RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI  19 GENNAIO 2022

Gregorio “Grisha” Jakovlevič Perelman, matematico russo https://www.facebook.com/100004948412919/posts/2057723487735912/

RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 

19 GENNAIO 2022

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

«Ho 16 hanni»

«Guarda che anni si scrive senza

«No, si scrive hanni perché li hai»

FIORELLA ATZORI, Sgrammaticando, Centauria, 2017, pag. 94

 

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SOMMARIO

La rivoluzione colorata in Kazakistan era coordinata dal centro di Kiev
CINQUE PASSI NEL DELIRIO
LA NARRATIVA DEL COVID È FOLLE E ILLOGICA… E FORSE NON È UN CASO
SE VOTARE SERVISSE A QUALCOSA, AI NO VAX NON LO LASCEREBBERO FARE.
La meritocrazia sanitaria
Scuola aperta solo per propaganda
MILANO: IL GALEAZZI RIFIUTA CURE A PAZIENTI SENZA TRE DOSI
Alta dirigente (Pentagono, NATO) propone una “coalizione dei volonterosi” per far guerra alla Russia. Preventiva
Le truppe di occupazione israeliane detengono decine di palestinesi nel Negev, compresi bambini piccoli
UN BARBONE A PASSEGGIO?
IL NUOVO ORDINE DIGITALE
Enrico Mentana, doppia batosta per lui: crollo senza precedenti
IL PIANO PER ETICHETTARCI PER IL SISTEMA SCHIAVISTA DEL NUOVO ORDINE MONDIALE
Draghi come Conte: sul Covid una marea di menzogne
La multa di 100 euro agli over 50 non vaccinati è molto peggio di quello che sembra
I “morti di Covid” con cui ogni sera le tv terrorizzano un popolo di conigli
Covid,”come giornalisti abbiamo fallito”. Il grande giornale chiede scusa ai lettori, dubbi sui dati in tutto il mondo
Non c’è più posto, per voi, nel futuro che sta arrivando
Crisi dello stato sociale e ascesa del Terzo settore: “Si ha il doppio lavoro essenzialmente per necessità”
“Privatizzazioni inevitabili, ma da regolare con leggi ad hoc”: il discorso del 1992 (ma attualissimo) di Mario Draghi sul Britannia
Una frenata al fisco predittivo
Crosetto sull’incubo Mes: “Debito in mano alla Bce, già siamo sotto ricatto dei mercati”
‘Morte’ dei Paschi di Siena
Vaccini, Giuliodori (Alt): Denunciato Rasi per procurato allarme, da consigliere Figliuolo dati falsi
Green pass, da Messina una denuncia a Mario Draghi per sequestro di persona
In arrivo novità contro telemarketing selvaggio
Accordi di Abramo: sono di Trump Quindi vengono nascosti da tutti
DOPO IL KAZAKISTAN, L’ERA DELLE RIVOLUZIONI COLORATE È FINITA
Iran, Russia e Cina si preparano a condurre esercitazioni navali congiunte
Portogallo, indagato il mega-procuratore Jorge Mendes: “Irregolarità su alcune attività finanziarie”
Striscia la Notizia, telefonini spenti e spiati lo stesso: una verità sconcertante

 

 

IN EVIDENZA

La rivoluzione colorata in Kazakistan era coordinata dal centro di Kiev

Stanata la rete internazionale di Soros?

Quali le connessioni tra l’oligarca Ablyazov, Karim Massimov, l’agenzia d’intelligence inglese MI6 e Joe & Hunter Biden?
Fallimento dell’operazione anti-Russa. La Russia doveva essere attaccata dal Sud (Kazakistan) e dall’Est (Ukraina).

https://sputniknews.com/20220117/coordination-center-used-during-kazakhstan-protests-located-in-kiev-fugitive-banker-says-1092308124.html

Il Centro di coordinamento usato durante le proteste del Kazakistan situato a Kiev, afferma il banchiere latitante ex ministro kazako dell’energia, industria e commercio ed ex banchiere latitante Mukhtar Ablyazov – 17.01.2022 PARIGI (Sputnik) –

Un centro di coordinamento utilizzato durante le proteste di massa in Kazakistan si trova a Kiev, ha detto a Sputnik Mukhtar Ablyazov, un ex banchiere kazako fuggito in Francia. “La nostra sede organizzativa – più precisamente, si chiamava la sede di coordinamento delle ‘Elezioni democratiche del Kazakistan’ – si trova a Kiev”, ha detto Ablyazov, spiegando che il centro di coordinamento riceveva le chiamate dai manifestanti, ai quali veniva poi detto di agire secondo un certo “algoritmo” sviluppato dall’opposizione. L’”algoritmo” richiede che i manifestanti agiscano in modo coordinato, “per non permettere alle autorità di impegnarsi in provocazioni”, ma comporta anche il sequestro di edifici amministrativi, ha detto il banchiere latitante.

Ablyazov ha insistito che i disordini avvenuti in Kazakistan, che hanno portato alla morte di oltre 200 persone, non erano un tentativo di colpo di stato. “Un colpo di stato è quando si agisce in modo non costituzionale, con mezzi militari”, ha detto Ablyazov a Sputnik. “Qui, tutti questi raduni sono un nostro diritto costituzionale”. Ablyazov dice che stava invitando i manifestanti ad occupare gli edifici amministrativi Il banchiere ha anche detto a Sputnik che durante le rivolte di massa in Kazakistan invitava i manifestanti a occupare gli edifici amministrativi.

“Abbiamo chiesto di occupare gli edifici amministrativi [in Kazakistan]”, ha detto Ablyazov a Sputnik, specificando che intendeva “riempire” gli edifici, “non schiantarsi, rompere e prendere il controllo”. All’inizio di questo mese, il direttore dell’Istituto kazako di economia e politica mondiale Yerzhan Saltybaev ha detto che l’influenza sulle proteste di Mukhtar Ablyazov, un ex banchiere e ministro del governo che ha affermato di essere il leader del movimento di opposizione kazako, è molto limitata nonostante le sue notevoli risorse finanziarie. Ablyazov è stato condannato in contumacia in Kazakistan per omicidio e appropriazione indebita. Da molti anni risiede all’estero. Secondo il governo kazako, più di 50 strutture statali e 1.300 strutture commerciali sono state danneggiate durante i disordini all’inizio del mese. L’ufficio del sindaco è stato bruciato ad Almaty. Inoltre, ospedali, cliniche e altre strutture sanitarie sono state attaccate

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/la-rivoluzione-colorata-in-kazakistan-era-coordinata-dal-centro-di-kiev/

CINQUE PASSI NEL DELIRIO

di Nestor Halak

ComeDonChisciotte.org

Che fortuna!

Qualche giorno fa, in un negozio sento la seguente conversazione tra due donne di mezza età: “Sai che è successo per capodanno a mio figlio? Doveva andare al cenone da amici: naturalmente tutti vaccinati eh! Comunque, per prudenza, si sono fatti il tampone prima, e sia lui che la moglie sono risultati positivi e si sono dovuti chiudere in casa in quarantena”. “Davvero? Ma stanno male? Hanno chiamato il dottore?” “No, per avere non hanno nulla, stanno benissimo, ma il dottore gli ha ordinato di non uscire di casa per dieci giorni e poi fare il test molecolare per vedere se possono uscire” “Quindi niente capodanno?” “Eh no! Però è stata una gran fortuna. Pensa cosa poteva succedere se non avessero fatto il test!”

Funerali covid.

Mi telefona un amico per avvisarmi che il marito di una comune amica è morto in nottata (no, niente covid, stranamente si può morire anche di altro). Ci mettiamo d’accordo per andare al funerale dove ci presentiamo debitamente mascherati. Il morto era persona importante, per cui la chiesa è affollata e sulla porta c’è un giovane di quelli che frequentano le parrocchie a smistare il traffico. “Dentro solo col pass” ci dice. Il mio amico mostra il telefonino, farei altrettanto, ma il telefonino l’ho lasciato a casa, e poi non ho neanche il pass. Mi dispiace per il morto, ma mi viene una gran voglia di dire al baciapile cosa può farci con la sua chiesa qui davanti a tutti, ma poi mi coglie come un’ispirazione e gli rispondo: “va bene, resto fuori, ma non ditelo a Cristo, lui i lebbrosi li abbracciava”.

Deliri

Leggo la risposta dell’Istituto Superiore di Sanità alla domanda fatta da La Verità se è vero che vengono conteggiati come morti per covid tutti coloro che, anche in passato, sono stati trovati positivi al tampone: ”è una malattia ancora in fase di studio (…), non si conoscono bene le conseguenze a lungo termine di questo virus, ed i pazienti contagiati, seppur negativizzati, potrebbero morire dopo diverso tempo comunque per i danni causati dal Coronavirus”. Inoltre,“non è certo che i pazienti risultati negativi al tampone abbiano poi totalmente debellato il virus. Il monitoraggio di chi è stato paziente Covid continua anche sul lungo periodo, perché il virus potrebbe fare danni a lungo termine”. Mi chiedo: se facessimo lo stesso ragionamento per quanto riguarda gli effetti collaterali dei vaccini, si potrebbe mai escludere che qualcuno, purché morto, sia morto per le conseguenze dell’inoculazione? Mettiamo che un vaccinato muoia in un incidente automobilistico: non potrebbe essere il vaccino causa della morte per aver comportato il rallentamento dei riflessi e non aver consentito al poveraccio di frenare in tempo?

Parola del signore

Parola di Draghi: “ l’appello a non vaccinarsi è un appello a morire, sostanzialmente. Non ti vaccini, ti ammali, muori. Oppure fai morire: non ti vaccini, ti ammali, contagi, qualcuno muore”.“Il certificato verde uno strumento per consentire agli italiani di continuare le proprie attività con la garanzia di non trovarsi tra persone contagiose. E’ uno strumento che da serenità, non che la toglie”. “Il green pass non è un arbitrio, ma la condizione per tenere aperta la propria attività, senza vaccinazione si deve chiudere tutto di nuovo”. Eh già, senza vaccinazione ti fanno chiudere: si tratta di pagare la protezione. Ragazzi, si sente che non siamo di fronte al solito politico da strapazzo, ma ad una mente superiore che sa e pensa cose che noi umani neppure possiamo immaginare. Quelle che pronuncia sono frasi eterne, un giorno le insegneranno sui libri di scuola. Propongo da subito un libretto da tasca con I Pensieri del Presidente per poterli sempre avere a portata di mano.

Emergenza!

Bollettino covid del 2 gennaio 2022: nuovi positivi 141.262, morti 111. In altre parole, dei 2.204 morti registrati mediamente in Italia in un giorno di gennaio, 111 sono stati trovati positivi ad un test poco affidabile che rileva la presenza di decine di virus respiratori. Più famigliarmente e meno precisamente, si potrebbe sospettare che 111 tra quelli che sono morti avevano il raffreddore. Dove sta l’emergenza? Certo che se riduciamo a 1.000 i posti letto nel paese, a 100 gli infermieri e a 10 i posti in terapia intensiva, l’emergenza è assicurata. Forse sbaglio qualcosa. Proviamo a riassumere: i vaccini funzionano bene, il 90% delle persone è vaccinato, però siamo ancora in emergenza e quindi bisogna fare ancora più vaccini. Dato che funzionano. Ma se per caso non funzionassero, come potremmo scoprirlo? Non dall’emergenza, evidentemente, che c’è anche se funzionano. Allora l’emergenza non c’entra coi vaccini? Non è facile capire. Da mal di testa!

Nestor Halak

FONTE: https://comedonchisciotte.org/cinque-passi-nel-delirio/

 

 

LA NARRATIVA DEL COVID È FOLLE E ILLOGICA… E FORSE NON È UN CASO

Forse costringere le persone a credere alle tue bugie, anche dopo aver ammesso di mentire, è la forma più pura di potere.

Di Kit Knightly, off-guardian.org

“Non solo la validità dell’esperienza, ma l’esistenza stessa della realtà esterna è stata tacitamente negata dalla loro filosofia. L’eresia delle eresie era buon senso”.
George Orwell, 1984

La narrativa della “pandemia di Covid” è folle. Questo è ormai consolidato da tempo, non abbiamo davvero bisogno di entrare nel come o perché qui. Leggi il nostro repertorio storico.

Le regole sono prive di significato e arbitrarie, il messaggio contraddittorio, la stessa premessa priva di senso.
Ogni giorno una nuova follia viene lanciata nel mondo, e mentre molti di noi alzano gli occhi al cielo, alzano la voce o semplicemente ridono… molti altri lo accettano, ci credono, permettono che continui.
Prendiamo la situazione in questo momento in Canada, dove il governo ha imposto un mandato di vaccinazione agli operatori sanitari, il che significa che nella sola Columbia Britannica oltre 3000 dipendenti ospedalieri erano in congedo non retribuito entro il 1° novembre.
Come hanno risposto i governi locali alla carenza di personale?

Cercano dipendenti vaccinati anche se positivi.
Che tu lo creda o meno, i test significano qualcosa, in teoria. Nella realtà che cercano di venderci ogni giorno, risultare positivi significa che sei portatore di una malattia pericolosa.

Quindi chiedono che le persone presumibilmente portatrici di un “virus mortale” lavorino, piuttosto che lasciare semplicemente che persone non vaccinate perfettamente sane riottengano il loro lavoro.

Questa è follia.

Ma c’è qualcosa che può illustrare meglio le priorità di coloro che gestiscono il gioco?

Sappiamo già che non si tratta di un virus, non si tratta di proteggere il servizio sanitario e non si tratta di salvare vite. Ogni giorno le persone che gestiscono la “pandemia” lo ammettono con le loro azioni e persino con le loro parole.

Piuttosto, sembra che si tratti di far rispettare regole che hanno poco o nessun senso, richiedere conformità al prezzo della ragione, tracciare linee arbitrarie sulla sabbia ed esigere che le persone le rispettino, facendo credere alle persone “fatti” che si possono dimostrare non veri.

Ma perché? Perché la storia del Covid è irrazionale e contraddittoria? Perché da un lato ci viene detto di avere paura e dall’altro che non c’è nulla di cui aver paura?

Perché la “pandemia” è così completamente folle?

Potresti obiettare che è una semplice coincidenza. Il sottoprodotto di una narrativa in evoluzione multifocale, una storia raccontata da un migliaio di autori contemporaneamente, ognuno preoccupato di coprire il proprio piccolo pezzo di agenda. Un’auto con più conducenti che litigano per un singolo volante.

Probabilmente c’è del vero in questo.

Ma è anche vero che il controllo, il vero controllo, si ottiene solo con una bugia.

In psicologia clinica uno dei segni diagnostici dello psicopatico è che racconta compulsivamente bugie elaborate. Egli mentirà tante volte anche se raccontare la verità sarebbe più vantaggioso.

Nessuno sa perché lo facciano, ma ho una teoria, e si applica sia agli sciami di topi microcefali che gestiscono le fogne del potere sia ad una singola mostruosità.

Se vuoi controllare le persone, devi mentire loro, è l’unico modo per assicurarti di avere potere.

Se ti trovi in mezzo alla strada e io grido “attenzione, sta arrivando un’auto” e ti muovi proprio mentre un’auto passa di corsa, non saprò mai se ti sei mosso perché l’ho detto io o perché la macchina era reale.

Se il mio interesse fosse quello di assicurarmi che tu non ti faccia male, questo non mi importerebbe comunque.

Ma cosa succede se il mio unico vero scopo è la gratificazione di vederti fare quello che dico, semplicemente perché l’ho detto?

…beh, allora ho bisogno di urlare un avvertimento di un’auto che non esiste, e guardarti schivare una minaccia immaginaria. O, in effetti,

dirti che non c’è nessuna macchina e guardare mentre vieni travolto.

Solo così posso essere sicuro che le mie parole contano per te più della realtà percepibile, e solo allora so di avere veramente il controllo.
Non puoi mai controllare le persone con la verità, perché la verità ha un’esistenza al di fuori di te che non può essere alterata o diretta.

Potrebbe essere la verità stessa che controlla le persone, non te.

Non puoi mai costringere le persone a obbedire a regole che hanno senso, perché potrebbero obbedire alla ragione, non alla tua forza.

Il vero potere sta nel far temere alle persone qualcosa che non esiste, e fare in modo che abbandonino la ragione per proteggersi dalla minaccia inventata.

Per garantirti il controllo, devi far vedere alle persone cose che non ci sono, farle vivere in una realtà che costruisci intorno a loro e costringerle a seguire regole arbitrarie e contraddittorie che cambiano di giorno in giorno.
Per testare veramente la loro lealtà, il loro stato di ipnosi, potresti anche dir loro che non c’è più nulla di cui aver paura, ma devono comunque seguire le regole.

Forse è questo il punto. Magari non sarebbe necessario che la storia sia credibile. Forse le regole non sono fatte per avere un senso, sono fatte per essere rispettate.

Forse più contraddittorie e illogiche diventano le normative, più viene apprezzata la tua conformità.

Forse se riesci a costringere una persona ad abbandonare il suo giudizio a favore del tuo, hai il controllo totale sulla sua realtà.

Abbiamo iniziato con una citazione di Orwell, quindi finiamo con un’altra:

“Il potere sta nel fare a pezzi le menti umane e rimetterle insieme in nuove forme di tua scelta”.

Non è quello che stiamo vedendo ora? Quello che abbiamo visto fin dall’inizio?
Persone condizionate ad aver paura di qualcosa che è stato detto non essere spaventoso, a seguire regole che gli viene detto non sono necessarie, a prendere “medicinali” che gli viene detto che non funzionano.

Forse costringere le persone a credere alle tue bugie, anche se ammetti di mentire, è l’espressione più pura del potere.

Di Kit Knightly, off-guardian.org

Link fonte originale – https://off-guardian.org/2021/12/29/the-covid-narrative-is-insane-and-illogical-and-maybe-thats-no-accident/

Libera traduzione di Papaconscio per ComeDonChisciotte.org

FONTE: https://comedonchisciotte.org/la-narrativa-del-covid-e-folle-e-illogica-e-forse-non-e-un-caso/

 

 

SE VOTARE SERVISSE A QUALCOSA, AI NO VAX NON LO LASCEREBBERO FARE.

Comedonchisciotte.org

Un recente sondaggio del celebre Pagnoncelli dava il “partito no vax” al 30%. Era forse un messaggio di allarme per la cabina di regìa del Grande Reset? Di sicuro, è un messaggio confortante per il blocco sociale resistente. Se mai esistesse un partito che avesse come primo obbiettivo l’abolizione del green pass e di qualsiasi forma di obbligo vaccinale, basterebbe andare a votare. Nella migliore delle ipotesi potrebbe essere un partito capace di andare al governo, in una ipotesi più realistica, un partito capace di esercitare una reale opposizione, in grado quantomeno di frenare il percorso che stanno imponendo a passi forzati, di deviare questa traiettoria distopica che segnerà la fine della democrazia.

Mai un voto sarebbe così sentito. Anche molti fra i vaccinati voterebbero per il partito dei “no vax”.

Il fronte resistente alla tecnodittatura sanitaria è ampio e variegato, ci son dentro tante realtà di ogni provenienza politica, così come ci sono molte persone che non hanno un ideale politico preciso, ma che hanno piuttosto inclinazioni religiose e spirituali. In ogni caso il fronte sarebbe unito dall’unico obbiettivo condiviso, l’unico che legittima l’idea del partito stesso: l’abolizione del lasciapassare e dell’obbligo vaccinale. Un partito con un unico obbiettivo. Per il resto, poi, ci si metterà d’accordo.

Se votare facesse qualche differenza, non ce lo lascerebbero fare”. Diceva qualcuno in altri tempi, sempre recenti, vissuti nel grande inganno della democrazia liberale, il termine petaloso per definire il sistema oligarchico. Le conquiste politiche delle masse sono state disfatte e siamo di fatto tornati all’800, in una sorta di romanzo distopico cyberpunk, dove le moderne oligarchie globali dispongono di mezzi molto più potenti e raffinati per il controllo sociale. Anche se oggi c’è il suffragio universale, ci sono molti più sistemi per orientare il voto delle masse, e in caso di non riuscita, di falsificare il risultato delle elezioni.

Probabilmente è un messaggio esoterico quello di aver fatto vincere le elezioni americane a un anziano con un principio di demenza senile, coinvolto in casi di corruzione internazionale, insieme col figlio, l’erede che ama passare il suo tempo libero a fumare crack e caricare video sul suo canale di PornHub. Il messaggio, rivolto a quelli che lo possono capire, potrebbe essere questo: “E’ inutile provare la strada delle elezioni – Vi abbiamo tolto anche questo”. “Siamo noi a decidere chi dev’essere l’uomo più potente del mondo. Se non ce la facciamo con la propaganda allora trucchiamo le elezioni, e faremo credere di non averlo mai fatto” – “L’abbiamo fatto negli Stati Uniti, lo possiamo fare dovunque”.

Ponendo di fregarsene di questi messaggi e andar dritti per la propria strada, bisogna ragionare sull’effettivo potenziale rappresentato da un partito no vax italiano. Bisogna considerare soprattutto due importanti fattori: il primo è che l’Italia è ormai un paese commissariato dall’oligarchia finanziaria globale, il secondo è che la “situazione d’emergenza” può essere di nuovo usata per sospendere la democrazia.

Per tutta la sua storia di Stato nazione, l’Italia non è mai stata davvero un paese sovrano, probabilmente neanche durante il ventennio, ma il crollo dell’Unione Sovietica ha segnato anche la fine di quel margine d’azione della nostra classe politica, quel poco di autodeterminazione che nel secondo dopoguerra abbiamo assaggiato, a piccole dosi. Da Tangentopoli in poi si è inserito il pilota automatico: DS, Ulivo, PD o Forza Italia e Lega hanno portato avanti allo stesso modo l’agenda neoliberale, in un modo piuttosto che un’altro. Oggi, a distanza di 30 anni, il partito no vax sarebbe un piccolo partito solo contro tutti, impossibile trovare una qualche forma alleanza coi partiti di sistema, in questo caso FdI e Lega, che l’oligarchia globalista utilizza come finta opposizione al fine di mantenere l’immagine della democrazia. Questo partito no vax, come accennato all’inizio, potrebbe, realisticamente, solo ricoprire il ruolo di vero fronte d’opposizione. Ma anche qui, la storia insegna. La sospensione della democrazia, intesa nel suo senso puramente elettorale, può essere attuata con la scusa della “situazione d’emergenza”. Così come è successo nel 2011, dove la crisi del debito sovrano, indotta artificialmente dall’Oligarchia, è stata utilizzata come spauracchio grazie al quale i mezzi d’informazione di massa della stessa Oligarchia hanno profuso terrore nell’opinione pubblica che è così riuscita a legittimare, anzi a far invocare a gran voce dal popolo, la presa del potere politico dei suoi stessi aguzzini: i tecnici capitanati da Mario Monti che inaugurarono la stagione di lacrime e sangue, di quella feroce austerità made in Italy.

