NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 16 GENNAIO 2019

https://it.sputniknews.com/opinioni/201901137093463-servizi-segreti-spionaggio-kgb-cia-mirko-molteni/

NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI

16 GENNAIO 2019

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

La beneficenza?

Sono soldi dei poveri dei Paesi ricchi

Che finiscono ai ricchi dei Paesi poveri

Gino & michele, Le cicale 2008, Kowalski, 2007, pag. 24

 

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Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

 

Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com 

 

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SOMMARIO

Castel Volturno: mattatoio italiano governato dal PD dove nigeriani espiantano organi 1

La pubblicità e il mondo accademico stanno controllando i nostri pensieri. Non lo sapevi?. 1

Le polemiche sulle canzoni scartate da Sanremo 2019. 1

Bisio, Baglioni e non solo: a Sanremo pronta la sceneggiata contro Salvini 1

In un libro tutta la storia dei servizi segreti

Senzatetto morti a Roma, perché Bergoglio non apre il Vaticano?. 1

Sarà RECESSIONE, non stagnazione. 1

BlackRock, quel potere occulto che domina tutta la finanza europea. 1

La bomba che può esplodere dalla miccia delle sofferenze bancarie. 1

FMI: L’Italia dovrebbe proseguire con la riforma delle pensioni

Ricolonizzazione. 1

La lotta per il continente: perché gli Stati Uniti non sono felici per l’incremento d’influenza della Russia e della Cina in Africa. 1

I cent’anni di Andreotti 1

Bianchi più intelligenti, è scritto nel DNA

Superdemocristiano avanti Cristo. 1

Fame, criminalità, Stalin ammalato. 1

 

 

IN EVIDENZA

Castel Volturno: mattatoio italiano governato dal PD dove nigeriani espiantano organi

15 Gennaio 2019

La tratta degli esseri umani gestita dalla mafia nigeriana ha diverse finalità. Tutte mostruose. Lo spaccio per gli uomini, lo sfruttamento delle schiave del sesso, per le ragazze, e il traffico di organi che coinvolge sia uomini che donne.

Non è quindi sorprendente che uno di loro abbia fatto a pezzi Pamela.

È su questo che lavora, anche, una task force internazionale che, dal mese di luglio, vede impegnate l’Fbi, la polizia italiana, con lo Sco a coordinare i lavori delle squadre mobili di Caserta, Roma, Palermo e Torino e che, a breve, potrebbe vedere

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https://www.cronacapiu.it/2019/01/15/castel-volturno-mattatoio-italiano-governato-dal-pd-dove-nigeriani-espiantano-organi/?fbclid=IwAR20Xn05fCfEklSwKbSWYhSAaLhF_zSQQ5s5-pdeRorROedvjjNJbcKB7as

 

 

 

 

 

La pubblicità e il mondo accademico stanno controllando i nostri pensieri. Non lo sapevi?

16 Gennaio 2019 DI GEORGE MONBIOT

theguardian.com

Complici dell’industria pubblicitaria, le università ci inducono in tentazione, invece di  avvisarci come dovrebbero.

In che misura noi decidiamo? Ci diciamo di scegliere il corso delle nostre vite, ma è vero? Se io o voi fossimo vissuti 500 anni fa, la nostra visione del mondo, e le decisioni che avremmo preso di conseguenza, sarebbero state completamente diverse. Le nostre menti sono formate dall’ambiente sociale, in particolare dal sistema di credenze progettato da quelli al potere: una volta erano i monarchi, gli aristocratici e i teologi, oggi sono  le  multinazionali, i miliardari e i media.

Gli umani, i mammiferi sociali per eccellenza, sono spugne intellettuali ed etiche. Assorbiamo inconsciamente, nel bene o nel male, le influenze che ci circondano. Infatti, la sola idea che sia possibile formare le nostre stesse menti è un concetto acquisito, che cinque secoli fa sarebbe stato piuttosto alieno alla maggior parte delle persone. Questo non significa che non abbiamo capacità indipendenti di pensiero. Ma che per esercitarle, noi dobbiamo, con coscienza e grande sforzo, nuotare contro la corrente sociale che ci trascina, per lo più senza che ce ne rendiamo conto.

Però, anche se siamo complessivamente formati dall’ambiente sociale, certamente controlliamo le piccole decisioni che prendiamo? A volte. Magari. Ma anche qua siamo soggetti a una influenza costante, della quale vediamo una parte, ma non la gran parte. E c’è una grande industria che cerca di decidere al posto nostro. Le sue tecniche diventano sempre più sofisticate ogni anno, sfruttando le più recenti scoperte della neuroscienza e della psicologia. Tutto ciò ha il nome di pubblicità.

Ogni anno, vengono pubblicati nuovi libri su questo argomento, con titoli come Il Codice della Persuasione: Come il Neuromarketing Può Aiutarti a Persuadere Chiunque, Dovunque, in Qualsiasi MomentoAnche se molti libri sono senza dubbio sopravvalutati, essi descrivono anche una disciplina che si sta rapidamente  avvicinando alle nostre menti, rendendo sempre più difficile il pensiero indipendente. Pubblicità più sofisticate si intrecciano con tecnologie digitali progettate per eliminare le agenzie.

Quest’anno, lo psicologo infantile Richard Freed ha spiegato come nuove ricerche psicologiche siano state usate per sviluppare social media, videogiochi, telefonini con qualità genuinamente assuefative. Ha citato un esperto tecnologo che si vantava, con apparente giustificazione: “Abbiamo l’abilità di girare un po’ di manopole di controllo di una machine learning che abbiamo costruito e nel mondo centinaia di migliaia di persone cambieranno lentamente il loro comportamento in modi che, a loro insaputa, sembreranno naturali ma che in realtà sono stati progettati.”

L’obiettivo di questa intrusione mentale è di creare piattaforme pubblicitarie più efficaci. Ma lo sforzo è vano se noi manteniamo l’abilità di resistervi. Facebook, in accordo con un rapporto trapelato, ha svolto ricerche, condivise con un agenzia pubblicitaria, per determinare quando gli adolescenti che usano il suo network si sentono insicuri, inutili o stressati. Questo sembra essere il momento migliore per colpirli con micropromozioni mirate. Facebook ha negato di offrire “strumenti che prendono di mira le persone in base ai loro stati d’animo.”

 

Facebook, secondo un rapporto trapelato, ha sviluppato strumenti per determinare quando gli adolescenti che usano la sua rete si sentono insicuri, senza valore o stressati.

 

Ci possiamo aspettare che le agenzie commerciali proveranno qualsiasi stratagemma legale che possono portare a termine. Resta una decisione della società, rappresentata dai governi, se fermarli, attraverso quel tipo di regolamentazione che è venuta a mancare finora. Ma ciò che mi lascia perplesso e mi disgusta anche più di questo fallimento è la volontà delle università di ospitare e aiutare i pubblicizzanti ad entrare nel nostro cervello. L’ideale dell’Illuminismo, che le università affermano di abbracciare, è quello che ognuno dovrebbe pensare per se stesso. Quindi perché gestiscono dipartimenti in cui i ricercatori esplorano nuovi modi per bloccare questa capacità?

Lo chiedo perché, mentre consideravo la pazzia del consumismo  che in questo periodo dell’anno cresce oltre il livello normale di distruzione del pianeta, mi sono recentemente imbattuto in uno studio che mi ha meravigliato. È stato scritto da accademici delle università pubbliche in Olanda e negli Stati Uniti. Mi è parso che il loro obiettivo fosse decisamente in contrasto con l’interesse pubblico. Cercavano di identificare “i diversi modi in cui i consumatori resistono alla pubblicità, e le tattiche che possono essere usate per contrastare o evitare questa resistenza”.

