NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 27 NOVEMBRE 2019

http://piccolenote.ilgiornale.it/43051/kissinger-senza-accordo-con-pechino-sara-guerra-globale

NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI

27 NOVEMBRE 2019

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Chi è duro di carattere muore di mala sorte

(Massime del Papiro Insinger – Egitto – 100 d. C. circa)

 

In: LA SAGGEZZA DELL’ANTICO EGITTO, Guanda, 1980, pag. 43

 

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Tutti i numeri dell’anno 2018 e 2019 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com

 

 Precisazioni

 

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La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.

 

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SOMMARIO

 

Clamoroso: la televisione statale tedesca conferma il progetto coloniale ammettendo che le privatizzazioni greche sono state imposte da Schauble per trasferire ricchezza direttamente a Berlino! 1

Servilismo psichico

Mr. Sardina 1

Noli, devastata la targa dedicata a Ghersi, la ragazzina stuprata e uccisa dai partigiani 1

Anche l’uomo è vittima della violenza della donna

Studente aggredisce e sputa a insegnante di religione perché discute dell’abbandono dei bambini 1

Kissinger: senza un accordo con Pechino sarà guerra globale 1

Alla ricerca della trasgressione (nascosta) di Marcel Proust 1

CLAUDIO BORGHI: IL MES, FIGLIO DELLA SUPERFICIALITA’ ED UNO STRUMENTO INUTILE CONTRO LO SPREAD. 1

M.E.S. utile per tutti?

Collasso economico e sociale italiano indotto

Dieci famiglie sull’isola: cos’è la “finanziarizzazione dell’economia” 1

A cosa serve l’indipendenza delle banche centrali?

Recupero vs/ certezza della pena

Uccise Melania con 35 coltellate, sì ai permessi premio per Salvatore Parolisi 1

Ricollocamenti, il governo esulta. Ma è già pronta la trappola Ue 1

LA DEMENZA DIGITALE E LE NUOVE FORME DI ANALFABETISMO. 1

L’AFRICA CENTRALE VUOLE RIFORMARE IL FRANCO CFA. 1

Bloomberg, la mossa disperata dei Dem per battere The Donald 1

L’UE come difesa contro i mercati finanziari

Vladimiro Giacché: “Via da questa Europa, antidemocratica e inefficiente” 1

Le ragioni della nuova politica

La ‘strana’ libertà di parola vista dalle Sardine 1

Abel, genio e povertà  Sulle armi e gli amori

 

 

 

 

IN EVIDENZA

Clamoroso: la televisione statale tedesca conferma il progetto coloniale ammettendo che le privatizzazioni greche sono state imposte da Schauble per trasferire ricchezza direttamente a Berlino!

Mitt Dolcino – 30 LUGLIO 2015         RILETTURA

 

Certe volte la realtà supera la fantasia: addirittura la rete tedesca Erste TV, la più importante rete televisiva statale di Germania incredibilmente supporta le nostre tesi confermando in uno splendido report dell’equivalente della nostra RAI1 messo in palinsesto negli scorsi giorni che ai fatti sembra esistere un progetto coloniale tedesco atto a trasferire valore, assets, insomma denari dai Greci direttamente allo Stato tedesco con il fine di pagare i servizi utilizzati dalla cittadinanza germanica [e quindi indirettamente anche le loro future pensioni]! Della serie, prima li affami con l’austerità e poi li compri* per un tozzo di pane! In una parola: moderno colonialismo tedesco attuato in EU tramite l’induzione della stagflazione in un regime di cambi fissi** [ndr], colonialismo del III. millennio. E’ logico se ci pensate: i germani erano stati esclusi dal giro negli ultimi 100 anni ed oggi vogliono recuperare il tempo perduto, visto che le colonie in via di sviluppo sono ormai inaccessibili non gli resta che creasi le moderne colonie dentro casa, nell’EU del sud… [nell’articolo l’autore tedesco parla espressamente di “colonia” riferito al trattamento riservato alla Grecia nell’EU, vedasi traduzione, “Questo assomiglia più a una colonia che un paese membro dell’Unione Europea”.]

In calce trovate la traduzione in italiano del video, come riportato dalla TV tedesca nel suo sito

VIDEO QUI:

http://www1.wdr.de/daserste/monitor/videos/videomilliardendealsmitgriechenlandwersinddieprofiteurederprivatisierung100.html

Ad esempio gli aeroporti greci oggetto di privatizzazione forzata a valle della capitolazione di Tsipras passati dallo Stato greco ad una azienda STATALE TEDESCA, FraPort (Aeroporti di Francoforte, di proprietà della regione dell’Assia): ossia un business profittevole – dice la stessa Erste –, gli aeroporti greci, viene svenduto e come acquirente ha di fatto lo Stato tedesco [che non paga nemmeno quanto dovuto in quanto lo scala dal debito di Atene, assets per altro acquistati a prezzi inferiori a quelli di mercato] per volere diretto di Schauble – lo dice il l’articolo, non io -. E viene anche aggiunto nel pezzo, che così facendo FraPort potrà più facilmente convogliare i propri (anziani, ndr) turisti tedeschi in Grecia, scommetto – immaginando cosa verrà dopo, i tedeschi sono molto logici –  che a seguire ci sarà l’incanto delle abitazioni locali magari dietro la costrizione dell’equivalente di Equitalia in Grecia che prima espropria i beni ai propri concittadini per morosità nel pagamento di tasse altissime (vi ricorda qualcosa?) e poi li vende a saldo ai tedeschi avvoltoi nelle aste di Stato [e chi volete che abbia

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https://scenarieconomici.it/clamoroso-la-televisione-statale-tedesca-conferma-il-progetto-coloniale-ammettendo-che-le-privatizzazioni-greche-sono-state-imposte-da-schauble-per-trasferire-ricchezza-direttamente-a-berlino/

 

 

 

 

 

 

Servilismo psichico

Augusto Bassi – 27 novembre 2019

Treccani: sovranismo psichico s. m. Atteggiamento mentale caratterizzato dalla difesa identitaria del proprio presunto spazio vitale.

♦ Sovranismo psichico, prima ancora che politico. È la definizione del Censis nel 52esimo rapporto presentato ieri al Cnel a Roma. Più che un’analisi sui dati dell’economia, e della sua crisi, l’indagine trova un suo interesse per il panorama che offre sulla crisi della soggettività nell’epoca del risentimento e del «populismo» al potere.

