NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 20 NOVEMBRE 2018

https://www.ilfarosulmondo.it/tag/bambini-soldato/

NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI

20 NOVEMBRE 2018

                                                                         A cura di Manlio Lo Presti                                                           

Esergo

Michele vende patatine fritte davanti alla banca Rothschild.

Arriva un suo lontano parente, noto scroccone.

“Scusa, puoi prestarmi 100 sterline?” fa quello.

“Impossibile!”

“Perché?”

“Ho appena concluso un accordo con la banca Rothschild:

loro non possono vendere patatine fritte,

io non posso prestare soldi”.

ANGELO PEZZANA Ed, Mosé ci ha portato nell’unico posto senza petrolio!  Boringhieri, 2014, pag. 22

 

http://www.dettiescritti.com/

https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/

 

Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

 

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EDITORIALE

Infanzia violata e altri orrori

Manlio Lo Presti – 20 novembre 2018

Fonte: rete internet

 

Oggi è la giornata mondiale dell’infanzia. Anche questa data è un tassello del calendario laico che ai santi sostituisce eventi. Come dice un vecchio proverbio: cambiano i suonatori, ma la musica è la stessa. Si tratta di teleguidare l’attenzione della popolazione su eventi laici su cui focalizzare le riflessioni. La ennesima COVERT OPERATION viene sapientemente gestita con la giusta dose di stile cronachistico e con ipocrisia quanto basta.

Il sottoscritto invece vuole essere un guastafeste che suggerisce la attentissima lettura di un articolo reperibile aprendo questo link:

http://www.idiavoli.com/focus/sara-complotto-che-vi-seppellira/

Un articolo spietato, senza infingimenti, senza la collosa melassa della retorica diffusa proprio da coloro che dovrebbero fare qualcosa di concreto ma non fanno nulla a partire dallo Stato teocratico che ha ostacolato il progresso civile e democratico del nostro martoriato Paese (lo stesso è accaduto alla Grecia con la pesante presenza dell’ex impero ottomano che ha ritardato il progresso economico e sociale della Grecia, appunto).

Altro articolo leggibile qui:

https://www.lucadonadel.it/unicef-italia-ingerenze-politica-italiana-ius-soli/

 

Un articolo terrificante che mostra come lee iniziative “umanitarie” delle ONG, comprese quelle per l’infanzia, siano la copertura di un giro d’affari colossale che nutre una élite della bontà nata e costruita abilmente sul concetto di CHARITY calata dall’alto e scaricabile fiscalmente al posto dei DIRITTI SOCIALI nati da una negoziazione democratica fra le parti sociali coinvolte e quindi condivise e non elargite (quindi revocabili senza preavviso se i beneficiari non stanno alle “regole” stabilite dai donatori).

La condizione dell’infanzia è stata sempre difficile. Non ci sono mai state epoche d’oro. I bambini sono stati usati come schiavi e ad oggi il fenomeno è molto vasto. In letteratura Dickens è stato lo scrittore che meglio ha rappresentato lo stato di abiezione e barbarie a cui erano – e sono ancora oggi – sottoposti i bambini. Ancora oggi, in alcune democrazie considerate avanzate (quelle di stampo anglosassone) irrogano condanne durissime ed ergastoli a minori devianti. Ancora una spietata testimonianza della condizione infantile è offerta con grande lucidità dal libro di Gitta Séreny, il caso Mary Bell (suggerisco la lettura della bella recensione qui:

https://convenzionali.wordpress.com/2017/11/23/il-caso-mary-bell/  ).

 

Oggi assisteremo a grandi celebrazioni patinate, cartonate, cloformizzate e affogate nella melassa dell’ipocrisia, poi il silenzio, mentre lo sterminio e la violenza continueranno con:

–         Bambini usati come oggetti sessuali (pizze e hot dog) violentati, fatti a pezzi e poi mangiati con rituali satanici in voga presso le élite che governano (malissimo) il nostro pianeta

–         Bambini usati come deposito di organi

–         Bambini usati come soldati in guerre provocate da governi “democratici” teleguidati dalle multinazionali e dagli imperi finanziari in mano ai soli noti

–         Bambini usati come corrieri della droga

–         Bambini condannati alle stesse pene degli adulti (specialmente nelle nazioni avanzate anglosassoni e germaniche)

–         Bambini emarginati dalle mense scolastiche perché i genitori non possono pagare la retta (un diritto sociale soppiantato dalle infernali CHARITY volontaristiche gestite da ONG e ONLUS dietro le quali abbiamo ancora una volta, i soliti noti.

–         Bambini usati come pupazzetti per le pubblicità, proponendo una alterata visione dell’infanzia

 

P.Q.M.

Propongo che ognuno di noi oggi faccia nel suo intimo un minuto di silenzio e anche con una giusta dose di vergogna.

Non giriamo anche questa volta la testa da un’altra parte.

 

Ne riparleremo …

 

 

 

 

IN EVIDENZA

Bambini: i diritti violati di infanzia e adolescenza

ll 20 novembre è la Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Nei report dell’Unicef la situazione dei diritti dei bambini negati: dalle morti premature alla mancanza di acqua potabile nella scuola, dal bullismo a malattie che si potrebbero prevenire. Africa e Asia le aree più colpite, ma alcuni fenomeni riguardano anche l’Italia

di Felicia Buonomo 20 novembre 2018

 

Nel 2017 sono morti circa 6,3 milioni di bambini sotto i 15 anni, uno ogni 5 secondi, spesso per cause che si potevano prevenire. È solo uno dei drammatici dati che caratterizzano l’universo dell’infanzia e che parla dei diritti dei bambini violati. Una situazione sulla quale varrebbe la pena interrogarsi più spesso. E in particolare oggi, il 20 novembre, dal 1989 – anno in cui l’Assemblea generale delle Nazioni Unite approvò la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza – battezzato come la Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

Unicef su morti premature: a rischio milioni di bambini

Un bambino ogni cinque secondi. È questa la triste media che caratterizza le morti premature nel mondo. Le stime sulla mortalità dei bambini arrivano da un rapporto dell’Unicef, che insieme all’Oms, la Divisione delle Nazioni Unite per la popolazione e il gruppo Banca Mondiale, rivela come nel 2017 siano morti circa 6,3 milioni di bambini sotto i 15 anni, spesso per cause prevenibili: 5,4 milioni nei primi 5 anni di vita, mentre 2,5 milioni erano neonati.

La distribuzione geografica sposta l’ago della bilancia sui paesi dell’Africa subsahariana, dove è avvenuta la metà di tutte le morti sotto i 5 anni, ovvero un bambino su 13. Mentre se si parla di bambini tra i 5 e i 14 anni, la cui morte avviene per lo più

Continua qui: https://www.osservatoriodiritti.it/2018/11/20/diritti-dei-bambini-unicef-giornata-mondiale-infanzia-adolescenza/

 

Sarà un complotto che vi seppellirà

Il 4 dicembre del 2016 Edgar Welch irrompe in una pizzeria di Washington, armato di fucile: vuole liberare, a suo dire, i bambini imprigionati lì dentro dalla setta di pedofili satanisti di cui fanno parte Hilary Clinton e altri pezzi grossi del Partito Democratico. A fine ottobre di quest’anno, Robert Bowers entra nella sinagoga di Pittsburgh armato di fucile e tre pistole e, al grido di “tutti gli ebrei devono morire”, uccide undici persone in quello che sarà subito considerato “il peggior attacco antisemita sul suolo americano”.

Cos’hanno in comune questi due uomini – più altri, sparsi nel mondo – e le loro folli azioni? Che nella loro testa, queste azioni, non sono affatto “folli”. Entrambi infatti si nutrono, attingendo dalla Rete, di teorie cospirazioniste. È la disintermediazione: la porta segreta che si spalanca sulle cospirazioni più assurde. Ora è tutto più chiaro per i tanti Welch e Bowers, hanno capito di chi è la colpa, chi ordisce il complotto. E sarà un complotto che vi seppellirà, perché finalmente possono sparare.

7 novembre 2018

Dico loro che da più di due mesi sto seduto in questa stanza a guardare la T.V. fino alle ore piccole, ascoltando con attenzione, prendendo appunti. Grande esperienza, che rende umili, consentitemi di dirlo. Prossima al mistico.

Don De Lillo, Rumore Bianco

Piovono bombe sulle elezioni di midterm americane. A casa di George Soros, il grande vecchio ebreo che brama la sostituzione etnica del popolo ariano con una razza inferiore e meticcia, e per questo tiene a libro paga metà della sinistra mondiale. A casa di Hilary Clinton, rettiliana coinvolta in torbidi giri di pedofilia e messe sataniche insieme alle alte sfere del Partito Democratico, della Cia e dei media liberal. A casa di Barack Obama, il primo presidente degli Stati Uniti nero, ma anche musulmano, non nato sul territorio americano e arrivato alla Casa Bianca per volere di Daesh. Sarà un complotto che vi seppellirà.

Tutto questo lo aveva già capito due anni fa Edgar Welch, “un trentenne disperato, se non del tutto giusto, quasi niente sbagliato”, che il 4 dicembre del 2016 irrompe al Comet Ping Pong, una pizzeria di Washington, armato di fucile.

Vuole liberare i bambini tenuti lì come schiavi e usati come attrezzi del divertimento dalla setta di pedofili satanisti di cui fanno parte Hilary Clinton e altri maggiorenti del Partito Democratico.

Continua qui: http://www.idiavoli.com/focus/sara-complotto-che-vi-seppellira/

 

 

Avvocato ebreo insegna ai “migranti” a fingersi “cristiani perseguitati nel loro Paese” per ottenere asilo in Europa

www.maurizioblondet.it

Maurizio Blondet – 14 novembre 2018

Ariel Ricker, il direttore di Advocates Abroad, che è un gruppo composto da esperti legali che aiutano chi cerca asilo, si sente ammettere che “è tutto recitazione” ed è simile al “teatro”.

In una parte del video segreto registrato in Grecia, Ricker viene ascoltato dando un esempio di una storia che potrebbe nutrire per un richiedente asilo.

VIDEO QUI: https://youtu.be/K4XhLiiu0is 

“Nel mese di dicembre 2017, a Izmir, in Turchia, sono stato minacciato per il fatto di essere cristiano perché il mio capo e i suoi amici mi hanno visto quando uscivo dalla mia chiesa”, ricorda Ricker. “Questa è la Bibbia che hanno cercato di strappare, questo è il crocifisso che indossavo che hanno cercato di strappare, e mi ha fatto sentire non sicuro come un cristiano in Turchia”.

Altre interessanti informazioni sul tema:

VIDEO QUI: https://www.youtube.com/watch?v=_8iJbgmoiXQ&bpctr=1542614424

Questa donna si chiama Barbara Spectre: dice “L‘Europa non sopravviverà” a meno che “Gli Ebrei” non assumano un ruolo direttivo nella creazione di un amalgama multiculturale e multietnico.

Ovviamente invece per gli ebrei nessuna mescolanza multietnica.  La aborrono e la combattono attivamente, per mantenere la loro “purezza”.

Si confronti il messaggio nel video qui sopra con il messaggio nel video a questo link:

http://europeanjewishfund.org/video_paideia.html

Cosa è “Paideia”? è una branca di un “Fondo ebraico europeo” con sede nello stato israeliano. Mentre queste organizzazioni minano la religione, la cultura e la tradizione europee, contemporaneamente si adoperano per rafforzare religione, cultura e tradizione giudaiche in Europa: come dal suo programma:

L’European Jewish Fund Leadership Program di Paideia combina un’educazione approfondita e completa nei testi che costituiscono il fondamento della civiltà ebraica, la metodologia di studio tradizionale (Hevruta), un approccio accademico all’interpretazione e allo sviluppo di progetti applicati, rendendolo un programma unico in Studi ebraici. Fornisce ai partecipanti le conoscenze e gli strumenti di cui hanno bisogno per diventare le forze trainanti nel rafforzamento della vita della comunità ebraica in tutta Europa”.

http://www.europeanjewishfund.org/index.ph…ts_2010#paideia

Il “Fondo ebraico europeo” afferma che è stato creato: “… per l’obiettivo molto specifico di rafforzare la vita ebraica in Europa. Per raggiungere questo obiettivo, il Fondo si concentra sui giovani e sulla loro connessione con l’ebraismo e le loro comunità sostenendo programmi volti a costruire l’identità ebraica e l’orgoglio ebraico, in particolare -connessione dei giovani con il loro passato ebraico ricco e vitale … Il Fondo si concentra anche sull’affrontare tali gravi minacce alla vita ebraica in Europa: come assimilazione, antisemitismo e razzismo.

Questa organizzazione dunque ritiene “una minaccia” per gli ebrei la “assimilazione” nella comune umanità ,

Continua qui: https://www.maurizioblondet.it/avvocato-ebree-insegna-ai-migranti-a-fingersi-cristiani-perseguitati-nel-loro-paese-per-ottenere-asilo-in-europ/

 

 

 

“Uccidere Salvini non è reato”: manichino impiccato

16 NOVEMBRE 2018

Queste le manifestazioni degli studenti di estrema sinistra a Milano, Roma e in altre 70 città italiane per il ‘No Salvini day’.

A Milano molti indossano le magliette dell’ong Mediterranea, che gestisce la nave dei centri sociali a pesca di clandestini in Libia: perché fa tanto radical chic.

Video qui: https://www.facebook.com/agenziavista/videos/2344828849078648/

Gli studenti radical chic di estrema sinistra vandalizzano vetrine e gridano “Tutti tutti con Mediterranea”. “disobbedienza morale al clima di xenofobia, obbedienza al diritto, all’umanità, alle leggi del mare”. Sono teste vuote, marionette dei globalisti.

“Basta alternanza sfruttamento”, a proposito dell’alternanza scuola/lavoro per gli studenti, dicono. Peccato l’abbia inventata il Pd.

A muovere i manifestanti, soprattutto la protesta contro i controlli antispaccio davanti alle scuole.

Numeri bassi. Molta violenza. Teste vuote.

