NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 14 NOVEMBRE 2019

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NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 14 NOVEMBRE 2019

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Pascal assicura che l’Anticristo farà dei segni.

I giornali ne riportano migliaia ogni giorno;

nessuno li vede.

GUIDO CERONETTI, L’occhio del barbagianni, Adelphi, 2014, pag. 34

 

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Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

 

Tutti i numeri dell’anno 2018 e 2019 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com

 

 Precisazioni

 

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La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.

 

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SOMMARIO

Sorveglianza elettronica e post-verità

Propaganda e post-verità 1

SANTA COMMISSIONE O SANTA INQUISIZIONE? 1

Liliana Segre non riceveva 200 insulti al giorno… prima. 1

Il Califfo, film Cia tra fiction e realtà 1

Vaccini, 130.000 bambini italiani esclusi da nidi e materne 1

I medici Usa al Congresso: vaccini pericolosi, no all’obbligo

Esclusioni scolastiche e vaccinazioni: uno Esclusioni scolastiche e vaccinazioni: una stima – pseudopaper 1  

4 novembre, vedi Napoli e poi muori

“No allo studio di Dante nelle scuole. È islamofobo”. 1

Professione detective 1

Il co-fondatore dei Caschi Bianchi trovato morto in Turchia. 1

Le balle dei Caschi bianchi 1

TANA PER MIFSUD – ”LA VERITÀ” SCOPRE IL (VECCHIO) NASCONDIGLIO DELLA SPIA RICERCATA DAGLI 007 USA. 1

LA GUERRA DELLE SPIE NON È MAI FINITA. 1

L’ESERCITO DI AARON SWARTZ. 1

Il diritto di ammazzarti

Una patologia sociale? 1

Come ti plasmo il giudice antiabusi

Contro gli abusi sugli abusi

Mazzucco: lo Stato si riprenda acciaio, energia e medicina. 1

SÒLE E ACCIAIO (2) 1

Ilva: quel regalo di Prodi all’Ue che piegò l’industria italiana. 1

Il Financial Times cambia direttore e per la prima volta sceglie una donna: Roula Khalaf 1

Quello che possiamo imparare dal colpo di stato in Bolivia. 1

Il revisionismo storico del parlamento europeo 1

Il machine learning del crimine 1

 

 

 

 

EDITORIALE

Sorveglianza elettronica e post-verità

Manlio Lo Presti – 14 novembre 2019

 

Partiamo dalla riflessione di Michel Foucault, fondatore della biopolitica, per la quale

 

ogni sistema sociale

è costruito su altri strumenti

di oppressione, controllo e sottomissione.

 

La propaganda, al contrario, vuole quotidianamente farci intendere che abbiamo maggiori libertà rispetto al passato, che possiamo liberamente dare il nostro parere su tutto, grazie anche e soprattutto agli strumenti di comunicazione che abbiamo a disposizione.

 

Siamo improvvisamente diventati competenti sulla totalità dell’orbe umano e post-umano e quindi di colpo capaci di giudicare tutto:

 

  • test telefonici sulla qualità e cortesia dei centralinisti delle compagnie telefoniche,
  • le opinioni sui ristoranti, alberghi, trasporti, assicurazioni, viaggi,
  • le opinioni sui gruppi di discussione in rete (esiste la definizione italiana di “social” e quindi usiamola!)
  • la scelta delle compagnie assicurative, senza considerare le molteplici figure di rischio previste per ogni polizza e per ogni assicurato
  • le opinioni sulle politiche sanitarie
  • le opinioni in economia
  • le opinioni sulla geopolitica
  • le opinioni sulla giustizia, sulle politiche carcerarie (senza nessun riguardo per le vittime dei criminali, vedi il caso del “geometra/giovane romano”, con i politici che salgono a bordo delle navi Ong o vanno nelle carceri ma non vanno a trovare le vittime di criminali, immigrati-paganti-risorse, cocainomani-spacciatori-geometri)

 

TUTTO CIÒ PREMESSO

 

Si dimentica, o più sospettosamente si vuole occultare, che nessuno di noi è esperto o possiede le informazioni o la cultura necessaria per esprimere opinioni sensate su tutti gli argomenti previsti dall’azione umana.

 

Possiamo al più essere esperti su materie che sovente coincidono con la propria area professionale e con le proprie passioni personali (definizione italiana di hobby, usiamola!).

 

Per il resto, cioè il 98percento, non sappiamo nulla di nulla!

 

In assenza di adeguate informazioni – i nostri giudizi sono dettati da pulsioni umorali ed emotive, dalle passioni e soprattutto dai pregiudizi, dalla rabbia che insorge quando si ha la sgradevole cognizione di essere impotenti rispetto ad una realtà che lentamente sta uccidendo la nostra libertà, la nostra personalità ed infine la nostra visione della realtà filtrata da flussi disinformativi continui con bombardamenti a grappolo di notizie irrilevanti.

 

Tutto ciò che riguarda l’azione umana sfuma velocemente verso un virtuale pervasivo e dilagante (che si sta spacciando scorrettamente per “relatà aumentata”).

 

Si certifica pertanto la totale inutilità della verità ai fini della gestione della catena di comando che oggi controlla e sottomette brutalmente la plebaglia di subumani che vanno rieducati secondo la vulgata neomaccartista e post-togliattiana conculcata dalle sinistre che hanno abbandonato la difesa dei diritti contrattuali e di legge in favore del globalismo selvaggio, guerrafondaio e sterminatore di nazioni e di popoli ivi residenti, ma si sono arrogati motu proprio il diritto di rieducare la plebaglia in appositi “campi di rieducazione” stile regime maoista del “Grande Balzo in Avanti”.

 

Cosa può fare il singolo individuo appartenente alla techgleba (**) globale?

 

Sul piano dell’azione collettiva esterna votata ad un miglioramento delle condizioni di sottomissione sempre più violenta al capitalismo di sorvelianza tecnetronica non c’è quasi nulla da fare se non entro limiti definiti dalla megamacchina del Sacro Occidentale Impero Tecnetronico che utilizza sistemi di controllo culminanti di recente in una raffinata PSICOPOLIZIA.(*)

 

Il singolo, privo di qualsiasi incisiva capacità di modificare a proprio vantaggio una realtà che è totalmente contro di lui, può fare affidamento su una certezza: il verificarsi di un collasso interno agli imperi e che provoca il loro disfacimento.

 

Tucidide, Machiavelli, Gibbon, Toynbee, per citare gli storici più famosi, hanno evidenziato che il collasso degli imperi non è avvenuto per iniziativa delle rivolte degli schiavi e delle popolazioni subalterne, ma per effetto di contrasti interni fra fazioni che pretendevano la parte più grande o migliore del potere.

Il disaccordo e la instabilità endemica indeboliscono gli imperi, la ribellione popolare è una spinta aggiuntiva e mai la miccia.

 

Come sappiamo, da sempre la storia racconta impianti narrativi falsi dove il progresso è frutto delle pressioni popolari e delle scoperte scientifiche considerate sempre vere (nonostante clamorose montature che fanno sospettare sulla veridicità viaggi sulla luna montati ed orchestrati per drenare montagne di danaro pubblico: sempre la questione di bottega/piccioli!)

 

Insomma, si conferma la tesi che è sempre una questione di bassa cucina travestita da motivazioni religiose, economiche, morali, sociali che dietro hanno piccioli – tanti piccioli come da sperimentato Teorema Goldman (***)

 

Non facciamoci fasulle illusioni buoniste, progressiste, ecc. ecc. ecc.

 

Il disaccordo dei vertici sulle spartizioni genera caos e genocidi, ma in questo caos talvolta può generarsi un nuovo margine di libertà e di diritti sociali non ad usum delphini.

 

Ne riparleremo …

 

 

 

NOTE

 

(*) Ancora di assoluta attualità la lezione inaugurale al Collège de France nel dicembre del 1970 da parte del già citato Michel Foucault nel suo libro: L’ordine del discorso. Il meccanismo sociale di controllo e di esclusione della parola, Einaudi, 1972, Pag. 60

 

(**) Efficace espressione che prendo a prestito dal giornalista Paolo Barnard

 

(***) Il banchiere, fondatore della Goldman Sachs, affermava che gli umani decidono per due motivi:

  • quello buono, apparentemente condivisibile, umano e giusto
  • quello vero, DETERMINANTE, pericoloso e mai visibile alla popolazione-bersaglio.

 

 

 

 

 

 

IN EVIDENZA

Propaganda e post-verità

di Thierry Meyssan

Ormai da diciott’anni discutiamo della strana trasformazione dei media, che sembrano attribuire sempre meno valore ai fatti. Ascriviamo la causa del fenomeno alla democratizzazione dei mezzi di comunicazione, dovuta all’avvento dei social-network. La qualità dell’informazione sarebbe precipitata perché chiunque ormai può improvvisarsi giornalista. Il diritto di esprimersi dovrebbe perciò essere opportunamente riservato alle élite.

E se fosse vero l’esatto contrario?

Se l’auspicata censura non fosse in realtà una risposta al fenomeno, bensì ne fosse l’evoluzione?

RETE VOLTAIRE | DAMASCO (SIRIA) | 5 NOVEMBRE 2019

Sisifo spinge faticosamente il masso in cima alla montagna delle proprie ambizioni; la pietra cade inesorabilmente dall’altro versante, verso gl’inferi. Sisifo ricomincia l’assurda fatica.

Propaganda

Nei sistemi in cui il potere ha bisogno della partecipazione del popolo, la propaganda ha lo scopo di ottenere l’adesione del maggior numero possibile di persone a un’ideologia e di mobilitarle per metterla in pratica.

I metodi di convincimento sono gli stessi, vengano essi usati in buona o malafede. Nel XX secolo i primi teorici del ricorso alla menzogna e alla reiterazione, nonché all’eliminazione dei punti di vista che si scostano dall’opinione corrente e all’irreggimentazione in seno a organizzazioni di massa, sono stati il deputato britannico Charles Masterman, il giornalista statunitense George Creel e, soprattutto, il ministro tedesco Joseph Goebbels, con le devastanti conseguenze che conosciamo [1].

Per questo, alla fine della seconda guerra mondiale, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato tre risoluzioni di condanna dell’uso deliberato da parte dei media di menzogne al fine di provocare guerre, e a ingiungere agli Stati membri di vegliare sulla libera circolazione delle idee, come unico antidoto all’intossicazione delle menti [2].

Le tecniche di propaganda perfezionate negli ultimi 75 anni, utilizzate in ogni conflitto internazionale,

sono ora progressivamente sostituite da nuove tecniche d’influenza,

da utilizzare nei Paesi in situazione di pace:

non si tratta più di convincere le persone a aderire a un’ideologia e ad agire al servizio del potere,

si tratta invece di dissuaderle dall’intervenire, di paralizzarle.

Una strategia che si conforma a un’organizzazione della società “democratica”

 

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SANTA COMMISSIONE O SANTA INQUISIZIONE?

Pubblicato il 04/11/2019 da admin

 

(per la difesa della Fede nella Narrazione)

Questo scritto è un appello alla sen. Segre, al suo coraggio, alla sua lucidità.

