vede di buon occhio l’egemonia cinese in Asia e ha soprattutto rapporti storici (anche di livello militare) con l’India.

 

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Il ruolo dell’Italia in questa partita è autoevidente a tutti tranne che agli italiani. L’Italia è la chiave per l’Europa per arrivare in India. E’ impossibile una via terrestre che colleghi i paesi centrali europei all’India è invece aperta la rotta mediterranea attraverso l’italia. Da non dimenticare che – non esattamente a caso – l’Italia presidia il Mar Rosso e l’Oceano indiano occidentale in partnership con gli Usa: abbiamo una base militare a Gibuti, abbiamo una missione militare in Somalia e abbiamo una missione di controllo marittimo “antipirateria” nell’Oceano Indiano. Chiunque, esclusi gli economisti, sa che non ci sono rapporti commerciali se non c’è sicurezza delle rotte commerciali. E anche nella rotta Europa-India siamo un paese chiave.
Insomma, abbiamo grosse opportunità per il futuro, indipendentemente da quelle che possono essere le difficoltà economiche presenti. Siamo un paese chiave nel Mediterraneo, siamo l’unica porta d’ingresso europea all’India e siamo l’unico stato d’Europa che può dare proiezione internazionale all’Europa stessa ormai ingabbiata a est e a ovest. Per questi molti nel Nord Europa bramano il nostro assoggettamento, la svendita degli assets nazionali e la riduzione a semplice piastra logistica nordeuropea.

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-con_la_sola_economia_non_si_pu_capire_cosa_c_dietro_il_mes_litalia_e_il_grande_gioco_globale/29296_34890/

 

 

Regionali, attivazione del MES fra le probabili conseguenze del voto

22 Settembre 2020

Cambiano gli equilibri di Governo dopo il voto, e Zingaretti chiede a gran voce l’attivazione del Fondo salva-Stati

Regionali, attivazione del MES fra le probabili conseguenze del voto

Fra le possibili conseguenze della tornata elettorale appena conclusa, una delle più probabili è l’attivazione del MES. Il Partito Democratico, infatti, dopo il successo del voto (sia per quanto riguarda il risultato del referendum, sia per l’esito delle Regionali), ora acquista maggior peso nell’esecutivo e invoca subito il Fondo salva-Stati.

Regionali, cambiano gli equilibri di governo

Il voto ha cambiato ancora una volta gli equilibri del Governo: al netto della vittoria del Sì al referendum (che può essere rivendicata da entrambe le principali forze di maggioranza), da un lato troviamo il pesante tracollo del M5S, denunciato dallo stesso Alessandro Di Battista, dall’altro il pareggio del PD, che ha conservato la guida di tre Regioni importanti come Toscana, Campania e Puglia contro le tre del centrodestra.

I pentastellati vanno ora incontro a un periodo di difficoltà: sia Roberto Fico che Di Battista parlano di stati generali, con il secondo che lamenta una crisi d’identità. La leadership di Luigi Di Maio, mai veramente finita, sarà probabilmente messa in discussione.

PD detta la linea al Governo

Nicola Zingaretti sembra determinato ad approfittare dell’incertezza degli alleati. All’indomani del voto, infatti, il segretario dem ha cominciato a dettare la linea, invocando due temi in particolare: la riforma dei decreti sicurezza di Salvini e l’attivazione del MES.

La scelta non è casuale: rappresentano entrambi argomenti contro chi accusa il Partito Democratico di essersi appiattito sulla linea Conte e M5S.

Zingaretti chiede attivazione del MES per sanità

Intervenuto oggi in conferenza stampa al Nazareno, Zingaretti è stato chiarissimo: “Noi sosterremo questo governo fino a quando farà le cose”. La prima è l’approvazione dei nuovi decreti sicurezza, “con l’iter prima in Consiglio dei Ministri e poi con l’iter legislativo”.

La seconda è, appunto, il Meccanismo Europeo di Stabilità. Parlando ai giornalisti, il segretario dem ha fatto appello al ministro della Salute Roberto Speranza affinché “presenti un piano della nuova sanità italiana”. E subito dopo ha aggiunto: “Per poter costruire il migliore sistema sanitario del mondo, si utilizzi il finanziamento del MES”.

I 5 Stelle, in precedenza, si sono detti pronti ad aprire la crisi di Governo in caso di attivazione del fondo salva-Stati. Avranno cambiato idea dopo il voto?

FONTE: https://www.money.it/attivazione-mes-probabile-dopo-esito-voto-regionali

 

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Ieri hanno massacrato Deutsche Bank… Solo problemi di Covid-19 o anche indagini su riciclaggio

Settembre 22, 2020 posted by Giuseppina Perlasca

Ieri è stata una giornata molto pesante per le borse in generale e per quella tedesca in generale, con oltre -4%.

Chiaramente un peso notevole lo hanno avuto le nuove notizie, per niente positive, di un aumento dei contagi in Francia, Spagna, Germania ed Italia, con il pericolo del ritorno ad una situazione di lockdown più o meno diffuso. Eppure i timori di carattere sanitario potrebbero non essere stati gli unici a guidare questa caduta. Potrebbe esserci di più, molto di più.

Vediamo ad esempio come Deutsche Bank sia stata letteralmente demolita ieri, con un calo di oltre 8%.

Notiamo che Commerzbank ha perso un buon 5%. perchè questa caduta legata al settore bancario?

In mezzo alla già pesante giornata generale, le banche sono andate ancora peggio a seguito di una serie di rapporti, che parlavano di $ 2000 miliardi di transazioni sospette effettuate da alcuni dei maggiori istituti di credito del mondo tra il 1999 e il 2017. Le informazioni sulle transazioni derivano direttamente dalla consegna di 2100 rapporti di transazioni sospette consegnati dalle stesse banche, ma, evidentemente, la loro ricaduta è stata molto superiore a quanto sospettano inizialmente.

BuzzFeed News ha riportato le transazioni in collaborazione con l’International Consortium of Investigative Journalists

Ovviamente gli investitori si sono fatti di nebbia non appena si è conosciuta la notizia: chi vuole avere azioni di una banca che sia sotto inchiesta da parte delle autorità nazionali. I report sono stati consegnati dalle stesse banche per avere una sorta di immunità, almeno a certi livelli amministrativi, ma sicuramente avranno delle pesanti conseguenze sui clienti. non a caso le transazioni sospette fanno capo a: Deutsche Bank (DB) per $ 1300 miliardi, la più alta tra le banche identificate, poi JPMorgan Chase (JPM), con $ 538 miliardi. Standard Chartered (UK: STAN) per  $ 166 miliardi e Bank of New York Mellon (BK) $ 64 miliardi. Ora capite perchè deutsche Bank sia stata così duramente colpita: quali saranno le conseguenze di queste denunce ?

PS: non avete sentito nulla sui media mainstream, ma non preoccupatevi, proteggeranno le persone dietro queste transazioni.