Salvini ha condiviso dei video sulla manifestazione sulle manifestazioni in corso: ”Altre dirette degli “studenti”

Continua qui:

https://voxnews.info/2018/11/16/uccidere-salvini-non-e-reato-manichino-impiccato-video/?fbclid=IwAR3KGuaUrKdXVesVum7ReLjlbZYBVI7BJVAZTx_A85dtlnP9c0fxhBlJcQY

 

 

Prodi ovvero il pifferaio stonato

Carlo Formenti

(8 ottobre 2018)

 

Romano Prodi è uno dei massimi artefici della mutazione genetica della sinistra italiana, avendo validamente contribuito a traghettarla dal campo socialista al campo liberale; fa parte (con Andreatta, Ciampi e Carli) del clan dei grandi burocrati che, prima, hanno sottratto al Paese la sovranità monetaria, favorendo il divorzio fra il Tesoro e la Banca centrale, poi, hanno operato per sottrargli anche la sovranità nazionale (e quindi la sovranità popolare); è il grande liquidatore di quell’industria di stato che aveva promosso il nostro sviluppo industriale, e che lui ha fatto sì che venisse trasferita in mani private; è fra coloro che hanno spianato la strada alla deregulation finanziaria, alla colonizzazione del nostro sistema produttivo da parte delle imprese transnazionali, alla distruzione del potere contrattuale dei sindacati; è – con Bill Clinton, Tony Blair, Schröder e altri – fra i massimi ispiratori della “sinistra” neoliberale e antikeynesiana; si è battuto perché l’Italia entrasse a qualsiasi costo nell’Unione europea contribuendo a realizzare l’utopia di von Hayek, cioè la nascita di un’entità sovranazionale che ha neutralizzato i principi “criptosocialisti” della Costituzione del 48 e imbrigliato la nostra politica economica con vincoli esterni che le vietano di ridistribuire risorse a favore delle classi subalterne.

Questo è l’uomo che ha oggi la faccia tosta di lanciare un appello (sulle pagine del “Corriere della Sera” di venerdì 5 ottobre) per salvare l’Italia che, parole sue, “rischia di diventare una democrazia illiberale”. Democrazia illiberale è un termine interessante, quasi un lapsus. Il binomio democrazia-liberalismo si è infatti dissolto da un pezzo, come hanno spiegato, fra gli altri, Colin Crouch e Wolfgang Streeck: i nostri sono regimi post democratici, nei quali la democrazia si riduce all’esercizio formale di alcune procedure, mentre le vere decisioni sono delegate ai “mercati” (mitiche entità impersonali dietro cui si celano gli interessi di ben precise caste economiche), in nome dei quali governano esecutivi che giustificano le proprie decisioni antipopolari con i vincoli (che loro stessi hanno scelto di autoimporsi!) dettati da istituzioni sovranazionali prive di legittimazione democratica.

Regimi liberali, nel senso che vengono ancora rispettati i diritti civili e individuali (ma non quelli sociali!), ma certamente non democratici, come ha sperimentato sulla propria pelle il popolo greco. Parlando del pericolo dell’avvento di una “democrazia illiberale”, Prodi e soci manifestano la propria paura che possa ritornare una democrazia capace di far valere gli interessi delle classi subalterne. Un ritorno che, causa la latitanza delle forze politiche che avrebbero dovuto difenderla (quelle sinistre che oggi ballano come topolini al suono dei pifferi liberali), ha assunto il volto “barbaro” della rivolta populista: dall’elezione di Trump, alla Brexit, alla bocciatura del referendum renziano, passando per la valanga di voti raccolti da formazioni di diversa coloritura ideologica (Lega e M5S in Italia, Mélenchon e Le Pen in Francia, Podemos e Ciudadanos in Spagna, ecc.) ma accomunate dal rifiuto del pensiero unico liberal/liberista.

Per certa gente la democrazia diventa illiberale quando capisce che il popolo non la segue più, che non riconosce più la loro autorevolezza di “esperti” e pretende di avere voce in capitolo su temi che è troppo rozza per capire. È allora che viene agitato lo spettro di una democrazia

Continua qui: http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/?p=25905

 

 

 

CALIFORNIA: I globalisti della CABALA sono in guerra contro l’America!

 

Edward MorganSa Defenza lunedì 19 novembre 2018

Questo è un messaggio agghiacciante, amici, ma è necessari che tutto sia dichiarato chiaramente.

Sì, hanno incendiato migliaia di case in California, ma ora stanno usando le loro armi sulle automobili – con dentro le persone. Non c’è altra spiegazione ne ragioni per cui lo stanno facendo. Abbiamo discusso l’approccio  dell’agendaglobalista / cabala oscura su più fronti, tante volte nel corso degli anni.

La guerra si sta facendo sentire, Ho paura, – mi correggo, non ho paura. Possiamo farcela, ma dobbiamo capire che gli esseri umani sono il loro target. Vogliono spazzare via il 90% delle persone in terra, sono spariti ma le loro stoccate non avvengono più di nascosto nell’ombra. Tutti vedono quanto accade, non si può più  negare.

Non è più una guerra combattuta solo nei tribunali. Non è più  una guerra combattuta solo alle urne. Gli americani vedono quanto sta accadendo.

Questi psicopatici usano armi pagate con trilioni sottratti ai contribuenti; rubate dal gruppo nazista “Project Paperclip” (fate ricerca)  hanno sviluppato la capacità di viaggiare nel cosmo e ci hanno abbandonati, incapaci di volare e andare oltre Sono diventati una “civiltà separatista”  hanno tecnologie, navi anti-gravità e armi di cui non vogliono farci partecipi ne sapere.

Pensavi che Star Trek fosse pura fantasia, vero? Amano prenderci in giro e ridono della nostra ingenuità. In verità, noi siamo il loro gioco.

Hollywood è il loro covo di iniquità in cui le persone vendono le loro anime in cambio di ricchezza, fama e potere. Ecco perché attaccano il presidente Trump.

Questi sono esseri dediti alla guerra. Hanno causato tutte le guerre sul nostro pianeta. Loro prosperano, eliminando milioni di persone nel processo e diventano ricchi e potenti con ogni conquista e cambio di regime.

Hanno i loro eserciti e continuano a uccidere civili innocenti, coprendo il tutto con menzogne ​​pronunciate dai loro capi. Alcuni hanno suggerito che i vigili del fuoco in California sono mercenari pagati che danno inizio agli incendi. Questo è inconcludente ma non è completamente fuori dalle possibilità.

La loro gente si è infiltrata in tutti i governi del pianeta e ora che il presidenteTrump, Putin e molti altri si oppongono a loro e smantellano i loro sistemi corrotti che ci hanno reso schiavi per millenni, stanno diventando più sfrontati e disperati.

Questa è la battaglia finale. Li stiamo espellendo e non c’è altro modo per liberare il pianeta, ma ci saranno danni collaterali. Lo stiamo vedendo in Medio Oriente e in California. Omicidi, nient’altro che semplici omicidi.

Per completare questo processo di liberazione da umani si deve accettare la verità e contrattaccare. Dobbiamo smettere di combattere tra di noi come siamo stati programmati a fare. Dobbiamo unirci e combattere il nemico.

Non è facile perché i signori delle tenebre controllano tutto. QUALUNQUE COSA. Anche il modo in cui pensiamo. Ci hanno sotto costante sorveglianza e vedono tutto ciò che facciamo. Ascoltano. Loro guardano. Uccidono.

VIDEO QUI: https://youtu.be/0apSNjcoSwY                 THE GLOBALIST ARE WAGING WAR AGAINST AMERICA

VIDEO QUI: https://youtu.be/ja9o3tt9C18                    FOX NEWS ADMITS GOVERNMENT USING …

VIDEO QUI: https://youtu.be/2R0TbY2AQ08              MALIBU FIRENOV 2018 BRIDGE MELTING …

VIDEO QUI: https://youtu.be/d6Viz_RnF3Q                 MAN CRITICIZED FOR SHARING FOOTAGE …

 

Hanno inventato la religione per aggirare il nostro naturale processo spirituale – la nostra connessione diretta con la Sorgente o il Creatore. Hanno fornito dei sacerdoti per colmare questa lacuna e ingannarci. Ci hanno tenuti separati e soli dicendo che “Non c’è vita intelligente là fuori“. Nulla può essere più lontano dalla verità.

Sono maestri genetisti e hanno manomesso i nostri geni milioni di anni fa. Il risultato è tutto quel “DNA spazzatura” che affermano di avere, e ci hanno detto che ci siamo evoluti dalle scimmie. Hanno preso il controllo del sistema educativo per stupirci con bugie come quelle.

Mentono sulla fisica, quindi non riusciamo a capire come progredire e quando un inventore crea una tecnologia che pensano sia una minaccia per la capacità di tenerci piccoli e dipendenti da loro, lo sopprimono, rubano il brevetto e lo usano per migliorare la loro vita.

Ci permettono solo di avere una tecnologia che si adatta alla loro agenda. Ci tengono impegnati con la “programmazione” televisivai giocattoli computerizzati e usano la nostra elettronica dai televisori ai frigoriferi, ai telefoni e ai tablet per spiarci e rintracciarci.

Possiedono quasi tutti i media in tutti i formati e manipolano le percezioni degli umani

Continua qui: https://sadefenza.blogspot.com/2018/11/california-i-globalisti-della-cabala.html

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

Segreti napoletani: Cappella Sansevero e il Cristo Velato tra massoneria e alchimia

www.ilmattino.it

In questo episodio di Segreti Napoletani ripercorriamo le orme di Raimondo di Sangro, VII principe di Sansevero. Primo dei gran maestri della Massoneria, scienziato, alchimista, addirittura un sadico assassino secondo alcuni. Su di lui nel corso dei secoli sono circolate tantissime voci, ma quali di queste corrispondono al vero?

Seguendo i simboli alchemici e massonici disseminati all’interno di Cappella Sansevero, lascito intellettuale del principe, cerchiamo di far luce sulla figura di quest’uomo avvolto dal mistero. Dal Cristo Velato alle macchine anatomiche, dal basamento del

Continua qui: https://www.ilmattino.it/napoli/cultura/segreti_napoletani_cappella_sansevero-4114253.html

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Terni, annullata la recita di Natale in una scuola elementare: “Disturba le altre religioni”

La decisione di una elementare di Terni su volontà del dirigente scolastico. La Lega: “Delusione e amarezza”

Franco Grilli – Sab, 17/11/2018

“No alla recita di Natale perché disturba le diverse culture religiose presenti nell’istituto.

Questa la decisione di una dirigente scolastica di Terni che ha vietato lo svolgimento di una iniziativa natalizia legata alla messa in scena di quadri viventi con protagonisti i bambini e a tema la nascita di Gesù”. Valeria Alessandrini, assessore della Lega del comune di Terni, denuncia così la decisione di una scuola elementare di Terni.

L’esponente del Carroccio protesta basita: “Inutile sottolineare la delusione e l’amarezza che ho provato nell’apprendere la notizia. Mi auguro ci sia un ripensamento in tal senso in considerazione del rispetto di quei valori cristiani che fanno parte della nostra storia e del

Continua qui:

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/terni-annullata-recita-natale-scuola-elementare-disturba-1603470.html?fbclid=IwAR2kHYcN9opM9M4208h8Fr_bwxYnp6_eyA05NjwmU60dra6cx873apablD0

 

 

Vediamo un po’….

 

Riccarda Salmistraro 19 11 2018

 

Dal momento che non sono una strafiga alta 1 metro e 80, a questo punto esigo che vengano sospese le sfilate di moda, altrimenti urtano la mia sensibilità

 

Dal momento che ho più di 50 anni, a questo punto esigo che non venga più riportata sui documenti alcuna data di nascita, e che le pubblicità vengano fatte solo con persone over 50, altrimenti mi sento discriminata.

 

Dal momento che non sono ricca a questo punto chiedo che venga abolita l’I.S.E.E. perchè quando la vado a compilare mi sento umiliata e mortificata …

 

Dal momento che non ho gli occhi azzurri, a questo punto chiedo che tutti coloro che hanno gli occhi azzurri si mettano, per obbligo di legge, delle lenti a contatto marroni, per non discriminarmi.

 

Dal momento che non ho più la taglia 40-42, a questo punto esigo, per legge, che si facciano abiti solo

 

Continua qui: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=995189264000775&id=100005291314668

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

La soluzione agli attacchi contro l’Italia da parte dell’Unione Europea potrebbe arrivare dall’Organizzazione Mondiale del Commercio

di Francesco Amodeo. 17 NOVEMBRE 2018 posted by admin

 

’Unione Europea dichiara guerra al vino italiano. Ok ai falsi made in italy‘ Titolano così diversi giornali in questi giorni commentando la modifica del regolamento europeo 607/09 da parte della Commissione, che toglie l’obbligo di origine delle uve per il vino da tavola.  Una situazione che ha fatto emergere una lunga serie di “atti di guerra” dell’Unione Europea ai prodotti italiani, l’arma più efficace per colpire a morte il Bel paese. “Disconoscere il diritto alla comunicazione del marchio “made in” comporta soprattutto la progressiva dissipazione del patrimonio delle originalità, delle identità, delle storie, delle culture e delle tradizioni generatosi anche attraverso il mercato nel corso di millenni”. Negare ai consumatori il diritto di distinguere in base alla reputazione dei territori diventa dunque un ulteriore strumento al servizio del progetto europeo di omogeneizzazione della società e di appiattimento delle sensibilità dei consumatori esclusivamente sulla dimensione economicistica e materialistica del prezzo. “L’immenso giacimento di umanità di cui sostanzia il patrimonio dei distretti industriali italiani unitamente alle caratteristiche e peculiarità dei nostri prodotti deve essere necessariamente vilipeso e svilito, in modo da poter essere quindi sacrificato e appiattito senza troppa fatica dal modello imposto dall’Unione Europea con la ottusa e ingiustificabile scusa della tutela della concorrenza in quanto l’indicazione del “made in” darebbe ai consumatori possibilità di far valere i loro eventuali pregiudizi nei confronti delle merci straniere. Una rivendicazione assurda che ancora una volta vede il progetto europeista adatto a stati senza nazione, senza tradizioni, senza cultura, senza anima. Non all’Italia.

Come si risponde a chi ti dichiara guerra? Si arretra e si soccombe se non si dispone degli strumenti necessari per reagire. O si va in battaglia e si dimostra di avere un esercito largamente superiore ponendo fine ad ogni velleità di conquista da parte del nemico.

