RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 15 FEBBRAIO 2021

https://www.analfabetifunzionali.it/gli-schiavi-dovevano-indossare-una-maschera-sulla-bocca-secondo-alcuni-e-un-rituale/

RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI

15 FEBBRAIO 2021

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

               Non basta sapere che cosa è una dimostrazione.                   Ciò che conta è applicare i principi nella vita.

Manuale di Epitteto, Einaudi, 2006, pag. 118

 

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SOMMARIO

Così il Covid ci ha coperto il volto (come gli schiavi)
LAVAGGIO DEL CERVELLO IN 6 MOSSE
Profitto contro stato sociale: la crisi accelera la resa dei conti
Non ci sarà nessun “Post-Covid”
“La Rabbia si trasformerä in violenza”.
Bambini sottratti alle famiglie o comprati, scandalo in Olanda che stoppa le adozioni internazionali
Il conformismo dismorfico
Il complotto degli ultramiliardari
Non saranno moduli chilometrici e burocrazia a garantirci la nostra privacy, ma l’autodifesa
Norvegia: l’e-mail forward costa caro
FOLLIA CORONAVIRUS
Draghi non viene in pace: la condizione per il Recovery Fund è l’austerità
Media: Israele va denigrato per la sua impareggiabile campagna vaccinale
Bel tiro, Lavrov
Mysterious Weapon Knocked Out Syrian Army Battle Tank In Southern Idlib
IL DRAGO: MITO E SIMBOLO
CAVALCARE LE LEGGI DEL CAOS PER DIVENTARE SAPIENS SAPIENS SAPIENS
CAMPAGNA PER LA SALVEZZA ECONOMICA DELL’ITALIA
Spread apre in calo a 89,7 con il governo Draghi
Le carte di credito stanno per cambiare per colpa del Covid e di TikTok
La BCE bacchetta il Governo sui contanti
Mafia: De Raho, ‘criminalità organizzate operano insieme come unica entità’
TRUFFE VIA E-MAIL: IL PHISHING
Finché c’è vita vai a lavoro: l’amara ricetta dell’Unione Europea
La Palestina è uno Stato?
Netanyahu emula Churchill nel tentativo di influenzare la politica americana per tutelare la sua popolazione
Biden presidente debole e divisivo, Democratici radicalizzati. Intervista a Tom Packer
Programma Mario Draghi in 10 punti: cosa farà il nuovo Governo
I Demoni finalmente al governo!!!
Ideologia Frodi&Frodi: l’intelligenza è riducibile a un artificio?
La singolarità tecnologica ridefinirà il senso di essere umani o macchine

 

 

 

IN EVIDENZA

Così il Covid ci ha coperto il volto (come gli schiavi)

Il potere ha bisogno di distruggere le relazioni sociali, di creare individui soli, perfettamente manipolabili. Ha persino legittimato il fatto di dover celare il volto con una maschera. Ma come si fa ad avere una relazione con l’altro senza vederlo in faccia? Proprio il volto umano è la parte del corpo che deve essere sempre denudata e che non deve essere nascosta. Non è un caso se nell’antica Grecia lo schiavo veniva definito come senza volto, quindi senza dignità.

Durante una passeggiata pomeridiana sotto i portici del centro un amico mi ha salutato ma io non l’ho riconosciuto. La mascherina che indossava mi aveva impedito di identificarne i connotati. Solo dopo aver contravvenuto le rigide disposizoini anti-Covid, ovvero dopo essersi abbassata la “museruola”, sono riuscito a capire chi fosse e a ricambiare il saluto. Un episodio banale, che sarà accaduto a chi sa quanti italiani in questi tempi di pandemia. Eppure, quel piccolo incidente mi ha fatto riflettere sull’importanza del volto umano. È impossibile una relazione senza il riconoscimento del volto dell’altro.

Mi sono ricordato di aver letto da qualche parte che ogni essere umano appena apre gli occhi alla vita cerca un volto: quello della madre. Una ricerca che continua per tutta l’esistenza e che rappresenta l’anima della stessa comunicazione e relazione con gli altri. Noi scopriamo di essere uomini quando riusciamo a fissare un volto e dire “tu”.  Il neonato cerca, infatti, il volto della madre, come il bambino cerca il volto dei genitori, l’amante cerca il volto dell’amato, il discepolo cerca il volto del maestro, l’uomo cerca il volto di Dio.

Il dramma dell’attuale società liquida e postmoderna sta nel fatto che l’uomo di oggi oggi non sa dire coscientemente «tu» a nessuno. Proprio in questa drammaticità risiede e si nasconde l’ossessiva e violenta ricerca di potere che caratterizza largamente i rapporti usuali tra le persone, basati perlopiù sulla sistematica riduzione dell’altro a un disegno di possesso e di uso.

Si tratta di un modello culturare da tempo imposto dal potere e alimentato attraverso la sua micidiale macchina di propaganda. Basta guardare una qualsiasi fiction televisiva in prima serata, o leggere i rotocalchi d’intrattenimento.

Il potere ha bisogno di distruggere le relazioni sociali, di creare individui soli, isolati, possibilmente single, senza radici, senza identità, fragili, indifesi ed impauriti, ovvero dei soggetti perfettamente manipolabili. La pandemia Covid-19, da questo punto di vista, è sta un’insperata (o voluta?) manna caduta dal cielo. Ha persino legittimato il fatto di dover celare il volto con una maschera. Ma come si fa ad avere una relazione con l’altro senza vederlo in faccia? Proprio il volto umano è la parte del corpo che deve essere sempre denudata e che non deve essere nascosta. Non è un caso se nell’antica Grecia, lo schiavo veniva definito come ἀπρόσωπος (apròsopos), ossia senza (a-) volto (pròsopos), quindi senza dignità, senza libertà, una mera “res”, un oggetto nelle mani del padrone. Il volto scoperto è segno di libertà. Pure i lebbrosi allontanati dalla comunità erano senza volto.

Il volto è anche ciò che contraddistigue l’uomo dall’animale, come ci ha insegnato il grande Cicerone nella sua opera De Legibus (I, 27): «(…) is qui appellatur vultus, qui nullo in animante esse praeter hominem potest, indicat mores» (quello che si chiama volto, che non può esistere in nessun essere vivente se non nell’uomo, indica il carattere di una persona).

Il volto è un elemento essenziale della relazione umana. Persino Dio per farsi conoscere dagli uomini ha dovuto far intravedere il Suo volto diventando uomo, cioè entrando come persona nella storia. Si è rivelato attraverso il volto di Gesù Cristo, che è diventato il volto del destino umano, la natura del significato del nostro essere, proprio perché Gesù Cristoi è il volto del Padre. Così la definizione totale del significato dell’uomo nel mondo è passata attraverso un volto.

Mi sono anche ricordato che il filosofo lituano Emmanuel Levinas ha dedicato gran parte della sua ricerca filosofica proprio al significato del volto. Per il pensatore lituano, l’epifania, e dunque la manifestazione dell’altro, avviene nel dialogo, nel “faccia a faccia”. L’altro diventa quindi una rivelazione concessa in particolare dal volto, che è il mezzo di comunicazione primo e lo strumento attraverso il quale l’umanità di ciascuno si palesa, al punto da far intravvedere una traccia dell’Infinto. Il volto è il luogo in cui, più che altrove, si giocano le dinamiche dell’uomo, e quindi anche il suo rapporto col Potere. Per questo – come ha lucidamente scritto Giorgio Agamben, un altro filosofo che stimo – il volto è anche «il luogo della politica».

Lo stato d’eccezione in cui è piombata l’umanità a seguito della pandemia Covid-19 è arrivato al punto da far considerare normale il nascondimento del volto, persino doverosa la necessità di impedire l’epifania dell’altro. Sempre Agamben avverte, però, che «un Paese che decide di rinunciare al proprio volto, di coprire con maschere in ogni luogo i volti dei propri cittadini è, allora, un Paese che ha cancellato da sé ogni dimensione politica», e «in questo spazio vuoto, sottoposto in ogni istante a un controllo senza limiti, si muovono ora individui isolati gli uni dagli altri, che hanno perduto il fondamento immediato e sensibile della loro comunità e possono solo scambiarsi messaggi diretti a un nome senza più volto».

Mai come in questi tempi il cui il diritto appare condizionato dall’emergenza sanitaria, in cui l’Ausnahmezustand (stato d’eccezione) di Carl Schmitt rischia di diventare un paradigma normale di governo, il volto è davvero il luogo della politica. È la sfida alla tirannia che pretende un popolo di “apròsopos”, fatto di individui senza volto, segna dignità, senza identità, senza libertà.

Ancora una volra Agamben sul punto è chiarissimo: «Il nostro tempo impolitico non vuole vedere il proprio volto, lo tiene a distanza, lo maschera e copre. Non devono esserci più volti, ma solo numeri e cifre. Anche il tiranno è senza volto». È proprio così.

FONTE: https://lanuovabq.it/it/cosi-il-covid-ci-ha-coperto-il-volto-come-gli-schiavi

LAVAGGIO DEL CERVELLO IN 6 MOSSE

Dopo aver imparato a lavarvi bene le mani, oggi vi insegno a lavarvi il cervello, in 6 semplici mosse!

1) Accendete la TV, acquistate un quotidiano o entrate in un sito web di notizie. L’importante è che siano mass media. I professionisti dell’informazione, tanto per intenderci.

2) Ascoltate la versione ufficiale dei fatti senza porvi alcuna domanda a riguardo né sognarvi di verificare le fonti. Quella che state leggendo o ascoltando è la pura e unica verità.

3) Ubbidite alle direttive, senza mai mettere in dubbio nemmeno per un secondo le autorità e le istituzioni. Tutto quello che fanno è per il vostro bene (come è sempre stato), non dimenticatelo mai.

4) Ripetete la storia ufficiale che avete appena sentito, imparatela a memoria, ditela in giro e soprattutto difendetela a qualsiasi costo.

5) Disprezzate e deridete chiunque si permetta di fare domande a riguardo o di pensarla in maniera diversa. Meglio utilizzare dei nomiglioli per etichettare quel tipo di persone. Siete autorizzati a generalizzare ed anche ad insultare, naturalmente.

6) Abbiate paura! Di cosa? Non importa. Voi abbiate paura. E’ sempre per il vostro bene.

Congratulazioni, il vostro lavaggio del cervello è completo al 100%. Buona domenica!

FONTE: https://www.matteogracis.it/lavaggio-del-cervello-in-6-mosse/

Profitto contro stato sociale: la crisi accelera la resa dei conti

È passato meno di un anno dallo scoppio della pandemia da Covid-19 in Italia. Ad oggi, nonostante i diversi vaccini messi a punto, siamo ben lontani dal poter parlare della fine dell’emergenza. Molti settori economici sono tutt’ora interessati da limitazioni e da vere e proprie chiusure. Alcuni dei servizi essenziali funzionano ancora a singhiozzo, come i servizi sanitari e la scuola. I contagi giornalieri sono ancora oltre diecimila in tutto il Paese e i morti si contano a centinaia ogni giorno. Anche la campagna vaccinale va a rilento.

In parole povere, il ritorno alla normalità sembra ancora lontanissimo, per molti aspetti. C’è, però, un ambito nel quale la normalità potrebbe tornare prima del previsto: quello della disciplina di bilancio. Il problema è che non è una buona notizia. Il termine disciplina, infatti, non ha nulla a che vedere con le presunte virtù che potrebbe evocare. Con disciplina di bilancio si identifica il rispetto del pareggio tra le entrate e le uscite dello Stato, un’imposizione che da quasi trenta anni soffoca la crescita economica, con conseguente aumento della disoccupazione, e che ha portato il Paese ad affrontare l’emergenza Coronavirus con un sistema sanitario fortemente indebolito. È il binario morto dell’austerità, tanto caro alle classi dominanti e all’Unione Europea, dal quale solo negli ultimi mesi, per effetto del crollo delle entrate fiscali e delle (insufficienti) misure tampone per l’economia, si è temporaneamente deviato. Ma la normalità, intesa come pieno ossequio di questo paradigma, pare dietro l’angolo.

Tra i portavoce più accesi del necessario ritorno alla normalità non poteva che esserci il senatore Mario Monti, il quale scrive: “L’Unione Europea e i suoi Stati membri non erano stati mai (n.d.r.: mai nella storia, si potrebbe dire risalendo nei secoli) alleati dell’Italia con tanto sostegno e generosità come in questa comune guerra alla pandemia”. Nella versione di Monti si racconta di una generosità che commuove ma che si scontra con le considerazioni sulla nostra presunta incapacità di gestire questi fiumi di denaro. Le Istituzioni europee “da qualche giorno si chiedono se l’Italia, per la quale avevano pianto come noi vedendo quei camion militari con le bare di Bergamo, non sia tornata ad essere, pur nella tragedia di questa guerra, un Paese semiserio e non del tutto affidabile”. Ovviamente sì, si risponde lo stesso Monti. Non solo abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, ma abbiamo speso anche male i soldi. Tralasciando la miseria umana insita nel tirare in ballo i “morti di Bergamo” per invitare alla disciplina di bilancio, è facile vedere nelle parole di Monti un preavviso di quello che sarà il futuro delle politiche economiche del nostro Paese.

Un messaggio ripreso e, forse, reso ancora più chiaro da Ferruccio De Bortoli sul Corriere della Sera, in cui il nostro si sorprende di come fosse stato votato l’ultimo scostamento di bilancio (32 miliardi), sebbene necessario, con una “insostenibile leggerezza” alludendo neanche troppo velatamente alla sostenibilità del debito. Ricordandoci, qualora ce ne fosse bisogno, che il debito “anche nell’era dei tassi d’interesse negativi – e della BCE che compra i nostri titoli – non scompare d’incanto”. Una premessa utilizzata per criticare le spese ‘scellerate’ di questo governo che non pensa alle generazioni future, perché “ogni miliardo buttato oggi è un investimento negato per le prossime generazioni che carichiamo di debiti, impoverendole”. La solita storiella per cui in un mondo costretto dalla scarsità delle risorse, prima o poi, questo debito dovrà essere risarcito e, dunque, se oggi spendiamo di più (vivendo al di sopra delle nostre possibilità) domani dovremo accontentarci di molto meno. Perché il debito pubblico viene considerato, erroneamente, alla stregua del debito di un privato cittadino non considerando il fatto che il debito pubblico, a differenza di quello privato, possa rinnovarsi continuamente. Tanto che poi lo stesso fine pensatore De Bortoli conclude dicendo che nonostante tutto “i risparmiatori italiani continuano fortunatamente e giustamente a sottoscrivere titoli pubblici, credendo nella parola dello Stato, che mai è venuta meno”. Evidente come, attraverso un sofismo riuscito piuttosto male, il messaggio di De Bortoli sia quello di tornare ad essere più prudenti a spendere, ancora meglio a risparmiare prima che qualcuno si stufi di finanziare, spinto da un atto di fede e generosità, il debito italiano.

Ancora più preoccupante, però, è il monito di Bruxelles. Se l’Italia vuole accedere ai soldi del Recovery Fund, il suo programma, come quello di tutti i Paesi membri, sarà costretta a fare quegli interventi richiesti dalle raccomandazioni UE 2019 e 2020. L’Italia, in particolare, come gli altri Paesi a ‘elevato’ debito pubblico, deve spiegare come il suo piano contribuirà ad affrontare i suoi squilibri macroeconomici. Non solo semplificazioni amministrative e riforma della giustizia, ma anche l’eliminazione di Quota 100 e, come scrive sibillinamente Repubblica, un “miglior ambiente per le imprese” (leggasi: mano libera sulla regolamentazione dei rapporti di lavoro, da rendere sempre più flessibili, in cambio di presunti maggiori investimenti). Una conferma di come, dietro alla presunta generosità dei fondi del Recovery, ci sia la polpetta avvelenata delle riforme volute dal capitale e dei tagli di spesa.

È facile individuare uno schema comune nelle esternazioni che abbiamo riportato. La pandemia ha richiesto un ammontare di spesa pubblica eccezionale, senza il quale sarebbe stato impossibile garantire il funzionamento minimo del sistema di protezione sociale. Davanti ad attività economiche fortemente limitate o addirittura azzerate, non sostenere economicamente una fetta consistente della popolazione avrebbe portato a un asperrimo conflitto sociale, con conseguenze facilmente immaginabili.

I governi, compreso quello italiano, sono stati sostanzialmente costretti a erogare risorse nell’economia e l’Unione Europea ha dovuto accettare questo eccezionale sforamento dei vincoli impressi nei Trattati.

Il messaggio che emerge dai discorsi che abbiamo letto è il seguente: occorre tornare a stringere la cinghia. Bisogna fare le riforme e bisogna riportare la spesa pubblica sul suo ‘naturale’ sentiero fatto di tetti al deficit e al debito. Minaccioso, all’orizzonte si affaccia un ulteriore pericolo. Infatti, il ritorno all’austerità potrebbe offrire, aggiungiamo noi, l’occasione per spingersi ancora un po’ più in là verso la normalizzazione delle politiche economiche, andando a incidere su voci di spesa che erano già presenti prima della pandemia, ma che oggi, per compensare l’espansione degli ultimi dieci mesi, potrebbero essere facili bersagli ai fini di un ridimensionamento.

Ecco, dunque, che viene spontaneo chiedersi quali siano gli obiettivi di queste riforme e in che modo si voglia incidere sulla spesa pubblica. In altri termini, cosa dobbiamo aspettarci da questo ritorno alla normalità? Ancora una volta, nulla di buono. Certo, non è facile dire da dove inizieranno i tagli e le riforme. Sembrerebbe assurdo ragionare in tali termini, in quanto ci troviamo già in una situazione disastrata che l’epidemia ha reso ancor più evidente attraverso la fragilità del sistema scolastico e del sistema sanitario. Ciò potrebbe farci dimenticare che gli appetiti dei padroni non sono ancora appagati pienamente ma non lo sono mai. Del resto, i fronti aperti nella lotta di classe – che loro conducono contro di noi – sono ancora molteplici e possiamo farci un’idea al riguardo rileggendo con attenzione non solo le cronache e le dichiarazioni di questi giorni, ma anche quelle dei mesi scorsi.

Tra gli obiettivi preferiti del partito trasversale del controllo della spesa, possiamo sicuramente annoverare il vituperato Reddito di Cittadinanza. Preso come esempio del “debito cattivo” per antonomasia (contrapposto al “debito buono” che, bontà sua, piace pure a Mario Draghi), negli ultimi mesi il reddito di cittadinanza è stato uno degli strumenti più bersagliati dalle critiche. A volte queste critiche sono state “di principio” e particolarmente disgustose: come si possono spendere così tanti soldi per finanziare chi passa le sue giornate sul divano, soprattutto ora che molti italiani fanno fatica a guadagnarsi da vivere? Altre volte si è trattato di sottolineare in maniera caricaturale le inevitabili disfunzioni di uno strumento che interessa all’incirca 1,2 milioni di nuclei familiari e 2,9 milioni di persone.

Il Reddito di Cittadinanza, comunque, pur essendo uno dei principali obiettivi dei tagliatori di spesa pubblica, ha avuto buona compagnia. Un bersaglio grosso, enorme, è stato rappresentato dai lavoratori del settore pubblico. E non si tratta della solita battaglia, mai sopita, dei tempi normali contro un settore dipinto come un covo di inutili parassiti, che ha già prodotto i suoi frutti. Si tratta di una ancora più meschina e artificiosa contrapposizione tra lavoratori del settore pubblico e lavoratori privati. Innumerevoli sono state le richieste di “contributi di solidarietà” a carico dei dipendenti pubblici, visti come i “fortunati” e i “privilegiati” che hanno attraversato e stanno attraversando la crisi senza alcun problema economico e che, per questa ragione, dovrebbero versare una parte dei propri stipendi ai lavoratori più colpiti. Proprio negli ultimissimi giorni, Carlo Cottarelli, per gli amici “mister forbici”, ha fatto sentire la sua voce per raccontarci come le retribuzioni dei lavoratori pubblici salgano non solo più velocemente di quelle dei lavoratori privati, ma addirittura, udite udite, dell’inflazione. Un grido d’allarme che, ahinoi, non va nella direzione di creare le condizioni per far accelerare le retribuzioni nel settore privato, che da tempo restano indietro rispetto alla crescita della produttività, bensì in quella di demonizzare il settore pubblico, fonte di “sprechi” e “privilegi”.

Infine, il boccone più ghiotto: le pensioni. Abbiamo già visto che l’eliminazione di Quota 100 (che, ricordiamo, andrà a scadenza alla fine del 2021) è tra gli obiettivi dell’Unione Europea. Deve, però, spaventare ancora di più il fatto che, tra le condizionalità ci sia, in buona sostanza, il ritorno al regime precedente a Quota 100. Nelle raccomandazioni del 2019 (pp. 5-6), il Consiglio dell’Unione Europea invitava l’Italia ad attuare pienamente “le già previste riforme pensionistiche volte a ridurre le passività implicite derivanti dall’invecchiamento della popolazione”. In altri termini, non c’è alcuno spazio per soluzioni di compromesso, come la pur punitiva Quota 102, pensate per ridurre l’impatto dello “scalone” che si profila all’orizzonte alla fine del 2021. Bisogna attuare pienamente la riforma Fornero e quelle che l’hanno preceduta, con tanto di adeguamenti automatici (ovviamente solo in aumento) dell’età pensionabile.

Gli orizzonti sono foschi e gli indizi di un ritorno in grande stile della più strenua austerità numerosi e insistenti. I mesi a venire, al di là dei destini politici del governo in carica, saranno mesi di dure pressioni da parte di coloro che ad ogni costo vorrebbero imprimere una nuova accelerazione a quei processi di smantellamento dello stato sociale, del diritto del lavoro e dell’economia pubblica che l’emergenza Covid aveva congelato per qualche mese. Uno stato sociale sempre più ridotto, vessato dal capitale attraverso l’imposizione di un regime di austerità fiscale. Uno stato sociale che oramai è la parodia di se stesso, come lo dimostrano le stesse misure di cui abbiamo appena discusso: il Reddito di Cittadinanza era stato presentato come l’abolizione della povertà e Quota 100 come il superamento dell’odiosa riforma Fornero del sistema pensionistico. Non è neanche il caso di sottolineare che entrambi i provvedimenti, il primo per l’accento sulle politiche attive del lavoro e per le poche risorse assegnate e la seconda per la sua portata temporalmente limitata, non cambiano di una virgola il paradigma dell’austerità, la deregolamentazione dei rapporti di lavoro e la demolizione del sistema pensionistico operata a decorrere dal 1995. Ciononostante, pur essendo poco più che una briciola di elemosina, nel deserto dell’austerità fiscale essi rappresentano un facile bersaglio del capitale, sempre alla ricerca di risorse da destinare al contenimento del deficit.