Non è difficile pensare che lo schema da riproporre oggi durante “l’emergenza sanitaria” sia lo stesso applicato durante “l’emergenza economica” di 10 anni fa. Non è difficile pensare che la potenza mediatica di cui l’Oligarchia dispone, sia sufficiente a legittimare agli occhi dell’opinione pubblica la messa fuori legge del Partito dei No Vax. Hanno già dimostrato, e fatto accettare a una larga fetta di popolazione, che in nome della salute si può sospendere la democrazia.

Certo, finchè non si prova, non si può essere certi. In ogni caso, se davvero il blocco sociale resistente trovasse una coesione che si cristallizzasse nella formazione di un soggetto politico per le prossime elezioni del 2023, sarebbe un bel mal di pancia per l’Oligarchia, e per i loro vili esecutori qui nello stivale.

FONTE: https://comedonchisciotte.org/se-votare-servisse-a-qualcosa-ai-no-vax-non-lo-lascerebbero-fare/

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

La meritocrazia sanitaria

L’altro giorno a Piazza Pulita (La7) Pierluigi Bersani, ex segretario del Partito Democratico ed ex ministro della Repubblica, ha affermato:

“Finché c’è posto per curare, bene. Se non ci fosse più posto, non sta fuori un malato di tumore o di leucemia perché qualcuno dice che il vaccino è roba da ridere. Questo bisogna che lo diciamo.”

L’affermazione di Bersani non è in verità niente di nuovo in questo tetro periodo della storia repubblicana, avendo avuto più volte occasione di udire minacce o raccomandazioni circa l’appropriatezza dell’idea che un cittadino che abbia scelto di non sottoporsi all’attuale vaccinazione anti-Covid non meriti di essere curato, o solo in subordine a tutti gli altri. Ma per quanto non nuova, e per quanto tinteggiata retoricamente con un contrasto ben scelto – malato oncologico vs. l’ignobile Franti che ride del vaccino – questa affermazione, pronunciata con tono torvo e ammonitore da uno dei leader storici di ciò che una volta si diceva “sinistra” rappresenta un salto di qualità. Se qualcuno avesse avuto bisogno di conferma del mutamento antropologico ed etico avvenuto nella “sinistra” in era neoliberale, questa affermazione suona come la sua conferma tombale.

Ci tratteniamo dal far osservare all’on. Bersani che uno che ha sostenuto senza eccezioni tutti i governi che dal 2012 al 2018 hanno tagliato 37 miliardi di finanziamento al SSN, di fronte alla prospettiva di dover togliere le cure ad un concittadino per esaurimento delle risorse ospedaliere, invece che impancarsi a giudice dovrebbe semplicemente chiedere perdono con gli occhi bassi. Né ci soffermeremo sulla paurosa gestione delle cure del suo compagno di partito ministro della Sanità, che ci ha portato alla catastrofe odierna, di cui cerca in modo vile e ridicolo di scaricare la responsabilità su quel residuo 10% di renitenti alla vaccinazione.

Lasciamo questi ed altri problemi sullo sfondo e cerchiamo di concentrarci sul punto cruciale del ragionamento, che, al netto della questione specifica delle vaccinazioni anti-Covid, può essere riassunto in questi termini:

“L’accesso alle cure del sistema sanitario è una questione di merito personale. Chi non fa il possibile per evitare di dover ricorrere alle cure non merita di essere curato, o lo merita in modo minore rispetto a chi ha agito in modo da minimizzare i rischi.”

Questo ragionamento è interessante perché rappresenta una negazione frontale dello spirito che ha informato il diritto alla salute a partire dall’art. 32 della Costituzione. L’idea di un servizio sanitario universalistico è radicato in una visione semplice e profonda. Si tratta dell’idea che nessun individuo sceglie volontariamente di ammalarsi o morire, e che i percorsi di vita degli individui, con la relativa libertà, li può portare in varie forme e momenti della vita ad assumere rischi e ad aver bisogno di cure, e che il modo umano e comunitario di affrontare questi rischi sta nell’assicurare a tutti, indiscriminatamente, l’accesso alla cure stesse (finanziate peraltro con la tassazione collettiva). Questa visione assicura di principio insieme la massima libertà personale e la massima solidarietà collettiva. Lo Stato ha il compito di approntare un servizio all’altezza del compito, non certo di fornire pagelle sulla gestione del rischio personale nel corso della propria esistenza.

Ma questo modello universalistico, che è anche incidentalmente molto più efficiente in rapporto ai costi di qualunque modello privatistico, presuppone un’idea etica importante, ovvero l’idea che una comunità di soggetti liberi possano sviluppare ed esplorare le proprie scelte di vita mettendo in comune i costi e i benefici, su un piano di eguaglianza.

È proprio quest’idea di fondo ad essere stata erosa e demolita da tempo dall’impianto neoliberale, innescando l’idea che invece la salute debba essere trattata come una merce tra le altre, su base individuale.

E tuttavia, nonostante tale erosione, fino all’ultimo anno nessuno aveva osato attaccare in maniera frontale il concetto di universalismo della cura subordinandolo ad una valutazione di merito sulle condotte personali.

I nostri ospedali hanno sempre curato drogati e tentati suicidi, per quanto con tutta evidenza né gli uni né gli altri avessero fatto quanto era nelle proprie possibilità per non aver bisogno delle cure. Il piano della cura e il piano del giudizio sulla condotta erano separati e li si voleva, giustamente, separati. Questo perché la strada alternativa, la strada del “merito personale” come accesso privilegiato alla cura, è una strada che immediatamente disintegra senza rimedio ogni sistema sanitario pubblico (e ogni spirito solidaristico). Questo per una ragione semplice: nel momento in cui ponessimo un sistema di giudizi morali preliminari per definire gerarchie d’accesso alle cure, il giudizio morale sulla condotta individuale diviene fonte di potenziali lesioni fisiche o potenziali condanne a morte. Il salto in direzione del più feroce degli “stati etici” è immediato, e chi non vuole sottostarvi ha a disposizione come unica alternativa l’accesso privato alle cure.

In altri termini, una volta che passa il principio della “cura secondo merito” le opzioni in campo restano solo due: o uno “stato etico” che giudica moralmente ogni aspetto dei comportamenti individuali per redigere le proprie gerarchie di merito (e di accesso alle cure pubbliche), o uno stato assente che lascia a ciascuno l’onere di cavarsela con le proprie risorse private.

Basta una breve riflessione che comprendere in quale direzione può condurre l’idea di una separazione “per merito” della dignità d’accesso alle cure sanitarie.

Lo sportivo infortunato che arriva in ospedale con una frattura scomposta è andato a cercarsela; dopo tutto poteva starsene a casa a guardare la TV.

Ma, un momento, forse è piuttosto il teledipendente sovrappeso ad essere particolarmente biasimevole per aver compromesso in quel modo il proprio apparato cardiocircolatorio?

E che dire del manager con la pressione perennemente alta per l’elevato stress? Non poteva starsene quieto e fare il salumiere?

Beninteso, anche il salumiere, con quella sua dieta ricca di proteine e grassi animali, cosa gli costava nutrirsi di bambù e bacche di Goji, invece di intasarsi le arterie?

E l’operaio che rompe la monotonia di giornate lavorative pesanti e sempre uguali alzando il gomito alla sera? Merita lui che la collettività, sobria e virtuosa, utilizzi le proprie risorse per prendersi cura del suo fegato?

E chi si è contagiato sessualmente di AIDS o Epatite B, mica glielo aveva ordinato il dottore di andare in giro a divertirsi!

E che dire di chiunque si ammali di una malattia per cui esiste un vaccino? Perché mai non se li è fatti tutti invece di venire ora a chiedere comprensione e aiuto? Però, un momento, e se facendoseli tutti finisse per innescare una malattia autoimmune? Anche in questo caso si potrebbe dire che se l’è cercata lui: bastava che invece di inocularsi scegliesse di fare vita più ritirata e meno esposta, no?

Ecc. ecc.

La semplice verità è che nel momento in cui si prende questa strada si consegna ad un’autorità morale arbitraria (una maggioranza protempore?) un diritto di irreggimentazione e indirizzo capillare della vita altrui, secondo criteri che possono essere espansi o ritratti in mille direzioni.

Il fatto che all’on. Bersani oggi non piacciano i No Vax e voglia lasciarli nelle retrovie delle cure pubbliche è un’indicazione interessante delle gerarchie morali dell’on. Bersani (e dello sfacelo della sinistra). Che, come lui ritiene, ciò debba diventare un criterio di giudizio pubblico è forse qualcosa che prima di essere proferita in televisione avrebbe meritato qualche riflessione in più. D’altro canto fu una bella fortuna per il nostro onorevole che gli argomenti che lui oggi ci propone non si fossero imposti dieci anni fa, perché nello stesso spirito qualcuno avrebbe potuto sindacare del suo merito di accedere alle cure per l’ictus che lo colpì nel 2014, visti i suoi noti trascorsi di accanito fumatore di sigari.

Ma a prescindere dal nostro onorevole, è il sistema mediatico che a giorni alterni ci racconta «quanto costano all’erario pubblico i non vaccinati» a rappresentare una vergogna inqualificabile. Giornalisti che si presentano come “disfacitori di ogni ingiustizia e raddrizzatori di torti” mentre danno solo fiato ai propri pregiudizi, lavorando per la distruzione finale del servizio sanitario pubblico.

Il problema che purtroppo qui sfugge completamente, essendo stato da tempo introiettato, è come una volta che si apra la strada alla creazione di gerarchie di merito per l’accesso a servizi pubblici, ogni patto sociale tenda ad infrangersi e finisca per emergere una qualche riedizione del bellum omnium contra omnes, in cui la vita dell’uomo tenderà fatalmente e sempre di più a divenire  “solitary, poor, nasty, brutish, and short” (Hobbes, Leviathan, i. xiii. 9).

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-andrea_zhok__la_meritocrazia_sanitaria/39602_44792/

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

Milano, la grande incertezza: classi in dad da un giorno all’altro, famiglie nel caos del doppio tampone e tracciamento Ats saltato. “Scuola aperta solo per propaganda”

La referente Covid dell’istituto comprensivo Giovanni Pascoli del capoluogo lombardo fa sapere che alle 12 classi completamente in dad se ne aggiungono tre in autosorveglianza alla secondaria e sei alle elementari. All’istituto Umberto Eco, invece, sulle 36 classi della primaria, 12 sono interessate da contagi e sette di queste sono già in didattica a distanza

“Al momento sono chiuse 12 classi su 60, ma se mi chiama fra un’ora probabilmente saranno di più”. La referente Covid dell’istituto comprensivo Giovanni Pascoli di Milano, due plessi di scuola primaria e uno di secondaria tra Pagano e Cadorna, ha pochi dubbi sul destino di altri alunni che presto si aggiungeranno a quelli già a casa per la didattica a distanzaIl governo ha spinto per tenere le scuole aperte dopo le vacanze di Natale, nonostante il boom dei contagi. Ma per mandare tutta la classe in dad bastano due positivi alle elementari e tre alle medie. In mezzo, le varie forme di autosorveglianza: alle elementari, per esempio, significa che ogni alunno deve fare un tampone il prima possibile dal verificarsi di un contagio (T0) e un altro dopo cinque giorni (T5).

Alla Pascoli, alle 12 classi completamente in dad se ne aggiungono tre in autosorveglianza alla secondaria e sei alle elementari. Difficile non saltino fuori altri positivi che porteranno alla chiusura di nuove classi. Numeri analoghi li hanno a un paio di chilometri di distanza, all’istituto Umberto Eco che comprende la scuola primaria Novaro e Ferrucci di piazza Sicilia e la secondaria di primo grado Monteverdi di via Colonna. Qui, sulle 36 classi della primaria, 12 sono interessate da contagi e sette di queste sono già in didattica a distanza. Mentre sulle 24 della secondaria si sono registrati contagi in 11. In tre di queste è già partita la didattica a distanza mista: chi non è vaccinato segue le lezioni da casa, mentre chi lo è può, ma non è obbligato, andare in aula. Una contabilità alla quale è molto difficile stare dietro, dice la preside Maria Gioele Infantino: “Guardi, io sono favorevole a tenere le scuole aperte. Ma il sistema va semplificato, c’è bisogno di snellimento burocratico. La complessità del tracciamento dei casi è ingestibile. La cosa difficile non è inserire i dati nella piattaforma dell’Ats, ma inseguire i risultati dei tamponi T0 e T5 di ogni alunno. E anche per le famiglie questa situazione è molto disagevole”.

Per una classe di 25 alunni, due tamponi in cinque giorni fanno 50 tamponi. Così in una della farmacie della zona, quella all’incrocio tra via Ravizza e via Marghera che fa i test antigenici senza necessità di prenotazione, è facile vedere in coda anche i bambini. Lunedì dopo pranzo la coda era di una trentina di persone, per almeno un’ora e mezza di attesa.

Dati ufficiali sulle classi chiuse in provincia di Milano al momento non ce ne sono. I numeri che ogni scuola raccoglie a fatica e fornisce all’Ats finiscono in un report settimanale della Regione. L’ultimo, quello di mercoledì scorso, dava per tutta la provincia di Milano solo 12 classi in quarantena, un numero poco significativo in quanto riferito al 2 gennaio, quando le scuole erano ormai chiuse da giorni per le vacanze. E i dati sulle classi in dad non li dà nemmeno l’ufficio scolastico territoriale, che a richiesta de ilfattoquotidiano.it risponde via email: “L’ufficio non effettua rilevazioni autonome su classi, docenti e alunni in quarantena. I dati sono raccolti da Ats Milano direttamente dalle scuole”. Inutile fare presente che sarebbe allarmante se il provveditorato non avesse contezza della situazione giorno per giorno. E inutile chiedere di parlare con il dirigente Yuri Coppi: alla nuova email non arriva alcuna risposta.

“Quei dati li abbiamo chiesti anche noi nell’incontro di lunedì davanti al Prefetto, ma Coppi non ce li ha forniti. Forse no ce li ha davvero”, lamenta Jessica Merli, segretaria generale del sindacato della scuola Flc Cgil di Milano. “La scuola in questi giorni è tenuta aperta solo per propaganda. Di fatto molte classi sono completamente in dad. Nel comprensorio del Legnanese ci risulta che lo siano 51 su 172, quasi una su tre. Siamo stati abbandonati dall’Ats, mentre docenti e personale scolastico si ritrovano a dover fare da medici, infermieri e psicologi. In molti casi la prima ora di lezione è usata per fare il tracciamento e raccogliere i risultati dei tamponi T0 e T5 dei vari alunni. Le famiglie vengono avvisate del contatto con un positivo in classe non dall’Ats, ma dal personale amministrativo delle scuole. Più del 20% del personale è assente perché positivo o in quarantena. Una situazione difficilmente sostenibile”.

A Milano la situazione è complicata anche nei nidi e nelle scuole dell’infanzia, di competenza del Comune, dove basta un caso positivo per sospendere l’attività. In base agli ultimi dati disponibili, riferiti a lunedì, ci sono circa 300 sezioni chiuse su un totale di 1.138 tra nidi (in tutto 249 sezioni), scuole dell’infanzia (852) e sezioni primavera (37 totali). “L’aumento del numero delle sezioni chiuse riflette l’aumento del numero dei contagi del personale educativo e dei bambini – dice la vicesindaco e assessora all’Istruzione Anna Scavuzzo – Ci dicono che sorpassato il picco il trend dovrebbe cambiare, anche grazie all’aumento del numero delle vaccinazioni. Intanto stiamo attivando la Lead (Legami educativi a distanza) e le educatrici e gli educatori organizzeranno, come già fatto durante il lockdown, alcuni collegamenti con bambine e bambini a casa”.

Twitter: @gigi_gno

FONTE: https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/01/18/milano-la-grande-incertezza-classi-in-dad-da-un-giorno-allaltro-famiglie-nel-caos-del-doppio-tampone-e-tracciamento-ats-saltato-scuola-aperta-solo-per-propaganda/6460429/

 

 

 

MILANO: IL GALEAZZI RIFIUTA CURE A PAZIENTI SENZA TRE DOSI

L’ospedale pubblico nega gli interventi a chi non è munito di super green pass: il diritto alla salute in Italia non esiste più

Un altro sopruso della dittatura sanitaria arriva da un’esclusiva di Fuori dal coro. Diverse segnalazioni alla redazione di pazienti dell’ospedale Galeazzi di Milano, cui tuttora sono rifiutate operazioni perché non hanno effettuato la terza dose di vaccino.

 

Possibile che il diritto alla salute possa essere negato in maniera tanto arbitraria e criminale? Se si pensa ai paesi anglosassoni, dove questo avveniva ben prima della colossale speculazione pandemica, non solo è possibile, ma è dove gli autori occulti di questa speculazione vogliono portare il nostro popolo. E questi sono solo lampi barbarici d’inizio Ventennio: prepariamoci all’epoca in cui nessun diritto ci sarà più garantito per natura, ma sarà erogato solo alle condizioni del padrone.

MDM 19/01/2022

FONTE: https://comedonchisciotte.org/milano-il-galeazzi-rifiuta-cure-a-pazienti-senza-tre-dosi/

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Alta dirigente (Pentagono, NATO) propone una “coalizione dei volonterosi” per far guerra alla Russia. Preventiva

Il ritorno dei Neocon

Una “coalizione dei volonterosi” (coalition of the willing) disposti a fare guerra alla Russia: è quanto propone Evelyn Farkas, che ex vicesegretario aggiunto alla Difesa per Russia, Ucraina ed Eurasia sotto Obama, ed ex consigliere senior del Comandante supremo alleato in Europa, il massimo comandante militare della NATO.

Pochi ricorderanno l’espressione. Sono passati giusto vent’anni: nel 2002 il presidente George W. Bush (figlio), non potendo ordinare alla NATO (alleanza difensiva) di invadere l’Irak , promosse una coalizione dei volenterosi per abbattere il dittatore iracheno Saddam Hussein sotto la falsa accusa di possedere armi di distruzione di massa. Dei 43 stati e staterelli che aderirono (fra cui alcune isole del Pacifico) le sole nazioni che mandarono truppe in Irak ad effettivamente combattere per la sporca bisogna furono, oltre ovviamente gli USA, la Gran Bretagna, l’Australia e – per sua vergogna – la Polonia (L’Italia mandò le truppe dopo il conflitto, ad occupazione avvenuta) .

Era la grande impresa di quelli che furono chiamati i “neocon, praticamente tutti ebrei che avevano riempito le poltrone alte del Pentagono, e volevano, destabilizzando e occupando l’Irak petrolifero, eliminare un pericolo per Israele.

Ovviamente anche questa Farkas è ebrea (come Victoria Nuland, l’organizzatrice del colpo di stato che ha portato via l’Ucraina alla Russia), e aspira evidentemente ad emulare i fasti neocon: facendo guerra alla Russia, eventualmente preventiva, con una “coalizione di volonterosi” costituita ad hoc all’ordine d egli USA.

Elyn Farkas l’ha scritto sulla rivista militare Defense One. Riportiamo il suo articolo come illustrazione di una mentalità ostile, con tratti deliranti di odio antirusso, che sta prendendo piede nei settori del partito democratico al potere in USA.

Titolo originale:

Gli Stati Uniti devono prepararsi alla guerra contro la Russia per l’Ucraina

Se Putin non è dissuaso dal conquistare un altro pezzo di territorio sovrano, non si fermerà qui.

È più probabile che il presidente Vladimir Putin invada nuovamente l’Ucraina nelle prossime settimane. In quanto persona che ha aiutato il presidente Barack Obama a gestire la risposta statunitense e internazionale all’invasione iniziale dell’Ucraina da parte della Russia nel 2014, e il nostro sforzo per impedire a Mosca di occupare l’intero paese nel 2015, ne sono penosamente convinto.

Come mai? Vedo la portata e il tipo di forza schierata dall’esercito russo, gli ultimatum emessi da Putin e dai suoi funzionari, la retorica bellicosa che fino a poco tempo fa ha saturato le onde radio russe e l’impazienza per i colloqui espressa dal suo ministro degli esteri. Aggiungete a ciò la probabile ansia prodotta in Putin dalle manifestazioni della scorsa settimana in Kazakistan e dal successo di Mosca nel reprimerle.

Ma il motivo fondamentale per cui penso che i colloqui con la Russia falliranno è che gli Stati Uniti ei loro alleati non hanno nulla da offrire immediatamente a Mosca in cambio di una riduzione dell’escalation.

Gli Stati Uniti devono fare di più che emettere ultimatum su sanzioni e sanzioni economiche. I leader statunitensi dovrebbero organizzare una coalizione internazionale di volontari, preparando le forze militari a scoraggiare Putin e, se necessario, prepararsi alla guerra.

Se la Russia prevarrà di nuovo, rimarremo bloccati in una crisi non solo sull’Ucraina, ma sul futuro dell’ordine globale ben oltre i confini di quel paese. Lasciato libero, Putin si muoverà rapidamente, afferrerà un po’ di terra, consoliderà i suoi guadagni e punterà gli occhi sul prossimo stato satellite nel suo lungo gioco per ripristinare tutti i confini precedenti al 1991: la sfera di influenza geografica che ritiene sia stata ingiustamente sottratta al Grande Russia.

Il mondo guarderà la nostra risposta. Qualsiasi successiva accettazione dei guadagni russi comporterà l’inizio della fine dell’ordine internazionale. Se l’Europa, la NATO ei suoi alleati in Asia e altrove non riusciranno a difendere i principi fondamentali delle Nazioni Unite di santità dei confini e sovranità statale, nessuno lo farà. Qualsiasi pacificazione genererà solo futuri accaparramenti di terre non solo da Putin, ma anche dalla Cina a Taiwan e altrove. E se le democrazie del mondo non hanno la volontà politica di fermarle, l’ordine internazionale basato sulle regole crollerà. Le Nazioni Unite seguiranno la strada della Società delle Nazioni. Torneremo alle sfere di influenza globale, alla concorrenza militare ed economica sfrenata e, in definitiva, alla guerra mondiale.

Sì, questo è allarmante, ma non allarmistico. Dovremmo allarmarci. La Russia nucleare è una potenza revisionista e revanscista che agisce già come se non ci fosse un ordine internazionale o le Nazioni Unite, ignorando le Convenzioni di Ginevra, la Carta delle Nazioni Unite, gli Accordi di Helsinki o qualsiasi altro accordo regionale firmato da Mosca.

