RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 5 SETTEMBRE 2019

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RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 5 SETTEMBRE 2019

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Per vivere ci vuole un alibi

(Ettore Sottsass)

In: GINO & MICHELE, Visto che non posso avere la maggioranza …, Kowalski, 2008, pag. 79

 

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Tutti i numeri dell’anno 2018 e 2019 della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com

 

 Precisazioni

 

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SOMMARIO

 

Ecco come andrà a finire. 1

DE BENEDETTI E ROMANO PRODI, OVVERO: COME FARE UNA MONTAGNA DI SOLDI A SPESE DELLO STATO.. 1

Il premier Conte, il «Nuovo Umanesimo», la Massoneria. 1

Trapianti d’organi vitali: donazione o esproprio?. 1

Israele deve affrontare una pericolosa escalation nella sua guerra per procura con l’Iran  1

Livelli dell’Anima nella Kabbalah

Ogni anno buttiamo decine di miliardi di euro per non avere una Banca pubblica. E non ce lo chiede l’Europa…

Clientelare. 1

Pugnalare la nazione alle spalle

UNO SPOCCHIOSO MALATO DI NARCISISMO ASININO

5 STELLE

IL RUOLO INFAME DEL COLLE DIETRO L’ENNESIMO FURTO DI DEMOCRAZIA

3 punti scomparsi dal programma dei 5stelle. 1

BREVE STORIA DELL’ONU: UNA RIFORMA POSSIBILE O… FANTASIE?

EVVAI … CI SIAMO!

IL GOVERNO DISCARICA DI DECENNI DI CONTRADDIZIONI 1

 IL MUSEO STALIN DI GORI

 

 

IN EVIDENZA

Ecco come andrà a finire

Marcello Veneziani, Il Tempo 28 agosto 2018

Lo so come andrà a finire. Lo so perché conosco la storia, conosco la gente, conosco i potentati, conosco gli immigrati. Li conosco come li conoscete voi, per esperienza, precedenti, realismo e uso di mondo. Fino a ieri la scena era la seguente: non ho sentito un italiano che non fosse d’accordo con Salvini, che non giudicasse assurdo incriminare un ministro dell’interno che fa il suo dovere, oltre che il suo mandato elettorale, di salvaguardare i confini della nazione, come è previsto dalla Costituzione, e tutelare gli italiani, respingere gli arrivi clandestini e ribadire che i migranti non sbarcano in Italia ma in Europa.

È assurdo che dobbiamo ricordarci dell’Europa quando si tratta di pagare i debiti o di non sfondare i bilanci. E invece dobbiamo scordarci dell’Europa quando arrivano i migranti perché allora, d’un tratto, diventiamo nazione e ce la dobbiamo sbattere noi. La nostra sovranità consiste nell’obbligo di accoglierli, anche se tutti gli altri non li vogliono. Fino a ieri non c’era una persona con cui ho parlato che in un modo o nell’altro non fosse di questa idea.

Viceversa, non ho sentito un tg, un programma, un commentatore, un uomo di potere o un giornale che non fosse schierato contro l’Italia, contro gli italiani, contro Salvini e dalla parte dell’Europa che se ne frega dei migranti, dalla parte dei giudici che incriminano i ministri nel nome della legge, dalla parte dei migranti che sbarcano illegalmente.

Una partita secca, il popolo compatto da una parte, il potere compatto dall’altra. 

In compagnia di Salvini quasi nessuno, la Lega c’è ma non si vede, c’è solo lui, c’è la Meloni e poi giù il deserto. I grillini, quando non sono appesi al Fico, e dunque pendono a sinistra, fanno i furbetti come di Maio che pur di galleggiare e di restare dove sta, e giocare a fare il superministro, è pronto a rimangiarsi tutto e a scaricare l’Alleato su cui sono puntati i cannoni mediatico-giudiziari del Palazzo, dai catto-bergogliosi alla sinistra sparsa.

Come volete che finisca una partita così, pensate che gli italiani tramite Salvini possano ottenere qualcosa se tutto l’Establishment è compatto ai piedi dell’Europa e in favore degli sbarchi, senza curarsi delle conseguenze, ma solo calcolando i profitti politici che ne deriveranno a loro?

Salvini verrà virtualmente imprigionato, fino a che sarà neutralizzato. Non andrà in galera ma sarà emarginato, chimicamente castrato.

Ed è curioso pensare che tutti coloro che hanno battuto la sinistra sono sempre stati – di riffa o di raffa – considerati criminali: Berlusconi, Salvini, la destra, perfino Cossiga quando si oppose all’establishment, Leone quando si oppose al compromesso storico e Craxi quando cercò di far valere il primato della politica e dell’Italia e si oppose al catto-comunismo.

Ma è possibile che qualunque avversario della sinistra che abbia vinto in Italia col consenso popolare debba essere per definizione un delinquente, per affari e malaffari, eversione e violazione della Costituzione, per fascismo, razzismo o altre fobie ormai a voi note? Cambiano gli attori ma la partita è sempre tra sinistra e delinquenti, tra potentati e malavita. L’avversario della sinistra è tollerato solo se è perdente, se è remissivo, se non dà fastidio, fa tappezzeria e magari si piega a loro. Eppure,

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http://www.marcelloveneziani.com/articoli/ecco-come-andra-a-finire/

 

 

 

 

DE BENEDETTI E ROMANO PRODI, OVVERO: COME FARE UNA MONTAGNA DI SOLDI A SPESE DELLO STATO

28 agosto 2019 A cura di Paolo Barnard.     NOTIZIE SUL POSSIBILE PROSSIMO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

La complicità tra Romano Prodi e Carlo De Benedetti inizia nel luglio 1982, quando Prodi viene nominato presidente dell’IRI, il più grande ente economico dello Stato, in casa del suo storico compare Carlo De Benedetti (proprietario del gruppo Repubblica ed Espresso e di altre 30 riviste/quotidiani/settimanali/mensili in tutta Italia), nel caso di Repubblica addirittura De Benedetti ne è l’unico editorialista, quindi gli articoli se li scrive persino lui stesso (pensa un po’ che obiettività)!
L’attività di Prodi dal 1982 al 2007 è stata concentrata principalmente in un solo unico compito:
Svendere (o regalare) tutti gli enti pubblici dello Stato al suo alleato Carlo De Benedetti a un prezzo irrisorio con bandi truccati.
De Benedetti, dal canto suo, si è poi puntualmente affrettato a rivendere immediatamente tali società al loro reale valore di mercato (di solito 20 volte il loro prezzo d’acquisto) a gruppi stranieri (o addirittura allo Stato stesso, che li ricomprava a prezzi folli), realizzando guadagni incalcolabili a danno degli italiani.
Prodi, per 7 anni guidò l’ IRI dello Stato, concedendo tra l’altro incarichi miliardari alla sua società di consulenza “Nomisma”, con un evidente conflitto di interessi.
Al termine di questi 7 anni il patrimonio dell’IRI risultò dimezzato per la cessione di importanti gruppi quali Alfa Romeo e FIAT, dalla quale prese grosse somme di denaro in tangenti per la Nomisma, passando da 3.959 a 2.102 miliardi.

La Ford aveva offerto 2.000 miliardi in contanti per l’Alfa Romeo, ma Prodi la regalò alla FIAT per soli 1000 miliardi a rate.

Egli nel frattempo lottizzò ben 170 nomine dei quali ben 93 diessini.

