L’ombra di Soros e le scelte di ColaoGli inviti al Bel Respiro di Giuseppe Conte hanno destato nello scrivente il ricordo d’una cena, organizzata e pagata a Bruxelles da George Soros nel 1994. Si può ammettere con certezza che gli unici non partecipanti, e per libera scelta, furono l’architetto Roberto Mezzaroma (allora europarlamentare) e chi vi scrive. È difficile asserire quanto quel diniego abbia influito sulle rispettive fortune, ma corre obbligo rammentare che, la fine della libertà economica italiana sia iniziata per mano del potente speculatore ungherese naturalizzato Usa. Si rifiutava l’invito, l’ammucchiata politico-pennivendola, perché profondamente indignati verso l’uomo (Soros) che aveva orchestrato prima la caduta di Craxi tramite i suoi sicari sul Britannia e poi la speculazione allo scoperto sulla lira, decretando la morte dell’Italia per via giudiziario-finanziaria.

L’attuale ricetta Conte per il rilancio del Paese è tutta imperniata sull’indebitamento sociofamiliare, come catalizzatore (falso ed ingannevole) di crescita economica. Ma questa ricetta è totalmente mutuata dal Soros pensiero, è la visione che esclude il risparmio, l’accantonamento, l’autofinanziamento. Sopratutto brucia la sedimentazione patrimoniale di una nazione. Una ricetta distruttiva, che apre a speculazioni e svendite: ma che Vittorio Colao (allievo di Soros) appoggia totalmente. Colao opera nei desiderata dei potenti della Terra, ovvero quel notabilato interessato alle opere d’arte italiane (statue, quadri, monumenti, ville…). Non è certo un mistero che Vittorio Colao abbia incontrato a Londra i ricchi banchieri tedeschi, olandesi e danesi prima degli Stati Generali: le malelingue dicono che i signoroni della finanza abbiano consegnato al manager l’elenco delle opere d’arte a cui sono interessati.

Nell’elenco sono da escludere quelle già nei forzieri della Deutsche bank, per lo più tele tra il Quattrocento ed il Settecento depositate per sicurezza: tutto patrimonio italiano che si può tranquillamente già dare per perso. Del resto da Berlino a Francoforte, da Amsterdam ad Anversa, da Amburgo a Copenaghen, hanno costruito teche di vetro similari a quella che ingloba a Roma l’Ara Pacis: è lecito sospettare le riempiano presto delle nostre opere d’arte, come già la Germania guglielmina fece col morente impero turco, a cui sottrasse (per risarcimento di qualche debituccio) dall’intero ellenismo nell’Asia minore (Pergamo) sino alla porta di Damasco. Il Pergamon Museum di Berlino è nato così, sui problemi finanziari d’una Turchia al crepuscolo, e dovettero attendere Ataturk perché nessuna opera d’arte valicasse più il Bosforo. Faremo anche noi italiani come i greci? Oggi per vedere il trionfo della civiltà ellenistica, ovvero l’Altare di Pergamo, occorre viaggiare sino a Berlino.

Le nostre opere d’arte sono già state valutate, e gran parte coprirebbero i mille miliardi d’esposizione debitoria che ci viene rinfacciata da Austria, Germania, Olanda, Belgio, Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia, nonché dalle società di rating e dagli “investitori istituzionali”. Questi ultimi, tutti legati alle grandi banche d’affari ed agli 007 finanziari che organizzarono l’incontro sullo yacht Britannia, e dopo ventotto anni sono a Roma per gli Stati Generali. Sembra di vivere una storia capitata a Parigi durante l’occupazione tedesca, quando un alto ufficiale ebbe ad esclamare “i francesi non meritano culturalmente e moralmente di detenere l’arte… che i musei partano per Berlino”.

Bignami sull’ispiratore

George Soros risulterebbe condannato all’ergastolo in Indonesia e alla pena di morte in Malesia, per una speculazione sulle monete locali che ha ridotto alla fame entrambi i Paesi. Anche nella filantropica Francia è stato condannato per insider trading a pagare una multa di due miliardi e mezzo di dollari: s’è appellato alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, ma nonostante le “raccomandazioni internazionali” la condanna è stata confermata. A causa delle numerose condanne in tutto il Pianeta, da alcuni anni opera principalmente da Londra. Finanzia con le sue fondazioni molti partiti (tra cui due italiani) col fine di legiferare per la liberalizzazione della droga in Italia (e nel mondo): attraverso l’Università di Harvard ha fatto raccomandare uno studio che propaganda la “produzione e traffico di droga come rimedio agli eccessivi deficit di bilancio”.

