Il colle che accede all’Altrove

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Il colle che accede all’Altrove

Manlio Lo Presti – 24 dicembre 2019

Ad un certo livello del pensiero assistiamo ad una convergenza di ricerca e di cammino verso un unico punto di arrivo.

I Cercatori che da secoli esplorano, ipotizzano, vagheggiano, tentano di definire un luogo senza tempo né spazio: l’Altrove. Nel corso dei secoli il loro cammino ha percorso strade diverse, ha usato nomi diversi, ha adottato tecniche di ragionamento differenti, ma tutti tendono a convergere in questa “terra di nessuno”.

Leopardi anticipa Nietzsche. Leopardi è un coraggioso giocatore nero che assiste al progressivo crollo del giocatore nero che è la tradizione dell’Occidente (1) costruita interamente su un equivoco che risale ad un Parmenide dapprima travisato e poi dimenticato.

Fra i tanti, Leopardi è uno dei pochi che si è molto avvicinato a questo luogo senza dimensioni con pochi versi, altri hanno scritto fiumi di parole perdendosi nelle proprie contraddizioni.

Anche in questo caso, dire molto con poche parole, “significa” … (2)

La poesia “l’Infinito” è tutto questo profondo tentativo di vedere l’Altrove in una tempesta di emozioni e di attese necessarie per capire se non si sta cedendo a visioni errate o momentanee.

Il poeta mostra di possedere la capacità di porsi le domande giuste per non finire in una strada senza uscita. Riesce a percorrere il vertiginoso corridoio della profonda astrazione utilizzando uno strumentario semantico veramente essenziale rispetto alla magnitudine della ricerca.

Il Poeta non sottrae parole, immagini, sfumature semantiche, il Poeta accenna lampi di intuizioni abissali che ricordano l’asciuttezza degli Haiku le riflessioni fulminanti del Tao tê King.

Leopardi non dice, non rivela: significa, lascia segni che – come al solito – sono in grado di comprendere in pochi.

Al di fuori delle numerosissime interpretazioni ed analisi condotte sul testo, l’Infinito ci invita a pensare in modo filosofico, ci offre gli strumenti scarni e pochi per comprendere la vastità di questa radura dismettendo la corazza dei nostri pre-giudizi, spogliandoci delle solite scuse per evitare una resa dei conti finale che solo pochissimi sapranno affrontare.

Cerchiamo, almeno una volta, di non seguire il gesto di Empedocle, ma solo il suo pensiero (3)

 

NOTE

  1. (*) Suggerisco la attentissima lettura del testo di E. Severino, In viaggio con Leopardi. La partita sul destino dell’uomo, Rizzoli, 2015
  2. (**) “Il Signore di cui è l’oracolo in Delfi non dice non nasconde: significa” – Fr. 120 in: Eraclito, I frammenti e le testimonianze, Mondadori. Fondazione Valla, 11980, pag. 53
  3. (***) Hölderlin, La morte di Empedocle, Garzanti, 2005

http://www.filosofico.net/empedo.html