Mai si è visto che uno Stato dotato di mezzi militari più sofisticati e di gran lunga superiori a quelli dell’avversario si lasci saccheggiare senza muovere un dito. Uscendo dalla metafora, ci accorgiamo che questo ultimo caso è proprio quello che riguarda l’Italia che pur essendo vittima di un saccheggio continuo del proprio comparto industriale, agroalimentare ed economico da parte dell’Unione Europea non ha mai fatto appello a quel l’esercito mondiale a cui appartiene dal 1994 ossia all’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). L’Italia ratificò, infatti, con legge del Parlamento del 29 Dicembre 1994 il Trattato Istitutivo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio e gli accordi ad esso allegati sottoscritti a Marrakesh il 15 Aprile 1994. “I rappresentanti dei governi degli Stati Membri hanno concordato, in quella sede, di procedere alla firma di quegli accordi a nome dei loro governi superando la diatriba di carattere giuridico-formale su quale fosse l’organo istituzionale competente per tale approvazione” in quanto hanno ritenuto che esso riguardasse questioni di competenza nazionali al contrario della Commissione Europea che riteneva che l’atto finale e gli accordi allegati fossero di competenza esclusiva dell’Unione Europea. Ma se sulla carta ha prevalso l’idea portata avanti dai singoli stati perché De facto è invece la Commissione Europea che si è arrogata il diritto di guidare tutte le decisioni prese in seno al WTO per nome e per conto dei paesi membri della UE?

Nelle organizzazioni internazionali e nel diritto internazionale i diritti e doveri appartengono alle singole nazioni aderenti.

L’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) si rifà al diritto internazionale per l’applicazione di regole che riguardano i settori più disparati dall’ambiente all’agricoltura, dalla salute alla concorrenza, alla sicurezza alimentare. Questo vuol dire che per superare le sfide della globalizzazione e non subirne i dannosi effetti è importante avere ben chiare le norme del WTO e soprattutto la loro supremazia rispetto ad altre fonti, in particolare a quelle comunitarie dell’Unione Europea. Le divergenze e le contestazioni tra i membri sono risolte dai giudici di Ginevra grazie ad un quadro giuridico snello e raffinato di tipo common law di cui il WTO si è dotato.

Perché in Italia ignoriamo queste norme ed il potere che abbiamo come stato membro nel poterle applicare ? Perché permettiamo dal 1995 alla Commissione Europea di arrogarsi il diritto di presentarsi a Ginevra a nome degli stati membri dell’UE in qualità di “Stato europeo” che De facto non esiste e di agire come unica organizzazione internazionale rilevante per i singoli stati procedendo in alcuni casi, addirittura, ad una autonoma pseudo ratifica di alcuni accordi o emendamenti senza mai coinvolgere nella procedura i parlamenti dei singoli stati come già denunciato in passato alla Procura di Roma da Dario Ciccarelli ex membro della Rappresentanza diplomatica d’Italia presso il WTO a Ginevra.

In questo modo si crea un filtro o più propriamente una barriera che impedisce di far emergere le istanze dei singoli stati e di aprirli al mercato globale senza dover rinunciare alla sovranità delle loro scelte e delle loro politiche come invece pretende la Commissione Europea. Ubi maior minor cessat. Perché questo principio non viene applicato nei confronti delle regole dell’Unione Europea che minano i nostri interessi nazionali e che potrebbero, invece, essere preservati in sede di WTO?

“Il fatto che sia giuridicamente necessario che le decisioni assunte in sede di Organizzazione Mondiale del Commercio siano sottoposte al Parlamento ha amplissime implicazioni, perché rende palese che nell’ambito delle Organizzazioni internazionali e del diritto internazionale l’Italia ha tutte le prerogative degli altri Stati. In sede di diritto internazionale e di Organizzazioni Internazionali, infatti, i cd. trattati della cd. Unione Europea non hanno alcuna rilevanza giuridica e quindi gli organi della cd. Unione Europea non hanno alcuna capacità giuridica di rappresentare il popolo italiano.”

Perché noi glielo permettiamo?

Eppure questa potrebbe essere la risposta dei sovranisti a coloro che li accusano di voler isolare commercialmente l’Italia. A chi chiede più Europa gli si potrebbe contrapporre la volontà di chiedere “più mondo” bypassando l’Unione Europea e facendo valere i nostri diritti al WTO. Questo non vuol dire sacrificare gli Stati per gli interessi della globalizzazione ma ridare agli Stati la prerogativa di valorizzare su scala mondiale le proprie peculiarità salvaguardando la propria cultura e le proprie eccellenze.

A chi vuole ostacolare il “made in” potremmo opporre l’esplicita disposizione sui marchi d’origine del WTO per “effetto della quale è concesso ai membri OMC di introdurre a livello nazionale regole che impongano l’obbligo d’indicazione dell’origine geografica alle merci provenienti da altri territori.” La soluzione già c’è perché non la si applica? Il WTO riconosce che “il retroterra storico e socioeconomico delle manifatture di qualità territorialmente ed etnicamente qualificate possono svolgere la funzione cruciale di contribuire a preservare e vivificare le memorie e le diversità culturali. Proprio quello che spingerebbe il made in Italy a rinsaldare la sua leadership nel mondo. Quello che la Commissione Europea tenta di ostacolare. E noi che facciamo? Lasciamo che sia proprio l’Unione Europea a rappresentarci all’Organizzazione Mondiale del Commercio in modo che i nostri interessi nazionali vengano sacrificati sull’altare dell’economicidio e della omogeneizzazione sociale propria del progetto europeista i cui organi comunitari mirano ad “azzerare il passato dell’antichissima Europa per poter affermare una tabula rasa deprivata di ogni tradizione” sotto l’asettico marchio made in EU. Come se non bastasse, l’Italia paga milioni di euro ogni anno in qualità di membro del WTO ma poi lascia che a prendere le decisioni in quella sede sia un super Stato che di fatto non esiste, che non paga alcuna quota, in quanto non può essere

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https://scenarieconomici.it/la-soluzione-agli-attacchi-contro-litalia-da-parte-dellunione-europea-potrebbe-arrivare-dallorganizzazione-mondiale-del-commercio-di-francesco-amodeo/?fbclid=IwAR0u-VE1ujvkdaMpFJLiNfTjBsWHnthFle-bqD2dLYZ-UFlZpqgL5jsYEAg

 

 

ITALIA: VERSO LA RINUNCIA AD UNA DIFESA NAZIONALE

di Paolo Palumbo) 15/11/18

 

Il 2 settembre 1945, a bordo della corazzata americana USS Missouri l’Impero del Sol Levante siglava la resa incondizionata di fronte ad un compiaciuto generale Douglas MacArthur, comandante dell’esercito in uno dei settori del fronte più complessi e sanguinosi della Seconda guerra mondiale. Dopo due bombe atomiche e la conseguente dimostrazione di una potenza letale impressionante, gli americani piegarono la ferrea volontà dei giapponesi i quali si prepararono ad un seppuku nazionale subendo l’occupazione militare e delle imposizioni post-conflitto ancor più vergognose dell’atto di resa.

La volontà del presidente Truman era quella di minare il Sol Levante non solo moralmente, ma soprattutto militarmente costringendolo a rinunciare di fatto ad un esercito combattente. Il coriaceo generale MacArthur fu nominato comandante del Supreme Command of Allied Powers (SCAP) con il quale avviò il progetto per una ricostruzione – secondo gli schemi americani – del Giappone: il comparto della difesa fu inizialmente il più penalizzato poiché alle spese militari fu concesso l’investimento del misero 1% del PIL, il che significava la rinuncia ad una difesa nazionale. A tutti gli ufficiali che servirono l’imperatore fu tassativamente proibita la partecipazione alla politica e dal 1947 le bozze di una nuova costituzione privarono Hirohito di molte delle sue prerogative in campo militare. Solo una decina di anni dopo gli americani cambiarono rotta, soprattutto in funzione anticomunista, iniziando a riequipaggiare nuovamente le cosiddette Forze di Autodifesa giapponesi, accettandone una risalita lenta, ma progressiva.

Riarmo e disarmo

Il disarmo dell’apparato militare di uno stato sovrano è solitamente una delle conseguenze di una guerra perduta: così fu per la Germania degli Hohenzollern nel 1918 e lo stesso toccò al Giappone e alla Germania hitleriana nel 1945. Successivamente al clima di tensione instauratosi con la Guerra Fredda, gli Stati Uniti avviarono un processo economico globale che avrebbe risollevato le sorti degli eserciti sconfitti, Italia compresa. La situazione italiana era una delle peggiori, poiché la distruzione dell’esercito era già iniziata dopo l’8 settembre del 1943: una ferita specialmente morale che paghiamo, senza ragione, ancora oggi. L’onta subita dall’esercito sabaudo, compromesso con il fascismo, fu così grave che dopo il 1945 indossare le stellette diventò sinonimo di vergogna e anche senza i problemi legati alla crisi economica, i soldati stavano lentamente cadendo nell’oblio.

Ad un certo punto la politica di Washington, proiettata verso una strategia globale più lungimirante, capì quanto un eventuale rafforzamento dell’Italia sulla scena internazionale fosse considerevole, data la sua posizione di “baluardo” alle spinte del blocco sovietico. Da quel momento in poi il nostro esercito iniziò una decisiva risalita, che trasformò – grazie ai finanziamenti americani e alla volontà e coraggio espresso da pochi ufficiali italiani – il volto delle Forze Armate sia in patria, sia rispetto gli alleati del nuovo Patto Atlantico.

Superato il trauma del 1945 e digerita la decadenza della monarchia, l’esercito e il neoeletto parlamento italiano convolarono a nozze, istituendo una relazione di lunga durata, devota, ma non scevra di complicazioni. Parte della politica italiana difendeva un ottuso antimilitarismo, arroccata sugli avvenimenti dell’8 settembre e stizzendosi di fronte alla crescita delle Forze Armate. L’Italia ripudia la guerra – recita la costituzione – ciò nondimeno è sempre stato palese come quell’articolo abbia sovente fornito un alibi per una vergognosa incompetenza in materia di politica estera.

Lo sviluppo dell’esercito nato dalle macerie del dopoguerra, poggiava sull’afflusso dei coscritti che costavano all’erario statale un esborso esagerato; ci vollero diversi anni affinché storia, tradizioni e un certo tipo di educazione fossero depennate quando, nel 2002, il governo decretò la sospensione della coscrizione. Giusto o sbagliato che fosse, l’Italia decise di conformarsi ad altri paesi della NATO, dotandosi di un esercito inferiore numericamente, ma agile, moderno e progredito dal punto di vista tecnologico e addestrativo. Dagli anni Ottanta in poi l’Italia aveva iniziato ad assumere un ruolo sempre più sostanzioso nel panorama internazionale, specialmente riguardo le nuove tipologie di missioni alle quali fu chiamata; dal Libano in poi le Forze Armate ampliarono il loro raggio d’azione con missioni all’estero imposte dalle Nazioni Unite o dall’alleato americano.

Con l’uscita dei militari dai confini nazionali, emerse però in tutta la sua vergognosa ipocrisia la vera natura del rapporto tra governo/esercito/opinione pubblica. Con una propaganda mendace, degna del più becero MinCulPop, il parlamento operò sempre per ammansire il ruolo dei militari italiani secondo convenienza, negandone il valore e mistificando il senso delle missioni svolte.

Se la rottura fosse rimasta confinata alla mera comunicazione, forse non sarebbe stato così grave, tuttavia con il trascorrere degli anni il governo (di qualsiasi colore politico) fece di più e ancora oggi si prodiga affinché le Forze Armate vengano gradualmente private di quelle risorse necessarie al loro funzionamento.

Decurtazione, burattini e strette di mano

Se leggiamo i dati di bilancio pubblicati dal Servizio Studi della Camera dei Deputati su quello che è stato il trend d’investimento statale nel comparto militare (v.link), possiamo realmente pensare al Giappone del dopoguerra. Il grafico inerente al rapporto spese per la difesa/PIL, dal 2008 al 2018, evidenzia una linea decrescente che fa oscillare i valori tra l’1,19 e l’1,40 %, una percentuale dunque decisamente punitiva. Quello che desta maggiore stupore, ma anche preoccupazione, è la suddivisione delle spese, ed in particolare quelle relative alla funzione difesa che assomma il settore personale, esercizio e investimento. Il personale assorbe il 73% di questa voce, mentre l’esercizio appena il 10%.

Ma cosa significa esercizio? Nel settore esercizio – e citiamo parzialmente il testo del Servizio Studi – la Formazione e Addestramento è certamente la definizione più importante poiché include “le risorse necessarie a sviluppare e mantenere le specifiche capacità d’intervento del personale della Difesa”. Seguono, non per importanza, la Manutenzione e il Supporto, il Funzionamento di Enti e Unità, le Provvidenze e la Esigenze Interforze. Dal 2008 al 2018 – cita sempre il testo – si è arrivati ad un taglio complessivo nel settore esercizio del 47% con una conseguente riduzione del personale oltre ad accorpamenti di competenze certe volte poco azzeccate.

Ma allora, ci chiediamo, se lo stato impiega la maggior parte delle risorse per pagare il personale (fatto di cui si sono sempre lamentati tutti) e diminuisce le spese per l’esercizio delle sue funzioni, non genera uno strano controsenso? È da queste incertezze che nascono le barzellette e le stupidaggini che spesso partono dalla bocca degli stessi politici i quali scherzano – in modo ignobile – sul presunto tempo buttato via dai militari in caserma.

Alla luce di quanto riportato nella statistica elaborata dal Servizio Studi, ci chiediamo quale

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Conflitti da non dimenticare

5 NOVEMBRE 2018

I conflitti del Medio Oriente non sono ancora conclusi.

 

L’Afghanistan dimenticato, l’ultima battaglia in Siria, la Libia nel caos, sono i conflitti che vogliamo e dobbiamo continuare a raccontare con gli “Occhi della Guerra”.

Non siamo giornalisti da bordo piscina e vogliamo continuare ad essere i vostri “Occhi della Guerra” sui fronti più caldi. In Afghanistan, a 17 anni dall’intervento americano, la guerra è ancora lontana dalla fine. I talebani sono sempre più aggressivi e minacciano le città. In prima linea ci sono i corpi speciali afghani. Con loro vorremmo andare a raccontare questo conflitto dimenticato. Ma tornare in Afghanistan è importante anche per tirare il bilancio di una guerra costata miliardi di dollari e, tra l’altro, le vite di oltre 50 italiani. Oggi è doveroso chiedersi quali errori sono stati fatti e se sia ancora utile per il nostro paese continuare una missione che impegna quasi mille soldati.

