RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 17 MAGGIO 2021

https://scenarieconomici.it/m-g-maglie-arriveremo-alla-svendita-totale/

RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI

17 MAGGIO 2021

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici,

ammassare riserve contro l’inverno dello spirito

che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire.

(Yourcenar, Memorie di Adriano)

NUCCIO ORDINE, Classici per la vita, La nave di Teseo,2016, pag. 93

 

http://www.dettiescritti.com/

https://www.facebook.com/dettiescritti

https://www.instagram.com/dettiescritti/

Le opinioni degli autori citati possono non coincidere con la posizione del curatore della presente Rassegna.

I numeri degli anni precedenti della Rassegna sono disponibili sul sito www.dettiescritti.com

 

 Precisazioni legali

 

 www.dettiescritti.com è un blog intestato a Manlio Lo Presti, e-mail: redazionedettiescritti@gmail.com 

Il blog non effettua alcun controllo preventivo in relazione al contenuto, alla natura, alla veridicità e alla correttezza di materiali, dati e informazioni pubblicati, né delle opinioni che in essi vengono espresse. Nulla su questo blog è pensato e pubblicato per essere creduto acriticamente o essere accettato senza farsi domande e fare valutazioni personali. 

Le immagini e le foto presenti nel Notiziario, pubblicati con cadenza pressoché giornaliera, sono raccolte dalla rete internet e quindi di pubblico dominio. Le persone interessate o gli autori che dovessero avere qualcosa in contrario alla pubblicazione delle immagini e delle foto, possono segnalarlo alla redazione scrivendo alla e-mail redazionedettiescritti@gmail.com 

La redazione provvederà doverosamente ed immediatamente alla loro rimozione dal blog.

 

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

SOMMARIO

“LE COSTITUZIONI”: LA SOVRANITÀ DELLA SVEZIA (VIDEO)
Joe Biden reinventa il razzismo
Ricatto-vaccini: ma sono le pecore a limitarci i diritti
M.G. Maglie: arriveremo alla svendita totale
Barnard e l’Antico Ordine Mondiale, oggi ormai evidente
Cosi la Cina potrebbe riannettere Taiwan
Una fiaba disneyana in aiuto ai bambini malati di tumore
Coronavirus: i disastri delle Talk Fiction
Vermi della farina essiccati come alimento, Ok della UE
MERCATO PSICOFARMACI: 1 MILIARDO DI EURO.
Marocchinate, la giunta rossa di Cassino celebra i criminali di guerra. FdI: “Indegni, dimettetevi”
IL PENTAGONO PREPARA UNA NUOVA GUERRA IN ASIA SUDORIENTALE
I MOVIMENTI JIHADISTI IN AFRICA: IL JIHAD
QUALCHE SPUNTO DI SCHMITT PER IL XXI SECOLO
Bugie sul Covid: perché anche Draghi è imperdonabile
Iniziano in silenzio rivolte e fallimenti delle aziende contro le assurde norme ambientali della Commissione
I problemi della transizione energetica
Autostrade: o Atlantia ha diffamato il governo, o il governo è colpevole di estorsione
“Connessioni” di Francesca Sifola
DoJ ed IRS scavano in Binance. Tasse ed altro
C.D.C., O.M.S. e il gruppo Davos a processo per crimini contro l`umanita`.(3 lug 21)
Michel Barnier: fermiamo l’immigrazione nella UE per 5 anni. Chi lo dice a Letta?
La cultura non ha prezzo? E chi l’ha detto?
PACE IN MEDIO ORIENTE: BIDEN POTREBBE CHIAMARE TRUMP
Usa, 124 ex generali: elezioni rubate, nazione in pericolo
La UEligarchia si prepara a scavare la fossa alla Le Pen
Bizzi: la farsa-Covid è finita, grazie a Putin e ai Rothschild
Ripensamenti sul globalismo. In USA. In Italia no.
Inclusione multiculturalità e diritti individuali
Vaccino, lo studio su Nature svela come bloccare le pandemie: immunizzare gli animali
I tamponi PCR COVID sono uno strumento di genocidio.

 

 

EDITORIALE

“LE COSTITUZIONI”: LA SOVRANITÀ DELLA SVEZIA (VIDEO)

La democrazia svedese si basa sulla libertà di opinioni e sul suffragio universale con voto eguale. Questo quanto scritto nel primo articolo della Costituzione della Svezia.

VIDEO QUI: https://youtu.be/UzRVDqC8pKE

FONTE: http://opinione.it/cultura/2021/05/12/manlio-lo-presti_le-costituzioni-manlio-lo-presti-primo-articolo-costituzione-svezia/

 

 

 

IN EVIDENZA

Joe Biden reinventa il razzismo

DISTORSIONE DEL LINGUAGGIO

Al contrario di una convinzione largamente diffusa, il presidente Joe Biden non vuole garantire “l’uguaglianza davanti alla legge” di tutti gli statunitensi, senza distinzione di razza. Vuole invece essere paladino dell’“equità razziale”, ossia di una forma di uguaglianza non tra individui, bensì tra gruppi razziali che considera distinti. In questo articolo Thierry Meyssan utilizzerà il termine “razzismo” in senso letterale e non nel senso correntemente attribuito di “comportamento discriminatorio”. Dimostrerà che Biden e il Partito Democratico, annunciando di voler estendere al mondo intero “l’equità razziale”, in realtà minacciano la pace mondiale.

In uno Stato federale, in qualche parte nel mondo, il ministero dell’Istruzione ha deciso che nelle scuole primarie e secondarie s’insegni che l’umanità è divisa in razze differenti fra loro.

Benché le razze siano distinte, gli accoppiamenti sono consentiti, nonché la procreazione, che però porterà frutti sterili, come i muli che nascono dall’unione di un asino con una giumenta. Per questa ragione, le statistiche di questo Stato federale conteggiano bianchi, neri, e altre razze, ma non i meticci.

Siccome tra le diverse razze sussiste una gerarchia implicita e siccome, sfortunatamente, i meticci non sono sterili, questi ultimi vanno automaticamente conteggiati fra gli appartenenti alla razza inferiore: bisogna preservare la razza superiore da ogni contaminazione.

Questo Stato federale era il Reich nazista, ma lo sono anche gli Stati Uniti di Joe Biden e del segretario all’Istruzione, Miguel Cardona.

È il ritorno del “razzismo scientifico” che causò la seconda guerra mondiale e i suoi 70 milioni di morti. Nessuno sembra però accorgersi del pericolo; anzi, molti ritengono i Democratici statunitensi esempio di apertura verso gli altri.

Ricordiamoci che il razzismo degli anni Trenta aveva tutti i connotati della scienza. Era oggetto di ricerca in molti istituti scientifici ed era insegnato nelle università, sia negli Stati Uniti sia in Europa occidentale. Per preservare la razza superiore, molti Stati “moderni” vietarono i matrimoni interrazziali ancor prima della prima guerra mondiale.

JPEG - 37.6 Kb
Medaglia commemorativa realizzata da Karl Goetz (all’epoca politicamente a sinistra). Sul diritto della medaglia la caricatura di un soldato francese nero con il motto “Libertà, Uguaglianza, Fratellanza”; sul rovescio, una donna tedesca, legata e stuprata sotto un casco francese. Questa medaglia, esplicitamente razzista, fu distribuita da alcune organizzazioni di destra e da quasi tutte le organizzazioni occidentali di sinistra.

Il razzismo non è né di destra né di sinistra

Nell’immaginario collettivo il razzismo si diffonde solo negli ambienti della destra nazionalista. È assolutamente falso.

Ne è un esempio quanto accadde dopo la prima guerra mondiale, quando la Francia occupò militarmente per due anni la regione carbonifera della Ruhr. Fra le truppe francesi vi erano anche africani del Senegal e del Madagascar. In Germania, Regno Unito, Stati Uniti e Canada si diffuse velocemente un movimento di protesta per denunciare l’ignominia dei francesi che avevano mandato nella regione 20 mila neri per dominare i tedeschi e violentarne le donne. Questo movimento razzista, diretto dalla principale figura dell’antirazzismo d’inizio secolo, E.D. Morel [1], riunì nelle più grandi manifestazioni la totalità delle organizzazioni femministe [2].

Nella stessa Francia vi aderirono i socialisti, fra i quali il nipote di Karl Marx, Jean Longuet, giornalista all’Humanité e futuro dirigente della SFIO (Sezione Francese dell’Internazionale Operaia, partito socialista).

Va riconosciuto che in frangenti torbidi come quello fra le due guerre mondiali o quello che stiamo vivendo ora, le persone tendono a seguire l’istinto, prescindendo dalle proprie idee. Sono spesso in totale contraddizione con sé stesse, senza rendersene conto.

JPEG - 24.6 Kb
Il presidente Democratico, Woodrow Wilson (1913-1921) fu l’ideatore della Società delle Nazioni, l’organizzazione che ha preceduto l’ONU. Wilson favorì il Ku-Klux Klan in seno al partito e instaurò la segregazione razziale.

Il passato schiavista e razzista dei Democratici statunitensi

Negli Stati Uniti lo schiavismo e il razzismo sono stati difesi soprattutto dai Democratici, in opposizione ai Repubblicani.

– I programmi del Partito Democratico del 1840, 1844, 1848, 1852 e 1856 affermano che l’abolizionismo riduce il benessere del popolo e mette in pericolo la stabilità e la continuità dell’Unione.

– Il programma del 1856 intende consentire agli Stati dell’Unione di decidere se praticare o meno la schiavitù domestica e d’inserirla nella propria Costituzione.

– Il programma del 1860 irride gli sforzi degli Stati abolizionisti, che si rifiutavano di arrestare gli schiavi in fuga in quanto sovversivi e rivoluzionari.

– Il 14° Emendamento, che concede la piena cittadinanza agli schiavi liberati, fu adottato nel 1868 dal 94% dei parlamentari del Partito Repubblicano e dallo 0% dei parlamentari del Partito Democratico.

– Il 15° Emendamento, che concede il diritto di voto agli schiavi liberati, fu adottato nel 1870 dal 100% dei parlamentari del Partito Repubblicano e dallo 0% dei parlamentari del Partito Democratico.

– Nel 1902 il Partito Democratico fece votare in Virginia una legge che negava il diritto di voto a oltre il 90% degli afroamericani.

– Il presidente Woodrow Wilson istituì la segregazione razziale per gli impiegati federali e rese obbligatoria una foto sulle domande di lavoro.

– La Convenzione Nazionale del Partito Democratico del 1924, al Madison Square Garden di New York, fu chiamata Klan-Bake per l’influenza del Ku-Klux Klan in seno al partito.

Le cose cambiarono davvero solo nel 1964, quando, a seguito dell’impegno dei Kennedy, il presidente Lyndon Johnson fece adottare il Civil Rights Act. Un cambiamento di rotta che avvenne non senza dolore: alcuni parlamentari democratici riuscirono a bloccarlo per 75 giorni.

JPEG - 44 Kb
Il 1619 Project è un’operazione del New York Times Magazine. Mira a riscrivere la storia degli Stati Uniti

Il 1619 Project

L’amministrazione Biden si proclama antirazzista e nessuno dubita della sua buona fede. Ma Biden è antirazzista come lo fu il Partito Democratico negli anni dal 1840 al 1961, ossia per niente. È vero il contrario.

Le decisioni di Biden in materia d’istruzione mirano a promuovere l’ideologia del 1619 Project, secondo cui gli Stati Uniti non furono fondati con la guerra d’Indipendenza contro la Corona britannica, bensì due secoli prima, nel 1619, con l’idea di ridurre i neri in schiavitù.

Il 1619 Project è stato messo a punto a cominciare dal 2019, da una serie di supplementi, nonché di articoli, del New York Times. Il quotidiano ha così smesso di cercare di raccontare la verità, per diventare strumento di propaganda dell’ideologia puritana. Secondo il NYT, gli amerindi erano schiavisti come lo erano gli europei, quantunque gli spagnoli liberassero gli amerindi schiavi che fuggivano dal padrone, a condizione che si convertissero alla vera fede, il cattolicesimo. In sostanza, le colonie europee delle Americhe ebbero un vero sviluppo soltanto nel 1619, con l’arrivo, sul territorio degli odieni USA, degli schiavi neri di Angola. La guerra d’Indipendenza non fu una ribellione contro le imposte ingiuste della Corona britannica, ma una lotta per salvaguardare il sistema schiavista. Gli Stati Uniti sono perciò razzisti in maniera sistemica. È dovere di ogni uomo bianco prendere coscienza del privilegio indebito di cui gode e riparare i crimini del patriarcato bianco.

Questa teoria non ha fondamento storico [3]. Confonde schiavitù e razzismo (per esempio, gli amerindi riducevano in schiavitù i nemici, ma non per questo erano razzisti). Prescinde dagli schiavi bianchi (gli inglesi condannati dalla giustizia furono tra i primi schiavi dell’America del Nord). Disprezza l’emancipazione dei coloni nei confronti dell’Inghilterra. Da ultimo, non furono gli statunitensi, bensì i portoghesi a portare la schiavitù nelle organizzazioni dei coloni e a farne commercio. Per di più questa teoria è americano-centrica, non tiene infatti conto degli arabi, che per un millennio ridussero in schiavitù i neri e li castrarono sistematicamente.

È una teoria religiosa: riprende, trasformandolo, il mito del peccato originale e lo fa ricadere su ogni uomo bianco. Come gli iconoclasti, i puritani e i wahhabiti, i suoi sostenitori distruggono le raffigurazioni impure dei peccatori, a cominciare dai generali sudisti.

Ogni menzogna ne genera un’altra: i sudisti non difendevano la schiavitù (che abolirono prima della fine della guerra di Secessione), bensì il diritto di ogni Stato confederato ad avere la propria dogana.

I fautori del 1619 Project agiscono esattamente come coloro che vogliono combattere: gli uomini non sono colpevoli per quanto fanno, ma per nascita, per eredità.

JPEG - 21.8 Kb
Il governatore Kevin Stitt conduce la lotta all’istituzionalizzazione del razzismo da parte dell’amministrazione Biden.

L’istituzionalizzazione del razzismo da parte di Joe Biden

Quando il segretario all’Istruzione dell’amministrazione Biden, Miguel Cardona, ha deciso di promuovere il 1619 Project nelle scuole primarie e secondarie, un movimento di contestazione ha attraversato il Paese.

La reazione più interessante è stata quella dell’Oklahoma, dove il Congresso ha adottato una legge, immediatamente firmata dal governatore Kevin Stitt, indiano Cherokee, nonché jacksoniano come Donald Trump. Questa legge, HB1775 (scaricabile a fondo pagina), vieta a chiunque d’insegnare queste otto affermazioni razziste:

- 1. Una razza o un sesso è intrinsecamente superiore a un’altra razza o a un altro sesso.
- 2. A causa della propria razza e del proprio sesso, un individuo è, consapevolmente o inconsapevolmente, intrinsecamente razzista, sessista o oppressore.
- 3. Una persona dovrebbe essere oggetto di discriminazione o subire un trattamento discriminante soltanto, o in parte, a causa della razza o del sesso cui appartiene.
- 4. I membri di una razza o di un sesso non possono e non devono tentare di trattare gli altri senza tener conto della loro razza o del loro sesso.
- 5. Il carattere morale di un individuo è necessariamente determinato dalla razza o dal sesso cui appartiene.
- 6. Un individuo è responsabile degli atti commessi in passato dai membri della razza o del sesso cui appartiene.
- 7. Ogni individuo deve provare disagio, senso di colpa, angoscia e ogni altra forma di smarrimento psicologico per la razza o il sesso cui appartiene.
- 8. La meritocrazia o altri aspetti, quali l’etica del lavoro accanito, sono razzisti o sessisti o sono stati istituiti dagli appartenenti a una razza particolare per opprimere gli appartenenti a un’altra razza.

Il testo che vieta l’insegnamento nelle scuole dell’Oklahoma di tutte o parte di queste otto affermazioni è stato adottato dal 100% dei parlamentari Repubblicani e dallo 0% dei parlamentari Democratici.

Dobbiamo valutare le conseguenze dell’ideologia del 1619 Project, che il Partito Democratico e l’amministrazione Biden vogliono applicare non soltanto negli Stati Uniti, ma estendere al mondo intero. Essa non può che condurre a immani violenze.

https://www.voltairenet.org/IMG/pdf/HB1775_ENR-7.pdf    Testo della legge HB 1775 del 7 maggio 2021 adottata in Oklahoma (versione originale inglese)

NOTE

[1] E.D. Morel denunciò il trattamento crudele dei congolesi da parte del re del Belgio, Leopodo II.

[2] “Black Horror on the Rhine”: Idealism, Pacifism, and Racism in Feminism and the Left in the Aftermath of the First World War, Peter Campbell, Histoire sociale/Social history, Volume 47, Number 94, Juin/June 2014. DOI: https://doi.org/10.1353/his.2014.0034.

[3The New York Times’ 1619 Project: A racialist falsification of American and world history, Niles Niemuth & Tom Mackaman & David North, World Socialist Web Site (2020). 1620: A Critical Response to the 1619 Project, Peter W. Wood, Encounter Books (2020).

FONTE: https://www.voltairenet.org/article213041.html

 

 

 

Ricatto-vaccini: ma sono le pecore a limitarci i diritti

Nel paese dei morti viventi, ancora qualche mese fa era possibile ascoltare il seguente discorso: è da pazzi irresponsabili tentare di ridimensionare la pericolosità del Covid e la necessità delle restrizioni. Il livello scientifico del ragionamento era il seguente: mio nonno ha perso la vita, dopo settimane di ricovero, e all’ospedale se l’è vista brutta anche molta gente non anziana. Si poteva pensare che a parlare in quei termini fossero persone disinformate, ignoranti e pigre, manipolate dalla televisione o magari da qualche “fenomeno” come il primario di un ospedale del Nord Italia che, pensando di sfidare i “negazionisti”, li invitò a visitare il suo reparto (rimediando gli improperi dei parenti, cui era vietato vedere i ricoverati, per poi venire zittito da tanti colleghi, che gli risposero: veniamo noi, a sincerarci dell’emergenza in cui si troverebbe il tuo ospedale, a patto che ci spieghi quali altre patologie hanno, i ricoverati, e come li state davvero curando). La pessima notizia è che questa Italia dei cialtroni, per ora, ha stravinto.

Primo: il ministro che ha taroccato l’emergenza (ignorando il piano pandemico) è ancora al suo posto. Secondo: non una ammissione è finora pervenuta da giornali e televisioni, complici della tragicommedia, insieme ai loro virologi da salotto. Terzo: la notizia fondamentale – è Pecora mascherinastato messo a punto un efficace protocollo per cure domiciliari precoci – viene costantemente oscurata, e lo stesso ministero della sanità (lungi dall’adottare il protocollo salva-vita) ne ha ostacolato la legittimazione, in sede giudiziaria. Quarta tragedia: il nuovo governo, guidato da Mario Draghi, non accenna a dire la verità, sul Covid. Ha ereditato il disastro nazionale provocato da Conte e ora si impegna a rianimare il paese, ma a una condizione: la salvaguardia della menzogna (mondiale) che vede il “vaccino genico”, sperimentale, come l’unica via d’uscita, il solo rimedio alla crisi generata da una malattia che nella maggior parte dei casi sarebbe guaribile in pochi giorni, da casa, con semplici antinfiammatori, se solo si smettesse di impedire ai medici di fare il loro dovere.

La crisi (civile, sociale, democratica) si sta avvitando su se stessa nel peggiore dei modi: come previsto dai golpisti, agli infidi preparati genetici spacciati per vaccini viene progressivamente vincolata la libertà di circolazione, mediante il famigerato “green pass”, dopo aver imposto per decreto – a medici e infermieri – di sottoporsi a un inoculo che, di per sé, non dà alcuna garanzia al soggetto di non essere più contagioso. Solo un imbecille, a questo punto, tarderebbe a rendersi conto che qualcosa non funziona. GeneticoMa del resto, a proposito di imbecilli: le strade sono piene di soggetti che camminano, pedalano e guidano l’auto (da soli) con le vie aree imbavagliate dalla “museruola”. Emerge nel frattempo che i test Pcr dei tamponi sono una barzelletta? Non importa: si continua a fingere di credere che i tamponi siano attendibili, e che i contagi degli asintomatici siano un problema.

E poi ci sono loro, i vaccinandi: non sanno, non si informano, non studiano, non leggono? Semplicemente, si mettono in fila come pecore. E se ne fregano, a quanto pare, se lo Stato imporrà altre misure illegali per discriminare i non-vaccinati, dopo aver imposto le brutali restrizioni, le illegali zone rosse e l’illegale coprifuoco. In fondo è soprattutto grazie a loro, a questi italiani, se qualsiasi governo potrà infliggere altre sofferenze alla cittadinanza. Il pass vaccinale (con farmaci ancora solo sperimentali, fino a tutto il 2023) equivale a una sorta di Tso, indotto in modo surrettizio aggirando la Costituzione. E’ legittimo, assumersi rischi inoculandosi farmaci di incerta innocuità. Se però alla campagna vaccinale viene vincolato il ritorno alla libertà, sottoporsi a questo ricatto morale significa contribuire a colpire i connazionali che al ricatto non intendono piegarsi, anche in nome della presente e futura libertà di tutti, inclusi i morti viventi che ancora circolano (violando la legge) con il volto coperto dall’inutile, patetica mascherina.

M.G. Maglie: arriveremo alla svendita totale

Maggio 17, 2021 posted by Guido da Landriano

Interviene Maria Giovanna Maglie sul tema della pandemia e del Recovery Fun.  L’Italia potrebbe davvero trovarsi di fronte a un bivio: o la rinascita, o il collasso definitivo. Gli esiti economici derivanti dalla crisi da Covid sono ancora tutti da scoprire e quasi tutte le nostre speranza sono riposte in un piano predisposto dall’Europa. Le insidie nascoste dietro al famigerato RecoveryPlan sono molteplici, anch’esse in larga parte sconosciute ai più.

Tra le tante, una in particolare l’ha ricordata Maria Giovanna Maglie parlando di “freno di emergenza” pronto a scattare non appena l’Italia non avrà rispettato le riforme richieste dall’Unione. Ci sarà la necessità di una nuova resistenza contro chi vuole distruggere il paese, una resistenza produttiva e imprenditoriale contro chi lo ha svenduto e venduto

La scrittrice ne ha parlato in veste di ospite del webinar “LaCina, la pandemia e l’alternativa al politicamente corretto”, promosso dall’associazione Reazione Identitaria e dal Dipartimento Famiglia e Valori Identitari della Lega.

