RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI 1 FEBBRAIO 2021

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RASSEGNA STAMPA DETTI E SCRITTI

1 FEBBRAIO 2021

A cura di Manlio Lo Presti

Esergo

“Quando si sorpassano i 60-65 anni, l’uomo vive più a lungo di quanto non produca e costa caro alla società. L’eutanasia sarà uno degli strumenti essenziali delle nostre società future. Macchine per sopprimere permetteranno di eliminare la vita allorché essa sarà troppo insopportabile, o economicamente troppo costosa” .

JACQUES ATTALI, La médicine en accusation, in AA.VV., L’avenir de la vie, Seghers, Paris 1981. 

 

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SOMMARIO

Hanno la sfacciataggine di assembrarsi invece di camminare sparsi, chini e silenti!
… e Regeni…
GOVERNO: LA “FICATA” DEL COLLE
“Non combattono l’epidemia, ma…”
Lo stato di emergenza perenne per coprire gli errori del governo
MATERNITÀ SURROGATA E DEFICIT DI TUTELA DEL MINORE
Il delirio di Oliviero Toscani: “Chi vota FdI e Meloni è ignorante e poco istruito”
TRA I CRAVATTARI DI BIG PHARMA E GLI UTILI INGENUI IDIOTI DEI GOVERNANTI CRIMINALI
A Milano sono già centinaia le inchieste sui morti per Covid
Perché lo stop all’export militare è inutile (e ipocrita). Scrive Nones
L’arte della guerra nel XXI secolo. Guerra asimmetrica e imprese militari private
Mosca chiede agli Usa di smetterla di interferire negli affari interni russi
“COVID & ESOTERISMO”: DIFFUSIONE DELL’EPIDEMIA E SOVRANNATURALE
Portaerei Cavour verso gli Stati Uniti: missione con un occhio sulla Libia
“Addio mascherine”: una speranza più forte della metafora. Come la libertà sia legata alla responsabilità
La guerra civile è la madre di tutte le cose
È colpa vostra che ci state a sentire. Covid e doppio legame.
LA MISTERIOSA MORTE DI BRANDY VAUGHAN
La fuga di Logan
Argento ne avete?
L’ossessione tedesca – che ci distruggerà insieme alla UE
Convegno LA STORIA E LE PROSPETTIVE DELL’ITALIANITA’ NELL’ADRIATICO ORIENTALE
Perché Gualtieri fa lo sparagnino su spese e titoli di Stato da emettere?
Il Covid e i problemi (bio)giuridici del passaporto sanitario
Il Consiglio di Stato boccia il governo: “Dubbi sulla costituzionalità dei Dpcm”
REATI EDILIZI E NORME PENALI IN BIANCO, LA CONFISCA URBANISTICA
L’esproprio proletario di Bergoglio
JOE BIDEN, LA RUSSIA E LA CINA
La democrazia secondo i Padroni. del Discorso.
Grecia, Fubini: “Non ho voluto scrivere che dopo la crisi sono morti 700 bambini in più
Fubini confessa di aver nascosto la notizia dei bimbi morti in Grecia. La verità viene a galla!
Ugo Mattei: Covid-19 strumento per la deportazione digitale dell’umanità
I media occidentali tacciono sui morti da vaccino Pfizer
“Chi pose fine all’olocausto?”

 

 

 

EDITORIALE

Hanno la sfacciataggine di assembrarsi invece di camminare sparsi, chini e silenti!

Manlio Lo Presti – 01 febbraio 2021

Metropolis di F. Lang, 1927 – La fila degli operai

Fonte: https://www.ivid.it/foto/film/1926/metropolis/scena-371432.html

 

Da oltre un anno, la libertà dei cittadini è gestita con la tecnica del tira e molla. Per un breve periodo, la popolazione usufruisce, graziosamente dall’alto, di una certa semilibertà. Poi, tutti per vari mesi successivi con la colpa di aver fatto “assembramento”. Forse la gente deve andare in giro per fila indiana a distanza da un metro uno dall’altro? Dovrebbero muoversi come gli operai del film Metropolis di Fritz Lang: passo ritmato, a testa in giù e senza guardarsi negli occhi (era infatti vietato tempo fa!) e in rigorosa fila indiana a colonne parallele come una testuggine. Ogni movimento siffatto e ben distanziato sarà comunque controllato da uno stormo fitto fitto di droni di varie dimensioni e modelli che trasmettono in contemporanea milioni di immagini ad una centrale poliziesca di raccolta. Nel frattempo, stazionano n. 250-300 automezzi appartenenti alle sette polizie più ranghi dell’esercito, per ora di fanteria perché le truppe speciali di assalto e di assassinio saranno utilizzate in caso di ribellione estesa ed incontrollabile

La popolazione emerge in un barlume di movimento e poi viene rinchiusa addossando la colpa agli assembratori demmerda non ai responsabili sanitari e scientifici, ai professoroni, ai ricercatori, alle case farmaceutiche che pompano miliardi, alle strutture sanitarie, ai politici che intascano miliardi da abilissimi lobbisti che sciamano nei corridoi del potere, nelle università, centri di ricerca, Istituti superiori di sanità, aziende, strutture distributive, catene televisive, giornali, reti web, oltre 20 rubriche politiche, decine e decine di movimenti popolari “spontanei” che non rivelano MAI le loro fonti di finanziamento, ma urlano a gran voce la trasparenza dei poteri costituiti!

Tutto questo scenario pare un incubo risultante dall’incrocio fra il film THE TRUMA SHOW e le pellicole di Lars Von Trier. Le notizie pubblicate sono false a metà perché sembrano più credibili. Le pseudo notizie sono mitragliate senza sosta per 76-95 ore al giorno allo scopo di frantumare la capacità cognitiva della popolazione imprigionata in un orrore stroboscopico.

Non vedo, al momento, delinearsi una soluzione condivisa e pacifica. COSTORO voglio continuare a mantenere il laccio e, anzi, cerca di stringere sempre di più la carotide della popolazione facilitando così la velocità di disfacimento dell’economia, dei rapporti sociali, della vita politica, della integrità territoriale del nostro Paese che finirà per subire almeno tre secessioni territoriali: Sardegna ai francesi, nordest agli austriaci e la Sicilia agli USA che moltiplicheranno a dismisura le parabole HAARP attualmente operanti a Niscemi. Un ruolo speciale avrebbe la Calabria grazie alla pesantissima presenza di basi NSA nei pressi di Gioia Tauro e altresì la Puglia con la presenta di basi NATO a Brindisi. La funzione effettiva di queste strutture nel nostro territorio è totalmente occultata. L’Italia è gestita sprezzantemente come una colonia di terzo ordine capeggiata da una casta politica di cartone impotente a reagire perché totalmente ricattata.

TUTTO CIO’ PREMESSO

Il recupero delle libertà civili sottratte con la tecnica di tortura del TIRA E MOLLA, TIRA E MOLLA, TIRA E MOLLA con sottrazione graduale di ogni diritto sociale in nome di una EMERGENZA TOTALITARIA E ININTERROTTA CHE SERVE A COPRIRE LE MISERIE UMANE E LO SPIETATO CINISMO AUTORZAZZISTA DELLE ATTUALI CLASSI DIRIGENTI DEL NOSTRO MARTORIATO PAESE.

Si fa pertanto, strada l’ipotesi del recupero delle nostre libertà con strategie al di fuori della legittimità parlamentare totalmente esautorata.

RIFLETTIAMO, MA FACCIAMOLO SUL SERIO E SENZA GIRARE LA TESTA DA UN’ALTRA PARTE

Da mesi affermo che

I POLITICI NON CI SALVERANNO

 

 

 

IN EVIDENZA

… e Regeni…

https://comedonchisciotte.org/ugo-mattei-covid-19-strumento-per-la-deportazione-digitale-dellumanita/

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/e-regeni/

GOVERNO: LA “FICATA” DEL COLLE

Governo: la “Ficata” del ColleLa scelta compiuta dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di dare un mandato esplorativo al presidente della Camera dei deputatiRoberto Fico, è stata una mossa da persona di sostanza quale è, per nostra fortuna viene da aggiungere. In pratica, con questa decisione ha posto le basi per far intendere, a chi di dovere, che se la politica non sarà in grado, in breve tempo, di trovare un nome sul quale far convergere una maggioranza politica certa, e non brancaleonica, il Colle senza indugi è pronto a dipanare la complicata matassa conferendo l’incarico ad una figura al di fuori degli schemi in campo, dando così vita ad un Governo istituzionale. Per usare un gergo in voga tra i giovani, parafrasando il nome dell’assegnatario del mandato, Roberto Fico, possiamo asserire che il Quirinale ha fatto una vera “Ficata”. Sì, proprio così, come voler dire: attenti, tra i due litiganti il terzo gode, questo sembra essere stato il monito lanciato sottotraccia.

Chi di certo non ha buoni motivi di rallegrarsi, invece, sono proprio i cittadini italiani, che se le cose dovessero andare per davvero in questa direzione assisterebbero, ancora una volta, come spettatori inermi all’amara conferma di una vera e propria assenza della politica, palesemente dimostrata da chi, questa, aveva il recondito intento di cambiarla, ogni allusione è puramente casuale. Per fortuna che, come si accennava prima, abbiamo un presidente della Repubblica saggio, attento alla Costituzione, scevro da qualunque protagonismo, una figura colma di autorevolezza che, in un momento così complicato per l’Italia, sicuramente saprà redimere la condizione negativa nella quale la maggioranza relativa si è ficcata. Al momento, però, il cerino è nelle mani del presidente della Camera, che si ritrova nella infelice condizione di dimostrare che il suo operato non sia valso un “fico” secco, cioè nulla. A pensarci bene, dato che questi è un esponente del M5S, sarebbe stato interessante e coerente con i loro principi – che fine abbiano fatto non è dato saperlo – far assistere, tramite il loro tanto amato streaming, gli italiani a queste riunioni, come del resto pretesero e ottennero all’epoca, dapprima con Pier Luigi Bersani, poi con Matteo Renzi, ma si sa con i Cinque Stelle, tralasciando la congruenza, esistono due pesi e due misure.

Il percorso, senza ombra di dubbio, è tutto in salita, Italia Viva vuole essere sicura che se dovesse rinascere la stessa maggioranza del Governo Conte 2, con un leggero allargamento, non vi siano ostacoli di alcuna sorta nell’attuazione del programma che si andrà a stilare, un impegno formale sui contenuti con priorità RecoveryMeseconomia e giustizia, mentre l’incognita del premier sembra passare in secondo ordine. Comunque, anche se al momento accantonato – per modo di dire, la verità è ben altra – quello del capo del Governo rimane uno scoglio duro da superare, ma qui entra in gioco la tattica, è a quanto pare alla prova dei fatti, Matteo Renzi in questa si è dimostrato parecchio abile, liquidando la questione premier con: “eccessiva personalizzazione, il problema è il futuro del Paese”. Per tale motivo, appare quanto mai precoce l’entusiasta dichiarazione esternata, ieri in serata, da Danilo Toninelli (M5s), in cui annunciava al mondo: “Ci siamo. Abbiamo sventato l’agguato a Giuseppe Conte, che rimane in partita. Il Movimento 5 Stelle è nato per fare cose straordinarie. E il momento è adesso”.

A queste parole vien subito da sé pensare che la prudenza, in questi casi, non sia mai troppa, ci si augura per lui che quanto dichiarato sia profetico e che i giorni a seguire gli diano ragione altrimenti, a malincuore per l’esponente pentastellato, si tratterebbe di aver perso una ulteriore occasione per stare in silenzio e attendere sensatamente gli eventi. Su un fatto, invece, non si può dissentire, su quanto affermato dallo stesso Toninelli, che i Cinque Stelle siano nati per fare cose straordinarie, è vero, molti italiani li hanno votati, è fuori discussione, ma non si può escludere che lo abbiano fatto nella convinzione di un cambiamento, una sorta di ventata di area nuova e neanche può essere esclusa l’ipotesi che un’altra parte, invece, li abbia votati per protesta e non per convinzione. In tutto ciò un dato comunque è inconfutabile, al di là delle ipotesi. Le cose straordinarie le hanno fatte, è palese, sono riusciti a cancellare tutti i principi per i quali erano nati, con notevole straordinarietà. Pur di rimanere aggrappati al potere sono riusciti a dire tutto e il contrario di tutto, sono riusciti persino nell’intento di applicare ciò che contestavano: la politica dei due forni. Dapprima con la Lega e poi, pur di rimanere abbarbicati alla poltrona, con il Partito Democratico. Adesso la meraviglia delle meraviglie non sono tanto i Cinque Stelle, ma la Lega ed il Pd che ci sono andati dietro. “Chi è più stupido Carnevale o chi lo segue?”.

FONTE: http://www.opinione.it/editoriali/2021/02/01/alessandro-cicero_mattarella-fico-governo-conte-quirinale-italia-maggioranza-m5s-lega-pd/

“Non combattono l’epidemia, ma…”

Il distanziamento sociale non è il mezzo per fermare l’epidemia ma l’epidemia è il pretesto per imporre il distanziamento sociale.
Il distanziamento sociale non è il mezzo per fermare l’epidemia, ma uno strumento per imporre la digitalizzazione forzata della società, rendere impossibile la partecipazione politica attiva dei cittadini, cancellare la democrazia.
Le mascherine non sono un mezzo per fermare l’epidemia, ma uno strumento per promuovere il distanziamento sociale.
Le mascherine imposte nelle scuole elementari e medie non sono un mezzo per fermare l’epidemia, ma un modo per condizionare l’infanzia al distanziamento sociale.
I vaccini di massa obbligatori non sono un mezzo per combattere l’epidemia, ma lo strumento attraverso il quale imporre l’anagrafe sanitaria.
L’anagrafe sanitaria non è un mezzo per combattere l’epidemia, ma uno strumento per estendere il controllo del potere alle funzioni biologiche primarie delle persone.
La chiusura delle scuole e delle Università non è un mezzo per combattere l’epidemia, ma uno strumento per imporre in modo permanente la didattica a distanza.
La chiusura di musei, teatri, cinema, biblioteche non è un mezzo per combattere l’epidemia, ma uno strumento per distruggere la cultura e la possibilità che di essa vi sia una fruizione sociale.
La chiusura di bar, ristoranti e luoghi di incontro non è un mezzo per combattere l’epidemia , ma uno strumento per impedire ogni socialità.
La chiusura delle palestre e la sospensione delle attività sportive non è uno strumento per combattere l’epidemia, ma un modo per piegare e demoralizzare i popoli.
I lockdown totali o parziali non sono uno strumento per combattere l’epidemia, ma un modo per distruggere la piccola e media impresa.
Il reddito di cittadinanza, i sussidi, i ristori, i prestiti europei ed internazionali non sono uno strumento per alleviare le sofferenze del popolo, ma un modo per tenerlo buono e poterlo così più facilmente schiavizzare.
Il terrorismo mediatico di questi mesi non è uno strumento per combattere l’epidemia, ma un modo per far accettare ai popoli un pazzesco esperimento sociale.
Tutti gli strumenti messi in campo per combattere l’epidemia in questi mesi di sicuro non si propongono di salvare vite umane, forse mirano consapevolmente a far aumentare il numero dei decessi, al fine di imporre, attraverso il terrore, il distanziamento sociale.
Quando sarà chiaro tutto questo , si potrà tornare a preoccuparsi del coronavirus.
Prima di allora bisogna solo impedire che il mostruoso progetto di cui tutti noi saremo le vittime giunga a buon fine.
La società che si prospetta liquida tremila anni di civiltà occidentale e ci proietta in una barbarie senza precedenti.
L’unico dovere morale è impedire questa deriva.
Ammesso sia ancora possibile.

S.Dalla Torre

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/non-combattono-lepidemia-ma/

 

 

 

Lo stato di emergenza perenne per coprire gli errori del governo

Come ha fatto Conte a rendere perenne l’emergenza? Dove ha sbagliato? Ma soprattutto: cosa ha tenuto nascosto? Gli italiani ora pretendono risposte

Quanto può durare un’emergenza? Di solito poco, giusto il tempo di risolverla. Perché va da sé che prorogarla significherebbe mettere in pericolo le persone. Non è stato così, però, nella gestione del coronavirus. Il governo Conte ha sottovalutato una circostanza imprevista, un incidente che aveva dato tutte le avvisaglie di quanto potesse essere dannoso per la popolazione, e l’ha resa endemica.

Dal 31 gennaio 2020 ci troviamo in uno stato di emergenza perenne. Il momento critico, che un anno fa richiedeva un intervento immediato, si è protratto nelle settimane e, poi, nei mesi. Ma perché lo ha fatto? Dove ha sbagliato? Ma soprattutto: cosa ci ha tenuto nascosto?

Il governo parte col piede sbagliato

Quando il 31 gennaio due turisti cinesi vengono ricoverati d’urgenza all’ospedale Spallanzani di Roma dopo essere risultati positivi al coronavirus, il Consiglio dei ministri si fionda a decretare lo stato di emergenza, stanzia appena 5 milioni di euro sul fondo per le emergenze nazionali e nomina il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, commissario per la gestione dell’emergenza. Come ricostruito nel Libro nero del coronavirus (Historica Edizioni), una scelta che lascia parecchi dubbi. È vero che c’è una legge ben precisa che affida alla Protezione civile la gestione delle emergenze nazionali, ma è anche vero che il neo commissario non sa nulla di virus e tantomeno di virus sconosciuti. Sin dai primi momenti, quando ancora l’opinione pubblica sottovaluta la portata della pandemia che da lì a poco investirà il mondo intero, si intravede tuttavia l’incapacità dell’esecutivo di gestire una situazione più grande di lui e per cui non si è preparato negli anni passati. Anni segnati, dal governo Monti in poi, di pesantissimi tagli alla sanità. Organizzare un intero Paese ad affrontare una minaccia come questa risulta una vera e propria utopia.

 

Speranza messo in un angolo

Per quale motivo il premier Giuseppe Conte sfila il dossier dalle mani del ministro della Salute, Roberto Speranza? Non è lui a gestire i rapporti con la Cina quando da Wuhan emergono i primissimi casi di “polmoniti anomale”? Cosa succede a fine di gennaio per optare un drastico cambio di passo e affidare la gestione dell’emergenza a Borrelli? Al Comitato operativo della Protezione civile, che si avvale di 21 tecnici tra rappresentanti dei Vigili del Fuoco, Forza armate, Forze di Polizia, Croce Rossa, Servizio sanitario nazionale, organizzazioni nazionali di volontariato, Soccorso alpino e Cnr, viene chiesto di assicurare la direzione e il coordinamento delle attività di emergenza, nella fattispecie deve “valutare le notizie, i dati e le richieste provenienti dalle zone interessate dall’emergenza, definire le strategie di intervento e coordinare in un quadro unitario gli interventi di tutte le amministrazioni ed enti interessati al soccorso”. Un’attività che, come purtroppo sappiamo, non gli riuscirà affatto bene. Sin dalle prime battute la decisione di fissare (ogni giorno alle 18 in punto) un bollettino per elencare il numeo di contagiati, morti e guariti, non fa altro che gettare l’intera popolazione nell’insicurezza. Gli italiani sono disorientati. La politica, poi, ci mette il carico da novanta. Sono i giorni della campagna “Milano non si ferma” del sindaco Beppe Sala, degli spritz sui Navigli del leader piddì Nicola Zingaretti e dei selfie in pizzeria di Giorgio Gori e consorte.

 

 

Il dualismo col ministero della Salute

Ben presto la concorrenza tra la Protezione civile e il ministero della Salute finisce per complicare una situazione già di per sé difficile. Come ricostruito nel Libro nero del coronavirus, infatti, Pierpaolo Sileri non accetta l’idea di “delegare funzioni e compiti”. Vuole che il dicastero dove lavora sia centrale nelle scelte governative sulla lotta al virus. Un protagonismo che, però, non piace a Speranza con cui si verificano subito forti dissapori. “Credo che il ministro non abbia mai voluto fare il commissario – ammetterà più avanti Sileri con una punta di amarezza – non è nel suo carattere…”. In realtà, in quei giorni, il ministro è tutt’altro che immobile. Nella prima metà di febbraio i suoi uomini sono già al lavoro per cercare di capire cosa sta per investire l’Italia e non è affatto vero che non ci arrivano. Ci arrivano eccome. Solo che i tecnici vengono costretti a mantenere un alto livello di segretezza. E così il piano anti Covid, che avrebbe potuto allertare le Regioni della tempesta che gli si sarebbe abbattuta addosso di lì a poco, finisce chiuso in un cassetto.

 

 

L’immobilismo di Palazzo Chigi

I primi giorni dell’emergenza Conte si fionda da una televisione all’altra. Il suo obiettivo è rassicurare il Paese. Vuole far passare il messaggio che il governo è “prontissimo” ad affrontare il virus. Peccato non sia così. Al ministero della Salute credono ancora che “il rischio di introduzione dell’infezione in Europa, attraverso casi importati, sia moderato”. A rileggere oggi la circolare numero 1997, in cui viene messa nero su bianco la necessità di raccogliere “maggiori informazioni per comprendere meglio le modalità di trasmissione e le manifestazioni cliniche di questo nuovo virus”, appare evidente l’inadeguatezza del governo. Nonostante già a fine gennaio Conte sia conscio del fatto che deve “provvedere tempestivamente” a mettere in campo “iniziative di carattere straordinario” dal momento che questo tipo di emergenza, “per intensità ed estensione, non è fronteggiabile con mezzi e poteri ordinari”, nessuno muove un dito per almeno tre settimane. E non è che dopo recuperano il terreno perduto. Anzi. Da un anno a questa parte non riescono a fare altro che chiudere e riaprire il Pase. In un’altalena di lockdown decisi sulla scorta di algoritmi che continuano a cambiare il Paese assiste (impassibile) al teatrino di un esecutivo incapace di invertire la curva dei decessi, di garantire a tutti il diritto alle cure, di mettere in sicurezza il Paese per evitarne la bancarotta e di legare lo Stato a un debito che difficilmente estinguerà a breve.

FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/politica/stato-emergenza-perenne-coprire-errori-governo-1920030.html

 

 

 

 

ATTUALITÁ SOCIETÀ COSTUME

MATERNITÀ SURROGATA E DEFICIT DI TUTELA DEL MINORE

Pubblicato 21 hours ago | by Sara Cimini | in Famiglia

La famiglia rappresenta una costante nella storia dell’uomo che, nella sua eterogenea dimensione, sintetizza i bisogni e le aspirazioni del singolo di sviluppare la propria personalità all’interno del nucleo di affetti ricercato e formato. Nel nostro ordinamento e nell’attuale punto di arrivo della evoluzione etico-sociale e normativa in materia, la formazione del proprio ambito familiare costituisce un diritto inviolabile dell’uomo riconosciuto dagli artt. 29 (tradizionalmente fondato sulla famiglia legittima e sull’istituto del matrimonio) e ss. della Costituzione e prima ancora dall’art. 2 della medesima Carta alla stregua del quale i diritti della personalità dell’individuo godono di riconoscimento e tutela in ogni formazione sociale. Nell’ambito di tale contesto, l’ordinamento favorisce la creazione di rapporti familiari caratterizzati dalla presenza di figli, indipendentemente dalla sussistenza di nessi di derivazione genetici e biologici.

In particolare gli istituti della adozione e della procreazione medicalmente assistita assolvono due funzioni parallele, da una parte a vantaggio del minore e dall’altra del genitore. La legge per l’adozione nazionale n. 184/1983 assolve l’importante finalità di assicurare piena tutela al diritto di crescere in una famiglia accordata a minori rimasti orfani, figli di genitori ignoti oppure abbandonati dalla famiglia di origine. Dal lato del minore, gli artt. 29 e ss. della Costituzione attribuiscono un diritto inalienabile ad una famiglia che si è tradotto nella regolamentazione dei “diritti di crescere e di essere educato all’interno della propria famiglia” previsti dall’art. 11 della l. adozione. Al ricorrere dei presupposti previsti dall’art. 8 della l. adozione, infatti, l’ordinamento riconosce innanzitutto l’adozione legittimante, una forma piena di tutela che non assolve soltanto la funzione di assistenza dei minori che versino in uno stato accertato di abbandono ma persegue l’obiettivo primario di stimolare la creazione di affetti stabili di tipo familiare e delle cure necessarie per il migliore sviluppo psico-fisico dell’adottato. L’adozione si compone, per tali motivi, di un procedimento bifasico: affinché il minore possa subentrare definitivamente nella famiglia adottante è necessario che sia stato superato positivamente il periodo di affidamento preadottivo della durata di un anno, nell’arco del quale vengono valutati non soltanto gli aspetti personali, motivazionali, economici e di salute della famiglia adottante bensì, a maggior ragione, le capacità affettive, relazionali ed educative degli adottanti (art. 22, comma 4, l. adozione). Solo in seguito alla valutazione positiva del periodo di affido preadottivo, il minore può beneficiare della adozione legittimante attraverso la quale si acquista lo stato di figlio (adottivo equiparato a tutti gli effetti ai figli legittimi e naturali, art. 30 Costituzione), il cognome e si estingue ogni rapporto con la famiglia di origine (art. 27 l. adozione).