Una delle più gravi violazioni in atto dei principi fondamentali della Costituzione e della stessa civiltà occidentale è la limitazione ai diritti di informazione, di insegnamento e di ricerca scientifica voluta dal pensiero unico e dai suoi beneficiari:

la pubblica informazione è in mano a cinque grandi agenzie mondiali, controllate da capitali privati, dedite al filtraggio delle notizie, delle analisi e al consolidamento di un pensiero unico liberista-mercatista-globalista; ad esse quasi tutti i giornalisti e i mass media si attengono, anche quelli pubblici;

i docenti, anche quelli universitari, persino quelli di filosofia, ricevono dalla politica direttive ideologiche afferenti al pensiero unico, cui devono attenersi per conservare il posto, far carriera, aver visibilità;

la ricerca scientifica, con la stampa scientifica, è in gran parte finanziata e controllata da capitali privati che contrattualmente si riservano la proprietà dei risultati e il diritto di decidere che cosa divulgare e che cosa no; in tal modo il capitale orienta la scienza, il suo insegnamento, la sua applicazione, dall’economia alla medicina;

ai medici in Italia è stato perfino vietato, sotto pena di radiazione, di esercitare il diritto di informazione dei pazienti sugli effetti dei vaccini obbligatori;

Facebook esercita arbitrariamente il potere di oscurare i suoi utenti non allineati col pensiero unico (lo ha fatto anche a me, per un mese, durante la campagna elettorale europea);

imperversa la pratica del grievance-mongering, o vittimismo di mestiere, consistente nell’attaccare, isolare, licenziare, oscurare persone che hanno espresso le proprie idee o preferenze nel rispetto della legge, e che strumentalmente il vittimista accusa di averlo offeso nella sua sensibilità religiosa o etnica o razziale o sessuale.

Tutto ciò costituisce un’aggressione organica, sistemica, strategica. alla stessa esistenza di una società basata sulle predette libertà, ed esigeva l’urgente costituzione di una Commissione parlamentare per la tutela delle medesime libertà.

Invece, hanno fatto la Commissione Segre

per il controllo discrezionale della comunicazione via internet

(con possibilità di censura, punizione e oscuramento),

onde limitare ulteriormente la libertà di informazione e di pensiero,

col pretesto della lotta a un estremismo politico e a un razzismo o suprematismo o sessismo che, sì, esistono e sono talvolta

Continua qui: http://marcodellaluna.info/sito/2019/11/04/santa-commissione-o-santa-inquisizione/

 

 

 

 

 

 

 

Liliana Segre non riceveva 200 insulti al giorno… prima.

12 Novembre 2019 DI NICOLO’ ZULIANI

termometropolitico.it

 

Liliana Segre non riceveva 200 insulti al giorno… prima.

 

Sabato 26 ottobre, su Repubblica, a firma di Pietro Colaprico è uscito un articolo intitolato “Liliana Segre, ebrea. Ti odio” Quegli insulti quotidiani online. All’interno cita un rapporto dell’osservatorio antisemita e sostiene che la Segre riceva 200 insulti al giorno. Il rapporto esce due giorni dopo e dice una cosa diversa; i dati si riferiscono al 2018, non al 2019. Gli episodi di antisemitismo sono 197 all’anno, non 200 al giorno.

 

“personaggi pubblici come Gad Lerner, Emanuele Fiano, Sandro Parenzo, Enrico Mentana e Liliana Segre sono spesso vittime di invettive antisemite, specie sui social”.

Antisemitismo in Italia nel 2018, pg.12

 

Leggetelo voi e fatevi un’idea, ma non si capisce perché debba prendere solo la Segre o come 197 all’anno siano diventati 200 al giorno.

Dal report

Il punto, comunque, non è questo: è il risultato.

Oggi pubblicare articoli di hatebaiting è la norma. Basta pubblicare belle donne, gente ricca e/o famosa, immigrati, ebrei, perché sotto appaiano due o tre commenti ripugnanti. Sulla pagina Facebook

 

Continua qui: https://comedonchisciotte.org/liliana-segre-non-riceveva-200-insulti-al-giorno-prima/

 

 

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

Il Califfo, film Cia tra fiction e realtà

di Manlio Dinucci

È un prodotto ben confezionato. Al termine di una vasta operazione speciale in cui è stata utilizzata un’arma inconfessabile, è bene inscenare la morte di chi ne è stato il simbolo. È il modo migliore per cancellarne le tracce nella memoria collettiva. Dopo la morte di Bin Laden, ecco quella di al-Baghdadi.

RETE VOLTAIRE | ROMA (ITALIA) | 29 OTTOBRE 2019

stato come guardare un film», ha detto il presidente Trump dopo aver assistito alla eliminazione di Abu Bakr al Baghdadi, il Califfo capo dell’Isis, trasmessa nella Situation Room della Casa Bianca. Qui, nel 2011, il presidente Obama assisteva alla eliminazione dell’allora nemico numero uno, Osama Bin Laden, capo di Al Qaeda. Stessa sceneggiatura: i servizi segreti Usa avevano da tempo localizzato il nemico; questi non viene catturato ma eliminato: Bin Laden è ucciso, al Baghdadi si suicida o è «suicidato»; il corpo sparisce: quello di Bin Laden sepolto in mare, quello di al Baghdadi disintegrato dalla cintura esplosiva. Stessa casa produttrice del film: la Comunità di intelligence, formata da 17 organizzazioni federali. Oltre alla Cia (Agenzia centrale di intelligence) vi è la Dia (Agenzia di intelligence della Difesa), ma ogni settore delle Forze armate, così come il Dipartimento di stato e quello della Sicurezza della patria, ha un proprio servizio segreto.

Per le azioni militari la Comunità di intelligence usa il Comando delle forze speciali, dispiegate in almeno 75 paesi, la cui missione ufficiale comprende, oltre alla «azione diretta per eliminare o catturare nemici», la «guerra non-convenzionale condotta da forze esterne, addestrate e organizzate dal Comando».

È esattamente quella che viene avviata in Siria nel 2011, lo stesso anno in cui la guerra Usa/Nato demolisce la Libia. Lo dimostrano documentate prove, già pubblicate sul manifesto.
Ad esempio, nel marzo 2013 il New York Times pubblica una dettagliata inchiesta sulla rete Cia attraverso cui arrivano in Turchia e Giordania, con il finanziamento di Arabia Saudita e altre monarchie

Continua qui: https://www.voltairenet.org/article208166.html

 

 

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Vaccini, 130.000 bambini italiani esclusi da nidi e materne

Scritto il 10/10/19

 

A guidare la lista dei renitenti è la Puglia, l’unica Regione che abbia approntato un servizio di farmacovigilanza attiva per valutare l’effetto dei vaccini sul corpo dei neonati. Seguono Lombardia e Friuli, quindi Piemonte, Veneto e Toscana. Risultato: oltre 4 bambini su 100 sono stati esclusi dall’asilo o dall’asilo nido per effetto della legge Lorenzin, ratificata dalla pentastellata Giulia Grillo. Parlano i numeri dello “pseudopaper” redatto da un medico, Pier Paolo Dal Monte, animatore del blog “Il Pedante”. Chirurgo e gastroenterologo, il dottor Dal Monte ha raccolto i dati sull’obiezione vaccinale in Italia grazie ai genitori del comitato “Libertà di Scelta”, contrario all’obbligo vaccinale indiscriminato e favorevole alla libera scelta di far vaccinare i propri figli, valutando le singole vaccinazioni. Nel mirino è finito «il diritto all’istruzione pre-primaria», che oggi viene negato «ai bambini da zero a cinque anni». Esclusi, se non vaccinati, pur in assenza di emergenze sanitarie in corso: non si ha notizia, infatti, di epidemie pericolose per la salute. «La stima – scrive Dal Monte sul “Pedante” – ha prodotto un risultato di quasi 130.000 minori oggi esclusi “de iure” dalla possibilità di frequentare gli asili nido e le scuole d’infanzia». Centotrentamila: «Si tratta di un fenomeno che non ha precedenti, neanche lontani, nell’intera storia repubblicana e nazionale».

Che la campagna pro-vaccini fosse destinata a incubare strascichi politici lo si è visto nei mesi scorsi, quando Beppe Grillo firmò insieme a Matteo Renzi il “patto per la scienza” promosso da Claudio Burioni: un documento surreale, che considera “scienza” solo le sicurezze dei vaccinisti e chiede addirittura allo Stato di impedire la ricerca autonoma (violando in tal modo una fondamentale libertà costituzionale).

Altro dato notevole: il silenzio assordante con cui i media accolsero

Continua qui: https://www.libreidee.org/2019/10/vaccini-130-000-bambini-italiani-esclusi-da-nidi-e-materne/

 

 

 

 

 

 

I medici Usa al Congresso: vaccini pericolosi, no all’obbligo

Scritto il 14/3/19

 

La Association of American Physicians and Surgeons (Aaps) (Associazione dei medici e chirurghi americani) si oppone con forza all’interferenza federale nelle decisioni mediche, incluse quelle sui vaccini obbligatori.

 

Dopo essere stati pienamente informati sui rischi e sui benefici di una procedura medica, i pazienti hanno il diritto di accettare o rifiutare la procedura. La regolamentazione della pratica medica è una funzione statale, non federale. La prevalenza dell’ordinamento pubblico sulle decisioni dei pazienti o dei genitori riguardo all’accettazione di farmaci o ad altri interventi medici è una seria intrusione nella libertà dell’individuo, nella sua autonomia, e nelle decisioni dei genitori sull’educazione dei figli. Il motivo addotto a sostegno delle politiche di vaccinazione obbligatoria è la minaccia per la salute pubblica. Ma che razza di minaccia è necessaria per giustificare che le persone siano costrette ad accettare i rischi imposti dalle scelte del governo? Il legislatore può intervenire per proteggere la popolazione da un rischio di uno su un milione di prendere il cancro per un’esposizione involontaria ad una tossina, o da un rischio di uno su centomila dovuto a un’esposizione volontaria (ad esempio, per lavoro). Qual è il rischio di morte, di cancro o di una complicazione invalidante per un vaccino?

Non ci sono studi di sicurezza rigorosi e di attendibilità sufficiente per escludere rischi molto maggiori di complicazioni, anche uno su diecimila, per i vaccini. Questi studi richiederebbero un adeguato numero di soggetti, una lunga durata (anni, non giorni), un gruppo di controllo non vaccinato (il “placebo” dovrebbe essere veramente una sostanza inattiva, come la soluzione salina isotonica, non un adiuvante o qualsiasi cosa eccetto l’antigene testato), e osservazioni su tutti gli eventi sanitari avversi (inclusi i disturbi dello sviluppo neurologico). I vaccini comportano inevitabilmente rischi, come riconosciuto dalla Corte Suprema e dal Congresso degli Stati Uniti. Il Vaccine Injury Compensation Program (Programma per il risarcimento dei danni causati da vaccini) ha pagato circa 4 miliardi di dollari di danni, anche se per ottenere il rimborso devono essere superati ostacoli notevoli. Il danno può essere talmente grave che la maggior parte delle persone preferirebbe ripristinare le funzionalità perdute, invece di ricevere un indennizzo multimilionario. Il vaccino contro il vaiolo è così pericoloso che non lo si può assumere, nonostante il vaiolo oggi sia stato trasformato in un’arma.