L’espressione ridondante di «sovranismo» non allude solo al conflitto tra Stato-Nazione e tecnocrazia europea, ma al cittadino-consumatore che «assume i profili paranoici della caccia al capro espiatorio». (Roberto Ciccarelli, Manifesto.it, 8 dicembre 2018, Italia)

  • Non accettiamo la realtà del nostro futuro che sarà nella globalizzazione dei mercati e in una società multietnica e multirazziale? Noi italiani che corrispondiamo a meno dell’1% della popolazione mondiale vogliamo metterci alla guida dell’altro 99% affermando che devono fare quello che riteniamo giusto noi? Naturalmente, in questo modello di pensiero, se gli altri popoli non si adeguano ci sentiamo incompresi e accerchiati per cui costruiamo dei nemici mentali che in questo momento storico sono i migranti e le istituzioni sovranazionali come l’Unione europea, i mercati, il Fondo monetario, etc. Ringrazio il Censis e il Dr. De Rita per aver chiarito, inventando il termine sovranismo psichico, questo modello di pensiero

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ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Mr. Sardina

Federica Francesconi 25 11 2019

 

Quando sui Social incrocio per sbaglio l’immagine del faccino effeminato di Mr Sardina immancabilmente penso alla demascolinizzazione in atto dell’uomo italiano, e in generale di quello occidentale. Retorichetta petalosa, movenze radical chiccose, sguardo inebetito da anni di Erasmus, esternazione di sociologismi pescati dal repertorio sorosiano, Mr Sardina è la quintessenza del nichilismo di sinistra, che ha trasformato gli uomini in scimmiette ammaestrate e caricature di sé stessi. Castrati della loro virilità, gli uomini italici sono sempre più vittime di quello che io definisco il “paradigma del frocismo”: nessun valore “forte” degno di questo nome, nessun impeto, nessun idealismo controcorrente.

Stando così le cose, posso rivelare ai miei lettori che se dopo un cataclisma sulla Terra rimanessimo in due esseri umani, io e Mr Sardina, preferirei darmi la morte da me piuttosto che condividere la sorte con siffatto omuncolo.

 

Credetemi quando scrivo che io vorrei tanto fare la donna di casa con la brocca sopra la testa, come ai bei tempi delle società arcaiche dei cacciatori e delle raccoglitrici. Vorrei tanto stare sul divano a fare la calza e a farmi spupazzare da un uomo virile, tutto d’un pezzo, e non pensare a come salvare il mio paese e il mio popolo dalla dissoluzione della civiltà.

 

Ma voi capite bene che quando una parte non indifferente del genere maschile si frocizza – ma in compenso ci sono anche alcuni uomini virili di tutto rispetto che fanno da contraltare alla massa maschile effeminata – alle donne come me, che sono pochissime, non resta che mettere il pugnale tra i denti e combattere per tentare di arrestare il corso della disgregazione in atto.

Quando l’uomo si frocizza le donne come me hanno il dovere morale di scendere nell’arena, non per mascolinizzarsi, come vorrebbe l’ordine invertito di questa dis-civiltà, ma per ripristinare un ordine appunto, dando così l’esempio ad alcuni uomini, che oramai quel dovere morale non lo sentono più.

 

https://www.facebook.com/1165264657/posts/10217684405719659/

 

 

 

 

Noli, devastata la targa dedicata a Ghersi, la ragazzina stuprata e uccisa dai partigiani

È stata vandalizzata per la seconda volta nel giro di dodici mesi la targa dedicata a Giuseppina Ghersi, la tredicenne stuprata ed uccisa dai partigiani savonesi nell’aprile del 1945. E mentre l’Anpi tace, il sindaco di Noli parla di “comportamento violento e da fascisti”

Elena Barlozzari – Lun, 29/10/2018

 

Povera Giuseppina Ghersi. Per questa tredicenne, stuprata ed uccisa dai partigiani savonesi nell’aprile di sangue del 1945, non c’è pace nemmeno da morta.

 

 

La sua storia è riuscita a bucare la cappa di omertà che avvolge i giorni successivi alla Liberazione. Tanto che, lo scorso anno, le è stata persino dedicata una targa. Una delle poche che ricordano i crimini dei partigiani. Il suo fu orrendo. Accusata di “collaborazionismo” e giustiziata per aver partecipato con il suo tema ad un concorso scolastico ed essersi guadagnata una lettera d’encomio dello staff di Mussolini. Chi ha visto il suo cadavere, gettato nei pressi del cimitero di Zinola come uno straccio vecchio, lo descrive così: “L’orrore era rimasto impresso sul suo viso, una maschera di sangue, con un occhio bluastro, tumefatto e l’altro spalancato sull’inferno”.

Nessuno ha pagato per il suo delitto. E a distanza di più di settant’anni qualcuno è tornato ad infierire su di lei. La targa inaugurata a Noli un anno fa e dedicata alla memoria di quella “sfortunata bambina” vittima di “ignobile viltà” è stata devastata nella notte di venerdì scorso. Si è trattato del secondo raid vandalico nel giro di appena dodici mesi. Ed è stato messo a segno proprio nei giorni in cui Savona si preparava ad accogliere la marcia antifascista promossa dall’Anpi e dal coordinamento antifascista savonese. Una coincidenza? Impossibile dimenticare le parole pronunciate dal presidente

 

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http://www.ilgiornale.it/news/cronache/noli-devastata-targa-che-ricorda-ragazzina-stuprata-e-uccisa-1594174.html?fbclid=IwAR1QfqyadQ5I0xhBqO8BcBuczcgci-jW8w8eDRxiyWTpaLUshsYjOipysMg

 

 

 

 

Anche l’uomo è vittima della violenza della donna

26 Novembre 2017

 

Come il femminicidio esiste anche il maschicidio: un fenomeno orrendo su cui spesso si chiudono gli occhi. Per vergogna o per stereotipi. 

