
ELOGIO DELLA RABBIA
Salvatore La Porta ha meditato e scritto un libro agile e denso di riflessioni su un sentimento controverso quale è la rabbia. Andando controcorrente sviluppa un ragionamento dove enfatizza i lati positivi della rabbia finora immaginata con un forte carico negativo. Un sentimento impegnativo e dalle forti tinte emotive. Non avendo sbocchi nei rapporti sociali costruttivi, diventa rancore e odio che viene sparso generosamente nella rete, nei rapporti lavorativi, in quelli familiari, nei rapporti amicali.
La società contemporanea è inquinata dalla provvisorietà, dalla precarietà che ha investito tutti i rapporti, soprattutto quelli affettivi. L’instabilità mina anche l’autostima che costituisce l’architrave del processo di individuazione ben descritto da Carl G. Jung.
Il risentimento e il rancore sono il tratto comune di quasi tutti i rapporti umani, sono la base della “gogna” con la quale massacrare mediaticamente il nemico appena individuato (pagina 14). Nel corso del libro l’autore affermerà che la rabbia è un sentimento che unisce le persone creando forti solidarietà, a tutela di sé stessi e dei più deboli. È in sostanza, un motore che spinge alla volontà di reagire all’attuale devastante stato di cose che sommerge tutte le esistenze insoddisfatte e tradite da un mondo ipercompetitivo che non prevede prigionieri.
Se la rabbia non si trasforma in reazione sociale costruttiva, diventa allora una gabbia psicologica che non prevede azioni contro il sopruso che raggela e ingessa i rapporti sociali. Interazioni che diventano una corsa alla ritorsione, al ricatto morale, alla minaccia permanente. Le vite immerse nella rabbia diventano immagini convogliate dentro i cellulari ai quali si delega sempre più la nostra vita individuale.
Il filo conduttore di questo interessante libro è la consapevolezza che la rabbia “migliore” ci ha tirato fuori dalle caverne, ha fatto dire no alla tessera del partito unico. Insomma, non ci ha fatto chinare la testa. Questo è il principale motivo che deve indurci a curare la nostra rabbia per migliorare il mondo circostante imparando anche dai nostri errori. Incolpare le persone esterne e perfino intere nazioni è la prima evidenza di una rabbia male incanalata. Una tensione che sfocia nella barbarie veicolata dalla rete e nella ferocia intrisa di rancore contro i più deboli o contro coloro che continuano a rapportarsi in termini civili e costruttivi, scambiati stupidamente per deboli e per servili (pagina 29).
La tendenza ancora prevalente è quella, tuttavia, di cercare la protezione del potente di turno. La paura e la rabbia rancorosa non sono solidali e si riversano sui “diversi” (pagina 38). Con questo passaggio l’autore si aggiunge alla prevalente schiera di persone che proclamano la giustezza dell’inclusione grazie ad una “rabbia” ben indirizzata, ma poi tace sull’uso della rabbia-ben-indirizzata contro gli esponenti delle multinazionali ‒ quasi tutte angloamericane – che sono i veri responsabili della devastazione ambientale e del caos geopolitico del pianeta. Aziende che tentano di scaricare la responsabilità dei danni sui cittadini martellati da una narrazione ecologista-inclusiva a senso unico (pagina 33).
Molto ben centrata la riflessione che evidenzia come la ricerca di approvazione sociale sia sempre più veicolata sulla rete da una serie di alleanze, ma anche di feroci conflitti, in alcuni casi ispiratori di suicidi. Insomma, afferma La Porta, il rancore è in gran parte conseguenza di una forte disillusione sociale, di aspettative umane e professionali disattese. Un sentimento senza gioia che diventa ossessione che induce a vivere per odiare.
In un passaggio del testo a pagina 65 egli ci fa sapere che, per dissimulare la fede fascista e quindi la rabbia, l’odio tracima e poi alligna in spazi politici disponibili al momento. Diligentemente, l’autore cita Mussolini. Casualmente, o forse no, non fa menzione dei tiranni sterminatori Stalin, Pol Pot, Mao, e altri dittatori comunisti. Una omissione che è dura a morire perché alligna ancora oggi la convinzione granitica psicologica per la quale i comunisti sono tutti buoni, omettendo, sempre casualmente, che anche e soprattutto costoro hanno sterminato quasi un miliardo di umani a causa di una rabbia ben più vasta e di gran lunga più letale. Come afferma più volte, la rabbia non ha confini, ma non alligna tra i comunisti.
Giustamente, egli afferma che il rancore provoca rigidità ideologica e le idee finiscono per provocare genocidi (pagina 71). La rete provoca un effetto moltiplicativo restrittivo e autoriproducentesi grazie alla creazione di algoritmi ingegnerizzati sulle scelte individuali. Tali elaborazioni fanno incontrare umani con le stesse tendenze ideologiche e fanno leggere o vedere notizie che ricalcano le nostre aspettative (pagina 74). Chi sbaglia discostandosi dal Pensiero Unico deve pagare, deve essere sterminato, viene chiesto il licenziamento, la costrizione dell’esilio, la gogna mondiale, la barbarie totalitaria, ecc.
Il libro sviluppa una sequenza di analisi sugli effetti sociali e soprattutto psicologici della rabbia repressa o veicolata verso la violenza mentale, sociale, verso il rancore che isola ed espone alla precarietà psicologica e lavorativa.
Interessante il riferimento al movimento transumanista che aspirerebbe al controllo della morte (pagina 107), come del resto continua ad accadere in tutte le religioni esistenti.
Il libro si articola in una serie di ragionamenti che sviluppano le premesse iniziali appena accennate. È un testo da leggere attentamente sapendo che si aggiunge alla foltissima schiera di ricercatori che privilegiano il “lavoro interiore” e il solidarismo inclusivo. Della ipotesi di ribellione verso i responsabili del disastro attuale in termini di conflitti, disastri ambientali e povertà dilagante neanche a parlarne! Disturbare i veri manovratori espone a rischi che vanno evitati.
Sarebbe invece cosa buona e giusta allestire il prima possibile un nuovo Tribunale di Norimberga per i due o trecento responsabili gestionali e proprietari delle aziende planetarie che controllano tutto senza ritenersi responsabili di nulla e men che meno delle devastazioni ecologiche attualmente imputate ai singoli cittadini vessati da un infernale coacervo di regole e di divieti che ne stanno rendendo sempre più impossibile la vita quotidiana!
(*) Elogio della rabbia di Salvatore La Porta, edizioni Il Saggiatore (2019), pagine 177, euro 16
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