L’antirabbica è somministrata soltanto dopo una sospetta esposizione al contagio o a persone ad alto rischio come i veterinari. Il vaccino a cellule intere contro la pertosse è stato ritirato dal mercato statunitense, un decennio dopo il ritiro dal mercato giapponese, a causa delle segnalazioni su gravi danni permanenti al cervello. Il vaccino

Continua qui: https://www.libreidee.org/2019/03/i-medici-usa-al-congresso-vaccini-pericolosi-no-allobbligo/

 

 

 

 

 

 

 

 

Esclusioni scolastiche e vaccinazioni: uno Esclusioni scolastiche e vaccinazioni: una stima – pseudopaper

02 ottobre, 2019

In collaborazione con gli amici del Comitato “Libertà di scelta” ho cercato di quantificare nello pseudopaper sotto allegato gli effetti del decreto Lorenzin sul diritto all’istruzione pre-primaria dei bambini da zero a cinque anni (età a inizio anno scolastico). La stima ha prodotto un risultato di quasi 130.000 minori oggi esclusi de iure dalla possibilità di frequentare gli asili nido e le scuole d’infanzia. Centotrentamila. Come scrivo nelle conclusioni, si tratta di un fenomeno che «non ha precedenti, neanche lontani, nell’intera storia repubblicana e nazionale».

Sono tanti, tantissimi i motivi per cui questo numero dovrebbe sbalordire, il primo dei quali è che… non sbalordisce nessuno. Già il fatto di averlo dovuto indovinare da pochi e reticenti trafiletti di giornale, e non da statistiche ufficiali, tradisce il tentativo delle autorità di nascondere l’enormità di ciò che sta avvenendo, di un’aggressione immotivata o almeno gravemente controversa ai diritti di un centinaio di migliaia di cittadini, oltretutto i più fragili. Un tentativo evidentemente ben riuscito, se queste masse di sub-cittadini non approdano sulle prime pagine o nel dibattito istituzionale se non nei termini diminutivi, paternalistici e denigratori di sparute frange di disinformati da rieducare alla «ragionevolezza» e alla «scienza» per

Continua qui: http://ilpedante.org/post/esclusioni-scolastiche-e-vaccinazioni-uno-pseudopaper

 

 

 

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

4 Novembre, vedi Napoli e poi muori

di Manlio Dinucci

L’economia di Napoli si sta lentamente trasformando per incentrarsi soprattutto attorno alla base NATO. I giovani che vi lavorano non provengono soltanto dalla regione, ma dal Sud-Italia in generale, duramente colpito da una disoccupazione giovanile tre volte e mezzo superiore alla media europea. Non soltanto il denaro investito nelle installazioni militari non è una spesa indispensabile, ma è sottratto all’economia del Sud del Paese.

RETE VOLTAIRE | ROMA (ITALIA) | 10 NOVEMBRE 2019

Napoli, e non Roma, è stata ieri al centro della Giornata delle Forze Armate. Sul Lungomare Caracciolo sono sfilati 5 battaglioni.

Ma il pezzo forte è stata l’area espositiva interforze, che ha richiamato per cinque giorni in Piazza del Plebiscito soprattutto giovani e bambini. Essi hanno potuto salire a bordo di un caccia, guidare un elicottero con un simulatore di volo, ammirare un drone Predator, entrare in un carrarmato, addestrarsi con istruttori militari, per poi andare al porto a visitare una nave da assalto anfibio e due fregate missilistiche.

Una grande «Fiera della guerra» allestita con un preciso scopo: il reclutamento. Il 70% dei giovani che vogliono arruolarsi vive nel Mezzogiorno, soprattutto in Campania e Sicilia dove la disoccupazione giovanile è del 53,6%, rispetto a una media Ue del 15,2%. L’unico che offre loro una occupazione «sicura» è l’esercito. Dopo le selezioni, il numero dei reclutati risulta però inferiore a quello necessario. Le Forze armate hanno bisogno di più personale, poiché sono impegnate in 35 operazioni in 22 paesi, dall’Europa orientale ai Balcani, dall’Africa al Medioriente e all’Asia. Sono le «missioni di pace» effettuate soprattutto là dove la Nato sotto comando Usa ha scatenato, con l’attiva partecipazione dell’Italia, le guerre che hanno demolito interi Stati e destabilizzato intere regioni. Per mantenere forze e armamenti adeguati – come gli F-35 italiani schierati dalla Nato in Islanda, mostrati dalla Rai il 4 novembre – si spendono in Italia, con denaro pubblico, circa 25 miliardi di euro annui. Nel 2018 la spesa militare italiana è salita dal 13° all’11° posto mondiale, ma Usa e Nato premono per un suo ulteriore aumento in funzione soprattutto della escalation contro la Russia.

Lo scorso giugno il governo Conte I ha «sbloccato» 7,2 miliardi

 

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CULTURA

“No allo studio di Dante nelle scuole. È islamofobo”

Un’associazione vuole abolire la Divina Commedia nelle scuole: “Nel XXVIII canto dell’Inferno si diffama Maometto”

Nino Materi – 19/01/2015

A due settimane da quel maledetto mercoledì 7 gennaio, nelle scuole italiane l’attentato contro Charlie Hebdo rimane una ferita aperta.

Di cui discutere. Magari scontrandosi. Com’è accaduto in un’aula di un istituto tecnico di Faenza, dove un volantino di solidarietà per le vittime di Parigi è stato stracciato da uno studente di fede islamica. Quella che si «combatte» tra i banchi non è una guerra di religione – Bibbia contro Corano -, ma i sintomi di un disagio crescente si notano eccome. I giovani musulmani che frequentano le medie e le superiori nel nostro paese sono aumentati negli ultimi 5 anni di circa il 20%. Anche la nostra sta diventando (e non da oggi) una scuola sempre più multietnica e questo sarebbe positivo in uno Stato che vedesse nella Pubblica Istruzione un’OPA su sui cui investire in termini di crescita culturale e educazione civica; ma questo, purtroppo, non è il caso dell’Italia, dove la scuola è da sempre considerata l’ultima ruota del carro.

Sarà per questo che la nostra scuola nel bene (poco) e nel male (tanto) rimane lo specchio fedele di un Paese sempre più afflitto dalla «sindrome del gambero», tra continui passi indietro perfino sul fronte di quelle che dovrebbero essere le nostre più radicate tradizioni in termini di civiltà cattolica. E invece in Parlamento è tutto un fiorire

Continua qui: http://www.ilgiornale.it/news/cultura/no-studio-dante-nelle-scuole-islamofobo-1084208.html

 

 

 

 

 

Professione detective

Una filosofia del negativo

IL MAESTRO IGNORANTE

06 NOVEMBRE 2019

True detective è un oggetto strano e complesso. Strano perché la serie tv andata in onda sul canale HBO a partire dal 2014 – la terza e più recente stagione essendo stata trasmessa a partire dal gennaio 2019 – benché confezionata all’interno di stilemi hollywoodiani concepiti per intrattenere un pubblico molto ampio, è attraversata da atmosfere cupe e ansiogene, relativamente insolite per un prodotto di ampio consumo. Complesso perché nella messa in scena di questa tonalità emotiva non c’è il compiacimento estetizzante di chi si affaccia sulla voragine da un punto sicuro; al contrario, l’autore Nic Pizzolatto esplora metodicamente il nonsenso dell’essere al mondo, analizza quello che considera un errore dell’evoluzione ovvero l’inciampo per il quale si è formata, nella nostra specie, la disfunzione che chiamiamo coscienza, evidenzia la vanità di ogni sforzo teso a guardare un mondo assurdo attraverso un prisma di valori del tutto illusori. Le sue argomentazioni sono serrate ed esaustive: elementi estetici come le atmosfere caliginose delle wastelands in Louisiana, le musiche, le vicende torbide che compongono il plot cortocircuitano con dialoghi e monologhi che si rifanno, più o meno esplicitamente, a testi letterari, scientifici e filosofici che vanno da Lovecraft a Chambers, da Nietzsche a Eraclito, passando per la teoria delle stringhe e le Upanishad.

Insomma, non è proprio di intrattenimento che si tratta: Pizzolatto vuol trattenere il suo pubblico sul divano e fargli compagnia, ma anche spingerlo in un abisso alla fine del mondo. Sono queste stranezza e complessità a fare di True detective un oggetto eminentemente filosofico, cioè una cosa concreta nella quale si cristallizzano elementi di senso, categorie per capire il presente.

Il profilo di Antonio Lucci, giovane ricercatore che ha scritto libri su Sloterdijk e Lacan, e in Germania, dove vive e lavora, si occupa di scienze della cultura, con particolare attenzione all’universo della medialità, era il più adatto ad analizzare un oggetto siffatto.

Il suo libro True detective. Una filosofia del negativo, edito da poco da Il Melangolo, è una lettura competente e penetrante della prima stagione della serie, a dire di molti la più bella. Con una scrittura agile e distesa, Lucci dà conto di tutti i riferimenti nascosti nelle parole e nelle immagini, sviluppando ampiamente, e con notevole capacità di chiarezza e sintesi, le varie linee concettuali che si sviluppano lungo gli otto episodi.

Non è però un lavoro di mera estrazione, teso a far emergere contenuti dissimulati nell’opera. Lucci, infatti, intende elaborare una vera e propria «filosofia dei media, in cui il genitivo dell’espressione va preso in senso possessivo forte: vale a dire [la] filosofia che i media posseggono, [che] in quanto tali sono in grado di veicolare tramite i loro peculiari mezzi espressivi, che – nel nostro caso – non sono quelli della testualità scritta, ma quelli di una specifica forma di audiovisivo, la serie televisiva antologica» (p. 11). La serialità come dimensione nella quale non solo si sedimentano, ma si producono

Continua qui: https://operavivamagazine.org/professione-detective/

 

 

 

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Il co-fondatore dei Caschi Bianchi trovato morto in Turchia

12 Novembre 2019 Tyler Durden

zerohedge.com

 

L’ex ufficiale dell’esercito britannico e mercenario, fondatore della discussa organizzazione dei “Caschi Bianchi” è stato trovato morto vicino alla sua casa di Istanbul, alcuni giorni dopo essere stato accusato dalla Russia di essere una spia con “collegamenti a gruppi terroristici.”

Il corpo del 43enne James Le Mesurier è stato trovato lunedì nel quartiere cittadino di Beyoglu e l’agenzia di stampa statale Anadolu riferisce che potrebbe essere morto a causa di una caduta.