Quando si parla di «violenza di genere» si pensa sempre a quella dell’uomo nei confronti della donna: un reato sicuramente ignobile, spesso coperto dal pregiudizio, dall’ignoranza e dalla discriminazione, che merita la giusta punizione. Senza nulla togliere alla gravità di tali comportamenti, troppo poco però si dice del fenomeno opposto, quello cioè della violenza delle donne nei confronti dell’uomo. Violenza che, stando agli atti giudiziari delle Procure e dei tribunali civili di mezza Italia, è tutt’altro che rara. Anzi, è subdola e lesiva, al pari di una violenza fisica. Tant’è che, in alcuni casi (circa 200 all’anno), porta al suicidio. Insomma, come esiste il femminicidio, c’è anche il maschicidio. Eppure, di questo non si parla quasi mai a causa della vergogna e degli stereotipi che attribuiscono all’uomo l’immagine della parte forte e aggressiva. Un uomo che subisce una violenza è un debole o ha commesso un grave torto. Così, per evitare etichettature, si preferisce subire in silenzio piuttosto che alzare la testa.

5000 uomini ogni anno subiscono violenze silenziosamente dalle donne

In questo calderone di violenze ai danni del genere maschile rientrano le false accuse di stalking e di violenza sessuale, la pressione esercitata sui figli per allontanarli dal padre separato, la richiesta di mantenimento come arma di vendetta verso l’ex coniuge. E poi una serie di minacce e reazioni fisiche come il lancio di oggetti, percosse con calci e pugni, morsi, graffi. Secondo una indagine del 2012 condotta dall’Università di Siena (citata da Il Giornale), sono circa 5milioni gli uomini che, ogni anno, subiscono violenze dalle donne: violenze sia psicologiche che fisiche. In queste situazioni l’uomo ha

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BELPAESE DA SALVARE

Studente aggredisce e sputa a insegnante di religione perché discute dell’abbandono dei bambini

Francesco Giubilei – 25 novembre 2019

In Emilia-Romagna si registra l’ennesimo episodio di intolleranza e tentativo di censura, questa volta ancor più grave perché avvenuto all’interno di un’aula scolastica nei confronti di una docente. A farne le spese una professoressa di religione che è stata aggredita da uno studente di quinta superiore che le ha lanciato una bottiglietta d’acqua e sputato. La sua colpa? Aver raccontato la storia di “Giovannino”, il bambino abbandonato all’ospedale S. Anna di Torino perché nato con una malattia genetica. L’obiettivo della professoressa di religione era discutere con i propri studenti dei temi di attualità come l’adozione, l’aborto, la responsabilità dei genitori. Argomenti di cui non si è riusciti a parlare perché lo studente ha aggredito la professoressa sostenendo che nessuno volesse affrontare quei temi in classe. Di fronte al tentativo della professoressa di continuare la sua lezione, lo studente ha iniziato a inveirle contro, spostando sedie e banchi fino all’aggressione con il lancio di una bottiglia e lo sputo.

Mentre si cerca di derubricare l’episodio come una semplice alterazione del ragazzo, in realtà si tratta di un’aggressione a sfondo politico da quanto apprendiamo parlando con fonti vicine alla scuola

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CONFLITTI GEOPOLITICI

Kissinger: senza un accordo con Pechino sarà guerra globale

La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina può diventare una guerra vera e propria, così Henry Kissinger in una convegno organizzato da Bloomberg (al Manar).

“Se lasciamo che il conflitto si deteriori, l’esito potrebbe essere anche peggiore di quanto successo in Europa” nel ventesimo secolo, ha affermato l’ex Segretario di Stato Usa, aggiungendo che “la prima guerra mondiale è scoppiata a causa di una crisi relativamente minore” e ricordando che fu combattuta con armi molto meno distruttive di quelle odierne.

In un discorso precedente, aveva affermato che le “inevitabili” diversità di interessi tra le due potenze, che generano dialettica, devono essere gestite superando le attuali pretese di abbattere il rivale (più americane che cinesi in realtà). Infatti, ha detto, “non è più possibile pensare che una parte possa dominare l’altra” (Global Times).

Sanzioni contro Hong Kong

L’allarme di Kissinger cade in un momento particolare. In questi giorni il Senato americano ha approvato l’Hong Kong Human Rights and Democracy Act, che sanziona le autorità di Hong Kong per la repressione contro i manifestanti che da mesi stanno mettendo a ferro e fuoco la città.

La legge prevede che gli Stati Uniti anno per anno dovranno monitorare la tenuta democratica della città e revocare, nel caso di criticità sul punto, il suo status privilegiato per gli scambi commerciali con gli Usa.

Ciò ha suscitato le ire di Pechino, che peraltro denuncia il sostegno americano ai manifestanti (vedi Piccolenote), evidentemente gradito ai rivoltosi, date le tante bandiere americane che agitano al vento.

Per la Cina si tratta di un’ingerenza indebita e irricevibile in quella che

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CULTURA

Alla ricerca della trasgressione (nascosta) di Marcel Proust

Stenio Solinas – Mar, 26/11/2019

Le mystérieux correspondant (Editions de Fallois, a cura di Luc Fraisse, pagg. 175, euro 18,50) si intitola questa raccolta di inediti, appena uscita in Francia e destinata più a fare la gioia degli studiosi di Marcel Proust che dei lettori.

I suoi testi si collocano infatti «aux sources», alle origini della Recherche, manoscritti spesso non finiti, ma comunque gelosamente conservati, una decina in tutto, e che hanno come tema principale l’omosessualità, una sorta di «giornale intimo», nota il loro curatore, in cui questa è affrontata sotto il profilo psicologico e morale, una sofferenza che non conosce altra redenzione se non la trasposizione artistica atta a purificare e rendere «altro» il tema sesso.

Come è noto, ancora alla metà del Novecento era opinione comune che, come scrittore, prima della Recherche Proust non fosse quasi esistito: un’opera giovanile, Les Plaisirs et les Jours, delle traduzioni da Ruskin (La Bible d’Amiens, 1904, Sésame et les lys, 1906), nient’altro. Riprendendo un suggerimento di André Maurois e del suo À la recherche de Marcel Proust, fu proprio Bernard de Fallois, allora giovane ricercatore, a scoprire negli archivi della famiglia quell’insieme di testi che daranno vita al Jean Santeuil e che mostrano come proprio in quegli anni giovanili Proust lavorasse già su più fronti, embrioni di racconti e embrioni di romanzo da cui si distaccavano scritti polemici (il Contro Sainte-Beuve, per fare un esempio) e prove d’autore. È insomma la ricerca di una voce, della «sua» voce, quella che allora prende corpo e di cui anche questi racconti inediti fanno parte. Come e perché il giovane scrittore che Proust era all’epoca decidesse di non pubblicarli, non sappiamo. Al di là di un giudizio critico dato dall’autore sul loro valore, Luc Fraisse, che li ha recuperati proprio dal fondo de Fallois, suggerisce che avessero bisogno «d’essere scritti per sé, più che d’esser pubblicati per gli altri». Del resto, è un dato di fatto che la particolare angolazione con cui viene affrontato il tema dell’omosessualità in quanto sofferenza e maledizione, è alla base di quello che sarà