FONTE: https://scenarieconomici.it/ieri-hanno-massacrato-deutsche-bank-solo-problemi-di-covid-19-o-anche-indagini-su-riciclaggio/

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

Assange marcisce in carcere ma a scandalizzare è “l’inaccettabile spionaggio di Pechino”

Assange marcisce in carcere ma a scandalizzare è l’inaccettabile spionaggio di Pechino
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Ma cosa avrebbe fatto di diverso dalle tante immacolate società che, anche qui da noi, vendono informazioni commerciali la tenebrosa (secondo tutti i media italiani) società cinese Zhenhua “colpevole” di avere un Data base realizzato, non spiando tramite intercettazioni, bensì raccogliendo le notizie su Internet (“Le informazioni sono raccolte da un algoritmo che va a caccia di materiale online, ad esempio articoli di giornale e profili pubblici sui social network, e poi lo mette insieme per creare i fascicoli”).

Si direbbe non chiederselo nessuno tra i tanti giornalisti oggi intenti a strapparsi le vesti indignati che su 4544 nominativi italiani ben 2732 sono indagati o condannati per vari reati, soprattutto criminalità organizzata. E gli altri? “Tra le informazioni raccolte ci sono data di nascita, indirizzo, stato civile, educazione, fotografia, profili social, affiliazione politica, e altri dettagli. Di alcune persone, per esempio Renzi e Berlusconi, è ricostruita anche la rete di relazioni familiari, con nomi e dati dei parenti più stretti.” assicura Repubblica. Insomma, roba che si può trovare su qualsiasi rotocalco.

E per scoprire questo “inaccettabile spionaggio di Pechino” il “consorzio di giornali internazionali” va a trafugare il data base della società cinese Zhenhua? E dire che Julian Assange, per aver fatto qualcosa di simile, sta rischiando l’ergastolo.

Francesco SantoiannI – Notizia del: 15/09/2020

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-assange_marcisce_in_carcere_ma_a_scandalizzare__linaccettabile_spionaggio_di_pechino/6119_37288/

 

 

 

IMMIGRAZIONI

IL GIORNO IN CUI LAMORGESE PRENDE 300 MIGRANTI DALLA GRECIA, L’AUSTRIACO KURZ DICE CHE LE RICOLLOCAZIONI SONO FALLITE

Settembre 23, 2020 posted by Guido da Landriano

Passata la festa, gabbato lo santo, ed allo stesso modo passata l’elezione arriva il migrante ricollocato. Non essendo sufficienti i migranti sbarcati in Italia negli ultimi mesi il ministro degli interni Lamorgese accetta la ricollocazione in Italia di 300 persone provenienti dall’isola di Lesbo e da  li sgomberati dopo la distruzione del campo di Moira.

Proprio oggi sulla Welt tedesca il cancelliere federale austriaco Sebastian Kurz ha definito “fallita” la distribuzione dei rifugiati nell’UE. “Così tanti stati  rifiutano. Neanche questa volta  funzionerà ”, ha detto il politico conservatore in un’intervista all’agenzia di stampa AFP martedì – il giorno pr ima la presentazione da parte della Commissione dell’ennesimo “Piano ambizioso” per la riforma del trattato di Dublino.

Il politico del conservatore ÖVP ha chiesto una migliore protezione delle frontiere esterne dell’Ue e una lotta più efficace contro i trafficanti, “ma anche un aiuto più comune sul campo”, cioè l’unico vero modo per riuscire a risolvere il problema dell’immigrazione.

Secondo Kurz, “è positivo se la Commissione europea si dedichi al tema dell’asilo e della migrazione”. Il problema può essere “risolto solo in tutta Europa”. Tuttavia, Kurz ha rifiutato l’uso di termini come “solidarietà” nel dibattito sulla migrazione. “L’Europa avrebbe dovuto imparare dal 2015. E combattiamo insieme la migrazione illegale ”, ha detto il Cancelliere. Tutte parole che fanno capire come l’Austria non sia disponibile ad una riforma con la ricollocazione forzata dei migranti. Anche perchè , bisogna ammetterlo, negli ultimi cinque anni sono state accolte in Austria 200.000 persone. Alla fine il piano di revisione del trattato di Dublino di cui parla la Von Der Leyen nasce già morto per l’opposizione di Austeri e Paesi di Visegrad. L’ennesima delusione per gli eurofili.

FONTE: https://scenarieconomici.it/il-giorno-in-cui-lamorgese-prende-300-migranti-dalla-grecia-laustriaco-kurz-dice-che-le-ricollocazioni-sono-fallite/

 

 

 

LA LINGUA SALVATA

Élite

Dizionario di Storia (2010)

élite Gruppo di persone che esercita influenza, autorità o potere. Il termine è ampiamente utilizzato nel linguaggio comune per indicare minoranze particolarmente qualificate o esercitanti una rilevante influenza sociale e politica. Nelle scienze politiche e sociali contemporanee alla nozione di é. si lega una specifica teoria che ha avuto sino a oggi una notevole fortuna. La teoria delle é. è stata sviluppata, tra il 19° e il 20° sec. a opera di teorici della politica europei e americani quali G. Mosca, V. Pareto, R. Michels, J.A. Schumpeter, H.D. Lasswell, C. Wright Mills, R.A. Dahl, e pur nella diversità delle interpretazioni si basa sull’idea secondo cui in ogni sistema sociale e politico è sempre una minoranza, una é., appunto, che detiene il potere nelle sue varie forme, a fronte di una maggioranza che ne è priva ed è dominata dalla prima. Questo principio, secondo i teorici dell’é. (o elitisti) vale sia per il mondo antico sia per il mondo moderno e contemporaneo, sia per le società e le forme di governo aristocratiche o autoritarie sia per quelle democratiche. Gli elitisti hanno analizzato a fondo le ragioni di questo predominio, studiando i meccanismi che regolano la formazione delle é., i modi in cui le diverse é. (politiche, sociali, economiche, intellettuali) interagiscono tra di loro all’interno di un dato sistema politico e sociale, i processi di circolazione e di sostituzione delle élite. Pensatori realisti e disincantati, i primi elitisti sono stati aspri critici della democrazia. Poco per volta, tuttavia, la teoria delle é. è diventata parte essenziale delle teorie contemporanee della democrazia, il cui significato in questa interpretazione ha subito uno slittamento semantico, da «governo del popolo» a governo di é. che, in competizione tra loro, riescono a conquistare il consenso popolare.

FONTE: https://www.treccani.it/enciclopedia/elite_%28Dizionario-di-Storia%29/

 

 

 

LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

Il lavoro ai tempi della pandemia: un esercito di disoccupati

Quali saranno gli effetti della pandemia sull’occupazione? I dati comunicati al termine dell’ultimo consiglio direttivo della Banca Centrale Europea (BCE) ci aiutano a comprendere la portata della recessione che stiamo vivendo e fanno presagire il peggio per gli anni a venire. Per il 2021, infatti, la BCE stima ‘un picco del tasso di disoccupazione al 9,5%’ per l’Eurozona (i Paesi dell’Unione che adottano l’euro), dal 7,6% del 2019.

Per quanto evidenti, questi numeri non ci permettono, tuttavia, di catturare la portata di questa platea di disoccupati in termini assoluti. Per rendere meglio l’idea, stiamo parlando, per l’anno in corso, di quasi 16 milioni di persone in tutta l’area dell’euro, dato che sale a 20 milioni di individui se includiamo anche i paesi dell’Unione che non hanno adottato la moneta unica. Un numero spaventoso.