Il Wall Street Journal accusa Soros d’essere l’autore delle campagne di vendita allo scoperto degli hedge fund (fondi speculativi) con l’obiettivo di portare l’euro alla parità “uno a uno” col dollaro: parallelamente, Soros chiede ai governi di rafforzare il sistema di controllo sovranazionale dell’euro attraverso gli Eurobond. Soros è il sostenitore del TTIP: sistema che metterebbe in crisi il nostro interscambio commerciale. La speculazione su Lira e Sterlina nel 1992 è fruttata a Soros 3 miliardi di dollari: un ceffone a Londra e la morte del sistema italiano. La magistratura italiana non ha spiccato alcun mandato di cattura per il finanziere, anzi magistrati ed accademici hanno insignito Soros nel 1996 d’una laurea honoris causa all’Università di Bologna (consegnatagli direttamente da Romano Prodi).

In quel 1996, veniva avviata dalla Guardia di Finanza un’inchiesta sui fatti del ’92, per constatare se “influenti italiani abbiano operato illegalmente dietro banche e speculatori ricavando un guadagno accodandosi a Soros nella speculazione contro la lira”: l’inchiesta veniva bloccata da poteri riconducibili al Csm. Secondo il settimanale Il Mondo, tra i nomi c’erano quelli di Romano Prodi, Enrico Cuccia (ex Bankitalia e Mediobanca), Guido Rossi (Calciopoli), Luciano Benetton… ed indicibili poteri forti dell’epoca.

“Sono certo che le mie attività speculative hanno avuto delle conseguenze negative – dichiarava nel 2000 ad una giornalista Sky americana -. Ma questo fatto non entra nel mio pensiero. Non può. Se io mi astenessi da determinate azioni a causa di dubbi morali, allora cesserei di essere un efficace speculatore. Non ho neanche l’ombra di un rimorso perché ho fatto un profitto dalle speculazioni. L’ho fatto semplicemente per far soldi… i dieci mesi dell’occupazione nazista in Ungheria furono i più belli della mia vita, così avventurosi…”.

Soros finanzia Barack Obama dal 2004, poi è il terzo azionista della Idg (coop rossa controllata dalla Lega delle Cooperative). Soros ha ammesso in diretta televisiva Cnn di aver “finanziato la rivoluzione colorata dell’Ucraina di piazza Maidan per favorire l’inserimento di una giunta amica degli Stati Uniti”. In passato aveva già finanziato la rivoluzione arancione in Ucraina, la “rivoluzione delle rose” in Georgia, la “rivoluzione dei tulipani” in Kirghizistan, la “rivoluzione zafferano” in Myanmar e la rivoluzione verde in Iran. Rivoli finanziari verso Black Bloc e Popolo Viola in Italia sarebbero riconducibili a Soros. Suoi seguaci politici sono stati Tony Blair, Bill Clinton, François Mitterrand, Jacques Attali, Gerhard Schröder, Christine Lagarde, François Hollande, Romano Prodi, Julya Tymoschenko, Victoria Nuland… Giuseppe Conte, Vittorio Colao, i Benetton. Finanzia dall’Huffington Post agli ambientalisti, dalle Femen alle Pussy Riots. Soros vorrebbe meno sovranità anche per gli Usa, a favore di organismi sovranazionali come Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale: si auto-definisce “estremista ambientale”, vede se stesso come “una figura messianica” e non un efficace speculatore. Finanzia Ong, arcigay, manualetti per i migranti sulla rotta Balcanica… e nuovi partiti in grado di far deflagrare i bilanci degli stati. Circa quindici anni fa trattava con l’allora ministro venezuelano Maduro sulla lista dei nuovi partiti amici in Europa. Si vorrebbe chiarezza almeno su quest’ultimo punto.

FONTE:http://www.opinione.it/politica/2020/06/17/capone_politica_george-soros-conte-governo-italiano-colao/