FONTE: https://coniarerivolta.org/2021/01/27/profitto-contro-stato-sociale-la-crisi-accelera-la-resa-dei-conti/

 

 

Non ci sarà nessun “Post-Covid”

Fin dall’inizio, tutti gli attori in scena sono stati molto chiari: nulla sarà più come prima. Non sapevano niente del virus, non potevano prevederne la curva epidemica, ciò nonostante sapevano che nulla sarebbe stato più come prima; una dichiarazione di intenti, piuttosto che una previsione.

Sono passati quasi sei mesi, ma da allora quasi nulla è cambiato. Anzi, ad essere puntigliosi qualcosa sì che è cambiato; i malati sono pochissimi, oggi il terrore viaggia sulla scia dei positivi, perlopiù soggetti sani che risultano essere “contagiati” solo perché sottoposti a tampone. Roberto Rigoli, primario del reparto di Microbiologia a Treviso:

Dei 60mila tamponi effettuati – spiega Rigoli – 210 sono risultati positivi; ma 199 di essi lo erano in maniera molto modesta, tanto che abbiamo dovuto amplificare molto il “segnale” per trovare i virus; e probabilmente non erano infettivi. Degli 11 positivi in maniera più cospicua, con segnale chiaro, 4 erano asintomatici e 7 sintomatici. Ma alla fine, appunto, solo in 3 casi si è trovata una carica virale paragonabile a quella che vedevamo normalmente nella fase acuta dell’epidemia.

Dicevo, sono passati sei mesi da quando la guerra del terrore si è spostata nel campo dell’impalpabilità; da allora le terapie intensive si sono svuotate, praticamente la mortalità del virus si è azzerata (qualsiasi infezione uccide di più), eppure dai media il messaggio che passa è sempre lo stesso: nulla sarà più come prima.

I mondi Post-Qualcosa

Per quanto si vociferi che anche il Papa Globalista stia per pubblicare una terza enciclica sull’argomento, non potrà mai esistere un mondo Post-Covid e chi lo prevede cerca solo di mantenere in vita un proprio cerchio magico basato su un meccanismo ormai fragile e poco efficace.

Tutte le volte che l’umanità ha avuto un prima ed un dopo, nel mezzo ci sono stati avvenimenti tangibili che hanno mutato il fare comune, invece, per quanto riguarda l’attualità², le uniche trasformazioni che la società sta subendo da questa emergenza sono state imposte in forma di legge, cioè imposte da una volontà politica..

Per fare qualche esempio, restando sul pratico³, potremmo individure due tipologie di cambiamento tangibile:

  • Strumentale / Tecnologico: la scoperta del fuoco, l’industria, lo stesso internet; …
  • Politico: (non tutte) le rivoluzioni, (non tutti) i golpe, le guerre mondiali?, …

Tutti gli eventi sopra riportati possono essere considerati uno spartiacque naturale in una società, e tra questi non c’è mai stato un evento epidemico.

Anche nel passato “recente”, basti pensare alla Spagnola ed ai “suoi” 50 milioni di morti, abbiamo avuto importanti epidemie e nessuna di esse è ricordata con un prima ed un dopo.

non esiste un Post-Peste;
non esiste un Post-Colera;
non esiste un Post-Asiatica;
non esiste un Post-Spagnola;
non esiste un Post-Suina;

Non esiterà un Post-Covid

Non esisterà un Post-Covid perché il coronavirus è un espediente, una palla al balzo, un artificio narrativo (e con questo non sto dicendo che il virus non esista, ma il merito lo lascio al gossip) messo in atto da chi vuole implementare una agenda, una lista di finalità pre-esistente alla scena attuale.

Quello che i media chiamano “Post-Covid” non è altro che una serie di obiettivi già messi in cantiere da diversi anni e che, viste le difficotà di ottenimento, avevano bisogno di uno shock per essere “spinti” verso il raggiungimento degli stessi: la scuola, lo smart working, il contante, il controllo capillare delle masse, la tecnologia invasiva… solo per fare alcuni esempi.

Chi rinuncia alla libertà per raggiungere la sicurezza, non merita né la libertà né la sicurezza.

Benjamin Franklin

La ritrosia dei cittadini ad alcuni cambiamenti si vince con la scusa della sicurezza², l’abbiamo già visto, ben applicato, dopo l’11 Settembre 2001.

L’emergenza, fittizia e tenuta in vita come si tiene in vita, attaccato alle macchine, un paziente in stato vegetativo (spenti i media, spenta l’emergenza4) è lo strumento utilizzato per far accettare ai cittadini quello che, altrimenti, non avrebbero mai accettato di buon grado.

Parlare di Post-Covid, quindi, è un controsenso. L’emergenza è stata solo un acceleratore per un processo partito anni addietro, ed è in questo processo che noi siamo avviluppati. Un proccesso messo in moto da un sistema socio-economico, il liberalismo, che non si fa scrupoli di distruggere tutto quello che trova sulla sua strada, di sterminare tutto quello che ostacola la sua corsa verso il baratro.

E non fa niente se, nell’apoteosi di questa corsa e a discapito di tutta la popolazione occidentale, sia stata uccisa l’autorevolezza della medicina e di quella che definiamo comunità scientifica.

[1] Il presidente degli USA George W. Bush usò l’espressione “guerra al terrore” per la prima volta il 20 settembre 2001. Da allora, l’amministrazione Bush e i media occidentali hanno usato il termine per identificare una lotta globale di natura militare, politica, legale ed ideologica nei confronti sia di organizzazioni classificate come terroriste, sia di alcuni Stati accusati di sostenerle o percepiti come una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti e dei loro alleati, in particolare con riferimento al contrasto dei terroristi islamisti di al-Qāʿida e dei governi talebano in Afghanistan e baathista in Iraq.

[2] Forse è già successo con l’11 Settembre.

[3] Non conto per esempio l’avvento di Gesù Cristo che ha definito un importante prima e dopo.

[4] L’inesistenza di un “Post-Covid” è stata evidente con l’arrivo dell’estate. Sui litorali italiani tutto è tornato “alla normalità”, l’uso delle mascherine era ridotto al lumicino, il distanziamento sotto l’ombrellone non c’era, le persone hanno vissuto come se nulla fosse successo qualche mese prima. Il peggioramento di questa situazione c’è stato solo dopo Ferragosto quando, con la fine dell’estate alle porte, il terrorismo mediatico è riesploso con i positivi e le discoteche.

FONTE: https://frontiere.me/non-ci-sara-nessun-post-covid/

“La Rabbia si trasformerä in violenza”.

Il vicepresidente del Bundestag mette in allarme sulle conseguenze del closedown senza fine

Febbraio 15, 2021 posted by Giuseppina Perlasca

 

Il vicepresidente del Bundestag, Wolfgang Kubicki (FDP, liberale), ha avvertito che la crescente insoddisfazione per le misure restrittive legate al Covid-19  potrebbe trasformarsi in violenza. “La depressione si trasforma davvero in rabbia. Temo che alla fine la rabbia si trasformerà in violenza“, ha detto domenica sera al Bild-Talk.

In una similitudine con l’Italia, l’esponente politico si è lamentato per la lentezza con cui giungono gli aiuti: “Gli aiuti della terza fase  devono arrivare  alla fine di marzo al più presto, a fronte di una richiesta oggi”. Kubicki si p spinto ddirittura a chiedere le dimissioni del ministro dell’economia Altmeier. (CDU): “Sarebbe meglio avere  un’altra persona in questa posizione.”

In questa situazione, perfino in Germania, i politici iniziano a sentire il fiato sul collo eda pesare i rischi epidemici con i rischi per l’economia, la pace sociale e l’ordine pubblico. Il sindaco di Berlino Michael Müller (SPD) ha promesso un piano graduale per le riaperture entro la prossima settimana , così che possa essere approvato per l’inizio di marzo. Anche il primo ministro della Sassonia-Anhalt Reiner Haseloff ha anche chiesto un “chiaro piano di uscita dalle precedenti restrizioni” dallo stato federale quanto prima. “Bisogna fare pianificazione , anche per aiutare le imprese. Ed è per questo che abbiamo assolutamente bisogno di un piano entro il  prossimo incontro del 3 marzo che indichi chiaramente cosa faremo e come ”.

La mancata pianificazione che sta facendo infuriare gli italiani con il pessimo ministro Speranza e l’ancor peggiore CTS colpisce anche oltr’alpe. I timori che l’ordine pubblico sia messo in pericolo dall’esasperazione popolare stanno crescendo un po’ in tutta Europa, anzi in tutto il mondo, con per noi l’aggravamento del fallimento di gran parte delle istituzioni nel riuscire a fronteggiarla.

FONTE: https://scenarieconomici.it/la-rabbia-si-trasformera-in-violenza-il-vicepresidente-del-bundestag-mette-in-allarme-sulle-conseguenze-del-closedown-senza-fine/

 

 

 

Bambini sottratti alle famiglie o comprati, scandalo in Olanda che stoppa le adozioni internazionali

Una commissione d’inchiesta ha portato alla luce la pratica che è durata dal 1967 al 1998 e che si teme possa avvenire tuttora. “Alcuni governi sapevano e non hanno parlato”

Per anni i bambini adottati da famiglie olandesi da ex colonie del Paese come l’Indonesia e altre nazioni del mondo, provenivano da famiglie a cui erano stati comprati o addirittura sottratti con la forza. I piccoli venivano poi in molti casi portati in Europa con documenti falsi per nascondere il crimine.

L’inchiesta

Oggi l’Olanda ha deciso di fare pubblicamente i conti con il suo passato e rendere pubblica un’inchiesta governativa che ha svelato un giro di abusi e ricatti legati all’adozione di bambini da Bangladesh, Brasile, Colombia, Indonesia e Sri Lanka che è durata almeno dal 1967 al 1998. In seguito alla pubblicazione del dossier il governo ha anche di sposto lo stop immediato a tutte le adozioni internazionali, per assicurarsi che il fenomeno non sia ancora in atto. Cosa ancora più grave, secondo quanto dichiarato dal ministro per la Protezione legale, Sander Dekker, diversi governi del passato erano a conoscenza dei fatti, ma nessuno è mai intervenuto. La commissione investigativa incaricata di fare luce sulla cosa ha scoperto che funzionari dell’esecutivo olandese erano a conoscenza di illeciti e che alcuni erano direttamente coinvolti, sebbene non abbia trovato prove di corruzione. ”I nostri funzionari hanno fallito distogliendo lo sguardo dagli abusi per anni”, ha ammesso Dekker, secondo cui “il governo non ha fatto quello che è lecito aspettarsi”, in quanto “avrebbe dovuto assumere un ruolo più attivo nella prevenzione degli illeciti, e questa è un’osservazione dolorosa”. Per questo l’esponente del governo ha porto le scuse da parte della nazione a tutti gli adottati.

La ricerca della famiglia

Come racconta la Bbc Widya Astuti Boerma, adottata all’età di cinque anni, ha passato decenni a cercare i suoi genitori ma con scarsi risultati perché i suoi documenti di adozione si sono rivelati falsi. La ricerca è stata quindi molto difficile e due test del Dna con donne che cedeva potessero essere la sua madre naturale sono risultati negativi. “Quello di cui do la colpa al governo olandese è il fatto che ai miei genitori adottivi non è mai stato detto quello che è successo. Non è mai stato detto loro che c’era la possibilità che potessi essere vittima di traffico di bambini o che i miei documenti fossero falsi”, ha detto, spiegando che ora “i miei genitori adottivi si sentono davvero in colpa perché potrebbero aver sottratto un figlio da una madre in Indonesia, cosa che non era mai stata loro intenzione”. Secondo la donna l’adozione internazionale in Olanda “si basa ancora su una procedura di incentivi economici e questo promuove il traffico di esseri umani”, questo perché “l’adozione internazionale è ancora focalizzata sui genitori adottivi che cercano un bambino, mentre dovrebbe essere esattamente il contrario”. Secondo il comitato investigativo, gli illeciti non si limiterebbero al periodo 1967-1998, su cui si è incentrata l’indagine.

Fonte: https://europa.today.it/attualita/scandalo-adozioni-bimbi-sottratti-famiglie-olanda.html

Pubblicato il 10.02.2021

Il conformismo dismorfico

In ogni società lo spirito dell’intera civiltà è determinato dallo spirito dei suoi gruppi più potenti. In parte ciò accade perché questi gruppi hanno il potere di controllare il sistema educativo – scuole, chiese, stampa, teatro – e perciò di inculcare nell’intera popolazione le proprie idee.

Erich Fromm

Molti anni sono passati da quando, adolescente con scarsi mezzi culturali, scoprivo, su un manuale di psichiatria, l’esistenza di una patologia mentale a me oscura, che costringeva il malato all’odio per una parte del proprio corpo e, di conseguenza, a modificare i propri comportamenti, per celare la propria inadeguatezza. Quella che mi sembrava una stortura di pochi squinternati, oggi ho l’impressione sia diventata la modalità prevalente di controllo delle masse.

Provo a immaginare come sia successo.

La condizione “dismorfofobica” (ovvero di odio e disprezzo per un quid “incorporato”, che in precedenza era prevalente, esistente, o almeno in misura minore accettato, come può essere una parte del proprio corpo), che il capitale transnazionale ci impone per compattare in un modello unico (transumano?) di cittadino-consumatore, la nostra personalità profonda, che risultava eredità della tradizione, dell’educazione e dell’esperienza, individuali e peculiari, deve avvalersi tanto di abili comunicatori, quanto più di utili idioti.

Non è semplice, in fondo, portare un Uomo ad odiare parte della propria personalità, della propria libertà o, alla lunga, parti finanche del proprio corpo: il processo di condizionamento deve essere gocciolante e capillare; come l’acqua, deve erodere nel tempo le fondamenta di quel tempio che è l’umana presenza, percolando sotto ogni colonna: lavoro, affetti, salute, religiosità.

Si deve, dunque, servire di una molteplicità di canali, capaci di sedimentarsi ovunque. Queste istanze (nefaste) attivano la prima fase, che è quella del riconoscimento della presunta, veicolata, inadeguatezza, che ha come inevitabile riscontro, la seconda, la “scoperta” della propria “parte inadatta” che va amputata, o quantomeno, nascosta.

La prima è una fase (quasi) totalmente passiva. Fase in cui si incamerano le informazioni, le suggestioni dissonanti propalate da tutti i canali informativi ufficiali e simil-informativi (influencers), in quantità e capillarità impressionanti: poco importa se queste istanze abbiano scarso, o nullo, riscontro con la propria percezione della realtà, o anche con le letture di una vita; l’unica azione “accettabile” per la psiche offesa, di fronte all’alluvione, in questa fase, è opporre una risposta giustificante alla dissonanza cognitiva che viene proposta come unica verità possibile. Se televisione, internet, radio, il macellaio, dicono la stessa cosa, IO sto sbagliando; quella parte della mia persona(lità) o della mia libertà va celata, reclusa o, al buon bisogno, eliminata.

La seconda, valorosamente attiva – già figlia di un errore di giudizio – è ben più pericolosa: ho scoperto quale parte della mia libertà/personalità nuoce al bene (supposto) comune e la devo amputare.

Non è questo però, generalmente, sufficiente a colmare il deficit cognitivo, ad arte creato, che invece necessita di una “azione maggiore” per la redenzione dal proprio “peccato originale”, guidando il neo-malato a una propensione apostolare, che rende la propagazione del morbo, circolarmente esponenziale: devo comunicare al mondo il mio Eureka, cosicché il mondo sappia come liberarsi.

La propensione proselitista, non può essere considerata, di per sé, un male (come ogni attività umana, può essere giusta o sbagliata, a seconda della veridicità delle premesse che sottendono il ragionamento da cui scaturisce), ma è del tutto manipolata, nella sua impostazione, dal padrone del vapore. E, quasi sempre, è figlia di una forma di fanatismo indotto.

Ed è qui che la manipolazione passa dalla gestione dei professionisti, alla improvvisazione dei volenterosi che impongono, da vicino – il collega, la cassiera, il portinaio – il castigo della vergogna, l’occultamento della propria opinione, il fastidio per l’ovvio, l’evidente ed il naturale, in ogni conversazione o manifestazione pubblica di altro genere.

È stato in questo modo che si è stigmatizzata la paura per il nuovo ed il differente, connaturata a decine di migliaia di anni di evoluzione (ricordiamo, a mezza voce, che “il nuovo e il differente”, generalmente, in un passato non troppo lontano, portavano razzie, stupri, saccheggi e devastazione nella comunità), mimetizzandola in maniera biforcuta con una deteriore tendenza esclusiva del povero, dell’afflitto o dell’inadatto.

Si è colpevolizzato il naturale, direi legittimo, sbigottimento che si prova per chi ami accoppiarsi con persone del proprio stesso sesso, e l’ostentazione di questo, trattandolo come una secolare tendenza all’emarginazione di una quota (pure, leggo, rilevante, ma variabile, nella Storia) della popolazione sessualmente attiva.

Si è trattato un diritto universale, il lavoro, ovvero il diritto di rivestire un ruolo attivo nella propria comunità, come un privilegio cui si accede per un “merito” non definito, liquido, cangiante, che porta immanente il dovere etico di donare la propria energia per il raggiungimento di fini estranei, a uomini o entità presunte e sovraumane, quasi mai identificabili.

Si è trasformata alla bisogna una moneta (la lira) che aveva portato decenni di buon vivere, progresso, servizi sociali e vita comunitaria, se non auspicabili in toto, quantomeno rivendicabili in parte, in una fetente spilla sul bavero del ghiotto, vizioso, sleale, connazionale; deprecabile, egli, prima perché pavido della competizione globale, e poi perché vìolo delle regole del buon evolvere darwinista, che prevede che solo il maggiore, il migliore (per chi?), possa sopravvivere.

Si è colpita la condizione familiare allargata, accogliente e giustificante, meritoriamente tipica della nostra sanguigna mediterraneità, affibbiandole l’aggettivazione, scostante e asciutta, di “amorale”, come se sia, di per sé, da scartare, perché non esercita filtro sufficiente, ciò che non prevede un automatico giudizio aprioristico, ed una susseguente segregazione, basandosi, questi giudizi, su una presunta buona norma di efficienza sociale condivisa.

Forte è la convinzione oggi, che soluzione non vi sia, se non cambiare la rotta, costi anche rompere le vele nella strambata. Voglio chiudere citando un aforisma di Bertrand Russell, probabilmente immaginato per altro livello di polemica, che qui aveva in mente la sua rigida educazione puritana e la struttura impositiva che la connotava. Ma quando l’opinione acritica conformista collettiva della realtà, diviene Scienza e poi Politica, è già Religione. Dunque sbeffeggiarla, è un dovere morale.

Se io sostenessi che tra la Terra e Marte c’è una teiera di porcellana in rivoluzione attorno al Sole su un’orbita ellittica, nessuno potrebbe contraddire la mia ipotesi, purché mi assicuri di aggiungere che la teiera è troppo piccola per essere rivelata, sia pure dal più potente dei nostri telescopi. Ma se io dicessi che –posto che la mia asserzione non può essere confutata– dubitarne sarebbe un’intollerabile presunzione da parte della ragione umana, si penserebbe con tutta ragione che sto dicendo fesserie. Se, invece, l’esistenza di una tale teiera venisse affermata in libri antichi, insegnata ogni domenica come la sacra verità, ed instillata nelle menti dei bambini a scuola, l’esitazione nel credere alla sua esistenza diverrebbe un segno di eccentricità e porterebbe il dubbioso all’attenzione dello psichiatra in un’età illuminata o dell’Inquisitore in un tempo antecedente.

Bertrand Russell

FONTE: https://frontiere.me/il-conformismo-dismorfico/

 

 

Il complotto degli ultramiliardari

Israel Shamir
unz.com

I milionari vogliono fare i soldi. I miliardari vogliono fare la storia. I multimiliardari vanno oltre: vogliono che l’umanità si adatti ai loro bisogni e ai loro desideri. Per quanto riguarda poi quelli che controllano i trilioni, loro hanno a cuore i nostri desideri tanto quanto noi ci preoccupiamo delle formiche quando ci diamo al giardinaggio. Non usiamo l’antiparassitario finché le formiche non invadono le nostre aiuole, ma non esitiamo a farlo ogni volta che lo riteniamo necessario. L’umanità ha incontrato molti megalomani, alcuni assai potenti. Gengis Khan ne è un esempio. Tuttavia, erano sempre stati limitati territorialmente. Il potente Gengis poteva far arrivare l’eco delle sue imprese fino a Roma, ma gli Inglesi e i Francesi non avevano dovuto preoccuparsi del nascente impero mongolo. I nuovi super-tycoon non hanno queste limitazioni. La globalizzazione ha permesso loro di pensare fuori dagli schemi. Già da tempo le loro mosse erano state anticipate dal cinema, il mondo dei sogni. Come i sogni permettono allo psicologo di studiare i desideri e le paure dell’uomo, la cinematografia consente di dare uno sguardo da vicino all’ego collettivo dell’umanità. Cosa temevamo di più nei relativamente liberi anni settanta?

Un classico cattivo degli anni settanta e ottanta era il perfido magnate. James Bond ne aveva affrontato qualcuno. Pensate a Hugo Drax in Moonraker [Operazione spazio], o a Karl Stromberg di The spy who loved me [La spia che mi amava]; questi tizi erano disposti a distruggere l’umanità per sostituirla con una versione migliore. Stromberg aveva progettato di scatenare una guerra nucleare globale e di sopravvivere sott’acqua. Drax intendeva avvelenare l’umanità con il suo gas mortale e ripopolare il mondo con gente nuova scelta da lui. Un altro era de Wynter, il supercattivo di The Avengers [Agenti speciali], interpretato da Sean Connery. Controllava il clima mondiale e poteva ucciderci tutti con uragani e tsunami.