Così come spaventoso è il grido d’allarme lanciato pochi giorni fa dall’ISTAT, che segnala che nel secondo trimestre del 2020 il tasso di occupazione nella fascia d’età 15-34 anni è sceso al di sotto del 40% (38,6%). In aggregato, il numero di occupati cala di circa 470.000 unità (-2,0%) rispetto al trimestre precedente. Per capire la gravità della situazione, occorre, altresì, tener conto del fatto che in Italia, così come in altri Paesi, ammortizzatori sociali e divieto di licenziamento hanno contribuito a limitare l’emorragia di posti di lavoro. Con la fine di questi interventi, i numeri della disoccupazione potrebbero divenire ancor più drammatici.

Si potrebbe obiettare che tali dati siano figli dell’esplosione della pandemia da Coronavirus e delle misure di contenimento del contagio messe in campo dai vari governi. Uno sguardo più accorto ci permette, tuttavia, di comprendere come le schiere dei disoccupati fossero ben nutrite anche quando parole come Covid e lockdown non erano ancora entrate nel nostro vocabolario. Nel 2018, ben prima dell’esplosione della pandemia, l’Eurozona contava infatti 13,3 milioni di disoccupati (3,5 milioni in Spagna, 2,7 in Italia, 2,6 in Francia, e 1,4 persino nella moderna ed efficiente Germania). Dati alla mano, possiamo pertanto affermare che la pandemia ha soltanto rimpolpato le fila dei senza lavoro. Fila che, come appena visto, erano già fin troppo lunghe quando il Coronavirus ancora non era approdato dalle nostre parti. Allo stesso tempo, il perimetro dell’Unione europea si conferma essere uno spazio in cui la disoccupazione è un fenomeno che ormai assume i caratteri della normalità, sia in termini di portata che di persistenza negli anni.

Viene da chiedersi, a questo punto della storia, quali siano le ragioni ultime di questo ‘fallimento’ della società in cui viviamo. Le risposte sono variegate e non mancano di ingegno.

Qualcuno sostiene che, in realtà, questi lavoratori sarebbero quasi tutti occupabili se solo fossero compatibili, per caratteristiche individuali e professionali, con altrettanti posti di lavoro che esisterebbero, ma che non sarebbero ‘riempiti’ perché le imprese non trovano in quei 16 milioni di disoccupati le competenze che richiedono quegli impieghi. Insomma, stando a queste interpretazioni la disoccupazione sarebbe ‘colpa’ dei lavoratori che, per inclinazioni personali o per scelte scellerate dal punto di vista della loro formazione, si sarebbero da soli emarginati dal mondo del lavoro, oppure dei sistemi educativi che non garantirebbero quel necessario livello di tecnicismo ai programmi scolastici. Questa spiegazione, tuttavia, non può che essere considerata una vera e propria boutade: quei posti di lavoro ‘occupabili ma non occupati’ semplicemente non esistono, se non nell’immaginario di qualche liberal pensatore tirapiedi delle classi dominanti.

Qualcuno si spinge ancora più in là e, buttando la croce ancor più vistosamente sui lavoratori, prova a convincerci che la disoccupazione sia figlia delle eccessive tutele di cui godrebbero le maestranze (la contrattazione collettiva, l’eccessiva pressione sindacale, le rigidità nel mercato del lavoro). Tutele che non permetterebbero quella ‘necessaria’ flessibilità che, come per incanto, incentiverebbe le imprese ad assumere più lavoratori. Anche questa spiegazione si scontra con la realtà dei fatti: il mondo dal lavoro ha sperimentato negli ultimi anni le più pervasive misure di deregolamentazione, sia dal punto di vista normativo (riduzione delle tutele contro il licenziamento, aumento del ricorso ai contratti a termine, decentramento della contrattazione salariale) che dal punto di vista politico (la riduzione della sfera di influenza dei sindacati è, ormai, un fatto acclarato). In altri termini, le ricette liberiste per rendere più ‘dinamico’ il mercato del lavoro sono state applicate alla lettera. Gli unici risultati sono stati l’aumento della disoccupazione, la stagnazione dei salari e l’incremento della fetta di prodotto interno lordo finita nelle pance dei padroni.

C’è però un’altra, più convincente, spiegazione della disoccupazione che assume dei tratti più generali e ci permette di comprendere al meglio le vere ragioni economiche e politiche di un fenomeno così massiccio, specialmente nel contesto europeo. A ben vedere, la dinamica occupazionale dipende dall’andamento generale dell’economia: tenderà a crescere quando quest’ultima cresce, e tenderà a peggiorare nei periodi di recessione. Pertanto, il vero volano dell’occupazione è la crescita economica, che sarà tanto più accentuata quando sarà più alta la domanda di beni e servizi da parte di famiglie, imprese e settore pubblico. Le imprese, infatti, assumono lavoratori se hanno necessità di assumerli, e questa necessità cresce al crescere della produzione che intendono realizzare. Peccato che di questa crescita, da qualche anno, non vi sia traccia. Nella sfera privata dell’economia, ciò accade per effetto di salari al palo che non permettono ai consumi di progredire, e dello stesso contesto macroeconomico stagnante che non induce le imprese a investire. In periodi in cui anche la domanda estera frena, resterebbe, come possibile ‘traino’ dell’economia e dell’occupazione, il settore pubblico. Ma, ahinoi, il contesto europeo, per sua natura e costruzione, non permette ai Governi di fornire impulso all’economia nei periodi di stagnazione o crisi: i bilanci pubblici sono infatti chiamati a rispettare sistematicamente i vincoli di bilancio dettati dai trattati europei (Trattato di Maastricht, Fiscal Compact e compagnia cantante). Ecco che allora è la stessa architettura dell’Unione europea, legando le mani ai Governi, ad impedire che gli unici veri attori capaci di stimolare l’economia nei periodi di vacche magre sostengano produzione e occupazione. Lo stesso accentuarsi della crisi occupazionale dovuto alla pandemia è un fattore che dipende da tale architettura, con misure di sostegno all’economia che tardano, con risultati disastrosi, e quando arrivano sono palesemente insufficienti.

Ecco allora che lo sconcertante affresco della situazione occupazionale nel contesto europeo non ci stupisce affatto: contenimento della spesa pubblica, competizione sui salari e libera circolazione di merci e capitali non possono che contribuire a generare stagnazione e quindi alta disoccupazione.

A ben vedere, quello che abbiamo etichettato come ‘fallimento’, se analizzato attraverso le lenti della lotta di classe, si palesa tuttavia come un fallimento solo per chi sta da una precisa parte della barricata, quella dei lavoratori e delle lavoratrici. Mentre, al contrario, il mondo delle imprese non può che trarre giovamento da questa situazione: questi 16 milioni di disoccupati rappresentano infatti una delle armi più affilate per contenere le rivendicazioni salariali di chi, fortunatamente, un lavoro ce l’ha. Ecco che da fallimento, questo ‘esercito industriale di riserva’ diventa motivo di successo economico e politico dei capitalisti, che nella spartizione della torta vedono aumentati i propri profitti a spese dei lavoratori. Una situazione opposta a quella che si verificherebbe in un contesto di piena occupazione.