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ECONOMIA

CLAUDIO BORGHI: IL MES, FIGLIO DELLA SUPERFICIALITA’ ED UNO STRUMENTO INUTILE CONTRO LO SPREAD

25 NOVEMBRE 2019 posted by admin

Vi presentiamo l’intervista a Claudio Borghi su RPL sulle parole di Grillo, dopo l’ennesima investitura di Di Maio, quando parla di Caos, Entropia e della bellezza che nasce dal caos, quando in realtà non è altro che l’ennesima presa in giro per gli italiani. Nati antisistema, entrati perfettamente nel sistema, ne sono ora i massimi e più assidui difensori.

Quindi si passa allo scandalo del momento, il MES, lo strumento perfetto per schiacciare quello che rimane dell’economia italiana. Uno strumento insufficiente come dimensioni, che dovremmo pagare

 

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M.E.S. utile per tutti?

Rosanna Spadini 24 11 2019

 

Da Bruxelles dicono che il Mes, cioè il Meccanismo europeo di stabilità, meglio noto come Fondo salva-Stati, sia uno strumento potenzialmente utile per tutti i Paesi d’Europa, oltre che rappresentativo delle esigenze dei singoli governi. Eppure, se diamo un’occhiata al Management Board dello stesso Mes, notiamo otto personaggi attivi nel mondo dell’economia e della finanza, tutti rigorosamente non italiani. Già, perché il ruolo di Managing Director è ricoperto da un tedesco, Klaus Regling, lo stesso che viene anche soprannominato “il re d’Europa”. Proseguiamo e leggiamo gli altri nomi, un misto tra francesi e tedeschi: David Eatough è General Counsel, Rolf Strauch è lo Chief Economist, Christophe Franklen è il Deputy Managinh e Director and Chief Risk Office, Kalin Anev Janse è lo Chief Finanzial Officer. I rimanenti posti, due, cioè quello di Chief Operating Officer e Chief Corporate Officer, sono affidati rispettivamente a Sofie de Beule-Roloff e Francoise Blondeel.

 

Un Management Board a trazione franco-tedesca.

 

Una domanda, dunque, sorge spontanea: indipendentemente dai costi, com’è possibile che il Mes possa fare gli interessi di tutta l’Europa, Italia compresa, se il suo Consiglio di amministrazione straripa di personaggi solo tedeschi o francesi? Certo, guai a pensar male, anche se Parigi e Berlino stanno attraversando serie turbolenze e le loro banche avrebbero bisogno di un bel po’ di sostegno.

 

E i membri del Management Board, guarda caso, provengono per lo più da Francia e Germania. Sarà sicuramente un caso, ma di profili italiani neanche l’ombra. Figurarsi se Roma, secondo una buona fetta dell’opinione pubblica globale, merita di sedersi al tavolo dei grandi. Tuttalpiù il governo italiano può essere interpellato quando Bruxelles ha bisogno di un appoggio, ma niente di cui strapparsi i capelli. Il profilo più importante del Mes è Klaus Regling, classe 1950 e nato a Lubecca, in Germania. Agisce da dietro le quinte, e le informazioni sul suo conto scarseggiano e perfino su internet è complicato trovare notizie. Secondo Politico, Regling è “affidabile e riservato”, e nei modi assomiglierebbe molto più a Draghi che non ai fautori dell’austerity.

 

Il Fondo salva-Stati finirà al vaglio della riunione dell’Eurogruppo di Bruxelles il prossimo 4 dicembre, quindi, una settimana più tardi, passerà al Consiglio europeo che dovrà solo ratificare. Il fondo in sé nasce nel 2010, all’indomani della crisi dei debiti sovrani in Europa; due anni più tardi. Il pomo della discordia sul Mes nasce dal fatto che il 14 giugno l’Eurogruppo ha concordato una bozza di riforma, e l’Italia, per mano di Giuseppe Conte, avrebbe avallato la modifica senza dire niente al Parlamento. La Lega si è subito scagliata contro l’esecutivo giallorosso e anche Luigi Di Maio ha iniziato a riservare qualche dubbio su uno strumento costoso quanto inutile e dannoso per il nostro Paese. Intanto perché l’Italia presta e ha prestato al Mes (o chi per lui) poco meno di 15 miliardi di euro. Poi perché quei governi che dovessero mai accettare la ciambella del fondo, rischiano di finire stritolati dall’obbligatoria ristrutturazione preventiva del proprio debito pubblico, laddove questo non fosse considerato sostenibile.

 

Per tornare al Management Board a trazione franco-tedesca, la riforma in cantiere sembra configurarsi più come un regalo alle banche francesi e tedesche in grande difficoltà che non un assist all’intera Ue.

 

https://www.facebook.com/groups/Finanzcapitalismo/permalink/1171131993075779/

 

 

 

 

 

 

Collasso economico e sociale italiano indotto

Luca Schiesari 2 11 2019

 

  • 6500 imprese artigiane chiuse nei primi 6 mesi di quest’anno
  • 360mila imprese fallite dal 2010.
  • Migliaia di suicidi economici.
  • 250mila case all’asta nel 2018.
  • Centinaia case all’asta ogni giorno nel 2019.
  • Immobili di immenso valore storico vanno all’asta per poche migliaia di euro.

 

Questo dovrebbe far rabbrividire chi guida questo disastrato paese.

Questa è l’Italia ora!

Piccoli imprenditori e i suicidi di stato.

 

Il presidente italiano Sergio Mattarella (Quirinale) ha annoverato tra i risultati dell’euro un’economia più forte,

 

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FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Dieci famiglie sull’isola: cos’è la “finanziarizzazione dell’economia”

 

di Giovanni Lazzaretti – 26 NOVEMBRE 2019

Il mondo è in grado di pagare il debito?

 

[a] «Sì. Ogni uomo, ogni Stato si impegni a lavorare, risparmiare, non sprecare. Così pagheremo il debito.»

[b] «No. Il debito è ormai troppo grande. Nessuno sforzo potrà ripianarlo.»