Prima dei magnati, quando infuriava la Guerra Fredda, il cattivo era un agente del KGB o un operativo dei servizi segreti cinesi. Quando la distensione aveva rasserenato le relazioni tra i blocchi, gli agenti segreti erano passati di moda; poi era venuto il momento dei cattivi fantastici della Marvel. I perfidi magnati erano spiacevolmente troppo simili alla realtà, tanto che dal mondo del cinema sono passati a quello reale.

Il mondo in cui viviamo è il mondo plasmato dai magnati del male. Sono la versione moderna dei demiurghi, i perfidi creatori degli gnostici, una setta primitiva che si era scontrata con la Chiesa. Come i demiurghi, sono praticamente onnipotenti, più forti degli stati. Il governo, per spendere anche un solo centesimo, ha bisogno di una pletora di permessi e di autorizzazioni. Se un penny è stato speso male, scatta subito il macabro termine ‘corruzione’. La corruzione è un concetto stupido, applicandolo, gli oligarchi hanno eliminato la concorrenza dello stato, perché loro possono pagare quello che vogliono a chi vogliono. Lo stato deve osservare regole intricate e arcane, mentre i magnati non hanno queste limitazioni. Di conseguenza, essi modellano le nostre menti e le nostre vite, rendendo lo stato un re legittimo, ma povero, tra da baroni ricchi e potenti.

La crisi del coronavirus è il risultato della loro attività. In questi giorni, un gruppo di scienziati dell’OMS ha completato un giro d’ispezione di quattro settimane a Wuhan, cercando di scoprire come avesse fatto il virus a trasmettersi agli esseri umani; alcuni di loro pensano (come il presidente Trump) che il virus sia fuoriuscito dal laboratorio di Wuhan. Matt Ridley del Daily Telegraph ha concluso il suo pezzo analizzando le loro scoperte: “Un numero crescente di esperti di alto livello [ne fornisce l’elenco] afferma che una fuoriuscita dal laboratorio rimane un’ipotesi scientifica plausibile su cui indagare.” È assai improbabile, ha detto l’OMS, ma anche altre spiegazioni (pangolini ecc.) rasentano l’impossibile. I Cinesi sono comprensibilmente arrabbiati. Hua Chunying, la portavoce del Ministero degli Affari Esteri (la controparte cinese di Ned Price del Dipartimento di Stato) ha respinto l’idea dicendo: “Gli Stati Uniti dovrebbero aprire il laboratorio biologico di Fort Detrick, e invitare gli esperti dell’OMS a condurre negli Stati Uniti la ricerca delle origini [del virus].” Secondo un articolo del Guardian, [la portavoce cinese] avrebbe promosso “una teoria della cospirazione asserendo che [il virus] proverrebbe da un laboratorio dell’esercito americano,” mentre è stata la signora Hua ad accusare gli Stati Uniti di diffondere “teorie della cospirazione e bugie” per aver detto che la fonte era Wuhan. Qualunque cosa diciamo noi è un risultato verificato e basato su una ricerca diligente; qualunque cosa diciate voi è una teoria della cospirazione, i rappresentanti statunitensi e cinesi concordano entrambi su questo mantra.

Ron Unz, in un suo pezzo dell’aprile 2020, aveva fatto un’eccellente analisi di queste accuse e contro-accuse. Aveva notato che lo scoppio dell’epidemia cinese si era verificato nel luogo e nel momento peggiore per i Cinesi, per cui aveva ritenuto estremamente improbabile un rilascio accidentale (o anche intenzionale) da parte dei Cinesi. Ron Unz aveva suggerito che avrebbe potuto trattarsi di un attacco americano di guerra biologica contro la Cina. Il popolo americano non ha sofferto della malattia? Certo, ma il governo degli Stati Uniti è “grottescamente e manifestamente incompetente” e, probabilmente, si aspettava che “una massiccia epidemia di coronavirus in Cina non si sarebbe mai diffusa in America.

Forse, ma una spiegazione migliore è che qualche malvagio magnate abbia recitato la parte di Karl Stromberg, che intendeva bombardare sia Mosca che New York, portando guerra e distruzione in tutto il mondo, come nel film di James Bond. Potrebbe essere qualcuno come Bill Gates, che è un grosso investitore nel laboratorio di Wuhan. Un sito di fact-checking, nel suo linguaggio ambiguo, ha ammesso che il laboratorio “ha ricevuto finanziamenti dalla Bill & Melinda Gates Foundation, ma Bill Gates difficilmente può essere definito un ‘partner’ del laboratorio.” Certo, non un partner. Solo un investitore, che è molto più importante di un partner. E non è l’unico; anche altri multimiliardari sono coinvolti nella ricerca biologica, nella produzione di vaccini, in Big Pharma. “Glaxo, BlackRock e Bill Gates sono tutti partner, ma non proprietari di Pfizer,” afferma un altro fact-checker. “Nel 2015, Anthony Fauci aveva concesso una sovvenzione di 3,7 milioni di dollari al Wuhan Institute of Virology, ma non per creare il coronavirus,” aggiunge il sito di fact-checking. Beh, non ci si poteva di certo aspettare che Fauci sovvenzionasse qualcuno per uno scopo così palese, vero?
Forse è un compito troppo arduo anche per un magnate malvagio come Gates. È più probabile che si tratti di un complotto che coinvolge diversi perfidi ultraricchi. Insieme, potrebbero cercare di cambiare il mondo e l’umanità a loro piacimento.

Dei crudeli ricconi avrebbero potuto pensare di avvelenare la Cina durante le festività di capodanno e far abbassare un po’ la cresta a questo stato spocchioso. Avrebbero potuto importare il virus negli Stati Uniti per minare e rimuovere il loro odiatissimo Trump. Avrebbero potuto avvelenare l’Europa per indebolirla, renderla più docile e obbediente alle loro richieste e comprare i suoi asset con poca spesa. Il coronavirus e i lockdown non li hanno danneggiati perché loro, normalmente, non vengono coinvolti dalle vicissitudini quotidiane della vita dell’uomo comune.

I miliardari controllano i media; questo lo sappiamo, e la parte che i media hanno giocato nella crisi del coronavirus è stata importantissima. La copertura mediatica della crisi ha un enorme costo nascosto. Provate a pubblicare informazioni che considerate importanti sulla prima pagina di un giornale. Vi costerebbe un sacco di soldi. Eppure, tutti i giornali che appartengono al blocco mediatico dei miliardari, a partire dal New York Times fino ad Haaretz, hanno quotidianamente impegnato almeno un terzo delle loro prime pagine alle notizie sul coronavirus. Una pubblicità del genere costa miliardi. Sapremo mai chi l’ha pagata?

Il film Contagion (2011) di Steven Soderbergh aveva previsto molte caratteristiche del Covid-19, in particolare l’origine del virus. Nel film, la malattia ha origine in Cina dai pipistrelli e si diffonde attraverso i mercati dove viene venduta la carne di maiale contaminata. Come poteva Soderbergh (o il suo sceneggiatore, Scott Z. Burns) prevedere, otto anni prima dell’evento vero e proprio, che il contagio avrebbe avuto origine dai pipistrelli cinesi? Chi glielo aveva detto? Non ci sarebbe da pensare che sapesse già qualcosa? Burns aveva avuto come consulenti scientifici gli esperti dell’OMS, spiega il sito della CNN. Non è interessante che lo stesso Bill Gates sia uno dei principali finanziatori dell’OMS? È proprio così impossibile che, già nel 2011, gente a libro paga di Gates avesse cominciato a far trapelare ad Hollywood alcuni dettagli del futuro virus proprio attraverso l’OMS?

I magnati potrebbero costringere uno stato debole a seguire le loro direttive. Gli scienziati obbediscono agli ordini, altrimenti niente sovvenzioni, niente carriere. Nell’aprile 2020, gli scienziati tedeschi avevano ricevuto l’ordine di “instillare la paura del coronavirus.” E l’avevano fatto, come abbiamo appreso questa settimana, fornendo dati di mortalità taroccati.

Sembra che i magnati siano quelli che hanno guadagnato di più dalla crisi del coronavirus. Il loro patrimonio è cresciuto di trilioni, mentre quello della classe media è diminuito dello stesso importo. Cosa ancora più importante, tutti gli stati soffrono a causa della crisi: fanno debiti e sono responsabili della salute dei loro cittadini, mentre i miliardari semplicemente se la spassano. Per questo motivo, tendo a respingere l’ipotesi della colpevolezza degli stati, che siano gli USA o la Cina, visto che (alcuni) miliardari sembrano essere gli unici cattivi possibili.

Questi miliardari sono in grado di influenzare la gente molto meglio di uno stato. Considerate Pierre Omidyar. Oltre ad essere il proprietario di eBay, è il finanziatore di centinaia di ONG. Le sue organizzazioni formano l’agenda “progressista” e addestrano i fanti del Green New Deal. Roslyn Fuller di Spiked-online ha controllato la pletora di ONG che dipendono da lui.

Secondo lei, le ONG e gli enti di beneficenza [di Omidyar] sono “impegnati nell’ingegneria sociale, usano le loro risorse per cambiare artificialmente la struttura della società e plasmarla secondo la loro volontà. Se questo sforzo avesse successo, equivarrebbe ad un totale raggiro della democrazia, perchè si utilizzarebbe il denaro non solo per vincere le elezioni, ma per sostituire con il sostegno effettivo contenuti già pagati o sovvenzionati,  dirottando perciò l’intera cultura politica su un binario diverso, amplificando alcune voci e soffocandone altre.

[Omidyar] è solo uno dei Padroni del Discorso, accanto al famigerato George Soros. Facebook, Google, Twitter e Amazon sono ancora più potenti. I miliardari hanno un peso immenso e decidono cosa possiamo e cosa non possiamo dire o scrivere. Proprio la settimana scorsa, Amazon ha bandito la mia Cabala del potere, un libro che avevano tranquillamente venduto per oltre dieci anni. La stimabile Unz Review è bandita su Facebook e oscurata da Google. Twitter ha spento il presidente Trump, facendo vedere a tutti chi è il vero capo degli Stati Uniti. Oggi, probabilmente, quasi tutti i movimenti descritti come ‘di sinistra’ sono creazioni di magnati come Omidyar o Soros. La vera sinistra è defunta sul campo di battaglia delle idee.

I magnati sono direttamente coinvolti nella crisi del coronavirus, perché, per loro, i risultati sono buoni. E questo significa che ci hanno fatto arrivare proprio dove volevano e non ci lasceranno andar via. Siamo stati cancellati, almeno fino a quando non riprenderemo il governo e saremo noi a cancellarli.

Il SAGE [The Scientific Advisory Group for Emergencies], com’è abbastanza presuntuosamente denominato il team di gestione della pandemia britannica (che comprende la ridicola figura di Neil Ferguson, quello dei milioni di morti previsti), ha già dichiarato che i lockdown faranno parte della vita inglese per gli anni a venire, vaccino o non vaccino. Il Guardian, la voce degli oligarchi, li ha gentilmente snobbati, perché non è bene dire subito a chiare lettere ciò che ancora deve accadere. Lasciamo che la gente abbia un po’ di speranza, in modo che corra a vaccinarsi e, solo dopo, potremo rivelare che, mi dispiace, non serve, bisogna ancora indossare le mascherine, osservare il distanziamento sociale e, si, subire i lockdown. “È molto più facile seguire le regole se le si considerano temporanee.”

I piani dei cospiratori non sono segreti; sono stati descritti da Klaus Schwab nel suo libro The Great Reset. Schwab non è un grande pensatore, è uno scienziato abbastanza scadente, con poche pubblicazioni all’attivo e non è un buon scrittore (neanche decente). Per produrre il libro ha dovuto collaborare con il giornalista Thierry Malleret. È solo un megafono dei magnati. Ma la domanda è: otterranno quello che vogliono?

La mia risposta preliminare è no. Recentemente abbiamo avuto un evento importante, Davos-2021, il raduno online dei magnati e dei loro scagnozzi intellettuali. Per la prima volta, dopo molti anni, hanno invitato Vladimir Putin. Il presidente Xi ha tenuto il primo discorso. L’idea era dimostrare che Russia e Cina sono d’accordo sui loro piani. Devo ammettere che ero abbastanza preoccupato e il discorso del premier cinese non mi aveva tranquillizzato affatto (contrariamente al nostro amico Pepe Escobar, che aveva applaudito l’intervento). Certo, Xi aveva detto che la Cina procederà alla sua velocità e per la sua strada, ma verso gli stessi obiettivi. Sostenibilità, inclusività, c’erano tutte le frasi di circostanza. Da parte di Putin mi aspettavo un discorso ancora peggiore. Per anni aveva voluto essere invitato e cooptato dai decisori occidentali e questa era una grande opportunità per saltare sul loro carro.

Putin mi ha sorpreso. Ha rifiutato categoricamente l’offerta di Schwab e dei suoi sodali. Ha condannato le modalità della crescita economica legata al Covid, perché tutta questa crescita è andata in poche tasche profonde. Inoltre, ha notato che i grandi monopoli digitali sono pericolosi per il mondo. Con le sue stesse parole“I moderni giganti tecnologici, in particolare le aziende digitali, sono, di fatto, in competizione con gli stati. Secondo queste aziende, il loro monopolio è ottimale. Forse è così, ma la società si sta chiedendo se tale monopolio risponda agli interessi del pubblico.”

I magnati si sono probabilmente meravigliati. Nel 2007 a Monaco, lo avevano deriso. Max Boot, un ebreo russo emigrato, aveva definito Putin, “Il pidocchio che ruggiva” aggiungendo che “nella retorica sinistra e assurda di Putin, si sente un impero che muore.” Mad Max non sapeva ancora quale impero stesse morendo.

Putin avrebbe dovuto essere ammorbidito dalle manifestazioni pro-Navalny del 23 gennaio (il discorso di Davos è del 27 gennaio), ma così non è stato. Tutto il contrario. Al presidente russo non piace essere sottoposto a pressioni. La manifestazione del 31 gennaio è stata accolta con la forza, i fermati sono stati condannati a multe pesanti (almeno per gli standard russi). Tre diplomatici europei che si erano uniti alla manifestazione sono stati espulsi dalla Russia. Josep Borrell, diplomatico spagnolo e rappresentante dell’UE, è andato a Mosca ed è stato trattato con durezza. Nella conferenza stampa conclusiva, il Ministro russo degli Affari Esteri Sergey Lavrov ha detto alla stampa che la Russia non considera (ripeto, NON) l’UE un “partner affidabile.” Le espulsioni sono state effettuate tutte nello stesso momento. Inoltre, Putin ha avvertito l’Occidente che le “sanzioni” (atti di guerra economica) potrebbero indurre la Russia ad usare la forza militare diretta. È stato probabilmente il primo avvertimento del genere dal 1968.

Allo stesso tempo, la Russia ha praticamente messo fine alle restrizioni sul coronavirus. Bar e ristoranti sono ora aperti per i festaioli notturni, sono ritornati gli eventi sportivi, le scuole funzionano normalmente, in alcune parti della Russia, le mascherine da “obbligatorie” sono diventate “raccomandate.” I Russi sono ora autorizzati ad andare e venire liberamente da molti Paesi. I Russi hanno un’ampia disponibilità del loro vaccino Sputnik-V, ritenuto da The Lancet il migliore di tutti i vaccini anti Covid-19. È un colpo paragonabile al primo Sputnik lanciato nel 1957, hanno detto gli esperti occidentali. Così la Russia ha fatto deragliare il Grande Reset.

Questi sviluppi hanno causato in Russia un enorme cambiamento di coscienza. Se, fino ad ora (almeno dal 1970), le classi colte russe tendevano a sentirsi inferiori all’Occidente, la prospera terra dei liberi, ora questa situazione è cambiata. Uno dei principali registi teatrali russi, Constantine Bogomolov, ha dichiarato che l’Occidente è disfatto. Il politicamente corretto obbligatorio dell’Occidente, la sua cancellazione della cultura, il suo inginocchiarsi e leccare i piedi a BLM, il suo culto del transgenderismo, la sua paura delle ‘molestie’ e del sesso, il suo sorriso obbligatorio, la sua wokeness, la sua paura della morte (e della vita!), secondo Bogomolov sono paragonabili al comportamento di Alex, il soggetto della terapia finale di Arancia Meccanica.

Il giovane [Alex] non si libera solo dell’aggressività, è stufo della musica, non può vedere una donna nuda, il sesso lo disgusta. E, in risposta ai colpi, lecca lo stivale dell’attaccante. L’Occidente moderno è un criminale del genere, che ha subito la castrazione chimica e la lobotomia. Da qui quel falso sorriso di buona volontà e di accettazione totale, congelato sul volto di un Occidentale. Questo non è il sorriso della cultura. È il ghigno della degenerazione.

E poi conclude:

L’Occidente ci dice: La Russia è alla coda del progresso.

Sbagliato.

Solo per caso, ci siamo trovati nel vagone coda di un treno in corsa che sta precipitando a capofitto nell’inferno di Bosch, dove saremo accolti da sorridenti diavoli asessuati e multiculturali.

Dovremmo sganciare la nostra carrozza dal treno, farci il segno della croce e iniziare a ricostruire la nostra cara e vecchia Europa, l’Europa che abbiamo sognato. L’Europa che [gli Europei] hanno perso.

Notate il suo invito a “farsi il segno della croce.” In Occidente, le chiese sono sbarrate, i servizi religiosi interrotti. La Chiesa Anglicana è in punto di morte, con l’arcivescovo di Canterbury che celebra BLM, rimuove le statue dalle chiese e accetta ogni editto del SAGE sulla proibizione delle cerimonie religiose. Nel frattempo, le chiese russe sono aperte e i fedeli si riversano nelle cattedrali la domenica e in tutte le festività. I ragazzi e le ragazze russe flirtano tra loro, senza paura di essere accusati di molestie da parte di MeToo. I caffè russi sono aperti. Chi vuole, può farsi vaccinare contro il Covid, o ignorarlo.

Per la prima volta dopo molti anni, la Russia mostra la strada all’Occidente. Questo è un bene. Forse l’Occidente, dopo una correzione da tempo necessaria, sarà in grado di superare nuovamente la Russia. Anche se la Russia aveva mostrato la via del socialismo all’Europa, i risultati migliori del socialismo erano stati raggiunti altrove, nel Nord Europa. La buona, vecchia Europa (e gli Stati Uniti, la sua propaggine d’oltremare) sono ancora in grado di ripetere questa impresa e di liberarsi dei magnati complottisti e della loro predicazione dell’amore obbligatorio. In questa occasione, escludere tutti i plurimiliardari sarebbe forse una buona idea. Nel mondo migliore, quello prima della loro ascesa, non c’erano multimiliardari. La storia non è finita; stiamo entrando nella parte più interessante. Siate di buon umore!

Israel Shamir

Fonte: unz.com
Link: https://www.unz.com/ishamir/the-tycoon-plot/
11.02.2021
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

FONTE: https://comedonchisciotte.org/il-complotto-degli-ultramiliardari/

 

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Non saranno moduli chilometrici e burocrazia a garantirci la nostra privacy, ma l’autodifesa

Avatar di Roberto Ezio Pozzo, in CulturaMediaQuotidiano, del 

Già vi parlai, tempo fa, e proprio su Atlantico Quotidiano, delle contraddizioni in merito alla normativa a tutela della cosiddetta privacy. I miei timori erano fondati ed i miei dubbi confermati dall’osservazione dei fenomeni sociali in corso. Proprio in questi giorni assistiamo ad innumerevoli dispute teoriche su quanto poco rispettosi della nostra privacy siano i media ed il web. Si passa dalle sciocche e penalmente irrilevanti indiscrezioni sulla vita privata altrui che ci veicolano i reality show, al sempre più pervasivo utilizzo dei nostri dati personali incautamente affidati alle app che installiamo sui nostri smartphone e persino su quelli dei nostri figli.

Nonostante anche in Italia si siano create strutture ad hoc, prima fra tutte l’Autorità Garante della Privacy, sulla scorta di una normativa europea non sempre, per non dire quasi mai, chiara ed univoca, il problema rimane in larga parte irrisolto. Non sono dunque sufficienti chilometrici moduli da compilare per la più banale delle interazioni commerciali e non basta di certo riempire i siti web di avvertimenti che ci informino sull’eventuale utilizzo esterno dei cosiddetti cookies di cui essi sono infarciti. Non avevo il minimo dubbio allora e non ne ho adesso: se non si può limitare l’illegalità con l’apposizione di cartelli e manifesti, figuriamoci se riusciremo mai ad impedire a chi del web ha fatto la prima fonte di reddito, di trarre profitto dai dati altrui, soprattutto quelli che permettono la cosiddetta “profilazione”, che consente di tempestarci di offerte commerciali ben mirate, sulla base dei contenuti che abbiamo richiesto nella nostra navigazione telematica. Non ci voleva certo un gran solone a dirlo e non era nemmeno necessario mettere su l’ennesimo baraccone di stato per constatare che sul web ed in molte altre circostanze siamo attentamente tracciati e seguiti. È il progresso, bellezza.

La dura realtà risiede nel nostro comportamento sociale diffuso, ossia nella nostra insopprimibile voglia di essere in rete, di mostrarci, di dire la nostra con i mezzi più accessibili e veloci d’oggi. Quello che è cambiato velocemente nella società è proprio l’estrema facilità di renderci pubblici, anche oltre ragione e convenienza, ed è proprio questo ad aver aperto nuovi orizzonti, non sempre scevri da pericoli. Abbiamo santificato la rete e addirittura spendiamo sempre più danaro pubblico nelle infrastrutture informatiche, quelle user-friendly per permetterci di stare connessi 24 ore al giorno, qualunque siano il nostro grado di cultura e la nostra disponibilità economica, ma, purtroppo, quale che sia il nostro livello di civiltà. Di qui non ci muoviamo e non potrà che andare peggio, dal punto di vista dei rischi di sempre maggiori intrusioni nella nostra sfera privata. Mica per niente, in molte organizzazioni criminali vengono ancora utilizzati i pizzini!

Anche in questo campo, ripetendo un errore di metodo e mancando di strategia, siamo proprio noi a sempre più inserire i nostri dati più personali, salvo poi lamentarci che qualche malfattore ne faccia un uso scorretto. Sarebbe come consigliare a tutti di lasciare sempre aperto l’uscio di casa, rafforzando però il pattugliamento da parte delle forze dell’ordine, piuttosto che raccomandare anzitutto di chiudere a chiave la porta di casa, e non soltanto quando noi non ci siamo. Per quanto ogni forma di censura sia sempre odiosa e mai giustificabile, escludendo quindi ogni sorta di controllo statale indiscriminato nei confronti dei suoi cittadini, non rimangono molti altri mezzi a nostra difesa.