Se, quindi, l’aumento dei disoccupati registrato a causa della crisi da Covid rappresenta tutta la violenza subìta dalla classe lavoratrice in questo periodo di pandemia, l’esercito di disoccupati è ormai all’opera da anni su scala europea con una funzione ben precisa: mantenere bassi i salari e far dilagare povertà e precarietà. Stanno provando a raccontarci come la situazione in Italia stia gradualmente migliorando, ma si tratta di un evidente specchietto per le allodole: solo mettendo radicalmente in discussione le politiche economiche neoliberiste, rese inevitabili dalla struttura del progetto di integrazione europea, potremo gettare le basi per un’alternativa in cui la piena occupazione torni ad essere un obiettivo sociale e politico e la dinamica salariale torni a prosperare, lasciando aperta la possibilità che lavoro, diritti e stato sociale non vengano visti solo come costi da abbattere.

FONTE: https://coniarerivolta.org/2020/09/15/il-lavoro-ai-tempi-della-pandemia-un-esercito-di-disoccupati/

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Israele ed Emirati firmano gli Accordi di Abramo

Il trattato Israele-Emirati scombussola la retorica sul Medio Oriente e rende possibile una pace arabo-israeliana. Interrompe l’inesorabile erosione dei territori arabi da parte di Israele e stabilisce relazioni diplomatiche tra Israele e il leader del mondo arabo. Se si è disposti a esaminare senza pregiudizi una situazione ove paura, violenza e odio provocano manifeste ingiustizie non si può non prendere atto che l’iniziativa del presidente Donald Trump sblocca un conflitto esasperato, che perdura da 27 anni. È stata immediatamente presentata la candidatura di Trump al premio Nobel per la pace.

a situazione in Medio Oriente è bloccata dagli Accordi di Oslo, firmati da Yitzhak Rabin e Yasser Arafat nel 1993. L’intesa è stata successivamente completata con l’Accordo di Gerico-Gaza, che riconosce alcune prerogative all’Autorità Palestinese, nonché con gli accordi di Wadi Arava, che hanno sancito la pace fra Israele e Giordania.

All’epoca il governo israeliano intendeva separarsi definitivamente dai palestinesi; era perciò pronto a creare uno pseudo-Stato palestinese, privato però di parecchie prerogative di sovranità, in particolare di un esercito proprio e finanze indipendenti. Il laburista Rabin aveva già sperimentato i bantustan in Sudafrica, quando Israele era consigliere del regime dell’apartheid. Un altro esperimento, condotto dal generale Efraín Ríos Montt, era avvenuto in Guatemala, nei confronti d’una tribù maya.

Arafat accettò gli accordi di Oslo per far fallire il processo della Conferenza di Madrid (1991): i presidenti George W. Bush e Mikhail Gorbaciov, sostenuti dei dirigenti arabi, cercavano d’imporre a Israele la pace, estromettendo Arafat dalla scena internazionale.

Ciononostante, molti commentatori sostengono che gli Accordi di Oslo potevano sfociare nella pace.

In ogni caso, a 27 anni dagli Accordi di Oslo, niente di positivo ha lenito le sofferenze del popolo palestinese, ma lo Stato d’Israele si è progressivamente trasformato al proprio interno. Oggi il Paese è diviso in due fazioni antagoniste; lo dimostra il suo governo, l’unico al mondo ad avere contemporaneamente due primi ministri. Da un lato i partigiani del colonialismo britannico, schierati nelle fila del primo primo ministro, Benjamin Netanyahu. Dall’altro i fautori di una normalizzazione del Paese, schierati con il secondo primo ministro, Benny Gantz [1]. Questo sistema bicefalo riflette l’incompatibilità di queste due visioni. I due campi si paralizzano a vicenda. Soltanto il tempo metterà fine al progetto coloniale del Grande Israele, che si estende dalle rive del Nilo alle rive dell’Eufrate, retaggio di un’epoca ormai superata.

Dagli attentati dell’11 settembre 2001 gli Stati Uniti hanno messo in atto la strategia Rumsfeld/Cebrowski, per adattare l’esercito USA ai bisogni di una nuova forma di capitalismo, basato non più sulla produzione di beni e servizi, ma sull’ingegneria finanziaria. A tal fine hanno iniziato una “guerra senza fine” per distruggere le strutture statali dell’intero Medio Oriente Allargato, senza fare distinzioni fra amici e nemici. Afghanistan, poi Iraq, Libia, Siria e Yemen sono teatro di guerre che si è fatto credere sarebbero durate poche settimane, ma sono invece di durata indefinita, senza alcuna prospettiva.

Facendosi eleggere presidente, Trump aveva promesso di mettere fine alle “guerre senza fine” e di riportare a casa i soldati americani. In questa prospettiva ha dato carta bianca al proprio consigliere speciale, nonché genero, Jared Kushner. Il fatto di essere sostenuto da cristiani sionisti e che Kushner sia ebreo ortodosso ha indotto numerosi commentatori a presentarli come amici di Israele. Sebbene abbiano un interesse elettorale a lasciarlo credere, questa non è affatto la loro modalità d’approccio al Medio Oriente. Intendono difendere gli interessi del popolo degli Stati Uniti − non quelli degli israeliani − sostituendo la guerra con relazioni commerciali, secondo il modello del presidente Andrew Jackson (1829-1837). Costui riuscì a impedire la sparizione degli indiani − che da generale aveva combattuto − sebbene soltanto i Cherokee avessero firmato l’accordo da lui proposto. I Cherokee sono oggi diventati la più importante tribù amerinda, nonostante il tristemente famoso “sentiero delle lacrime”.

Per tre anni Jared Kushner ha percorso in lungo e in largo la regione. Ha potuto constatare di persona quanto si siano affermati paura e odio. Da 75 anni Israele persiste a violare ogni risoluzione delle Nazioni Unite che lo riguardano e a proseguire la lenta e inesorabile erosione del territorio arabo. Il negoziatore Kushner non ha potuto che trarne una conclusione: il diritto internazionale è impotente perché, dopo il piano di divisione della Palestina del 1947, nessuno − a parte l’importante eccezione di Bush padre e di Gorbaciov − ha voluto applicarlo davvero. Per l’inazione della comunità internazionale la sua applicazione oggi aggiungerebbe ingiustizia a ingiustizia.

Kushner ha lavorato a numerose ipotesi [2], fra cui l’unificazione del popolo palestinese attorno alla Giordania, nonché l’annessione di Gaza all’Egitto. A giugno 2019, durante la conferenza in Bahrein di presentazione dell’“accordo del secolo”, espose proposte per lo sviluppo economico dei territori palestinesi. Piuttosto che negoziare, meglio era quantificare il beneficio che ciascun protagonista avrebbe tratto dalla pace. Kushner è infine riuscito a far firmare il 13 settembre 2020 un accordo segreto tra Emirati Arabi Uniti e Israele, ufficializzato due giorni dopo, ossia il 15 settembre, in versione edulcorata [3].

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The National (Emirati): «Israele congela l’annessione dei territori palestinesi per legarsi agli Emirati Arabi Uniti». La stampa degli Emirati non dà la stessa versione di quella di Israele. Né l’una né l’altra hanno interesse a parlare con franchezza.

La parte segreta dell’accordo è, come sempre, la più importante: Israele è stato costretto a rinunciare per iscritto ai progetti di annessione (compresi i territori “offerti” da Trump con la proposta dell’”accordo del secolo”) e a consentire a Dubai Ports World (detto DP World) di riprendersi il porto di Haifa, da cui i cinesi sono stati da poco estromessi.

