NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 12 APRILE 2019

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NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI

12 APRILE 2019

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

In verità tu non devi nulla a nessuno.

Devi tutto a tutti

KHALIL GIBRAN, Aforismi, Barbera Editore, 2008, pag. 55

 

http://www.dettiescritti.com/

https://www.facebook.com/Detti-e-Scritti-958631984255522/

 

Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

 

Tutti i numeri dell’anno 2018 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com 

 

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SOMMARIO

L’integrazione: una mistificazione     

Libia, 6000 sfollati nelle ultime 48 ore

Svezia, il paradiso umanitario ostaggio degli immigrati 1

Tutto pronto per l’avvento di Draghi. Dopo Monti l’euroinomane più impenitente 1

Facebook ha sospeso gli account di tutti i più importanti dirigenti di CasaPound. 1

I serissimi 90 anni di Max von Sydow. 1

RADICAL CHIC PAGANO LA MENSA AGLI IMMIGRATI: BIMBI ITALIANI ESCLUSI 1

SAN SIRO PARLA ARABO. 1

Sudan, un filo lega il golpe a Libia-Algeria e alla grande sfida sull’Africa 1

LA VENDETTA DELLA ELITE DI POTERE ANGLO-USA CONTRO JULIAN ASSANGE, IL FONDATORE DI WIKILEAKS. 1

Vendetta: ora Assange potrà morire, estradato negli Usa 1

Obama, la guerra finanziaria e l’eliminazione di DSK. 1

Il Punto di Giulietto Chiesa: Perché ce l’hanno tanto con Assange 1

Per il Pd non è mai abbastanza. E regala altri milioni agli immigrati 1

Roma, l’affare dei minori non accompagnati, intascati 2,7 milioni di soldi pubblici

LUI SI’ CHE AMAVA I BAMBINI NERI – NON COME SALVINI 1

Papa Francesco bacia i più potenti uomini della finanza mondiale? Una bufala clamorosa! 1

Via Quota 100 e ritorno tassa prima casa: ricetta FMI per l’Italia 1

La verità sul debito italiano. 1

Draghi affossa l’euro con “Whatever it takes” 2.0 1

Geopolitica del petrolio al tempo di Trump. 1

MPS, il Tesoro respinge l’azione di responsabilità contro Porfumo e Viola

Mps, AD Morelli: cessioni NPL per 29 miliardi, nessun’altra banca al mondo come noi 1

David Malpass elettro presidente della Banca Mondiale 1

Il successore di Juncker sarà deciso con il metodo dello Spitzenkandidat 1

Con il rinvio lungo più costi e meno poltrone per l’Italia nel prossimo Parlamento Europeo. 1

Il Papa bacia i piedi ai leader del Sud Sudan e sui social si scatena la protesta 1

E Mattarella (preoccupato) cambia cavallo 1

Cyberuomini e transumanesimo: perché del progresso (ogni tanto) dovremmo diffidare 1

 

 

EDITORIALE

L’integrazione: una mistificazione

Manlio Lo Presti – 12 aprile 2019

Integrazione, accoglienza, sostenibilità, narrazione, buonismo, siamo umani, politicamente corretto, primato morale.

Tutti slogan diffusi a mitraglia dai raggruppamenti c.d. progressisti Dem che spocchiosamente disprezzano chi-non-ha-votato-nel-modo-giusto, che promuovono democraticamente l’internamento in campi di rieducazione post-maoisti per i non buonisti, che praticano l’uso cekista del sistema mediatico (tutto in mani c.d. progressiste) contro la dissidenza non-buonista politicamente scorretta.

NEOLINGUA: il catalogo è questo.

Arrivano notizie sempre più drammatiche di disordini e violenze da tutti i luoghi dove c’è stata immigrazione forzata e vasta. A partire dai fatti di Colonia vittima di violenze carnali di massa messe a tacere dal neomaccartismo che non ammette errori, abbiamo scontri feroci nelle periferie francesi, a Bruxelles, a Londra nonostante il sindaco pakistano e da tempo anche nelle periferie di Milano, Roma, Napoli.

Il piano di invasione etnica di neoschiavi da pagare 3 euro al giorno approntato dai piani alti non ammette battute d’arresto né critiche. Tutto viene filtrato, falsato, ovattato, depistato, minimizzato anche se qualche volta qualcosa scappa dalle stringenti maglie della censura totalitaria e pervasiva garantita con solerzia stile SS dalla megamacchina disinformativa saldamente nelle mani di legioni di cosiddetti progressisti paladini dell’accoglienza:

  • Senza limiti
  • Senza controlli
  • Senza critiche o dubbi

Poco male se al seguito delle ondate di c.d. profughi si accompagnino:

  • spaccio di stupefacenti
  • traffico di armi
  • traffico di organi
  • traffico e scomparsa orribile di migliaia di bambini-non-accompagnati che cadono nelle mani di sanguinarie organizzazioni pedofile
  • traffico di terroristi/spioni, pronti ad agire ad un cenno delle rispettive madrepatrie.

Di fronte a tutto questo, abbiamo l’assordante, imbarazzante, ipocrita silenzio di tutte le organizzazioni buoniste prontissime però a colpire a reti unificate l’attuale governo su qualsiasi cosa.

Il sostegno efficace e martellante è garantito anche da EL PAPA che continua il crescendo di ingerenze dentro il gioco democratico dell’Italia. Per questo è pagato, per questo è stato insediato dal DEEP STATE al soglio dopo la violenta e inelegante defenestrazione di Benedetto / Ratzinger. Non è da meno l’alacre e felpato operato dell’effervescente inquilino del Colle.

TUTTO CIO’ PREMESSO

 

A dispetto del martellamento totalitario che la promuove a vele spiegate, l’inclusione è un falso che ha le sue premesse dall’inizio del secolo proprio negli USA da dove parte il neomaccartismo buonista immigrazionista.

Nel Paese-esportatore-di-democrazia albergano e prosperano centinaia di minoranze etniche che hanno conservato con pertinacia tignosa la propria identità religiosa, culturale, etnica. Valga a titolo dimostrativo la presenza di Chinatown, di Little Italy, di clan russi, gruppi di irlandesi, di polacchi, di messicani, di portoricani, di cubani, ecc. Nessuno di questi raggruppamenti intende confondersi e annullarsi nel maxibrodo nordamericano.

Ma gli USA e Soros intendono perseguire la via della eliminazione identitaria planetaria per la creazione di individui solitari e inermi di fronte allo stritolamento della megamacchina.

Per dare l’idea di quanto l’inclusione sia una mistificazione, racconto il divertente (mica tanto) episodio che ha vissuto un mio amico su un aereo di ritorno dagli USA.

“Un bambino italoamericano scorrazzava lungo il corridoio centrale del velivolo urlando e creando fastidio ai passeggeri, ovviamente non controllato dai genitori. Nel tentativo di calmarlo una hostess appoggia sul suo tavolino una confezione di due cioccolatini. I passeggeri a fianco del ragazzino infernale mangiano i cioccolatini lasciando integro l’incarto. Il bambino torna al suo posto per prendere i cioccolatini. Non li trova e urla alla madre: “mamy s’hann fottuto i chocolates!!!”

E’ passato un secolo, ma gli italiani continuano a parlare “BROCCOLINO”.

Nessuno, ripeto, nessuno accetta di buttare al macero la propria “alma mater”. Sarà possibile, forse, con i pronipoti, sebbene il caso del ragazzino infernale provi il contrario!

Questo aneddoto è la dimostrazione sintetica di quanto il concetto di inclusione sia una clamorosa mistificazione e comunque, non ottenibile in tempi brevi come ci vogliono far credere i corifei buonisti neomaccartisti dell’immigrazionismo senza limiti.

Valga per tutti una lettura molto istruttiva di molti anni fa che non mai dimenticato.

Parlo del testo di Norbert Elias, Il processo di civilizzazione, Il Mulino, 1988.

Tra le righe di questo testo – volutamente dimenticato – qualsiasi mente non obnubilata dal bispensiero totalitario dominante può trovare le spiegazioni necessarie.

 

Ne riparleremo …

 

 

 

IN EVIDENZA

Libia, 6mila sfollati nelle ultime 48 ore.

La missione segreta degli uomini di Haftar a Roma.  

L’ultimo incontro fra Conte ed emissari di Bengasi avrebbe avuto luogo lunedì, si legge in un articolo esclusivo di Repubblica. “I pesanti scontri a fuoco e il bombardamento di artiglieria si sono tradotti in un’impennata degli sfollati a Tripoli e dintorni, raddoppiati nelle ultime ore”, scrive l’ufficio delle Nazioni unite per gli affari umanitari (OCHA)

11 aprile 2019 – La crisi in Libia non rientra, anzi si aggrava. L’allarme viene oggi dalle Nazioni Unite: il numero degli sfollati nelle ultime ore è raddoppiato, la situazione umanitaria si sta facendo sempre più difficile. E intanto emergono i retroscena delle trattative in corso tra i Paesi europei e i leader delle fazioni in lotta nel Paese nordafricano. La missione segreta a Roma degli emissari di Haftar L’Italia non ha rinunciato a giocare un ruolo da protagonista nella partita libica e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte in prima persona tiene contatti fisici e telefonici con i capi di governo interessati al futuro di Tripoli. L’ultimo incontro fra Conte ed emissari di Bengasi ha avuto luogo lunedì, si legge in un articolo esclusivo di Repubblica. “Alle cinque del pomeriggio di lunedì scorso un piccolo aereo decolla dall’aeroporto di Ciampino. Proviene dall’hangar riservato ai servizi segreti. E prende una direzione sorprendente: punta verso la Libia. Lo scalo internazionale di Tripoli è stato bombardato poche ore prima, ma questo trireattore Falcon segue una rotta diversa: si dirige verso Bengasi, la capitale del generale Haftar, l’uomo forte che ha lanciato l’offensiva per conquistare la Tripolitania. Sullo schermo di Flightradar, il sito che permette di monitorare i voli, l’aereo scompare subito prima di arrivare alla costa, come fanno solo i velivoli impiegati nelle missioni top secret. Ed è partendo da questa traccia che Repubblica ha ricostruito la trattativa imbastita dall’Italia per cercare di fermare l’escalation di violenza in Libia”, spiega il quotidiano.  “Quel lussuoso Falcon

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http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Libia-6mila-sfollati-nelle-ultime-48-ore-tripoli-missione-segreta-degli-uomini-di-Haftar-a-Roma-e57502cd-f91c-4268-a905-ca967457a4f3.html

 

 

 

 

Svezia, il paradiso umanitario ostaggio degli immigrati

Redazione 10 aprile 2019 Esteri

L’inchiesta del Messaggero racconta il naufragio del modello “porte aperte” nel paese dei sessanta ghetti impenetrabili da autorità e polizia

Luglio 2017: Dan Eliasson, capo della polizia svedese, rompe il muro di omertà del governo e si rivolge ai cittadini con un appello in tv: «Aiutateci, aiutateci!». Eliasson racconta che le aree sfuggite al controllo dell’autorità di Stato e “vietate” alle forze dell’ordine sono ormai diventate 61, sono sempre più estese e 23 di queste, attorno alle città più grandi, sono considerate «particolarmente rischiose». Commissariati chiusi e controllo demandato a 200 gang, perfino le ambulanze chiedono di entrarci con le attrezzature da zona di guerra. Settembre 2018, la superdemocrazia umanitaria da 10 milioni di abitanti si contra con le statistiche inquietanti dell’anno precedente: 320 sparatorie, 110 omicidi e 7.226 stupri denunciati, il 10 per cento in più del 2016. Il 36 per cento delle donne dichiara di sentirsi in pericolo al calare della notte, e i verbali di polizia danno loro ragione: le denunce di violenze sessuali sono triplicate fra il 2012 e il 2016, interessando così il 4,1 per cento di tutte le donne, contro l’1,4 per cento di sei anni prima.