La comunità della Difesa Civile Siriana porge le sue più sentite condoglianze alla famiglia di James ed esprimiamo tutti il nostro più profondo dolore e la nostra solidarietà alla famiglia. Vanno inoltre encomiati i suoi sforzi umanitari, che i Siriani ricorderanno sempre. pic.twitter.com/t8IvpIhyFV
— The White Helmets (@SyriaCivilDef) November 11, 2019

 

L’organizzazione dei Caschi Bianchi, una ONG con circa 3.000 membri formalmente conosciuta come Difesa Civile Siriana, era stata istituita in Turchia tra “la fine del 2012 e l’inizio del 2013,” quando Le Mesurier aveva addestrato un gruppo iniziale di 20 Siriani. Il gruppo aveva poi ricevuto finanziamenti dall’organizzazione no profit di Le Mesurier con sede nei Paesi Bassi, Mayday Rescue, che è a sua volta sponsorizzata da sovvenzioni dei governi olandese, britannico, danese e tedesco.

Secondo il giornalista e scrittore Max Blumenthal, i Caschi Bianchi hanno ricevuto almeno 55 milioni di dollari dal Foreign Office britannico e 23 milioni dall’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale. Hanno anche ricevuto milioni dal Qatar, responsabile del sostegno di diversi gruppi estremisti in Siria, tra cui Al Qaeda.

Gli Stati Uniti hanno fornito al gruppo almeno 32 milioni di dollari (circa 1/3 del loro finanziamento totale) tramite un progetto dell’USAID orchestrato dal Dipartimento di Stato di Obama e portato all’estero tramite la Chemonics, una società di sviluppo internazionale privata con sede a Washington, DC, che partecipava al programma regionale siriano USAID.

Secondo il loro sito Web, i Caschi Bianchi sono stati finanziati, a partire dal 2014, direttamente da Mayday Rescue e da una società chiamata Chemonics.

Tuttavia, ci sono prove che mostrano come entrambe queste organizzazioni avessero iniziato a sostenere i Caschi Bianchi già all’inizio del 2013, proprio nel periodo in cui i Caschi Bianchi affermano di essersi formati come gruppo auto-organizzato.

Mayday Rescue, come abbiamo detto, è finanziato dai governi olandese, britannico, danese e tedesco. E Chemonics?

E’ una società di appalti con sede a Washington, DC, che aveva ricevuto 128,5 milioni di dollari nel gennaio 2013 per sostenere “una transizione pacifica verso una Siria democratica e stabile” nell’ambito del programma regionale siriano dell’USAID. Almeno 32 milioni di dollari sono stati trasferiti direttamente ai Caschi Bianchi a partire da febbraio 2018. -TruthInMedia

C’è da osservare che l’amministrazione Trump, lo scorso maggio, ha tagliato i finanziamenti statunitensi ai Caschi Bianchi, ponendoli in “revisione attiva.”

Anche se i Caschi Bianchi si autoproclamano “primi soccorritori,” il gruppo è stato accusato di aver organizzato diversi attacchi chimici, tra cui l’incidente del 7 aprile a Duma, in Siria, evento che la Casa Bianca aveva usato come pretesto per bombardare le strutture e le basi militari del governo siriano.

Blumenthal scrive: “Quando il Segretario alla Difesa James Mattis aveva citato

 

Continua qui: https://comedonchisciotte.org/il-co-fondatore-dei-caschi-bianchi-trovato-morto-in-turchia/

 

 

 

 

 

 

 

 

Le balle dei Caschi bianchi

Clooney, Timberlake e Hillary Clinton promuovono il documentario come la verità sulla Siria, ma è falso. Non parla infatti del rapporto con al-Nusra, gruppo affiliato ad al-Qa’ida.

 

Redazione4 luglio 2017unz.com

 

di Philip Giraldi.

Mi sono costretto a guardare il documentario The White Helmets, disponibile su Netflix.

 

È lungo 40 minuti, è tecnicamente ben fatto e racconta una storia molto convincente. È un gran bel pezzo di propaganda, tanto che ha vinto numerosi premi, tra cui l’Oscar per il Miglior Documentario Corto, e i Caschi bianchi stessi sono stati nominati al Nobel per la Pace.

 

Racconta cosa sta accadendo in Siria: dipinge i “ribelli” come i buoni e Assad e il suo governo come il male assoluto.

 

Celebrità come George Clooney, Justin Timberlake ed Hillary Clinton  lo apprezzano molto e lo hanno promosso dicendo che rappresenta la verità sulla Siria, cosa ovviamente falsa. Il film, fatto dagli stessi caschi bianchi senza alcuna revisione esterna, raffigura il gruppo come “eroico” e come un “organismo di soccorso imparziale”. Non si parla però del rapporto con al-Nusra, gruppo affiliato ad al-Qaeda, e la sua partecipazione alla tortura degli oppositori “ribelli”. I White Helmets, infatti, operano solo in territorio ribelle, cosa che consente loro di modellare la narrazione.

 

A causa della crescente consapevolezza su cosa stia veramente accadendo,

c’è ora una petizione all’Accademia delle Arti e delle Scienze Fotografiche per revocare l’Oscar.

 

Sfruttando il loro accesso ai media occidentali, i caschi bianchi sono diventati de facto i principali “testimoni oculari” su ciò che sta succedendo in molte parti della Siria, dove giornalisti europei e americani hanno giustamente paura di andare. Fa tutto parte di un più ampio sforzo “ribelle” di produrre false notizie che raffigurino il governo di Damasco come colpevole di crimini di guerra contro i civili.

 

Video qui: https://youtu.be/3wj4ncIEDxw

 

Sicuramente hanno salvato alcune vite, ma hanno anche esagerato il loro ruolo umanitario, recandosi in siti di bombardamento portandosi dietro le telecamere. Una volta lì, sono in grado di organizzare o addirittura mettere in scena quel che viene filmato, per conformarlo alla loro narrazione. Hanno inventato atrocità governative contro i civili per incoraggiare un intervento militare esterno e provocare un regime change a Damasco. Ad esempio, si sono inventati che il governo avesse usato “barili bomba” contro i civili.

 

I  White Helmet sono una creazione in gran parte straniera, entrata in scena in Siria dopo la primavera araba del 2012. Sono in  gran parte finanziati da una serie di ONG ma anche di governi, tra cui quello britannico

 

Continua qui:  https://megachip.globalist.it/guerra-e-verita/2017/07/04/le-balle-dei-caschi-bianchi-2001447.html

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TANA PER MIFSUD – ”LA VERITÀ” SCOPRE IL (VECCHIO) NASCONDIGLIO DELLA SPIA RICERCATA DAGLI 007 USA

HA VISSUTO MESI A ESANATOGLIA, SUI MONTI DELLE MARCHE, IN CASA DEL COMPAGNO DI VANNA FADINI, SOCIA DELLA LINK UNIVERSITY DI VINCENZO SCOTTI. TROVANO RISCONTRI LE PAROLE DEL SUO LEGALE. ORA A CONTE, GENTILONI E AL PRESIDENTE DELL’ATENEO DEI MISTERI NON BASTA NEGARE: DEVONO SPIEGARE

Giacono Amadori e Antonio Grizzuti per “la Verità” – 13 NOV 2019

 

 

Il fantomatico professore Joseph Mifsud è stato davvero nei dintorni di Matelica (Macerata), nell’ autunno di due anni fa. La Verità ha parlato con chi l’ha incontrato.

 

Ma di fronte a questa clamorosa novità, sorge spontanea una riflessione: se è vera, questa parte del racconto che Mifsud ha fatto al suo avvocato Stephan Claus Roh, potrebbe essere altrettanto credibile anche il resto del suo memoriale. Sia il capitolo sulla sua sparizione organizzata da parte dei vertici dei nostri servizi che quello riguardante il meeting strategico dentro alla Link Campus University a cui avrebbero partecipato, il 25 febbraio 2015, dopo l’esplosione del cosiddetto Russiagate sui media internazionali, il premier Paolo Gentiloni e il sottosegretario alla Giustizia Gennaro Migliore.

 

L’avvocato Roh, nei giorni scorsi ci ha raccontato che il suo assistito, il giorno di Halloween del 2017 era stato fatto sparire e spedito in una casa di Matelica, dimora che «appartiene a un amico della Fadini, un dentista».

 

Vanna Fadini è l’amministratore della Global Education Management, la società di gestione della Link Campus University, l’ateneo con cui Mifsud collaborava prima di sparire.

 

La signora, sollecitata dalla Adnkronos, aveva replicato così alle insinuazioni: «Mai ospitato nessuno a Matelica, non ho nessuna casa a Matelica, nessun amico dentista, nessuno. Se proprio devo pensare a qualcuno di Matelica mi viene in mente un direttore d’ orchestra». E in fondo aveva ragione. Infatti, il medico chirurgo specializzato in odontostomatologia, Alessandro Zampini, non è un suo amico, ma il suo compagno, e ha casa a 6 chilometri da Matelica, a Esanatoglia, paesino di 1.900 anime, dove è nato nel luglio del 1954.

 

 

IL NASCONDIGLIO DI MIFSUD

 

Qui Zampini, che risiede a Roma, si reca spesso, anche perché nel paesino delle Marche vive sua madre Luciana. E nel borgo si reca insieme con la compagna, la Fadini appunto (con la quale condivide anche

 

Continua qui: https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/tana-mifsud-39-39-verita-39-39-scopre-vecchio-218911.htm

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA GUERRA DELLE SPIE NON È MAI FINITA

Il caso di Sergei Skripal riporta la Storia al centro, dopo la sua fine. La fine della Storia, da far coincidere con la fine dello Stato, ci ha raccontato un nuovo spionaggio. Industriale. Non nuovo, in verità. Sui libri è scritto di spionaggio civile, attinente alla sfera del guadagno privato e non della pubblica amministrazione, fin dai tempi dei commercianti fenici e dei latifondisti egizi. Informatori, infiltrati, doppiogiochisti al servizio del padrone, da sempre. Una dimensione parallela e tangente allo spionaggio politico, della cosa pubblica. Ma con la fretta di finire la Storia, chiudere il libro, dopo la Guerra Fredda si è decretata la morte della spia al soldo dello Stato.

Falso. Ieri Guerra Fredda, oggi Cyber e Trading War.

La guerra delle spie non è mai finita.

16 MARZO 2018                 RILETTURA

 

The leaders of the United States, France and Germany joined Britain on Thursday in blaming Russia for poisoning a former spy with a powerful nerve agent, calling the attack “the first offensive use of a nerve agent in Europe since the Second World War.”

(Associated Press, 15 marzo 2018)

Allora Bioy Casares ricordò che uno degli eresiarchi di Uqbar aveva dichiarato che gli specchi e la copula sono abominevoli, perché moltiplicano il numero degli uomini.

(Jorge Luis Borges, Finzioni)

Nel labirinto di specchi che conclude magistralmente The Lady from Shanghai (Orson Welles, 1947) si riverbera all’infinito il gioco dell’arte.

E tale è lo spionaggio, un’arte. Essere immagine riflessa della porzione di mondo di cui la spia si fa emblema e significato, o di quello che finge di rappresentare lavorando per il suo nemico. Essere altro da sé. La figura rimbalza da ogni direzione, perde l’origine, l’originale si trasfigura nel suo doppio. Si moltiplica all’infinito. Rimangono solo molteplici immagini copia.