Le privatizzazioni dell’IRI fatte da Romano Prodi sono state delle vere e proprie svendite del patrimonio economico italiano a gruppi privati della Sinistra (De Benedetti, Coop Rosse) complici del professore, anche se “svendere” un ente pubblico a un decimo del suo valore quando ci sono altri gruppi privati che offrono il doppio, più che una “svendita” è un regalo, o per essere ancora più precisi è una serie incredibile di furti colossali a danno dello Stato e degli italiani perpetrata impunemente per anni.

Giocando sulle parole e sull’interpretazione dello statuto dell’Ente, Romano Prodi vantò utili inverosimili (12 miliardi e 400 milioni nel 1985).
La Corte dei Conti, magistratura di sorveglianza, portò alla luce l’enorme falso in bilancio di Prodi: «Il complessivo risultato di gestione dell’Istituto IRI per il 1985, cui concorrono… sia il saldo del conto profitti e perdite sia gli utili e le perdite di natura patrimoniale, corrisponde a una perdita di 980,2 miliardi, che si raffronta a quella di 2.737 miliardi consuntivata nel 1984».
La Corte, inoltre, segnalava che le perdite nette nel 1985 erano assommate a 1.203 miliardi contro i 2.347 miliardi del 1984.
Romano Prodi, davanti alle folle dei suoi fans tutt’oggi si vanta tantissimo che durante i suoi 7 anni alla presidenza dell’ IRI riuscì a far guadagnare utili stratosferici.
La verità, come chiarito dalla Corte dei Conti, è che invece di utili stratosferici realizzo perdite stratosferiche, regalando il patrimonio dello Stato e degli Italiani ai suoi amici della Sinistra.
Prodi uscì indenne dai processi perché le aziende erano S.P.A. di diritto privato e quindi i dirigenti non erano qualificati come pubblici ufficiali. Mani Pulite cambierà anche questo, per cui le società controllate da enti pubblici sarebbero state considerate tutte operanti nell’interesse pubblico, con le relative conseguenze per gli amministratori.
La conferma di tutto questo si trova nell’indebitamento dell’Istituto, salito dal 1982 al 1989 da 7.349 a 20.873 miliardi (+184 per cento), e quello del gruppo IRI da 34.948 a 45.672 (+30 per cento). Perdite stratosferiche appunto.
Lo stesso D’Alema, intervistato da Biagi in televisione, affermò che Romano Prodi, da lui scelto per guidare la coalizione contro Berlusconi, era un «uomo competente» perché quando lasciò l’IRI nel 1989 il bilancio dava un «più 981 miliardi». Fu facile confutare queste affermazioni, facendogli notare che la cifra reale, tenendo contro delle perdite siderurgiche transitate soltanto nel conto patrimoniale, era di «meno» 2.416 miliardi. Il buco reale non fu mai contestato dai diretti interessati.
La vera abilità di Romano Prodi è sempre stata di riuscire a prendere soldi dallo

 

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https://augustoanselmo.blogspot.com/2019/08/de-benedetti-e-romano-prodi-ovvero-come.html

 

 

 

 

Il premier Conte, il «Nuovo Umanesimo», la Massoneria

04 Settembre 2019 – (Fabio Cancelli)

 

Il 29 agosto 2019 la Presidenza della Repubblica Italiana – Quirinale ha postato su YouTube il discorso tenuto dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte dopo aver accettato l’incarico di formare un nuovo Governo. Il premier annuncia un «governo nel segno della novità», un’«ampia stagione riformatrice», l’Italia dovrà essere «un Paese che rimuova le disuguaglianze di ogni tipo», comprese le disuguaglianze «di genere». Conte vuole con coerenza seguire «princìpi non negoziabili», «princìpi scritti nella nostra Costituzione», e ne cita alcuni: «il primato della persona», «il lavoro, come supremo valore sociale», «l’uguaglianza nelle sue varie declinazioni, formale ma anche sostanziale», «il principio di laicità e nel contempo di libertà religiosa». La laicità di Conte è la stessa laicità della UE che difende il Gender?

Conte ribadisce «la nostra collocazione euro-atlantica».

Poi, quasi al termine, aggiunge: «Molto spesso, negli interventi pubblici sin qui pronunciati ho evocato la formula di un nuovo umanesimo, non ho mai pensato fosse lo slogan di un governo ma l’orizzonte ideale del Paese». Il «nuovo umanesimo» del premier è lo stesso di Edgar Morin? Il 21 novembre 2018 al CNR, il premier Conte ha definito il filosofo Edgar Morin «un raffinato pensatore a me molto caro». La passione filosofica del premier Conte risalta anche dal colloquio che ha avuto domenica 14 aprile 2019 con il filosofo Emanuele Severino definendolo addirittura «un punto di riferimento della filosofia teoretica a livello internazionale». Nell’intervista Severino (filosofo neo-parmenideo) presenta il cristianesimo come una ideologia insieme con la democrazia, il comunismo, l’islam, l’umanesimo…

Severino, propriamente parlando, non è un filosofo cristiano. Nel 1969 fu allontanato dall’Università Cattolica del S. Cuore di Milano poiché nella sua filosofia c’era la negazione radicale di tutta la tradizione metafisica occidentale. La carriera dell’umanista Conte è maturata all’ombra di ambienti ecclesiastici liberali legati al Card. Achille Silvestrini, ambienti che sembrano remissivi o persino fiancheggiatori e complici verso il laicismo europeista. È noto che il Card. Silvestrini fu il regista, o almeno

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https://www.corrispondenzaromana.it/il-premier-conte-il-nuovo-umanesimo-la-massoneria/

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Trapianti d’organi vitali: donazione o esproprio?

04 Settembre 2019 – (Alfredo De Matteo)

 

Nella sua accezione più comune, donare consiste nel dare ad altri liberamente e senza compenso qualcosa di utile e/o prezioso. Da ciò si può dedurre che affinché la donazione sia veramente tale è necessario che l’atto venga compiuto in piena libertà, senza alcuna costrizione o condizionamento; e che il donatore sia il legittimo possessore del bene che intende donare e ben conscio delle conseguenze che tale atto comporta.

Già con tali premesse è possibile escludere con certezza che la pratica dei trapianti d’organi vitali possa essere considerata un atto di donazione. Infatti, la gran parte degli espianti viene effettuata per conto terzi, dal momento che l’autorizzazione al prelievo degli organi viene richiesta ai congiunti del cosiddetto donatore. Inoltre, è da escludere che tale autorizzazione possa essere ritenuta un gesto autenticamente libero e consapevole: primo, perché i diretti interessati non vengono mai correttamente informati sui veri termini della questione (altrimenti non presterebbero il loro consenso …); secondo, per il fatto che la situazione di forte stress psicologico in cui si vengono a trovare non consente loro di avere la lucidità necessaria per prendere una decisione così importante. In più, essi subiscono una sorta di ricatto morale: anche qualora decidessero di non prestare il consenso al trapianto, la sorte del loro congiunto sarebbe segnata, dal momento che una volta dichiarata la morte cerebrale il paziente non donatore viene privato dei sostegni che lo mantengono in vita.