CRIMINI SESSUALI E IMMIGRAZIONE DI MASSA

Aprile 2019, Mario Ajello e Andrea Bassi, inviati del Messaggero, raggiungono Stoccolma e iniziano una lunga inchiesta che aggiorna la narrazione dello Stato vetrina della social democrazia e del progressismo, dove insieme all’hockey sul ghiaccio lo sport nazionale è diventato lo stupro di gruppo: «Secondo i dati del Consiglio nazionale per la prevenzione del crimine, nel 2017 ci sono state 73 aggressioni sessuali per ogni 100 mila abitanti, il 24 per cento in più che negli anni passati. Un’inchiesta della tv svedese Svt ha riportato come il 58 per cento dei condannati per crimini sessuali sia nato fuori dai confini dell’Unione europea. Paulina Neuding, una giornalista svedese di fama internazionale, è stata accusata di xenofobia per aver collegato l’aumento dei crimini sessuali alla migrazione di massa».

https://www.maurizioblondet.it/svezia-il-paradiso-umanitario-ostaggio-degli-immigrati/

L’ASSURDO CASO DELLO STAGISTA

Come spiega ai giornalisti Angry Foreigner, blogger seguitissimo in Svezia, rifugiato di guerra e arrivato dalla Bosnia nel paese da bambino, «qui c’è il pregiudizio che ogni svedese sia un oppressore e ogni immigrato sia un oppresso. (…)  Il solo interrogarsi sui problemi dell’accoglienza è considerato razzismo». Valga su tutti il caso riportato dai giornalisti accaduto al Centro per l’immigrazione della cittadina di  Trollhattan, dove un ragazzo islamista ammesso a uno stage ha denunciato la dirigente al centro anti-discriminazioni, colpevole di

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https://www.tempi.it/svezia-il-paradiso-umanitario-ostaggio-degli-immigrati/

 

 

 

 

Tutto pronto per l’avvento di Draghi. Dopo Monti l’euroinomane più impenitente

Il sistema mediatico si sta muovendo. Si sta adoperando a pieno regime per prepararci all’avvento di Draghi

di Diego Fusaro – Mercoledì, 10 aprile 2019

 

L’operazione Draghi è partita. Foto e servizi, articoli e peana. Il sistema mediatico si sta muovendo. Si sta adoperando a pieno regime per prepararci all’avvento di Draghi. Faranno di tutto per farvelo amare, di modo che il popolo accetti ciò che hanno già deciso, senza mediazioni democratiche, ai piani alti: sarà lui, l’euroinomane più impenitente, a comandare per conto della

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http://www.affaritaliani.it/blog/lampi-del-pensiero/tutto-pronto-per-l-avvento-di-draghi-dopo-monti-l-euroinomane-piu-impenitente-598645.html

 

 

 

 

Facebook ha sospeso gli account di tutti i più importanti dirigenti di CasaPound

CasaPound protesta contro la «censura», ma molti hanno notato che in questa storia c’è una certa ironia

9 APRILE 2019

Il partito neofascista CasaPound ha accusato Facebook di censura dopo la sospensione degli account di numerosi dirigenti e militanti del gruppo. L’elenco dei sospesi include, infatti, il presidente di CasaPound Gianluca Iannone, tre consiglieri comunali e altri sei membri del partito, tra cui alcuni candidati sindaci alle prossime elezioni amministrative. Sul sito del suo giornale, Il Primato nazionale, CasaPound ha scritto:

Questi provvedimenti risultano ancora più inaccettabili perché in alcuni casi vanno ad inserirsi in campagne elettorali già attive – come ad esempio a Nettuno –  e in altri casi colpisce consiglieri già eletti andando a ledere le libere scelte del corpo elettorale.

CasaPound attacca quelli che chiama i «censori di Facebook», che accusa di voler danneggiare esplicitamente le forze del «nazionalismo bianco», come CasaPound. «È chiara la presenza di un disegno ben preciso che mira a cancellare le voci dissonanti rispetto alla narrazione dominante». A causare la sospensione sembra sia stata la pubblicazione da parte dei dirigenti di CasaPound di materiale ritenuto

 

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https://www.ilpost.it/2019/04/09/casapound-censura-facebook/

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

I serissimi 90 anni di Max von Sydow

Di cui quasi settanta da attore sempre ammiratissimo, che fosse con Ingmar Bergman o dentro “Game of Thrones”

10 APRILE 2019

Ci sono alcuni attori che nella loro carriera hanno fatto così bene e così tante volte una certa cosa che finiscono per esserne associati per sempre: ed esiste una precisa categoria di personaggio autorevole, anziano, misterioso, laconico e serio che è diventato ormai “un tipo alla Max von Sydow”. Dal suo esordio nel 1951 a oggi, in quasi settant’anni, l’attore svedese più celebre della storia del cinema ha fatto una miriade di film, e in una miriade di questi ha fatto personaggi simili tra loro: il vecchio religioso, il contadino piegato dalla fatica, il padre affranto dal lutto, l’anziano saggio e un po’ criptico. Von Sydow nacque il 10 aprile 1929 a Lund, in Svezia, e oggi compie novant’anni: in buona parte passati – come dice lui stesso – a fare personaggi simili e ad annoiarsi un po’. Ma è anche per questa sua familiare ripetitività che è diventato uno dei più ammirati attori viventi.

È probabile che non ci sarebbe mai stato il Max von Sydow che conosciamo senza Ingmar Bergman, ma si potrebbe sostenere facilmente anche il contrario. Il regista svedese fu quello che lo lanciò alla ribalta del cinema mondiale, dopo averlo conosciuto negli anni Cinquanta a Malmö. Von Sydow si era trasferito dopo essersi diplomato alla scuola di arte drammatica di Stoccolma, e si stava facendo conoscere come straordinario attore teatrale. Bergman era famoso da pochi anni, e prima di fargli fare un film diresse von Sydow a teatro: nel 1957 però gli diede il ruolo da protagonista nel Settimo Sigillo, il celebre film in cui interpreta un cavaliere impegnato in una partita a scacchi contro la morte. Era praticamente un esordio per von Sydow, che aveva avuto una parte secondaria in un film di sei anni prima: ma fu in quel momento che la sua carriera cambiò definitivamente, così come quella di Bergman.

La sua stazza imponente, la sua voce tonante e la sua faccia un po’ strana lo resero da subito un attore molto riconoscibile, con tratti da cattivo e altri da buono, attraente ma non bello nel senso più tradizionale, giovane ma con una gravitas da vecchio saggio. Bergman lo volle con sé per altri dieci film nei successivi quindici anni. Li fece praticamente tutti, da Il posto delle fragole a Come in uno specchio a Passione, talvolta come protagonista e talvolta come personaggio secondario, e in ruoli diversissimi tra loro.

L’enorme successo internazionale di critica di Bergman interessò anche lui, che diventò molto richiesto a Hollywood. Per un po’ non volle andarci, poi fu praticamente costretto e accettò il ruolo di Gesù nel film biblico La più grande storia mai raccontata: andò contro tutto quello che aveva imparato da Bergman, raccontò poi, e diede inizio alla parentesi dei ruoli del vecchio religioso. Furono comunque memorabili, nella maggior parte dei casi: il più celebre oggi è probabilmente quello di padre Merrin in L’Esorcista.

Von Sydow ha recitato in oltre cento tra film e produzioni televisive, alcuni osannati

 

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https://www.ilpost.it/2019/04/10/max-von-sydow/

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

RADICAL CHIC PAGANO LA MENSA AGLI IMMIGRATI: BIMBI ITALIANI ESCLUSI

OTTOBRE 14, 2018         RILETTURA- NON E’ CAMBIATO NIENTE

 

COSA C’E’ CHE NON VA NEL CERVELLO DI QUESTI PERSONAGGI?

 

C’è una componente fortemente minoritaria e residuale della popolazione italiana, probabilmente gli stessi che portano le mogli a fare montare nei club per scambisti, che si eccita nella sodomizzazione etnica. Che nutre un odio profondo – perversione – verso la propria gente: verso se stessa.

Questa componente minoritaria, fatta di radical chic residuali ma benestanti e annoiata, riguardo l’ormai delirante caso di Lodi, in cui il sindaco ha preteso per gli immigrati lo stesso rispetto delle leggi che pretende dagli italiani:

Ha raccolto 17mila euro (secondo altre fonti 90mila) per pagare la mensa ai figli degli immigrati che fingono di essere poveri:

Insomma, gli immigrati scrocconi hanno trovato dei deficienti pronti, almeno sulla

delle famiglie italiane del Piemonte:

Questo è il vero razzismo. Ed è anche una patologia mentale.

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https://voxnews.info/2018/10/14/radical-chic-pagano-la-mensa-solo-agli-immigrati-bimbi-italiani-esclusi/

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

SAN SIRO PARLA ARABO

IL QUARTIERE DI MILANO VICINO ALLO STADIO SI È TRASFORMATO IN UN GHETTO ISLAMICO DA FAR INVIDIA ALLE BANLIEUES DI FRANCIA E BELGIO – ALCUNI CASEGGIATI SONO OFF LIMITS ANCHE PER LA POLIZIA, I POCHI ITALIANI RIMASTI VIVONO BARRICATI IN CASA – E C’E’ CHI DICE: “FONDAMENTALISTI? PER ME LO SONO TUTTI”

Pietro Vernizzi per La Verità

 

La zona di San Siro a Milano come Molenbeek, il comune fuori Bruxelles che ha ospitato i terroristi Amedy Coulibaly e Salah Abdeslam. I palazzoni delle case popolari nelle vie intorno allo stadio Meazza raccolgono una concentrazione di immigrati arabi da fare invidia alle banlieue di Francia e Belgio. Alcuni caseggiati sono off-limits anche per la polizia.

 

Preghiera islamica in Piazza Duomo a Milano

 

Emblematico il caso di via Civitali 30, dove due scale sono totalmente in mano a 100 immigrati abusivi provenienti da Marocco, Egitto, Romania e Perù. Qui l’Aler e le forze dell’ordine non soltanto non riescono a effettuare lo sgombero, ma non possono neppure entrare.

 

Troppo pericoloso, ci spiega Alessandro, che lavora per il Gruppo tutela del patrimonio (Grtp) di Aler, cui spetta il compito di intervenire in questi casi. Nel caseggiato regnano degrado e cartelli in lingua araba, e gli abusivi hanno già fatto in tempo a rimpiazzare le porte divelte con infissi nuovi. La polizia ha paura a entrare in queste scale? Bisogna metterci una bomba, commenta esasperata Teresa, la custode del palazzo rimasta da sola a combattere in questo avamposto del Maghreb.

Via Tracia è divisa esattamente a metà: gli ultimi numeri sono in mano ai nordafricani, mentre nei primi coabitano rom, egiziani e marocchini. Al civico 2, schiacciato tra due enormi palazzoni, c’ è un piccolo centro diurno che ospita 14 malati di Alzheimer. Maria, una dipendente, constata:

 

Tra i giovani arabi che vivono qui molti sono estremisti. In questa zona gli unici italiani rimasti sono pochi anziani, e l’assenza di convivenza è il primo seme del fondamentalismo.

 

Inoltre, è facile osservare i giovani arabi che passano ore senza fare nulla. Quando non riesci ad avere un ruolo nella società grazie al lavoro è inevitabile cercarlo aderendo a organizzazioni radicali. Mentre esco Maria mormora preoccupata: Chiuda bene il cancello prima che entri qualcuno.

 

Antonio, 78 anni, disabile al 100%, è l’unico italiano insieme alla moglie che vive in una scala di soli marocchini in via Preneste. Se c’ è qualche fondamentalista? Per me lo sono tutti, proprio come Anis Amri, il killer di Berlino. Dopo le sei di sera ho paura a mettere il naso fuori di casa e anche con il sole alto dico solo “buongiorno” e “buonasera” ma per il resto non parlo con nessuno.

 

Il degrado di queste vie è inimmaginabile per chi è abituato all’ ordine del centro di Milano. I cumuli di immondizia agli angoli delle strade comunicano un messaggio preciso: chi vive qui non rispetta le regole, non importa se si tratti della raccolta differenziata o del codice penale. Ormai è più facile entrare in Italia dal Nordafrica che allo stadio di San Siro, commenta ad alta voce il barista del Café People di piazzale Segesta, uno dei quattro punti cardinali della Molenbeek di Milano.

