MORIRE SUL LAVORO NON È UNA NOVITÀ

MORIRE SUL LAVORO NON È UNA NOVITÀ

 

Fonte immagine di copertina: https://www.alessioatrei.it/2021/05/morire-sul-lavoro/

di Manlio Lo Presti (Scrittore ed esperto di banche e finanza)

 

La morte di cinque operai uccisi dal crollo di un pilone di cemento è un evento grave ma non è insolito in Italia. Quasi ogni giorno i notiziari televisivi e la stampa riportano notizie sui ferimenti e sui morti per cause di lavoro. L’esposizione mediatica di queste disgrazie ha una intensità diversa e maggiore se tra le vittime ci sono immigrati. La propaganda continua ad avvelenare e a deformare la vita democratica della ex-italia.

Questo incidente è utilizzato come martello pneumatico per colpire l’attuale governo di manchevolezze dalle origini antiche, che quindi persistono da decenni coinvolgendo le decine di governi precedenti che non hanno fatto nulla per migliorare la situazione; sia per diminuire i decessi sia per diminuire gli infortuni che sfiorano il mezzo milione di lavoratori ogni anno, e con tendenziale aumento dei numeri, come riportato dalle statistiche dell’Inail. La fonte è un ente pubblico non sovranista, non complottista, che quindi non viene citato accuratamente dall’attuale reticolo di informazione filogovernativa che enfatizza artificiosamente il dramma senza riflettere sui dati disponibili a tutti ma da pochi presi in visione. Le versioni giornalistiche sono elaborate per scatenare malumori e guerre mediatiche fra fazioni, per evitare di affermare che queste morti e ferimenti sul lavoro sono responsabilità di decine di governi precedenti del tutto indifferenti alla soluzione del problema.
L’attivismo delle sigle sindacali sugli infortuni non ha impegnato tutte le sigle, questo denota una disomogeneità di comportamento delle centrali sindacali rispetto alla necessità di risolvere definitivamente, e non ad orologeria per creare difficoltà ai governi in carica sgraditi. L’assenza della CISL è un’evidenza clamorosa di un malessere che serpeggia ai vertici e nei rapporti con il ministero del lavoro, grande assente nel cercare di creare un dignitoso e funzionante mercato del lavoro ed altresì della qualità e della sicurezza dei luoghi di lavoro. Il macchinoso apparato ministeriale e squadroni di giuslavoristi hanno sfornato normative, ovviamente complicate e dalla prosa barocca ed incomprensibile. Ma nulla di più. Quando esplode un infortunio dai dimensioni notevoli, scatta il solito scaricabarile, le solite accuse, le solite manchevolezze, i soliti ispettori che sono pochi, ecc.
Una volta che il polverone mediatico e giudiziario (a parole) finisce, cala il silenzio e si va avanti fino alle prossime morti. L’attuale governo non ha realizzato una augurabile differenza di comportamento rispetto al decennio di occupazione inerte del potere da parte delle sinistre, con la complicità di un movimento sindacale totalmente inerte che si è svegliato da quando le linee politiche governative hanno una direzione differente. Come abbiamo detto in precedenza, il “risveglio” delle centrali sindacali e dei partiti collaterali non è un fronte omogeneo, e questo non farà pervenire a risultati apprezzabili e risolutivi. Scandaloso il comportamento del comparto industriale guidato da una classe dirigenziale incline alla destinazione dei profitti all’estero piuttosto che ad un loro oculato e lungimirante investimento per rinnovo delle tecnologie produttive, puntando invece alla solita ricetta ottocentesca e priva di inventiva dei salari bassi e precari, con il ricorso a schiavi immigrati che ogni tanto recano il disturbo di morire sempre nei momenti sbagliati.
A tutta questa sarabanda vergognosa si aggiunge l’enorme corruzione e il riciclaggio incarnito nell’assegnazione degli appalti pubblici bersaglio preferito delle mafie. Somme che vengono trasferite attraverso la costituzione di decine di società attivate per lo scopo e rapidamente chiuse dopo il lavaggio delle somme appaltate, grazie anche e soprattutto alla cooperazione attivissima di potentissimi apparati statali sui quali nessuno intende fare luce, con conseguenti arresti.
Scaricare i problemi sulla scarsità numerica degli ispettori è un altro modo per sviare le vere responsabilità del caos corruttivo e della sicurezza dei lavoratori nel settore produttivo.
Per combattere la corruzione con efficacia è necessario che sia istituzionalizzata la improvvisa e totale trasferibilità dei funzionari ispettivi. L’incerta durata negli incarichi rende difficile l’attività corruttiva. Nessuno paga gente che può essere trasferita o rimossa all’improvviso. Aumentare il numero dei funzionari è opportuno, ma la loro trasferibilità deve essere improvvisa e continua.
Avere responsabili flessibili nel tempo e nello spazio, è regola da sempre nei ruoli direttivi del mondo bancario, è un notevole argine alla corruzione anche in settori delle tre Armi, e ai vertici delle sette polizie operanti nel nostro Paese come nelle industrie.

Chi vuol capire capisca …

Fonte: https://www.lapekoranera.it/2024/02/23/morire-sul-lavoro-non-e-una-novita/