Tra le tecniche “neutralizzanti” era evidenziata “camuffare l’intento persuasivo di un messaggio”; distrarre la nostra attenzione usando frasi confuse che rendono più difficile concentrarsi sull’intento del pubblicizzante; e “usare l’esaurimento cognitivo come tattica per ridurre l’abilità del consumatore nell’affrontare i messaggi”. Questo significa colpirci con un numero talmente alto di pubblicità da esaurire le risorse mentali, distruggendo la nostra capacità di pensare.

Incuriosito, ho cominciato a cercare studi accademici sullo stesso tema e ho trovato un’intera letteratura. C’erano articoli su ogni aspetto immaginabile di resistenza e suggerimenti che aiutavano a superarlo. Per esempio, mi sono imbattuto in uno studio che consiglia chi fa le pubblicità su come ricostruire la fiducia pubblica quando una celebrità con cui stanno lavorando si trova nei guai. Piuttosto che scaricare il prezioso collaboratore, i ricercatori suggeriscono che il modo migliore per recuperare “il fascino autentico e persuasivo

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https://comedonchisciotte.org/la-pubblicita-e-il-mondo-accademico-stanno-controllando-i-nostri-pensieri-non-lo-sapevi/

 

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

Le polemiche sulle canzoni scartate da Sanremo 2019

Il ministro Fontana si schiera con Carone e Dear Jack dopo il taglio dal Festival del loro brano su pedofilia e abusi sessuali. E anche i New Trolls si lamentano: «Noi fuori perché sovranisti».

15 gennaio 2019

Sanremo si avvicina, le polemiche divampano. A poco meno di un mese dall’inizio del Festival (5-9 febbraio 2019), a tenere banco è l’esclusione del brano Caramelle di Pierdavide Carone e dei Dear Jack. La canzone, incentrata sul tema della pedofilia e degli abusi sessuali, è finita al centro di una mobilitazione via web. E ha incassato anche l’appoggio del ministro per la Famiglia e le Disabilità Lorenzo Fontana, il politico secondo cui «le famiglie gay non esistono» e che su aborto e gender ha la Russia come modello. In un tweet ha scritto: «Dispiaciuto che un brano come #Caramelle, che parla di lotta alla pedofilia, sia stato escluso da Sanremo. Un argomento molto importante, su cui, tra l’altro, stiamo già lavorando: abbiamo diversi progetti in cantiere col ministero dell’Istruzione».

 

DA FEDEZ AI NEGRAMARO, CHI HA SUPPORTATO IL BRANO

A stretto giro è arrivata anche la risposta di Carone: «L’abuso è una ferita che può cicatrizzarsi ma non rimarginarsi e, mai come in questo caso, la miglior cura è la prevenzione e va fatta nelle scuole e va fatta adesso. Grazie al ministro Lorenzo Fontana per questa importante opportunità sociale #caramellenellescuole». I Dear Jack dal loro profilo hanno invece twittato: «Un onore che le istituzioni e un ministro della Repubblica si siano appassionati a una battaglia che, se fatta insieme, può raggiungere il suo scopo». Tra i personaggi che hanno già dimostrato supporto al brano ci sono Cristiana Capotondi, i NegramaroAlessandra AmorosoBiagio AntonacciElisaErmal MetaClaudio CecchettoGigi D’AlessioFedezRoby FacchinettiGiorgiaJ-AxMax BiaggiJonathanBianca Atzei.

 

BAGLIONI: «MI DISPIACE, NESSUNA CENSURA»

Domenica 13 gennaio Carone (che aveva già partecipato nel 2012 al Festival in coppia

 

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https://www.lettera43.it/it/articoli/cultura-e-spettacolo/2019/01/15/sanremo-2019-canzoni-scartate/228138/

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Bisio, Baglioni e non solo: a Sanremo pronta la sceneggiata contro Salvini

venerdì 11 gennaio 12:51 – di Guglielmo Federici

Arriva Sanremo. E perciò è già chiaro che replicheranno contro Matteo Salvini quello che già fecero contro Silvio Berlusconi. Solo che stavolta l’attacco verrà anche dai forzisti ingelositi dai consensi che il leader leghista inanella. Questo Festival di Sanremo 2019 si annuncia una delle edizioni più politiche degli ultimi anni.

Dopo Claudio Baglioni arriva anche Claudio Bisioattore e co-conduttore della prossima kermesse della canzone italiana, a fare il tiro al bersaglio alle politiche migratorie di Matteo Salvini. Sanremo, più che una gara canora diventerà una sceneggiata contro Salvini: la kermesse dell’Ariston, ancor prima del via, si preannuncia una sorta di assedio alle politiche del ministro dell’Interno. Dopo la predica indigesta di Baglioni sulla “farsa” (a suo dire) relativa agli immigrati della Sea Watch, le parole di Claudio Bisio intervistato da La Stampa sono tutto un programma: «Rispetto a ciò che ha detto in conferenza stampa sul tema dei migranti sono d’accordo con Claudio Baglioni. Come potrebbe essere altrimenti? Mi è sembrata una dichiarazione assennata e condivisibile».

Bisio: «Vi anticipo che il mio autore è Michele Serra»

Quando poi gli ricordano che Teresa De Santis, direttrice di Rai 1, dopo quanto accaduto avrebbe chiuso all’ipotesi di un terzo mandato per Baglioni, Bisio ribatte spavaldo: «No, non è possibile, mi dica che è una fake news. Voi giornalisti siete bravissimi a gonfiare le notizie…». Non finisce qui. Bisio fa anche l’arrogante e rincara la dose: «Vi anticipo però che il mio autore, così come avvenne quando feci l’ospite nel 2013 e il presentatore/direttore artistico era Fabio Fazio, sarà ancora Michele Serra e tutti sanno che lui se c’è da parlare di attualità non si tira indietro». Serra, Fazio, ci sono tutti i punti di riferimento che contano…

Teresa De Santis ha ragione, Sanremo sarà un «comizio»

Tanto basta per capire che il direttore di Rai 1 aveva ragione: il riferimento a Fazio e soprattutto a Serra, firma di Repubblica, sono la garanzia che il palco dell’Ariston si trasformerà in ciò che aveva paventato Teresa De Santis, ossia «un comizio».

 

Carriera quarantennale da giornalista e dirigente tv, prima donna a sedersi sulla poltrona di Raiuno, la coraggiosa direttrice di Rete non sta prendendo affatto bene la sceneggiata politica che si sta configurando.  «Nominata a Raiuno

 

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CYBERWAR SPIONAGGIO DISINFORMAZIONE

In un libro tutta la storia dei servizi segreti

13.01.2019 – Tatiana Santi

Quali meccanismi hanno governato il mondo e quali attori da dietro le quinte ne hanno influenzato la storia? Dall’antichità fino alle prime organizzazioni spionistiche e alle agenzie odierne gli agenti segreti hanno accompagnato tutte le civiltà. In un libro per la prima volta la storia su tutte le agenzie di spionaggio del mondo.

Il saggio “Storia dei servizi segreti” di Mirko Molteni, ricco di dettagli e aneddoti, rappresenta una vera e propria enciclopedia sull’intelligence internazionale. Un libro che, unico nel suo genere, permette di scoprire le vicende legate allo spionaggio fin dai tempi più lontani: dall’antico Egitto, passando per l’impero romano e i ninja giapponesi, parlando di personaggi dal grande fascino come Mata Hari, giungendo alle agenzie di oggi. Ampio spazio nel saggio è dedicato al duello storico fra KGB e CIA e alla Guerra Fredda, epoca quando le informazioni sull’avversario risultavano di vitale importanza.

Sia sul grande schermo sia nei media occidentali figura sempre e comunque l’immancabile cattiva spia russa… In questo contesto il libro di Molteni (Edizioni Newton Compton), offre invece un’approfondita analisi storica su un tema che esercita ancora oggi un grande fascino. Sputnik Italia ha raggiunto per un’intervista l’autore del saggio Mirko Molteni.

— Mirko Molteni, parliamo del tuo libro che parla di spionaggio, ma qual è la sua particolarità?