VIDEO QUI: https://youtu.be/WXvn9PnFHbc

FONTE: https://scenarieconomici.it/m-g-maglie-arriveremo-alla-svendita-totale/

 

 

 

Barnard e l’Antico Ordine Mondiale, oggi ormai evidente

Chiedetevi come mai la politica fallisce sempre, i partiti fanno cilecca e i leader finiscono per deludere. Oggi la risposta è sulla bocca di tutti quelli che hanno smesso di dormire; ma una decina di anni fa era un giornalista come Paolo Barnard, in solitudine, a proporre la domanda: chi comanda davvero, lassù, al di là dei piccoli esecutori locali, fabbricati in serie con i sondaggi e destinati invariabilmente a sgonfiarsi, dopo aver assolto al piccolo compito che era stato loro assegnato? Da qualche decennio, il copione è invariato: da una parte i paracarri, i pretoriani ufficiali del sommo contabile, e dall’altra gli outsider professionali, con traiettoria pilotata. L’outsider spunta come un fungo e un giorno esplode, viene osteggiato ma poi conquista i suoi spazi, varca la soglia sacra della televisione e infine accede al governo, da cui poi abbandonerà – uno ad uno – tutti i suoi cavalli di battaglia, lasciando senza parole gli elettori che gli avevano dato fiducia nel solito modo, e cioè religiosamente. Sempre così: show must go on, avanti un altro.

Tra il saggio “Il più grande crimine” e i Dpcm inaugurati con la cosiddetta pandemia da coronavirus è possibile tracciare una linea retta, addirittura imbarazzante, che porta dritti al distanziamento e alle mascherine, ai lockdown, al delirio orwelliano del coprifuoco basato Paolo Barnardsull’evocazione del senso di colpa, del contagio come imprudenza e come maledizione, in un orizzonte cupo in cui riecheggia una specie di peccato originale: l’essere nati, l’aver aspirato a essere liberi e dotati di diritti umani. Siamo diventati il paese della Dad, dello smart working e delle Regioni colorate, dove la semilibertà (concessa col contagocce) bisogna meritarsela, stando lontani dal prossimo come se fosse appestato. L’incubo si prolunga, per via sanitaria (o meglio, fanta-farmaceutica) con l’incombente obbligo vaccinale sostanziale, propiziato da un assedio anche fisico, geografico, come quello del lasciapassare neo-medievale per poter varcare il Rubicone, il Piave, il Tevere, l’Isonzo.

L’avvocato Erich Grimaldi, uno dei tanti eroi di questa Italia in rottamazione, quasi supplica il suo pubblico affinché accorra in piazza a Roma, l’8 maggio, indossando magliette con sopra scritto “voglio essere curato con le terapie domiciliari”, oppure “sono guarito grazie alle cure precoci a domicilio”. Quei trattamenti terapeutici tempestivi rappresentano la soluzione, l’uscita dall’allucinazione collettiva: ma il Ministero della Paura ha osato opporvisi, ancora, nonostante l’auspicio unanime espresso dal Senato e i colloqui in corso tra lo stesso Grimaldi e il sottosegretario Sileri, per arrivare finalmente a un protocollo che metta i medici nelle condizioni di curare gli italiani, senza più costringerli a ricorrere all’ospedale quando ormai faticano a respirare. E’ come se qualcuno si ostinasse a sparare cannonate, sull’allevamento umano, forte di una certezza granitica: le mansuete bestiole non si ribelleranno nemmeno stavolta, resteranno al loro posto in attesa di essere decimate, dalle cure negate e dal martirio economico che il 1° Maggio 2021 costringe anche la grande stampa ad ammettere che, intanto, si sono perduti 900.000 posti di lavoro.

Non deve stupire il silenzio agghiacciante dei sindacati, che anzi – per bocca dei loro burocrati coalizzati (Cgil, Cisl e Uil, in primis il Landini che contestò Marchionne) – hanno addirittura firmato una petizione a sostegno di Roberto Speranza, il burattino incaricato di infliggere il massimo danno possibile al sistema-paese, senza riguardo per i morti né per le vittime della catastrofe economica. Non deve stupire nemmeno il mormorio sommesso dei partiti meno allineati alla filosofia della strage, celebrata in omaggio alla religione epidemica: se non hanno mai invaso le piazze per protestare contro la quasi-dittatura in atto, né preteso fin dall’estate 2020 le misure sanitarie adeguate, Landiniinvocate da centinaia di medici, significa che rispondono a poteri superiori, a sollecitazioni e consigli, magari ad oscuri avvertimenti come quelli che persuasero Boris Johnson, l’uomo che voleva evitare il lockdown puntando all’immunità naturale, senza neppure il poco rassicurante doping dei “vaccini genici” sperimentali.

Nell’ultimo decennio, il superlclan denunciato da Paolo Barnard è assurto agli onori delle cronache con moltissimi nomi: una specie di foto di famiglia, a volte sfocata e a volte meno, che include cenacoli del grande business, poteri finanziari e massonerie, cluster industriali, cupole omertose, caste sacerdotali, dinastie e fantomatiche organizzazioni-ombra. Spesso il cosiddetto complottismo si rassegna a rincorrere spettri, perdendo di vista il complotto (meglio, il progetto) che ormai è sotto gli occhi di tutti, dentro una globalizzazione policentrica e smisuratamente ingovernabile se non in modo sommario e anche feroce. Un caos epocale, dal quale emerge l’Antico Ordine Mondiale delle dominazioni pure, a cui sembra opporsi – in modo non sempre leggibile – un rilevante segmento della leadership di ieri, in precario equilibrio tra compromesso e battaglia aperta, in ordine al tono da conferire al Grande Reset che nel frattempo avanza in modo inesorabile, sia pure a geometria variabile nelle sue infinite declinazioni tecnocratiche e geopolitiche.

Mentre lo stupidario nazionale italiota prolunga imperterrito il suo show affollato di tamponi e indici Rt, terribili “varianti” alle porte e simpatici banchi a rotelle, i cadaveri politici dei partiti dall’encelalogramma piatto fingono che scorra ancora un po’ di sangue nelle loro vene, ai margini di una trattativa – tra la vita e la morte civile del paese – che viene condotta da sapientissimi mandarini, nell’alto dei cieli in cui (non da oggi) ci si giocano a dadi le percentuali di felicità o di angoscia da elargire o comminare a milioni di persone. L’Antico Ordine Mondiale è quello di cui parla a chiarissime lettere Paolo Rumor nell’esemplare libro “L’altra Europa“, che evoca – da carte riservate – la possibile esistenza di una linea pressoché dinastica, risalente addirittura a 12.000 anni fa, incaricata di governare la zootecnia umana con Paolo Rumorogni sorta di espediente strumentale: imperi e regni, teocrazie ierocratiche, dittature e democrazie, ideologie e teologie, fino al recente aggregato euro-atlantico e vaticano.

Gli scritti di Rumor – perfettamente consonanti con le recenti acquisizioni della cosiddetta “archeologia non autorizzata”, che parlano di tecnologie avanzatissime in tempi antichi – sembrano invitare a guardare con nuovi occhi alle continue, stranamente inarrestabili rivelazioni ufficiali sull’annosa “questione aliena”, sulla quale le stesse voci dell’establishment hanno smesso di scherzare, di negare l’evidenza. E’ la scala di grandezza, in questo caso, ad appaiare certe presunte leggende alla dimensione planetaria del catastrofico presente, in cui teoricamente si pretende ancora che un piccolo partito, in un minuscolo paese, possa davvero dire la sua in una dimensione letteralmente incommensurabile, in cui tre soli fondi d’investimento, soci l’uno dell’altro (Vanguard, State Street e BlackRock) sono azionisti di qualunque cosa rappresenti il minimo interesse economico, in ogni campo: banche e petrolio, informazione e web, armamenti e trasporti, aerospaziale, alta tecnologia e intelligenza artificiale, edilizia e farmaceutica, grande industria, agroalimentare e grande distribuzione, spettacolo e cultura, telecomunicazioni e ricerca scientifica.

L’aspetto tragicomico del made in Italy pandemico è garantito dalla ritualità scadente di un paese sottomesso alla religione del virus, che riesce a irridere la Festa del Lavoro massacrando centinaia di migliaia di piccole aziende, e a dissacrare persino la Festa della Liberazione celebrando il 25 Aprile dei partigiani nei giorni del coprifuoco, in una sorta di squallida farsa, vagamente spettrale, che ricorda le note di Virginia RaggiRosamunda inflitte ogni mattina ai prigionieri di Auschwitz. E’ la stessa Italia dei coatti che nella primavera 2020 cantavano Bella Ciao dai balconi, pavesati a festa con lo slogan religioso “andrà tutto bene”. L’altra Italia – quella “bannata” ogni giorno da Facebook e da YouTube – resiste davvero, a modo suo, veicolando informazioni. Ai più scoraggiati, c’è chi propone un pensiero semplice: tanto accanimento contro i dissidenti non può che confermare indirettamente il timore che incutono, nonostante tutto, ai gestori dell’Antico Ordine Mondiale.

Non profonderebbero tante energie, fino a trasformare giornali e televisioni in barzellette, se non avessero paura di un possibile, ipotetico risveglio collettivo. Considerate se questo è un uomo: davvero vogliamo continuare a vivere così? E soprattutto: c’è qualcosa che possiamo fare, per cambiare il corso degli eventi, sia pure in un pianeta palesemente dominato dall’alto, come oggi appare vistosamente evidente? C’è qualcosa che dovremmo sapere, e che i dominatori conoscono benissimo? Cosa nasconde, in realtà, l’ossessione nazistoide per il distanziamento interpersonale, imposto per alimentare la diffidenza reciproca e spezzare ogni forma di solidarietà, isolando l’individuo e lasciandolo in compagnia delle sue paure? L’apocalisse in corso (il famoso bicchiere mezzo pieno) porta in regalo la rivelazione di un’enormità patente, indigeribile, e fino a ieri impensabile. A meno che non si fosse letto Paolo Barnard, ovvero la descrizione minuziosa del sadismo di cui è capace, all’occorrenza, l’Antico Ordine Mondiale.

(Giorgio Cattaneo, 1° maggio 2021).

FONTE: https://www.libreidee.org/2021/05/barnard-e-lantico-ordine-mondiale-oggi-ormai-evidente/

 

 

 

Cosi la Cina potrebbe riannettere Taiwan

Taiwan, la “provincia ribelle”, dista circa 150 chilometri dalle coste della Cina continentale. L’isola, incastonata tra il Mar Cinese Meridionale e quello Orientale, nel corso degli anni si è trasformata nel più pericoloso e potenziale casus belli tra Pechino e Washington. Pur aderendo alla cosiddetta One China Policy, ossia alla politica che riconosce l’esistenza di un solo stato sovrano sotto il nome di Cina (la Repubblica Popolare), gli Stati Uniti hanno da sempre fornito la loro protezione militare a Taipei. Il motivo è facile da spiegare: limitare il raggio d’azione della Cina in Estremo Oriente e ostacolare le sue rotte marittime tanto nel sud-est asiatico che nel Pacifico.

D’altronde, queste porzioni geografiche citate rappresentano due aree geopoliticamente strategiche pure per l’America. Che ambisce a mantenere radici nel continente asiatico a costo di far alzare la temperatura del Mar Cinese, nel frattempo diventata una vera e propria polveriera di pari passo con l’ascesa della Cina di Xi Jinping. In uno scenario del genere, il Dragone ha le idee chiare su quali saranno i suoi prossimi passi. Ristabilito un sostanziale controllo sul continente asiatico, scalzati Giappone e Corea del Sud, e risolto il nodo Hong Kong, Pechino ambisce a fare l’ultimo passo: riannettere Taiwan alla Mainland. Un sogno, questo, che i leader del Partito Comunista cinese cullano da decenni.

Annessione hard o soft?

Xi, il cui pensiero è già stato inserito all’interno della costituzione, fautore della Belt and Road Initiative, dà l’impressione di voler passare alla storia in maniera definitiva. Per farlo deve recuperare Taiwan, preferibilmente senza spargimento di sangue né alterando i già fragili equilibri internazionali. Una guerra per la riannessione di Taipei potrebbe infatti danneggiare l’immagine della Cina, i suoi affari e le relazioni win win che il Dragone ha costruito in tutto il mondo. Senza considerare che a Pechino nessuno vuole realmente imbracciare i fucili, a meno di aggressioni esterne.

cina taiwan mappa

Sul tavolo degli strateghi cinesi ci sono più opzioni per attirare la provincia ribelle. L’annessione soft passa, ad esempio, attraverso l’adozione di una mossa economica. Quale? La costruzione di un collegamento ferroviario capace di collegare Pechino a Taipei, così da convincere l’isola – a colpi di affari milionari – a “tornare a casa” di propria spontanea volontà. L’alternativa che più spaventa gli esperti (al momento piuttosto remota) fa invece rima con aggressione militare. Visto l’enorme strapotere bellico cinese, c’è chi negli Stati Uniti teme un’eventuale assalto finale portato dalle truppe di Xi.

Taiwan come il Donbass?

In mezzo a questi due estremi c’è in realtà una sorta di terza via. Il sito Asia Times si è posto una domanda interessante: “Xi è in grado di prendere Taiwan come Putin ha preso il Donbass?“. In altre parole, Taiwan e Xi Jinping vengono paragonati rispettivamente al Donbass e a Vladimir Putin. Questo significa che i cinesi potrebbero non sferrare alcun attacco anfibio ma, al contrario, puntare su un’occupazione furtiva. Proprio come fatto, a cavallo del 2014, da Mosca in Ucraina orientale. In quel periodo, Putin spiegò che non c’era alcun ombra della Russia dietro alla rivolta contro il governo ucraino nel Donbass. Erano i cittadini e le milizie locali a essere scontenti dell’oppressione di Kiev.

Se Pechino dovesse imitare il modus operandi del Cremlino in Ucraina orientale, ci sarebbero almeno due punti da evidenziare. Intanto la Russia, a differenza della Cina con Taiwan, condivide un confine terrestre con l’Ucraina: un vantaggio non da poco per realizzare operazioni sovversive e garantire ipotetici supporti logistici alle milizie locali. Dopo di che, la popolazione del Donbass stava facendo i conti con una pesante crisi economica. A Taiwan il contesto è ben diverso, sia dal punto di vista geografico che socio-economico. In ogni caso, all’interno della “provincia ribelle” spiccano diversi politici pro Pechino, soprattutto membri del partito del Kuomintang, e favorevoli all’unificazione. Vedremo quale modello sceglierà di adottare il governo cinese per annettere Taiwan.

FONTE: https://it.insideover.com/politica/cosi-la-cina-potrebbe-riannettere-taiwan.html

 

 

 

ARTE MUSICA TEATRO CINEMA

Il cinema a sostegno dell’assistenza a bambini affetti da patologie gravi e croniche grazie agli incassi devoluti dal film Quello che veramente importa all’Associazione Dynamo Camp Onlus che offre gratuitamente programmi di terapia ricreativa a bambini e ragazzi malati dai 7 ai 17 anni, alle loro famiglie e ai fratelli e sorelle sani. Si tratta di una fiaba dal sapore disneyano ambientata nella Nuova Scozia, in Canada, e concepita a scopi benefici dal produttore, musicista e regista messicano Paco Arango, che arriva dal 21 febbraio in 50 sale, distribuita da Mediterranea Productions di Angelo Bassi.

Alec (Oliver Jackson-Cohen) vive in Inghilterra, dovrebbe riparare apparecchi elettrici, ma passa per lo più il tempo lavorativo in dolce compagnia delle clienti. Ne risentono ovviamente gli affari della sua società, che naviga tra prestiti e bancarotta, quando inaspettatamente un lontano zio (Jonathan Pryce) gli propone di ripagare tutti i suoi debiti. In cambio, Alec deve tornare per un anno alla casa di famiglia, in Nuova Scozia. Una volta a destinazione, con l’aiuto di Cecilia (Camilla Luddington) prova a cercare un nuovo lavoro, e scopre casualmente di avere il dono di guarire le persone, anche se è il primo a non crederci. Nella lotta per comprendere le sue capacità sarà aiutato da Abigail (Kaitlyn Bernard) un’adolescente malata di tumore, che gli mostrerà quale sarà la strada da percorrere.

L’attività artistica di Arango si caratterizza da subito per l’impegno umanitario: nel 2011 scrive e dirige Maktub che ha avuto tre nomination agli Oscar spagnoli- Goya. Arango ha utilizzato il denaro raccolto con questo film per costruire il Maktub Center, il centro di trapianti di midollo osseo pediatrico in Spagna. Nel pieno della sua carriera, decide di prendersi una pausa di riflessione e si reca ogni pomeriggio all’Hospital del Niño Jesús (Madrid) come volontario, per far sorridere i bambini malati di cancro e le loro famiglie. Dopo 6 anni come volontario, Arango crea la Fondazione Aladina (www.aladina.org) è una delle ONG più importanti in Spagna, a testimonianza di quanto il suo lavoro ed il suo impegno nel sociale siano perfettamente legati.

Il suo secondo film, Quello che veramente importa, nel 2017 è una rivelazione al box office, oltre ad essere il primo film al 100% benefico. Per la prima volta, l’intero incasso di un film è stato destinato ai bambini malati di cancro. Grazie agli incassi, 2,7M €, 1.000 bambini in tutta la Spagna malati di tumore hanno avuto l’opportunità di trascorrere una settimana incredibile di vacanza nei camp per bambini malati del Serious Fun Children´s Network, fondati da Paul Newman, coi quali collabora la Fondazione Aladina

Il film ha avuto un grande successo in Spagna, Messico, America centrale e Colombia e fino ad ora ha superato i 3 milioni di spettatori e ha ricavato più di 3 milioni di dollari che sono stati donati ad associazioni locali che si occupano di bambini malati o bisognosi. Nell’autunno 2019 uscirà il terzo film di Paco Arango, Los Rodríguez y el Más Allá, una commedia di avventure familiari, con un importante cast di attori spagnoli e messicani, di nuovo un aiuto concreto ai bambini malati di cancro attraverso la Fondazione Aladina.

Clip QUELLO CHE VERAMENTE IMPORTA: https://youtu.be/OVuKq7EKY80

FONTE: https://news.cinecitta.com/IT/it-it/news/55/77735/una-fiaba-disneyana-in-aiuto-ai-bambini-malati-di-tumore.aspx

 

 

 

ATTUALITÀ SOCIETÀ COSTUME

Coronavirus: i disastri delle Talk Fiction

Ormai i Talk Show sono geneticamente mutati e sono Talk Fiction. Non raccontano più la realtà ma la finzione. Molta gente abbocca e i politici si adeguano. E l’Italia continua a fare scelte sulla base di situazioni completamente irreali.

Volete divertirvi alle spalle dei divi dell’informazione televisiva. Avere materiale a sufficienza per “distruggere” i volti noti che vi stanno sugli zebedei. Sì, quelli che non rendono mai giustizia alla vostra parte politica a causa della loro faziosità, e poco importa se anche chi la pensa all’opposto di voi ha la stessa sensazione. Avete una occasione irripetibile. Riguardatevi in internet le registrazioni dei talk show di maggiore ascolto fino al 27 febbraio. Troverete accuse roventi a tutta la classe politica per l’inerzia nei confronti del coronavirus: ministri, sottosegretari, presidenti di Regione, tutti incapaci a fronteggiare il disastro che si annunciava imminente. Poi, sempre in internet, guardatevi i programmi successivi al 27 febbraio. Miracolo: ministri, sottosegretari, presidenti di regione non erano colpevoli di inerzia. Al contrario avevano esagerato in presenzialismo, in misure che sarebbe stato meglio non adottare perché avevano generato paura in Italia e, soprattutto, fuori d’Italia. Altro che inerti: vanési che pur di stare in tv a farsi belli, stavano affossando il Paese.

Sono i disastri del genere televisivo prevalente che dilaga in Italia, ipnotizza e produce, attraverso il voto (teniamolo sempre a mente), un continuo ricambio verso il peggio della nostra classe politica. Un tempo la televisione, il vero pifferaio dell’era moderna, era più semplice ed equilibrata. I programmi appartenevano sostanzialmente a quattro generi, facilmente distinguibili: fiction, intrattenimento, informazione ed educazione. Macrogeneri, li possiamo chiamare, perché poi ne hanno generati molti altri: reality, sitcom, tv movies, varietà, quiz, talk show, etc. Ce n’era per tutti i gusti, al di quà e al di là della linea di demarcazione, netta, che divideva la rappresentazione della realtà dal parto della fantasia.

Il problema è nato quando il genere talk show, che consiste nel raccontare la realtà con le parole in maniera spettacolarizzata, e anche discuterne mettendo a confronto opinioni diverse, si è progressivamente trasformato in un genere diverso. Ha scavalcato la linea di confine tra realtà e fantasia ed ha dato vita a quella che possiamo definire la “Talk Fiction”.

Cominciò nello sciagurato biennio 1992-94 e non si è più interrotto, nutrendosi di tutti gli eccessi e le volgarità in grado di guadagnare ascolti e, soprattutto, orientare il consenso verso movimenti e personaggi proposti al vasto pubblico come protagonisti di rigenerazione del sistema e, soprattutto di una classe politica che le stesse Talk Fiction si preoccupavano, una dopo l’altra, di sputtanare. E’ così che cadde la classe politica che aveva governato l’Italia dalla Liberazione fino al 1992. E, sempre sotto i colpi di maglio delle Talk Fiction diffuse a piene mani da RAI, Mediaset e La 7, anche gli imprenditori sono stati assimilati a “prenditori” e sono state varate legge che li penalizzano nel presupposto che siano imbroglioni e ladri, e li intralciano con adempimenti costosissimi e ostacoli studiati accuratamente per complicare la gestione delle imprese. E, ancora, grazie alle Talk Fiction gli Italiani si sono convinti che la nostra penisola è perennemente in pericolo di invasione da flotte provenienti dall’Africa, che in Italia i delinquenti la fanno franca, per cui è necessario abolire tutte le garanzie che sono proprie dei paesi civili e che bene sarebbe dare vita ad uno stato di polizia. Nelle Talk Fiction gli applausi in scatola, cioè preordinati, sono tutti per gli ospiti che sostengono queste bestialità. E, purtroppo, da ormai quasi trent’anni, la classe politica dimostra di non avere le palle per resistere a queste ignobili campagne e si piega nella speranza di ritardare il proprio tramonto.

La via di uscita da questo tunnel è difficile, ma non impossibile. Ci sono segni di stanchezza, come dimostrano gli ascolti in calo. Noi, ovviamente, siamo contrari a qualsiasi forma di inutile censura. Il compito è della politica e della cosiddetta società civile, che non è affatto migliore della classe politica, essendo noto che sono l’una lo specchio dell’altra. Si rendano conto che quelle dei Talk Show, o Talk Fiction, sono chiacchiere al vento. La vita reale è altrove. Ci riprendano contatto.