[c] «Giovanni, ma che domande fai? A ogni debito corrisponde un credito, per cui il mondo non ha né debiti né crediti.»

Qual è la vostra risposta? Siete per il SI, per il NO, o per l’inesistenza del debito? La risposta giusta è

[d] «No. La ricchezza disponibile è infatti inferiore ai debiti contratti.»

Il debito supera la ricchezza disponibile, questa è la risposta giusta. Ma anche la risposta [c] è giusta. Com’è possibile? E’ possibile perché il nostro mondo è impostato su un colossale trucco, ossia la confusione tra “debito” e “mezzi per pagare il debito”.

Ho constatato che il concetto non è immediato, per cui provo a spiegarmi con una favoletta.

C’è un’isola nell’oceano, grande e ricca quanto basta per vivere autonoma. Un colossale tsunami la distrugge, si salvano solo 10 famiglie sull’altopiano. 10 famiglie che chiameremo convenzionalmente coi nomi dei capofamiglia: Andrea, Biagio, Carlo, Dario, Enea, Fabio, Guido, Helmut, Italo e Luigi. O meglio, con le iniziali ABCDEFGHIL.

Guardano in basso, desolati. Hanno perso tutto: parenti, amici, organizzazione statale, banca, scuola, … Però non sono dei trogloditi. Hanno conservato conoscenze e cultura, in più l’isolamento li aveva abituati a risolvere ogni cosa tra loro dell’altopiano, per cui la vita ordinaria può faticosamente ripartire: hanno l’agricoltura, sanno lavorare legno e metalli, sanno fare i muratori.

Si guardano anche nelle tasche. Azzerati debiti e crediti con “quelli di laggiù” morti nello tsunami, restano un po’ di Talleri e un po’ di debiti e crediti tra loro: una fornitura non saldata, uno stipendio da riscuotere, un prestito personale, un garage venduto e non pagato, …

“A” ha 110 Talleri in tasca, 800 Talleri di credito, 100 di debito. “B” 130 Talleri, 1400 crediti, 700 debiti. “C” 150 Talleri 2750 crediti 800 debiti. Eccetera, come descritto nella tabella, alle colonne

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A COSA SERVE L’INDIPENDENZA DELLE BANCHE CENTRALI?

Matteo Masi 21 11 2019

 

Semplice, a distruggere la possibilità di spesa degli stati e a colpire le piccole medie imprese, come ben evidente sul sole 24 ore di oggi

 

“Il comitato, che come è noto è composto dai governatori delle banche centrali di tutto il globo, ha avviato nei giorni scorsi una consultazione per modificare proprio quell’accordo che ora la Ue si appresta a recepire nelle sue direttive.

 

Il tema in oggetto è la regolazione sul trattamento prudenziale dei titoli di Stato, […] All’interno del comitato non era stato trovato l’accordo e quindi il testo era stato accantonato: se fosse entrato in vigore, considerata l’attuale esposizione del sistema bancario italiano verso i Btp, l’aumento del fabbisogno di capitale sarebbe stato di quasi 6 miliardi. […] Ma intanto, è il ragionamento degli addetti ai lavori, il comitato si porta avanti e acquisisce a livello centralizzato (oggi quei dati sono disponibili a livello di singole banche centrali) la misura dei rischi verso gli Stati sovrani.

 

E magari il prossimo passo sarà ritentare la stretta […] Tornando alle misure già adottate da Basilea, è prevista la soppressione del Pmi supporting factor, lo sconto in termini di accantonamenti per i finanziamenti concessi alle Pmi. E ancora: viene penalizzata l’erogazione del credito verso le Pmi senza rating e questo potrebbe coinvolgere molte imprese italiane.

 

Poi, come ha ricordato a Ravenna Federico Cornelli, responsabile Abi delle relazioni con la Ue, c’è la stretta sul credito a vista, molto diffuso tra piccole imprese ed esercizi commerciali. Oggi non è considerato un credito a rischio, ma Basilea

introduce l’obbligo di accantonamenti sull’accordato non utilizzo che potrebbe ridurre la disponibilità complessiva concessa all’impresa.”

 

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10220912135142891&id=1525697249

 

 

 

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

Recupero vs/ certezza della pena

Avv. Fabrizio Bonanni Saraceno – Roma

26 novembre 2019

     
 

Dall’interpretazione estensiva del terzo comma dell’art.27 della Costituzione Italiana (“LE PENE non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e DEVONO TENDERE ALLA RIEDUCAZIONE DEL CONDANNATO”) ricaviamo l’attuale legislazione che considera prioritaria la

 

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Uccise Melania con 35 coltellate, sì ai permessi premio per Salvatore Parolisi

Di Redazione Internapoli -3 Settembre 2019

 

Salvatore Parolisi, condannato a 20 anni di reclusione per il delitto della moglie Melania Rea, dopo 8 anni di carcere potrebbe già tornare in libertà. A breve l’ex militare, 40enne, grazie alla buona condotta potrà trascorrere alcuni giorni al mese a casa. Sconcerto da parte dei familiari della vittima: “Assurdo dare benefici a chi ha commesso una simile atrocità. Parolisi non si è mai pentito, né ha chiesto scusa”.

 

A dare la notizia è il settimanale Giallo.“La notizia che presto potrebbe uscire dal carcere perché usufruirà dei primi permessi premio mi coglie di sorpresa e, umanamente, mi fa molto male … Io penso che una persona condannata in via definitiva per omicidio non debba mai usufruire di benefici ma che debba scontare in galera l’intera pena stabilita dai giudici”.

 

Queste le parole di Michele, fratello di Melania. Melania fu uccisa con 35 coltellate nel bosco di Ripe di Civitella (Teramo) il 18 aprile 2011, Melania Rea sapeva che il marito la tradiva ma continuava a perdonarlo. Secondo le sentenze la uccise perché stretto in un imbuto sentimentale. Aveva promesso all’amante che avrebbe ufficializzato

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IMMIGRAZIONI

Ricollocamenti, il governo esulta. Ma è già pronta la trappola Ue

Dal Viminale via libera all’approdo in Italia: i 73 a bordo della Open Arms arriveranno a Taranto, a Pozzallo i 78 migranti a bordo della Aita Mari. Dal governo si esulta per i ricollocamenti coordinati con Francia e Germania, ma è solo un bluff

Mauro Indelicato – Lun, 25/11/2019

A poche ore dall’intervista su Raitre in cui il ministro Luciana Lamorgese ha annunciato il via libera all’approdo delle due navi Ong che chiedevano di entrare, è arrivato il definitivo disco verde per lo sbarco.