Ma, allora, che facciamo? Se ognuno di noi può dire e fare ciò che preferisce (mi riferisco soprattutto alla nostra vita telematica) e si voglia evitarci di trovarsi nei guai, parrebbe ai legislatori europei che la soluzione adeguata sia il rispetto di una normativa contraddittoria e confusa che ci costringe a manifestare decine di consensi prima di poter cercare su internet il volantino del supermercato. È, in sostanza, il paradosso del “tutto possiamo tutti” nella più smaccata contraddizione del virgiliano “non omnia possumus omnes”, benché tornare all’epoca delle Bucoliche non si può di certo, ma ben più pericoloso sarebbe illuderci di non avere limite alcuno nell’uso di mezzi di comunicazione inimmaginabili soltanto una ventina d’anni fa. Dovrebbe quindi entrare in gioco il raziocinio, il prudente discernimento tra bene e male, l’autodeterminazione positiva del buon cittadino, il quale, lasciato, sì, libero si comunicare con chi vuole quando vuole e col mezzo che vuole come sancito dall’art. 21 della nostra Costituzione, ma molto spesso ciò non avviene.

Per quanto la presente analisi possa apparire troppo semplicistica, soprattutto agli occhi di chi fa della complicazione un’arte sopraffina, difficilmente si sfugge da questa criticità che le norme sulla protezione dei dati personali non dissipano affatto. La struttura intera della privacy, per chiamarla come la chiamano tutti, è basata, in sostanza, su un controllo preventivo (moduli e registri assolutamente non personalizzabili) ed una successiva valutazione, in molti casi soltanto eventuale (organi di controllo). Ma non si dimentichi che nessuno di noi ha veramente chiesto o votato tale normativa a tutela della riservatezza, avendone invece richieste inutilmente ben altre, come una legge chiara e severa che tuteli la nostra incolumità personale, che in ampie zone del Paese e delle nostre città non è affatto garantita. Guarda caso, la normativa sulla privacy ci è stata imposta dall’ineffabile Europa, sempre prodiga di leggi e regolamenti che controllino cosa e come ciascuno di noi faccia a casa propria.

Non fraintendiamo: chi scrive non sta caldeggiando la totale assenza di controlli nel mare magnum di internet, ma è il concetto di accountability, espressamente indicato dalla normativa europea GDPR, inteso come “patente di soggetto che rispetta la privacy” a non piacermi affatto. Per l’ennesima volta, se compili accuratamente un po’ di scartoffie senza nemmeno capire cosa vi è scritto sopra, ottieni l’etichetta di persona per bene, ossia autorizzata a fregiarsi della predetta accountability. Che poi a dichiarare circostanze falsissime nei formulari e nelle autocertificazioni siano la maggioranza assoluta di chi le compila, non importa proprio a nessuno. Da lì dobbiamo passare, ossia tra le forche caudine della burocrazia più resiliente ed autoreferenziale.

Concludo con un esempio che mi pare la prova lampante di ciò che ho provato ad esporre sinteticamente in questo sorvolo sulla materia della privacy. Aprite internet, un sito qualsiasi, e subito v’imbatterete nel formulario sulla privacy, altrimenti non potrete continuare la navigazione su quel sito. Apriamo la finestra a comparsa, piazzata al centro della pagina. Troveremo una lunga serie di autorizzazioni da concedere o negare al responsabile della pagina web, e non voglio nemmeno soffermarmi su quanto la lista dei punti specifici sia chiara. Ciò che è ridicolo ed impossibile da capire è il meccanismo del “Consenti” o “Nega” da darsi ad ogni singola autorizzazione, perché sulla maggioranza dei siti web se non confermate tutto (o quasi tutto) non s’illuminano i tasti che volete scegliere e quello che permette di salvare le preferenze e continuare a navigare sulla pagina, ma se cliccate su “acconsento a tutto”, tac! la finestra si chiude. Conseguenza pratica? Per non perdere mezz’ora a capire il meccanismo e fare prima, mettete tutti “si” ad ogni richiesta di consenso. Mettiamoci anche la questione logica che riguarda le doppie negazioni e la frittata è fatta. Provateci e ditemi se nessuno di voi non conceda tutte le autorizzazioni, senza nemmeno leggerle, almeno una volta al giorno, solo per praticità. Chi dovrebbe controllare c’è (la suddetta Autorità  Garante) ma lo fa davvero? Direi proprio di no, da quanto vedo persino su siti d’importanza internazionale.

E non parliamo dei social utilizzati dallo smartphone, perché non basterebbero molte altre pagine, ma il meccanismo è il medesimo. Più che il controllo dell’età minima (facilmente aggirabile) per togliere quella sconfortante cretinata di Tik Tok dalle mani dei bambini, bisognerebbe fare davvero di tutto perché gli smartphone non vengano dati loro in uso dai genitori. Ma, in questo caso, persino l’onnipresente Europa s’arrende. Siamo cresciuti senza smartphone e senza internet e posso dire di conoscere davvero pochissimi disadattati tra gli over 30. Stiamo esagerando con le scemenze. Altro che scioglimento dei ghiacciai! Un’ondata di totale stupidità diffusa ci sommergerà molto prima.

FONTE: http://www.atlanticoquotidiano.it/quotidiano/non-saranno-moduli-chilometrici-e-burocrazia-a-garantirci-la-nostra-privacy-ma-lautodifesa/

 

 

Norvegia: l’e-mail forward costa caro

Un dipendente, assente per malattia, scopre che il proprio datore di lavoro ha attivato il forward automatico della casella e-mail: multa da 40 mila euro alla società

L’autorità di controllo norvegese (Datatilsynet) ha recentemente emesso una sanzione nei confronti di un’organizzazione per avere attivato il forward automatico della casella e-mail all’insaputa di un dipendente, per un importo di 40 mila euro. Inoltre, è stato imposto all’organizzazione il riesame delle procedure di accesso alle caselle e-mail.

Sebbene la decisione sia tutt’ora in corso di definizione (dal momento che è stata oggetto di impugnazione), l’istruttoria ha evidenziato i punti fondamentali di non conformità con il GDPR e può essere validamente citata per una riflessione più ampia sulla gestione della casella e-mail di un dipendente assente, tenendo conto prima di tutto che è necessario tenere conto anche della legislazione e dei principi del diritto del lavoro nazionale applicabile.

Il fatto è stato piuttosto semplice: un dipendente assente per malattia ha scoperto che il proprio datore di lavoro ha attivato il forward automatico della casella e-mail per più di un mese. L’autorità di controllo ha così riscontrato una duplice violazione: sia sul fronte della normativa norvegese applicabile in materia di accesso alle informazioni del dipendente, sia sul fronte del GDPR. Quanto è emerso dall’attività istruttoria su questo ultimo punto, è stato il riscontro della violazione dell’obbligo di adottare una base giuridica valida, fornire le informazioni all’interessato e garantire l’esercizio del diritto di opposizione ai sensi dell’art. 21 GDPR.

Dal momento che la base giuridica per tale attività di trattamento dei dati personali è il legittimo interesse, il datore di lavoro in quanto soggetto titolare del trattamento avrebbe dovuto svolgere una corretta valutazione di sussistenza dello stesso. Ad esempio, attraverso lo svolgimento del three-part-test suggerito dall’ICO. In tal modo, avrebbe ben potuto individuare quella finalità lecita, specifica ed attuale che giustifica tale attività di trattamento anche in rapporto con le ragionevoli aspettative nutrite dall’interessato. Inoltre, nel considerare il bilanciamento dei diritti, avrebbe potuto ulteriormente indicare quali misure di salvaguardia predisporre a tutela dell’interessato, fra cui rientra certamente la trasparenza informativa.

Quali spunti di metodo è possibile trarre?

Certo, in caso di assenza prolungata del dipendente l’esigenza di un redirect o un forward della casella e-mail è indubbia e fuor di discussione. Tale esigenza datoriale deve però attuarsi con l’applicazione del principio di privacy by design, nella definizione di procedure e modalità di gestione delle caselle di posta elettronica (nonché delle utenze e degli accessi) in modo tale che siano conformi con la normativa in materia di protezione dei dati personali.

Solo un approccio preventivo alla gestione della compliance (GDPR, e non solo), che contempli anche un riesame periodico o in caso di modifiche di contesto (ad esempio, in relazione ai dipendenti in remote working), consente alle organizzazioni di mantenersi in regola anche con gli “imprevisti” di più varia natura.

FONTE: https://www.infosec.news/2021/02/15/news/riservatezza-dei-dati/norvegia-le-mail-forward-costa-caro/

FOLLIA CORONAVIRUS

Vivi in una città inquinata, con aria irrespirabile. Ti nutri da schifo e fai zero attività fisica, di conseguenza sei sovrappeso e hai un sistema immunitario ridicolo. Magari ti fumi anche mezzo pacchetto di sigarette al giorno o alzi il gomito spesso e volentieri. Al primo mal di testa o di stomaco ti cali qualsiasi medicina ti proponga la pubblicità in tv. E negli ultimi mesi sei diventato ulteriormente ipocondriaco. Sei infelice perché fai un lavoro che non ti piace o perché stressato, quindi sei perennemente frustrato e di cattivo umore. Ti piace tanto la frase “meglio un giorno da leone che cento da pecora” peccato che poi nella realtà ti senti al sicuro solo in mezzo al gregge. Rischi costantemente un infarto, un ictus o un tumore soprattutto a causa del tuo stile di vita malsano. Ma ehi… “guai a togliersi la mascherina e speriamo arrivi presti il vaccino miracoloso che ci salverà da tutti i mali”.

p.s. In Italia muoiono oggi anno circa 630mila persone.
Sopravvivi nel terrore da mesi per un virus che ha ucciso (forse, vista la mancanza di autopsie) 35mila persone con età media di 80 anni e il cui 96,1% con almeno un’importante patologia pregressa (fonte: Istituto Superiore di Sanità). Un virus che sugli attuali 14.500 contagiati italiani, ne obbliga 54 in terapia intensiva. E sui circa 50mila tamponi effettuati ogni giorno, ne fa risultare positivi tra lo 0,8 e l’1,2% (fonte: Lab24 – ilsole24ore).

p.s.2 Se pensi che io non abbia rispetto per le vittime ti sbagli di grosso: sono un giornalista indipendente ed è mio dovere analizzare i fatti in modo oggettivo cercando la verità. Quelli che non hanno rispetto sono coloro che da mesi strumentalizzano, manipolano e distorcono le notizie, continuando a fare terrorismo psicologico. Quello con cui, ti hanno fatto il lavaggio del cervello.

FONTE: https://www.matteogracis.it/follia-coronavirus/

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

Draghi non viene in pace: la condizione per il Recovery Fund è l’austerità

Mentre si lavora per assicurare al Presidente del Consiglio incaricato, Mario Draghi, la più ampia maggioranza parlamentare per dare vita – dieci anni dopo l’esperienza del Governo Monti – all’ennesimo governo tecnico, sul piano comunicativo si ripete come un mantra il seguente messaggio: “Monti è stato chiamato per tagliare la spesa, Draghi invece è stato chiamato per spendere le risorse concesse all’Italia dall’Unione Europea”. Questo mantra veicola una rassicurazione tutta politica: “Non temete, l’esperienza tragica della macelleria sociale operata da Monti non si ripeterà; al contrario, Draghi viene in pace per spendere nel migliore dei modi possibili quei fiumi di denaro che le istituzioni europee elargiscono”. Sembrerebbe un ottimo auspicio. Purtroppo, si tratta di volgare propaganda, come è evidente se si passa dal piano comunicativo alla materialità dei documenti istituzionali che, nero su bianco, disciplinano il funzionamento del Recovery Fund.

La falsa rassicurazione circa il compito assegnato al Governo Draghi poggia su due assunti. Il primo assunto, esplicito, è che l’Italia possa beneficiare di un trasferimento di risorse di entità straordinaria da parte dell’Unione Europea: ci troveremmo letteralmente ricoperti d’oro, o meglio di euro, ed avremmo solo il bellissimo problema di come spendere bene questi soldi piovuti da Bruxelles. Il secondo assunto, implicito, è che – proprio mentre scorrono questi fiumi di denaro – le istituzioni europee abbiano abbandonato il paradigma dell’austerità, che ne ha caratterizzato storicamente l’operato: saremmo insomma liberi dai fatidici vincoli alla spesa pubblica, e potremmo spendere e spandere per rilanciare l’economia ed arginare la crisi pandemica. Da questi due assunti discende la tesi, che è la narrazione dominante sul ruolo di Mario Draghi, secondo cui il Premier incaricato non farebbe altro che mettere al servizio dell’Italia la sua competenza, utile a sfruttare la congiuntura astrale dell’abbattimento dei vincoli fiscali (sospensione del Patto di Stabilità) e monetari (i soldi del Recovery Fund).

Abbiamo già avuto modo di trattare in maniera approfondita il primo assunto, che ad un’attenta analisi si rivela palesemente falso, come confermato anche da acuti osservatori. La narrativa dominante vorrebbe che l’Italia beneficiasse di 209 miliardi di euro, una cifra apparentemente consistente. Ma basta entrare nel dettaglio per scoprire che 1) quel denaro si suddivide su sei anni, 2) in buona parte va a sostituire altre spese già presenti nel Bilancio dello Stato, 3) deve essere considerato al netto dei trasferimenti che l’Italia sarà chiamata ad effettuare nei confronti delle istituzioni europee, sia per quanto riguarda il Recovery Fund, sia per quanto concerne il Quadro Finanziario Pluriennale. E come per magia, dalla cifra astronomica di 209 miliardi di euro si passa ad ipotizzare un ammontare inferiore a 10 miliardi di euro all’anno per i prossimi sei anni, compresa verosimilmente tra i 6 e gli 8 miliardi annui, pur considerando una stima ottimistica circa i risparmi sugli interessi dei prestiti, oltre ai trasferimenti netti.

Per capire se queste risorse sono un fiume di denaro, un’occasione imperdibile, una novità di portata storica, abbiamo bisogno di un termine di paragone. Nei primi dodici mesi di pandemia, l’Italia ha speso circa 165 miliardi di euro, 108 nel 2020 a cui si aggiungono i 32 miliardi dell’ultimo Decreto Ristori e i 24 miliardi della Legge di Bilancio 2021. Una cifra che si è comunque rivelata insufficiente per fronteggiare la crisi sanitaria, economica e sociale, come dimostrano gli oltre 90.000 morti per Covid-19, gli oltre 400mila lavoratori e lavoratrici che hanno perso il posto, i settori economici entrati in crisi e le scuole chiuse. Dunque, quando gli 8 miliardi di euro (siamo ottimisti!) vengono raffrontati ai 165 già spesi, ci rivelano la loro reale portata: il Recovery Fund mette a disposizione dell’Italia una cifra a dir poco esigua rispetto alle esigenze imposte da una pandemia che, solo nel suo primo anno, ha cancellato oltre 160 miliardi di euro di PIL.

Il secondo assunto, per cui saremmo fuori dal paradigma dell’austerità, è stato seppellito definitamente martedì 9 febbraio, quando il Parlamento europeo ha varato l’ultima bozza di Regolamento del Recovery Fund, per l’occasione sostenuto anche dai voti favorevoli degli europarlamentari leghisti, finora intrappolati nella comica parte degli eroici difensori degli interessi nazionali contro le ingerenze europee. Ebbene, all’art. 10, il Regolamento ci dice chiaramente che: “La Commissione presenta al Consiglio una proposta di sospensione totale o parziale degli impegni o dei pagamenti qualora il Consiglio, … decida che uno Stato membro non ha adottato misure efficaci per correggere il disavanzo eccessivo, a meno che non abbia determinato l’esistenza di una grave recessione economica dell’Unione nel suo complesso”.

Questo significa, oltre ogni ragionevole dubbio, che i soldi del Recovery Fund saranno concessi solo in cambio di misure di austerità, ovvero “misure efficaci per correggere il disavanzo eccessivo” nel linguaggio che tanto piace ai tecnici. Ricordiamoci che le risorse del Recovery Fund arriveranno nel corso di sei anni: non appena saremo fuori dalla fase emergenziale, verrà ripristinato in pieno il controllo dei conti pubblici. Quei fatidici 8 miliardi all’anno diventeranno l’unico lumicino di spesa consentito all’interno di un quadro di finanza pubblica costretto nelle maglie dell’austerità dal Regolamento che disciplina il funzionamento dello stesso Recovery Fund. Ogni euro gentilmente concesso all’Italia ci impedirà di spendere 10, 20, 100 euro in disavanzo che sarebbero necessari per affrontare seriamente la crisi. È il ricatto della condizionalità: le istituzioni europee vincolano con i loro aiuti l’operato dei governi nazionali per realizzare un disegno politico, l’austerità, che mira ad abbattere anche gli ultimi residui di stato sociale presenti nel nostro Paese.In conclusione, l’idea per cui il Governo Draghi sarebbe radicalmente diverso dal Governo Monti si rivela totalmente infondata per due motivi. In primo luogo, non c’è alcun fiume di denaro che scorre da Bruxelles a Roma, ma solo una mancetta per i partiti che sono chiamati a garantire stabilità parlamentare e pace sociale in vista dell’applicazione di misure draconiane. In secondo luogo, quella mancetta è però sufficiente a legare le mani per i prossimi anni a qualsiasi futuro Governo, che sarà vincolato al rigido rispetto dell’austerità dal Regolamento del Recovery Plan. Fuori da ogni retorica rassicurante, Draghi viene a fare quello che i tecnici hanno sempre fatto: la macelleria sociale, ma con tanta competenza.

FONTE: https://coniarerivolta.org/2021/02/12/draghi-non-viene-in-pace-la-condizione-per-il-recovery-fund-e-lausterita/

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

FONTE: https://it.gatestoneinstitute.org/16956/israele-campagna-vaccinale

 

 

 

Bel tiro, Lavrov

Repressione in occidente, ministro russo denuncia censura youtube

Lavrov ha inviato a Borrell un video che ritraeva la repressione delle manifestazioni non autorizzate nei paesi dell’ Europa occidentale. Il documento è stato caricato sul canale Youtube del Ministero degli Esteri Russo. Youtube l’ha prontamente rimosso.

colonelcassad.livejournal.com/6545312.html

DAL CANALE TELEGRAM
t.me/lamiarussia

XY, 1
[Forwarded from XY]
Estratto dal precedente:

Massacro diplomatico a Mosca: umiliato non solo Borrell, ma l’intera Unione europea!!!

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/bel-tiro-lavrov/

Mysterious Weapon Knocked Out Syrian Army Battle Tank In Southern Idlib

Tyler Durden's Photo

BY TYLER DURDEN
SUNDAY, FEB 14, 2021 – 7:00

Via SouthFront.org,

On February 12, a mysterious weapon knocked out a battle tank of the Syrian Arab Army (SAA) in the southern Idlib countryside.

The battle tank blew up in the early morning hours after being hit with an unknown object. The battle tank was situated south of the government-held town of Ma`arat al-Nu`man, way behind the frontline.

Opposition sources reported the incident, with some claiming that the battle tank was hit with an artillery round fired by Greater Idlib militants.

However, this high-level of accuracy is nearly impossible to achieve with unguided artillery rounds. The battle tank was also situated beyond the militants’ line of sight.

The battle tank may have been targeted by one of the Turkish combat drones which operate over Greater Idlib on a regular basis. Another possibility is that the battle tank was struck with a laser-guided artillery shell or rocket, after being illuminated by a Turkish drone.

Last year, Turkey’s ROKETSA revealed its TRLG-230 laser-guided rocket system. The system was successfully deployed against Armenian forces during the 2020 Nagorno-Karabakh war. The Syrian battle tank may have been struck with the TRLG-230 or a similar system.

VIDEO QUI: https://youtu.be/XJ6NW2uHhfo

The Turkish military maintains more than 60 posts, camps and bases throughout Greater Idlib. Heavy weapons, similar to the TRLG-230, are deployed in most of these positions.

In any case, the strike represents a serious escalation by Turkey and a violation of the agreement signed with Russian on March 5, 2020. Ankara forces engaged in a fierce confrontation with the SAA and its allies last year to stop them from neutralizing the remaining terrorist groups in Greater Idlib.

FONTE: https://www.zerohedge.com/geopolitical/mysterious-weapon-knocked-out-syrian-army-battle-tank-southern-idlib

 

 

 

CULTURA

IL DRAGO: MITO E SIMBOLO

di Carla Amirante

Relazione al Convegno internazionale Il simbolo nel mito attraverso gli studi del Novecento, Recanati – Ancona ottobre 2006 – Pubblicata nell’omonimo volume di Atti del Convegno, Ancona 2008

Abstract

Il saggio prende in esame la figura del Drago sottolineando la sua origine antichissima – addirittura preistorica – e la sua longevità, che gli ha permesso di giungere fino ai nostri giorni come personaggio mitico simbolo di forza e potenza.

La sua presenza nel passato, anche come divinità, presso tutte le genti del globo è stata caratterizzata in maniera differente, nelle varie epoche storiche e diverse aree

geografiche, per quanto riguarda sia il suo aspetto fisico, sia i suoi tratti psicologici ed intellettuali. Questa varietà di significati di cui è stato caricato, ora come immagine negativa di violenza bruta, primordiale e distruttiva, ora come personificazione di qualità positive, ha permesso a questo animale mitico di nascere con certezza più di seimila anni fa, di giungere vitale ai nostri giorni e di entrare nell‟epoca del futuro in ottima forma come protagonista di storie fantastiche.

Il suo percorso storico, dopo una prima apparizione in epoca preistorica, incomincia con le prime civiltà mesopotamiche ed egizia e prosegue con i Greci, gli Ebrei e le popolazioni del Nord-Europa. Ovviamente si è posta un’attenzione particolare alla cultura dell’Estremo-Oriente, Cina e Giappone, dove il Drago è stato venerato e profondamente sentito, entrando addirittura nel vissuto quotidiano. Infine non si sono volute trascurare le credenze dei popoli ancora primitivi alla fine dell‟800.

La ricerca termina con un rapido excursus sul drago nell’arte, incluso il settore cinematografico.