Pochi metri più in là in piazzale Selinunte si ergono le insegne in caratteri arabi del Minimarket El Rais. All’ interno un altoparlante trasmette la voce di un imam che recita il Corano. Non posso rispondere, si schermisce il cassiere. Il mio capo, marocchino, è in Germania fino alla settimana prossima. Torni quando c’ è lui.

 

Gli arabi della zona sono una presenza imponente e in queste vie si sente risuonare

 

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CONFLITTI GEOPOLITICI

Sudan, un filo lega il golpe a Libia-Algeria e alla grande sfida sull’Africa

Dietro le nuove primavere arabe in Algeria e in Sudan e agli scontri in Libia si giocano gli interessi sull’Africa di Francia e Russia. E non solo

di Lorenzo Lamperti – 11 aprile 2019

 

Prima la Libia, poi l’Algeria, ora il Sudan. Un filo rosso unisce quello che sta accadendo nell’Africa settentrionale. Con la Francia (e non solo) spettatrice, o addirittura attore in prima persona, più che interessata. Per non parlare di quanto accade in altri paesi del continente come il Zimbabwe. Tre indizi fanno una prova: otto anni dopo sono riesplose le primavere arabe. Ma il timore è che, oggi come allora, le rivoluzioni partite dal basso vengano poi controllate da un potere che può cambiare volto ma che mantiene comunque forte la sua presa. E quanto già accaduto in Egitto (meno in Tunisia, per la verità) potrebbe ripetersi anche in Algeria Sudan, dove Bouteflika Bashir sono stati deposti ma i militari hanno subito preso il loro posto annunciando periodi di transizione che non placano le proteste della popolazione che vuole un reale cambiamento.

LE NUOVE PRIMAVERE IN ALGERIA E IN SUDAN, LO SPETTRO DELLA GUERRA CIVILE IN LIBIA

L’instabilità si sta ormai espandendo a tutta l’Africa settentrionale. Basta consultare una mappa del continente per rendersi conto che il solo Egitto, governato da Al Sisi (non proprio un esempio di leader democratico), è rimasto a fare da argine a un caos che si sta diffondendo a macchia d’olio. In Algeria e in Sudan i vecchi presidenti, al potere da decenni, sono stati messi da parte. In Libia si combatte una guerra civile infinita che si è riacutizzata negli ultimi giorni proprio quando si intravedeva la speranza di una soluzione politica.

POSSIBILI SVOLTE MILITARI IN ALGERIA E SUDAN

Le conseguenze di questa instabilità sono imprevedibili. Gli “uomini forti” che hanno in qualche modo tenuto l’ordine, al prezzo di mancanza di diritti, immobilismo e persino di presunti crimini contro l’umanità come nel caso di Bashir, lasciano il posto a molte incognite. Non solo per le popolazioni libiche, algerine e sudanesi, che rischiano di vedere le loro speranze di cambiamento soffocate da nuove forme di potere militare. Basti vedere a quanto annunciato dall’esercito del Sudan, con la sospensione della Costituzione per due anni che non lascia presagire certo nulla di buono a chi ha condotto la rivolta contro Bashir nelle piazze. Da qui l’invito, sia in Algeria sia in Sudan, dei leader della protesta di andare avanti e non “liberare” le strade con tutte le speranze, ma anche i rischi, che ne conseguono.

FRANCIA, RUSSIA E CINA OSSERVANO CON INTERESSE

La situazione è osservata con attenzione dalle potenze maggiormente presenti in Africa: Francia, Russia e Cina. In primis Parigi, che tra Algeria e Sudan rischia di vedere destabilizzati due paesi che in misura e in modo diverso rappresentano comunque due partner più o meno ufficiali della sua politica (come sempre molto attiva) nel continente africano.

I RAPPORTI TRA FRANCIA E ALGERIA

L’Algeria, paese chiave della cosiddetta Françafrique, era stata “risparmiata” dalle primavere arabe del 2011 ma ora con la deposizione di Bouteflika si è aperto un periodo pieno di punti interrogativi, con il nuovo governo di Bensalah che rischia di essere semplicemente un “finto cambiamento” con un periodo di transizione impervio e pieno di ostacoli. Una situazione che allarma Parigi, che con Algeri ha sempre avuto un rapporto più che profondo derivante dal suo passato coloniale.

I LEGAMI TRA FRANCIA E SUDAN

Diverso il discorso in Sudan. I rapporti tra Parigi e Khartoum sono molto più sotto traccia, anche perché il regime di Bashir è da tempo nel mirino non solo degli Stati Uniti ma anche delle istituzioni internazionali. Negli anni Novanta Bashir ha ospitato Osama bin Laden e sin dai primi anni del suo mandato ha applicato la Sharìa, dando amio spazio a presenze fondamentaliste ed estremiste. L’interminabile guerra con il Sud, a maggioranza cristiana, ha portato alla secessione dopo infinite violenze che sono valse all’ex dittatore anche l’accusa di crimini contro l’umanità alla Corte Penale Internazionale, con un mandato d’arresto mai applicato.

LE APERTURE VERSO IL REGIME DI BASHIR

Eppure, negli scorsi anni era cominciata la “rivalutazione”, quantomeno da un punto di vista pragmatico, del Sudan di Bashir. L’Unione europea ha distribuito centinaia di milioni di euro con la richiesta di svolgere un ruolo di contrasto all’immigrazione clandestina. Nel 2017 Washington ha revocato il blocco economico imposto nel 1997. Dietro la “normalizzazione” del regime di Bashir c’è stata l’opera diplomatica della Francia (ma in certa misura anche dell’Italia), che aveva individuato in Khartoum una buona sponda per aumentare la sua influenza nell’area e in particolare in Libia, paese confinante con il Sudan e nel quale le forze di intelligence di Bashir sono diventate più influenti dopo la caduta di Gheddafi.

QUEGLI INCONTRI A PARIGI…

Come raccontato negli scorsi mesi dall’Indro, i contatti diplomatici tra Francia e Sudan negli ultimi mesi si erano fatti più profondi. A ottobre ci sarebbe stata una cena all’ambasciata sudanese di Parigi alla quale hanno partecipato membri di una lobby governativa francese pro Khartoum ed esponenti strategici di rilievo del regime, tra cui il generale maggiore Salah Gosh, capo dei servizi di sicurezza

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http://www.affaritaliani.it/politica/geopolitica/sudan-libia-algeria-nuove-primavere-arabe-francia-russia-cina-egitto-599075.html

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

LA VENDETTA DELLA ELITE DI POTERE ANGLO-USA CONTRO JULIAN ASSANGE, IL FONDATORE DI WIKILEAKS

11 Aprile 2019 da Redazione

 

L’Ecuador ha negato l’asilo politico al fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, dopo di che il giornalista è stato arrestato dalla polizia britannica su richiesta degli Stati Uniti. Nel prossimo futuro apparirà davanti al tribunale. Mosca ha affermato che il caso ha una base politica: gli Stati Uniti si vendicano di Assange per aver questi denunciato i crimini americani. La Commissione europea ha definito l’incidente una normale “causa giudiziaria” e ha invitato a non intervenire nelle indagini.

L’arresto di Julian Assange non è stato uno sviluppo improvviso, ha riferito a RT il filosofo culturale Slavoj Zizek. Invece questo è stato un atto ben pianificato e il passo finale in una lunga e brutta campagna diffamatoria contro il fondatore di WikiLeaks.

Assange ha il torto di aver partecipato all’esposizione di una serie di azioni chiaramente illegali dell’Occidente, principalmente da parte degli Stati Uniti. Ora questa azione di Assange viene costantemente e cinicamente vendicata “.

Giovedì mattina, dopo essersi rifugiato nell’ambasciata ecuadoriana di Londra, Assange è stato trascinato fuori dall’edificio con la forza dalla polizia britannica. L’arresto arriva dopo che il nuovo presidente filoamericano dell’Ecuador ha ritirato la richiesta di asilo di Assange, e dopo che il caporedattore di WikiLeaks Kristinn Hrafnsson ha affermato che è stata condotta una vasta campagna di spionaggio contro Assange, progettata per tirarlo fuori dal suo rifugio.

Il nuovo governo equadoriano si è venduto Assange al Dipartimento di Stato USA con un prezzo stabilito che si sa molto elevato, hanno riferito fonti vicine al governo di Quito.

“Vogliono dimostrare che nessuno può contare su alcun tipo di protezione, immunità e intercessione. In questo contesto, ricordo la situazione con Edward Snowden, che ha preso l’unica decisione giusta e ha chiesto asilo dalla Russia, chiaramente difendendo la sua sovranità “, ha detto un membro della camera alta del parlamento russo .

L’avvocato di Assange, Jen Robinson, ha sottolineato il ruolo degli Stati Uniti nell’estradizione del suo cliente presso le forze dell’ordine britanniche.

“Assange è stato arrestato non solo per aver violato le condizioni di rilascio su cauzione, ma anche in connessione con la richiesta statunitense di estradizione. Il mandato americano è stato emesso a dicembre 2017 ed è associato a una collusione in cui è implicato il coinvolgimento di Chelsea Manning “, ha spiegato l’avvocato.

La Commissione europea ha definito l’incidente una “causa giudiziale” e ha esortato a non interferire in essa. Lo ha detto la rappresentante ufficiale della CE Margaritis Schinas. Secondo lei, il più alto organo esecutivo dell’Unione europea non commenta la situazione, ma lo segue da vicino.
“La CE presume che questo arresto sia stato effettuato sulla base di un mandato europeo. Quando c’è una sentenza della corte, i funzionari non dovrebbero intervenire “, ha sottolineato il politico europeo. Certo, secondo la Schinas, la libertà di stampa non c’entra, non siamo mica in Venezuela o in Iran.

“Non ero sorpreso”, ha detto Zizek a RT. “Il problema per me è come le persone semplicemente comprenderanno che questo è il risultato della lunga campagna di omicidi sistematici”.

Il primo passo nella campagna, ha detto Zizek, è stato quello di collegare WikiLeaks – uno sbocco giornalistico indipendente noto per la fuga di materiali classificati, che è anche orgoglioso di non aver mai pubblicato informazioni false – con la Russia e Vladimir Putin. Il prossimo passo è stato “l’assassinio di personaggi”. Assange, ha detto Zizek, è stato dipinto come “arrogante”, “paranoico” e persino uno stupratore, nonostante le autorità svedesi abbiano abbandonato tutte le accuse contro di lui nel 2017.

Poi il gossip contro Assange è affondato in un “livello personale incredibilmente sporco,

 

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https://www.controinformazione.info/la-vendetta-della-elite-di-potere-anglo-usa-contro-julian-assange-il-fondatore-di-wikileaks/

 

 

 

 

 

Vendetta: ora Assange potrà morire, estradato negli Usa

Scritto il 12/4/19

«Viviamo in un mondo capovolto: chi lavora per la libertà di parola e il libero giornalismo finisce in galera, chi si macchia di crimini di guerra resta a piede libero». Così lo sceneggiatore Paolo Mosca commenta, su Facebook, l’arresto a Londra di Julian Assange. Uno dei principali motivi per cui Assange è stato arrestato, scrive Mosca, dirigente del Movimento Roosevelt, è il video conosciuto come “Collateral murder”: elicotteri americani uccidono civili iracheni, a Baghdad, sparando nel mucchio. Nessuno di quegli assassini è stato condannato, aggiunge Mosca. In galera ci è finito solo Bradley Manning (oggi Chelsea Manning), cioè l’allora militare Usa che aveva poi inviato il video a Wikileaks, sottolinea Gianluca Ferrara sul “Fatto Quotidiano”, secondo cui «Assange andrebbe premiato, non arrestato». Se ora il governo italiano lo abbandonerà al suo destino, afferma il grillino Alessandro Di Battista, «non ci sarà differenza con gli scendiletto Usa che ci hanno governato negli ultimi trent’anni». Il solo a mobilitarsi per Assange, negli ultimi mesi, era stato Paolo Barnard, protagonista di un lunghissimo sit-it sotto le finestre del “prigioniero”, a Londra, durante le festività natalizie. Unica ammissione ottenuta da Barnard, quella di un giornalista del “Guardian”, Damien Gayle: «Sono stato in ansia a “twittarti”, ma dovevo farlo», gli scrisse Gayle, «perché la libertà di dissenso dovrebbe essere l’anima stessa del mio giornale. Spero non mi licenzino».