L’accordo è sulla lunghezza d’onda delle idee del secondo primo ministro israeliano, Gantz, ma rappresenta un disastro per la fazione del primo primo ministro, Netanyahu.

Non avendo letto la parte segreta dell’accordo, ignoro se vi sia chiaramente espressa la rinuncia all’annessione delle Alture del Golan, territorio siriano occupato da Israele dal 1967, e dell’area delle Fattorie di Shebaa, territorio libanese occupato dal 1982. Ignoro anche se sia prevista una compensazione per il porto di Beirut, dal momento che la sua ricostruzione recherebbe pregiudizio sia a Israele sia agli investimenti degli Emirati a Haifa. Tuttavia, il presidente libanese, Michel Aoun, ha già pubblicamente accennato a un progetto immobiliare in luogo del porto di Beirut.

Per renderlo accettabile a tutte le parti, il trattato è stato chiamato Accordi di Abramo, dal nome del padre comune di giudaismo e islam. La paternità dell’intesa, con grande piacere di Gantz, è stata attribuita alla “mano tesa” (sic) di Netanyahu, sebbene egli ne sia l’avversario più duro. Il Bahrein si è associato all’accordo.

Quest’ultimo fatto mira a mettere in risalto il nuovo ruolo regionale attribuito da Washington agli Emirati, al posto dell’Arabia Saudita. Come già avevamo annunciato, gli interessi USA nel mondo arabo sono ora rappresentati da Abu Dhabi, non più da Riad [4]. Gli altri Stati arabi sono stati invitati a seguire l’esempio del Bahrein.

Il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, non ha trovato parole sufficientemente dure per condannare il “tradimento” degli Emirati. Lo stesso ha fatto chi continua a opporsi alla pace (gli ayatollah iraniani) e chi ancora è attaccato agli Accordi di Oslo e alla soluzione dei due Stati. Infatti, ufficializzando le relazioni diplomatiche tra Israele e il nuovo leader arabo, gli Emirati, gli Accordi di Abramo voltano pagina rispetto a quelli di Oslo. La palma dell’ipocrisia spetta all’Unione Europea, che continua a difendere nella teoria il diritto internazionale e a violarlo nella pratica.

Se il presidente Trump fosse rieletto e Kushner potesse proseguire la propria azione, gli accordi tra Israele ed Emirati resterebbero nella storia come il momento in cui israeliani e arabi hanno ritrovato il diritto di parlarsi di nuovo, come fu per l’abbattimento del Muro di Berlino, che rappresenta il momento in cui i tedeschi dell’Est hanno riconquistato il diritto di comunicare con i propri parenti dell’Ovest. Se invece Joe Biden venisse eletto, il rosicchiamento dei territori arabi da parte di Israele e la “guerra senza fine” riprenderebbero in tutta la regione.

Le relazioni tra Israele ed Emirati si erano stabilizzate già da molto tempo, senza un trattato di pace, dal momento che c’è mai stata guerra dichiarata tra i due Paesi. Gli Emirati acquistano armi dallo Stato ebraico segretamente da una decina d’anni [5]. Con il tempo, questo commercio si è intensificato, in particolare nel campo delle intercettazioni telefoniche e della sorveglianza internet. Inoltre, è già operativa un’ambasciata israeliana, sotto copertura di una delegazione presso un oscuro organismo dell’ONU con sede negli Emirati. Gli Accordi di Abramo rimettono pertanto in causa il discorso dominante arabo-israeliano e stravolgono le relazioni interne dell’intera regione.

Traduzione
Rachele Marmetti
Giornale di bordo
NOTE

[1] “La decolonizzazione d’Israele è iniziata”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 26 maggio 2020.

[2] “Jared Kushner riordina il Medio Oriente”, di Thierry Meyssan, Traduzione Matzu Yagi, Megachip-Globalist (Italia) , Rete Voltaire, 19 dicembre 2017, “Jared Kushner e il “diritto alla felicità” dei palestinesi”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 26 giugno 2018.

[3] “Abraham Accords Peace Agreement”, Voltaire Network, 15 September 2020. « Le président Donald J. Trump œuvre en faveur de la paix et de la stabilité au Moyen-Orient », États-Unis (White House) , Réseau Voltaire, 15 septembre 2020.

[4] “La prima guerra della NATO-MO rovescia l’ordine regionale”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 24 marzo 2020.

[5] “Algeria, Egitto, Emirati Arabi, Marocco e Pakistan hanno acquistato armi da Israele”, Rete Voltaire, 12 giugno 2013.

 

FONTE: https://www.voltairenet.org/article210868.html

 

 

 

Putin: «L’Occidente è controllato da pedofili satanici». La risposta inglese.

social-consciousness
Sa Defenza 

Il presidente russo Vladimir Putin ha parlato contro l’epidemia di reti pedofile che hanno preso il controllo degli Stati Uniti, del Regno Unito e di altre nazioni occidentali. Nonostante il suo recente successo con il presidente Trump, rimane fermo sulla sua posizione originale che, la cultura in Occidente viene manipolata da “ pedofili satanici “.

Prima del suo recente incontro con Donald Trump in occasione del Vertice del G20 di quest’anno, Putin ha lanciato un avvertimento sul fatto che, se non esponesse le reti pedofile di élite, avrebbe ” iniziato a fare i nomi “. Sebbene lo storico incontro sia stato considerato da entrambe le parti un successo, con promettenti risoluzioni sul conflitto siriano e le accuse di hacking, la posizione di Putin in materia di élite che abusano di bambini resta la stessa, e dice:

In Europa e Occidente prospera la cultura pedofila e il satanismo ” Guardando avanti dopo l’incontro con Trump, Putin ha detto che hanno preparato la scena per una nuova era di cooperazione e descrive i loro dialogo come una “svolta “e un” enorme passo avanti

Il presidente Putin ha già evidenziato che il satanismo e la pedofilia sono una delle principali sfide della Russia contemporanea. In una dimostrazione di franchezza al Valdai International Discussion Club, Putin ha descritto la ” normalizzazione della pedofilia ” come un chiaro segno di “ degrado morale che si insinua attraverso l’Europa e l’Occidente “. Putin ha osservato che “i sostenitori di un liberalismo estremo, di stile occidentale” stanno trascurando il fatto che i problemi politico-militari e le condizioni sociali generali stanno degenerando, e gran parte del mondo dimentica la base del valore della decenza umana. Concentrandosi sulle sfide da affrontare dalla Russia nel contesto internazionale sia sulla politica estera che su quella morale, Putin allude al satanismo che da molto tempo è responsabile della decomposizione della tessuto sociale dell’America:

“Vediamo che molti dei paesi euro-atlantici stanno effettivamente rifiutando le loro radici, compresi i valori cristiani che costituiscono la base della civiltà occidentale. Stanno negando i principi morali e tutte le identità tradizionali: nazionali, culturali, religiose e anche sessuali. Stanno attuando politiche che equiparano le famiglie numerose a collaborazioni tra persone dello stesso sesso, credono in Dio ma la fede in Satana .”