Nicola Cariglia

FONTE: https://www.pensalibero.it/coronavirus-i-disastri-delle-talk-fiction/

 

 

Vermi della farina essiccati come alimento, Ok della UE

vermi della farina

Gli Stati europei hanno autorizzato la commercializzazione delle tarme essiccate: vermi della farina come alimento. È il primo ok dell’Ue a un insetto come cibo, che arriva dopo la valutazione scientifica dell’Efsa: l’alimento può essere utilizzato come spuntino o come ingrediente in numerosi prodotti alimentari, ad esempio come polvere in prodotti proteici, biscotti o prodotti a base di pasta.

La strategia – La strategia “Farm to Fork” dell’Unione europea qualifica gli insetti come una fonte proteica alternativa che può supportare la transizione verso un sistema alimentare più sostenibile. La Fao ha definito gli insetti come fonte di cibo sana e altamente nutriente, ricca di grassi, proteine, vitamine, fibre e minerali. La decisione formale della Commissione sarà adottata nelle prossime settimane. Al momento, ci sono undici domande per rendere gli insetti alimenti all’esame dell’Efsa.

La Fao sfotte i poveri: contro la fame mangiate insetti, sono ecologici

insetti vermi

Vermi della farina come cibo

Larve gialle essiccate – Le tarme della farina, conosciute anche con il nome di tignole, appartengono alla famiglia dei Lepidotteri. Si tratta di insetti che si nutrono di grani e farine e che possiamo trovare tra pasta, riso, farina ma anche altri alimenti. Le piccole uova possono poi apparire sotto forma di elementi filamentosi simili alle ragnatele: è facile incontrarle nelle dispense dove sono contenuti questi ingredienti.  messaggero.it

FONTE: https://www.imolaoggi.it/2021/05/04/vermi-della-farina-alimento-ue/

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

MERCATO PSICOFARMACI: 1 MILIARDO DI EURO.
IN ITALIA 1 SU 5 HA ASSUNTO PSICOFARMACI NELL’ULTIMO ANNO.

I dati italiani della salute mentale (Rapporto Italia – Eurispes 2021) sono a dir poco inquietanti: aumentato il consumo di ansiolitici e antipsicotici!

Il monitoraggio Aifa infatti registra un notevole aumento rispetto al 2019 nel consumo di ansiolitici e a marzo 2020 anche degli antipsicotici. Il 20% della popolazione avrebbe sperimentato sintomi depressivi nel corso della pandemia, cioè una incidenza doppia rispetto al periodo precedente.

Ovviamente sono aumentati gli stati di ansia e i disturbi del sonno.
Il Rapporto Osmed conferma che in Italia si consumano circa 12 milioni di confezioni di antipsicotici l’anno, in un totale di 49 milioni di confezioni di psicofarmaci venduti.
La gente sta andando via di testa sempre di più…

FONTE: https://t.me/marcellopamio/1075

 

 

 

 

Marocchinate, la giunta rossa di Cassino celebra i criminali di guerra. FdI: “Indegni, dimettetevi”

sabato 15 Maggio 19:57 – di Giovanni Pasero

marocchinate, rocca janula

La giunta rossa di Cassino ha incredibilmente reso omaggio ai Goumiers, i soldati francesi che hanno partecipato alla battaglia del 1944 per la presa di Cassino e Montecassino e che si sono resi protagonisti di indicibili episodi di violenza. Carnefici che hanno lasciato il marchio di “marocchinate” alle vittime ciociare. Tragedia che ha ispirato anche il film La Ciociara con Sophia Loren (nella foto).

Marocchinate, il crimine di guerra del generale Junin

“La foto della Rocca Janula illuminata di blu diventa la foto simbolo della vergogna. La vergogna del comune di Cassino che si piega e si inginocchia alla violenza, alla superficialità, alla menzogna”. Lo scrive su Facebook il senatore Massimo Ruspandini (Fdi).

“La scelta dell’amministrazione di Cassino – prosegue il senatore di Fratelli d’Italia – diventa simbolo di orrore, di offesa per la nostra gente stuprata due volte. Ieri dai Franco marocchini, oggi da queste associazioni, da chi ha avuto la brillante idea di premiare, di riabilitare, di omaggiare il generale francese Juin, il macellaio che regaló 50 ore di impunità assoluta a queste bestie feroci. Il premio per i liberatori venuti dagli altipiani del Marocco e dell’Algeria era la nostra gente. I francesi, sempre feroci dalle nostre parti e non solo, concessero alle loro truppe coloniali, libertà di uccidere, di depredare, stuprare, umiliare, evirare, saccheggiare”.

Ruspandini: “Provo imbarazzo per questa sinistra indegna”

“Cari amministratori di Cassino – prosegue – questa terra ne ha viste tante. Il Sacro Monte ne è la prova. Da lì San Benedetto e la sua regola, pensava l’Europa, quella vera. Siete riusciti ad omaggiare l’episodio più triste e vergognoso qui accaduto. Il più vile, il più ignobile in tanti millenni. Proviamo imbarazzo e vergogna per questa sinistra indegna, che è riuscita con un solo colpo a danneggiare l’immagine di Cassino che diventa con questo episodio, maglia nera nella coscienza degli eredi dei paesi della nostra terra e non solo”.

La luce blu della vergogna dimentica le marocchinate

“Dovreste dimettervi – scrive Ruspandini – Dispiace usare questi toni. Ma la nostra gente, donne di tutte le età, dagli 11 agli 80 anni, uomini e ragazzi considerati “il premio” per aver sconfitto il nemico, il bottino di guerra su cui sfogare il loro istinto bestiale, non meritava tanto. Avete celebrato chi ha stuprato e commesso crimini contro italiani e italiane (non solo in Ciociaria) che meriterebbero di essere processati per quello che sono: crimini contro l’umanità”.

“Continuerò ancora più forte la mia battaglia per il riconoscimento di questa tragedia al senato della Repubblica per non consentire alla sinistra peggiore di sempre di cancellare il ricordo della barbarie delle Marocchinate dell’esercito coloniale francese. Gli italiani non sono tutti come voi. Noi non dimentichiamo”, conclude.

FONTE: https://www.secoloditalia.it/2021/05/marocchinate-la-giunta-rossa-di-cassino-celebra-gli-stupratori-fdi-indegni-dimettetevi/

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

IL PENTAGONO PREPARA UNA NUOVA GUERRA IN ASIA SUDORIENTALE

L’Islam politico contro la Cina

Probabilmente siete consapevoli di essere informati in modo incompleto su ciò che sta accadendo in Myanmar e probabilmente non avete sentito parlare della coalizione militare che si sta preparando ad attaccare questo paese. Tuttavia, come qui spiega Thierry Meyssan, gli eventi attuali sono stati organizzati da Riad e da Washington fin dal 2013. Non prendete posizione prima d’aver letto questo articolo e averne assimilato le informazioni.

Secondo lo stato maggiore USA, il Myanmar fa parte della zona da distruggere (qui, la carta pubblicata da Thomas P. M. Barnett nel 2003).
JPEG - 51.9 Kb

Nel perseguire la sua Grande strategia di estensione del dominio della guerra [1], il Pentagono ha anche preparato la strumentalizzazione dei curdi nel Medio Oriente, una guerra civile in Venezuela e una guerra usurante nelle Filippine. Tuttavia, questi conflitti dovranno ancora aspettare, a beneficio di un quarto teatro di operazioni: la Birmania, sul cammino verso la Cina.

JPEG - 54.2 Kb
Il 28 settembre al Consiglio di sicurezza, Jeffrey Feltman, il numero 2 dell’Onu, assiste ai dibattiti stando a fianco del segretario generale António Guterres. Dopo aver personalmente supervisionato l’aggressione contro la Siria, intende organizzare quella contro la Birmania. Ex funzionario statunitense, Feltman era un vice di Hillary Clinton.

In occasione della riunione del Consiglio di sicurezza dell’ONU del 28 settembre, l’ambasciatrice degli Stati Uniti e alcuni dei suoi alleati hanno accusato il governo di coalizione di Myanmar di “genocidio” [2]. Questo parolone – che nel diritto europeo indica un massacro di massa, ma nell’ordinamento statunitense si applica a un metodo di assassinio anche quando il criminale faccia solo una vittima – è sufficiente per Washington per giustificare una guerra, con o senza l’approvazione del Consiglio di Sicurezza, come già si è visto in Jugoslavia [3]. La riunione del Consiglio di Sicurezza si è svolta su richiesta dell’Organizzazione della Conferenza islamica (OIC).

JPEG - 52.1 Kb
Dal 2013, i media occidentali s’impegnano a presentare il buddismo sotto un aspetto settario. Qui, il monaco Ashin Wirathu. Condannato nel 2003 a 25 anni di prigione, in ragione delle sue prediche anti-musulmane, ha beneficiato dell’amnistia generale nel 2012. Non è affatto difficile trovare dei fanatici in qualsivoglia religione.

Per conciliare i fatti con la loro narrazione, gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia, che hanno celebrato – al tempo della “Rivoluzione Zafferano” – sia Aung San Suu Kyi (2007) sia i monaci buddisti per la loro resistenza nonviolenta dittatura dello SLORC [4], hanno ora semplicemente messo insieme l’esercito birmano, la vincitrice del Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi [5] e tutti i buddisti del paese [6] nel campo dei malvagi.

La Birmania non ha mai conosciuto la pace civile a seguito del dominio straniero, britannico e poi giapponese [7]. È più facile da destabilizzare da quando la giunta SLORC ha accettato di condividere il potere con la Lega Nazionale per la Democrazia (LND) e da quando sta cercando di risolvere in modo pacifico i molti conflitti interni del paese.

JPEG - 18.5 Kb
Indispensabili all’economia cinese, gli oleodotti dello Yunnan finiscono sulla costa del Pacifico nella provincia di Arakan/Rakhine.

Per un caso della geopolitica, la Birmania lascia passare attraverso il suo territorio l’oleodotto che collega lo Yunnan cinese al Golfo del Bengala, e ospita stazioni cinesi di sorveglianza elettronica delle rotte navali che passano al largo delle sue coste. La guerra in Birmania è quindi più importante per il Pentagono che stoppare le due “Vie della seta” in Medio Oriente e in Ucraina.

Eredità dalla colonizzazione britannica, tra le popolazioni birmane discriminate si trovano 1,1 milioni di discendenti dei lavoratori bengali che Londra spostò all’interno dell’Impero delle Indie verso la Birmania: i Rohingya [8]. Accade che questa minoranza nazionale – non una minoranza etnica – sia musulmana, laddove la grande maggioranza dei birmani siano buddisti. Infine, durante la seconda guerra mondiale, i Rohingya collaborarono con l’Impero delle Indie contro i nazionalisti birmani.

JPEG - 61.3 Kb
Perfettamente equipaggiato, il Movimento per la Fede altrimenti detto Esercito di salvezza dei Rohingya dell’Arakan, è stato addestrato dai britannici in Arabia Saudita e Bangladesh. Prima dell’inizio degli attuali eventi, comprendeva almeno 5.000 soldati.

Nel 2013, quando il Pentagono e la CIA avevano schierato le orde jihadiste in Siria e lì vi tenevano una guerra di posizione, l’Arabia Saudita ha creato un’ennesima organizzazione terroristica alla Mecca, il Movimento per la Fede (Harakah al-Yaqin). Il gruppo, che dichiara di riunire i Rohingya, è in realtà controllato dall’organizzazione pakistana Ata Ullah, che combatté i sovietici in Afghanistan [9]. Il regno saudita ospitava la più grande comunità maschile Rohingya, dopo la Birmania e davanti al Bangladesh, con 300.000 lavoratori maschi senza le loro famiglie.

Secondo un rapporto dei servizi di intelligence bengalesi, anteriore alla crisi attuale, il Movimento per la Fede agisce da un anno con una scissione della Jamaat-ul-Mujahideen bengalese intorno allo slogan “Il Jihad dal Bengala a Baghdad”. Questo gruppuscolo ha giurato fedeltà al califfo di Daesh, Abu Bakr al-Baghdadi, e ha raccolto nella stessa coalizione i Mujahidin indiani, Al-Jihad, Al-Ouma, il Movimento degli Studenti Islamici dell’India (SIMI), il Lashkar- e-Toiba (LeT) e il pakistano Harkat-ul Jihad-al-Islami (HuJI). Questo progetto è stato finanziato dalla fondazione Revival of Islamic Heritage Society (RIHS)del Kuwait.

Quando, meno di un anno e mezzo fa, nel marzo 2016, lo SLORC accettò di condividere il potere con il partito di Aung San Suu Kyi, gli Stati Uniti tentarono di strumentalizzare il premio Nobel per la pace contro gli interessi cinesi. Sapendo che sarebbe stato loro difficile manipolare la figlia del padre dell’indipendenza birmana, il comunista Aung San, allora incoraggiarono il Movimento per la Fede – «non si sa mai…» -.

JPEG - 72.4 Kb
Nel settembre 2016, Aung San Suu Kyi è venuta a spiegare i suoi sforzi a favore dei Rohingya alla tribuna dell’Assemblea Generale dell’ONU. Come il padre Aung San, che credette per un attimo all’aiuto giapponese al fine di liberare il suo paese dalla colonizzazione britannica, il Premio Nobel per la Pace ha ingenuamente immaginato la simpatia degli anglosassoni per la risoluzione dei problemi interni del Myanmar.

Nel settembre del 2016, Aung San Suu Kyi rappresentava il suo paese all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite [10]. Assai ingenuamente, spiegò i problemi del suo popolo e gli strumenti che stava mettendo in atto per risolverli gradualmente, a partire da quello dei Rohingya. Quando tornò a casa, si rese conto che i suoi ex sostenitori statunitensi erano in realtà i nemici del suo paese. Il Movimento per la Fede ha lanciato una serie di attacchi terroristici, tra cui quello alla stazione di polizia di confine a Maungdaw, dove 400 terroristi saccheggiarono l’arsenale uccidendo 13 persone fra doganieri e soldati.

Aung San Suu Kyi ha perseverato e ha mirato a costituire una commissione consultiva per analizzare la questione Rohingya in modo da presentare un piano concreto volto a porre fine alla discriminazione di cui è oggetto la minoranza. Questa commissione era composta da sei birmani e tre stranieri: l’ambasciatore olandese Laetitia van den Assum, l’ex ministro libanese (che in realtà rappresenta la Francia) Ghassan Salamé, e l’ex segretario generale dell’ONU Kofi Annan, in qualità di presidente della commissione.

JPEG - 72.8 Kb

I nove commissari intrapresero un lavoro di rara qualità, nonostante gli ostacoli birmani. I partiti politici non riuscirono a far sciogliere la commissione da parte dell’Assemblea nazionale ma riuscirono a far adottare una mozione di sfiducia nei confronti della commissione da parte dell’assemblea locale di Arakan (lo Stato in cui vivono i Rohingya). In ogni caso, i commissari hanno presentato il loro rapporto il 25 agosto con possibili raccomandazioni da attuare e senza trappole, con il vero scopo di migliorare le condizioni di vita di ciascuno [11].

Lo stesso giorno, i servizi segreti sauditi e statunitensi hanno dato il segnale della risposta: il Movimento per la Fede, rinominato dai britannici Esercito di salvezza dei Rohingya dell’Arakan, diviso in 24 squadre d’assalto, ha attaccato diverse caserme dell’esercito e della polizia, causando 71 morti. Per una settimana le truppe birmane conducevano un’operazione anti-terroristica contro i jihadisti. 400 membri delle loro famiglie fuggivano in Bangladesh.

JPEG - 59.1 Kb
Il presidente dell’Organizzazione della cooperazione islamica, Recep Tayyip Erdoğan, apre la campagna mediatica mondiale per salvare i Rohingya (Istanbul, 1° settembre 2017).

Tre giorni dopo, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha iniziato a chiamare tutti i capi di Stato dei paesi musulmani per avvisarli del «genocidio dei Rohingya». Il 1° settembre, il giorno della più importante festa musulmana, l’Eid al-Adha, ha pronunciato un vibrante discorso a Istanbul, nella sua attuale veste di presidente dell’Organizzazione per la cooperazione islamica, al fine di salvare i Rohingya e sostenere il loro Esercito di salvezza [12].

Tuttavia, questi jihadisti non hanno affatto difeso i Rohingya, ma sono intervenuti sistematicamente per sconfiggere i tentativi di migliorare le loro condizioni di vita e porre fine alle discriminazioni che li colpivano.

IMMAGINE

Il 5 settembre, il presidente del Consiglio del discernimento iraniano, Mohsen Rezaei, ha proposto di unire le forze di tutti gli Stati musulmani e di creare un esercito islamico per salvare i «fratelli Rohingya» [13]. Si tratta di una presa di posizione tanto più importante in quanto il generale Rezaei è un ex comandante in capo dei Guardiani della Rivoluzione.

Mentre l’esercito birmano aveva interrotto tutta l’attività nei confronti dei terroristi, diversi villaggi Rohingya venivano bruciati, mentre la popolazione rakhine dell’Arakan linciava dei musulmani, ai suoi occhi tutti legati ai terroristi. Secondo i Rohingya, era l’esercito birmano a bruciare i villaggi, mentre secondo l’esercito birmano erano i jihadisti a farlo. Gradualmente, tutti i Rohingya che vivevano nel nord dell’Arakan si sono rifugiati in Bangladesh, ma curiosamente non i Rohingya che vivono nel sud dello Stato.

JPEG - 38 Kb

Il 6 settembre, una delegazione ufficiale turca è andata in Bangladesh per distribuire cibo ai rifugiati. Era guidata dal ministro degli esteri Mevlüt Çavuşoğlu e dalla moglie e dal figlio del presidente Erdoğan, Bilal e Ermine.

JPEG - 46 Kb
La campagna di mobilitazione della comunità nei paesi musulmani si basa su immagini particolarmente impressionanti. Così questa fotografia viene diffusa dal governo turco. Dovrebbe rappresentare le vittime musulmane dei monaci buddisti in Birmania. È in realtà una vecchia fotografia di una cerimonia funebre delle vittime di un terremoto in Cina.

Nei paesi musulmani, una massiccia campagna di disinformazione garantiva, con fotografie a sostegno, che i buddisti massacravano in massa i musulmani. Naturalmente, nessuna di queste foto era stata scattata in Birmania, e queste false dichiarazioni sono state smascherate una dopo l’altra. Ma in quei paesi in cui la popolazione è scarsamente istruita, queste foto risultarono convincenti, mentre le smentite rimasero inascoltate. Solo il Bangladesh aveva riserve sul ruolo dei jihadisti e ha assicurato al Myanmar la sua cooperazione contro i terroristi [14].

L’11 settembre l’attuale Presidente dell’Organizzazione della Conferenza islamica (OIC), Recep Tayyip Erdoğan, è apparso davanti al comitato scientifico dell’Organizzazione riunito ad Astana (Kazakistan), che non ha competenza «per salvare i Rohingya».

JPEG - 57.6 Kb
Per l’ayatollah Ali Khamenei, l’impegno militare del suo paese a fianco della NATO e dell’Arabia Saudita in Birmania sarebbe una catastrofe. Soprattutto visto che l’Iran ha una storia millenaria di cooperazione con la Cina.

Il giorno seguente, il 12 settembre, la Guida della Rivoluzione, l’Ayatollah Ali Khamenei, ha preso una sua posizione. Molto preoccupato per la proposta del generale Rezaei, vigilava per delegittimare la guerra di religione in preparazione, lo “scontro di civiltà”, a parte mettere in discussione la presenza di una donna a capo di uno Stato. Stava pertanto cercando di chiudere la porta a un impegno militare dei Guardiani della Rivoluzione. Dichiarava: «È abbastanza possibile che il fanatismo religioso abbia svolto un ruolo in questi eventi, ma questo è un tema molto politico, in quanto è il governo di Myanmar a esserne responsabile. E alla testa di questo governo c’è una donna crudele, vincitrice del Premio Nobel per la Pace. In realtà, questi eventi hanno firmato il certificato di morte del Premio Nobel per la Pace» [15].

Subito a Teheran, il presidente sheikh Hassan Rohani ha invitato l’esercito regolare a partecipare al conflitto in preparazione. Il 17 settembre, i capi di stato maggiore iraniani e pakistani sono entrati in contatto per unire le loro forze nella crisi [16]. Si tratta della prima iniziativa militare, ma riguarda l’esercito iraniano (che sta già lavorando con i suoi omologhi turchi e pakistani per difendere il Qatar) e non dei Guardiani della Rivoluzione (che combattono a fianco dei siriani contro jihadisti). L’Iran fornisce anche massicci aiuti ai rifugiati.

JPEG - 65.3 Kb
Aung San Suu Kyi chiede all’opinione pubblica internazionale di considerare gli sforzi fatti dal Myanmar per risolvere il problema dei Rohingya e denuncia il terrorismo jihadista. Non sarà capita più di quanto non lo fu Muammar Gheddafi quando denunciava l’attacco di al-Qa’ida al suo paese (Naypyidaw, 19 settembre 2017).

Il 19 settembre, Erdoğan, ignorando le spiegazioni di Aung San Suu Kyi [17] e sfruttando l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha convocato il gruppo di contatto dell’OIC per chiedere a tutti gli Stati membri di sospendere qualsiasi commercio con il Myanmar e chiedere al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di prendere una decisione [18].

JPEG - 36.9 Kb
L’Arabia Saudita ha protetto e inquadrato l’Esercito di salvezza dei Rohingya dell’Arakan fin dal 2013. Il re Salman assegna 15 milioni di dollari ai rifugiati di Rohingya in Bangladesh, dove si trovano i campi di addestramento del gruppo jihadista.

Uscendo finalmente dall’ombra, l’Arabia Saudita ha affermato di sostenere discretamente i Rohingya da 70 anni e di aver già offerto loro 50 milioni di dollari di aiuti durante questo periodo. Il re Salman ha aggiunto una donazione di 15 milioni di dollari [19]. L’ambasciatore saudita alle Nazioni Unite a Ginevra, Abdulaziz bin Mohammed Al-Wassil, ha mobilitato il Consiglio dei diritti umani.

Dimenticando le guerre che stanno conducendo in Iraq, Siria e Yemen, la Turchia, l’Iran e l’Arabia Saudita, ossia le tre principali potenze militari musulmane, si sono rinsaldate attraverso un semplice riflesso comunitario [20] e si sono posizionate accanto ai Rohingya. Tutte e tre hanno designato il nemico comune: il governo della coalizione dell’esercito birmano e Aung San Suu Kyi.

Questa inversione completa della situazione in Medio Oriente ha già avuto un precedente: le guerre della Jugoslavia. In Bosnia-Erzegovina (1992-95) e Kosovo (1998-99), i paesi musulmani e la NATO hanno combattuto fianco a fianco contro i cristiani ortodossi legati alla Russia.

JPEG - 70.1 Kb
Nel 1995, Osama bin Laden fa sfilare la sua Legione araba a Zenica davanti al presidente Alija Izetbegović. Questi combattenti sono ex mujahidin che hanno combattuto contro i sovietici in Afghanistan. In seguito prenderanno il nome di Al-Qa’ida. Durante la guerra, i servizi segreti russi penetrarono nelle caserme della Legione araba e scoprirono che tutti i suoi documenti erano in inglese e non in arabo.