Credo che l’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte di Putin sia ancora più probabile dopo aver visto le forze russe reprimere l’attuale ciclo di manifestazioni in Kazakistan. Le manifestazioni ad Almaty e in tutto il paese probabilmente hanno solo intensificato l’allarme di Putin per le rivolte democratiche, o quelle che lui chiama “rivoluzioni colorate”, e hanno rinnovato il suo impegno a usare le forze armate contro di loro in tutta la regione.

L’odierno raduno delle forze americane ed europee in risposta all’aggressione militare e politica della Russia deve essere descritto per quello che è: una lotta per preservare l’ordine internazionale e le Nazioni Unite istituite per proteggerlo, inclusa la NATO. Ricordate, l’alleanza occidentale è stata istituita sotto l’ombrello della Carta delle Nazioni Unite, che riconosce un ruolo per le organizzazioni di sicurezza regionali per aiutare a mantenere la pace. Ma ultimamente quelle organizzazioni ei loro stati membri si sono dimostrati incapaci di fermare l’espansione russa.

Dal crollo dell’Unione Sovietica 30 anni fa il mese scorso, la Federazione Russa ha combattuto gradualmente per mantenere e riconquistare il dominio delle repubbliche sovietiche e dell’ex blocco orientale, soprattutto dopo che Putin è salito al potere. La Russia ha stabilito basi militari in Armenia, Georgia, Kirghizistan, Kazakistan, Bielorussia e Moldova. La Russia ha incoraggiato i secessionisti in Moldova e Georgia a creare territori separatisti e nel 2008 ha invaso la Georgia, occupando ancora il 20% del territorio dello stato. Nel 2014, la Russia ha invaso l’Ucraina e si è impadronita della Crimea, dichiarando i confini dell’Ucraina riconosciuti a livello internazionale rivisti d’ora in poi con la forza militare. Questa è stata la prima volta che la forza militare è stata impiegata per cambiare i confini in Europa dopo le invasioni e le occupazioni di Hitler.

Le Nazioni Unite e la comunità internazionale hanno condannato il landgrab del 2014, proprio come ha fatto quando Saddam Hussein ha invaso e tentato di annettere il Kuwait nel 1990. In quest’ultimo caso, la comunità internazionale ha chiesto il ritiro immediato dell’Iraq e non si è fermata qui. Le nazioni hanno autorizzato l’uso della forza militare nel caso in cui l’Iraq si fosse rifiutato di ritirarsi entro il 15 gennaio 1991. La comunità internazionale si è unita nella difesa dei confini internazionali e dei diritti sovrani del Kuwait.

Al contrario, quando Putin ha limitato il suo accaparramento alla Crimea, gran parte della comunità internazionale ha deciso che la minaccia immediata era stata eliminata o limitata agli ucraini. Di conseguenza, il leader russo ora sta facendo richieste più grandi. Vuole due nuovi trattati che impediscano alla NATO di accettare nuovi membri, stazionare forze militari negli stati membri che hanno aderito dopo il 1997, piazzare armi nucleari nel territorio dei membri e intraprendere qualsiasi attività nell’Europa centrale e orientale e in Asia centrale.

Ora siamo, come ha affermato di recente un ex ambasciatore degli Stati Uniti, “in un momento della verità”. Se Putin si rifiuta di negoziare su cose negoziabili, come i controlli sugli armamenti, e insiste nel ridurre l’adesione alla NATO, le basi militari e le operazioni, ci sarà una battuta d’arresto diplomatica. Se ciò accade, la nostra migliore scommessa è una nuova Guerra Fredda.

L’unico modo per riaffermare il primato del diritto internazionale e la santità dei confini internazionali, e contenere la Russia, potrebbe essere quello di emettere il nostro ultimatum. Non solo dobbiamo condannare le occupazioni illegali di Ucraina e Georgia da parte della Russia, ma dobbiamo chiedere il ritiro da entrambi i paesi entro una certa data e organizzare le forze della coalizione disposte ad agire per farla rispettare.

A dire il vero, la Russia con armi nucleari è molto più potente dell’Iraq di Saddam. Ma da mio padre di 96 anni, testimone della guerra mondiale, ho imparato si vis pacem, para bellum : chi vuole la pace deve prepararsi alla guerra. Solo un equilibrio di potere militare – una forza deterrente e la volontà politica di corrispondere – può tenere a bada la guerra e congelare la dinamica militare.

Esiste l’orribile possibilità che gli americani, con i nostri alleati europei, debbano usare le nostre forze armate per respingere i russi, anche a rischio di un combattimento diretto. Ma se non lo facciamo ora, Putin ci costringerà a combattere un altro giorno, probabilmente per difendere i nostri alleati baltici o dell’Europa orientale.

Quando i colloqui di questa settimana finiranno e Mosca farà avanzare le sue forze armate, gli Stati Uniti e i nostri alleati in tutto il mondo dovranno adottare tutte le misure stabilite dall’amministrazione Biden, comprese le sanzioni, i controlli sulle esportazioni di tecnologie e l’armamento dell’Ucraina. Ma non basta. Biden dovrebbe andare immediatamente alle Nazioni Unite per radunare la comunità globale delle nazioni. Dobbiamo costruire una nuova coalizione di volontà di far valere la sovranità statale sancita dalla Carta delle Nazioni Unite.

La dott.ssa Evelyn N. Farkas ha servito come vice segretario alla difesa per Russia, Ucraina, Eurasia nell’amministrazione Obama e come ex consigliere senior del Comandante supremo alleato della NATO. 

 Da tempo Il Foglio, il giornale neocon-israeliano de’ noantri, promuove la narrativa delirante-bellicista. Il suo ultimo titolo

Putin vuole l’Ucraina

Come se Putin ardesse dalla voglia imperiale di impadronirsi di un paese in tale rovina e marasma economico, che dovrebbe spendere centinaia di miliardi per ricostruirlo, con esisti inccerti e una parte di popolazione ostile. Non vuole entrare nella testa dei deliranti americo-neocon che Putin vuole solo che in Ucraian la NATO non metta armi strategiche, tipo missili atomici, contro la Russia.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/alta-dirigente-pentagono-nato-propone-una-coalizione-dei-volonterosi-per-far-guerra-alla-russua-preventiva/

 

 

Le truppe di occupazione israeliane detengono decine di palestinesi nel Negev, compresi bambini piccoli
Le forze israeliane continuano la repressione delle proteste in corso nel deserto del Negev, situato nel sud del territorio palestinese occupato
Di Sportello notizie – 18 gennaio 2022


https://media.thecradle.co/wp-content/uploads/2022/01/Negev-1200×675.jpg
Una ragazza palestinese viene arrestata durante una manifestazione nel Negev il 12 gennaio 2022. (Photo credit: AFP)

La polizia israeliana ha arrestato dozzine di palestinesi nella regione meridionale del Negev durante le prime ore del 18 gennaio, mentre continuano le proteste contro i piani di forestazione del Fondo nazionale ebraico (JNF) nell’area.

La polizia israeliana ha invaso le città e i villaggi di Al-Zarnouq, Abu Talool, Khashm al-Zina e Tel al-Sabe, catturando quasi 41 palestinesi, inclusi diversi bambini, il più giovane dei quali ha solo 10 anni.

Secondo i media locali, gli arrestati dalle forze di occupazione israeliane sono stati accusati di aver partecipato a proteste contro l’intenzione del JNF di piantare alberi nel Negev, che i palestinesi considerano un tentativo di sradicarli dalla loro terra.

La scorsa settimana, i palestinesi del Negev si sono scontrati con la polizia israeliana e i lavoratori del JNF nei villaggi di Al-Atrash e Saawa, una delle sei comunità palestinesi nell’area di Al-Naqe.

Decine di beduini palestinesi sono stati feriti anche durante la repressione israeliana contro una protesta contro le operazioni di forestazione israeliane su abitanti della terra che affermano di possedere vicino a Beer al-Sabe nel sud (Beer Sheva).

A dicembre, il JNF ha avviato la prima fase del suo piano di forestazione nell’area di Al-Naqe, coprendo oltre 300 dunam.

Il governo israeliano, tuttavia, ha esercitato pressioni sul JNF affinché abbandonasse i suoi piani quando quattro membri della Knesset araba che rappresentano i palestinesi nel Negev hanno avvertito che non avrebbero votato a favore dei futuri regolamenti proposti dal gabinetto del primo ministro Naftali Bennett.

Da allora, le proteste nel Negev sono continuate, così come le manifestazioni di solidarietà dei palestinesi ad Haifa, Umm al-Fahm e Nazareth.

Il Comitato direttivo superiore per gli arabi nel Negev (HSCAN) ha dichiarato che le manifestazioni quotidiane davanti al tribunale israeliano nella città di Beer Sheva, dove i detenuti sono sotto processo, continueranno a chiedere il loro rilascio immediato.

Ha etichettato come “barbarica” ​​la repressione della polizia israeliana sulle proteste e ha chiesto un’indagine su ciò che è successo.

FONTE: https://thecradle.co/Article/news/5929

 

 

 

CULTURA

UN BARBONE A PASSEGGIO?
Francesco Berardino – 18 01 2022
No … è uno dei più grandi matematici viventi al mondo!
Il russo Gregorio “Grisha” Jakovlevič Perelman è stato l’unico uomo che sia riuscito a risolvere uno dei sette “Problemi del Millennio”, dimostrando la Congettura di Poincaré e ha rifiutato il premio da un milione di dollari che gli era stato assegnato dal Clay Mathematics Institute per questa scoperta.
La Congettura di Poincaré, è un complesso problema di topologia e quando trovò la soluzione disse: «Per me è del tutto irrilevante, in quanto se la soluzione è quella giusta, non c’è bisogno di alcun altro riconoscimento.»
Vive in un mini-alloggio all’interno di un palazzone popolare, uno di quelli costruiti da qualche zar del socialismo reale. Per lui i soldi non contano nulla: «Non voglio essere uno scienziato da vetrina, ma uno che studia la scienza per il bene degli altri.»
Gira con capelli e barba incolti e scarpe da ginnastica sformate, le immagini più recenti di lui lo ritraggono con un look trascurato: un blogger l’ha scovato in metropolitana e l’ha immortalato con il cellulare mettendo poi le sue foto su internet.
Dicono che nella sua città, che fu la capitale degli zar, sia di moda indossare una t-shirt con il suo volto e la scritta:
«In questo mondo … non tutto si può comprare.»
FONTE: https://www.facebook.com/100004948412919/posts/2057723487735912/

IL NUOVO ORDINE DIGITALE

Phil osserva la sagoma solitaria sul molo, la sua figura piccolissima e immobile davanti ai volumi di metallo che giganteggiano tutt’attorno, regolati dal nuovo ordine digitale. Francis Fukuyama disse che la Storia era finita e che “l’ultimo uomo” sarebbe stato il prototipo del liberale. Si sbagliava: forse il vero “ultimo uomo” non lo conosciamo ancora, ma sappiamo bene che il suo ha fallito.

pppp
Seafort Dock, Liverpool, England. Oggi.
Per il professor Philip Wade, personaggio de I diavoli (di nuovo in libreria nella nuova edizione Rizzoli in occasione dell’uscita dell’omonima serie tv) e malinconico protagonista de La fine del tempo (La Nave di Teseo) di Guido Maria Brera, l’alba del nuovo ordine digitale sancisce anche il ritorno di un nuovo ineludibile scontro tra capitale e lavoro.
 
Ogni ritorno mescola il tempo come acqua in un mulinello. Philip Wade è di nuovo a casa. Liverpool, il Seafort Dock. L’estremità settentrionale del fronte del porto, a nord dell’estuario della Mersey. Il vecchio cuore della working class, dove pulsava la forza dei dockers. Dove lo spazio si accartoccia, dove il passato abbranca il futuro. Il porto di Liverpool, le rotte dello shipping. L’epica antica dei portuali e le applicazioni della tecnica. Macchine ed esseri umani. Tecnologia e lavoro. Ieri e domani, in una sospensione dell’oggi tra ciò che non è più e ciò che ancora deve essere. Nulla è mai finito davvero e il capitalismo è un buco nero in cui temporalità diverse collassano oltre l’orizzonte degli eventi.

Ieri e domani, in una sospensione tra ciò che non è più e ciò che ancora deve essere.

È di nuovo a casa, Phil il Rosso. Ha usato la scusa di una ricerca sulle rotte degli scambi globali al tempo della pandemia, per procurarsi un lasciapassare dai compagni delle Unions e accedere all’area portuale. Il professor Wade, l’appassionato docente di Storia del Birkbeck College. Phil, il figlio della classe operaia cresciuto a pane e labour. L’uomo di un’epoca lontana, deluso e mai sconfitto. Si aggira appesantito dagli anni, con un caschetto di protezione e un giubbotto fosforescente, a ridosso dei cancelli. Osserva quello che ha attorno come si osserva un mondo insieme familiare e diverso.
Il governo Johnson ha trasformato il porto in una zona franca, con regimi fiscali agevolati, pochi controlli e nessun onere doganale. Davanti a lui si muovono i tir, frenetici e organizzati. Ha l’impressione dell’attività di un formicaio, costruito con l’acciaio rilucente e la gomma di pneumatici. Ha l’impressione che le manovre degli autisti e i gesti dei foreman che ne dirigono l’azione siano automatici ed eterni.
 
È un osservatorio privilegiato questo nodo dei flussi delle merci, questo tempio della logistica. Da qui Philip non vede il cielo color piombo né il mare che si agita. Da qui scorge la filigrana segreta delle reti planetarie del capitale. Non sembra essere cambiato niente, anche se la pandemia ha sconvolto tutto. Gli ingranaggi dei congegni meccanici appaiono identici a sempre, l’inorganico delle merci si direbbe immune al virus.
Il nuovo ordine digitale non ha nemmeno scalfito la pandemia.
E invece Philip ha la sensazione che questi mesi abbiano dimostrato che il libero commercio globale non ha eliminato il pericolo. Che il sistema immunitario collettivo non sia mai stato così debole e privo di anticorpi contro la catastrofe. Il nuovo ordine digitale, secondo il professor Wade, non ha nemmeno scalfito la pandemia. Contro il virus, il mondo occidentale non è stato in grado di usare la tanto decantata tecnologia, smarrito nelle polemiche sulla pervasività del capitalismo della sorveglianza. Mentre i regimi autoritari in Asia hanno applicato pesanti misure disciplinari per limitarne l’impatto.
 
I tecnoentusiasti, riflette il professor Wade, si mantengono comunque devoti ad algoritmi che promettono di migliorare la vita, solo per rendere i comportamenti umani sempre più prevedibili e influenzabili. Candidamente, milioni di persone sintetizzano la propria esistenza in una stringa di big data, nella speranza di ricevere dividendi: di migliorare le proprie condizioni materiali. Purtroppo non c’è una correlazione tra benessere e tecnologia.
 
Quindici minuti più tardi
 
Ruote che girano trascinando imponenti tir. Rimorchi che scivolano oltre stanghe automatizzate. Mezzi parcheggiati al centimetro e agganciati da strutture di metallo, che li scaricano delle merci trasportate fin lì. E in cima a tutto, le gru si levano simili alle giraffe meccaniche di Filippo Tommaso Marinetti. Il professor Wade si è interessato al futurismo, come a qualcosa di esotico e distante, quand’era un giovane studente che a Roma seguiva le lezioni di Federico Caffè. Un camion dopo l’altro, su ognuno viene eseguita la stessa operazione. Nel terminal i container finiscono ordinati a terra, in file lunghe e torreggianti.
Ecco “il sogno di una cosa” nella versione del capitale: quel miraggio che rende possibile al capitale stesso di esistere senza forza lavoro. Ecco il container, che cancellò l’antica sapienza dei portuali di occupare lo spazio a disposizione nelle stive – lo stivaggio dei carichi. Il processo prevedeva tecnica e creatività, l’esperienza di mille albe contro il vento salmastro. Tolti l’autista di tir e il portuale che aiuta la manovra, ora l’organico sembra espulso dal processo, i corpi svaniti. Cancellati. Il mondo non odora più del sangue al tempo delle battaglie sociali: il presente è neutro all’olfatto, anestetico.
Eppure, l’unica grande certezza è che lo scontro tra capitale e lavoro sta tornando.
Una volta in ogni innovazione del capitale si intravedeva una lotta operaia che dettava alla controparte uno scarto, un salto di paradigma. Oggi il modello liberista converge verso quello autoritario in nome del progresso tecnologico libero dalle pressioni dei cicli di conflitto. Le bolle militanti dei social network scoppiano nell’impotenza, nell’incapacità di incidere sul serio. Ciò che funziona è la costruzione del consenso, la formattazione di un’ideologia che elimina alterità e contrapposizione. Chi si è prostrato al nuovo ordine digitale si ritrova senza punti di riferimento, stringendo una bussola impazzita che non segna alcuna direzione.
 
L’unica grande certezza è che lo scontro tra capitale e lavoro sta tornando. Insieme alla carne, e ai corpi. Uno scontro di cui Philip Wade ha memoria. E davanti ai container colorati e ai bracci meccanici che li sollevano, si dice che forse i ricordi delle lotte sono rimasti nell’inorganico del metallo e della pietra. Nelle forme non-umane che animano il porto della sua città. Si dice che nel regno dei congegni e della meccanica, anche qui, possono resistere le tracce di un tempo lontano. Pulsano ricordi di corpi di dockers in movimento, bicipiti sotto sforzo, schiene bagnate dal sudore. Sopravvivono come frammenti nell’aria i discorsi, i comizi, le discussioni sulla politica di quella working class che – dieci anni dopo la sconfitta dei miners – provò a tenere.
Phil il Rosso non può dimenticarli, i ventotto mesi di lotta che iniziarono nel 1995. Gli scontri, la serrata, l’anima viva dei portuali inglesi. Gli pare impossibile sia trascorso un quarto di secolo. Impossibile che quella schiera compatta di lavoratori sia così remota. Una comunità che presidiava il cuore della working class e dava battaglia per non farsi strappare diritti. Non può immaginare logori i giacconi che proteggevano quei corpi dal vento. Incurvate quelle spalle grosse, invecchiati quei volti seri che fronteggiavano la polizia.
Trenta minuti più tardi
 
Philip studia le operazioni che imbarcano i container sul cargo attraccato. Ha le mani in tasca, nell’ombra profonda che dalla nave copre la banchina. Nessuna tecnologia, pensa, sarà in grado di riequilibrare le componenti. D’altronde la gig economy non ha nulla di tecnologico: è il più elementare sfruttamento del lavoro old style. L’algoritmo che dirige i rider nasconde un cartello di aziende che derubano i lavoratori e ne fanno schiavi. Non è il Terzo millennio, sono i campi di cotone della Virginia d’inizio Ottocento.
Dunque la gig economy viene prima del fordismo, anche se è regolata da un algoritmo.
A coprire il cielo, le gru meccaniche che gli ricordano il Mafarka di Marinetti. L’organizzazione di questo porto all’avanguardia della modernità ha radici antichissime, nutrite dal sangue degli schiavi imprigionati nelle stive. Il professor Wade scuote la testa, osservando l’esattezza delle dinamiche che animano la banchina. La logistica al tempo dei viaggi su Marte si fonda sulla barbarie della tratta degli schiavi. L’uomo-merce.
 
Dunque la gig economy viene prima del fordismo, anche se è regolata da un algoritmo. È antica quanto la schiavitù. E fiorisce in Paesi che sfruttano il lavoro come avveniva nell’Ottocento. Attraversano le ombre delle metropoli d’Occidente, i nuovi schiavi, e al contempo lavorano nelle filiere di produzione delle grandi aziende manifatturiere.
 
Su un molo in lontananza un lavoratore, l’unico visibile nella vasta area, esamina i movimenti meccanici intorno al cargo. Phil era un ragazzo quando il sistema computerizzato del Seafort Dock iniziò a controllare ogni passaggio del carico-e scarico al terminal container. Sposta lo sguardo sui parallelepipedi colorati come giocattoli. Il capitale è in cerca di una nuova verginità, dice tra sé. E così in Europa si parla di Recovery Plan. E così nel mondo della finanza tutto deve diventare ESG, per intercettare i nuovi flussi di capitale.
 
Environmental, social and corporate governance: nient’altro che una grande lavatrice della corporate culture degli ultimi cento anni. Una centrifuga che pretende di smacchiare ciò che le grandi aziende hanno generato: distruzione dell’ambiente, discriminazione di genere, disuguaglianza sociale. Quindi le rotte del capitale vengono dirottate per placare la rabbia popolare. Ma perché la trasformazione abbia un minimo di credibilità, manca un elemento fondamentale: il legislatore che globalmente sia in grado di intervenire sulle leggi locali in tema di lavoro e immigrazione. Finché non si avrà quella trasformazione, l’ordine digitale continuerà a fondarsi su norme antiche, su retaggi disumani e presenti di un tempo remoto.
 
Le operazioni si concludono, Philip lo capisce. I mezzi si allontanano dalla banchina senza più container, improvvisamente nuda. Lassù nel cargo, le merci imbarcate si apprestano al loro viaggio sulle onde. Ogni cosa è al suo posto ma il professor Wade non riesce certo ad allontanarsi sereno.
Una centrifuga che pretende di smacchiare ciò che le grandi aziende hanno generato: distruzione dell’ambiente, discriminazione di genere, disuguaglianza sociale.
Rimugina sulla modalità con cui il nuovo ordine digitale prevede la distribuzione di stock options ai dipendenti, che diventano shareholders felici, ma distrugge la città. Esclude milioni di persone dalle vecchie realtà urbane, perché cannibalizza tutto. Muove i prezzi delle case, stravolge le vite dei loro abitanti, in funzione dell’andamento in borsa delle aziende.
 
Il nuovo ordine digitale, però, dovrà fare i conti col ritorno dei corpi all’alba di un mondo post-pandemico, che già si intravede nel grande rialzo delle materie prime e dell’acciaio, e nella ripresa dello shipping. I porti come il Seafort Dock torneranno a essere snodi decisivi, mentre le nuove generazioni iniziano a ragionare di sindacati e di nuove forme d’organizzazione: reali e non più virtuali. E la sanità dovrà essere il pilastro di un altro welfare, e la formazione un investimento strategico per il futuro.
 