VIDEO QUI: https://youtu.be/tlaHubJ-fKk

GFM riferisce: Questo è un commento sorprendente che arriva da un leader mondiale, gli occidentali e gli europei sono abituati a una combinazione di propaganda, di retorica politica rosea, e azione “un discorso” che non rivela nulla  (e oscura la base del progetto). Putin non è stato affatto così, e aggiunge:

“Gli eccessi di correttezza politica hanno raggiunto il punto in cui le persone stanno seriamente parlando della registrazione di partiti politici il cui scopo è promuovere la pedofilia  “

Un’altra bomba che dovrebbe riverberarsi nelle menti insensate degli europei “progressisti ” e gli occidentali fluorizzati.

Quanti altri leader mondiali hanno parlato di normalizzazione e della promozione della insidiosa pedofilia sempre più diffusa? Obama ha ordinato arresti pedofili di massa? O Clinton? Qualcuno dei Bush ha fatto o ha detto qualcosa di significativo sull’epidemia pedofila? (No. Avete considerato che possono essere pesantemente invischiati in questo problema da tenerlo sotto silenzio?)

Putin, senza dubbio, plaude agli sforzi del presidente Trump che  organizza l’arresto di circa 1.500 pedofili in America nel giro di poche settimane dopo l’arrivo alla Casa Bianca. Dove erano i “progressisti” e “liberali”?  Alla fine del 2012 (con Obama ancora in carica), Putin ha approvato un controverso disegno di legge con il sostegno esplicito della Duma di Stato per vietare ai genitori adottivi statunitensi di adottare bambini russi, una mossa che serviva  contemporaneamente per protegge un certo numero di loro dall’essere smistati in operazioni di traffici di bambini e di negare  a molte nuove famiglie gli orfani. L’America adotta più bambini russi ogni anno rispetto a qualsiasi altra nazione.

Putin spiega “il paese non sarà responsabile” di abusi su bambini russi in mani di pedofili americani. Secondo quanto riferito, il premier russo ha avvertito che il divieto rimarrà fino a quando il presidente Trump non si prenderà cura dell’epidemia del traffico sessuale e mantiene la promessa di “prosciugare la palude” da élite pedofile a Washington DC. Sembra probabile che una rete di pedofili d’élite a Washington usi l’adozione per inserire i bambini nella tratta sessuale infantile – difficilmente notizie considerando la ben nota saturazione dei pedofili nelle macchine politiche americane. Continuando ad affrontare l’aggravarsi della crisi morale, Putin ha criticato l’erosione della religione tradizionale e le sue fondamenta morali, e una implicito dileggio del “multiculturalismo” di cui non si parla dei suoi insidiosi effetti

“La gente in molti paesi europei è in imbarazzo e ha paura di parlare delle loro affiliazioni religiose. Le festività vengono abolite o addirittura chiamate in altro modo; la loro essenza viene svilita, così i fondamenti morali. Questa gente cerca di esportare aggressivamente questo modello in tutto il mondo. Sono convinto che questo atteggiamento apra una strada diretta al degrado e al primitivismo, sfociando in una profonda crisi demografica e morale. “.

L ‘”orso russo” ha esplicitamente criticato le forme contemporanee di “multiculturalismo” , definendolo “per molti aspetti un modello artificiale trapiantato … basato sulla colpa del passato coloniale ” così molti di noi hanno imparato a riconoscere la tecnica, che fa parte del disegno sionista per raggiungere il dominio globale (in questo caso attraverso la deliberata sovversione dell’integrità e dell’identità culturale di una nazione – il multiculturalismo è usato come una specie di cavallo di Troia). nel discorso di Putin c’era una vasta allusione e una critica feroce all’agenda del Nuovo Ordine Mondiale (One World Government (Sion-globalist), che equivale alla schiavitù globale, come spiega lo stesso Putin:

Vediamo tentativi di far rivivere in qualche modo un modello standardizzato di mondo unipolare e confondere le istituzioni del diritto internazionale e della sovranità nazionale. Un mondo unipolare e standardizzato non richiede stati sovrani; richiede vassalli . In senso storico ciò equivale al rifiuto della propria identità, della diversità del mondo donata da Dio

È evidente che con l’uscita di Obama dall’ufficio ovale e l’entrata di Trump, la Russia e l’America hanno più in comune ora di quanto non accadeva a memoria recente. Una cosa, che non ci saremmo mai  aspettati è l’opposizione reciproca (di USA-Russia) alle reti di pedofili che operano in tutta la società occidentale in generale e nella politica, forse vedremo ben presto la rete di” élite ” di pedofili e satanisti finalmente sconfitti da questa generazione.

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(Ed ecco l’interpretazione britannica e NATO, da Express:

Putin all’offensiva: il leader in preda al panico diventa più aggressivo – Regno Unito e NATO in allerta

La crescente impopolarità di VLADIMIR PUTIN in patria ha portato a un forte aumento dell’aggressione militare russa all’estero, ha avvertito ieri sera l’ex direttore delle politiche della Nato.

“Quello che abbiamo visto negli ultimi dodici mesi è una politica estera distruttiva per mostrare ai russi in patria che la sua bandiera nazionalista sta sventolando in tutto il mondo e la Russia è centrale”.

La scorsa notte fonti militari britanniche hanno notato che un picco più recente nelle attività russe è coinciso con lo scoppio delle proteste a favore della democrazia in Bielorussia a seguito della non plausibile rielezione del tormentato alleato di Putin Alexander Lukashenko.

La Russia ha cercato di provocare la Nato per dare loro una scusa per intervenire (SIC). Noi non abbocchiamo.  A differenza degli ucraini nel 2014, i bielorussi non vogliono far parte dell’Occidente. Vogliono solo la democrazia “.

I passaggi delle ultime sei settimane hanno incluso le vessazioni nei confronti delle forze britanniche e di altre forze della Nato nel Baltico, con un netto aumento degli attacchi alla rete informatica in Polonia, Lituania, Estonia e Lettonia, dove 14 nazioni Nato operano per difendere i confini orientali dell’Europa.

Un’esercitazione militare pianificata che include truppe russe, iraniane e cinesi la prossima settimana aumenterà ulteriormente le tensioni.

Ma la Russia ha iniziato ad espandere le sue operazioni all’estero a novembre, quando ha schierato un numero senza precedenti di sottomarini dalla sua flotta settentrionale.

Il mese scorso la Danimarca è stata costretta a rimescolare il suo QRA quando un bombardiere russo è effettivamente volato nel suo spazio aereo. L’atto è stato definito “un nuovo livello di comportamento provocatorio russo” dal Comando aereo alleato della Nato.

Mosca ha inoltre continuato a dispiegare quotidianamente aerei d’attacco attraverso il Mar Nero e in Ucraina.

E la prossima settimana l’operazione Caucus 2020 vedrà 80.000 truppe di terra principalmente russe che inizieranno a tenere 4.800 esercitazioni e più di 9.000 esercitazioni pratiche di addestramento al combattimento in quello che il ministro della Difesa generale dell’esercito Sergei Shoigu ha descritto come “l’evento più importante dell’addestramento al combattimento delle forze armate russe”.

[poi l’ammmissione delle provocazioni occidentali]

L’Occidente sta rispondendo a tono, con alcune delle operazioni più audaci guidate da Stati Uniti e Gran Bretagna al di fuori delle operazioni  della NATO. 

A maggio, la Gran Bretagna ha inviato una fregata tipo 23 della Royal Navy al Circolo Polare Artico con navi da guerra statunitensi per esercitazioni nel mare di Barents – la prima volta che la Royal Navy si è avventurata nell’estremo nord dalla fine della Guerra Fredda.