In Bosnia Erzegovina, il presidente Alija Izetbegović si attorniò dello statunitense Richard Perle, che lo consigliava diplomaticamente e guidava la delegazione bosniaca durante gli accordi di Dayton. Sul piano mediatico, beneficiava della consulenza del francese Bernard-Henri Lévy, a detta di costui, mai smentito. Infine, sul fronte militare, si appoggiava sui consigli del saudita Osama bin Laden, che organizzò per lui la Legione araba e ricevette un passaporto diplomatico bosniaco. Durante il conflitto, sostenuto dalla NATO, Izetbegović ha ricevuto pubblicamente il sostegno della Turchia, dell’Iran e dell’Arabia Saudita [21].

JPEG - 25.7 Kb
L’opinione pubblica occidentale ha accettato senza discutere di violare la Carta delle Nazioni Unite in Kosovo dopo aver assistito impotente all’esodo di migliaia di civili.

Il conflitto kosovaro ha avuto inizio con una campagna terroristica dell’esercito di liberazione del Kosovo (UÇK) contro Belgrado. I combattenti sono stati addestrati da forze speciali tedesche su una base della NATO in Turchia [22]. L’attuale capo del servizio segreto turco, Hakan Fidan, era l’ufficiale di collegamento con i terroristi in seno allo stato maggiore della NATO. Ora è il capo del MIT, l’intelligence turca, ed è il numero due del regime. All’inizio della guerra, 290mila kosovari scapparono dalla Serbia per tre giorni per cercare rifugio in Macedonia. I televisori occidentali mostrarono a piacimento questa lunga fila di fuggitivi che camminavano lungo una linea ferroviaria. Tuttavia, secondo i pochi milioni di macedoni che li hanno ricevuti, non esisteva alcuna ragione oggettiva per questa migrazione, ampiamente controllata dalla NATO. Poco importa: questo spostamento di popolazione è stato usato per accusare il presidente Slobodan Milošević di reprimere in modo sproporzionato la campagna terroristica che colpiva il suo paese e la NATO gli dichiarò guerra senza l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza.

Il lavoro sporco che si sta preparando estende il teatro delle operazioni verso Oriente. Il Pentagono non ha la possibilità di imporre un’alleanza turco-iraniano-saudita, ma non ne ha bisogno. In Jugoslavia, questi tre Stati sono stati coordinati dalla NATO per quanto non avessero contatti diretti. Tuttavia, combattere fianco a fianco in Birmania li costringerà a trovare accordi in Iraq, Siria e Yemen; e perfino in Libia. Considerando la devastazione del Medio Oriente e la perseveranza delle popolazioni nel resistere, il Pentagono può lasciare questa regione a guarire le sue ferite per un decennio senza temere di vedere sorgere la minima capacità di opposizione alla sua politica.

All’indomani della riunione del Consiglio di Sicurezza che ha posto le basi per la guerra futura contro la Birmania, il segretariato di stato ha informato il presidente Barzani che gli Stati Uniti non sostengono l’indipendenza di un Kurdistan in Iraq. Il Pentagono non può in effetti mobilitare la Turchia e l’Iran nel sud-est asiatico e nel contempo mettersi a fregarli proprio a ridosso delle loro frontiere. Ma’sud Barzani, che si era impegnato senza lasciarsi vie di uscita per il referendum sull’indipendenza, dovrebbe presto ritirarsi dalla vita politica. Soprattutto dal momento che l’esposizione delle bandiere israeliane a Erbil, massicciamente trasmessa dai canali televisivi arabi, persiani e turchi, gli ha alienato tutti i suoi vicini.

Se lo scenario del Pentagono continua così come lo possiamo anticipare, la guerra contro la Siria dovrebbe finire a causa della mancanza di combattenti, partiti per andare lontano, a servire “l’Impero americano” in un nuovo teatro operativo.

Traduzione
Matzu Yagi
Fonte
Megachip-Globalist (Italia)
NOTE

[1] Fonte: The Pentagon’s New Map, Thomas P. M. Barnett, Putnam Publishing Group, 2004. Analisi: «Gli Stati Uniti e il loro progetto militare mondiale», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Haïti Liberté (Haiti) , Rete Voltaire, 22 agosto 2017.

[2] « Myanmar : le Secrétaire général demande “une action rapide” pour mettre fin au “cauchemar” des Rohingya dans l’État de Rakhine », Compte-rendu du Conseil de sécurité, Onu, 28 septembre 2017. Référence : CS/13012.

[3] Il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno già fatto redigere l’atto d’accusa contro il Myanmar, persino prima degli eventi attuali: Countdown to Annihilation : Genocide in Myanmar, Penny Green, Thomas MacManus & Alicia de La Cour Venning, Queen Mary University of London, 2016. Persecution of the Rohingya Muslims ; Is Genocide Occurring in Myanmar’s Rakhine State ; a Legal Analysis, Allard Lowenstein, Yale University, 2016.

[4] « Birmanie : la sollicitude intéressée des États-Unis », par Thierry Meyssan, Abiad & Aswad (Syrie), Réseau Voltaire, 5 novembre 2007.

[5The Burma Spring: Aung San Suu Kyi and the New Struggle for the Soul of a Nation, Rena Pederson, Foreword by Laura Bush, Pegasus, 2015.

[6Neither Saffron Nor Revolution: A Commentated and Documented Chronology of the Monks’ Demonstrations in Myanmar in 2007 and Their Background, Hans-Bernd Zöllner, Humboldt-University, 2009.

[7Burma/Myanmar: What Everyone Needs to Know, David Steinberg, Oxford University Press, 2013.

[8] Pour être plus précis, il y a eu des immigrés bengalis en Birmanie avant la domination britannique, mais l’immense majorité des Rohingyas descend des travailleurs déplacés par les colons. NdA.

[9] “Myanmar’s Rohingya insurgency has links to Saudi, Pakistan”, Simon Lewis, Reuters, December 16, 2016.

[10] “Speech by Aung San Suu Kyi at 71st UN General Assembly”, by Aung San Suu Kyi, Voltaire Network, 21 September 2016.

[11Towards a peaceful, fair and prosperous future for the people of Rakhine, Advisory Commission on Rakhine State, August 2017.

[12] “We won’t Leave Rohingya Muslims Alone”, Presidency of the Republic of Turkey, September 1, 2017.

[13] “Rezaei urges Muslim states to defend Rohingya Muslims”, Mehr Agency, September 6, 2017.

[14] “Bangladesh offers Myanmar army aid against Rohingya rebels”, AFP, August 29, 2017.

[15] « Myanmar : le Guide critique les défenseurs des droits de l’homme », Leader.ir, 12 septembre 2017.

[16] “Iranian, Pakistani Top Military Commanders Stress Need for Ending Myanmar Muslims’ Plights”, Fars News, September 17, 2017.

[17] “Aung San Suu Kyi speech on National Reconciliation and Peace”, by Aung San Suu Kyi, Voltaire Network, 19 September 2017.

[18] «OIC Contact Group on Rohingya calls for UN Resolution on Myanmar», Organisation of Islamic Cooperation, September 19, 2017.

[19] « Le Serviteur des Deux Saintes Mosquées accorde un don de 15 millions de dollars aux réfugiés Rohingyas », Saudi Press Agency, September 19, 2017.

[20The Rohingyas : Inside Myanmar’s Hidden Genocide, Azeem Ibrahim, Hurst, 2016.

[21Comment le Djihad est arrivé en Europe, Jürgen Elsässer, préface de Jean-Pierre Chevènement, éditions Xenia, 2006.

[22] « L’UÇK, une armée kosovare sous encadrement allemand », par Thierry Meyssan, Notes d’information du Réseau Voltaire, 15 avril 1999.

FONTE: https://www.voltairenet.org/article198144.html

I MOVIMENTI JIHADISTI IN AFRICA: IL JIHAD

I movimenti jihadisti in Africa: il jihad (video)

movimenti terroristici di matrice islamista presenti nel Continente africano stanno acquisendo crescenti spazi e non solo territoriali. È in atto un processo di affiliazione verso varie tipologie di soggetti che fino a poco tempo fa erano presenti, in questi ambiti, in modo marginale. Il “fenotipo” della “manodopera” jihadista è composto da elementi molto spesso emarginati, per varie cause, e che hanno trovato un “approdo” ed un orientamento, in un simbolo ed in una appartenenza, raramente in una ideologia. L’età è giovanile ma non adolescenziale. Oggi i “profili” dei nuovi jihadisti si stanno distinguendo in una fascia di età estremamente bassa e quindi radicalmente e facilmente manipolabili.

In Africa i movimenti terroristici che si dichiarano appartenenti a formazioni estremiste islamiche possiamo dividerli in due macro gruppi: quelli tendenzialmente anarcoidi e quelli gerarchizzati e riconosciuti. Di questi ultimi, annoverando i più organizzati, possiamo enumerarne sei: Boko Haram, che in lingua hausa significa “l’educazione occidentale è peccaminosa”, è guidato da Abubakar Shekau ed è localizzato nella parte nord orientale della Nigeria; l’Iswap, Gruppo dello Stato Islamico in Africa occidentale, il cui capo è Iyad Ag Ghali, un Touareg del Mali, tale gruppo si è reso autonomo da Boko Haram, nel 2016; il Gsim, Gruppo di sostegno per l’Islam e i musulmani, una filiale locale del più noto Al-QaedaKatiba Macina è un gruppo salafita jihadista guidato dal predicatore Amadou Koufa, tra le cui fila si annovera l’etnia Fulani, presente in Mali; lo Stato islamico nel Grande Sahara (Isgs), una sorta di erede dell’Isis, localizzato nell’area subsahariana, “gode”, nel suo ambito, di un importante riconoscimento. Concludo con Al-Shabaab, “i giovani”, gruppo salafita jihadista localizzato in Somalia ma insinuatosi nella Penisola araba ed in varie aree africane. Inoltre va ricordata la milizia di autodifesa dei cacciatori dei Paesi del Dogon, fondata nel 2016 in Mali, denominata Dan Na Ambassagou, il cui leader è da Youssouf Toloba, tale gruppo si è costituito per combattere i gruppi islamisti come Katiba Macina, ma, in questo caso, le analisi dei contesti sono anche di carattere etnico (Fulani).

In questo “quadro” ricordo il significato di jihad che nel lessico comune è interpretato come “Guerra santa”, ma che, oltre a volere l’articolo al maschile, quindi “il jihad”, ha un significato lontano da quello normalmente utilizzato e conosciuto.

Brevemente il jihad significa “sforzo obbligatorio” ed è un impegno che il fedele deve fare per il raggiungimento di una serie di condizioni in armonia con i precetti; si divide in due aspetti, quello “interiore che abbraccia l’etica, la morale e la spiritualità, ed è chiamato “el jihâdul akbar”; e quello esteriore “el jihâdul ascgar, che secondo alcuni studiosi della materia può fare riferimento alla guerra, ma per altri è piuttosto uno sforzo di comprensione ed di “avvicinamento” che può riguardare la famiglia, gli amici, ma anche i non appartenenti all’Islam.

VIDEO QUI: https://youtu.be/1hWZiCHr6Y4

FONTE: http://opinione.it/esteri/2021/05/14/fabio-marco-fabbri_jihad-africa-movimenti-terroristici-islamici-et%C3%A0-affiliazione-ordinamento-boko-haram/

 

 

 

CULTURA

QUALCHE SPUNTO DI SCHMITT PER IL XXI SECOLO

Qualche spunto di Schmitt per il XXI secolo

Per interpretare la situazione politica presente è tuttora di attualità il pensiero di Carl Schmitt; a prescindere dai tanti spunti che possono trarsene, al presente sono particolarmente interessanti alcune tesi sostenute dal pensatore di Plettenberg tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Sessanta, assai prima dell’“epoca” contemporanea, successiva al collasso del comunismo, all’ “aumento” della globalizzazione (e alla morte del giurista).

In primo luogo, è opportuno – per spiegare l’incremento straordinario qualche anno dopo il collasso del comunismo dei partiti popul-sovran-identitari – ricordare quanto scrisse nel discorso Das zestalter der neutralisierung und ent politisierungen (del 1929). Sostiene Schmitt in tale scritto che la vita spirituale europea si è sviluppata negli ultimi quattro secoli (cioè nella modernità) cambiando centri di riferimento (dal teologico al metafisico, da questo al morale-umanitario e infine all’economico): “Una volta che un settore diviene il centro di riferimento, i problemi degli altri settori vengono risolti dal suo punto di vista e valgono ormai solo come problemi di secondo rango la cui soluzione appare da sé non appena siano stati risolti i problemi del settore centrale. Così, per un’epoca teologica tutto procede da sé, una volta ordinate le questioni teologiche; su tutto il resto allora gli uomini “saranno d’accordo”. Lo stesso per le altre epoche”.

Tale centro di riferimento è decisivo e prevalente: “Lo Stato acquista la sua realtà e la sua forza dal centro di riferimento delle diverse epoche poiché i temi polemici e decisivi dei raggruppamenti amico-nemico si determinano proprio in base al settore concreto decisivo”. Dopo il collasso del comunismo l’ultima scriminante del “politico” (ossia quella tra borghesia e proletariato) è venuta meno. Francis Fukuyama scriveva che, dopo la vittoria delle liberal-democrazie, era arrivata la fine della storia. Previsione sbagliata perché presuppone l’esaurirsi di ogni ragione di conflitto; cosa impossibile perché l’elemento del conflitto e della lotta (Niccolò Machiavelli e Maurice Duverger tra i tanti) è un presupposto del politico ad esso connaturale (Julien Freund). Pensare che l’uomo, zoon politikon, possa esistere senza una dimensione politica, presuppone cambiarne la natura, ossia quello che il giovane Karl Marx pensava di poter fare ed è – invece – risultato impossibile.

Piuttosto alla scriminante borghese/proletario se n’è sostituita un’altra diversa. Il passaggio tra una scriminante amico/nemico e la successiva, scriveva Schmitt, ha un effetto politico decisivo: “La successione sopra descritta – dal teologico, attraverso il metafisico e il morale, fino all’economico – significa nello stesso tempo una serie di progressive neutralizzazioni degli ambiti dai quali successivamente è stato spostato il centro”. In tale processo “quello che fino allora era il centro di riferimento viene dunque neutralizzato nel senso che cessa di essere il centro”, ma nel contempo e progressivamente “si sviluppa immediatamente con nuova intensità la contrapposizione degli uomini e degli interessi, e precisamente in modo tanto più violento quanto più si prende possesso del nuovo ambito di azione. L’umanità europea migra in continuazione da un campo di lotta ad un terreno neutrale, e continuamente il terreno neutrale appena conquistato si trasforma di nuovo, immediatamente, in un campo di battaglia e diventa necessario cercare nuove sfere neutrali” (i corsivi sono miei).

Che appare proprio quanto successo negli ultimi trent’anni. Dopo una (breve) fase in cui si pensava la globalizzazione “post-comunista” come ad una era stabile e “pacifica”, stante l’egemonia planetaria degli Usa, s’intravedevano i primi scricchiolii da distribuire equamente in due categorie: le guerre umanitarie e, ancor più, l’emergenza di antagonisti, nemici, dell’ordine globalizzato. Ambedue convergenti nel confortare la tesi che la storia – e i conflitti – fossero tutt’altro che finiti. Quanto alle guerre “umanitarie” per lo più denominate in inglese e qualificate come operazioni di polizia internazionale, a parte le definizioni rimanevano guerre comunque; e neppure granché apprezzabili secondo le intenzioni esternate, giacché già quattro secoli fa Francisco Suarez metteva in guardia da guerre del genere. In ordine al nemico dell’“ordine nuovo”, in un primo tempo il fondamentalismo islamico, il tutto provava che un ordine, per quanto auspicabile, non può prescindere dal fatto che qualche gruppo di uomini non lo apprezzi, e in misura così intensa da arrivare (sempre) a combatterlo politicamente, e nei casi estremi, con le armi.

Era così evidente che l’“ordine nuovo” stava generando dialetticamente nuove ostilità, nuovi nemici e nuovi conflitti. Rimaneva, e in parte rimane, poco chiaro su quale centro di riferimento spirituale si fondi la contrapposizione, interna all’Occidente euro-atlantico, tra populisti e globalisti. Quello che invece è chiaro – e può servire ad individuare il centro di riferimento – è che sovran-popul-identitari da un lato e globalisti dall’altro fanno riferimento a coppie di valori/idee contrapposti che elenchiamo (senza pretesa di essere esaurienti):

Nazione/Umanità

Esistente/Normativo

Comunità/Società

Interessa nazionale/Interesse globale.

La prima colonna si riferisce al sovran-populismo, la seconda alla globalizzazione. È appena il caso di citare qualche esempio. Per esistente/normativo mi permetto di rinviare a quanto da me scritto sulla Costituzione ungherese. Quanto alla contrapposizione comunità/società è meno evidente ma comincia ad emergere dalle dichiarazioni costituzionali dei paesi “sovranisti” (vedi le Costituzioni polacca e ungherese). Che il termine a quo e ad quem di questi sia la Nazione e non l’umanità è del tutto evidente e non ha necessità di spiegazioni. Quando all’interesse nazionale, come obiettivo di Governo è anch’esso evidente, a parte le recenti vicende della Diciotti e dell’allora ministro degli Interni, Matteo Salvini, che l’hanno riportato al centro del dibattito politico. E si potrebbe parlare di un “rieccolo” perché è sempre stato la bussola dello Stato moderno (e delle sintesi politiche antiche). A trovare una frase che sintetizzi in poche parole la posizione dei sovranisti non si può che risalire all’affermazione di Emmanuel Joseph

 Sieyès: “La Nazione è tutto quello che può essere per il solo fatto di esistere”. Affermazione che scandalizza sicuramente un globalista.

La seconda concezione da prendere in esame per la valutazione della situazione politica contemporanea è quella che emerge, tra gli scritti di Schmitt, da “Terra e mare”. Fondamento di tale scritto è che l’esistenza umana è determinata dallo spazio in cui vive, dalla percezione che ne ha e dalle opportunità che offre. Pertanto, questo determina o co-determina i rapporti politici, economici e sociali. In particolare, il diritto. Scriveva Maurice Hauriou che il diritto conosciuto, elaborato, applicato dai giuristi è quello di società sedentarie, basate sul rapporto con la terra (e così, anche con il territorio come elemento dell’istituzione politica, in particolare – ma non solo – dello Stato moderno). Mentre il giurista francese contrapponeva le società sedentarie a quelle nomadi e spiegava gran parte degli istituti delle prime col rapporto con la terra e con un’esistenza orientata alla produzione regolare, Schmitt approfondiva la diversità tra esistenza marittima ed esistenza terreste, e in particolare che “la storia universale è una storia della lotta della potenza del mare contro la potenza della terra”.

La novità nella storia moderna, sosteneva Schmitt, è che la Gran Bretagna, nel XVI secolo, si decise per un’esistenza marittima, assai più di come avevano fatto in altre epoche potenze marittime come Atene o Venezia ed in parte, anche Cartagine. Da ciò derivò l’espansione commerciale (ed industriale) inglese. Questo fatto era considerato da Schmitt determinante sia per il diritto internazionale che per l’assetto politico europeo westphaliano. L’equilibrio che ne derivava, conseguiva da quello di terra e mare (potenze continentali e potenza marittima) e tra Stati europei. Nessuna delle quali era in grado di egemonizzare le altre, perché non avrebbe avuto la forza di imporsi ad una loro coalizione, un po’ come Machiavelli notava per gli Stati italiani (e dell’equilibrio tra gli stessi) della sua epoca. In questo senso la sovranità degli Stati, costruita intorno alla parità giuridica degli stessi – prescindendo dalla parità di fatto, aveva un certo senso, proprio perché la parità di fatto tra gli stessi – o almeno tra i maggiori – non era tanto lontana; e, d’altra parte la disparità poteva essere compensata con un’accorta politica di alleanze (e all’inverso di neutralità).

Il tutto entrava in crisi con il XX secolo; sosteneva Schmitt che “nel diritto internazionale le idee generiche ed universalistiche sono le armi tipiche dell’interventismo”; e che “una concezione giuridica coordinata ad un impero sparso su tutta la terra (ossia quello britannico) tende naturalmente ad argomenti universalistici”. Nello scritto “Grande spazio contro universalismo”, il giurista di Plettenberg ribadisce, con riferimento alla dottrina Monroe, la contraddittorietà dell’interpretazione universalistica all’enunciazione originaria della suddetta dottrina. Scrive Schmitt: “È essenziale che la dottrina Monroe resti autentica e non falsificata, fintantoché è fissa l’idea di un grande spazio concretamente determinato, nel quale le potenze estranee allo spazio non possono immischiarsi.

Il contrario di un siffatto principio fondamentale, pensato a partire dallo spazio concreto, è un principio mondiale universalistico, che abbraccia tutta la terra e l’umanità. Questo conduce naturalmente a intromissioni di tutti in tutto. Mentre l’idea dello spazio contiene un punto di vista della delimitazione e della divisione e per questo enuncia un principio giuridico ordinatore, la pretesa universalistica di intromissione mondiale distrugge ogni delimitazione e distinzione razionale” (il corsivo è mio). Ciò ha fatto sì che si è convertito “un principio di non ingerenza concepito spazialmente in un sistema generale di intromissione delocalizzata” e così è diventato uno strumento ideologico della democrazia e “delle concezioni con essa collegate, in particolare del “libero” commercio mondiale e del “libero” mercato mondiale, al posto dell’originario e vero principio Monroe”. Combinando all’uopo status quo e pacta sunt servanda, “cioè un semplice positivismo contrattuale”, con i principi ideologici del liberal-capitalismo.

Il risultato complessivo è che la dottrina Monroe, come interpretata negli anni tra le due guerre mondiali da la misura “della contrapposizione fra un chiaro ordinamento spaziale che poggia sul principio fondamentale del non intervento di potenze estranee allo spazio a fronte di un’ideologia universalistica, che trasforma tutta la terra nel campo di battaglia dei suoi interventi e intralcia il passo ad ogni crescita naturale dei popoli viventi” (il corsivo è mio). La situazione oggi è diversa: l’evoluzione dell’ordinamento internazionale con l’Onu (e la Carta dell’Onu), il divieto dell’uso della forza (vedi articolo 2, 4 della Carta dell’Onu), i poteri del Consiglio di sicurezza, la dottrina della “responsabilità di protezione”, le operazioni di peacekeeping e soprattutto la “difesa dei diritti umani” (e non solo) hanno complicato la situazione.

A cosa può servire la lezione di Carl Schmitt e, in particolare, la dottrina dei “grandi spazi”? Sembra di poter rispondere che due concezioni (esplicite ed implicite alla stessa) e comunque intersecantesi possono essere utilmente applicate. La prima delle quali è il realismo politico in relazione al concetto di sovranità. Come scrive il giurista tedesco, il problema della sovranità, probabilmente il principale, è conciliare l’aspetto politico con quello giuridico.