A rendere, se possibile, ancora meno credibile la tesi secondo cui la cosiddetta donazione degli organi rappresenti un gesto libero di generosità e altruismo, ci ha pensato il ministro della Salute Giulia Grillo che in pieno agosto ha firmato il decreto contenente le norme del regolamento sul Sistema Informativo Trapianti (Sit), previsto dalla legge n. 91/1999 sul silenzio-assenso. In pratica, con tale norma il legislatore si proponeva di aumentare il numero dei donatori di organi rendendo più

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CONFLITTI GEOPOLITICI

Israele deve affrontare una pericolosa escalation nella sua guerra per procura con l’Iran

di Con Coughlin – 2 settembre 2019

 

Pezzo in lingua originale inglese: Israel Faces a Serious Escalation in its Proxy War with Iran

Traduzioni di Angelita La Spada

 

Il fatto che Israele abbia ritenuto necessario attaccare obiettivi così lontani dalla sua tradizionale area di operazioni militari vicino ai suoi confini immediati è indice dell’allarmante escalation che ha avuto luogo negli ultimi mesi nella minaccia che l’Iran pone alla sicurezza israeliana.

  • All’inizio di questa settimana, in Libano, secondo quanto riportato, un drone israeliano ha bombardato una base palestinese che si dice sia finanziata dall’Iran. È stato inoltre riferito che aerei da combattimento israeliani hanno bombardato basi militari iraniane, alla periferia della capitale siriana Damasco.
  • La sola idea che Washington possa sedersi con gli iraniani in un momento in cui questi ultimi continuano a minacciare la sicurezza del suo più stretto alleato in Medio Oriente è inconcepibile.
Israele è responsabile del recente attacco alla base militare iraniana in Iraq, che è stata utilizzata per assemblare missili a medio raggio in grado di colpire obiettivi in Israele. La minaccia è stata ritenuta talmente grave che alti ufficiali israeliani hanno deciso di lanciare un audace raid aereo che ha reso necessario che i cacciabombardieri F-35 penetrassero nello spazio aereo saudita per raggiungere il loro obiettivo. (Fonte dell’immagine: Aereonautica militare israeliana/Wikimedia Commons)

La recente conferma da parte di funzionari militari statunitensi che caccia israeliani sono responsabili del recente attacco a una base militare iraniana in Iraq dimostra come nelle ultime settimane l’escalation nella cosiddetta guerra per procura tra Teheran e Gerusalemme sia diventata allarmante.

Fonti accreditate della sicurezza israeliana hanno detto in via confidenziale che la base situata nella provincia settentrionale irachena di Salaheddin è stata colpita perché utilizzata per assemblare missili a medio raggio in grado di colpire obiettivi in Israele.

La minaccia è stata ritenuta talmente grave che alti ufficiali israeliani hanno deciso di lanciare un audace raid aereo che ha reso necessario che i cacciabombardieri F-35 penetrassero nello spazio aereo saudita per raggiungere il loro obiettivo. Non è chiaro se i sauditi – i quali si oppongono alle ingerenze iraniane in Iraq, ma non hanno rapporti diplomatici

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https://it.gatestoneinstitute.org/14808/israele-iran-guerra-procura

 

 

 

 

CULTURA

Livelli dell’Anima nella Kabbalah

 

Emanuela Valentina Grazian29 08 2019

 

“Coloro che si sono rivestiti della Luce perfetta, le Potenze non li vedono e non possono trattenerli. Ora, ci si rivestirà di questa Luce per un mistero, nell’unione.”

 

<<Nella Kabbalah non si usa parlare di anima, ma di “livelli dell’anima”. Sono, infatti, cinque le anime associate all’essere umano (per chi ha studiato Teosofia e Fisiologia Occulta, può trovare un parallelo con i vari corpi).

Si tratta di Nefesh (נפש),  Ruach (רוח), Neshàmah (נשמה), Chayiah (חיה) e Yechidah (יחידה). Di queste cinque anime, solo tre (Nefesh, Neshàmah e Ruach) risiedono nel corpo umano ed hanno effetto sulla mente (sono come campi energetici che vibrano a varie frequenze); mentre le altre due sono in relazione con il corpo umano (attraverso un legame etereo), ma non vi risiedono e non hanno effetti sulla mente.

Quest’ultime possono avere un effetto sul corpo o sulla mente, spesso sotto forma di intuito. Ogni anima, inoltre, è dotata di sottolivelli, che determinano la qualità della stessa. Nefesh è l’anima che dona vita al corpo e lì vi risiede dalla nascita alla morte; così come Ruach. Il terzo livello è rappresentato da Neshàmah, il cui compito primario è portare la Nefesh (guidata da: istinto, desiderio fisico e ricerca del piacere) sotto la propria direzione, imbrigliando l’energia degli impulsi naturali, per porla al servizio divino.

 

Il livello di Chayiah dell’anima si collega altri altri esseri umani ed è il campo tramite il quale le anime sono grado di comunicare. Da qui, ad esempio, il caso dei genitori che avvertono ciò che sta accadendo ai propri figli; le premonizioni che portano a evitare un pericolo o la straordinaria conoscenza di due gemelli separati dalla nascita.

 

Chayiah è anche quello che Carl Gustav Jung definisce inconscio collettivo e che permette di scambiare un elevato numero di informazioni passate, presenti o future, trasferendo conoscenze e comunicazioni spirituali. Chayiah e ancora di più Yechidah sono i due livelli dell’anima in grado di produrre ciò che si definisce miracolo o di fornire forza sovrumana o ancora di attingere a un’energia e ad una conoscenza superiore alla propria normale capacità. Quelle che vengono definite “anime eccelse” o “grandi anime”, sono quelle che in realtà sono più ricettive verso ciò che è Santo.

 

Passiamo ad esaminare, in breve, e singole anime.

 

Nefesh (legata al mondo di asiyah)

E’ ciò che anima il corpo fisico, è mediatrice tra le altre anime e il corpo.  E’ la più densa delle anime e la meno collegata alla sorgente divina; è considerata anima naturale o che dà vita. Tuttavia, conferisce agli esseri umani il dono della parola, dell’intelligenza, il gusto estetico, i desideri e gli impulsi. Media tra la forza vitale dello spirito e il corpo materiale.

Ha la sua origine nelle Qelipot (rappresentazioni del male o delle forze spirituali impure), ma non va considerata sinonimo di male. Il suo abito esterno è il sangue. E come si afferma nelle Sacre Scritture: “L’anima incarnata è nel sangue”. Qui predominano le emozioni e le passioni.

Contiene i quattro elementi: fuoco, acqua, aria e terra, che danno origine alle caratteristiche malvagie della persona. Il fuoco crea rabbia e orgoglio; l’acqua, brama e piaceri; l’aria, chiacchiere frivole (lashon ha-rà, le maldicenze) e vanterie; la terra, malinconia e pigrizia. Ma avendo origine quest’anima dall’albero della conoscenza del bene del male, contiene anche il bene e fornisce anche le capacità emotive della compassione e della carità. Alla morte del corpo fisico la nefesh resta al suo interno purificandolo.

 

Ruach (mondo: Yetzirah)

E’ l’anima di cui parla la Genesi, quando Dio soffia l’”alito della vita” in Adamo. La sua traduzione è “vento” o “spirito”. Mentre Nefesh anima il corpo fisico, Ruach anima  le Middot o facoltà emotive e le Sekhel o facoltà intellettive. I kabbalisti la paragonano al bagliore arancione scuro, nel centro immobile della fiamma di una candela. Il nostro cuore e la nostra spiritualità sono ravvivati dalla Ruach.

 

Neshàmah (mondo: Beriah)

E’ l’anima associata agli esseri angelici (mal’akhim) e ai regni superiori, unita alla sorgente divina. E’ una parte di Dio e chi cerca di ottenere la purezza spirituale viene coadiuvato dalla propria Neshàmah. Quando la Ruach che proviene dal regno terreno si unisce alla Neshàmah divina, insieme formano una luce celestiale, che i mistici possono percepire. La Neshàmah, che arriva al momento opportuno per aiutarci a superare l’inclinazione del male dell’anima naturale, è perfetta e non ha bisogno di alcuna correzione spirituale (Tiqqun) a differenza di Nefesh. Quando è attiva è fonte di inclinazione del bene.