Phil osserva l’uomo solitario sul molo, la sua figura piccolissima e immobile davanti ai volumi di metallo che giganteggiano tutt’attorno. Francis Fukuyama disse che la Storia era finita e che “l’ultimo uomo” sarebbe stato il prototipo del liberale. Si sbagliava: forse il vero “ultimo uomo” non lo conosciamo ancora, ma sappiamo bene che il suo ha fallito.
FONTE: https://www.idiavoli.com/it/article/il-nuovo-ordine-digitale

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Enrico Mentana, doppia batosta per lui: crollo senza precedenti

Ilaria Enoletto, SpecialMag

Pessime notizie in arrivo per Enrico Mentana: conduttore del TG su La7, il giornalista aveva annunciato la creazione di una testata online nel 2018, ma sembrerebbe che entrambi i suoi piani di lavoro stiano colando a picco.

Un progetto editoriale nuovo, con l’ambizione di andare oltre il giornalismo tradizionale, così Mentana aveva definito il nuovo giornale “Open”. Nelle ultime ore, però, alcuni preoccupanti indiscrezioni avrebbero fatto vacillare il giornalista.

Nelle ultime ore, sono tornate a circolare con insistenza alcune indiscrezioni riferite alla scorsa estate: si parla di dettagli preoccupanti circa le sorti della testata fondata da Enrico Mentana. “Conti in rosso e tre giornalisti in meno”, si legge su Twitter. L’analisi giornalistica, fatta da ADGinforma, ha aperto a spiragli preoccupanti sul futuro di Open, testata diventata punto di riferimento dell’opinione generalista negli scorsi mesi.

Alcuni utenti hanno persino ipotizzato una possibile chiusura dello stesso giornale: ”All’epoca era ancora uno che ogni tanto faceva qualche critica, adesso è super allineato, peggio di tutti gli altri, così commenta un utente la notizia.

Come se non bastasse, Enrico Mentana ha ricevuto un’ennesima batosta nelle ultime ore: lo share del TG7, infatti, ha subito una notevole riduzione di ascolti.
”Gli ascolti del Tg7 delle 20:00 si sono ridotti di 70mila unità, scrive Fabio Dragoni, nota penna de La verità e spesso ospite su La7.

Il mondo del web ha commentato la notizia spendendo parole molto dure nei confronti del TG“Ed è ancora poco! Devono chiudere e cambiare lavoro, hanno messo in croce milioni di italiani e hanno parlato sempre e solo della stessa cosa a tutte le ore!!”, scrive un utente. Situazione disastrosa, dunque, quella che pare vedere il giornalista protagonista. Come si evolverà la vicenda? Aspettiamo ulteriori notizie al riguardo.

mentana-onore

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/enrico-mentana-doppia-batosta-per-lui-crollo-senza-precedenti/

IL PIANO PER ETICHETTARCI PER IL SISTEMA SCHIAVISTA DEL NUOVO ORDINE MONDIALE

Analisi del Dr. Joseph Mercola – 16 gennaio 2022

Il dottor Vladimir Zelenko, che ho intervistato due volte in precedenza, è stato tra i primi medici statunitensi a sviluppare un programma di trattamento precoce per la nuova infezione da SARS-CoV-2. Ha reso popolare l’uso dell’idrossiclorochina e dello zinco, e quando l’idrossiclorochina è diventata sempre più difficile da ottenere, è stato anche tra i primi a identificare la quercetina come una valida alternativa.

Quando è iniziata la pandemia, Zelenko esercitava a New York. Da allora si è trasferito in Florida, dove ha rilasciato interviste per diverse ore al giorno, cercando di fare informazione sul trattamento precoce e la prevenzione. Come notato da Zelenko:

“È un’infezione (o dovrei dire un’arma biologica?) molto trattabile – se accertata entro i primi giorni, perché la Covid è due malattie. È lo stadio infettivo del virus, e poi una settimana dopo, si ha la reazione infiammatoria patogena che provoca tutti i danni ai polmoni e causa coaguli di sangue.

Quindi, è tutta una questione di tempistica. E i dati sono molto chiari. Ci sono dozzine di studi sottoposti a revisione paritaria che dimostrano che se si tratta la Covid entro i primi giorni, si ha una riduzione dell’85% dell’ospedalizzazione e dei decessi. Non c’è dubbio. Si sarebbe potuto risparmiare l’ospedalizzazione di 700.000 su 800.000″.

Pur essendo autorizzato a praticare la medicina in Florida, Zelenko ora passa la maggior parte del suo tempo a educare il pubblico e altri medici. È anche disponibile via telemedicina, ma la sua passione è diventata la ricerca e lo sviluppo di approcci semplici e naturali a problemi di salute complessi – compreso il suo.

 

La strada meno battuta

Zelenko ha un raro tipo di cancro chiamato sarcoma dell’arteria polmonare, che è tipicamente fatale. Ha anche subito due operazioni a cuore aperto e tre anni di chemio e radiazioni, nessuna delle quali ha risolto i suoi problemi.

“Quasi quattro anni fa mi è stato diagnosticato un sarcoma dell’arteria polmonare. Ci sono solo 10 casi in media all’anno, e vengono tutti riscontrati dall’autopsia. Nel mio caso, pensavano che fosse un coagulo di sangue che non rispondeva ai farmaci fluidificanti.

Così, è stata presa la decisione di fare un’embolectomia, aprire il mio petto, entrare nell’arteria polmonare e togliere il coagulo di sangue. Ma quando l’hanno fatto, hanno visto che era un tumore che aveva completamente distrutto il mio polmone destro. Così ho perso il polmone destro. E hanno resecato una gran parte dell’arteria polmonare e l’hanno dovuta ricostruire perché quell’arteria ti serve per vivere.

Poi sono stato in chemio … Sono stato abbastanza bene per due anni, e poi è tornato e si è diffuso anche all’anca. E così, ho avuto un’altra operazione a cuore aperto. Hanno dovuto sostituire una delle mie valvole cardiache, la valvola polmonare. Poi sono stata sottoposto a radiazioni all’anca [seguite da] una chemio molto pesante.

Dopo due mesi, sono andato in insufficienza cardiaca congestizia e ho sviluppato una cardiomiopatia … Mi sono ripreso da questo, e sono stato messo sotto farmaci per l’insufficienza cardiaca … Un mese dopo… ho sviluppato la polmonite da Covid … Ero abbastanza sicuro che sarei uscito in una cassa, eppure mi sono ripreso.

Qualche mese dopo, andai a fare un’altra TAC, e trovarono, di nuovo, che il tumore era tornato nell’arteria polmonare, ma questa volta, nessun medico voleva operarmi. Un terzo intervento a cuore aperto è molto pericoloso. Avevano stimato più del 50% di probabilità che sarei morto sul tavolo operatorio, cosa che non mi piaceva. Così ho finito per sottopormi a radiazioni piuttosto intense al mediastino, dove si trovava il tumore.

È stato allora che lei [Mercola] è entrato in scena, con i consigli per il trattamento. Ho finito per fare l’immunoterapia in Europa per due mesi con inibitori di checkpoint, ma anche ipertermia e iniezioni di vischio, e acido alfa lipoico, vitamina C ad alte dosi [infusioni] e diverse altre modalità. E mi sento meglio che mai.

Ho fatto una TAC la settimana scorsa, e ha mostrato che il tumore si è ridotto di un terzo. Ho parlato con il radio-oncologo che mi ha detto che un buon risultato sarebbe stato la stessa dimensione o più piccola. Ci vogliono anni per risolvere il problema. Quindi, il tempo lo dirà, ma è più facile per me camminare, ed emodinamicamente sono più stabile, e mi sento bene. Amen”.

 

Il ruolo sorprendente dell’immunoterapia nel cancro

Nel complesso, “la storia della Covid ha cambiato completamente il mio modo di vedere la vita“, dice Zelenko. Quando ha visto come le soluzioni naturali, efficaci e da banco per la Covid sono state soppresse, mentre sono stati spinti i “vaccini” sperimentali a trasferimento genico, si è reso conto che anche altri trattamenti potrebbero essere soppressi, come quelli per il cancro.

“Probabilmente, approcci efficaci sono stati emarginati al posto dei più costosi approcci farmaceutici”, dice. “Vi darò un esempio. Il dottor [William] Coley era un chirurgo oncologico vissuto circa 100 anni fa, forse 120 anni fa. Ha notato che operava i suoi pazienti, e il tumore tornava e loro morivano. E poi osservò qualcosa di molto interessante.

Aveva un paziente con un cancro al pancreas, al quarto stadio, inoperabile. Quel paziente si ammalò gravemente con un’infezione e divenne settico. Era quasi morto, ma si riprese e il suo tumore scomparve. Ha notato questo tipo di fenomeno alcune altre volte, e si è reso conto che ci doveva essere qualche reazione immunitaria, risposta immunitaria all’infezione che risvegliava il sistema immunitario per attaccare anche il tumore.

Quindi in pratica, secondo me, quella è stata la nascita dell’immunoterapia. La febbre sembra avere un ruolo. Sembra avere proprietà antitumorali, oltre ad attivare alcune parti del sistema immunitario. Quindi, è affascinante. E queste informazioni sono rimaste sepolte per un bel po’ di tempo – 50, 60 anni – finché alcuni medici le hanno riscoperte e hanno iniziato a fare ricerche. E io ne ho beneficiato in Europa”.

 

L’ipertermia come trattamento per il cancro

Abbiamo fatto molta strada dai tempi di Coley, che usava tossine per scatenare infezioni e febbre. Oggi si usa invece il trattamento in ipertermia. Fondamentalmente, si tratta di aumentare la temperatura corporea a circa 104 gradi Fahrenheit per quattro o sei ore. Zelenko descrive il trattamento che ha subito:

“È stata decisamente un’esperienza, avere una temperatura di circa 40 gradi Celsius, diciamo 104 gradi Fahrenheit, per cinque ore. Diventi un po’ intontito e un po’ ansioso, ma ho bevuto molti liquidi e avevo un’infermiera con me tutto il tempo. È stata un’esperienza piuttosto interessante.

C’erano macchine per l’ipertermia su tutto il corpo e l’ipertermia localizzata. Entrambe sono fondamentalmente una sauna di lusso. Era come una spa, in realtà. Nella maggior parte dei casi ho apprezzato il trattamento”.

Per inciso, credo sinceramente che il bagno in sauna sia uno dei più potenti biohack disponibili. Lo faccio quattro volte alla settimana. Porto la mia temperatura a circa 102 gradi F. o giù di lì, per 20 minuti. Ho scoperto che è un’abitudine di salute profondamente efficace per bloccare le infezioni sul nascere, e può anche aiutare a frenare eventuali tumori maligni. Attualmente sto usando un prototipo di sauna SaunaSpace a spettro completo che è privo di EMF, ha otto lampade da 250 watt e sarà probabilmente disponibile verso la fine di quest’anno.

 

Omicron è inarrestabile, ma non è da temere

Tornando alla questione Covid, negli ultimi due anni, l’infezione da SARS-CoV-2 ha subito una serie di cambiamenti. [La variante] Omicron, per esempio, è molto più contagiosa, ma ha sintomi molto meno gravi. Come notato da Zelenko:

“Omicron è inarrestabile. È più contagiosa del morbillo. Tutti la prenderanno. Mi dispiace, ma è così. Tuttavia, nella maggior parte dei casi sembra attaccare solo le vie aeree superiori, e ci sono pochissime morti. È anche molto reattiva al trattamento, quindi non c’è motivo di averne paura”.

In effetti, sembra che ci sia stato regalato uno scenario ottimale, in cui un virus altamente contagioso attraverserà la popolazione, causando solo lievi sintomi da raffreddore, producendo così un’immunità di gregge senza il rischio di vittime di massa. “Quando i due terzi della popolazione lo superano, essenzialmente si spegne la pandemia“, dice Zelenko.

 

Vaccinare durante una pandemia genera varianti

Nell’intervista, Zelenko spiega come le molte varianti che abbiamo visto sono state probabilmente un risultato della campagna di “vaccinazione” di massa.

Tre rispettati immunologi, il Dr. Luc Montagnier (che ha vinto il premio Nobel nel 2008 per la sua scoperta del virus HIV), il Dr. Sucharit Bhakdi, l’immunologo più pubblicato nella storia, e il Dr. Geert Vanden Bossche, un immunologo di punta nei Paesi Bassi, hanno tutti avvertito che quando si vaccina in massa nel bel mezzo di un’epidemia attiva, si generano delle varianti.

“Si esercita una pressione evolutiva e si “allevano” virus più variabili”, dice Zelenko. “Ora, ci sono due o tre possibilità. Una potrebbe essere che sia stato involontario. Persone buone e ben intenzionate hanno sviluppato ciò che pensavano potesse aiutare – un vaccino. Tuttavia, darlo alla gente durante una pandemia è stato un fallimento assoluto. ‘Oops, ci dispiace’. Questa è una possibilità.

L’altra possibilità è che chiunque abbia orchestrato questo sa esattamente cosa sta facendo, e lo sta facendo di proposito per mantenere le nuove varianti e le conseguenze di ciò, essenzialmente una psyop [per causare] una psicosi globale dovuta alla paura, alle chiusure e all’indossare un pannolino per la faccia.

C’è un’altra possibilità. Non c’è dubbio; chiunque conosca i fatti e abbia studiato la questione sa che la Covid-19 è un’arma creata in laboratorio. La ricerca Gain-of-function non è altro che la fabbricazione di un’arma di distruzione di massa e di genocidio, e c’è una serie di brevetti lunga 20 anni che documenta le diverse fasi di sviluppo di quest’arma.

Ed ecco la mia supposizione. Non ho prove di questo, ma potrei dire quanto segue: se ho potuto fare il virus originale, posso fare delle varianti. È molto facile. Basta cambiare alcune sequenze del codice che accompagna la proteina spike. Si cambia la sua forma tridimensionale, e se lo si fa abbastanza, si eliminano gli anticorpi esistenti.

Quindi, di nuovo, non ho prove per questo, ma ho le prove che [la SARS-CoV-2] è un’arma biologica creata artificialmente. Quindi perché non dovrebbe essere possibile creare varianti allo stesso modo? Penso che sia una specie di combinazione, una causa multifattoriale di varianti – il fattore naturale Dio, la pressione evolutiva esercitata vaccinando le persone durante una pandemia attiva, e poi semplicemente crearle.

Gli antidoti all’arma biologica sono stati sviluppati in anticipo

Zelenko continua a raccontare una intuizione relativamente recente. Nel marzo 2020, ha visto un video MedCram, episodio 34 (1) in cui il dottor Roger Seheult spiegava alcuni dei principi su cui poi ha finito per costruire il suo protocollo Covid. Seheult citava specificamente un documento che spiegava il funzionamento degli ionofori di zinco.

Questo meccanismo è quello su cui Zelenko si è basato per sviluppare il suo protocollo. Tuttavia, non si è reso conto fino al dicembre 2021 che l’autore di quel documento centrale era il dottor Ralph Baric. Perché questo è importante? Zelenko spiega:

“Nel 1999, Ralph Baric, finanziato dal governo degli Stati Uniti, presso l’Università del North Carolina a Chapel Hill, ha capito come prendere un virus animale e metterlo in grado di infettare altre specie, animali diversi, in altre parole, creare un’infezione cross-specie.

Nel 2015, lo stesso Dr. Ralph Baric, e il Dr. Zhengli [presso l’Istituto di virologia di Wuhan in Cina], finanziato dal National Institutes of Health, hanno capito come fare in modo che il coronavirus del pipistrello infettasse gli esseri umani, aumentandone la letalità per le vite umane. Questo è stato nel 2015. Ma nel 2010, Baric aveva pubblicato quel documento a cui mi riferisco.

Quindi, lo sviluppo dell’arma è avvenuto a tappe, ma prima che fosse scatenato sulla popolazione umana, o che fosse in grado di infettare gli esseri umani, è stato fatto un antidoto. Fu pubblicata una ricerca pagata dal governo.

Le stesse persone che hanno fatto la bomba, diciamo, hanno anche creato l’antidoto per diffondere la bomba. E poi, quando è arrivata la pandemia, medici come me, per necessità, hanno proposto soluzioni creative, basate – nel mio caso, inconsapevolmente – su questo lavoro. E immediatamente, questa informazione è stata emarginata e soppressa, e i medici che le hanno praticate sono stati messi a tacere per averlo fatto.

Quindi, il governo che ha fatto la bomba aveva anche della soluzione. E il motivo è che non volevano morire. Gli interessati qui non vogliono che le loro famiglie muoiano. Ma per voi e per me, hanno un’altra agenda. Quindi, avevano questa informazione.

Sono a conoscenza del fatto che i dirigenti di Google stanno tutti prendendo idrossiclorochina e ivermectina per la profilassi, come metà del Congresso. E così, le persone che hanno orchestrato questo conoscevano la risposta, e la usano per se stessi. Anche i medici conoscono la risposta per se stessi.

Prescrivono [questi farmaci] per se stessi, o mi chiamano. Ma quando i pazienti arrivano, dicono che non c’è cura, andate a casa, prendete il Tylenol. Quindi, questo è un omicidio di massa”.

 

I vaccini Covid: un altro crimine contro l’umanità

Oltre a uccidere un numero incalcolabile di persone negando e sopprimendo le opzioni di trattamento precoce, i governi di tutto il mondo stanno anche uccidendo le persone con i “vaccini” Covid. Dopo un anno di campagna aggressiva per somministrarli a quante più persone possibile, è probabile che le “vaccinazioni” abbiano ucciso più persone di quante ne siano morte per l’infezione. È molto difficile da dire, purtroppo, perché i dati sono così profondamente manipolati.

Nel 2015, Bill Gates ha detto che, a causa del riscaldamento globale, la popolazione mondiale deve essere ridotta del 15% attraverso l’uso di vaccini. Lo stesso Bill Gates nel 2020 ha detto che 7 miliardi di persone devono essere vaccinate. Perché dovrei prendere un vaccino per la mia salute da qualcuno che sta sostenendo l’uso di vaccini per ridurre la popolazione mondiale? ~ Dr. Vladimir Zelenko

Zelenko stima che tra 500.000 e 1 milione di americani siano stati uccisi dai “vaccini” fino ad oggi. Fatto inquietante, la Food and Drug Administration degli Stati Uniti era consapevole che le vaccinazioni potevano avere gravi conseguenze, eppure le ha promosse comunque. Per di più, si rifiuta di ammettere il numero sbalorditivo di eventi avversi riportati al Vaccine Adverse Events Reporting System (VAERS). Il segnale di allarme non potrebbe essere più chiaro.

“Nell’ottobre 2020, due mesi prima del lancio del “vaccino”, ci fu una presentazione interna della FDA ai suoi scienziati e, nella diapositiva 16 di quella presentazione, c’era una lista di effetti collaterali: morte, infarto, ictus, coaguli di sangue, orribili malattie neurologiche, miocardite e molti, molti altri”, dice Zelenko.

“Ora tenete a mente che questo accadeva due mesi prima del lancio. Dopo che i vaccini sono stati lanciati, e pochi mesi dopo, quando il database VAERS ha iniziato a mostrare gli effetti collaterali che la gente stava sperimentando, c’è una correlazione al 100% con ciò che quella diapositiva ha detto che sarebbe successo, e ciò che è effettivamente accaduto agli esseri umani.

Questo è un omicidio di massa premeditato. La FDA sapeva esattamente cosa stava facendo. Conoscevano esattamente gli effetti collaterali, e l’hanno rilasciato comunque…”

 

Qual è la vera agenda?

Perché la FDA si comporta così? Perché non stanno salvaguardando la salute pubblica da un trattamento chiaramente letale? E d’altra parte, perché non stanno permettendo ai medici di aiutare le persone con un trattamento precoce? Zelenko spiega:

“A metà degli anni ’90, divenne ovvio che l’economia americana era condannata. I sistemi Medicare e Social Security sarebbero diventati insolventi, e questo avrebbe causato un effetto tipo tsunami a livello nazionale e internazionale. Ed era inarrestabile. Era matematicamente inevitabile.

Medicare, secondo il Congressional Budget Office, nel 2027 si avvierà verso la bancarotta. Quindi, l’assistenza sanitaria da oggi [durerà fino] al 2034. Ora, i principali attori delle economie mondiali hanno visto una minaccia esistenziale. Hanno capito che il loro potere e la loro ricchezza sono in reale pericolo.

E così è stato sviluppato un piano, che era al di là della tecnologia di allora, ma la tecnologia era in fase di sviluppo. Così, per esempio, fu mappato e completato il Progetto Genoma Umano.

Poi è stata sviluppata la tecnologia CRISPR, che è l’editing genico o lo splicing genico in modi molto precisi. Questo è stato propagandato come un modo per curare le malattie genetiche. C’è un gene difettoso. Si può semplicemente tagliarlo e riannodarlo, tagliare e incollare, fondamentalmente, un gene sano.

Questo è il lato positivo. Il rovescio della medaglia è che crea la possibilità di fare editing genetico per motivi nefasti. Nel 2015, Bill Gates ha detto che, a causa del riscaldamento globale, la popolazione mondiale deve essere ridotta del 15% attraverso l’uso di vaccini.

Lo stesso Bill Gates nel 2020 ha detto che 7 miliardi di persone devono essere vaccinate. Quindi, l’ovvia domanda retorica è: “Perché dovrei prendere un vaccino per la mia salute da qualcuno che sta sostenendo l’uso di vaccini per ridurre la popolazione mondiale?

Nel 2016, Klaus Schwab, in un’intervista ha detto qualcosa di molto strano. Ha detto che entro 10 anni, entro il 2026, ogni singolo essere umano sarà etichettato con un identificatore digitale. Cosa significa questo, e perché?

Ripercorriamo la sequenza degli eventi. Un’arma biologica è fatta con un antidoto, che viene soppresso e nascosto, poi [l’arma biologica] viene rilasciata. È estremamente facile da trattare. Tuttavia, questa informazione viene soppressa, e l’accesso a questi farmaci viene soppresso, e i medici che lo sostengono vengono perseguitati.

Tutto ciò che sembra dare speranza alla gente, diminuire l’ansia, incoraggiare la reintegrazione con i propri cari sembra essere immediatamente denigrato, anche l’intervento precoce. Se guardate il NIH, raccomandano, a partire da oggi, di non trattare la Covid a meno che non siano in ospedale con danni ai polmoni. Non fatelo.

E così, mi chiedevo: cosa sta succedendo veramente? E perché questa incessante spinta a vaccinare tutti? Perché incarcerare i medici che usano farmaci sul lavoro? Perché incoraggia l’esitazione [nei confronti] del “vaccino”.

Poi ho capito una cosa. C’erano due brevetti di cui sono venuto a conoscenza. Sono separati da un anno, ma sono collegati nel puzzle, nel concetto. Uno era del 31 agosto 2021, che descrive … l’ingegneria nanotecnologica (2). Fondamentalmente descrive quanto segue:

che c’è la capacità, la tecnologia, già esistente, in questi “vaccini” che permette la misurazione dei dati biometrici, cioè la frequenza cardiaca, la frequenza respiratoria, la temperatura, e poi la trasmissione di quei dati con la vostra posizione a una terza parte.