Barnard era solo quanto Assange, davanti all’ambasciata ecuadoriana che da 7 anni ospitava il fondatore di Wikileaks, fermato con accuse pretestuose (ipotetico tentativo di stupro, in Svezia). Dapprima trattato come rifugiato politico dall’Ecuador di  Rafael Correa, ultimamente era stato ridotto a ostaggio, nella sede diplomatica londinese del paese centramericano, nel frattempo “normalizzato” dal neo-presidente Lenin Moreno, riallineatosi agli Usa che ora pretendono l’estradizione di Assange. Su “Pandora Tv”, Giulietto Chiesa ha buon gioco nel ricordare che il “ribaltamento del mondo” cui allude Paolo Mosca si specchia ormai anche tra i “whistleblower”: un tempo erano i dissidenti dell’Urss a scappare in Occidente, mentre oggi l’eroe Edward Snowden vive a Mosca, protetto da Putin, dopo aver sollevato lo scandalo mondiale dello spionaggio di massa gestito dalla Nsa, mentre Assange finisce in carcere per aver messo in mostra la brutalità “imperiale” del poteremilitare americano e in particolare la spregiudicatezza criminale di Hillary Clinton. Pino Cabras, deputato pentastellato, sottolinea il coraggio del giornalista australiano: «Attraverso la sua azione ha svelato le condotte illegali o minacciose di organi istituzionali e potentissime lobby».

Di fatto, Wikileaks «ha consentito alla democrazia contemporanea di superare i limiti e le chiusure del giornalismo tradizionale nonché le timidezze dei parlamenti nel correggere i comportamenti opachi di vari governi». Citando una presa di posizione dei 5 Stelle alla Camera, Cabras ricorda che Assange ha dato coraggio alla pratica del “whistleblowing” e dell’obiezione di coscienza fino a farla riconoscere nelle leggi e nei codici etici a tutti i livelli. «Come Movimento 5 Stelle – dicono i parlamentari grillini – abbiamo sentito sin dall’inizio dell’avventura di Wikileaks un interesse per una pratica che valorizzava il controllo dal basso e la democratizzazione dell’informazione nell’ambito di una rivoluzione tecnologica con un grande potenziale di liberazione per individui e popoli. Per questo motivo – aggiungono – riteniamo che debbano essere fatti tutti i possibili passi affinché a Julian Assange sia riconosciuto il valore e il rango politico del suo attivismo, da sempre minacciato con ogni mezzo, che sia salvaguardata la sua incolumità e che non ci siano forzature politiche nelle procedure a cui sarà sottoposto».

La figura di Assange, ricorda Alfonso Bianchi sulla “Stampa”, è diventata sempre più quella di un perseguitato per la libertà di espressione. E in tanti, da semplici cittadini a personalità pubbliche, gli hanno espresso solidarietà al punto da candidarlo al Nobel per la Pace. Nel frattempo, le accuse contro di lui in Svezia sono cominciate a cadere, prima nel 2015 quella per molestie sessuali e poi due anni dopo anche quella per stupro. Ma su Assange continuava a restare in vigore la richiesta d’arresto britannica per il fatto che si era rifiutato di consegnarsi spontaneamente. Assange ha sempre temuto di essere estradato negli Usa, dove ora Donald Trump lo accusa di aver pubblicato documenti riservati del governo, mettendo a rischio la sicurezza nazionale. Dopo il cambio di governo in Ecuador, la vita di Assange a Londra

 

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http://www.libreidee.org/2019/04/vendetta-ora-assange-potra-morire-estradato-negli-usa/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Obama, la guerra finanziaria e l’eliminazione di DSK

di Thierry Meyssan                                 RILETTURA, PER CAPIRE  OGGI LA LIBIA

Non si può capire la caduta di Dominique Strauss-Kahn senza inserirlo nel contesto del progetto che incarnava la creazione di una nuova valuta di riserva internazionale, in programma per oggi 26 maggio 2011. Paradossalmente, un progetto atteso dagli stati emergenti, come pure dalla finanza apolide, ma rifiutata dai complesso militar-industriale israelo-statunitense. Thierry Meyssan alza il velo sul colpo di mano di Obama, per non dovere mantenere gli impegni assunti.

RETE VOLTAIRE | 26 MAGGIO 2011

francesi hanno assistito con stupore all’arresto negli Stati Uniti del loro leader politico più popolare, Dominique Strauss-Kahn. L’ex ministro dell’Economia, l’uomo che era diventato l’alto funzionario più pagato del mondo (stipendio base annuo, bonus esclusi e spese: 461510 USD) e che era sul punto, si diceva, di avvicinarsi alla presidenza della Repubblica. Questa personalità calorosa, nota per il suo appetito a tavola e a letto, a volte accusato di fare politica con dilettantismo mentre amava prendere del tempo per godersi la vita, è accusato di aver violentato selvaggiamente una cameriera in un albergo di Manhattan.

Per sei giorni, i francesi sono rimasti attaccati ai loro teleschermi a guardare inebetiti l’accanimento giudiziaria nei confronti un uomo che erano abituati a considerare come il rimedio possibile, dopo il disastroso quinquennio di Nicolas Sarkozy. La sua caduta è stata anche la fine delle loro illusioni.

Lo spettacolo di questo destino spezzato assomiglia a una tragedia greca. Il detto romano “Arx tarpeia Capitoli proxima” torna sulle labbra: la Rupe Tarpea, dove i condannati a morte venivano lanciati nel vuoto, era così vicina al Campidoglio, luogo simbolo del potere e degli onori.

Indipendentemente da ogni considerazione sulla sua innocenza o colpevolezza, il maltrattamento di una simile elevata personalità non può che causare ansia tra i semplici cittadini: se questi non riescono a difendersi, come possiamo sperare di farlo se fossimo accusati noi come lui?

Ascesa e caduta

Ma i francesi sono un popolo politicizzato, nutrito dalle lezioni di Machiavelli, senza averlo mai letto, si sono affrettati a mettere in discussione la fondatezza delle accuse contro il loro concittadino, DSK. Il 57% di loro, secondo i sondaggi, non crede a questa sordida storia che i media statunitensi si dilettano a raccontare. Alcuni hanno cominciato a immaginare gli scenari di possibili manipolazioni, mentre altri si chiedevano “Cui bono?” (A chi giova?).

In questo gioco, il primo nome che viene in mente è quello di Nicolas Sarkozy. Come non pensare a quando ci si ricorda che è diventato presidente presentando una denuncia contro il suo principale rivale, Dominique de Villepin, e trascinandolo in un caso rocambolesco di documenti falsi. Allora perché non un nuovo complotto per far fuori un nuovo concorrente?

Vignetta di Plantu apparso su Le Monde del 25 maggio 2011.

E non importa che i due uomini avevano bisogno l’uno dell’altro per preparare i prossimi vertici internazionali, né che erano entrambi asserviti al Signore Supremo degli Stati Uniti. Sappiamo che i peggiori crimini richiedono il sangue di amici o meglio, dei parenti.

Inoltre, i francesi ignorano i legami di DSK [1], come hanno ignorato quelli di Nicolas Sarkozy, quando l’hanno eletto [2]. Mai la stampa li aveva informati che negli anni ’90, durante la sua traversata del deserto politico, è stato assunto come professore alla Stanford University da una certa Condoleezza Rice. Non sapevano che lui e i suoi luogotenenti Pierre Moscovici e Jean-Christophe Cambadelis erano responsabili del finanziamento del partito socialista e della Fondation Jean-Jaurès dal National Endowment for Democracy la facciata legale della CIA [3]. Non hanno seguito i suoi numerosi lavori e contratti con i think tank atlantisti, la German Marshall Fund of the United States [4] o il Bilderberg Group [5]. In definitiva, non sanno nulla del suo impegno per l’integrazione della Francia e dell’Europa in un mercato unico transatlantico, dominato dagli Stati Uniti.

I francesi non conoscevano i suoi stretti legami con Israele. Guidava, in seno al Partito Socialista il Circolo Blum, dal nome di un ex primo ministro ebraico. Questa discreta e potente lobby sorveglia, lontano dalla scena politica, tutti coloro che vorrebbero contestare il progetto sionista. Così fa cadere delle teste, come il politologo Pascal Boniface, che ha evidenziato carattere elettoralmente controproducente del supporto a Tel Aviv, in un paese dove il 10% della popolazione è di cultura araba. DSK ne se cache pourtant pas. DSK non copre ancora. Afferma senza mezzi termini: “Credo che ogni ebreo della diaspora e della Francia dovrebbe fornire un aiuto a Israele. É perciò importante che gli ebrei si assumano delle responsabilità politiche. Insomma, nelle mie funzioni e nella mia vita quotidiana, attraverso tutte le mie azioni, cerco di apportare la mia modesta pietra all’edificio di Israele“. Strano per qualcuno che è in corsa per la presidenza francese. Poco importa, è così gioviale.

Tuttavia, nulla è stato risparmiato a Dominique Strauss-Khan e a coloro che lo amano: mentre lui è stato posto in custodia cautelare, poi in detenzione, senza aver mai la possibilità di parlare, il Procuratore di New York ha fatto distribuire ai media un atto d’accusa dettagliato.

Vi si legge la descrizione freddamente clinica dei reati imputati: “L’imputato ha tentato di avere, con la forza, sesso orale e anale con una terza persona; l’imputato ha cercato, con la forza, di avere rapporti vaginali con una terza persona, l’imputato ha forzato una terza persona a un contatto sessuale; l’imputato rapito una terza persona; l’imputato ha costretto una terza persona al contatto sessuale senza consenso; l’imputato ha intenzionalmente e senza giustificati motivi, toccato i genitali ed altre parti intime di una terza persona, al fine di umiliare la persona e abusare di lei, e al fine di soddisfare i desideri sessuali dell’accusato.

Questi crimini sono stati commessi nelle seguenti circostanze: Il sottoscritto dichiara di essere stato informato da qualcuno conosciuto dall’ufficio del procuratore che l’ha accusato di 1) aver chiuso la porta della stanza e impedito la denunciante di lasciare questa sala, 2) di essersi seduto sul petto della denunciante, senza il suo consenso, 3) ha cercato di rimuovere con la forza i collant di questa persona e di toccarle i genitali con la forza, 4) costretto la bocca della denunciante a toccare il suo pene per due volte, 5) aver commesso questi atti usando la forza fisica.

Tutto questo sventolato per giorni sul telegiornale delle 20h, con grande dettaglio, sotto gli occhi spalancati di genitori che rientrano dal lavoro, e di fronte a bambini terrorizzati che abbassano il loro naso sul loro piatto di minestra.

Lo shock culturale

Nessuno sa chi è il più traumatizzato: l’economista brillante che avrebbe salvato l’umanità dalla crisi finanziaria, viene improvvisamente ridotto al rango di criminale infame, o le persone che aspiravano al riposo e stavano pensando a scegliere un leader, e si vedono costrette ad osservare ancora una volta la violenza degli Stati Uniti.

A questo proposito, i francesi sono in cerca delle scuse al sistema giuridico anglo-sassone che scoprono. Certo, avevano già visto queste parodie di giustizia nella serie televisiva, ma non hanno mai pensato che ciò fosse vero. E il sistema extragiudiziale, Guantanamo e le prigioni segrete, di cui non hanno mai voluto saperne. Alcuni commentatori hanno tentato di spiegare la durezza della polizia e del primo giudice come il desiderio di trattare allo stesso modo i potenti e i deboli. Eppure, tutti hanno letto le opere di famosi sociologi che dimostrano che in questo sistema iniquo il denaro regna, e la giustizia è di classe.

I francesi, inoltre, hanno accettato acriticamente le critiche anglo-sassone. Tutto questo è colpa della stampa francese, si poteva leggere, che non ha mai indagato sulla vita sessuale sfrenata di Strauss-Kahn, in nome del rispetto della sua privacy. Tuttavia, continuano i puritani, colui che seduce apertamente le donne, e anche la stampa, a volte sbandano, è un potenziale stupratore. “Chi ruba un uovo, ruba un bue!“. Sulla copertina, Time Magazine presenta DSK e altri come lui, come un maiale. Nessuno ha rilevato che l’imputato era il direttore del FMI a Washington, da 3 anni senza che la stampa anglosassone, che impartisce lezioni, abbia indagato sui suoi presunti vizi occulti.