 

Chayiah (mondo: Atzilut)

E’ il quarto livello dell’anima ed è prossima alla Sefìrah di Keter è associata Chokhmah, la saggezza al di sopra dell’intelletto Malgrado non risieda nel corpo, gli esseri umani vi hanno comunque accesso in quanto è collegata al corpo umano da un filo etereo. E’ a questo livello che le anime possono comunicare tra loro in base a fenomeni comunicativi non spiegabili a livello scientifico.

 

Yechidah (mondo Adam Qadmon)

E’ la più elevata delle cinque anime. La Sefirà Chokmah genera una scintilla divina che si manifesta nella Yechidah, formando l’essenza dell’anima ebraica, che poi si evolve in tutti gli altri livelli. Quest’ultimo è il livello più vicino alla fonte di creazione ed è connessa a noi tramite un legame eterico>>

 

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=2447357108633216&id=100000768534794

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Ogni anno buttiamo decine di miliardi di euro per non avere una Banca pubblica. E non ce lo chiede l’Europa…

4 SETTEMBRE 2019 di Cesare Sacchetti

 

La domanda è secca: quali mezzi ha a disposizione, in base alle disposizioni dei trattati europei, uno stato membro dell’UE per intervenire nella sua economia e realizzare politiche anticicliche?

Non molti, se prendiamo in considerazione il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, uno stato membro è sottoposto a severi limiti di deficit sia per ciò che attiene il rapporto debito/PIL fissato alla soglia massima del 60%, sia per il rapporto deficit/PIL che non può sforare il limite del 3%.

Quest’ultimo parametro potrebbe essere superato, come fatto più volte in passato da Germania e Francia, ricorrendo ad un’interpretazione favorevole agli stati membri, che si basa sull’art.126 del TFUE che ammette l’ipotesi di superamento, seppur parziale e temporaneo.

Quindi se ne deduce, che esisterebbe un margine per superare il parametro del 3%, ma l’Italia non invoca a suo favore la disposizione presente nel Trattato, viceversa continua a prodigarsi in tagli alla spesa pubblica e in aumenti della pressione fiscale, per rispettare un criterio di riferimento, che in un momento di recessione economica grave e inedito per il Paese, andrebbe necessariamente superato.

Questo comportamento dell’Italia, masochistico e dannoso per l’economia nazionale, ci serve a comprendere meglio come I’esecutivo,  devoti alla stretta osservanza delle norme europee ma non quando queste potrebbero essere a nostro vantaggio, stiano pervicacemente producendo un danno alle casse statali, e il caso in questione viene dalla mancata creazione di una banca di Stato, un istituto di credito pubblico che eroghi il credito a condizioni vantaggiose alle piccole e medie imprese, e rifinanzi il deficit dello Stato, sotto forma di monetizzazione del debito pubblico.

La creazione dell’istituto bancario pubblico è funzionale all’economia nazionale per promuovere gli investimenti pubblici e aiutare le piccole e medie imprese, tramite la concessione del credito a condizioni agevolate.

 

Non si tratta nondimeno di una violazione dei Trattati Europei, ma al contrario di una loro stretta osservanza, prescritta dalla versione consolidata del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, ovverossia il Trattato di Lisbona entrato in vigore nel 2009 per gli stati membri. Il TFUE all’art 123, comma 1, proibisce esplicitamente alle banche centrali di finanziare il deficit statale, tramite la concessione di scoperti  di conto oppure l’acquisto dei titoli del debito da parte delle banche centrali nazionali: “Sono vietati la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della Banca Centrale Europea o da parte delle banche centrali degli Stati membri (in appresso denominate «banche centrali nazionali»), a istituzioni, organi od organismi dell’Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto

 

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LA LINGUA SALVATA

Clientelare

cli-en-te-là-re

SIGNChe si basa su uno scambio di favori fra personaggi influenti e cittadini

derivato di clientela, voce dotta recuperata tale e quale dal latino, che è da cliens ‘cliente’

Il volto del cliente, dall’antica Roma a noi, è mutato in maniera sostanziale. Ma non univoca: se parlare di ‘cliente’ oggi ci fa pensare subito a chi compra da un negozio (quello lì, che secondo l’adagio ha sempre ragione), si capisce subito che termini come ‘clientelismo’ o ‘clientelare’ con lui c’entrano poco. Il cliente, nel passaggio in italiano (siamo nel Cinquecento), ha maturato una doppia anima.

La clientela era un rapporto giuridico che legava un patronus e un cliens, due uomini liberi: il primo, influente e facoltoso, dava al secondo una vasta protezione, gli assicurava una vita dignitosa con prebende e magari intercedendo per un appezzamento di terra pubblica, e gli garantiva assistenza in tribunale; il secondo dava al primo il proprio appoggio politico. Si legge che i cliens erano anche tenuti al pagamento del riscatto nel caso in cui il patronus fosse caduto prigioniero in battaglia, e a sostenerlo nelle spese per l’accesso alle cariche politiche — e questo ci dà la dimensione di quanto antico fosse questo istituto: nella Roma arcaica perfino la forbice fra patrizio e schiavo non era esageratamente ampia, quindi aveva senso che nello sforzo economico eccezionale il cliente potesse aiutare il patrono. Ma quando, specie dall’ultimo arco del periodo repubblicano, la diseguaglianza economica fra ricchi e poveri si allarga all’incomparabile (un incomparabile che conosciamo benissimo anche ai nostri tempi), una simile previsione si

 

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https://unaparolaalgiorno.it/significato/C/clientelare?utm_source=newsletter&utm_medium=mail&utm_content=parola&utm_campaign=pdg

 

 

 

 

 

NOTIZIE DAI SOCIAL WEB

Pugnalare la nazione alle spalle

Federica Francesconi 4 09 2019

 

Pugnalare la nazione alle spalle, questo è l’orrendo crimine di cui si è macchiato il M5S. Non ci sono scusanti o alibi che tengano. Salvini avrà anche fatto un grosso errore politico nello staccare la spina al governo “del cambiamento”, peraltro già morente, ma sul M5S cadrà in eterno l’infamia di aver tradito una grossa fetta dell’elettorato italiano e gli interessi del Paese.

In queste ore tutti i poteri mefistofelici di questo mondo infame si stanno congratulando con il nuovo giocattolino delle élites, che sarà manovrato a piacimento fino a quando il popolo italiano non verrà dissanguato. Perché i poteri deviati di questo mondo vogliono il sangue dei popoli, che abitino terre sopra o sotto l’Equatore non fa alcuna differenza. La catena del vampirismo energetico è lunga assai, inizia in dimensioni di cui il 99% degli esseri umani non ne sospetta nemmeno l’esistenza. Ma il terminale di tale catena è qui, sulla Terra, e le sue cinghie di trasmissione sono sistemi economici e organismi sovranazionali che succhiano il sangue di miliardi di disperati. L’Unione Europea è nata appositamente per succhiare il sangue di alcuni popoli europei, checché ne dicano gli idealisti dell’europeismo. Sciocchi che non sono altro: quando verranno anche loro dissanguati sarà troppo tardi per comprendere.