Nelle scorse ore infatti, il Viminale ha dato l’ok alla Open Arms ed alla Aita Mari per entrare in Italia assegnando, rispettivamente, il porto di Taranto e quello di Pozzallo.

In totale, sono 151 i migranti che approderanno nelle prossime ore una volta ultimate nei due scali sopra citati le operazioni di approdo. E questi vanno ad aggiungersi ai 215 sbarcati ieri a Messina dalla Ocean Viking, la nave dell’ong francese Sos Mediterranée che è stata impegnata in tre distinte operazioni di recupero di persone in difficoltà a largo della Libia.

Il titolare del Viminale, in un’intervista concessa domenica alla trasmissione “Mezz’ora”, aveva dichiarato di essere pronta a dare il via libera alle due navi che bussavano alle porte delle acque territoriali italiane.

Open Arms ed Aita Mari avevano soccorso rispettivamente 73 e 78 migranti tra giovedì e venerdì. La Open Arms durante tutto il fine settimana aveva fatto pressioni per entrare in un porto vicino, presumibilmente italiano o maltese.

Alla fine, entrambe le ong, come detto, sbarcheranno in Italia. A Taranto ed a Pozzallo inizieranno a breve le operazioni i preparazione agli sbarchi, con la macchina dei soccorsi e dell’accoglienza già

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LA LINGUA SALVATA

LA DEMENZA DIGITALE E LE NUOVE FORME DI ANALFABETISMO

di Gustavo Micheletti – 25 novembre 2019

 

 

L’attrice americana Jennifer Connelly descriveva così, già una dozzina di anni fa, il suo modo di utilizzare il tempo: “Quando faccio sesso mi piace leggere un libro e telefonare. È così bello fare tante cose insieme”. Molti ragazzi hanno oggi un modo analogo di destreggiarsi tra mille impegni. Una ragazza di quindici anni dice: “Mi tengo in contatto costante con gli amici con gli sms, intanto controllo la posta elettronica, faccio i compiti, oppure gioco al computer mentre telefono”. Un altro quattordicenne, che mostra anche lui di annoiarsi quando non succede tutto contemporaneamente, aggiunge: “Di solito faccio i compiti già a scuola. Altrimenti, tengo un libro sulle ginocchia e mentre accendo il computer faccio i compiti di matematica o scrivo una frase. Mentre scarico le e-mail svolgo gli altri compiti”. La madre di un altro quindicenne descrive così la preparazione del figlio per una verifica in classe: “I libri restano chiusi nello zaino, mentre il portatile è sempre aperto sulla scrivania. Sullo schermo c’è aperto un documento di storia, inglese o fisica, che nasconde la pagina Facebook o iTunes. Intanto con le cuffie ascolta un podcast e a volte, per concentrarsi ancora di più, guarda un video su YouTube”.

Queste sono solo alcune delle testimonianze riportate da Manfred Spitzer – un neurologo che dirige attualmente la clinica psichiatrica e il Centro delle neuroscienze dell’Università di Ulm – nel suo Demenza digitale (Corbaccio editore), un saggio che spiega come l’uso diffusamente improprio delle nuove tecnologie corra il serio rischio di renderci tutti più stupidi entro pochi anni. La tesi centrale avanzata dall’autore è che l’utilizzo dei media digitali nel campo dell’istruzione abbia “effetti collaterali che esulano dall’abuso diretto” e che tali effetti collaterali non vengano presi abbastanza in considerazione. Quando si afferma che a scuola si può migliorare lo studio grazie all’utilizzo dei media digitali, si tende a dimenticare che non

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http://opinione.it/cultura/2019/11/25/gustavo-micheletti_attrice-jennifer-connelly-sms-posta-elettronica-facebook-itunes-podcast-youtube-manfred-spitzer/

 

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

L’AFRICA CENTRALE VUOLE RIFORMARE IL FRANCO CFA

di Fabio Marco Fabbri – 26 novembre 2019

 

La “questione” del Franco Cfa nell’Africa centrale e occidentale, sistematicamente torna alla ribalta delle “cronache” a causa delle controverse “teorie economiche” che spesso avviluppano i quattordici Stati africani aderenti alla moneta ex coloniale.

Venerdì 22 novembre a Yaoundé, in Camerun, i rappresentanti dei sei Paesi aderenti alla Comunità Economica e Monetaria dell’Africa centrale, la Cemac, si sono incontrati in una riunione non ordinaria, per programmare ed ufficializzare la già palesata volontà di andare oltre “il giogo” del Franco Cfa, ribadendo, quella che ormai è diventata una litania, cioè il concetto che detta valuta ricorda il retaggio del colonialismo, oggi eredità troppo scomoda e pesante per le esigenze politiche degli Stati che la adottano.

Ricordo che il Franco Cfa è utilizzato da centocinquantacinque milioni di persone, abitanti nei quattordici Stati dell’Africa occidentale e centrale e le Isole Comore; la “valuta” è indicizzata in euro e abbastanza agevolmente convertibile in Africa, molto meno, o per nulla, fuori dai “confini africani”. Gli Stati utenti aggregati all’UemoaUnione Monetaria dell’Africa Occidentale e alla Cemac, la Comunità Economica e Monetaria dell’Africa Centrale, devono depositare il 50 per cento delle loro riserve in Francia. I sei capi della delegazione di Yaoundé, venerdì hanno “ragionato” sulla necessità di rinegoziare il loro “rapporto monetario” con la Francia, elaborando un documento finale nel quale si dichiara che: “per proseguire la cooperazione monetaria con la Francia si deve avviare una riflessione approfondita sulle condizioni nel quadro di una nuova cooperazione”. In pratica è stato dato un incarico alla Banca degli Stati dell’Africa Centrale, la Béac, di prospettare un modello idoneo che conduca celermente ad una “evoluzione” del Franco Cfa in una forma monetaria autoctona.