L’importanza del fenomeno ha favorito l’introduzione nel nostro ordinamento della adozione internazionale in accordo con la Convenzione dell’Aja del 29 maggio 1993 per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale. Alla luce della collaborazione tra Stati, i requisiti previsti per l’adozione internazionale sono gli stessi previsti per quella nazionale (art. 6 della l. 184/83 come modificata dalla legge 149/2001) e gli effetti sono i medesimi della adozione legittimante quanto all’acquisto dello stato di figlio, del cognome ed alla recisione dei legami con la famiglia di origine. Infine, la disciplina normativa (artt. 44 e ss. della l. 184/83) contempla una terza tipologia di adozione concernente “casi particolari” ricorrenti quando non sussista lo stato di abbandono morale e materiale del minore, requisito necessario per il ricorso alla adozione legittimante. Tra di essi, merita menzione il caso di rilievo internazionale della stepchild adoption ovvero il riconoscimento del diritto di adottare il figlio nato da uno dei coniugi oppure da uno dei membri della unione civile tra persone dello stesso sesso. La Suprema Corte di Cassazione ha affermato che gli artt. 44 e ss. della l. adozione costituiscono una clausola di salvaguardia che consente di estendere l’istituto dell’adozione in tutti i casi in cui sia necessario garantire la continuità della relazione affettiva ed educativa e non sia possibile ricorrere all’affidamento preadottivo mancandone i presupposti (la Suprema Corte ha interpretato estensivamente il caso particolare di figlio nato soltanto da un coniuge ritenendolo applicabile anche alle unioni civili, Cass. Sez. Un., n. 12193/2019). In tali casi particolari la tutela del minore non è piena come nella adozione legittimante poiché non si recidono i legami con la famiglia di origine (verso cui l’adottato continua a vantare diritti ed obblighi), non acquista il cognome e non si creano rapporti tra le famiglie dell’adottante e dell’adottato.

Parallelamente alla tutela del minore, sono garantiti i diritti inviolabili alla formazione di un nucleo familiare quale estrinsecazione della propria personalità anche a coloro che non possano avere figli a causa di sterilità o infertilità assoluta e nel caso di coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili. La l. n. 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita garantisce il ricorso alla fecondazione eterologa a coloro che vantino tali problematiche di fertilità irreversibile o stati di patologia. La libertà di autodeterminazione in ambito familiare, tuttavia, incontra un preciso limite nel divieto della surrogazione di maternità (il cosiddetto “utero in affitto“) previsto dall’art. 12, comma 6, della l. 40/2004 il quale, per come interpretato dall’organo nomofilattico, rappresenta un principio di ordine pubblico inderogabile, sanzionato penalmente ed in via amministrativa, in quanto posto a tutela della dignità della gestante ed in conflitto con la disciplina dell’adozione.

La problematica della surrogazione della maternità assume una dimensione internazionale poiché è ammessa a certe condizioni in taluni paesi quali la Russia, il Canada e l’Ucraina a titolo gratuito oppure oneroso (talvolta la surrogazione è ammessa solo in assenza di uno scopo di lucro). Per tale ragione, è stata rimessa alla Corte Costituzionale la questione di legittimità del divieto di surrogazione di maternità previsto dalla normativa interna (art. 12 l. 40/2004) che impedisce il riconoscimento di provvedimenti giudiziari stranieri che attribuiscano lo stato di genitori a persone italiane dello stesso sesso unite civilmente che abbiano fatto ricorso alla tecnica della surrogazione in un altro paese.

Con comunicato stampa del 28 gennaio 2021, la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione, sottolineando che il riconoscimento di sentenze straniere che attribuiscano lo stato di genitori a persone dello stesso sesso che abbiano fatto ricorso alla surrogazione di maternità in paesi esteri è, innanzitutto, precluso dal contrasto con il principio di ordine pubblico espresso dall’art. 12 della. l. n. 40/2004. Il divieto di surrogazione della maternità oltre che a tutela della dignità della gestante è posto a presidio della protezione del minore, il quale non sarebbe assistito da quel sistema di tutele pieno predisposto nel caso di adozione legittimante. Pertanto, a fronte della inadeguatezza del sistema di protezione del minore la Corte ha lanciato un monito al legislatore affinché provveda ad intervenire in un settore etico-sociale altamente sensibile, riservato alla discrezionalità dell’organo rappresentativo, non potendo sostituirsi a questo ultimo in virtù del principio di separazione dei poteri nella equiparazione delle tutele del minore.

FONTE: http://www.salvisjuribus.it/maternita-surrogata-e-deficit-di-tutela-del-minore/

Il delirio di Oliviero Toscani: “Chi vota FdI e Meloni è ignorante e poco istruito”

Il fotografo toscano a “La Zanzara” ha parlato dell’obbligo del vaccino e poi è tornato nuovamente all’attacco di Salvini e Meloni

Oliviero Toscani perde il pelo ma non il vizio soprattutto quello di criticare e offendere il centrodestra.

Per l’ennesima volta il fotografo toscano si è lasciato andare agli insulti nei confronti di Matteo Salvini e Giorgia Meloni durante un intervento radiofonico a Radio 24.

Ospite della trasmissione “La Zanzara” Oliviero Toscani è intervenuto per parlare dei vaccini e di chi è contro la loro obbligatorierà: “I no vax sono trogloditi e uomini delle caverne. Il vaccino contro il Covid è la cosa più civile del mondo. Deve essere obbligatorio come quando alle elementari era obbligatorio quello contro il vaiolo. Chi non vuole farlo è un cretino e un incosciente. La gente deve fare il vaccino come deve pagare le tasse. Se non lo fai sei un delinquente“. Alla fine però Toscani è finito ancora una volta ad offendere in modo gratuito il centrodestra, prendendo di mira Giorgia Meloni ma soprattutto i cittadini italiani che votano Fratelli d’Italia: “Come definisco chi vota per la Meloni e FDI. Poco istruiti e ignoranti“. Toni accesi i suoi come se non aspettasse altra occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa e a passare dalla discussione sui vaccini al centrodestra è stato un attimo.

 

Il fotografo, 78 anni, non si è risparmiato neppure lo scontato attacco al leader leghista Matteo Salvini. Nel rispondere ai conduttori de “La Zanzara” su un possibile governo guidato dal centrodestra con in testa Salvini e Meloni, Oliviero Toscani è passato al contrattacco: “Mamma mia, avremmo le pezze al c**o…Ci sarebbero sicuramente più morti per Covid? Sarebbe un disastro, sono due che non sanno fare niente. Sparlano e basta. Avrebbero fatto gli errori di Trump e Boris Johnson“. E ci mancava che l’artista non dicesse la sua contro Salvini. Lo aveva già fatto nel 2014 offendendo con toni volgari il leader leghista. Un attacco frontale senza precedenti, che gli era costato una multa da oltre 8mila euro inflittagli dal giudice per diffamazione nei confronti del leader della Lega. Teatro del delirio sempre la trasmissione di Radio 24 “La Zanzara“.

FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/cronache/delirio-oliviero-toscani-chi-vota-fdi-e-meloni-ignorante-e-1920086.html

 

 

 

BELPAESE DA SALVARE

TRA I CRAVATTARI DI BIG PHARMA E GLI UTILI INGENUI IDIOTI DEI GOVERNANTI CRIMINALI

VOLETE SAPERE PERCHE’ MANCANO I VACCINI?

Antonio De Pascali – 26 gennaio 2021

 

Sapete come lavorano gli usurai? Un signore ha bisogno urgente di denaro, le banche non gli fanno credito e si rivolge a questi criminali. Il signore gli racconta che, per esempio, ha bisogno di 1000 euro entro il 31 gennaio. Il cravattaro (usuraio) si presenta il 31 gennaio, all’ultimo momento, quando il signore non può rivolgersi a nessun altro, e gli dice di potergli prestare solo 500 euro e con un interesse che può variare dal 100% al 500%, anche di più, giornaliero, o settimanale o mensile.

Un criminale, appunto. Così le multinazionali farmaceutiche che hanno (avrebbero) prodotto i vaccini acquistati dalla Ue. Hanno sottoscritto regolari contratti (guarda caso secretati. Ma perché poi, visto che si trattava di soldi pubblici) con la Ue (con sontuosi finanziamenti anticipati per le ricerche) per far iniziare le campagne vaccinali e, all’improvviso, bloccano le forniture adducendo le motivazioni più svariate.

Può succedere. Direbbe l’ingenuo. Con giri di centinaia di miliardi di euro di fatturato per le multinazionali che certificano un’efficienza fantascientifica, il complottista fascista populista pensa invece al raggiro del cravattaro di Big Pharma. “O mi aumenti il corrispettivo del 30, che so, 40 % o non ti fornisco più neanche un flacone”, dalla multinazionale alla Ue. Questo penserebbe il complottista. Che per fortuna è relegato ai margini della società. I Buoni, quelli che governano, non hanno pensato a nulla ed hanno detto solo “mi dispiace” come la presidente della Ue, Von der pippen, o “adiremo per vie legali”, come il nostro Giuseppi Conte col valletto Arcuri.

Che poi, quando sei scemo e ti rivolgi ai criminali sapendo che ti distruggeranno la vita, viene da dire “poco è stato”, sapendo che non ne esci più. “Siamo davanti ad una guerra mondiale e dobbiamo sconfiggerla con ogni mezzo”, dichiarano i governanti da operetta. Poi Big Pharma non ti fornisce più i vaccini e che fai? Te ne esci con “mi dispiace” o con un “adiremo per vie legali”? Se dicevate che trattavasi di una guerra mondiale ve ne uscite poi con un laconico “mi dispiace”? Se guerra mondiale è, si va coi carri armati e si affida la produzione dei vaccini agli Istituti farmaceutici militari.

Che sono di Stato e non dipendono dai cravattari delle multinazionali. E non fanno ricatti ai Governi. Se Big Pharma ha prodotto i vaccini coi soldi anticipati dei Governi tanto valeva darli, i soldi, agli istituti militari, visto che di guerra si trattava, come si andava dicendo.

Tra criminali dei Governi e cravattari di Big Pharma siamo messi proprio bene.

 

Antonio De Pascali, giornalista del mensile Il Borghese.

Curatore del libro “Donna Assunta Almirante. La mia vita con Giorgio, Ediz. Il Borghese, 2010

 

 

 

 

 

 

A Milano sono già centinaia le inchieste sui morti per Covid

Un’auto dei carabinieri (immagine d’archivio)

Per lesioni colpose sono stati iscritti 169 fascicoli con indagati e 590 senza. “Numerose denunce sono  pervenute da parte di dipendenti di strutture sanitarie e da organizzazioni sindacali”.

Milano – Sono centinaia i fascicoli aperti dalla Procura di Milano e dalle altre procure del distretto milanese per omicidio e lesioni colpose ed epidemia colposa, reati legati alla pandemia da Covid, alle morti nelle Rsa, ai contagi e ai decessi negli ospedali e sui luoghi di lavoro.

I numeri impressionanti, difficili da sommare in modo esatto, emergono dalla relazione della Procura generale di Milano, pubblicata per l’inaugurazione dell’Anno giudiziario. Solo a Milano, ad esempio, dopo lo scoppio della pandemia sono stati aperti più di 60 fascicoli per epidemia colposa per “i numerosi decessi avvenuti nelle Rsa“. E una “cinquantina” di denunce sono ancora in valutazione.

In meno “di otto mesi”, poi, per omicidio colposo sono stati aperti 68 fascicoli con indagati e 178 senza, “per ipotesi di responsabilità varie nella gestione della malattia, sia sotto il profilo terapeutico che organizzativo, anche con riferimento ai ‘datori di lavoro’ nel senso più lato“.

Per lesioni colpose sono stati iscritti 169 fascicoli con indagati e 590 senza. “Numerose denunce – si legge – sono infatti pervenute all’ufficio da parte di dipendenti di strutture sanitarie” e da “organizzazioni sindacali”. A Lodi, nel frattempo, territorio martoriato dall’epidemia nella prima fase, “sono stati aperti 38 procedimenti per presunta colpa medica conseguente agli effetti del contagio” per “soggetti operanti in ambito medico-ospedaliero e non solo”. E 11 indagini “per analoga presunta colpa medica per gli effetti del contagio” nelle Rsa. Decine i fascicoli aperti anche a Busto Arsizio, Como, Lecco (c’è un’indagine “con monitoraggio dei tassi di decesso rispetto all’anno precedente”).

In Procura a Lodi è prevista “l’emissione di un’apposita direttiva per uniformare gli orientamenti dei magistrati”, trattandosi di “procedimenti riguardanti condotte caratterizzate da straordinarietà“. A Milano ci sono stati “corsi di addestramento” della polizia giudiziaria per “operare in zone contaminate”. E le indagini sono lunghe e complesse “per la necessità di supporto medico legale” e “per l’obiettiva difficoltà di individuazione di sicure leggi scientifiche”.

A tutte queste indagini si aggiungono quelle sulle “manovre speculative” sulle mascherine e un “centinaio” di procedimenti a Milano per violazioni di quarantene. In più, le inchieste della Dda milanese sulla “volontà e l’interesse della criminalità organizzata di approfittare di tutte le diverse agevolazioni” finanziarie. Mafie che “mangiano” le piccole e medie imprese in crisi con finanziamenti “non sempre a tasso usurario” e si prendono “negozi, attività artigiane”, bar e ristoranti “danneggiati dal lockdown”.

In un periodo in cui, si legge ancora nella relazione, gli investigatori hanno individuato pure “collegamenti” tra mafia, ‘ndrangheta e camorra in Lombardia “finalizzati al riciclaggio di denaro ed al narcotraffico” con uomini che fanno da “cerniera”.

FONTE: https://www.ilsecoloxix.it/italia/2021/01/30/news/a-milano-sono-gia-centinaia-le-inchieste-sui-morti-per-covid-1.39840299

 

 

 

CONFLITTI GEOPOLITICI

Perché lo stop all’export militare è inutile (e ipocrita). Scrive Nones

Di Michele Nones –

Perché lo stop all’export militare è inutile (e ipocrita). Scrive Nones

L’embargo militare si è dimostrato sempre molto debole, a parte rare eccezioni. Può avere efficacia se adottato a livello internazionale, ma non sicuramente a livello nazionale. Inoltre, se limitato a prodotti facilmente reperibili sul mercato è completamente inutile, e anche un po’ ipocrita. L’analisi dell’esperto Michele Nones

In ogni Paese democratico, responsabile e serio, l’esportazione di equipaggiamenti militari viene considerata uno strumento della politica estera ed è quindi sottoposta al controllo dello Stato.

Di conseguenza, al vertice del processo decisionale vi è un ristretto gruppo di ministri e coinvolge lo stesso capo del Governo (Regno Unito, Germania) o dello Stato (Francia), perché determinate scelte coinvolgono l’intero quadro dei rapporti con il Paese interessato e richiedono, quindi, una valutazione e una decisione che consideri tutti gli aspetti politici, diplomatici, economici, finanziari, industriali, culturali, ecc. Per questo non sono lasciate nelle mani della sola amministrazione e impegnano direttamente l’Autorità politica con procedure opportunamente definite e strutturate.

Le decisioni più importanti vengono prese con la consapevolezza che sono destinate a segnare per lungo tempo i rapporti bilaterali con quel Paese e hanno un impatto sulla percezione che hanno anche gli altri Paesi, in particolare quelli della regione interessata. Inoltre, l’esclusione di un Paese dalle destinazioni permesse per le esportazioni, a meno che non si siano verificati imprevedibili cambiamenti dello scenario, avviene al termine di una crescente pressione con interventi ai vari livelli e nelle forme più adatte al fine di ottenere il risultato voluto.

Di più: la revoca di un’autorizzazione all’esportazione precedentemente concessa avviene solo in casi eccezionali perché è comunque un “vulnus” nell’affidabilità internazionale del Paese che la decide. Vale ancora il detto latino “Pacta sunt servanda”, soprattutto nella difesa e sicurezza, perché nessun Paese affida la propria a un altro se le sue decisioni sembrano essere prese senza seguire una procedura chiara, trasparente, motivata, priva di connotazioni ideologiche o elettorali. Questa scelta dovrebbe, quindi, essere coerente con quelle precedentemente assunte e tempestiva rispetto agli avvenimenti che si ritiene possano giustificarla.

In ogni Paese democratico, responsabile e serio, quando si sottoscrive con un altro Paese un accordo di cooperazione nel campo della difesa, si assume un impegno che non può e non deve essere limitato all’interesse del momento, nemmeno se si tratta di un’importante commessa. Ci si impegna solennemente a collaborare per garantirne le capacità di difesa fornendogli i mezzi necessari, l’addestramento del personale (anche con possibili esercitazioni congiunte) e il supporto logistico. Se si qualifica un Paese come amico e partner, resta tale anche quando sbaglia ed eventuali divergenze vanno affrontate con spirito collaborativo, non punitivo.

Se un Paese fa parte dell’Unione europea, la quale punta a una progressiva integrazione dei suoi Stati membri al fine di garantire la sopravvivenza, e quindi l’autonomia, in uno scenario internazionale dominato da grandi potenze globali, la sua politica internazionale deve sempre puntare al massimo coordinamento possibile con quella dei partner, soprattutto i più importanti. Questo renderebbe più efficace ogni intervento ed eviterebbe pericolose differenziazioni col rischio di favorire posizioni concorrenziali. Il primo passo, e non l’ultimo, di ogni iniziativa dovrebbe, quindi, essere sempre quello di cercare di costruire una posizione condivisa, per lo meno con i partner più importanti, invece che marciare autonomamente, cercando di arrivare “primi” in una gara dove alla fine tutti rischiano di perdere.

Gli Stati membri dell’Unione europea devono dunque considerare attentamente eventuali embarghi unilaterali, perché rappresentano potenziali ostacoli alla collaborazione europea. Dando per scontato che nessun grande sistema di difesa trova sbocco sufficiente sul mercato continentale, le esportazioni restano indispensabili. Se non si abbandona il principio che ogni Paese partecipante ad un nuovo programma può esercitare il diritto di veto verso ogni esportazione, il rischio è che venga escluso per non rischiare di minare la sostenibilità di un nuovo programma. Embarghi o revoche di autorizzazioni unilaterali minano, quindi, anche l’affidabilità europea, oltre che quella internazionale.

Inoltre, lo strumento dell’embargo militare si è dimostrato sempre molto debole, a parte rarissime eccezioni. Può avere una certa efficacia se adottato a livello internazionale, ma non sicuramente a livello nazionale, tanto meno se da parte di una media potenza. Un embargo limitato a prodotti facilmente reperibili sul mercato internazionale è completamente inutile e anche un po’ ipocrita perché è come vendere una pistola senza le pallottole: anche un ingenuo capisce che l’interessato le troverà facilmente e potrà usarla senza limitazioni.

Prima di autorizzare determinate produzioni militari che hanno un elevato livello di “sensibilità” politica, ma non sono considerate strategiche, le Autorità ne devono valutare attentamente l’opportunità. Ma se le si autorizza, il Paese deve poi farsi carico delle relative implicazioni. Le decisioni in materia di politica estera dovrebbero essere comunicate nelle sedi e nelle forme opportune, in primo luogo al governo e al Parlamento, anche a prescindere dalla mancanza di una formale procedura decisionale.

Ma, come detto, tutto questo vale per un Paese responsabile e serio. Ieri, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha comunicato sui social la decisione del governo di revocare le autorizzazioni all’esportazione di missili e bombe d’aereo all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti. Purtroppo, della decisione non si trova traccia nei lunghissimi e variegati comunicati delle numerose riunioni del Consiglio dei ministri, né sul sito del Maeci, né nelle comunicazioni alle Commissioni parlamentari o al Copasir (che, forse, tenendo conto della delicatezza del tema, poteva essere coinvolto). Comunque, dal 26 gennaio il governo risulta dimissionario, invitato dal presidente della Repubblica “a rimanere in carica per il disbrigo degli affari correnti”.

Appena tre anni dopo il varo della prima legge italiana sul controllo delle esportazioni (la 185 del 1990), è stato cancellato il Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa  (Cisd), presieduto dal presidente del Consiglio. Così, ogni decisione è rimasta nelle mani del solo ministro degli Esteri. In quella che i pacifisti decantano come la legge più avanzata del mondo è stato azzerata, in un silenzio di tomba, uno dei più importanti tasselli: la responsabilità politica collegiale e al massimo livello delle decisioni in materia di esportazioni militari. E mai come oggi se ne vede, invece, confermata la necessità, adattandola alle nuove esigenze maturate in questi ventotto anni.

Nessuna iniziativa politica italiana risulta essere stata assunta nell’Unione europea al fine di condividere una comune pressione verso i Paesi convolti nelle operazioni militari in corso nello Yemen. E nessuna iniziativa politica risulta essere stata assunta nei confronti dei due Paesi oggi embargati da parte italiana, con uno dei quali, gli Emirati, abbiamo un consolidato rapporto di collaborazione nel campo della difesa. La Piaggio Aerospace, fino al suo fallimento tre anni or sono, era proprietà di una società emiratina e l’abortito programma per il velivolo a pilotaggio remoto P.1HH aveva come unico cliente le Forze armate di quel Paese.

Le vittime civili di questa guerra hanno giustamente sollevato reazioni e proteste nelle opinioni pubbliche del mondo occidentale e richiedono interventi seri, costanti ed efficaci, come, per altro, lo richiedono le troppe guerre dimenticate che continuano a svolgersi in ogni angolo del mondo. Un Paese serio e responsabile non se ne occupa solo fra un intervento sui social e un altro.

FONTE:  https://formiche.net/2021/01/stop-armi-export-nones/

 

 

 

 

 

 

Portaerei Cavour verso gli Stati Uniti: missione con un occhio sulla Libia

La portaerei Cavour è partita alla volta degli Stati Uniti dove acquisirà la certificazione per poter operare con gli F-35B. Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha salutato l’equipaggio quando era ancora in navigazione nel golfo di Taranto accompagnato dal capo di Stato Maggiore della Difesa, Enzo Vecciarelli, dal capo di Stato Maggiore della Marina, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, e dall’ammiraglio Paolo Treu, comandante in capo della Squadra Navale.

Il ministro ha detto una frase particolarmente importante: “Si tratta certamente di un’attività di natura tecnico-operativa, ma con risvolti importanti sul piano strategico-militare per la Difesa e per il Paese nel panorama internazionale”. Il motivo è che dietro questa visita c’è effettivamente un elemento di particolare rilevanza nella strategia della Difesa italiana, e cioè la capacità di una portaerei di operare con gli F-35B. La missione di nave Cavour, dal nome “Ready for operation” vedrà infatti i marinai italiani impegnati per tre mesi in Virginia per operare con la versione “B” degli F-35 sulle portaerei. Sistemi d’arma che poi dovranno sostituire gli “Harrier” che, nell’arco di poco tempo, termineranno la loro vita operativa dopo il primo impiego sulla portaerei Garibaldi nell’agosto del 1991.

Gli F-35″B”, che hanno appunto lo scopo principale di essere imbarcati sulle portaerei in quanto a decollo corto e atterraggio verticale e soprattutto utilizzabili in particolare su piste perfettamente idonee come appunto quelle delle portaerei di ultima generazione, sono oggi uno dei pilastri dell’intero sistema Nato. Pochi sono i Paesi in grado di farne uso e sono altrettanto pochi quelli in grado di operare con una portaerei. L’Italia, grazie a questa certificazione, entra quindi nel ristretto gruppo di Stati con una portaerei in grado di operare con i velivoli di quinta generazione, composto da Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone. Un tema di particolare importanza se si pensa che Londra e Tokyo rappresentano i principali partner militari di Washington nei teatri operativi del Pacifico e dell’Atlantico.

Lo sfruttamento degli F-35B, per la Marina, risulta quindi essenziale non solo nell’ottica di una modernizzazione complessiva della Forza armata, ma anche per il sistema-paese nel momento in cui si richiede questo sforzo per entrare nel novero degli Stati in grado di proiettare la propria forza nei teatri operativi in cui è richiesta la presenza o la prossimità di una portaerei. Questione che ha creato anche un lungo dibattito tra analisti e militari per le distribuzione dei compiti tra Aeronautica e Marina.

La partenza del Cavour verso Norfolk è stata anche l’occasione per Guerini di parlare con il suo omologo americano, il generale Lloyd Austin, con il quale sono state dette parole di particolare interesse nell’ottica dell’impegno italiano e della Nato nel Mediterraneo, che è poi il punto fondamentale dei rapporti tra Italia e Stati Uniti. Guerini ha parlato della Libia, che “rimane tra le principali priorità nazionali” e nella quale “la Difesa contribuisce allo sforzo politico italiano di facilitazione del dialogo intra-libico e di pieno sostegno all’azione delle Nazioni Unite”. Ed è chiaro che la volontà di rafforzare la cooperazione militare (industriale e operative) tra Italia e Stati Uniti può essere anche una delle carte da giocare per avere Washington dalla propria parte nel momento in cui il Mediterraneo sta cambiando gradualmente e repentinamente la propria fisionomia.