In Libia, come aveva previsto il colonnello Gheddafi, l’instabilità endemica rischia di far esplodere una nuova bomba immigrazione spingendo altre decine di migliaia di disperati verso l’Italia. L’Onu ha registrato nel paese oltre 600mila migranti. Come se non

 

Continua qui: http://www.occhidellaguerra.it/conflitti-non-dimenticare/

 

 

CULTURA

La Trattativa Stato-mafia, intreccio mortale tra poteri forti, occulti e criminali

 

 

Il processo più emblematico della storia d’Italia – dopo il Maxiprocesso (1986-1992) e quello ad Andreotti (1993-2004) – è raccontato dal suo principale protagonista, il pm Nino Di Matteo, e dal giornalista Saverio Lodato, nel libro “Il patto sporco”, edito da Chiarelettere. Che spiega anche come mai – malgrado una sentenza di condanna pronunciata il 20 aprile scorso e 5252 pagine di motivazione da parte dei giudici depositate il 19 luglio – in Italia si faccia ancora fatica a parlarne.

di Rossella Guadagnini – 13 NOVEMBRE 2018



Un grande silenzio avvolge il processo sulla Trattativa Stato-mafia e il suo verdetto: colpevoli! Come se, dopo una sentenza di condanna pronunciata il 20 aprile scorso e 5252 pagine di motivazioni depositate dai giudici il 19 luglio, si fosse passati ad altro, archiviando la cosa in quanto evento di scarsa importanza. O uno di quelli cruciali, ma troppo scomodi e indigesti.

Forse a mettere in imbarazzo è l’evidenza di un fatto quasi incredibile: è accaduto che lo Stato ha processato se stesso e ha vinto. Nel senso che è riuscito a farlo, nonostante fosse ritenuto poco probabile da molti – compresa la gran parte dei media – che tutto ciò sarebbe potuto avvenire per davvero. Nonostante ostacoli e pressioni fortissime ricevute nel corso dei cinque anni di durata del dibattimento, indisponibilità e censure perfino da parte delle più alte cariche dello Stato, compreso l’ex presidente Giorgio Napolitano. Nonostante la distorsione informativa messa in atto da buona parte dei giornali, legati ai grandi gruppi editoriali. Nonostante fosse coinvolta una delle personalità più in vista del Paese, Silvio Berlusconi, prima come imprenditore, quindi a partire dal 1994 come premier, più volte rinominato, con il suo braccio destro Marcello Dell’Utri, fondatore di Forza Italia.

Contrariamente a ogni previsione di sventura, la giustizia ha seguito il suo corso, i giudici hanno riconosciuto l’accusa fondata, il manipolo di magistrati capitanati dal pm Nino Di Matteo ha dimostrato che il reato di “violenza o minaccia a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario” dello Stato non solo era ragionevole, ma pienamente attuato. Per il resto, in verità, nessuno “ha vinto” a fronte di così tanti morti e oltre un quarto di secolo trascorso in attesa di risposte da parte dei familiari delle vittime e del Paese, o almeno di quella parte di esso non troppo distratta o dimentica (benché sempre più esigua) che ha chiesto a gran voce verità e giustizia.

Cominciamo dalla fine, proprio come accade in molte delle avventure umane più importanti, cioè dalla requisitoria conclusiva del processo, al termine di una vicenda terribile e complessa che – per una volta – ha avuto una degna fine. Ciò che si doveva dimostrare è stato dimostrato, ciò che si doveva chiamare col suo nome è stato nominato. Chi era da condannare è stato condannato, sulla base di giuste prove – così hanno ritenuto giudici e giuria.

Le cose sono andate a posto, dunque, i pezzi del puzzle che ha chiamato in causa tre Capi di Stato (Scalfaro, Ciampi e Napolitano), politici (Berlusconi, Mannino, Mancino), imprenditori, servizi segreti (più o meno deviati), forze armate (Mori, Subranni, De Donno), criminali di vario genere e natura (Riina, Provenzano, i fratelli Graviano), giornalisti e magistrati, si sono ricomposti fino a formare un disegno leggibile. Quello che delinea un racconto tra i più oscuri e inquietanti del Paese: il combattimento ad armi impari tra il dover essere secondo giustizia e coscienza e le necessità di Stato, tra l’aderenza al proprio ruolo istituzionale e la volontà di distaccarsene, tra la brama di potere e il desiderio di onnipotenza, tra paura e impotenza, tra chi uccide e chi obbedisce. Tra chi asseconda il procedere degli eventi e chi no, vi si oppone e ne paga le conseguenze. Assassini, traditori, martiri, eroi. Davvero non ci fu scelta?

Alti si alzeranno, a questo punto, i lamenti di quanti negano la realtà dei fatti e di chi non riconosce che la verità processuale possa essere utile alle ricostruzioni obiettive. Di certo le due verità – quella processuale e quella storica – non sono la medesima cosa, non sono sovrapponibili

 

Continua qui: http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-trattativa-stato-mafia-intreccio-mortale-tra-poteri-forti-occulti-e-criminali/

 

DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI

Boldrini: Le decapitazioni dei cristiani secondarie rispetto alle sofferenze dei musulmani

POLITICA venerdì, 26, settembre, 2014             RILETTURA

26 sette – Crocifissioni, decapitazioni, persecuzioni. La pulizia etnica dei cristiani c’è ma pare sempre secondaria rispetto alle sofferenze dei musulmani. Così almeno la pensa Laura Boldrini. «Per ogni occidentale decapitato – spiega la presidente della Camera durante un incontro con la stampa estera – ci sono migliaia di vittime musulmane: la comunità musulmana è quella che soffre di più, lì ci sono le prime vittime».

Seguono le solite parole d’ordine politically correct. «L’Isis – afferma la terza carica dello Stato – non è l’Islam ma è una devianza, ha uno scopo politico, il califfato, che è una vecchia idea politica. L’Isis quindi è una devianza religiosa che usa l’Islam a scopi politici». Da qui il «no ad una guerra di civiltà o di religione».

Inutile poi domandarsi se l’immigrazione di massa che sta riguardando l’Italia possa elevare il rischio terrorismo. «Non c’è alcun nesso – protesta infatti la Boldrini – tra terrorismo ed immigrazione. Il terrorista ha l’unico obiettivo di salvare la propria vita fino al momento in cui compie l’attentato. Se sale a bordo di una carretta del mare la sua vita la mette a rischio. E non gli mancano i mezzi per

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https://www.imolaoggi.it/2014/09/26/boldrini-le-decapitazioni-dei-cristiani-secondarie-rispetto-alle-sofferenze-dei-musulmani/?fbclid=IwAR3-fRgl0WDXoHTHwEeH74p1_QO4LAm8Aau2i45OFoAQYmVxyVYdaUFkpHA

 

 

ECONOMIA

Draghi: “Spread sale se si sfida l’Ue”

Pubblicato il: 16/11/2018 11:22

Nuovo altolà sul debito da parte del presidente della Bce Mario Draghi, secondo cui lo spread in alcuni paesi sale quando si sfidano le regole europee. “Per proteggere le famiglie e le imprese dall’aumento dei tassi di interesse, i paesi ad alto debito non dovrebbero aumentare ulteriormente il loro debito e tutti i paesi dovrebbero rispettare le regole dell’Unione Europa”, ha dichiarato Draghi nel corso del suo intervento allo European Banking Congress a Francoforte, sostenendo che “la mancanza di un consolidamento dei conti pubblici nei paesi ad alto debito pubblico aumenta la loro vulnerabilità agli shock, indipendentemente dal fatto che questi shock siano prodotti autonomamente mettendo in questione le regole dell’architettura dell’Ue o che arrivino attraverso un contagio”. Finora, aggiunge Draghi, “l’aumento degli spread dei titoli sovrani è stato per lo più limitato al primo caso e il contagio tra i paesi è stato limitato”. Questi sviluppi, rileva il presidente della Bce, “si traducono in condizioni più restrittive per i finanziamenti bancari all’economia reale. Ad oggi, sebbene si verifichi qualche ripercussione sui prestiti bancari in cui l’aumento degli spread è stato più significativo, i costi complessivi per i finanziamenti bancari rimangono vicini ai minimi storici nella maggior parte dei paesi, grazie ad una base di depositi stabili”.

ECONOMIA – Per quanto riguarda l’economia dell’area dell’euro, sta registrando “un rallentamento graduale” dopo cinque anni di crescita, osserva Draghi, sostenendo che un rallentamento graduale “è normale mentre le espansioni maturano e la crescita converge verso il suo potenziale di lungo periodo ma allo stesso tempo l’espansione nell’area dell’euro è ancora relativamente breve e di dimensioni ridotte”. “Ci aspettiamo che

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Il monito di Draghi: «Lo spread sale se si sfida l’Ue»

Il presidente della Bce in un convegno a Francoforte: «I Paesi ad alto debito non devono aumentarlo ulteriormente. Da dicembre valutiamo il quantitative easing».

16 novembre 2018

«I Paesi ad alto debito non devono aumentarlo ulteriormente, e tutti i Paesi devono rispettare le regole dell’Unione», ha detto il presidente della Bce, Mario Draghi, a un convegno a Francoforte, riferendosi implicitamente all’Italia senza mai nominarla. «La mancanza di consolidamento fiscale nei Paesi ad alto debito aumenta la loro vulnerabilità agli shock, che siano auto-prodotti mettendo in forse le regole dell’Unione monetaria, o importati tramite il contagio. Finora, l’aumento degli spread è stato in gran parte limitato al primo caso e il contagio è stato limitato», ha detto Draghi.

L’inflazione di base dell’Eurozona «continua a oscillare intorno all’1% e deve ancora mostrare una tendenza al rialzo convincente», ha detto il presidente della Bce. Ciò potrebbe avere ripercussioni sull’addio al Qe programmato a fine dicembre: se i dati in arrivo confermeranno la convergenza verso gli obiettivi la Bce procederà come stabilito. Ma «il consiglio ha anche notato che le incertezze sono

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Germania e Olanda per surplus eccessivo?

Il rallentamento in atto costringerà molti Paesi europei a rivedere, al rialzo, i loro rapporti deficit/Pil. A quel punto, si useranno due pesi e due misure?

16.11.2018, agg. alle 08:35 – intervista ad Antonio Maria Rinaldi – Marco Biscella

 

Dopo la lettera spedita dall’Italia alla Ue, si sono registrate le prime risposte, molto dure, da parte di alcuni Paesi come Austria e Olanda. A testimonianza che la manovra del governo giallo-verde non riesce a far breccia, non solo all’interno della Commissione. Anche le aperture dell’ultima ora – riduzione del debito del 6% in tre anni e privatizzazioni per 18 miliardi nel 2019 – non hanno scalfito opposizioni e diffidenze al di là delle Alpi. Il ministro Tria, intervenendo alla presentazione del rapporto annuale della Fondazione Nord-Est, a Padova, è tornato a difendere la politica economica del governo: “L’Europa siamo noi e lo sarà anche di più se dialoghiamo con convinzione per definire la strategia per governare le transizioni”. E pure il vicepremier Luigi Di Maio ha fatto sapere che “il governo sta lavorando per evitare la procedura d’infrazione, ma la manovra non sarà lacrime e sangue”. In questo dialogo tra sordi, l’Italia riuscirà a convincere Bruxelles e gli altri partner europei? E le privatizzazioni, visto quel che è stato fatto e raccolto negli ultimi 10-15 anni, come verranno realizzate? Raggiungeranno il target previsto? Lo abbiamo chiesto ad Antonio Maria Rinaldi, professore di Finanza aziendale all’Università “Gabriele D’Annunzio” di Pescara ed economista vicino a Savona.

Professore, Italia e Ue oggi sembrano divise da muro che sembra inscalfibile. E’ così difficile convincere la Commissione? Cosa si può fare?

Basterebbe trovare gli stessi argomenti con cui Germania e Olanda riescono da molti anni a convincere gli altri partner Ue a non prendere provvedimenti nei loro confronti a causa del surplus di bilancio, che contravviene ai regolamenti previsti dal Six Pack. La Germania vìola quasi ininterrottamente dal 2006 la regola che per tre anni il surplus non può essere superiore al 6% del Pil. L’Olanda lo fa addirittura in maniera sfacciata, visto che dal 2010 registra punte anche superiori al 10% di surplus. Mi sembra però che su questo punto a Bruxelles siano un po’ troppo distratti. Vorrei, poi, ricordare che proprio il fatto che vengano sistematicamente accumulati surplus di queste entità è uno dei motivi che generano gli squilibri alla base di grossi problemi all’interno del’Eurozona, per cui le aree ricche si arricchiscono e quelle povere si impoveriscono sempre di più.

Tutti hanno criticato e bocciato la politica economica del nostro governo, eppure il ministro Tria è tornato con forza a difendere la manovra, sostenendo che “offre una risposta diversa ma non meno solida e credibile” per uscire dalle transizioni puntando sulla crescita. Perché nessuno crede a questa solidità e credibilità?

Non è che la manovra non sia solida e credibile, non vogliono che lo sia.

Perché?

Perché l’Italia ha ribaltato i paradigmi su cui finora si è concentrata l’azione della governance Ue. È chiaro che, se i risultati fossero effettivamente quelli prospettati dalla manovra del governo italiano, sarebbe di fatto come sbugiardare tutto ciò che la Ue ha professato in questi anni. E ciò potrebbe essere di enorme stimolo anche per gli altri Paesi a seguire gli stessi princìpi adottati dal governo Conte.

Stando alle prime durissime reazioni che sono arrivate da Paesi come l’Austria e l’Olanda, sembra che nessuno sia intenzionato ad avallare questo impianto. Anzi, non pensa che l’equazione, che dovrebbe avverarsi dopo il voto europeo di maggio 2019, “sovranisti uguale indulgenza sui conti pubblici per favorire manovre pro-crescita”, sia sbagliata e da correggere?