Tornando al punto iniziale della mia riflessione, voi vedrete il governo giallo sterco nei prossimi mesi attuare tutti i punti dell’agenda mondialista. Le nomine dei ministri non lasciano spazio a dubbi: sono stati collocati sugli scranni uomini e donne assai graditi alle oligarchie finanziarie e a quelle politiche di Berlino e Bruxelles. Collocati appositamente per fare carta straccia di quel poco di buono il governo giallo-verde aveva fatto. E naturalmente per implementare il piano di portare allo sfascio l’Italia. Perché il nostro Paese, la gente che lo abita, ha resistito per 5 anni al piano di grecizzazione deciso dalle alte sfere sulfuree di Bruxelles. Una resistenza eroica, che a partire da oggi sarà abbattuta da un governo di lestofanti e di nocchieri infernali.

Solo un Dio ci potrà salvare. Heidegger lo capì più di 70 anni fa. Noi, da ritardati spirituali quali siamo, lo capiremo solo quando sarà troppo tardi. Perché come disse Cristo, solo la fede può salvare. La fede in se stessi, nei propri valori, nella Patria e nel Bene, ancor prima che in Dio. Dio è anche dentro ciascuno di noi, – è il mio vicino di casa, la foresta bruciata, i valori in cui credo –  ma lo abbiamo buttato fuori dalla nostra interiorità a calci nel sedere per sostituirlo con il consumismo e l’edonismo, i doni avvelenati del mondialismo. Abbiamo barattato la fede con l’illusione del progresso infinito e con la convinzione che delegare il potere decisionale alle élites fosse cosa buona e giusta. La conseguenza di questa scelta è stato il degrado umano in tutti gli ambiti dell’esistente. E che degrado sia! Forse solo toccando il fondo l’umanità potrà risalire la china.

 

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UNO SPOCCHIOSO MALATO DI NARCISISMO ASININO

Sisto Ceci 1 09 2019

 

Ecco cosa scrive una ex studentessa allieva del Prof. Conte…

 

“Caro professor Giuseppe Conte, lei potrà anche diventare il presidente del consiglio grazie al suo curriculum falso e ridicolo ma io

 

  • non dimenticherò mai il suo fare spocchioso e menefreghista quando si presentava in aula con almeno 40 minuti di ritardo oppure non si presentava per niente senza nemmeno avvertire e lasciava i suoi studenti per due ore ad aspettare,
  • non dimenticherò mai le liste di attesa per il suo ricevimento al quale non si presentava,
  • la sua negligenza nel fissare gli appelli di esame ai quali si presentava ovviamente in ritardo,
  • il suo fare e la sua inettitudine,
  • il suo menefreghismo e la sua scarsa considerazione verso tutti.

 

È proprio vero che la meritocrazia non esiste.

 

Ecco il presidente bamboccio, pieno di soldi e raccomandato che questo paese si merita! Italioti mediocri senza scrupoli che per interessi personali avete distrutto questo Paese!

 

L’unica soluzione è EMIGRARE.

 

ITALIA DI MERDA”.

 

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5 STELLE

Francesco Erspamer 4 09 2019

 

La cosa più deprimente sono i pentastellati o sedicenti tali che se ne vanno sbattendo la porta (o annunciano di volerlo fare) sulla base delle loro previsioni dell’apocalisse prossima ventura. Un tragico sintomo di infantilismo, di una società (o larghi strati di essa) che non vuole maturare e si rifugia nella virtualità e nelle illusioni come Peter Pan nell’Isola che non c’è. Se non fate come dico io, non gioco più. A questo hanno portato il consumismo compulsivo, l’appiattimento sull’attualità, l’abbandono delle tradizioni e della cultura, che è sempre condivisa: a un individualismo irresponsabile che si preoccupa solo dell’affermazione di sé e, forse ancora più grave, nell’immediato presente. Perché credete che le elezioni siano ogni cinque anni, in Italia e in buona parte dei paesi del mondo? Invece che ogni mese o ogni pomeriggio? Perché la democrazia non si esaurisce nel momento della scelta, del voto. È anche una sospensione del giudizio per il tempo necessario a realizzare le politiche di un governo, che verrà poi giudicato per quello che ha fatto. Crescere richiede tempo e solo la crescita nel tempo produce buoni risultati, attraverso tentativi, errori, ripensamenti, correzioni, come le cattedrali; l’alternativa sono le idee prêt-à-porter o ready-made, da accettare per quello che sono, già pronte e immutabili e per questo sùbito obsolete, a far posto a qualcos’altro altrettanto indispensabile ed effimero.

Neanche a me piace il Pd, anzi è il partito che mi piace di meno fra tutti quelli esistenti in Italia — tutti. Per cui sono sospettoso e scettico. Ma le mie personali idiosincrasie sono, appunto, solo mie, e sono basate su una conoscenza parziale dei fatti e delle circostanze oltre che sulla mia fragilità. Ne sono consapevole e dunque rifiuto l’arroganza della fretta. Aspetto i risultati: non indefinitamente ma ragionevolmente: i nomi dei ministri, le loro decisioni, le loro politiche reali, non quelle annunciate da La Repubblica o da Libero. Le valutazioni complessive che ho fatto negli ultimi anni le metto costantemente in discussione però non le rinnego in un istante: per me, a differenza che per gli piscolabili condizionati dal gossip, dalle breaking news e dalle mode istantanee, il passato conta e i cambiamenti, indispensabili e continui, sono da negoziare con esso.

Alla fine, fare un governo o vincere una consultazione elettorale non ha così importanza; solo chi non ha alcun senso della Storia può davvero pensare (come infatti inducono a pensare i media liberisti) che l’emergenza sia sempre e solo quella odierna. Molto più importante costruire un partito in grado di affrontare le mutevoli contingenze e adattarsi a esse. Un partito maturo, che rifiuti l’estremismo e il manichesimo, malattie infantili della politica, e che esprima le esigenze di lunga durata di un popolo e ne rafforzi così l’identità.

 

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IL RUOLO INFAME DEL COLLE DIETRO L’ENNESIMO FURTO DI DEMOCRAZIA

Danilo Bonelli 4 09 2019

 

Al prossimo che mi parla ancora del Presidente della Repubblica come di un imparziale garante della democrazia e di un equanime custode delle libertà costituzionali faccio una beffarda risata in faccia, ma più verosimilmente gli sputo in un occhio.

Perché è dal lontano 1992 con Scalfaro – poi seguito a ruota da Ciampi, da Napolitano e da Mattarella –  che l’inquilino del Quirinale è diventato il regista e l’ispiratore di tutte le più sporche manovre di palazzo orchestrate dalla sinistra italiana.

Quella che falsamente viene ancora chiamata con enfasi democrazia parlamentare si è di fatto trasformata – senza alcun pronunciamento del popolo – in una Repubblica presidenziale, con il Capo dello Stato che impone ministri di suo gradimento e che permette autentici ribaltoni come quelli che hanno visto l’insediamento di governi non eletti da nessuno ma solo scelti dal Colle come i governi Dini, Monti, Letta, Renzi e Gentiloni.

 

Ed ora è la volta del “Giuseppi” bis.

 

Eppure,

 

il PD ed i grillini avevano avuto tutto il tempo di formare una maggioranza insieme dopo le elezioni dello scorso anno quando il mandato esplorativo venne affidato da Mattarella a Roberto Fico, fallendo clamorosamente per quella che allora – eravamo tra aprile e maggio 2018 – venne definita “l’impossibilità di convergere assieme su un programma condiviso”……e allora che bisogno c’era di riprovarci ancora dopo solo un anno che peraltro aveva solo allargato ancora di più la profonda incompatibilità tra queste due contrapposte forze politiche ???