— È un libro che raggruppa in un grosso numero di pagine, oltre 800, una storia generale dello spionaggio e dell’intelligence a partire dall’antichità fino ad oggi. I primi esempi che ho citato sono relativi agli antichi egizi, parliamo di più di tremila anni fa! Procedo poi nel raccontare dello spionaggio fra greci e persiani fino alle guerre dell’antica Roma e poi, parlo del medioevo, della Rivoluzione francese e dell’età napoleonica fino al ‘900, per finire con i giorni nostri.

© Sputnik . Vitaly Podvitsky

Spionaggio MADE IN USA

Più della metà del libro è dedicata alle vicende dall’inizio del ‘900 ad oggi: sono quelle meglio documentate ed in cui traspaiono meglio le azioni di servizi segreti già organizzati; nei secoli più antichi non possiamo, infatti, parlare di servizi segreti nel senso odierno del termine. In antichità lo spionaggio era attuato in modo più estemporaneo e dettato dalle esigenze del momento, la vera strutturazione di agenzie di spionaggio permanenti c’è soprattutto ad inizio ‘900 ed in alcuni casi anche prima come nel caso dell'”Okhrana”, la polizia segreta zarista che esisteva già nel 1800.

— Possiamo dire che le spie sono sempre esistite? È un tema che riguarda quindi la storia dell’uomo e della civiltà?

— Certo, non è un tema solo attuale, è una costante di ogni civiltà umana praticamente in ogni parte del mondo: ho dedicato un certo spazio alla storia dello spionaggio nell’antica Cina e nel Giappone medievale, dove a partire dl ‘400 si sviluppò poi la specialità dei ninja. Si trattava di maestri nell’arte del nascondersi e nell’entrare nei castelli degli avversari al fine di spiare od uccidere. Parliamo quindi di spionaggio sia come raccolta di informazioni sia come azione segreta, come sabotaggio. Questo si è sempre verificato praticamente in tutte le epoche: non esistono Paesi, inteso come grandi potenze, che abbiano fatto più ricorso rispetto ad altre di mezzi segreti. Qui potremmo anticipare un tema importante: se guardiamo alla Guerra Fredda o agli ultimi anni, l’America e la Russia o l’Unione Sovietica prima hanno sempre fatto affidamento su infiltrati sia per condizionare la politica locale sia per raccogliere informazioni.  Non c’erano solo spie russe sparse per il mondo, ma anche americane che con le loro azioni hanno causato, specialmente in Africa o in sua America, colpi di stato al fine di portare alcuni Stati nella propria sfera di influenza.

— Volevo appunto parlare di queste due grosse potenze: il duello tra KGB e CIA è quello più conosciuto e rappresentato, ci potresti citare qualche aneddoto particolare del libro o magari qualche esempio controcorrente di collaborazione?

Lettonia, pubblicati i documenti segreti del KGB

— Un momento importante del confronto si ebbe negli anni ’50 e ’60 nel pieno della Guerra Fredda quando l’Unione Sovietica riuscì a far credere agli americani di possedere molte più armi strategiche di quanto si pensasse. Sia il KGB che il GRU, il servizio segreto delle forze armate sovietiche esistente tuttora oggi per le forze armate russe, riuscirono a convincere gli americani di possedere già intorno al 1956 – 57 la superiorità nel settore dei bombardieri, e qualche anno dopo la superiorità nel settore dei missili strategici. In quegli anni infatti gli americani parlavano della cosiddetta paura del “bomber gap” e del “missile gap”, cioè il divario nel campo dei bombardieri e dei missili.

— Cioè?

— Si usavano anche dei trucchi banali, per esempio quando i primi bombardieri strategici Myasishchev, dei grossi aerei intercontinentali, vengono presentati in volo su Mosca. In realtà ne avevano soltanto una decina ma vennero fatti passare più volte quel giorno sulla capitale cosicché gli osservatori della CIA a Mosca credessero che fossero molti di più, una cinquantina o una sessantina. I sovietici fecero quindi credere cha la produzione di massa fosse già avviata e che entro pochi anni ne avrebbero avuti oltre un migliaio di bombardieri. La CIA si accorse dell’errore solo qualche anno dopo, intorno al 1960, grazie alle fotografie dei famosi aerei spia U2 che gli americani mandavano sopra l’Unione Sovietica a quota stratosferica. Come sappiamo questi voli cessarono, quando il primo maggio del 1960 i sovietici riuscirono ad abbattere l’U2 guidato dal maggiore Gary Powers. Con la sua cattura misero a tacere gli americani che invece sostenevano di non aver mai mandato aerei spia sopra l’Unione Sovietica.

Ex direttore della CIA sicuro, Putin è un “grande regalo” per la NATO

Per quanto riguarda invece il divario sui missili, i timori della CIA che i sovietici sopravanzassero gli americani furono fugati nel 1962, quando arrivarono in America le informazioni del colonnello dell’intelligence militare (GRU) Oleg Penkovskij. Una serie di documenti e progetti anche su microfilm dimostrarono che i sovietici non erano in vantaggio sugli americani sui missili strategici. Tali informazioni arrivarono nel momento giusto: quando poi ci fu la crisi di Cuba nell’ottobre del ’62, Kennedy poté minacciare con maggior sicurezza Kruscev sapendo che quest’ultimo non aveva abbastanza missili strategici da rappresentare un pericolo per il territorio americano dal territorio sovietico. A facilitare la risoluzione della crisi ci fu anche la condiscendenza americana nel ritirare i propri missili a medio raggio, che erano schierati più vicino all’Unione Sovietica, ovvero in Puglia ed in Turchia. L’intelligence in questo caso servì a disinnescare una terribile crisi che avrebbe potuto portare ad una guerra che in realtà nessuno voleva.

— Nei media occidentali non si fa che parlare delle spie russe, non ritieni che ci sia un abuso, una vera e propria ossessione?

Spia della NATO, o provetto aviere russo? Ecco il quiz per scoprirlo

— Sicuramente il mito della spia russa, intesa come quella più cattiva, è molto utile tutt’oggi per le contese geopolitiche. La situazione storica di cui si parla è quella dell’Unione Sovietica negli anni di Stalin, ma anche dopo la guerra. Sotto Stalin l’NKVD organizzava all’estero alcune uccisioni di dissidenti o fuoriusciti che avrebbero potuto minacciare la rivoluzione bolscevica. Il caso principale fu quello di Trotskij, diventato nemico numero uno per Stalin e fatto uccidere nel 1940 in Messico. Queste operazioni in gergo venivano chiamate “operazioni bagnate” dove si intendeva bagnate di sangue. Questa prassi fu utilizzata nel corso della dittatura sovietica, con artifici talvolta ingegnosi come ad esempio negli anni ’50 furono utilizzate delle bombolette che sparavano cianuro direttamente addosso alla vittima, oppure

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DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI

Senzatetto morti a Roma, perché Bergoglio non apre il Vaticano?

15 gennaio 2019

VOI NON SIETE CON CHI PREDICA MA NON RAZZOLA? NOI SI

 

Avete mai letto un giornale chiedere al Papa di aprire il Vaticano per ospitare i senzatetto che lui predica gli altri accolgano?

Ennesimo senzatetto morto a Roma per il freddo. Il corpo di un senza fissa dimora è stato trovato oggi nel Parco della Resistenza.

Lunedì mattina un altro senzatetto è stato trovato morto in un’area verde alle spalle di una edicola nella Capitale. Anche in quel caso si ipotizza un decesso per cause naturali legato al freddo. E nei giorni precedenti un uomo era morto carbonizzato a causa del un braciere utilizzato per scaldarsi nel suo rifugio di fortuna sul Tevere e un altro era stato trovato privo di vita sempre sugli argini del fiume.

Questo solo a Roma, dove la Caritas si pappa tutte le monetine. Per aiutare i poveri, dicono. Ma i poveri muoiono di freddo, mentre i vescovi parlano e mangiano. Troppo, in entrambi i casi.