Io lascerei, per buona norma, la parola agli elettori europei. Poi vedremo. Tutte le previsioni formulate negli anni passati da tutti gli organismi internazionali, compresa la Ue, si sono rivelate completamente errate. Inutile ricordare ciò che è stato fatto alla Grecia, senza dimenticare che poi sono stati costretti ad ammettere gli errori compiuti, ma intanto il danno, anche piuttosto evidente, è rimasto.

Quindi?

Fa benissimo il governo italiano a scegliere prima l’interesse del Paese e poi quello delle regole. Ci dicono sempre che sono solo il termometro, perché noi siamo la febbre, ma nessuno dice che il termometro che utilizzano a Bruxelles è rotto.

Veniamo alla lettera che il governo italiano ha spedito alla Commissione. Non potendo abbassare il livello di deficit, il 2,4% considerato comunque “invalicabile”, Tria ha offerto una robusta riduzione del debito: -6% nel triennio 2019-2021. Non è servito a granché, non crede?

Se non c’è la volontà di capire le esigenze dell’Italia, i numeri proposti dal governo e da Tria non possono certo fare qualcosa. C’è ormai uno scontro di carattere politico all’interno della Ue. Non scordiamo che l’attuale Commissione è espressione dei due partiti che governano da sempre l’Europa: il Ppe e il Pse. Guarda caso, sono gli stessi raggruppamenti di cui fanno parte i due maggiori partiti d’opposizione qui in Italia: Forza Italia e Pd. Di fronte al fatto che questi due partiti sono in totale confusione e non riescono a esprimere una valida opposizione, ci pensano i loro “colleghi” europei.

Il governo ha giocato anche la carta delle privatizzazioni, che dovrebbero fruttare 5 miliardi quest’anno e 18 nel 2019. Ma quello delle dismissioni non è un target troppo vago e ambizioso, considerato quel che è stato fatto e raccolto negli ultimi 10-15 anni?

Ambizioso, senz’altro. Ma distinguerei tra privatizzazioni e dismissioni. Con le prime, si procede alla cessione di quote, anche di maggioranza, di partecipazioni pubbliche, come già fatto in passato. Con le dismissioni, invece, si aliena patrimonio immobiliare. Oggi sarebbe impensabile poter privatizzare quote di partecipazioni in società anche strategiche, basti pensare a Eni, Enel o Leonardo, in cui il dividendo percepito dallo Stato per queste partecipazioni è ben superiore al costo del debito pubblico che si andrebbe, per l’appunto, ad abbattere con il ricavato. Sarebbe un pessimo affare, anche perché perderemmo effettivi gioielli di famiglia con contenuti strategici di interesse nazionale.

E allora come si possono ottenere i 18 miliardi prospettati nella manovra?

Anche nelle dismissioni del patrimonio immobiliare bisognerà fare un’accurata e intelligente selezione. Molti immobili pubblici sono occupati da amministrazioni pubbliche, a livello centrale e periferico. Vendere immobili anche di prestigio, dovendo però poi sostituirli magari con affitti di altri immobili, potrebbe vanificare ogni tipo di convenienza. È pur vero che lo Stato italiano è proprietario di immobili che non sfrutta e che potrebbero avere un valore di mercato.

L’ex ministro Tremonti, interpellato sull’argomento, ha detto che la parte più buona del patrimonio pubblico è già stata messa sul mercato e non è rimasto quasi più nulla da vendere…

No, c’è ancora molto da vendere.

A che cosa pensa?

La lista precisa non ce l’ho. Ma so che il bravo professor Edoardo Reviglio già nel 2011 fece un puntualissimo studio sul patrimonio pubblico italiano, compreso quello immobiliare. E penso ci sia ancora molto su cui lavorare.

Si interverrà anche sulle concessioni, magari anche su Mps, ormai nazionalizzata?

Questa è un’eventualità, o meglio una condizionalità che ha posto il ministro Tria. Vale a dire che, solo se non si riuscirà a mantenere il 2,4% di deficit, scatteranno le dismissioni.

Sempre nella lettera dell’Italia alla Ue si legge anche che il ministro dell’Economia è tenuto “a verificare che l’attuazione delle leggi avvenga in modo da non recare pregiudizio al conseguimento degli obiettivi concordati e ad assumere tempestivamente

 

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https://www.ilsussidiario.net/news/economia-e-finanza/2018/11/16/manovra-e-ue-perche-la-commissione-non-sanziona-germania-e-olanda-per-surplus-eccessivo/1807078/?fbclid=IwAR1VNNn_JR3Sue2OiFM8HNyRgIXxfyjioFwFCFDGs9-ONIFZDth2WSiCGAw

 

 

Macron e Merkel: l’Italia “ribelle” sarà esclusa dai fondi Ue

Scritto il 17/11/18

La Disunione Europea getta la maschera: se l’Italia non rispetta il patto di stabilità, insieme alle regole europee sui conti pubblici, non avrà più diritto ai fondi dell’Unione Europea. È il ricatto che Emmanuel Macron e Angela Merkel stanno preparando, sintetizza Chiara Sarra sul “Giornale”: è infatti in arrivo all’Eurogruppo (riunione straordinaria a Bruxelles) un’ipotesi di piano congiunto franco-tedesco per creare un bilancio unico dell’Eurozona. Come rivelano il “Financial Times” e la stessa “Repubblica”, che ha avuto accesso alle bozze, la proposta del presidente francese e della cancelliera tedesca prevede che il bilancio, finanziato con i contributi dei singoli paesi e con una “tassa sulle transazioni finanziarie”, punti a «stimolare la crescita attraverso investimenti, ricerca e sviluppo, innovazione e capitale umano, cofinanziando la spesa pubblica». Ma soprattutto, aggiunge il “Giornale”, il documento prevede che siano i ministri delle finanze dell’Eurozona, anzichè la Commissione Europea, a progettare i programmi di investimento in settori come la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione. Clausola: dovranno essere esclusi dall’accesso ai fondi Ue i paesi che non perseguono «politiche in sintonia con gli obblighi». In altre parole: se non rispetta le “regole europee”, l’Italia «può dire addio ai contributi finanziari».

Le cifre del budget devono essere ancora discusse e trattate. In passato, il ministro francese Bruno Le Maire ha indicato la cifra di 20-25 miliardi di euro come «un buon punto di partenza». Si tratterebbe, in tal caso, di una cifra equivalente circa allo 0,2% del Pil dei 19 paesi. Inizialmente, Macron aveva però auspicato un budget pari a «diversi punti di Pil». Sembra una barzelletta, ma è la realtà. I due ideologi del patto contro l’Italia, a quanto pare, sono spaventati dal timido 2,4% di deficit per il 2019 strappato dal governo Conte nonostante l’opera di dissuasione a reti unificate (Draghi, Visco, Mattarella, Moscovici e il Fmi). Dettaglio: in Europa, Germania e Francia sonoi paesi con meno titoli per imporre regole di condotta, specie se ammantate di sospetto moralismo. La Germania, ricorda l’imprenditore italiano Andrea Zoffi, ha un debito pubblico reale ben lontano da quello dichiarato, fermo all’80% del Pil: i conti di Berlino sono molto più in rosso (addirittura il 287% del Pil) se si calcola l’immenso debito “sommerso” della Germania, non contabilizzato da Bruxelles. Quanto alla Francia, il panafricanista Mohamed Konare riassume: Parigi “drena” ogni anno ben 500 miliardi di euro a 14 ex colonie dell’Africa Sub-Sahariana. Una cifra enorme, pari al 20% del Pil francese, anche questa “bypassata” dai guardiani dell’Eurozona nonostante Parigi gestisca in proprio il franco Cfa, la moneta coloniale imposta all’Africa centro-occidentale.

Per inciso, accusa Konare, i paesi dissanguati dalla Francia sono proprio quelli da cui proviene la marea di profughi economici diretti in Italia e respinti alla frontiera transalpina. In altre parole: non possono disporre della propria moneta, devono rinunciare al 50% delle loro risorse e, per gestire liberamente l’altra metà, devono prima ottenere il consenso di Parigi. Com’è possibile che una simile Francia possa far parte dell’Unione Europea? Presto detto: proprio la culla dell’europeismo neo-feudale fu utilizzata  per ammortizzare l’exploit della Germania riunita dopo la caduta del Muro. La Francia impose l’introduzione di regole non democratiche (l’euro e il limite di spesa del 3% introdotto da Mitterrand) con l’obiettivo di frenare l’economia tedesca –

 

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Avvertimento alla Commissione: “Bocciare la manovra mette a rischio l’Ue”

Intervistato da La Verità, l’economista francese Steve Ohana spiega che l’ostinazione della Commissione europea è pericolosa. Ma suggerisce al governo italiano di non proseguire nello scontro

Agostino Corneli  – 17/11/2018

La Commissione europea, con l’Italia, sta giocando “un gioco pericoloso”. È questo il pensiero di Steve Ohana, economista francese della Escp School e che Antonio Grizzuti ha intervistato per La Verità.

Il giudizio di Ohana, professore di finanza estremamente critico con le politiche europee, è molto schietto. La formazione del governo Lega-5 Stelle ha messo la Commissione di fronte a un dilemma impossibile da risolvere. “Non reagire alla manovra italiana avrebbe significato una grossa perdita di credibilità per la Commissione e, più in generale, per le istituzioni continentali. Una mossa che, di fatto, avrebbe consegnato la vittoria a Matteo Salvini nella sua lotta per cambiare lo status quo europeo, in vista delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo che si svolgeranno a maggio del 2019”.

Ma la manovra, a detta di Ohana, non è stata sbagliata. La Commissione non poteva accoglierla in maniera positiva. Ma le condizioni dell’economia italiana non permettono ulteriori restrizioni di bilancio. E innalzare il deficit al 2,4% potrebbe essere l’unica soluzione per far ripartire l’economia. “L’economia non sta marciando come dovrebbe e il cosiddetto ‘output gap’ (la differenza tra Pil potenziale e Pil reale) è molto ampio – spiega il professore a La Verità -. Il Pil reale, infatti, è inferiore ancora del 5% rispetto ai livelli pre crisi. Inoltre, dall’inizio dell’anno ci sono chiari segnali di un rallentamento economico a livello europeo”. Proprio per questo motivo, Ohana ritiene che la scelta del governo Conte sia andata nella direzione giusta.

Il problema però è che le regole dell’eurozona hanno creato un vero e proprio tunnel da cui è difficile vedere l’uscita. In qualsiasi caso, non esistono soluzione valide perché se applicar meramente le regole del Patto di stabilità aggraverebbe ancora di più la crisi. Ma violare costantemente le regole da parte dell’Italia, spiega Ohana, come nel caso della manovra, è molto rischioso per un Paese che non può emettere debito sovrano utilizzando una propria valuta. Tanto è vero che l’economista francese, pur apprezzando le scelte del governo italiano, mette in guardia dal proseguire lo scontro con Bruxelles che “potrebbe avere come conseguenza l’aumento dei rendimenti sul mercato del debito, un indebolimento del settore privato e dei bilanci delle banche oltre che una zavorra per l’erogazione di nuovo credito, per la crescita e per l’occupazione”.

E se la strategia italiana fosse quella di costringere l’Europa a cacciare l’Italia dall’euro? Secondo Ohana, questa possibilità non così remota. Ma le conseguenze potrebbero essere molto pericolose. Ma per adesso anche la Commissione sta assumendo dei rischi non indifferenti: “La decisione di bocciare la manovra italiana mette in pericolo nel breve termine l’esistenza stessa della Commissione. Da un punto di vista politico, le severe regole

 

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Investimenti per il sociale, la fondazione Einaudi disegna nuove strade

17 novembre 2018, di Massimiliano Volpe

L’interesse per il Social Impact Investment cresce sempre di più ed è stato al centro di un convengo organizzato da Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno, coordinatore del dipartimento scientifico della fondazione Luigi Einaudi all’università Luiss di Roma dal titolo “Social Impact Investment, nuovi strumenti e nuove sfide per gli operatori finanziari”. Tradotto in italiano significa Investimenti sul e per il sociale.

Durante l’evento sono intervenuti diversi esponenti del mondo bancario e istituzionale. In particolare, Laura Penna, deputy head social impact bank di Unicredit, ha spiegato in cosa consistono i Social impact banking e ha evidenziato con dati statistici l’impatto che questi investimenti hanno sul futuro dei cittadini e sul loro benessere, soprattutto dei giovani, permettendo loro di investire su una futura professione grazie agli investimenti bancari finalizzati a questo obiettivo.

Successivamente Enea Franza, dirigente Consob e uno dei candidati alla Presidenza della Consob, ha evidenziato quanto il problema demografico mondiale sia un problema fondamentale per il benessere globale e quanto sia necessario che ci siano degli investimenti anche e soprattutto privati come i Social Impact Investment affinché i Paesi più poveri in cui c’è un alto tasso di natalità, molto spesso anche culturalmente forzato

 

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FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

È partito il risiko delle Fondazioni

Gli enti di Cuneo e Bra si fondono. Guzzetti: “Possibili altre nozze”

Camilla Conti – Sab, 17/11/2018

Per le fondazioni suona il valzer delle fusioni. A scendere per prime in pista sono due enti piemontesi: il consiglio generale della Fondazione Crc (Cassa di risparmio di Cuneo) e il comitato d’indirizzo della Fondazione Cassa di Risparmio di Bra hanno infatti approvato il progetto di fusione per incorporazione di Bra in Cuneo.

La Fondazione Crc è grande azionista di Ubi, di cui detiene il 5,9% del capitale. La Fondazione cassa di risparmio di Bra ha il 33% dell’omonima Cassa, che fa parte del gruppo Bper (l’istituto modenese controlla il restante 67%).

Il risiko degli enti verrà gestito dal presidente dell’Acri, Giuseppe Guzzetti, che ieri ha definito «certamente possibili» altre nozze tra fondazioni: «Non ho nomi da fare, ma credo che qualche operazione in giro per l’Italia la stiano valutando». Al momento non ne vedo in termini immediati in Piemonte, ha aggiunto sul tema Giovanni Quaglia, presidente della Fondazione Crt e dell’Associazione delle fondazioni di origine bancaria del Piemonte. Che è poi tornato a sottolineare la necessità di «una norma che regolamenti le fusioni, il modo di unire i patrimoni, la rilevanza fiscale. Questo aiuterebbe molto».