Questo non ha nemmeno senso per me. Come cosa? Ma poi ho capito che c’è un altro brevetto di proprietà di Microsoft. Questo lo ricordo a memoria. È un brevetto internazionale, WO202060606. Non si possono inventare queste cose. Quel brevetto descrive il collegamento della trasmissione dei dati biometrici alle criptovalute.

Allora l’ho capito. E a proposito, il 2026, quando tutti dovrebbero essere etichettati con un ID digitale, chiamiamolo un tatuaggio interno tipo Auschwitz, è un anno prima dell’inizio dell’insolvenza di Medicare e l’inizio del collasso economico. E così, il vero programma è diventato ovvio per me.

Non si è mai trattato di salute. La Covid-19 è facile da trattare. Si è sempre trattato di usare la paura e la psicosi di massa per convincere 7 miliardi di persone a farsi volontariamente iniettare la tecnologia che permetterebbe loro di partecipare al nuovo sistema basato sulle criptovalute, il sistema che il mondo userà per la finanza.

La moneta “fiat” e tutti i modi tradizionali di transazione non ci saranno più. L’unico modo in cui sarete effettivamente in grado di partecipare alle transazioni, di comprare il pane, diciamo, è avere un sensore che trasmette informazioni con la vostra posizione. È il marchio della bestia, se volete saperlo davvero. Con quello, puoi poi comprare il pane per la tua famiglia …

Gates e Schwab [stanno] entrambi parlando di come questi vaccini cambiano chi sei. Cosa significa questo? Lo spiegano. [Con la tecnologia di editing genetico, stanno rendendo l’uomo migliore. Questo è il transumanesimo. Io lo chiamo Umano 2.0. L’Umano 1.0 è la versione fatta da Dio. Siamo impressi [con Dio] nel nostro codice genetico. Siamo fatti a immagine di Dio perché abbiamo il suo codice in noi.

Ora, dareste a Bill Gates o a Klaus Schwab la password del vostro sistema di sicurezza domestico? Perché dovremmo dargli accesso al nostro codice genetico? L’umano 2.0, nelle menti dementi, depravate e squilibrate di queste persone è il prossimo passo nell’evoluzione degli esseri umani. E sto dicendo che se permettiamo che questo accada a noi stessi, non siamo più fatti a immagine di Dio. Siamo fatto a immagine di Bill Gates e Klaus Schwab”.

 

Una manovra per etichettarci per il sistema schiavista del Nuovo Ordine Mondiale

Quindi, in sintesi, Zelenko ritiene che tutto ciò che abbiamo sperimentato finora – il marketing aggressivo delle “vaccinazioni”, la coercizione e le minacce fatte per ottenere il maggior numero possibile di “vaccinati” – è stato tutto uno stratagemma per “etichettare” quante più persone possibile in preparazione del sistema di criptovalute del Nuovo Ordine Mondiale, che sarà gestito da un piccolo gruppo selezionato, e usato per schiavizzare tutta l’umanità.

Come notato da Zelenko, il World Economic Forum ha annunciato pubblicamente che entro il 2030, gli Stati Uniti non saranno più una superpotenza, e pochi paesi saranno a capo della governance globale. Ora, come si fa a destabilizzare un motore economico come gli Stati Uniti?

“Si crea una pandemia”, dice Zelenko. “Si bloccano le imprese della classe media, le piccole imprese … Ma lasci aperti Walmart e Home Depot … È un trasferimento di ricchezza dalla classe media alle persone al potere. È una rapina, fondamentalmente.

Questo è un grande tentativo di schiavizzare l’umanità. È un piano brillante, comunque. È malvagio, ma è brillante perché la schiavitù è sempre stata l’industria e il bene più redditizio in tutta la storia umana. Ora non è diverso. E così, avete alcuni sociopatici che credono nella loro immortalità e pensano di trasferire la loro coscienza a qualche cyborg, godendosi il mondo intero come proprio parco giochi”.

Zelenko prosegue discutendo le dichiarazioni iscritte sulle Georgia Guidestones, un enorme monumento di granito eretto anonimamente in una piccola città della Georgia, che enuncia 10 comandamenti. Il primo è che la popolazione mondiale dovrebbe essere ridotta e mantenuta a 500 milioni. Se le “vaccinazioni” Covid continuano, non è inconcepibile che la popolazione umana possa essere ridotta a quella dimensione.

 

Il perché dietro il genocidio

Qualche mese fa, Elon Musk ha fatto debuttare i suoi robot umanoidi, dicendo che siccome questi robot elimineranno il 90% della forza lavoro, avremo conseguentemente bisogno di un reddito di base universale. Anche questo fa parte del piano del Grande Reset, che abbraccia sia la tecnocrazia che il transumanesimo.

“Tenete a mente che nella mente di queste persone, non siamo fatti a [immagine] divina. Siamo scarafaggi. E non butteranno risorse infinite di reddito universale sugli scarafaggi per troppo tempo. Lo faranno inizialmente per identificare i mangiatori inutili, e poi saranno liquidati. Questo è già successo in passato.

Solo 80 anni fa abbiamo avuto l’ideologia nazista basata sull’eugenetica, che ha creato tre classi di persone. C’è l’ubermensch, il Superuomo di Nietzsche. Poi il mensch, che è l’umano, e poi l’untermensch, che è il subumano. Nel modello [nazista], i [nazisti] erano superuomini, discendenti degli dei ariani. Questo dava loro il potere di schiavizzare gli altri.

Così, per esempio, gli anglosassoni, fondamentalmente gli europei, dovevano essere schiavi degli ariani. E noi subumani, a cui io appartengo – ebrei, zingari, slavi, handicappati, prigionieri politici – dovevamo essere vaporizzati, diventare polvere.

Questa ideologia non è sparita via. È riemersa con la sfumatura che, in questo momento, non è antisemita. In una specie di modo astratto, siamo tutti ebrei questa volta, perché la gerarchia qui non è basata sulla religione o sull’identità, ma piuttosto sulla convinzione squilibrata di essersi evoluti, il superuomo di questa generazione, in un livello superiore di coscienza.

[Loro] sono “risvegliati”, e comprendono, e sono illuminati sulla natura della condizione umana. Sono custodi del pianeta, e quindi è loro responsabilità assicurarsi che il pianeta sia solvibile, che continui ad esistere. E quindi devono ridurre la popolazione mondiale”.

 

Motivo di ottimismo

Mentre l’umanità si trova in una situazione molto precaria, Zelenko è ottimista sul futuro.

“Vi dirò cosa penso stia realmente accadendo”, dice. “C’è quello che vediamo, e poi c’è la, chiamiamola fisica spirituale, in gioco. Karl Jung, il famoso psicoanalista, ha scritto: ‘La degradazione morale della società inizia con la degradazione dell’individuo‘. Da questo, possiamo effettivamente imparare che il miglioramento morale della società inizia con il miglioramento dell’individuo.

Noi, come società, negli ultimi 50, 60 anni, abbiamo fatto delle scelte molto cattive. Per esempio, abbiamo “desantificato” o contaminato i ruoli di genere… Il matrimonio ha perso la sua santità. I non nati vengono massacrati. Nella Bibbia, ci sono due città che furono distrutte, Sodoma e Gomorra, e c’è un’analisi del perché ciò avvenne. Non fu a causa dell’immoralità, perché tutto il mondo era immorale.

Fu perché codificarono l’immoralità nella legge della terra. Questo è esattamente quello che è successo negli [Stati Uniti]. Noi adoriamo il Dio della scienza, il dio della tecnologia, il dio del denaro, il dio del potere. Tutto tranne il [vero] Dio. E stiamo chiaramente praticando il sacrificio di bambini.

Il dottor Michael Yeadon, ex vicepresidente della Pfizer, mi ha detto personalmente, e poi lo ha effettivamente pubblicizzato, che per ogni bambino che muore di Covid, 100 muoiono per il vaccino. [Il vaccino COVID] è 100 volte più letale della Covid per i bambini. Come lo chiami questo? Questo è il sacrificio di un bambino.

Quindi, sento che, per analogia, siamo nella generazione del diluvio. La casa sta per essere pulita, e ad ogni individuo viene data la possibilità di scegliere se salire sull’arca o no.

O, per semplificare, a chi vi inchinate? Vi inchinate al vostro creatore, che vi crea in ogni istante del tempo? Chiedete [a Dio] la forza d’animo, la resistenza, la forza, la determinazione, la capacità di affrontare l’ignoto e la paura? O avete intenzione di cedere alla paura e inchinarvi ai sociopatici corrotti, agli oligarchi, ai governi venduti e alla falsa promessa del vitello d’oro di questi vaccini?

Perché a questo punto, almeno in questo paese, nessuno ti tiene fermo e ti infila un ago nel braccio. La maggior parte della gente vuole viaggiare in aereo. Non vuole perdere il lavoro. Vuole andare a scuola. Sono tutti questi tipi di decisioni sulla qualità della vita. In altre parole, in una società normale, i genitori si sacrificano per il benessere dei figli. Nelle società pagane, si sacrificano i bambini per il fine degli adulti”.

 

La disobbedienza civile pacifica è la risposta

Allora, qual è la risposta? Possiamo fermare questa traiettoria transumanista che minaccia il nucleo stesso di ciò che ci rende umani? Possiamo impedire che questo piano per la nostra schiavitù si realizzi? Zelenko, come me, crede che ci sia un modo.

“La risposta è che abbiamo bisogno di disobbedienza civile organizzata. Non conformarsi. Non possono imprigionare tutti. Non possono licenziare tutti. Non possono espellere tutti. Non possono rinchiudere tutti. Noi siamo molti di più di loro. E in realtà, lasciatemi parlare con i capi militari, con la polizia, con le persone che sono incaricate di proteggere la società.

Anche voi avete dei bambini. Anche voi avete dei genitori. E contiamo su di voi per fare ciò che è meglio per i cittadini di questo paese, per proteggerci da tutti i nemici, stranieri e nazionali. Tutto quello che dobbiamo fare è coalizzarci con persone che la pensano come noi. Togliete i vostri figli dalla scuola. Fateli studiare a casa. Potete insegnare loro la moralità.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità è uscita con un editto secondo il quale se i vostri figli vanno a scuola, questo è un consenso implicito per il vaccino, perché potreste anche non mandarli. E dato che li avete mandati a scuola, questo implica che state acconsentendo che siano vaccinati, anche a vostra insaputa.

Fondamentalmente, dobbiamo creare piccole sacche, come città di rifugio, in un certo senso, di persone che la pensano come noi; creare una società alternativa; fare commercio con noi stessi. So che ci sono forze che stanno lavorando duramente per creare una criptovaluta alternativa o un sistema di blockchain che sia decentralizzato e che permetta alle persone che non vogliono essere etichettate con un identificatore digitale di trattare tra loro”.

Come notato da Zelenko, sta diventando sempre più ovvio che le misure pandemiche non hanno mai avuto lo scopo di proteggerci dalla Covid. Si è sempre trattato di creare un nuovo ordine mondiale. Si trattava di porre le basi per un Grande Reset per “Ricostruire meglio”.

Ma meglio per chi? Il piano Build Back Better riguarda la costruzione di “una società gestita da pochi sociopatici e il resto di noi schiavizzato“, dice Zelenko. La buona notizia è che sempre più persone stanno iniziando a vedere questo piano, e “una volta che la comprensione raggiunge una certa soglia di persone, i paesi cambieranno e cadranno come tessere del domino“, dice.

Per quanto riguarda quando potremmo riavere la nostra libertà, questo dipende da noi. Come notato da Zelenko, “la libertà non è gratuita“. Siamo stati liberi (almeno fino al 2020) perché i nostri antenati hanno avuto il coraggio di affrontare la tirannia. Se vogliamo che i nostri figli siano liberi, ora dobbiamo mostrare lo stesso coraggio.

“Se i nostri figli saranno liberi o meno dipende dal fatto che siamo pronti o meno a sacrificarci”, dice Zelenko. “Siamo pronti, in questa generazione, a pagare il prezzo per assicurare che i nostri figli prosperino nella libertà e abbiano la capacità di mantenere la coscienza di Dio?

Succederà. La variabile sconosciuta è la conta dei corpi. Spero che questa intervista raggiunga la coscienza di ogni singolo essere umano. Da questo punto in poi le persone devono scegliere di dire no”.

 

Link: https://articles.mercola.com/sites/articles/archive/2022/01/16/new-world-order-slave-system.aspx?ui=59ed2e7639939da92ff0e3fd8a4becd1e38e467e8312fec7760fac1ab9753aaf&sd=20210422&cid_source=dnl&cid_medium=email&cid_content=art1HL&cid=20220116_HL2&mid=DM1091881&rid=1381091875

 

Scelto e tradotto da Arrigo de Angeli per ComeDonChisciotte

FONTE: https://comedonchisciotte.org/il-piano-per-etichettarci-per-il-sistema-schiavista-del-nuovo-ordine-mondiale/

 

 

 

Draghi come Conte: sul Covid una marea di menzogne

Troppe balle. Il gioco delle tre carte è in scena a Palazzo Chigi, con un premier che pare aver subito una trasformazione inaspettata. Mario Draghi è davvero cambiato oppure nessuno lo conosceva così come si è manifestato. Dopo aver preso il posto di Giuseppe Conte sembrava l’Uomo della Provvidenza. E per un po’ è andata così, con la campagna vaccinale a gonfie vele. Poi, il sogno del Quirinale lo ha fatto sbattere contro la verità. Un’ambizione coccolata da troppi politici e giornalisti sembra avergli fatto perdere il senso della realtà. I sorrisini che allietavano per i più le sue conferenze stampa sembrano spariti. I partiti non gli obbediscono più se non al prezzo di estenuanti, sfibranti trattative. Il suo problema è che un grande banchiere è abituato a discutere di moneta e non conosce il fatturato democratico: è composto da voti che si rappresentano.

L’obbligo vaccinale a metà è l’ultima delle balle che ci sono state propinate nel contrasto alla pandemia. È ovvio che i no vax non possono essere il modello da seguire, perché il Covid va sconfitto. Ma si sono ignorate troppe alternative in maniera incomprensibile, a partire dalle Storacecure domiciliari e tanto altro ancora, si sta riportando tutto in ospedale, non c’è un briciolo di autocritica sugli errori commessi. Gli italiani si sono – ci siamo – vaccinati per circa il 90 per cento della popolazione. Il resto non lo fa per ideologia antivaccinista o per paura, confusione, dubbi alimentati da chi governa. Irridere, sfottere, mortificare chi non ha ancora detto sì è sbagliato, soprattutto da postazioni privilegiate come quelle istituzionali. Ed è inutile prendersela con i partiti che danno voce alle preoccupazioni dei cittadini, inclusi quanti si sono sottoposti al siero. La pandemia, la corsa al Colle, il probabile tonfo della politica e l’arrivo delle elezioni anticipate, determinano il caos voluto dalla presunzione di chi governa convinto di non sbagliare mai.

Cinque grandi balle stanno facendo precipitare Draghi in un tunnel simile all’agonia del secondo governo di Giuseppe Conte. La luna di miele del premier col popolo italiano pare essere finita da un pezzo. C’è un’impressionante continuità con Conte, anche allora c’era tanta propaganda che continua pure adesso. Ricordatelo il tempo in cui ci si invitava a dare fiducia, si giurava che con i vaccini saremmo tornati alla normalità. Prima si diceva che bastava il 70 per cento di vaccinati, e l’80 ci avrebbe catapultato nell’immunità di gregge. E poi ogni giorno percentuali oscillanti sul siero. Ma all’indietro. 95, 80, 65, 35 per cento. E tutti noi stralunati a Draghi e Conteleggere le cifre. La seconda grande balla per la quale i volantini erano distribuiti dalle legioni capitanati dai virologi televisivi e canterini era quella sul vaccinato che non poteva contagiarsi né contagiare. Ecco il braccio, dottore, mi punturi. Poi abbiamo scoperto che si può finire anche in terapia intensiva. «Forma lieve».

Terza balla. Mica ci siamo dimenticati che per noi vaccinati finiva la stagione del tampone. «È pandemia di non vaccinati». Veramente pare riguardare anche altri ed è insopportabile davvero. La bugia numero quattro della Draghi’s band ha ruotato attorno al magico Green pass, propagandato in forma mini, maxi e super. Farà partire l’economia: le attività ricominciano a chiudere. Salverà il Natale. Mai lo abbiamo trascorso con tanta tristezza. Nessun rischio contagi. Balla clamorosa. Infine, al quinto posto, lo stato d’emergenza.

Ormai siamo oltre i due anni e già possiamo immaginare che non si fermerà neppure al 31 marzo, visto che per l’obbligo vaccinale Draghi ha proposto un limite a giugno. Poi, speriamo che non sia prevista la fucilazione.

(Francesco Storace, “Le cinque bugie di Draghi. Vaccini, contagi, green pass…”, da “Il Tempo” del 7 gennaio 2022).

 

 

 

La multa di 100 euro agli over 50 non vaccinati è molto peggio di quello che sembra

Da Imola Oggi:

di Augusto Sinagra – L’ultimo Decreto legge del bancario Draghi Mario del 7 gennaio è costruito con continui richiami di Decreti legge e leggi tra di loro connesse, precedenti e susseguenti, che più che un gioco malefico di scatole cinesi, evoca gli “ara fara arimannia” delle antiche comunità longobarde del nord Italia. È un qualcosa di impenetrabile anche ad Indiana Jones.

Si tratta di un prodotto di incapaci? No, li si vuole proprio così in modo che la gente comune non capisca e non capiscano neppure Avvocati e giudici perché poi intervengono i giudici (quelli compiacenti verso il potere) a dare l’interpretazione e la applicazione più gradita a chi pur illegittimamente detiene il potere governativo.

Multa di 100 euro

Su un punto però occorre stare attenti come ha già detto il Prof. Massimo Viglione: per gli ultra cinquantenni che continuano a rifiutare queste porcherie assassine dei c.d. vaccini, è prevista una multa di 100 euro (pare “una tantum”).
Istintivamente la reazione è: vabbè, paghiamo questa piccola somma ed evitiamo rogne e spese degli Avvocati.
Le cose non stanno propriamente così ed è proprio la pochezza della somma che deve far riflettere.

Nei loschi ambienti che hanno prodotto questo Decreto legge si è voluta deliberatamente indicare una somma così bassa (e poi, pare, per una volta sola e ciò costituisce ulteriore motivo di sospetto e di preoccupazione) per avere un pagamento generalizzato; pagamento non finalizzato a “fare cassa” quando questo inqualificabile governo ruba e dilapida in altro modo somme miliardarie; lo scopo è quello di introdurre, creare il precedente nonostante che esso sia lesivo di diritti sacrosanti e violativo di ogni principio tributario come formalizzato nella Costituzione.

La multa di 100 euro è un precedente

Creato il precedente, la prossima multa sarà per esempio di mille euro, poi ancora di più e poi l’ipoteca sulla casa e poi ancora la confisca della casa. E poi chissà cosa ancora.

La bieca misura non è rivolta alla tutela indiretta della salute pubblica e individuale del che l’abusivo governo se ne fotte e se n’è sempre strafottuto. La misura non ha finalità sanitarie ma ha finalità di ridurre in povertà il Popolo italiano, in schiavitù economica la Repubblica; frantumare quel che resta della democrazia e dello Stato sociale per realizzare quel che aveva previsto il grande Presidente Bettino Craxi: distruggere l’apparato industriale, umiliare l’Italia e poi svenderla alla finanza internazionale straniera.

Dunque, anche per soli cento euro bisogna opporsi al pagamento e se occorre spendere anche di più in spese legali per difenderci dal peggio, dal molto peggio che dovrebbe seguire nella testa malata di questa gente.
E non parlo della violazione somma dell’uso da parte dell’Agenzia delle Entrate, incaricata della riscossione, di dati personalissimi concernenti la salute delle persone.

Richiamo l’attenzione di chi legge che questo Decreto legge, come tutti i precedenti, è stato firmato dal Signor Sergio Mattarella.
Ognuno faccia i suoi commenti.

AUGUSTO SINAGRA – Professore ordinario di diritto delle Comunità europee presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Avvocato patrocinante davanti alle Magistrature Superiori, in ITALIA ed alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, a STRASBURGO

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/la-multa-di-100-euro-agli-over-50-non-vaccinati-e-molto-peggio-di-quello-che-sembra/

 

 

I “morti di Covid” con cui ogni sera le tv terrorizzano un popolo di conigli

 

Intanto vi hanno portato via la Sanità Pubblica e gratuita, la Pubblica Istruzione per tutti, milioni di posti di lavoro, vi hanno spento la joie de vivre…

Sappiatelo: il tracciamento non esiste. È tutto una creazione degli italiani stessi. Le Asl non tracciano nessun contatto. Se mezza Italia è in quarantena è solo perchè gli italiani, in particolare gli inoculati visto che sono la maggioranza, si tamponano con furore, chissà poi perchè, e dichiarano contatti senza che nessuno gli chieda un bel niente. Il sistema delirante è ormai totalmente autogestito dal popolo stesso. (NB: ho verificato sui dipendenti inoculati e con sintomi influenzali anche importanti: il loro greenpass non è mai stato bloccato).
B.R.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/i-morti-di-covid-con-cui-ogni-sera-le-tv-terrorizzano-un-popolo-di-conigli/

 

 

 

Covid,”come giornalisti abbiamo fallito”. Il grande giornale chiede scusa ai lettori, dubbi sui dati in tutto il mondo

“Chiediamo scusa ai lettori per non aver assunto una posizione sufficientemente critica nei confronti del nostro governo e dei numeri che ci venivano forniti sull’emergenza Covid”. Una frase che dalle nostre parti nessuna testata si sognerebbe mai di iscrivere, considerando il livello di totale asservimento dei principali media nei confronti della politica. E che invece ha fatto capolino sulle pagine del giornale danese Ekstra Bladet, in un articolo firmato dal giornalista Brian Weichard che ha sostanzialmente recitato il mea culpa pubblicamente. Ricevendo il plauso immediato di tanti utenti sui social.

Weichardt ha sottolineato nell’articolo come per circa due anni la stampa si stata “attenta in maniera ipnotica ai dati forniti quotidianamente dalle autorità su morti e contagi legati al Covid” finendo per farsi totalmente assorbire dalla lettura dei numeri che venivano pubblicati dal governo e trascurando qualsiasi senso critico, quello che pure dovrebbe muovere la professione di giornalista. Per questo, sono arrivate le scuse ai lettori, che a ragione avrebbero dovuto attendersi un servizio di vigilanza più efficace sulle politiche dell’esecutivo danese.