L’accusa aveva aperto il sospetto, tutti si ricordano, ma un po’ più tardi, che nel 2002 DSK aveva cercato di abusare una bella giornalista, Tristane Banon. Quando lei aveva chiesto una intervista, era stata invitata in un appartamento privato, situato nel quartiere storico del Marais, a Parigi. Aveva accolto la giovane donna in un grande loft, privo di mobili ad eccezione di un letto. E siccome questa bellezza non cedeva al libertino, l’aveva picchiata.

Forse a New York, questa violenza aveva travolto l’uomo galante, e l’aveva trasformato in un criminale?

Nulla permette di immaginarlo, tanto più che DSK non è un celibe frustrato. E’ sposato con una star televisiva, Anne Sinclair, che era la giornalista favorita dai francesi, prima di abbandonare il suo lavoro per accompagnarlo nella sua carriera. I francesi l’hanno ritrovata al tribunale, quando Dominique Strauss-Kahn è apparso, ancora più bella e volitiva, nonostante gli anni in più. Nipote di un grande mercante d’arte, ha una fortuna familiare notevole. Senza esitare, è venuta da Parigi per pagare un milione di dollari di cauzione e offrire cinque milioni di dollari in garanzie bancarie aggiuntive. In quesl momento, questa donna di denari era pronta a cedere tutto per salvare il marito dalle grinfie laceranti della giustizia degli Stati Uniti. Era tanto più ammirevole. É lei che non si alterava per le sue buffonate, e che amava accompagnarlo alla Chandelle, un club per scambisti parigini.

DSK, lo zimbello della farsa.

In ogni nazione degna di questo nome, non si sarebbe sopportato vedere una celebrità che puntava ad essere eletta presidente e incarnare il paese, apparire ammanettato tra i poliziotti dell’FBI e gettato nella parte posteriore di un’auto, come un delinquente, esposto in tribunale senza essersi potuto fare la barba. Probabilmente si sarebbe assediata l’Ambasciata USA, cantando inni patriottici. Non in Francia. Qui si ammirano troppo gli “americani“. Li si contempla come il coniglio è ipnotizzato dal cobra. Ed è difficile ammettere che non si è al centro del mondo, che se c’è complotto, non è nato sulle rive della Senna, ma sulle rive del Potomac.

Il sequestro

DSK è colpevole di stupro o è vittima di un complotto? Basta pensarci per risolvere la questione.

L’imputato avrebbe passato la notte con una ragazza squillo. Avrebbe violentato la cameriera al brunch della mattina, e poi presumibilmente è andato tranquillamente a fare colazione con sua figlia, una studentessa della Columbia University. Infine, avrebbe preso il suo aereo prenotato da alcuni giorni per incontrarsi con la Cancelliera Angela Merkel a Berlino. Era comodamente seduto in uno aereo della Air France, quando è stato arrestato, dieci minuti prima del decollo.

Secondo l’equipaggio, gli agenti del Nucleo vittime speciali (della serie Law and Order SVU [6]) non hanno chiesto ai loro omologhi dell’aeroporto di procedere all’indagine, ma hanno insistito nel farlo loro stessi, nonostante il rischio di arrivare troppo tardi. Per evitare che DSK non fosse preavvertito, hanno chiesto che si disturbassero i telefoni in quella zona dell’aeroporto, il tempo necessario al loro arrivo [7]. Tuttavia, tale interferenza non era responsabilità di una squadra normale. Questa è proprio una questione di sicurezza nazionale.

Quando l’indagato è stato preso in custodia, è stato escluso da qualsiasi contatto esterno se non con i suoi avvocati, come prevede la legge negli Stati Uniti. Ma quando la giudice Melissa Jackson l’ha preso in custodia, è stato nuovamente isolato dall’esterno. Senza motivo. Il fermo era stato spiegato necessario, perché il convenuto poteva fuggire in Francia, con la quale lo Stato di

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https://www.voltairenet.org/article170084.html

 

 

 

 

 

 

Il Punto di Giulietto Chiesa: Perché ce l’hanno tanto con Assange

VIDEO QUI: https://youtu.be/jynyLSKTlw4

https://www.youtube.com/watch?v=jynyLSKTlw4

 

 

 

 

DIRITTI UMANI – IMMIGRAZIONI

Per il Pd non è mai abbastanza. E regala altri milioni agli immigrati

Zingaretti attacca Salvini: “Voglio aiutare i tanti invisibili creati dal decreto Sicurezza”. E stacca un assegno da 1,2 milioni per finanziare l’accoglienza

Sergio Rame – Gio, 11/04/2019

Altri soldi a pioggia. E tutti per finanziare altri progetti a sostegno dell’accoglienza.

 

A questo giro è la Regione Lazio, guidata dal segretario piddì Nicola Zingaretti, a staccare un assegno da 1,2 milioni di euro “per interventi di integrazione sociale dei titolari di protezione internazionale e dei beneficiari di permesso di soggiorno per motivi umanitari, usciti dalla strutture residenziali”. Una mossa politica, fatta a ridosso delle elezioni europee, per andare contro Matteo Salvini e la linea dura per contrastare l’immigrazione clandestina. “Vogliamo aiutare i tanti invisibili creati dal decreto Sicurezza approvato dal governo”.

Con lo stanziamento di oggi Zingaretti e la sua Giunta hanno voluto mandare un segnale chiaro al governo gialloverde e, in modo particolare, a Salvini. “In questo modo – ha spiegato il governatore della Regione Lazio – vogliamo restituire l’umanità perduta alle persone in difficoltà”. I soldi finiranno direttamente nelle casse di quei Comuni che hanno attivato “percorsi di accoglienza e di integrazione”“Quello che fino ad oggi è stato fatto in diverse realtà locali – ha continuato – è la dimostrazione che è possibile un altro approccio nella gestione dei flussi migratori. E così a Roma Capitale saranno erogati 362.109 euro, mentre al restante territorio laziale saranno destinati 837.890 euro. Di questi ventimila euro finiranno a Castelnuovo di Porto dove è stato chiuso il Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara). Per poter accedere ai fondi, gli enti titolari di un progetto di accoglienza ex Sprar dovranno presentare “una proposta volta all’inclusione sociale dei migranti, con particolare riferimento alle situazioni di fragilità e vulnerabilità”.

“Lo scopo della Regione – ha spiegato l’assessore alle Politiche sociali, Welfare ed Enti locali, Alessandra Troncarelli – è sostenere i Comuni che hanno scelto di aderire al Siproimi per l’inserimento socio-economico e la promozione della partecipazione attiva degli stranieri all’interno della comunità che li ospita”. I progetti dovranno intervenire su queste linee di azione: percorsi per la realizzazione della piena autonomia, con particolare riferimento alle famiglie fragili con minori e ai nuclei familiari monoparentali, nonchè a donne a rischio tratta o sfruttamento; interventi rivolti ai neomaggiorenni, arrivati in Italia come minori stranieri non accompagnati e ora usciti dall’accoglienza; rafforzamento

 

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http://www.ilgiornale.it/news/politica/pd-non-mai-abbastanza-e-regala-altri-milioni-agli-immigrati-1678094.html

 

 

 

 

 

 

 

Roma, il business dei minori non accompagnati: intascati 2,7 milioni di soldi pubblici

–di Ivan Cimmarusti – 03 aprile 2019

2,7 milioni di euro erogati dall’Amministrazione capitolina per la gestione dei minori migranti non accompagnati finivano «illecitamente» nelle tasche della Virtus Italia. Perché la Onlus invece che accudire i ragazzi tra i 9 e 17 anni che finivano nella sua struttura, li induceva a scappare così da risparmiare e intascare il denaro pubblico.

L’ipotesi dei Pm di Roma ha portato in arresto 22 persone, accusate di abbandono di minore, falso e frode nelle pubbliche forniture. In totale ci sono 25 iscritti nel registro degli indagati. Il Campidoglio ha voluto precisare che «tutti i minori presenti nel centro saranno ricollocati».

I vertici della Onlus
In carcere sono finiti Enrico Sanchi, legale rappresentante della Virtus Italia ascoltato come teste nel processo Mafia Capitale, e Carmine Cerrone, responsabile del centro di prima accoglienza di Villa Spada. Secondo il gip la Onlus avrebbe avuto una «rilevante capacità a delinquere», desumibile anche dalle intercettazioni ambientali dalle quali emerge un atteggiamento di assoluto disinteresse rispetto alle sorti di minorenni abbandonati per le strade della Capitale. Il gip scrivere che risultano «commenti o impressioni davvero

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https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-04-03/roma-business-minori-non-accompagnati-intascati-27-milioni-soldi-pubblici–140655.shtml?uuid=ABO4LYkB

 

 

 

LUI SI’ CHE AMAVA I BAMBINI NERI – NON COME SALVINI

Maurizio Blondet  9 Aprile 2019

MAMAFRICA, IL FONDATORE DELL’ONG ANTI-SALVINI STUPRAVA BAMBINI AFRICANI

È stato arrestato ieri il presidente della Onlus anti-Salvini di Pollena Trocchia (Napoli). L’uomo, 72enne, fondatore e presidente della Onlus, avrebbe costretto per 7 anni, tra il 2007 ed il 2014 un bambino del Togo a compiere e subire atti sessuali. Le violenze si sarebbero svolte all’interno della casa-famiglia presso la quale era ospite il minore a Togoville, in Africa.

I buoni:

<https://twitter.com/mat_brandi>
https://pbs.twimg.com/profile_images/1033382166221283328/bZB-Ga_Z_normal.jpg

<https://twitter.com/mat_brandi

 

MAMAFRICA, IL FONDATORE DELL’ONG ANTI-SALVINI

il tempo a segnalare pagine e profili razzisti che non volevano importare i bambini africani tanto amati dal loro fondatore:

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https://voxnews.info/wp-content/files/2019/04/MAMAFRICA-672×372.jpg

 

 

 

 

 

 

Papa Francesco bacia i più potenti uomini della finanza mondiale? Una bufala clamorosa!

Aleteia/Gelsomino Del Guercio | 13 MARZO, 2017

L’immagine che fa il giro dei social si riferisce alla visita al memoriale dell’Olocausto a Gerusalemme

VIDEO QUI: https://youtu.be/yFdUayIs-EEv   

Ormai le bufale su Papa Francesco e la Chiesa non si contano più.

L’importante, per chiunque le mette in giro e le condivide, è attaccare il Papa e farlo apparire ciò che non è.

 

LA “TRIADE”

In questo caso parliamo di una foto che ha avuto migliaia di condivisioni sui social network, scatenando l’ira di molti utenti. Si vedrebbe Papa Francesco baciare la mano agli attempati Rockefeller, Rothschild e Kissinger.

Il gesto rappresenterebbe, nell’immaginario collettivo, un Papa e una Chiesa sottomessi ai poteri economico-finanziari e mondialisti (www.kevideo.eu).

Rockefeller è banchiere statunitense nonché uno dei fondatori del gruppo Bilderberg.

Rothschild è l’erede della potente famiglia di banchieri di origini giudaico-tedesca.

Kissinger è un influente esperto di politica ed economia americano di origini ebraiche.

 

LA VISITA AL MEMORIALE

 

In realtà la foto è stata scattata durante la visita di Papa Francesco in Israele nel maggio

 

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https://it.aleteia.org/2017/03/13/bufala-papa-francesco-bacia-massoni-sionisti-rockefeller/

 

 

 

ECONOMIA

Via Quota 100 e ritorno tassa prima casa: ricetta FMI per l’Italia

Con un riferimento indiretto all’Italia, il Fondo segnala come le fragilità del sistema finanziario “sono già elevate in diversi Paesi di importanza sistemica”.

11 aprile 2019 – Non è una novità che il Fondo Monetario Internazionale “detti” le proprie ricette economiche ai paesi in difficoltà. E’ successo diverse volte e nell’ultimo decennio spesso e volentieri le attenzioni del Fondo si sono concentrate sull’Italia, al momento vero e proprio anello debole in Europa. Suggerimenti che provengono da un’istituzione portatrice di interessi privati, non va dimenticato, che tornano a fare capolino in Italia poche ore dopo il via libera governativo al Def.