 

Tanto più che nel frattempo si erano tenute ben 8 elezioni regionali (Molise, Friuli, Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Abruzzo, Sardegna, Basilicata e Piemonte) oltreché le elezioni europee che avevano ovunque confermato una generale grande affermazione di Lega e Fratelli d’Italia ai danni sia del PD che del M5S, ovunque sconfitti.

 

Ma quando la volontà popolare è chiara e netta ecco che nella democraticissima Italia antifascista non le si consente di potersi esprimere perché qualcuno ravvisa la necessità di farla “decantare”, nella speranza che nel frattempo le coscienze si addormentino, gli animi si narcotizzino, gli elettori si distraggano……soprattutto poi quando c’è la superiore necessità di fermare il pericoloso autoritarismo salviniano.

Già, dimenticavo.

 

Bisogna fermare in ogni modo il dittatore Salvini-Hitler.

Ma qualcuno l’ha mai visto un despota che si esautora da solo lasciando il potere che detiene per passare all’opposizione ???

 

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3 punti scomparsi dal programma dei 5stelle

Lisa Stanton 4 09 2019

 

Il capo politico del M5s, Luigi Di Maio, aveva pubblicato sul blog delle Stelle, organo del partito, un testo in cui elencava i punti “irrinunciabili” per come li aveva illustrati a Conte. Ma almeno 3 punti scritti sul blog non compaiono nel testo per il premier incaricato.

 

Primo: la «revoca delle concessioni autostradali» indicata da Di Maio diventa «va avviata la revisione delle concessioni autostradali».

 

Secondo: “Tra le prime cose per noi fondamentali è la nostra totale contrarietà a qualsiasi forma di patrimoniale”. Parole assenti nel testo per Conte.

 

Terzo: “Riteniamo non abbia alcun senso parlare di modifiche ai decreti sicurezza”. Insomma, i decreti di Salvini non si toccano: ma le parole di Di Maio sono assenti nel documento per Giuseppi.

 

Rispetto, poi, al testo consegnato il 30 agosto dal MoVimento 5 Stelle al presidente incaricato, e dunque dopo le interlocuzioni con i vertici del Pd, nei 26 punti allegati alla scheda di voto su Rousseau è scomparsa questa frase: “Serve separare le banche di investimenti dalle banche commerciali”.

 

Nel testo era presente «lo Stop agli inceneritori e alle trivelle», ma manca alcuna indicazione esplicita nei punti del nuovo programma concordato e proposto agli iscritti.

 

Il programma a Cinque Stelle proponeva poi al punto 13 di «porre fine alla vendita degli armamenti ai Paesi belligeranti, incentivando i processi di riconversione industriale». Nei punti presenti nel documento congiunto M5s-Pd ogni riferimento è stato cassato.

 

I 20 punti iniziali targati M5S proponevano in forma esplicita il «contrasto al gioco d’azzardo», ma nei 26 punti M5S-Pd il gioco d’azzardo non è nemmeno citato.

 

PS Sento che Gentiloni sarà Commissario U€, il Mef andrà al Pd e Conte, in quota Pd, sarà PdC.

 

Insomma, un monocolore col M5S MoVimento 5 Stelle asfaltato

 

https://www.facebook.com/100000248554468/posts/2625287667489493/

 

 

 

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

BREVE STORIA DELL’ONU: UNA RIFORMA POSSIBILE O… FANTASIE?

Giulio Terzi DI Sant’Agata – 29 08 2019

 

Chi governa il mondo? Al netto di ogni possibile “complottismo” (risparmiatemelo, ve ne prego) analizziamo lo scenario. Un grande storico americano, #PaulKennedy, ha scritto alcuni anni fa un libro sulle #NazioniUnite che ha avuto molto successo: l’ha intitolato “Il Parlamento dell’Uomo”. Le Nazioni Unite sono il frutto di una pace con la quale i vincitori del 1945 hanno cercato di evitare il ripetersi dei tragici errori della #pacediVersailles del 1919, e hanno rappresentato in questi settant’anni l’architrave della pace e sicurezza internazionale, dello sviluppo economico e sociale, del riconoscimento universale dei diritti umani, dell’evoluzione progressiva del diritto internazionale. Una Governance imperfetta e (per certi versi giustamente) contestata, ma rivolta all’affermazione di un vero “Stato di Diritto” per la comunità internazionale. L’idea di un’associazione universale dell’umanità risale, osserva Paul Kennedy, a centinaia, se non a migliaia di anni fa: erano stati i teologi medioevali a proporre forme di Governo universale della Cristianità; si erano avute esperienze federative tra le Città Stato dell’antichità; per arrivare nella storia del pensiero politico ai Padri Fondatori americani, alla visione #Kant con il Trattato sulla Pace Perpetua, persino agli scritti di Lenin in favore degli “Stati Uniti d’Europa”, e ancora a quelli di #ArnoldToynbee che invocavano un nuovo sistema internazionale. Queste idee, cosi diverse e distribuite nel tempo, trovano una loro comune genesi nell’orrore di guerre alle quali ogni epoca ha voluto porre un termine, dando all’umanità la pace perenne. Tuttavia, per tutto l’Ottocento, fu piuttosto il “concerto tra le Cinque grandi potenze” il fattore dominante: le monarchie restaurate della Conferenza di Vienna aspirano a una pace generalizzata in Europa dopo l’esperienza delle campagne napoleoniche, e fu quella devastante esperienza a rendere le Grandi Potenze estremamente riluttanti nell’assumersi rischi di altre guerre, sempre più costose e destabilizzanti per i rispettivi sistemi di potere. Henry #Kissinger lo descrive magistralmente del suo lavoro “A World Restored, Metternich, Castleareagh and the problems of Peace 1812 – 1822″, giudicato un po’ la Bibbia del ” realismo” in politica estera: i realisti che pensavano a una pace perpetua grazie al “Concerto” venivano però contraddetti dall’esistenza di conflitti esterni all’#Europa, e dai molti rivoluzionari nello stesso continente europeo. Ancora a metà Novecento la Comunità internazionale continua a essere sostanzialmente “governata” da non più di 7 potenze. Tuttavia, i meccanismi del “Concerto” avrebbero potuto funzionare solo con decisioni prevedibili e razionali da parte dei Governi, e solo se i vertici militari avessero risposto interamente a quelli politici, anziché condizionarli. Per questi motivi sin dai primi mesi della Grande Guerra personalità come Lord Robert #Cecil, Jan #Smuts, Leon #Bourgeois, Woodrow #Wilson si erano messi a progettare un’Organizzazione di Stati che evitasse altre conflagrazioni attraverso la mediazione e l’arbitrato. A guerra conclusa, sarà chiamata Società delle Nazioni. Ma era forse sufficiente che vi appartenessero tutti gli Stati indipendenti e sovrani, per farne il vero “Parlamento dell’uomo”? Anziché azzerare l’Ottocentesco “Concerto Europeo”, la Società delle Nazioni lo rielaborava soltanto, lasciando pericolosamente incompiuto l’idealismo Wilsoniano. L’accordo era stato formalmente redatto dalle Cinque Potenze vincitrici, con l’aggiunta di qualche Stato minore, ma l’inchiostro era interamente anglosassone, e pur riconoscendosi i diritti di tutte le Nazioni, era ancora preminente lo status dei Cinque Grandi. Tutti i Paesi membri partecipavano all’Assemblea; ma questa si riuniva solo saltuariamente. Il reale potere apparteneva al Consiglio, formato dai Cinque Stati vincitori e da quattro altri Paesi membri eletti su base prevalentemente regionale. Un considerevole progresso, senza dubbio, rispetto al sistema del “Concerto Europeo”, ma con un grave limite, che ancora accomuna il Consiglio della Società delle Nazioni al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: entrambi sono nati da un compromesso: tra l’uguaglianza invocata da tutti e lo status privilegiato preteso dai Paesi più forti. Quali sono – oggi – gli scenari ai quali le Nazioni Unite devono confrontarsi, e quali sono gli interessi dell’Italia nel cercare di riformarle?

