“L’ultimo rais di Favignana”, un racconto epico e appassionato

La letteratura sul mare è vastissima. Gli autori di questo genere provengono da tutte le latitudini del mondo. Diversissimi gli approcci, i racconti e le età storiche e gli stili. Un tratto comune è presente nella poesia, nella prosa, nelle narrazioni di viaggi in terre e mari favolosi. Parliamo di una tensione spirituale di cui si nutre l’epopea che sconfina spesso nella leggenda e diventa il sottofondo di un popolo, di un luogo di terra o di mare. L’autore del libro L’ultimo rais di Favignana è un toscano che si innamora dell’isola. Entra nelle pieghe delle tradizioni secolari trasmesse da maestro ad apprendista che sa aspettare mentre impara con il passaggio sia con l’azione che con la tradizione dei gesti sempre uguali da secoli che passa da bocca a orecchio. La frequentazione delle rotte verso l’Africa consente ad uno dei rais di apprendere le tecniche di pesca, di applicarle nell’isola migliorandole.

Il piccolo libro narra di cose, di eventi, di paesaggi talvolta ostili, di imprevisti, di maestosi tonni, pericolose ma affascinanti creature che meritano un sacro rispetto guadagnato nell’eterna lotta degli uomini con il mare. Il racconto dai toni epici ed evocativi si incentra sulla figura del ràis (antico termine della lingua araba), di colui che decide in solitudine le sorti degli uomini sulle imbarcazioni. La comunità lo segue e dai suoi successi dipende il benessere degli abitanti. La comunità obbedisce come si fa ad un re. La “raisìa” è un ruolo ereditario. Nel corso del tempo, emergono figure salvifiche elette direttamente dagli uomini di mare. Tutti i prescelti hanno comunque grandi capacità. Sono carismatici ed esperti con una dura trafila di apprendistato alle spalle. Il rais è alla base della fortuna della dinastia dei Florio. Nessuno della famiglia si è mai permesso di interferire sull’operato dei rais succedutisi nel tempo, né di intaccare il loro indiscusso prestigio. La narrazione di questo rapporto si sviluppa nel testo in modo realistico ma sempre ritmata da una fascinazione che ricorda le scene omerichel’orrore di Moby Dick, i popoli che li hanno percorsi con rischio e con tanta gloria su mari infiniti non sempre generosi.

Una parte del libro si incentra sulla vita dell’ultimo rais che avrà il gravoso onere di affrontare le conseguenze della penuria crescente di tonni. La loro cattura avviene adesso in mare aperto da pescatori norvegesi e del declino della Tonnara di Favignana. Lo stabilimento passa ad altri compratori dopo la decadenza dei Florio e fino ai decenni successivi. Le pagine elencano i passaggi di proprietà dello stabilimento, le quantità di pesce catturato, i capi che hanno infuso forza e resistenza alla comunità dell’isola collocata sempre e senza esitazioni al fianco del rais.

Cataldo è l’eroe del ritorno. È il più importante. È l’ultimo depositario di una leggenda eroica. Avrà il compito difficilissimo di non far dimenticare, di non fare infangare né ingoiare il mito delle tonnare dalla mercificazione dell’affarismo e dalla società dello spettacolo che riduce il mondo a una sequenza di luccicanti eventi senza memoria, senza spiritualità, senza identità. Dovrà vedersela con i committenti più spietati che sono i giapponesi che finiscono per rimuoverlo dal suo ruolo e che non tengono in alcun conto la qualità dei tonni pescati sempre più altrove. Ma lui non si ferma e trova altre strade per il beneficio della sua gente. Il libro lo racconta molto bene e con uno stile incalzante. Scorrendo fino in fondo questo testo elegante, i lettori si troveranno coinvolti in un nuovo racconto epico che finirà per lasciare un segno profondo nella memoria.

(*) L’ultimo rais di Favignana di Massimiliano Scudeletti, Bonfirraro 2019, 172 pagine, 16 euro