In questo senso, le prime notizie che arrivano dalla Casa Bianca devono essere lette con molto interesse. Joe Biden ha fermato la cessione di F-35 agli Emirati Arabi Uniti e di armi all’Arabia Saudita che sono coinvolte anche nel conflitto libico in altre aree di crisi del Mediterraneo allargato. L’ambasciatore americano ad interim all’Onu, Richard Mills, nel Consiglio di sicurezza sulla Libia ha chiesto “a tutte le parti esterne, comprese Russia, Turchia ed Emirati Arabi Uniti, di rispettare la sovranità libica e di fermare immediatamente ogni intervento militare in Libia”. Facendo capire anche ad Ankara, alleato nella Nato, che la sua attività in Tripolitania non è più così gradita agli apparati del Pentagono, addirittura considerandola una forza esterna al pari di Mosca e Abu Dhabi. E lo stesso nuovo segretario di Stato americano, Tony Blinken, ha detto di essere “ansioso di collaborare” con l’Italia proprio su Libia e Mediterraneo.

Dalle parole, ovviamente, bisogna poi passare ai fatti. È chiaro che vi siano le premesse per un rapporto Italia-Usa dove si possa chiedere a Roma più impegno, ma anche più peso, nell’area mediterranea. La certificazione di nave Cavour per gli F-35B a Norfolk, in questo senso, non è una semplice prassi, ma anche un segnale preciso dell’America, visto che la stessa certificazione non può averla la Turchia, cui è stata bloccata proprio la cessione dei caccia multiruolo per la sua politica ambigua sul fronte Nato. “Un passaggio fondamentale su cui si concentrano le energie della Marina Militare, in un settore che allargherà ulteriormente le possibilità di cooperazione tra i nostri due Paesi, tra i pochi ad avere portaerei che imbarcano aerei di quinta generazione. Le importanti cooperazioni industriali transatlantiche in atto ci fanno guardare con soddisfazione e ambizione a nuove future opportunità di collaborazione” ha detto Guerini. Bisognerà capire come e quanto l’Italia sarà in grado di sfruttare questa nuova carta. Altri Stati sono pronti a cogliere le opportunità degli errori italiani da parecchio tempo.

FONTE: https://it.insideover.com/guerra/portaerei-cavour-verso-gli-stati-uniti-missione-con-un-occhio-sulla-libia.html

L’arte della guerra nel XXI secolo. Guerra asimmetrica e imprese militari private

Guerre ibride

Quello di “guerra ibrida (o asimmetrica)” è un concetto ormai ampiamente utilizzato non solo dagli esperti di relazioni internazionali o di strategia militare, ma anche dai giornalisti. Con esso si intende un’azione ostile in cui l’avversario viene aggredito utilizzando una combinazione di operazioni di intelligence, sabotaggio, guerra informatica e supporto a insorti locali attivi sul territorio nemico.

Il concetto, però, ha un ventaglio di significati talmente ampio che può riferirsi anche ad iniziative in cui manca una componente militare attiva. Il presidente della Bielorussia Alexander Lukashenko, ad esempio, ha definito la pressione diplomatica messa in atto dagli Stati membri dell’Unione Europea contro di lui e le contestuali proteste di piazza svoltesi nel suo paese una “guerra ibrida”. Prima di lui, gli stessi funzionari americani, compreso l’ex Segretario di Stato Rex Tillerson, classificarono le “interferenze russe” nelle elezioni statunitensi come “una guerra ibrida“.

L’uso ambiguo del termine da parte dei politici oscura, però, i cambiamenti cruciali che stanno effettivamente avvenendo sul campo di battaglia.

La maggior parte dei conflitti moderni, dagli eventi ucraini del 2014 alle guerre in Libia, Siria, Yemen fino a quella recente in Nagorno-Karabakh, avvengono in modalità di guerra ibrida.

Il confronto diretto tra potenze ha lasciato il posto all’uso sofisticato di combattenti per procura, nonché all’utilizzo massiccio di azioni militari a distanza in cui diventa difficile perfino individuare chi stia pilotando un drone e a quale attore impegnato sul campo risponda. A ciò si aggiungono le operazioni nel cyberspazio e la guerra nell’ambito dell’informazione, in cui il giornalista finisce per essere un vero e proprio soldato, ma su un fronte speciale: quello della propaganda.

Proxy-actors: perché sono necessari

L’elemento più importante della moderna guerra ibrida restano in ogni caso i combattenti per procura, i contractors. Il fenomeno delle “guerre per procura” esiste da tempo ed era particolarmente diffuso durante la Guerra Fredda, nonché ampiamente codificato, come testimoniano il famoso pamphlet di Carl Schmitt Teoria del Partigiano o le ampie riflessioni sulla guerra rivoluzionaria elaborate in quel periodo in Italia e in tutta Europa. Nel 1964 il politologo americano Karl Deutsch definì la “guerra per procura” “un conflitto internazionale tra due potenze straniere, combattuto sul suolo di un paese terzo, camuffato da conflitto civile, e in cui manodopera, risorse e territorio di esso vengono utilizzati per il raggiungimento di obiettivi e strategie estere preponderanti”.

Una definizione più contemporanea di “guerra per procura” è stata fornita da Daniel L. Byman della Brookings Institution, secondo il quale essa viene intrapresa “quando una grande potenza istiga o gioca un ruolo importante nel sostenere e dirigere una parte in un conflitto, ma conduce direttamente solo un piccola parte dello stesso”.

Andrew Mumford, docente di strategia militare e vicedirettore della School of Politics and International Relations presso l’Università di Nottingham, definisce la guerra per procura come “impegno indiretto in un conflitto da parte di terzi che desiderano influenzarne l’esito strategico”.

Una simile definizione riflette un cambiamento sostanziale del significato di guerra per procura rispetto a come il fenomeno è stato inteso durante la Guerra Fredda. Oggi la guerra per procura è qualsiasi conflitto condotto per mano di altri.

In effetti da quando gli Stati Uniti all’inizio degli anni 2000 hanno adottato una dottrina strategica incentrata sul concetto di network, in base al quale azioni ostili possono essere condotte non solo contro avversari immediati, ma anche contro alleati, i conflitti per procura sono diventati ancora più complessi. Di fatto, sono stati gli USA i primi a riconoscere apertamente le nuove strutture flessibili della guerra moderna.

In Siria, ad esempio, sono stati gli americani ad organizzare i curdi delle Forze Democratiche Siriane per combattere l’ISIS. Oggi, grazie ad esse, essi controllano i giacimenti petroliferi della Siria e sono in condizione di usare il fattore curdo per esercitare pressioni su Bashar Assad e sulla Turchia (sebbene essa sia formalmente un alleato degli Stati Uniti).

In Yemen, l’Iran utilizza da anni i ribelli Houthi in funzione anti-saudita ed anti-emiratina, mentre gli stessi Emirati Arabi Uniti sostengono in quello scenario il Southern Transitional Council, ovvero i separatisti dello Yemen meridionale che combattono contro i ribelli Houthi. Tuttavia, il Southern Transitional Council ha periodicamente condotto attacchi anche contro gli alleati dei sauditi, il partito islamista Islah e le truppe del presidente Hadi. Ora, formalmente Arabia Saudita ed EAU sono alleati in questo conflitto, eppure la “guerra per procura” consente loro di condurre, attraverso gli attori ingaggiati sul campo, un confronto più flessibile, con una certa elasticità nell’atteggiamento da tenere nei confronti anche di coloro che almeno formalmente dovrebbero essere considerati alleati, ma che in qualunque momento potrebbero rivelarsi avversari.

Inoltre, per condurre una moderna guerra per procura, spesso non è solo importante organizzare formazioni sul campo, ma anche avere sempre a disposizione “forze per procura” che possono essere spostate da un fronte all’altro. Per l’Iran, ad esempio, questa esigenza è ottemperata dalle brigate Liwa Fatemiyoun e Liwa Zainebiyoun dell’IRGC, composte da rifugiati provenienti dall’Afghanistan e dal Pakistan. Altri players, invece, utilizzano a questo scopo le PMC (Private Military Companies). Non a caso, secondo Andrew Mumford “le PMC sono pronte a diventare in futuro l’elemento principale delle guerre per procura“.

Gli esperti concordano sul fatto che le imprese militari private presentino due importanti vantaggi rispetto all’esercito regolare: costano meno e non causano la cosiddetta “sindrome del Vietnam” nella società civile. Esso sono divenute una componente fondamentale e decisivo della politica internazionale e sono impiegate in numerosi conflitti armati in tutto il mondo. Il loro status particolare, e per molti versi opaco, ne consente l’uso anche in aree in cui alcuni Stati preferiscono agire senza ufficializzare la presenza dei propri soldati.

Di norma, queste strutture lavorano a stretto contatto con le agenzie militari e di intelligence dei loro paesi. Le PMC sostengono la reputazione e altri costi associati alla morte e alle ferite dei combattenti che non sono presenti negli elenchi dell’esercito regolare, svolgendo di fatto lo stesso lavoro.

L’Italia

Il paese più vicino all’Italia dove è in corso una guerra per procura è la Libia. Il dispiegamento in Libia di combattenti siriani addestrati e organizzati dalla Turchia ha dimostrato che Ankara è stata in grado di trasformare l’esercito nazionale siriano ribelle in una “compagnia di ventura”, da impiegare ovunque necessario. Si tratta, in pratica, di una formula a metà strada tra il modello iraniano e le classiche PMC occidentali, dal momento che i siriani operano sotto il controllo della PMC turca SADAT.

La Libia è l’estero vicino più importante dell’Italia, sia sotto il profilo della sicurezza (controllo dei flussi migratori illegali), sia per l’approvvigionamento energetico, eppure il futuro di questo paese è sempre più condizionato dalla volontà di Turchia e Russia. Tanto Ankara quanto Mosca, infatti, stanno utilizzando attivamente attori per procura sotto forma di PMC (SADAT e Gruppo Wagner), mentre Roma continua a muoversi nello scenario libico, alla vecchia maniera, tramite accordi con i vari soggetti politici e la presenza di un piccolo contingente delle proprie Forze Armate.

E’ evidente che Roma dovrebbe rimodulare la propria strategia per garantire i propri interessi nazionali e la propria capacità di influenza in Libia e in altre aree del mondo vitali per l’Italia. Ed è altrettanto palese che anch’essa ha la necessità di dotarsi di moderni strumenti finalizzati alla guerra per procura sul modello delle PMC. D’altronde l’Italia ha già una buona esperienza di partenariati pubblico-privati nell’ambito della sicurezza marittima (come dimostra il caso Marò), che può essere estesa anche agli scenari di conflitto terrestri.

Vale la pena a questo punto mettere a confronto i tre principali modelli di PMC: quello occidentale (principalmente americano), quello russo e quello turco, per capire quale potrebbe essere più adatto al caso italiano. Per effettuare la comparazione, utilizzeremo i seguenti parametri: addestramento ed esperienze di combattimento, ideologia e risultati conseguiti.

 

Addestramento ed esperienze di combattimento

Normalmente, negli Stati Uniti (prenderemo ad esempio Blackwater, oggi ribattezzata Academi) e in Russia (Wagner Group) le PMC sono formate prevalentemente da ex militari, inclusi ex membri delle unità speciali.

Blackwater ha guadagnato notorietà nel 2007 allorchè una sua unità ha ucciso 17 civili iracheni e ferito 20 persone in Nisour Square a Baghdad, per cui quattro contractors americani sono stati condannati negli Stati Uniti, ma recentemente graziati dal presidente Donald Trump.

Blackwater, poi Academi, (entrata a far parte di Constellis nel 2014), ha avuto esperienze di guerra in Iraq e Afghanistan. Altre PMC statunitensi sono invece presenti in Somalia.

Si ha inoltre notizia di una sulla loro partecipazione alla guerra in Yemen dalla parte della coalizione anti-Houthi.

L’esperienza dei russi, invece, è per certi aspetti molto più contenuta, ma al tempo stesso più intensa. Nel 1979 furono impiegati contro i mujaheddin in Afghanistan e, successivamente, contro i ribelli in Cecenia. Considerando che la maggior parte delle guerre per procura vengono combattute in paesi musulmani e che gli europei sono osteggiati soprattutto da gruppi islamici irregolari, i russi possono vantare un’esperienza unica nell’affrontare questo genere di minaccia. Il Wagner Group, infatti, è composto in gran parte da veterani dei conflitti in Afghanistan e Cecenia che conoscono molto bene questo nemico.

La principali esperienze delle PMC americane sono legate alla protezione delle strutture e delle missioni diplomatiche, oppure ad azioni mirate finalizzate all’eliminazione di nemici. In Yemen, ad esempio, i contractors statunitensi sono stati ingaggiati dagli Emirati Arabi Uniti per assassinare i leader del partito Islah, alleato dell’Arabia Saudita, nonostante essa sia a sua volta alleata degli Emirati nella coalizione anti-Houthi (Abu Dhabi considera Islah, ramo yemenita dei Fratelli Musulmani una potenziale minaccia).

I russi, invece, vantano una notevole esperienza nelle operazioni di combattimento sul campo. È stato proprio il Gruppo Wagner, in Siria, a scontrarsi con l’Isis, liberando porzioni significative del paese, compresa Palmyra, riconosciuta dall’UNESCO patrimonio dell’umanità.

Mentre le PMC americane hanno esperienza soprattutto per quanto concerne il controllo di un territorio occupato, i russi sono maestri nella controffensiva e vengono spesso impiegati per respingere terroristi o gruppi radicali e per procedere alla liberazione di importanti aree strategiche. Non a caso, il Gruppo Wagner in Siria, oltre Palmyra, ha dato un importante contributo alla liberazione delle regioni orientali e centrali della seconda città più grande della Siria, Aleppo, alla riconquista dei giacimenti di gas Shaer nella provincia settentrionale di Homs e rottura dell’accerchiamento dell’Isis contro la città di Deir Ezzor.

In conclusione, dunque, le PMC russe rispetto a quelle americane e occidentali vantano una maggiore esperienza di combattimento in termini di contrasto all’offensiva avversaria, nonché nell’ambito della difesa e nell’addestramento degli alleati.

La turca SADAT, invece, è nata nel 2012 ed è un fenomeno molto particolare. Inizialmente essa era controllata da ex militari di matrice islamista che avevano riscontrato difficoltà di inserimento e di carriera nell’esercito regolare di Ankara, da sempre fortemente connotato in senso laico. L’Esercito Nazionale Siriano (una delle principali milizie anti-Assad) è una sua diretta emanazione e gli istruttori di SADAT hanno preso parte direttamente ad operazioni di combattimento in Siria e in Libia e, secondo diverse fonti, nella recente guerra in Nagorno-Karabakh a favore dell’Azerbaigian, dove è stata ripetutamente segnalata la presenza di mercenari siriani, il cui arrivo nel Caucaso poteva essere realizzato soltanto grazie alla collaborazione di SADAT.

SADAT ha una notevole esperienza nella guerra asimmetrica, ma a causa dell’uso di combattenti ribelli siriani è caratterizzato da una disciplina molto inferiore rispetto a quella di un esercito regolare. La Turchia promuove attivamente il “marchio” SADAT, soprattutto nei paesi musulmani. Secondo diversi questa PMC è presente nelle basi turche in Somalia e Qatar. In essa fattore islamista gioca un ruolo importante che la rende inaffidabile per l’Italia.

L’ideologia

Il profilo del fondatore di Blackwater, Eric Prince, dimostra come alla base delle PMC americane ci sia una base ideologica. Prince si è autodefinito un figlio del libero mercato, vicino al mondo della finanza e all’estrema destra protestante americana (sebbene formalmente Prince sia cattolico).

Le PMC americane sono uno strumento organico dell’egemonia USA, promuovono l’eccezionalismo americano e sono fautrici di un mondo unipolare. Come la maggior parte delle PMC, lavorano a stretto contatto con i servizi militari e di sicurezza del loro paese.

Anche il profilo del fondatore del SADAT, il generale turco Adnan Tanriverdi, la dice lunga sul sostrato ideologico dell’organizzazione.

Di tendenze islamiste, vicino al presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, il generale è sempre stato considerato una pecora nera nelle forze armate turche, orgogliose del loro secolarismo. Tuttavia, la guerra in Siria, e il successivo intervento turco nel conflitto militare libico, hanno fatto aumentare notevolmente le sue quotazioni.

Dal 2016 Tanriverdi è consigliere ufficiale del presidente turco ed ha ricoperto questo ruolo fino a poco tempo, all’inizio del 2020, quando è scoppiato uno scandalo: Tanriverdi ha pubblicamente dichiarato che si stava preparando all’avvento del Mahdi, una figura escatologica che nel mondo musulmano annuncia la Fine del Mondo e la battaglia decisiva delle forze dell’Islam contro il Male.

Nonostante lo scalpore suscitato, né Tanriverdi né SADAT hanno perso la loro posizione speciale e, anzi, SADAT è stato attivamente coinvolto nell’invio di mercenari siriani in Libia.

Il generale Tanriverdi ha continuato a professarsi politicamente islamista e, attraverso il Center for Strategic Studies of Advocates of Justice (ASSAM) di cui è presidente, è impegnato a sostenere la creazione della confederazione islamica Asrika (Asia + Africa).

Ingaggiare SADAT, pertanto, significa adottare un modello ideologico non meno rigido di quello americano, volto a diffondere nel mondo i valori occidentali e l’ideologia dei diritti umani, ma nel caso dell’organizzazione turca finalizzato alla costruzione di un progetto islamista, dietro il quale si cela la Fratellanza Musulmana, classificata come estremista e terrorista in molti paesi del mondo.

Il modello russo si presenta come fortemente alternativo ai due analizzati. Mosca, nell’ambito delle relazioni internazionali, è fortemente orientata sui principi del multipolarismo, che ritiene che ogni civiltà disponga di un proprio sistema di valori, in base al quale le varie nazioni sono legittimate a costruire il proprio particolare sistema politico. Coerentemente con questo approccio, le PMC russe tendono a non imporre modelli ideologici ai loro partner, il che rappresenta un vantaggio allorchè ad ingaggiarle sono paesi terzi, la cui sovranità, almeno in teoria, viene rispettata. Non è un caso che la collaborazione dei russi sia stata spesso richiesta dai governi ufficiali, ad esempio quello siriano e quello della Repubblica Centrafricana. Diverso è il caso libico – dove il Gruppo Wagner è intervenuto a sostegno del generale Khalifa Haftar – che però presenta alcune peculiarità, a cominciare dal fatto che entrambi i governi rivali (a Tripoli e Bengasi) mancano di piena legittimità.

A caratterizzare i combattenti delle imprese militari private russe sono, infine, un forte senso di patriottismo e una certa mistica della guerra, intesa come percorso di autorealizzazione esistenziale.

 

Risultati conseguiti

Andiamo ora a considerare i risultati effettivamente raggiunti dalle PMC in esame.

In Iraq e in Afghanistan la questione del ritiro delle truppe statunitensi è all’ordine del giorno, tuttavia in nessuno dei due paesi gli Stati Uniti hanno raggiunto gli obiettivi che si erano prefissi. Il terrorismo, innanzitutto, non è stato sconfitto, al contrario, in Iraq, ad esempio, proprio l’invasione americana ha provocato la nascita dell’Isis. Lo stesso è accaduto in Somalia, dove le PMC occidentali sfruttano la scomparsa dell’elemento statuale per rafforzare il loro potere, lasciando, però, che il paese diventi grande esportatore di terrore e instabilità in tutto il continente africano.

Certo, in Iraq gli americani hanno conseguito il controllo di importanti giacimenti petroliferi, ma il prezzo pagato è stato salato e ha comportato la distruzione dello Stato iracheno e il rafforzamento nell’area dell’Iran, storico nemico degli Stati Uniti, assai più pericoloso per Washington di quanto non fosse Saddam Hussein. Tutto questo senza contare che l’immagine degli USA e delle PMC americane è stata gravemente compromessa nella regione dallo scandalo Blackwater.

La SADAT turca, da parte sua, è riuscita in questi anni ad espandere notevolmente le aree sottoposte al controllo dei gruppi islamisti tanto in Siria quanto in Libia. La realtà è che l’alleanza con vari gruppi armati illegali ha creato un terreno fertile per la crescita del fondamentalismo islamico e del terrorismo, che continuano a rappresentare una costante minaccia per la sicurezza dei paesi vicini e dell’Europa. La stessa Turchia, il cui presidente Erdogan ha ampiamente foraggiato i gruppi più radicali per utilizzarli a proprio vantaggio, corre il rischio di vedere i propri clientes rivoltarglisi contro all’improvviso. A tal proposito basta ricordare che lo stesso Bin Laden era originariamente un alleato degli Stati Uniti.

Ma a prescindere dall’ideologia di base, il modello SADAT presenta ulteriori svantaggi. Ovunque sia intervenuto (in primis Siria e Libia), dopo essere riuscito a stabilizzare il conflitto, esso si è rivelato incapace (o in ogni caso tutt’altro che desideroso) di modificare in modo significativamente gli equilibri di potere e di pacificare il territorio sostenendone la ricostruzione.

Al contrario le PMC russe, ad esempio in Siria, non solo sono riuscite a sconfiggere l’ISIS, ma hanno contribuito a trasformare il paese in un baluardo contro l’estremismo islamico. In Siria lo stato laico è stato preservato, ha ripreso il controllo del proprio territorio e oggi Damasco è un affidabile alleato di Mosca, che viene percepita positivamente anche dalla popolazione locale, dimostrando che oltre alla battaglia sul campo e possibile vincere anche quella reputazionale, nonostante gli orrori della guerra.

In effetti il Gruppo Wagner in Siria, Libia e Repubblica Centrafricana ha saputo presentarsi principalmente come una forza in grado di garantire ordine e sicurezza, anche attraverso l’addestramento e lo sviluppo delle forze armate regolari locali.

Da questa comparazione emerge come i vari modelli operativi esistenti presentino tutti punti di forza e criticità. Ciò che resta indifferibile è l’esigenza italiana di non sottrarsi alla necessità di dotarsi di strumenti che le consentano di partecipare a pieno titolo, anche sul versante militare, alla competizione globale, mantenendo, ovviamente, una linea nelle relazioni internazionali e nell’approccio agli scenari di conflitto coerente con il proprio multilateralismo e con l’ancoraggio all’architettura di legalità internazionale definita dalle Nazioni Unite.

FONTE: https://loccidentale.it/larte-della-guerra-nel-xxi-secolo-guerra-asimmetrica-e-imprese-militari-private/

 

 

 

Il ministero degli Esteri russo, in relazione ai commenti del segretario di Stato americano Anthony Blinken, ha chiesto che gli Stati Uniti smettano di interferire in questioni di politica interna.

“La grave ingerenza degli Stati Uniti negli affari interni della Russia è una cosa comprovata, così come la “promozione” di fake ed appelli a manifestazioni non autorizzate da parte di piattaforme su internet controllate da Washington. Il supporto per la violazione della legge da parte del segretario di Stato americano Anthony Blinken è un’altra conferma del ruolo dietro le quinte di Washington. Le azioni volte a incoraggiare le proteste fanno parte di una strategia per la deterrenza della Russia”, si legge in un post su Facebook del ministero degli Esteri russo.

Nel merito il ministero degli Esteri russo ha chiesto “di smetterla di interferire negli affari interni degli Stati sovrani” e ha ricordato la responsabilità di diffondere notizie false su manifestazioni non autorizzate.

All’inizio della giornata il segretario di Stato americano Anthony Blinken aveva pubblicato un tweet condannando “l’uso persistente di tattiche repressive contro manifestanti pacifici e giornalisti da parte delle autorità russe” durante le manifestazioni odierne, chiedendo a Mosca di “rilasciare quelli che erano stati arrestati per aver esercitato i loro diritti umani, tra cui Alexey Navalny”.

FONTE: https://it.sputniknews.com/politica/2021013110068270-mosca-chiede-agli-usa-di-smetterla-di-interferire-negli-affari-interni-russi/

 

 

 

CULTURA

“COVID & ESOTERISMO”: DIFFUSIONE DELL’EPIDEMIA E SOVRANNATURALE

“Covid & Esoterismo”: diffusione dell’epidemia e sovrannaturaleIl 2020 sarà ricordato per la pandemia da Sars-Cov-2 che, propagandosi ovunque, ha creato nuove dinamiche, sconvolgendo la vita e le abitudini degli abitanti dell’intero pianeta. Sul Coronavirus è stato scritto e detto di tutto e di più; scienziati, medici, politici, statistici, economisti, filosofi, divulgatori si sono susseguiti sul palcoscenico mediatico dal 2019 a oggi, per illustrare, dalla loro angolatura, il fenomeno pandemico. Vi è stato poi chi ha affrontato il contagio globale da un punto di vista irrazionale, leggendolo in chiave esoterica e il libro “Covid & Esoterismo” di Luigi Pruneti e Antonio Donato, si pone in quest’ultima ottica, esaminando in sei brevi ma esaustivi capitoli, il tema della diffusione epidemica alla luce di alcune tradizioni esoteriche, le cui radici sconfinano nel mistero stesso dell’esistenza; il senso del fato e dell’imponderabile che, infatti, ha accompagnato l’uomo sin dalla notte dei tempi. Il messaggio degli autori è di non considerare, come unica via interpretativa della realtà, la ragione, ma di lasciare spazio anche a chiavi di lettura antiche quanto l’uomo, che sconfinano nel sovrannaturale, con una visione dei fenomeni, apparentemente inspiegabili, non solo empirica. Pertanto, la pandemia del XXI secolo è stata vista alla luce del profetismo, della legge karmicadell’astrologia, della cabala, dei tarocchi, della numerologia e delle rune.