Se infatti il connotato distintivo della sovranità è l’assolutezza giuridica (non essere condizionato dal diritto ma esserne “al di sopra”), occorre coniugarla con i limiti di fatto. Come scrive Schmitt: “Nella realtà politica non esiste un potere supremo, cioè più grande di tutti, irresistibile e funzionante con la sicurezza della legge di natura… La conciliazione del potere supremo di fatto e di diritto costituisce il problema di fondo del concetto di sovranità. Da qui sorgono tutte le difficoltà” (il corsivo è mio).

Altro, infatti, è la sovranità degli Usa o della Cina, altro quella di San Marino o del Liechtenstein. Trasposto nella situazione contemporanea, questo significa che mentre si censurano – giustamente – le violazioni dei “diritti umani” o il genocidio (ad esempio dei curdi in Iraq) e si parte per la “guerra giusta” ai ruandesi o a Saddam, ci si guarda bene dal fare la guerra a Putin per il Dombass o la Crimea e così alla Cina per Hong-Kong. Da notare che, mentre Hong-Kong è sotto sovranità cinese – e almeno può valere il carattere classico territoriale di questa – non è così per i citati territori nell’Europa orientale, entrambi – prima di annessioni ed occupazioni – facenti parte dell’Ucraina; la quale ha così subito una violazione della (propria) sovranità, al contrario della Cina. A questo punto, dati i “due pesi, due misure” c’è da chiedersi se non valga, come criterio di comportamento e decisione concreta, quello del “grande spazio”: mentre alla Russia è stato (di fatto) riconosciuto l’intervento in una repubblica prima facente parte dell’Urss, cioè del proprio “grande spazio”, lo stesso non è stato esercitato per proteggere popolazioni, diritti umani, e nel caso dell’Ucraina, l’integrità territoriale. Per cui il realismo intrinseco alla concezione schmittiana (registra) e regola molto più che l’idealismo di quello.

La seconda concezione che appare alla base del concetto di “grande spazio” è quella che collega il concetto di potenza (e di potere) di Max Weber e il “diritto” inteso qui come ordine. Scrive Weber definendola, che “la potenza designa qualsiasi possibilità di far valere entro una relazione sociale, anche di fronte ad un’opposizione, la propria volontà”. Nell’uso corrente fino a qualche decennio orsono erano chiamati potenze gli Stati, almeno quelli capaci di esercitare il comando all’interno e così tutelare la propria indipendenza, anche senza (o con minima) egemonia politica esterna. In termini fattuali è la capacità di far valere la propria volontà che determina l’essere potenza.

La quale applicando la formula di Spinoza tantum juris quantum potentiae determina i limiti fattuali delle potenze e quindi della capacità giuridica di esercitarli. Come scriveva il filosofo olandese: “Se dunque la potenza per cui le cose naturali esistono e operano è la medesima potenza di Dio, è facile capire che cosa sia il diritto naturale”. Per diritto naturale io intendo dunque le stesse leggi o regole della natura, secondo le quali ogni cosa accade, vale a dire, la stessa potenza della natura; perciò il diritto naturale dell’intera natura, e conseguentemente di ciascun individuo, si estende tanto quanto la sua potenza” (i corsivi sono miei). E nell’ambito del “grande spazio” è relativamente facile per la potenza egemone esercitarla. Del pari, per lo più, ha l’interesse a farlo, per le connessioni e i rapporti che la congiungono ai propri vicini o satelliti. Rispettare i quali è la condizione perché si consegua facilmente uno stato di pace. Assai più che cercare di imporre un’unità del mondo, senza che tale unità si possa conseguire in pace con l’unico modo storicamente possibile: mantenendo il pluriverso, conforme all’assetto d’interessi, potenze e rayas. Cioè limitandolo e determinandolo con criteri oggettivi e facilmente percepibili ed applicabili. Perché come scriveva Schmitt, l’unità del mondo non è l’unità dell’ecumene, ma “della organizzazione unitaria del potere umano, il cui scopo sarebbe pianificare, dirigere e dominare la terra e l’intera umanità. È il grande problema se l’umanità è già matura per sopportare un solo centro del potere politico”.

Che vi sia una religione, una teologia di sostegno a un tale ipotetico centro, la quale abbia capacità di resistenza ad obiezioni e critiche elementari, Schmitt non lo crede. Non l’ideologia del progresso, dato che progresso tecnico e morale “non camminano insieme” (né tra i governanti, né tra i governati). Né può confortare il razionalismo, non foss’altro – aggiungo – perché vale sempre il giudizio di Joseph de Maistre che l’uomo “per il fatto di essere contemporaneamente morale e corrotto, giusto nell’intelligenza e perverso nella volontà, deve necessariamente essere governato” (onde la ragione non basta); oltretutto il progresso tecnico ha l’inconveniente di accrescere il potere del governo. Come scriveva Johann Wolfgang von Goethe “è pericoloso per l’uomo ciò che, senza farlo migliore, lo rende più potente”. E non la si vede neppure oggi che in quel (tentativo/progetto) di unità del mondo stiamo ancora, anche se ormai pare volgere al tramonto. Dietro l’unità di un mondo dominato dalla potenza vittoriosa nella contrapposizione borghese/proletaria, occorre riconoscere che il pensatore di Plettenberg aveva visto bene il futuro politico: una nuova contrapposizione amico-nemico, una costante dicotomia terra/mare, una pace attraverso l’equilibrio di (e tra) grandi spazi. Cioè tutto il contrario di quanto diffuso dalla propaganda mainstream.

FONTE: http://opinione.it/cultura/2021/05/12/teodoro-klitsche-de-la-grange_schmitt-globalizzazione-weber-marx-collasso-comunismo-onu-idealismo/

 

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

Bugie sul Covid: perché anche Draghi è imperdonabile

Mario Draghi ha già ampiamente fallito, nella sua ipotetica missione (salvare il paese da se stesso), se è vero che – dopo mesi, ormai – continua a non contrastare la Madre di tutte le Menzogne, ovvero la quasi-incurabilità del Covid. Il vero scandalo nazionale non sta tanto nei dati truccati sull’intera emergenza, nel piano pandemico invecchiato e comunque ignorato, nelle terapie ospedaliere tragicamente errate anche grazie al divieto criminale di eseguire le autopsie, durante l’esplosione del fenomeno nella primavera 2020. Il vero sconcio non è neppure nella sorda repressione del cittadino, oppresso dai lockdown e dalle zone rosse, umiliato dal coprifuoco, colpito nella sua dignità di lavoratore, censurato se appena osa protestare, e magari ridotto sul lastrico dalla follia delirante delle Regioni “colorate” sulla base di indicatori ridicoli come l’indice Rt, misurati con strumenti altrettanto ridicoli come i test Pcr eseguiti con tamponi inattendibili in partenza e il più delle volte manipolati, aumentando a dismisura i “cicli di amplificazione” del materiale biologico estratto dal naso e dalla faringe.

Lo scandalo non è nemmeno il tragico corollario italico rappresentato dal business degli sciacalli, le epiche “creste” sulle forniture (mascherine e ventilatori, banchi a rotelle, materiale sanitario). Il lato più vergognoso di tutta questa vicenda non è neppure rappresentato Draghidall’abnorme business di Big Pharma alla voce vaccini, e più ancora (dieci volte tanto, si calcola) alla voce tamponi. E’ certo scandalosa l’esecuzione di Tso per zittire chi protesta, è scandalosa l’adozione di decreti che violano la Costituzione (quelli inerenti il coprifuoco, respinti da magistrati insieme alle sanzioni comminate per prescrizioni altrettanto illegali, come l’obbligo di indossare la mascherina all’aperto). E’ rivoltante che i media abbiano mentito ininterrottamente, per oltre un anno, sull’intera vicenda Covid, ed è altrettanto disgustoso il silenzio del governo di fronte alla brutale censura subita da “ByoBlu”, il mezzo di informazione indipendente più seguito dagli italiani, “espulso” da YouTube (che evidentemente abusa dello spazio pubblico che gli è concesso, calpestando norme e diritti).

In attesa che una sorta di Processo di Norimberga possa un giorno portare finalmente alla sbarra registi, esecutori e complici di questa strage, una cosa Mario Draghi la doveva fare, da subito: promuovere le terapie domiciliari per il Covid, che funzionano e dimostrano che la patologia è curabilissima. Non farlo, per far credere che sia il vaccino l’unica via d’uscita, significa causare in modo indiretto anche la morte di molti pazienti, tuttora abbandonati a se stessi, con un protocollo che – dopo oltre un anno – ancora parla di “vigilante attesa e Tachipirina”. I preparati genici in distribuzione, impropriamente chiamati vaccini, sono farmaci ancora sperimentali, sulla cui innocuità a Conte e gli uomini del Ctsmedio-lungo termine sono le stesse aziende produttrici a non pronunciarsi. Farmaci che, inoltre, non garantiscono né la completa immunità dal Covid, né che la persona vaccinata non sia più contagiosa. Nonostante questo, Mario Draghi ha obbligato il personale sanitario – violando la Costituzione – a subire una sorta di Tso con farmaci ancora sperimentali.

Soprattutto, Draghi non ha finora osato dire la verità: e cioè che, se lo si curasse a casa con terapie tempestive, il Covid cesserebbe di essere un problema. E questo è sinceramente imperdonabile: una macchia indelebile, per un soggetto che ha lasciato credere di voler rigenerare la governance occidentale, italiana ed europea. Se davvero si vuole ristabilire la verità, archiviando la barbarie dell’austerity, non è possibile – oggi – mettere tra parentesi il dramma che ha trasformato la sanità in una tragedia nazionale, sulla base di menzogne di cui si sta finalmente occupando la magistratura. Non è possibile, cioè, non dire la verità agli italiani: non spiegare che il Covid non richiede Il professor Garavellil’ospedalizzazione, e lasciare che l’Ordine dei Medici prenda provvedimenti contro i sanitari che invece – ora supportati anche dal Senato – pretendono che sia impostato un protocollo di cure domiciliari tale, da solo, di azzerare i numeri dell’emergenza.

Non si può prescindere dalla verità, se davvero si intende risanare una comunità nazionale. Uscire dall’ipnosi richiede coraggio, e Mario Draghi non l’ha avuto. Tanto per cambiare, a pagarne le conseguenze sono gli italiani: tuttora disinformati e rassegnati a rincorrere il miraggio di un “vaccino genico” che rappresenta un’incognita per la loro salute, e che nella migliore delle ipotesi – a detta di molti medici – sarà completamente inutile. Illustri clinici come Pietro Luigi Garavelli (primario a Novara) ricordano – citando Albert Sabin – quanto sia demenziale, condurre una campagna vaccinale mentre un’epidemia è ancora in corso. E i firmatari della Dichiarazione di Great Barrington, tra i più eminenti epidemiologi del mondo (già in prima linea contro l’Ebola) dicono che si è sbagliato proprio tutto: occorreva “lasciar correre” il virus, aiutandolo a “spegnersi” velocemente, limitandosi a isolare e proteggere in modo selettivo solo gli anziani e i malati. Sarebbe stata una rivoluzione, certo: osteggiata dai poteri mondiali che hanno imposto il terrorismo del Covid. Attrezzare il paese per garantire cure precoci a domicilio, invece, non sarebbe stato uno sforzo eroico: era il minimo sindacale, e Mario Draghi – come Conte – ha mancato al suo dovere di sincerità. Quale rigenerazione ci si potrà mai aspettare, sulla base di questi incresciosi presupposti?

FONTE: https://www.libreidee.org/2021/05/bugie-sul-covid-perche-anche-draghi-e-imperdonabile/

 

 

 

 

ECONOMIA

Iniziano in silenzio rivolte e fallimenti delle aziende contro le assurde norme ambientali della Commissione

 

Maggio 16, 2021 posted by Guido da Landriano

 

L’imposizione del Green Deal e degli obiettivi climatici deve passare con l’applicazione di un sistema di scambio di quote corrispondenti all’emissione di una tonnellata di CO2. Solo che la già cattiva idea della Commissione è diventata pessima quando si è permesso anche a chi non ha necessità delle quote di commerciarne, rendendo il tutto una speculazione finanziaria, come potete vedere dal sottostante grafico

L’esplosione dei prezzi ha fatto si che molte aziende non abbiano presentato la dichiarazione di acquisto delle quote di CO2 come avrebbero dovuto fare entro il 30 aprile 2021. Molte aziende sono riuscite a sfuggire, altre rischiano una sanzione di 107 euro per ogni quota di CO2 non acquistata e dichiarata. L’anno scorso furono 7 milioni le quote “Anticipate” dal 2021 per far fronte a questi ritardi.

Il ministero dell’ambiente tedesco calcola in 800 milioni le sanzioni che saranno comminate solo per quest’anno alle aziende. Poi ci sono le società fallite o fallende che non possono comprare le quote, o che falliranno comprandole. La Welt fa il caso della  Zanders a Bergisch Gladbach , cartiera fallita con 380 dipendenti licenziati in cui il curatore si chiede se debba pagare le quote CO2 oppure no, Magari pagheranno le quote di CO2 al posto delle liquidazioni dei dipendenti.

FONTE: https://scenarieconomici.it/iniziano-in-silenzio-rivolte-e-fallimenti-delle-aziende-contro-le-assurde-norme-ambientali-della-commissione/

I problemi della transizione energetica

La transizione energetica sarà una questione legata profondamente a investimenti strategici, nuove catene del valore, materie prime che diverranno sempre più critiche per costruire gli asset energetici di domani. E il collo di bottiglia principale per accelerare l’ingresso delle rinnovabili e delle fonti di energia pulite nel contesto globale può essere proprio connesso alle problematiche di reperimento di tali materiali. Potenzialmente in grado di scatenare una nuova corsa all’estrattivismo di massa che può creare problemi alla transizione energetica, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.

Sono questi gli avvertimenti che l’Agenzia mondiale dell’energia (Iea) lancia in un corposo report, The Role of Critical Minerals in Clean Energy Transitions, in cui si sottolinea l’importanza delle filiere di approvvigionamento e della disponibilità concreta di una serie di materiali critici e strategici per la costruzione dei nuovi asset funzionali alla transizione: dalle auto elettriche alle pale eoliche e ai pannelli solari, passando per la complessa architettura di dispositivi tecnologici destinati a portare nel mondo delle rinnovabili le innovazioni di frontiera.

L’Iea sottolinea che la sicurezza energetica è uno scenario da considerare in forma sempre più complessa e articolata nel quadro del mutato contesto di riferimento, che per scelte politiche o necessità concrete porterà a considerare da un lato l’efficienza un driver fondamentale e dall’altro la riduzione delle emissioni di anidride carbonica come un obiettivo strategico. Il periodo tra il 2040 e il 2060 è convenzionalmente indicato dalle strategie di diversi Paesi come fascia temporale per la decarbonizzazione pressoché completa dei propri sistemi produttivi. E questa pressione aumenterà senz’altro la domanda di nuove e vecchie materie prime, porrà questioni fondamentali per la sicurezza geopolitica degli approvvigionamenti, la tutela dei prezzi da speculazioni e volatilità.

L’Iea stima che triplicheranno, da qui al 2040, sia la domanda per la produzione di elettricità da fonti solari (fino a oltre 300 milioni di GW all’anno) sia quella da fonti eoliche (fino a 150 milioni di GW), mentre la vendita annuale di auto elettriche potrebbe crescere di 25 volte fino a sfondare quota 70 milioni di unità.

La domanda di materiali strategici si amplia a una complessa gamma di prodotti: litio, cobalto, manganese, nickel, grafite, rame, cromo, silicio, oltre alle sempre più strategiche terre rare

La somma della domanda di questi asset è cresciuta del 50% dal 2010 ad oggi su scala mondiale e, rispetto a risorse tradizionali come petrolio e gas, è da notare il fato che buona parte della produzione di materiali di questo tipo è concentrata in precise aree geografiche.

La Cina, ad esempio, assomma la maggioranza assoluta della produzione di terre rare al mondo; l’instabile Repubblica democratica del Congo il 70% della produzione di cobalto; l’Australia produce metà del litio estratto sul pianeta, e assieme alle riserve di Cile e Cina la soglia complessiva supera l’80%; Cile e Perù producono da soli il 40% del rame, mentre Indonesia e Filippine sfiorano il 50% nel nickel. A queste dinamiche fanno seguito, dunque, ristrutturazioni potenziali della catena del valore del settore energetico che porteranno al declino di mercati tradizionali a favore di nuovi entranti e produttori attenti ai settori di frontiera, con conseguenti confronti geopolitici e dispute commerciali. Ma la sensazione è che le dinamiche di prezzo e la crescita della domanda possano mettere l’offerta sotto pressione.

Pensiamo alla recente crisi dei semiconduttori o alla carenza di gomma nel settore auto: le catene del valore globali sono sotto stress e esposte a logoramento. Immaginiamo cosa potrebbe provocare una moltiplicazione eccezionale, in tempi rapidi, della domanda in materiali strategici: Tag43, citando uno studio Nature, segnala che la risposta potrebbe essere una corsa massiccia alla ricerca di nuove fonti di approvvigionamento che potrebbe causare una pressione ambientale in termini di sfruttamento a fini economici di ecosistemi e santuari naturali. I fondali marini in tal senso potrebbero riservare sorprese: “Alcuni ricercatori giapponesi hanno scoperto un deposito di 1,2 milioni di tonnellate di terre rare a chilometri di profondità nel sud del Pacifico, arrivando a stimare che nell’area limitrofa alle coste potrebbero essercene 16 milioni. Un simile quantitativo soddisferebbe la domanda mondiale per altri 50 anni. E, proprio come il Giappone, anche l’Australia, gli Stati Uniti, il Brasile e il Sudafrica, che temono la dipendenza dalla Cina, hanno iniziato a cercare potenziali giacimenti di risorse minerali rare”.

Il mondo si appresta a sperimentare la sua quarta rivoluzione industriale, con le tecnologie del digitale, l’economia della conoscenza e le filiere delle energie rinnovabili che la faranno da padrone. Ma la corsa alla frontiera della transizione non è stata ancora regolata né sono stati definiti i potenziali, dirompenti effetti in materia di competizione geopolitica, pressione sugli ecosistemi e costi sistemici. Guillaume Pitron, giornalista francese esperto in materia, nel saggio La guerra dei metalli rari (Luiss), critica le tesi dei “guru” della transizione fine a sé stessa come Jeremy Rifkin e parla dell’incredibile peccato originale di cui risente la narrazione mediatico e politica riguardante la transizione energetica e digitale: questa infatti è stata pensata come indipendente dal suolo, quando in realtà i dati e le dinamiche in corso ci parlano di un’interdipendenza sempre più stretta. Talmente influente da poter aver effetti dirompenti sull’effettiva possibilità di realizzare la nuova rivoluzione economico-industriale globale.

FONTE: https://it.insideover.com/ambiente/i-problemi-della-transizione-energetica.html

 

Autostrade: o Atlantia ha diffamato il governo, o il governo è colpevole di estorsione

Nel caso Autostrade, lo Stato ha fatto agli azionisti un’offerta che non potevano rifiutare

Nel caso Autostrade, lo Stato ha fatto agli azionisti un’offerta che non potevano rifiutare. Non è un’iperbole. E’ scritto, nero su bianco, nella relazione del CdA di Atlantia all’Assemblea, che il prossimo 31 maggio dovrà dare un parere sulla cessione della partecipazione in Aspi alla cordata capeggiata da Cdp. In essa si riporta, verbatim (pag. 27), la posizione riferita dall’attuale Ministro delle Infrastrutture al precedente governo. Di fatto, questo aveva messo l’approvazione di alcuni atti di natura regolatoria, attinenti al rapporto concessorio tra il Ministero concedente e la società, in relazione alla cessione delle quote alla suddetta cordata. Il CdA di Atlantia conclude che stante questa situazione “è remota la possibilità che si addivenga all’approvazione del Piano economico finanziario in mancanza di perfezionamento della cessione della partecipazione”.

Comprendiamo come l’impegno principale della magistratura italiana sia in questi giorni quello di discutere di se stessa. Ma è difficile non porsi una domanda banale: qual è il senso della espressione “obbligatorietà dell’azione penale”? Stante il tenore della relazione del CdA di Atlantia ai suoi azionisti, c’è un magistrato della Repubblica non impegnato in vicende interne che avverta oggi la necessità quanto meno di appurare se nella fattispecie citata ricorrano i margini della estorsione (art. 629 CP) o, viceversa, quelli della diffamazione (art. 595 CP)? La reputazione della impresa privata italiana è stata seriamente intaccata dalla vicenda Autostrade. Ma ora in gioco c’è anche la reputazione dell’esecutivo di questo paese. Se anche accadesse che, a conclusione delle indagini, non emergessero gli estremi di un qualunque reato, non sarebbe questo comunque un evento positivo in grado di dissipare la nebbia che la stessa vicenda inevitabilmente finirà per lasciare sui comportamenti del Governo della Repubblica?

Il problema è semplicemente questo: l’approvazione del piano economico-finanziario di Aspi e le operazioni societarie relative al suo controllo sono due partite legalmente e concettualmente distinte. La prima riguarda le scelte in materia tariffaria e l’individuazione degli investimenti prioritari. La seconda riflette la volontà di estromettere Atlantia dall’azionariato della concessionaria, in modo da ricondurne il controllo in mani pubbliche. Ma l’approvazione del piano economico-finanziario, che rappresenta la condizione basilare perché Aspi possa adempiere agli obblighi della concessione, o la sua eventuale modifica, prescinde dalla natura della proprietà. Aver creato una connessione politica tra le due cose, usando l’una come arma di ricatto per ottenere la seconda, rappresenta quel tipo di cortocircuito che è incompatibile con lo Stato di diritto. Non solo, dunque, ci sarebbe lo spazio per un approfondimento da parte della magistratura, ma viene anche da chiedersi se e come siano ripartite le responsabilità di queste scelte tra i vertici politici dei governi passato e presente e le strutture tecniche che devono garantire, in ogni momento, il rispetto della legalità.

Istituto Bruno Leoni

FONTE: https://www.pensalibero.it/autostrade-o-atlantia-ha-diffamato-il-governo-o-il-governo-e-colpevole-di-estorsione/

 

 

 

EVENTO CULTURALE

“Connessioni” di Francesca Sifola

L’autrice Francesca Sifola

Nata tra i libri e tra le parole, da sempre cerca nel linguaggio quel potere di emozionare nella ricerca della realtà, intesa come svelamento di quella libertà che solo il linguaggio intellettualmente onesto sa dare. I suoi romanzi sono creature figli di questa convinzione e spaziano dal romanzo di formazione, al romanzo intimista a quello fantascientifico e al giallo psicologico. In essi confluiscono tutte le sue esperienze di vita, dagli studi umanistici, alle performances teatrali e radiofoniche, al suo modo di vivere che non lascia adito a fraintendimenti: Francesca Sifola è per la parola che sa emozionare e trascinare dentro sé stessa i pensieri più reconditi dell’essere umano. 