Generalità

  Il Drago è un animale decisamente fuori dal comune, è l’essere favoloso e grandioso per eccellenza, che raccoglie in sé elementi sia positivi che negativi a seconda delle epoche storiche o dei luoghi geografici presi in esame. Esso, nelle molte storie in cui è presente, non figura come il primo attore ma sicuramente come un comprimario molto importante, ed è sempre una figura di grande prestigio ed autorevolezza che non va sottovalutato mai, sia che agisca a fin di bene sia che procuri devastazioni e morti.

  Il termine drago deriva dalla parola greca drákōn, che a sua volta prende origine dal verbo dérkesthai che significa “guardare”, e dalla parola latina drăco (nom.), dracōnen (acc.): entrambi i termini si pongono in relazione con la vista, infatti una delle caratteristiche più importanti del Drago è quella di possedere uno sguardo acutissimo e paralizzante.

  La sua vita è lunghissima perché inizia in tempi lontanissimi e giunge fino ai tempi nostri rinverdita dal cinema, dalla televisione e dalla narrativa Fantasy. La sua nascita si perde nella notte dei tempi ed è coeva a quella delle divinità più antiche con le quali spesso si trova in lotta per il dominio del mondo. Il suo aspetto del resto, a testimonianza della sua antichità, è molto simile agli unici draghi veramente esistiti, che sono stati i dinosauri, vissuti nel mesozoico, circa cento milioni di anni prima dell’uomo ed estintisi alla fine del cretaceo (65 milioni di anni fa). La credenza della loro reale esistenza si può spiegare, secondo la teoria di F. Dacque, in una memoria originaria di essi che si sia fissata nel DNA dell‟uomo anche se quest’ultimo è venuto al mondo molto tempo dopo.

  Vi può essere anche un’altra teoria che spieghi simile credenza, basata sul fatto che in vari luoghi della terra sono state rinvenute ossa e carcasse di giganteschi animali preistorici. Questi ritrovamenti, inspiegabili per gli uomini del tempo antico hanno creato la leggenda dell‟esistenza del Drago.

  Possiamo anche pensare ad una visione della natura fantasiosa e poetica, doti che certo non mancavano negli uomini primitivi, che hanno voluto vedere nelle forme particolari delle montagne, dei fiumi od anche delle nuvole delle figure straordinarie e favolose simili a persone o animali fantastici, tra cui il Drago.

  Il Drago ha caratteristiche fisiche multiformi: infatti, benché sia in origine nato con sembianze di gigantesco rettile, con il trascorrere dei secoli ha assunto forme più complesse, frutto della fantasia dei vari popoli: converrà quindi prendere in esame tutte le sue diverse manifestazioni.

  La sua prima apparizione sulla scena dell’immaginario umano è quella di enorme serpente, ed infatti la costellazione, che da lui prende il nome di Drago, ha proprio la forma di un lungo rettile ed occupa un posto astronomico di vitale importanza, perché, a causa della precessione degli equinozi, il polo celeste compie ogni 25765 anni il giro completo di una circonferenza il cui centro si trova sul dorso di questa costellazione. Inoltre i due nodi, quello ascendente e quello discendente, i punti degli equinozi, erano visti come la testa e la coda del Drago: il primo è il punto in cui il Sole, all‟inizio della primavera, interseca l’equatore celeste ed il secondo, quello in

cui sempre questo astro lo incrocia di nuovo in autunno, ed inoltre in questi punti le orbite dei pianeti e della Luna si incontrano con l’eclittica dando luogo alle eclissi di Sole. Sappiamo quanto gli uomini antichi fossero superstiziosi e dessero grande importanza ai fenomeni astronomici, per cui nelle eclissi di Sole immaginavano che il Drago divorasse la Luna. Sempre legati all‟immagine del serpente furono i nomi scelti per indicare le stelle più brillanti della costellazione: Eltanin, dall’arabo al-tinnin, “il serpente”, e  Thuban, “la testa del serpente”.

  In seguito da enorme serpente primordiale, esso divenne prima mostro marino od altro animale mostruoso, poi, con le civiltà che si evolvevano e tendevano ad antropomorfizzare la natura ed i suoi fenomeni, un essere metà uomo e metà bestia, fino a nascondersi sotto sembianze umane; perciò il suo percorso evolutivo è stato molto eterogeneo: in principio serpente, poi animale di enormi dimensioni e di fattezze mostruose tali da incutere grande terrore, in seguito coccodrillo alato che sputava lingue di fuoco, ed infine uomo o donna nell‟aspetto esteriore.

 Ci sono stati Draghi che, oltre ad avere il corpo di grosso e lungo serpente, hanno avuto le fauci di un coccodrillo, con le corna sulla testa, ma senza zampe ed ali. Altri invece sono completi di tutto, possiedono da due a quattro zampe, due ali, un corpo ricoperto da una corazza di squame che li protegge dai colpi dei nemici rendendoli invincibili, molte teste, che una volta tagliate ricrescono, una cresta dentellata lungo il dorso, lingua e coda biforcute ed inoltre sputano fuoco e fiamme dalla bocca e dalle narici.

  I Draghi celesti, soprattutto di origine cinese, sono provvisti di grandi ali che permettono loro di volare molto in alto e velocemente sino al sole.

Ci sono inoltre varie suddivisioni tra i draghi in base al loro colore, bianco, nero, rosso ecc. oppure in base alle loro scaglie d’oro, d’argento, di bronzo ecc. ed ancora suddivisioni a seconda che le scaglie siano formate da pietre preziose come lo smeraldo, il rubino, l’ametista ecc. . La dimora del Drago può essere, in relazione alla sua struttura fisica, il cielo come l‟abisso dei mari, una profonda caverna, una pianura desolata, un vulcano in piena attività, un bosco, perché egli è, a seconda dei casi, un animale celeste, terrestre o acquatico.

  Queste caratteristiche fisiche hanno un significato ben preciso: in base ai colori ed alla materia di cui sono fatti, i draghi hanno infatti doti diverse, poteri particolari.

Se le differenze in base all’aspetto esteriore possono essere molte, in comune hanno la vista acutissima, lo sguardo paralizzante, l‟udito molto fine ed un olfatto eccezionale, gli artigli e zanne capaci di sgretolare torri, mura e rocce. Altra caratteristica molto importante di questo animale è la sua capacità di nascondersi sotto diverse sembianze comprese quelle umane, come quelle di un bel giovane o di una graziosa vergine, per meglio raggiungere i suoi scopi non sempre encomiabili; ma per poter usare il suo soffio pestifero e mortale deve riacquistare il suo vero aspetto.

  Abbiamo visto sia gli aspetti esteriori diversi che quelli comuni e questa varietà di caratteri riaffiora anche nella personalità del Drago, che in Cina ed in estremo Oriente in genere è un‟entità positiva e si presenta come un essere saggio e sapiente, mentre mano a mano che ci si sposta verso l’Occidente e l’Europa esso perde gli aspetti buoni e diviene addirittura simbolo del male, sotto le cui sembianze si può nascondere il diavolo stesso.

  Si può dire che il Drago incarna negli aspetti positivi i simboli della forza, della sapienza nel dare saggi 

Continua qui: https://www.academia.edu/39642169/Il_Drago_mito_e_simbolo

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

CAVALCARE LE LEGGI DEL CAOS PER DIVENTARE SAPIENS SAPIENS SAPIENS – Alessandro Meluzzi

VIDEO QUI: https://www.youtube.com/watch?v=I89Sd-ed-kc

Lo psichiatra e criminologo Alessandro Meluzzi è intervenuto su Byoblu in occasione del giuramento di Mario Draghi e della nuova squadra di Governo, commentando le prospettive che attendono l’uomo nel prossimo futuro. “Io credo che in breve tempo, un po’ come in certi film distopici, vivremo in un contesto di fantascienza nel quale aprire un libro di filosofia, studiare Platone, studiare Hegel, studiare Bergson, prendere in mano la poesia dei trovadori provenzali, quella dei grandi poemi di Tasso e di Ariosto e gli scritti di Machiavelli e di Guicciardini verrà considerato eversivo” ha così commentato Meluzzi.

“E probabilmente questa nuova specie di macchine venute male, che siamo noi, possiamo considerarci come macchine devianti da un certo modello precostituito e potremo tentare di diventare i sapiens sapiens sapiens alternativi. Perché i sapiens sapiens sapiens sono ora quelli che governano il mondo, i maniera più o meno visibile i Rotschild, i RockefellerElon Musk i Warburg e cioè sono una specie più evoluta. Però sono pochi e vogliono controllare tutto. Ci sono dei modelli venuti male, come noi, che devono cercare di resistere. Il nostro compito sarà quello di cavalcare le leggi dell’entropia e del caos per cercare di sopravvivere, insegnando il greco, il latino, i lirici greci, la filosofia medievale fino ad arrivare alla grande letteratura dei Cervantes e dei Goethe, a dei giovani ridotti a zombie. Se riusciremo a fare questo avremo già svolto il nostro compito evolutivo nella storia dell’umanità e della post umanità” ha infine aggiunto Meluzzi.

FONTE: https://www.byoblu.com/2021/02/15/cavalcare-le-leggi-del-caos-per-diventare-sapiens-sapiens-sapiens-alessandro-meluzzi/

 

 

 

ECONOMIA

CAMPAGNA PER LA SALVEZZA ECONOMICA DELL’ITALIA

 posted by 

di Francesco Cappello

Seminare domande intervista Antonella Lattuada presidente di Italia che lavora La voce delle Partite IVA

Continua la guerra al massacro delle micro e piccole imprese. Pressione fiscale insostenibile. Burocrazia incontentabile e paralizzante. Banche nemiche. La distruzione creatrice di Draghi. Le proposte della Campagna per la salvezza economica dell’Italia

Abbiamo le soluzioni per disporre del denaro necessario per tutti coloro che ne hanno bisogno, per ridurre il cuneo fiscale a carico delle imprese, per aumentare i salari troppo bassi, per rilanciare l’economia;
Intendiamo respingere le cartelle fiscali arretrate, presenti e future ricorrendo alla Corte Costituzionale;
Ogni persona ha diritto al lavoro. Perseguiremo la classe politica italiana per violazione dei diritti umani di fronte al Tribunale Permanente dei Popoli.

Con Antonella Lattuada, Presidente di ITALIA CHE LAVORA, presentiamo la CAMPAGNA PER LA SALVEZZA ECONOMICA DELL’ITALIA promossa dall’associazione in difesa delle partite IVA

Collegamenti
https://www.italiachelavora.org/
pagina facebook di ICL
https://www.facebook.com/groups/356995325316408

VIDEO QUI: https://youtu.be/zbeHlpKCbTo

FONTE: https://scenarieconomici.it/campagna-per-la-salvezza-economica-dellitalia/

 

 

 

Spread apre in calo a 89,7 con il governo Draghi

Spread apre in calo a 89,7 con il governo Draghi

Apertura in calo per lo spread tra Btp decennali e omologhi bund tedeschi sotto i 90 punti a 89,7, conto i 91 punti della chiusura di venerdi’. Il rendimento dei titoli italiani si attesta allo 0,504%, dopo aver toccato venerdi’ il nuovo minimo storico allo 0,426%.

Dopo il giuramento e il primo Cdm di sabato, il premier Mario Draghi e la sua squadra di ministri sono al lavoro sui prossimi dossier, da quello sanitario a quello economico. Per il neo presidente del Consiglio il prossimo appuntamento istituzionale e’ mercoledi’ per la fiducia al Senato, mentre oggi all’Eurogruppo debutta il ministro dell’Economia, Daniele Franco. La riunione si tiene in videoconferenza. 

FONTE: https://www.affaritaliani.it/economia/spread-apre-in-calo-a-897-con-il-governo-draghi-722936.html

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Le carte di credito stanno per cambiare per colpa del Covid e di TikTok

Dopo decenni le carte di credito e di debito stanno per cambiare forma, ecco come e perché saranno diverse.

pagamenti elettronici stanno pian piano superando quelli con il contante, sia negli Stati Uniti che in Europa (Italia inclusa) e, tra di essi, stanno crescendo i pagamenti contactless: non è più necessario inserire la carta di credito o di debito nel POS, basta avvicinarla per pagare (e, da quest’anno, ci sono nuovi limiti e soglie per questi pagamenti).

Questi cambiamenti nei pagamenti quotidiani stanno per portare a nuovi e ulteriori cambiamenti nelle carte di credito che, tra pochi anni, non saranno più come oggi le conosciamo. I primi esperimenti risalgono già al 2018, negli Stati Uniti, ma adesso i maggiori player del mercato dei pagamenti elettronici sembrano essersi convinti ad andare avanti. Di che cosa stiamo parlando? Dell’aspetto delle carte di credito che, dopo decenni, a breve sarà modificato: le carte di credito del futuro, infatti, avranno un design verticale e non più orizzontale. A spingere i circuiti di pagamento e le banche in questa direzione sono stati il Covid e la diffusione di app per smartphone come Instagram e TikTok.

Perché le carte di credito stanno per cambiare

Il punto di partenza del prossimo cambiamento nella forma e design delle carte di credito è l’adozione massiccia dei pagamenti contactless, stimolata moltissimo negli ultimi mesi dall’emergenza Covid-19 che ha suggerito a molti di mantenere la distanza di sicurezza anche durante il pagamento.

Partendo da questo presupposto, nasce una nuova esigenza tecnica: rendere più efficace il pagamento contactless, a scapito di quello con contatto tra carta e POS. Già da tempo non è più necessario “strisciare” la carta, grazie al chip integrato, e adesso si sta lavorando per migliorare la trasmissione wireless tra carta e POS.

Le carte di credito e di debito che possono essere utilizzate con i lettori contactless hanno un piccolo simbolo che assomiglia al logo del Wi-Fi e sono dotate, al loro interno, di antenne che permettono la comunicazione entro i 3-5 centimetri dal un terminale di pagamento.

Queste antenne non si vedono all’esterno, ma solitamente sono posizionate lungo tutto il perimetro della carta di pagamento contactless. Con il design attuale, quindi, il possessore della carta non può avere certezza del punto in cui sono posizionate le antenne e, di conseguenza, è molto probabile che tenendo in mano la carta tocchi almeno parte del perimetro sotto cui l’antenna è posizionata.

Per questo, molto spesso, quando il contactless non funziona si prende la carta dai bordi tenendola tra pollice e indice e, come per magia, il pagamento passa. Bastava non toccare l’antenna.

Come saranno le nuove carte di credito

Tutto ciò rende chiaro il motivo per cui i grandi circuiti internazionali di pagamento e le banche stanno per introdurre nuove carte di credito con design verticale e non orizzontale: in questo modo è possibile concentrare l’antenna nell’area tutto intorno al chip, lasciando libera l’altra parte della carta affinché l’utilizzatore possa tenerla comodamente senza fare schermo all’antenna.

Un primo esperimento con questo design c’è stato già nel 2018 in America, con Discovery Bank. Ancor prima ci aveva pensato PayPal a creare una carta di debito ricaricabile con design verticale. Da gennaio 2021 Bank of America ha iniziato a distribuire ai suoi clienti le prime carte verticali.

Come Instagram e TikTok

Infine, oltre a motivi tecnici e sanitari, la rivoluzione delle carte di credito e di debito in arrivo nei prossimi mesi ha anche motivi psicologici.

Daniela Jorge, vice presidente del design di PayPal Holding, in una intervista rilasciata a Bloomberg ha spiegato chiaramente: “L’orientamento verticale ha origine da come il cliente maneggia la carta. E con app come Instagram e TikTok il mondo intorno a noi si sta abituando all’orientamento verticale“.

FONTE: https://tecnologia.libero.it/carte-di-credito-verticali-42473

 

 

 

 

La BCE bacchetta il Governo sui contanti

Febbraio 15, 2021 posted by Fabio Conditi

La BCE ha bacchettato il Governo italiano per ben due volte sulla limitazione dei contanti, motivando le sue critiche con una questione controversa che la maggior parte delle persone non conosce e che gli esperti economici ignorano o nascondono : i contanti sono oggi l’unica moneta a corso legale che abbiamo in Italia e l’unica in grado di estinguere automaticamente ed obbligatoriamente un debito.

La moneta a corso legale

Per dipanare questa matassa tecnico-giuridica partiamo da un vecchio articolo scritto su questo argomento dall’Avv. Antonio Tanza che ringrazio per la consueta precisione giuridica nell’analizzare questo delicatissimo problema https://www.istitutopuglieseconsumo.it/il-conto-in-banca-e-obbligatorio/.

Riassumo le considerazioni dell’Avv. Antonio Tanza:

  • Lo Stato ci ha praticamente obbligato ad avere un conto corrente, perché ha abolito da anni il contante per l’accredito dello stipendio e per il pagamento delle tasse. Ma ciò è illegale;
  • 1277 Codice Civile “I debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale”;
  • Art 693 Codice Penale “Chiunque rifiuta di ricevere, per il loro valore, monete aventi corso legale nello Stato, è punito con la sanzione amministrativa fino a trenta euro”;
  • Le leggi dello Stato italiano sono chiare: i pagamenti si effettuano con la MONETA A CORSO LEGALE e nessuno può rifiutarsi di ricevere la MONETA A CORSO LEGALE;
  • La Banca d’Italia sostiene che “L’unica forma di moneta legale è la moneta CONTANTE emessa da una banca centrale – per l’euro la Banca Centrale Europea (BCE)”;
  • Dice sempre la Banca d’Italia che “La moneta scritturale bancaria [ovvero la moneta elettronica bancaria] è una forma di MONETA PRIVATA”. è una moneta privata che porta LUCRO alle banche;
  • Quindi l’unica moneta a corso legale è il CONTANTE e nessuno può rifiutarsi di ricevere denaro CONTANTE per i pagamenti, mentre la moneta elettronica bancaria non è una moneta a corso legale e quindi è ad accettazione volontaria.

L’opinione della Cassazione

Questa questione è stata recentemente chiarita anche dalla Cassazione che con la sentenza n.26617 del 18/12/2007 ha specificato che “il debitore ha facoltà di pagare, a sua scelta, in MONETA AVENTE CORSO LEGALE nello Stato o mediante consegna di ASSEGNO CIRCOLARE; nel primo caso il creditore non può rifiutare il pagamento, come, invece, può nel secondo solo per giustificato motivo da valutare secondo la regola della correttezza e della buona fede oggettiva”.

Specifica poi che per i contanti “l’estinzione dell’obbligazione con l’effetto liberatorio del debitore si verifica nel primo caso con la consegna della moneta”, mentre nel caso di un assegno circolare il debito è estinto solo “quando il creditore acquista concretamente la disponibilità giuridica della somma di denaro, ricadendo sul debitore il rischio di inconvertibilità dell’assegno”.

In conclusione la Cassazione conferma quanto sopra esposto dall’Avv. Tanza:

  • i contanti sono moneta a corso legale e ad accettazione obbligatoria, quindi estinguono il debito subito ed automaticamente;
  • la moneta elettronica bancaria è ad accettazione volontaria ed estingue il debito se e solo se “il creditore acquista concretamente la disponibilità giuridica della somma di denaro”.

L’opinione della BCE nella lettera del 13 dicembre 2019

La BCE si è espressa più volte su questo tema, soprattutto in concomitanza di provvedimenti del Governo italiano in merito alle limitazioni nell’uso dei contanti o all’introduzione del cashback, vediamo di elencare le lettere principali:

La lettera più completa è quella del 13 dicembre 2019, per cui è ad essa che farò riferimento, ma gli stessi concetti sono ribaditi anche nelle altre lettere.

La BCE chiarisce subito all’inizio della lettera perché deve essere consultata sulle materie riguardanti i mezzi di pagamento in moneta a corso legale:

  • le autorità nazionali sono tenute a consultare la BCE su progetti di disposizioni legislative che rientrino nelle sue competenze, comprese, in particolare, quelle relative a mezzi di pagamento;
  • La BCE chiede di essere consultata in virtù della propria competenza consultiva ai sensi del TFUE.

Da evidenziare il carattere “consultivo” delle competenze della BCE sui mezzi di pagamento, tant’è che in tutte e tre le occasioni il Governo ha mantenuto e proseguito ad imporre limitazioni all’uso dei contanti, senza prendere minimamente in considerazione i pareri espressi dalla BCE, che implicitamente riconosce che è lo Stato ad avere competenza esclusiva in materia monetaria, come prevede giustamente l’art.117 della nostra Costituzione al punto e).

La BCE scende poi nel merito dei provvedimenti del Governo sulle limitazione dei contanti, evidenziando il suo parere consultivo:

  • Primo, l’accettazione dei pagamenti in contanti deve costituire la norma, ma è consentito introdurre una restrizione all’obbligo di accettare pagamenti in contanti in euro, stabilendo condizioni perché il corso legale delle banconote e delle monete in euro sia rispettato;
  • Secondo, le limitazioni ai pagamenti in contanti devono rispettare il corso legale delle banconote in euro, a condizione che esistano altri mezzi legali di estinzione dei debiti pecuniari;
  • Terzo, in uno Stato membro possono esistere altri mezzi legali di estinzione dei debiti pecuniari diversi dai pagamenti in contanti, ma è necessario verificare la loro disponibilità in tutti gli strati della società, a costi comparabili con i pagamenti in contanti;
  • Quarto, le limitazioni ai pagamenti in contanti devono rispettare il corso legale delle banconote in euro sancito negli articoli 128, paragrafo 1, e 282, paragrafo 3, del TFUE, dimostrando chiaramente che tali limitazioni permettano, di fatto, di conseguire la dichiarata finalità pubblica della lotta all’evasione fiscale;
  • Quinto, ci deve però essere una proporzione tra le limitazioni ai pagamenti in contanti e gli obiettivi perseguiti;
  • Sesto, il pagamento in contanti è importante per taluni gruppi sociali perché è ampiamente accettato, è rapido e agevola il controllo sulla spesa di chi paga, regola istantaneamente un’operazione ed è l’unico metodo di regolamento in denaro di banca centrale e al valore nominale, non ha costi per il suo utilizzo, non richiede un’infrastruttura tecnica funzionale con i relativi investimenti ed è sempre disponibile;
  • Settimo, i pagamenti in contanti di importo elevato si espongono al pericolo del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, ma per i soggetti che commerciano beni e sono obbligati a misure di verifica della clientela, il limite può essere portato a 10.000 euro.