“E’ un ‘umiliazione, è inaccettabile a partire da me che ci possano essere a Roma

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https://voxnews.info/2019/01/15/senzatetto-morti-a-roma-perche-bergoglio-non-apre-il-vaticano/?fbclid=IwAR05nV0JJGkNJwF4zAYrYlyTyiTymIyWs9evGkWnD9t9q45r7q48AQ9Myz4

 

 

 

 

ECONOMIA

Sarà RECESSIONE, non stagnazione

15/01/2019 Massimo Bordin

Anche se qualcuno parla di boom economico (Di Maio) e qualche dotto economista di stagnazione, le indicazioni che contano vanno tutte verso una recessione dell’economia italiana nel 2019 che lascerà sul campo almeno un punto percentuale.

Abbiamo visto di peggio, per carità; il resto d’Europa non farà molto di meglio, ok pure questa, ma per l’economia italiana i dolori di pancia saranno acuti, e no, non c’entra nulla (o quasi) il debito pubblico, la gorrrrruzzzzione ed i luoghi comuni, implementati dai soliti noti.

Come sostenuto qui fin dai tempi di Mosè, la prima causa della decadenza industriale italiana è individuabile nella scarsità di moneta. Senza abbondante denaro circolante nell’economia reale, i consumi languono e le imprese non si possono innovare e fare investimenti. Tutte le altre cialtronesche analisi le lasciamo ai Boldrin ed ai Scaccaivillani di turno, che sono – guarda caso – impegnati a lavorare in paesi dove hanno una moneta sovrana (Usa e Oman, nei nostri esempi) e si guardano bene dal cercare reddito in paesi con valuta euro.

Nei siti complottisti e dietrologi (come questo) si legge spesso che le banche

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http://micidial.it/2019/01/sara-recessione-non-stagnazione/?fbclid=IwAR0yCR8M3IlZgqNhSi0dPSyKhgP84bXgv5IzS0fBwB4Ou6thqVFgiC_j7x4#.XD4tOmoXqR0.facebook

 

 

 

 

 

 

 

 

BlackRock, quel potere occulto che domina tutta la finanza europea

di Maria Maggiore * | 29 Maggio 2018

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L’aneddoto viene da un’ex impiegata di BlackRock: arrivato sopra l’Atlantico in viaggio in Europa, il Ceo e fondatore di BlackRock Larry Fink chiede al comandante dell’aereo di cambiare rotta e dirigersi verso la Germania. Intanto telefona a un suo uomo a Francoforte perché organizzi un incontro con Angela Merkel, entro cinque ore. Il manager cerca di fare il possibile, ma non riuscendo a trovare la cancelliera, fissa un appuntamento con il vicepresidente della Bmw. I due s’incontrano, poi mentre il tedesco sta spiegando le strategie della Casa automobilistica, Larry Fink si alza e comincia un’altra conversazione telefonica. Disinvoltura di chi sa di essere considerato tra gli uomini più influenti al mondo (Fortune, 2018).

Laurence “Larry” Fink, 65 anni, figlio di un commerciante di scarpe e di un’insegnante d’inglese, è il trader californiano che nel 1988 ha fondato la società BlackRock con una dozzina di colleghi. Oggi gli impiegati sono 13.900, in 30 Paesi. E BlackRock è diventata la più grande società d’investimento al mondo, 6.280 miliardi di dollari di capitale gestito, di cui un terzo in Europa, più del Pil di Francia e Spagna messe insieme. Attraverso il suo software per la gestione dei rischi, Aladdin, BlackRock controlla indirettamente altri 20.000 miliardi di dollari. Un potere che BlackRock esercita anche dando consigli a governi, Banche centrali, istituzioni europee. E influenzando ogni legge che viene approvata in Europa. “Le enormi dimensioni di BlackRock ne fanno un potere di mercato che nessuno Stato può più controllare”, riassume il deputato liberale tedesco (Fdp) Michael Theurer.

Il gigante misterioso

La società americana gestisce i soldi degli altri, non ha quote di controllo, ma ha diritto di voto nelle assemblee delle aziende quotate, l’anno scorso ha votato nel 91% dei casi nelle 17 mila aziende dov’è azionista.

In Europa la “roccia nera” è presente nell’energia, nei trasporti, nelle compagnie aeree, nell’agroalimentare, fino all’immobiliare. Possiede una cospicua fetta (tenuta segreta dalla Banca d’Italia e dalla società stessa) di bond del nostro debito pubblico, come testimonia il database Thomsons One (Reuters) che Investigate Europe ha consultato.

È azionista di peso nelle top 10 banche europee, primo azionista della Deutsche Bank, secondo in Intesa San Paolo, presente in Unicredit, Banca Generali, Fineco, Enel, Eni, Telecom. In Germania ha investito 100 miliardi solo in azioni, 240 nel Regno Unito, 21 da noi, ma che sommati ai bond e alle obbligazioni arrivano a 79 miliardi di patrimonio gestito in Italia. In un libro scritto tre anni fa, la giornalista tedesca Heike Buchter spiega come “da quando ti alzi la mattina, prendi i cereali con il latte, ti vesti, t’infili le scarpe, prendi l’auto e vai al lavoro, dove accenderai il computer, usando il tuo iPhone, in tutti i momenti della giornata BlackRock è presente”.

Fink viene sempre ricevuto come un capo di Stato, che vada a Roma a incontrare Matteo Renzi, per una cena privata, nel 2014 o ad Amsterdam per parlare con il premier Mark Rutte, nel 2016, o all’Eliseo: ha già incontrato due volte il presidente Emmanuel Macron. Cosa chiedono tutti questi capi di governo a BlackRock? Di continuare a investire in Europa. In cambio, assicurano di non intralciare i suoi affari con leggi e controlli a dismisura.

La finanza democratica

La grande fortuna di BlackRock viene dai fondi passivi. La crisi economica è stata un’opportunità per la roccia di Wall Street. Da un patrimonio gestito di 1.000 miliardi di dollari nel 2008 è passata a più di 6.000 miliardi nel 2018, grazie agli Etf (exchanged traded funds), oggi il 72 per cento del suo portafoglio. I fondi nell’ultimo decennio sono letteralmente esplosi, occupando ormai il 40 per cento del totale del mercato azionario nel mondo, con BlackRock leader mondiale del settore.

La ragione principale del loro boom è che costano poco: 0,2 per cento del valore investito, un decimo dei costi di un fondo attivo. Un fondo attivo è gestito da manager, un Etf va in automatico, copia come un clone il valore di un indice di Borsa. Se le azioni dell’indice vanno su, sale anche il valore dei fondi BlackRock, se l’indice perde valore, scendono anche i fondi passivi. Barbara Novick, vicepresidente di BlackRock, ha spiegato questo successo parlando di “democratizzazione” della finanza: ormai tutti possono investire anche piccole somme. Ma più aumenta il volume dei fondi passivi, più il mercato si concentra in poche società. All’Università di Amsterdam un gruppo di ricercatori legati alla piattaforma Corpnet ha studiato il comportamento di BlackRock, Vanguard e State Street, i tre colossi dei fondi passivi. “Per ora sono giganti che dormono”, dice il professor Eelke Heemskerk. Ma si stanno svegliando.

I pompieri della crisi

Il 18 marzo 2008 quando Timothy Geithner, capo alla Federal Reserve di New York (poi diventato ministro delle Finanze con Barack Obama), chiama Larry Fink perché lo aiuti a ripulire le spazzature della banca d’investimento Bear Stearns, appena salvata dal governo Usa. Fink ha già sviluppato il software Aladdin, che analizza in pochi secondi la composizione e i rischi di larghi portafogli. È l’uomo giusto per spegnere i fuochi della crisi. Dopo la Bear Stearns, BlackRock sarà chiamata a isolare i prodotti tossici di Citibank, Aig, Fannie Mae e Freddie Mac. Diventa il braccio operativo del governo americano per la gestione della crisi.