Ma questa volta l’allarme, oltre che su tasse e pensioni, è focalizzato anche e soprattutto sul sistema bancario. Il timore del rapporto debito-banche con istituti di credito piene di titoli di Stato e rapporto debito/Pil che rimane in salita, unica eccezione nell’Eurozona, rendono l’Italia sorvegliato speciale per il Fmi come attestato dal Global Financial Stability Report.

BANCHE E DEBITO – Il rapporto ha infatti messo in luce diversi problemi per il nostro Paese a cominciare dalla situazione in cui potrebbe ritrovarsi il sistema bancario. “I problemi fiscali in Italia hanno risollevato i timori associati al legame tra il debito sovrano e il settore finanziario nell’Eurozona, un legame al centro della crisi del 2011-12”, sostiene l’FMI nel suo Global Financial Stability Report, sottolineando che “c’è ancora un rischio che il nesso tra il debito sovrano e il settore finanziario possa rafforzarsi“.

In particolare, le banche italiane “come in Spagna, Portogallo e Belgio” hanno “titoli di Stato nazionali nei portafogli” in misura maggiore “rispetto agli asset di un determinato Paese” e questo – fa notare l’istituto di Washington – “non fa altro che aumentare l’esposizione ai bond sovrani, specialmente se il rating viene tagliato”.

A ciò si aggiunge il rischio che “shock sovrani e finanziari possono colpire aziende e famiglie attraverso un rallentamento della crescita e tassi più alti” e “la domanda in calo di bond” che “potrebbe mettere sotto ulteriore pressione i rendimenti, aumentando ancora di più i costi di finanziamento e le perdite”. Per questo, spiega l’Fmi, “è necessario continuare nella riduzione dei non performing loan”.

DEFICIT/PIL – Altro tema delicato riguarda il rapporto tra deficit e il Pil italiano che,come già anticipato nel World Economic Outlook (Weo) pubblicato ieri, viene visto in netto peggioramento al 2,7% e non più all’1,7% calcolato in autunno; nel 2020, il dato è atteso al 3,4% e non più all’1,9%. Per il 2021, il dato stimato è del 3,5% e non un 2%; per il 2022

 

Continua qui:

https://quifinanza.it/soldi/fmi-in-italia-rischi-da-legame-debito-banche/268560/

 

 

 

 

 

La verità sul debito italiano

29 Marzo 2019ilariabifarini

Ma quando si è creato il fardello del debito pubblico italiano? Tutto parte nel 1981, in cui accade un evento epocale, che fa da spartiacque nella storia della sovranità economica italiana: il famoso divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro. Con un atto quasi univoco, cioè una semplice missiva all’allora governatore della Banca d’Italia, Carlo Azeglio CiampiAndreatta mette fine alla possibilità del governo di finanziare monetariamente il proprio disavanzo. Rimuovendo l’obbligo allora vigente da parte di Palazzo Koch di acquistare i titoli di Stato emessi sul mercato primario, la Banca d’Italia dismette il ruolo di prestatrice di ultima istanza. D’ora in poi, per finanziare la propria spesa pubblica, l’Italia deve attingere ai mercati finanziari privati, con la conseguente esplosione dei tassi d’interesse rispetto a quelli garantiti in precedenza. Ma non solo: viene rivisto il meccanismo di collocamento dei titoli di Stato, introducendo il cosiddetto «prezzo marginale d’asta», che consente agli operatori finanziari di aggiudicarsi i titoli al prezzo più basso tra quelli offerti e, quindi, al tasso di interesse più alto. Ad esempio, se durante un’emissione di 50 miliardi di Btp, 40 vengono aggiudicati a un rendimento del 3%, mentre il restante al 5%, alla fine tutti i 50 miliardi saranno aggiudicati al 5%!

Spread e debito pubblico: fanno ormai parte delle nostre vite, ne sentiamo parlare continuamente, ossessivamente, tanto da preoccuparcene più della disoccupazione giovanile a livelli inverosimili e di una mancata crescita che ormai ci sta traghettando dalla crisi alla recessione. Eppure l’opinione pubblica ha talmente interiorizzato la narrazione mercato-centrica del mainstream che non sembra credere ad altro: siamo stati spendaccioni irresponsabili (PIIGS) e dobbiamo dunque espiare le nostre colpe con una giusta dose di rigore e disciplina. Dunque l’austerity è la giusta – nonché unica – strada da percorrere, così come vuole l’approccio dogmatico del modello economico neoliberista, il tatcheriano «tina», there is no alternative. Abbiamo un debito pubblico intorno al 130% del Pil, secondo in Ue solo a quello della Grecia, per cui meritiamo la condizione di sorvegliati speciali di Bruxelles e di essere dunque defraudati di una nostra politica fiscale autonoma (di quella monetaria siamo già stati privati). È la strada indicata dalla «virtuosa» Germania, esempio di disciplina e rispetto delle regole per noi italiani, così dissoluti e un anche un po’ scostumati.

Gli effetti sono tanto disastrosi quanto immediati: l’ammontare di debito, che nel 1981 era intorno al 58,5%, dopo soli tre anni raddoppia e nel 1994 arriva al 121% del Pil. Come riportato dallo stesso Andreatta alcuni anni dopo, questo stravolgimento strutturaleera necessario per salvaguardare i rapporti tra Unione europea e Italia, e per consentire al nostro Paese di aderire allo Sme, ossia l’accordo precursore del sistema Euro. Quando l’Italia fa il suo ingresso nell’Euro non risponde ai parametri del debito pubblico richiesti da Maastricht, ma l’interesse politico e l’artefatto entusiasmo generale per la sua partecipazione hanno la meglio. Sarà la crisi del 2008 a far emergere tutti i limiti e la fallimentarietà di un’area valutaria non ottimale e insostenibile come l’Eurozona: l’Italia, come altri Paesi, senza la possibilità di ricorrere alla svalutazione del cambio, non riesce a recuperare terreno. Il debito pubblico, che finora era rientrato in una fase discendente,

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Draghi affossa l’euro con “Whatever it takes” 2.0

10 Aprile 2019, di Daniele Chicca

 

Una serie di dati macroeconomici negativi in Eurozona e la revisione al ribasso delle stime dell’FMI sulla crescita dell’area mettono ulteriore pressione su Mario Draghi. Il quale ha sottolineato infatti che una crescita più lenta rende necessaria una politica monetaria espansiva. “Siamo pronti a usare tutti gli strumenti necessari. Tutti gli strumenti“, ha dichiarato durante al consueta conferenza stampa successiva alla decisione sui tassi di interesse.

A luglio 2012, all’apice della crisi del debito sovrano, Draghi ha “salvato” l’euro dichiarando che la Bce avrebbe fatto tutto il necessario (“whatever it takes”) pur di salvaguardare la moneta unica. Lasciando intendere che la banca centrale era pronta a tutto.

Le dichiarazioni da colomba odierne riecheggiano in un certo senso il “whatever it takes” di sette anni fa. Le parole accomodanti hanno penalizzato l’euro che sul Forex si è piegato. La moneta unica è scesa sotto 1,1241 dollari. Detto questo, si tratta soltanto di promesse ma la Bce ha le armi spuntate e non ha nei fatti annunciato alcuna modifica ai suoi piani per il 2019. I tassi di riferimento e le politiche rimangono accomodanti, ma invariate.

 

La reazione dei mercati alla presa di posizione di Draghi

I mercati reagiscono bene con l’assenza di novità che viene interpretata come una buona notizia. La Bce prevede che il costo del denaro rimarrà ai livelli attuali “almeno fino alla fine del 2019”. La dichiarazione è in linea con quella dell’ultima riunione e delle attese di mercato. Nonostante la frenata dell’economia, la banca centrale non intende adottare altre misure extra a parte il terzo round di TLTRO varato a inizio anno. Un programma i cui dettagli non sono stati annunciati, in quanto “dipenderanno dall’economia”.

Secondo l’ex CEO di Pimco Mohamed El Erian, l’atteggiamento di Draghi durante la conferenza stampa è stato decisamente sulla difensiva. Una conseguenza inevitabile del fatto che l’efficacia delle misure straordinarie per stimolare l’economia è ormai “esaurita”.

Per Julien-Pierre Nouen, Head of Economic Research & Multi-Asset di Lazard Frères Gestion non si è trattato di un incontro operativo, ma della “dimostrazione di una presa di posizione”. I dettagli su TLTRO III verranno definiti in seguito. L’informazione principale è la conferma che la BCE potrebbe considerare un modo per mitigare l’impatto dei tassi di interesse negativi sull’intermediazione bancaria.

“Eppure Draghi ha mostrato fermezza verso le banche, ricordando che esiste un eccesso di capacità nel settore e che l’alta incidenza dei costi sui ricavi è probabilmente una causa maggiore di bassa redditività rispetto ai tassi negativi. Per quanto riguarda l’economia, la BCE riconosce che vi sono alcuni segnali di indebolimento ma che esiste anche una certa forza di base nell’economia dell’area dell’euro e che i fattori che frenano la crescita stanno svanendo.

“Di conseguenza, l’attuale posizione rimane appropriata, ma la BCE è pronta ad agire qualora si dovessero concretizzare rischi negativi. Ha sottolineato che, se necessario, la BCE potrebbe usare tutti gli strumenti in suo possesso”.

 

Bilancio Bce vicino a nuovi record

L’andamento dell’attività economica sarà moderata quest’anno. L’Eurozona

 

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https://www.wallstreetitalia.com/draghi-spiega-come-la-bce-intende-aiutare-leconomia-video/

 

 

 

 

Geopolitica del petrolio al tempo di Trump

di Thierry Meyssan

Gli Stati Uniti sono diventati i primi produttori mondiali di idrocarburi. Già ora sfruttano la posizione dominante esclusivamente per massimizzare i profitti, senza esitare a eliminare i grandi produttori rivali, sia pure a prezzo di precipitare intere popolazioni nella miseria. L’accesso al petrolio fu in passato, con Carter, Reagan e Bush senior, un bisogno vitale dell’economia; con Clinton fu un mercato da manovrare; con Bush junior e Obama una risorsa in via di esaurimento di cui controllare il rubinetto. Con Trump gli idrocarburi sono tornati a essere l’oro nero. Thierry Meyssan ripercorre le evoluzioni di questo sanguinoso mercato.

RETE VOLTAIRE | DAMASCO (SIRIA) | 9 APRILE 2019

L’economia dipende innanzitutto dall’energia di cui dispone: un bisogno che da sempre è stato una delle principali cause di guerra. Un tempo si trattava di fare schiavi gli esseri umani per sfruttarli nei campi; nel XIX secolo di appropriarsi del carbone per alimentare le macchine; oggi di impadronirsi degli idrocarburi, ossia di petrolio e gas.

Per nascondere a sé stessi questa logica, gli uomini da sempre s’inventano buonissime ragioni per giustificare le proprie azioni. Così, noi pensiamo che:

l’Iran venga sanzionato per il suo programma militare nucleare, sebbene l’abbia bloccato nel 1988;
gli impianti e i beni della PDVSA [compagnia petrolifera statale vnezuelana, ndt] siano stati sequestrati per trasferirli dal dittatore Maduro a Juan Guaidò e compari, sebbene il primo sia il presidente del Venezuela costituzionalmente eletto e il secondo un usurpatore;
gli Stati Uniti mantengano le loro truppe in Siria per sostenere gli alleati kurdi di fronte al dittatore al-Assad, sebbene questi kurdi siano dei mercenari che non rappresentano il loro popolo, mentre al-Assad è stato democraticamente eletto.

 

Sono narrazioni che non corrispondono in alcun modo alla realtà. Vogliamo credervi pensando di trarne profitto.

Il mercato mondiale

Gli idrocarburi sono il primo mercato mondiale. Sopravanza quello alimentare, quello delle armi, quelli dei farmaci e delle droghe. Prima di diventare, negli anni Sessanta, riserva di caccia degli Stati, questo mercato era gestito da società private. Con il progresso economico, sono via via entrati nuovi attori e il mercato è diventato più imprevedibile. Dal crollo dell’URSS fino al ritorno della Russia, è diventato anche molto più speculativo e subisce oscillazioni da 1 a 4 nei prezzi di vendita.