“Non ci siamo sforzati abbastanza nel chiedere al governo di fare chiarezza su quali decessi fossero realmente legati al Covid e quali no – ha spiegato Weichardt – con il risultato che i numeri forniti dall’esecutivo si sono rivelati sui morti a causa del virus si sono rivelati 27 volte superiori a quelli reali. Gonfiati, inserendo nel conteggio ogni persona positiva anche se non deceduta a causa del virus, senza che noi giornalisti ce ne preoccupassimo”.

Il giornalista ha poi puntato il dito anche contro le autorità, accusandole di essere le principali responsabili di un clima di terrore ingiustificato: “Avrebbero dovuto fornirci i veri dati già da almeno due anni, così da permetterci di inquadrare nella maniera corretta l’emergenza e capirne la reale portata”.

FONTE: https://www.ilparagone.it/attualita/dati-gonfiati-sui-morti-per-covid-e-non-ce-ne-siamo-accorti-il-giornale-danese-chiede-scusa-ai-lettori/

 

 

 

DIRITTI UMANI

Non c’è più posto, per voi, nel futuro che sta arrivando

Se una cura esiste, ma io non la riconosco (e dopo quasi due anni continuo a non volerla riconoscere), io non sto prendendo una clamorosa cantonata: io sto procurando, intenzionalmente, un disastro. Se tu sei malato e io seguito a non sottoporti a una terapia idonea, non sto commettendo un errore: sto proprio cercando di farti del male. Specie se emargino i medici che ti salverebbero la pelle: e infatti li oscuro, li sospendo, li espello. Probabilmente è questa, la vera lezione dell’annus horribilis che va chiudendosi, come il più laido degli incubi. L’anno del Grande Vaccino, indegno surrogato del Grande Cocomero di Linus e Charlie Brown. Indegno, perché quello almeno era davvero un cocomero, mentre questi – che chiamano ancora vaccini, sfidando il ridicolo – non hanno nulla che li accomuni allo storico presidio profilattico, vanto della scienza medica moderna. E la loro inutilità catastrofica è ormai palese, per chiunque non abbia il cervello in panne.

Dopo ben tre dosi, rifilate una dietro l’altra, per circolare è comunque necessario il tampone. Perché i contagi volano, come se quei sieri nemmeno esistessero. E così la verità, lentamente, si fa strada: quella brodaglia, resa obbligatoria, non immunizza proprio nessuno. La Linusverità è inevitabilmente incresciosa: fin dall’inizio, è stato fatto l’esatto contrario di quello che si sarebbe dovuto fare. Lo avevano spiegato i luminari della Great Barrington Declaration, eroi della lotta contro l’Ebola: contagiarsi tutti, il prima possibile, per metter fine velocemente all’epidemia. Invece, per due anni, s’è raccontato a reti unificate un cumulo straripante di fandonie, prima spegnendo le voci veritiere e poi addirittura perseguitandole attivamente, come si fa in Cina. Non a caso: la Cina, esattamente, è l’impero verso il quale stiamo scivolando. Lo conferma l’adozione del certificato digitale di buona condotta, pensato appositamente per condizionare all’obbedienza l’accesso a qualsiasi libertà di movimento.

Certo, il tempo stringe: secondo alcuni, l’immane buffonata mondiale ha ormai i giorni contati. Il Sudafrica, il paese da cui si sarebbe sviluppata l’ultima “variante”, ha ritirato ogni restrizione. Motivo: il raffreddore Omicron contagia tutti, ma non crea veri problemi quasi a nessuno. E certo non lo fermano i patetici sieri genici (che semmai stanno causando reazioni avverse – specie cardiologiche – non più minimizzabili, nonostante l’omertoso silenzio degli addetti ai lavori, trasformati in complici). Tanto per cambiare, è stata la “democratura” russa a dare la notizia: secondo gli scienziati moscoviti, la quasi innocua Omicron sarebbe stata “ingegnerizzata e rilasciata” per contagiare Putintutti e quindi, finalmente, immunizzare davvero la popolazione. L’ha detto Putin, esplicitamente: potrebbe essere proprio Omicron, il vero vaccino; se tutti si contagiano, questa storia finisce sul serio.

Si accettano scommesse sull’eventuale data: marzo, aprile? Poi verrà rottamata la grande menzogna, insieme alle sue sterminate filiere miliardarie di masnadieri e rentier? Possibile che il calcolo non sia estraneo nemmeno al governatore dell’Italia, quello che ora vorrebbe finire al Quirinale. Certo è impietosa, la storia: aveva una possibilità di redimersi, l’uomo, ma non ha osato. Dopo il Britannia, la Grecia e il “pilota automatico”, aveva avuto un assist formidabile: licenziare i beccamorti e varare il benedetto protocollo per le cure precoci, le terapie domiciliari. Da sola, l’Italia avrebbe fatto crollare l’incubo: dimostrando che sarebbe bastato molto poco, probabilmente, per ridurre i ricoveri quasi a zero. Avrebbe significato molto: la fine della paura, la fine delle sofferenze di migliaia di malati. Ma per un’impresa simile, a quanto pare, serviva la tempra di un Nelson Mandela.

Gli analisti più sottili non mancheranno di avventurarsi nell’arte dell’esegesi raffinata: dato lo strapotere schiacciante, mondiale, del Partito del Covid, non era possibile agire diversamente; se il primo ministro ha quindi scelto di subire ancora il paradigma del male (“se non ti vaccini, muori e fai morire chi ti è vicino”), l’ha fatto solo per restare “autorevole”, agli occhi dei dominatori, ai quali poi imporre – quando l’incendio si sarà spento – un’inversione di rotta in termini di politica economica e di finanza pubblica, archiviando storicamente la malora artificiale dell’austerity. Si tratta di uno scenario ovviamente auspicabile, perché è di appena l’altro ieri l’ultima sceneggiata all’italiana, il Mandelafamoso 2,4% di deficit inutilmente richiesto a Bruxelles dall’implorante governicchio gialloverde, prontamente sabotato anche dal Colle in ossequio ai veri dominus, europei e non, degli italici destini.

Sarebbe certamente uno scenario auspicabile, dopo decenni di liberismo spietato, il cambio di paradigma finanziario: ma a patto di non dimenticare il 2021 e le sue drammatiche acquisizioni, in termini di consapevolezza civile e morale. Dalle macerie create dal terrore sanitario sembra essere nato il nucleo di una sorta di umanità nuova, che non potrà più accontentarsi di eventuali piccoli favori graziosamente concessi dall’alto. Il divorzio dalla politica ha l’aria di essere definitivo: troppo male è stato inflitto agli inermi, troppa menzogna. Sono evidenti, ormai, i fili che muovono gli avatar in doppiopetto. Non potranno più essere credibili, in nessun caso, agli occhi di chi ha visto di cosa sono capaci. E’ come se non ci fosse più posto, per tutti loro, nell’ipotetico futuro che comincerà domani, a partire dal 2022. I loro stessi attrezzi sono ferraglia arrugginita: potevano salvare vite, ma non l’hanno fatto. E il loro grande regalo – essersi smascherati – non potrà mai compensare l’eredità luttuosa dei loro misfatti.

(Giorgio Cattaneo, 30 dicembre 2021).

FONTE: https://www.libreidee.org/2021/12/non-ce-piu-posto-per-voi-nel-futuro-che-sta-arrivando/

 

 

 

ECONOMIA

Crisi dello stato sociale e ascesa del Terzo settore: “Si ha il doppio lavoro essenzialmente per necessità”

16 12 2021 di Eugenio Donnici

 

Il Terzo settore venne alla luce nei primi anni settanta del secolo scorso, quando iniziarono i primi segnali di crisi del Welfare state; in quel periodo entrarono in scena gruppi di volontari cattolici e laici, soprattutto nell’ambito socio-sanitario, con l’intento di provare a soddisfare i crescenti bisogni sociali che il sistema statale non riusciva più a garantire, per una serie di implicazioni che abbiamo delineato in altri percorsi di ricerca. Le forme spontanee di volontariato, ben presto, furono trasformate in strutture organizzate, dando vita a enti privati (associazioni, imprese sociali, fondazioni, cooperative sociali, eccetera). Tali enti hanno finito per posizionarsi tra il Primo settore, ossia l’insieme delle attività economiche svolte dallo Stato e dagli altri enti pubblici, senza scopo di lucro, e Il Secondo settore, vale a dire le imprese private che nella produzione di beni e sevizi da vendere sul mercato, perseguono l’obiettivo fondamentale di conseguire il profitto.

Negli ultimi venti anni, il Terzo settore, con un giro di affari che in base a stime recenti si attesta intorno al 5% del Pil nazionale, è divenuto l’asse portante del cosiddetto Welfare mix, potendo contare su un esercito di volontari e dando lavoro a circa 850.000 addetti. Tuttavia, le condizioni di vita delle persone occupate in questo contesto, nei diversi ambiti in cui le attività di queste ultime si concretizzano, esprimono ampie fasce di immiserimento crescente.

Per addentrarci nella fitta rete di quell’ossimoro che costituisce il “privato sociale”, mi sono posto degli interrogativi che ho cercato di sviluppare con Mario Piras, operatore pluri-qualificato, con molti anni di esperienza nelle cooperative sociali.

La stragrande maggioranza delle cooperative sociali, per il solo fatto di scrivere nei propri statuti che perseguono finalità mutualistiche e solidaristiche, tendono a propagare un’immagine della loro mission che fa a pugni con i racconti di vita quotidiana dei loro dipendenti. Qual è la tua percezione nei confronti di queste forme distorsive delle relazioni sociali? Quali sono le dinamiche interne tra soci e dipendenti?

Mi sembra importante dire, poiché è proprio nella mia esperienza di lavoratore, come vi sia una narrazione promossa da quadri e semplici dipendenti soci, secondo la quale ai soci venga riservata una priorità nella conservazione del posto di lavoro in caso di riduzione di budget. Sono gli stessi lavoratori e lavoratrici della cooperativa che raccontano di come essere soci presenti dei vantaggi che, secondo la mia opinione, non sono limitati alle finalità mutualistiche e solidaristiche. Ecco, faccio un esempio concreto: succede, non di rado, di essere penalizzati per l’improvvisa riduzione di ore di servizio, riduzione che può dipendere da una improvvisa diminuzione dei fondi pubblici che erano stati inizialmente previsti. Se succede, una pratica molto comune è quella in cui si dice ai lavoratori del servizio penalizzato di condividere equamente la riduzione del monte orario complessivo. Può accadere, però, e lo so per esperienza personale, che uno o più soci chiedano di mantenere il proprio monte orario e se non hanno risposta positiva, magari perché non ci sono nemmeno ore disponibili per l’integrazione in altri servizi, chiedano di mantenere le stesse ore nel servizio penalizzato a danno di uno o più dipendenti non soci, che così vedono ridotte le proprie ore anche per le quote di questi soci. Io non credo che questa dinamica abbia a che fare con le finalità mutualistiche e solidaristiche di una cooperativa. Penso che sia una distinzione non legittima che i dirigenti di cooperativa operano perché hanno un interesse a tutelare i soci maggiormente, poiché sono ovviamente solo i soci ad avere potere di voto nell’elezione del Consiglio di amministrazione di una cooperativa.

Nel 1883, quando fu fondata a Ravenna la prima società di mutuo soccorso, l’Associazione Generale degli Operai e dei Braccianti, i loro membri e sostenitori, tra cui Andrea Costa, posero un argine alle gare al ribasso per aggiudicarsi gli appalti, per le opere di sistemazione del territorio. A distanza di circa un secolo e mezzo, il principio di non ingaggiare competizioni distruttive tra i lavoratori si è dileguato. Come giudichi la tendenza delle cooperative ad accapigliarsi tra di loro per ottenere la gestione di un servizio dalla Pubblica Amministrazione? E soprattutto, date queste circostanze, credi che sia possibile disinnescare “la guerra tra poveri” che pervade le condizioni di esistenza dei dipendenti e dipendenti-soci?

Io non parlerei di cooperative che si “accapigliano”. Ricorderei che formalmente siamo in regime di libero mercato, perché è necessario farlo, proprio per disvelare e chiarire meglio le contraddizioni. E infatti in un libero mercato del sociale un evento storico come Mafia Capitale ha consentito di mettere in evidenza come il fare “cartello” fosse pratica assai comune fra imprese cooperative a Roma. Altro che libera concorrenza! le cooperative si mettevano d’accordo per la spartizione di lotti dei bandi pubblici emanati per la gestione di alcuni servizi territoriali, eliminando ogni beneficio che avrebbe potuto derivare da una competizione vera fra imprese.

Per quanto riguarda la “guerra tra poveri” dei lavoratori delle cooperative non la definirei come tale. I lavoratori delle cooperative, essendo, per lo più, lavoratori che svolgono le loro funzioni nell’erogazione di servizi socio-sanitari, raramente sono assoggettati a orario d’ufficio e questo consente loro di avere una seconda e, a volte, terza attività che incrementa non poco il loro reddito.

La questione andrebbe posta in altro modo, secondo me, dovremmo farci più spesso questa domanda: è sano lavorare 60/70 ore a settimana su servizi alla persona? Quali sono gli effetti su psiche e fisico dei lavoratori?

Io spesso vedo lavoratori logorati, più’ che poveri, che riescono a pagare il mutuo e andare in vacanza in giro per il mondo, ma che sono in burn out permanente. Ecco, per me, la nuova alienazione è insita in questa condizione, sulla quale i lavoratori e le lavoratrici non riescono mai a riflettere abbastanza.

È vero che ci possono essere dinamiche feroci fra lavoratori, specie fra soci e non soci, ed è vero che lo stipendio del CCNL è vergognosamente basso. Ma inquadrare questi fenomeni solo come “guerra tra poveri” non consente una riflessione più profonda. Oggi i lavoratori e le lavoratrici delle cooperative sono a rischio di povertà, quando si ammalano o invecchiano e non riescono a svolgere un secondo lavoro, oppure quando non riescono a sviluppare un sapere professionale tale da consentirgli la prospettiva di una seconda attività, che non di rado rimane nel sociale.

 

Al di là dei concetti astratti come libero mercato, concorrenza, “cartelli mafiosi” e della metafora “guerra tra poveri”, mi sembra di captare, tra le righe, che, da un lato, esista un problema di ripartizione del monte orario complessivo e, dall’altro, intuire che con quaranta ore settimanali dei vostri contratti di cooperazione sociale “non si campa”. Per di più le cose si complicano, quando si è costretti a tenere relazioni lavorative in due o più contesti produttivi, per il semplice fatto che dobbiamo computare i ”tempi morti“ e gli incrementi di tempo per l’accresciuta mobilità. Pertanto, concordo sulla tesi che il concetto di povertà debba essere correlato con l’estensione della settimana lavorativa a 60/70 ore e prenderei spunto dalla domanda che tu poni qui sopra, provando a dispiegarla anche agli altri settori produttivi: è sano, è giusto (aggiungerei io) lavorare 60/70 ore a settimana? Pensi che gli individui coinvolti in questa spirale lo facciano per scelta o per necessità?

Gli stipendi previsti nel CCNL dei lavoratori delle cooperative sociali, lo ripeto, sono vergognosamente bassi. Questo è un punto incontrovertibile. E poi ci sarebbe da fare un discorso sul fatto che spesso i lavoratori sono sotto-inquadrati.

Si ha il doppio lavoro essenzialmente per necessità, ma in ambito educativo, che è quello che conosco meglio, se si sviluppa l’adeguato sapere professionale, l’impegno profuso in attività che eccedono le 38 ore settimanali del contratto può diventare in molti casi una scelta dettata dal desiderio di maggiore guadagno. Ci sono una serie di bisogni sociali a cui lo Stato non dà risposta, di conseguenza le famiglie pagano i servizi, il più delle volte in nero e i lavoratori riescono cosi a guadagnare di più, a volte molto di più. Bisogna aggiungere che i lavoratori del sociale potrebbero facilmente guadagnare di più e in maniera ufficiale e garantita, se si applicassero inquadramenti adeguati al lavoro effettivamente svolto e contrattazioni di secondo livello. In molti casi i fondi per farlo già ci sono, ma troppo spesso i Cda delle cooperative propongono alle assemblee dei soci l’utilizzo degli utili in attività etichettate come socialmente utili, che poi in realtà si rivelano agire come società profit: ristoranti, asili privati, società multiservizi per l’inserimento di persone svantaggiate, etc.

Ma il sindacato e la politica sono assenti per quanto riguarda questi aspetti. Il sindacato interviene troppo spesso solo nelle procedure di cambio di gestione dell’appalto. Una routine, a volte complessa, che garantisce i livelli occupazionali, ma la cui ratio non è la rinegoziazione delle condizioni di lavoro.

In merito alla domanda se è sano e giusto lavorare 60/70 a settimana nel sociale, io affermerei semplicemente che non è giusto farlo in nessun ambito lavorativo. Ne viene penalizzata la qualità del lavoro e della vita di chi lavora. Però non dimentichiamo, per dare il giusto peso alla questione, che anche tantissimi medici hanno doppio/triplo lavoro e tanti professori della scuola pubblica hanno il doppio lavoro. Insomma, il problema della doppia attività lavorativa non riguarda solo il sociale.

FONTE: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-crisi_dello_stato_sociale_e_ascesa_del_terzo_settore_si_ha_il_doppio_lavoro_essenzialmente_per_necessit/11_44392/

“Privatizzazioni inevitabili, ma da regolare con leggi ad hoc”: il discorso del 1992 (ma attualissimo) di Mario Draghi sul Britannia

Pubblichiamo il discorso di Mario Draghi, allora direttore generale del Tesoro, alla Conferenza sulle Privatizzazioni tenutasi sullo yacht Britannia, del 2 giugno 1992: l’ex presidente della Bce parlò della vendita delle azioni pubbliche. Un processo con cui, 28 anni dopo, l’Italia fa i conti. Nelle sue parole i mercati come strada per la crescita, la fine del controllo politico, l’idea di public company, ma anche i tanti rischi: “Sarà più difficile gestire la disoccupazione. Non c’è una Thatcher – disse – servono strumenti per ridurre i senza lavoro e i divari regionali. Andranno tutelati gli azionisti di minoranza”. E ancora: “Questo processo lo richiede Maastricht, facciamolo prima noi. Ma va deciso da un esecutivo forte e stabile. Ridurremo il debito”.

22 GENNAIO 2020
Signore e signori, cari amici, desidero anzitutto congratularmi con l’Ambasciata Britannica e gli Invisibili Britannici per la loro superba ospitalità. Tenere questo incontro su questa nave è di per sé un esempio di privatizzazione di un fantastico bene pubblico. Durante gli ultimi quindici mesi, molto è stato detto sulla privatizzazione dell’economia italiana. Alcuni progressi sono stati fatti, nel promuovere la vendita di alcune banche possedute dallo Stato ad altre istituzioni cripto-pubbliche, e per questo la maggior parte del merito va a Guido Carli, ministro del Tesoro. Ma, per quanto riguarda le vendite reali delle maggiori aziende pubbliche al settore privato, è stato fatto poco.Non deve sorprendere, perché un’ampia privatizzazione è una grande – direi straordinaria – decisione politica, che scuote le fondamenta dell’ordine socio-economico, riscrive confini tra pubblico e privato che non sono stati messi in discussione per quasi cinquant’anni, induce un ampio processo di deregolamentazione, indebolisce un sistema economico in cui i sussidi alle famiglie e alle imprese hanno ancora un ruolo importante. In altre parole, la decisione sulla privatizzazione è un’importante decisione politica che va oltre le decisioni sui singoli enti da privatizzare. Pertanto, può essere presa solo da un esecutivo che ha ricevuto un mandato preciso e stabile.
Altri oratori parleranno dello stato dell’arte in quest’area: dove siamo ora da un punto di vista normativo, e quali possono essere i prossimi passaggi. Una breve panoramica della visione del Tesoro sui principali effetti delle privatizzazioni può aiutare a comunicare la nostra strategia nei prossimi mesi. Primo: privatizzazioni e bilancio. La privatizzazione è stata originariamente introdotta come un modo per ridurre il deficit di bilancio. Più tardi abbiamo compreso, e l’abbiamo scritto nel nostro ultimo rapporto quadrimestrale, che la privatizzazione non può essere vista come sostituto del consolidamento fiscale, esattamente come una vendita di asset per un’impresa privata non può essere vista come un modo per ridurre le perdite annuali. Gli incassi delle privatizzazioni dovrebbero andare alla riduzione del debito, non alla riduzione del deficit.Quando un governo vende un asset profittevole, perde tutti i dividendi futuri, ma può ridurre il suo debito complessivo e il servizio del debito. Quindi, la privatizzazione cambia il profilo temporale degli attivi e dei passivi, ma non può essere presentata come una riduzione del deficit, solo come il suo finanziamento. (Questo fatto, nella visione del Tesoro, ha alcune implicazioni che vedremo in un secondo momento). Le conseguenze politiche di questa visione sono due. Dal punto di vista della finanza pubblica, il consolidamento fiscale da mettere a bilancio per l’anno 1993 e i successivi non dovrebbe includere direttamente nessun ricavo dalle privatizzazioni. Nel contempo, dovremmo avviare un piano di riduzione del debito con gli incassi dalle privatizzazioni. Ciò implicherà più enfasi del Tesoro sulle implicazioni economiche complessive delle privatizzazioni e sull’obiettivo ultimo di ricostruire gli incentivi per il settore privato.Secondo: privatizzazioni e mercati finanziari. La privatizzazione implica un cambiamento nella composizione della ricchezza finanziaria privata dal debito pubblico alle azioni. L’effetto di riduzione del debito pubblico può implicare una discesa dei tassi di interesse. Ma l’impatto sui mercati finanziari può essere molto più importante, quando vediamo che la quantità di ricchezza privata in forma di azioni è piccola in relazione alla ricchezza privata totale e che con le privatizzazioni può aumentare in modo significativo. In altre parole, i mercati finanziari italiani sono piccoli perché sono istituzionalmente piccoli, ma anche perché – forse in modo connesso – gli investitori italiani vogliono che siano piccoli. Le privatizzazioni porteranno molte nuove azioni in questi mercati. L’implicazione politica è che dovremmo vedere le privatizzazioni come un’opportunità per approvare leggi e generare cambiamenti istituzionali per potenziare l’efficienza e le dimensioni dei nostri mercati finanziari.