A fine 2010, la Banca centrale dell’Irlanda chiama – senza bando di gara – BlackRock Solutions, filiale del gigante americano specializzata nella parte consulenza, per studiare lo stato di salute delle banche irlandesi. Dublino ha appena chiesto ai Paesi europei e al fondo monetario internazionale un prestito da 50 miliardi di euro per evitare il fallimento. La Troika (Fmi, Commissione Ue e Banca centrale europea) arriva a Dublino ed esige dal governo locale di fare ricorso a un audit esterno. La scelta cade su BlackRock, anche se già controlla 162 miliardi di euro di azioni nell’isola celtica. “Una missione gigantesca” dirà Larry Fink a proposito dell’Irlanda, “la più grande che ci sia mai stata affidata da un governo”. BlackRock viene poi chiamata ancora nel 2011 e nel 2012 per effettuare stress test sulle banche irlandesi. E a fine 2012 si compra il 3 per cento di Bank of Ireland, proprio una delle banche su cui aveva fatto gli stress test nel 2011.

In Grecia la “roccia nera” ha cominciato in modo più prudente. Sotto il nome di “Solar”, BlackRock Solutions affitta uffici modesti ad Atene e, assunta dalla Banca centrale, entra nei caveau di 18 banche elleniche. Siamo nel 2011. Negli anni successivi BlackRock viene ancora chiamata per studiare il volume del “buco” delle maggiori banche greche, effettuare stress test sui principali istituti. Sei contratti in tutto, l’ultimo per fornire assistenza tecnica allo smaltimento dei crediti deteriorati. Oggi ad Atene si parla molto della “roccia nera” per il centro commerciale che sta costruendo per 300 milioni di euro, nel cuore della Capitale, ai piedi dell’Acropoli e perché è la prima azionista di una miniera d’oro, nel nord del Paese, invisa dalla popolazione locale per la presunta pericolosità per l’ambiente. Ma la società di Larry Fink è anche azionista di peso delle più grosse banche e della lotteria nazionale, da poco privatizzata. Conflitti d’interessi, accesso privilegiato a informazioni riservate che possono essere utili a chi investe milioni di euro in un Paese? L’ex capo economista di Alpha Bank, Michael Massourakis, ricorda come “nel pomeriggio andavamo da BlackRock per vendere le nostre azioni e lo stesso giorno degli impiegati di BlackRock venivano da noi a controllare i libri contabili. Poi la sera uomini di BlackRock si incontravano per un drink? Non lo so”.

“Niente indica che gli impiegati di BlackRock venuti ad Atene abbiano trasmesso informazioni riservate alle équipe di BlackRock interessate agli investimenti dei fondi – assicura un trader greco – BlackRock non avrebbe mai rischiato di distruggere la propria reputazione per così poco”. Ma il problema si pone a un livello più alto, dice la fonte greca: “Salendo nella gerarchia di un’azienda si arriva a un punto in cui si hanno a disposizione tutte le informazioni della società, il lato investimento e quello della consulenza”. Il 12 dicembre 2013 Larry Fink ha incontrato il governatore della Banca di Grecia, George Provopoulos. Di che hanno parlato i due uomini, degli investimenti di BlackRock nella penisola ellenica, del degrado dei crediti nelle banche greche o di tutt’e due?

In Spagna BlackRock è riuscita a entrare nel mercato immobiliare – oggi controlla quattro grosse società di real estate – e a diventare azionista rilevante delle sei più grosse banche spagnole. Anche se le sue attività di consulenza sono state fermate nel 2012 da una campagna di stampa virulenta a opera di banchieri anonimi che trovavano “non ragionevole” affidare alla società americana di stabilire i prezzi degli asset immobiliari delle banche, i cui portafogli erano già stati studiati dalla roccia nera in un precedente contratto

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https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/blackrock-quel-potere-occulto-che-domina-tutta-la-finanza-europea/

 

 

 

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

La bomba che può esplodere dalla miccia delle sofferenze bancarie

La vigilanza della Bce ha messo nel mirino gli Npl dei nostri istituti di credito. Così il mix tra sottocapitalizzazione ed eccessiva esposizione verso il debito sovrano italiano mette a rischio il sistema.

FRANCESCO PACIFICO – 16 GENNAIO 2019

Con il comparto crollato in Borsa del 2%Matteo Salvini ha mantenuto il suo solito approccio cauto: «Il nuovo attacco della vigilanza della Banca centrale europea al sistema bancario italiano e a Monte dei Paschi di Siena dimostra ancora una volta che l’Unione bancaria, voluta dall’Unione europea e votata dal Partito democratico, non solo non ha reso più stabile il nostro sistema finanziario, ma causa instabilità, colpendo i risparmi dei cittadini e un sistema bancario come quello italiano che aveva retto meglio di tutti alla grande crisi finanziaria del 2008». Parole dalle quali, indirettamente e senza citarlo, ha preso le distanze il ministro dell’Economia Giovanni Tria al termine della sua visita a Mosca, anche soffermandosi sulla pietra dello scandalo, cioè la richiesta della Bce di ridurre entro i prossimi sette anni le sofferenze bancarie. «L’andamento dei Non performing loan (Npl, cioè crediti deteriorati, ndr)», ha spiegato il titolare di via XX settembre, «va bene, si stanno riducendo costantemente secondo gli impegni e i programmi europei. Questo è certificato e quindi non c’è nessun problema».

RISORSE PARI A 15 MILIARDI DI EURO PER “RIPULIRSI”

A ben guardare, la vigilanza bancaria europea da poco finita nella mani dell’italiano Andrea Enria ha soltanto confermato le sue indicazioni sui prestiti non esigibili e incagliati, conosciute dal mercato già dall’estate 2018. Mediobanca ha calcolato che i nostri istituti, per “ripulirsi”, rischiano di dover destinare risorse in questa direzione pari a 15 miliardi di euro. Ma i tempi di rientro sono più sostenibili di quanto appare, anche perché l’Addendum riguarda i flussi generati dal primo aprile 2018 e nei prossimi due anni è garantita una moratoria. Se a questo si aggiunge che – come rilevato dall’Associazione bancaria italiana (Abi) – la quantità degli Npl è tornata a un livello accettabile, cioè a 31 miliardi di euro contro lo stock del valore di oltre 340 miliardi del 2015, si comprende la sorpresa al ministero dell’Economia per la chiusura dell’ultima seduta di Borsa. I problemi, fanno intendere in via XX settembre, non mancano, ma vanno cercati altrove.

Mentre si allontana un accordo sull’Unione bancaria, si conferma la volontà della Bce di ridurre l’esborso di tutte le aziende creditizie europee verso i bond pubblici

In controtendenza a Piazza Affari, nella giornata del 15 gennaio, le banche hanno chiuso in negativo: Ubi (-4,97%), Bper (-4,74%), Banco Bpm (-4,13%) e Unicredit (-3,16%). Inutile dire che la peggiore è stata quella più colpita dalla stretta Bce, cioè Monte dei Paschi: -7,65%.
In realtà la miccia degli Npl potrebbe far esplodere una bomba molto più

 

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https://www.lettera43.it/it/articoli/economia/2019/01/16/vigilanza-bce-npl-banche-italiane/228148/

 

 

 

 

LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

Fmi: Italia dovrebbe proseguire con la riforma pensioni

Natalia Seliverstova – 16.01.2019

Il Fondo monetario nazionale esorta alcuni paesi, tra cui anche Italia, a compiere ulteriori riforme sulle pensioni per farle adeguare ai costi della popolazione, scrivono i media italiani.

Certi Paesi hanno già in qualche modo riformato il sistema pensionistico, ma

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https://it.sputniknews.com/economia/201901167106343-fmi-italia-riforma-pensioni/

 

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Ricolonizzazione

di Thierry Meyssan

Secondo Thierry Meyssan, una delle conseguenze della fine del mondo bipolare e, in seguito, del mondo unipolare è il ritorno in auge dei disegni coloniali. Dirigenti francesi, turchi e inglesi hanno pubblicamente dichiarato, in sequenza, che le ambizioni coloniali dei loro Paesi si sono riaccese. Rimane da vedere quali forme assumeranno nel XXI secolo.