Importante ciò che viene riassunto nella lettera del 14 dicembre 2020:

  • La BCE desidera ricordare che ai sensi del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il Sistema europeo di banche centrali (SEBC) è tenuto ad agire, tra l’altro, conformemente al principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo un’efficace allocazione delle risorse;
  • Il SEBC ha il compito fondamentale di promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento e la BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell’Unione;
  • Le banconote in euro emesse dalla BCE e dalle banche centrali nazionali dell’area dell’euro sono le uniche ad avere corso legale nell’area dell’euro.

Da notare che l’unico diritto esclusivo della BCE è l’emissione delle banconote in euro, su tutti gli altri sistemi di pagamento in euro il suo parere è solamente consultivo, come dimostrano queste lettere e le conseguenze che hanno prodotto in Italia.

Come abbiamo sempre evidenziato e dimostrato, la sovranità monetaria è dello Stato italiano, che è l’unico che può decidere sulle questioni monetarie, con la sola eccezione delle banconote in euro.

Perché LORO non molleranno facilmente, ma NOI NON MOLLEREMO MAI.

© Fabio Conditi – Presidente dell’associazione Moneta Positiva

FONTE: https://scenarieconomici.it/la-bce-bacchetta-il-governo-sui-contanti/

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

Roma, 15 feb. (Adnkronos) – “Emerge un quadro di evidenze che dimostra come le diverse mafie operano assieme, come unica entità”. Lo dice in un’intervista all’Istituto di studi politici economici e sociali dell’Eurispes, il procuratore anti-mafia e anti-terrorismo Federico Cafiero De Raho che rimarca: “è necessario un ulteriore passo in avanti, gli uffici e gli organi deputati al contrasto devono condividere informazioni e lavorare sempre di più in sinergia”. “La mafia, la ’ndrangheta, la camorra, la mafia foggiana, mafia del Gargano, nascono su specifici territori per poi proiettarsi altrove – spiega De Raho – Questo è il segno della loro forza, costituire proprie cellule che sono cosche, ’ndrine, clan in altre regioni d’Italia. A questo segue la proiezione delle strutture economiche che operano su tutto il territorio nazionale per reinvestire e occultare i capitali accumulati. Quindi, da una parte il controllo del territorio di provenienza anche attraverso l’uso della forza, e dall’altra parte il controllo dell’economia nei territori che vengono infiltrati”. “Il salto di qualità – prosegue – è quando si superano i confini nazionali, quando la proiezione è di livello europeo e oltre oceano. America del Nord tanto quanto l’America del Sud: ecco che diventa chiara la proiezione globale delle mafie. Una rete criminale che non ha confini o frontiere. Le forme che utilizzano sono le più avanzate del mondo finanziario. Società costituite in paesi che non hanno legislazioni stringenti nel contrasto alla criminalità organizzata e alle sue infiltrazioni nell’economia. Si muovono in territori dove la legge è più debole. Noi dovremmo parlare di paradisi ‘normativi’, piuttosto che di paradisi ‘fiscali’. Sono quei paesi dove le mafie hanno una specifica capacità nel riuscire a piegare le norme o aggirarle, sfruttando le falle dei sistemi internazionali”.
FONTE: https://www.affaritaliani.it/notiziario/mafia_de_raho_criminalita_organizzate_operano_insieme_come_unica_entita-184894.html

 

 

TRUFFE VIA E-MAIL: IL PHISHING

 Elena Avenia | in Penale – 15 02 2021

Tra i vari reati informatici, consistenti in “ogni tipo di violazione penale commessa per mezzo, con l’ausilio e/o avente ad oggetto un sistema o un programma informatico”[1], vi rientra il c.d. phishing[2], ossia quella forma di “truffa informatica effettuata inviando una e-mail con il logo contraffatto di un istituto di credito o di una società di commercio elettronico, in cui si invita il destinatario a fornire dati riservati quali numero di carta di credito, password di accesso al servizio di home banking, motivando tale richiesta con ragioni di ordine tecnico”[3]Il phishing, a differenza del vishing (effettuato mediante chiamate telefoniche) e dello smishing (effettuato mediante l’invio di sms), si realizza tramite l’invio di e-mail.

Truffe via e-mail: il phishing

La tecnica operativa di base del phishing consiste, attraverso l’utilizzo di tecniche di ingegneria sociale, nello sviluppo di un testo idoneo dal punto di vista dei contenuti, della struttura e della composizione grafica di riferimento, al fine di generare piena fiducia nei confronti del contenuto stesso da parte del soggetto ricevente ed indurre il medesimo all’esecuzione di una specifica azione. Questo testo solitamente è integrato in un’e-mail che viene “spammata”, ossia inviata ad un numero indeterminato e casuale di persone. Tramite questa e-mail il soggetto passivo viene persuaso a cliccare su un link che lo indirizzerà presso un sito web, creato ad hoc dal phisher (il soggetto attivo o attaccante) che riprodurrà in modo pressoché identico il sito web di un ente, un’istituzione o un’organizzazione privata. La pagina web, a sua volta, richiederà l’esecuzione di un’ulteriore azione da parte del soggetto passivo, come ad esempio l’inserimento di credenziali di accesso, dati personali o informazioni bancarie idonee a consentire al phisher di conseguire il vantaggio economico desiderato, tramite l’impiego delle informazioni illegittimamente acquisite. Un metodo che i truffatori spesso utilizzano per camuffare l’indirizzo web fasullo è quello di far comparire, nella barra degli indirizzi del browser, l’indirizzo reale dell’istituto di credito o delle società emittenti di carte di credito, rendendo invisibile o illeggibile l’indirizzo fasullo.

Dal momento che nel nostro ordinamento giuridico non esiste una norma specifica, gli illeciti connessi al phishing vengono ricondotti, di volta in volta, all’interno di fattispecie di natura civile e penale differenti.

Dal punto di vista civilistico, la condotta del phisher configura una responsabilità di tipo extracontrattuale che obbliga al risarcimento dei danni patrimoniali e non causati alle vittime. Infatti, l’articolo 15 del decreto legislativo n. 196 del 2003, il c.d. Codice della Privacy, al comma primo, sancisce che “chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell’art. 2050 del codice civile”, prevedendo, al comma secondo, anche la risarcibilità del danno non patrimoniale. Secondo una tesi della dottrina – accolta da una parte della giurisprudenza[4] – tra i soggetti responsabili del danno rientrerebbero anche gli istituti di credito, gli enti e le società manipolate dal phisher, sulla base dell’articolo 31 del medesimo Codice, che sancisce per tali soggetti, in quanto titolari del trattamento dei dati dei propri clienti, l’obbligo di custodire e controllare “in modo da ridurre al minimo, mediante l’adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di distruzione e perdita, anche accidentale, dei dati stessi, di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità di raccolta”.

Dal punto di vista penale, invece, la condotta del phisher può integrare diverse fattispecie penali a seconda del bene giuridico tutelato.

Innanzitutto, integra il reato di trattamento illecito di dati personali, di cui all’articolo 167 del Codice della Privacy, che punisce “chiunque, al fine di trarre per sé o per altri profitto ovvero di arrecare danno all’interessato”, viola diverse prescrizioni della normativa a tutela dei dati personali. La pena prevista varia a seconda di quali siano le previsioni violate: l’ipotesi meno grave prevede la reclusione da sei mesi ad un anno e sei mesi e quella più grave la reclusione da uno a tre anni.

Altro reato più grave integrabile è quello della truffa di cui all’articolo 640, comma primo, codice penale, che punisce “chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno”, ovvero quello di truffa aggravata, di cui al secondo comma del medesimo articolo, nell’ipotesi in cui il fatto sia commesso “ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dover eseguire un ordine dell’autorità”, ovvero “se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico”. Infatti, quando si parla di artifizio si fa riferimento alla simulazione o dissimulazione della realtà, tale da indurre in errore il soggetto passivo, e quando si parla di raggiro si fa riferimento a ogni macchinazione finalizzata a far scambiare il falso con il vero. In ogni caso, con il phishing si tende a conseguire un ingiusto profitto con danno per la vittima.

Il phishing potrebbe integrare anche gli estremi della frode informatica, di cui all’articolo 640-ter codice penale, la quale, a differenza degli artifizi e raggiri richiesti per la truffa, richiede l’alterazione del funzionamento di un sistema informatico o telematico o l’intervento senza diritto con qualsiasi modalità su dati informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti[5]. Verrebbe integrata la frode informatica in luogo della truffa, ad esempio allorquando il phishing venga effettuato tramite l’utilizzo di software contenenti un codice maligno (come i malware o i trojan). Nel caso in cui, invece, la vittima fornisca i propri dati accedendo al link inviato a mezzo e-mail si tratterebbe di truffa ex articolo 640 codice penale[6].

Anche nel caso della frode informatica sono previste delle aggravanti: se il fatto è commesso a danno dello Stato o di altro ente pubblico, ovvero se è commesso con abuso delle qualità di operatore del sistema. Un’altra ipotesi aggravante di recente introduzione[7] si verifica quando “il fatto è commesso con furto o indebito utilizzo dell’identità digitale[8] in danno di uno o più soggetti”. Questa ipotesi aggravata della frode informatica è in grado di tutelare i diversi beni giuridici lesi dalla condotta del phisher che, precedentemente, veniva inquadrata nei reati di truffa e sostituzione di persona di cui all’articolo 494 codice penale[9].

Vi sono poi altre ipotesi cui astrattamente potrebbe essere ricondotto il phishing.

Si pensi all’articolo 615-ter codice penale, relativo all’accesso abusivo a un sistema informatico o telematico, che punisce l’introduzione o il mantenimento in un sistema informatico o telematico contro la volontà di chi ha diritto di escludere il phisher. Ovvero all’articolo 615-quater codice penale, relativo alla detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici, che punisce chi si procura abusivamente codici o parole chiave per profitto e con danno ad altri. Queste due fattispecie sono poste a tutela del domicilio informatico, quale ulteriore bene giuridico potenzialmente leso dalla condotta del phisher, ma escluderebbero la responsabilità penale della fase dell’adescamento della vittima, con relativa induzione in errore di quest’ultima, valorizzata invece nel reato di truffa.

Infine, alla luce delle novità introdotte dalla legge n. 146 del 2006 e dalla legge n. 48 del 2008, di ratifica della Convenzione Cybercrime, sono astrattamente configurabili anche gli illeciti di cui agli articoli 635-bis, ter, quater quinquies, codice penale, relativi al danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici, di sistemi informatici o telematici. Ovvero l’articolo 495-bis codice penale sulla falsa dichiarazione o attestazione al certificatore di firma elettronica sull’identità o su qualità personali proprie o di altri.

Alla luce di queste considerazioni, emerge chiaramente quanto sia difficile inquadrare la variegata condotta del phisher nell’ambito penale, stante la frammentarietà delle norme coinvolte e i diversi beni giuridici tutelati dalle stesse. Pertanto, al fine di punire nel modo più completo il fenomeno sarebbe forse il caso forse di ricorrere al concorso tra diversi reati, tenuto conto dell’effettivo danno causato e delle varie modalità operative e tecnologiche che caratterizzano il fatto criminoso.

La giurisprudenza prevalente è in ogni caso orientata a ricondurre la condotta del phisher in via principale all’interno del reato di frode informatica, ex articolo 640-ter codice penale, aggravata dalla circostanza di cui al terzo comma relativa al furto o indebito utilizzo dell’identità digitale, in concorso formale con l’eventuale ipotesi di accesso abusivo ad un sistema informatico, ex articolo 615-bis codice penale[10].

In conclusione, il reato di phishing, qualunque sia l’inquadramento giuridico della condotta, è un fenomeno che deve essere attenzionato a causa del progredire della tecnologia e al proliferare delle insidie del web. Tra l’altro, ultimamente, i phisher hanno anche approfittato dell’attuale contesto pandemico per inviare e-mail che, sfruttando la scusa di condivisione di notizie relative al COVID-19, hanno diffuso malware, rubando le credenziali e il denaro di tante povere vittime. Pertanto, l’unica arma che abbiamo per contrastare un fenomeno così difficile da prevenire, a causa della facilità di diffusione sul web, è quella di dotarsi di un buon anti-spam per i nostri dispositivi collegati ad internet, nonché di attenzionare le e-mail che ci vengono inviate, ricordandosi di non condividere informazioni e dati sensibili senza prima verificare l’attendibilità del sito sul quale si sta navigando.


[1] Così definiti dalla Convenzione di Budapest del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica del 23 novembre 2001, ratificata dall’Italia con la legge n. 48 del 2008.
[2] La parola Phishing fu coniata nel 1966 dagli hacker che rubarono password e accounts connessi agli utenti del portale America Online. In analogia con lo sport della pesca con amo – fishing – i phisher (attaccanti) utilizzavano delle e-mail esca contenenti ami per la “pesca” di password e dati finanziari dal “mare” degli utenti di internet. La sostituzione della lettera F con PH deriva dalla fusione del termine fishing con il termine phreaking, che è il vocabolo che identifica l’attività di coloro che studiano e sfruttano i telefoni, le compagnie telefoniche e i sistemi telefonici, cercando delle falle che consentano loro usi dei dispositivi alternativi rispetti a quelli previsti dalla legge.
[3] Cass. Pen., Sez. II, sentenza n. 10060 del 2017.
[4] Sentenza Trib. Palermo n. 81 del 2010; Trib. Benevento n. 1506 del 2009.
[5] “Il reato di frode informatica ha la medesima struttura e quindi i medesimi elementi costitutivi della truffa dalla quale si differenzia solamente perché l’attività fraudolenta dell’agente investe non la persona (soggetto passivo), di cui difetta l’induzione in errore, bensì il sistema informatico di pertinenza della medesima, attraverso la manipolazione di detto sistema” – Cass. Pen., Sez. II, sentenza n. 6958 del 2011; Cass. Pen, Sez. II, sentenza n. 41435 del 2016.
[6] Sebbene ultimamente si segnalano arresti giurisprudenziali che riconducono anche il phishing effettuato mediante e-mail con dati forniti direttamente dalla vittima all’illecito di cui all’art. 640-ter codice penale: Cass. Pen., Sez. II, sentenza del 14 gennaio 2019.
[7] Decreto Legge n. 93/2013.
[8] Per identità digitale si intende una rappresentazione informatica della corrispondenza biunivoca tra un utente ed i suoi attributi identificativi. Nel caso del phishing, l’identità digitale verrebbe sottratta nel momento in cui il phisher apprende le credenziali di accesso alle fonti patrimoniali e finanziarie del soggetto passivo.
[9] Il reato di sostituzione di persona tutela la fede pubblica e punisce quei comportamenti posti in essere al fine di sostituire illegittimamente la propria all’altrui persona o attribuire a sé o ad altri un falso nome, un falso stato o una qualità a cui la legge ricollega effetti giuridici. Questa fattispecie consente di valorizzare il primo aspetto che viene in rilievo con il phishing, ossia il momento in cui il soggetto passivo, tratto in inganno, fornisce le credenziali al phisher e quest’ultimo le utilizza per accedere al sistema informatico della vittima (sul punto, la Cassazione penale – sentenza n. 46674 del 2007 – ha infatti affermato che, sebbene non corrisponda ad una materiale sostituzione della persona, il furto di identità comporta anche l’utilizzo degli estremi identificativi della medesima). Tuttavia, come si può notare, questa fattispecie non descrive appieno il fenomeno del phishing, non venendo in tal modo valorizzato lo scopo per il quale il phisher trae in inganno la vittima acquisendo la sua identità digitale: ossia il vantaggio patrimoniale ingiusto cui effettivamente tende il phishing.
[10] Non mancano comunque orientamenti contrari. V. g.i.p. Milano 29 marzo 2008, Merito 08, 48: “nel delitto di cui all’art. 640-ter c.p., il sistema telematico ed informatico non viene invero raggirato, non potendo essere a differenza di una persona fisica, essere indotto in errore. Risulta invece come al momento in cui il phisher lancia il proprio attacco, mascherandosi con il riprodurre siti web che costituiscono abituali interlocutori del soggetto passivo, riproduce pedissequamente lo schema del requisito della induzione in errore del soggetto passivo che rappresenta il nodo centrale della fattispecie prevista e punita dall’art. 640 c.p. Evidenti sono infatti gli artifici ed i raggiri posti in essere da chi utilizza una e-mail dove vengono riprodotti colori, marchi ed altre caratteristiche che si rinvengono, nella normalità delle modalità di relazione con l’interlocutore, le cui sembianze l’agente assume. Nel caso di specie, dunque, l’artificio inteso come manipolazione della realtà, ed il raggiro, inteso come attività volta a far scambiare il falso per il vero, sono dunque contestuali”.

FONTE: http://www.salvisjuribus.it/truffe-via-e-mail-il-phishing/

 

 

 

 

LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

Finché c’è vita vai a lavoro: l’amara ricetta dell’Unione Europea

Nel processo ormai trentennale di smantellamento dello Stato sociale in Italia e in Europa, alle pensioni è spettato e continua a spettare il ruolo di boccone prelibato, oggetto di furiosi attacchi reiterati volti alla progressiva riduzione dei diritti pensionistici dei lavoratori. Da diversi anni l’Unione europea è in prima linea nel delineare in modo preciso e martellante le tappe dell’austerità pensionistica. Raccomandazioni, moniti, lettere, linee guida. Tutto converge verso lo stesso obiettivo: ridurre all’osso il pilastro previdenziale pubblico per favorire la previdenza privata, dietro cui si annidano i giganteschi interessi degli intermediari finanziari (banche, assicurazioni, società di investimento).

Per favorire questo processo, per anni si è attivata una campagna assillante basata sulla presunta insostenibilità dei sistemi previdenziali in un’epoca di invecchiamento della popolazione. Si è agitato lo spettro di conti pensionistici descritti in modo tendenzioso come al collasso e si è fatto leva su un falso senso di “giustizia” intergenerazionale contro gli avidi anziani divoratori di pensioni pubbliche pagate dai giovani precari. La fase pandemica, anziché portare all’allentamento di questa pressione, la sta esacerbando tramite quell’architettura di strumenti pensati ad arte per scambiare denaro con diritti sociali.

Il Recovery fund è la chiave di volta di questo ricatto. Come noto, il piano di prestiti e aiuti in via di definizione avrà una condizionalità esplicita, prevedendo come prerequisito di accesso il rispetto delle raccomandazioni del semestre europeo, ovvero il rispetto di quell’insieme di linee guida di politica economica che l’UE ogni anno definisce e si impegna a far osservare agli Stati membri. Tra queste l’austerità pensionistica. La non osservanza di quelle linee guida, porterebbe, in tempi “ordinari”, all’ostilità dei mercati, a sua volta scatenata da un atteggiamento punitivo della Banca centrale europea che condiziona la propria linea di difesa dei debiti pubblici dei paesi all’osservanza della retta via. A questa strada di ricatto “ordinario” si aggiunge in questi tempi quella ancora più cogente e diretta dei prestiti e degli aiuti condizionati alla linea dell’austerità.

Ma andiamo a vedere in modo più diretto cosa ci dicono le raccomandazioni del semestre europeo in tema pensionistico, riportate nel documento di Economia e finanza redatto dal MEF per il 2020. Alla spesa pubblica e in particolare alla spesa pensionistica spetta proprio il posto d’onore. Ecco qui la raccomandazione numero 1: “Per quanto riguarda la politica di bilancio, si raccomanda di perseguire la riduzione del rapporto debito/PIL, la revisione della spesa pubblica e la riforma della tassazione, nonché di non invertire precedenti riforme in materia pensionistica e di ridurre la spesa pensionistica”.

Il risvolto concreto, nel caso specifico dell’Italia, suona forte e chiaro: dobbiamo ridurre la spesa pensionistica e non invertire le precedenti riforme, ovvero lasciar che l’impianto disegnato con le riforme del 2010-2011, le ultime della lunga serie di interventi restrittivi iniziati nel 1992, rimanga inalterato. Quelle norme per cui si va in pensione a 67 anni senza se e senza ma e che piano piano porteranno l’età di accesso alla pensione dai 67 anni ai 68, poi ai 69, ai 70 e così via tramite l’adeguamento automatico all’evoluzione della speranza di vita.

A leggere le raccomandazioni dell’UE, sembra quasi che quota 100 non esista. Non si tratta, però, di una svista. È vero, i liberisti più oltranzisti volevano sbarazzarsi di questa recente riforma a ogni costo, ma niente paura, ci ha già pensato il tempo ad abolirla. Per quanto Salvini possa fingere di non ricordarlo, quota 100 è stata pensata come misura sperimentale a termine, di durata triennale. Nessuno dovrà quindi nemmeno prendersi la briga di abolirla per tornare agli effetti della legge Fornero, perché il 2021 sarà il suo ultimo anno di applicazione. 

Mentre il governo giallorosso, già prima dell’attuale crisi politica, traccheggiava e prendeva tempo cercando di elaborare soluzioni di transizione graduale dalla fine di quota 100 al ritorno del regime Fornero, l’UE riprendeva a martellare sul tema previdenziale partorendo un emblematico libro verde dal titolo “on ageing” sull’invecchiamento e la solidarietà intergenerazionale.

Il libro verde, pubblicato pochi giorni fa, è la perfetta illustrazione dei fondamenti teorici e ideologici della filosofia del conflitto intergenerazionale e della conseguente ricetta dell’austerità pensionistica predicata e attuata dalle istituzioni europee e dai governi nazionali.

Ecco il punto di partenza: “è probabile che un numero maggiore di pensionati e un numero minore di persone in età lavorativa possano condurre ad aliquote contributive più alte e tassi di sostituzione più bassi per garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche. Tali sviluppi potrebbero caricare sulle generazioni più giovani un doppio fardello e, quindi, sollevare questioni di equità intergenerazionale”.

Tradotto in estrema sintesi: se ci sono più pensionati e meno giovani al lavoro il risultato non potrà che essere o la diminuzione delle pensioni future o l’aumento dei contributi, pesando sulle giovani generazioni. 

L’idea è quella di dover stabilizzare il cosiddetto indice di dipendenza, ovvero il rapporto tra popolazione non in età da lavoro e popolazione in età da lavoro. Naturalmente, in presenza di invecchiamento demografico, se l’indice deve essere stabilizzato occorre necessariamente diminuire la popolazione non attiva, restringendone il campo tramite l’aumento dell’età legale di pensionamento. Non vi sarebbe altra scappatoia possibile. Si afferma addirittura a chiare lettere che, nell’ottica della stabilizzazione, mediamente a livello europeo l’età pensionabile dovrebbe presto giungere a 70 anni con valori lievemente disomogenei tra paesi (71 nel caso dell’Italia).