Al Summit Cémac di Yaoundé ha partecipato: il Camerun con il presidente Paul Biya, il Centrafrica rappresentato dal presidente Faustin-Archange Touadéra, il Congo con il Capo di Stato Denis Sassou Nguesso, la Guinea Equatoriale con il presidente Teodoro Obiang, il Ciad con il presidente Idriss Déby Itno, mentre il Gabon è stato rappresentato dal primo ministro Ali Bongo Ondimba. Nel testo di sintesi dell’incontro viene sostenuta all’unanimità la comune

 

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Bloomberg, la mossa disperata dei Dem per battere The Donald

Pasquale Ferraro. 27 novembre 2019

Non si tratta di un nuovo film western; non siamo a Tombstone; non c’è una collina degli stivali; non ci sono gli Earp contro i Clanton; la sfida non si terrà all’O.K. Corral; anzi, il duello è nelle urne e l’obiettivo è lo studio ovale. La campagna per le primarie democratiche entra nel vivo e il tutto pare ricordare la trama tipica del western classico, nel quale tutti vogliono far capire che c’è un nuovo sceriffo in città, e sono pronti a qualsiasi cosa per dimostralo.

Qui, a lanciare la sfida è Michael Bloomberg, ex sindaco di New York e magnate dell’editoria, il quale ha già pronunciato una sorta di “Alea iacta est”, di cesariana memoriaI protagonisti di quella che sembra essere una bizzarra pellicola sono i candidati alle primarie democratiche i quali puntano ad avere l’onore e l’onere di sfidare nel duello finale – e più atteso – Donald J. Trump, che la fama da “pistolero” se l’è guadagnata sul campo. Il rischio è alto, non per Trump – che finora si sta godendo ogni puntata della guerra fratricida dei suoi aspiranti avversari, mangiando popcorn e ridacchiando – quanto

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UE come difesa contro i mercati finanziari

Lisa Stanton 26 11 2019

 

“L’Unione europea deve tornare a essere una difesa contro i mercati finanziari internazionali, si rifletta sul ritorno di Banche centrali nazionali. Sarebbe possibile uscire dall’Euro senza troppi contraccolpi? Sono curiosi coloro che paventano una catastrofe dovuta all’uscita dell’Italia dall’Euro. Le catastrofi che vengono enunciate ci sono già.

Le crisi delle imprese le abbiamo già avute. Negli ultimi dieci anni abbiamo avuto la peggiore crisi dal 1861. Non abbiamo recuperato i livelli di Pil precedenti alla crisi, siamo rimasti indietro sugli investimenti e sull’occupazione. La catastrofe di fatto è ancora in corso.

Spesso si ha l’idea, a mio giudizio sbagliata, che l’uscita dell’Italia dall’Euro sia una sorta di viaggio solitario verso un’isola deserta, con la rimanente area Euro compatta. Questa raffigurazione è falsa. È impossibile che l’Euro resti in piedi senza l’Italia. Questo cambierebbe le previsioni che si fanno sulla svalutazione: una eventuale nuova moneta nazionale non svaluterebbe rispetto al resto del mondo, ma si comporterebbe di volta in volta in modo diverso rispetto alle altre monete.

Anche l’enorme inflazione prevista non è affatto realistica. Se prendiamo l’ultima svalutazione seria della lira all’uscita dallo Sme nel 1992, rispetto alla notevole svalutazione l’inflazione scese invece di salire. L’economia è più complicata di quello che sembra. Alcuni automatismi ripetuti in maniera meccanica non sempre si verificano, e l’abbiamo visto nel caso della Brexit. Quando c’è un governo della moneta con una banca nazionale, si può reagire agli shock in modo più efficace.”

 

https://www.facebook.com/100000248554468/posts/2802907543060837/

 

 

 

 

 

 

 

 

Vladimiro Giacché: “Via da questa Europa, antidemocratica e inefficiente”

venerdì, 22, febbraio, 2019

“L’Unione europea deve tornare a essere una difesa contro i mercati finanziari internazionali, si rifletta sul ritorno di Banche centrali nazionali”: il punto di vista di Vladimiro Giacché ospite della settima puntata di Testa o Croce

VIDEO QUI: https://youtu.be/2bz6UqUrwqY

www.money.it

Una catastrofe l’uscita italiana dall’Euro? Le “catastrofi” annunciate le abbiamo già avute. L’Italexit non sarebbe un “viaggio” solitario ma farebbe crollare l’intero assetto su cui si poggia l’Euro. Ne è convinto Vladimiro Giacché, presidente del Centro Europa Ricerche. Nell’intervista a “Testa o Croce”, la trasmissione tv di Money.it dedicata al dibattito Euro sì/Euro no, l’ospite di questa settimana analizza gli effetti dannosi dovuti all’attuale assetto istituzionale ed economico europeo e paventa il rischio di una terza recessione che avrebbe conseguenze molto serie per l’Italia.

Gli effetti nocivi dell’Euro

La situazione italiana non è certo migliorata con l’ingresso nell’Euro. E non perché non siamo stati bravi a “fare i compiti”, ma perché alcuni meccanismi sono stati molto nocivi per il nostro Paese. Mettere assieme, sotto lo stesso cappello monetario, paesi con una produttività del lavoro molto differente ha creato numerosi problemi.

Una moneta unica vuol dire uno stesso tasso di interesse per tutti e la fine del rischio di cambio, non ci sono più cambi flessibili ma solo il cambio fisso. Questi due elementi di flessibilità sono venuti meno. Un problema soprattutto in fase di recessione: le economie che non hanno più questa flessibilità, che non possono più lavorare sui tassi di interesse

 

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POLITICA

LE RAGIONI DELLA NUOVA POLITICA

di Redazione_– 25 novembre 2019

 

 

Va ascritto a merito di Sara Iannone, fondatrice e animatrice del premio “Le ragioni della nuova politica”, l’intuizione di non lasciare andare disperse le competenze, le idee e le intuizioni dei tanti autorevoli soggetti che avevano ricevuto il premio nelle varie edizioni che si sono succedute nel tempo sino ad oggi.

E così, ben trentadue dei premiati, esponenti del mondo delle istituzioni, dell’economia, dell’università, della politica (pochi) e della cultura, hanno accolto il suo appello a scrivere un breve saggio sulla loro interpretazione, dal loro angolo visivo, delle “ragioni della nuova politica”. Il risultato è un libro davvero intenso e interessante, che offre di fatto una visione pluralistica ma a tutto tondo dei principali problemi della nostra complessa contemporaneità, offrendo spesso anche squarci sul futuro. La Iannone nella sua introduzione prende le mosse da alcune citazioni di una grande esponente delle istituzioni come Nilde Iotti, che fu una delle prime donne a ricevere il premio (1997).