 

Connessioni


L’amore, si sa, non segue percorsi prestabiliti e scontati. È talvolta bizzarro, folle, non dà tregua e la protagonista di questa storia non ha mai rinunciato a vivere e ad amare seguendo sentimenti totalizzanti. Dopo un lungo periodo di sguardi, sospensioni e incertezze si fa avanti un uomo che, mettendo da parte le sue paure riesce, abbandonandosi, a immergersi in una storia ricca di pathos e sensualità.

Ma il romanzo di Francesca è, soprattutto, lo svelamento di un percorso interiore di forte intensità emozionale che attraversa la vita unendo fili misteriosi, intessuti di casualità che lasciano pensare ad un deciso abbraccio del Destino.

Puoi acquistare Connessioni di Francesca Sifola qui:

https://www.europaedizioni.com/prodotti/connessioni-francesca-sifola/ , 

nelle principali librerie di città,

sui portali digitali, fra i quali:

https://www.amazon.it/Connessioni-Francesca-Sifola/dp/8855088246

https://www.hoepli.it/libro/connessioni/9788855088244.html

https://www.ibs.it/connessioni-libro-francesca-sifola/e/9788855088244

https://www.kobo.com/ebook/connessioni

https://www.libreriauniversitaria.it/connessioni-sifola-francesca-europa-edizioni/libro/9788855088244

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

DoJ ed IRS scavano in Binance. Tasse ed altro

Maggio 16, 2021 posted by Guido da Landriano

Il gigante dello scambio di criptovalute Binance è sottoposto ad  indagini dall’Internal Revenue Service (IRS) degli Stati Uniti e dal Dipartimento di giustizia (DOJ) per riciclaggio di denaro e evasione fiscale.

Secondo Bloomberg, l’indagine federale è ancora riservata, con il DOJ e l’IRS che stanno “cercando informazioni da persone con approfondimenti sugli affari di Binance”. Il rapporto accusa Binance di avere successo senza una controlli governativi, con la sua mancanza di sedi aziendali e la società con sede  nelle Isole Cayman – che non chiedono tasse e offre pratiche commerciali più indulgenti. L’accusa è equivalente a quello che fanno più o meno tute le società USA con sede in Irlanda , Lussemburgo, Paesi Bassi etc,

“Prendiamo molto sul serio i nostri obblighi legali e ci impegniamo con le autorità di regolamentazione e le forze dell’ordine in modo collaborativo. Abbiamo lavorato duramente per costruire un solido programma di conformità che incorpori i principi e gli strumenti antiriciclaggio utilizzati dalle istituzioni finanziarie per rilevare e affrontare le attività sospette “, ha detto un portavoce di Binance in risposta alla recente indagine.

Binance e gli altri exchange  continuano ad affrontare un incremento nei controlli  normativi
Una delle più grandi critiche a Bitcoin e valute virtuali nel loro complesso  è  loro uso per attività criminali. A gennaio, il segretario al Tesoro Janet Yellen ha espresso preoccupazione per le criptovalute utilizzate per finanziamenti terroristici e illegali, con altre importanti figure finanziarie come Charlie Munger che associano l’industria con “rapitori” ed “estorsori”.

Chainalysis, una società di analisi dei dati basata su blockchain utilizzata dalle agenzie federali statunitensi, ha riferito nel 2019 che Binance ha visto più fondi legati ad attività criminali rispetto a qualsiasi altro scambio basato sulle transazioni che aveva analizzato. Il 27m5 % di token da attività illecita sarebbe passato attraverso Binance contro il 24 di Huobi.

Tecnicamento DoJ e IRS hanno anche i mezzi per seguire le transazioni bancarie legate a questi exchange, per cui ci si chiede perché non lo facciano, o lo facciano in modo superficiale. Una volta identificati i movimenti di denaro è paradossalmente semplice collegarli con quelli delle valute di denaro. Comunque la collaborazione di Binance agevolerà il lavoro delle autorità-.

FONTE: https://scenarieconomici.it/doj-ed-irs-scavano-in-binance-tasse-ed-altro/#.YKFh_bDqkK0.whatsapp

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

C.D.C., O.M.S. e il gruppo Davos a processo per crimini contro l`umanita`.(3 lug 21)

13 05 2021

Il nuovo processo di Norimberga inizia il 3 luglio 2021

Un grande team di oltre 1.000 avvocati e più di 10.000 esperti medici sotto la guida del Dr. Reiner Fuellmich ha avviato procedimenti legali contro il

CDC,

l’OMS

e il Gruppo di Davos per crimini contro l’umanità.

Fuellmich e il suo team presentano il test PCR errato e l’ordine ai medici di scrivere per qualsiasi morte  come morte Covid quindi come frode.

Il test PCR non è mai stato progettato per rilevare gli agenti patogeni ed è inaccurato al 100% a 35 cicli. Tutti i test PCR monitorati dal CDC sono impostati su 37-45 cicli. Il CDC riconosce che i test su 28 cicli non sono consentiti per un risultato positivo affidabile.

Ciò invalida oltre il 90% dei presunti casi / “infezioni” Covid rilevati dall’uso di questo test errato.

Oltre ai test errati e ai certificati di morte fraudolenti, il vaccino “sperimentale” stesso viola l’articolo 32 della Convenzione di Ginevra.

Ai sensi dell’articolo 32 della Convenzione di Ginevra del 1949, “la mutilazione e gli esperimenti medici o scientifici non necessari per il trattamento medico di una persona protetta” sono vietati.

Secondo l’articolo 147, condurre esperimenti biologici su persone protette è una grave violazione della Convenzione.

Il “vaccino” NON soddisfa i seguenti cinque requisiti per essere considerato un vaccino ed è per definizione un “esperimento” medico e un esperimento:

1) Fornisce immunità al virus

Si tratta di una terapia genica “leaky” che non fornisce immunità a Covid e afferma di ridurre i sintomi, ma i doppi vaccini sono ora il 60% dei pazienti che necessitano di ER o ICU con infezioni da covid.

2) Protegge i destinatari dall’ottenere il virus

Questa terapia genica non fornisce immunità e il doppio vaccino può ancora catturare e diffondere il virus.

3) Riduce i decessi dovuti a infezioni virali

Questa terapia genica non riduce le morti per infezione. Sono morte anche persone con doppia vaccinazione infetta da Covid.

4) Riduce la circolazione del virus

Questa terapia genica consente ancora al virus di diffondersi perché dà zero immunità al virus.

5) Riduce la trasmissione del virus

Questa terapia genica consente ancora la trasmissione del virus perché non conferisce immunità al virus.

Si applicano le seguenti violazioni del codice di Norimberga:

Codice di Norimberga n. 1: il consenso volontario è importante

Nessuna persona dovrebbe essere costretta a fare un esperimento medico senza il consenso informato.

Molti media, politici e non medici esortano le persone a prendere la siringa.

Non forniscono informazioni sugli effetti negativi o sui pericoli di questa terapia genica. Tutto quello che senti da loro è: “sicuro ed efficace” e “i benefici superano i rischi”.

I paesi usano blocchi, coercizione e minacce per costringere le persone a prendere questo vaccino o sono banditi dalla partecipazione a una società libera sotto il mandato di un pass vaccino o di un pass verde.

Durante i processi di Norimberga, anche i media sono stati perseguiti e membri sono stati uccisi per aver mentito al pubblico, insieme a molti dei medici e dei nazisti riconosciuti colpevoli di crimini contro l’umanità.

Codice di Norimberga # 2: Produce con risultati fruttuosi che non possono essere prodotti con altri mezzi

Come accennato in precedenza, la terapia genica non soddisfa i criteri per un vaccino e non offre immunità al virus. Esistono altri trattamenti medici che danno risultati fruttuosi contro il Covid, come l’Ivermectina, la vitamina D, la vitamina C, lo zinco e il rafforzamento del sistema immunitario per influenza e raffreddore.

Codice di Norimberga n. 3: esperimenti di base a seguito di esperimenti su animali e malattie della storia naturale

Questa terapia genica ha saltato gli esperimenti sugli animali ed è andata direttamente agli esperimenti sull’uomo.

Nella ricerca sull’mRNA utilizzata da Pfizer, uno studio candidato sull’mRNA con scimmie macachi rhesus utilizzando BNT162b2 mRNA e in quello studio tutte le scimmie hanno sviluppato polmonite, ma i ricercatori hanno considerato il rischio basso perché si trattava di giovani scimmie sane di 2-4 anni di età.

Israele ha utilizzato Pfizer e la Corte internazionale di giustizia ha accettato il requisito che l’80% dei pazienti con polmonite debba essere iniettato con questa terapia genica.

Nonostante questo sviluppo allarmante, Pfizer ha continuato a sviluppare il suo mRNA per Covid, senza test sugli animali.

Codice di Norimberga n. 4: Evita tutte le sofferenze e gli infortuni inutili

Dal lancio dell’esperimento ed elencato nel sistema di segnalazione CDC VAERS, negli Stati Uniti sono stati segnalati oltre 4.000 decessi e 50.000 feriti da vaccino. Nell’UE sono stati segnalati più di 7.000 decessi e 365.000 feriti da vaccino. Questa è una grave violazione di questo codice.

Codice di Norimberga n. 5: nessun esperimento dovrebbe essere eseguito se c’è motivo di credere che si verificheranno lesioni o morte

Vedere n. 4, sulla base di dati medici basati sui fatti, questa terapia genica provoca morte e lesioni. La ricerca precedente sull’mRNA mostra anche diversi rischi che sono stati ignorati per questo attuale esperimento genetico sperimentale. Uno studio del 2002 sulle proteine ​​delle unghie SARS-CoV-1 ha dimostrato che causano infiammazione, immunopatologia, coaguli di sangue e inibiscono l’espressione dell’angiotensina 2. Questo esperimento costringe il corpo a produrre questa proteina delle unghie che eredita tutti questi rischi.

Codice di Norimberga # 6: il rischio non dovrebbe mai superare il vantaggio

Covid-19 ha un tasso di recupero del 98-99%. Il danno da vaccino, la morte e gli effetti collaterali negativi della terapia genica con mRNA superano di gran lunga questo rischio.

L’uso di vaccini “leaky” è stato vietato per uso agricolo dagli Stati Uniti e dall’UE a causa dello studio Marek Chicken che mostra la comparsa di “virus caldi” e varianti … che rendono la malattia ancora più mortale.

Tuttavia, questo è stato ignorato per l’uso umano dal CDC consapevole che il rischio di nuove varianti più mortali deriva dalle vaccinazioni che perdono. Il CDC è pienamente consapevole che l’uso di vaccini che perdono facilita l’emergere di ceppi più caldi (più mortali). Eppure, l’hanno ignorato quando si tratta di esseri umani

Codice di Norimberga n. 7: devono essere fatti i preparativi anche per le remote possibilità di lesioni, invalidità o morte

Non sono stati fatti preparativi. Questa terapia genica ha saltato gli esperimenti sugli animali. Gli studi clinici di fase 3 delle aziende farmaceutiche non si concluderanno fino al 2022/2023. Questi vaccini sono stati approvati in caso di emergenza

Usa solo l’azione per forzare un pubblico disinformato. NON sono approvati dalla FDA.

Codice di Norimberga n. 8: Gli esperimenti devono essere eseguiti da persone scientificamente qualificate

I politici, i media e gli attori che affermano che questo è un vaccino sicuro ed efficace non sono qualificati. La propaganda non è scienza medica.

Molti negozi come Walmart e centri di vaccinazione drive-through non sono qualificati per somministrare terapie geniche mediche sperimentali al pubblico non informato.

Codice di Norimberga n. 9: tutti devono avere la libertà di terminare l’esperimento in qualsiasi momento

Nonostante la chiamata di oltre 85.000 medici, infermieri, virologi ed epidemiologi, l’esperimento non finisce. In effetti, attualmente ci sono molti tentativi di cambiare le leggi per far rispettare la conformità ai vaccini.

Ciò include vaccinazioni obbligatorie e obbligatorie. Con cadenza semestrale si pianificano “irroratrici” sperimentali senza utilizzare il crescente numero di morti e feriti già causati da questo esperimento.

Queste immagini di aggiornamento verranno somministrate senza alcuna sperimentazione clinica. Si spera che questo nuovo processo di Norimberga metta fine a questo crimine contro l’umanità.

Codice di Norimberga n. 10: il ricercatore deve interrompere l’esperimento in qualsiasi momento se esiste una probabile causa di lesioni o morte

È chiaro dai dati statistici che questo esperimento porta a morte e lesioni. Ma non tutti i politici, le compagnie farmaceutiche ei cosiddetti esperti tentano di impedire a questo esperimento di terapia genica di danneggiare un pubblico disinformato.

Cosa puoi fare per porre fine a questo crimine contro l’umanità?

Condividi queste informazioni. Ritenete responsabili i vostri politici, media, medici e infermieri – che se sono coinvolti in questo crimine contro l’umanità, sono anche soggetti alle leggi stabilite nella Convenzione di Ginevra e nel Codice di Norimberga e possono essere processati, giudicati colpevoli e uccisi.

I procedimenti legali sono in corso, sono state raccolte prove e un folto gruppo di esperti in crescita lancia l’allarme.

FONTE: https://laforzadellaverita.wordpress.com/2021/05/13/c-d-c-o-m-s-e-il-gruppo-davos-a-processo-per-crimini-contro-lumanita-3-lug-21/

 

 

 

IMMIGRAZIONI

Michel Barnier: fermiamo l’immigrazione nella UE per 5 anni. Chi lo dice a Letta?

 

Maggio 16, 2021 posted by Leoniero Dertona

L’ex capo negoziatore della Brexit dell’UE e possibile candidato alla presidenza francese Michel Barnier propone di fermare l’immigrazione in Francia dall’esterno dell’UE per tre o cinque anni. Questo per  consentire al paese di guadagnare tempo per riconsiderare e adeguare le sue regole sull’immigrazione. Barnier considera l’attuale immigrazione un pericolo per la Francia. La “Lettera dei generali ribelli” ha colpito nel segno.

“C’è il rischio di un’esplosione, in particolare sul tema dell’immigrazione. Dobbiamo introdurre una moratoria sull’immigrazione. Dobbiamo prendere tempo per valutare, controllare e, se necessario, modificare le nostre politiche sull’immigrazione”, ha detto politico settantenne a RTL.

“Ci sono collegamenti tra [flussi di immigrazione] e reti terroristiche che cercano di infiltrarsi”, ha avvertito, aggiungendo che non pensa che tutti gli immigrati siano terroristi o delinquenti.

Secondo Barnier, però, è necessario trovare un consenso nazionale su questi temi.

“Le questioni legate all’immigrazione non sono questioni da poco. Come politico, vedo i problemi per come sono e come i cittadini li vivono, e dobbiamo cercare soluzioni”, ha osservato.

Secondo lui, se la Francia darà il via a questi cambiamenti, altri stati dell’UE si uniranno. Barnier ha anche suggerito che l’Unione Europea dovrebbe rafforzare la sicurezza delle frontiere esterne in modo coordinato, e vuole avviare un dibattito su questo tema con altri Stati.

L’ex responsabile della Brexit ha sottolineato che la proposta di moratoria sull’immigrazione non si applicherebbe ai cittadini della UE, agli studenti e ai rifugiati nell’Unione europea bisognosi di protezione e assistenza.

Chiaramente Barnier cerca di crearsi una posizione che gli permetta di candidarsi alle presidenziali sorretto dal centro, ultimamente piuttosto deludente con i MoDem spesso schiacciati sulle posizioni di Macron, una sorta di ordoliberismo mascherato con un po’ d’innocue idee da “Sinistra ZTL”.  Barnier ha la stessa attrattività politica di un ghiacciolo e la sua carriera è piena di fantasmi, per cui non sappiamo se riuscirà nell sua missione. Nello stesso tempo la sua mossa pone completamente fuori gioco politico Enrico Letta. Se neanche i super europeisti francesi vogliono i porti aperti, cosa farà adesso il giovinetto Letta? Pesterà i piedi e stringerà i pugnetti?

FONTE: https://scenarieconomici.it/michel-barnier-fermiamo-limmigrazione-nella-ue-per-5-anni-chi-lo-dice-a-letta/

 

 

 

LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

La cultura non ha prezzo? E chi l’ha detto?

La Stampa – 2 maggio

Basta retorica e avanti con il tariffario: cento euro per leggere e raccontare ai colleghi un libro, 200 per il secondo, 300 per il terzo e così via. E se il testo è in inglese, il compenso raddoppia. Vale per tutti: dal muratore al dirigente.

L’idea è straordinaria, chi l’ha avuta ancora di più. Siamo alla Vanoncini di Mapello, profondo Nord, un capannone dietro l’altro, bergamaschi operosi che per dimenticare la tragedia del Covid, che qui ha picchiato davvero duro, lavorano anche più del solito. Lui si chiama Danilo Dadda, 56 anni, titolo di studio geometra, entrato nell’87 come tecnico e diventato amministratore delegato di questa azienda specializzata in edilizia sostenibile, 85 dipendenti e una reputazione consolidata. Però Dadda non è il solito manager. Semmai, un Adriano Olivetti in salsa orobica, uno che ti spiega convintissimo che «chi lavora con te deve diventare migliore di quando ha cominciato, perché l’imprenditore ha anche un ruolo sociale». Facile dirlo. Lui lo fa.

L’ultima trovata è il «Book Club». In orario di lavoro, a turno, un dipendente parla agli altri di un libro a sua scelta e il mese dopo riceve il compenso in busta paga. La biblioteca è eclettica: nel programma delle presentazioni, molti manuali di marketing, certo, ma anche romanzi, saggi, biografie (compresa ovviamente quella di Steve Jobs) e perfino poesie.

Niente obblighi per i dipendenti da megadirettore galattico di Fantozzi: viene chi vuole. La scommessa di Dadda è di rendere contagiosa la lettura. Così la sala riunioni si trasforma nel club del libro. Ha iniziato il primo marzo Elisa Cassis del Commerciale illustrando “Il profeta di Khalil Gibran”. Fare l’avvocato del diavolo è inutile: certo che vengono, meglio stare seduti ad ascoltare che su un’impalcatura, poi li paga pure… «Vero. Ma il risultato è che ci stanno prendendo gusto».

L’articolo completo di Alberto Mattioli è su La Stampa

FONTE: https://www.facebook.com/lastampa.it/photos/a.83582330957/10158745312090958/

 

 

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

PACE IN MEDIO ORIENTE: BIDEN POTREBBE CHIAMARE TRUMP

Pace in Medio Oriente: Biden potrebbe chiamare Trump

Nei quattro anni di Donald Trump alla Casa Biancnon si è sparato un solo razzo in Medio Oriente. Un lungo periodo di pace non a tutti gradito, purtroppo, che ora ha lasciato posto a molti focolai di conflitti.

Trump, o un suo capace staff, era riuscito a far digerire alle Parti una serie di trattati nell’area a cominciare dalla firma di quegli “Accordi di Abramo” volti a normalizzare i rapporti tra Israele ed Emirati Arabi Uniti. I Palestinesi prima protestarono con la Lega Araba affinché intervenisse, e poi, visto che gran parte di essa era d’accordo, abbozzarono.

La Palestina addirittura rinunciò a presiedere il turno di presidenza della Lega ritenendo che l’accordo firmato sotto l’egida degli Stati Uniti rappresentasse un tradimento della causa e un ulteriore ostacolo alla creazione di uno Stato palestinese indipendente nei territori occupati da Israele.

La riluttanza a condannare l’accordo dapprima limitato a Israele ed Emirati, poi esteso a Bahrein e, in parte, ad Arabia Saudita da parte dei Paesi del Golfo rivelava la loro volontà a lasciar perdere la causa palestinese e a ribaltare l’ordine dei fattori che vedeva la soluzione del conflitto israelo-palestinese quale presupposto per portare ordine nell’area mediorientale. Vi erano i prodromi per giungere alla normalizzazione del mondo arabo con Israele, la cui accettazione come parte integrante del Medio Oriente nonché come possibile alleato strategico e partner economico, era considerato buon presupposto per portare a una risoluzione del conflitto con i palestinesi.

Tutto questo avveniva con la regia del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump che pur di affinare i rapporti con l’Arabia Saudita e ottenerne il tacito consenso per la riuscita del mirato disegno rischiò durante la grave crisi petrolifera del momento di inimicarsi parte del potente elettorato dei petrolieri americani.

Il cambiamento di strategia fece traguardare l’orizzonte con cauto ottimismo e poneva senz’altro Israele in posizione di netto vantaggio nelle trattative e visto il nemico in difficoltà sarebbe bastata una dichiarazione, un gesto di umanità, un check point in meno per tradurre la posizione dominante in un tassello concreto.

Con sapiente regia Trump estese gli accordi di pace ad altri Stati arabi con il fermo proposito di porre fine al conflitto arabo israeliano una volta per sempre.

Fu poi la volta del Sudan pur se fuori dall’area contesa. Ma era un segnale di come quasi tutti i governi arabi desiderassero la pace. Si stava realizzando un assetto in Medio Oriente che avrebbe creando le condizioni per facilitare il progetto di creazione di una “Nuova Palestina”, ricomposizione forse non gradita a tutti.

Le trattative in corso prevedevano il termine dell’embargo a Gaza, la consegna di tutte le armi, anche quelle in dotazione ai leader di Hamas, con garanzie di sicurezza da parte della polizia della “Nuova Palestina”, la riapertura dei commerci internazionali da e per Gaza, attraverso Israele, l’Egitto o via mare attraverso la Cisgiordania, confini aperti con Israele, la possibilità per i palestinesi di avvalersi dello scalo di Tel Aviv finché non verrà costruito loro un aeroporto.

L’accordo in negoziazione tra Israele e le Autorità palestinesi prevedeva inoltre che i detenuti palestinesi nelle carceri israeliane venissero rilasciati ad un anno dalla sottoscrizione entro un periodo di tre anni.

Gli insediamenti israeliani nei territori occupati sarebbero restati ad Israele, ma i negoziatori lavoravano affinché i palestinesi ricevessero in donazione dall’Egitto una piccola porzione di territorio per realizzare delle infrastrutture essenziali a Gaza. I finanziamenti per attuare il progetto sarebbero arrivati dagli Stati Uniti per il 20 per cento, dall’Unione europea e per la quasi totalità dalle monarchie del Golfo.

Trump non ha avuto il tempo per finalizzare il disegno che lo avrebbe fatto passare alla storia. Joe Biden potrebbe richiamare quello staff per cercare di continuare il progetto.