Quaglia non ha escluso la possibilità che in futuro una fondazione piemontese vada in soccorso della Fondazione Carige, incorporandola: «Certo bisogna ragionare per aree vaste e il Nord Ovest è una realtà. Chissà, può essere una buona suggestione». Di certo, alcune delle fondazioni italiane sono

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GIUSTIZIA E NORME

Delitti rituali, se i killer agiscono come automi

Scritto il 18/11/18

«Ora è finita», dice il cannibale Jeffrey Dahmer ai suoi giudici. Si è arreso, il Mostro di Milwaukee, dopo aver ucciso, squartato e divorato 17 vittime. «Qui non si è mai trattato di cercare di essere liberato: non ho voluto mai la libertà, e oggi non chiedo attenuanti». Il serial killer dichiara ufficialmente di aspettarsi la pena capitale: sarebbe un sollievo, per lui. Confessa tutti i suoi delitti, ma precisa: «Non ho mai odiato nessuno. Sapevo di essere malato, o malvagio, o entrambe le cose. So quanto male ho causato, ma ora mi sento in pace: grazie a Dio, non potrò più fare del male».

 

 

Si è convertito, Dahmer: «Credo che solo il Signore Gesù Cristo possa salvarmi dai miei peccati». E’ il 1992 quando viene condannato all’ergastolo. Due anni dopo, però, viene ucciso da un detenuto affetto da schizofrenia, il cui nome (Christopher Scarver) contiene, curiosamente, il riferimento a Cristo. Solo un caso? Chi lo sa. Certo è che, nei delitti anomali – cioè non scatenati da moventi ordinari (denaro, passione, vendetta) – ci si imbatte spesso in una mole impressionante di «coincidenze eccezionali». Lo sostiene Paolo Franceschetti, già avvocato delle Bestie di Satana e poi indagatore di casi intricatissimi come quello del Mostro di Firenze: una inquietante sequenza di omicidi rituali. Domanda: com’è possibile che si verifichino tutte quelle maledette coincidenze? Ed è credibile che una forza sconosciuta guidi la mano dei killer?

Franceschetti, buddista praticante e autore del saggio “Alla ricerca di Dio”, suggestiva indagine trasversale sulla spiritualità, esplorata “dalle religioni ai maestri contemporanei”, propende per una spiegazione occultistica: quella cioè di chi crede davvero che la ritualità della cosiddetta magia possa produrre effetti concreti, pericolosamente tangibili e persino letali. A colpirlo, è l’ineffabile ricorrere di troppe concatenazioni altamente simboliche e altrimenti inspiegabili, a suo parere: come se “l’invisibile” fosse una specie di lavagna, sulla quale poter imprimere precisi desideri. Dal canto suo, Franceschetti vanta anni di coraggiose ricerche condotte con rigore, partendo dalle carte giudiziarie. «Nei delitti delle Bestie di Satana – scrive, sul blog “Petali di Loto” – alcuni dei nomi dei ragazzi coinvolti sono, appunto, nomi di bestie: Volpe, Leoni, Zampollo (zampa di pollo)». La figura simbolica di Satana, nella tradizione cristiana, è sconfitta dell’arcangelo Michele: «E guarda caso, i due personaggi che in tutta la vicenda risultano la chiave per scoprire i delitti si chiamano Michele». Il primo è Michele Tollis, il padre di uno dei ragazzi assassinati, il cui cognome richiama la preghiera “qui tollis peccata mundi”. L’altro invece è un carabiniere, Michelangelo Segreto, all’epoca comandante della stazione di Somma Lombardo. «Michelangelo: qui non abbiamo solo Michele, ma anche l’angelo».

La Bestia dell’Apocalisse, sottolinea Franceschetti, in alcune raffigurazioni ha le zampe di pollo e la testa di leone: i “registi” dell’operazione Bestie di Satana, che ha coinvolto giovani sbandati (e spesso innocenti, sostiene il loro ex legale) era dunque una terribile, sanguinosa allegoria vivente, messa in scena per “rappresentare” l’Apocalisse di Giovanni? Franceschetti si concentra sulle coincidenze: Volpe sparò a Mariangela Pezzotta, colpendola alla gola. Come si chiama il luogo in cui avvenne il delitto? Golasecca. La vicenda delle Bestie di Satana, almeno per la versione ufficiale diffusa dalla stampa, finì il giorno che Volpe e Ballarin, dopo aver ucciso Mariangela, si schiantarono con l’auto presso la diga di Panperduto, dove poco dopo furono fermati. Traduzione simbologica: proprio a Panperduto, le Bestie di Satana “si perdono”. E il dio pagano Pan, aggiunge Franceschetti, nella tradizione cattolica era «una delle rappresentazioni di Satana», secondo la Chiesa medievale ancora impegnata a debellare il tenace paganesimo che resisteva nelle campagne. Qualcuno si è preso gioco di quei ragazzi, allestendo (a loro insaputa) una trama spaventosa?

Da Varese a Firenze, cambiano gli attori ma resta invariato l’affollamento di coincidenze anomale. Nei delitti del Mostro, le zone del delitto – se segnate su una mappa – disegnano un cerchio (magico) attorno a Firenze, rileva Franceschetti. Il capoluogo toscano «è per eccellenza la città di Dante, il poeta che mise per iscritto nella “Divina Commedia” il sapere templare e rosacrociano». In vari scritti, inclusi due saggi, Franceschetti attribuisce l’operazione “Mostro di Firenze” alla cosiddetta Rosa Rossa, potente setta formata da individui coltissimi e socialmente altolocati, passati dall’iniziale esoterismo alla degenerazione dell’occultismo più sanguinario, sulle orme del “mago nero” Aleister Crowley, teorico dei sacrifici umani a scopo propiziatorio. Il primo a mettere gli inquirenti sulla pista esoterica dei delitti rituali fu il criminologo Francesco Bruno, all’epoca consulente del Sisde. Più tardi, l’indicazione dei servizi segreti fu recepita dal super-poliziotto Michele Giuttari, commissario messo a capo dell’unità investigativa speciale istituita a Firenze per venire finalmente a capo del giallo.

Giuttari però fu fermato a un passo dalla risoluzione del caso: la pista “magica” l’ha narrata anni dopo, in romanzi divenuti bestseller, in cui l’eminenza grigia dell’organizzazione – nella fiction – risulta essere nientemeno che un prestigioso magistrato, il procuratore di Firenze. Titoli evocativi: “La loggia degli innocenti”, “Scarabeo”, “Le rose nere di Firenze”. Pedofilia, massoneria deviata, occultismo (e quel fiore, la rosa) all’ombra del potere. Lo stesso Franceschetti non ha esitato a puntare il dito contro l’allora capo della Procura fiorentina Piero Luigi Vigna, poi promosso procuratore nazionale antimafia. La moglie di Vigna, ha scritto Franceschetti, morì travolta da un’auto-pirata dopo aver denunciato il marito allo stesso Giuttari: era scossa dalla strana morte della moglie del farmacista di San Casciano, Francesco Calamandrei, deceduta in una struttura psichiatrica dopo aver dichiarato «Vigna spara, mio marito taglia». Giuttari si arrese quando scoprì che era stato violato l’archivio d’indagine sul Mostro: conteneva le impronte digitali su lettere anonime inviate anni prima agli inquirenti – buste contenenti anche resti umani, appartenenti alle vittime.

Grazie a quel misterioso furto nel quartier generale della polizia non fu possibile incrociare le impronte sulle buste con quelle del medico perugino Francesco Narducci, dichiarato “annegato” nel Lago Trasimeno e citato in varie deposizioni dai “compagni di merende”, Pacciani e soci. A Perugia il pm Giuseppe Mignini fece riesumare il cadavere e scoprì che non era Narducci, il morto ripescato nel lago: prima del funerale c’era stata una clamorosa sostituzione della salma, perché la tomba riportò alla luce il vero Narducci – non annegato, ma vistosamente strangolato, sull’isoletta del Trasimeno che aveva raggiunto il 3 ottobre 1985, imbarcandosi in stato di forte agitazione, come se temesse l’appuntamento che lo attendeva. Giuttari ha ormai lasciato la polizia, dopo una sfolgorante carriera di detective antimafia, e ora affida ai romanzi la possibile verità sul Mostro di Firenze. Dal canto suo, Franceschetti insiste sui dettagli cifrati, simbologici: un codice fuori della portata di personaggi come Pacciani, Vanni e Lotti. «Il primo delitto del Mostro è quello di Pasquale Gentilcore, e la “Vita Nova” di Dante si apre con il verso “a ciascun’alma presa e gentil core”. Più in generale la trama dei delitti richiama dal punto di vista simbolico la “Divina Commedia” e il quadro del Botticelli “La Primavera”, la cui allegoria sembra “contenere” tutti gli omicidi del Mostro.

Franceschetti cita persino il delitto Moro: la vicenda si apre in via Fani (Mario Fani, fondatore del circolo di Santa Rosa) e si chiude in via Caetani al numero 9 (cioè esattamente davanti al conservatorio di Santa Caterina della Rosa) dove viene parcheggiata la Renault rossa in cui c’era il cadavere del presidente della Dc. Per inciso: Michelangelo Caetani era uno stimato dantista, e – volendo stare al “gioco” dei simboli – le iniziali del binomio “Renault rossa” sono le stesse dell’invisibile Rosa Rossa. «Di recente – racconta sempre Franceschetti su “Petali di Loto” – mi ha abbastanza colpito il delitto avvenuto nella mia città», Viterbo (patrona: Santa Rosa), «il giorno in cui io aveva un’udienza per la vicenda del Mostro di Firenze», a causa della querela presentata contro Franceschetti dal giornalista Mario Spezi. I fatti: duplice omicidio il 13 dicembre 2017, giorno di Santa Lucia, proprio in strada Santa Lucia. Al numero 26 (due volte 13, «ovverosia due volte il numero della morte», per certo esoterismo numerologico) vengono ritrovati uccisi due coniugi, e la donna si chiama Rosa Rita Franceschini.

In altre parole, ragiona Franceschetti, «il giorno in cui, a Viterbo, si celebra un processo che riguarda quello che io ho additato come uno dei principali esponenti della Rosa Rossa (organizzazione che ha la Rosa, e Santa Rita, tra i suoi simboli principali, con cui firma i suoi delitti), viene uccisa una donna che ha, nel nome di battesimo, i simboli dell’organizzazione, e il cui cognome ha una certa assonanza con il mio». Difficile, per un simbologo, non notare la coincidenza. Quella volta furono addirittura i giornali a parlare di omicidio rituale, perché la coppia uccisa era disposta in un modo particolare sul letto, e il loro figlio (accusato del delitto) aveva appena finito di leggere il romanzo “Il grande Dio Pan” di Arthur Machen, che descrive una scena simile a quella del delitto commesso a Viterbo. «Potrei andare avanti per ore», aggiunge Franceschetti, che al tema del delitto rituale ha dedicato centinaia di pagine. La domanda che si pone oggi è un’altra. Ovvero: come si creano

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LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

Riordino Inps, torna il Cda: Boeri al capolinea

quifinanza.it

Dopo circa 10 anni di amministrazione semicommissariale per Inps e Inail cambia la governance e torna il Cda

19 novembre 2018 – Come anticipato nelle scorse settimane, il governo gialloverde si prepara ad un riordino delle strutture di vertice di Inps e Inail che dovrebbe portare alla rimozione del presidente Inps Tito Boeri, su cui aleggia l’ombra di un uomo più vicino alla Lega. Si è parlato di Alberto Brambilla, già sottosegretario al Lavoro nei governi Berlusconi. Brambilla sarebbe comunque affiancato, oltre che dal ricostituito Cda, da un direttore generale indicato dal M5S.

La misura che cancella dieci anni di gestione semicommissariale e reintroduce il Cda, secondo quanto risulta all’Adnkronos, sarà inserita nel provvedimento sul riordino delle pensioni annunciato dal governo. Il riordino avrà come effetto collaterale quello di azzerare gli attuali vertici dei due enti, il presidente dell’Inps Tito Boeri, particolarmente inviso alla Lega per le sue continue bocciature delle modifiche alla Fornero, e il presidente dell’Inail Massimo De Felice.

Il nuovo Cda sarà composto dal presidente e da quattro consiglieri. Sarà nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Sulla proposta è acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari. La nomina è subordinata al parere favorevole espresso dalle predette Commissioni a maggioranza assoluta dei loro componenti e all’intesa con il consiglio di indirizzo e vigilanza, che deve intervenire nel termine di trenta giorni. In caso di mancato raggiungimento dell’intesa entro tale termine, il Consiglio dei Ministri può comunque procedere alla nomina con provvedimento motivato.

I componenti del consiglio di amministrazione devono essere in possesso di diploma di laurea magistrale e sono scelti tra persone di comprovate competenze, professionalità ed esperienza nell’esercizio di funzioni attinenti al settore operativo dell’istituto e in possesso di requisiti di indiscussa moralità e indipendenza. Inoltre durano in carica quattro anni, possono essere confermati una sola volta e cessano dalle funzioni allo scadere del quadriennio, anche qualora siano stati nominati nel corso di esso in sostituzione di altri componenti dimissionari, decaduti dalla carica o deceduti.

Per tutta la durata dell’incarico i componenti del consiglio di amministrazione, a pena di decadenza, non possono esercitare, direttamente o indirettamente, alcuna attività professionale o di consulenza, né possono essere amministratori o dipendenti di soggetti pubblici o privati né ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura, compresi gli incarichi elettivi o di rappresentanza nei partiti, o incarichi all’interno dell’istituto. I dipendenti pubblici sono

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PANORAMA INTERNAZIONALE

PREVISIONE DEI ROTHSCHILD: L’ORDINE MONDIALE SULL’ORLO DEL CROLLO

13 agosto 2018

da Redazione

 

Il famigerato Lord Jacob Rothschild aveva indirizzato un messaggio agli investitori del suo fondo RIT Capital Partners, in cui aveva toccato non solo lo stato del sistema finanziario, ma anche i problemi dell’ordine mondiale. Questa volta, ha attirato l’attenzione sulle minacce al sistema economico globale istituito dopo la Seconda guerra mondiale – e quando una delle persone che hanno fatto innumerevoli ricchezze nel dopoguerra avverte del pericolo di un collasso, si dovrebbe almeno ascoltare.