Ecco qui i termini della soluzione prospettata: “I sistemi pensionistici potrebbero sostenere vite lavorative più lunghe modificando l’età pensionabile e i requisiti di carriera, le aliquote di rendimento o i benefici pensionistici in maniera automatica, in modo tale da riflettere una più lunga aspettativa di vita. Limitare il pensionamento anticipato a casi oggettivamente garantiti, stabilire un diritto generale a lavorare oltre l’età pensionabile e prevedere sistemi di pensionamento flessibili sono tutti elementi che potrebbero rendere i sistemi pensionistici adeguati e sostenibili”.

In breve: aumento dell’età pensionabile e diminuzione delle pensioni in essere in modo da riflettere in modo automatico l’aumento della speranza di vita. E stretti limiti ad eventuali eccezioni alla regola. Naturalmente, se ciò comporta aumenti soverchianti di età pensionabile e pensioni da fame, non dovremmo però preoccuparci: “Pensioni complementari di alta qualità, sicure ed efficienti dal punto di vista dei costi, che integrino gli schemi pensionistici obbligatori, possono fornire risparmi pensionistici ulteriori. Politiche volte a facilitare e incoraggiare la partecipazione alla previdenza complementare dovrebbero prendere in considerazione i costi fiscali e gli effetti distributivi…”. Ci pensa insomma la previdenza complementare ad integrare le nostre pensioni future! Quella gestita dai privati tramite gli affidabili fondi che investivano in Lehman Brothers.

Il punto è allora, evidentemente, un altro: la redistribuzione, logica e inevitabile, deve passare, secondo i detrattori delle pensioni pubbliche, per l’obolo del profitto privato degli intermediari finanziari e per i rischi spaventosi dell’instabilità finanziaria dei loro investimenti. Una bella prospettiva per milioni di lavoratori futuri pensionati!

Questo futuro così fosco dipinto come destino inevitabile è però nient’altro che una medicina amara che vorrebbero farci ingoiare dietro false rappresentazioni e ricatti istituzionali: le false narrazioni dei conti pensionistici in rosso e dei giovani sfruttati dai vecchi e i meccanismi istituzionali del ricatto permanente di cui il Recovery Fund è in questa fase il più potente strumento. 

Una medicina amara da rispedire energicamente al mittente assieme al pacchetto di ricatti che le fa da contenitore, assieme ad una brevissima e chiara nota esplicativa al margine: l’aumento dell’aspettativa di vita media, peraltro tristemente rallentato dalla crisi negli ultimissimi anni, è soltanto una buona notizia per l’umanità. Non deve e non può rappresentare la scusa per allungare indefinitamente l’età da lavoro, ma al contrario, anche grazie al progresso tecnico che accorcia i tempi di lavoro necessario, è l’occasione per allungare i tempi della vita dedicati al riposo e alla realizzazione personale e sociale.Le pensioni non vanno diminuite, ma vanno aumentate. I meccanismi di uscita dal mercato del lavoro devono garantire una significativa flessibilità di scelta senza che ciò comporti una decurtazione drastica dell’assegno pensionistico. Il finanziamento della spesa pensionistica infine è un problema inesistente: lo si garantisce attraverso tre strade non necessariamente alternative ma che si rafforzano a vicenda: tramite il raggiungimento della piena e buona occupazione che garantisce un aumento del montante contributivo; tramite la leva fiscale se necessario, con imposte fatte pagare a chi ha molto; tramite, infine, il ricorso alla spesa in deficit. Proprio quegli strumenti che l’austerità e il liberismo ci hanno sottratto da troppo tempo.

FONTE: https://coniarerivolta.org/2021/02/10/finche-ce-vita-vai-a-lavoro-lamara-ricetta-dellunione-europea/

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

FONTE: https://it.gatestoneinstitute.org/17065/la-palestina-e-uno-stato

 

 

 

 

 

Biden presidente debole e divisivo, Democratici radicalizzati. Intervista a Tom Packer

Avatar di Arianna Capuani, in EsteriQuotidiano, del 

Dopo l’assalto a Capitol Hill e la fine della presidenza Trump, il neoletto presidente Joe Biden si trova a governare un Paese fortemente polarizzato. Abbiamo discusso i possibili scenari col dottor Tom Packer (Institute of the AmericasUniversity College London, e Rothmere American Institute, Oxford)

ARIANNA CAPUANI: Quali sono le prospettive ora per il Partito Repubblicano, dopo la sconfitta di Trump e la perdita della maggioranza in Senato?
TOM PACKER: Come tutti i partiti di opposizione, i Repubblicani faranno resistenza. In un certo senso non sarà molto coerente, dal momento che i partiti americani non sono come la Lega o il Partito democratico in Italia, non hanno la stessa struttura. Ecco perché Trump è diventato presidente, è come se in Italia tutti gli elettori di destra potessero votare per il candidato di destra, e lo stesso accadesse per gli elettori di sinistra. I Repubblicani sono molto coerenti nei confronti dell’agenda politica di Biden, e ribadiscono la loro contrarietà all’espansione del welfare state, e al secolarismo e progressismo sui temi sociali. La maggioranza di Biden d’altro canto è così risicata che farà fatica realizzare i propri obiettivi. In termini legislativi, Biden potrebbe finire col realizzare una versione molto più moderata del proprio programma.

Le prospettive insomma non sono così cattive per il Gop. Bisogna considerare la vecchia regola secondo la quale una volta eletto un presidente, si comincia a fare opposizione. Il Congresso tende a favorire il partito di opposizione. Ad esempio, quando George W. Bush fu eletto, la Camera dei rappresentanti e il Senato erano Repubblicani, e lo stesso è accaduto con Obama. Al momento i Democratici hanno una maggioranza risicatissima, di un solo voto, in Senato, e una maggioranza debole alla Camera, e non sarà difficile per i Repubblicani riconquistare entrambi.
Non penso che Trump deciderà di formare un partito, nel sistema americano è molto difficile farli funzionare. Potrebbe correre come spoiler alle prossime elezioni, ma non credo sia sua intenzione. Sono compiti che richiedono costanza e l’accettazione di una possibile sconfitta, il che non si addice molto al carattere di Trump.

Sono stati fatti diversi paralleli con Ross Perot, perché entrambi sono anti globalizzazione, contrari all’immigrazione, scettici riguardo il libero commercio, dei veri outsider. Ma ci sono anche alcune notevoli differenze. Ross Perot era molto più focalizzato a livello ideologico, oltre a essere un miliardario. Correre come indipendente è molto costoso. Trump potrebbe fare fundraising, ma non potrebbe spendere i soldi per sé o per le sue corporations, ed e per questo che non credo che si presenterà come terzo candidato. Non ha intenzione di spendere troppo e di perdere opportunità commerciali.

AC: Il neopresidente Biden ha ereditato un Paese diviso. Cosa crede che farà per ricucire lo strappo?
TP: Biden ha già mosso alcuni passi in quelle che considera la direzione giusta per ricucire lo strappo degli anni di Trump, tende a evitare lo scontro personale. Sembra non portare rancore, basti pensare alla scelta di Kamala Harris. Durante la campagna per le primarie, Harris affermò che Biden fosse razzista per via della sua posizione contro il “bussing”, ma questo non ha impedito a Biden di metterla nel suo ticket dopo averla sconfitta alle primarie. Tuttavia, la divisione nell’America odierna non viene dal nulla, la rabbia dietro Trump è stata causata dalla paura del progressismo sociale, del secolarismo estremo e dal timore di una trasformazione della società troppo profonda a opera dell’immigrazione di massa, che Joe Biden intende accelerare. Se dovesse riuscire nel suo intento, questo causerà una reazione, come succede sempre in una democrazia, come nell’Italia degli anni Cinquanta, un Paese polarizzato sulle idee fondamentali di nazione e Dio. Biden sarà quindi divisivo, ma non credo che si comporterà in modo meschino.

È interessante la questione relativa alla nuova legge anti-terrorismo. Semplificando, potrebbe significare semplicemente che chiunque commetta reati politici possa essere arrestato e perseguito legalmente a livello federale invece che dei singoli stati e, quindi, per fare un esempio, che si diventi perseguibili sia che si bruci un negozio scrivendo “Trump è il vero presidente” (cosa che ancora non risulta sia mai avvenuta, ndr), sia se lo si faccia scrivendo Black Lives Matter. Ovviamente, mettere a fuoco proprietà altrui è già illegale, ma renderlo reato federale creerebbe un reato se il rogo venisse fatto a fini politici. Potrebbe seriamente spezzare la spirale della violenza in America, ma se d’altro canto fosse finalizzato soltanto a punire le frange estremiste di destra, non farebbe che esacerbare le divisioni già esistenti. Senza contare che, per via del secondo emendamento, un tale provvedimento sarebbe dichiarato incostituzionale.

Fondamentalmente, Biden non ha una maggioranza forte al Congresso. So di essere ripetitivo, ma è molto simile alla situazione italiana – senza una vera maggioranza, ci sono seri limiti all’azione di un presidente. Tra l’altro i partiti sono divisi al loro interno e responsabili verso i loro elettori a livello di singoli stati. Prendiamo come esempio Joe Manchin del West Virginia, il Democratico più orientato verso la destra che ci sia al momento in Senato. Il West Virginia ha votato per Trump con un margine di 40 punti, e quindi è particolarmente interessato a non contrariare i sostenitori del presidente uscente. E anche questo limita i poteri di Biden.

E poi, ovviamente, la Corte Suprema. La nuova maggioranza conservatrice è un importante contrappeso a Biden. I giudici conservatori americani prendono molto sul serio la libertà religiosa – per loro non è possibile discriminare sulla base della fede religiosa, anche se questo dovesse favorire una minoranza svantaggiata. Se Biden dovesse appoggiare l’espulsione immediata dalle università di coloro che sono accusati di stupro senza un processo, o se dovesse forzare la mano alle organizzazioni religiose, obbligandole ad esempio ad assumere personale il cui stile di vita non si allinea con i loro principi, i provvedimenti potrebbero essere dichiarati anticostituzionali.

I partiti, nel frattempo, sono diventati molto più identitari, e oggi coloro che professano una fede religiosa tendono a votare a destra, e i meno religiosi a sinistra, con l’eccezione degli afroamericani, che sono piuttosto religiosi ma quasi tutti schierati col Partito Democratico. Nel 1950 gli americani erano scioccati dalla polarizzazione politica in Italia, e adesso si ritrovano proprio nella stessa situazione. Sempre più americani si troverebbero a disagio se i loro figli sposassero una persona della fazione politica opposta, e questo non perché sia aumentato il coinvolgimento politico delle persone comuni, ma perché ormai l’identità politica fa parte di quella sociale.

Ad esempio, il presidente Biden ha sostenuto una legge che manterrebbe legale l’aborto fino alla nascita, proteggendolo dagli interventi dei singoli stati e sovvenzionandolo, legando quindi le mani ai datori di lavoro e alle assicurazioni. Ma non credo, nei fatti, cercherà di attuare il suo intento. Similmente, Trump sostiene di voler bandire l’aborto nella quasi totalità dei casi, ma Roe vs Wade non può essere capovolta in sede di Congresso, e molti americani sarebbero spaventati dall’aborto illegale, specialmente in casi estremi. Repubblicani e Democratici tendono a vivere in luoghi diversi: proprio come il Sud Italia era molto democristiano, le zone rurali e suburbane tendono a essere a maggioranza repubblicana, mentre le minoranze etniche e gli abitanti delle città tendono a votare democratico. Credo che Biden abbia cercato di porsi come una figura in grado di riportare l’unità nel Paese, ma al momento i Democratici sono decisamente radicalizzati, pronti a considerare Trump, se non fascista tout court, uno pseudo-fascista.

AC: Quali saranno le relazioni dell’amministrazione Biden con l’Unione europea e con il Regno Unito post-Brexit?
TP: Ovviamente Biden sarà più filo-Ue rispetto al presidente uscente, i Democratici tendono a intessere relazioni migliori con i leader europei (con eccezione forse di Viktor Orban). Ma non penso neppure che ci saranno molte differenze rispetto a Trump, che oltre all’imposizione dei dazi non ha cercato di minare gli interessi europei. Anche se ha spesso parlato di ritiro delle truppe, di fatto questo non è successo – e Biden, tra l’altro, vorrebbe che l’Europa spendesse di più per la difesa. Sarebbe stato interessante se avessimo optato per una hard Brexit, ma ormai sembra improbabile. In generale, credo che Biden concepisca per se stesso un ruolo più conciliante con gli alleati che Trump aveva allontanato (anche se il Regno Unito non era tra questi). I legami culturali, oltre che militari e di intelligence non verranno certo meno. Non credo, insomma, che vi saranno cambiamenti significativi nel legame tra Regno Unito e Stati Uniti. Anche l’unico dettaglio che avrebbe potuto metterlo in crisi, il confine nordirlandese, è un problema più o meno risolto.

AC: Ci sono figure emergenti nel Partito Repubblicano che potrebbero raccogliere l’eredità di Trump?
TP: È una domanda molto interessante. Ci sono molti potenziali candidati, e se Trump decidesse di correre di nuovo dubito che vincerebbe la nomination, ma non mi sorprenderebbe se si dovesse scegliere tra lui e un altro candidato. Guardando ai sondaggi, Pence è in posizione estremamente favorevole. Dopo Trump, è il personaggio in cui i Repubblicani ripongono maggiore fiducia. Nonostante sia stato leale a Trump, non presenta alcuni dei suoi aspetti discutibili, e certamente non può essere accusato di aver ispirato la rivolta di Capitol Hill. Tra gli altri, alcuni trumpiani e nazionalisti e cristiani come Ted Cruz del Texas e Josh Hawley del Missouri, e altri che pur non essendo trumpiani erano in buoni rapporti con l’ex presidente, come Nikki Haley, ex governatore del South Carolina. Probabilmente si candiderà, anche se non credo che sia un concorrente della stessa forza di Pence, ma è ancora presto e le sorprese potrebbero essere molte, come del resto lo fu Trump nel 2016.

FONTE: http://www.atlanticoquotidiano.it/quotidiano/biden-presidente-debole-e-divisivo-democratici-radicalizzati-intervista-a-tom-packer/

 

 

 

POLITICA

Programma Mario Draghi in 10 punti: cosa farà il nuovo Governo

 Alessandro Cipolla

 15 Febbraio 2021

I dieci punti del programma di Mario Draghi: dalla sanità al lavoro fino alle imprese e alla pandemia, ecco cosa farà il nuovo Governo.

Programma Mario Draghi in 10 punti: cosa farà il nuovo Governo

Dopo aver sciolto la riserva, presentato la lista dei suoi ministri e prestato giuramento, a Mario Draghi adesso non rimane che incassare il voto di fiducia in Parlamento dove i numeri dovrebbero essere extra large.

Questo passaggio parlamentare sarà anche il momento dove il nuovo Presidente del Consiglio, dopo una infinita ridda di voci e anticipazioni, elencherà nel dettaglio i principali punti programmatici del suo Governo.

Da quanto trapelato finora, il programma del governo Draghi sarà incentrato sulla missione della “coesione sociale: ecco i dieci punti delineati dall’ex governatore che avranno al centro la gestione dei fondi in arrivo dall’Europa attraverso il Recovery Plan che dovrebbee essere profondamente rivisto.

Il programma del Mario Draghi

Fin da quando il Presidente Sergio Mattarella ha annunciato la sua volontà di affidare un mandato a Mario Draghi, subito c’è stato un susseguirsi di voci e ipotesi sulle azioni del possibile esecutivo.

Il tema più dibattuto è stato senza dubbio quello di una eventuale patrimoniale, ma anche quello del Reddito di Cittadinanza e Quota 100: in tanti cercano di profetizzare quelli che potrebbero essere gli scenari.

Naturalmente Draghi dovrà tenere conto dalle esigenze politiche delle forze che formano la sua maggioranza, ma il Presidente del Consiglio sembrerebbe comunque aver già delineato alcuni punti chiave della sua azione di governo: la guida dell’esecutivo sarà infatti ben salda nelle sue mani, anche se l’economista di certo non potrà ignorare gli umori dei partiti.

Recovery Plan

Con la nascita del nuovo governo, il Recovery Plan dovrebbe essere sostanzialmente cambiato dato che nel programma di Draghi un punto fermo pare essere quello dell’aumento della spesa pubblica a sostegno della sanità.

Dovremmo spendere molto di più per la salute – ha dichiarato Draghi lo scorso settembre – perché la pandemia ha evidenziato l’importanza di avere buone strutture di assistenza e un sistema robusto”.

Altra voce molto importante sarà quella dell’innovazione con il completamento della rete a banda larga, lo sviluppo del 5G e l’ammodernamento dei servizi della Pubblica Amministrazione.

Lavoro

Per quanto riguarda il lavoro, il programma di Draghi dovrebbe prevedere uno stop per i sussidi a pioggia, con gli incentivi che dovranno essere finalizzati “a creare nuovi lavori e non a salvare i vecchi”.

Sostegno anche alle banche e più investimenti pubblici, mentre resta da capire adesso come si muoverà il governo a fine marzo, quando scadrà il termine del blocco dei licenziamenti.

Imprese

Nel mondo delle imprese è atteso un giro di vite per le cosiddette aziende “zombie”, ovvero destinate a fallire e tenute in vita soltanto attraverso aiuti esterni, mentre il sostegno pubblico alle aziende dovrebbe essere mantenuto.

Durante le consultazioni, le Minoranze linguistiche hanno parlato di un impegno di Draghi per “ smettere di erogare contributi a fondo perduto ma finanziare imprese per far riprendere le loro attività una volta superata crisi”.

Rispetto al Conte-bis, il nuovo governo stando al Draghi pensiero dovrà in generale avere più “coraggio”, soprattutto per quanto riguarda le azioni dedicate alla nuove generazioni.

Riforme

Al termine dell’incontro con Mario Draghi nell’ambito delle consultazioni, i rappresentanti delle Minoranze linguistiche hanno parlato di tre riforme che il presidente del Consiglio incaricato avrebbe in mente.

Le tre riforme così sarebbero quella della pubblica amministrazione, nell’ottica della lotta alla burocrazia atavico problema italico, del fisco con la revisione delle aliquote Irpef e della giustizia civile, cercando di snellire i processi arretrati.

Scuola

Il primo intervento sul fronte della scuola dovrebbe essere quello della revisione del calendario scolastico per recuperare i giorni di didattica a distanza, allungandolo di fatto fino a tutto giugno.

A settembre poi si dovrà mettere mano alla atavica questione in Italia delle cattedre vacanti, ben 10.000 all’inizio di questo anno scolastico, un numero considerato troppo elevato da Draghi.

Pandemia

Sul fronte della pandemia la volontà è quella di accelerare sul piano vaccini, finora rallentato da tagli e ritardi nelle consegne, arrivando a farne 300.000 al giorno con l’obiettivo che rimane quello di raggiungere al più presto l’immunità di gregge per tornare a una sostanziale normalità.

Per cercare di vaccinare al ritmo del Regno Unito, si cercherà così di rendere più efficiente la logistica per favorire la distribuzione, rafforzando al tempo stesso il presidio sull’approvvigionamento.

Ambiente

Considerando che nel Recovery Plan il 37% della spesa dovrà essere per la transizione ecologica, una torta pari a circa 77 miliardi, si capisce perché l’ambiente sarà il “tema centrale e catalizzatore tutte altre aree di sviluppo economico”.

L’idea sarebbe quella di coniugare la sostenibilità ambientale a un piano di investimenti importante, con lo sblocco di cantieri fermi e anche la realizzazione di grandi opere e infrastrutture.

Politica estera

Altro punto fermo sarà quello, ca va sans dire, del forte europeismo di questo nuovo esecutivo targato Draghi, anche se la Lega dovesse entrare nella maggioranza.

Non sarà in discussione pure lo storico Atlantismo dell’Italia, con i rapporti con il nuovo corso Biden negli Stati Uniti che dovranno essere rinsaldati per far tornare a essere il nostro Paese uno dei protagonisti della scena mondiale.

Investimenti pubblici

Grazie ai 220 miliardi previsti dal Recovery Fund, l’Italia potrà così tornare a spendere con il nuovo Presidente del Consiglio che avrebbe in mente una massiccia campagna di investimenti pubblici.

Sempre mantenendo al centro la sostenibilità ambientale, nel Recovery Plan potrebbe così aumentare la fetta destinata agli investimenti che saranno organizzati in una sorta di cronoprogramma per tenere sotto osservazione i tempi di realizzazione.

Fisco

Una delle tre riforme urgenti annunciate da Draghi ai partiti riguarda proprio il fisco, visto anche il pressing da parte dell’Unione Europea che da tempo chiede all’Italia di mettere mano al sistema fiscale.

La parola d’ordine sarà quindi semplificazione scongiurando un aumento delle tasse, con la revisione delle aliquote Irpef sempre mantenendo la progressività. La volontà così sarebbe quello di ridurre le imposte per i redditi sotto i 40.000 euro, con il minor gettito che potrebbe essere
compensato da un aumento delle imposte sulle rendite mentre è stata bocciata l’ipotesi di una Flat Tax.

FONTE: https://www.money.it/Programma-Mario-Draghi-dieci-punti-cosa-fara-nuovo-governo

 

 

 

I Demoni finalmente al governo!!!

Chi si aspettava un cambiamento migliorativo del governo Draghi è presto deluso e sfatato dalla lista degli illustri servetti messi a capo dei ministeri; alla Salute il solito sionista Speranza che finalmente è riuscito pure a sorridere nella sua miserrima condizione di servo triste, appena saputo della, sua conferma al ministero del genocidio;

I Demoni finalmente al governo!!!
Speranza sprizza gioia da ogni poro della pella per aver saputo che il suo lavoro genocida sulk popolo italiota è stato apprezzato degli oligarchi demoniaci globalisti

Per non parlare di una altro inetto riproposto confermato e noto per la sua alta inefficienza, Arcuri, nella gestione degli appalti dei seggioloni con rotelle pagati 300 volte più del costo reale a un qualsiasi avventore, strenuo sostenitore della cura covid, nel senso che auspica che si espanda per aumentare i colori delle regioni “impestate” non più solo rosso giallo e arancione ma si aggiungono pure tutti i colori della bandiera LGBT+P dell’arcobaleno per imparzialità di genere, in armonia con la sensibile kommissaria ONU Boldrini, più sono colori più sono contenti di poterci recludere con tanti altri colorati lockdown, e magari per la gioia di genere ora ci faranno fare a tutti pure l’ultimo ritrovato medico: il tampone anale made in China, tutti in fila davanti alla primula massonica per l’introspezione tamponica al sapore di fragola, come da fiore rosso rappresentato all’entrata vaccinale;

I Demoni finalmente al governo!!!