L’uomo globalizzato che tende a rifiutare l’idea della morte, travolto da un fenomeno che pensava appartenesse solo a secoli lontani, è stato preso da angoscia, le sue certezze sono state minate e, in attesa di risposte risolutive da parte della scienza, guarda con attenzione alla sfera dell’irrazionale. Ciò lo porta, ad esempio, a interrogare profeti antichi e recenti, desideroso di sapere se questa calamità fosse stata prevista. Ed ecco emergere dalle pagine del libro veggenti celebri come Nostradamus o recenti come Sylvia Browne che, nel 2008, insieme a Lindsay Harrison scrisse “End of days”, dove si legge che nel 2020 sarebbe stato normale indossare mascherine chirurgiche e guanti, per una virulenta affezione alle vie respiratorie, simile a una polmonite difficilmente curabile. La pandemia sarebbe scomparsa, aggiungono i due autori americani, dopo un certo periodo, per ripresentarsi dopo dieci anni e, quindi, scomparire definitivamente. Molti hanno visto nell’epidemia una ribellione della natura stanca di essere violentata dall’uomo. Una tale posizione può essere interpretata, si chiedono Luigi Pruneti e Antonio Donato, nella legge del karma che disciplina gli eventi, opponendo ad ogni azione una reazione di pari forza, onde ripristinare l’equilibrio?

Altre risposte fornisce la cabala, ove il nome del virus evoca la sefirah Keter, da qui tutta una serie di osservazioni che conducono il lettore in un labirinto sapienziale e mistico che passa attraverso la ghematria, i dibbuk, le kellipot e la creazione stessa dovuta a En Sof. Un passaggio quest’ultimo che porta a interrogarsi sulla genesi del male, da ricercarsi forse, negli influssi negativi del corpo sull’anima, nella lontananza dal bene, nell’imperfezione della materia. O, invece, il male è un difetto di origine, un evento imprevisto, generato dalle dinamiche stesse della creazione?

Più semplice è affidarsi ai tarocchi: l’anno dell’esplosione della pandemia risponde al ventesimo arcano, il Giudizio. In questa carta è presente l’immagine di un angelo che annuncia col suono di una tromba l’avvento dell’ultimo giorno. In basso tre figure nude, escono da un sepolcro, indice di un’umanità rigenerata. Ciò che è stato salvato dall’ad rationem può essere ricondotto ad un appropriata forma spirituale. Ed è proprio questo il senso della carta: la vittoria sulla materia, sul caos, sul male.  Passando alla numerologia si evince che, insieme al 20, il numero al quale è più legato il virus è il 19: le due ultime cifre dell’anno in cui si è manifestata la pandemia, l’anno che ha contribuito a dare un nome all’agente pandemico. Storicamente, per gli antichi egizi il 19 era un numero infausto, responsabile di nequizia e di disordini. La tradizione dei “Grimori” tende ad eliderlo, in quanto capace di attrarre l’ira delle entità celesti, contrarie alle arti magiche.

Infine “Covid & Esoterismo” si sofferma sulle rune, le lettere del “Fuþark”, un arcaico alfabeto norreno, usate per iscrizioni epigrafiche, su legno o su pietra, spesso adoperate per riti magici e pratiche divinatorie.  Nel  mondo delle “rune” la lettera connessa al numero 19 è “Ehwaz”, sinonimo di morte, malattia e indice di un futuro gravato da fosche nubi. Questo originale libro, di cui consiglio la lettura, si conclude con la previsione che, nell’anno in corso, la pandemia sarà finalmente debellata, ma lascerà dietro di sé una scia di morti e gravissimi danni economici e sociali. Oltre a un amaro monito: il male non conosce ostacoli “se non nella nostra capacità di recuperare una dimensione di umanità vera, forse smarrita per il nostro impermeabile e oscuro involucro di egoismo”.

(*) Luigi Pruneti, scrittore e saggista, da oltre quaranta anni si occupa di storia, simbologia e esoterismo. È direttore responsabile dei periodici “Iside” e “Rosa Mistica” e autore di oltre cinquanta volumi.

(*) Antonio Donato, ingegnere, appassionato di simbologia, esoterismo e studi tradizionali. È autore di numerose traduzioni di manoscritti latomistici del Settecento e del libro “Runar – Tra i segreti delle rune”, Gedi Gruppo Editoriale, 2016.

Luigi Pruneti – Antonio Donato, “Covid & Esoterismo”, Collana “Nomos”, L’Arco e la CorteBari 2020

FONTE: http://www.opinione.it/cultura/2021/01/28/pierpaola-meledandri_covid-esoterismo-epidemia-sovrannaturale-coronavirus-tarocchi-angoscia-cabala-astrologia-numerologia/

“Addio mascherine”: una speranza più forte della metafora. Come la libertà sia legata alla responsabilità

Davide Giacalone è l’autore di un saggio profondo. Un libro di analisi sulla contemporaneità politica, sociale, economica che ci pone tutti dinanzi ad una evidenza: quanto siamo responsabili della nostra libertà e quanto, quest’ultima, sia il perimetro della nostra responsabilità senza sfociare in arbitrio o, peggio ancora, in altro.

Chi ha la possibilità di leggere “Addio Mascherine”, edito da Rubettino nel novembre 2020, viene catapultato davanti ad uno specchio, immaginariamente, con tutto sé stesso riflesso: il rapporto con la politica, con i governanti, con la pandemia (la prima ondata di inizio 2020), ma anche con le scelte del passato che si riflettono sull’oggi.

Il titolo non è certamente una chiamata alle armi della svestizione dal famoso strumento protettivo; anzi è del tutto l’opposto. Un chiaro messaggio, posto in metafora, che segna l’obiettivo ed al contempo il mezzo: come decifrare il grado di libertà che viviamo e che, ipoteticamente, vivremo.

D’altronde la libertà del domani dipende dall’ossequioso rispetto della protezione di sé stessi e degli altri, appunto, mediante l’utilizzo della mascherina: gesto che inquadra la c.d. cultura della responsabilità dell’Uomo verso i suoi simili. Senza inganni come invece, ad esempio, capitò a Pinocchio.

Infatti, il richiamo alla conversazione del Collodi (tra il celebre burattino e la coppia del gatto e la volpe) si pone come una sorta di lente d’ingrandimento sulla cocciutaggine degli italiani che, eternemente fedeli al romanticismo politico, continuano a scegliere di “conservare l’inconservabile” pur cambiando gli interpreti volta per volta con le elezioni.

Giacalone si riferisce, evidentemente, ad una mentalità cronicizzata nel sistema Paese. Non a caso l’ex Capo della segreteria di Palazzo Chigi pensa che siano più pericolose le mascherine che coprono gli occhi; quelle che, sempre con l’arte metaforica, rischiano di renderci così ciechi da condurci a non poter fare a meno di maestri del rattoppamento nella fase post-pandemica: elegante allusione ai pantaloni degli italiani (tasche incluse).

I gangli burocratici uniti all’esame delle dinamiche dei vari rischi incombenti sul sistema-paese passano, però, anche da cose positive che caratterizzano gli italiani: il non demordere ed il volontariato. Bastano questi elementi a superare la crisi? Certo che no.

Giacalone, nel suo abile ed appassionato saggio, individua anche alcune delle debolezze di un mondo (nostro) che grida al “nulla sarà più come prima”, ma sul cui senso occorre intendersi, interrogarsi seriamente e riflettere; cioè se con tale affermazione si vuole andare oltre la pandemia, imparando dagli errori (come fece Pinocchio nel racconto di Collodi) e ripensando il Paese dei prossimi 50-100 anni, oppure se si spera “follemente” e solamente di tornare indietro.

L’essenza su cui “Addio mascherine” poggia l’impianto della scorrevolissima dissertazione proposta dall’autore è un inno al concetto di responsabilità che passa, per forza di cose, dalla cultura dell’errore in connubio con la ricerca spassionata della verità: la stessa che scattò dentro Pinocchio una volta realizzato l’inganno del gatto e della volpe. Tipico della bontà d’animo come quella degli italiani.

Temi caldi come l’integrazione e la globalizzazione fanno da cornice a quel che troppi danno per scontato. Perciò “Addio mascherine” esprime una direzione a senso unico e, al contempo, senza ritorno: capire lo sbaglio del presente e voler davvero cambiare.

Se nel passato v’è stato del ridicolo (un riferimento su tutti l’autore lo stadia nel debito pubblico), quando come Paese abboccavamo all’idea che i soldi si seminassero e si generassero da soli, abbiamo ora l’opportunità di riscattarci ma solo condizione che il vero addio lo diremo al “mascheramento dei problemi”. Con schiettezza e voglia di affrontarli una volta per tutte. Qui conta, però, la scelta della classe dirigente: quella che cresce nelle scuole, nelle università, nel mondo del lavoro. Insomma che va coltivata.

In altre parole l’addio alle mascherine dobbiamo farlo con una responsabilità programmatica che possa farci vedere la luce in fondo al tunnel con una chiave di lettura liberale: non abituarci alla libertà come concessione (riferimento ai famosi Dpcm ed alle c.d. autocertificazioni), ma come precondizione umana il cui alto senso in termini di dignità è irrinunciabile per ricostruire. Pinocchio ce lo insegna ancora: dall’esperienza dell’inganno si può imparare una morale. Come direbbe Mark Twain “è molto più facile ingannare la gente, piuttosto che convincerla che è stata ingannata”.

E Giacalone, impavidamente, ci prova con il suo saggio.

Davide Giacalone è il Vice Presidente della Fondazione Luigi Einaudi. Autore di numerosi articoli, studi e libri: l’ultimo è appunto “Addio Mascherine”. È saggista ed editorialista. Attualmente collabora con l’emittente radiofonica nazionale RTL 102.5 per la quale commenta, nel pro-gramma Non stop news, le prime pagine dei quotidiani nazionali. Dal 1980 al 1986 è stato segretario nazionale della Federazione Giovanile Repubblicana. Dal luglio 1981 al novembre 1982 è stato Capo della Segreteria del Presidente del Consiglio dei Ministri. Dal 1987 all’aprile 1991 è stato consigliere del Ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni. Con Rubbettino ha pubblicato da ultimi: Rimettiamo in moto l’Italia (2013), Senza paura (2014), Sindrome Calimero (2015), Viva l’Europa viva (2017), RiCostituente (2018), Arrivano i barbari (2018) e LeAli all’Italia (2019).

FONTE: https://loccidentale.it/addio-mascherine-una-speranza-piu-forte-della-metafora-come-la-liberta-sia-legata-alla-responsabilita/

 

 

 

La guerra civile è la madre di tutte le cose

Alessandro Colombo riflette sui conflitti interni agli Stati. C’è chi li considera marginali, ma sono il motore della Storia

Da trent’anni a questa parte, si sono succedute nel mondo una serie impressionante di guerre civili, dalla Jugoslavia, all’indomani della caduta del Muro di Berlino, alla Somalia e più in generale all’Africa occidentale, dal Medio Oriente all’Ucraina. Il primo paradosso legato a questo fenomeno, nota Alessandro Colombo nel suo Guerra civile e ordine politico (Laterza, 310 pagine, 25 euro) è che la riflessione storica che lo accompagna è di matrice occidentale (un concetto dell’immaginario greco, la stasis della Repubblica di Platone, a cui il mondo romano mette il suo sigillo nominale, il bellum civile), ma se si scorre l’elenco fatto all’inizio si vedrà che, nella stragrande maggioranza, con l’Occidente non ha nulla a che vedere.

Questo, scrive Colombo, «pone un enorme problema di traduzione. In quale misura l’immaginario, l’iconografia e la comprensione della guerra civile maturati in duemila anni di storia occidentale possono essere trapiantati senza forzature nei contesti culturali e istituzionali non occidentali? È sufficiente l’universalizzazione, spesso superficiale, della forma-Stato per universalizzare anche l’esperienza e il concetto della guerra civile? Oppure è meglio chiedersi se, dietro la facciata di questa omogeneità non sia proprio il permanere di imponenti eterogeneità storiche, culturali e istituzionali a spiegare la presunta novità delle nuove guerre civili?». Detto in altri termini, non è proprio la pretesa occidentale, con i suoi imperativi di Stato-nazione a fare da detonatore delle resistenze altrui, a cui vengono in sostanze date delle logiche e delle spiegazioni che rispetto alla realtà risultano illogiche e non spiegano nulla? In quest’ottica si capisce anche come, nel tentativo di applicare un paradigma antico, si finisca per appiccicargli forzatamente l’aggettivo nuovo davanti: nuove guerre civili, nuovo terrorismo, nuova guerra eccetera…

Un’impostazione di questo genere si porta dietro una sorta di marginalizzazione del problema. In sostanza, le guerre civili si situerebbero ormai al di fuori degli spazi centrali del sistema internazionale, avrebbero cioè a che fare, osserva l’autore, con «qualche forma di arretratezza economica, politica o persino culturale». Si nasconde qui un secondo paradosso, perché si considera un residuo passivo, per dirla in termini paretiani, ciò che costituisce un’esperienza centrale della storia europea, della nostra stessa storia nazionale. Attorno a essa «ruotano alcune delle determinanti fondamentali dell’ordine politico: l’edificazione e la successiva implosione della distinzione tra noi e gli altri; la conseguente separazione tra ciò che è dentro e ciò che è fuori dall’unità politica e quindi tra politica interna e politica estera; la distinzione ancora più capitale tra violenza buona e violenza cattiva, legittima e illegittima, legale e criminale».

Alessandro Colombo è uno dei pensatori più interessanti nell’attuale panorama politologico italiano; suo è anche La guerra ineguale (il Mulino), un classico sul tramonto della cosiddetta società internazionale rispetto alla sua capacità di tenere distinte la pace dalla guerra, l’uso della forza e la sua legittimità.

Tornando al tema guerra civile e venendo al nostro mondo occidentale, per capire quanto sia importante rifletterci sopra, basteranno due riferimenti alla contemporaneità. Il primo ha a che fare con il fenomeno basco e catalano, il cosiddetto separatismo all’interno di un unico, supposto, tessuto nazionale. Il secondo, recentissimo, il profilarsi di due Americhe, all’indomani della sconfitta del presidente Trump, reso ancor più tangibile dall’assalto-occupazione del Parlamento In entrambi i casi, il riferimento più corretto è quello alla stasis greca, ovvero la sedizione: «Non ancora o non necessariamente una guerra civile, ma qualcosa che può sempre diventarlo» e che nel frattempo «indica solo uno stato radicale di discordia -tanto radicale da lasciare intravedere dietro l’unità apparente della polis l’esistenza o, almeno, l’incombere di due poleis diverse (i ricchi e i poveri, i pochi e i molti, gli oligarchici e i democratici)».

Se si guarda alla storia europea, si vedrà del resto che, a partire dal XVIII secolo, il concetto di guerra civile è per molti versi riletto e/o nobilitato nel suo coniugarla come rivoluzione, ovvero «la forma stilizzata di un pendant concettuale, e come tale «caricata o sovraccaricata di un significato positivo». In quest’ottica, da quella francese a quella russa, passando per la quasi totalità delle esperienze rivoluzionarie dell’Otto-Novecento, dalla Comune di Parigi allo spartachismo tedesco, la sua nobilitazione ha come contrappasso l’esclusione «in partenza di qualunque traccia di eguaglianza politica o persino morale tra le parti in conflitto. Non casualmente, al polo positivo della rivoluzione viene contrapposto il polo negativo della controrivoluzione o, più tardi, della reazione». Naturalmente, e Colombo lo sottolinea in maniera ampia, in questo passaggio nominale c’è anche lo scarto legato a una «temporalità lineare e progressiva del Moderno». In sostanza, il revolvere ovvero il tornare alle origini, si trasforma nell’ «idea inaudita che il corso della storia potesse ricominciare dal principio per dischiudere un mondo interamente nuovo, un mondo mai vissuto né narrato prima».

L’eclissi del termine guerra civile rispetto al termine rivoluzione, la celebrazione della seconda a danno dell’esecrazione della prima e della sua dissoluzione, se da un lato spiega «la mancanza di una teoria della guerra civile sino alla fine del Novecento», dall’altro non riesce però a nascondere quanto, oggi come oggi, anche il termine rivoluzione appaia anacronistico. Sia perché travolto dal fallimento storico delle rivoluzioni del XX secolo, sia, e più radicalmente, ci dice Colombo, «per il riflusso della fiducia moderna nella capacità di orientare la realtà e subordinare la violenza all’intelligenza politica. Non è un caso che, per esprimere l’aspettativa o il timore del mutamento, il lessico contemporaneo ricorra sempre più spesso al termine crisi invece che al termine rivoluzione». È insomma scomparso quel senso di speranza e di «deontologia politico-professionale del risanamento», e sempre più forte, al suo posto, lo spettro dell’insicurezza, della paura e dell’incertezza.

Tutto questo aiuta a capire la cortina fumogena che continua ad aleggiare intorno al concetto di guerra civile. Proprio perché scaturisce dal collasso di un ordine politico e rimanda alla fondazione di quello successivo, esso rappresenta «la più radicale di tutte le guerre» e questo suo «stare alla radice» la rende irriducibile alle categorie abituali del pensiero politico e giuridico. Queto spiega anche perché sia «la più vera» di tutte le guerre, stante l’assunto di von Klausewitz, della «guerra in sé», il cui obiettivo è «costringere l’avversario a piegarsi alle proprie volontà». Per inciso, ciò carica il monito gramsciano «Io odio gli indifferenti», ovvero il disprezzo per gli scettici, i non impegnati, i tiepidi, oggi spacciato per una sorta di preghierina laico-umanitaria, in un vero e proprio breviario, per il suo tempo, della guerra civile: «Vivere vuol dire essere partigiani. Indifferenza è abulia, è parassitismo. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti».

Si arriva così all’ultimo, estremo paradosso, portato finale del Novecento che ci siamo lasciati alle spalle, la delegittimazione, in tono umanitario, della guerra esterna interstatale, la glorificazione di quella interna, ribattezzata come guerra di liberazione, Resistenza eccetera, trasformata in grande epopea patriottica. Non a caso Colombo riprende le riflessioni del Montherlant di La guerra civile: «Io rigenero e ritempro un popolo: ci sono popoli che sono scomparsi nella guerra nazionale; non ce ne sono che siano scomparsi in una guerra civile». Solo che alla lucidità dello scrittore francese, il pensiero politico egemone preferisce oggi un chiacchiericcio pacifista che la nega proprio dopo averla esaltata in quanto «guerra giusta»… «Il fatto che gli Stati appaiano sempre meno in grado di chiedere ai propri cittadini di morire e uccidere in proprio nome», osserva Colombo, alla fine del suo excursus, «non prelude necessariamente a qualche pacificazione universale. Perché gli Stati stessi possono trovare, come sta già avvenendo, qualcun altro a combattere al posto dei propri cittadini», mercenari, milizie alleate, droni, ma soprattutto «perché qualche altro soggetto può arrivare a scalzare gli Stati prendendo nuovamente possesso dell’ostilità politica e della guerra».

FONTE: https://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/guerra-civile-madre-tutte-cose-1920387.html

 

 

 

CYBERWAR SPIONAGGIO INFORMAZIONE DISINFORMAZIONE

È colpa vostra che ci state a sentire. Covid e doppio legame.

«Visto? Il contagio rallenta. La curva flette. Erre con zero alla meno due: vai di zona gialla. Però non dappertutto. Serve un monito. Memento Abruzzi! Se fate i cattivi, finite come l’Abruzzo, branco di irresponsabili. Chiama i giornalisti, digli che salviamo i consumi, salviamo il Natale. Forza, diamoci dentro col cashback. Uniti! Però non esageriamo. Il troppo stroppia, ce lo dice la Scienza. Non così, perdio! Come osate? Assembramenti ovunque. Qua si balla sul ponte del Titanic. La terza ondata sarà disastrosa. Bastardi. Allora sapete che c’è? Niente pranzo di Natale in famiglia. Ben vi sta. Non si esce dal comune. Come dici? A Roccafritta non c’è manco una tabaccheria? E chissenefrega, vi fumate la merda secca. Servono sacrifici. Però dai, coraggio, se fate i bravi, forse tra qualche giorno permettiamo gli spostamenti dentro la Regione. E siccome siamo per la meritocrazia, i più fortunati possono vincere la lotteria degli scontrini e 5 mascherine in regalo col giornale. No, ma che vi salta in testa? Avete frainteso. Est virtus in aurea medio stat rebus! Tanta fatica per niente. Assembramenti anche a Roccafritta. La gente non capiscono. Siamo in guerra. Mai tanti morti dal ’44. Era il ’44, no? O il ’24? Boh, comunque sia, ve la siete voluta: niente pranzo di Natale, zona rossa a Capodanno, si esce solo con la giustificazione firmata dalla Befana. Lo sappiamo: avevate già in mente di eludere i robocop e i tracciamenti. Come “quali tracciamenti”? Ma che domande fate, lo vedete che siete negazionisti? Che delusione. In compenso, c’è tempo fino all’antivigilia per accumulare scontrini e combattere l’evasione. Guardate che poi ci ringrazierete, perché così il Natale è più autentico, davvero lo abbiamo salvato, giusto Francesco? Avanti, sbrigatevi a comprare tutto entro il 22. Stipatevi sui treni nel fine settimana del 19/20. Prendete d’assalto i negozi, sorridete ai fotografi. Fateci vedere cosa sapete fare. Così poi si ricomincia, non è divertentissimo? No, bastardi, è la guerra! Non avete capito. Tortellini proibiti dopo le 12.30 e dieci Avemarie. Vediamo se adesso vi pentite davvero!»

FONTE: https://www.wumingfoundation.com/giap/2020/12/e-colpa-vostra-che-ci-state-a-sentire-covid-e-doppio-legame/

 

 

 

LA MISTERIOSA MORTE DI BRANDY VAUGHAN

NOTA ATTIVISTA CHE DENUNCIÒ BIG PHARMA

14 Dicembre 2020

Lei si chiamava Brandy Vaughan, era un ex rappresentante farmaceutica della Merck, e da anni, dopo esserne uscita, denunciava le nefandezze di Big Pharma.  Muore in circostanze misteriose e  Lascia un figlio di 10 anni proprio mentre gridava al mondo ciò che contengono i VACCINI.

Dal profilo Facebook di Brandy Vaughan.   Il post che non vorrei mai scrivere…  Ma date alcune tragedie improvvise negli ultimi due anni, mi sembra assolutamente necessario pubblicare questi dieci fatti… e per favore fatelo uno screenshot per la cronaca.

1. Non ho MAI pensato di togliermi la vita, nemmeno una volta, mai. Anche prima che avessi mio figlio.

2. Ho una missione enorme in questa vita. Anche quando lo rendono molto difficile e spaventoso, non mi toglierei MAI la vita. Punto e basta.

3. Bastien significa tutto per me e non lo lascerei MAI. Punto e basta. Ho la custodia esclusiva e lui ha bisogno di me quanto io abbia bisogno di lui. Non penserei MAI di lasciarlo un secondo.

4. Non sono MAI usato un antidepressivo né mi è stato diagnosticato una depressione – non crederci se mai sentissi qualcosa del genere.

5. Non ho MAI assunto un farmaco farmaceutico quotidiano. E non prendo farmaceutici da 10 anni (e dieci anni fa era una pillola, un giorno). Niente al banco, niente dietro prescrizione. In altre parole, non sto su nulla che possa uccidermi inaspettatamente o improvvisamente. Neanche io ho mai preso droghe illegali. Neanche una volta.

6. Non esiste che qualcuno possa entrare in casa mia, nessun rapinatore, nessun ex arrabbiato (che non ho cmq), nessuna gente fanatica – la mia casa è come Fort Knox… a meno che non fosse qualcuno super professionista. Semplicemente non sarebbe possibile per nessuno senza attrezzature e tattiche altamente speciali (cioè, a distanza, abbattere il mio sistema di sicurezza ad alto livello, cosa che hanno già fatto in precedenza, purtroppo). Ma il mio posto è anche altamente sicuro in modo un po ‘ rigido. Quindi, anche se la corrente fosse finita, la maggior parte delle persone non potrebbe ancora entrare.

7. Se mi dovesse succedere qualcosa, è un fallo e sai esattamente chi e perché – dato il mio lavoro e la mia missione in questa vita. Anche io NON sono incline agli incidenti. E ho ottenuto la massima valutazione sanitaria possibile quando ho controllato una batteria di test medici un paio di anni fa per la mia polizza sulla vita.