 

1) un’#America tornata in scena da protagonista, con un’economia in ripresa, disoccupazione di meno della metà di quella europea, piena autosufficienza energetica, consolidamento di alleanze e d’intese di sicurezza, sia di natura strategica che nell’antiterrorismo, nel Pacifico, in #MedioOriente, in #Africa, e in #Europa;

 

2) una #Russia in forte crisi economica e incapace di riforme politiche significative, ma con crescenti ambizioni espansive sorrette da uno strumento militare spropositato rispetto alle potenzialità economiche del paese;

 

3) una #Cina che avverte i vantaggi di un atteggiamento responsabile nelle grandi questioni globali del clima, del commercio, della moneta, ma che rafforza rapidamente potenzialità militari, espansione della propria sovranità in vastissime aree di grande rilevanza strategica ed economica, a danno innanzitutto dai paesi vicini;

 

4) un Grande #Mediterraneo al centro dell’arco di crisi che si estende tra l’Africa occidentale, il Golfo, la Mesopotamia sino al subcontinente asiatico, in #Pakistan e al Nord in #Afghanistan.

 

5) un’#UnioneEuropea il cui PIL era, sino al ridimensionamento dell’#Euro sul #dollaro, lievemente al disopra persino di quello Americano, quasi il doppio di quello Cinese, otto volte e mezzo l’economia Russa, ma con i dati di Eurobarometro che segnano una caduta di fiducia costante nelle Istituzioni europee, anche nel nostro Paese che pur si distingueva sino a pochi anni fa per un’opinione pubblica tra le più europeiste. Evaporazione del senso identitario, caduta dei valori solidaristici, tendenza diffusa alla ri-nazionalizzazione delle politiche estere, di sicurezza e di Difesa, esasperante lentezza nel gestire le crisi e carenza di volontà politica nel prevenirle, nonché politiche energetiche inefficienti e non coordinate, fanno tornare in mente quello che Abba #Eban era solito dire dei Palestinesi, che “non perdevano mai l’occasione di perdere un’occasione…”. Quell’ “unicum”, nella storia contemporanea, di una “quasi-confederazione” di Stati, quale è l’Unione Europea, che rappresenta la più grande economia del pianeta, e una immensa realtà di cultura, scienza, energia innovativa e imprenditoriale, che non riesce quasi mai ad essere protagonista non dico determinante, ma spesso neppure influente nel mantenimento della pace e della sicurezza mondiale. Se non fosse per la dimensione economica che ne fa la prima “entità aggregata” mondiale in termini di PIL, verrebbe da posizionare l’Europa più sul versante del declino, che non sul versante delle due uniche, vere, tendenzialmente incontrastabili “potenze globali”: Stati Uniti e Cina. Quello che avrebbe dovuto essere un “G3+” nel “concerto globale” sembra dover restare a lungo un “G2+”, con un‘Unione Europea destinata a essere confinata, accanto ai protagonisti USA e Cina, a essere solo “addizionale” su temi importanti come la sicurezza internazionale.

 

Inquadrati gli attori principali, torniamo all’#ONU: la domanda che ci si deve forse porre dopo ventitré anni di lavoro dell’Assemblea Generale per una riforma del Consiglio di Sicurezza, è se il Consiglio di Sicurezza sia realisticamente “riformabile”. Nessun Paese Membro delle Nazioni Unite, nemmeno i cinque Membri Permanenti del CdS, ha mai potuto negare l’esigenza di ridefinire radicalmente la Governance del Consiglio, di ampliarne la composizione, di prendere atto di nuovi equilibri regionali e globali. Tutti, anche i cinque Membri Permanenti, sostengono fin dagli anni ’90 che solo un Consiglio più “rappresentativo” e “responsabile” di quello uscito settant’anni fa dalla Conferenza di San Francisco potrà sostenere la sfida della frammentazione e della conflittualità, in un mondo triplicato per popolazione e quadruplicato quanto al numero di Stati sovrani. Tuttavia, la “riformabilità ” del CdS sta nelle mani degli Stati ai quali la “Costituzione dell’Onu” conferisce il diritto esclusivo, individuale e assoluto di autorizzarne le modifiche. La “riformabilità” o meno del CdS risiede anche nella sensibilità nazionali delle opinioni pubbliche, dei sistemi politici, dei Parlamenti di Stati Uniti, Cina, Russia, Gran Bretagna e Francia. Per ciascuno di questi cinque Paesi, è perciò irrealistico pensare a un qualsivoglia ridimensionamento volontario delle prerogative che si accompagnano allo Status di “Membro Permanente”; se non forse, ma in misura comunque minima, per la Francia che si è detta disponibile ad autolimitazioni volontarie del “veto”; ma si badi bene, assolutamente non in termini di rinuncia a un diritto dei Membri Permanenti. La verità è che continua a esistere incontrastato, alle Nazioni Unite, un “Concerto delle Grandi Potenze”, tra cinque Paesi che uniscono al diritto esclusivo di possedere e utilizzare armi nucleari, detentori di privilegi esclusivi e irrevocabili. Questa “Pentarchia” rappresenta la vera trincea, sinora indistruttibile, dello status quo: il privilegio della “permanenza” assicura ai P5 l’immunità da qualsiasi valutazione dell’Assemblea Generale sui loro comportamenti. Per citare uno tra i tanti riferimenti storici, Stalin ha potuto far perire milioni di persone, decimare intere nazionalità, come denunciato poi da Kruscev, senza alcun freno da parte né del Consiglio di Sicurezza né dell’Assemblea Generale… La condanna all’inazione dell’Onu si eternizza con i privilegi di Paesi Membri Permanenti, che resteranno sempre tali anche se dovessero esser governati  da regimi  violenti e sanguinari; senza mai veder verificate democraticamente le loro credenziali di “Paesi guida” della Comunità internazionale che dovrebbero contribuire, nella immensa misura dei poteri loro conferiti, al rispetto della legalità, della Sovranità e indipendenza degli  Stati, alla tutela delle minoranze nazionali, al rispetto dei diritti umani.  Senza entrare nei dettagli del “negoziato intergovernativo” sulla riforma del CdS dell’ONU, possiamo evidenziare che da alcuni anni si sono rafforzate tendenze significative verso:

 

1) un’attenuazione “volontaria ” del diritto di veto per lo meno nei casi di genocidio, di crimini di guerra e crimini contro l’umanità;

 

2) una rappresentatività regionale, che consenta la ridefinizione dei mandati in CdS attraverso rotazioni  allungate, e apra alla partecipazione al Consiglio di entità che hanno acquisito una soggettività internazionale, in primis l’Unione Europea;

 

3) il riconoscimento “effettivo” del diritto di partecipazione per gli Stati di più piccola dimensione, la cui stessa sopravvivenza rischia di venir essa in discussione da “sfide planetarie” – come quella climatica – che pure entrano nell’equazione della sicurezza per l’impatto che esse comportano sullo sviluppo, le migrazioni, la stabilità politica.