Ma non è la politica ad essere predominante nel libro, salvo i richiami

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La ‘strana’ libertà di parola vista dalle Sardine

25 NOVEMBRE 2019

 

Confesso: avevo un’idea un po’ datata della libertà di parola, un’idea legata all’immagine dello Speakers’ Corner in Hyde Park. Forse ingenua, ma rocciosamente democratica, anzi liberale. Tu sali sul palchetto, dici la tua e quelli che passano ti possono ascoltare.

In poche parole, un’idea di democrazia fatta di libertà di parlare e di diritto a essere sentiti. Dirò di più: sono sempre stato impressionato da un verso di Ezra Pound (a scanso di equivoci il poeta, non la casa: qua non si sa mai con quale livello di ignoranza ti puoi incrociare), che considero un calzante aggiornamento tecnologico della filosofia del palchetto: “La libertà di parola senza la libertà di parlare per radio è zero”. Dunque, la democrazia come diritto alla parola e all’ascolto, a cui conseguono l’assenso o il dissenso.

Poi mi imbatto nel manifesto delle “sardine” e trovo scritto papale papale che, grazie alle lotte dei LORO babbi e mamme, nonni e nonne, NOI abbiamo diritto a parlare, ma non abbiamo il diritto di essere ascoltati. Ora – a parte la stranezza di dare per scontato che i nostri nonni, nonne, papà e mamme erano tutti arruolati nelle Waffen SS, o giù di lì, mentre gli ascendenti delle sardine erano tutti sui monti con la colonna sonora di Bella ciao- mi piacerebbe sapere come sarebbe in concreto la libertà di parola di noialtri “figli e ‘ntrocchia” (politicamente e culturalmente parlando). Ci sarebbero generosamente date delle stanzette in cui potremmo dire ad alta voce ciò che pensiamo, ma senza farlo sentire neppure

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https://loccidentale.it/la-strana-liberta-di-parola-vista-dalle-sardine/

 

 

 

 

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

Abel, genio e povertà 

di Federico Peiretti

Sarebbe un ottimo soggetto cinematografico, la vita di Niels Henrik Abel, il matematico nato nel 1802, nell’isola di Finnoy. A due anni, nel 1804 la famiglia si trasferì a Gjerstad, dove Abel visse gli anni della sua giovinezza.

Era il secondo di sette figli di un pastore protestante, molto impegnato politicamente per l’indipendenza della Norvegia, sposato con una donna molto bella e più portata ai piaceri terreni che a quelli spirituali, con la quale non ebbe mai una grande intesa.  A tredici anni iniziarono le sue disavventure, quando si trovò a Christiania, l’attuale Oslo, in una scuola con un insegnante sadico e ignorante che teneva la disciplina picchiando brutalmente i suoi allievi. Soltanto quando uno di questi morì, in seguito alle percosse subite, il maestro venne allontanato dalla scuola e subentrò un nuovo maestro, un bravo matematico dilettante, Berndt Holmboë, che capì immediatamente le doti straordinarie di Abel: “Diventerà il più grande matematico del mondo”, scrisse in un suo giudizio su di lui. E forse non esagerava, se Charles Hermite, il geniale matematico francese, disse di lui: “Abel ci ha lasciato delle idee sulle quali lavoreremo per i prossimi 150 anni”. Holmboë lo portò a scoprire progressivamente il fascino discreto del pensiero matematico, proponendogli non formule e regole incomprensibili, come avviene talvolta ancora oggi nella scuola, ma i lavori dei classici, i testi di Eulero, Newton, Lagrange e degli altri grandi, partendo cioè dalle radici storiche della matematica,

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STORIA

Sulle armi e gli amori

Facciamo luce su una delle realtà più affascinanti e misteriose della storia europea, quella dei cavalieri

Gabriele Sabetta – 19 gennaio 2019

 

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Fra il XV e il XVI secolo dell’era volgare si assiste in Europa ad un rilancio degli ideali cavallereschi, anche nelle arti visive e nella letteratura, sull’onda del nuovo spirito di crociata destato dallo stupore per la caduta di Costantinopoli in mano ai turchi musulmani (1453). Fu lo stesso papa Pio II, quell’Enea Silvio Piccolomini cultore della classicità, figura eminente del nostro Rinascimento, a promuovere l’assalto ad Oriente; ma il destino volle che abbandonasse questo mondo, proprio nell’istante di imbarcarsi dal porto di Ancona per guidare personalmente l’attacco agli infedeli. A proposito di spirito cavalleresco, il poeta francese Victor-Emile Michelet affermò:

 questo mondo sprofonderebbe il giorno in cui non producesse più un cavaliere;

e questa citazione è posta in apertura dell’imponente opera, pubblicata lo scorso anno per la Pisa University Press, intitolata Asceti armati, dell’avvocato romano Riccardo Scarpa. Un volume di quasi settecento pagine, denso di storie e di figure esemplari che hanno incarnato su questa terra l’archetipo del cavaliere.

Infatti, la cavalleria, prima ancora di essere un’istituzione storicamente fondata ed esteriormente visibile, fu un’ideale che trovò espressione nella lealtà verso sé stessi e il proprio signore, nel senso dell’onore e nel cameratismo, nella protezione dei più deboli, nella pietà verso il nemico sconfitto sul campo di battaglia – quel complesso di atteggiamenti che determinarono il contegno del cavaliere. Prendendo le mosse dal doctor illuminatos, il filosofo catalano Raimondo Lullo (1232-1316), esperto di arti magiche e scienze ermetiche, l’autore chiarisce fin dal principio che quella del cavaliere è una condizione antropologica, cui l’umanità si aggrappa quando le epoche oscure – in cui dilaga slealtà, ingiuria, falsità e disordine – invocano l’avvento di eroi che ristabiliscano la giustizia e la verità attraverso il timore delle armi.

Il volume si dipana nella minuziosa descrizione della nascita e dello sviluppo degli ordini cavallereschi nei diversi angoli del mondo e nelle varie epoche – dalla Cina all’impero del Sol Levante, dalla cavalleria araba e turca all’India e al sud-est asiatico, dall’antica Grecia all’ordine equestre romano, fino alla meravigliosa fioritura della cavalleria medievale. La trattazione di emblematiche figure cavalleresche, fino all’eroe del nostro Risorgimento Giuseppe Garibaldi, è condita con erudite descrizioni della vita del personaggio, delle origini familiari, della formazione culturale, dell’ambiente che

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