8. Se mi dovesse succedere qualcosa, ho disposto che un gruppo affiatato di amici inizi un GoFundMe per assumere una squadra di investigatori privati per capire tutti i dettagli (ho la squadra e ho trasmesso loro le informazioni) Oh, e soldi per un’azienda di PR da fare.   È una notizia nazionale. Ci sarebbe un comunicato stampa inviato a tutti i giornalisti di questo paese (e altro). Non verrebbe travolto sotto il tappeto, e sarebbe il loro peggior incubo.

9. Ce ne sono stati molti in questa missione o uno simile che sono stati uccisi ed è ora che queste stronzate smettono. Il buio non può vincere.

10. Non smetterò MAI di parlare apertamente per chi non può più. 😉

FONTE: https://www.rassegnastampa.eu/articoli-in-evidenza/la-misteriosa-morte-di-brandy-vaughan-nota-attivista-che-denuncio-big-parma/

 

 

 

 

DIRITTI UMANI

La fuga di Logan

Dove non potranno andare gli over 70? Non partecipano a movidas né ad affollate feste private a base di droga, sesso e rock-and-roll. Gli piace andare ai concerti, ma i concerti non si tengono…

lockdown

lockdown

Redazione2 novembre 2021 di Piotr.

Il capitalismo è un sistema che esclude. L’inclusione o l’esclusione sono decise in base all’efficienza nel generare profitto e rendita. Per il resto il capitalismo non si sente vincolato da nessun obbligo verso la società, i suoi uomini e le sue donne. Questa logica può essere dissimulata durante i periodi di espansione, ma quando la crisi morde si riaffaccia poco a poco per poi conclamarsi apertamente.

Il Nixon shock del 1971 segnalò l’inizio della crisi sistemica che ancora oggi, enormemente aggravata, ci avvolge. Seguì quasi un decennio di scontri tra il Potere del Denaro e il Potere del Territorio. Il primo spingeva verso politiche di austerità, di liberalizzazione, di privatizzazione del dominio pubblico, di super sfruttamento dei lavoratori interni e di meticoloso controllo e sfruttamento degli spazi esterni ai centri capitalistici storici. Il secondo cercava di resistere con politiche espansive che rilanciassero l’economia reale (sempre capitalistica, ovviamente) e le sue benefiche ricadute sulla “middle class”, sentendosi vincolato verso la società (Nixon si spinse a dire “Adesso siamo tutti keynesiani” – pochi mesi dopo venne fatto fuori dallo scandalo Watergate).

Alla fine degli anni Settanta questa lotta stava indebolendo entrambe le parti e i due Poteri, di conseguenza, strinsero un patto all’insegna del nuovo paradigma di accumulazione, cioè la coppia finanziarizzazione-globalizzazione. Iniziò l’epoca di Reagan e della Thatcher e tutto quel che ne seguì: una ripresa dell’aggressività imperialistica dopo la breve pausa seguita alla sconfitta in Vietnam e la progressiva concentrazione della ricchezza in mano a una ristretta élite, il famoso “1%”. Un uno per cento, però, che raccoglie attorno a sé ceti ancillari che da questa concentrazione traggono beneficio e/o di questa concentrazione sono i funzionari o di questa élite sono i giullari. Una porzione minoritaria ma ampia della popolazione, come si può osservare, ad esempio, con la polarizzazione dei voti nei Paesi occidentali: grandi centri metropolitani vs provincia, stati costieri vs stati centrali (negli USA), centro della città vs periferia, eccetera. Quindi il famoso “Voi siete l’1% noi il 99%” reso celebre dal movimento Occupy Wall Street ha un senso propagandistico ma se ci si crede non si può far politica.

Infatti, se è vero che non siamo più in presenza del Quarto Stato come soggetto autonomo (la classe operaia, in senso generale), non è invece vero che si è costituito un nuovo Terzo Stato, sebbene l’élite abbia assunto sempre più caratteri neo-signorili e a tratti neo-feudali, con una grande differenza rispetto alle forme originali: un progressivo disconoscimento dell’obbligo di mantenere i propri sudditi.

Quest’ultima caratteristica è costitutiva del capitalismo, ma di fronte alla montante importanza politica, sociale ed economica del proletariato che obbligava la classe borghese a prendere sul serio i propri proclami di libertà, uguaglianza e fraternità, doveva essere tenuta nascosta come una vergogna. In Europa, con la sconfitta dei fascismi e la vittoria dell’URSS, questa sorta di “eugenetica sociale” diventava un tabù impronunciabile.

In particolare gli Stati e le loro istituzioni, sostenuti nella pratica dalla grande ripresa economica del dopoguerra, contrastavano il cosiddetto “spencerismo sociale” fin nelle loro Carte fondamentali, esempio tipico della contraddizione tra il Potere del Territorio (legato al luogo) e il Potere del Denaro (legato ai flussi). Ovviamente se si pensa che questi due poteri coincidano o che il primo sia succube dell’altro e che non ci sia differenza tra auctoritas e potestas, quanto appena detto non ha senso.

 

Questo breve riassunto degli ultimi 50 anni di storia sono necessari per capire in che contesto questo tabù viene rotto, vuoi in modo diretto, brutale e arrogante, vuoi in modo ipocrita, vuoi con le migliori intenzioni. Il contesto è quello dell’enorme aggravamento della crisi sistemica e il sovra-contesto, oggi, è quello della pandemia e degli sconvolgimenti economici, geopolitici, politici, ideologici e culturali che queste due crisi incrociate stanno inducendo.

 

“Quando si sorpassano i 60-65 anni, l’uomo vive più a lungo di quanto non produca e costa caro alla società. L’eutanasia sarà uno degli strumenti essenziali delle nostre società future. Macchine per sopprimere permetteranno di eliminare la vita allorché essa sarà troppo insopportabile, o economicamente troppo costosa” [1].

Così Jacques Attali, membro importante dell’establishment europeo e internazionale. Non si parlava ancora di pandemie, ma era un ragionamento di freddo efficientismo capitalistico. Non un piano, ma una breve nota, buttata lì con nonchalance; poche righe in uno scritto ben più ampio, per futura memoria.

Ora, con la pandemia, la memoria è riaffiorata, con la sua vergogna coperta da un edificante “mettiamo in sicurezza gli anziani”. [2]

 

C’era già un che di implicitamente “attaliano” nella proposta di Vittorio Colao di continuare a tenere a casa a oltranza gli over 60. Proposta respinta all’epoca da Giuseppe Conte e giudicata una follia giuridica dal presidente emerito della Corte Costituzionale, Sabino Cassese.

E c’era già un che di implicitamente “attaliano” nella volontà di Ursula von der Leyen di tenere a casa gli over 60 fino a Natale.

Oggi la proposta riemerge, al fine di scongiurare nuovi lockdown generalizzati.

Era stata adombrata, ad esempio, dalle parole di Matteo Bassetti, dell’ospedale S. Martino di Genova, persona in generale ragionevole e moderata che infatti poi si è corretta specificando che intendeva una “differenziazione di orari, ovvero fasce in cui studenti e lavoratori escono e orari differenziati per le persone anziane” (si vedano [3] e[4]).

È riemersa secca e senza ripensamenti nell’intervista del Fatto Quotidiano all’epidemiologo Martin Blachier, fondatore della Public Health Expertise. Per lui si devono “mettere in una bolla le persone dai 60 agli 80 anni”. Presume quindi che dopo gli 80 nessuno deambuli più [5].

Ma se queste sono dichiarazioni di uno che fa business nel settore sanitario, ben più sorprendenti sono quelle rilasciate a Radio Radio da persone che vedono dietro la pandemia non una circostanza sfruttata ma un disegno mondialista e transumanista (si senta qui: [6] e [7]). Qui si parla addirittura di mettere gli anziani in un “acquario” (spero metaforicamente).

Una variante liberal e politicamente corretta dell’attalitismo è in dirittura d’arrivo in Olanda: un disegno di legge che consente il suicidio assistito agli over 75 sani che però ritengono la propria vita conclusa [8]. Insomma, non un obbligo, ma un incoraggiamento.

Infine, molti Italiani si ricorderanno del sapore vagamente attaliano dei ragionamenti svolti dall’allora presidente dell’INPS, Tito Boeri, in occasione della presentazione di uno studio dell’Ordine degli Attuari nel 2016: se si danno pensioni più basse, i vecchietti sarebbero costretti a curarsi di meno e quindi morire prima, con un gran risparmio (si vedano [9], [10] e[11]).

 

Ma la spiegazione attaliana nuda e cruda ci è finalmente giunta dal presidente della Regione Liguria, il forzista Giovanni Toti: gli anziani “non sono più indispensabili allo sforzo produttivo del Paese” (chissà se si riferiva anche al suo boss). Poi ha chiesto scusa per questa dichiarazione inqualificabile (o fin troppo qualificabile). Ma tant’è. Le vergogne sono state messe a nudo [12].

Scuse o non scuse i telegiornali e i giornali radio ieri ci avvisavano che la Conferenza delle Regioni avrebbe insistito con Conte anche su questo punto: lockdown per gli over 70 (sembra che 70 sia l’età di base scelta da questi, loro sì, non indispensabili ma visibilmente superflui personaggi che si fanno chiamare pomposamente “governatori”).

E adesso il demos viene solleticato con domande specifiche da parte, per l’appunto, degli istituti demoscopici. Ed è così che la Ixè ci comunica che il 61% degli intervistati è favorevole a vietare gli spostamenti da casa agli over 65 e a chi ha patologie (la Ixè ha quindi deciso per conto suo che la soglia sono i 65 anni) [13].

 

Insomma, per scongiurare un lockdown generalizzato si suggerisce un lockdown solo per gli anziani e si fa di tutto per ottenere un’adesione popolare a questo macabro provvedimento.

Perché macabro? Leggete qui e troverete tutte le spiegazioni: [14], [15], [16], [17] e [18].

Non sto nemmeno a ripetere domande ovvie alle quali nessuno fornisce nemmeno tentativi di risposte, rifugiandosi in formule fantasmagoriche come “bolla” o come “acquario” per gli anziani, del tipo: cosa succederà a livello sociale (pratico, economico, relazionale e psicologico) quando milioni di nonni e di nonne non potranno più fare i nonni e le nonne? Dove sconteranno i loro arresti domiciliari gli anziani soli? Come faranno a nutrirsi? Verranno raccolti in falansteri? E quelli che vivono in case a volte sovraffollate assieme a persone più giovani che andranno avanti e indietro? Ah, che bella bolla di protezione! Che bell’acquario (lo sanno che se in un acquario metti un pesce malato muoiono tutti gli altri?).

È veramente una protezione impedire agli anziani di fare passeggiate e altre attività fisiche al sole e sintetizzare così vitamina D indispensabile per le loro difese immunitarie? Per non parlare del tono muscolare, dei benefici ortopedici e, di nuovo, del benessere mentale, altro fattore chiave per le difese immunitarie.

E poi fatemi capire una cosa. L’età media delle persone decedute per Covid è 80 anni e la mediana 82 (così dice l’Istituto Superiore di Sanità [19]).

Gli ottantenni e le ottantenni non sono tipici addicted della movida. Almeno non credo. Né frequentatori di feste sovraffollate. Non vanno a lavorare (sì, ho capito anch’io che è questo che dà fastidio!) e non affollano i mezzi di trasporto pubblici. Qualcuno va nelle sale bingo che, scopro oggi dal discorso di Conte, lo scorso DPCM non ha fatto chiudere (i teatri e i cinema sì, le sale bingo no: fantastico!). Ma adesso chiudono anche loro.

Dove si sono contagiati, allora? È ovvio: a casa o nelle RSA. Quindi, ideona: chi non è ancora in una RSA rimanga a casa ancora di più! Con un’accortezza: non chiamiamola “casa”, ma “bolla” o “acquario”.

E i sessantenni (secondo Colao, von der Leyen e Blachier) o i sessantacinquenni (secondo Ixè) o i settantenni (secondo Malvezzi e Amodeo) che sono un po’ die hard, perché mettere anche loro in bolle o acquari? Perché “proteggerli”?

Perché non devono rompere le palle al sistema sanitario nazionale.

È forse questa l’idea di fondo, esplicita o implicita, conscia o inconscia o magari sfuggita per sbaglio: gli anziani sono uno scarto, sono esuberi, non sono produttivi e hanno persino la pretesa di ricevere una pensione cui hanno contribuito per decenni. Forse – voglio sperare – qualche anima candida non ha pensato al costo che il “protetto” dovrà pagare per questa “protezione”.

Non so perché, ma c’è qualcosa di attaliano in tutto ciò. A volte, certo, preterintenzionale, ma sempre più spesso cosciente.

Per ora, a quanto sembra, il governo non ha seguito questo suggerimento. Forse è conseguenza della contraddizione tra i due Poteri di cui si diceva. Ma la cosa, quasi sicuramente, non è finita qui. Il capitalismo ha insita in sé la logica dello scarto.

Agli anziani, quindi, posso solo suggerire di prendere coscienza ed essere pronti per la fuga di Logan.

 

 

NOTE

 

[1] Jacques Attali, La médicine en accusation, in AA.VV., L’avenir de la vie, Seghers, Paris 1981.  Attali è un giurista amministrativo, già capo di gabinetto di Mitterand e poi consigliere economico di Sarkozy e Macron, banchiere internazionale, presidente della Banca Europea per lo Sviluppo.

 

[2] https://www.money.it/pensioni-von-der-Leyen-anziani-casa-tutto-anno

 

[3] https://telenord.it/bassetti-mini-lockdown-per-anziani-e-persone-fragili-il-picco-dell-epidemia-deve-ancora-arrivare

 

[4] https://www.today.it/attualita/matteo-bassetti-orari-anziani-orari.html

 

[5] https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/29/coronavirus-lepidemiologo-blachier-lesplosione-del-virus-e-legata-al-calo-delle-temperature-lockdown-totale-unica-soluzione/5983647/.

 

[6] https://www.radioradio.it/2020/10/dati-governo-unalternativa-lockdown-totale-amodeo/

 

[7] https://www.radioradio.it/2020/10/disegno-planetario-lockdown-meluzzi/

 

[8] https://www.dutchnews.nl/news/2020/07/euthanasia-law-proposed-for-healthy-over-75s-who-feel-their-lives-are-complete/

 

[9] https://www.huffingtonpost.it/2016/12/13/inps-pensioni-vita_n_13599410.html

 

[10]   http://www.atdal.eu/wp-content/uploads/2014/11/170112-NL-ATDAL-ALP-XV-01.pdf

 

[11] http://www.ordineattuari.it/media/223726/161214_intopic.it__2_.pdf

 

[12]https://www.ilmessaggero.it/politica/toti_anziani_non_indispensabili_tweet_over_70_lockdown_ultime_notizie_news-5559581.html

 

[13] https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/11/01/cresce-la-paura-del-covid-l88-degli-italiani-e-preoccupato-per-la-propria-salute-sei-su-dieci-favorevoli-a-lockdown-per-gli-over-65/5987409/

 

[14] http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=4452

 

[15] https://www.epicentro.iss.it/attivita_fisica/pdf/Guidaall%27attivit%C3%A0fisica.pdf

 

[16] https://www.epicentro.iss.it/attivita_fisica/Attivita-Fisica-Anziani-2018

 

[17] http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2828_allegato.pdf

 

[18] http://www.jgerontology-geriatrics.com/wp-content/uploads/2016/02/08Vitulli1.pdf

ECONOMIA

Argento ne avete?

Come previsto dal trader Zibordi, i populisti anti-Wall Street si preparano a mettere assegno   il più grande Shotrt Squeeze del mondo .  Ossia  strizzare (squeeze) a sangue le banche speculative che vendono allo scoperto (short)  grandi quantità di argento  CHE NON HANNO e costringerle a consegnare il metallo fisico.

Oggi l’argento è a 25 $  e dovrebbe essere sui 1000. La manipolazione al ribasso avviene attraverso  ETF, cioè carte finanziarie  che “replicano il prezzo del metallo”,   insomma fingono di essere argento mentre non ne hanno nemmeno un grammo.

Secondo Zibordi, “Argento da anni viene tenuto compresso  da posizioni allo scoperto di JP Morgan”.  Per Zero Hedge, questa manipolazione permanente sul metallo è dovuta  alla necessità di nascondere l’inflazione sul dollaro; quindi  la manipolazione di JP Morgan viene fatta con  la complicità della Federal Reserve.

.. ea giudicare dai flussi senza precedenti verso l’ETF d’argento (SLV) hanno appena iniziato …

Venerdì, SLV ha registrato afflussi di quasi un miliardo di dollari, quasi il doppio del precedente afflusso record per questo ETF di 15 anni.

Zero  Hedge riporta l’incitamento di uno dei populisti scatenati su Reddit, ‘TheHappyHawaiian’ ,  alle migliaia di colleghi  vogliosi di addentare JP Morgan:

Short Squeeze come si fa:

“Acquista azioni SLV – silver —  (o azioni PSLV) e opzioni call SLV per forzare la consegna fisica dell’argento nei caveau SLV.

“Il mercato dei futures sull’argento ha oscillato tra un rapporto di circa 100-1 e 500-1 tra argento scambiato con carta e argento fisico, ma ammettiamo  per ora sia  250-1. Ciò significa che per ogni 250 once di richiesto  nel mercato dei futures, solo 1 viene effettivamente consegnato.

” A  vendere  allo scoperto l’argento attraverso i mercati dei futures sono un paio di grandi banche e farle pagare a caro prezzo per  i loro giochini da  troppo indebitati sarebbe incredibile. E  parliamo di  JP Morgan. È ora di ottenere un po ‘di rimborso per i salvataggi e le manipolazioni che hanno fatto per decenni (guarda le multe per manipolazione dell’argento che JPM ha pagato nel corso degli anni).

C’è pochissimo argento nelle casseforti COMEX o disponibile per essere effettivamente utilizzato per la consegna, e se devono iniziare a comprare in massa sul mercato, faranno salire il prezzo in modo titanico. Non c’è modo di creare magicamente più argento fisico nel mondo che è pronto per essere consegnato.

I fondamentali:

L’attuale rapporto oro / argento è 73-1. Significa che il prezzo dell’oro per oncia è 73 volte il prezzo dell’argento. L’argento naturale è solo 18,75 volte più comune dell’oro, quindi questo rapporto di 73-1 è piuttosto alto. Fino all’inizio del XX secolo, i prezzi dell’argento erano fissati a un rapporto di 15-1 rispetto all’oro negli Stati Uniti perché questo rapporto era relativamente noto anche allora. In termini di produzione corrente, il rapporto è ancora più basso a 8-1. Significa che il mondo sta producendo solo 8 once d’argento per ogni oncia d’oro appena prodotta.

L’industria globale è riuscita a farla franca producendo così poco argento nuovo per così tanto tempo perché i governi hanno scaricato argento sul mercato per 80 anni, ma ora le loro casseforti d’argento sono vuote. Alla fine della seconda guerra mondiale i caveau del governo contenevano globalmente 10 miliardi di once d’argento, ma quando siamo passati alla valuta fiat e lontano dalle valute garantite dai metalli preziosi, l’importo detenuto dai governi è diminuito a soli 0,24 miliardi di once mentre hanno scaricato la loro offerta sul mercato . Ma questo dumping viene fatto ora poiché la loro offerta rimanente è praticamente nulla.

Questi 0,24 miliardi di once rappresentano solo l’8% dell’offerta totale di soli 3 miliardi di once immagazzinate come investimento a livello globale. Ciò significa che il 92% di quell’oro è detenuto privatamente da istituzioni e da milioni di    possessori minimi  d’oro e d’argento che si sono seduti su magri guadagni per decenni. Questi boomers non venderanno, non importa cosa, perché vedono il loro nascondiglio d’argento come parte delle loro scorte di prepper del giorno del giudizio. È rinchiuso nei bunker che hanno costruito a 500 miglia da casa loro. Inoltre, con l’argento a $ 23 l’oncia attualmente, ciò significa che tutto l’argento investment grade del mondo ha solo una capitalizzazione di mercato totale di $ 70 miliardi. Per fare un confronto, l’oro da investimento nel mondo vale circa $ 6 trilioni. Questo perché la maggior parte dell’argento prodotto ogni anno viene effettivamente utilizzato, come ho detto. $ 70 miliardi  sono un sacco di soldi.

La ragione per cui nel mondo di oggi vengono prodotte solo 8 once d’argento per ogni 1 oncia d’oro è perché non ci sono davvero depositi d’argento naturali di buona qualità rimasti nel mondo. L’argento è più comune dell’oro nella crosta terrestre, ma è diffuso in modo molto sottile. Ciò significa che anche se il prezzo dell’argento sale alle stelle, non sarà facile aumentare l’offerta di argento prodotta. Anche se dovessero essere costruite nuove miniere, potrebbero volerci anni prima che siano online.

Infine, la maggior parte di questa fornitura d’argento di nuova creazione ogni anno viene utilizzata per scopi produttivi piuttosto che conservata per investimenti. Viene utilizzato principalmente in elettronica, pannelli solari e gioielli. Questa domanda non svanirà se il prezzo dell’argento aumenta, quindi i venditori allo scoperto cercheranno di mettere le mani su una fetta molto piccola di argento appena coniato.

L’altra parte della storia è   la  paura dell’inflazione e della svalutazione della valuta. Il governo e la Fed stampano denaro come un matto, svalutando il valore del dollaro, quindi gli investitori cercano beni reali come i metalli preziosi in cui coprirsi, guidando la domanda di argento. Lo stimolo di $ 1,9 trilioni che passerà in un mese o due potrebbe essere un buon catalizzatore. Tutto questo denaro combinato con la riapertura dell’economia potrebbe causare una solida inflazione, e una volta che l’inflazione inizia, spesso si nutre di se stessa”.

Mio commentino:

Questa sfida è, né più né meno, la Bomba Atomica  capace di vaporizzare  non solo Wall Street ma l’intero sistema finanziario speculativo globale, con la Borsa unica   aperta 24 su 24 da New York a Londra e ad Hong Kong e Shanghai –  , la radice stessa del globalismo senza scrupoli, sui suoi trucchi  criminali che risucchiano la  ricchezza dai poveri e dai salati per sifonarla ai miliardari rentiers, che con quella si comprano politici, governi,  virus Covid brevettati,   media…

 

Per questo

Goldman avverte che se lo short squeeze continua, l’intero mercato potrebbe crollare

“Un eccesso insostenibile in una piccola parte del mercato ha il potenziale per ribaltare una fila di tessere del domino e creare un tumulto più ampio”. – Goldman

https://twitter.com/TESLAcharts/status/1355663835861028869

Federal Reserve,  tutte    le banche centrali mondiali, Deep State  si muoveranno   per impedirlo. Resta da vedere come faranno.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/argento-ne-avete/

L’ossessione tedesca – che ci distruggerà insieme alla UE

“Ze Inflation is Everywhere!”, “L’Inflazione   è dappertutto!” ,  con accento tedesco,  è il grido che sta per levarsi dalla gola di Weidmann (ricordate? il capo della Bundesbank), e già si leva dagli orripilati media tedeschi, e quindi dall’opinione pubblica loro: che imporrà –  molto presto  – alla BCE e alla sua governatrice Christine Lagarde  di smettere  di stampare e stampare i trilioni che ci stanno tenendo a galla tutti.

E’  noto che i tedeschi hanno il terrore dell’inflazione, tra l’altro perché ritengono   che sia stata la  leggendaria iper-inflazione degli anni ’20 a portare il nazismo al potere. Una  narrativa  completamente falsa  – fu la deflazione imposta dal Cancelliere Bruening 10 anni dopo a rendere popolare Adolf tra i 7 milioni di disoccupati – ma che  è  condivisa da tutti: dalla Merkel a Schauble agli aspiranti cancellieri e perfino dagli economisti,che dovrebbero sapere di più. Perché  hanno il loro tornaconto,  l’austerità disciplina il popolo.

Non c’è  niente da fare: è  per questo che Berlino ha  fatto l’euro come moneta “strutturalmente deflattiva”  col divieto a  noi del ClubMed di  non creare deficit oltre il 3 %, ed a se stessa imponendo persino lo “zero nero”,  il bilancio in pareggio,  senza un euro di “rosso”:    con ciò  tagliando i salari, lasciando invecchiare le infrastrutture e bloccando  ricerca e sviluppo, cioè riducendosi e –ci  ad una potenza senza  idee e priva di  eccellenze scientifico-tecnologiche. 

Al punto  che  le Case tedesche devono rallentare la produzione di auto perché gli mancano i chips e semiconduttori :  vengono dall’Asia, la Germania non è capace di produrli.

E questa deflazione , strutturale,  è stata ulteriormente  aggravata dal fatto che   l’euro  è diventato “più forte”, s’è rivalutato molto su dollaro  e tutte le altre valute (Cina, Giappone, sterlina, mercati emergenti),  ciò che fa abbassare i prezzi   –  deflazione  – delle merci importate.

Ma  perché  l’euro  è diventato forte? Perché  benché la BCE  abbia “stampato”  tantissimo  (e per i tedeschi già troppo: 1,8 trilioni)  per contrastare il collasso economico da pseudo pandemia,   “è stata lasciata indietro dalle banche centrali più aggressive, in particolare la Federal Reserve, che ha tagliato i tassi di interesse e acquistato obbligazioni a un ritmo ancora più veloce.  E perché  s’è trattenuta non è un segreto:  il freno a mano tedesco.  Ma  “Nelle valute  è il gioco relativo che conta”,  ha spiegato il Financial Times, “Se la BCE vuole abbassare l’euro, dovrà superare la Fed – non c’è altro modo “.