Il caso di Sergei Skripal, la spia russa avvelenata insieme alla figlia Yulia nel ristorante della zona commerciale di Salisbury, e tutto quello che ne è seguito, è uno di questi specchi. L’immagine che restituisce, frutto di infinite moltiplicazioni, diramata in molteplici direzioni, è uno dei mille nodi di una narrazione rizomatica che non si esaurisce in una guerra diplomatica.

 

Riporta la Storia al centro, dopo la sua fine. La fine della Storia, da far coincidere con la fine dello Stato, ci ha raccontato un nuovo spionaggio. Industriale. Non nuovo, in verità. Sui libri è scritto di spionaggio civile, attinente alla sfera del guadagno privato e non della pubblica amministrazione, fin dai tempi dei commercianti fenici e dei latifondisti egizi.

Informatori, infiltrati, doppiogiochisti al servizio del padrone, da sempre. Una dimensione parallela e tangente allo spionaggio politico, della cosa pubblica.

Ma con la fretta di finire la Storia, chiudere il libro, dopo la Guerra Fredda si è decretata la morte della spia al soldo dello Stato. Deliberato il passaggio dell’agente segreto alla dimensione ordoliberale, dove il diritto privato si sostituisce a quello pubblico.

Uno dei più raffinati romanzieri di spie, l’ex agente britannico John Le Carré, con la caduta del Muro di Berlino decide che non è più il caso di raccontare le vicende di George Smiley, ma le cospirazioni della finanza o di Big Pharma.

Lo spionaggio si evolve. Entra nella dimensione cibernetica. Eppure anche qui gli specchi restituiscono immagini antiche, in bianco e nero o virate seppia, di ombrelli londinesi e innevate dacie moscovite, fumosi quartieri berlinesi e luridi compound thailandesi.

Occidente e oriente. Stati Uniti e Russia, sempre loro.

La nuova Cold War è la Cyber War. Ma il tavolo da gioco è sempre lo stesso. Quello della Storia.

Lo specchio, insegnava Jacques Lacan, è la fondazione dell’immagine nell’inconscio. Lo specchio è lo strumento attraverso cui si portano a galla i sintomi di quello che si nasconde eppure è visibile, di quanto si vuole celare eppure è.

E così, mentre ci viene raccontato che chi è stato è stato, e lo Stato si è estinto, e forse è rimasto solo in quei mondi antichi a cavallo del 38° parallelo, negli archivi dei giornali degli anni Zero e degli anni Dieci si susseguono piccole grandi notizie di chiusure di ambasciate, espulsioni di diplomatici. Le solite, vecchie, coperture dell’antico spionaggio politico.

Il clamoroso scambio di prigionieri del 2010, in cui la figura più nota è proprio Sergei Skripal. I casi di Anna Chapman e Alexander Litvinenko, gli hacker Fancy Bear e il caso doping nello sport.

La Cyber War è sempre la buona vecchia Cold War. Oltre le multinazionali,

 

Continua qui: https://www.idiavoli.com/it/article/guerra-spie-non-e-mai-finita

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’ESERCITO DI AARON SWARTZ

Il caso dei 4,8 milioni di articoli accademici di JSTOR scaricati dalla rete protetta del MIT di Boston, l’arresto di Aaron Swartz e l’esercito di hacktivist come lui nelle parole di Carl Malamud, pronunciate al Memorial per Aaron Swartz all’Internet Archive di San Francisco, il 24 gennaio del 2013: «Aaron non era un lupo solitario, faceva parte di un esercito a cui ho avuto l’onore di partecipare con lui per una decina d’anni. Avrete già sentito parecchie cose della sua vita eccezionale, ma stasera voglio soffermarmi su una soltanto.

Aaron faceva parte di un esercito di cittadini convinti che la democrazia possa funzionare solo quando la cittadinanza è informata, quando conosciamo i nostri diritti – e i nostri doveri. Un esercito che crede che la giustizia e la conoscenza debbano essere accessibili a tutti – non solo ai più fortunati o a quanti sono al potere – in modo da poterci auto-governare in modo più saggio».

Di seguito pubblichiamo l’intervento di Carl Malamud al Memorial per Aaron Swartz, tenuto all’Internet Archive di San Francisco il 24 gennaio 2013. Testo originale: Aaron’s Army. Traduzione di Silvia Franchini. Da “AARON SWARTZ (1986 – 2013) una vita per la cultura libera e la giustizia sociale”, progetto e coordinamento a cura di Bernardo Parrella e Andrea Zanni.

L’operazione di Aaron riguardo JSTOR* non va considerata neppure per un attimo l’atto occasionale di un hacker solitario, una sorta di folle, impulsivo e massiccio download.

JSTOR era da tempo oggetto di aspre critiche su Internet. In un suo intervento, Larry Lessig l’aveva definito un oltraggio morale, e suppongo di dover ammettere che mi stesse citando. E non eravamo certo gli unici a soffiare sul fuoco.

Sequestrare la conoscenza dietro un “paywall” – rendere disponibili le pubblicazioni scientifiche solo a pochi ragazzi abbastanza fortunati da frequentare università da sogno e far pagare un articolo 20 dollari al rimanente 99% di noi – era una ferita infetta. Un’offesa ai danni di tante persone.

Molti tra quanti avevano scritto quegli articoli rimanevano imbarazzati nel constatare che il loro lavoro produceva margini di profitto per qualcun altro, un club della conoscenza riservato ai soli soci.

Tanti di noi hanno continuato a soffiare su quel fuoco. Oggi molti di noi si sentono colpevoli per aver soffiato sul fuoco.

Ma JSTOR non era altro che una delle tante battaglie in corso. Si è tentato di dipingere Aaron come una specie di lupo solitario degli hacker, un giovane terrorista che ha fatto strage di protocolli Internet, causando 92 milioni di dollari di danni.

Aaron non era un lupo solitario, faceva parte di un esercito a cui ho avuto l’onore di partecipare con lui per una decina d’anni. Avrete già sentito parecchie cose della sua vita eccezionale, ma stasera voglio soffermarmi su una soltanto.

Aaron faceva parte di un esercito di cittadini convinti che la democrazia possa funzionare solo quando la cittadinanza è informata, quando conosciamo i nostri diritti – e i nostri doveri. Un esercito che crede che la giustizia e la conoscenza debbano essere accessibili a tutti – non solo ai più fortunati o a quanti sono al potere – in modo da poterci auto-governare in modo più saggio.

Aaron faceva parte di un esercito che rifiuta re e generali, per affidarsi piuttosto al consenso diffuso e al codice informatico.

Abbiamo lavorato insieme su una dozzina di database governativi, e le nostre decisioni non erano mai affrettate. Spesso il nostro lavoro richiedeva mesi, a volte anni, a volte perfino un decennio, e Aaron Swartz non ha avuto la giusta fetta di decenni.

Abbiamo dedicato parecchio tempo a studiare il database del copyright in Usa, un sistema talmente obsoleto che girava ancora sul Wais. Che ci si creda o meno, il governo imponeva il diritto d’autore sul database del copyright. Non riesco a capire come sia possibile mettere sotto copyright un database specificamente menzionato nella Costituzione – sapevamo però che stavamo giocando col fuoco violandone i termini d’utilizzo, perciò usavamo prudenza.

Prendemmo quei dati per inserirli nella Open Library, qui presso l’Internet Archive, e anche su Google Books. Poi ci arrivò una lettera in cui l’Ufficio del Copyright dichiarava di rinunciare al diritto d’autore su quel database. Prima però avevamo dovuto parlare con diversi avvocati, temendo che il governo potesse incriminarci per aver scaricato milioni di documenti in modo premeditato e doloso.

Non ci furono atti casuali di aggressione. Lavoravamo sui database per renderli

 

Continua qui: https://www.idiavoli.com/it/article/esercito-aaron-swartz

 

 

 

 

 

 

 

 

DIRITTI UMANI

Il diritto di ammazzarti

12 NOVEMBRE 2019

Ahh, cosa c’è di meglio di un quattro chiacchiere da bar tra gli amici per argomenti capziosi e del tutto marginali come “il suicidio controllato dal diritto internazionale”?

Ecco, ragionavo in questo modo: il gender è un esempio piuttosto incredibile di rovesciamento dei parametri di giudizio culturale, tale per cui se prima avevi un pisello o una vagina e potevi dire di essere relativamente alla tua biologia maschio o femmina, adesso non lo puoi più dire perché domina la fantasia individuale sulla realtà biologica. Se ad esempio il bambino pensa che era meglio essere Asino piuttosto che maschio o femmina è un suo diritto esprimere questa sua latente fantasticheria (ma quando mai l’avevamo repressa ci verrebbe da replicare) quindi dato che dobbiamo tutti quanti tutelare un diritto, tanto più se quello di un minore, si va dal dottore che ti fa diventare il bambino un Asino, con tanto di nerchia se maschio così il papà è pure contento.

Meglio di John Holmes, ma non per le orecchie.

A questo discorso, che mi costringe alla repressione ferma di una sorta di pulsione satirica perché cinica (e a me non piace il cinismo in nessuna forma) e perché “purtroppo” molto seria (oggi) se ne aggiunge un’altra che risulta se possibile anche più Grottesca. Dal momento che un bambino può avere qualsiasi fantasia da liberare, se avessimo un dubbio che ne ha una, tipo che è un maschietto e vorrebbe essere una femminuccia, chi verifica e come dovrebbe verificare eventualmente questa sua “libertà repressa da liberare”? L’optimum dovrebbe essere un pedofilo.

Lo so, lo so, fermate le macchine. Non possiamo accettare una equazione del genere e tutti siamo pronti a giurare che la famosa finestra di overton in questo caso, dato che toccherebbe le nostre convinzioni più profonde, tipo che un insegnante dovrebbe fare l’insegnante e (soprattutto) un pedofilo è già al limite del comportamento umano, cioè una persona bisognosa di cure sanitarie urgenti e mirate, non può essere messa in dubbio. Eppoi, dai, lo sappiamo tutti che solo i preti sono tutti pedofili e che la pedofilia è una forma di depravazione religiosa. Ehm, mi fa male dirlo, ma forse non ci capiamo.

A parte che la pedofilia è una pratica che ritroviamo tra alcune specie di animali gregari. Già questo dovrebbe farci suonare un campanellino che c’è una crepa nel discorso rassicurante circa “la malattia” presunta della pedofilia e/o l’origine religiosa. Il punto però è un altro. Non abbiamo da opporre discorsi razionali a questa manovra chiaramente Astuta e di propaganda. Che sia una manovra (e la sensazione di essere stati profondamente manipolati dentro di noi non si può cancellare nemmeno se si opera sulla coscienza di un bambino) sommata alla sua opaca etica non credo

Continua qui: https://comedonchisciotte.org/forum-cdc/#/discussion/102434/il-diritto-di-ammazzarti

 

 

 

 

 

 

Sineddoche Bibbian02 agosto, 2019 | 25 commenti

Una patologia sociale?