RETE VOLTAIRE | DAMASCO (SIRIA) | 15 GENNAIO 2019

L’impero britannico su cui il sole non tramonta mai.

L’impero francese

a un decennio Rete Voltaire rileva l’incongruità dell’ambizione francese di ripristinare la propria autorità sulle ex colonie. Questa la logica sottesa alla nomina da parte del presidente Nicolas Sarkozy di Bernard Kouchner a ministro degli Esteri. Kouchner sostituì la nozione di «Diritti dell’uomo e del cittadino» dei rivoluzionari francesi con quella anglosassone di «Diritti dell’uomo» [1]. Più tardi, il presidente, e amico di Kouchner, François Hollande, durante una conferenza a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dichiarò che era tempo di ristabilire il mandato sulla Siria. Il nipote dell’ambasciatore François George-Picot (quello degli accordi Sykes-Picot), l’ex presidente Valéry Giscard d’Estaing, ne parlò con ancora maggiore chiarezza. Ed è in questo senso che va interpretata la volontà del presidente Emmanuel Macron di continuare la guerra contro la Siria, senza gli Stati Uniti.

In Francia c’è sempre stato un “partito coloniale”, trasversale ai partiti politici, che agisce come una lobby al servizio della classe possidente. Come in ogni periodo in cui diventa difficile per i capitalisti senza scrupoli conculcare la manodopera nazionale, riappare il mito della conquista coloniale. Se i Gilet Gialli si ribellano, noi continuiamo «lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo» da un’altra parte, sulle spalle dei siriani.

Un tempo, questa forma di dominazione si dissimulava, secondo le parole di Jules Ferry – sotto i cui auspici François Hollande consacrò il proprio mandato [2] –, dietro «il dovere di portare la civilizzazione». Oggi mira a proteggere i popoli i cui capi, democraticamente eletti, sono giudicati “dittatori”.

La Francia non è la sola ex potenza coloniale a reagire in questo modo. Poco tempo dopo la Turchia ne ha seguito l’esempio.

L’impero ottomano

Tre mesi dopo l’attentato e il fallito colpo di Stato del luglio 2016, il presidente Recep Tayyp Erdoğan pronunciava il discorso inaugurale dell’università a lui intitolata (RTEÜ), tracciando le linee delle ambizioni della Repubblica Turca dalla sua istituzione e delle ambizioni del nuovo regime [3]. Erdoğan motivava il proprio irredentismo riferendosi esplicitamente al «Giuramento Nazionale» (Misak-ı Millî) [4], adottato dal parlamento ottomano il 12 febbraio 1920.

Questo giuramento, fondamento del passaggio dall’Impero ottomano alla Repubblica Turca, rivendica i territori del nord-est della Grecia (Tracia e Dodecaneso) [5], tutta Cipro, il nord della Siria (inclusi Idleb, Aleppo e Hassakeh), e il nord dell’Iraq (compreso Mosul).

Attualmente, l’impero in via di ricostituzione occupa già il nord di Cipro (la pseudo-Repubblica Turca di Cipro del Nord), il nord-ovest della Siria e una piccola parte dell’Iraq. In tutte queste zone, dove vigono la lingua e la moneta turca, è stato nominato un prefetto (wali), il cui ufficio si trova nel Palazzo Bianco di Ankara.

L’impero britannico

Quanto al Regno Unito, da due anni esita su quale sarà il proprio futuro dopo la Brexit.

Poco dopo l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, il primo ministro, Theresa May, si è recato negli Stati Uniti. Rivolgendosi ai dirigenti del Partito Repubblicano, May ha proposto di ristabilire la leadership anglosassone sul resto del mondo [6]. Il presidente Trump era stato però eletto per liquidare i sogni imperiali, non per condividerli.

Delusa, May è andata in Cina a proporre al presidente Xi Jinping un controllo congiunto degli scambi internazionali. La City, ha affermato May, è pronta a garantire la convertibilità delle monete occidentali in yuan [7]. Ma il presidente Xi non era stato eletto per fare affari con l’erede della potenza che smantellò il suo Paese e gli impose la guerra dell’oppio.

May tentò una terza via con il Commonwealth [8]. Alcune ex colonie della Corona, come l’India, oggi sono in forte crescita e potrebbero diventare preziosi partner commerciali. Simbolicamente, si recò alla presidenza del Commonwealth accompagnata dal delfino della Corona, il principe Charles. May annunciò che finalmente ci si sarebbe incamminati verso un Regno Unito Globale (Global Britain).

In un’intervista al Sunday Telegraph, il 30 dicembre 2018 il ministro della Difesa britannico, Gavin Williamson, ha tracciato un’analisi della situazione. Dal fiasco del Canale di Suez, nel 1956, il Regno Unito porta avanti una politica di decolonizzazione e ritira le proprie truppe dall’estero. Oggi l’Inghilterra ha basi militari permanenti solo a Gibilterra, Cipro, Diego Garcia e alla Maluine (Falkland, secondo la denominazione imperiale). Sono 63 anni che Londra si rivolge all’Unione Europea, che Winston Churchill aveva immaginato ma a cui inizialmente non pensava che l’Inghilterra avrebbe aderito. La Brexit «fa a pezzi questa politica». Ora, «il Regno Unito torna

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https://www.voltairenet.org/article204734.html

 

 

 

 

La lotta per il continente: perché gli Stati Uniti non sono felici per l’incremento d’influenza della Russia e della Cina in Africa

15 Gennaio 2019 – DI ALEKSANDER  BOVDUNOV

Битва за континент: почему США недовольны ростом влияния России и Китая в Африке

russian.rt
Il Consigliere del Presidente degli Stati Uniti per la Sicurezza Nazionale, John Bolton, ha accusato Mosca e Pechino di espandere [la loro] l’influenza in Africa, che a quanto si sostiene impedisce lo sviluppo dei Paesi della regione e gli interessi nazionali di Washington. Tuttavia, gli esperti sottolineano che sono gli Stati Uniti ad avere la più ampia rete di presenza militare e politica nel continente, e i loro investimenti nella regione superano significativamente sia quelli della Cina, che quelli della Russia. Allo stesso tempo, i politologi hanno convenuto che Pechino e Mosca stanno aumentando la loro influenza nella regione. Se c’è la possibilità per la Casa Bianca di frenare l’avanzata dei suoi concorrenti geopolitici, è quanto ha accertato RT.

Il Consigliere per la Sicurezza Nazionale John Bolton ha accusato la Russia e la Cina di promuovere [la loro] influenza in Africa. Nel suo discorso al centro di ricerca della Heritage Foundation sono state rilasciate dichiarazioni attinenti.

“Le grandi potenze rivali, Cina e Russia, stanno rapidamente espandendo l’influenza finanziaria e politica in tutta l’Africa. Esse orientano di proposito e in maniera aggressiva i loro investimenti nella regione, al fine di ottenere un vantaggio competitivo sugli Stati Uniti”, ha sottolineato Bolton.

Ha fatto notare che l’opposizione a Mosca e Pechino sarà uno dei compiti principali della strategia di politica estera degli Stati Uniti in Africa, che “inizia a essere operativa nell’immediato”.

Bolton ha definito “di predazione” la politica della Russia e della Cina e ha affermato che essa presumibilmente minaccia l’indipendenza finanziaria dei Paesi africani e “interferisce con le operazioni militari americane”.

“Queste metodi di predazione, praticati dalla Cina e dalla Russia, inibiscono la crescita economica in Africa, minacciano l’indipendenza degli Stati africani, ostacolano le opportunità di investimento degli Stati Uniti, interferiscono nelle operazioni militari statunitensi e rappresentano un pericolo significativo per gli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti”, ha dichiarato.