Tre: privatizzazioni e crescita. (In molti casi) vediamo le privatizzazioni come uno strumento per aumentare la crescita. Nella maggior parte dei casi la privatizzazione porterà a un aumento della produttività, con una gestione migliore o più indipendente, e a una struttura più competitiva del mercato. La privatizzazione quindi potrebbe parzialmente compensare i possibili – ma non certi – effetti di breve termine di contrazione fiscale necessaria per un bilancio più equilibrato. In alcuni casi, per trarre beneficio dai vantaggi di un aumento della concorrenza derivante dalla privatizzazione, potrebbe essere necessaria un’ampia deregolamentazione. Questo processo, se da una parte diminuisce le inefficienze e le rendite delle imprese pubbliche, dall’altra parte indebolisce la capacità del governo di perseguire alcuni obiettivi non di mercato, come la riduzione della disoccupazione e la promozione dello sviluppo regionale. Tuttavia, consideriamo questo processo – privatizzazione accompagnata da deregolamentazione – inevitabile perché innescato dall’aumento dell’integrazione europea. L’Italia può promuoverlo da sé, oppure essere obbligata dalla legislazione europea. Noi preferiamo la prima strada.

Le implicazioni di policy sono che: a) un grande rilievo verrà dato all’analisi della struttura industriale che emergerà dopo le privatizzazioni, e soprattutto a capire se assicurino prezzi più bassi e una migliore qualità dei servizi prodotti; b) nei casi rilevanti la deregolamentazione dovrà accompagnare la decisione di privatizzare, e un’attenzione speciale sarà data ai requisiti delle norme comunitarie; c) dovranno essere trovati mezzi alternativi per perseguire obiettivi non di mercato, quando saranno considerati essenziali. Quarto: privatizzazioni e depoliticizzazione. Un ultimo aspetto attraente della privatizzazione è che è percepita come uno strumento per limitare l’interferenza politica nella gestione quotidiana delle aziende pubbliche. Questo è certamente vero e sbarazzarsi di questo fenomeno è un obiettivo lodevole. Tuttavia, dobbiamo essere certi che dopo le privatizzazioni non affronteremo lo stesso problema, col proprietario privato che interferisce nella gestione ordinaria dell’impresa. Qui l’implicazione politica immediata è l’esigenza di accompagnare la privatizzazione con una legislazione in grado di proteggere gli azionisti di minoranza e di tracciare linee chiare di separazione tra gli azionisti di controllo e il management, tra decisioni societarie ordinarie e straordinarie.

A cosa dobbiamo fare attenzione, per valutare la forza del mandato politico di un governo che voglia veramente privatizzare? Primo, occorre una chiara decisione politica su quello che deve essere considerato un settore strategico. Non importa quanto questo concetto possa essere sfuggente, è comunque il prerequisito per muoversi senza incertezze. Secondo, visto che non c’è una Thatcher alle viste in Italia, dobbiamo considerare un insieme di disposizioni sui possibili effetti delle privatizzazioni sulla disoccupazione (se essa dovesse aumentare come effetto della ricerca dell’efficienza), sulla possibile concentrazione di mercato, e sulla discriminazione dei prezzi (quest’ultima in particolare per la privatizzazione delle utility). Terzo, occorre superare i problemi normativi. Un esempio importante: le banche, che secondo la legislazione antitrust (l. 287/91) non possono essere acquisite da imprese industriali, ma solo da altre banche, da istituzioni finanziarie non bancarie (Sim, fondi pensione, fondi comuni di investimento, imprese finanziarie), da compagnie assicurative e da individui che non siano imprenditori professionisti. In pratica, siccome in Italia non ci sono virtualmente grandi banche private, gli unici possibili acquirenti tra gli investitori domestici sono le assicurazioni o i singoli individui. Una limitazione molto stringente.

In ordine logico, non necessariamente temporale, tutti questi passaggi dovrebbero avvenire prima del collocamento. In quel momento, affronteremo la sfida più importante: considerando che una vasta parte delle azioni sarà offerta, almeno inizialmente, agli investitori domestici, come facciamo spazio per questi asset nei loro portafogli? Qui giunge in tutta la sua importanza la necessità che le privatizzazioni siano a complemento di un piano credibile di riduzione del deficit, soprattutto per ridurre la creazione di debito pubblico. Solo se abbiamo successo nel compito di ridurre “continuamente e sostanziosamente” il nostro rapporto tra debito e Pil, come richiesto dal Trattato di Maastricht, troveremo spazio nei portafogli degli investitori. Allo stesso tempo, l’assorbimento di queste nuove azioni può essere accelerato dall’aumento dell’efficienza del nostro mercato azionario e dall’allargamento dello spettro degli intermediari finanziari. Qui il pensiero va subito alla creazione di fondi pensione ma, di nuovo, i fondi pensione sono alimentati dal risparmio privato che da ultimo deve essere accompagnato dal sistema di sicurezza sociale nazionale verso i fondi pensione. Ma un ammanco dei contributi di sicurezza sociale allo schema nazionale implicherebbe di per sé un deficit più elevato. Questo ci porta a una conclusione di policy sui fondi pensione: possono essere creati su una base veramente ampia solo se il sistema nazionale di sicurezza sociale è riformato nella direzione di un sistema meglio finanziato o più equilibrato rispetto a quello odierno.

Questa presentazione non era fatta per rispondere alla domanda su quanto possa essere veloce il processo di privatizzazioni – non è il momento giusto per affrontare il tema. L’obiettivo era fornirvi una lista delle cose da considerare per valutare la solidità del processo. La conclusione generale è che la privatizzazione è una delle poche riforme nella vita di un paese che ha assolutamente bisogno del contesto macroeconomico giusto per avere successo. Lasciatemi sottolineare ancora che non dobbiamo fare prima le principali riforme e poi le privatizzazioni. Dovremmo realizzarle insieme. Di certo, non possiamo avere le privatizzazioni senza una politica fiscale credibile, che – ne siamo certi – sarà parte di ogni futuro programma di governo, perché l’aderenza al Trattato di Maastricht sarà parte di ogni programma di governo.
Lasciatemi concludere spiegando, nella visione del Tesoro, la principale ragione tecnica – possono esserci altre ragioni, legate alla visione personale dell’oratore, che vi risparmio – per cui questo processo decollerà. La ragione è questa: i mercati vedono le privatizzazioni in Italia come la cartina di tornasole della dipendenza del nostro governo dai mercati stessi, dal loro buon funzionamento come principale strada per riportare la crescita. Poiché le privatizzazioni sono così cruciali nello sforzo riformatore del Paese, i mercati le vedono come il test di credibilità del nostro sforzo di consolidamento fiscale. E i mercati sono pronti a ricompensare l’Italia, come hanno fatto in altre occasioni, per l’azione in questa direzione. I benefici indiretti delle privatizzazioni, in termini di accresciuta credibilità delle nostre politiche, sono secondo noi così significativi da giocare un ruolo fondamentale nel ridurre in modo considerevole il costo dell’aggiustamento fiscale che ci attende nei prossimi cinque anni.

FONTE: https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/01/22/britannia-la-vera-storia/5681308/

 

 

Una frenata al fisco predittivo

La Commissione bicamerale: necessario assicurare condizioni di parità ai contribuenti

La Commissione bicamerale sull’anagrafe tributaria cerca di frenare l’automatizzazione e la spersonalizzazione del fisco, che rischia di trasformarsi in un sistema totalmente gestito dagli algoritmi

di Andrea Bongi

La Commissione bicamerale sull’anagrafe tributaria cerca di frenare l’automatizzazione e la spersonalizzazione del fisco, che rischia di trasformarsi in un sistema totalmente gestito dagli algoritmi.

l progetto dei responsabili della politica tributaria sembra essere infatti quello di affidare alle funzioni matematico-statistiche e al machine learning non solo le analisi del rischio, ma anche l’emissione e la motivazione degli atti di accertamento e perfino le eventuali decisioni del giudice tributario chiamato, eventualmente, a decidere sulle impugnative promosse dai contribuenti.

Se i progetti di sostituzione dell’essere umano con l’intelligenza artificiale nelle funzioni di accertamento e nella giurisdizione tributaria, dovessero giungere a compimento, quello che ne uscirebbe sarebbe un sistema fiscale autocratico, verticistico e di fatto, incontrovertibile quanto incontestabile.

L’algoritmo individuerebbe infatti fattispecie accertabili basate sull’incrocio fra le analisi del rischio di evasione e la successiva sostenibilità del giudizio di fronte alle commissioni tributarie.

Il giudicato tributario, del resto, verrebbe costruito identificando il caso oggetto di trattazione con altri similari (secondo un apposito algoritmo logico) presenti nella banca dati delle sentenze delle commissioni tributarie.

I risultati di questo processo fiscale predittivo sarebbero avvisi di accertamento e sentenze tributarie costruite sulla base di giudicati standardizzati frutto della comparazione fra il caso di specie e quello normalizzato presente nelle banche dati.

Risultato: scarsissime, quanto improbabili – nell’accezione puramente statistica del termine – possibilità di tutela per i contribuenti.

Potrebbe sembrare fantascienza, ma basta legger con attenzione i documenti ufficiali per rendersi conto che la china intrapresa dal sistema tributario è proprio questa.

In più passaggi della relazione conclusiva del lavoro svolto dalla suddetta commissione parlamentare, si ha infatti la sensazione che più che veri e propri suggerimenti all’esecutivo, si sia di fronte a raccomandazioni finalizzate ad evitare che certe procedure vengano messe in atto o che siano ripristinate condizioni di parità su strumenti già in funzione.

Alcuni esempi.

In relazione all’attività accertativa la commissione chiede di “escludere esplicitamente che gli atti di accertamento dell’Agenzia delle entrate possano essere frutto esclusivo di una procedura automatizzata o, comunque, basata su un sistema di intelligenza artificiale”.

Per quanto riguarda invece le decisioni delle commissioni tributarie la commissione bicamerale raccomanda di “escludere un impiego dell’intelligenza artificiale (IA) come autonomo strumento decisorio fondato sul machine learning, che possa quindi rendere superfluo l’intervento dell’interprete-essere umano”.

Circa gli strumenti già in uso, nella relazione ci si sofferma sulla banca dati delle sentenze delle commissioni tributarie. È un progetto già realizzato e che i fondi del PNRR andranno ulteriormente ad ampliare e potenziare.

Questo ponderoso archivio, nel quale sono immagazzinate tutte le sentenze emesse dalle commissioni tributarie italiane, è attualmente utilizzato e utilizzabile, soltanto dall’Agenzia delle entrate.

Secondo la commissione bicamerale occorre invece “…garantire che le informazioni non restino ad uso esclusivo dell’amministrazione finanziaria, consentendone a chiunque il libero e pieno accesso, così da assicurare la parità di condizioni fra le parti in causa del processo tributario, offrendo loro la possibilità di verificare gli orientamenti seguiti dalle varie commissioni tributarie”.

La ritrosia dell’amministrazione finanziaria nel condividere le informazioni contenuta in questa banca dati sono evidenti. Il contribuente non deve conoscere, o deve fare molta fatica per farlo, l’orientamento della giustizia di merito su certe particolari tematiche o questioni procedurali.

Solo l’Agenzia delle entrate deve poter sapere in anticipo (finanche alla fase accertativa) come decidono le corti di merito, in modo da poter orientare sia la sua difesa che le eventuali proposte conciliative con le controparti.

E ai contribuenti quali tutele resterebbero se il fisco predittivo prendesse il sopravvento?

Probabilmente poche, tenuto anche conto che le autorità di garanzia, come il Garante del contribuente, sono state ormai già da tempo private dei loro poteri e delle loro funzioni.

FONTE: https://www.italiaoggi.it/news/una-frenata-al-fisco-predittivo-2548411

 

Crosetto sull’incubo Mes: “Debito in mano alla Bce, già siamo sotto ricatto dei mercati”

Tobia De Stefano
Mi sono laureato in legge e me ne infischiavo dell’economia, poi ho iniziato a fare il giornalista, gavetta-collaborazioni-pochi quattrini, e ho capito che senza soldi non si cantano messe. Da quel momento la gestione dei risparmi è diventata la mia passione. Ed eccomi qui a curare un blog sui “Vostri soldi” per il sito più irriverente che potete trovare in rete.

“Guardi io non so se ci sia davvero l’intenzione di trasferire una parte consistente dei nostri Btp nel Mes… Penso però che la discussione nata in questi giorni abbia il merito di accendere il faro su un altro problema enorme, la grande quantità di debito italiano, più di un terzo del totale, nelle mani della Bce. Un Paese che dipende da una singola istituzione bancaria, non nazionale, per una percentuale così rilevante, ha una sovranità debole ed il fianco scoperto, che si presta agli attacchi della speculazione finanziaria internazionale. E questo non va bene».

Politica o finanza fa poca differenza, quando parla, Guido Crosetto va dritto al punto. E il punto dell’ultima polemica sulla riforma del patto di Stabilità e sull’ipotesi di un piano predisposto dai consiglieri economici di Draghi (Giavazzi) e Macron (Charles-Henry Weymuller) che prevede il passaggio di 350 miliardi dei nostri Btp dalla Banca centrale europea al Meccanismo europeo di Stabilità è proprio questo. Quanto potere reale resta all’Italia? «Le faccio un esempio. Metta che domani io o lei dovessimo essere votati dalla maggioranza degli italiani e poi andare a Palazzo Chigi. Magari io e lei non piaciamo ai “mercati” perché non abbiamo i requisiti che vorrebbero, beh, quegli stessi “mercati”, con Bce consenziente, in questo caso, potrebbero decidere di non acquistare le nuove emissioni del nostro debito e quindi (esagero apposta) costringerci a cambiare premier anche se avesse avuto il 100% del consenso. Vuol dire che siamo un Paese sottoposto a possibili ricatti continui da parte della speculazione».

Un po’ quello che era successo con Berlusconi.

«Peggio. Perché i nostri conti oggi sono più negativi rispetto a quelli del 2011 eppure nessuno ha difficoltà a comprare i Btp, questo vuol dire che c’è un elemento “non razionale, non numerico, non esplicito” che va al di là dei numeri».

Il problema è che adesso una parte del nostro debito potrebbe passare al Mes.

«Sarebbe una catastrofe. Mentre l’acquisto e la detenzione dei Btp da parte della Bce è stata una decisione di politica monetaria che non ha comportato impegni per l’Italia, il trasferimento del debito al Mes prevederebbe probabilmente regole rigide da rispettare con poteri di intervento molto invasivi, stante alle regole vigenti per il Mes».

Modello Grecia?

«Ricordiamo tutti quello che è successo alla Grecia. Proprio in base a quel ricordo un anno fa c’è stata un accesissima discussione parlamentare sulla possibilità di far ricorso al Mes per i famosi 20 miliardi per la sanità e la maggioranza si è fermamente opposta. Se adesso quello stesso Mes, uscito dalla finestra, dovesse rientrare dalla porta principale, per un importo 20 volte superiore, sarebbe un po’ strano ma soprattutto molto rischioso…».

Non si fida di Draghi?

«Io mi fido di Draghi nel senso che Draghi ha sempre parlato di Pnrr e mai di Mes. Sono altresì consapevole che sono soprattutto i mercati a fidarsi e a ritenere Draghi una garanzia. Il mio è un giudizio da osservatore del mondo “finanziario” e non politico».

Finanziariamente parlando, meglio Draghi al Quirinale o a Palazzo Chigi?

«Draghi ha dimostrato di essere una garanzia sufficiente a far aumentare il rating nonostante il debito sia il più alto mai raggiunto e l’economia non vada bene. Ne prendo atto. Su che ruolo sia più utile non sta a me dirlo e non mi piace “scommettere” se non sono sicuro di vincere».

Comunque le indiscrezioni sul Mes di questi giorni non sono mai state smentite.

«Infatti. Spero si tratti di uno studio nel quale per puro divertimento intellettuale questi economisti abbiano ipotizzato una possibilità del genere. Le confido che preferisco altre forme di divertimento. Battute a parte a me spaventa di più un’altra ipotesi circolata in questi giorni».

Quale?

«La proposta del direttore generale del Mes, Klaus Regling, di lasciare invariato il tetto del 3% del rapporto deficit/Pil e di portare dal 60 al 100% quello tra il debito e il Pil».

Beh sarebbero parametri molto meno stringenti…

«Io non la vedo così. A me spaventano le condizioni di rientro che verrebbero chieste a un Paese come l’Italia che sfora di gran lunga anche il parametro del 100% (siamo al 156% ndr). Io penso che fino a quando c’è una crisi economica così profonda per imprese e famiglie il Patto di Stabilità debba essere sospeso».

Crosetto, mi sembra che l’Italia sia entrata in una sorta di circolo vizioso, come se ne esce?

«C’è una sola strada, riacquistare credibilità, forza e quindi sovranità, con la crescita. E la crescita arriva con le riforme del fisco, della burocrazia e della giustizia. Ma se neanche un governo che ha il 95% dei consensi come questo è riuscito a farle, la vedo davvero dura».

FONTE: https://www.liberoquotidiano.it/articolo_blog/blog/salvadanaio/30042276/crosetto-incubo-mes-debito-bce-ricatto-mercati.html

 

 

 

EVENTO CULTURALE

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

‘Morte’ dei Paschi di Siena

PietroGE
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Ecco un classico esempio di République bananière : un banchiere si ‘suicida’ (più probabilmente viene suicidato) gettandosi dalla finestra, si vede il corpo cadere e dopo un po’ arriva l’orologio (!!), trovano ferite sul corpo non riconducibili alla caduta, i pm fanno un casino nell’ufficio per rendere impossibile il lavoro della scientifica e ora si scopre che la email nella quale Rossi annuncerebbe il suo suicidio è stata scritta dopo la sua morte. I pm di Siena hanno tentato di chiudere il caso come suicidio più di una volta, la famiglia si è sempre opposta. Circolano voci di festini gay e di gente, appunto il Rossi che evidentemente ‘sapeva troppo’. Mi ricorda il famoso resoconto della polizia americana : ‘si è suicidato sparandosi tre volte alla testa’.

https://www.lanazione.it/siena/cronaca/david-rossi-1.7249094

Morte di David Rossi, il giallo della email. La commissione dispone una nuova perizia

Siena, 14 gennaio 2022 – Sulla morte di David Rossi proseguono gli accertamenti della Commissione parlamentare d’inchiesta. C’è la volontà di fare luce su una mail in cui lo stesso Rossi annunciava il suicidio. Facciamo un passo indietro. 

La relazione della polizia postale in cui si diceva che la mail in questione era stata “creata dopo la sua morte” è stata a suo tempo inviata dal gip di Genova, Franca Borzone, oggi in pensione, alla procura di Siena affinché ne valutasse la rilevanza investigativa. Gli inquirenti toscani hanno comunque archiviato l’inchiesta come suicidio, al quale non crede la famiglia dell’ex capo della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, precipitato dalla finestra del suo ufficio di piazza Salimbeni il 6 marzo 2013.

Il messaggio in questione è una delle prove chiave su cui si fonda la tesi del suicidio e proprio per questo, alla luce degli ultimi sviluppi, anche la Commissione parlamentare d’inchiesta che indaga sulla morte di Rossi affiderà appunto ai carabinieri una perizia per accertare se la mail è effettivamente falsa o no. Il messaggio è inserito in uno scambio tra Rossi e l’ex ad del Monte dei Paschi, Fabrizio Viola, avvenuto il 4 marzo, dunque due giorni prima della morte, e il contenuto è inequivocabile: “Stasera mi suicido, sul serio. Aiutatemi!!!“. Solo che in questo alternarsi di messaggi la mail delle ore 10.13 di Rossi appare del tutto fuori contesto ed estranea allo scambio, che avviene sempre con i testi precedenti allegati, mentre in questo caso la mail è isolata. Ascoltato dai magistrati, Viola disse a suo tempo di non ricordare un simile messaggio, riconoscendo invece “tutte le altre mail scambiate con lui quel giorno”…..

FONTE: https://forum.comedonchisciotte.org/notizie-dallitalia/morte-dei-paschi-di-siena/

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

Vaccini, Giuliodori (Alt): Denunciato Rasi per procurato allarme, da consigliere Figliuolo dati falsi

AgenPress. “Oggi ho presentato formale denuncia nei confronti del professor Guido Rasi, consigliere scientifico del commissario Figliuolo. Rasi, durante la puntata di Otto e mezzo del 22 novembre scorso, era intervenuto sul tema dei cosiddetti Covid party, citando dati falsi e tendenziosi volti a instillare paura nei cittadini ed a mantenere alto il livello di terrore”.

Così in una nota il deputato di Alternativa Paolo Giuliodori.

“Stando alle parole del microbiologo – spiega Giuliodori -, i partecipanti a questi party avrebbero il 20% di possibilità di finire in terapia intensiva e il 10-12% morirebbero. Affermazioni totalmente false, fuori dalla realtà.

Eppure i dati parlano chiaro: secondo il rapporto ufficiale dell’Istituto Superiore di Sanità del 17 novembre il tasso di letalità medio risulta intorno al 2,7%, mentre per gli under40 scende addirittura fino allo 0,02%. Questi sono i dati ufficiali, altro che 10% di morti. Parliamo di un tasso reale di letalità intorno al 0,10-0,15%, come riportato da esperti di epidemiologia”.

“Diffondere notizie false per ingigantire la percezione negativa e la paura di un fenomeno – prosegue l’esponente di Alternativa – è un comportamento grave che costituisce reato penale. E in questo caso è ancora più grave perché viene da una posizione autorevole che approfitta della buona fede dei cittadini, che tradisce la fiducia dei cittadini con la diffusione di dati falsi, esagerati e tendenziosi che portano a turbare l’ordine pubblico, in una situazione di forte tensione sociale”.

“Purtroppo il comportamento deplorevole del professor Rasi – conclude Giuliodori – non è un caso isolato, si inserisce in un filone ormai conclamato di propaganda, in cui è impossibile avanzare dubbi e critiche al governo e alla sua gestione totalmente folle e scellerata della pandemia, in cui è impossibile instaurare un dialogo ma si è subito etichettati come stregoni anti-scienza. La situazione è molto grave. Ma noi non ci arrendiamo: Alternativa si opporrà in tutti i modi a questa deriva preoccupante e pericolosa”.