Così dopo un anno di cura-covid hanno risolto i problemi della salute perché così non spendono più denari per la cosiddetta Sanità Pubblica , ma li danno ai privati di Emergency per tirare su tende bianche tipo “rattonere” con la primula rossa e vaccinare la povera plebaglia dde noantri, ma, tranquilli dei malati veri non ci si cura nessuno, li lasciano senza cure adeguate alle loro patologie oncologiche così possono morire tranquillamente a casa senza spesa e senza cure e supplizi chemio;

I Demoni finalmente al governo!!!

FINALMENTE IL GOVERNO DEL POPOLO SOVRANO

Tanto è buono questo Draghi che ha accompagnato l’Italia nella svendita dei suoi gioielli industriali del dopo “Britannia” svenduti o regalati ai loro amici trasnazionali, lo vuole sua maestà, che ora dopo decenni di purga e di malaffare sulla testa del popolo bue , finalmente abbiamo i SOVRANISTI della Lega al GOVERNO;

I Demoni finalmente al governo!!!
A voi il nuovo partito delle élite la Lega, ora propagandano i vaccini genocidi della Pfizer , più crescono coi voti e  peggio diventano!!!

Una specie di governo popolare post guerra-covid con tutti i migliori leader dei partiti italioti al servizio di … SATANA, si certo al servizio del demonio , ora hanno deciso di distruggere definitivamente non solo l’economia che ormai dopo un anno di cura covid langue e giace morente sull’altare dei sacrifici del “lo chiede l’Europa“.

Ma non basta perché il popolo che si dimostra troppo tenace e duro a cedere e morire, ora il gran governo destrasinistracentroeuropeista gli prepara una bella frittura mista di vaccino mRNA, se non dovesse essere efficace quello della Pfizer, abbiamo subito la nuova proposta di ModeRNA, e nel caso dovesse fallire pure quello allora abbiamo un’altra estrazione dal capello magico del bianconiglio AstraZeneca , altro valoroso geneocida pronto a salvare il salvabile lasciato indietro dagli altri due genocidi;

I Demoni finalmente al governo!!!

E dulcis in fundo per non lasciare indietro gli scampati agli aborti di così cara e memore azione rivoluzionaria delle disumane Boldrini e Bonino la nota Miss. pompetta e company, hanno riesumato la Johson&Johnson che dalle ciprie bianche e profumate per culetti rosa passa alla sperimentazione vaccinale sui bimbi scampati agli aborti di stato, un vaccino per ammazzare possibilmente anche loro, i bebè, poveri i bambini dai due mesi in su, Big Pharma e produttori di vaccini al confronto con Erode che uccise tutti i primogeniti sperando di ammazzare pure il Cristo, l’omicida del primo secolo in confronto alla strage di innocenti che stanno disseminando nel modo questi eugenetisti attuali come Janssen, Erode è un mecenate pro infanti, pensate un po cosa può significare per i bambini questo paragone …

INSOMMA UN GOVERNO, QUELLO DI DRAGHI, DEL TUTTI ASSIEME APPASSIONATAMENTE CONTRO IL POPOLO BUE

IL GOVERNO DEI MIGLIORI…. benché ci pare che Migliore non ci sia, poverino lasciato fuori dal governo dei migliori, bah, è una vera ingiustizia visto la sua elevata statura…!

“Le oligarchie della finanza apolide, i centri criminali del potere sovranazionale (ONU, FMI, OMS) ed i politici da loro corrotti e asserviti che ci governano hanno deciso la morte della nostra società. Si è creata una situazione di gravità inaudita, di cui non è permesso parlare.

@DHofmannsthal

Non resta molto da aggiungere – se non che Bergoglio, nominando Walter Ricciardi – forse l’autore principale della distruzione della popolazione e della Morte – a membro della “sua”Accademia Pontificia per la Vita (sic), si fa, da  semplice fiancheggiatore, fautore ed approvatore, dunque complice, della deliberata azione omicida in corso. maurizioblondet

Come dire dulcis in fundo , un’economia basata sul covid che durerà anni , e che la UE con la BCE finanzierà ampiamente con recovery fund , MES plan , ecc. 290 miliardi solo se si raggiungono gli obiettivi descritti nel sito militare americano per la depopolazione , l’obiettivo per l’Italia è di raggiungere i 43milioni di abitanti (vedete numeri in rosso) entro il 2025, oggi siamo circa 64milioni!

I Demoni finalmente al governo!!!
I Demoni finalmente al governo!!!
I Demoni finalmente al governo!!!

AUGURI A TUTTI, POPOLO, E SI SALVI CHI PUÒ!

Ultima news, ai ministri faranno il tampone non quello anale ma quello finto, almeno loro si liberano della fastidiosa maschera di carnevale sul viso , simbolo di sottomissione alle oligarchie trasnazionali, ma essendo il capo dei draghi tra noi miseri mortali italioti nessuno dei facenti funzione di ministro ha più obbligo di indossarla in pubblico, e così si inventano il tampone prima della campanellina di passaggio tra Conte e Draghi... da ridere, poveri noi e povero anche il cavallo! Come diceva il buon Gaber.


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FONTE: https_www.sadefenza.org/?url=https%3A%2F%2Fwww.sadefenza.org%2F2021%2F02%2Fi-demoni-finalmente-al-governo%2F

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

Ideologia Frodi&Frodi: l’intelligenza è riducibile a un artificio?

[Immagine ripresa dal significativo pezzo di repubblica.it (QUI) intitolato: “Lookdown”, ritratti fotografici di ciechi e ipovedenti dopo l’isolamento, che tratta delle differenze di prospettiva come questo articolo e di come la distopia della dittatura dei significati imbecilli crea intrisecamente razzismo, diseguaglianza ed emarginazione]

1) Se attacco un peso equivalente a quello di una portaerei alla zampa di una papera, posso concludere vedendola affondare rapidamente che “il suo sistema di galleggiamento” è meno efficace di quello della portaerei ?

2) Se confronto due criniere, quella di un leone di pezza e quella di un uomo che si è appena rasato, posso concludere che il pelo del leone di pezza cresce meglio perché è più folto ?

3) Se prendo una persona, la lego, la imbavaglio, la sodomizzo e torturo, la deprivo di tutto ciò che gli occorre per stare bene, acqua, aria, luce, cibo, conforto e poi la confronto a una sedia, posso concludere che la sedia ragiona meglio perché “non è incattivibile come la persona” ?

Questi tre esempi ci aiutano a capire perché il confronto ossessivo e prepotente tra l’artificio e l’Uomo è oltre ogni evidenza evidente stolido, cioè dimostra la mancanza di intelligenza nel momento in cui si prospetta e questo soprattutto se il confronto è dato dall’artificio dell’intelletto, perché la domanda che nessuno si pone mai nel confronto è: cos’è l’intelletto e cos’è l’artificio?

Se stabilisco che l’intelletto è ciò che mi occorre per simulare i processi cognitivi umani che sfuggono a qualsiasi definizione, evidentemente non ottengo un “intelletto” generico e a prescindere ma un simulatore di intelligenza. Cioé un apparecchiatura che assomiglia a ciò che considero “opera intellettuale umana” ma che di fatto è un sottoprodotto sconnesso dalla realtà che è propria dell’Uomo, ad esempio dalla sua autocoscienza creativa ed emotiva. Per correggere il tiro posso solo renderla un estensione o meglio un simbionte. In altre parole devo nascondere l’artificio dietro la creatività ed emotività umana, sovrapponendola come una maschera teatrale e dire che quella è (nel suo risultato finale) la coscienza dell’artificio. Anche se rimane solo una maschera che a questo punto può rappresentare qualsiasi cosa, anche Dio.

I tre esempi in apertura suggeriscono come i tre paralleli grotteschi che sottendono la superiorità dell’artificio nel simulare l’intelletto servano per concludere in modo autarchico che “esiste una singolarità“, singolare più che altro nella definizione. La singolarità sarebbe un supposto momento storico in cui l’intelletto simulato dell’artificio supererà quello umano, qualsiasi cosa questa stronzata voglia affermare.

Questo significa che non c’è pericolo e non dobbiamo preoccuparci? No, tutt’altro, significa che la preoccupazione rimane grave anche se dovrebbe riguardare tutt’altro. Ma andiamo per gradi, la faccenda è parecchio ingarbugliata.

Approfondiamo allora le tre domande in apertura. Iniziamo con una definizione fallace che ci restituisce una pagina di europarl.europa.eu (QUI) su cos’é l’intelligenza nell’artificio: “[…] l’abilità di una macchina di mostrare capacità umane quali il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività. […]”. Ora, mettiamo che la macchina debba apprendere una qualche forma di comunicazione in un corpo in crescita che cambia fisicamente struttura mentre evolve e che lo fa coordinadosi in modo complesso con altri corpi distinti e simili che devono imparare a riconoscersi e relazionarrsi in una struttura sociale in costante evoluzione, disturbati dai sensi in infiniti modi diversi, tra cui il conflitto con la volontà degli altri e i legami affettivi e che entro questi parametri si debba misurare la sua capacità di memorizzare, di gestire un linguaggio, rispondere a delle domande, risolvere dei giochi di logica e matematica, etc.

Tipo quello che accade a un normale bambino di 6 anni a scuola durante un normale giorno di apprendimento.

No eh? No. L’intelligenza di una macchina è misurata sempre nell’equivalente di un laboratorio asettico dove tutti i potenziali disturbi sono rimossi e dove l’efficacia della risposta non tiene mai conto del rapporto armonico tra l’artificio e tutto l’ambiente circostante (in perpetuo cambiamento altamente dinamico) o al suo interno in un contenitore elettronico che non ha evoluzione “innata” perché l’artificio sterilizza ogni relazione con l’ambiente o verso se stesso che non sia quello attorno al quale è relizzato (il suo fine) come l’intelletto simulato nel riconoscimento ottico di un volto umano o la capacità di sopprimere in modo mirato (se un drone killer). Come una portaerei d’altronde che misura solo la capacità bellica di un sistema di armamento rispetto ad altri e non il rapporto con l’ambiente in generale, ad esempio la sua impronta ecologica. Quindi ha senso dire che una portaerei “ha un sistema di galleggiamento” migliore di un altra nave militare, ma non di una papera. Non ha senso appendere alla zampa dell’animale un tonnellaggio equivalente alla portaerei per dimostrare che la sua efficacia nel galleggiare non è altrettanto buona, come non lo avrebbe vedere come si muove bene mentre si procaccia il cibo la portaerei in una laguna. Semplicemente sono due sistemi così diversi e distanti che ogni confronto è grottesco e pretestuoso anche se il sistema di galleggiamento della nave fosse derivato da uno studio di quello di una papera.

Ma le cose sono anche più paradossali di così e il confronto tra un leone di pezza e un uomo appena uscito dal barbiere lo mette in evidenza. “L’abilità di mostrare capacità […]” (secondo la definizione che abbiamo preso in esempio) implica che sto cercando nel leone di pezza (l’artificio) un attributo, cioé la volontà dietro la capacità di mostrare, che non solo è indimostrabile ma è persino parascientifico come i miei attributi di mago nel far crescere le verze (o i miei coglioni). Le verze crescono anche da sole (come i miei coglioni) ma se mi metto a fare “zurlì zurlà anche sta ca%%o di verza crescerà” assicurando che “adesso la verza crescerà!” come si fa dimostrare che non è vero? Tanto cresce comunque! Si tratta di un assioma autodimostrato dai fatti e quindi indipendente dalla mia misurazione. Se misuro la capacità creativa di un artificio che simula l’intelletto nell’apprendimento di un linguaggio, non misuro una abilità “migliore” di quella umana perché ad esempio eseguita in tempi molto più rapidi, come non misuro l’abilità di un caterpillar nello spalare terra meglio di una talpa perché ne rimuove di più in minor tempo. La macchina non se ne fa un ca%%o del linguaggio! Anche perché nel caso dell’intelligenza digitale si tratta già di un linguaggio (quello binario) che ne simula un altro, quello “umanizzato“.

Fin’ora abbiamo però visto problemi “tecnici” dell’artificio, di definizione e misurazione di cosa sia l’intelletto e di quale rapporto debba avere con l’ambiente. La terza domanda, anche questa volutamente paradossale, mette in luce un altro problema, quello del confronto che evidenzia come “l’operazione dell’artificio intellettuale” riguarda più le PR (pubbliche relazioni) o propaganda che qualcosa di più sensato dei “biscotti come natura crea” della nota industria. Anche l’intelletto concettualmente ridotto ad artificio è una operazione evidentemente di PR che riguarda l’industria (bellica) e il profitto più che la questione umana. Ma noi siamo qui a discutere del sottoprodotto di quell’industria e di quella propaganda, cioé la cosidetta “nuova era” in cui si è già sentenziato che ci debba essere un momento in cui l’artificio supererà l’intelletto umano e non si può mettere in discussione. Come se ci mettessimo a discutere di “quando i biscotti come natura crea saranno più naturali di quelli che crescono sulle piante dentro i cestini delle merende del meraviglioso mondo del Mago di Oz“. Facendo non uno ma ben due paralleli grotteschi, quello tra un biscotto e il frutto di un albero e quello tra il nostro mondo è uno di fantasia che esiste solo per raccontare una fiaba e certi contenuti.

Questo vuol dire quindi che non ci dobbiamo preccupare del futuro e di quali sviluppi prenderà la simulazione artificiale dell’intelletto? No, affatto, anzi!

Un primo esempio ce lo da il sito osservatoriodiritti.it (QUI) nel caso olandese in cui si è tentata una gestione complessa della profilatura delle utenze con i cittadini per avere una politica sociale più equa nel paese. Ovviamente un disastro che ha costretto l’interruzione del programma “di demenza sociale” che però non era stato preventivato, perché la prospettiva era quella data dalla UE che abbiamo visto nella definizione.

Se avessero seguito la mia (che sono un ca%%one ignorante ma ci prendo meglio a quanto pare di un sacco di cervelloni dietro ste porcate immonde) diventava invece evidente che l’esperimento non poteva che trasformarsi in un disastro sotto ogni profilo (di investimento, di immagine e anche nella pratica amministrativa) e non ci avrebbero neppure provato!

Ma questo esempio fa il paio con “l’instruzione a distanza” che va bene finché la fa il CEPU ma è facile prevedere sia un disastro se deve sostituire quella in presenza istituzionale e di massa e da un giorno con l’altro a meno che gli occhi nel camminare in quella direzione non guardino dietro il culo come accaduto in Italia a marzo del 2020. Anche in questo caso, siccome la burocrazia, l’amministrazione pubblica e la società in generale sono certamente più miopi della media della logica di un bambino di 6 anni, abbiamo dovuto passare le forche caudine della controprova pratica per fare marcia indietro.

Ma non è finita: tg24.sky.it ci propone in un altro articolo un secondo preoccupante sviluppo dell’artificio nella simulazione dell’intelligenza (QUI). Anche in questo caso seguendo la mia prospettiva non era difficile immaginare l’uso truffaldino che queste nuove tecnologie dischiudono alla mente umana perversa. Se infatti persistiamo a pensare che l’intelletto sia equiparabile a quello artificiale, addirittura credendo che possa essere migliore se non proprio e solo indistinguibile, allora per le coscienze abbastanza amorali tanto vale sfruttare questa “ingenuità” a proprio vantaggio e una mente scaltra come quella di un truffatore non può farsi sfuggire questa “gallina dalle uova d’oro” il cui impiego solo la fantasia e la creatività (umane) possono limitare.

L’uomo è massimamente artefice del suo ambiente (da sempre) e non potrà mai essere che l’artificio possa sostituirlo in questo a meno che non si decida di ottundere l’umanità al punto da spingerla all’apoptosi di massa, lasciando come un coglione con il cerino acceso in mano il plutocrate di turno che si è spinto fino a quel punto, dal momento che qualsiasi intelligenza artificiale non potrà mai sostituire il Vivente. La Vita si esprime in ciò che rimane inosservabile direttamente a lei stessa. La Vita è quindi osservabile nell’artificio indirettamente perché rimane una sua conseguenza. L’orma di un dinosauro lasciata nel fango che si è cristallizzato in roccia in un tempo molto lungo o il vaso prodotto dalle mani di un tornitore non possono “essere la vita“, ma la rappresentano. Allo stesso modo se guardo una pipa disegnata, mi dice Magritte, quella non è una pipa ma un disegno che la rappresenta. Il Mondo che ci circonda non ha la possibilità di “essere la Vita” ma solo di rappresentarla, tramite i corpi biologici come i segni che essi producono. Poi se questi segni stanno dentro un calcolatore digitale o decorano un tempio, non cambia niente, rimarranno comunque infinitamente più semplici della più semplice forma di Vita.

FONTE: https://comedonchisciotte.org/forum/notizie/ideologia-frodifrodi-lintelligenza-e-riducibilea-un-artificio/

 

 

 

La singolarità tecnologica ridefinirà il senso di essere umani o macchine

Gianluca Riccio – Pubblicato il 09.02.2021

La futura singolarità tecnologica potrebbe essere dominata da superintelligenze che non possiamo controllare. Come faremo a non soccombere?

Da quando (nel lontano 1941) i computer hanno preso forma hanno prima riempito intere stanze, poi le scrivanie degli uffici, poi le tasche. Ma hanno avuto tutti una cosa in comune: sono stati progettati da menti umane. Nel corso degli anni, molte persone si sono chieste: cosa succederebbe se i computer si progettassero da soli?

Un giorno, presto, un computer intelligente potrebbe creare da solo una macchina molto più potente di lui. Quel nuovo computer probabilmente ne farebbe a sua volta un altro ancora più potente e così via. L’intelligenza artificiale percorre una curva esponenziale verso l’alto, raggiungendo altezze di cognizione inconcepibili per l’uomo. Questa, in una sola parola, è la singolarità tecnologica.

Singolarità tecnologica
Il termine “singolarità tecnologica” risale a oltre 50 anni fa, quando gli scienziati stavano appena iniziando ad armeggiare con il codice binario e i circuiti che rendevano possibile il calcolo di base. Anche allora, la singolarità tecnologica era un concetto sbalorditivo e formidabile.

Una nuova generazione di computer superintelligenti potrebbe rivoluzionare tutto. Dalla nanotecnologia alla realtà virtuale immersiva fino ai viaggi spaziali superluminali.

Con la singolarità tecnologica, anziché sfruttare solo il nostro cervello a base biologica, potremmo utilizzare l’intelligenza artificiale, interfacciarci con essa. Migliorare o aumentare le prestazioni del nostro cervello con impianti, o persino caricare digitalmente le nostre menti per sopravvivere ai nostri corpi.

Il risultato della singolarità tecnologica sarebbe un’umanità sovralimentata, capace di pensare alla velocità della luce e libera da preoccupazioni biologiche.

Un mondo totalmente nuovo

Il filosofo Nick Bostrom pensa che questo mondo così dinamico potrebbe portare un’era completamente nuova.

In questo mondo saremmo tutti più simili a bambini in una gigantesca Disneyland gestita non da esseri umani, ma da macchine che abbiamo creato noi, o che hanno creato loro stesse.

Nick Bostrom, filosofo, scrittore e direttore del Future of Humanity Institute dell’Università di Oxford

Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro il mio processore

La singolarità tecnologica potrebbe portarci in una fantasia utopica o in un incubo distopico. E questo Bostrom lo sa bene. Da decenni pensa all’emergere di una AI superintelligente e conosce a fondo i rischi che tali creazioni comportano.

C’è il classico incubo fantascientifico di una rivoluzione robotica, ovviamente, in cui le macchine decidono che preferiscono avere il controllo della Terra.

Una cosa ancora più probabile, però, è la possibilità che il codice morale di un’AI superintelligente, qualunque esso sia, semplicemente non si allinei con il nostro.

Un’AI responsabile delle flotte di auto a guida autonoma o della distribuzione di forniture mediche potrebbe causare il caos se non valutasse più la vita umana nello stesso modo in cui lo facciamo noi.

Il problema dell’allineamento dell’AI, come viene chiamato, ha assunto una nuova urgenza negli ultimi anni, in parte proprio grazie al lavoro di pensatori come Bostrom.

Singolarità tecnologica e divergenze di pensiero

Se non saremo in grado di controllare un’intelligenza artificiale superintelligente, il nostro destino potrebbe dipendere dal fatto che la futura intelligenza della macchina la pensi come noi. Su questo fronte, Bostrom ci ricorda che sono in corso sforzi per “progettare l’AI in modo tale che di fatto scelga cose che sono vantaggiose per gli esseri umani, e scelga di chiederci chiarimenti quando non le è chiaro ciò che intendiamo.”

Ci sono modi in cui possiamo insegnare la moralità umana a una nascente superintelligenza. Si potrebbe insegnare agli algoritmi di apprendimento automatico a riconoscere il sistema dei valori umani, proprio come oggi le GAN vengono addestrate su database di immagini e testi. Oppure, diverse AI potrebbero discutere tra loro, sotto la supervisione di un moderatore umano, per costruire modelli migliori delle preferenze umane.

Una questione di rispetto

Se la singolarità tecnologica dovesse creare non più semplici macchine, ma vere e proprie menti pensanti artificiali, dovremmo considerare anche l’aspetto etico. Diventerebbe, dice Bostrom, una necessità chiederci se è quanto è giusto influenzarle, e in quale misura.

In questa era di macchine coscienti, in sintesi, la singolarità tecnologica potrebbe imporre un nuovo obbligo morale agli esseri umani: quello di trattare gli esseri digitali con rispetto.

Chiamatela pure “regola aurea del 21° secolo.”

FONTE: https://www.futuroprossimo.it/2021/02/la-singolarita-tecnologica-ridefinira-il-senso-di-essere-umani-o-macchine/

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