Secondo gli esperti, negli ultimi anni la Cina ha intensamente sviluppato legami con i Paesi africani. La base dell’influenza cinese nella regione sono progetti infrastrutturali, inclusi quelli nel quadro dell’iniziativa “One Belt – One Road” (n.d.T. Nuova via della seta).

A settembre, durante il Forum on China-Africa Cooperation a Pechino, il Presidente Xi Jinping ha promesso di investire 60 miliardi di dollari per lo sviluppo dei Paesi africani nei prossimi anni.

Inoltre, la Cina sta espandendo la sua presenza militare nella regione. L’anno scorso, la Repubblica Popolare Cinese ha aperto la sua prima base navale a Gibuti. Allora si trovavano già punti di presenza permanente dell’esercito americano, francese e giapponese in quel Paese africano.

Come ha osservato in un’intervista Evgenij Korendjasov, Direttore del Centro per lo studio delle relazioni russo-africane e della politica estera dei Paesi dell’Africa dell’Istituto per l’Africa dell’Accademia Russa delle Scienze, non solo la Cina, ma anche l’India [è tra gli Stati che] hanno aumentato in modo particolarmente evidente la propria presenza in Africa negli ultimi anni. Stanno attivamente cercando di stabilire la loro presenza nel continente altri importanti attori internazionali, tra cui il Giappone, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, la Turchia e Israele, nel tentativo di estromettere Francia e Gran Bretagna dagli ex territori metropolitani, nella dipendenza coloniale delle quali una volta si trovava grande parte del continente.

“Il ruolo dell’Africa nell’economia mondiale e nella politica mondiale si è accresciuto”, sottolinea l’esperto. “Ciò è dovuto alla crescita generale dell’importanza del Terzo mondo sullo sfondo della riorganizzazione del sistema delle relazioni internazionali e del completamento dell’egemonia incondizionata dei Paesi occidentali”.

Inoltre, l’Africa continua a mantenere il suo valore come magazzino di ricchezze naturali. Korendjasov ha ricordato che il 30% delle risorse naturali del pianeta è concentrato sul suo territorio.

“Ora ci sono 1,2 miliardi di persone che vivono nel continente africano e nei prossimi due decenni la popolazione africana raddoppierà”, ha aggiunto l’esperto. “L’Africa sarà la principale fonte di risorse umane sul pianeta.”

Secondo Jurij Zinin, ricercatore senior presso il Center for Civilizations Partnership dell’MGIMO, il fatto che gli Stati Uniti percepiscano negativamente il rafforzamento della presenza di Cina e Russia è collegato alla circostanza che proprio questi Paesi stanno sfidando l’egemonia americana.

“Queste sono le conseguenze del fatto che il potere economico generale degli Stati Uniti sta diminuendo – ha detto Zinin in un’intervista a RT- gli Americani non vogliono rinunciare all’idea che devono essere loro i dominatori. Stanno cercando di presentare il potenziale crescente di Cina e Russia come una minaccia per i popoli del mondo, inclusa l’Africa.”

Interesse russo

“Le relazioni russo-africane si sono sviluppate attivamente negli ultimi anni”, ha osservato Korendjasov. “Il lavoro è complesso, multi-vettore, che apporta vantaggi politici ed economici al nostro Paese.”

A luglio di quest’anno [2018], il Presidente russo Vladimir Putin, durante il vertice del BRICS in Sudafrica, ha dichiarato che Mosca sta elaborando l’idea di organizzare un vertice Russia-Africa con la partecipazione di leader africani. Il leader russo ha tenuto colloqui, ai margini del forum, con alcuni dei suoi colleghi africani: il Presidente del Sudafrica Cyril Ramaphosa, il Presidente dell’Angola João Lourenço, il Presidente dello Zambia Edgar Lungu.

Precedentemente, durante la Coppa del mondo di calcio che si svolgeva in Russia, hanno visitato Mosca i leader di Ruanda, Gabon e Sudan, i quali hanno tenuto colloqui con Vladimir Putin sulla piena cooperazione. Nel maggio di quest’anno [2018], il Presidente della Repubblica Centrafricana, Faustin-Archange Touadéra, ha parlato al Forum economico [internazionale] di San Pietroburgo.

Il 12 dicembre, la TASS con riferimento al protocollo della Commissione intergovernativa Russia-Sudan ha riferito che la parte sudanese era interessata alla partecipazione della Federazione Russa, nella costruzione della ferrovia transcontinentale Dakar-Port Sudan-Città del Capo.

Anche i Paesi africani manifestano interesse alla cooperazione in materia di energia con la Russia, in particolare alla costruzione di una centrale nucleare, e ad attrarre investimenti russi nell’estrazione di risorse naturali.

Inoltre, nel continente vi è interesse per l’armamento russo, e non solo per le armi di piccolo calibro come il fucile d’assalto Kalashnikov, che ha trovato posto negli emblemi del Mozambico e dello Zimbabwe, ma anche per sistemi più complessi. Ad esempio, l’Uganda all’inizio di quest’anno ha espresso interesse per l’acquisto di sistemi russi di difesa aerea.

Oltre a questo, come consuetudine, la Russia prepara il personale per i

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https://comedonchisciotte.org/la-lotta-per-il-continente-perche-gli-stati-uniti-non-sono-felici-per-lincremento-dinfluenza-della-russia-e-della-cina-in-africa/

 

 

 

 

 

POLITICA

I cent’anni di Andreotti

Superdemocristiano avanti Cristo

Scritto il 16/1/19

Oggi Giulio Andreotti avrebbe compiuto cent’anni, ma lui fu democristiano avanti Cristo. Aveva quattro giorni quando nacque il Partito Popolare che era il nome da signorina della Democrazia Cristiana. Ma non è escluso che quel 18 gennaio del 1919, alla destra del padre, don Luigi Sturzo, ci fosse già il piccolo Giulio con la gobbina e il doppiopetto in fasce, a suggerire cosa fare e soprattutto come. De Gasperi fu statista prima di essere democristiano, e austriaco prima di essere italiano, Moro o Fanfani furono professori, teorici catto-fascisti prima di diventare democristiani. Andreotti no, fu la Dc. Andreotti non fu mai presidente della Repubblica né segretario della Dc, non fu mai presidente del Senato o della Camera, non fu mai sindaco o vescovo di Roma, semplicemente perché lui fu l’anima, la ragnatela e l’icona della Repubblica italiana, della Dc, dei governi, della Curia, delle due Camere riunite in un solo emiciclo, volgarmente denominato gobba; fu il simbolo vivente della Roma di potereNe sacrestia, figlio di Santa Romanesca Chiesa, come diceva il cardinal Ottaviani.

Andreotti fece la comunione senza mai passare per la confessione. Ebbe sette vite, come i gatti e i sette colli di Roma, e guidò sette governi brevi; rappresentò l’immortalità al potere, inquietante ma rassicurante. Disse che il potereNlogora chi non ce l’ha, e fu di parola. Quando non ebbe più potere, si logorò, volse la gobba a levante e si costituì dopo lunga contumacia al Titolare. Non fu statista ma statico, inamovibile. Andreotti ebbe più senso del potere che dello Stato, della curia più che della nazione, della sacrestia più che del pulpito. Fu minimalista, antieroico e antidecisionista, rappresentò l’italianissima trinità Dio, pasta e famiglia, sostituendo la patria con la pajata e sognando un dio che patteggia col diavolo. Il suo ideologo fu Alberto Sordi, il precursore Aldo Fabrizi. Guidò l’Italia con passo felpato nelle vacanze dalla storia. Fu vicino ai suoi elettori, attento alle loro richieste, alle cresime e alle nozze. E’ mitico l’armadio nel suo studio di piazza Dan Lorenzo in Lucina, gestito dalla segretaria Enea, coi vassoi d’argento da mandare ai matrimoni, pare divisi in tre fasce.