FONTE: http://opinione.it/esteri/2021/05/13/ferdinando-fedi_conflitto-israele-palestina-negoziati-pace-trump-biden-usa-ue-egitto-emirati-sudan-accordi-abramo/

 

 

 

Usa, 124 ex generali: elezioni rubate, nazione in pericolo

«Siamo in una lotta per la nostra sopravvivenza, come repubblica costituzionale, come in nessun altro momento dalla nostra fondazione nel 1776». E’ una cannonata, la lettera aperta che oltre 124 generali e ammiragli a riposo scagliano contro Joe Biden, la cui salute mentale è messa in dubbio. Gli ex dirigenti di vertice delle forze armate – tra cui Donald Bolduc, William Boykin e John Poindexter, già vice-consigliere per la sicurezza nazionale sotto Reagan – sul magazine dei veterani (”Flag Officers 4 America“) accusano i democratici di aver rubato le elezioni con i brogli e di aver svenduto il paese al suo maggiore antagonista, la Cina. Nel mirino anche l’accordo sul nucleare dell’Iran, l’immigrazione clandestina come veicolo di traffici innominabili e la sospensione di progetti energetici vitali come la Keystone Pipeline, voluta da Trump. Bocciate le stesse restrizioni sanitarie introdotte accampando l’emergenza pandemica: «I lockdown che colpiscono le scuole e le imprese equivalgono ad azioni di controllo della popolazione».

L’accusa: sarebbe in atto una sorta di golpe bianco, da parte di un gruppo non legittimato da elezioni regolari, che procede a colpi di decretazioni d’urgenza scavalcando il Parlamento e mettendo in pericolo la nazione. Quanto pesi, il malumore degli ex generali (che Joe Bidenrappresentano solo la vetta dell’iceberg, a quanto pare) lo conferma la reazione allarmata dell’ammiraglio Mike Mullen, già capo di stato maggiore: secondo Mullen, quella lettera «fa male ai militari e, per estensione, fa male al paese». L’avvertimento degli alti ufficiali americani in congedo (liberi di parlare, non più vincolati al silenzio) fa eco a quello dei colleghi francesi, scesi in campo contro Macron: anche in quel caso, le stellette contestano la legittimità di scelte governative che, secondo i militari, opprimono la popolazione e mettono a rischio la stabilità stessa delle istituzioni, sempre più invise alla cittadinanza.

«Il conflitto è tra i sostenitori del socialismo e del marxismo contro i sostenitori della libertà costituzionale», si afferma nella lettera statunitense, estremamente esplicita nel condannare l’assenza di trasparenza nelle procedure elettorali che hanno portato Biden alla Casa Bianca. «L’integrità elettorale richiede di garantire che ci sia un voto legale espresso e contato per ogni cittadino», scrivono gli ex alti ufficiali. «I voti sono individuati come legali tramite le verifiche approvate dal Parlamento statale che includono le carte d’identità governative, la firme verificate. E oggi, molti definiscono “razzisti” questi controlli di buon senso, nel tentativo di evitare di avere elezioni giuste e oneste». I firmatari, tutti ex leader militari, si dichiarano «impegnati a sostenere e difendere la Donald Bolduc, uno dei firmatariCostituzione degli Stati Uniti contro tutti i nemici», sia «nazionali» che «stranieri». Precisano: «La Cina è la più grande minaccia esterna per l’America. Stabilire relazioni di cooperazione con il Partito Comunista Cinese li incoraggia a continuare a progredire verso il dominio del mondo: militarmente, economicamente, politicamente e tecnologicamente».

Per le stellette a riposo, occorre «imporre più sanzioni e restrizioni», nei confronti dei cinesi, «per ostacolare il loro obiettivo di dominazione mondiale e proteggere gli interessi dell’America». Ai democratici viene rinfacciato il ruolo di “quinte colonne” di potenze ostili, e anche una vocazione elitaria, manipolatrice e anti-popolare. «Dobbiamo sostenere e riconoscere i meriti dei politici che agiranno per contrastare il socialismo, il marxismo e il progressismo, sostenere la nostra Repubblica costituzionale e insistere su un governo fiscalmente responsabile, che si concentri su tutti gli americani e specialmente sulla classe media, non su gruppi di interessi speciali o estremisti che sono usati per dividerci in fazioni in guerra». Gli ex generali e ammiragli concludono il loro appello esortando «tutti i cittadini a partecipare subito a livello locale, statale e nazionale per eleggere rappresentanti politici che agiscano per salvare l’America, la nostra repubblica costituzionale, e per far assumere le proprie responsabilità a chi è attualmente in carica».

FONTE: https://www.libreidee.org/2021/05/usa-124-ex-generali-elezioni-rubate-nazione-in-pericolo/

 

 

 

POLITICA

La UEligarchia si prepara a scavare la fossa alla Le Pen

Secondo un sondaggio dell’istituto “Harris Interactive”, Marine Le Pen otterrebbe il 48% dei voti nel secondo turno delle prossime elezioni presidenziali del 2022. “Zeit” riferisce sulla situazione attuale: “Nel 2017,  la politica populista di destra Marine Le Pen ha perso il ballottaggio contro il presidente francese Emmanuel Macron; oggi  le sue possibilità per le elezioni presidenziali 2022  sono molto migliori. Nei sondaggi attuali, ha ottenuto il 48% dei voti. Per non spaventare gli elettori, ora è meno ribelle “.

Per dire quanto  Marine nella sua nuova veste sia temuta, basti dire il quotidiano tedesco  ” Die Zeit ” le ha dedicato un intervista – in lingua inglese!, per segnalarne il pericolo ai poteri globali – il cui  titolo attribuisce a lei la frase: “Ebbene sì,  la politica è violenza”

E il giornale  si domanda come mai in Germania nessuno s’è ancora accorto del “pericolo Le Pen”

“Sì, è molto sorprendente”, risponde Marine:  “Questa è la terza volta che mi candido alla presidenza (…) Ho l’impressione che la Germania presti attenzione solo a quei politici dai quali spera di ottenere vantaggi in Europa. È stato il mio partito a far luce sul grande conflitto tra globalisti e patrioti, che ora ha sostituito la vecchia linea di demarcazione tra destra e sinistra. Solo i tedeschi non l’hanno ancora capito “.

In un’altra risposta,  rivolge alla  Germania  una critica che il giornale ritiene “aspra”. All’accusa: quattro anni fa lei voleva far uscire la Francioa dalla UE, lei risponde:

Dice: “ E’ la UE che  si è avvicinata alla posizione del  mio partito, il Rassemblement National. La Germania è responsabile di una rigorosa politica di austerità in tutta Europa  che ci ha fatto arretrare tutti, ma Covid sta ora scuotendo questo dogma. Crediamo di avere maggiori possibilità di trasformare l’Europa dall’interno che dall’esterno. Siamo ottimisti sul fatto che le misure di austerità siano finite “.

Interrogata su  cosa pensi del  cambiamento climatico (in Germania vincerà l’ecologista fanatica Baerbock, il potere ha deciso così) Marine  dice: “Storicamente, il movimento ambientalista è stato fondato dalla destra Penso che ogni patriota debba pensare in modo ecologico, e per un semplice motivo: un nomade può venire in un’oasi, mangiare tutti i datteri, bere l’acqua del pozzo e andare avanti quando non è rimasto nulla. Ma siamo patrioti sedentari e profondamente radicati. Il nostro modello economico ultraliberale ci spinge nell’abisso. Finché i nostri prodotti vengono fabbricati a diecimila chilometri di distanza e poi trasportati qui, nessuno può affermare di agire in modo ecologico. I prodotti devono essere fabbricati e lavorati qui, non nei paesi poveri del mondo “.

Orrore, Le Pen è un sostenitore del nucleare. “. Ti dirò cosa vogliamo: ad esempio, vogliamo spegnere il più possibile le turbine eoliche e mantenere in funzione le centrali nucleari. La Germania sta voltando le spalle al nucleare, ma sta causando notevoli danni al pianeta con le sue centrali a carbone. A seconda della direzione del vento, arriva qui  in Franca  la vostra aria inquinata [dai fumi di lignite]. L’energia nucleare è l’unica opzione ecologica “, afferma. Critica inoltre il fatto che la Cina non aderisca affatto all’accordo di Parigi, mentre l’Europa si atteggia a studente modello per subire svantaggi economici.

Questo ecologismo-nucleare  fa paura  al  potere,  perché può procurare a Madame una popolarità non solo presso gli elettori francesi, ma lo stesso padronato  tedesco,  spaventato a morte dall’ecologista fanatica  – la quale vuole occupare il 2% del suolo tedesco di  pale eoliche, e rafforzare la destra interna germanica, AfP,  che la Merkel ha preso tanta cura a demonizzare e marginalizzare – con successo.

La disoccupazione record a seguito della pandemia Covid  dovrebbe essere una delle maggiori sfide per Macron. Continua a lottare per scrollarsi di dosso la sua immagine di ex banchiere elitario, ma non è ancora riuscito a farlo.

” The Economist ” aveva precedentemente riferito che l’anno in corso in Francia sarà molto turbolento. “Prepariamoci a faide tribali, guerre  etnico- culturali, incursioni opportunistiche e un sacco di attacchi contro Macron. Nel 2017, Macron ha schiacciato i partiti tradizionali di sinistra (i socialisti) e di destra (i repubblicani) a livello nazionale. Ma ogni partito  ha forti radici locali. Entrambi faranno bene alle elezioni che si terranno a marzo in tutte le 13 regioni della Francia (ndr: elezioni regionali e dipartimentali) – sempre che il Covid-19 lo consenta ”. Si può presumere che il partito di Macron “La République En Marche!” (LREM) non prenoterà nessuna delle regioni per sé.

Come l’UE si sta preparando per la  vittoria di Le Pen

La possibilità concreta che laLe Pen vinca le elezioni del 2022  ha allarmato i centri di potere al punto, che    il think tank ” Carnegie Europe ”  ha riunito diversi esperti UE  per renderli edotti di come l’oligarchia dell’ deve reagire se la Le Pen prende il potere a Parigi.

Carnegie Europa è la filiale di Bruxelles del Carnegie Endowment for International Peace, potente lobby privata (finanziata dai miliardari) che dal 1910  contribuisce ad “espandere la democrazia  nel mondo” con  i suggerimenti della CIA e del Dipartimento di Stato; ultimamente in Europa si occupa di   accusare la Russia e la Cina di tutti i  mali,   allo scopo di tenere la UE nella linea americana. L’ultimo dei suoi studi “sconsiglia” gli europei dal cercare “l‘autonomia strategica”  da Washington:  nuoce alla democrazia…

Secondo Carnegie Europe, la  Le Pen vincerà sicuramente  le elezioni presidenziali. Ciò, ritiene il think-tank lobby , “porterebbe inevitabilmente a chiedere una riorganizzazione dell’UE come “L’Europe des Nations”, l’Europa delle Patrie di De Gaulle. Le proposte di  Parigi con la nuova presidente includerebbero la cancellazione dell’iniziativa legislativa dalla Commissione UE al Consiglio dell’UE – il trasferimento di potere dall’organo centrale dell’UE ai singoli Stati membri, che indebolirebbe gli elementi sovranazionali nell’UE. Tenterebbe inoltre di riformare il mercato interno, anche abolendo il distacco temporaneo dei lavoratori in altri Stati membri, e tenterebbe di prevenire l’ingerenza dell’UE negli affari interni. Se queste richieste non venissero soddisfatte, la Francia prenderebbe delle decisioni sue….

Un programma catastrofico. Il think tank ha riunito diversi team di esperti dell’UE per discutere di come l’UE dovrebbe reagire se Le Pen prendesse effettivamente il potere a Parigi.  Scrive DWN:

“In primo luogo, i quattro team nazionali hanno considerato che questo scenario potrebbe rappresentare una minaccia ancora maggiore per l’UE rispetto all’uscita di uno Stato membro (…) In risposta a questo scenario, i team nazionali hanno discusso la misura in cui Le Pen potrebbe essere depotenziata .

Il team francese era pessimista, suggerendo che il sistema presidenziale francese offre possibilità limitate di  controlli e compromessi (a favore del globalismo). Anche così, l’UE non dovrebbe cercare di indebolire e destabilizzare   la Francia isolandola con sanzioni, come nel caso dell’Austria nel 2000.

La squadra spagnola ha anche messo in guardia contro una posizione conflittuale nei confronti della Francia. Invece, l’UE dovrebbe avviare i negoziati e far parlare i francesi il più a lungo possibile.

Gli olandesi hanno convenuto: Continuare a parlare con Le Pen nel consiglio e continuare a rimandare i piani francesi. Nel frattempo, il team tedesco ha proposto di concentrarsi sulla protezione dell’Accordo di Schengen e del mercato interno, che consente la libera circolazione di persone, beni e servizi, nella speranza che la presidenza di Le Pen non duri un mandato (…) era profonda la preoccupazione tra le squadre che l’UE non potesse uscire da questa crisi più forte di prima, come fa normalmente “.

Un’altra “soluzione” sarebbe quella di aizzare in Francia quella guerra civile inter-razziale che paventano e denunciano i generali francesi firmatari della famosa lettera;  ciò rimanderebbe le elezioni, come Mattarella ha fatto con quelle italiote.

Marine Le Pen è avvertita, comunque: la UE non accetterà il responso delle urne.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/la-ueligarchia-si-prepara-a-sccavare-la-fossa-alla-le-pen/

 

Bizzi: la farsa-Covid è finita, grazie a Putin e ai Rothschild

Qualcosa è cambiato, dopo un anno di bugie e sofferenze? Sembrerebbe di sì: persino il massimo portavoce degli spaventapasseri-Covid, cioè il catastrofico Roberto Speranza, ha stranamente annunciato l’imminente uscita graduale dal tunnel, nel corso della primavera, in vista di un’estate finalmente quasi normale. Facile la spiegazione di comodo offerta dal ministro-carceriere: i vaccini garantiranno l’immunità di massa, dopo che i lockdown hanno limitato i danni. Falsità visibili dalla Luna: l’Italia delle zone rosse ha collezionato centomila morti (dichiarati, almeno). E gli attuali non-vaccini (cioè i preparati genici che inseguono le varianti del coronavirus) non riusciranno mai – secondo autorevoli infettivologi come Pietro Luigi Garavelli, primario a Novara – a proteggere davvero la popolazione, perché il virus (mutante) sarà sempre più veloce di loro. Come se ne esce? Lo spiegano i medici che guariscono i pazienti: le cure precoci, prescritte ai primi sintomi, molto spesso permettono di curarsi da casa, evitando il ricovero.

Così si sgonfiano i numeri dell’emergenza: ci crede il Piemonte, prima Regione italiana ad adottare il protocollo-base che il ministero della sanità si è finora rifiutato di fornire ai medici di famiglia. Niente più panico, dunque. I primi a raccomandare l’opposto della linea adottata Vladimir Putindai governi occidentali erano stati i luminari che un anno fa sottoscrissero la Dichiarazione di Great Barrington, negli Usa: bisogna lasciarlo correre, il virus, per raggiungere in fretta l’immunità di gregge, stando pronti a usare i farmaci giusti per curare (a casa, presto e bene) chi si ammala. I vaccini? Non indispensabili. Parola dei maggiori epidemiologi del mondo, quelli che per primi affrontarono l’Ebola. Unica accortezza: proteggere anziani e malati, tenendoli isolati (loro sì), ma evitando assolutamente i lockdown e ogni forma di distanziamento, pena il trascinarsi del Covid per anni. Recenti studi pubblicati da “Science” e “Nature” lo confermano: se ci si contagia a milioni, il Sars-Cov-2 diventa progressivamente innocuo, come un banale raffreddore.

Se è così, perché mai abbiamo sbagliato tutto – distanziando, chiudendo, ospedalizzando – per un anno intero? «Non è stato affatto un errore, ma una scelta deliberata». Lo sostiene Nicola Bizzi, storico ed editore di Aurola Boreale, co-autore del saggio “Operazione Corona, colpo di Stato globale”. Nella trasmissione web-streaming “L’orizzonte degli eventi“, condotta sul canale YouTube di “Border Nights” insieme a Tom Bosco e Matt Martini, Bizzi sintetizza: l’anonimo “sequestro” del pianeta, in virtù di una semplice sindrome influenzale (sia pure pericolosa, se non curata tempestivamente) faceva parte di un piano preciso, coltivato da élite oscure. L’altra notizia è che questo piano mostruoso è tecnicamente fallito: già a novembre, dice Bizzi, i “golpisti” hanno trattato la resa, accettando un esito diverso: la “pandemia” sarebbe terminata a fine aprile. Ultima concessione, il lauto business dei vaccini. Poi, la ritirata: cioè l’annuncio che il virus sarebbe stato sconfitto. «L’alternativa sarebbe stata un Processo di Norimberga, per crimini contro l’umanità».

In altre parole: sbrigatevi a vendere i vostri inutili vaccini, ancora per qualche mese, e poi toglietevi di torno. Credibile? Per Bizzi, assolutamente sì: «Fate caso ai segnali che provengono dal mondo che conta, quello della finanza: stranamente, da settimane, le agenzie di rating prevedono la fine della pandemia entro aprile e il grande rilancio di settori come il turismo e l’immobiliare». Eppure, per i media, siamo ancora alle prese con il peggio. «Appunto: i media si adegueranno rapidamente». Non potendo ammettere che i numeri dell’emergenza erano gonfiati, oltre che propiziati dal pazzesco rifiuto di curare i pazienti in modo tempestivo, a casa, ora parleranno dell’effetto miracoloso dei vaccini. «Una recita, ampiamente prevista e concordata coi vincitori». Chi sono? «Una parte dell’élite mondiale, Lukashenkoche non ha mai approvato il Grande Reset disegnato a Davos, il progetto di schiavizzazione dell’umanità». Nomi? Uno, enorme: «I Rothschild: hanno contrastato la cordata di Bill Gates e Fauci, della Cina, dell’Oms. Evidentemente, quel tipo di Great Reset disturbava i loro interessi».

Non solo: Bizzi – che vanta importanti relazioni col mondo dell’intelligence – parla di una storica “guerra” all’interno della stessa, potente massoneria sovranazionale: una fazione importante si sarebbe opposta con ogni mezzo al “totalitarismo sanitario”, che secondo i “falchi” «doveva durare fino a tutto il 2023, cancellando per sempre diritti, libertà e democrazia». Se quel piano è fallito – sottolinea Bizzi – lo dobbiamo in gran parte alla Russia di Vladimir Putin: «Col suo vaccino Sputnik, che è sostanzialmente un antinfluenzale, si è portata dietro tre quarti del mondo, dall’India al Sudamerica». Abile, Putin: «Ha usato la Bielorussia come apripista. Ricordate? Il presidente Lukashenko – immediatamente aggredito con la solita “rivoluzione colorata” finanziata da Soros – denunciò il tentativo di corruzione da parte di Oms e BizziFmi: avrebbero coperto di soldi la Bielorussia, se avesse accettato di attuare il lockdown “come l’Italia”. Una denuncia che non è rimasta inascoltata».

Putin, il presidente che Joe Biden ha appena definito «un assassino», ha messo fine per primo allo stato d’emergenza, abolendo ogni forma di distanziamento: «La scorsa settimana ha celebrato a furor di popolo la riunificazione con la Crimea: nel più grande stadio di Mosca c’erano duecentomila persone strette l’una all’altra, mano nella mano, e senza mascherina». Messaggi eloquenti, in mondovisione: «E’ il segnale: l’incubo ha le settimane contate, ormai, anche in Occidente, cioè l’area del mondo che – attenzione – resta di gran lunga la più colpita, sia in termini sanitari che in termini economici: e non credo proprio sia un caso». Alla luce del Bizzi-pensiero, le traduzioni nostrane sembrano più agevoli: Mario Draghi, che ha adottato la sottigliezza del soft-power, ha pubblicamente elogiato lo stesso Speranza (la maschera del rigore) irritando moltissimi italiani, ormai insofferenti di fronte al “regime” sanitario delle restrizioni. Ma ecco che, in capo a pochi giorni, proprio Speranza comincia a intonare la nuova canzone (”ne usciremo presto”) che, secondo Bizzi, era stata concordata già a novembre, nelle segrete stanze del grande potere: quello che poi, a cascata, spiega anche ai Roberto Speranza cosa dire, e quando.

Ripensamenti sul globalismo. In USA. In Italia no.

Un articolo  interessante su Zero Hedge

Dagli anni ’70, il  libero commercio internazionale è stato continuamente promosso dai leader dei paesi sviluppati e dagli agenti economici.

Sono stati proposti diversi quadri teorici per spiegare i vantaggi di un ambiente di libero scambio, dal concetto di vantaggi assoluti di Adam Smith alle teorie più recenti basate sulle imprese. Tuttavia, la realtà è molto più sfumata, soprattutto dopo l’ingresso della Cina nell’OMC nel 2001, e sorgono interrogativi sulla sostenibilità del modello attuale.

Lo  sviluppo dell’attività di libero scambio potrebbe essere considerato un trionfo a intellettuale per il capitalismo occidentale;  eppure  tale tendenza ha paradossalmente indebolito diversi paesi in Europa e in America.

  • Il primo effetto collaterale del globalismo economico in Occidente è stato la riduzione della industria  manifatturiera  in diverse economie come gli Stati Uniti, con conseguenti problemi di disoccupazione permanente.   Ma, ben al di là delle conseguenze sociali,  sociali, l’autore canadese Vaclav Smil ha affermato che un declino della produzione industriale in un paese è strutturalmente   un male,  in quanto   riduce  la capacità di un paese di innovare a lungo termine.
  • La seconda ragione per essere scettici sul commercio internazionale è la moltiplicazione degli squilibri strutturali nell’economia globale, con avanzi e disavanzi insostenibili ovunque. Un’economia che mostra un crescente deficit commerciale sta diventando più povera rispetto alle economie estere, portando alla fine a una crisi finanziaria e / o sociale. Per capirlo, è necessario immaginare un paese la cui valuta è sostenuta da qualcosa di tangibile (ad esempio l’oro). In quel caso, un deficit significa che il paese deve metalli al resto del mondo. Naturalmente, i deficit delle partite correnti possono essere compensati dagli afflussi finanziari, ma poiché in economia non c’è il pasto  gratuito, ciò non dovrebbe essere visto come una soluzione a lungo termine.
  • Ultimo ma non meno importante, l’aumento del commercio globale e la specializzazione dei paesi hanno portato a un sistema pieno di attriti e altamente vulnerabile agli shock (indipendentemente dalle loro dimensioni). Questo è stato ben documentato e spiegato dalla ricerca in sistemi complessi, inclusa l’econofisica (vedi  È la complessità stupida). Si potrebbe immaginare un disastro naturale locale che interrompa la catena di approvvigionamento dell’industria automobilistica globale (ad es. Terremoto e tsunami in Giappone nel 2011), un piccolo incidente marittimo che blocca gran parte del commercio marittimo (ad es. economia per diversi mesi (es. pandemia COVID-19).