Confesso che quando alcuni amici mi hanno chiesto un commento strutturato sull’inchiesta di Bibbiano, ho dubitato di potercela fare. Perché se fosse confermata anche solo una frazione di ciò che i magistrati contestano agli operatori sociali, alle famiglie affidatarie e agli amministratori della Val d’Enza, ci troveremmo di fronte alla più pura epifania del male.

Da quei fatti emergerebbe una volontà sadica e più che bestiale di traumatizzare a vita i più innocenti e di gettare le loro famiglie in uno strazio senza fine e senza scampo – perché imposto dalla legge – spezzando in un sol colpo i vincoli sociali e della carne.

Per un genitore è insopportabile il pensiero di quei piccoli che si addormentano tra le lacrime, lontani da casa, indotti a odiare chi li ama, in certi casi maltrattati, affidati a squilibrati o molestati sessualmente (!), mentre padri e madri inviano lettere e regali che non saranno mai recapitati e pregano di uscire da un incubo che non osano denunciare per non perdere la speranza di riabbracciare i loro figli.

Con buona pace del codice penale, i reati qui ipotizzati superano per gravità l’omicidio: perché fanno morire l’anima, non il corpo.

Svuotano le persone e le lasciano vivere nel dolore.

I presunti abusi della Val d’Enza sono, appunto, presunti fino a sentenza. Ma il loro modus operandi e il ricorrere di alcuni protagonisti hanno rinfocolato il ricordo di altri allontanamenti famigliari poi rivelatisi, anche in giudizio, gravemente ingiustificati, e dell’irreparabile scia di dolore che hanno inciso nelle comunità colpite. Il clamore delle cronache ha inoltre ridato forza alla denuncia di poche voci finora isolate, di un sistema che anche quando resta nel perimetro di una legalità formale conferisce agli operatori sociali un potere senza effettivi contrappesi in grado di strappare i figli alle famiglie per anni con le più arbitrarie delle motivazioni: dalla «inadeguatezza educativa» all’indigenza, dalla conflittualità tra i coniugi al disordine domestico, dalla «ipostimolazione» dei figli alla «immaturità» dei genitori. Queste fattispecie non sarebbero residuali ma prevalenti, come si apprende da un’indagine parlamentare conclusasi nel 2018:

Motivo di ingresso Totale
Vittime di abuso e maltrattamento 1.399
Allontanati dal nucleo famigliare per problemi economici, incapacità educativa o problemi psico-fisici dei genitori 7.632
Accolti insieme al genitore 4.099
Stranieri non accompagnati 3.672
Gestanti o madri minorenni col figlio a carico 72
Coinvolti in procedure penali o in custodia alternativa 465
Minori con altri motivi di ingresso 2.617
Non indicato 1

Minori ospiti nei presidi residenziali socioassistenziali e sociosanitari per genere, cittadinanza e motivo di ingresso presenti al 31 dicembre 2014 (da Camera dei Deputati, Indagine conoscitiva sui minori “fuori famiglia” – Documento conclusivo, 17 gennaio 2018).

Da un lato appare perciò urgente mettere in mora ogni altra priorità per emendare questo sistema partendo dai gradi più alti dell’amministrazione dello Stato, perché sarebbe vano e penoso discettare in prima serata di rinascite politiche, economiche e culturali mentre si erodono le basi biologiche della comunità. Sarebbe – come di fatto è – la metafora più calzante dell’impotenza etica e civile dell’umanità a noi coeva, che mentre blatera di salvare il mondo non riesce a proteggere la vita dei suoi figli da una carta bollata. Dall’altro, è però utile riflettere sulle salvaguardie culturali che da anni presidiano questo sistema. Superando le circostanze della cronaca, il dibattito sui dintorni e i precedenti di Bibbiano ha suscitato in molti il

Continua qui: http://ilpedante.org/post/sineddoche-bibbiano

 

 

 

 

 

Come ti plasmo il giudice antiabusi

Indagine sul Cismai, che insegna la sua ideologia inquisitoria perfino al Csm

di Ermes Antonucci  – 24 Luglio 2019

 

Il Consiglio superiore della magistratura e la Scuola superiore della magistratura hanno promosso per anni corsi di formazione per i magistrati italiani incentrati sulle idee (non riconosciute dalla comunità scientifica) del Cismai, l’associazione al centro di decine di processi per presunti abusi su minori poi conclusi con clamorose assoluzioni e ora coinvolta nel caso di Bibbiano.

 

In un precedente articolo, pubblicato lo scorso 9 luglio, abbiamo sottolineato come siano stati proprio gli assistenti sociali e gli psicologi affiliati al Cismai (Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia) a svolgere le perizie su cui si sono basati numerosi processi per accuse di abusi su minori poi smentite (Angela Lucanto, i “Diavoli della Basse modenese”, Rignano Flaminio), e come ora questi stessi professionisti siano al centro dell’inchiesta di Reggio Emilia sul presunto giro di affidi illeciti di minori nei comuni della Val d’Enza. Al centro dell’indagine vi è la onlus Hansel e Gretel, diretta dallo psicoterapeuta Claudio Foti, da sempre tra i principali sostenitori del Cismai e ora indagato. La stessa onlus, come abbiamo rivelato, è stata iscritta per anni al Cismai. Lo stesso Cismai, inoltre, risulta essere tra i soggetti che hanno collaborato all’organizzazione di un convegno tenutosi il 10 e 11 ottobre 2018 a Bibbiano dedicato ai primi due anni di esperienza del centro La Cura, ora al centro dell’indagine della procura di Reggio Emilia, in cui operavano gli operatori della onlus Hansel e Gretel. Al convegno intervenne con una relazione anche Gloria Soavi, presidente del Cismai. Nelle ultime settimane anche altri giornali ha ricostruito la serie di casi giudiziari controversi che hanno coinvolto gli affiliati al Cismai. Il Fatto quotidiano ha ricordato la tremenda vicenda di Sagliano Micca (Biella) del 1996, in cui un’intera famiglia, incolpata ingiustamente di abusi sessuali, si suicidò nel garage della propria abitazione. Panorama ha rintracciato casi simili di famiglie distrutte sulla base di accuse infamanti di abusi, poi smentite dai giudici, anche a Salerno, Pisa, Arezzo e Cagliari.

 

A prescindere dai recenti fatti di Bibbiano, su cui si esprimerà la magistratura, abbiamo fatto notare come il vero problema sia costituito dal metodo utilizzato dal Cismai, e quindi da centinaia di professionisti sparsi per il paese, per l’ascolto dei minori, che spinge a rintracciare abusi sessuali anche quando non ci sono. Una metodologia (enunciata nella “Dichiarazione di consenso in tema di abuso sessuale” del Cismai) elaborata da una commissione interna alla stessa associazione e respinta dalla comunità scientifica, che invece si riconosce in alcuni testi ben più rigorosi e frutto di in un intenso lavoro del mondo scientifico e accademico, come la Carta di Noto e le linee guida della Consensus Conference. Tuttavia, la metodologia del Cismai (tutta incentrata sulla convinzione che l’abuso sessuale sui minori sia un “fenomeno diffuso” e “in grande prevalenza sommerso”, che gli adulti non vadano ascoltati perché “quasi sempre negano” e che l’abuso debba essere rintracciato anche in assenza di rivelazioni del minore, grazie a un approccio “empatico” da parte degli operatori) ha fatto proseliti, tanto da permettere a Foti e ai vertici del Cismai di tenere negli ultimi anni convegni e corsi di formazione per psicologi, assistenti sociali ed educatori.

 

Ma non è tutto. Il Foglio, infatti, è in grado di rivelare che sia Gloria Soavi, presidente del Cismai, sia Claudio Foti hanno avuto la possibilità di formare anche magistrati. La prima risulta essere stata tra i relatori di un corso di formazione di tre giorni (15-17 gennaio 2018) dedicato alla “pratica del processo minorile e civile”, organizzato a Scandicci dalla Scuola superiore della magistratura, alla quale dal 2006 è attribuita la formazione iniziale e permanente delle toghe, ma questo potrebbe non essere stato l’unico coinvolgimento di Soavi nei corsi della Scuola. Dall’altra parte, Claudio Foti è stato relatore di incontri di studio promossi dal Consiglio superiore della magistratura per ben sette anni (1990, 2001, 2003 e dal 2006 al 2009). Alcuni di questi corsi sono stati riservati a magistrati in tirocinio, cioè a magistrati che stavano svolgendo il loro percorso di formazione

 

Continua qui: https://www.ilfoglio.it/giustizia/2019/07/24/news/come-ti-plasmo-il-giudice-antiabusi-266705/

 

 

 

 

 

 

 

Contro gli abusi sugli abusi

L’indagine a Reggio Emilia sulla presunta sottrazione di minori sulla base di finti abusi è un’occasione per vaccinare l’Italia da chi trasforma i processi in caccia alle streghe

di Ermes Antonucci – 9 Luglio 2019

 

Un sano approccio garantista e il ricordo dei tanti processi mediatici poi finiti nel nulla dovrebbero indurre a esaminare con molta prudenza il caso di Reggio Emilia sulla presunta sottrazione di minori dalle proprie famiglie sulla base di finti abusi.

Angela Lucanto, Bassa modenese, Rignano Flaminio, Reggio Emilia.

C’è un filo che collega alcuni casi di abusi che non lo erano

L’inchiesta “Angeli e Demoni”, coordinata dalla Pm Valentina Salvi, ha portato all’adozione di misure cautelari per 18 persone e all’iscrizione nel registro degli indagati di altre 27 (tra amministratori pubblici, assistenti sociali, psicoterapeuti e operatori sociosanitari), accusate di aver lucrato sulla gestione degli affidi di bambini in Val d’Enza.

 

Secondo quanto sostenuto dalla procura, i bambini venivano allontanati dalle proprie famiglie, sulla base di segnali di insofferenza che potessero lontanamente far pensare ad abusi, e trasferiti in una struttura pubblica (denominata “La Cura”, a Bibbiano) dove assistenti sociali e psicoterapeuti raccoglievano le ricostruzioni dei minori su quanto avvenuto cercando di condizionare la loro memoria con domande suggestive (in modo da creare finti ricordi) e persino falsificando le carte, in modo tale che emergessero abusi da parte dei familiari. Poi gli stessi operatori chiedevano al tribunale per i minori il decadimento della patria potestà e il collocamento dei bambini in affido retribuito ad amici e conoscenti (che ottenevano i contributi economici previsti per le famiglie affidatarie), per poi sottoporli anche a un percorso psicoterapeutico che faceva girare centinaia di migliaia di euro. Questo è l’impianto accusatorio rappresentato dalla procura.

 

Dopo il tradizionale clamore mediatico iniziale, alcuni aspetti dell’indagine sono stati ridimensionati. E’ stato precisato che non è stato fatto alcun uso di elettroshock sui bambini, come era stato inizialmente raccontato, e che inoltre il sindaco di Bibbiano del Pd – pesantemente attaccato dai partiti di opposizione, anche a livello nazionale – non ha niente a che fare con gli abusi ma è indagato per falso in atto pubblico. La cosa migliore da fare, dunque, è attendere la valutazione della magistratura e che la giustizia faccia il suo corso.