Per secoli fu ritenuto l’Incarnazione del Male, la Medusa che pietrifica e a volte cementifica. Ai tempi di Mani Pulite, nella sua Ciociaria, il fascista galantuomo Romano Misserville organizzò un processo-spettacolo ad Andreotti; calò il gelo nei suoi confronti di tanti suoi galoppini del passato che pure gli dovevano molto. Andreotti non lasciò riforme dello Stato e grandi opere, ma un metodo, uno stile, un modo di vedere, intravisto dalle fessure dei suoi occhi, anche per non lasciare prove compromettenti sulla retina. Primato assoluto della sopravvivenza, personale e popolare, alle intemperie della storia. Fu moderato fino all’estremo e devoto ma remoto da paradisi e santità. In politica estera fece arabeschi, fu filo-mediterraneo, non filoatlantico e filoisraeliano, come del resto anche Moro e Craxi. Accusato d’essere il Capo della Cupola non fu poi condannato perché l’accusa inverosimile rimosse anche ogni colpa verosimile. Volevano infliggergli l’ergastolo ma alla fine fu lui a infliggere l’ergastolo all’Italia, diventando senatore a vita. Ma tra tanti imbucati, lui meritava il laticlavio.

Sopravvisse alla Dc e ai suoi capi storici, ai suoi stessi bracci destri (aveva infatti molte chele), sopravvisse ai suoi nemici e perfino a Oreste Lionello che fece di lui una caricatura complice. Arguto quand’era in vena, come si usadire degli spiritosi e dei vampiri (e lui fu ambedue), Andreotti non fu solo l’anima della Dc e della Prima Repubblica ma anche il top model dello

 

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http://www.libreidee.org/2019/01/i-centanni-di-andreotti-super-democristiano-avanti-cristo/

 

 

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

Bianchi più intelligenti dei neri, è scritto nel Dna

Bufera di critiche per la tesi di James Watson, genetista premio Nobel 

I prossimi dieci anni potrebbero essere fondamentali per individuare i geni responsabili delle differenze nell’intelligenza degli esseri umani e la ricerca svelerebbe che la razza bianca occidentale è significativamente più intelligente di quella africana.

Con questa dichiarazione James Watson, 79 anni, pioniere degli studi sul Dna e direttore del Cold Spring Harbour Laboratory di Long Island, ha fatto esplodere di nuovo l’eterno dibattito sulle caratteristiche razziali: in un’intervista rilasciata al Sunday Times alla vigilia della partenza per la Gran Bretagna, dove presenterà il suo nuovo libro, Watson ha espresso grande

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https://www.lastampa.it/2007/10/17/blogs/anteprime-dagli-usa/bianchi-piu-intelligenti-dei-neri-e-scritto-nel-dna-TI9mejNJL7rpdFkzzwREWK/pagina.html?fbclid=IwAR26UYjAmBznDAv0rIe4IhFfzq3PbOAn0PCBNAIjxkLox8shgkCr37gnQ64

 

 

 

STORIA

Fame, criminalità, Stalin ammalato

it.sputniknews.com

Come l’intelligence americana vedeva l’URSS post-bellica.

Il secondo inverno dopo la guerra fu duro. L’intelligence americana informava regolarmente il presidente USA Harry Truman del fatto che il governo sovietico tribolasse a gestire la fame e la criminalità che si erano diffuse nel Paese, nonché la distruzione post-bellica, la mancanza di manodopera e di raccolti. Sputnik ha passato in rassegna gli archivi dei rapporti del Central Intelligence Group (CIG) che venivano consegnati al capo della Casa Bianca proprio all’inizio della Guerra fredda.

Sale e fiammiferi razionati

“I membri della missione commerciale finlandese, da poco tornati da Mosca, sono convinti che il raccolto sovietico di grano in seguito alla siccità in Ucraina e le forti piogge autunnali nell’URSS orientale sia “assai modesto”. I delegati hanno, inoltre, notato l’assenza di farina nei negozi”, leggeva Truman il 14 dicembre 1946.

© Foto: CIA

Il rapporto del CIG datato 14 dicembre del 1946 sul modesto raccolto di grano

Sempre quell’autunno l’intelligence comunicò che le autorità sovietiche, prevedendo un inverno senza scorte, corsero ai ripari riducendo le quote di prodotti disponibili alla popolazione. Tuttavia, al tempo l’ambasciata sospettava che questa misura “fosse stata probabilmente adottata per creare scorte aggiuntive e non per la mancanza di pane”.

Ma altri resoconti dell’intelligence mostrano che i diplomatici si sbagliavano: in URSS sempre più forte si faceva sentire la mancanza dei prodotti alimentari.

“L’ambasciatore USA in URSS Walter Smith comunica che nei mesi di ottobre e novembre la popolazione moscovita ricevette la razione giornaliera completa di pane, ma invece della carne fu distribuito del pesce sotto sale, il grano fu sostituito da piselli e patate per tutte le persone a carico eccetto i bambini. A ottobre non furono distribuiti grassi e a novembre al loro posto spettò agli aventi diritto una doppia razione di formaggio. A dicembre la razione di grassi consisterà in una doppia razione di latte concentrato. Solo i bambini riceveranno una razione intera di zucchero”, si legge in un documento del 21 dicembre.

Al resoconto fu aggiunto anche un commento della CIG: “Nonostante la situazione alimentare a Mosca sia ben lungi dall’essere soddisfacente, altre regioni del Paese soffrono ancora di più. In alcune zone ad essere disponibile con regolarità è solo il pane nero e le patate sono talvolta l’unica fonte di sostentamento”.

Mosca era preoccupata. Il 28 dicembre l’ambasciatore USA in Cecoslovacchia Laurence Steinhardt affermò da Praga: “Il vicesegretario generale del Partito comunista dell’URSS Andrey Zhdanov ha spiegato alla delegazione parlamentare cecoslovacca in visita in URSS che il governo “teme seriamente” una carestia per la prossima primavera”.

A questo l’ambasciatore aggiunge che i parlamentari cecoslovacchi erano “fortemente delusi dalla visita e si convinsero della debolezza dei Soviet”.

L’URSS tentò di compensare la mancanza di prodotti alimentari ricorrendo ai Paesi europei nei quali erano dislocate le truppe sovietiche.

“Le autorità sovietiche, visti i cattivi raccolti in URSS, richiesero 63.400 tonnellate di grano dall’Ungheria in aggiunta alle forniture già previste per le riparazioni”, si comunica l’8 ottobre.

In prossimità del Capodanno, il 30 dicembre, l’intelligence riferì al presidente: “I cittadini disoccupati che non hanno sufficienti ragioni per giustificare la loro condizione potranno comprare solamente sale e fiammiferi a causa delle razioni dei prodotti di gennaio.

© Foto: CIA

Il rapporto del CIG datato 30 novembre del 1946 sulle razioni di cibo

A novembre le persone appartenenti a questa categoria hanno potuto ricevere solamente un chilo di grano e 400 grammi di zucchero. A dicembre lo zucchero è stato completamente eliminato”.

Un’ondata criminale

Vista la mancanza dei prodotti di base nel Paese aumentò il livello di criminalità. E questo fu notato dall’intelligence americana.

“Stando ai dati dell’ambasciata USA, i dati riguardo a un’ondata criminale a Mosca e nei dintorni della città sono in crescita. A differenza dello scorso inverno in cui agivano principalmente gruppi criminali più o meno organizzati, quest’anno si parla soprattutto di singoli atti violenti motivati evidentemente da ragioni economiche. Le truppe di guarnigione pattugliano le periferie della città”, si riferisce al presidente il 7 dicembre.

Secondo l’intelligence, peggiore era la situazione alimentare, maggiore era la probabilità che la faccenda non si limitasse alle bravate di un criminale, ma fosse poi seguita da massicce proteste della popolazione. In verità, questi sospetti erano solo fondati su deduzioni personali.

“L’addetto diplomatico alla marina militare USA a Mosca dice che corra voce di una recente insurrezione degli operai a Leningrado. Ritiene che, sebbene l’affidabilità dell’informazione non sia stata confermata, questa voce da sola sia

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