In altre parole,  un problema che colpisce le fabbriche locali in alcune regioni dell’Asia o gli impianti minerari in Cile  ha  un impatto sulla maggior parte delle economie del mondo. In altre parole, più i paesi sono specializzati in termini di produzione economica, più dipendono dalla produzione estera e più saranno vulnerabili a eventi lontani.

Il “cigno nero” della guerra commerciale

Inoltre: cosa succederebbe se le tensioni USA-Cina continuassero a salire e se l’economia globale si dividesse gradualmente in due mercati diversi?  L’America è diventata più protezionista dall’elezione di Trump nel 2016, la Cina ha chiarito che implementerà una politica economica “Made in China for China” per i prossimi anni (e anche decenni) poiché l’indipendenza economica è diventata uno degli obiettivi principali di Xi Jinping.

Non so quanto gli agenti economici occidentali siano preparati per un simile scenario, poiché la maggior parte delle persone  scommette sempre sul ritorno alla normalità. Ma le conseguenze di un cambiamento strutturale nell’attività commerciale globale potrebbero essere significative per il resto del mondo, soprattutto per gli importatori netti che dipendono troppo dai produttori esteri per i materiali o i componenti tecnologici chiave.

Si sostiene che  il mondo sta diventando sempre più interconnesso e che è probabile che una rete economica  globale sia  irreversibile, e  continui ad espandersi a lungo termine. Questo può essere vero “a lungo termine”, ma potrebbe essere smentito durante le nostre vite.

Da questo punto di vista, si possono trarre lezioni interessanti dal declino dell’Impero Romano d’Occidente.

La caduta di Roma

Studiando il periodo di transizione dall’Impero Romano al Medioevo (detto  tarda antichità), l’archeologo britannico Bryan Ward-Perkins ha spiegato che “la caduta di Roma” è stata un brutale declino durante il V e il VI secolo.

Prima del V secolo, una rete commerciale ampia e complessa era emersa nell’impero occidentale, portando a una forte attività economica nella maggior parte delle province e un alto livello di tecnologia rispetto al Medioevo. Ad esempio, regioni specializzate nella produzione di armi per le legioni, altre su alcuni tipi di ceramiche, stoviglie e tegole ecc. Il popolo dell’Inghilterra sotto controllo romano cominciò ad usare letegole per i tetti; materiale che veniva portato dalle navi romane di rifornimento delle legioni,  come zavorra

Ward-Perkins ha osservato che dopo decenni di cosiddette “invasioni dei barbari”, l’attività economica ha mostrato  gravissimi  segni di declino nell’Impero:  crollo di manufatti come ceramiche o materiali da costruzione “di fascia alta”  (tegole), costringendo la polazione locale a tornare ad abitare in case coi tetti di paglia ad esempio. Semplicemente, i britannici rimasti senza romani, le tegole non le sapevano fabbricare… Le ossa dei defunti britannici mostrano dovunque segni di denutrizione e malattie  prima rare.   Persino i bovini diminuirono di statura, segno che vivevano di stenti.  Inoltre, gli scavi archeologici  mostrano  che l’uso delle monete metalliche è diminuito in modo significativo durante quel periodo.

Vasellame romano importato in Britannia (questo, Made in Arezzo.  In serie.)
E prodotto locale, dopo la partenza di Roma

Poiché ogni regione divenne dipendente dalle altre, le basi economiche dell’Impero d’Occidente divennero vulnerabili a qualsiasi evento dirompente. E questo è quello che è successo per due secoli.   Mentre nello stesso periodo l’Impero bizantino stava vivendo una relativa pace e boom economico, come dimostrano i ritrovamenti archeologici.

Poiché l’economia dell’Occidente è stata colpita da diversi shock, l’Impero Romano è rimasto intrappolato in un circolo vizioso, il che significa che le guerre e le sconfitte hanno portato a un’attività di approvvigionamento più debole in alcune regioni, con conseguenti problemi economici ovunque, problemi di budget, meno trasferimenti alle legioni , disordini sociali, e quindi ulteriori sconfitte militari, e così via.

L’esempio dell’Impero Romano d’Occidente è eclatante, poiché il suo crollo ha portato anche a un grave declino in termini di tecnologia. Quindi, la domanda è se sia un proxy rilevante per l’attuale impero capitalista occidentale.

Nessuno lo sa per certo, ma come scrisse Ward-Perkins nel 2005: “I romani prima della caduta erano certi, come lo siamo noi oggi, che il loro mondo sarebbe continuato per sempre sostanzialmente invariato. Avevano torto. Saremmo saggi a non ripetere il loro compiacimento “.

Sono argomenti che chi è critico del globalismo conosce,  quasi banali. Ma il punto è che la globalizzazione cominci ad essere criticata,  da “veri credenti” nel capitalismo globale, in USA e Gran Bretagna.  Ciò  che lascia  bene sperare è che questi pensieri non vengono censurati  dai “veri credenti”;  al contrario di quel che avviene in Italia, dove il dibattito  è prigioniero dei tabù  che la sinistra ha alzato, veri  reticolati  da lager mentale,  contro qualunque argomento: criticare l’Europa? È tabù, e il critico va punito. Obiettare se Draghi e le sue misure? “Se Salvini non  vuole  le riforme, esca dal governo”. E’ vietato discutere, vietato dibattere. Il risultato è la paralisi delle idee, l’arretramento e  – temo  – la guerra (in)civile:   il PD la vuole, perché  sente minacciato  il suo potere dalle idee. Altrui.  Di Salvini, il che è tutto dire.

“Ultimatum”FONTE: https://www.maurizioblondet.it/ripensamenti-sul-globalismo-inusa-in-italia-no/

Inclusione multiculturalità e diritti individuali

Il multiculturalismo, appellandosi al rispetto delle identità comunitarie delle minoranze etniche, religiose o, più generalmente, culturali rischia di conculcare i diritti del singolo, diritti che vengono invece riconosciuti al suo gruppo di appartenenza. Osservazioni a margine di una stimolante lettura, “Non c’è fede che tenga” di Cinzia Sciuto.

Alcune osservazioni a margine di una stimolante lettura, Non c’è fede che tenga di Cinzia Sciuto. Il libro, edito da Feltrinelli, riporta l’eloquente sottotitolo “Manifesto laico contro il multiculturalismo”, quasi una provocazione per il pensiero progressista ma, sarebbe meglio dire, nei confronti del main stream e del politicamente corretto. La tesi sostenuta da Sciuto è la seguente: il problema della disomogeneità culturale all’interno delle società complesse rispetto al problema dei diritti prevede due approcci, quello comunitarista/multiculturalista e quello soggettivista individualista, solo “apparentemente distanti ma che in realtà condividono un nucleo fondamentale: una sostanziale indifferenza nei confronti del destino degli esseri umani.” Il multiculturalismo, appellandosi al rispetto delle identità comunitarie delle minoranze etniche, religiose o, più generalmente, culturali rischia di conculcare i diritti del singolo, diritti che vengono invece riconosciuti al suo gruppo di appartenenza. Detto in altre parole: i diritti appartengono al soggetto e non ai gruppi ma quegli stessi diritti non vengono tutelati quando confliggono con il sistema giuridico della comunità in cui il singolo si inserisce. Il riconoscimento dei diritti individuali prima di quelli di un gruppo, sia esso etnico, religioso o altro, è una prospettiva di tipo laico e democratico che condivido totalmente, una prospettiva però che apre nuovi problemi e lascia spesso irrisolte alcune questioni di fondo che, a mio avviso, neanche l’interessante analisi di Sciuto riesce a sciogliere. A proposito della presenza all’interno di uno stato di comunità culturali diverse, viene giustamente osservato che “i soggetti di una comunità politica devono essere sottoposti al medesimo ordinamento giuridico” e che non vi possono essere, all’interno di uno stato di diritto, sistemi giuridici diversi o addirittura antagonisti perché “la caratteristica fondamentale della legge è, appunto la sua universalità” e, aggiungo, più concretamente, secondo il principio romano, la sua territorialità, cioè le leggi devono valere per tutti i soggetti presenti in quel territorio. Frequenti sono dunque nel libro i richiami al pensiero di Kant e al rispetto dell’universalità della legge ma si dice anche che le “regole del gioco” democratico non sono date una volta per sempre, non sono scritte nella pietra, non sono ‘naturali’ né mere cornici formali prive di contenuto”. Chi stabilisce queste regole? La risposta è lo Stato, la comunità democratica. Subito dopo viene proposta la parità dei sessi come esempio di “regole del gioco”. Ma queste, più che regole mi sembra siano i valori fondanti da cui la legge poi scaturisce, i valori non dati una volta per tutte, conquistati nel tempo, come la storia ci dimostra e come la stessa autrice riconosce. Allora sarebbe necessario distinguere tra diritto positivo e legge morale, secondo l’accezione kantiana. Il ricorso all’universalità, riferendosi alla legge, ha senso nel qui ed ora e rispetto a tutti i soggetti della comunità, ma una legge, proprio perché è un prodotto culturale di una data comunità, cambia nel tempo in relazione al mutare della sensibilità di quella comunità e cioè quando cambiano i valori di riferimento. Tutelare valori diversi da quelli della comunità ospitante, anche quando sono in palese contrasto con i valori della maggioranza, dice Sciuto, significa derogare ai propri principi e attribuire dei privilegi a determinati gruppi, atteggiamento questo che porta ad una diversa forma di razzismo che tende a marginalizzare il gruppo di minoranza costruendogli una identità di maniera. Questa mi sembra una chiave di lettura molto interessante: il razzismo può avere molte forme, da quella più facilmente individuabile perché espressa in maniera esplicita a quella meno identificabile creata da presupposti che all’inizio possono sembrare inclusivi ma che alla lunga rimarcano una diversità. Ben inteso, non si intende così negare le specificità culturali dei gruppi ma il riconoscimento deve essere mantenuto all’interno del quadro normativo e valoriale della comunità più ampia in cui quei gruppi si trovano a vivere. Non ci sono specificità culturali che ci permettano di ottenere “privilegi” o deroghe che ledano i diritti del singolo appartenente a quella comunità perché, in tal modo, la società tutta viene meno ai principi che si è data e, creando queste “zone franche” finisce per fare un danno, non solo alla persona, ma al gruppo stesso perché rimarca la frattura e la diversità della minoranza e pone le basi per la discriminazione della stessa. Diverse considerazioni si devono fare riguardo ai valori su cui una comunità (Stato) si è costituita e,di conseguenza, al rispetto o alla negazione dei diritti che ad essi sono legati. Qui il terreno si fa molto scivoloso. Si è detto che i valori e i diritti dei soggetti di una comunità cambiano nel tempo ma è possibile parlare di diritti universali o naturali o inalienabili? Questa categoria di diritti che non deriva dall’ordinamento giuridico di un stato ma si presuppone essergli antecedente e, per sua stessa definizione immutabile, ha un senso? Esiste cioè al di là della sensibilità legata alle diverse epoche e situazioni contingenti, uno zoccolo duro che accomuni popoli diversi per cultura, religione, collocazione geografica ecc.? Insomma un principio in cui l’umanità tutta possa riconoscersi? Questa mi sembra essere la domanda fondamentale a cui il pensiero filosofico e politico ha cercato di rispondere nelle diverse epoche senza pero mai giungere a un pronunciamento se non definitivo, almeno univoco. Potremmo azzardare una risposta: si potrebbe dire che lo zoccolo duro è rappresentato rispetto della dignità della persona. Soddisfare in questo modo la domanda significa tirare in ballo il concetto di limite: cioè la soglia oltre la quale non si può andare, fino a dove ci si può spingere infatti prima di poter dire che quel diritto fondamentale è stato violato? Non è facile stabilirlo, Quando la dignità è offesa (e ci sono molte gradazioni della mancanza di rispetto perché non si tratta di un concetto quantitativo bensì qualitativo) il valore fondante della civiltà, che dovrebbe essere comune a tutte le civiltà, è negato. Il libro della Sciuto si conclude con queste parole: “è urgente elaborare una prospettiva solidale, laica, libertaria e universalista: perché i diritti, se non sono universali, si chiamano privilegi”. Giustissimo e, tuttavia, quali siano questi diritti non viene detto, o meglio, vengono indicati diritti importanti ma che non rappresentano quello zoccolo duro, quel punto di partenza da cui tutti gli altri dovrebbero svilupparsi. La soluzione che provvisoriamente da me è stata indicata, quella cioè del rispetto della dignità della persona, mi sembra molto “alta”, bella, filosofica… Ma resta da definire come si configuri questa dignità, cosa tutt’altro che facile. Si rischia infatti di cadere nel relativismo che caratterizza le posizioni multiculturali oppure di dare delle definizioni tanto stringenti da risultare allo stesso modo inutilizzabili. Ad esempio, come si può considerare, in caso di infermità, l’accanimento terapeutico che viene attuato in nome del diritto alla vita? Se il paziente è cosciente e può decidere sulle cure che gli vengono somministrate forse non si può parlare di violazione (il “forse” dipende dal contesto e dalle circostanze che non sempre ci permettono di scegliere liberamente) perché anche la perdita di autonomia e intimità nell’espletamento delle funzioni vitali viene accettata e richiesta dal soggetto e pertanto l’obiettivo del mantenimento in vita è superiore a ciò che si perde. Altra cosa se il paziente non ha la possibilità di esprimersi e altri “abusano” del suo corpo e della sua dignità in nome del diritto alla vita. Il terreno è talmente accidentato su questo punto che il legislatore non vuole o non sa prendere una posizione. Poi, per citare un altro esempio, si potrebbe pensare ai casi di attività sessuali estreme in cui il soggetto volontariamente si sottopone a pratiche umilianti che calpestano la sua dignità. In relazione a quanto detto a proposito delle infermità e della scelta cosciente dovrebbero anche queste essere considerate come azioni che non intaccano il diritto fondamentale del rispetto della persona? Fino a dove ci si può spingere? Quale è il limite? Si dirà: fino a quando il soggetto lo vuole, ma ne siamo proprio sicuri? Per entrare nel campo più specifico della multiculturalità, che dire della pratica dell’infibulazione eseguita in ambulatori occidentali? Viene fatta per salvaguardare (così si dice) le condizioni igieniche ed evitare danni fisici immediati (come se la pratica in sé non fosse un danno fisico oltre che psicologico, morale, spirituale…). Tutto questo per assecondare un “privilegio” di una comunità, non certo della persona (in questo caso la donna ma preferisco parlare di persona perché altri esempi come questo si potrebbero citare). C’è quindi una ulteriore considerazione da fare: il gruppo si dà un’identità, il singolo appartiene al gruppo e si identifica in esso ma quanta parte ha il contesto in questa scelta di appartenenza, cioè quanto siamo condizionati ad accettare delle imposizioni che individualmente ci umiliano perché altrimenti saremmo osteggiati dagli altri membri della comunità? Questo vale per tutti, sia per i piccoli gruppi etnici o culturali sia per la maggioranza, l’appartenenza è un forte condizionamento nel rispetto dei nostri diritti individuali. C’è il diritto della comunità ma a volte il suo rispetto richiede la negazione del diritto del singolo. Anche se è un concetto sfuggente e di difficile definizione, continuo a pensare che il rispetto della dignità della persona sia il primo diritto, quello fondante e universale, che precede qualsiasi regola o legge. Su che cosa baso questa mia convinzione? Sulla capacità di patire e compatire (nel senso di mettersi nei panni degli altri) che tutti gli uomini hanno, sul sentimento di amor proprio ferito, sull’istinto di conservazione che non è solo fisico, materiale ma anche spirituale e coinvolge la coscienza che si ha di sé. Relativizzare questi sentimenti è chiamarsi fuori cercando una giustificazione razionale al sopruso nei confronti degli altri o all’indifferenza per la loro sorte, è adottare una prospettiva individualista e al contempo di falso multiculturalismo, due approcci che sembrano distanti ma che portano allo stesso punto. In conclusione, porre al centro la dignità della persona come primo diritto non significa aver risolto il problema del fondamento perché il concetto è sfuggente e di non facile definizione ma prendere in considerazione questa prospettiva ci permette almeno di smussare quel relativismo che sotto la falsa apparenza del rispetto culturale ci autorizza a non tener conto del rispetto dell’individuo.

Alessandra Nardon

FONTE: https://www.pensalibero.it/inclusione-multiculturalita-e-diritti-individuali/

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

Vaccino, lo studio su Nature svela come bloccare le pandemie: immunizzare gli animali

Dalla Duke University arriva un’importante novità sulla prevenzione di future pandemie come quella del Covid. Vaccinare gli animali per prevenire future zoonosi causate da Coronavirus potrebbe essere una strategia di salute globale: i vaccini a mRNA sono una piattaforma adattabile che si presta a questo scopo. Queste sono le conclusioni di uno studio dell’università della Carolina del Nord, recentemente pubblicato sulla rivista Nature e riportato nel report infettivologico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

I Betacoronavirus (BetaCoV) sono la causa di infezioni note, come la Sars, la Mers e l’attuale Covid-19. «Vaccini che offrono immunità protettiva contro SARS-CoV-2 e BetaCoV in circolazione negli animali hanno il potenziale per prevenire future pandemie di BetaCoV», scrivono i ricercatori. Lo studio ha coinvolto macachi immunizzati contro il recettore del virus che si attacca alle cellule. Gli scienziati hanno così dimostrato che la vaccinazione con nanoparticelle ha portato a una protezione dei macachi contro il Sars-Cov-2. Secondo i ricercatori, bisognerebbe puntare sui vaccini a base di Rna, che possono costituire una piattaforma in grado di fronteggiare eventuali pandemie da BetaCoV. Si tratta di creare una pan-protezione, ovvero una difesa contro diversi virus.

FONTE: https://www.iltempo.it/attualita/2021/05/14/news/vaccino-animali-coronavirus-covid-studio-nature-duke-university-zoonosi-mrna-salute-27228751/

 

 

 

I tamponi PCR COVID sono uno strumento di genocidio.

10 05 2021

Risultati di un ospedale Slovacco.


Analisi dei bastoncini di prova dai test di superficie nella Repubblica slovacca – conferma del genocidio.

Parole chiave – 1) nylon, 2) Darpa Hydrogel, 3) litio, 4) ghiandola pineale

L’analisi è stata eseguita nei mesi da novembre 2020 a marzo 2021 su stick di prova in set. SD Biosensor, Abbott e Nadal in un laboratorio ospedaliero senza nome di Bratislava, Slovacchia.
I tamponi di prova provenivano dai set utilizzati nei test di superficie in Slovacchia e negli ospedali.
Chiunque abbia almeno un microscopio scolastico standard e un microscopio di prova può verificare le informazioni relative ai tamponi di prova pubblicate qui.
Tutte le informazioni sui tamponi di prova, gli idrogel Darpa e il litio sono disponibili pubblicamente nel lavoro scientifico e aziendale.
I collegamenti ad alcuni si trovano alla fine del documento.
Da queste informazioni è chiaro che i tamponi sono uno strumento criminale di genocidio nella popolazione della Slovacchia.
Questo è un evento mondiale, delicato e preparato con cura.

Sommario:

Dopo aver generato una miscela di frammenti di fibra di nylon, Darpa Hydrogel rimane sulla mucosa nasale sotto l’ipofisi e la ghiandola pineale insieme al litio. Questa miscela reagisce immediatamente con le strutture viventi per formare cristalli orientati direzionalmente alla ghiandola pineale, che ha un proprio campo elettromagnetico. La forma dei cristalli determina il tipo di idrogel utilizzato. I cristalli sono conduttivi a causa del litio in esso contenuto. I cristalli possono ricevere il segnale dal trasmettitore alla cella e trasmettere segnali dalla cella al trasmettitore. Queste sono in realtà nano-antenne.
Il litio è un elemento (riferimento a Li) che non si trova naturalmente negli esseri umani.
È altamente tossico per l’influenza della ghiandola pineale. A basse dosi lo blocca e a dosi più elevate può distruggerlo completamente. L’alluminio e il mercurio hanno anche effetti tossici sulla ghiandola pineale, ampiamente utilizzati nei vaccini.
La ghiandola pineale produce serotonina (un ormone della felicità) e controlla i bioritmi umani. È fondamentale per una maggiore attività cerebrale (creatività, lungimiranza, sesto senso, ecc.) E per le interazioni sociali dell’uomo. Maggiori dettagli nel riferimento (5) cavallette.
Darpa Hydrogel (riferimento) è una sostanza artificiale che crea un convertitore tra il segnale elettromagnetico e la cellula vivente, il tessuto e l’organo. Converte un segnale elettromagnetico da un trasmettitore in un segnale che una cellula vivente comprende e risponde. (vedi foto del coleottero – Darpa Hydrogel è stato iniettato in queste strutture nervose ed era controllabile tramite una radio).
L’idrogel Darpa e il litio bloccano e distruggono la ghiandola pineale e fanno sì che la persona pensante diventi un biorobot controllabile. Un idrogel è un vettore di una sostanza attiva, il suo compito è far entrare la sostanza nel corpo in un punto predeterminato.
Brevemente sulla questione dei vaccini. I vaccini contengono Darpa Hydrogel, litio e informazioni genetiche brevettate. L’mRNA non è una novità non testata. Nell’allevamento e per i migliori atleti, questo tipo utilizza il doping da molti anni. Per i migliori atleti 4), questo doping accorcia notevolmente la vita.
Le informazioni genetiche nel vaccino portano alla creazione di un mutante brevettato. Il sogno delle forze oscure attorno a Bill Gates è riuscire a forzare questi mutanti, ad esempio mediante vaccinazione, a aggiornarsi regolarmente come programma per computer.

P.S .
Le fibre cave di nylon Darpa Hydrogel riempiono i respiratori in plastica di classe FFP2.
Questo Darpa Hydrogel con additivi viene rilasciato lentamente dai respiratori.
Quando respira, entra nelle vie aeree umane.

Anche i tamponi utilizzati per la PCR sono composti da fibre di nylon cave con Darpa Hydrogel.

Edward Morgan

DARPA
darpa.mil

La Defense Advanced Research Projects Agency è un’agenzia di ricerca e sviluppo del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti responsabile dello sviluppo di tecnologie emergenti ad uso militare. Originariamente conosciuta come Advanced Research Projects Agency, l’agenzia è stata creata il 7 febbraio 1958 dal presidente Dwight D.Eisenhour, USA

 

FONTI
1) https://www.antidoping.sk/data/files/511_zoznam-zakazanych-latok-2020.pdf

2) https://www.semanticscholar.org/paper/PINEAL-RESPONSE-TO-LITHIUM1-Devi-Rao/b7238dc6e7574492ca62a44b13b36fac4ce7f76b

3) https://link.springer.com/chapter/10.1007/978-1-4612-3524-8_27

4) https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7307055/

5) https://www.nature.com/articles/s41598-019-48874-y

FONTE: https://laforzadellaverita.wordpress.com/2021/05/10/i-tamponi-pcr-covid-sono-uno-strumento-di-genocidio/

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°