Non si può anche non constatare che numerosi giacimenti, dopo essere stati a lungo sfruttati, si esauriscono. Alla fine degli anni Sessanta, i Rockefeller e il Club di Roma hanno reso popolare la teoria secondo cui gli idrocarburi, essendo energie fossili, sono limitati. Orbene, a smentita di questo assunto, l’origine degli idrocarburi è ignota. L’ipotesi è che probabilmente siano fossili, ma potrebbero anche non esserlo. Del resto, anche se gli idrocarburi fossero rinnovabili, questo non impedirebbe loro di esaurirsi per il super-sfruttamento (teoria del picco di Hubert). In particolare, il Club di Roma ha studiato il problema partendo da un’idea aprioristica malthusiana: doveva dimostrare che la popolazione mondiale deve essere limitata perché la Terra ha risorse limitate. L’assunto secondo cui il petrolio si esaurisce è solo un argomento per giustificare la volontà dei Rockefeller di limitare lo sviluppo demografico delle popolazioni povere. In mezzo secolo e per cinque volte di seguito si è creduto che il petrolio si sarebbe esaurito negli anni immediatamente a venire. Invece oggi è dimostrato che esistono riserve sufficienti per almeno un altro secolo.

I costi molto variabili dello sfruttamento (una gradazione che va da 1 in Arabia Saudita a 15 negli Stati Uniti), i progressi tecnici, le considerevoli oscillazioni dei prezzi, nonché il dibattito ideologico hanno a più riprese reso incerto il rendimento degli investimenti. Ora, tenuto conto dei tempi tecnici, ogni interruzione degli investimenti nella ricerca, nello sfruttamento e nel trasporto causa una penuria di prodotti nei successivi cinque anni. È quindi un mercato particolarmente caotico.

La politica mondiale dell’energia

La creazione nel 1960 dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEP), per iniziativa del venezuelano Juan Pablo Pérez Alfonzo, ha progressivamente trasferito il potere di fissare i prezzi dalle compagnie petrolifere agli Stati esportatori. Questo passaggio si è manifestato durante la guerra di Egitto e Siria contro Israele del 1973, chiamata in Occidente “guerra del Kippur”, e la crisi petrolifera mondiale che ne seguì.

Gli Stati Uniti, che erano la prima potenza mondiale, hanno adottato nel tempo differenti politiche riguardo agli idrocarburi.
Il presidente Jimmy Carter ha ritenuto che per il Paese, che aveva assoluto bisogno di questa fonte energetica, l’accesso al petrolio del Medio Oriente fosse una questione di «sicurezza nazionale». Arabi e persiani non potevano rifiutarsi di vendergli l’oro nero e nemmeno alzarne smodatamente il prezzo.
Il presidente Donald Reagan creò il Comando degli Stati Uniti per il Medio Oriente (strutturato secondo la conoscenza dell’epoca dei giacimenti petroliferi), il CentCom. Per applicare la politica del suo predecessore negoziò basi militari permanenti e cominciò a inviare truppe nella regione.
Il presidente George Bush senior prese la testa di una coalizione, pressoché universale, e schiacciò l’Iraq, che aveva pensato di poter scegliersi gli sbocchi delle esportazioni e tentato di recuperare i pozzi del Kuwait, sottrattigli dai britannici.

Il presidente Bill Clinton e il suo vicepresidente Al Gore ereditarono un mondo unipolare, senza l’URSS. Delinearono una carta di corridoi con cui solcare il mondo (gasdotti, autostrade, ferrovie, linee internet) e di operazioni militari per costruirli e renderli sicuri. Un esempio: la guerra contro la Jugoslavia, necessaria per la costruzione dell’8° corridoio.
Il presidente George Bush junior e il suo vicepresidente Dick Cheney, convinti che gli idrocarburi si sarebbero presto esauriti, lanciarono una serie di guerre non già per impadronirsi dell’oro nero, bensì per controllarne la produzione e il mercato. Ritornando alla teoria malthusiana della fine imminente delle risorse energetiche, volevano scegliere i Paesi che avrebbero avuto diritto di accedervi per far vivere le proprie popolazioni.
Il presidente Barack Obama colse l’opportunità del gas e del petrolio di scisto e decise di favorirne l’estrazione. Sperava così di sottrarre gli Stati Uniti alla maledizione malthusiana.
Il presidente Donald Trump arrivò al potere quando gli USA erano diventati il primo produttore mondiale di idrocarburi. Decise quindi di sconvolgerne la strategia.

La politica di Donald Trump

Quando il presidente Trump designò alla direzione della CIA il rappresentante del Kansas, Mike Pompeo, interpretammo questa inattesa nomina in ragione della difficoltà del presidente di trovare alleati nel Partito Repubblicano, che aveva appena preso d’assalto. Trascurammo che Pompeo, dal 2006 al 2010, fu a capo della fabbrica di componenti per idrocarburi Sentry International. Sapeva come funziona il mercato e ne conosceva personalmente i principali protagonisti a livello mondiale. Nello stesso momento il presidente Trump nominò segretario di Stato Rex Tillerson, amministratore delegato di una delle principali società di idrocarburi, Exxon-Mobil. Avremmo dovuto capire che la politica energetica sarebbe stata il cuore dell’amministrazione Trump.

È evidentemente impossibile tracciare un bilancio dell’azione di Pompeo a capo della CIA. Tuttavia si può pensare che gli obiettivi di allora non fossero lontani da quelli di oggi. Ebbene, si dà il caso che ora li abbia rivelati.

Una società di consulenza, creata dallo specialista incontestato del mercato degli idrocarburi Daniel Yergin, organizza ogni anno un incontro internazionale sull’evoluzione della situazione. il Congresso 2019 (CERAweek, tenutosi a Houston, Texas, dal 9 al 13 marzo scorsi) è stato la più vasta riunione internazionale sul tema della storia. Vi hanno partecipato i dirigenti esecutivi delle principali società di 78 Paesi. Il clou dello spettacolo è stato l’intervento del segretario di Stato Mike Pompeo. Tutti i partecipanti erano stati avvertiti dell’importanza del discorso di Pompeo, sicché è stato l’unico momento in cui l’immensa sala era stracolma.

Pompeo, dopo aver salutato gli ex colleghi, si è felicitato delle incredibili performance dell’industria petrolifera del Paese che, in sei anni, è diventata la prima produttrice al mondo di idrocarburi, grazie alle nuove tecniche di estrazione dallo scisto. Ha annunciato di aver istituito al dipartimento di Stato un ufficio speciale per la gestione delle risorse energetiche. A lui dovranno d’ora innanzi far capo i dirigenti delle società USA del settore: suo compito è aiutarle a espugnare mercati esteri, esse in cambio dovranno aiutare a portare avanti la politica energetica del Paese.

Politica che consisterà nel produrre il più possibile negli Stati Uniti, nonché a prosciugare parte dell’offerta mondiale per equilibrare il mercato. Solo in questo modo gli USA riusciranno a vendere gas e petrolio di scisto, la cui estrazione è particolarmente onerosa.

La dottrina Pompeo dice che non conviene ricondurre la produzione mondiale a livello della domanda per mezzo delle quote di produzione, come invece fa da due anni l’OPEP+, bensì chiudendo il mercato ad alcuni grandi esportatori: l’Iran, il Venezuela e la Siria (le cui gigantesche riserve sono state scoperte solo recentemente e non sono ancora sfruttate). Il progetto del NOPEC (No Oil Producing and Exporting Cartels Act) dovrebbe essere rispolverato. Questa proposta di legge, di cui in due decenni sono state depositate al Congresso molte varianti, mira a sopprimere l’immunità sovrana che i Paesi dell’OPEP reclamano per costituirsi in cartello, nonostante le leggi

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https://www.voltairenet.org/article206008.html

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Mps, il Tesoro respinge l’azione di responsabilità a Profumo e Viola

–di Gerardo Graziola – 11 aprile 2019

assemblea di Banca Monte dei Paschi ha respinto con il voto determinante del Ministero dell’Economia l’azione di responsabilità nei confronti dell’ex presidente Alessandro Profumo e dell’ex amministratore delegato Fabrizio Viola presentata dal socio BlueBell.

L’assemblea ha poi respinto con la stessa ampia maggioranza (99% del capitale presente) una seconda mozione che chiedeva l’azione di responsabilità verso l’attuale presidente, Stefania Bariatti, l’amministratore delegato Morelli, il Vicepresidente Turicchi e altri due consiglieri della banca tutti in carica nel 2015 quando fu redatto l’ultimo documento finanziario, la semestrale, che per l’azionista che ha presentato la proposta di azione di responsabilità era non conforme.

La proposta contro Profumo e Viola ha preso origine dal rinvio a giudizio nell’aprile del 2018 dei due ex top manager della banca con l’accusa di false comunicazioni sociali e manipolazione informativa per l’errata contabilizzazione di miliardi di derivati come titoli di Stato nei bilanci dal 2012 al 2015. È la questione della contabilizzazione dell’operazione Alexandria con Nomura realizzata nell’estate del 2009. In quell’anno Morelli era tra i manager della banca e, come ha ricordato in assemblea in un confronto con il rappresentante del socio BlueBell Partners, «mi opposi all’operazione con Nomura, chiesi un audit e quando vidi che non veniva fatto mi dimisi».

Morelli apre a una revisione del piano
Durante l’assemblea è intervenuto l’amministratore delegato Morelli, il quale ha ricordato che la richiesta di revisione dei paletti del piano di ristrutturazione del Monte dei Paschi spetta al ministero dell’Economia nel negoziato con la Commissione Europea, ma certamente il management della banca lo auspica.
Nella risposta ad un socio, Morelli ammette: «Certo in astratto, alla luce del quadro

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https://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2019-04-11/mps-tesoro-respinge-l-azione-responsabilita-profumo-e-viola-170919.shtml?uuid=ABm2mUnB

 

 

 

 

Mps, AD Morelli: cessioni NPL per 29 miliardi, nessun’altra banca al mondo come noi

11/04/2019 14:13 di Laura Naka Antonelli

 

“Non esiste nessun’altra banca al mondo, per quanto di mia conoscenza, che abbia ridotto di tali dimensioni il portafoglio dei propri crediti deteriorati”. Così Marco Morelli, amministratore delegato di Banca Mps, nel corso dell’assemblea degli azionisti a Siena.

Morelli ha fatto riferimento alla cessione di NPL di Mps, nel corso del 2018, per un valore di 29 miliardi di euro.

Detto questo, la banca continuerà “la strategia radicale di riduzione degli Npl

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http://www.finanzaonline.com/notizie/mps-ad-morelli-cessioni-npl-per-29-miliardi-nessunaltra-banca-al-mondo-come-noi

 

 

 

David Malpass elettro presidente della Banca Mondiale

RETE VOLTAIRE | 8 APRILE 2019

 

Lo statunitense David Malpass è stato eletto presidente della Banca Mondiale per cinque anni. Ex consigliere economico delle amministrazioni Reagan e Bush senior, dovrebbe essere in grado di ridefinire i prestiti per lo sviluppo e di indirizzarli agli Stati in reali difficoltà. Numerosi Paesi, un tempo classificati «in via di sviluppo», continuano a beneficiare dei vantaggi della Banca

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https://www.voltairenet.org/article205983.html

 

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

Il successore di Juncker sarà deciso con il metodo dello Spitzenkandidat

E quindi è il caso di sapere cosa diavolo sia lo Spitzenkandidat

  • 11 APRILE 2019

 

Alle elezioni europee che si terranno a maggio non si rinnoveranno solo i seggi del Parlamento Europeo, ma anche gli incarichi più importanti della Commissione Europea, l’organo esecutivo dell’Unione. Dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel 2009, le elezioni europee e la nomina della Commissione sono legate da un meccanismo informale chiamato Spitzenkandidat (il plurale è Spitzenkandidaten), che in tedesco significa “capolista” o “candidato di punta”. In sintesi, prima delle elezioni ciascun partito politico europeo che siede nel Parlamento Europeo comunica il suo candidato alla carica di presidente della Commissione, l’incarico che attualmente ricopre Jean-Claude Juncker: il partito europeo che dopo le elezioni ha più parlamentari ottiene il diritto di proporre il suo candidato all’intero Parlamento, a cui spetta la decisione se confermarlo o meno.