Trump rompe il globalismo

Come i fattori chiave che provocano il collasso del sistema globale, il miliardario ha indicato la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, così come la crisi dell’eurozona. Un altro problema, secondo lui, è la mancanza di un “approccio comune”.

Tutto questo, riassume Lord Rothschild, provoca una deviazione dalla globalizzazione e, per molti aspetti, il processo è collegato alla regola del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Il capo del fondo ha detto che è stato Trump a rendere “molto più difficile la collaborazione oggi”.

“Negli eventi dell’11 settembre e nella crisi finanziaria del 2008, il mondo ha collaborato e ha seguito un approccio comune. Oggi la cooperazione è diventata molto più difficile. Ciò pone in gioco l’ordine postbellico nella sfera dell’economia e della sicurezza  “, ha detto Rothschild.

In questa situazione, secondo il Lord dell’antica dinastia, la politica del fondo è di sostenere le azioni e le capitali esistenti e di “affrontare i nuovi obblighi con grande cura”.

In effetti, il numero di titoli azionari quotati del RIT (equity quotato) è registrato a un livello storicamente basso (47%). Il motivo è che la famosa famiglia di miliardari di origine ebraica è preoccupata del fatto che il ciclo ottimistico dei 10 anni e la crescita delle quotazioni nel mercato stanno volgendo al termine. A questo proposito, recentemente il FMI ha previsto anche un rallentamento della crescita economica.

Rischi della zona euro e dei mercati emergenti

Rothschild ha riconosciuto che negli ultimi dieci anni molte economie si sono notevolmente rafforzate e, dopo la crisi finanziaria del 2008, circa 120 paesi hanno dimostrato una crescita. Tuttavia, ritiene il miliardario, i rischi per l’economia globale rimangono elevati: le attuali valutazioni del mercato azionario sono sopravvalutate dagli standard storici, ma sono gonfiate da anni di bassi tassi di interesse e politica di  “quantitative easing”, che stanno giungendo al termine.

Uno dei rischi potenziali è l’economia europea, in cui i livelli del debito hanno raggiunto “livelli potenzialmente devastanti”, ha detto il signore.

“I problemi che l’area dell’euro deve affrontare sono pericolosi – sia politici che economici – dati i livelli potenzialmente devastanti di debito in molti paesi”.

Secondo Rothschild, i rischi della guerra commerciale globale sono in aumento – dato che i cinesi stanno imparando dall’amara esperienza:

“La probabilità di una guerra commerciale è aumentata e con essa  le tensioni,  l’impatto è stato registrato per le azioni – per esempio, all’inizio di luglio, l’indice azionario di Shanghai è sceso di circa il 22% dal suo picco nel mese di gennaio.”

Rothschild ha anche ripetuto un avvertimento recente fatto dal capo della Banca centrale dell’India, dicendo che la riduzione della liquidità globale dollaro ha colpito anche i mercati emergenti.

“È probabile che i problemi continuino nei mercati emergenti, coperti dall’aumento dei tassi di interesse e dalla politica monetaria della Fed americana, che ha esaurito la liquidità del dollaro globale. Abbiamo già visto l’impatto sulle valute turche e argentine “, ha ricordato il miliardario.

Infine, Rothschild si è detto preoccupato per “problemi geopolitici, tra cui il Regno Unito fuori dell’Unione europea, la Corea del Nord e del Medio Oriente, mentre il populismo si estende a livello globale.”

Le baron Benjamin de Rothschild, président du groupe Edmond de Rothschild entouré d’Ariane de Rothschild et de leur fille Noémie,

Rothschild: verità e astuzia

Ricordiamo che il fondo di investimento Rothschild è aumentato negli anni ’90, e nel 1998 il rendimento raggiunto tassi di spazio di 2400%. Grazie al successo ottenuto dagli investimenti dei miliardari del  clan Rothschild, questi vengono molto ascoltati e gli investitori e i più importanti esponenti delle politica sono tra i suoi partner commerciali – in particolare Warren Buffett e Henry Kissinger. Rothschild da  lungo tempo indica la vulnerabilità dell’economia mondiale: nel 2016 scrisse che la Banca centrale è stato “l’esperimento più grande nella politica monetaria” nella storia del genere umano, e ha sottolineato che le conseguenze sono imprevedibili.

Negli ultimi quattro anni, la Fondazione Rothschild divenne in realtà il portavoce dei cambiamenti imminenti: prima del referendum Brexit, che avevano precedentemente liquidato le attività in sterline. Nell’appello del 2016, quando tutti erano fiduciosi della vittoria di Hillary Clinton nelle elezioni presidenziali americane, Rothschild aveva avvertito che il processo elettorale sarebbe stato “straordinariamente stressante”.

Ora c’è la sensazione che il miliardario sia in qualche modo disonesto e intimidatorio per gli investitori. Vale la pena notare che la stessa RIT Capital Partners  investe attivamente in Asia (si tratta di beni cinesi, giapponesi, indiani). Inoltre, il fondo sta sviluppando la sfera delle tecnologie IT: a titolo illustrativo, sta investendo in servizi Dropbox e Alphabet-Google, oltre a biotecnologie, grandi infrastrutture (comunicazione ferroviaria negli Stati Uniti) e, naturalmente

 

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Emmanuel Macron vola a Berlino: “L’asse franco-tedesco guiderà l’Ue”

18 novembre 2018 – Lorenzo Vita

Mentre in Francia dilagano le proteste dei gilet gialli e in Germania la Grande Coalizione crolla inesorabilmente, Angela Merkel ed Emmanuel Macron si incontrano a Berlino. Un incontro che formalmente è per celebrare le vittime tedesche della Grande Guerra e della dittatura, ma che, nella sostanza, rappresenta un nuovo capitolo nel rafforzamento dell’asse tra Francia e Germania. Un asse che la coppia Macron-Merkel vuole consolidare per ricostruire l’Europa nel segno di Berlino e Parigi e contro quella che i due leader considerano la “minaccia populista”.

L’arrivo di Macron a Berlino è solenne, quasi trionfante. Il leader francese è accolto nella capitale tedesca come il miglior alleato della cancelliera tedesca. Un’accoglienza che è cristallizzata in un’immagine storica: Macron è il primo capo di Stato francese a intervenire al parlamento in 18 anni. Un onore concesso al capo dell’Eliseo in un momento in cui leader appaiono sempre più uniti ma sempre più soli. In un’Europa che lentamente li abbandona per cercare altri alleati: in particolare Russia, Stati Uniti e Cina. O per provare a rovesciare l’asse franco-tedesco che governa, incontrollato, i destini di Bruxelles.

“Dopo 200 anni di continui conflitti che avevano caratterizzato il Vecchio Continente, dopo aver concluso una pace duratura, abbiamo costruito un’Europa unita. Insieme abbiamo costruito questo pensiero comune”, dice Macron davanti ai parlamentari del Bundestag. “Le cose che abbiamo in comune sono maggiori delle differenze, il senso dell’appartenenza comune ha avuto la prevalenza. Non abbiamo mai negato le nostre differenze, ma non le abbiamo mai messe l’une contro le altre”.

Per affrontare le nuove sfide globali, dice il presidente francese, è necessario che “l’Europa sia più forte e autonoma”. L’Europa e “al suo interno la coppia franco-tedesca”, continua il capo dell’Eliseo, “ha il dovere di non far scivolare il mondo verso il caos. Per questo l’Europa deve diventare più forte, per questo deve essere più autonoma”.

Una dichiarazione che rimanda con la mente al tema che attualmente sembra essere quello più

 

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POLITICA

Le notizie false sul liberalismo di sinistra

Nicola Porro – Dom, 18/11/2018 – 10:42

Alberto Alesina e Francesco Giavazzi ieri sul Corriere della Sera sono tornati su un loro cavallo da battaglia: sostenere fieramente che il liberismo «è di sinistra».

E hanno aggiunto una postilla: anche la riduzione delle imposte è di sinistra. Non mi è ancora del tutto chiaro se loro ci credano veramente o se siano solo dei grandi paraventi. Probabilmente un misto delle due cose. C’è sicuramente della buona fede. Come tutti i professori universitari il loro collegamento con la realtà è pari a quello della Fornero con gli esodati: cioè esiste solo ex post. A ciò si aggiunga che i loro meriti scientifici li hanno spinti all’estero e la loro conoscenza delle nostre cose è ancora di più filtrata da un oceano di pregiudizi. L’elemento di opportunismo risiede invece nel fatto che nel mondo ci sono poche cose che si possano mettere in discussione: il riscaldamento del pianeta, la prevaricazione maschile e il progressismo della sinistra. Un intellettuale che si rispetti non può che assecondarle tutte e convintamente.

Qui non si sostiene che il liberismo è di destra. Ma si sostiene che tutto ciò che combatte è di sinistra: tassazione elevata e burocrazia kafkiana non nascono per caso, ma per alimentare il welfare state socialista. Riguardo la battaglia liberale contro ordini e corporazioni che tanto stanno a cuore ai Gialesina, è proprio alla base delle ricerche universitarie di Milton Friedman. Che possiamo definire di sinistra quanto credere che Babbo Natale arriva a Ferragosto. Antonio Martino, con Sergio Ricossa e la scuola liberista italiana, ha detto che «il liberale è conservatore quando c’è qualche diritto da conservare

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SE CADE QUESTO GOVERNO

 

Patrizia Rametta

18 h ·

DAGOREPORT “Mattarella ha già fatto sapere che se non si risolve il contenzioso con l’Europa sul budget non scioglierà mai le camere e, quindi, se cade questo governo ne fa comunque un altro.

Che proporrà in Parlamento una nuova manovra ligia alle regole della Commissione Europea. A quel punto, con una “tempesta perfetta” che travolgerà il Paese, chi avrebbe il coraggio di bocciarla?

 

E questa volta potrebbe al posto di un Cottarelli, potrebbe arrivare Mario Draghi, che è al termine del suo mandato alla Bce.

 

Dunque, Salvini deve fare presto per non vanificare, restando avvinto alle

 

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L’antifascismo dei cretini

5 novembre 2018  di Marcello Veneziani

Abbiamo sempre avuto pazienza con i cretini non cattivi e con i cattivi ma intelligenti. Non riusciamo però ad averne con i cretini cattivi, magari in origine solo cretini poi incattiviti oppure solo cattivi poi rincretiniti. Ma sono cresciuti a dismisura e si sono aggravati. Sto parlando del nuovo antifascismo, collezione autunno-inverno, che si alimenta di fascistometri per misurare il grado di fascismo che è in ciascuno di noi e di istruzioni per (non) diventare fascisti, di Anpi posticce che sventolano l’antifascismo anche il 4 novembre, non più costituite da partigiani ma da militanti dell’odio perenne; e poi di mobilitazioni, manifestazioni e mascalzonate, veicolate da giornaloni, telegiornaloni, talk show e da tante figurine istituzionali.

Come quel Fico che alterna dichiarazioni d’antifascismo a dichiarazioni surreali d’amore a proposito degli stupri e i massacri tossico-migranti. Per lui le violenze si combattono con l’amore, come dicevano i più sfigati figli dei fiori mezzo secolo fa. Lui ci arriva adesso, cinquant’anni dopo e a proposito di un fatto così terribile come uno stupro mortale a una ragazzina.

Sopportavamo il vecchio antifascismo parruccone, trombone, un po’ di maniera. Arrivavamo a sopportare perfino un antifascismo di risulta, violento, intollerante, estremista. Finché si tratta dei dementi agitati dei centri sociali, di qualche femminista in calore ideologico o con caldane fasciofobe, oppure di sparsi cretini del grillismo e del vecchio sinistrismo, ce ne facevamo una ragione. Ma sconforta quando vedi pure intellettuali, direttori, editori, giornalisti, testate che avevano qualche credibilità intellettuale o almeno professionale, che leggevi e stimavi, avere una regressione idiota nell’odio verso un presunto e rinato neofascismo (che in realtà rinasce ogni settimana da 73 anni, in base ai loro dolori reumatici, i loro indicatori e delatori). Per non restare nel vago, mi riferisco a firme, filosofi, giornalisti, scrittori che esercitano il loro mestiere su la Repubblica, l’Espresso, i loro paraguru genere Saviano, per non dire nei talk show e nei tg rai, mediaset (solo un po’ meno), la 7 e sky. Probabilmente un combinato disposto ha dato loro alla testa: il fallimento inglorioso della sinistra su tutte le ruote, l’avanzata popolare di Salvini, il trionfo in tutto il mondo e non coi colpi di stato ma a suon di voti, di leader e movimenti opposti alla sinistra.

E poi le prediche, le censure e le leggi opinionicide di Suor Boldrina e Frate Fiano, solo per citare due chierici precursori di questo antifascismo. Ma devono aver raggiunto uno stato patologico così avanzato questi malati del morbo d’Antifascismo, se perfino il Corriere della sera, si è di recente ribellato alla deriva idiota dell’antifascismo con un equilibrato editoriale di Paolo Mieli, un frizzante corsivo di Gramellini, un incisivo affondo di Panebianco, e scritti di

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SCIENZE TECNOLOGIE

Scienza: il pomeriggio di una giornata di ordinaria intimidazione (con video girato da CS)

www.maurizioblondet.it

di Enzo Pennetta – 16 NOVEMBRE 2018

Una conferenza tenuta da professori universitari sarebbe un fatto normale, ma non oggi non lo è, viene impedita ed ostacolata con ogni sorta di intimidazione. Questa è la situazione nella società del politicamente corretto, il fascismo alla saccarina del terzo millennio.

Ne avevo parlato in “Global warming: qualcosa di inaspettato accade a Roma, avevo salutato  con grande interesse l’iniziativa di tenere una conferenza sul clima dove le voci critiche verso la teoria della causa antropogenica dei cambiamenti climatici avessero la possibilità di esporre le proprie ragioni, ma le cose si sono rivelate molto peggiori di quanto sembrasse.