 

Lasciando da parte il caso di Reggio Emilia, però, occorre prendere atto di due importanti criticità che riguardano il mondo che ruota attorno al trattamento degli abusi sessuali su minori.

Sulla valutazione del quadro psicologico del minore, vittima di presunto abuso, non vi è unanimità di pensiero sulle tecniche da utilizzare

Da un lato, emerge la scarsa trasparenza di un settore che, tra assistenti sociali, gestori di case famiglia, cooperative, psicologi, famiglie affidatarie e periti dei tribunali dei minori, muove ogni anno centinaia di milioni di euro, con il rischio elevato che tra questi soggetti si vengano a instaurare rapporti di commistione (nel 2015 la onlus Finalmente Liberi calcolò che circa il 20 per cento dei giudici onorari minorili opera in conflitto d’interessi, essendo allo stesso tempo giudice e professionista con rapporti lavorativi proprio con le strutture che accolgono i minori allontanati dalle famiglie). Dall’altro lato, occorre prendere atto che su una materia così delicata, come quella della valutazione del quadro psicologico del minore, vittima di presunto abuso sessuale, non vi è unanimità di pensiero tra gli operatori sulle metodologie da utilizzare.

La stragrande maggioranza della comunità scientifica (psicologi, psichiatri, neuropsichiatri infantili e criminologi) si rifà alla Carta di Noto, stilata nel 1996 e aggiornata nel 2002, che costituisce ormai un riferimento costante per la giurisprudenza e la dottrina. La Carta di Noto raccoglie le “linee guida per l’esame del minore in caso di abuso sessuale”, con l’obiettivo di “garantire l’attendibilità dei risultati degli accertamenti tecnici e la genuinità delle dichiarazioni, assicurando nel contempo al minore la protezione psicologica”. Il testo prevede un protocollo di intervento basato su alcuni principi molto rigorosi. Ne citiamo alcuni. La valutazione psicologica non può avere ad oggetto l’accertamento dei fatti per cui si procede, che spetta esclusivamente all’autorità giudiziaria. In caso di abuso intrafamiliare gli accertamenti devono essere estesi ai membri della famiglia, compresa la persona cui è attribuito il fatto, e ove necessario, al contesto sociale del minore. E’ metodologicamente scorretto

 

Continua qui: https://www.ilfoglio.it/cronache/2019/07/09/news/contro-gli-abusi-sugli-abusi-264311/

 

 

 

 

 

 

ECONOMIA

Mazzucco: lo Stato si riprenda acciaio, energia e medicina

Scritto il 13/11/19

 

La drammatica vicenda dell’Ilva dimostra come non sia possibile, semplicemente, lasciare nelle mani dei privati le risorse strategiche di un paese: non perché l’operatore privato sia da demonizzare, ma perché è ovvio (nonché legittimo) che l’azienda intenda ricavarne un vantaggio economico per sé, anche a scapito del servizio destinato ai cittadini. Questo vale per una “materia prima semilavorata” come l’acciaio, che supporta l’intero sistema industriale nazionale, e vale a maggior ragione per il settore dell’energia. Lo afferma Massimo Mazzucco, esaminando mestamente il caso di Taranto, classico esempio di coperta troppo corta: o tuteli l’ambiente della città e la salute dei lavoratori, oppure – se invece pensi al profitto, cioè alla tua sopravvivenza come impresa – finisci per trascurare sia la sicurezza degli operai che quella degli sfortunati abitanti dei quartieri che sorgono a ridosso dello stabilimento inquinante. Discorso che Mazzucco estende all’immenso settore della sanità e della farmaceutica: come sperare che non si esca dalla logica del business, a scapito della salute, se l’intero, smisurato comparto medico-farmaceutico è completamente nelle mani delle multinazionali?

In modo decisamente inconsueto, tra i servizi “di costume” che corredano i telegiornali a margine delle news principali, persino il Tg1 si è appena occupato dell’emblematica situazione di isolamento dei tanti villaggi disseminati sull’Appennino. Spopolamento vertiginoso, bambini costretti a percorrere decine di chilometri per raggiungere la scuola, intere borgate completamente isolate anche telefonicamente (circostanza per nulla rassicurante sul piano della sicurezza, nel caso di emergenze sanitarie o di calamità naturali). Un sindaco del Piacentino indica un palo telefonico divelto, in mezzo al bosco: questo stato di degrado, accusa, è letteralmente esploso da quando le compagnie telefoniche sono state privatizzate, cessando di garantire il servizio a tutti e penalizzando le aree dove vivono pochi utenti, cittadini trasformati in semplici clienti (assisterli, a quel punto, è diventato poco conveniente). C’è una sorta di deriva, di cui non si vede la fine: è caduta nel vuoto, in Parlamento, la mozione presentata dall’ex grillina Sara Cunial per chiedere una moratoria sull’installazione della rete wireless 5G. La richiesta: sospendere le operazioni per tre anni, periodo indicato da scienziati e sanitari per consentire di valutare le analisi in corso, circa l’impatto del 5G sul corpo umano. Tutto inutile: a nulla serve invocare il sacrosanto “principio di precauzione”.

Era stato lo stesso Mazzucco, mesi fa, a “scoprire” che aveva dimensione nazionale lo strano fenomeno dell’abbattimento dei grandi alberi nei centri abitati. Operazione condotta in modo quasi clandestino

Continua qui: https://www.libreidee.org/2019/11/mazzucco-lo-stato-si-riprenda-acciaio-energia-e-medicina/

 

 

 

 

 

 

 

SÒLE E ACCIAIO

INDUSTRIA ITALIANA…UN “CUORE” D’ACCIAIO CHE DEVE “FARE SISTEMA”

12 novembre 2019

  1. In precedenza, dunque, abbiamo verificato la fattibilità giuridica, e quindi politica, di una scelta di intervento industriale dello Stato nella situazione ex-Ilva di Taranto.

In sintesi:

“può immaginarsi un intervento guidato dallo Stato, ma che, per fonti e condizioni di finanziamento e tipologia dei soggetti attuatori, fosse equiparabile a un vantaggioso investimento industriale, cioè mirato a restare e a posizionarsi sul mercato a condizioni di sostenibilità finanziaria e operativa”.

 

1.1. Su questo punto può aggiungersi che l’azione di recesso, o risoluzione (sarà il giudicante a qualificare l’azione) introdotta dall’acquirente, condurrebbe, in prospettazione, alla libera disponibilità del patrimonio aziendale che, nelle more, tornerebbe in possesso dell’amministrazione straordinaria.

Questo aspetto non è ininfluente sulla valutazione economica di un’eventuale acquisizione pubblica (o non soltanto pubblica): i “valori” delle quote azionarie, date le vicende, o meglio le “inazioni” intercorse a partire dalla formulazione delle offerte (giugno 2017), dovrebbero logicamente risultare molto inferiori. E’ infatti un’oggettiva sopravvenienza che, ove effettuata l’opportuna due diligence sul patrimonio aziendale, quest’ultimo sia diventato ben inferiore alla situazione di due anni e mezzo fa.

Si rivela molto probabile, perciò, che anche a causa del complesso delle iniziative gestionali e giudiziarie del futuro (ex?) affittuario e potenziale (ex?) acquirente, l’acquisto nella proprietà sia, a valori corretti di mercato, più economico per il “pool” pubblico (o pubblico-privato), che dovesse intervenire: fermo restando il volume degli investimenti ipotizzati, di ammodernamento tecnologico ed energetico, di diversificazione delle produzioni sui settori di prodotto la cui domanda sia in crescita, nonché per i paralleli interventi di attuazione del Piano ambientale.

Proprio la maggior probabile economicità attuale dell’acquisizione, dunque, renderebbe l’operazione di investimento e risanamento in capo alla mano pubblica, comparativamente più vantaggiosa e finanziariamente ottimizzabile su tali fondamentali aspetti.

 

1.2. Questo, peraltro è già un primo aspetto che già risponde, in parte, al problema lasciato “in sospeso”. Cioè quello relativo al problema “di ordine economico, industriale-gestionale…Sul piano economico, la verifica fa fatta avendo di mira accuratamente la situazione industriale del Paese e le ricadute sistemiche positive delle varie forme possibili, e “indovinate” nel medio-lungo periodo, di prosecuzione dell’attività produttiva in questione”.

1.3. Prima di verificare la situazione industriale del settore di mercato interessato, e la sua palese ed innegabile importanza strategica per un paese manifatturiero, con una ben caratterizzata vocazione, parliamo in termini generali delle ricadute sistemiche positive di un intervento pubblico che, appunto, riguardi un settore di importanza strategica sistemica.

In generale, (qui, p.5) l’industria pubblica non è un male in sé, tutt’altro: garantisce vantaggi sistemici strutturali altrimenti non ottenibili dal “libero mercato”.

Basterebbe rammentare quanto ci ha detto il prof. De Cecco (p.5) (scomparso nel 2016, dopo aver insegnato a lungo alla Normale di Pisa e alla Luiss e che effettuò studi che coinvolgono proprio gli aspetti monetari e la connessa eliminazione del ruolo economico-sociale dello Stato):

Per­ché le pri­va­tiz­za­zioni degli anni Novanta sono state un fallimento?


Sono state le più grandi dopo quelle inglesi e hanno cam­biato la fac­cia dell’industria ita­liana senza fare un graf­fio al defi­cit pub­blico. 

Se si voleva distrug­gere l’industria ita­liana ci sono riu­sciti.

Ma non credo che Prodi volesse distrug­gere quello che aveva con­tri­buito a creare. Que­sto risul­tato non è stato voluto, ma è sicuro che sia stato asso­lu­ta­mente dele­te­rio. 

Gli studi della Banca d’Italia dimo­strano che al tempo l’industria

Continua qui: http://orizzonte48.blogspot.com/2019/11/sole-e-acciaio-2-industria-italianaun.html

 

 

 

 

 

 

 

Ilva: quel regalo di Prodi all’Ue che piegò l’industria italiana

Scritto il 13/11/19

 

Un’antologia di Spoon River della politica industriale: il paragone tra gli ultimi decenni dell’economia italiana e il celebre “cimitero” letterario rischia di diventare ancora più calzante se ad aggiungersi alla grande massa di settori strategici, centri produttivi di vitale importanza e campioni nazionali smantellati da scelte politiche scriteriate (specie le privatizzazioni selvagge), carenze nella definizione delle priorità strategiche e disastri dei gestori privati dovesse aggiungersi l’Ilva. La corsa frenetica a demolire l’economia mista imperniata nell’Istituto di Ricostruzione Industriale (Iri) è stata devastante. Lo ha fatto notare con durezza e nitida chiarezza il direttore del “Quotidiano del Sud” Roberto Napoletano in un recente editoriale: «La vecchia Stet dell’Iri ha ricostruito l’impero romano regalando all’Italia il primato mondiale delle telecomunicazioni e i segreti dell’industria del futuro globale. (…) La vecchia Italstat dell’Iri regala all’Italia un player globale delle costruzioni e delle grandi opere. Apre e chiude i cantieri, si percepisce il progetto paese dello Stato imprenditore, le due Italie sono riunificate con l’Autostrada del Sole costruita e inaugurata prima della scadenza prevista». Entrambe finiranno poi per naufragare dopo la fine dell’epoca d’oro dello Stato-imprenditore.