Ora questo viene ripetuto una seconda volta, con HMS Sutherland a capo di una task force Nato di navi da guerra statunitensi e norvegesi che la scorsa settimana sono entrate nelle acque artiche del Mare di Barents.

I voli di sorveglianza aerea degli aerei spia della Nato sono aumentati del 30%, con 120 sortite sul Mar Nero e l’Ucraina nel solo agosto, rispetto alle 80 dello scorso anno. Fra esse, 20 incredibili missioni di aerei spia Sentinel della RAF, nonché voli separati di voli RAF Typhoon, inviando un chiaro messaggio a Mosca che la Nato sta guardando.

Ma la recente decisione di pilotare bombardieri B-52 su tutti i 30 paesi Nato, affiancati da caccia di scorta multinazionali, è stata americana e non un’operazione Nato.

“La Nato continua a reagire in una posizione difensiva (sic), ma quello che stiamo vedendo è che gli Stati Uniti sono più disposti a dimostrare la propria presenza”, ha detto Pothier. .

“Le recenti esercitazioni su larga scala, che hanno visto le forze statunitensi in Polonia, erano multinazionali, al contrario della Nato.

“La decisione di inviare B52, che in realtà volavano intorno all’enclave russa di Kaliningrad inviando segnali drammatici, era un piano degli Stati Uniti”. Ha detto che queste misure sono state tutte sollecitate dall’aumento dell’attività russa.

“Solo due settimane fa la Nato ha tenuto una riunione speciale a porte chiuse per discutere cosa fare riguardo al fatto che la Russia stava costruendo una nuova base aerea in Libia. Questo è significativo. ”

Ha aggiunto: “Putin sta cercando di dimostrare che è importante a livello internazionale dopo aver fallito a casa.  “Non ha una strategia economica – ha rifiutato di riformare la sua economia quindi è dipendente dalle risorse naturali – i prezzi del petrolio sono ancora bassi e Covid sta avendo un effetto.

La decisione di avvelenare il leader dell’opposizione Alexei Navalnyin modo così palese aveva lo stesso motivo. Anche con elezioni truccate, i gruppi di opposizione russi stanno ottenendo risultati incoraggianti nelle elezioni locali, in particolare in Siberia.  Ha bisogno di creare distrazioni.

“Ma non possiamo permettere ai russi di controllare lo spazio aereo, i territori dei confini marittimi senza reagire”.
By Marco Giannangeli, Sunday Express Defence Editor

https://www.express.co.uk/news/world/1337607/Russia-news-vladimir-putin-aggression-UK-nato-spy-missions

Trump ha dato alla Russia un ultimatum minacciando conseguenze molto dolorose

Washington ha consegnato a Mosca un ultimatum sulle armi nucleari.

Il presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, ha annunciato un ultimatum alla Russia, il cui rifiuto porterà a conseguenze molto costose per la Russia. Secondo l’inviato speciale del presidente americano, se la Russia rifiuta di rispettare le condizioni dell’ultimatum e le sue condizioni non vengono espresse, allora attenderanno seri problemi: gli Stati Uniti intendono preparare una spiacevole sorpresa per la Russia con armi nucleari.
Подробнее на: https://avia.pro/news/tramp-postavil-rossii-ultimatum-grozya-ochen-boleznennymi-posledstviyami

La Cina si prepara a una guerra contro gli USA

Guardate con quanta aggressività il territorio della Cina si proietta  minaccioso contro le basi militari USAhttps://deutsche-wirtschafts-nachrichten.de/506333/Paukenschlag-China-bereitet-sich-auf-einen-Krieg-gegen-die-USA-vor

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/vladimir-putin-loccidente-e-controllato-da-pedofili-satanici/

 

 

 

 

POLITICA

Vince il SI al referendum. Il popolo sostiene gli interessi delle èlites

La nostra rassegna di oggi: il popolo ha parlato, vuole meno rappresentanti. Poi covid, scuola, CO2, acqua pubblica:

 

VIDEO QUI: https://youtu.be/mqGcGQZ9leE

FONTE: https://comedonchisciotte.org/vince-il-si-al-referendum-il-popolo-sostiene-gli-interessi-delle-elites-tg-comedonchisciotte-21-settembre-2020/
ATTUAZIONE DEL P.R.D. DI GELLI
Lisa Stanton – 22 09 2020
Questo governo arriverà a fine legislatura perchè coi prestiti avuti potrà tranquillamente far fronte a Leriforme. Col debito al 160% non potrà restituirli e sarà costretto a far intervenire la Troika, ma intanto sarà il 2023, un nuovo Presidente della Repubblica avrà indetto nuove elezioni e i membri dell’attuale Governo coi leader dei partiti di maggioranza saranno fuggiti all’estero col malloppo di buona parte dei miliardi ricevuti.
Consultando il Piano di Rinascita democratica, anche quello pubblicato a cura di Marco Travaglio, si può constatare che gran parte del lavoro è stato svolto.
Nel Piano non c’è la parte relativa all’abolizione del vincolo di mandato, ma la riforma approvata – come dovreste sapere – rafforza il vincolo di partito. In un sistema elettorale misto (cui all’epoca puntava Gelli) come quello in vigore il 60% dei deputati ed il 100% dei senatori sono nominati dai partiti e la diserzione è quasi impossibile.
Non sarà necessario ritardare, tantomeno abolire, le elezioni perchè esse diverranno completamente inutili col ruolo assunto dall’oligarchia partitocratica nazionale su investitura dei paesi europei. Gelli, inoltre, aveva intuito la necessità di finanziare alcuni dirigenti di partito in linea col suo programma o, in alternativa, creare due partiti moderati di destra e sinistra che condividessero il potere per suo conto.
L’intero documento qui:
Questi due partiti ci sono già, anche se non si nota da che parte stiano, e sono perfettamente sovrapponibili.
FONTE: https://www.facebook.com/lisa.stanton111/posts/3583508185000765 

Suicidio Italia: ebbene Sì, ha vinto il Partito della Catastrofe

Ce l’hanno fatta ancora una volta: loro, i demolitori. Il Movimento 5 Stelle, clamoroso depistaggio politico di massa, è riuscito a convincere gli italiani: “meno è meglio”. Meno democrazia, meno rappresentanza, meno spazi di libertà e dissenso. D’ora in poi, i parlamentari – ridotti di un terzo – saranno ancora più lontani dagli elettori e ancora più legati ai boss di partito. Ovvio, da parte di un movimento-caserma che ha espulso in modo sistematico chiunque osasse esprimere un pensiero diverso: tolleranza zero, per le idee elaborate in autonomia. L’esito del referendum confermativo della peggiore riforma costituzionale della storia repubblicana rappresenta un capolavoro, per un grande statista del calibro di Luigi Di Maio, uomo-simbolo dell’Italia allo sbando che è riuscita a insediare a Palazzo Chigi nientemeno che Giuseppe Conte, l’ometto che ha rinchiuso in casa i cittadini per quasi tre mesi, col pretesto del Covid, affondando l’economia. La grande opera dei rivoluzionari all’amatriciana: mettere la guida del governo nelle mani di un prestanome del potere italico più antico e storicamente meno democratico, quello del Vaticano.