 

Come funziona?

Ovviamente il meccanismo non è automatico, anche perché difficilmente un partito europeo riesce a ottenere la maggioranza assoluta dei seggi. Inoltre, secondo i trattati europei il candidato alla presidenza della Commissione dev’essere formalmente proposto dal Consiglio europeo, cioè da quell’organo che riunisce tutti i capi di stato e di governo dell’Unione, e in seguito la nomina deve essere confermata dal Parlamento europeo. Per evitare che si creino dei cortocircuiti tra le due istituzioni si è quindi pensato al meccanismo dello Spitzenkandidat. 

Di fatto il meccanismo è stato usato solo nelle elezioni del 2014 grazie a un accordo raggiunto tra i leader europei, il Parlamento e i gruppi politici europei, che portò alla nomina di Jean-Claude Juncker, ex primo ministro del Lussemburgo e candidato del Partito Popolare Europeo (PPE), il principale partito di centrodestra europeo, e quello con più seggi attualmente in Parlamento. Al momento il Parlamento è governato da una coalizione tra il PPE, l’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D) e talvolta l’ALDE, l’ala liberale. Nel 2014 PPE e S&D si divisero gli altri ruoli di punta all’interno delle istituzioni europee: a Juncker andò la presidenza della commissione mentre Martin Schulz, lo Spitzenkandidat di S&D, venne eletto presidente del Parlamento, ruolo che occupò fino alle sue dimissioni nel 2017. Al momento il Parlamento è presieduto da Antonio Tajani, esponente di Forza Italia e del PPE.

L’indicazione di uno Spitzenkandidat ha valore puramente politico, quindi non è vincolante, motivo per cui alcuni leader europei non sono d’accordo nel continuare a usare questo sistema, come per esempio il presidente della Francia Emmanuel Macron.

 

Chi sono i candidati dei gruppi politici europei?

Al momento quasi tutti i gruppi politici che formano il Parlamento Europeo hanno espresso il proprio Spitzenkandidat.

Il deputato bavarese Manfred Weber, capogruppo del PPE a Strasburgo, è stato scelto durante la conferenza del gruppo ad Helsinki lo scorso novembre, ottenendo il 79 per cento dei voti, contro il 21 per cento del suo

 

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https://www.ilpost.it/2019/04/11/spitzenkandidat-spiegato/

 

 

 

 

 

 

Brexit, cosa succede se Londra vota alle Europee

Con il rinvio lungo più costi e meno poltrone per l’Italia nel prossimo Parlamento Europeo

Anna Migliorati – 15 marzo 2019

 

Nigel Farage, l’uomo che ha voluto la Brexit, potrebbe tornare ad occupare un seggio al parlamento europeo anche dopo il prossimo voto. E con lui gli altri 73 europarlamentari britannici. L’ipotesi che fino a qualche settimana fa sembrava irreale, potrebbe invece farsi concreta. Con conti e sondaggi da rifare per tutti, Italia in primis. Ma a rimetterci potrebbe essere soprattutto il fronte populista.

Tra Londra e Bruxelles si tratta un rinvio dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione. Londra chiederà con ogni probabilità una proroga dell’articolo 50 fino al 30 di giugno. Ma resta sul tavolo l’ipotesi che sia necessaria un’estensione molto più lunga, anche due anni. In questo caso il Regno Unito dovrà prepararsi a prendere parte alle elezioni europee di fine maggio e l’emiciclo di Strasburgo a cambiare volto.

Come cambia il Parlamento con la Brexit

Con la preannunciata uscita dei deputati britannici, infatti, si era decisa la riduzione dei seggi da 751 a 705. Una scelta anche economica,visto che i 46 seggi lasciati vacanti avrebbe comportato per le casse di Strasburgo un bel

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https://www.panorama.it/news/esteri/brexit-rinvio-come-cambia-parlamento-europeo/

 

 

 

 

 

 

Il Papa bacia i piedi ai leader del Sud Sudan e sui social si scatena la protesta

 

Giovedì 11 Aprile 2019 di Franca Giansoldati

 

 

Città del Vaticano – Il Papa rompe il protocollo, si china fino a terra per baciare i piedi dei leader del Sud Sudan che sono arrivati nei giorni scorsi a Santa Marta per un ritiro spirituale e per parlare di pace. Un gesto, quello del Papa, che arriva a spiazzzare i presenti, tanto è spontaneo e insolito. Un modo per chiedere loro di prestare ascolto al grido della gente che in quella regione è schiacciata da un destino segnato da carestie, guerre, violenze. Servono gesti forti. Francesco chiede «con sentimenti più profondi» la pace per il piccolo Paese africano. Nel calore della sua Casa, che ha offerto per

 

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https://www.ilmessaggero.it/vaticano/papa_francesco_bacio_sudan_leader_vaticano_santa_marta-4423814.html

 

 

 

 

 

POLITICA

E Mattarella (preoccupato) cambia cavallo

Laura Cesaretti – Gio, 11/04/2019

Nulla trapela ufficialmente, ma un piccolo, piccolissimo sospiro di sollievo, da Amman, Sergio Mattarella lo ha tirato.

Il capo dello Stato, in visita ufficiale in Giordania, ha seguito a distanza, ma con grande attenzione, la preparazione del Def e le lotte al coltello nella maggioranza sui suoi contenuti, e chi ci ha parlato spiega che «tutto quello che va nella direzione della ragionevolezza» viene apprezzato al Quirinale. Dunque, l’«operazione verità» sul pessimo stato dei conti e l’argine frapposto finora da Giovanni Tria al dissennato pressing dei vicepremier, flat tax inclusa, rassicurano il Colle. Da cui filtra però la «preoccupata attesa» del presidente rispetto al risultato finale: cosa verrà messo, nero su bianco, nel Def? Quali misure reali (che poi saranno sottoposte al vaglio Ue) verranno scritte nel testo? L’inquietudine è comprensibile.

A Mattarella non sono certo sfuggite le pressioni furibonde cui è sottoposto il

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/e-mattarella-preoccupato-cambia-cavallo-1677697.html

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

Quella spia di Amazon che ci ascolta e ci registra: ecco come

Di Eugenio Palazzini – 11 Aprile 2019

Amazon ci spia? Togliamo subito l’interrogativo: sì, ci ascolta e ci registra. E’ quanto svelato da un rapporto di Bloomberg, che spiega il ruolo svolto da un team di lavoratori dell’azienda statunitense, costituito ad hoc per ascoltare, registrare e trascrivere gli audio di migliaia di persone in tutto il mondo.

Chiunque di fatto utilizzi l’assistente vocale Alexa e i dispositivi su cui è installato, in particolare quelli della linea Echo, viene intercettato dal team di spioni. Secondo Bloomberg sarebbero circa mille i dipendenti di Amazon, che lavorano in uffici sparsi in tutto il mondo, “utilizzati” per captare le registrazioni vocali per nove ore al giorno. Nello specifico: ascoltano parti di clip audio e segnalano eventuali problemi nelle interazioni o nelle interpretazioni vocali degli utenti.

Dunque, dovrebbero essere, ufficialmente, soltanto metodi per migliorare il sistema. Il problema, con tutta evidenza, è che tra gli innumerevoli audio ascoltati dal team di Amazon, può esserci di tutto: da questioni strettamente personali degli utenti, a importanti segreti che non vorrebbero rivelare, fino a strategie di mercato e ovviamente pure politiche. Ma è inutile elencarle tutte, qualunque cosa potrebbe essere detta e qualunque cosa potrebbe finire intercettata. Una violazione della privacy di livello planetaria da far venire i brividi agli agenti della Stasi.

Dai dettagli privati ai codici bancari

E’ altrettanto scontato notare che quanto viene detto dagli utenti in questi audio

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https://www.ilprimatonazionale.it/scienza-e-tecnologia/quella-spia-amazon-ascolta-registra-ecco-come-112765/

 

 

Cyberuomini e transumanesimo: perché del progresso (ogni tanto) dovremmo diffidare

Cristiano Puglisi – 11 aprile 2019

Progresso, tecnologia, innovazione, futuro, digitalizzazione. Concetti che sono solitamente espressi sempre e solo in senso positivo, per il loro impatto sulla società umana. Eppure, non sempre il progresso ha portato cambiamenti in meglio. Basti pensare alla bomba atomica, o alla disoccupazione provocata dalla “robotizzazione”. Insomma, senza essere “luddisti” a tutti i costi, dal progresso, a volte, sarebbe bene diffidare. Specialmente quando questo rischia di disumanizzare la società.

Lo spiega, ad esempio, nel suo ultimo lavoro (Cyberuomo. L’alba del transumanesimo e il tramonto dell’umanità”, edito da Arianna Editrice), la scrittrice torinese Enrica Perucchietti.

Uno dei primi capitoli si apre con un titolo che è una domanda. Perché scrivere oggi, in pieno neo

positivismo tecnologico, un libro sul transumanesimo? “Perché – spiega l’autrice – è una tematica che sebbene sembri ‘lontana’ nel tempo riguarda e dovrebbe interessare maggiormente la collettività, dall’automazione alle ripercussioni di alcune ricerche nel campo del post-umano. Credo sia necessario proporre all’opinione pubblica i retroscena e gli aspetti più ambigui e opachi non solo della rivoluzione digitale e dell’automazione ma più in generale delle ricerche nel campo dell’Intelligenza Artificiale e della medicina perché sfociano nel controllo sociale e nella sorveglianza tecnologica. Dietro al mantra del ‘progresso’ si stanno finanziando ricerche che secondo me dovrebbero invece essere discusse soprattutto da un punto di vista etico e sociale: che senso hanno clonazione, creazione di chimere, uteri artificiali, crionica, mind uploading e soprattutto l’ibridazione uomo-macchina? Ho l’impressione che si stia divinizzando la tecnologia, facendone un nuovo feticcio da adorare. Al contrario, le macchine e l’innovazione dovrebbero essere al servizio dell’uomo, un mezzo per migliorare il benessere collettivo, non per aumentare il divario tra ricchi e poveri e per stringere le maglie del controllo sociale”.

Nel secolo scorso le distopie futuristico-tecnologiche riscuotevano grande successo, sia nella letteratura che al cinema. Oggi è un genere meno affrontato. Segno che forse l’uomo ha meno paura della tecnica. O, forse, come spiega la Perucchietti: “sono affrontate ma con un taglio radicalmente diverso: hanno subito una specie di ribaltamento, eccetto pochi casi come esempio la trilogia di Richard Morgan Altered Carbon da cui è stata tratta anche la celebre serie TV prodotta da Netflix. Negli anni Settanta e Ottanta, per esempio, i film di fantascienza e i romanzi cyberpunk contenevano un’aspra critica verso le derive tecnologiche: la tecnologia e i suoi paradisi artificiali rischiavano di schiavizzare l’uomo. Oggi, invece, questa critica è solo accennata se non addirittura scomparsa, offrendo semmai un connubio di spettacolo e intrattenimento volti a sdoganare la comodità e l’efficacia della tecnologia. Ci sono sempre più film, romanzi, graphic novels e serie TV con protagonisti ibridi, supereroi che sono stati potenziati fisicamente e cerebralmente o persino automi, che spingono quindi lo spettatore ad anelare di vivere in una condizione simile di potenziamento fisico e psichico, come se la condizione umana non fosse abbastanza. Stiamo cioè vivendo una fase in cui i limiti vengono rigettati e si sogna di poter abbattere le catene biologiche. Drammaticamente, però, come narro nell’antefatto del mio libro, stiamo percorrendo un sentiero inverso a quello del Pinocchio di Collodi: Pinocchio attua una trasmutazione dallo stato di schiavitù (la condizione di marionetta) a quello di Uomo (con la libertà e le responsabilità che ne conseguono). Noi oggi, invece, siamo irretiti da un sogno prometeico: abbattere la natura, potenziare il corpo, cambiare il nostro destino biologico e trascendere i nostri limiti. Per diventare una marionetta dalle sembianze

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