Le prime ombre arrivano dalla conferenza organizzata al Senato della Repubblica dal Sen. Franco Ortolani (M5S), già Direttore del dipartimento di scienza e politica del territorio dell’Università Federico II di Napoli e programmata per la mattina del giorno 13 novembre presso una sala a Piazza Capranica 72. Un’iniziativa che però, per non chiariti motivi organizzativi, veniva cancellata nell’imminenza dello svolgimento. Motivi curiosi, i relatori erano a Roma e la sala non risultava avere problemi di alcun tipo, reale appare invece la presenza di un clima ostile che ha mirato a mettere sotto pressione l’organizzatore, un clima rivelato da un titolo dell’Inkiesta apparso il giorno 13: “I Cinque Stelle ci ricascano: il cambiamento climatico è un complotto (o non esiste)“, un articolo dai toni aggressivi dove la minaccia di essere ridicolizzati è concreta e in un momento di forti tensioni politiche nessuno si sente di correre il rischio:

Che esista ancora una frangia di negazionisti del clima nel nostro paese è cosa assodata. Cittadini che non credono nella stampa, nella scienza e nei poteri forti se ne trovano un po’ ovunque. La retorica è mutata nel tempo: da “i cambiamenti climatici non esistono” si è passati, a fronte della schiacciante evidenza scientifica che il climate change esiste, a due nuove versioni: una pseudoscientifica dove “il clima cambia ma non per colpa dell’uomo” e una complottistica dove “il clima cambia per un progetto globalista per controllare il mondo”, in cui si incunea anche la stupidaggine delle scie chimiche. Soggetti che sposano queste due visioni se ne incontrano spesso sui social, ma anche per strada. Capita ancora il tassista che ti dice “ma sta qua è tutta ‘na balla”.

Ben più grave è quando il climanegazionismo, ovvero il negare l’esistenza del cambiamento climatico e la sua origine antropica, coinvolge istituzioni e forze politiche

Il termine “negazionista” è un neologismo infamante che dovrebbe essere messo tra le accuse passibili di querela per diffamazione, il negazionista è infatti qualcuno in malafede che quindi è assimilato al truffatore, e questo detto a mezzo stampa non può restare senza conseguenze. Ma ovviamente l’autore dell’articolo non ha nessun elemento per provare che i professori partecipanti siano negazionisti, infatti anziché smontarne le affermazioni si limita a colpirli pregiudizialmente. La derisione, l’invenzione di complottismi che non esistono è un’aggressione, non una critica. Sta di fatto che la conferenza al Senato viene annullata. Poi sarà anche Repubblica ad usare il termine “negazionisti” così come l’Huffington Post.

Poche ore e si giunge all’appuntamento del pomeriggio presso una sala dell’Istituto di geologia dell’università La Sapienza di Roma, l’appuntamento è alle 15,30 e io mi reco dopo il lavoro non senza qualche contrattempo e arrivo con qualche minuto di ritardo trovando un’inaspettata folla davanti all’aula 9 sede della conferenza. Ci vuole poco a capire che non si tratta di spettatori che non trovano posto in aula ma di contestatori che non vorrebbero far entrare nessuno e che tentano di impedire lo svolgimento della conferenza stessa. Volano inulti, “buffoni”, “venduti”, “vergogna” … poi si allontanano mentre una ragazza cerca di calmare gli animi dicendo “lasciamoli con l’aula vuota…”, ma l’aula non è vuota, ci sono persone che vogliono ascoltare compresi alcuni del collettivo, tanto che fatico a trovare un posto a sedere.

La conferenza ha inizio in una evidente tensione, davanti a me dei docenti avanti negli anni che hanno lavorato

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IL BERSAGLIO NON SONO I “NO-VAX”, IL BERSAGLIO SEI TU

Stefano Re – 17 SETTEMBRE 2018

Lettera a chi sostiene l’obbligo vaccinale.

Ti svelo un segreto, a te che sostieni l’obbligo vaccinale: il bersaglio di questa strategia, di tutta questa strategia, dalle epidemie con morti inventati fino dall’obbligo, dalla radiazione dei medici eretici alle esclusioni dagli asili, dai sindaci che invocano roghi a gelatai che vietano accessi, dai dottori arroganti che insultano genitori e pazienti dubbiosi fino ai NAS che indagano le autocertificazioni delle mamme – il bersaglio di tutto ciò non sono i no-vax. Dei no-vax non importa niente a nessuno: non contano nulla né commercialmente né politicamente né socialmente e non minacciano in alcun modo la salute pubblica. Una percentuale di cittadini che rifiutano di adeguarsi è del tutto fisiologica, in ogni tipo di società. Ci sono sempre stati, ci saranno sempre. Te li hanno sbandierati davanti al naso di proposito, come il drappo rosso davanti al toro. Non è a loro che puntano: il bersaglio sei tu.

Quello che vogliono è che tu, e decine di milioni di altre persone, seguiate un percorso mentale ben preciso, studiato a tavolino.

Il percorso è questo:


– voglio essere una persona intelligente, per questo sto con la scienza
– la scienza dice che i vaccini sono sicuri e necessari, per cui ci credo
– una minoranza esagitata non si fida, quindi io sono migliore di loro
– la scienza dice che i bambini sono in pericolo, quindi occorre vaccinarli per proteggerli
– io sono una brava persona, voglio proteggere i bambini
– chi dubita dei vaccini non vuole proteggere i bambini, è una persona cattiva e/o ignorante
– è dunque lecito obbligarli


Conclusione: io sono una brava persona intelligente = io sono a favore dell’obbligo vaccinale.

Domani, quando metteranno l’obbligo vaccinale anche per te, dirai: beh, certo, voglio continuare ad essere una brava persona intelligente, non voglio diventare di colpo un ignorante incivile antiscientifico.

Ma quello che di fatto stai accettando non ha NULLA a che fare con la Salute Pubblica, con la scienza o con i vaccini. Non riguarda alcuna malattia né la salvezza di alcun bambino. Quello che stai accettando è la cessione del diritto di violare l’integrità fisica del tuo corpo.

È il principio che lo Stato, ma più in generale una qualche “autorità competente”, basandosi su una qualche teoria che tu nemmeno devi comprendere, possegga il diritto di iniettare sostanze nel tuo corpo. Di sperimentare sul tuo corpo, col tuo corpo, nel tuo corpo. Il diritto di violare il tuo corpo, senza bisogno del tuo permesso. Persino se tu non sei d’accordo. Persino se ti opponi.

Se te lo avessero dichiarato subito in questi termini, prima di questa scemenza vaccinale, prima di farti conoscere e disprezzare i no-vax, prima di rimbambirti con bambini minacciati da epidemie fantasma e rischi di estinzione, avresti risposto: “manco per il cazzo”.

Invece, se non oggi, tra qualche mese o anno spesi a odiare i no-vax antiscientifici, e a convincerti che tu sei quello intelligente, preoccupato per bambini e immunodepressi, un cittadino modello per il bene dell’umanità, insomma dalla parte giusta – ecco, se non oggi, quando te la gireranno addosso, tu accetterai sorridendo.

I no-vax non accetteranno mai, ovviamente. Ma dei no-vax non gliene è mai fregato niente: sono pochi e non contano un cazzo. È te che volevano portare ad accettare questo, perché “te” significa decine di milioni di persone che invece di ribellarsi e lottare con tutte le loro forze per difendere il diritto all’inviolabilità del proprio corpo, come avrebbero fatto prima di tutta questa messinscena, dopo di essa si troveranno a gridare: “Sì! È giusto obbligare! Obbligatemi!”

Ovviamente lo faranno una categoria per volta. Hanno già cominciato a provarci, ma sono ancora dei test, giusto per saggiare il terreno, giusto per controllare le tue reazioni. Piccole spintarelle di prova. Infermieri, medici, maestri, cuochi delle mense, mestieri a contatto col pubblico… un gruppo per volta, per avere meno resistenza possibile, per poter continuare nel frattempo ad usare il coro rombante del resto del gregge, tutto impegnato a belare in coro: “ignorante, antiscientifico!” a chiunque provasse a sollevare dubbi, a dire che non è d’accordo. E se anche una piccola parte, magari una categoria intera

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STORIA

Porzus, 73 anni fa: l’altra strage comunista “oscurata”, come le foibe

www.secoloditalia.it – Antonio Marras- 11febbraio 2018

“Cerimonia in tono minore per Porzus”, titola oggi un’agenzia di stampa. La nuova retorica dell’antifascismo sta oscurando anche le pagine di storia più scomode. Come ieri per le foibe, costrette a cercarsi uno spazio mediatico tra le “casuali” manifestazioni della sinistra contro le destre, oggi per Porzus.

Oggi a Faedis e a Canebola si sono svolte le cerimonie di commemorazione del 73esimo anniversario dell’eccidio delle malghe di Porzus, con il tentativo di ritrovare una memoria condivisa. Accanto all’Associazione Partigiana Osoppo, rappresentanti della federazione dei Volontari per la libertà, c’erano anche quelli dell’Anpi, delle associazioni d’arma e delle forze dell’ordine, oltre a tutti i vertici istituzionali dalla Regione.

Ma la ferita di quella strage comunista non si è ancora rimarginata. Porzus resta una strage senza colpevoli, rimossa dalla sinistra, sottovalutata dai libri di storia, snobbata dalle istituzioni. Settantatre anni fa, tra il 7 e il 18 febbraio del 1945, si consumava una delle pagine più nere della storia dei partigiani italiani, con due plotoni uno contro l’altro, comunisti contro cattolici, socialisti e liberali, i primia  sterminare i secondi, “colpevoli” di presunti contatti con la X Mas ed esponenti di Salò, colpevoli di non assecondare le mire titine sull’Italia. Diciotto morti, a Porzus, nella Venezia Giulia, tra le vittime anche Guido Pasolini, fratello di Pier Paolo e lo zio del cantante Francesco De Gregorio.

Cosa accadde in quei giorni? A pochi chilometri dal confine jugoslavo, durante l’inverno ’44-’45, numerose formazioni partigiane combattono contro i tedeschi e i fascisti. Ma il fronte non è compatto. La Brigata “Garibaldi”, organizzata dai comunisti, e la Brigata “Osoppo”, formata da monarchici, cattolici e liberali, combattono lo stesso nemico, ma con obiettivi diversi. I partigiani rossi, soprattutto gli appartenenti ai Gap (Gruppi d’Azione Patriottica) comandati da Mario Toffanin detto “Giacca”, sono infatti pronti ad allearsi con gli sloveni per fare dell’Italia un Paese comunista. Gli uomini della “Osoppo” hanno giurato che mai consentiranno a Tito di annettersi l’Istria e la Venezia Giulia.

Il 7 febbraio del 1945 un gruppo di GAP arriva in alcune malghe di montagna in una località chiamata Porzus, sede di un comando locale delle Brigate Osoppo e dove veniva tenuta prigioniera una ragazza accusata di essere collaborazionista dei tedeschi

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http://www.secoloditalia.it/2018/02/porzus-73-anni-fa-laltra-strage-comunista-oscurata-come-le-foibe/?fbclid=IwAR3t-uhGKjRx_Y5stqP48mqdzdL42gevv7r-cUmLxjRu6_BkAcufCZeiAoY

 

 

Moro, le verità proibite. Il libro di Giuseppe Fioroni

Marco Valle – 18 novembre 2018

Da lassù, lo spettro di Aldo Moro continua ad agitarsi. Per chiedere giustizia, ma soprattutto verità. Una verità che questa democrazia senza qualità continua, pervicacemente, a negare. In primis agli uomini della scorta trucidati in quella fredda mattina del 16 marzo, il giorno del rapimento. Poi a lui, assassinato dalle Brigate Rosse  il 9 maggio 1978 in qualche buco oscuro della capitale. E poi, a tutti coloro che si ostinano a voler capire cosa è veramente successo in via Fani. Perché il caso Moro rimane ancor oggi un mistero, un enigma. Anche quarant’anni dopo.

Nel tempo sul cadavere del premier democristiano si celebrò una rapida santificazione poi sigillata da una serie di processi con un’unica conclusione a più varianti: Moro, simbolo della DC e mentore del compromesso storico tra cattolici e comunisti, assassinato da una frangia fuori controllo del marxismo italiano. Un marchingegno tutto nostrano che ha che stritolato l’uomo del dialogo tra Dc e Pci, le due forze portanti della repubblica post-fascista e democratica. La vendetta di una setta criminale di massimalisti rossi, assolutamente endogeni, verso lo “stregone bianco” che stava traviando verso il sistema occidentale il “glorioso” partito di Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer. Le BR come un pugno di esaltati che uccidono il “pifferaio magico” in nome di una rivoluzione impossibile. Insomma, poca, brutta e sanguinosa roba, simile ai complotti rinascimentali o alle jacqueries dei pezzenti: la congiura dei Pazzi nella Firenze medicea, il linciaggio del ministro Prina nella Milano napoleonica, l’accoltellamento di Pellegrino Rossi nella Roma di Pio IX.

Peccato che più di “qualcosa” continui a non tornare, a non convincere. Lo conferma una volta di più il libro di Giuseppe Fioroni e Maria Antonietta Calabrò, Moro il caso non è chiuso, edito da Lindau. Un lavoro solido basato sulle carte sino ad oggi quasi inesplorate della Commissione parlamentare Moro 2 di cui Fioroni — politico di lungo corso e uomo di scomoda intelligenza, un caso raro —  è stato presidente. Ai documenti, provenienti dagli archivi dei servizi e della polizia e desecretati solo nel 2014, si sono aggiunte centinaia di nuove testimonianze, analisi dei Ris, informative diplomatiche. Il risultato è, come ammette l’autore, “sconcertante”.

Con buona pace della narrazione ufficiale, il rapimento e la morte del politico pugliese debbono essere inquadrate in un contesto internazionale ben più vasto e inquietante. Nei 55 giorni dell’”operazione Fritz” (il termine in codice usato dai brigatisti) una somma di dinamiche micidiali scosse i già precari equilibri della nostra limitata sovranità nazionale: americani e sovietici, tedeschi orientali e jugoslavi, palestinesi ed israeliani e, come è noto, settori del Vaticano. A pochi interessava la salvezza di Moro, a tutti interessavano i verbali del “processo” e le lettere che uscivano dalla “prigione del popolo”.

Un ginepraio di pressioni, ricatti, offerte, mediazioni, minacce in cui compaiono e scompaiono giornalisti, malavitosi, preti, confidenti, trafficanti d’armi, banchieri, spioni d’ogni bandiera e fede. Nulla è come sembra o dovrebbe sembrare. Alla luce della

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