Osservatori indipendenti come Paolo Barnard, Alessandro Meluzzi e Federico Dezzani – diversissimi tra loro – l’avevano detto fin dall’inizio: lo psico-movimento creato da Gianroberto Casaleggio insieme ad Enrico Sassoon, esponente di un’importante Di Maiofamiglia legata ai Rothschild già dal Settecento, non era altro che una sorta di “psy-op”, un’operazione illusionistica del grande potere. Obiettivo: intercettare l’esasperazione popolare crescente, deviando il dissenso verso lidi innocui. In altre parole: un colossale equivoco, costruito per ingannare gli elettori. Secondo Dezzani, il Movimento 5 Stelle è stato il continuatore naturale di Antonio Di Pietro (di cui ereditò l’elettorato) e dell’operazione-Tangentopoli, con la quale si rottamò la Prima Repubblica, per via giudiziaria. Fondamentale, Mani Pulite, per permettere ai predatori dell’Italia di allungare le mani sul Belpaese. Evento simbolico di quella stagione: il party a bordo del panfilo Britannia, con il gotha della finanza anglosassone. A bordo del Britannia c’era anche Beppe Grillo: l’ha detto Emma Bonino, che era presente, e lo disse (allora) anche Enrico Mentana.

Sempre presentato come ex comico, reduce da rumorosi spettacoli giocati in modo abilissimo contro gli abusi del potere, Grillo in realtà era cresciuto all’ombra del potere democristiano. Lo ricorda Meluzzi, secondo cui il futuro leader dei grillini militava in quella sinistra Dc che fu scelta, come socio di minoranza dell’ex Pci, per dar vita – attraverso l’Ulivo – a quella casta italiana destinata ad essere asservita ai poteri forti stranieri. Il patto: vi affidiamo il governo, a condizione che cediate ai privati il cuore dell’economia nazionale. A sparigliare le carte è poi sopraggiunto Berlusconi, e proprio l’antiberlusconismo ha gonfiato le fila grilline, grazie al carisma di Grillo e all’abilità “visionaria” di Casaleggio. Crollato il paese sotto i colpi di Monti, dopo l’effimera meteora Renzi è toccato proprio ai 5 Stelle l’onere del governo, e così sono cominciati i guai – per loro, e per gli italiani. Se il bilancio dei Conte e Scanzipentastellati è catastrofico, sia sul piano politico-elettorale che su quello governativo, non si può dire altrettanto per i loro eventuali mandanti occulti, sempre se si presta fede all’analisi dietrologica dei loro detrattori. E’ un fatto, comunque: coi grillini al governo (e il loro uomo in prestito, Conte), l’Italia si è ulteriormente indebolita in modo spaventoso, e oggi è praticamente in ginocchio. Missione compiuta, dunque?

Il taglio dei parlamentari – richiesto per un istinto populistico, retoricamente antipolitico e quindi antidemocratico, senza un riassetto complessivo delle istituzioni – non è mai piaciuto ai veri partiti in campo, dal Pd alla Lega. Alla sciagurata proposta dei 5 Stelle si piegò Salvini nel 2018, per tenere insieme l’esecutivo di allora, e ora si è piegato Zingaretti, sempre per mantenere viva l’alleanza di governo. A limitare i danni, come si è visto, non sono bastate le dichiarazioni di voto contrario, a favore del No, espresse da leghisti come Borghi, Bagnai e Giorgetti, e da esponenti del centrosinistra come gli ulivisti Prodi e Parisi, senza contare lo stesso Veltroni, fondatore del Pd. Vent’anni di Vaffa e di linciaggio verso i politici hanno centrato il bersaglio: indebolire la politica, quindi la democrazia. Festeggiano giornalisti sfacciatamente “dimezzati” come Travaglio e Scanzi, grandi sponsor di Grillo e Conte: hanno stravinto, anche loro. L’Italia è ko, ma pazienza. Come recita il vecchio adagio ospedaliero: l’operazione è riuscita, anche se il paziente è morto. Ha vinto Di Maio, il ministro più imbarazzante di sempre. Ha vinto il Partito della Catastrofe, nonostante abbia tradito tutte le promesse elettorali, dimezzando i propri voti. Ha vinto Conte, l’uomo del lockdown che ha messo in croce il paese. Sono convinti di avere vinto persino gli italiani, quelli che hanno votato Sì.

(Giorgio Cattaneo, 22 settembre 2020).

FONTE: https://www.libreidee.org/2020/09/suicidio-italia-ebbene-si-ha-vinto-il-partito-della-catastrofe/

 

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

MUSK PERDE IL SUO FASCINO: Tesla “Battery Day” è un flop

Il “Battery day” di ieri di Elon Musk è stato un flop clamoroso, se consideriamo l’effetto sulle quotazioni di Tesla. Ormai il pifferaio magico non riesce a mantenere nel tempo la febbre per le attese che ha creato. Il titolo ha perso il 6,84% dopo aver raggiunto un picco a 442 appena prima degli annunci:

Alla fine l’annuncio è stato banale:

“In circa tre anni da adesso, siamo fiduciosi di poter realizzare un buon veicolo elettrico da 25.000 dollari che sia anche completamente a guida autonoma”, ha detto Musk all’evento. “Questo è sempre stato il nostro sogno fin dall’inizio”.

Se di per  se l’annuncio sembra notevole non lo è: la Renault da tempo ha affermato che in pochi anni sarà disponibile un’auto elettrica a 10 mila euro. Lo stesso Musk aveva parlato di un Model S a 35 mila dollari. Anzi per esssre precisi ha perfino già promesso un’auto a 25 mila dollari nel 2018, ma per ora non si vede niente del genere. Alla fine continuare a gridare “Al lupo al lupo”  translandolo nel tempo non  regge.

FONTE: https://scenarieconomici.it/musk-perde-il-suo-fascino-tesla-battery-day-e-un-flop/

 

 

 

STORIA

L’altra faccia di Winston Churchill

Winston Churchill, primo ministro del Regno Unito durante la seconda guerra mondiale e leader dell’opposizione conservatrice dopo la fine del conflitto, riteneva che, per intimidire il Cremlino e tenere in rispetto “il comunismo”, si dovessero lanciare bombe atomiche su città dell’Unione Sovietica.

Lo storico britannico Richard Toye ha scoperto negli archivi del New York Times diversi testi che fanno riferimento a un memorandum scritto da Julius Ochs Adler, ex ufficiale dell’US Army, diventato dopo la guerra redattore capo del quotidiano, sul contenuto di un’intervista a Churchill del gennaio 1951, ossia sei anni dopo la fine del conflitto e appena sei mesi prima del ritorno di Churchill alla carica di primo ministro.

Secondo Julius Ochs Adler, Churchill pensava che bisognasse usare la bomba atomica perlomeno su una città sovietica ogni 30.

Del resto Churchill non si limitava a raccomandare bombardamenti nucleari sull’Unione Sovietica. Il politico britannico pensava infatti di utilizzare la bomba atomica anche contro la Cina, all’epoca governata da Mao Zedong.

Si vedano anche: − « La Seconde Guerre mondiale aurait pu prendre fin en 1943 », par Viktor Litovkine, Réseau Voltaire, 30 mars 2005. − « Si l’Armée rouge n’avait pas pris Berlin… », par Viktor Litovkine, Réseau Voltaire, 1er avril 2005.

FONTE: https://www.voltairenet.org/article210808.html

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