Figurarsi i tedeschi. “Ze Inflation ist everywhere!!”, già  la vedono avventarsi   nei rincari dei loro wursteln .

Un articolo di Handelsblatt (il loro Sole 24 Ore) : “A dicembre l’inflazione era  a -0,3%  (dicesi “meno” 0,3) e gennaio siamo all’1 %  rispetto al gennaio dell’anno scorso!”. Insomma non c’è alcuna inflazione, ricordiamo che la BCE ammette come auspicabile una inflazione “vicina al 2 per cento”.

Per  di più,   la pretesa inflazione denunciata con orrore dai media  germanici  è dovuta   non all’euro, ma a fattori esclusivamente interni,  fattori politici,    persino ideologici, voluti dal Cancelliere: Dall’inizio dell’anno,  i combustibili sono stati soggetti a una tassa sul CO2 di 25 euro per tonnellata  per far contenti i Verdi, e l’IVA, che era stata ridotta a luglio  al 16 %, è tornata al   normale 19 “conseguenza, i prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati del 2,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e quindi significativamente di più rispetto a dicembre con lo 0,5%”.

La controprova?  I prezzi non sono aumentati del 2%  in Italia, Spagna, Grecia, Francia, anzi sono  diminuiti, segno meno, restiamo inchiodati alla deflazione.  La BCE non riesce a farcene uscire – aiutata in questo da Gualtieri, che si tiene indietro  per soggezione ai tedeschi e  perché  è incompetente e senza idee tranne quelle che riceve da Bruxelles.

Ma non importa la realtà: i tedeschi già spingono con tutta loro forza sul freno a mano dell’eurozona: “ l’inflazione tedesca  andrà chiaramente al di sopra del 2 per cento entro la fine dell’anno e forse anche la zona euro supererà il 2 per cento quest’anno”, ha urlato Carsten Brzeski, responsabile globale della ricerca macro presso ING : “Il 2021 potrebbe essere il primo anno in cui la BCE sottovaluta l’aumento dell’inflazione”,  cioè prevede  una inflazione inferiore a quella che si realizzerà;   una prima assoluta, avendo la BCE  costantemente mancato il suo obiettivo per la maggior parte dell’ultimo decennio, ossia previsto costantemente una inflazione prossima al 2% che non è mai arrivata.

Ma  per  tutti i tedeschi, da Merkel ai pretendenti alla sua poltrona fino all’ultimo operaio BMW,  la  prospettiva  (non ancora concretizzata) di una inflazione un puntino superiore al 2% è  – semplicemente – l’ORRORE.

E stanno già facendo  enormi pressioni   dietro le quinte sulla Lagarde perché smetta, subito subito, di stampare altri euro. Lo si è indovinato da una dichiarazione della francese a Reuters: “
“Qualsiasi tipo di inasprimento  della politica monetaria al momento sarebbe molto ingiustificato”,   ha detto la Lagarde, “un inasprimento eccessivo della politica potrebbe portare a “rischi molto gravi”, ha aggiunto.

E chi volete che   le abbia chiesto l’inasprimento? Non certo  Macron . E’ stato Weidmann. E’ l’intera opinione pubblica tedesca.   Sono anche  – fatto  decisivo – gli aspiranti della CDU al posto che la Merkel sta  per dover lasciare dopo 16 anni di  sostanziale dittatura austeritaria  e  immigrazionista, ossia  per l’Eurozona del Sud,  ma approvata  massicciamente  dall’elettorato .

E su cosa attacca la Merkel Armin Laschet, il nuovo presidente della CDU?  Sul freno all’indebitamento, scolpito nel marmo costituzionale dal 2009 (Zero Nero)  che mamma Angela avrebbe violato consentendo alla BCE di stampare e al suo governo di spendere nei lockdown.

 

Non c’è da stupirsi, scrive Focus: “il freno all’indebitamento che include lo “zero nero”, introdotto nel 2009, è forse l’ultimo grande argomento di identificazione della CDU. Dietro questo c’è l’essenza del marchio: essere il partito che opera in modo solido”, ossia avaro.

Si apre insomma una fase di   lotta di potere – con destabilizzazione  –   della Germania – ultimo regalo avvelenato di Mutti e  della sua gestione ambigua e piena di non-detti  – che  provocherà un indurimento dell’avarizia rovinosa, della pulsione al “freno all’indebitamento”… soprattutto dell’Italia piena di risparmi, spendacciona disonesta in  banchi a rotelle e  sussidid aum aum  del Recovery  Fund non ancora esistente.

Nella lotta di potere in Germania, sarà questo l’argomento  propagandisticamente vincente dei pretendenti al Cancellierato;  esso verrà usato  senza alcun rispetto per la nostra dignità, con tanta più imperiosa furia, perché il governo italiano è servo e ostaggio del suo “europeismo” senza testa  e senza kgl*ni, condivide l’errore teorico basilare  tedesco sull’i flazione (frenare l’indebitamento, in questa fase semplicemente suicida).

 

“Lo sentite scricchiolare il Recovery Fund?” (Citaz. Musso)

Ma l’ossessione tedesca finirà per  spaccare la UE e con ciò   vanificare  ol Recovery e le  favolose  piogge di miliardi – inesistenti fin  da principio  – a cui si aggrappa, come giustificazione della sua deplorevole  esistenza,  il governo più illegittimo della storia

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/lossessione-tedesca-che-ci-distruggera-insieme-alla-ue/

 

 

 

EVENTO CULTURA

Convegno LA STORIA E LE PROSPETTIVE DELL’ITALIANITA’ NELL’ADRIATICO ORIENTALE

 

 

 

FINANZA BANCHE ASSICURAZIONI

Perché Gualtieri fa lo sparagnino su spese e titoli di Stato da emettere?

di Giuseppe Liturri

Nonostante la Bce annunci che continuerà la politica monetaria accomodante, l’Italia emette pochi titoli du Stato per finanziare spese anti crisi economica da Covid rispetto a Germania, Francia e Spagna. L’analisi di Giuseppe Liturri

Nel giorno in cui Christine Lagarde, presidente della Bce, confermava l’atteggiamento di politica monetaria accomodante e ribadisce di essere pronta ad usare in modo flessibile tutti gli strumenti a disposizione, non precludendosi alcuna possibilità, si deve registrare che il nostro Ministero del Tesoro non ha approfittato di tale favorevole situazione.

Da Francoforte fanno sapere che non esistono problemi di finanziamento per alcun emittente di debito sovrano nell’eurozona, e noi cosa abbiamo fatto? Anziché sfruttare il vento in poppa, approfittando della massa di liquidità in giro per il mondo alla ricerca disperata di rendimenti positivi, abbiamo risalito il vento di bolina, per dimostrare di essere virtuosi e non affaticare troppo la “stampante” dell’Eurotower.

Nell’ultimo trimestre 2020, l’Italia ha rimborsato più titoli di quanti ne abbia emessi, 29 miliardi di rimborsi netti, ed il ministro Roberto Gualtieri ha soddisfatto il fabbisogno attingendo alla disponibilità liquida presso Banca d’Italia, che si è ridotta a poco più di 40 miliardi, dal picco di 100 miliardi registrato ad agosto.

La Lagarde è giustamente preoccupata dall’elevata possibilità di un calo del Pil nel quarto trimestre 2020 e per l’Italia Bankitalia prevede un -3,5% ma, soprattutto, teme un primo trimestre 2021 altrettanto fiacco.

[…]

la comparazione internazionale lascia a dir poco sgomenti. La Francia nell’intero 2020 ha eseguito emissioni nette per 309 miliardi (di cui 27 nell’ultimo trimestre), la Germania 249 miliardi, la Spagna 104 miliardi, e l’Italia 140. Ma il dato ancor più stupefacente è il comportamento dell’Italia nell’ultimo trimestre: siamo l’unico Paese a flettere in modo così evidente. Gualtieri ha tenuto rigorosamente stretti i cordoni della borsa, proprio nel trimestre in cui le condizioni di mercato erano eccezionalmente favorevoli.

Osservando le emissioni lorde, lo scarto è ancora più impressionante. La Francia ha emesso titoli per 1.103 miliardi, l’Italia per 559. Esattamente la metà.

Pare proprio che nella Ue esistano due insiemi di regole: il primo si applica alla Francia, il secondo si applica a tutti gli altri, specialmente se in questo secondo gruppo c’è l’Italia. Ma l’aspetto ancora più oltraggioso per il nostro Paese è il fatto che, insieme alla Spagna, siamo contemporaneamente tra i Paesi che hanno adottato le più dure misure di contenimento (misurate dall’Oxford stringency index) dell’epidemia, hanno pagato il più alto contributo in termini di vittime per abitante e fanno segnare il peggiore decremento di Pil.

Quindi mentre eravamo i più bisognosi di adottare misure di sostegno all’economia siamo stati i meno attivi nel reperire risorse sui mercati. In tutto ciò, l’ulteriore aggravante è costituita dal fatto che il mercato dei titoli pubblici italiani (e non solo) vede un solo attore protagonista: la Bce, acquirente netto di nostri titoli per circa 170 miliardi nel 2020, semplicemente digitando al computer una scrittura contabile.

È evidente che non si emettono titoli perché non ci sono leggi di spesa e quindi fabbisogni da finanziare, ed allora la memoria corre ai mesi di ottobre e novembre, quando abbiamo assistito all’indecoroso affastellarsi di decreti che erogavano risibili “ristori” ad imprenditori già fiaccati da mesi di cali di fatturato, attendendo fantomatici fondi da Bruxelles che forse vedremo a fine 2021.

Qualcuno voleva fare il primo della classe nella Ue ed ha lasciato cadere solo briciole verso imprese e lavoratori piegati dalla crisi, proprio mentre il forno di Francoforte non aveva altra scelta che sfornare pane in quantità illimitata.

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/perche-gualtieri-fa-lo-sparagnino-su-spese-e-titoli-di-stato-da-emettere/

 

 

 

GIUSTIZIA E NORME

Il Covid e i problemi (bio)giuridici del passaporto sanitario

L’idea sta già circolando da alcune settimane e c’è già chi ha cominciato a prendere qualche iniziativa in tale senso, come accaduto in Campania, così che non si può evitare di effettuare qualche sintetica considerazione sui problemi bio-giuridici che potrebbero nascere dalla istituzione di un passaporto sanitario nell’ambito della gestione dell’emergenza del Covid-19.

Preliminarmente occorre ricordare che si è da poche settimane costituita la Vaccination Credential Initiative (VCI) come confederazione di grandi aziende, tra cui per esempio Microsoft, con lo scopo di creare una documentazione digitale per i vaccinati contro il Covid-19.

La creazione di una simile documentazione, sia essa effettuata da autorità pubbliche, sia essa messa a punto da grandi industrie private, tuttavia, suscita non poche perplessità di ordine giuridico.

In primo luogo: se si tratta di una mera certificazione, essa già esiste – almeno in Italia – in formato cartaceo e viene rilasciata dalle autorità sanitarie che somministrano il vaccino, non sorgendo così particolari difficoltà; se, invece, come pare che si intenda fare, si tratta di un nuovo documento digitale che raccoglie tutte le informazioni sanitarie di ogni singolo individuo, oltre la mera certificazione della vaccinazione anti-covid, i problemi cominciano ad emergere.

Chi sarebbe, infatti, autorizzato alla raccolta, alla conservazione, all’utilizzo e al trattamento dei dati sanitari, che come tali sono sempre dati personalissimi e sensibilissimi, di ogni singolo individuo del pianeta? Dovrebbe essere competenza di una autorità pubblica nazionale o sovranazionale? Sarebbe obbligatorio o facoltativo? Si potrebbe revocare l’eventuale consenso? Potrebbe una grande industria come Microsoft, già in possesso di una vastissima gamma di dati personali di milioni di persone in virtù del proprio settore commerciale, essere incaricata di gestire anche i delicatissimi dati sanitari?

In secondo luogo: dal punto di vista del metodo giuridico occorre precisare che qualora il passaporto o la patente immuno-sanitari fossero predisposti per limitare la circolazione dei soggetti non vaccinati, sarebbe comunque necessaria una legge ordinaria dello Stato, non potendo né le regioni, né tantomeno i privati provvedere autonomamente per limitare la libertà di circolazione costituzionalmente garantita.

Le regioni, infatti, non possono introdurre documenti al fine di limitare la circolazione stante quanto sancito dall’articolo 120 della Costituzione ai sensi del quale «la Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, né adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, né limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale».

I privati, per esempio i ristoratori, gli albergatori, le compagnie aeree, dal canto loro non potrebbero in quanto non hanno l’autorità per limitare diritti e libertà costituzionali che possono essere disciplinati solo dall’ordinamento pubblico e dalla legge dello Stato.

In terzo luogo: l’introduzione del passaporto o della patente immuno-sanitari, inoltre, costituirebbe un rischio per i principi dello Stato di diritto e della democrazia in quanto non soltanto rappresenterebbero un ulteriore strumento di profilatura e tracciamento dei cittadini, con maggiore restringimento della propria privacy, ma potrebbero presto trasformarsi in uno strumento di discriminazione fondata sulla salute, garantendosi la massima tutela giuridica delle libertà fondamentali (lavoro, circolazione, professione del proprio credo, studio ecc) soltanto a coloro che ne sarebbero muniti, e comprimendo invece gli stessi fondamentali diritti di coloro che ne sarebbero sprovvisti per scelta o per necessità.

Si consideri, infatti, che la proposta da taluni avanzata di dare la priorità vaccinale ai più giovani post-ponendo i più anziani, renderebbe questi ultimi inidonei a ricevere anche il passaporto o la patente immuno-sanitari, con una evidente compressione (o forse perfino radicale negazione) non soltanto del loro diritto alla salute, ma anche del loro diritto alla circolazione e di altri diritti costituzionalmente rilevanti e garantiti.

Insomma, la discriminazione sarebbe posta ex lege in violazione degli articoli 2, 3, 13 e 32 della Costituzione che invece assicurano la pari dignità, l’uguaglianza formale e sostanziale dinnanzi alla legge, il diritto di libertà e il diritto alla salute di tutti gli individui indipendentemente dall’età e dalle condizioni sociali.

L’introduzione del passaporto o della patente immuno-sanitari, dunque, comporterebbe molti più problemi di quelli che si intenderebbe con essi risolvere, dovendosi concludere che in ossequio al principio di precauzione e di tutti i principi fondanti della democrazia e dello Stato di diritto è molto meglio escludere una tale ipotesi piuttosto che farla divenire realtà.

FONTE: https://loccidentale.it/il-covid-e-i-problemi-biogiuridici-del-passaporto-sanitario/

 

 

 

Il Consiglio di Stato boccia il governo: “Dubbi sulla costituzionalità dei Dpcm”

I Dpcm tanto cari al governo Conte, che ne ha fatto ormai un marchio di fabbrica del proprio operato, sollevato “profili di incostituzionalità” per quali urge un chiarimento. A dirlo non sono più soltanto gli italiani, che da tempo puntano il dito contro le misure adottate dall’esecutivo giallorosso e che impediscono a intere famiglie di lavorare, ma anche il Consiglio di Stato, che si è espresso in maniera accogliendo i ricorsi presentati da alcuni cittadini in merito alle restrizioni imposte per contrastare la pandemia, che hanno finito per mettere in ginocchio chi da un anno, ormai, non riesce più a portare avanti la propria attività.

Come spiega La Verità, il il Consiglio di Stato, organo d’appello dei tribunali amministrativi regionali, ha così accolto i ricorsi presentati dal proprietario di una palestra, da un ristoratore e dal genitore di uno studente delle superiori, tutti presentati dall’avvocata di Bologna Silvia Marzot. Con una ordinanza che, nei fatti, supporta le argomentazioni di chi ha deciso di ribellarsi alle restrizioni. Il tribunale amministrativo regionale aveva rigettato la sua richiesta a dicembre. Il 15 gennaio il Consiglio di Stato ha invece accolto l’istanza dell’avvocato Marzot e ha rinviato la questione al Tar, chiamato a decidere in tempi brevissimi, il 10 febbraio o comunque alla prima udienza utile.

Una decisione dalla portata tutt’altro che irrilevante. Il Consiglio di Stato ha infatti accolto un ricorso in cui si chiede la sospensione dei Dpcm e dello stato di emergenza. Per la prima volta, dunque, si mettono seriamente in discussione le misure governative adottate per affrontare l’emergenza sanitaria e presentate in questi mesi ai cittadini come sacrifici necessari per uscire dalla crisi. E a farlo, si badi bene, è un organo giurisdizionale a farlo.
Il Consiglio di Stato boccia il governo: "Dubbi di costituzionalità sui Dpcm"

“Sarà il Tar a decidere se dichiarare illegittimi i dpcm, compreso quello attuale, o addirittura rinviare tutto alla Corte costituzionale”, ha detto Silvia Marzot a La Verità . Aggiungendo poi: “Ricordo che la stessa Marta Cartabia disse che non esistono diritti speciali in momenti speciali”.

FONTE: https://www.ilparagone.it/attualita/il-consiglio-di-stato-boccia-il-governo-dubbi-sulla-costituzionalita-dei-dpcm/

 

 

 

REATI EDILIZI E NORME PENALI IN BIANCO, LA CONFISCA URBANISTICA

1 02 2021 –  Alessandra Scaffidi | in Penale

Sommario1. I reati urbanistici ed edilizi – 2. Sanzioni e norme penali in bianco – 2.1 L’integrazione normativa e il c.d. rinvio mobile – 3. L’integrazione normativa e provvedimentale dei reati urbanistici ed edilizi – 4. L’art. 44, D.P.R. n. 380/2001 – 5. La confisca urbanistica – 5.1 La natura e lo scopo della confisca per lottizzazione abusiva secondo il parere della Grande Camera

 

1. I reati urbanistici ed edilizi

Nell’ambito dei reati di durata svolgono un ruolo preminente i reati urbanistici ed edilizi, regolati e disciplinati dal D.P.R. n. 380/2001- Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (T.U. EDILIZIA), che comprende i reati edilizi in senso stretto e rinvia, invece, ad altre norme la disciplina dei reati in materia di violazione della normativa antisismica e di quelli edilizi-ambientali, conseguenti alla violazione della normativa ambientale in materia di limiti all’attività edilizia. A partire dal relativo disegno di legge, il T.U. in materia edilizia ha avuto fin da subito il precipuo scopo di riorganizzare l’intero sistema sanzionatorio relativo ai reati urbanistici ed edilizi, proprio perchè l’organizzazione dell’apparato sanzionatorio stesso ha sempre costituito il punctum pruriens del processo di regolamentazione della materia edilizia e urbanistica. Inizialmente, difatti, le uniche disposizioni in tal senso erano previste dalla legge urbanistica n. 1150/1942, la quale pur tentando di fornire un’efficace risposta punitiva al dilagare dell’abusivismo edilizio è stata più volte modificata, con la legge ponte n. 765/1967, con la Legge Bucalossi n. 10/1977, con la legge n. 47/1985, cui si deve il primo vero e proprio assetto sanzionatorio in materia urbanistica ed edilizia ed infine con il D.P.R. n. 380/2001.

2. Sanzioni e norme penali in bianco

Il contesto codicistico da cui dover avviare le mosse è sicuramente la fattispecie prevista dall’art. 44 D.P.R. 380/2001 rubricato <<Sanzioni penali>>, che redatto sulla scorta degli artt. 19 e 20 della legge 28 Febbraio 1985, n. 47 e dell’art. 3 del d.l. 23 Aprile 1985, n. 146 convertito, con modificazioni, in legge 21 Giugno 1985, n. 298, dispone dei reati urbanistici ed edilizi in tre commi differenti, cui ricollega automaticamente differenti sanzioni penali, progressive rispetto alla gravità della condotta.

Il primo comma dell’art. 44 D.P.R. 380/2001, alla lettera a) prevede <<l’ammenda fino a 20658 euro per l’inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire>>. Viene, dunque, sanzionata la violazione delle prescrizioni previste nelle leggi, nei regolamenti edilizi, nei piani urbanistici e nel permesso di costruire. Come si evince chiaramente dalla lettura della disposizione in esame, si è in presenza di una norma penale in bianco, dato che ai fini dell’individuazione del precetto viene operato un evidente rinvio a norme di carattere prescrittivo, tecnico e provvedimentale, di natura extrapenale.

2.1 L’integrazione normativa e il c.d. rinvio mobile

Prevedendo il completamento o l’identificazione del precetto in una fonte normativa inferiore quale, a titolo d’esempio, un regolamento ministeriale, le norme penali in bianco risultano strettamente collegate alle tipologie di integrazione normativa ritenute costituzionalmente ammissibili. La fonte normativa secondaria che si occupa di integrare il precetto delle norme in esame, infatti, costituisce un tipo di integrazione c.d. normativa, che varia al variare della natura cui la stessa viene ricondotta.

I modelli di integrazione tra legge di rango primario e fonte normativa inferiore possono essere realizzati diversamente, verificandosi, per ciò che qui interessa, il caso in cui una legge rimandi ad una fonte inferiore la specificazione delle condotte concretamente punibili, come nella fattispecie ex art. 650 c.p. che punisce l’inosservanza dei provvedimenti emanati dall’Autorità e che, più in particolare così dispone <<[..] è punito colui che non osserva un provvedimento emanato dall’Autorità amministrativa [..]>>. Il contenuto della regola che si è tenuti ad osservare per evitare di incorrere nella relativa sanzione, pertanto, non è conosciuto fintantoché l’Autorità non emani lo specifico provvedimento oggetto della violazione. La legge, dunque, può rinviare alla fonte secondaria per ciò che concerne la specificazione di un elemento della fattispecie oppure per l’indicazione di quelle condotte soggette a sanzione nell’atto normativo stesso oppure ancora per l’attribuzione a titolo di reato dell’inosservanza di norme emanate dall’Amministrazione. Sul piano pratico vengono riconosciute tre ipotesi di integrazione, per le quali si pone, inoltre, una questione relativa all’estensione dei poteri di accertamento del giudice penale; si tratta delle integrazioni normativa, provvedimentale e regolamentare.

Trattando, seppur brevemente, innanzitutto, l’integrazione normativa, per posporre al seguito della trattazione l’illustrazione delle altre due tipologie di integrazione, è utile configurare così la questione: la legge penale può demandare il completamento o la definizione del precetto ad altra norma penale, a una norma primaria non penale o, infine, a una norma regolamentare e se non sussistono particolari problematiche per le prime due evenienze, più insidiosa appare la terza di esse. Infatti, se il legislatore opera un rinvio ad un regolamento preesistente o successivo e quindi dinamico, viene sollevata la questione del rispetto dei limiti conseguenti all’applicazione del principio della riserva di legge. In seguito a diverse pronunce (tra cui C. Cost. n. 282/1990), la Corte Costituzionale ha riconosciuto la legittimità del c.d. rinvio mobile alla fonte regolamentare, precedente o successiva, soltanto nel caso in cui ricorrano due modelli di integrazione: qualora la legge indichi già tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, rimettendo al regolamento soltanto la definizione di un carattere tecnico ovvero qualora la legge rinvii al regolamento per la specificazione della condotta o di altri elementi del reato, nell’ambito, però, della stessa legge penale, e la fonte secondaria sia esaustiva di sufficienti nonché specifici presupposti e limiti del potere regolamentare. Il legislatore demanda, ulteriormente, poi, il completamento o la definizione del precetto di una norma – penale in bianco – anche al provvedimento emanato dalla Pubblica Amministrazione.

Piuttosto che essere operato un rinvio ad altre fonti, la specificazione di una norma viene demandata ad un provvedimento amministrativo, così venendo alla luce un rapporto con la Pubblica Amministrazione. I modelli di integrazione provvedimentale sono, poi, giuridicamente suddivisi in due categorie, rientrando nella prima, i casi in cui il provvedimento amministrativo individua la condotta vietata, come ad esempio il precedentemente citato art. 650 c.p., oppure l’art. 44, c.1, lett. a), D.P.R. n. 380/2001 e nella seconda, quelle ipotesi in cui il provvedimento emanato dalla Pubblica Amministrazione tende alla specificazione di un elemento della fattispecie, cfr. art. 44, c.1. lett. b), D.P.R. n. 380/2001.

3. L’integrazione normativa e provvedimentale dei reati urbanistici ed edilizi

Quanto ai reati in materia di urbanistica ed edilizia, viene in rilievo un’integrazione sia normativa che provvedimentale, onde il rispetto del principio di riserva di legge assume un trattamento particolare rispetto ad altre fattispecie di dubbia legittimità costituzionale, in virtù della natura della materia regolamentata. La disciplina urbanistica ed edilizia, infatti, è il prodotto dell’attività coordinata degli interventi attuati dallo Stato e dalle Regioni e l’attività di integrazione va valutata in primis sulla base della potestà legislativa concorrente (statale/regionale) e in secundis mediante i rapporti che intercorrono tra norme primarie e atti regolamentari e provvedimentali della Pubblica Amministrazione. Per quanto riguarda la potestà legislativa concorrente si rinvia all’art. 117 Cost., operando, tuttavia, un dovuto accenno.