Destino analogo a quello dell’acciaio: «La vecchia Finsider dell’Iri ha regalato all’Italia l’impianto che garantiva a tutti i paesi europei l’indipendenza nella disponibilità di una materia cruciale (l’acciaio) per lo sviluppo industriale. L’uscita dall’orbita pubblica è stata fatale». Il susseguirsi di caos giudiziari, problematiche amministrative e incertezze politiche, dai Riva a Arcelor Mittal, ha fatto il resto. E ora l’Italia rischia di ritrovarsi di fronte a una Caporetto industriale. La chiusura dell’Ilva, la perdita dell’1,5% del Pil legato all’acciaio, la distruzione di 10.700 posti di lavoro diretti e decine di migliaia indiretti per il contenzioso tra il governo Conte II e Arcelor-Mittal, compratore in ritiro dello stabilimento, per il problema dello “scudo penale” previsto dal piano firmato da Luigi Di Maio e ipotizzato prima di lui da Carlo Calenda, certificherebbe il fallimento della (non) strategia italiana dell’acciaio. Iniziata quando Romano Prodi decise di mettere in liquidazione Italsider e Finsider, nel corso del suo mandato da direttore dell’Iri e presidente del Consiglio, perché…ce lo chiedeva l’Europa. Perché l’Ue chiedeva che l’Italia, svenandosi, pagasse il prezzo dell’entrata nell’euro privandosi dei gioielli di famiglia. E iniziando una spirale decrescente che ha fatto venire meno la compatta integrazione di filiera e portato al degrado delle condizioni ambientali e lavorative

Continua qui: https://www.libreidee.org/2019/11/ilva-quel-regalo-di-prodi-allue-che-piego-lindustria-italiana/

 

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Il Financial Times cambia direttore e per la prima volta sceglie una donna: Roula Khalaf

Cambio della guardia alla guida del prestigioso quotidiano economico britannico: gli editori giapponesi di Nikkei hanno scelto la giornalista libanese, vicedirettrice dal 2016

Di Enrico Mingori Pubblicato il 12 Nov. 2019

Il Financial Times cambia direttore e si affida per la prima volta nella sua storia a una donna: Roula Khalaf, libanese, negli ultimi tre anni vicedirettrice. L’annuncio è arrivato oggi, martedì 12 novembre.

Khalaf prenderà il posto di Lionel Barber, che è alla guida del prestigioso quotidiano economico britannico dal 2005. Il cambio della guardia avverrà il primo gennaio 2020.

“Sono entusiasta”, ha scritto su Twitter la neo-direttrice. “È un privilegio e un onore succedere a Lionel Barber”.

Le speculazioni sul futuro di Barber si erano fatte insistenti nelle ultime settimane, in particolare dopo il viaggio del direttore in Giappone, dove hanno sede gli uffici della Nikkei, la holding nipponica proprietaria del giornale dal 2015. Il viaggio era stato giustificato da alcuni con la concomitanza con le partite dell’Inghilterra al Mondiale di Rugby. Nel mattino di oggi Barber ha annunciato sui social le sue dimissioni a partire dal nuovo anno.

Roula Khalaf è nata e cresciuta a Beirut, in Libano, prima di

Continua qui: https://www.tpi.it/esteri/financial-times-primo-direttore-donna-roula-khalaf-20191112495463/

 

 

 

 

 

 

Quello che possiamo imparare dal colpo di stato in Bolivia

Markus 13 Novembre 2019

moonofalabama.org

 

Il colpo di stato in Bolivia è devastante per la maggior parte della sua popolazione. Che cosa possiamo imparare da una cosa del genere?

Andrea Lobo scrive sul WSWS [World Socialist Web Site]:

Il presidente boliviano, Evo Morales del partito Movimento Verso il Socialismo (MAS), è stato costretto a dimettersi, domenica sera, dai militari boliviani, dopo un colpo di stato appoggiato dagli Stati Uniti. Ieri sera, Morales ha twittato che “stava partendo per il Messico,” dopo che il paese aveva accettato di concedergli l’asilo politico.

Dopo tre settimane di proteste a seguito delle contestate elezioni presidenziali del 20 ottobre, le potenze imperialiste e la loro elite clientelari boliviane hanno rovesciato il governo Morales. Nel contesto di una crescente crisi del capitalismo globale e di una ripresa della lotta di classe a livello internazionale, compresi i recenti scioperi generali in Bolivia dei minatori e dei medici, la classe dirigente aveva perso la fiducia sul fatto che Morales e l’apparato del MAS potessero continuare a reprimere l’opposizione sociale.

Durante i suoi dodici anni di mandato, Evo Morales ha ottenuto molte cose buone:

 

Tassi di analfabetismo, 2006: 13,0%, 2018: 2,4%
Tassi di disoccupazione, 2006: 9,2%, 2018: 4,1%
Tassi di povertà media, 2006: 60,6%, 2018: 34,6%
Tassi di povertà estrema, 2006: 38,2%, 2018: 15,2%

 

Morales non è però riuscito a costruire le difese necessarie per rendere permanenti tali cambiamenti. La leadership dell’esercito e della polizia era contro di lui. Perché è stato consentito a questi uomini di rimanere in tali posizioni?

Jeb Sprague @JebSprague – 20:19 UTC · 11 nov 2019
La connessione degli USA al colpo di stato.
I funzionari che hanno costretto #Evo a dimettersi avevano lavorato come addetti militari per la #Bolivia a [Washington] DC. La CIA cerca spesso di reclutare addetti che hanno lavorato a DC.
2013: Il Gen. Kaliman è stato addetto militare.
2018: il Comandante della Polizia, Calderón Mariscal, è stato il presidente dell’APALA in DC.

L’Agregados Policiales de América Latina (APALA) dovrebbe

Continua qui: https://comedonchisciotte.org/quello-che-possiamo-imparare-dal-colpo-di-stato-in-bolivia/

 

 

 

 

 

 

POLITICA

Il revisionismo storico del parlamento europeo

RETE VOLTAIRE | 14 OTTOBRE 2019

Per iniziativa del gruppo Renew Europe di Emmanuel Macron e Dacian Cioloș [primo ministro rumeno, ndt], il 19 settembre 2019 il parlamento europeo ha adottato una risoluzione «sull’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa» [1].

Il testo mira a costruire un mito che giustifichi a posteriori la creazione dell’Unione Europea contro la Russia. Nella risoluzione si afferma che, firmando il Patto Motolov-Ribbentrop, la Russia ha condiviso i funesti obiettivi del Reich nazista e ha scatenato la Seconda guerra mondiale.

Questo mito è all’opposto dell’idea su cui si fonda l’attuale Federazione Russa: il sacrificio compiuto nella lotta contro il nazismo ha consolidato il popolo russo come nazione.

La realtà storica è che per sei anni – dal 1933 al 1939 – la diplomazia sovietica non ha mai smesso di incalzare le nazioni dell’Europa Occidentale perché si convincessero della necessità di un’alleanza antinazista. Gli europei sostenevano invece apertamente il progetto nazista di riduzione in schiavitù dei popoli slavi (Untermenschen, sub-umani) e di colonizzazione del loro territorio.

Il patto tedesco-sovietico del 23 agosto 1939 prevedeva effettivamente la creazione di zone d’influenza dei due Paesi e anticipava una possibile divisione della Polonia. Questo trattato va però interpretato ricollocandolo nel suo contesto storico.

Il Patto Chamberlain-Daladier-Hitler-Mussolini (il cosiddetto Accordo di Monaco) del 30 settembre 1938 smembrò la Cecoslovacchia – in assenza di suoi rappresentanti – tra Germania, Ungheria e Polonia,

 

Continua qui: https://www.voltairenet.org/article207890.html

 

 

 

 

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

Il machine learning del crimine

6 NOVEMBRE 2019

Dalle “martellate luddiste” contro la vetrina della gioielleria alla creazione di volti finti e fino alla replicazione di voci attraverso software d’intelligenza artificiale: nel Crime restano le narrazioni sovversive per eccellenza, quelle più in grado di portare a galla le contraddizioni dell’epoca in cui viviamo.

Prologo, un paio di settimane fa

Milano, pieno centro, a due passi da piazza San Babila. Un uomo vestito di nero, borsa a tracolla, cappellino da pescatore in testa, prende a martellate la vetrina di una gioielleria. La telecamera di sorveglianza riprende tutto.

 

L’uomo colpisce il vetro rinforzato del negozio per 12 secondi esatti, fino ad aprirsi un minimo varco. Poi infila la mano, prende due orologi in esposizione – dal valore complessivo di circa 70mila euro – e fugge, a piedi.

 

Sono passati 19 secondi esatti. Da altre telecamere, installate su esercizi commerciali limitrofi o lungo la via, si scopre che un complice lo aspetta su uno scooter rubato. Pochi secondi ancora e sono scomparsi nel traffico cittadino.

 

VIDEO QUI: https://youtu.be/ElVIJ3Uf4Jg

 

Nell’epoca del capitalismo della sorveglianza, nel panottico poliziesco totalizzante, che tutto vede e tutto prevede, questo gesto di puro luddismo neoprimitivo sembra l’unico atto di resistenza possibile.

 

Scanner di riconoscimento facciale, analisi biometriche, incrocio dei dati di tutti i dispositivi disponibili sulla scena – dalle telecamere di sorveglianza ai telefonini dei passanti –, geolocalizzazione dei due individui e del mezzo di trasporto. Le più sofisticate tecniche in mano alle forze dell’ordine sono state messe subito all’opera per la cattura del criminale.

 

Forse lo prenderanno. Forse i software di intelligenza artificiale (AI) in loro dotazione, dopo avere raccolto ed elaborato tutti i dati in loro possesso, arriveranno a prevedere dove quell’uomo deciderà di nascondersi tra una settimana. E cosa ordinerà da mangiare su Deliveroo.

 

O forse no. Forse quell’uomo è già in Costa Azzurra a godersi il frutto della sua rapina, come in un polar francese degli anni ‘50.

Washington. Qualche mese fa

Una notifica brilla sul computer di un giornalista dell’Associated Press. È una richiesta di amicizia su Linkedin, il social network del lavoro e delle conferenze. Un evento qualsiasi, come ne accadono a decine di migliaia ogni giorno. Ma, questa volta qualcosa non torna.

 

A prima vista Katie Jones, così si chiama la donna che ha chiesto l’amicizia al giornalista, ha un ottimo curriculum. E soprattutto ha ottime connessioni. Tra i suoi contatti ci sono: il vice assistente di un segretario di Stato americano, il portavoce di un senatore, economisti di fama mondiale, membri di importanti think tank come il Brookings Institution

 

Continua qui: https://www.idiavoli.com/it/article/il-machine-learning-del-crimine

 

 

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