 

L’Italia sostiene con coerenza queste tre tendenze, a attraverso un progetto di riforma che da alcuni anni il movimento United for Consensus, da noi lanciato, ha posto al centro del negoziato intergovernativo. Siccome la natura aborrisce il vuoto – e nella realtà internazionale vale la stessa regola – si avverte da una ventina d’anni l’esigenza di uscire dall’ingessatura del Consiglio di Sicurezza. Ci saranno progressi? Nonostante i grandi mutamenti e le sfide che riguardano la sicurezza internazionale potrebbero agire da forte stimolo, il superamento dello status quo non potrà che essere graduale e inesorabilmente lento: chi detiene concretamente il potere, accetterà di vederlo “eroso”? Le pressioni del “resto del mondo” avranno un peso?

 

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POLITICA

EVVAI … CI SIAMO!

E IN UNA GIRANDOLA DI SUPERCAZZOLE PARTE IL GOVERNO DEL CONTE MASCETTI 

Danilo Bonelli 2 09 2019

 

“Abbiamo parlato solo di programmi e non di nomi”……ma certo che si … e noi ci crediamo … non hanno parlato di nomi ma solo di cognomi.

 

Fateci caso, ogni qualvolta che ci stanno rifilando una fregatura o allestiscono una porcheria ecco che ci raccontano di farlo per il bene dell’Italia e nel superiore interesse del popolo italiano. Ogni volta è sempre la stessa formula, anche Berlusconi giustificava così il suo sostegno ai governi del PD.

 

Ma stavolta a raccontarci questa baggianata è Beppe Grillo in persona che con toni affettuosi si rivolge a quelli che adesso chiama “ragazzi del PD” dimenticandosi disinvoltamente che gli stessi destinatari del suo appello erano bollati sdegnosamente come “partito di Bibbiano” solo fino a poche settimane addietro.

 

Ma evidentemente da noi la politica funziona così, induce ad epocali inversioni di rotta e a rapidissime trasformazioni.

 

Guardate il Movimento 5 Stelle che al grido di “vaffa” voleva spazzare via tutte le manfrine della vecchia e corrotta politica e che – nel volgere di pochi mesi – si è trasformato da casa di vetro a tazza del cesso nella quale si sta accingendo a scaricare i suoi bisogni fisiologici il PD di Renzi e Zingaretti. Speriamo solo che abbiano almeno la decenza di tirare la catena!

 

In queste ore i grillini sono passati dallo slogan “onestà onestà onestà” al più conveniente “Franza o Spagna purché se magna”, cambiando cavallo alla stregua di una prostituta che cambia cliente. Tanto alla fine il buco è sempre lo stesso e non si fa male nessuno. Via l’uno e dentro l’altro. Basta pagare.

 

Stamani su SKY commentavano che il Movimento ha cambiato pelle e mi è venuto in mente che in natura questo avviene per i serpenti che sono in grado di effettuare tale mutazione ma continuano egualmente a restare serpenti che strisciano a terra.

 

Intanto si avvertono già i primi effetti del prossimo nuovo governo: le ONG non puntano neppur più a Lampedusa ma scaricano il loro pescato del giorno direttamente sulle coste siciliane del ragusano.

 

Un bel passo avanti.

 

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IL GOVERNO DISCARICA DI DECENNI DI CONTRADDIZIONI

4 settembre 2019 – Mauro Mellini

 

L’ho già detto e sono riuscito a farlo pervenire ai miei amici dal cantuccio delle mie ferie. E’ questo il Governo nel quale i rottami ed i liquami della Sinistra, divisa e travagliata da contrapposizioni e reciproche persecuzioni per decenni, ritrova un’infelice unità.

Sarà un governo sciagurato, tale già nella sua concezione, negli equivoci e nelle grossolanità che ne hanno segnato la nascita.

Sorto in funzione di uno sgambetto tra gli alleati della maggioranza che sosteneva quello precedente, ne ha ereditato le ambiguità e le riserve mentali.

Nasce anch’esso con una procedura più che discutibile. Con un “programma” che non è un programma di Governo (che, non dimentichiamolo, è “l’esecutivo”) e che comprende persino una non irrilevante (ed anch’essa sciagurata) riforma costituzionale.

Governo degli eredi, dei perdenti della guerra fredda che tentarono il “golpe” per imporsi come vincitori (Mani Pulite) e che demonizzarono chi glie lo impedì, sbandiera il solito “Nuovo” di cui si proclama portatore ed antesignano.

Non c’è governo, non c’è forza politica che da decenni e decenni a questa parte non si proclami espressione del “nuovo”: il più vecchio dei luoghi comuni italiani.

In realtà è vecchio e marcio, come vecchi e marci sono il populismo e l’antipolitica.

Ricordo negli ultimi anni della Prima Repubblica quando la Democrazia Cristiana era

Continua qui

http://www.lavalledeitempli.net/2019/09/04/governo-discarica-decenni-contraddizioni/

 

 

 

 

 

 

 

STORIA

IL MUSEO STALIN DI GORI

Europa centro-orientale 30 08 2019

 

Tra le decine di biografie di Stalin, non è facile scegliere la migliore, anche se quelle russe di Volkogonov (Trionfo e tragedia, Mondadori 1991) e di Chlevnjuk (Stalin – Biografia di un dittatore, Mondadori 2016) hanno qualcosa in più delle altre. Il cinema invece non ha prodotto molti risultati, soprattutto se si pensa a quanti film siano stati girati su Hitler e il nazismo. Uno dei pochi è Stalin – Death Had a Name, un film tv del regista ceco Ivan Passer, con un eccellente Robert Duvall nei panni di Koba il terribile. Non sarebbe male se, in seguito ad una bella riverniciata tecnologica di cui il museo avrebbe tanto bisogno, il film fosse proiettato in continuazione in una delle sale. In particolare, la vita privata di Stalin non è stata approfondita: una delle poche fonti è il libro della figlia Svetlana Alleluyeva(“L’unico essere umano che Stalin abbia mai amato”), Venti lettere a un amico, sempre pubblicato da Mondadori nel 1967, cui il film di Passer si ispira. Svetlana, riparata in Occidente nei primi anni Sessanta, usò sempre il cognome della madre Nadia, seconda moglie di Stalin, morta suicida nel novembre 1932 probabilmente anche dopo essersi resa conto della tragedia delle campagne sovietiche, come affermato anche da Anne Appelbaum nel suo recente volume La grande carestia, anch’esso mondadoriano, uscito tre mesi fa.

 

il museo di Gori non espone assolutamente nulla su questa tragedia, giustamente definita genocidio da Rafael Lemkin, colui che coniò questo termine. Sulle terribili “purghe” del 1936-38, che fecero centinaia di migliaia di vittime innocenti, c’è assai poco, confinato in una saletta, quasi un sottoscala. Interessante che nella stessa stanza ci siano foto dell’invasione russa del 2008. Sia l’ufficio al Cremlino che il vagone ferroviario sono piuttosto sobri, come lo era Stalin, al contrario di molti suoi epigoni come Rákosi e Ceausescu tra gli altri. Le pipe regalategli dal PCI per il suo settantesimo compleanno nel 1949 sono esposte tra i doni ricevuti.

 

Tra i visitatori, gli apologeti (soprattutto russi) prevalgono sui curiosi. Sarebbe molto opportuno che questo museo fosse posto sotto tutela internazionale e arricchito con molti alti materiali in modo da completare il più possibile il quadro è l’immagine del personaggio, la visione mitica del quale è negativa sia per la Georgia che per la Russia e l’Europa intera (3-fine).

 

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=521076578434257&id=484525728756009

 

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