In materia di urbanistica ed edilizia, in seguito a diversi dubbi sollevati dalla dottrina, causati dalla sostituzione del termine “urbanistica” in “governo del territorio”, (operata dalla Legge 18 Ottobre 2001, n.3), la Consulta, con sent. 15 Luglio 2005, n. 343, è giunta a chiarire che <<La materia edilizia rientra nel governo del territorio, come prima rientrava nell’urbanistica, ed è quindi oggetto di legislazione concorrente, per la quale le regioni debbono osservare, ora come allora, i princìpi fondamentali ricavabili dalla legislazione statale>>.

Relativamente, invece, al rapporto tra normativa primaria e potere regolamentare e provvedimentale della P.A., il D.P.R. n. 380/2001 presume l’espletamento della discrezionalità amministrativa nell’emanazione di diversi atti, qualificabili tutti come atti amministrativi generali, diretti alla programmazione e alla pianificazione del territorio. Tuttavia, l’atto discrezionale finisce per essere svilito perchè passando per i diversi livelli della programmazione e della pianificazione, la discrezionalità amministrativa si riduce così tanto che il provvedimento finale risulta essere, in effetti, un atto vincolato. Se ne deduce, dunque, che la riserva di legge penale non viene concretamente violata, venendo, piuttosto, preventivamente determinati dal legislatore gli ambiti di intervento del potere regolamentare e i limiti all’esercizio della discrezionalità amministrativa.

4. L’art. 44, D.P.R. n. 380/2001

Analizzando più nel dettaglio la fattispecie ex art. 44, T.U. in materia edilizia, di cui sopra, dunque, per quanto disposto alla lett. a), si evince come il legislatore punisca le condotte inosservanti di norme, prescrizioni e modalità previste dal titolo V dello stesso T.U. ovvero delle norme contenute nei regolamenti edilizi, delle prescrizioni contenute negli strumenti urbanistici e delle modalità esecutive fissate dal permesso di costruire; e ciò che viene, fulmineamente, in rilievo è una duplice integrazione della norma, dato che la stessa rinvia a previsioni regolamentari nonché provvedimentali.  Come si deduce dalle pronunce giurisprudenziali, la norma ex art. 44, lett. a), D.P.R. 380/2001, vanta un contenuto alquanto generico nonché indefinito ed è esposta al rischio di eterogenee applicazioni a causa di un’interpretazione carente. Autorevole dottrina ne ha tratto la conclusione per la quale il rinvio regolamentare e provvedimentale, così come indicato alla lettera a) dell’articolo in esame, si riferisce soltanto alle regole di condotta immediatamente pertinenti agli interventi edilizi, escludendo il rinvio a norme diverse da quelle contenute nel testo unico, ivi escluse le previsioni di legge regionale non a fini urbanistici. 

Ad esempio, la Corte di Cassazione, con sent. n. 21780/2011, ha ritenuto non dover applicare l’art. 44, lett. a) nel caso di mancata presentazione del D.U.R.C. (documento unico di regolarità contributiva), così motivando: “Tutto ciò non ha nulla in comune con il governo del territorio (anche nella sua accezione più ampia) e la previsione dell’art. 90, comma 10, D.Lgs. n. 81/2008 – secondo la quale <<in assenza del documento unico di regolarità contributiva delle imprese o dei lavoratori autonomi, è sospesa l’efficacia del titolo abilitativo>> – ha carattere di sanzione amministrativa ulteriore rispetto alla sanzione amministrativa pecuniaria comminata, per la violazione dell’art. 90, comma 9 – lett. c), dall’art. 157, lett. c), del medesimo D.Lgs. in esame”. Il legislatore, dunque, non ha inteso prevedere sanzioni penali per le omissioni riferite alla trasmissione del DURC e sanzioni siffatte non possono essere di certo introdotte facendo ricorso alla previsione dell’art. 44, comma 1, lett. a), del T.U. n. 380/2001. Una norma residuale in materia di reati edilizi ed urbanistici – quale è pacificamente considerata quella di cui all’art. 44, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 380/2001 – risponde, infatti, all’esigenza di evitare che vadano esenti da pena condotte di aggressione al territorio che si traducono nella violazione sostanziale delle norme che prescrivono le modalità con cui possono concretamente essere effettuate le trasformazioni del suolo.

Il legislatore, pertanto, si riserva l’individuazione dei regolamenti edilizi sempre all’interno del Testo Unico, più precisamente all’art. 4 che riporta la disciplina delle modalità costruttive e il rispetto delle regole tecnico estetiche, igienico sanitarie, di sicurezza e vivibilità degli immobili e delle pertinenze, sancendo in tal modo un potere regolamentare a carico della Pubblica Amministrazione.  Altresì, l’art. 44, comma 1, lett. b), sanziona con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da 10.328,00 a 103.290,00 euro, le condotte che hanno ad oggetto l’esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso di costruire o di prosecuzione degli stessi nonostante la sospensione. Come si nota, quest’ultima fattispecie è intrisa di maggiore gravità rispetto alla precedente, proprio perchè l’esecuzione di lavori in assenza del permesso di costruire è eguagliata, dal punto di vista sanzionatorio, alla totale difformità dal permesso di costruire. Si riconduce a tale fattispecie anche quel comportamento che ha ad oggetto la realizzazione di una nuova costruzione a titolo di S.C.I.A., ove invece è necessario il rilascio di un permesso di costruire ex artt. 3 e 10 T.U., rispettivamente rubricati “Definizioni degli interventi edilizi” e “Interventi subordinati a permesso di costruire”.

Particolare importanza, per i risvolti interpretativi e applicativi che ne conseguono, riveste l’art. 44, lett. c), T.U. in materia edilizia, che dispone l’applicazione dell’arresto <<fino a due anni e l’ammenda da 30.986,00 a 103.290,00 euro nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell’art. 30. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso>>. Il legislatore, ancora una volta, rimanda al contenuto del Testo Unico per la definizione del concetto di lottizzazione abusiva, più specificamente all’art. 30 che chiaramente dispone <<Si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione>> – c.d. lottizzazione materiale – <<nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio>>.

5. La confisca urbanistica

E’ evidente il rapporto che si instaura tra illecito penale e Pubblica Amministrazione, anche rispetto all’ambito sanzionatorio, potendo ordinare la demolizione o la confisca il primo e potendo rilasciare il permesso in sanatoria, la seconda. Ai fini della trattazione in esame, non si può prescindere dall’analisi della questione che ha ad oggetto la confisca urbanistica, preso atto che questa è stata contemplata anche dalla giurisprudenza comunitaria, per l’elaborazione della nozione sostanziale di sanzione penale. Il secondo comma dell’art. 44 T.U. in materia edilizia dispone che qualora sia accertata la lottizzazione abusiva ed il giudice emani sentenza definitiva, deve essere disposta <<la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione>>. Così come interpretato dalla Corte di Cassazione, la confisca prevista dalla norma in esame ha natura di sanzione amministrativa reale, tanto che il giudice è tenuto a disporla anche se il reato di lottizzazione abusiva è prescritto, sempre che il fatto oggetto di reato sia stato in concreto accertato. 

In modo nettamente differente si è invece pronunciata la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che con la sentenza Sud Fondi c. Italia del 20 Gennaio 2009, ha affermato la natura di vera e propria sanzione penale della confisca urbanistica e, dunque, il suo asservimento alle garanzie che la Convezione EDU riserva alla materia penale, nello specifico agli artt. 6 e 7 CEDU, nonché 2, 3 e 4 Prot. 7. Altra pronuncia si è avuta con la sentenza Varvara c. Italia del 29 Ottobre 2013, rimessa alla Corte con ricorso n. 17475/09, con la quale è stata dichiarata la violazione dell’art. 7 CEDU commessa per mezzo dell’applicazione del secondo comma dell’art. 44 T.U. edilizia a seguito di una sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione del reato. Inoltre, tenuto conto che la confisca è rilevante come pena, così come affermato anche dai Giudici della CEDU, la sua imposizione prevede un formale accertamento di responsabilità dell’autore del reato e quindi, la sua condanna. Secondo la Corte Costituzionale, tuttavia, la sentenza Varvara ha impedito al Giudice italiano di applicare la confisca in presenza di una pronuncia di avvenuta prescrizione, provocando un contrasto con gli artt. 2, 9, 32, 41, 42 e 117, c. 1 Cost.

Alla Corte Costituzionale è stata avanzata, quindi, la richiesta di azionare i controlimiti per la salvaguardia dei principi costituzionali, in questo caso sicuramente prevalenti rispetto agli obblighi sovranazionali cui è tenuta l’Italia nei confronti dell’Unione Europea. La Corte Costituzionale, con sent. n. 49/2015, rigettando la richiesta di attivazione dei controlimiti, ha tuttavia fornito delucidazioni e indicazioni interpretative sulla relazione tra diritto interno e diritto europeo e sulla confisca urbanistica senza condanna, affermando, difatti, che il Giudice nazionale è tenuto ad un’interpretazione del diritto interno anche e soprattutto tenendo conto del diritto europeo formato dalla Corte EDU, a condizione che si tratti di diritto consolidato. Inoltre, per ciò che concerne il secondo punto, la Corte Costituzionale ha affermato che ai fini della corretta applicazione della confisca urbanistica, è necessario che il giudice si pronunci per mezzo di una condanna anche soltanto sostanziale, nel senso che la pena è applicabile ancorchè non sia stata pronunciata condanna formale ma il provvedimento definitorio contenga quantomeno un accertamento della responsabilità e della colpevolezza dell’imputato.

Il Giudice delle leggi ritiene che <<nell’ordinamento giuridico italiano la sentenza che accerta la prescrizione di un reato non denuncia alcuna incompatibilità logica o giuridica con un pieno accertamento di responsabilità. Quest’ultimo, anzi, è doveroso qualora si tratti di disporre una confisca urbanistica. Decidere se l’accertamento vi sia stato, oppure no, è questione di fatto, dalla cui risoluzione dipende la conformità della confisca rispetto alla CEDU (oltre che al diritto nazionale). Ed è appunto questo compito che istituzionalmente le spetta in ultima istanza, che la Corte di Strasburgo ha assolto nel caso di specie, concludendo per la violazione del diritto, dato che era mancato un congruo accertamento di responsabilità>>. Risulta, allora, fondamentale, ai fini dell’applicazione della confisca urbanistica considerare non la forma della pronuncia quanto piuttosto la sostanza dell’accertamento della colpevolezza e quindi della responsabilità del soggetto.

Ai sensi dell’art. 34 CEDU e in seguito al deposito della appena citata sentenza della Corte Costituzionale, sent. n. 49 del 26 Marzo 2015, la seconda sezione della Corte EDU ha rimesso alla Grande Chambre (deferimento di controversie attinenti a confische urbanistiche nazionali, nei ricorsi n. 19029/11, n. 34163/07 e n. 1828/06), la questione riguardante la compatibilità tra la normativa italiana che ammette l’applicazione della confisca urbanistica anche qualora il reato di lottizzazione abusiva sia dichiarato prescritto, e le disposizioni dell’art. 7 CEDU che così dispone <<Nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso. Il presente articolo non ostacolerà il giudizio e la condanna di una persona colpevole di una azione o di una omissione che, al momento in cui è stata commessa, costituiva un crimine secondo i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili>> e dell’art. 1 Protocollo n. 1, il quale stabilisce che <<ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà, se non per causa d’utilità pubblica e alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale. Le disposizioni precedenti non precludono il diritto degli Stati di approvare le leggi reputate necessarie per regolamentare l’uso dei beni in conformità all’interesse generale, o per assicurare il pagamento delle imposte e di altri contributi o sanzioni>>.

5.1 La natura e il fine della confisca per lottizzazione abusiva secondo il parere della Grand Chambre

Da ultimo, con il Caso G.I.E.M. S.R.L. e altri contro Italia, la Corte di Strasburgo si è espressa con riguardo alla natura e allo scopo della confisca urbanistica, confermando le conclusioni espresse nelle sentenze sopra citate Sud Fondi S.r.l. e altri contro Italia e Varvara contro Italia <<stando alle quali la confisca per lottizzazione abusiva subita dai ricorrenti aveva un carattere e uno scopo punitivi, e quindi può essere considerata una «pena» nel senso dell’articolo 7 della Convenzione>>.  Secondo quanto stabilito dalla Grande Camera:

– le giurisdizioni interne hanno accettato il principio secondo cui in caso di confisca si applicano le tutele dell’articolo 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo; 

– viene sottolineata la natura punitiva della confisca dato che, perseguendo lo scopo di punire i responsabili delle trasformazioni illecite dei terreni, il Governo l’ha ritenuta compatibile con l’art. 1 del Protocollo n.1.

– viene dedotto che la confisca costituisce una sanzione obbligatoria e può essere applicata, altresì, in assenza di qualsiasi attività diretta alla trasformazione del territorio dato che la sua applicazione non dipende necessariamente dalla prova prova di un danno effettivo o di un rischio concreto per l’ambiente.

Per tali motivi, la Grand Chambre ha ritenuto che la confisca dei beni per lottizzazione abusiva,  disposta da un accertamento che pure non presenti i requisiti della condanna formale, abbia natura punitiva, risultando così compatibile con l’art. 7 CEDU.

IMMIGRAZIONI

LA LINGUA SALVATA

 

LAVORO PENSIONI DIRITTI SOCIALI

 

PANORAMA INTERNAZIONALE

L’esproprio proletario di Bergoglio

Se i più papisti del Papa pensavano che le preoccupazioni seguìte all’enciclica “Fratelli tutti” su una serie di aspetti, e fra questi la critica al concetto di proprietà privata, fossero le solite operazioni false e tendenziose dei cattolici non allineati alla Revolucion bergogliana, eccoli serviti. In un messaggio alla Conferenza internazionale dei giudici membri dei Comitati per i diritti sociali di Africa e America, Francesco lo ribadisce chiaro e tondo. Anzi, per restare in tema, papale papale: “Costruiamo la giustizia sociale sulla base del fatto che la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile il diritto alla proprietà privata”. Per Bergoglio, “il diritto alla proprietà è un diritto naturale secondario derivato dai diritti di cui tutti sono titolari, scaturito dai beni creati. Non vi è giustizia sociale in grado di affrontare l’iniquità che presupponga la concentrazione della ricchezza”.

Affermazioni assai scivolose, soprattutto se inquadrate nel contesto di un discorso che così esorta i giudici dei Comitati per i diritti sociali dei due continenti: “Nessuna sentenza può essere giusta, nessuna legge legittima se ciò che generano è più disuguaglianza”. Con tanto di invito finale a lottare “contro quanti negano i diritti sociali e lavorativi. Lottando contro quella cultura che porta a usare gli altri, a schiavizzare gli altri e finisce col togliere la dignità agli altri”.

Al netto di ovvietà come il rifiuto della schiavizzazione e della negazione dei diritti, che difficilmente potrebbero essere non condivise, un approccio per metà da socialismo reale in salsa sovietica e per metà da madurismo venezuelano, che alla valorizzazione dei talenti e all’etica del lavoro e della fatica quale strumento di realizzazione personale sembra preferire un rivendicazionismo redistributivo che come modello economico non ha fin qui dato grande prova di sé. Come proprio la storia di quel terzo mondo al quale Bergoglio si rivolge e al quale sembra guardare quasi come fonte di ispirazione dovrebbe invece dimostrare.

Insomma, dopo la patrimoniale di cui si sente parlare in casa nostra, l’esproprio proletario. Un passo avanti verso quella “Francesconomics” i cui contorni sono sempre più chiari e della quale ci occuperemo più diffusamente nei prossimi giorni. Intanto limitiamoci a rispondere attraverso la Dottrina sociale della Chiesa e la miliare enciclica “Rerum Novarum” di Leone XIII, rifacendoci alle osservazioni formulate su questo giornale dal professor Stefano Fontana a commento della “Fratelli tutti”.

Per quanto riguarda la concezione di disuguaglianza e inequità che per Francesco è la causa di tutti i mali, “quando la disuguaglianza è frutto dell’ingiustizia – scrive Fontana – va combattuta come ingiustizia. Ma quando la disuguaglianza è frutto o della natura o dell’impegno personale allora è una ricchezza per tutti. Anche la Rerum novarum di Leone XIII lo diceva, mettendo in guardia dalle utopie egualitariste che producono danni infinitamente maggiori di quelli che vorrebbero evitare. C’è il rischio che dalla valutazione della proprietà privata che papa Francesco esprime nell’enciclica derivino forme di statalismo populista, di pauperismo egualitario, di assistenzialismo deprimente. Bisognerebbe tornare a parlare di giustizia e non di diseguaglianza, ma per farlo bisogna superare le insufficienti dottrine moderne dell’equità (come per esempio Rawls) per tornare al concetto denso di bene comune”.
Quanto invece alle considerazioni critiche sulla proprietà privata, già formulate nella “Fratelli tutti”, la Dottrina sociale della Chiesa – ricorda il professore “ha sempre difeso il diritto naturale alla proprietà privata, frutto del lavoro, garanzia di vera libertà, tutela della famiglia, fattore propulsore dell’economia perché, diceva Leone XIII, uno si impegna di più sul suo che in quello degli altri. Il diritto naturale alla proprietà privata non contrasta con l’altro principio della destinazione universale dei beni e non ne è sottoposto e condizionato, come sembra sostenere papa Francesco. Sono sullo stesso piano o, si può dire, sono lo stesso principio. Infatti c’è un unico modo per realizzare in modo giusto e naturale la destinazione universale dei beni: diffondere la proprietà privata, che va ampliata e non ridotta, esaltata e non vilipesa, convenientemente valorizzata da un contesto etico e culturale veramente umano, ma non ridotta a questione marginale di una economia centralizzata”.

Più chiaro di così…

FONTE: https://loccidentale.it/lesproprio-proletario-di-bergoglio-la-proprieta-privata-non-e-intoccabile/

 

 

JOE BIDEN, LA RUSSIA E LA CINA

Joe Biden, la Russia e la Cina Il neo-presidente americano, Joe Biden, sembra al momento destinato ad interpretare la parte di un leader piuttosto prevedibile. È un politico di lungo corso, le sue posizioni sono ormai note ed è già stato vicepresidente degli Stati Uniti d’America. Tanti aspetti fanno pensare ad una sostanziale riproposizione delle politiche di Barack Obama, tanto in politica estera quanto in quella interna agli Usa. Semmai, si tratterà di capire se Biden, visto che è un democratico moderato, centrista, per dirla all’italiana, riuscirà o meno a tenere a bada l’ala di sinistra, spesso dichiaratamente socialista, del Partito Democratico. Ma a volte improvvisi eventi interni o internazionali possono costringere i presidenti americani, come anche altri leader del mondo democratico, a mutare controvoglia la rotta e ad assumere decisioni impensate.

La nuova, si fa per dire, America di Biden non ha ancora nemmeno iniziato ad interfacciarsi in maniera completa con il resto del mondo, ma ha già ricevuto diversi segnali circa le principali fonti di tensione e di pericolo a livello globale. Oltre alla pandemia, l’autoritarismo di Vladimir Putin, ben conosciuto da sempre, è tornato a mostrare il proprio volto deteriore attraverso una vera e propria persecuzione ai danni dell’oppositore Aleksej Navalny. Dopo l’avvelenamento e l’arresto di questo attivista, e i blitz della polizia presso le sue abitazioni in Russia, viene impedita con la forza ogni manifestazione di protesta. Tutto questo è inaccettabile per chiunque abbia a cuore la libertà e i diritti umani, ed è da condannare e respingere nella maniera più assoluta.

Anche se in questo particolare frangente storico il pur odioso autoritarismo putiniano fa meno danni nel pianeta rispetto all’altra grande potenza non democratica, ossia la Cina comunista. Pechino ha gravi e criminali responsabilità circa questa maledetta pandemia, ed occorrerebbe uno scatto di dignità da parte dell’Occidente, che dovrebbe chiedere a gran voce l’istituzione di una Commissione internazionale d’inchiesta sulle origini del Covid-19. Ma non c’è solo il virus perché il leader cinese Xi Jinping è tornato, non molti giorni fa, ad utilizzare un linguaggio da Guerra fredda. Vi è, quindi, il rilancio di precise minacce rivolte a Taiwan e prosegue lo strangolamento dell’autonomia di Hong Kong. Saprà la nuova Amministrazione americana tenere testa a due colossi inquietanti come Russia e Cina?

FONTE: http://www.opinione.it/esteri/2021/01/29/roberto-penna_biden-obama-cina-russia-partito-democratico-putin-pandemia-covid-tensione/

 

 

 

POLITICA

La democrazia secondo i Padroni. del Discorso.

Federico Fubini, vicedirettore “ad personam” del Corriere
Antonio Socci 
@AntonioSocci1

Clamoroso scoop.

#StaseraItalia spiega che esiste un “ordine costituzionale europeo” (che decide chi deve governare in Italia).

Dice: “L’Europa rappresenta un principio di democrazia fondato sulle regole e sulle istituzioni”. Cioè? Ha un governo democraticamente eletto? No. Ha un parlamento che lo sfiducia? No. Ha una costituzione? No. Giuridicamente è uno Stato? No. Ma allora che sta dicendo? Trasecolo.

VIDEO QUI: https://youtu.be/4ZC2Wpxo8DM

https://twitter.com/Nitro91306968/status/1355853036426588161

E per l’Ansa infuria la febbre gialla. Tanta è la libidine di servire terrorizzando

FONTE: https://www.maurizioblondet.it/la-democrazia-secondo-i-padroni-del-discorso/

Grecia, Fubini: “Non ho voluto scrivere che dopo la crisi sono morti 700 bambini in più: sarebbe clava per gli antieuropei”

Grecia, Fubini: “Non ho voluto scrivere che dopo la crisi sono morti 700 bambini in più: sarebbe clava per gli antieuropei”

“Il dibattito in Italia è avvelenato, sarei stato strumentalizzato da chi è contro l’Europa e ostracizzato dagli altri”, ha sostenuto parlando a Tv2000 il vicedirettore del Corriere, che fa parte del gruppo di esperti per la lotta alle notizie false e alla disinformazione online della Commissione Ue. I dati sulla mortalità infantile dopo la crisi uscirono su Lancet nel 2014 e il magazine Sette ne diede conto

“Faccio una confessione, c’è un articolo che non ho voluto scrivere. Guardando i dati della mortalità infantile in Grecia mi sono accorto che facendo tutti i calcoli con la crisi sono morti 700 bambini in più di quanti ne sarebbero morti se la mortalità fosse rimasta quella di prima della crisi. La crisi e il modo in cui è stata gestita ha avuto questo effetto drammatico e ci sono altri dati che confortano questa mia conclusione, come i bambini nati sottopeso“. Così Federico Fubini, vicedirettore del Corriere della Sera, presentando su Tv2000 il suo nuovo libro ha raccontato di aver scelto di “censurare” la notizia dell’impatto di crisi e misure imposte dalla Troika sulle morti infantili.

“Adesso nel libro lo scrivo e lo racconto in dettaglio”, ha spiegato il giornalista, che fa parte del Gruppo di alto livello di 39 esperti per la lotta alle notizie false e alla disinformazione online della Commissione europea. “Ho deciso allora di non scrivere perché il dibattito in Italia è avvelenato da antieuropei pronti a usare qualsiasi materiale come una clava contro l’Europa e quello che rappresenta, cioè la democrazia fondata sulle istituzioni e sulle regole. Mi sono detto, se scrivo questo vengo strumentalizzato dagli antieuropei e ostracizzato dagli altri, la sostanza del problema si perde e dovrei perdere tempo a difendermi da attacchi sui social e non”.

Nel 2014 la rivista Lancet ha pubblicato uno studio sull’impatto della crisi – prima ancora che dei piani di austerità varati a partire dal 2010 – sulla salute della popolazione ellenica, in cui si leggeva tra l’altro che “tra 2008 e 2010 c’è stata una inversione del calo di lungo periodo nel tasso di mortalità infantile, che è aumentato del 43% con aumenti sia delle morti neonatali sia post-neonatali”. Il tasso di mortalità infantile, calcolato come numero di morti nei primi 12 mesi di vita su 1000 nati vivi, è passato nel corso di quel biennio da 2,65 punti a 3,80, ma nel biennio successivo è tornato a calare scendendo a 2,92, mentre quello di mortalità dei bambini sotto i 5 anni è salito da 3,32 a 4,47 nel 2010 e sceso a 3,68 nel 2012 (vedi tabella). In termini assoluti, nel 2010 sono morti 436 bambini sotto l’anno di età, contro i 314 del 2008. Nel 2012 il numero cala a 293. Dello studio ha dato conto all’epoca il magazine del CorriereSette.

 

 

 

 

FONTE: https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/05/03/grecia-fubini-non-ho-voluto-scrivere-che-dopo-la-crisi-sono-morti-700-bambini-in-piu-sarebbe-clava-per-gli-antieuropei/5150921/

Fubini confessa di aver nascosto la notizia dei bimbi morti in Grecia. La verità viene a galla!