FONTE: https://www.agenpress.it/vaccini-giuliodori-alt-denunciato-rasi-per-procurato-allarme-da-consigliere-figliuolo-dati-falsi/

 

In arrivo novità contro telemarketing selvaggio

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Accordi di Abramo: sono di Trump Quindi vengono nascosti da tutti

di Andrea Molle

Degli Accordi di Abramo non parla mai nessuno, li si tiene nascosti quasi come se ne si debba vergognare, benchè siano il passo più grande e forse l’unico veramente importante nel faticoso percorso di normalizzazione del Medio Oriente. La ragione di questo assurdo silenzio è piuttosto semplice da capire.
L’apertura dei rapporti diplomatici tra il mondo arabo e Israele, avvenuta durante la presidenza Trump (l’uomo cattivo per eccellenza!), rompe con gli schemi cari agli interessi di diversi paesi e soggetti politici. Si tratta di schemi che hanno risolto ben poco negli ultimi 74 anni, ma che hanno avuto il merito di offrire decenni di rendita politica legata a una visione propagandisticamente appagante dove gli arabi, che con Arafat cominciarono ad autodefinirsi come palestinesi appropriandosi di un’identità culturale già usata per secoli dagli ebrei sotto diversi domini stranieri, erano sempre e comunque le vittime a cui tutto era concesso, e in cui l’intero mondo islamico era tenuto in scacco dalla narrazione messianica di uno scontato, ma scomodo, fronte anti-ebraico.
Con la sua consueta mancanza di tatto e completa noncuranza dello status quo, che altrove non ha certo contribuito alla sua immagine di fine statista, Trump ha rotto l’amato giocattolo e ha permesso a paesi come il Bahrain e il Marocco, per citarne alcuni, di riallacciare i rapporti con Tel Aviv. Ma l’importanza degli accordi non si limita alla politica, al mondo degli affari o al turismo. Essa si estende sempre di più e con conseguenze ancora più grandiose alla cultura e al dialogo interreligioso, permettendo finalmente di iniziare un percorso di guarigione tanto agognato tra il mondo ebraico e quello mussulmano.

Quando il Re del Marocco, accogliendo a braccia aperte il rilancio delle relazioni con Israele, ipotizza ingenti investimenti nella preservazione del partimonio ebraico sefardita del paese; quando finalmente si levano le voci di Imam che ammettono, senza mezzi termini, che il Monte del Tempio è luogo sacro dell’ebraismo e che Gerusalemme è innanzitutto la capitale di Israele il cui rapporto di alleanza con Allah non può essere messo in discussione da nessuno, non si può che ben sperare. Ma non lasciamoci ingannare dai progressi fatti.

La strada è ancora lunga e insidiosa laddove in molti vogliono preservare, per interesse o semplice ignoranza, il conflitto, noncuranti di quanti innocenti finiranno per pagarne il prezzo. Accettare il silenzio sugli Accordi di Abramo ci rende tutti complici.

FONTE: https://www.italiaoggi.it/news/accordi-di-abramo-sono-di-trump-quindi-vengono-nascosti-da-tutti-2548532

DOPO IL KAZAKISTAN, L’ERA DELLE RIVOLUZIONI COLORATE È FINITA

Quello che è successo in Kazakistan sembra sempre più un tentativo di colpo di stato guidato da USA, Turchia, Regno Unito e Israele, sventato drammaticamente dai loro avversari eurasiatici

Di Pepe Escobar, thecradle.co

L’anno 2022 è iniziato con il Kazakistan in fiamme [1], un grave attacco contro uno degli hub chiave dell’integrazione eurasiatica. Stiamo solo iniziando a capire cosa e come sia successo.

Lunedì mattina, i leader dell’Organizzazione del Trattato per la sicurezza collettiva (CSTO) hanno tenuto una sessione straordinaria [2] per discutere del Kazakistan.

Il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev lo ha inquadrato in modo succinto. Le rivolte erano “nascoste dietro proteste non pianificate”. L’obiettivo era “prendere il potere” – un tentativo di colpo di Stato. Le azioni sono state “coordinate da un unico centro”. E “militari stranieri sono stati coinvolti nelle rivolte”.

Il presidente russo Vladimir Putin è andato oltre: durante le rivolte, “sono state utilizzate le tecnologie Maidan”, un riferimento alla piazza ucraina dove le proteste del 2013 hanno spodestato un governo ostile alla NATO.

Difendendo il pronto intervento delle forze di pace della CSTO in Kazakistan, Putin ha affermato che “era necessario reagire senza indugio”. Il CSTO resterà sul campo “per tutto il tempo necessario”, ma una volta portata a termine la missione, “ovviamente, l’intero contingente sarà ritirato dal Paese”. Le forze armate dovrebbero uscire entro la fine della settimana.

Ma ecco il fattore decisivo: “I paesi CSTO hanno dimostrato che non permetteranno che il caos e le ‘rivoluzioni colorate’ siano attuate all’interno dei loro confini”.

Putin era in sintonia con il segretario di Stato kazako Erlan Karin, che è stato il primo, a verbale, ad applicare la terminologia corretta agli eventi nel suo paese: quello che è successo è stato un “attacco terroristico ibrido”, da parte di forze sia interne che esterne, volto a rovesciare il governo.

L’intricata rete ibrida

Praticamente nessuno lo sa. Ma lo scorso dicembre, un altro colpo di Stato è stato discretamente sventato nella capitale del Kirghizistan, Bishkek. Fonti di intelligence del Kirghizistan attribuiscono l’ingegneria a un’ondata di ONG legate alla Gran Bretagna e alla Turchia.

Ciò introduce un aspetto assolutamente chiave del quadro generale: le informazioni legate alla NATO e le loro risorse potrebbero aver preparato un’offensiva di rivoluzione colorata simultanea in tutta l’Asia centrale.

Durante i miei viaggi in Asia centrale alla fine del 2019, prima del Covid, è stato chiaro come le ONG occidentali – fronti di guerra ibrida – siano rimaste estremamente potenti sia in Kirghizistan che in Kazakistan.

Eppure, sono solo un nesso in una nebulosa occidentale della nebbia della Guerra Ibrida dispiegata in tutta l’Asia centrale e in Asia occidentale per quella materia. Qui vediamo la CIA e lo Stato Profondo americano che si incrociano con l’MI6 e diversi filoni di dello spionaggio turco.

Quando il presidente Tokayev si riferiva in codice a un “centro unico”, intendeva una sala operativa finora “segreta” di informazioni militari USA-Turco-Israele con sede nel centro commerciale meridionale di Almaty, secondo una altamente classificata fonte di informazioni dell’Asia centrale.

In questo “centro” c’erano 22 americani, 16 turchi e 6 israeliani che coordinavano bande di sabotaggio – addestrate in Asia occidentale dai turchi – e poi allineate ad Almaty.

L’operazione iniziò a districarsi definitivamente quando le forze kazake, con l’aiuto delle informazioni russe/CSTO, ripresero il controllo dell’aeroporto vandalizzato di Almaty, che avrebbe dovuto essere trasformato in un hub per ricevere rifornimenti militari stranieri.

L’Occidente della guerra ibrida deve essere rimasto sbalordito e livido di come il CSTO ha intercettato l’operazione kazaka ad una velocità così fulminea. L’elemento chiave è che il segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale russo, Nikolai Patrushev, ha visto il quadro generale eoni fa.

Quindi, non è un mistero il motivo per cui le forze aerospaziali e aerotrasportate della Russia, oltre alla massiccia infrastruttura di supporto necessaria, fossero praticamente pronte a partire.

A novembre, il laser di Patrushev era già concentrato sulla degradante situazione della sicurezza in Afghanistan. Il politologo tagiko Parviz Mullojanov [3] è stato tra i pochissimi a sottolineare che c’erano ben 8.000 mezzi salafiti-jihadisti della macchina imperiale, spediti attraverso una linea clandestina da Siria e Iraq, che vagavano nelle terre selvagge dell’Afghanistan settentrionale.

Questa è la maggior parte dell’ISIS-Khorasan – o ISIS ricostituito vicino ai confini del Turkmenistan. Alcuni di loro sono stati debitamente trasportati in Kirghizistan. Da lì, è stato molto facile attraversare il confine da Bishek e presentarli ad Almaty.

Non ci volle tempo perché Patrushev e la sua squadra capissero, dopo la ritirata imperiale da Kabul, come sarebbe stato utilizzato questo esercito jihadista di riserva: lungo il confine di 7.500 km tra la Russia e gli “stans” dell’Asia centrale.

Ciò spiega, tra le altre cose, un numero record di esercitazioni di preparazione condotte alla fine del 2021 presso la 210a base militare russa in Tagikistan.

James Bond parla turco

Il crollo della disordinata operazione kazaka inizia necessariamente con i soliti sospetti: lo Stato profondo degli Stati Uniti, che ha quasi “cantato” la sua strategia in un rapporto della società RAND del 2019, “Extending Russia” [4]. Il capitolo 4, sulle “misure geopolitiche”, descrive in dettaglio tutto, dal “fornire aiuti letali all’Ucraina”, “promuovere il cambio di regime in Bielorussia” e “aumentare il sostegno ai ribelli siriani” – tutti i principali fallimenti – alla “riduzione dell’influenza russa in Asia centrale”.

Questo era il concetto principale. L’attuazione è caduta sul collegamento MI6-Turk.

La CIA e l’MI6 stavano investendo in strutture rischiose in Asia centrale almeno dal 2005, quando incoraggiarono il Movimento Islamico dell’Uzbekistan (IMU), allora vicino ai talebani, a devastare il Kirghizistan meridionale. Non è successo niente.

Era una storia completamente diversa nel maggio 2021, quando Jonathan Powell dell’MI6 ha incontrato la leadership di Jabhat al-Nusra – che ospita molti jihadisti dell’Asia centrale – da qualche parte al confine turco-siriano vicino a Idlib.

L’accordo era che questi “ribelli moderati” – nella terminologia statunitense – avrebbero cessato di essere etichettati come “terroristi” fintanto che avessero seguito l’agenda anti-russa della NATO.

Questa è stata una delle mosse chiave della preparazione della linea clandestina jihadista in Afghanistan, completata con l’espansione in Asia centrale.

La genesi dell’offensiva potrebbe essere trovata nel giugno 2020, quando l’ex ambasciatore in Turchia dal 2014 al 2018, Richard Moore, è stato nominato capo dell’MI6 [5].

Moore potrebbe non avere un centimetro della competenza di Kim Philby, ma si adatta al profilo: russofobo rabbioso e una cheerleader della fantasia della Grande Turania, che promuove una confederazione pan-turca di popoli di lingua turca dall’Asia occidentale e dal Caucaso all’Asia Centrale e perfino alle repubbliche russe nel Volga.

L’MI6 è profondamente radicato in tutti gli “stans” tranne l’autarchico Turkmenistan, guidando abilmente l’offensiva pan-turca come veicolo ideale per contrastare Russia e Cina.

Lo stesso Erdogan è stato investito in un’offensiva della Grande Turania, soprattutto dopo la creazione del Consiglio turco nel 2009.

Fondamentalmente, il prossimo marzo, si svolgerà in Kazakistan il vertice del Consiglio della Confederazione degli Stati di lingua turca, la nuova denominazione del Consiglio turco. La città di Turkestan, nel Kazakistan meridionale, dovrebbe essere nominata capitale spirituale del mondo turco.

E qui, il “mondo turco” entra in uno scontro frontale con il concetto integratore russo di “Greater Eurasia Partnership” e anche con la Shanghai Cooperation Organization (SCO) che, soprattutto, non conta la Turchia come membro.

L’ambizione a breve termine di Erdogan sembra inizialmente essere solo commerciale: dopo che l’Azerbaigian ha vinto la guerra del Karabakh, prevede di utilizzare Baku per ottenere l’accesso all’Asia centrale attraverso il Mar Caspio, completo delle complesse vendite industriali-militari della Turchia di tecnologia militare al Kazakistan e all’Uzbekistan.

Le società turche stanno già investendo molto nel settore immobiliare e nelle infrastrutture. E parallelamente, il soft power di Ankara è in overdrive, raccogliendo finalmente i frutti di molte pressioni, ad esempio per accelerare il passaggio in Kazakistan dalla scrittura cirillica all’alfabeto latino, a partire dal 2023.

Eppure sia la Russia che la Cina sono molto consapevoli che la Turchia rappresenta essenzialmente la NATO che entra in Asia centrale. L’Organizzazione degli Stati turchi ha chiamato in modo criptico l’operazione kazaka “proteste per il carburante”.

È tutto molto oscuro. Il neo-ottomanesimo di Erdogan – che arriva con le massicce tifoserie da parte della sua base dei Fratelli Musulmani – essenzialmente non ha nulla a che fare con la spinta pan-turanica, che è un movimento razzista che predica il dominio di turchi relativamente “puri”.

Il problema è che stanno convergendo mentre diventano più estremi, con i Lupi Grigi della destra turca profondamente coinvolti. Questo spiega perché lo spionaggio di Ankara è sponsor e, in molti casi, armiere sia del franchise ISIS-Khorasan che di quei razzisti del Turan, dalla Bosnia allo Xinjiang attraverso l’Asia centrale.

L’Impero trae generosi vantaggi da questa associazione tossica, ad esempio in Armenia. E lo stesso accadrebbe in Kazakistan se l’operazione avesse successo.

Portate i Cavalli di Troia

Ogni rivoluzione colorata ha bisogno di un cavallo di Troia “massimo”. Nel nostro caso, quello sembra essere il ruolo dell’ex capo della KNB (Comitato per la Sicurezza Nazionale) Karim Massimov, ora detenuto in carcere e accusato di tradimento.

Estremamente ambizioso, Massimov è mezzo uiguro e questo, in teoria, ha ostacolato quella che vedeva come la sua preordinata ascesa al potere. Le sue connessioni con le informazioni turche non sono ancora del tutto dettagliate, a differenza della sua intima relazione con Joe Biden e figlio.

Ex ministro degli Affari interni e della Sicurezza dello Stato, il tenente generale Felix Kulov, ha intrecciato un’affascinante rete intricata che spiega le possibili dinamiche interne del “colpo di stato” integrato nella rivoluzione colorata.

Secondo Kulov, Massimov e Samir Abish, nipote di Nursultan Nazarbayev, presidente del Consiglio di Sicurezza kazako e recentemente destituito, erano dentro fino al collo nella supervisione di unità “segrete” di “uomini barbuti” durante le rivolte. La KNB era direttamente subordinata a Nazarbayev, che fino alla scorsa settimana era il presidente del Consiglio di Sicurezza.

Quando Tokayev ha capito i meccanismi del colpo di stato, ha retrocesso sia Massimov che Samat Abish. Quindi Nazarbayev si è dimesso “volontariamente” dalla sua presidenza a vita del Consiglio di Sicurezza. Abish ha quindi ottenuto questo incarico, promettendo di fermare gli “uomini barbuti” e poi di dimettersi.

Quindi questo indicherebbe direttamente uno scontro Nazarbayev-Tokayev. Ha senso perché, durante i suoi 29 anni di governo, Nazarbayev ha giocato a un gioco multi-vettore troppo occidentalizzato e che non ha necessariamente giovato al Kazakistan. Ha adottato le leggi britanniche, ha giocato la carta pan-turca con Erdogan e ha permesso a uno tsunami di ONG di promuovere un’agenda atlantista.

Tokayev è un operatore molto intelligente. Formato dal Servizio Estero dell’ex Unione Sovietica, fluente in russo e cinese, è totalmente allineato con Russia-Cina, il che significa pienamente sincronizzato con il masterplan della BRI, dell’Unione Economica Eurasiatica e della SCO.

Tokayev, proprio come Putin e Xi, comprende come questa triade BRI/EAEU/SCO rappresenti l’ultimo incubo imperiale e come la destabilizzazione del Kazakistan – un attore chiave nella triade – sarebbe un colpo mortale contro l’integrazione eurasiatica.

Il Kazakistan, dopo tutto, rappresenta il 60 per cento del PIL dell’Asia centrale, enormi risorse petrolifere, di gas e minerali, industrie high tech all’avanguardia: una repubblica laica, unitaria e costituzionale che porta un ricco patrimonio culturale.

Non ci è voluto molto perché Tokayev capisse i meriti di chiamare immediatamente in soccorso la CSTO: il Kazakistan ha firmato il trattato nel lontano 1994. Dopotutto, Tokayev stava combattendo un colpo di Stato a guida straniera contro il suo governo.

Putin, tra gli altri, ha sottolineato come un’indagine ufficiale kazaka sia l’unica autorizzata ad entrare nel vivo della questione.

Non è ancora chiaro esattamente chi – e in che misura – abbia sponsorizzato la folla in rivolta. I motivi abbondano: sabotare un governo filo-russo/cinese, provocare la Russia, sabotare la BRI, saccheggiare le risorse minerarie, dare il turbo ad una “islamizzazione” in stile Casa dei Saud.

L’Asia centrale, l’Asia occidentale e la stragrande maggioranza del Sud del mondo sono stati testimoni della fulminea risposta eurasiatica delle truppe CSTO – che, dopo aver svolto il loro lavoro, hanno lasciato il Kazakistan in un paio di giorni – e di come questa rivoluzione colorata sia fallita, miseramente.

Potrebbe anche essere l’ultima. Attenti alla rabbia di un impero umiliato.

Di Pepe Escobar, thecradle.co

NOTE
[1] https://comedonchisciotte.org/steppe-in-fiamme-la-rivoluzione-colorata-del-kazakistan/
[2] https://www.youtube.com/watch?v=QrfdzQHNWBc
[3] https://svpressa.ru/war21/article/321239/
[4] https://www.rand.org/pubs/research_reports/RR3063.html
[5] https://journal-neo.org/2022/01/06/british-intelligence-intensifies-its-struggle-against-russia-and-china-in-central-asia/

Fonte originale:
https://thecradle.co/Article/columns/5668

FONTE: https://comedonchisciotte.org/dopo-il-kazakistan-lera-delle-rivoluzioni-colorate-e-finita/

 

 

Iran, Russia e Cina si preparano a condurre esercitazioni navali congiunte
Mentre la data e il luogo esatti delle esercitazioni devono ancora essere rivelati, l’annuncio arriva sulla scia della visita del presidente iraniano a Mosca
DiSportello notizie-18 gennaio 2022

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Le marine iraniane e russe conducono esercitazioni congiunte nell’Oceano Indiano. (Credito fotografico: Agenzia di stampa TASS)

Iran, Russia e Cina condurranno esercitazioni navali coordinate, ha riferito il servizio stampa della flotta russa del Pacifico il 18 gennaio.

Tuttavia, finora non è stata fornita alcuna data per queste esercitazioni marittime.

“Il gruppo navale della flotta del Pacifico composto dall’incrociatore missilistico Varyag dell’Ordine delle Guardie di Nakhimov, dalla grande nave da guerra antisommergibile Admiral Tributs e dalla grande nave cisterna Boris Butoma ha ancorato nella rada del porto di Chabahar nella Repubblica islamica dell’Iran. Nel porto, la delegazione ufficiale della Marina russa parteciperà a una conferenza di pianificazione sullo svolgimento di esercitazioni navali congiunte di navi da combattimento di Russia, Iran e Cina”, ha riferito l’ufficio stampa della Flotta del Pacifico.

L’annuncio delle esercitazioni arriva solo un giorno prima che il presidente iraniano Ebrahim Raisi si rechi a Mosca per incontrare il suo omologo russo, Vladimir Putin.

Durante un’intervista con RIA Novosti, l’ambasciatore russo a Teheran Levan Dzhagaryan ha anche affermato che Russia, Iran e Cina avrebbero eseguito manovre navali CHIRU combinate nel Golfo Persico all’inizio del 2022.

L’obiettivo principale delle esercitazioni, secondo il diplomatico, è pianificare azioni per garantire la sicurezza delle navi internazionali e combattere i pirati.

Il 15 ottobre il ministero della Difesa russo ha confermato in una dichiarazione che Mosca e Pechino avevano condotto esercitazioni navali combinate nel Mar del Giappone nell’ambito delle esercitazioni di cooperazione marittima di quattro giorni delle due nazioni.

Secondo la dichiarazione di difesa russa, “navi da guerra e navi di supporto della flotta russa del Pacifico, inclusi dragamine e un sottomarino, hanno partecipato alle manovre per addestrarsi su come operare insieme e distruggere le mine galleggianti del nemico con il fuoco dell’artiglieria”.

Il ministero russo aveva precedentemente affermato che “durante le operazioni combinate della marina russo-cinese, la nave antisommergibile russa Admiral Tributes ha respinto una nave da guerra americana che ha tentato di infiltrarsi nelle acque territoriali russe”.

FONTE: https://thecradle.co/Article/news/5927

 

 

Portogallo, indagato il mega-procuratore Jorge Mendes: “Irregolarità su alcune attività finanziarie”

Portogallo, indagato il mega-procuratore Jorge Mendes: “Irregolarità su alcune attività finanziarie”
A diffondere la notizia è stato il media spagnolo Abc, specificando che sono tre le società di sua proprietà, Gestifute, Start e Polaris, e 12 i conti correnti al vaglio degli inquirenti in una doppia operazione contro le attività corruttive che vede interessate anche due big del calcio lusitano come Benfica e Porto

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

Striscia la Notizia, telefonini spenti e spiati lo stesso: una verità sconcertante

Marco Camisani Calzolari, nella consueta rubrica di Striscia la notizia, torna a parlare degli smartphone che possono diventare strumenti per spiare attraverso app specifiche e autorizzazioni a microfoni e fotocamera. Il consulente digitale ha spiegato perché i telefoni possono spiarci anche da spenti. Questo accade anche quando i dispositivi sembrano spenti, ovvero quando sono in modalità stand by, con tanto di blocco inserito e schermata nera.

Ma il punto che si chiede Striscia è: i nostri smartphone ci spiano? Sono in grado di ascoltare ciò che confidiamo, trasformando quelle informazioni a volte anche in pubblicità? La risposta è sì. Questo processo viene disciplinato dalle policy legali ma può sempre capitare che, utilizzando sistemi di controllo vocale come Siri (Apple), Alexa (Amazon) o Google Assistant, lo smartphone registri e conservi una parte delle conversazioni (circa lo 0,2%) per “migliorare il servizio”.

Questo tipo di procedure varia nei modelli di smartphone più vecchi o in dispositivi che usano sistemi diversi dai due principali (Android e iOS), ma la trafila è simile e attuabile sempre a partire dalle Impostazioni. E’ bene ricordare, per esempio, che nel caso di un sistema iOS (quello utilizzato dagli iPhone, e quindi dalla Apple), basta accedere alle impostazioni del telefono e cliccare sulla scritta “Siri e Cerca”. Nella nuova schermata si dovranno quindi spostare le levette accanto alle scritte “Premi il tasto laterale per Siri” e “Abilita Ehi Siri” da On a Off per disattivare il sistema. 

FONTE: https://www.liberoquotidiano.it/news/spettacoli/televisione/30146337/striscia-la-notizia-telefonini-spiati-spenti-app-.html

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