3 MAGGIO 2019

Fubini confessa di aver nascosto la notizia dei bimbi morti in Grecia. La verità viene a galla!

Scriveva Seneca che la verità, anche se sommersa, viene presto o tardi a galla. E così è stato anche in questo caso.

Federico Fubini, vicedirettore del rotocalco turbomondialista Il Corriere della Sera, ha fatto candidamente questa incredibile confessione nel corso di un’intervista televisiva ai microfoni di Tv2000 [minuto 17]: “In Grecia morti 700 neonati in più per la crisi. Ma ho nascosto la notizia”. Fubini ha ammesso di aver censurato tale notizia per non incoraggiare gli euroscettici e i partiti sovranisti. Insomma, per garantire la tenuta dell’ordine eurocratico della Ue, innalzato panglossianamente dai padroni del discorso (sempre a completamento del rapporto di forza dominante) a meilleur des mondes possibles. “Faccio una confessione – ha placidamente asserito Fubini a Tv2000, riferendosi alla notizia – c’è un articolo che non ho voluto scrivere sul Corriere della Sera”. Se questo è giornalismo, verrebbe da dire chiosando Primo Levi.

Ben 700 bambini morti grazie alle “magnifiche sorti e progressive” del progetto chiamato Unione Europea, con le “crisi” che essa fisiologicamente produce: e che, in realtà, sono il necessario portato delle politiche liberiste fondative della Ue, pensate ad hoc dai dominanti per massacrare le classi deboli. Le chiamano crisi: sono aggressioni con morti condotte dalla classe dominante capitalistica contro i dannati della cosmopolitizzazione europeista. L’ho detto e lo ridico: gli euroinomani di Bruxelles la chiamano gloriosamente Unione Europea, in verità è l’unione delle classi dominanti europee contro i popoli e le classi lavoratrici d’Europa.

Questa è realmente la Ue, un immenso campo di concentramento finanziario. Fanno di tutto per nasconderlo e per glorificarlo. Ma la storia, che è storia della libertà, si ricorderà di loro. Si ricorderà di chi è stato connivente con questo genocidio finanziario, di chi ha taciuto e di chi l’ha nobilitato con parole roboanti (“integrazione”, “unione”, ecc.). L’Unione Europea è l’apice di un capitalismo che si è liberato dalla presa della sovranità nazionale e, dunque, della politica e, di conseguenza, da ogni possibile controllo democratico del popolo. La democrazia è sovranità popolare “nello” Stato. Ma perché vi sia sovranità “nello” Stato, occorre che vi sia anche sovranità “dello” Stato: ossia che lo Stato sia sovrano nelle sue scelte di politica economica e monetaria. La Ue ha rimosso la sovranità “dello” Stato e, per questa via, anche quella “nello” Stato, ossia la sovranità democratica popolare.

In apparenza, l’obiettivo era evitare guerre tra Stati nazionali. In realtà, era distruggere le democrazie.

Tant’è che la democrazia oggi è assente (il Parlamento della Ue ha un ruolo coreografico): e in compenso prosperano le guerre economiche tra Stati debitori (Grecia) e Stati creditori (Germania). Con tanto di cadaveri, prodotti senza nemmeno usare i cannoni e le bombe: solo con le subdole leve del debito e del credito, dello spread e dell’austerità depressiva decisa nei caveau delle banche da tecnocrati in doppiopetto e sorriso burocratizzato. Conseguenza di tutto ciò? Sovrano è oggi il mercato senza politica, con dominio assoluto dei tecnici e dei finanzieri cinici e apolidi. Che decidono spietatamente della vita dei popoli, ad essa anteponendo il “pareggio di bilancio” e i “conti in ordine”. Anche se ciò comporta la nuova strage erodiana dei 700 bambini ellenici! Prodigio della ragion liberista! I padroni del discorso, si sa, usano la condanna dei totalitarismi passati come risorsa ideologica per far sì che i sudditi amino il nuovo totalitarismo glamour del libero mercato.

Oggi più che mai valgono le parole scritte da Adorno in “Prismi”: “il mondo nuovo è un unico campo di concentramento che si crede un paradiso non essendoci nulla da contrapporgli”.

FONTE: https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/05/03/fubini-confessa-di-aver-nascosto-la-notizia-dei-bimbi-morti-in-grecia-la-verita-viene-a-galla/5151269/

Ugo Mattei: Covid-19 strumento per la deportazione digitale dell’umanità

La lotta tecnologica alla pandemia passa attraverso la deportazione della vita sulla piattaforma online (Big tech), nonché attraverso la rinnovata ed incrollabile fede nella scienza così come interpretata da Big pharma

di Ugo Mattei*
pubblicato originariamente su Italia Libera

Le convulsioni del costituzionalismo liberale che sono andate in scena in questi giorni offrono materiali spettacolari (nel senso debordiano del termine) per una riflessione su eccezione e normalità. Negli Stati Uniti abbiamo assistito alla retorica imbarazzante della cerimonia di insediamento di un duo presidenziale in mano ai poteri forti (1). Hanno parlato di giustizia sociale, senza vergogna, dallo stesso palco dal quale i gorgheggi di cantanti miliardarie giungevano fisicamente alle orecchie delle migliaia di senza tetto, accampati sotto i palazzi del potere (documentati fotograficamente dallo splendido libro fotografico di Kike Arnal, In the Shadow of Power).

Kike Arnal all’ombra del Potere

Biden invocava la “normalità”. In Italia, la stessa retorica al Senato, con un Presidente del Consiglio pronto a promettere qualunque cosa pur di mantenere l’incarico, ad una girandola di ricattatori e voltagabbana, riportata come una notizia dai giornali mainstream, mentre la vera partita, quella sul “controllo” dei servizi segreti, restava nell’ombra (2).

Nel centenario della fondazione del Partito Comunista Italiano, destinato a divenire il più grande (e conformista) di tutto il blocco atlantico, perfino il “Manifesto” (quotidiano comunista) apriva con le tifoserie italiote di Biden in prima pagina, a riprova, se necessario, della triste condizione semi periferica e coloniale in cui siamo imprigionati a causa delle basi Nato, che ben pochi osano discutere a dispetto dell’art. 11 della Costituzione.

Il Manifesto 21 gennaio 2021. Alla faccia del centenario del Partito Comunista Italiano

Del resto, altrettanto pochi osano ricordare che il supremo garante dello stato di eccezione permanente, che deve essere interpretato da Conte anche nella sovversione delle più elementari certezze del diritto costituzionale, è il Presidente Mattarella. Fu lui − da ministro della Difesa nel primo governo guidato da un ex comunista − a macchiarsi, insieme a D’Alema, del bombardamento illegale − senza mandato dell’Onu − di una capitale Europea come Belgrado.

I bombardamenti “umanitari” dei compagni D’Alema e Mattarella

A scopo “umanitario” furono eseguiti 2.300 attacchi aerei, usando uranio impoverito (4), furono distrutti 148 edifici, 62 ponti, danneggiate 300 scuole, ospedali e istituzioni statali, 176 monumenti di interesse culturale e artistico, con un danno stimato di 30 miliardi di dollari, che nessuno è disposto a riconoscere e a risarcire. Ed è proprio l’Europa di Bruxelles, con la sua costituzione a-democratica by design, a costituire fin dall’Atto Unico del 1986 il supremo strumento di normalizzazione dell’eccezionale, facendosi garante dell’Asse atlantico.

Tornerò su questo punto in un prossimo articolo. Per il momento sarà sufficiente osservare che quel bombardamento dei ponti di Belgrado, affollati di civili terrorizzati nell’estate del 1999, svolse, mutatis mutandis rispetto al corso del successivo decennio, la stessa funzione che le bombe fasciste di Piazza Fontana del dicembre ’69 svolsero, per “normalizzare” gli anni Settanta, ripercorsi magistralmente da Geraldina Colotti in un recente intervento su l’Antidiplomatico (3).
Il primo decennio del nuovo millennio fu infatti quello che, apertosi con le Torri Gemelle, segnò la nascita politica del capitalismo della sorveglianza (descritto nel celebre libro di Shoshana Zuboff).
È come se, alla fine di ogni decennio, un evento di portata spettacolare (pensiamo alla caduta del Muro di Berlino dell’89, o alla crisi del 2008) marcasse quello successivo, costruendo un’emergenza la cui risoluzione deve essere priorità numero uno per tutti gli amici, costruendo come nemico chi si concede il lusso del dissenso.

Del resto, insieme all’antitesi (non dialettica) fra amico e nemico va letta la teoria dello stato di eccezione schmittiana, quella utilizzata da un maestro come Giorgio Agamben (5), uno dei pochi intellettuali che, in una serie di interventi sul sito di Quodlibet, non si sono allineati, per leggere la pandemia Covid 19, con cui si è aperta la decade che stiamo vivendo. Lo stato di eccezione dichiarato dall’Oms (6) ha infatti offerto l’assist ad ogni potere costituito per ristrutturare uno status quo ed una “normalità” che pareva messa in discussione dai rantoli (anche osceni) di una sovranità statale (sopratutto quella statunitense con Trump) restia ad arrendersi ai nuovi rapporti di forza globale, in cui il politico è controllato in ogni suo aspetto dal potere tecnologico e finanziario, concentrato nelle mani di pochissimi individui.

È così che il decennio del centenario del fascismo al potere ha potuto essere interamente predeterminato alla lotta tecnologica nei confronti della pandemia, la quale passa attraverso la deportazione della vita sulla piattaforma online (Big tech), nonché la rinnovata ed incrollabile fede nella scienza così come interpretata da Big pharma. Il tutto ovviamente sotto la supervisione attenta della finanza, la vera governance autoritaria con cui un’oligarchia sempre più potente di capitalisti predatori si arricchisce senza vergogna ai danni della classe lavoratrice e dei beni comuni. L’araba fenice della normalità, unita alla paura per la nuda vita (spettacolarmente rappresentata dalla mascherina ostentata dai potenti anche quando palesemente inutile) segna nell’a-politica e nell’a-democrazia, il Dna del decennio che ci aspetta. Il nemico contro cui combattere per l’emancipazione mi pare chiaro.

  1. NdR. Biden e Poteri Forti
  2. NdR. Conte e i Servizi lascia o raddoppia?
  3. NdR. Geraldina Colotti 
  4. NdR. Cassazione riconosce nesso causale fra uranio impoverito e tumori
  5. NdR. Agamben: Stato di eccezione e stato di emergenza
  6. NDR. L’OMS non ha mai dichiarato ufficialmente lo stato di pandemia per CoViD-19. Tutto quello che abbiamo è una conferenza stampa in cui il DG Ghebreyesus dice: “Abbiamo valutato che CoViD-19 può essere caratterizzata come una pandemia”. Nessun documento scritto, protocollato, da parte degli organi competenti in base allo statuto dell’OMS: Assemblea Generale (art. 21a) o Consiglio Direttivo (art. 28i).

FONTE: https://comedonchisciotte.org/ugo-mattei-covid-19-strumento-per-la-deportazione-digitale-dellumanita/

 

 

 

 

SCIENZE TECNOLOGIE

I media occidentali tacciono sui morti da vaccino Pfizer

Global Times, 15 gennaio 2021

Ventitré anziani norvegesi sono morti dopo aver ricevuto i vaccini Pfizer. Tredici furono rivelati afflitti da effetti collaterali che avrebbero contribuito a gravi reazioni, secondo l’Agenzia norvegese per i medicinali. La Norvegia è un piccolo Paese del Nord Europa e solo 25000 persone sono state vaccinate col Pfizer. Ventitré morti sono molti. Ma sorprendentemente, i media anglofoni non dissero nulla dell’incidente, come se avessero raggiunto un comune consenso. I media statunitensi e britannici ovviamente minimizzavano le morti. Al contrario, i media occidentali pubblicizzeranno immediatamente qualsiasi informazione sfavorevole sui vaccini cinesi e cercheranno di amplificarne l’impatto sulla psicologia pubblica. Ad esempio, i dati del vaccino cinese Sinovac erano inferiori alle attese in Brasile e sono fu riportato ovunque dai media occidentali. Anche la morte di un volontario brasiliano che partecipò ai test fu un evento per i media occidentali. Ma in seguito fu dimostrato che la morte non aveva nulla a che fare con la vaccinazione e i media occidentali persero interesse. Il vaccino COVID-19 è un serio problema scientifico. L’attuale situazione pandemica è estremamente critica. È interesse fondamentale per l’umanità avere più vaccini per combattere il COVID-19. Tuttavia, alcuni media statunitensi e britannici assumono l’iniziativa di apporre etichette geopolitiche sui vaccini. Intromettono posizioni politiche sull’atteggiamento scientifico verso i vaccini, facendo propaganda per promuovere i vaccini Pfizer e diffamando i vaccini cinesi. In effetti, ricerca e sviluppo dei vaccini COVID-19 sono relativamente affrettati. Avrebbero dovuto superare più test e verifiche cliniche più lunghe prima di essere introdotti sul mercato. Ma il tempo e la pandemia non aspettano. I vaccini furono promossi nella lotta al COVID-19 con molta velocità. Se è necessario fare un confronto, il vaccino inattivato della Cina ha sicuramente basi più solide in termini di sicurezza del vaccino mRNA della Pfizer. La tecnologia del vaccino inattivato è molto matura e sottoposta a decenni di test clinici. Ma è la prima volta che la tecnologia dell’mRNA viene applicata a un vaccino. Questa promozione su larga scala del vaccino Pfizer è un processo continuo di test su larga scala sugli esseri umani.

Riteniamo che Stati Uniti e Paesi occidentali non abbiano ora scelte migliori. La vaccinazione di massa della Pfizer è un must. Anche se ci sono dei rischi, questi Paesi li sopporteranno. Finché possono salvare la vita della maggior parte delle persone, accetteranno pro e contro. I media occidentali chiusero un occhio sulla morte delle 23 persone, da considerata come parte della loro accettazione del “quadro generale”. I rozzi doppi standard dei media occidentali sui vaccini e la loro mentalità malata dimostrano che la mentalità dei media di Stati Uniti e Regno Unito nei confronti della Cina è solo geopolitica. I doppi standard sono la correttezza politica per essi. Non sono più obiettivi di una concorrenza con la Cina. Attaccarla è il loro obiettivo disperato. Sui vaccini COVID-19, la società e il governo cinesi considerano scienza ed obiettività come priorità. In modo pratico e realistico, la Cina affrontò apertamente la realtà che ai vaccini cinesi mancavano dati sufficienti. I vaccini cinesi COVID-19 furono immessi sul mercato ma sono soggetti a condizioni. Sarà data priorità alla vaccinazione delle popolazioni ad alta esposizione tra i 18 ei 59 anni, non agli anziani. Nessun alto funzionario cinese sostiene apertamente i vaccini cinesi. La maggior parte degli elogi sui vaccini cinesi proviene dall’estero. Molti leader dei Paesi in via di sviluppo hanno assunto un ruolo guida nell’uso dei vaccini cinesi sulla base dei loro dati sugli studi della fase III. Tuttavia, il vaccino Pfizer è fortemente promosso da amministrazione e capitale degli Stati Uniti. Il suo rischio potenziale è deliberatamente minimizzato all’opinione pubblica occidentale creando l’impressione che il vaccino mRNA della Pfizer, utilizzato per la prima volta, sia più sicuro del vaccino cinese. Purtroppo, Washington ha promosso il confronto Cina-USA e Stati Uniti e principali alleati avviavano le loro frenesie ideologiche. C’è giustizia? Credono che sia giusto sopprimere la Cina e sbagliato essere onesti con la Cina. Tale atteggiamento si è esteso ai campi scientifici e umanitari che avrebbero dovuto essere lontani dalla politica.
I cinesi devono affrontare un confronto ideologico aspro, che lo vogliamo o meno. Dobbiamo difendere gli interessi nazionali della Cina e sostenere il nostro Paese in una competizione importante. Per indebolire la competitività della Cina, l’opinione pubblica di Stati Uniti e loro alleati ha completamente ignorato l’etica. Il loro atteggiamento nei confronti della Cina non è altro che geopolitica. Non ci vergogneremo dei loro attacchi.

FONTE: http://aurorasito.altervista.org/?p=14996

 

 

 

STORIA

“Chi pose fine all’olocausto?”

Martin Sieff, SCF 29 gennaio 2021

Oggi in occidente, mentre lacrime di coccodrillo ipocrite e vuote vengono piante sulle vittime dei nazisti, la vera storia continua a essere soppressa, negata e sepolta sotto montagne di bugie. L’anniversario della Liberazione di Auschwitz il 27 gennaio 1945 e il Giorno della Memoria dell’Olocausto ogni anno venivano dirottati. Divennero bizzarri negativi fotografici degli orrori che avrebbero dovuto commemorare e manipolati per insultare milioni di vittime e gli eroici guerrieri che diedero la vita per porre fine a tali orrori. Chi pose fine all’Olocausto? Chi effettivamente liberò e chiuso ognuno dei sei grandi centri di sterminio industrializzati nazisti di Auschwitz-Birkenau, Majdanek, Sobibor, Chelmno, Treblinka e Belzec? Perché fu l’Armata Rossa sovietica, naturalmente. Non si limitarono a passeggiare nei campi alla fine della guerra, dove il codardo ubermenschen delle SS naziste era appena fuggito per mettersi in salvo dopo aver affermato con paura che stava “solo eseguendo gli ordini”. No. Dall’ottobre 1944, quando soldati e ufficiali dell’Armata Rossa, stupiti e oltraggiati, scoprirono per la prima volta gli orrori di Majdanek nella Polonia centrale, fino alla feroce battaglia che ancora costò molte vite per la liberazione di Auschwitz-Birkenau, il 27 gennaio 1945, la guerra ancora infuriava, la macchina da guerra nazista era ancora ferocemente funzionante e sangue innocente doveva pagare ogni metro liberato. Eppure oggi, e da anni ormai, siamo entrati nel mondo della Grande Inversione Morale. Le migliaia di vite preziose salvate solo ad Auschwitz dal personale medico straordinariamente dedito del Primo Fronte ucraino dell’Armata Rossa del Maresciallo Ivan Konev furono dimenticate. Gli intellettuali occidentali ora proclamano spregevole equivalenza morale tra chi morì combattendo per salvare e chi li uccise e le vittime del genocidio. La portata di tale sovversione morale, comportamento spregevole che il grande Sigmund Freud, le cui sorelle e loro famiglie morirono nell’Olocausto, identificò come “proiezione”, diventa ogni anno più enorme e disgustoso. Ora sappiamo che oltre ai sei milioni di ebrei vittime del genocidio nazista, almeno 20 milioni di civili russi inermi furono deliberatamente sterminati in 200 campi nell’Est occupato, allestiti e gestiti proprio a questo scopo. Dove sono le cerimonie e le lacrime in occidente per loro?
Lo stesso comandante dell’unità eroica che liberò Auschwitz, il 1085.mo Reggimento fucilieri “Tarnopol”” della 322.ma Divisione del Maggior-Generale Pjotr Zubov, era di origine ebraica ucraina, il Tenente-Colonnello Anatolij Shapiro visse fino a 92 anni e morì a Long Island negli Stati Uniti. Fino alla fine dei suoi giorni, era orgoglioso del servizio a vita nell’Armata Rossa: trascorse gli ultimi anni combattendo la grande menzogna della negazione dell’Olocausto da parte dei neonazisti. Al contrario, oggi in occidente, mentre ipocrite lacrime di coccodrillo vengono piante sulle vittime dei nazisti, la vera storia continua a essere soppressa, negata e sepolta sotto montagne di bugie. E non a caso, dai mucchi di immondizia, dall’Ucraina a Washington, nascono nuovi vermi nazisti. A partire dal colpo di Stato del 2014 sostenuto da Stati Uniti ed Unione Europea che rovesciò criminalmente il governo democraticamente eletto del Presidente Viktor Janukovich. portò alla comparsa aperta e provocatoria di milizie e forze neonaziste che continuano ad avere un potere sproporzionato in Ucraina, sostenute dagli Stati Uniti fino ad oggi. Il nuovo presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha già approvato la nomina di uno degli architetti aperti e paladini del famigerato colpo di Stato, la neocon Victoria Newland, allora assistente del segretario di Stato per gli affari europei ed eurasiatici, a nuova sottosegretaria di Stato per gli affari politici, posizione che fondamentalmente dice al segretario di Stato Anthony Blinken cosa pensare. Da Kiev a Mosca, Nuland è ricordata decisamente come “The Cookie Lady” che distribuiva apertamente dolci per le strade di Kiev per incoraggiare i rivoltosi che attuavano rivolta e guerra al proprio governo democraticamente eletto. Ma quello che va in giro torna. Ovviamente il contraccolpo avviene negli Stati Uniti. La folla introdottasi nel Campidoglio degli Stati Uniti, più per fortuna e permesso che per deliberata forza, il 6 gennaio era composta da idealisti e ammirevoli, oltre che da spregevoli pagliacci. Diversi suprematisti bianchi furono fotografati indossare con orgoglio nelle magliette del campo di Auschwitz. Si può solo immaginare come tali vili vermi griderebbero di terrore se affrontassero uno qualsiasi dei coraggiosi veri guerrieri del Maresciallo Konev.
Il colpo di stato del 2014 è ora chiamato con magistrale ironia su Wikipedia “La rivoluzione della dignità”. Questa è una menzogna che persino Josef Goebbels avrebbe invidiato. Decine di milioni di nordamericani dignitosi e sofferenti della classe operaia crocifissi dalle politiche folli del liberalismo globale, dei confini aperti e delle droghe pesanti nell’ultimo mezzo secolo vengono ora calunniati e confusi con una manciata di cretini e provocatori. Il nuovo fascismo in occidente si giustifica sopprimendo le libertà tradizionali e la parola attaccando agli innocenti etichette prese dai colpevoli. Secondo Lev Golinkin, scrivendo sul sito New York Forward, negli ultimi 20 anni sono state erette oltre un migliaio di statue a criminali di guerra nazisti, dagli Stati Uniti all’Ucraina. “Ovunque vedrai statue di collaborazionisti nazisti, ed anche migliaia di uomini che portano le fiaccole, che si radunano, si organizzano, traggono ispirazione all’azione celebrando i collaborazionisti del passato”, scrive Golinkin, In Ucraina, dove morì il 25 per cento degli ebrei uccisi dall’Olocausto: “Nel 2016, un importante viale di Kiev è stata ribattezzata Bandera [il collaborazionista nazista Stepan]. La ridenominazione è particolarmente oscena poiché la strada conduce a Babj Jar, il burrone dove i nazisti, aiutati da collaborazionisti ucraini, sterminarono 33771 ebrei in due giorni, in uno dei più grandi massacri dell’Olocausto”, continuava Golinkin. Eppure, naturalmente, l’amministrazione Biden chiariva che si prepara ad inviare altre armi al regime ferocemente che odia la Russia, e che perpetra misure così spregevoli.
Tale oscena farsa si svolge ogni anno, ma non è nemmeno una costante: peggiora a un ritmo esponenzialmente accelerato. Bisogna ora rivolgersi al calcolo per capirlo. È sicuramente più di una coincidenza ordinaria che nel Giorno della Memoria dell’Olocausto di quest’anno, il Bulletin of the Atomic Scientists annunciasse l’ultima impostazione del suo temibile Doomsday Clock per valutare la possibile imminenza di una guerra nucleare. Gli esperti che hanno impostato l’orologio chiaramente salutano Joe Biden al posto di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti, prevedibile fanatismo liberale. Eppure sono abbastanza lucidi e scientifici da riconoscere pubblicamente che questo non sarà affatto un miglioramento. L’impostazione dell’orologio simbolico rimane a soli 100 secondi dalla mezzanotte, l’impostazione più vicina alla guerra nucleare in 74 anni. Avrebbe dovuto essere spostato molto più vicino, forse a soli 75 secondi dalla catastrofe: per l’intensificarsi dei fenomeni su negazione e proiezione occidentali dell’Olocausto: l’ossessione di sostenere i nazisti reali del 21° secolo in Ucraina contro i discendenti delle stesse persone morte per salvare il mondo da essi, è ora chiaramente legato al contraccolpo della supremazia bianca emergente e delle teorie del complotto anti-russe di sinistra negli Stati Uniti. Le politiche stupide e malvagie perseguite in Europa orientale hanno letteralmente fatto impazzire i politici statunitensi, o forse solo resi ancora più pazzi, e tale mania avvelena e distrugge i ricordi sbiaditi del giusto processo democratico e del fair play negli Stati Uniti. I due teatri della follia che generano più cattiveria sono inestricabilmente legati. Non possono essere separati.
Per essere veramente un grande presidente e portare la pace a casa che afferma di amare, il presidente Biden deve finalmente porre fine alle politiche disastrose in Ucraina e altrove, che ha sostenuto come vicepresidente di Barack Obama. Ma sarebbe un’idea nuova e il nuovo presidente sembra incapace di accettarla mai. Allora l’oscenità dell’ipocrisia della Memoria dell’Olocausto continuerà, finché la sua follia non porterà alla Distruzione di tutti.

FONTE: http://aurorasito.altervista.org/?p=15152

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